altereco ambiente settembre-ottobre 2014

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al t er eco ambiente Anno 1 Numero 2 settembre-ottobre 2014

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Rivista tecnica riguardante tematiche ambientali

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alterecoa m b i e n t eAnno 1 Numero 2settembre-ottobre 2014

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ECOGEO s.r.l. ANALISI E TECNOLOGIE D’AMBIENTE Sede: Via F.lli Calvi n° 2 - 24122 Bergamo Tel. 035 / 27.11.55 - Fax 035 / 23.98.82 P. IVA 03051330169 http://www.ecogeo.net

LAB N° 1399 Laboratorio accreditato da ACCREDIA Norma UNI CEI EN ISO \ IEC 17025:2005

ECOGEO S.R.L. ha un’esperienza di oltre 40 anni nella depurazione delle acque. Il cuore della società è rappresentato dalla tecnologia avanzata (MBR) di sistemi di depurazione, che propone nei paesi del mondo dove attualmente opera: in particolare in Perù (Lago Titicaca), Africa, Indonesia, Emirati Arabi, Canada, Russia e Nord Europa. ECOGEO S.R.L. possiede un laboratorio accreditato di analisi, attrezzato con le più recenti apparecchiature. Il successo di ECOGEO S.R.L. nasce dalla sua straordinaria capacità di combinare gli elementi standard qualitativi del servizio e di modellarlo secondo richieste di esecuzione specifiche. La società ha assistito negli anni ad una vertiginosa espansione nel mercato italiano ed internazionale ed ha ampliato la propria offerta di servizi, mantenendo sempre immutata la sua consolidata filosofia vincente: “proporre al Cliente un servizio integrato nel pieno del rispetto della qualità globale”.

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Sommariosettembre-ottobre 2014

Proprietà OTTOLOBI editoria e comunicazioneVia A.Caretta, 320131 - Milanot/f 02.36798297www.ottolobi.itP.IVA 03559000983

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I moduli Brandoni Solare uniscono il green al design19

Editoriale

4 Lean & Sostenibilità

12 Il problema del riscaldamento: nuove soluzioni integrate per abbattere i costi

Airbank: leader nel settore dell’antiquinamento e della sicurezza industriale22

Quando la cultura della sostenibilità diventa educazione26Uso sostenibile delle risorse naturali in edilizia: impiego a ciclo chiuso dei materiali inerti30

IRMA: rinnovamento urbano34

ECOGEO s.r.l. ANALISI E TECNOLOGIE D’AMBIENTE Sede: Via F.lli Calvi n° 2 - 24122 Bergamo Tel. 035 / 27.11.55 - Fax 035 / 23.98.82 P. IVA 03051330169 http://www.ecogeo.net

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ECOGEO S.R.L. ha un’esperienza di oltre 40 anni nella depurazione delle acque. Il cuore della società è rappresentato dalla tecnologia avanzata (MBR) di sistemi di depurazione, che propone nei paesi del mondo dove attualmente opera: in particolare in Perù (Lago Titicaca), Africa, Indonesia, Emirati Arabi, Canada, Russia e Nord Europa. ECOGEO S.R.L. possiede un laboratorio accreditato di analisi, attrezzato con le più recenti apparecchiature. Il successo di ECOGEO S.R.L. nasce dalla sua straordinaria capacità di combinare gli elementi standard qualitativi del servizio e di modellarlo secondo richieste di esecuzione specifiche. La società ha assistito negli anni ad una vertiginosa espansione nel mercato italiano ed internazionale ed ha ampliato la propria offerta di servizi, mantenendo sempre immutata la sua consolidata filosofia vincente: “proporre al Cliente un servizio integrato nel pieno del rispetto della qualità globale”.

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36EUROSRATRS REOP: nuova tacnologia per la rimozione di inquinanti organici da suoli

38Archimede Solar Energy: tecnologia e innovazione tutta italiana

Foto di copertina ©Ottolobi

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di Lorena Martinelli

Abbiamo chiuso questo numero di altereco ambiente con grande soddisfazione. Le collaborazioni all’interno della rivista da un lato ci hanno inorgoglito e dall’altro ci hanno fatto capire ancor meglio l’incredibile mondo delle energie rinnovabili, ossia di quelle forme di energia prodotte da fonti derivanti da particolari risorse naturali che per loro caratteristica intrinseca si rigenerano almeno alla stessa velocità con la quale vengono consumate o non sono esauribili nella scala dei tempi di ere geologiche e il cui utilizzo non pregiudica le stesse risorse naturali per le generazioni future. Quest’ultimo è uno degli aspetti che ci sta particolarmente a cuore. Siamo inoltre sempre stati convinti — e lo siamo ancor di più ora dopo la chiacchierata avvenuta con alcuni dei professionisti che hanno gentilmente contribuito alla creazione di questo numero — che sia necessario trovare fonti che ci permettano di prendere sempre più le distanze dalle tradizionali fonti fossili, sia dal punto di vista energetico che — lo capirete leggendo ad esempio l’intervista alla Dott.ssa Federica Angelantoni di Archimede Solar Energy — dal punto di vista politico ed economico. Dobbiamo investire nelle energie pulite in grado di non immettere nell’atmosfera sostanze nocive e/o climalteranti quali la CO2, ovvero su quel tipo di energie che sono alla base dell’economia verde. In questo numero abbiamo dedicato ampio spazio alle fonti rinnovabili classiche che sfruttano l’energia solare: fotovoltaico e solare termodinamico. Ne abbiamo parlato con esperti del settore per capire meglio quale sia lo stato dei lavori nel nostro Paese e se l’attuale situazione economica ne stia compromettendo, o comunque rallentando, ricerche e sviluppo dei progetti. Come sarà facile immaginare la situazione non è affatto rosea. Inoltre, ad oggi, riscontriamo ancora grosse frizioni tra chi ne auspica l’utilizzo incondizionato e chi ne sottolinea non solo virtù ma anche, e soprattutto, gli aspetti ai quali dover correre presto ai ripari. Da un lato, i vantaggi di queste fonti sono soprattutto racchiusi nel fatto che l’energia solare sia inesauribile e gratuita oltre a essere diffusa in tutto il mondo; non inquina e non produce residui; è adatta per usi di tipo

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di Lorena Martinelli

domestico: pannelli solari per produrre energia termica o piccoli impianti per produrre elettricità possono essere installati sui tetti delle case. Per quanto riguarda il termodinamico, le centrali presenti permettono - a differenza del fotovoltaico - di utilizzare l’energia del sole anche quando la fonte primaria non è presente, stoccando cioè i sali fusi in appositi silos che verranno immessi in circolazione durante le ore notturne per continuare la produzione di energia. Dall’altro, come anticipato, ci sono anche delle controversie alle quali si dovrà dare risposta: gli impianti fotovoltaici e termodinamici sono accusati, nel caso di installazione su terreni, di sfigurare l’ambiente paesaggistico e naturale provocando danni all’agricoltura, agli allevamenti e agli animali impoverendo i terreni e aumentandone il rischio di desertificazione. Un altro rischio che deve essere attentamente considerato è lo smaltimento e il riciclaggio degli impianti obsoleti, in quanto il loro ciclo di vita è strettamente connesso ai progessi tecnologici.Attendiamo di sapere la vostra opinione su questo delicatissimo argomento e su tutto ciò che troverete pubblicato all’interno del numero di settembre-ottobre di altereco ambiente, vi invito quindi a inviarci i vostri quesiti e a sottoporci le tematiche che desiderate approfondire al nostro indirizzo di posta [email protected] in modo tale da affrontarle seriamente, insieme.

Buona lettura!

Lorena Martinelli

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LEAN & SOSTENIBILITÀ

Lean Thinking – Di cosa parliamo?

Quello che oggi è universalmente conosciuto come Lean Thinking1 è una filosofia a lungo termine per la gestione dei processi nata nel dopoguerra, come risultato dello sforzo di ricostruzione dell’economia giapponese in una situazione di estrema scarsità di risorse economiche e materiali. Non si era all’epoca ancora sviluppata una sensibilità ambientale che ponesse il tema dell’utilizzo consapevole delle risorse al fine di ridurre l’impatto delle attività umane sul pianeta, ma il concetto della massima parsimonia nell’uso delle “poche” risorse disponibili era, ed è, strettamente connaturato alla Lean.

In pratica i produttori giapponesi, in particolare Toyota, hanno progettato un approccio e una serie di metodologie finalizzate a massimizzare la competitività aziendale per mezzo della ricerca della massima efficienza nell’uso delle risorse ottenuta con il coinvolgimento di tutta l’organizzazione nella sistematica eliminazione degli “sprechi”2 intesi come tutte quelle attività o risorse che non aggiungono valore al cliente.

Gli imprenditori e i tecnici giapponesi, partendo da metodologie ben note e applicate come lo studio scientifico del lavoro di Taylor e la qualità totale di Deming e Juran, introdussero, in un sistema strutturato e basato su rigorosa

definizione di standard, l’elemento che caratterizza la gestione Lean dell’impresa, ovvero il trasferimento3 del massimo numero di compiti e responsabilità alle persone che lavorano sulle operazioni che aggiungono valore al prodotto o al servizio.

La potenza dell’approccio è proprio legata al fatto che, in tal modo, l’organizzazione si dota di un “sistema” che individua rapidamente gli sprechi e le loro cause rimuovendole con una velocità non ottenibile con le organizzazioni gerarchiche tradizionali. Un’azienda Lean sente come un obbligo il migliorarsi continuamente ed è costantemente in evoluzione. Questo la porta a porre grande attenzione al mantenimento delle condizioni di apprendimento dell’organizzazione a tutti i livelli.

In tal senso la Lean non è un semplice insieme di strumenti e tecniche. Benché sia fondamentale una scientifica e strutturata conoscenza delle metodologie, l’attuazione necessita di un approccio olistico, coinvolgendo, a partire dalla produzione del bene e del servizio, tutti gli aspetti operativi, dalla progettazione ai servizi logistici e di manutenzione, e dal personale di stabilimento e i fornitori fino al management.

Negli ultimi anni su impulso dell’aumentata influenza della sostenibilità ambientale sulle decisioni strategiche del business

di Mario Iesari e Fabio Burattini

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alcune importanti aziende (Baxter Healtcare, General Electric, 3M per citarne alcune), che hanno già intrapreso il percorso Lean, supportate da enti di ricerca governativi e Università in particolare negli USA4, hanno sviluppato progetti che coniugano le tematiche ambientali con l’approccio e le metodologie Lean. I risultati che hanno confermato il beneficio derivante dall’integrazione delle metodologie, hanno portato a una nuova perimetrazione della metodologia che può essere così riassunta:Nuova definizione di Lean: sviluppare il prodotto o servizio della più alta qualità, al costo più basso con il più rapido tempo di consegna per mezzo della sistematica eliminazione degli sprechi, rispettando le persone e l’ambiente.

I benefici ambientali di un progetto Lean: solo effetti collaterali?

Una delle principali motivazioni dell’introduzione di progetti Lean in azienda è, ancora oggi, spesso basata su un incentivo negativo ovvero sul desiderio di reagire a situazioni di crisi e di scarsità di risorse. Al fianco dei benefici attesi, come l’utilizzo più efficiente delle risorse, il miglioramento della qualità e la responsabilizzazione degli addetti, le organizzazioni hanno però frequentemente constatato la presenza di miglioramenti significativi, percepiti quasi come effetti collaterali, delle performance ambientali.

L’approccio Lean basato sulla sistematica riduzione degli “sprechi” ha su questo un fondamentale punto di contatto con i principi di sostenibilità. Si pensi, a titolo esemplificativo, a come l’attenzione estrema per evitare la produzione di beni in eccesso rispetto alla domanda del mercato (vedi nota 2) abbia, in modo naturale, un impatto significativo sulla riduzione di consumi energetici, sulle emissioni, sui rifiuti e sul consumo di acque di processo.

Per aiutare la comprensione della stretta connessione tra Lean e sostenibilità di seguito si riporta, senza dilungarsi sui

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1 Il termine Lean Thinking è stato introdotto da Womack, Jones e Ross per la prima volta nel best sellers mondiale “The machine that changed the World” (1991), basato su una ricerca commissionata dal MIT’s Interna-tional Motor Veichle Program, per comprendere le ragioni del successo dell’industria automobilistica giapponese e in particolare Toyota. Successivamente il concetto è stato ripreso, rafforzato e sistematizzato nel testo “Lean Thinking” Womack & Jones (1996).2 «Il Toyota Production System si basa sulla totale eleminazione degli sprechi. Ne identifica sette: difetti, so-vrapproduzione, magazzini, processi non necessari, movimenti, trasporti, attese. Di questi la sovrapproduzione è il peggiore» Shigeo Shingo (1909-1990).3 Concetto chiaramente spiegato in “Getting the Rhights Things Done” Pascal Dennis (2006).4 EPA Lean and Environment website www.epa.gov/lean.

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dettagli tecnici il cui approfondimento richiederebbe uno spazio ben più ampio, una breve sintesi dei principali strumenti usati e delle loro ricadute ambientali sperimentate in alcune applicazioni.

È evidente che l’introduzione Lean allo scopo di elevare la competitività dell’azienda ha prodotto inaspettati ma rilevanti impatti ambientali in molte realtà.

Strumenti

5S (or 6S)

Cellular manufacturing

Produzione Just in Time

Kaizen

Kanban (Pull System)

Magazzino nel punto di utilizzo

Descrizione

È un metodo sistematico in 5 passi per ottenere e mantenere un’area di lavoro pulita e ordinata. Ha un forte impatto anche sulla sicurezza (evidenziato con la definizione 6S in alcuni ambiti).

Un’organizzazione della fabbrica nella quale in ogni reparto operativo (cella) c’è tutta la capacità necessaria per realizzare il prodotto finito. È un’organizzazione alternativa a quella tradizionale per centri di lavoro caratterizzati da elevata specializzazione nel quale il prodotto viene realizzato facendo avanzare il bene da un centro all’altro.

Il JiT è un concetto di schedulazione della produzione nel quale si chiede di produrre il bene o componente necessario nel momento e nella quantità che servono per la consegna al cliente.

La filosofia Kaizen, parola giapponese che indica un miglioramento fatto usando il ragionamento, è la chiave del succes-so di un progetto Lean e implica un conti-nuo miglioramento incrementale ottenuto implementando e sostenendo nel tempo l’applicazione d’interventi proposti e stu-diati da chi opera sul flusso del valore.

Segnale utilizzato per il controllo dei livelli di giacenze nei magazzini e sul Work in Process.

La materia prima è immagazzinata nella corretta quantità nel punto di utilizzo senza passaggi intermedi.

Esempi di benefici ambientali osservati

Eliminazione e controllo immediato di perdite e/o emissioni nocive.Miglioramento dell’illuminazione delle postazioni con conseguente riduzione di energia impiegata.Utilizzo minimo di materiali nocivi con una sistematica eliminazione delle esigenza d’uso (es. detergenti, acidi etc.).

I tempi rapidi per i cambi di modelli, l’uso di macchine semplici e dedicate oltre che i ridotti spostamenti consentono di ridurre i consumi energetici. Il controllo autonomo della qualità (Jidoka) connesso al metodo, riduce la produzione di scarti con impatto sulla generazione di rifiuti.La sola produzione di ciò che serve al momento giusto elimina alla radice l’impatto ambientale per produrre beni che resteranno invenduti.

Identifica ed elimina in modo sistematico gli sprechi “nascosti” nei processi.

Gli spazi per la produzione e i magazzini sono drasticamente ridotti con benefici immediati sui costi energetici (illumina-zione, riscaldamento, movimentazioni).Si riducono scarti per deterioramento, usura, scadenze nei magazzini con con-seguente impatto positivo sull’ambiente.

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3P Production Preparation Process or Pre-Production Planning

Standard Work

Total Productive Maintenance (TPM)

Value Stream Mapping (Big Pictures)

Visual Controls

Lean Enterprise Supplier Network

3P è lo strumento Lean per progettare e realizzare prodotti, processi, attrezzature, impianti che agevolino la produzione a flusso teso (one-piece flow).

È la sequenza delle operazioni elementari necessarie per eseguire una determinata lavorazione. Ogni miglioramento sull’ese-cuzione - per esempio durante un evento kaizen - richiede un’immediata revisione degli standard in modo che il miglioramen-to ottenuto diventi patrimonio aziendale.

TPM è un approccio che coinvolge l’operatore macchina nella definizione, supervisione, correzione e manutenzione dell’attrezzatura a lui affidata garantendo altissima affidabilità di funzionamento e quindi la possibilità di produrre a flusso senza scorte di processo.

È una mappa di processo che rappresenta un punto di vista privilegiato dal quale guardare la supply chain estesa dell’azienda.In sintesi, mostra l’intero flusso, superando l’ottica dei singoli processi; aiuta a vedere dove nasce lo spreco e da cosa è causato; collega i principi alle tecniche snelle; aiuta a creare uno “stato futuro” e il piano per renderlo operativo.

Strumenti di comunicazione per rafforzare la conoscenza delle procedure standard e per mostrare gli stati di avanzamento e i risultati di progetto. Lo scopo è supportare il coinvolgimento a ogni livello.

Un rete di clienti e fornitori che condividono e applicano nelle loro relazioni concetti Lean per ottenere vantaggi in costi, tempi di consegna e altri aspetti del business.

Lo sviluppo di prodotti che utilizzano meno parti possibili e progettati per un comodo disassemblaggio agevola la fase di riciclaggio.La minimizzazione dell’uso di materiali per ottenere la funzione consente una riduzione dell’impatto ambientale simile a quella ottenibile con tecniche di Design to Environment.Il progetto di processi produttivi a complessità ridotta consente di ottenere impatti positivi su tutti i parametri ambientali.

La frequenza e la rapidità d’introduzione dei nuovi standard migliorativi a tutta l’organizzazione consente di ottenere un miglioramento incrementale con impatti significativi oltre che sulla competitività anche sulla sostenibilità ambientale del business.

Accresce la vita d’utilizzo degli impianti riducendo la necessità di sostituzione e quindi l’associato impatto ambientale.Elimina malfunzionamenti, perdite, emissioni riducendo la produzione di rifiuti volatili e solidi, minimizzando i consumi energetici.

Amplifica usando metriche idonee, la visualizzazione e comprensione di potenziali benefici ambientali (risparmi energetici, perdite idriche, emissioni nocive) ottenibili con l’introduzione di progetti Lean.Sommando i benefici ambientali a un miglioramento della competitività aziendale motiva i decision maker a partire con più convinzione in progetti per il miglioramento della sostenibilità.

Comunicare i risultati ambientali ottenuti in modo trasparente ha rafforzato il morale e il legame con l’azienda degli addetti. Si ottiene anche un rafforzamento e un’accettazione maggiori da parte della comunità in cui l’azienda risiede.

Più stabili e forti risultati ambientali sono stati ottenuti introducendo i principi Lean su fornitori esistenti piuttosto che individuando nuovi fornitori.

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L’osservazione di questo aspetto casuale, vista la mancata conoscenza da parte dei professionisti Lean delle tematiche ambientali — spesso viste solo come certificazioni per mettersi in regola con norme di legge — ha portato a riflettere e a considerare opportuno uno sforzo per connettere le due tematiche massimizzando i risultati per le organizzazioni desiderose di mettersi su questa strada.

L’orizzonte su medio-lungo termine dei progetti, la chiara definizione ed esplicitazione di obiettivi a ogni livello dell’organizzazione, l’attenzione al coinvolgimento e ai meccanismi di motivazione delle persone, la standardizzazione dei comportamenti, l’abitudine a misurare e tenere conto dell’impatto delle decisioni prese portata ai livelli più operativi sono tutti elementi, tipici degli ambienti Lean, che agevolano lo sviluppo dei progetti di misura dell’impatto.

Gli studi e le applicazioni sul tema sono

ormai numerose (vedi nota 4) e in generale incoraggiano a considerare il miglioramento della sostenibilità ambientale come uno dei pilastri imprescindibili da tener presente in un progetto di miglioramento di competitività del proprio business.

Conclusioni: più sostenibile= più competitiva

Sembra chiaro da questa — necessariamente succinta — panoramica che il professionista ambientale troverà il suo lavoro fortemente agevolato proponendolo in un’azienda permeata di cultura Lean. Viceversa la stessa azienda e il consulente impegnati su progetti Lean troveranno vantaggi aggiuntivi nel prendere in considerazione l’impatto “ambientale” della propria attività.

In sintesi:

VANTAGGI DERIVANTI DALLA INTEGRAZIONE DI PROGETTI DI MISURA DI IMPATTO CON PROGETTI DI TRASFORMAZIONE LEAN

• L’azienda che decide di avviare un processo di strategia ambientale deve iniziare dalla misurazione degli impatti di processi e prodotti della sua filiera. L’analisi permette d’individuare dove si addensano i principali costi ambientali che finiscono per essere invariabilmente anche costi e rischi economici. Predisporre l’analisi degli impatti ambientali della filiera — e in particolare dei processi produttivi interni per favorire l’avvio d’interventi di miglioramento basati sulle metodologie Lean — pone le basi per creare una maggiore redditività degli investimenti in sostenibilità.

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• L’approccio Lean può essere utilizzato anche per risolvere gli obblighi ambientali in processi sottoposti a norme e limitazioni.

• La comprensione reciproca tra i linguaggi specialistici dei professionisti ambientali e quelli dei professionisti Lean consente di ridurre i tempi e i relativi costi della gestione dei progetti al fine di arrivare in modo più efficace e armonioso, ai risultati di business cercati.

• L’analisi Lean senza il supporto informativo delle metodologie di valutazione degli impatti ambientali potrebbe sottovalutare, o addirittura non considerare, sprechi che invece possono essere evidenziati e risolti incrementando quindi l’efficacia complessiva degli interventi.

• La valorizzazione, in termini di riduzione degli impatti ambientali d’interventi nati con obiettivi di mera riduzione dei costi e degli sprechi interni, permette alle aziende di sfruttare questi risultati che rimarrebbero altrimenti confinati nei conti economici aziendali se pure con soddisfazione, come case history positive da proporre a consumatori e stakeholder per acquisire unteriori vantaggi a favore del brand.

Cosa accomuna ulteriormente i due approcci

L’orizzonte su medio-lungo termine dei progetti, la chiara definizione ed esplicitazione di obiettivi a ogni livello dell’organizzazione, l’attenzione al coinvolgimento e ai meccanismi di motivazione delle persone, la standardizzazione dei comprtamenti,

l’abitudine a misurare e tenere conto dell’impatto delle decisioni prese portata ai livelli più operativi sono tutti elementi che agevolano lo sviluppo dei progetti di misura dell’impatto.

Le criticità sono, a nostro avviso, due:

1. di tipo culturale, in Italia i due mondi usano linguaggi separati e viaggiano nelle aziende su binari paralleli che raramente si incontrano; ma questo ovviamente può essere vista anche come un’opportunità da cogliere per chi riesce a proporre un approccio sinergico delle due metodologie;

2. di modalità di gestione dei dati ambientali, che sono tenuti nella maggioranza dei casi a livello di macroprocessi, spesso per mancanza di strumenti idonei, e che per la loro struttura non consentono il deployement degli obiettivi ai livelli operativi dell’organizzazione che è la caratteristica che rende potente la Lean.

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Anche questo aspetto può rappresentare un’opportunità da cogliere quando si è in grado di propporre una soluzione che si poggia su database particolarmente ampi e qualificati degli impatti ambientali di prodotti e processi.

In conclusione

L’integrazione fra Lean e Sostenibilità facilita secondo noi l’impresa nella decisione di avviare il percorso di verifica delle proprie performance ambientali, oggi ancora troppo spesso motivato dalla presenza di finanziamenti o da obblighi di legge.

L’integrazione pone l’obiettivo di un ribaltamento di prospettiva indicando, nell’introduzione di progetti Lean, lo strumento operativo che consente alle aziende impegnate in progetti di sostenibilità ambientale di raggiungere il risultato, conseguendo in parallelo un significativo incremento di competitività delle prestazioni

nei tre elementi chiave del business: costo, tempo e qualità.

GreenActions offre supporto metodologico e operativo al cliente nell’introduzione in azienda del Lean Thinking che, aiutando l’organizzazione nella sistematica rimozione degli sprechi in tutti i processi aziendali, rappresenta un approccio innovativo per il conseguimento dell’obiettivo di minimizzare gli impatti ambientali.

A questi risultati vanno ad affiancarsi, per la natura stessa della metodologia, risultati strutturali che consentono di migliorare la competitività dell’azienda sui costi e quindi contribuiscono ad accelerare il pay-back dell’intervento.

Greenactionswww.greenactions.it

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Per informazioni e contatti rivolgersi a mail : [email protected] – phone:3351302303

MARIO IESARILaurea in Economia e Commercio e Master Istao fanno parte del suo curriculum di studio, quello lavorativo comprende una lunga esperienza nella direzione marketing di un’azienda produttrice di beni di consumo durevoli di livello internazionale prima come manager e poi come Dirigente. Al termine di questa attività si appassiona ai valori etici ma anche e soprattutto professionali della sostenibilità, e nel 2009 da vita a Greenactions con la quale si propone di aiutare le aziende italiane ad avviare progetti vincenti di innovazione sostenibile. Il valore distintivo di Greenactions è di fondere le competenze di business e di marketing con quelle tecniche per fornire un mix consulenziale in grado di comprendere e rispondere alle esigenze delle aziende. Greenactions collabora con società di marca ed è Sales partner Autorizzato di PE International Italy. FABIO BURATTINIIngegnere con oltre 20 anni di esperienza manageriale nel settore dei beni di consumo (elettrodomestico, plastica, arredamento), gestisce, in un’azienda caratterizzata da elevata varietà di processi e continua innovazione di prodotto, numerosi progetti di conversione alla filosofia Lean Manufacturing dell’area operations. Certificato Lean Six Sigma Green Belt, ha sviluppato, lavorando a fianco di alcuni dei più importanti specialisti operanti in Italia, forti competenze sulla Lean Manufacturing. Dopo alcune esperienze nel settore dei beni industriali (fonderia, lavorazione del marmo, meccanica di precisione) con ruoli di Temporary manager, oggi, operando come consulente, è impegnato nella introduzione e applicazione “su misura” delle tematiche Lean in PMI e, in collaborazione con Greenactions, nello sviluppo delle sinergie tra progetti ambientali e progetti di reingegnerizzazione dei processi e di riduzione costi.

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IL PROBLEMA DEL RISCALDAMENTO: NUOVE SOLUZIONIINTEGRATE PER ABBATTERE I COSTI

Coibentare. Questa è la prima risposta che solitamente viene data a chi, in fase di ristrutturazione vuole migliorare, a livello energetico, i propri spazi abitativi: limitare le dispersioni di calore durante i mesi freddi, ma anche evitarne un eccessivo assorbimento durante quelli estivi, è il primo passo per risparmiare e ottenere un comfort ambientale più elevato.Le soluzioni più comuni che si trovano in commercio sono i pannelli isolanti sandwich: 2 supporti esterni, solitamente metallici — ma si possono trovare anche in vetroresina o altri materiali —, racchiudono al loro interno uno strato di poliuretano con una densità che, indicativamente, varia dai 35 ai 42 kg/m3.Le resine poliuretaniche devono essere esenti da CFC e HCFC.Il valore da verificare sempre è il coefficiente di conduttività termica a 10° (UNI EN 12667): se il vostro pannello indica uno 0,020-0,023W/mk vuol dire che dispone di un buon coefficiente di conduttività termica.Altra caratteristica indispensabile è che il vostro pannello sia autoestinguente ma, ancor meglio, se ha ottenuto la classificazione di reazione al fuoco B-s2,d0.

Se il vostro progetto ha bisogno di particolari finiture architettoniche, si possono trovare prodotti ad hoc, come il Twister PK-P di Paka Pannelli, progettato per i tamponamenti delle pareti degli edifici dove il senso di posa dei pannelli, verticale, orizzontale oppure obliquo contribuisce al risultato estetico del progetto. Il giunto del pannello adotta un sistema di incastro a labirinto che nasconde il fissaggio mantenendo tutte le garanzie di tenuta che i pannelli sono soliti garantire; il giunto testa-testa dei pannelli, nel caso di montaggio orizzontale oppure obliquo, può essere realizzato con dei profili estrusi in alluminio oppure con delle semplici lattonerie. Il pannello esteticamente permette al progettista di scegliere fra diverse finiture delle superfici esterna e interna del pannello; la scelta consente all’esterno di avere profilato un disegno a doga, a punta di diamante larga (passo 100 mm) oppure stretta (passo 15 mm), ondulata con una lieve onda (passo 50 mm) oppure perfettamente liscia e piana.Queste finiture realizzano degli effetti ombreggianti sulle superfici delle facciate che movimentano la planarità dello spazio impreziosendone il pregio architettonico.

Con l’avvicinarsi della stagione invernale il problema del riscaldamento, sia degli spazi abitativi sia dell’acqua calda sanitaria (ACS), torna a essere un argomento di forte discussione. Casa, ufficio, edificio industriale, per tutti questa sarà la spesa che influirà maggiormente sui consumi quotidiani.

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IL PROBLEMA DEL RISCALDAMENTO: NUOVE SOLUZIONIINTEGRATE PER ABBATTERE I COSTI

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Una soluzione alternativa — e molto richiesta — è quella delle lastre rigide in poliuretano coibentante, con densità 35 kg/m3. I vantaggi sono:

• dimensioni ad hoc, in quanto i blocchi vengono tagliati in lastre con spessori a richiesta

• eccellente isolamento termico determinato dalla più bassa conduttività termica disponibile

• blocchi o lastre super leggere• massima compatibilità con l’ambiente• massima stabilità dimensionale alle alte

e basse temperature• lastre e blocchi in poliuretano inerti ai

più comuni agenti chimici• reazione al fuoco rispondenti alle più

severe normative vigenti.

Le soluzioni per spendere meno

Oltre a limitare gli sprechi e disperdere inutilmente il calore, ci sono diverse soluzioni — anche integrabili tra loro — per poter spendere meno. Hanno tutte un’ispirazione green e sono volte ad aumentare la propria autonomia da forniture quali gas e metano: una tranquillità in più soprattutto nel periodo invernale.

La pompa di calore

La pompa di calore assorbe il calore presente nell’aria dell’ambiente esterno (fino a -20°C) per cederlo all’acqua dell’impianto di riscaldamento: qualora la richiesta di calore dell’impianto fosse superiore alla capacità fisica della pompa di calore, la

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logica di regolazione dell’unità interna attiva e gestisce l’integrazione al riscaldamento. La pompa di calore utilizza quindi l’aria esterna come fonte di calore principale: il suo principio di funzionamento consiste nell’utilizzare un ciclo frigorifero per trasferire calore da un fluido più freddo, l’aria esterna, a un fluido più caldo, l’acqua dell’impianto di riscaldamento.

In commercio possiamo anche trovare pompe di calore reversibili, che consentono “l’inversione” del ciclo frigorifero nella stagione estiva per raffrescare l’ambiente. In estate, quindi, la pompa di calore può funzionare in modo continuativo a ciclo invertito, per il raffrescamento ambiente.

Tipologie di pompe di calore

Le pompe di calore possono essere destinate al solo riscaldamento ambiente, all’acqua calda sanitaria (ACS) o a entrambi.Le PdC elettriche utilizzano due tipi di fluidi: aria e acqua. In base alla sorgente che viene utilizzata, si classificano così:

• pompa di calore aria-aria• pompa di calore aria-acqua• pompa di calore acqua-aria• pompa di calore acqua-acqua.•Utilizzando come sorgente termica l’aria, possiamo assicurarci un approvvigionamento illimitato e in grandi quantità, in modo gratuito e accessibile a tutti. Le termopompe aria-acqua si possono quindi utilizzare come impianti bivalenti, in combinazione con caldaie a gasolio, gas o legna, ma anche come sistemi di riscaldamento monovalenti.

Svantaggi:• valori di potenza e rendimento variabili

in funzione della temperatura esterna

• solo le PdC Standard hanno prestazioni decrescenti con basse temperature esterne.

Vantaggi:• l’aria è gratuita e sempre reperibile• costi di installazione contenuti• nessuna richiesta di autorizzazione

(pozzi e scarico acque)• temperature medie italiane che

consentono efficienze elevate.

Se invece si abita in una zona idonea, possiamo optare per l’utilizzo dell’acqua di falda come sorgente termica: la sua temperatura più o meno costante durante tutto il periodo dell’anno la rende il vettore ideale per il riscaldamento con termopompa. Anche altre acque meno “nobili” sono idonee, come quelle di ruscelli, fiumi, laghi e acque di scarico.

Come scegliere la pompa di calore più idonea

Ai fini del rendimento dell’impianto, è fondamentale scegliere la sorgente termica più adatta, tramite la misurazione della temperatura della sorgente esterna: l’Italia è geograficamente posizionata in una zona climatica indicata per l’utilizzo dei sistemi a pompa di calore aria-acqua.L’adozione di una pompa di calore ad aria permette di produrre gratuitamente il 75% del calore utilizzato nelle abitazioni, in quanto il fluido vettore principale — l’aria — è liberamente disponibile nell’ambiente.Scegliere una PdC svincola sia dalle variazioni di prezzo dei combustibili tradizionali, ma anche dai rischi di approvvigionamento delle risorse importate. Inoltre non è necessario installare una canna fumaria, quindi si è esonerati dalle manutenzioni periodiche delle stesse, apportando un ulteriore

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risparmio di denaro. Le PdC Trienergia, approdate quest’anno sul mercato, sono una novità da prendere in considerazione per le caratteristiche e l’ottimo rapporto qualità-prezzo.

Pompa di Calore e Impianto fotovoltaico

Per chi ha già un impianto fotovoltaico, o sta pensando di installarlo, la PdC è una soluzione da prendere seriamente in considerazione. In questo modo si abbatterebbero anche i costi di avvio della pompa di calore, perché l’energia sarebbe autoprodotta dall’impianto stesso. Per ottimizzare i consumi della PdC in funzione della producibilità del fotovoltaico, è possibile collegare una centralina d’interfaccia che permette di forzare l’accensione della PdC al superamento di una soglia specifica di energia prodotta dall’impianto, così da aumentare il rendimento e diminuire i consumi.

Impianto solare termico

L’impianto solare termico è un sistema che consente il riscaldamento dell’acqua per uso domestico o industriale. E’ una soluzione concepita specificatamente per risparmiare sulle spese energetiche senza sostenere grandi investimenti. I prodotti di alta qualità e di lunga durata, infatti non devono essere necessariamente costosi. Con un impianto Solare Termico l’acqua sanitaria si può riscaldare in modo gratuito ed ecologico: un vantaggio importante per migliorare le abitudini quotidiane. Grazie all’utilizzo della tecnologia solare termica potrete sfruttare con la massima efficienza l’energia gratuita del sole, coprendo fino al 70% del vostro fabbisogno annuale di acqua calda (ACS) e fino al 40% del vostro fabbisogno per il riscaldamento ambiente.

I principali sistemi di circolazione:

- Sistemi a Circolazione NaturaleI sistemi a circolazione naturale offrono

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un’alternativa interessante per sfruttare l’energia gratuita del sole. Funzionando sulla base di un semplice principio fisico, non richiedono azionamenti meccanici (circolatori) né sistemi di controllo (centraline di regolazione), ma naturalmente, in presenza di sole, forniscono acqua calda sanitaria.Possono essere installati su tetti piani o su falda e collegati a un generatore di calore (scaldabagno/caldaia combinata).

- Sistemi a Circolazione ForzataI sistemi a circolazione forzata catturano l’energia solare attraverso dei collettori solari ad assorbimento, ad alta efficienza sia di tipo piano che sottovuoto. La stazione solare permette il trasferimento di energia dal collettore al bollitore d’acqua, mentre la centralina elettronica di controllo gestisce l’intero sistema. Su richiesta possono essere forniti i bollitori per l’integrazione con pompe di calore.

- Sistemi completi per Riscaldamento d’Ambiente e ACSI sistemi a circolazione forzata per la produzione di ACS e integrazione al riscaldamento, sono progettati per una produzione idonea durante i mesi invernali, senza inutili sovradimensionamenti durante quelli estivi. Catturano l’energia solare attraverso dei collettori solari piani e/o sottovuoto. La stazione solare permette il trasferimento di energia e contiene tutti gli organi di controllo e di sicurezza necessari per il corretto funzionamento. Il sistema è controllato da una centralina che può essere dotata della funzione “vacanza”, con raffreddamento del bollitore, controllo differenziale della temperatura e sistema di speed control per ottimizzare il consumo del circolatore.

L’energia catturata viene ceduta all’acqua contenuta nel serbatoio (idoneo sia all’uso sanitario che all’integrazione del riscaldamento ambiente) grazie al serpentino solare che si trova all’interno del bollitore, posto nella zona più fredda, ovvero quella più bassa. Questi sistemi possono essere integrati con qualunque generatore di calore. Sono idonei anche per pompa di calore.

Biomassa

Per chi ama il calore più tradizionale del fuoco, potrà optare per la soluzione con stufe e caldaie a biomassa, e con non poche sorprese. I nuovi sistemi permettono un utilizzo controllato, sicuro e rispettoso dell’ambiente.

La biomassa infatti è materiale organico prodotto attraverso un processo biologico, utilizzabile come fonte di energia. Le emissioni di CO2, generate durante la sua combustione, vengono controllate da un circuito di compensazione, così da limitarne l’emissione nell’atmosfera. Se consideriamo che durante la fotosintesi avviene un processo di trasformazione della CO2 atmosferica in carbonio (contenuto nella nostra biomassa), possiamo affermare che le emissioni nette di CO2 sono pari a 0, in quanto viene semplicemente riemesso nell’ambiente quanto era stata tolto precedentemente.

I combustibili che possiamo utilizzare sono di diverse tipologie:• solidi• pellet• triti

Nei triti — che forse sono i meno conosciuti —

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possiamo avere nocciolino di oliva, gusci di frutta secca, etc.Hanno una potenza calorica leggermente più bassa rispetto al pellets, ma possono portare a diversi vantaggi:

• non si è legati a un solo tipo di materiale

• c’è una maggior reperibilità sul mercato • si può scegliere quello al momento più

economico• lo si può produrre in casa, se si

dispone di un apposito trituratore.

La stufe a biomassa

In casa può essere installata una stufa a

biomassa Lasian, dal design raffinato e tecnologicamente avanzata. Se la necessità è quella di scaldare più ambienti, si può optare per la versione canalizzata, dotata di doppia uscita posteriore. In alcuni modelli è presente il sistema AllFireControl, un sistema di pulizia brevettato che, attraverso un movimento rotatorio, frantuma e rimuove le ceneri dal bruciatore. Questo permette un’ossigenazione costante della camera di combustione, evitando lo spegnimento della stufa.

Oltre alle stufe ad aria, in commercio si trovano quelle ad acqua; collegate all’impianto di riscaldamento, trasferiscono il calore all’acqua ottenendone così un elevato rendimento.

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Le caldaie a biomassa

Le caldaie a biomassa Lasian, hanno dimensioni compatte e un design pulito ed essenziale; il corpo caldaia, costruito a fascio tubiero, assicura elevate capacità di scambio termico, riducendo la formazione di condensa.

La struttura può essere associata a un serbatoio per l’accumulo di acqua calda, così da non sprecare il calore generato.Le opportunità per risparmiare sono molte. E il prossimo inverno godersi il caldo dei propri ambienti sarà solo un piacere.

Vantaggi Economici

Scegliere una tecnologia legata al termico (solare termico, biomassa e pompe di calore), permette di godere di due possibilità di risparmio: la detrazione IRPEF pari al 65% o il conto termico.

Detrazione IRPEF 65%

La detrazione al 65% copre le installazioni di pannelli solari termici per la produzione di ACS (acqua calda sanitaria), nella misura in cui però il pannello abbia una garanzia di almeno 5 anni per pannelli e bollitori, e di 2 anni per accessori e componenti tecnici. Il limite della detrazione per i pannelli solari èdi60.000€.Inoltre rientrano in detrazione anche gli interventi di sostituzione degli impianti di riscaldamento esistenti con caldaie a condensazione, con impianti con pompe di calore o anche la sostituzione di scaldacqua tradizionali con uno a pompa di calore per la produzione di ACS.in questo caso il limite per la detrazione è di30.000€. Conto Termico

Gli interventi che usufruiscono dell’incentivo sono quelli che migliorano l’efficienza energetica (solare termico, sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con caldaie a condensazione) o producono energia termica mediante fonti rinnovabili (impianti dotati di pompe di calore).

Rate Annuali

L’incentivo funge da contributo alle spese sostenute e sarà erogato in rate annuali, per una durata che può variare tra i 2 e i 5 anni, in funzione degli interventi fatti.

COENERGIA s.r.l.www.coenergia.com

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Un luogo per la politica creato per generare nuova interazioni con la città e l’ambiente. Il rapporto integrato con il contesto e l’impiego di energie rinnovabili sono gli elementi guida di un progetto capace di coniugare ecologia, innovazione, socialità ed etica del fare.

La realizzazione della nuova sede di partito a Cotignola (RA), ad opera dello studio Officina di Architettura, diventa l’occasione per qualificare uno spazio urbano all’ingresso del centro storico in una moderna ottica di risparmio energetico. Anche la politica diventa green dimostrando una crescente coscienza ecologica per il rispetto dell’ambiente e l’utilizzo di fonti di energia rinnovabile.

I moduli Brandoni Solare alimentano la nuova sede di partito a Cotignola, Ravenna, unendo il Green al design.

Un luogo per la politica creato per generare nuova interazioni con la città e l’ambiente. Il rapporto integrato con il contesto e l’impiego di energie rinnovabili sono gli elementi guida di un progetto capace di coniugare ecologia, innovazione, socialità ed etica del fare.

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Una scelta che rappresenta un esempio per la cittadinanza, a dimostrazione del fatto che è possibile coniugare l’estetica del design alla tecnologia fotovoltaica. È la nuova frontiera del Building Integratied Photovoltaic, un nuovo modo di concepire l’elemento fotovoltaico, non più poco estetico generatore di energia ma parte integrante dell’edificio.

L’impegno progettuale è teso a realizzare un edificio trasparente e aperto verso la città, una trasparenza che si riconosce a tutti i livelli della struttura e che viene accentuata dalla scelta di utilizzare moduli fotovoltaici con backsheet trasparente. Il piano di copertura è infatti dominato da una pensilina metallica a sostegno dei pannelli fotovoltaici. Tale struttura è collocata in aggetto rispetto all’edificio con lo scopo di fungere da elemento di protezione e controllo solare per l’ampia vetrata a sud. I pannelli fotovoltaici assolvono pertanto sia un ruolo “attivo” di produzione energetica, sia “passivo” di ombreggiamento dell’edificio.

L’impianto fotovoltaico è composto da 20 moduli fotovoltaici frameless con backsheet trasparente del tipo BRP6360064TF-245. Tale modulo è costituito da 60 celle in silicio policristallino da 6” e ha una potenza nominale di 245Wp. La potenza complessiva dell’impianto fotovoltaico è di 4,90 kWp. Efficienza e capacità energetica combinati alla funzionalità e praticità di una riuscita integrazione architettonica attraverso l’installazione dei moduli su particolari profilati in alluminio con guarnizioni in grado di garantire l’impermeabilità dell’intera superficie fotovoltaica.

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La tecnologia impiegata è finalizzata a garantire il massimo confort minimizzando il fabbisogno energetico attraverso la riduzione delle perdite di calore. L’ampia vetrata a sud rappresenta un efficace strumento di accumulo solare nel periodo invernale che l’ombreggiatura della pensilina disattiva nel periodo estivo. La produzione di energia dei pannelli fotovoltaici, accompagnata a un sistema di riscaldamento ad aria in pompa di calore, permette di regolare la temperatura e condizionare l’edificio utilizzando solamente energia rinnovabile evitando l’allaccio alla rete di distribuzione del gas.

L’intervento, grazie all’ubicazione centrale nel tessuto urbano intende rappresentare una nuova icona capace di coniugare i temi della riqualificazione dello spazio urbano e dell’aggregazione sociale con una nuova consapevolezza ambientale. Tecnologia all’avanguardia applicata a un’architettura attuale e funzionale.

Brandoni Solarewww.brandonisolare.com

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QUANDO LA CULTURA DELLA SOSTENIBILITÀ DIVENTA EDUCAZIONE

Fondazione Ambienta, organizzazione riconosciuta senza scopo di lucro, con sede a Milano, è nata nel 2010 con l’obiettivo di promuovere progetti in grado di diffondere una cultura del rispetto dell’ambiente, del risparmio energetico, del riciclo e in generale di tutti quei comportamenti in grado di conciliare fattivamente sviluppo industriale e cultura ambientale. Partendo dalla consapevolezza che i valori della cultura ambientale non possano limitarsi alla salvaguardia delle risorse, Fondazione Ambienta ritiene fondamentale investire in progetti educativi, per contribuire a rendere le future generazioni naturalmente consapevoli dei temi della cultura ambientale.

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AMBIENTE: PERCHÉ È COSÌ IMPORTANTE PROTEGGERLO

L’uomo fa parte di un sistema complesso, fatto di risorse e di equilibri che deve garantire e salvaguardare per la sua stessa sopravvivenza. Proteggere questo equilibrio è una responsabilità di ciascuno di noi.La protezione dell’ambiente è una questione che riguarda il benessere e lo sviluppo dei popoli: è necessario quindi che ciascuno impari a calibrare le proprie azioni considerando tutte le possibili conseguenze che possono ricadere sull’ambiente in cui vive. Ignoranza o indifferenza possono infatti causare danni enormi e irreversibili. Al contrario, una conoscenza approfondita, ma alla portata di tutti, è sufficiente a garantire a noi stessi e alle generazioni future una vita migliore e un ambiente con una maggiore sintonia fra equilibri naturali e progresso.

I PROGETTI DI FONDAZIONE AMBIENTA

Fondazione Ambienta ha al suo attivo un progetto di natura educativa, denominato “Tondo come il Mondo”.

Nato cinque anni fa con l’omonimo libro di testo, scritto da Cristina Gabetti, giornalista specializzata in campo scientifico-

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ambientale, e realizzato con Giunti Progetti Educativi.Il testo è destinato alle scuole primarie di tutta Italia, in particolare alle classi 3°, 4° e 5° e mira ad aiutare i bambini a comprendere l’importanza di amare la natura e l’ambiente, a imparare a gestire e risparmiare le risorse del pianeta, attraverso nozioni spiegate con parole semplici e in forma ludica. Il libro è accompagnato da materiali informativi e didattici per supportare gli insegnanti, che realizzeranno un vero e proprio corso di cultura ambientale. Al termine dell’attività in classe insegnanti e bambini hanno l’opportunità di partecipare a un concorso che premia i manufatti più creativi. Complessivamente questo progetto, giunto alla quarta edizione, ha coinvolto 2.281 scuole, 7.702 classi, 5.309 insegnanti, 177.000 studenti, con un indotto quantificabile in non meno di 400.000 familiari e — dalla seconda edizione — ha beneficiato del sostegno del Ministero per l’ambiente che ne ha apprezzato il valore e la capacità di coinvolgimento delle scuole a livello nazionale.

Per l’anno scolastico 2014-2015 Fondazione Ambienta ha incontrato il Comune di Milano il quale — entusiasta della nostra iniziativa — ha deciso di sostenere il progetto contribuendo affinchè il libro possa essere distribuito a tutte le scuole elementari milanesi per un totale di oltre 38.000 manuali!Il Sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, ha partecipato in prima persona alla realizzazione del progetto, con un suo testo di presentazione all’interno del libro.

Altri 25.000 manuali verranno distribuiti in tutta Italia, poichè la Fondazione crede fortemente nella diffusione del corso di cultura ambientale a livello nazionale.Pertanto anche il consueto concorso finale vedrà una doppia premiazione, in parte alle scuole milanesi, in parte alle scuole nazionali.

Nel 2013 è nato anche il sito Internet “tondocomeilmondo.it”, per rendere accessibile a tutti il programma educativo del manuale, mantenendo la struttura del testo (divisione per tematiche: aria, acqua, terra, energia e riciclo) con un carattere non didascalico, ma interattivo con giochi e quiz, che può essere utilizzato separatamente o in affiancamento al libro. Inoltre, gli iscritti al sito ricevono mensilmente una newsletter che, oltre a mantenere vivo l’interesse degli utenti, mira ad approfondire i contenuti del sito con aggiornamenti, novità e curiosità in campo ambientale.

Per saperne di più sulla Fondazione visita il sito: www.fondazioneambienta.itPer i nostri progetti educativi visita il sito: www.tondocomeilmondo.it

VIA LARGA, 2 - 20122 MILANO – ITALIA TEL 02 7217461 - FAX 02 72174 646 [email protected]

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USO SOSTENIBILE DELLE RISORSE NATURALI IN EDILIZIA:IMPIEGO A CICLO CHIUSO DEI MATERIALI INERTI

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USO SOSTENIBILE DELLE RISORSE NATURALI IN EDILIZIA:IMPIEGO A CICLO CHIUSO DEI MATERIALI INERTI

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Le attività di costruzione d’infrastrutture ed edifici sono sempre state tra le maggiori utilizzatrici di materiali inerti vari, tutti di provenienza naturale. Nei periodi di maggiore sviluppo questi materiali sono stati prelevati quasi esclusivamente da formazioni geologiche naturali (sabbia, ghiaia, pozzolana, pietra, marmo), mentre nei periodi di crisi economica e sociale, si è ricorsi all’impiego di materiali ricavati da demolizione di edifici e strutture già esistenti ma in disuso.

A tale proposito vale la pena ricordare come dopo la caduta dell’impero romano (V° secolo d.C.) e fino al rinascimento (XV° secolo d.C.) sia stata largamente diffusa la pratica di utilizzare i marmi (statue e rivestimenti) messi in opera nei secoli precedenti, per produrre calce attraverso la loro macinazione e cottura, dal momento che le cave di carbonato, collocate lontano dalle città non erano più facilmente raggiungibili. Ovvero l’impiego di materiale pietroso, ricavato dalla demolizione di grandi strutture del passato non più utilizzate o in parziale rovina, per la costruzione di nuovi edifici.

Attualmente, il problema si pone in termini simili ma con motivazioni di fondo diverse. Infatti, la dimensione globale delle attività umane, anche in seguito al processo di globalizzazione che sta facendo affermare il modello di società occidentale in tutto il mondo, e il conseguente progressivo spostamento della popolazione verso centri urbani molto infrastrutturati, sta determinando ormai da qualche decennio un aumento vertiginoso del prelievo di risorse

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a cura di Giovanni Mastino e Flavio Cioffi

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naturali e di produzione di rifiuti. Purtroppo questo fenomeno ha preso piede prima che si riuscisse a mettere a punto un modello di impiego delle risorse a ciclo chiuso in modo da mantenere entro i limiti della sostenibilità naturale la pressione dovuta allo sviluppo delle società umane.

Per tali motivi è oggi estremamente urgente sanare questa inadeguatezza del sistema economico, soprattutto nel settore dei materiali da costruzione che costituiscono la percentuale maggiore di risorse prelevate e impiegate a livello mondiale. Naturalmente, finora anche le quantità di rifiuti da costruzione e demolizione rappresentano la voce quantitativamente principale della produzione di rifiuti, ben maggiore dei rifiuti urbani e dei rifiuti speciali. Il problema non si è ancora presentato in termini di grave emergenza poiché la natura inerte dei materiali in oggetto consente di ignorarne la dimensione ormai arrivata a livelli non più sostenibili.

A titolo puramente indicativo, basta osservare la numerosità dei trasporti di movimento terra e materiali inerti sulle autostrade, anche senza considerare l’impatto ambientale che tutto questo determina.

Inoltre, se ci limitiamo alla situazione italiana che pure è caratterizzata dalle condizioni sopra elencate, è necessario considerare che circa il 95% del patrimonio edilizio è stato realizzato a partire dal 1945 e in larga misura con caratteristiche qualitative, sismiche ed energetiche scadenti, come chiaramente attestato dai dati relativi ai consumi di energia del settore civile e da quelli relativi alla sicurezza sismica. In base ai regolamenti europei recentemente entrati in vigore e recepiti anche in Italia,

nei prossimi anni questo patrimonio dovrà essere radicalmente rinnovato e adeguato a standard di maggiore efficienza energetica e sicurezza sismica. Pertanto, stante la saturazione raggiunta dal mercato delle nuove costruzioni, la prospettiva maggiormente promettente per il settore delle costruzioni è rappresentato dalla ristrutturazione efficiente e sicura.

In vista di questo sviluppo è urgente rendere pienamente operative le nuove norme tecniche europee per i materiali da costruzione che consentono a pieno titolo di utilizzare per la produzione di aggregati inerti di ogni tipo anche rifiuti provenienti non solo dal settore delle costruzioni ma anche da diversi settori produttivi, realizzando un ciclo chiuso di impiego delle risorse naturali e riducendo drasticamente la produzione di rifiuti nei due flussi di maggiore rilievo, quelli di costruzione e demolizione e quelli industriali.

In tutta Europa varie sono le iniziative che già da anni sono state avviate in tal senso (ad es. in Germania, nel Regno Unito, in Danimarca) con risultati particolarmente vantaggiosi anche in termini economici oltre che di qualità delle nuove costruzioni (comfort termico e sonoro, costi ridotti, etc.).

In Italia la principale iniziativa è stata assunta da AISCRIS di Confindustria e ha consentito di inserire in modo organico le proposte di sviluppo di queste innovazioni nel sistema industriale italiano nel documento presentato nel 2013 alla Commissione europea.

In termini operativi AISCRIS già da alcuni anni ha raccolto un numero significativo di operatori industriali e pubblici al fine

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di accelerare il processo di crescita delle capacità operative e recepire nelle pratiche correnti tutte le innovazioni normative e tecniche disponibili.

In primo luogo si ritiene fondamentale consolidare la prassi della demolizione selettiva che consente il recupero di tutti i materiali e la loro destinazione a forme di riutilizzo di vario tipo. Attualmente la pratica del recupero risulta abbastanza diffusa per i materiali inerti e metalli, mentre è quasi assente per altri materiali quali legno, ceramiche, plastiche.Il superamento delle attuali inadeguatezze può essere conseguito solo attraverso passaggi organizzativi simili a quelli presenti nella grande distribuzione — ma con un senso inverso di spostamento dei materiali; ad es. da dettaglianti a grossisti — che poi possono trovare nella giusta dimensione anche i termini di convenienza economica.

In termini pratici è già dagli anni ’80 che sono state avviate attività di recupero di materiali inerti da demolizione come manufatti di cemento e cemento armato. Inizialmente, tuttavia, i prodotti che se ne derivavano erano di qualità modesta e ridotto valore aggiunto, mentre pian piano si è arrivati a ricavare aggregati riciclati di qualità migliore e tali da poter essere utilizzati nella produzione di nuovi manufatti di cemento.

In termini generali non sempre è possibile collocare i materiali ricavati da una demolizione selettiva nei medesimi settori di origine, fondamentalmente a causa del degrado qualitativo subito dall’impiego e dalla demolizione. Pertanto, è necessario sviluppare nuove proposte mettendo a punto prodotti innovativi e nuovi mercati in grado di utilizzare i flussi di vari materiali recuperati attraverso la demolizione selettiva (vetro, legno, plastica, etc.).

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L’obiettivo principale del progetto UE IRMA è quello di sviluppare e avviare un generale “concetto di città” comprendente una strumentazione per migliorare le tecnologie e i processi, assieme a strumenti di gestione per la sostenibilità urbana di rinnovamento, focalizzandosi su edifici contaminati per minimizzare il rischio ambientale da prodotti pericolosi e per salvare edifici e materiali riutilizzabili.I risultati attesi dal progetto si possono riassumere in:• raccolta di dati sulla contaminazione

di edifici e di sviluppo di un database. Questo porterebbe a un immediato accesso ai dati necessari, aumentando la competitività per pianificatori e appaltatori;

• valutazione di edifici e strutture contaminate;

• sviluppo di tecnologie di pulitura, demolizione, decontaminazione e separazione;

• sviluppo di linee guida;• sviluppo del “nuovo concetto di

città” per la decontaminazione e riabilitazione di edifici, strutture e materiali;

• valutazione di “nuovo concetto di città” per le città europee;

• implementazione e sfruttamento. Resoconto, consigli e linee guida. Aumentano così l’efficienza dei metodi di costruzione “puliti”, i risparmi negli investimenti per gli edifici e diminuisce l’utilizzo della discarica per i rifiuti.

IRMA: RINNOVAMENTO URBANO

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IRMA: RINNOVAMENTO URBANO

Attualmente i problemi legati al rinnovo urbano possono essere così riassunti:

• scarsa conoscenza pratica sulla decontaminazione di edifici e materiali;

• inesistenza di tecnologie o linee guida per la decontaminazione di edifici e materiali;

• inesistenza di standard per la classificazione di edifici e materiali decontaminati come “puliti”;

• legislazione su sicurezza e salute del personale che lavora su edifici contaminati.

Il progetto fornirà una serie di strumenti per i proprietari di edifici e i pianificatori

delle città, adattabili a tutte le città europee e del resto del mondo, per la gestione integrata dei rifiuti di costruzione e demolizione (C&D wastes) e per la pianificazione delle città del futuro.

IRMA Removal system, sviluppato dalla Contento Trade, ha consentito di rimuovere i composti organici volatili, oli minerali e altri inquinanti dagli scarti di demolizione ed è stato usato per un successivo progetto europeo: EUROSTARS REOP.

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EUROSRATRS REOP: NUOVA TECNOLOGIA PER LA RIMOZIONE DI INQUINANTI ORGANICI DA SUOLI

L’obiettivo principale di questo progetto intende studiare e sviluppare una nuova tecnologia per la rimozione di inquinanti organici da suoli o altre matrici inorganiche e verificare l’efficienza e l’incidenza economica mediante test dimostrativi in un impianto ottimizzato.Questo include la combinazione a solvente con un innovativo trattamento termomeccanico denominato DIC (Decompressione Istantanea Controllata), un processo recentemente brevettato in Francia dalla società Abcar.

La sperimentazione di differenti tipologie di materiale inorganico base (dai suoli di varia granulometria e composizione ai rifiuti contenenti inquinanti organici) e solventi (dal vapore d’acqua ai solventi organici); differenti tecniche di miscelazione e condizionamento della miscela; differenti geometrie di reattore; differenti sistemi per la separazione solidi/vapori e infine differenti sistemi di recupero e frazionamento dei condensati.Sulla base dei dati raccolti nei test dimostrativi verrà definito il progetto di massima di un impianto mobile di taglia industriale, saranno svolti studi per valutare con precisione la validità ambientale ed economica della tecnologia sviluppar e sarà quantificato il mercato potenziale di riferimento per i risultati del progetto.

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EUROSRATRS REOP: NUOVA TECNOLOGIA PER LA RIMOZIONE DI INQUINANTI ORGANICI DA SUOLI

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Come ha avuto inizio l’interesse del Gruppo Angelantoni, che storicamente si è sempre occupato di altri settori, per le energie rinnovabili?

L’impegno del Gruppo Angelantoni nel settore delle energie rinnovabili ha avuto inizio attorno ai primi anni 2000 quando all’ENEA, a quel tempo presieduta dal Prof.Rubbia, si stava studiando il solare termodinamico.L’ENEA aveva messo a punto una serie di brevetti che andavano trasferiti su un tubo ricevitore in modo da studiarne il funzionamento.Nel 2003 venne indetta una gara per individuare chi avrebbe fabbricato la macchina dentro cui realizzare il primo prototipo di tubo ricevitore.Questa gara venne vinta dal Gruppo Angelantoni con una delle apparecchiature più affini al business tradizionale dell’azienda, le camere climatiche.Si trattava di una macchina per disposizione a film sottile, che venne consegnata all’ENEA nel 2004. Ebbe così inizio una fase di studio e di ricerca congiunta tra Angelantoni e il centro di ricerca. Nel 2007 si arrivò alla messa a punto del primo vero prototipo di tubo ricevitore, pronto per essere immesso sul mercato.

Federica Angelantoni, Amministratore Delegato di Archimede Solar Energy, la più giovane delle aziende Angelantoni, che si occupa di energie rinnovabili producendo tubi ricevitori per centrali solari.

Archimede Solar Energy:

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tecnologia e innovazionetutta italiana

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Archimede Solar Energy: tecnologia e innovazione

tutta italiana

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ENEL si interessò subito al progetto per due motivi fondamentali: primo perché si trattava di un progetto assolutamente innovativo a livello mondiale; secondo perché si trattava di una tecnologia tutta italiana.Pensammo subito che dovesse essere proprio ENEL la prima a sperimentarla, in quanto utility italiana. Si procedette quindi con la costruzione della centrale termodinamica a Priolo, in provincia di Siracusa. Il passaggio successivo fu quello di individuare il produttore del tubo ricevitore su base industriale.Ovviamente l’ENEA non poteva occuparsene in quanto centro di ricerca, così venne suggerito il Gruppo Angelantoni, questo perché una parte consistente della ricerca era stata fatta a quattro mani o, quantomeno, la parte più innovativa del tubo ricevitore - rispetto a quelli che erano

presenti sul mercato in quel periodo - era stata realizzata insieme al nostro Gruppo.Decidemmo di accettare questa sfida e costruimmo nel 2007-2008 la fabbrica che inizialmente fu pensata - e successivamente sviluppata - per seguire ad hoc la commessa di Priolo, ovvero una produzione di pochi numeri creati in maniera artigianale.Con il passare del tempo ci si rese conto che il prodotto era molto buono e che il mercato offriva grandi potenzialità. Per cui, finita la fornitura dei tubi per Priolo, partì il progetto per la realizzazione di un nuovo stabilimento dedicato ad Archimede e alla produzione di tubi ricevitori con una logica estremamente diversa, cioè quella di una produzione su larga scala, totalmente automatizzata per fare più pezzi all’anno.

Lo stabilimento venne inaugurato nel 2011 ed è quello presso il quale lavoriamo oggi.

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In altre zone, fuori dai confini nazionali, le centrali solari termodinamiche sono già funzionanti da molti anni, cito per esempio gli Stati Uniti. Quali tipi di modifiche avete apportato rispetto alle centrali americane?

Esattamente, le centrali solari termodinamiche funzionano da più di vent’anni, ci sono però delle enormi differenze.La più importante sta proprio nell’innovazione proposta da ENEA e recepita dal Gruppo Angelantoni che è quella di utilizzare un fluido diverso.Nelle centrali solari di vecchio stampo - anche se devo dire che ancora oggi, in alcune parti del mondo, vengono realizzate - la tecnologia prevede l’utilizzo di un fluido, precisamente un olio, che ha due svantaggi.Il primo, molto importante sia dal punto di vista dell’efficienza sia dei costi, è il fatto che l’olio lavora a temperature più basse, attorno ai 400°, mentre quello che utilizziamo noi, cioè i sali fusi, lavorano a 550°. Intuitivamente: temperature più basse — tenendo costanti le altre variabili — significa meno energia prodotta. Il secondo svantaggio, certamente non meno importante, è che l’olio ad alte temperature è potenzialmente molto pericoloso perché è infiammabile e, per altro, anche molto inquinante. Infatti, nel momento in cui dovesse esserci una fuoriuscita nel campo solare o nel momento in cui deve essere smaltito l’olio esausto, si va incontro a non pochi problemi dal punto di vista ambientale. Vien da sé che sia difficile collegare le rinnovabili con un deficit di questo tipo. Il sale fuso risolve questi problemi perché non è infiammabile e, inoltre, essendo un comune sale da cucina che diventa fluido, non ha nessun potenziale rischio. Ha un impatto ambientale nullo perché sono dei sali che vengono utilizzati anche in agricoltura come fertilizzanti, quindi nel momento in cui

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dovesse esserci una fuoriuscita si andrebbe a disperdere un prodotto del tutto naturale.

Lei vede la possibilità di sostituire tout court la produzione di energia derivata da combustibili fossili mediante l’utilizzo delle fonti rinnovabili?

Chiaramente non domani, questo è implicito. Primo perché non siamo ancora pronti per recepire questo cambiamento e secondo perché

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le energie non sono tutte sufficientemente mature per questo passaggio. Attendere affinché ciò accada? La mia risposta è: assolutamente sì! Questo perché, se ci pensiamo bene, negli ultimi venti, trent’anni sono già stati fatti passi da gigante, quindi non mi risulta difficile pensare che da qui a un centinaio d’anni, si sia sostituita tutta la produzione di energia elettrica. Penso anche alla motilità con fonti rinnovabili, non credo si sia lontani da questo passaggio.Se invece la sua domanda è intesa come: il

petrolio ormai si sta esaurendo e noi dobbiamo necessariamente correre ai ripari?, allora il discorso è diverso, anche se sicuramente le riserve stanno diminuendo. C’è però una componente sulla quale è importante soffermarsi, che è quella di svincolarsi dal ruolo primario che svolgono, ad oggi, alcuni paesi produttori di petrolio e dai quali domani potremmo emanciparci. Sicuramente il petrolio non finirà a breve ma è meglio che, anche dal punto di vista politico, ciascun paese

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possa essere in grado di produrre quello di cui necessita a modo suo, senza dipendere politicamente o economicamente da nessun altro.Io penso che non ci sia - anche se lavoro nel solare termico da molto tempo - un’unica fonte, un’unica tecnologia che possa risolvere questo tipo di problematica. Penso invece che ogni paese possa esprimere al meglio le proprie potenzialità. Per esempio, il Nord Europa ha il vento ed è giusto che sia ricco di centrali eoliche mentre il Nord Africa, che ha spazi vastissimi e grandi quantità di sole a disposizione, è giusto che venga virtualmente sfruttato — anche se il termine può sembrare orribile — mediante il solare termodinamico.In realtà è un arricchimento per i paesi in cui vengono realizzate questo tipo di centrali. Pensi che le centrali solari - per esempio nelle aree desertiche del mondo, cito il Sahara - nel loro funzionamento vengono posizionate non lontane dal mare perché hanno bisogno di acqua per il raffreddamento. Durante questo processo le centrali restituiscono

acqua desalinizzata che non è esattamente potabile ma assolutamente utilizzabile per le coltivazioni.Ci sarebbe, quindi, un ulteriore risvolto positivo, un’altra forma di sviluppo e di crescita per questi paesi. Uno dei temi caldi dell’Europa è quello dell’immigrazione da parte della popolazione di molti di questi luoghi. Si tratta di un problema che, potenzialmente, potrebbe non dico venire risolto ma sicuramente attenuato creando sviluppo nei paesi d’origine. Vista anche in quest’ottica, a mio avviso, quella del solare termodinamico è una strada che va necessariamente intrapresa.

Dopo la centrale di Priolo in quali altre zone state concentrando i vostri sforzi?

Diciamo subito che l’Italia non è il nostro mercato di riferimento né ha le potenzialità per vedere realizzate più di un paio di centrali, questo per un discorso geografico, di condizioni climatiche e di territorio. Quindi,

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all’interno dei nostri confini, le possibilità di sviluppo sono in Sardegna. Qualche progetto spero venga realizzato perché si tratta di una tecnologia italiana e trovo logico che venga attuato un esperimento un po’ più significativo di quello di Priolo. Per cui una centrale su scala commerciale fatta in Italia, che sia effettivamente la prima nel mondo con certi tipi di tecnologie, va necessariamente portata a compimento. Questo anche per riuscire ad andare all’estero e giocarsela sui mercati internazionali che sono quelli che realmente ci interessano.Lontano dall’Italia le zone di nostro interesse sono quelle dove le condizioni climatiche ci consentono di fare questo tipo d’installazioni, quindi: Nord Africa, Medio Oriente, America Centrale, Australia e Sud Africa. Abbiamo alcuni progetti particolari come quello in India e un altro sull’altopiano del Tibet. Si tratta di una centrale molto singolare posizionata a 3000 metri di altitudine che sfrutterà l’irraggiamento diffuso, per cui la centrale funzionerà nello stesso modo delle altre

anche se le temperature esterne saranno molto basse.

Le istituzioni come si comportano, sono vicine alla ricerca? Oppure siete sostenuti soprattutto da investimenti privati?

L’investimento che è stato realizzato a Massa Matara per l’impianto produttivo, parlo di circa 60 milioni di euro, è tutto privato. Abbiamo avuto un supporto da parte del Ministero dell’Ambiente per lo sviluppo della centrale dimostrativa vicino allo stabilimento che è stata realizzata l’anno scorso come progetto di ricerca. La maggior parte dei finanziamenti è stata erogata nei primi anni 2000 ma questo non verso Angelantoni, che ancora non era coinvolta nel progetto, ma verso ENEA. Oggi non nascondo il fatto che se si riuscisse, una volta sviluppata la tecnologia, a supportare anche le aziende sarebbe una cosa molto positiva. Si andrebbe ad aiutare la fase d’industrializzazione e quindi la possibilità di competere all’estero con players che, seppur in possesso di una tecnologia più inefficiente e meno innovativa, sono sul mercato da vent’anni. Parliamo di aziende con grande esperienza, le quali hanno già realizzato economie di scala, quindi per le giovani industrie italiane — o meno giovani ma con poca esperienza sui mercati esteri —diventa tutto più difficile.Io parlo in nome di Archimede ma non siamo soli in questa filiera che si è creata attorno al solare termodinamico. Noi forse siamo i più rappresentativi, con un’industria più grande e con una componente chiave della tecnologia, però c’è chi ha sviluppato le strutture, gli specchi e tutto ciò che serve per il campo solare. Sono aziende italiane che hanno fatto grandi investimenti. Anche in quest’ottica, come dicevo prima, avere la possibilità di fare una centrale in Italia è fondamentale. Mi auguro che nei prossimi mesi si possa partire

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concretamente, anche perché il progetto è in fase di approvazione. Sarebbe un plus molto importante per le aziende nazionali perché muoverebbero i primi passi in un mercato un po’ più protetto — che è quello domestico — per poi, come le dicevo, andare necessariamente a concentrarsi all’estero. Nessuno di noi, infatti, pensa di tappezzare l’Italia di specchi e tubi. In quest’ottica, ora, avere l’autorizzazione per partire con la creazione di nuove centrali è fondamentale; per altro sono progetti totalmente finanziati da capitali esteri — principalmente giapponesi — i quali sono i soci che hanno investito anche in Archimede e che vogliono realizzare queste centrali venendo in Italia perché ancora c’è un incentivo interessante. È chiaro che, come può immaginare, spiegare a una cordata di investitori giapponesi perché la burocrazia italiana ci sta mettendo più di un anno e mezzo per autorizzare un investimento che è sul tavolo già pronto, non è una cosa affatto semplice. Per cui il timore è che, alla fine, questi investitori se ne vadano altrove, dove ci sono delle prospettive potenzialmente meno interessanti ma più alla portata o più certe. Oggettivamente anche dopo le ultime vicende che hanno coinvolto il fotovoltaico con il decreto della retroattività, un po’ di credibilità all’estero l’abbiamo persa.

Ci sono stati dei commenti entusiastici dopo la fiera Solarexpo sullo stato attuale delle rinnovabili nel nostro paese. Si accoda a quest’ottimismo o trova anche dei lati negativi?

L’Italia non è, per noi del solare termico, un mercato di riferimento. Anche altre aziende del Gruppo, che sono impegnate in attività tradizionali delle rinnovabili come il fotovoltaico, le biomasse etc., si stanno dirigendo al 100% verso l’estero. Questo perché, oggettivamente, il nostro è un

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mercato poco stabile, con delle politiche che non sono lungimiranti, anche ove poteva sembrare lo fossero. Ho visto che vengono meno i cardini che sono quelli della retroattività per cui della credibilità del paese stesso. Il mio feeling, per quello che riguarda le rinnovabili in Italia, è estremamente negativo in questo momento. Non vedo un grosso sviluppo in nessuna di queste tecnologie, anche se c’è ancora la carta del solare termodinamico da poter giocare. Dico questo perché, viaggiando molto per le fiere, ci sentiamo dire che la nostra è la tecnologia più riconosciuta, non come Archimede Gruppo Angelantoni ma come tecnologia innovativa italiana. È un controsenso cercare di non cavalcare l’onda di una delle poche cose che in questo momento funziona, che ci fa riconoscere come tecnologici, innovativi e all’avanguardia.

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Ecco, questo è un po’ il limite del nostro paese, il quale non riesce a fare sistema, non riesce ad andare coeso verso un obiettivo. Per cui ci sono eccellenze — non mi riferisco a noi, ovviamente, parlo della ricerca dell’ENEA — che sviluppano un progetto estremamente interessante per poi essere costrette ad arenarsi. Noi paghiamo, per la vendita dei nostri prodotti, delle royalties all’ENEA — della quale conosco bene la struttura e so che i soldi per la ricerca sono diminuiti in maniera esponenziale negli ultimi anni — e per loro avere un ritorno non solo d’immagine ma anche economico è fondamentale.Facendo lavorare le imprese italiane si creerebbero le condizioni per portare, di riflesso, nuovamente i soldi verso la ricerca, con un conseguente sviluppo di nuove tecnologie. È questo tipo di logica che non riusciamo a mettere

in atto ed è necessario, da parte delle istituzioni, dare una mano affinché le aziende riescano a portare avanti il loro lavoro. Per quanto riguarda il nostro settore aprire una centrale in Italia è una condizione sine qua non per evitare di perdere la nostra forza e la credibilità all’estero.

Continuiamo a ripetere “la tecnologia italiana è innovativa”, “la tecnologia italiana è vincente rispetto a quella esistente” etc etc. e poi, alla domanda: “quanti impianti solari termodinamici avete realizzato in Italia?” dobbiamo rispondere: “Priolo nel 2008. Da allora in approvazione ce sono altre tre che però stanno aspettando l’autorizzazione a procedere”.

Effettivamente suona un po’ strano, non le pare?

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