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1 S E TORI ALTRE IN QUESTO NUMERO Spedizione in abbonamento postale 45% - art.2, comma 20/B, legge 662/96 - D.C.I.Trento - Periodico quadrimestrale registrato dal Tribunale di Trento il 9.5.2002, n. 1132. Direttore responsabile: Sergio Benvenuti - Distribuzione gratuita - Tax perçue-ISSN 1720-6812 rivista periodica a cura del museo storico in trento, anno quarto, numero dieci, novembre 2002 http://www.museostorico.tn.it Michelin: un futuro per la memoria di Giuseppe ˇerrandi La cronistoria di Rodolfo Taiani Giuseppe Mattei: un sindacalista in prima linea di Paolo Piffer La lettera inedita: la Michelin scrive al Vescovo di Trento Era la fabbrica di Luigi Sardi Territori abbandonati: la ex Montecatini di Mori di Angiola Turella

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ema centrale di questo nuovo numero di AltreStorie è la vicenda dello stabilimento Michelin di Trento, entrato in attività nel 1930 e dismesso nel 1997. Dal momento della chiusura varie ipotesi si sono alternate rispetto al futuro di questa vasta area industriale adiacente al fiume Adige e in alcuni casi poco rispettose di quanto questo luogo ha rappresentato per la storia della comunità trentina. AltreStorie vuole pertanto offrire materiale di riflessione che aiuti il dibattito in corso e soprattutto muovere sensibilità nei confronti di questo passato. Da segnalare in particolare, fra la documentazione inedita, la trascrizione di una lettera del 15 maggio 1970 nella quale l'ingegnere Giancarlo Borrella della Michelin scrive al vescovo di Trento Alessandro Maria Gottardi sollecitandone, con toni allarmati, l'intervento per risolvere la situazione di grave tensione venutasi a creare tra operai e dirigenza aziendale.

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IN QUESTO NUMERO

Spedizione in abbonamento postale 45%

- art.2, comm

a 20/B, legge 662/96 - D

.C.I.Trento - Periodico quadrim

estrale registrato dal Tribunale di Trento il 9.5.2002, n. 1132. Direttore responsabile: Sergio B

envenuti - Distribuzione gratuita - Tax perçue-ISSN

1720-6812

rivista periodica a cura del museo storico in trento, anno quarto, numero dieci, novembre 2002h t t p : / / w w w . m u s e o s t o r i c o . t n . i t

Michelin:un futuro per la memoriadi Giuseppe ˇerrandi

La cronistoriadi Rodolfo Taiani

Giuseppe Mattei:un sindacalista in prima lineadi Paolo Piffer

La lettera inedita:la Michelin scrive al Vescovo di Trento

Era la fabbricadi Luigi Sardi

Territori abbandonati:la ex Montecatini di Moridi Angiola Turella

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Con questo numero di “AltreStorie” si vuole proporre una riflessione

che incrocia il tema della desti-nazione urbanistica dell’area ex Michelin. Questione complessa e strategica al centro del Pia-no Regolatore del Comune di Trento che ha giustamente su-scitato l’attenzione di addetti ai lavori e di quella parte di opinio-ne pubblica interessata a nuove proposte per la città e il suo futu-ro. Si è all’inizio di un dibattito comunque positivo, un segno di vivacità e una disposizione all’innovazione e alla sperimen-tazione comune a quanti, fuori e dentro l’amministrazione mu-nicipale, stanno ragionando su questi temi. L’auspicio è che si individuino le forme per coordi-nare esigenze e funzioni diverse, per pensare in grande senza ne-cessariamente prefigurare scelte difficili da sostenere sul piano dei costi e del successivo mante-nimento. E’ positivo che sul pia-no del metodo sembra prevalere l’indicazione di coloro che chie-dono la condivisione di un pro-getto generale, la valorizzazione dell’esistente e del potenziale offerto dalle istituzioni culturali e museali della città, la necessità di determinare sinergie. Il focus di questo numero è rappresentato dalla storia della Michelin, un nome ma anche un luogo-simbolo della trasforma-zione della città e del Trentino.

Questa estate la questione è stata posta da alcuni protagonisti del mondo del lavoro degli anni Sessanta e Settanta. Molti di loro si sono espressi affinché la de-molizione dell’imponente strut-tura e la determinazione di nuovi spazi culturali non significasse la rimozione e la cancellazione di quel “pezzo” di memoria. Ci sono molteplici modi per ricordare, descrivere e indagare il rapporto tra la città e la sua fabbrica più rappresentativa e importante. C’è un aspetto legato alle lotte sindacali e ad una storia che ha visto intrecciarsi la rivendica-zione dei diritti dei lavoratori ad una prospettiva di emancipazio-ne, tradottasi nelle forme di una partecipazione diretta e in quelle di un nuovo protagonismo socia-le e politico. Michelin, con le sue difficili vertenze e con i tentativi di realizzare un avanzato labora-torio sindacale, ha esercitato la propria capacità di trascinare, ma allo stesso tempo di dividere, i vari attori presenti sul territorio e nella società, coinvolgendo in questo vorticoso rapporto migliaia di persone. Una classe operaia che ha incontrato gli studenti della Facoltà occupata, ma che ha anche costituito con le proprie lotte un fattore di ra-dicale cambiamento interno alla società e alla comunità trentina.Michelin non è solo lotte sinda-cali e protagonismo dei lavorato-

Michelin:un futuro per la memoriadi Giuseppe Ferrandi

ri, è qualcosa di più, che va oltre. L’area dove è sorta e si è svilup-pata a cavallo della guerra e in particolare negli anni Sessanta era circondata da campagne, posta alla periferia di una Trento lontana anni luce dalle attuali ca-ratteristiche e vocazioni. La sto-ria dello stabilimento e della sua linea di produzione, con il pas-saggio da una produzione tessile ad una di tipo metalmeccanico, hanno accompagnato il muta-mento, hanno scandito i tempi di una trasformazione profonda, materiale e immateriale. E’ uno dei segni della transizione che ha interessato a livello economico e strutturale il Trentino e il suo ca-poluogo passando da un modello prevalentemente agricolo ad un modello industriale, ma è anche un registro sul quale sono stati incisi i cambiamenti di menta-lità e di costume. La storia di quel mutamento epocale rischia di essere disperso nonostante le buone intenzioni di singoli, associazioni o istituzioni come il Museo storico. Attrezziamoci per impedire che si determini questo vuoto di memoria col-lettiva. Ricordiamoci che tra la città dei sobborghi rurali, la città di Degasperi e Battisti, e quella odierna che ospita l’università e gli istituti di ricerca impegnati in campi avanzati del sapere, i palazzi che governano l’autono-mia, c’è comunque qualcosa di significativo.

Lo stabilimento Michelin intorno al 1930

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1930, mentre la consacrazione solenne dello stabilimento al Sacro Cuore di Gesù avvenne il 13 settembre 1931. Il 6 maggio 1934 fu, invece, ufficialmente inaugurato l’edificio - già com-pletato sul finire del 1933 -, che accoglieva la mensa operai e il pensionato femminile dove al-loggiavano le numerose operaie provenienti da fuori città. Pre-cedentemente tali servizi erano stati ospitati presso il palazzo delle Albere. Seguì il diffici-le periodo della guerra: a metà

giugno del 1940 lo stabilimento fu sottoposto a sequestro gover-nativo, revocato solo il primo gennaio 1946, mentre in uno dei bombardamenti del 1943 fu col-pita e gravemente danneggiata la sala filatura. L’introduzione del radiale, rivo-luzionario pneumatico brevetta-to nel 1946 e commercializzato a partire dal 1949, che prevede-va una struttura a strati in filo d’acciaio disposta perpendico-larmente al battistrada, portò radicali cambiamenti nell’in-

dustria trentina. Nel 1957, infatti, s’inaugurò l’attivi-tà di trafilatura e cordatura dell’acciaio: ma è anche l’anno in cui l’Azienda aprì la sala cinema-teatro, uno spazio ricreativo che diverrà ben presto luogo di appuntamento domeni-cale per un vasto pubbli-co formato non solo da dipendenti, ma anche da esterni all’azienda. Il mas-simo sviluppo dello stabi-limento fu raggiunto, infi-ne, fra il 1963 e il 1966, quando venne realizzato

La cronistoriadi Rodolfo Taiani

Conclusa la prima guerra mondiale, la domanda sempre più pressante di

pneumatici indusse la Michelin, nata nel 1898, a creare in Ita-lia una nuova unità produttiva destinata alla fabbricazione di filati di cotone, indispensabili nella confezione delle coper-ture, dopo che nel 1919 era stato introdotto un nuovo tipo di pneumatico basato su strati di fili paralleli anziché tele in gomma incrociate. Nel rispetto degli indirizzi di politica indu-striale del Governo italia-no, tesi a favorire gli inse-diamenti industriali nelle province da poco annesse al Regno d’Italia, la scelta dell’ubicazione di questo nuovo stabilimento cad-de su Trento. Nel 1926 fu così iniziata sulle sponde dell’Adige, presso «Pa-lazzo delle Albere», su di un’area di 115.000 mq, la costruzione del «servizio filatura», nome ben pre-sto cambiato in «cotoni-ficio trentino». L’attività produttiva fu avviata nel

Lo stabilimento Michelin alla vigilia della chiusura

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il nuovo reparto di trafi latura. Gli anni immediatamente suc-cessivi saranno quelli della con-testazione operaia e studentesca e del mutamento di strategia da parte della Michelin. La costruzione a Fossano, in Piemonte, di uno stabilimento per la fabbricazione del cavo d’acciaio innescò una sorta di competizione fra le due indu-strie e l’inizio di un lento ridi-mensionamento del polo pro-duttivo di Trento.

Con gli anni Settanta iniziò così un processo di lenta e progressi-va riduzione del personale che conobbe un’accellerazione nel decennio successivo. Contemporaneamente s’iniziò a parlare anche di chiusura, ipote-si contrastata solo parzialmente dall’ altra prospettiva di aper-tura di un nuovo stabilimento, seppur di dimensioni minori, a Spini di Gardolo. Nel susseguirsi di voci e ipote-si sul destino dell’industria si

giunse così al 1997, anno della defi nitiva cessazione da parte della Michelin di ogni attività produttiva a Trento e dell’ini-zio di un intenso dibattito sul-la destinazione d’uso dell’ex area Michelin sfociato già nel 1998 in una prima rassegna di conferenze e relativa mo-stra, promosse dall’Assessorato istruzione, educazione perma-nente e biblioteche del Comune di Trento e dal titolo “La fabbri-ca e la città”.

Clermont Ferrand: delegazione di sindacalisti trentini davanti ai cancelli della casa madre sul fi nire degli anni sessanta

È stato costituito dal Museo storico nel 1989 e ha il compito di raccogliere documentazione d’archivio, libri, opuscoli, periodici, materiali a stampa, fotografi ci e audiovisivi relativi ai movimenti sociali, culturali e politici attivi in Trentino dagli anni Sessanta in poi. Fino ad oggi sono stati acquisiti 34 fondi archivistici di perso-ne di associazioni culturali, ma anche delle fe-derazioni provinciali dei partiti, dei gruppi extra parlamentari, materiali documentari sulle lotte sindacali. È stata costituita inoltre una biblio-teca ed emeroteca specializzata. Oltre a questa attività di raccolta, il Centro di documentazione ha organizzato o collaborato ad appuntamenti di studio sulla realtà sociale, politica e culturale degli anni Sessanta e Settanta tramite cicli di

conferenze, rassegne cinematografi che, appunta-menti seminariali. Nel 1998 il Museo, in copro-duzione con la Filmwork di Trento, ha realizzato un documentario sul movimento studentesco a Trento negli anni Sessanta dal titolo “Le due città”, per la regia di Lorenzo Pevarello e la cura storica di Diego Leoni. Si può richiedere copia della cassetta vhs presso gli uffi ci del Museo dietro versamento del solo rimborso spese di € 7,00 per la riproduzione.Responsabile del Centro è Giuseppe FerrandiTel. 0461.230482e-mail: [email protected] informazioni e l’elenco dei fondi archivi-stici sono consultabili al seguente indirizzo:www.museostorico.it/cdr/default.htm

Centro di documentazione sui movimenti politici e sociali in Trentino

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A detta di molti è stato il sin-dacalista che meglio ha rappre-sentato la volontà della classe operaia trentina di affrancarsi da uno stato di subalternità ri-spetto alle logiche padronali di sfruttamento della forza lavoro. Dopo anni di lotta, Giuseppe Mattei, 76 anni, ripercorre que-gli anni, dai Cinquanta ai pri-mi Settanta, che lo hanno visto protagonista della vita sindaca-le della provincia, ma anche in-terlocutore di una realtà sociale in movimento. Una realtà con-trassegnata dall’istituzione del-la Facoltà di

Giuseppe Mattei: un sindacalista in prima lineadi Paolo Piffer

sociologia a Trento e dall’emer-gere di nuove domande e aspet-tative di vita che svegliarono dal torpore, non senza dolorose la-cerazioni, un territorio sonnac-chioso e ancora culturalmente, ma anche materialmente, arre-trato. La Michelin di via San-severino fu il terreno di lotta privilegiato, il luogo dove spe-rimentare accordi innovati-vi, uno spazio di crescita della consapevolezza dei propri dirit-ti, civili e politici. Di formazio-ne cattolica, quella conciliare del magistero di papa Giovan-ni XXIII e attento ai principi egualitari del marxismo, Giu-seppe Mattei, funzionario del-l’ufficio provinciale del lavoro, diventò segretario provinciale

delle Acli nel 1947. L’anno seguente, insieme a Lorenzo Toffolon e Tullio Barozzi, diede vita alla Libera confederazio-ne generale del lavoro (Lcgl) per poi esse-re nominato, nel 1950 e ininterrotta-mente fino al 1974, segretario provincia-

le dei metalmeccanici (Fim) della Cisl. “Per capire il clima degli anni Cinquanta - esor-disce Mattei - basti pensare che ai rappre-sentanti della Cgil era vietato far parte del-la Commissione inter-na composta da Fim e Uilm (i metalmecca-nici della Uil). Infat-ti, la Michelin era una

fabbrica che godeva degli aiuti del Piano Marshall; quelli della Cgil erano comunisti e, quindi, niente Commissione interna, se si volevano avere le commesse americane”. Dal punto di vista sindacale, ma anche sociale, co-sa ha rappresentato la Michelin? “La Michelin è l’azienda dove più si è sviluppata la contratta-zione aziendale, prima propu-gnata solo dalla Cisl e poi anche dalla Cgil quando, nel 1956, ha potuto far parte della Commis-sione interna. La contrattazio-ne alla Michelin è sempre stata accompagnata da grandi mo-bilitazioni e lotte a causa del-l’intransigenza della proprietà, nota, anche a livello internazio-nale, per la sua linea di paterna-lismo verso i dipendenti (servizi sociali e ricreativi in cambio di mano libera in termini di condi-zioni di lavoro e di retribuzione) e di negazione di rapporti cor-retti e costruttivi con le orga-nizzazioni sindacali. Essendo la Michelin la maggiore azienda in provincia di Trento (nel 1970 arriverà a 1561 dipendenti), ha rappresentato il punto di riferi-mento e il sostegno pratico an-che alle vertenze nelle aziende minori”. Tra il 1956 e il 1960 lei fu anche, contemporaneamente con l’incarico sindacale, asses-sore alle attività economiche del Comune di Trento, eletto nelle fila della Dc. “Esatto. Quell’in-carico era importante per poter sostenere l’intervento pubbli-co nel processo di industria-lizzazione del Trentino, quello era l’obiettivo. Di quegli anni fu la predisposizione della zo-na industriale della Clarina ma anche, con il contributo della Regione, l’operazione di salva-taggio della Caproni che fu rile-vata da una società pubblica, la

Giuseppe Mattei sul palco

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Aeromere. Per comprendere, in termini sociali, cosa significasse il processo di industrializzazio-ne del Trentino basta ricordare il tema di un convegno che, come Cisl, organizzammo nel 1958, presente Nino Andreatta ”L’in-dustrializzazione del Trentino contro la politica dell’emigra-zione”. Quali furono i momen-ti salienti della vita sindacale alla Michelin? “Il primo fu nel 1961. C’era in ballo il passaggio dal contratto dei tessili a quel-lo dei metalmeccanici. Si passò dalla produzione dei copertoni fatti prevalentemente di cotone a quella di cavetti in acciaio. La richiesta principale era di avere la mezz’ora pagata per la mensa, prevista dal contratto dei tessili e non da quello dei metalmec-canici. Fu una vertenza boicot-tata dalla Cgil che non scioperò. Voleva ricucire i rapporti con la direzione dopo l’ostracismo degli anni precedenti ma era anche contraria alla contratta-zione aziendale integrativa. Una scelta che si riteneva indebolis-se la contrattazione nazionale e l’unità della classe operaia. Per la Fim-Cisl fu invece una scel-ta strategica a livello naziona-le e la prima, di questo tipo, in Trentino”. Gli anni Sessanta co-me proseguirono, sul terreno delle lotte sindacali? “Nel 1964 la vertenza era per il premio di produzione. Si ottenne di speri-

mentare l’aggancio del salario - fino ad allora attribuito pre-valentemente dalla direzione in maniera discriminata - all’anda-mento della produttività genera-le dello stabilimento. Attraverso una formula, determinata dal rapporto tra la produzione glo-bale e le ore lavorate da tut-ti nell’arco dell’anno (P/H), si arrivava all’indice di produtti-vità. Quella trattativa fu l’ini-zio di un processo democratico all’interno della fabbrica. Tut-te le maestranze, mano a mano, venivano consultate e votavano i vari punti. Lo si faceva davan-ti ai cancelli perché il diritto di assemblea interna non c’era an-cora. Poi, nel ’68, dopo 60 ore di trattativa, alle 3 e mezza di una mattina ottenemmo altri importanti risultati, approva-ti dagli operai, ad ogni cambio turno, davanti all’entrata. Nel 1969, io per la Fim, Sandro Schmid per la Fiom e Del Buo-no per la Uilm costituimmo lo SmuT (Sindacato metalmecca-nico unitario Trento), con sede e tessere unitarie. Il 29 maggio di quell’anno si svolse a Trento la prima manifestazione unitaria di massa. La polizia ci aggredì davanti alla Michelin e fui feri-to. Seguirono altri pestaggi da-vanti alla Ignis, alla Marzotto e in altre fabbriche”. In quegli an-ni di svolta, qual era il rapporto con la società trentina? Che ti-

po di coinvolgimento? “Si riu-scì a coinvolgere le forze più vive della società che contribui-rono alla crescita del protagoni-smo delle classi subalterne. Mi riferisco a quella parte di società trentina che faceva riferimento al Concilio Vaticano II e quin-di alle Acli, al vescovo Gottardi, alla pastorale del lavoro di don Giuseppe Grosselli, a don Dan-te Clauser ma anche alla sinistra Dc e ai partiti della nuova sini-stra come Psiup e Mpl. Inoltre, con il movimento studentesco ci sono stati rapporti dialettici e collaborativi, almeno con la parte meno estremista. A questo proposito ho ben pre-sente un convegno, nel luglio del ’68 tra operai e studenti con la presenza di Bruno Trentin per la Fiom-Cgil e di Macario del-la Cisl ma anche le iniziative sul territorio riguardanti le politi-che dei trasporti, della casa, del-la sanità, delle pensioni e della pianificazione urbanistica”. Le vostre rivendicazioni unita-rie avevano un coinvolgimento a livello nazionale? “Cer-to, avevamo il sostegno delle componenti più avanzate della dirigenza sindacale nazionale, da Pierre Carniti della Fim-Ci-sl, a Bruno Trentin per la Fiom-Cgil a Giorgio Benvenuto della Uilm-Uil nonostante l’unità sin-dacale, in Italia, fosse ben lonta-na come, d’altra parte, a livello

15 maggio 1974: assemblea degli operai nel cortile dello stabilimento. Sul palco il ministro del lavoro Gino Bertoldi e il segretario nazionale della FIM-CISL Pierre Carniti(foto Giorgio Salomon)

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internazionale. Proprio a questo pro-posito, era la fine de-gli anni Sessanta, con una delegazione sinda-cale unitaria andammo a Clermont Ferrand, ca-sa madre della Michelin, per incontrare i sinda-calisti francesi. Fu un disastro. I sindacalisti comunisti, in pratica sequestra-rono Sandro Schmid e gli altri della Fiom-Cgil perché quel-l’iniziativa, il tentativo di in-ternazionalizzare rivendicazioni comuni, non era condivisa dalla centrale francese o, comunque, doveva essere autorizzata dalla Federazione sindacale mondia-le che raggruppava i sindacati di orientamento comunista. Vo-levamo fraternizzare e fummo costretti a giustificarci”. Non fu certo un buon viatico per le lot-te che vi attendevano in Italia. “Direi proprio di no. Le verten-ze dei primi anni Settanta fu-rono particolarmente dure. Nel 1971 adottammo l’autolimi-tazione della produzione e gli scioperi a scacchiera. La direzione della Michelin ci denunciò alla Magistratura, che, influenzata dalla destra demo-cristiana, gli diede ragione. In tutto, ho subito decine di pro-cessi. Sempre la direzione man-dò una lettera all’arcivescovo

Gottardi che denunciava il no-stro comportamento, ritenuto “eversivo”, e minacciava gravi ritorsioni se non avesse bloccato il sostegno che avevamo dai sa-cerdoti e dalle associazioni cat-toliche più avanzate. Nel 1974, quando le rivendicazioni coin-volsero anche lo stabilimento di Fossano, in Piemonte, fum-mo tutti denunciati per violazio-ne di proprietà privata per aver indetto un’assemblea all’interno della fabbrica. La denuncia colpì anche il Mini-stro del lavoro, il socialista Gino Bertoldi, il segretario nazionale della Fim-Cisl, Pierre Carni-ti, don Grosselli e don Clauser che avevano partecipato all’in-contro, era il 15 di maggio. E’ di quegli anni l’ “occupazione” del Duomo, nel corso del Qua-resimale. Il Vescovo consentì ad un’operaia di leggere un inter-vento dal pulpito sulle ragioni della lotta, dando così il suo so-stegno alle rivendicazioni ope-

raie. E poi ricordo molto bene la partecipazione di massa ad una manifesta-zione al Sociale, a favore del divorzio, in cui erano presenti l’abate Franzo-ni e la parlamentare Lu-ciana Castellina”. A che conclusioni arrivò quel-la vertenza così dura? “La Fiom-Cgil, con Sch-

mid, dopo 400 ore di sciopero, firmò l’accordo. Dietro c’erano anche le spinte del Pci nazionale e locale e di Ugo Panza, segre-tario provinciale della Cgil-Ca-mera del lavoro, che volevano si arrivasse ad un compromes-so, come a Fossano. Io non fir-mai l’accordo perché rimaneva a cottimo una parte del salario e si riduceva la composizione e la funzionalità dell’esecutivo di fabbrica. E poi l’esperienza uni-taria trentina, nonostante l’ap-poggio di Pierre Carniti, non era ben vista a livello nazionale, ma neanche locale. Fui espulso dal-la Fim trentina insieme a tutto il direttivo. L’esperienza trenti-na, per me, si chiudeva - ma an-che per Schmid che prese la via della segreteria nazionale del-la Fiom a Roma - e accettai di andare alla segreteria provincia-le milanese dei metalmeccanici dove mi occupai dell’Alfa Ro-meo di Arese che allora contava 16.000 dipendenti”.

maggio 1968: Sandro Schmid e Giuseppe Mattei in un momento degli scontri davanti alla Michelin(foto Giorgio Rossi)

I protagonisti delle lotte operaie degli anni Sessanta e Settanta hanno così commentato, nel luglio scorso, le diverse ipotesi formulate sul destino dell’ex area Michelin:“[…] Non possiamo dimenticare. Non sarebbe giusto. Cancellare ogni traccia sarebbe come fare violen-za alla storia e alla cultura del Trentino. Ecco che allora mi sento di avanzare una proposta: la creazione di uno spazio aperto dedicato all’archeologia industriale” (Sandro Schmid, “l’Adige” 21 luglio 2002).“[…] Ci sono molti aspetti e ragioni per la realizzazione di un “luogo” che ricordi e, ricordando, utilizzi un pezzo non insignificante della storia industriale trentina…”Ma adesso, prima che le ruspe senz’anima cancellino tutto un passato, evitiamo di compiere un altro errore, un’altra cancellazione di memorie utili al futuro dello sviluppo della nostra terra. Un invito quin-di a tutti […] a spingere per la realizzazione di un piccolo progetto che non deve morire per ignoranza, per prevalenti interessi economici o per mettere una pietra tombale su storie ed esperienze che magari non si sono condivise, ma non per questo possono essere meno utili a quel confronto dialettico sulla costruzione del futuro” (Giuseppe Mattei, “Trentino” 24 luglio 2002).

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La lettera inedita:la Michelin scrive al Vescovo di Trento

SOCIETÁ PER AZIONIMICHELIN ITALIAStabilimento: 38100 TRENTO via Sanseverino, 47

A S.E. Mons. Alessandro Maria GottardiArcivescovo diTRENTO

Trento, 15.5.1970

Oggetto: Rivendicazioni sindacali presso la S.p.A. MICHELIN Italiana – Stabilimento di Trento In data 2 del decorso mese di aprile le Organizzazioni Provincia-li dei Lavoratori di Trento indirizzarono alla Associazione Industria-le ed alla Direzione del nostro Stabilimento di Trento una richiesta di incontro al fi ne di discutere una serie di rivendicazioni a livello aziendale. La piattaforma rivendicativa risultò articolata in nove punti, suddivisi in richieste normative e richieste di carattere economico. A soli tre mesi dall’entrata in vigore dell’accordo 21 dicembre 1969 (8.1.1970) per il rinnovo del C.C.N.L. della Industria Metalmecca-nica, le Organizzazioni Provinciali dei Lavoratori pretendono, quindi, l’accoglimento di un insieme di rivendicazioni complessivamente molto pesanti. In particolare, venne richiesto all’Azienda:a) di riconoscere i delegati di reparto;b) di conferire ad un “consiglio dei delegati di reparto” la caratte-ristica di agente contrattuale per le rivendicazioni a livello integra-tivo aziendale. A tale organismo dovrebbero essere concessi permessi e guarentigie, in modo da assicurarne una completa funzionalità;c) lo scioglimento della Commissione Interna ed il passaggio delle re-lative attribuzioni ai rappresentanti sindacali.Come si constata in modo evidente, le predette richieste normative con-trastano sia con le norme del precedente C.C.N.L. 15.12.1966 che con le nuove disposizioni dell’accordo 21.12.1969 (8.1.1970). Sotto il profi lo economico vennero presentate le seguenti richie-ste:1) Perequazione delle paghe di Stabilimento.2) Istituzione di paghe personali per i cottimisti con mantenimento del livello retributivo raggiunto, in caso di qualsiasi spostamento di posto di lavoro.3) Istituzione di tre scatti di anzianità del 5%.4) Abolizione della 4ª e 5ª categoria .5) Istituzione di una indennità di lavoro notturno di circa £. 1.000 per notte.6) Aumento del premio annuo (pre-feriale) esistente in Stabilimento dalle 80 ore (del 1969) a 208 ore di retribuzione globale di fatto (nel 1970 è già stato previsto da un precedente accordo aziendale di portare il premio a 100 ore).Pur tenendosi conto dei notevoli oneri conseguiti alla recente appli-cazione del nuovo C.C.N.L. metalmeccanici, l’Azienda volle compiere un passo in avanti in favore dei lavoratori e dichiarò la propria dispo-nibilità a trattare, mantenendo però il dialogo su un piano di serietà e di concretezza.Tale trattativa venne articolata in due parti onde assicurare un esame approfondito e produttivo.Nell’interno dello Stabilimento si riunirono: la Direzione, la Commis-sione Interna e le rappresentanze di lavoratori. Gli incontri in tale sede raggiunsero una fase soddisfacente e si tradussero per molti posti

All’inizio degli anni Settanta lo scontro fra operai e alta diri-genza della Michelin raggiunge livelli di grave tensione. Lo te-stimonia una lettera inedita del 1970, che proponiamo ai lettori di AltreStorie, nella quale l’ing. Giancarlo Borrella della Miche-lin scrive al vescovo di Trento Alessandro Maria Gottardi, chie-dendone l’intervento per risolvere una dif-fi cile situazione il cui perdurare avrebbe po-tuto portare anche a “conclusioni spiace-voli”.

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di lavoro alla eventualità di accordare un aumento del valore

medio di £. 25 orarie.Riportata in sede sindacale, le conclusio-

ni raggiunte tra i lavoratori e l’Azienda nell’interno dello Stabilimento non vennero approvate dalle Segreterie Provinciali dei

Sindacati, i quali mantennero, pure, in modo quasi completo, le richie-ste economiche presentate in prima istanza. Sul piano concreto, l’Azienda presentò le proprie conclusioni in ordine alle varie richieste offrendo diverse concessioni economicamen-te apprezzabili. Nonostante la buona disponibilità dell’Azienda le Organizzazioni Sindacali ruppero deliberatamente le trattative dichiarando unicamente che era già troppo tempo che lo Stabilimento Michelin di Trento non entrava in sciopero mentre da parte loro si ravvisava opportuno che le concessioni debbano essere strappate con la forza, in modo da tenere costantemente agitati i lavoratori e la piazza. I termini della buona disponibilità aziendale possono essere va-lutati esaminando la seguente documentazione allegata:1) copia di lettera inviata ai lavoratori dipendenti;2) copia del comunicato della Direzione esposto in fabbrica;3) tabella dei livelli retributivi degli operai di SAMI Trento.Con riferimento a quanto sopra esposto, questa Azienda segnala la si-tuazione determinatasi affi nché i fatti possano essere valutati in tem-po, con serenità e obiettività. A questo proposito, non è certamente pensabile che, senza particolari motivi eversivi, le Segreterie Provinciali dei Sindacati di Trento abbiano deciso di rinunciare ad una serie di concessioni non solo interessanti sul piano dei rapporti interni di fabbrica ma soprat-tutto economicamente valide. L’Azienda ha infatti esaminato con molta serietà e attenzione le varie rivendicazioni, d’altra parte così presto aggiuntesi a quelle defi nitive in sede contrattuale. Tale nuovo sforzo economico dell’Azienda avrebbe dovuto essere, però, compensato da una normalità produttiva e sindacale, all’interno dello Stabilimento, ciò in riferimento pure alle leggi economiche alle quali nessuno può sottrarsi. Una risposta alla serietà di intenti dell’Azienda è stata anco-ra data in questi giorni dai Sindacati i quali hanno fatto sì che la produzione nello Stabilimento sia scesa di oltre il 60%, facendo così commettere una azione illecita sia sotto l’aspetto contrattuale che legale. Rimane chiaro che, a fronte di questa situazione, l’Azienda non potrà certamente migliorare in futuro le proprie concessioni mentre, per contro, sarà facile che non possano essere mantenute neppure quelle preannunciate. Per contro, in mancanza di un regolare approvvigionamento dei semi-lavorati dello Stabilimento di Trento, l’Azienda sarebbe costret-ta a sospendere dal lavoro circa 11.000 dipendenti delle varie unità produttive. In questa fase di rapporti di lavoro del tutto atipici e di azio-ni illegali commesse da chi segue l’indirizzo delle Segreterie sin-dacali metalmeccaniche di Trento, si ritiene doveroso sottoporre alla Sua cortese attenzione il caso determinatosi, particolarmente per la eventualità che un progressivo deterioramento della situazione possa condurre, in un secondo tempo, a conclusioni spiacevoli non solo per l’Azienda, ma pure per i lavoratori dipendenti. Nell’incontro, voglia gradire i migliori saluti (dott. Ing. Giancarlo Borella)

di lavoro alla eventualità di accordare un aumento del valore

medio di £. 25 orarie.Riportata in sede sindacale, le conclusio-

ni raggiunte tra i lavoratori e l’Azienda nell’interno dello Stabilimento non vennero approvate dalle Segreterie Provinciali dei

Gli operai in Duomo chiedono al Vescovo Gottardi di leggere una lettera sulle loro rivendicazioni(foto Giorgio Salomon)

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Era la fabbricadi Luigi Sardi Era la certezza del posto

di lavoro, della buona paga, della continuità

nell’occupazione. S’indovinava anche una forma di orgoglio quando l’operaio diceva “io la-voro alla Michelin” nome pro-nunciato alla trentina, raramente alla francese. Generazioni di concittadini hanno percorso quel Lungadige Sanseverino per raggiungere i cancelli dello sta-bilimento, timbrare il cartellino, cominciare un’altra giornata di lavoro sotto quei capannoni che ancora oggi conservano un loro fascino.Nel Trentino, ma è già passato mezzo secolo, il nucleo dei la-voratori si era formato nei duris-simi anni del primo dopoguerra, fra il 1950 e il 1960. Si sgobba-va. Ma si intravedeva un futuro. Si arrivava in bicicletta, ma si poteva sognare la Vespa. Certo, il padrone era particolarmente autoritario e la gestione dentro, qualche volta anche fuori la fabbrica, era severa e repressi-va. Però si scopriva un sinda-calismo che cresceva, che era lì sul grande cancello, fra la fine del turno di notte e l’inizio del turno di giorno. Insomma all’al-ba. Per riprendere, fra sigarette fumate in fretta, un dialogo, un discorso che di giorno in giorno diventava sempre più importan-te ed era sempre più ascoltato e condiviso.Attorno a Trento, le tradizioni operaie non erano molto estese perché a dominare era l’agri-coltura, più ricca di pellagra che di raccolti, stretta attorno al campanile e salvo rare ecce-zioni, mai aperta al progresso. Più importante era la tradizione operaia nel roveretano. Comun-

que Michelin, Sloi, Italcementi erano punti di forza, ben prima che arrivasse la Ignis di Spini di Gardolo chiamata da Flaminio Piccoli la cattedrale del lavoro.La Michelin si era insediata sul territorio della città nei primi decenni del ventesimo secolo e nel lungo arco di tempo che l’aveva vista al massimo del fulgore produttivo, contava 1500 operai che, con le rispet-tive famiglie, corrispondevano a 5000 forse 6000 cittadini. Quella popolazione ha rica-vato dalla fabbrica benefici di ordine economico e sociale e nello stesso tempo ha contri-buito alla crescita della città. Era uno stabilimento moderno e socialmente all’avanguardia in quanto metteva a disposizione dei lavoratori e delle loro fami-glie, strutture di tutto rispetto: la mensa, un grande teatro dove il dopolavoro aziendale organiz-zava incontri culturali, feste e balli a carnevale e capodanno e spazi per lo svolgimento di atti-vità sportive: il tennis, la palla-volo, le bocce, il calcio.Il giornalismo trentino, alla fine degli anni Cinquanta, si interes-sava poco a quello che avveniva nella fabbrica, salvo nei giorni di festa che solitamente coinci-devano con la distribuzione dei pacchi dono nei giorni del Nata-le e la Befana per i figli dei di-pendenti. A distribuirli nel tea-tro della Michelin, arrivavano le autorità di spicco della città e nelle redazioni era un gioco di fioretto per evitare d’attribuire, nelle didascalie delle fotografie, l’appellativo di befana magari alla consorte del commissario del governo o a quella del que-store. Ma si scoprivano anche

valenze culturali, oltre che so-ciali ed economiche che erano un importante punto di riferi-mento per tutta la città. Ricorda un recentissimo studio dell’As-sociazione artistico-culturale “Formato Arte” fatto da Diego Mazzonelli e dagli architetti Manuela Baldracchi e Fulvio Nardelli imperniato proprio sul-la Michelin, come fra gli anni che vanno dal 1940 al 1980, non venivano prese decisioni di ordine urbano-sociale senza confrontarle con la presenza importante della Michelin, con il pensiero della grande fabbri-ca e di quello che poteva esse-re il suo futuro. Ancora oggi a Trento, il nome Michelin riman-da ad eventi vissuti con grande intensità, i suoi vecchi capanno-ni di elegante fattura architetto-nica, richiamano giornate di fa-tica, ma anche occasioni di vita collettiva, di esperienze nuove, di un patrimonio complessivo che non deve essere cancellato.E’ attorno al 1964 che i tre giornali della città, sia pure con taglio diverso, “entrano” nel mondo del lavoro. E’ vero, le biciclette hanno lasciato il posto alle moto e poi, improv-visamente, sono arrivate - sia pur pagate a colpi di cambiale - le Seicento, uno dei pochi fiori all’occhiello della Fiat che in quegli anni aveva ancora per motto “Terra-Cielo-Mare”, con Mirafiori a rappresentare il so-gno di ogni metalmeccanico in cerca di certezze. L’ingresso massiccio nel mondo del lavoro dei giovani che avviene appun-to alla metà degli anni Sessanta diventa l’elemento decisivo per comprendere il fenomeno scoppiato in quell’epoca oramai

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entrata nella storia della Nazio-ne come Autunno Caldo. Anche loro provengono dalle valli e dalle campagne, spesso è la pri-ma volta che vedono una fabbri-ca dall’interno, sanno poco del sindacato, s’interessano poco alla politica o più esattamente, vivono nella solida tradizione dei loro paesi che è cattolica e democristiana. I giornali avvertono questo nuo-vo momento che vede l’indu-stria aumentare l’occupazione ma intensifi cando e razionaliz-zando drasticamente il lavoro lo rende faticosissimo e perico-loso. Nelle redazioni aumenta l’attenzione agli infortuni sul lavoro che coincide con l’in-stallazione delle più elaborate catene di montaggio. Alla Sloi si scopre la mortalità da piombo

tetraetile, all’Italcementi quello delle polveri che soffocano gli abitanti di Piedicastello, alla Prada i fumi che sanno di naf-talina e scatenano raffreddori allergici e crisi d’asma. Sono gli operai della Michelin a scende-re per primi in piazza in difesa della salute e contro i salari che sono rimasti bassi. Cortei di mille operai Michelin ai quali si aggiungono i lavora-tori di altre fabbriche sono even-ti eccezionali per una comunità, come quella trentina, chiusa, assopita nelle proprie tradizio-ni improvvisamente scossa, e anche violentemente, dai con-tenuti e dai metodi delle prime contestazioni studentesche. Il maggio del 1968 fu fortemen-te caratterizzato dalla lotta dei lavoratori della Michelin con i

quali iniziò un rapporto sempre più intenso con gli studenti di Sociologia. Culminò il 28 mag-gio con un enorme corteo e più o meno in quegli anni cominciò a crescere la risposta degli indu-striali e di una parte del potere politico dell’epoca, scatenando una sequenza di interventi re-pressivi che, tenuto conto della limitata dimensione industriale della città, ebbero una intensità senza confronti. La massa degli operai Michelin fece da scudo alle cariche della Celere, ai processi nei confronti di sindacalisti e militanti della sinistra, agli attentati, che ave-vano preso di mira le fabbri-che, l’Università, i sindacalisti, culminati nella mancata strage del gennaio 1971 davanti a pa-lazzo di giustizia. Se non passò la strategia della tensione, se i danni - pur gravi - rimasero limitati, lo si è dovuto anche ad un giornalismo sempre più presente, sempre più testimone anche lui cresciuto nelle molte albe passate sui cancelli di via Sanseverino.

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Territori abbandonati:la ex Montecatini di Moridi Angiola Turella

Il dibattito di questi anni sul riuso del complesso ex Montecatini di Mori,

così come in misura diversa il confronto sull’area della ex Mi-chelin a Trento, sottolinea anche nell’ambito di questa provincia i problemi e le valenze della dismissione dei grandi insedia-menti industriali. In Europa, dopo una serie di importanti interventi di trasformazione av-viati già negli anni Ottanta, que-sto tema ha assunto il significato di un nuovo modo di trasforma-re la città e il territorio: il piano per la deindustrializzazione e il recupero del bacino minera-rio della Ruhr, il riuso di aree più tradizionalmente urbane come i Docklands di Londra, il quartiere Bicocca di Milano, il Lingotto di Torino e, anco-ra, il piano di riconversione approntato dall’Iri per le aree siderurgiche di Genova, Taranto e Bagnoli, esemplificano come la questione delle aree dismesse rappresenti un’occasione unica di intervento concreto sulla città costruita e sul suo territorio. Se la cessazione delle tradizionali attività di produzione e l’ammo-dernamento di servizi e infra-strutture impongono in generale un ripensamento dell’impianto della città industriale, il riuso degli insediamenti abbandonati richiede un disegno strategico di cambiamento attento non solo alla riconversione di queste parti urbane e alla trasforma-zione del loro paesaggio, ma anche al rispetto della memoria storica appartenente a un’intera comunità. Nel 1990, scrivendo sul numero della rivista “Rassegna”, inte-ramente dedicato ai “territori abbandonati”, Vittorio Gregotti sottolineava come il recupero

degli insediamenti industriali dismessi metta in gioco quantità decisive per la trasformazione della città, segnando allo stesso tempo la stabilità nello sviluppo fisico: la riqualificazione della città costruita rivela una “nuo-va attenzione all’ambiente in termini non solo ecologici ma soprattutto morfologici e, in ge-nerale, ai valori dell’esistente”. Il piano, invece che muoversi in termini di espansione, viene in questo modo a puntare a un’in-tegrazione fra le parti che già segnano la città e in generale il territorio, non ponendo atten-zione ai soli oggetti del costrui-to ma alle relazioni fra essi, alle gerarchie fra le parti.Di fronte a un’idea di progetto che si misura con il contesto storico e geografico nei suoi elementi strutturali, vale la pena ritornare sugli interventi di rinnovamento che hanno in-teressato la zona mineraria del-la Ruhr. Individuati una serie di aspetti dominanti del quadro regionale - il paesaggio urbano costituito da centri abitati ben collegati e accessibili, il com-plesso sistema di infrastrutture (canali, tracciati ferroviari, cen-trali elettriche, depositi) legato alle attività estrattive, la pre-senza di nuove e diversificate attività produttive, la spontanea fruizione dei canali per lo sva-go -, il progetto di sviluppo si è orientato alla loro ridefinizione e integrazione per ricomporre un’idea di territorio fondata sull’esistente e condivisa dagli abitanti. La trasformazione dell’area dismessa ha quindi significato la ricostruzione del paesaggio attraverso l’intreccio di spazi con valenze e funzioni diverse: da una parte il miglio-ramento ecologico dei canali,

la sistemazione dei sentieri, la tutela dei terreni inedificati, la conservazione dei fabbricati industriali o delle infrastrutture assunte a simbolo dell’identità storica della regione hanno fornito nuove prospettive per il tempo libero nonché opportuni-tà culturali e sociali, dall’altra il recupero dei manufatti dismessi come ambienti di lavoro per moderne imprese e la creazione di un sistema di collegamenti fra questi rinnovati insediamenti e i centri urbani limitrofi hanno ri-sposto all’esigenza di costituire una nuova dimensione urbana.Perché di fronte al complesso della ex Montecatini di Mori è significativo richiamare così diffusamente il caso della Ruhr? Quel “corpo morto”, così come da più parti è stato definito, adagiato lungo la sponda del fiume Adige, rappresenta per dimensione e articolazione dei manufatti edilizi, interrelazione fra volumi, opere idrauliche ed elementi infrastrutturali, un episodio unico non solo nella storia socio-economica trentina ma nello stesso paesaggio figu-rativo locale. Realizzato a partire dal 1927 dagli ingegneri e dai tecnici della Montecatini lungo la sponda dell’Adige poco a sud di Mori, il complesso indu-striale si configura secondo un progetto di rimodellamento del territorio che disegna secondo una decisa infrastrutturazione quella stretta lingua di terra fra il monte e l’ansa del fiume. La costruzione del canale e della diga sul fiume - la realizzazione della centrale, i cui lavori inizia-ti nel 1927, consentono già alla fine del 1928 di avviare la prima fornitura di energia allo stabili-mento - si traduce in un com-

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plesso imponente, soprattutto se proiettato sullo sfondo di un territorio che allora presenta un’economia sostanzialmente rurale. Destinato a diventare la più importante unità di produ-zione dell’alluminio in Italia, lo stabilimento sfrutta nel modo più logico l’area lungo il fiu-me: i grandi corpi longitudinali delle sale forni si dispongono perpendicolarmente all’edificio della centrale, nelle particelle residue si collocano gli impian-ti ausiliari e i servizi, mentre a sottolineare l’autosufficienza funzionale della fabbrica, si sistemano attorno, ma fuori dal perimetro degli stabilimenti, le ville della dirigenza e il fabbri-cato alloggi per i capi reparto. Un’ordinata gerarchia delle funzioni disegna quindi in modo preciso e duraturo la topografia del paesaggio, se-condo un modello di ordinata compresenza di funzioni non infrequente nella tipologia dei grandi stabilimenti industriali. Con il declino dell’attività produttiva, che nel 1983 ha por-tato alla chiusura dello stabili-

mento, lo smantellamento dei manufatti e il loro abbandono hanno consegnato l’immagine di questi luoghi a quella che viene definita “archeologia in-dustriale”. Dopo anni di discussioni, det-tate in particolare dal radica-mento dell’idea della fabbrica nella memoria storica della comunità della Vallagarina, il complesso ex Montecatini pone ora il problema del suo riuso in relazione non solo alle esigenze della pianificazione provin-ciale di individuare funzioni e regole attraverso cui ridefinire questa parte di territorio, ma anche in relazione agli aspetti culturali e sociali legati alla trasformazione di un insedia-mento industriale che fa parte del paesaggio figurativo e della storia locale.Nel 1998 il concorso promosso da Tecnofin Strutture con la Provincia autonoma di Trento e i comuni di Mori e Rovereto, sottolineando la valenza territo-riale del complesso produttivo e la sua “posizione strategica” ri-spetto all’asta dell’Adige e alla

viabilità nord-sud, ha orientato ogni proposta di recupero verso una destinazione mista per atti-vità produttive e servizi. I risul-tati mancati di quel concorso, l’emergere di nuove proposte di riuso assieme al richiamo delle amministrazioni locali perché l’ente pubblico assuma un ruolo centrale nella fase progettua-le e in quella decisionale per l’intervento sull’area, rivelano tuttavia lo scarto fra gli esiti del dibattito e il perseguimento di un obiettivo complessivo. Nelle molte incognite che segnano ancora oggi le ipotesi di riuso di quel complesso imponente, il problema del metodo diventa allora centrale: il confronto con il contesto storico e geografico, il recupero di quei principi in-sediativi che hanno regolato la costruzione della fabbrica, la riconversione dell’insediamen-to attenta a tradursi in un’imma-gine a sua volta riconoscibile, la valorizzazione degli spazi aperti, dovrebbero quindi esse-re gli elementi di un progetto, costruito a partire dai valori di quel territorio abbandonato.

Una foto panoramica del complesso indu-striale della Monte-catini di Mori tratta dal recente volume “Acqua, aria, energia elettrica: la Monteca-tini di Mori”, a cura di Diego Leoni e con interventi di Antonella Agostino, Paolo Calzà, Fulvio Irace e dello stesso Diego Leoni.Il volume, edito nel 2000 dall’editore Nico-lodi di Rovereto, trac-cia la storia di questo complesso industriale, sorto nel 1929 e chiuso nel 1983, proponendo-si come un orizzonte di ricerca interdisciplina-re al quale ricondurre gli interventi dei futuri progettisti chiamati a realizzare il progetto di riqualificazione e riutilizzo dell’area.

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AGENDALa ricognizione aerea italiana e austriaca nella Grande GuerraIn un volume di grande formato e riccamente illustrato viene ripercorsa la storia della nascita dall’aerofotografia in Italia e del suo fondatore il geologo Giovanni Battista Trener. L’esame dei fondi archivistici che riguardano in particolare il Trentino ha evidenziato un’enorme ricchezza di documentazione fotografica non solo come testi-monianza di un periodo che ha segnato la storia della gente e del territorio della nostra regione, ma anche come straordinaria fonte di dati per altri settori di studio, non strettamente militare, quali il

Editoria

Dialetti trentini in BrasileCirca 130 anni fa iniziarono i grandi flussi dell’emigrazione trasoceanica cui presero parte approssimati-vamente 30.000 contadini dell’allora Tirolo italiano. Il Museo pubblica uno studio di Ivette Marli Boso che riscopre il tragitto storico non solo di una parlata ma, soprattutto, del modo di essere e di pensare della comunità trentina in Brasile. Il volume conduce alla riscoperta di una cultura in precario equilibrio tra la fedeltà alle origini e innovazioni dovute al contatto con la nuova realtà brasiliana.Noialtri chi parlen tuti en talian: dialetti trentini in Brasile, di Ivette Marli Boso, ed. Museo storico in Trento, Trento 2002, pagg. 298, € 19,80

Catalogo editorialeIl Museo ha pubblicato l’edizione aggiornata del proprio catalogo editoriale che conta oramai più di cento titoli. Questo volumetto, pur presentandosi formalmente come un catalogo editoriale, ha tuttavia il pregio di essere costruito in modo tale da offrire una sorta di itinerario a tappe attraverso la storia del Museo del Risorgimento di Trento dall’anno di fondazione, il 1923, fino alla trasformazione odierna in Museo storico in Trento. Accanto al breve saggio introduttivo di Sergio Benvenuti, che ripercorre per sommi capi questa vicenda ricordandone i principali protagonisti, vi è, infatti, la presentazione di tutte le opere edite in circa settant’anni di attività, dal primo volume Pagine di guerra e della vigilia di legio-nari trentini a cura di Bice Rizzi del 1932, fino all’imminente Uno «strano bazar» di memorie patrie: il Museo Civico di Trento dalla fondazione alla prima guerra mondiale, di Giuseppe Olmi, del 2002. Completano il catalogo un utile indice dei nomi e una breve rassegna biografica degli autori e curatori che hanno contribuito alle tante pubblicazioni segnalate. Il catalogo è disponibile, a richiesta, presso l’Archiblioteca del Museo, in via Torre d’Augusto n. 35, Trento.

cambiamento del paesaggio (le montagne, le fore-ste, i siti archeologici, l’idrografia, lo sviluppo dei centri urbani, delle vie di comunicazione e il loro impatto sul territorio) La macchina di sorveglian-za. La ricognizione aerofotografica italiana ed austriaca sul Trentino, 1915-1918, a cura di Die-go Leoni, Patrizia Marchesoni e Achille Rastelli, ed. Museo storico in Trento, Museo tridentino di scienze naturali, Museo storico italiano della guer-ra di Rovereto, Trento 2001, pagg. 208, € 62,00. Al volume è allegato un CD-Rom sul pilota Mario Tschurtschenthaler

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Appuntamenti Alla ricerca delle menti perdute: viaggi nel-l’istituzione manicomialeNell’ambito del progetto di iniziative che verrà rea-lizzato nel corso del 2003 «Alla ricerca delle menti perdute: viaggi nell’istituzione manicomiale», il Mu-seo organizza un incontro seminariale con Giorgio Bedoni e Bianca Tosatti sul tema arte e psichiatria.

Venerdì 29 novembre 2002, presso la sala in-contri del Museo storico in Trento, via Torre d’Augusto, 41 con inizio ad ore 15,00, Forme e colori della follia. L’incontro sarà seguito dalla proiezione dei documentari di Raffaele Andreassi, Lo specchio, la tigre e la pianura (1960) e Antonio Ligabue, pittore (1965).

Esposizione storica del libro fondiario e del CatastoIl Museo del Libro Fondiario e del catasto (via Gilli 4, Trento) ha attivato una collaborazione con il Museo storico al fine di rendere il suo patrimo-nio documentario disponibile anche per le attività didattiche delle scuole. Al di là del suo apparente tecnicismo, il Museo del Libro Fondiario dispone, infatti, di documenti di notevole valore storico, dall’epoca teresiana fino alla metà del Novecento. Sono esposti strumenti di misurazione tecnica, documenti fondiari e legislativi originali, registri e mappe che testimoniano l’evoluzione e il con-trollo del territorio regionale dal punto di vista cartografico, fiscale e giuridico. Il sito del Museo è visitabile all’indirizzo http://www.regione.taa.it/giunta/museo_it/museo_pag_it.htm.

Danze di società di tradizione ottocentescaCome annunciato in precedenza è iniziato in ot-tobre, presso la sede del Museo storico in Trento e in collaborazione con la «Società di Danza» di Modena, il seminario dedicato all’apprendimento delle danze sociali dell’Ottocento. Sotto la guida del maestro Fabio Mollica, gli iscritti a questo speciale seminario stanno riscoprendo il fascino e il piacere dell’arte della Quadriglia, della Con-traddanza, delle danze di coppia figurate, Valzer, Mazurka e Polka. Gli appuntamenti del 2003 sono fissati per il 17 gennaio, il 14 febbraio, il 14 marzo e l’11 aprile, giornata finale nella quale si terrà anche una festa danzante della quale daremo in seguito maggiori dettagli. Il seminario ha riscos-so un ampio successo di pubblico con decine di iscritti. Per ulteriori informazioni rivolgersi al nu-mero telefonico 0461.230482 oppure all’indirizzo di posta elettronica: [email protected].

Cinema e fantastoriaIl Museo storico, in collaborazione con il Centro servizi culturali S. Chiara, propone quattro gior-nate dedicate al cinema fantastorico con spettacoli pomeridiani e serali presso il Teatro Sperimentale in via S.Croce, Trento - INGRESSO LIBERO -19 dicembre: Ore 16.00 Il grande dittatore, USA 1940Ore 18.00 1941: Allarme ad Hollywood, USA 1979Ore 20.00 Atlantide, Francia, 1921Ore 22.00 Metropolis, Gemania, 192620 dicembre: Ore 16.00 Ritorno al futuro, USA, 1985Ore 18.00 The Day After, USA, 1983Ore 20.00 La seconda guerra civile americana, USA, 1997Ore 21.30 La jetée, Francia, 1962L’esercito delle dodici scimmie, USA, 1995

21 dicembre: Ore 16.00 I Banditi Del Tempo, UK, 1980Ore 18.00 Il viaggio nella luna, Francia, 1902 La Diabolica Invenzione, Cecoslovacchia, 1957Ore 20.00 Fatherland, USA, 1994Ore 22.00 Vogliamo i colonnelli, Italia, 197322 dicembre: Ore 16.00 Train de vie- Un treno per vivere, Fran-

cia, Romania, Olanda, Belgio, 1998Ore 18.00 Il Dottor Stranamore, ovvero: come im-

parai a non preoccuparmi e ad amare la bomba, UK, 1964

Ore 20.00 Civilizzazione, USA, 1916Ore 22.00 I vestiti nuovi dell’imperatore, UK,

Italia, Germania, 2001

Il programma potrà subire qualche variazione

Cinema

Collaborazioni

AGENDA

ALTRESTORIE - Periodico di informazione. Direttore responsabile: Sergio BenvenutiComitato di redazione: Giuseppe ˇerrandi, Patrizia Marchesoni, Paolo Piffer, Rodolfo Taiani

Via Torre d’Augusto, 4138100 TRENTOTel. 0461.230482fax 0461.237418www.museostorico.ite-mail:[email protected]

Hanno collaborato: Giuseppe Mattei, Walter Nicoletti, Giorgio Rossi, Giorgio Salomon, Luigi Sardi, e Angiola Turella Periodico quadrimestrale registrato dal Tribunale di Trento il 9.5.2002, n. 1132, ISSN-1720-6812

Per ricevere la rivista o gli arretrati, fino ad esaurimento, inoltrare richiesta al Museo storico in Trento. In copertina: manifesto pubblicitario Michelin realizzato nel 1934 da George Plassé

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