ALTA UOTA - RicreLA SPIRALE PERVERSA DEL MOBBING ATTORI, STRATEGIE E FASI DELLA VIOLENZA SUL POSTO...

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ALTA UOTA Anno 8 Numero 41 edizione Maggio-Giugno 2012 Periodico bimestrale gratuito - Tiratura 1.000 copie - Registrazione Tribunale di Udine n. 15 del 15 marzo 2005 Centro Giovanile di Cultura e Ricreazione “Ricreatorio San Michele” via Mercato, 1 - 33052 Cervignano del Friuli (UD) www.ricre.org Il Ricreatorio San Michele è iscritto nel Registro Regionale delle Associazioni di Promozione Sociale al n. 121 www. fvgsolidale.regione.fvg.it Segreteria telefonica e fax: 0431 35233 Sito internet: www.ricre.org Direttore responsabile: Andrea Doncovio Redattori: Simone Bearzot, Norman Rusin, Giuseppe Ancona, don Moris Tonso, Sandro Campisi, Vanni Veronesi, Sofia Balducci, Christian Franetovich, Marco Simeon, Alessandro Morlacco, Manuela Fraioli, Giulia Bonifacio, Giulia Del Frate. Responsabile web: Riccardo Rigonat Responsabile marketing: Alex Zanetti Stampa: Goliardica Editrice, Bagnaria Arsa COMUNIONI p. 6 SANDRA PELLIZZONI p. 4 EDICOLA IN RICRE p. 9 AUSAPAV p. 10 UOMINI COME NOI p. 10 Il termine mobbing, derivante dall’inglese to mob (‘attaccare, assalire’), non nasce nel contesto in cui viene attualmente usato con più frequenza. Oggi indica l’attività persecutoria che un soggetto subisce sul posto di lavoro ad opera di colleghi o superiori. Attività che può essere della più varia specie, dagli insulti alle umiliazioni pubbliche, all’ostruzionismo, all’adibire il personale a mansioni dequaliicanti; e può essere perpetrato da un singolo, come da un gruppo di persone. Può essere, come si dice, verticale, cioè ad opera di superiori, oppure orizzontale, quando i mobber sono i colleghi, e può avere svariate ragioni scatenanti e obiettivi: differenze etnico-razziali, religiose, frustrazioni e rabbia repressa, spregiudicate politiche aziendali tese alla riduzione del personale. Può essere inalizzato a ottenere le dimissioni del mobbizzato, o no: può essere solo un sadico gioco all’esclusione, all’accanimento. Il termine però non nasce in materia di sociologia del lavoro, ma in etologia: è Konrad Lorenz il primo ad utilizzare il termine mobbing per descrivere il comportamento di certe specie animali volto ad escludere un loro simile dal gruppo dominante. Un atteggiamento che vuole, per una ragione o per l’altra, allontanare il singolo, e che si esplica attraverso l’accanimento collettivo, la violenza, la prevaricazione dei molti contro chi è solo. Un atteggiamento animalesco, il mobbing: una vera psicologia del branco. Un’altra volta la legge della giungla, del forte sul debole, dei calci a chi sta a terra, con tutta la capacità che ha l’uomo di afinare in crudeltà gli istinti che dagli animali ci vengono. Si può potenzialmente mobbizzare qualcuno per qualsiasi motivo: da una faccia antipatica a un diverso tifo calcistico. Quanti capri espiatori abbiamo visto, per altrettante frustrazioni e tensioni che non hanno trovato sbocco? Quante volte l’accanimento su chi è al di fuori del gruppo, sull’emarginato, è apparsa la scelta più comoda e appagante? E se poi l’atteggiamento è messo in atto dai superiori, tanto meglio: il collega che ha perso il favore degli dei sarà spesso perseguitato anche dai suoi pari (che assumono il ruolo di quelli che si deiniscono side mobber). Chi è lasciato solo, rimane sempre più solo: per non parlare dei casi in cui il mobbing è dettato da crudeli regole di mercato. L’arrivismo esasperato dei colleghi, oppure la necessità di tagliare il personale messa in atto con la più subdola delle tecniche. Azzannarsi tutti quanti per arrivare primi e soli in cima, oppure perseguitare per indurre a lasciar libera la scrivania. In anni come i nostri, in cui il tema del lavoro, che manca, lavoro insicuro, lavoro che si perde o non si trova, è più che mai il primo dell’agenda, anche il mobbing è un lato oscuro di questa medaglia. Il mobbing inalizzato a ottenere le dimissioni del dipendente, detto tecnicamente bossing, può essere in particolare collegato all’attuale crisi economica. Di più, parlando del tanto dibattuto articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori sui licenziamenti individuali, non è secondaria l’incidenza sul fenomeno che ha appunto la rigida normativa in materia di licenziamenti. Per aziende senza scrupoli, quella del mobbing sistematico può infatti sembrare una valida soluzione per aggirare l’ostacolo. Il dramma del lavoro, che vediamo ogni giorno nei suicidi di imprenditori o nelle morti in cantiere, passa anche da qui: dalle esperienze tragiche di chi trova nel posto di lavoro un inferno, una prigione in cui ha paura di andare a rinchiudersi. Dalle esperienze di tanti che, a causa del mobbing, sono affetti da depressione, disturbi psicologici. Ed è per di più, quello del mobbing, un dramma dificile da individuare, dificile da provare, perché la linea che passa tra normali conlitti e angherie sistematiche spesso è sottile, dificile da marcare. Il mobbing inoltre non è perseguibile penalmente in via autonoma, né esiste una legge speciica in materia: proprio per la dificoltà nell’individuare e deinire un fenomeno così subdolo, un fenomeno che, in deinitiva, può celarsi in un numero elevato e disparatissimo di situazioni. MARCO SIMEON MOBBING QUANDO IL LAVORO DIVENTA UN INFERNO 5×1000: UN PICCOLO GESTO PER SOSTENERE LE NOSTRE ATTIVITÀ …E NON COSTA NULLA!

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ALTA UOTAAnno 8 Numero 41 edizione Maggio-Giugno 2012Periodico bimestrale gratuito - Tiratura 1.000 copie - Registrazione Tribunale di Udine n. 15 del 15 marzo 2005

Centro Giovanile di Cultura e Ricreazione “Ricreatorio San Michele” via Mercato, 1 - 33052 Cervignano del Friuli (UD) www.ricre.org

Il Ricreatorio San Michele è iscritto nel Registro

Regionale delle Associazioni di Promozione Sociale al n. 121

www. fvgsolidale.regione.fvg.itSegreteria telefonica e fax: 0431 35233 Sito internet: www.ricre.orgDirettore responsabile: Andrea Doncovio Redattori: Simone Bearzot, Norman Rusin, Giuseppe Ancona, don Moris Tonso, Sandro Campisi, Vanni Veronesi, Sofia Balducci, Christian Franetovich, Marco Simeon, Alessandro Morlacco, Manuela Fraioli, Giulia Bonifacio, Giulia Del Frate.Responsabile web: Riccardo Rigonat Responsabile marketing: Alex Zanetti Stampa: Goliardica Editrice, Bagnaria Arsa

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Il termine mobbing, derivante dall’inglese to mob (‘attaccare, assalire’), non nasce nel contesto in cui viene attualmente usato con più frequenza. Oggi indica l’attività persecutoria che un soggetto subisce sul posto di lavoro ad opera di colleghi o superiori. Attività che può essere della più varia specie, dagli insulti alle umiliazioni pubbliche, all’ostruzionismo, all’adibire il personale a mansioni dequaliicanti; e può essere perpetrato da un singolo, come da un gruppo di persone. Può essere, come si dice, verticale, cioè ad opera di superiori, oppure orizzontale, quando i mobber sono i colleghi, e può avere svariate ragioni scatenanti e obiettivi: differenze etnico-razziali, religiose, frustrazioni e rabbia repressa, spregiudicate politiche aziendali tese alla riduzione del personale. Può essere inalizzato a ottenere le dimissioni del mobbizzato, o no: può essere solo un sadico gioco all’esclusione, all’accanimento.Il termine però non nasce in materia di sociologia del lavoro, ma in etologia: è Konrad Lorenz il primo ad utilizzare il termine mobbing per descrivere il comportamento di certe specie animali volto ad escludere un loro simile dal gruppo dominante. Un atteggiamento che vuole, per una ragione o per l’altra, allontanare il singolo, e che si esplica attraverso l’accanimento collettivo, la violenza, la prevaricazione dei molti contro chi è solo.Un atteggiamento animalesco, il mobbing: una vera psicologia del branco. Un’altra volta la legge della giungla, del forte sul debole, dei calci a chi sta a terra, con tutta la capacità che ha l’uomo di afinare in crudeltà gli istinti che dagli animali ci vengono. Si può potenzialmente mobbizzare qualcuno per qualsiasi motivo: da una faccia antipatica a un diverso tifo calcistico. Quanti capri espiatori abbiamo visto, per altrettante frustrazioni e tensioni che non hanno trovato sbocco? Quante volte l’accanimento su chi è al di fuori del gruppo, sull’emarginato, è apparsa la scelta più comoda e appagante? E se poi l’atteggiamento è messo in atto dai superiori, tanto meglio: il collega che ha perso il favore degli dei sarà spesso perseguitato

anche dai suoi pari (che assumono il ruolo di quelli che si deiniscono side mobber).Chi è lasciato solo, rimane sempre più solo: per non parlare dei casi in cui il mobbing è dettato da crudeli regole di mercato. L’arrivismo esasperato dei colleghi, oppure la necessità di tagliare il personale messa in atto con la più subdola delle tecniche. Azzannarsi tutti quanti per arrivare primi e soli in cima, oppure perseguitare per indurre a lasciar libera la scrivania. In anni come i nostri, in cui il tema del lavoro, che manca, lavoro insicuro, lavoro che si perde o non si trova, è più che mai il primo dell’agenda, anche il mobbing è un lato oscuro di questa medaglia. Il mobbing inalizzato a ottenere le dimissioni del dipendente, detto tecnicamente bossing, può essere in particolare collegato all’attuale crisi economica. Di più, parlando del tanto dibattuto articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori sui licenziamenti individuali, non è secondaria l’incidenza sul fenomeno che ha appunto la rigida normativa in materia di licenziamenti. Per aziende senza scrupoli, quella del mobbing sistematico può infatti sembrare una valida soluzione per aggirare l’ostacolo.Il dramma del lavoro, che vediamo ogni giorno nei suicidi di imprenditori o nelle morti in cantiere, passa anche da qui: dalle esperienze tragiche di chi trova nel posto di lavoro un inferno, una prigione in cui ha paura di andare a rinchiudersi. Dalle esperienze di tanti che, a causa del mobbing, sono affetti da depressione, disturbi psicologici.Ed è per di più, quello del mobbing, un dramma dificile da individuare, dificile da provare, perché la linea che passa tra normali conlitti e angherie sistematiche spesso è sottile, dificile da marcare. Il mobbing inoltre non è perseguibile penalmente in via autonoma, né esiste una legge speciica in materia: proprio per la dificoltà nell’individuare e deinire un fenomeno così subdolo, un fenomeno che, in deinitiva, può celarsi in un numero elevato e disparatissimo di situazioni.

MARCO SIMEON

MOBBINGQUANDO IL LAVORO DIVENTA UN INFERNO

5×1000:UN PICCOLO GESTO

PER SOSTENERE LE NOSTRE ATTIVITÀ

…E NON COSTA NULLA!

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PER CAPIREMOBBING: I DATI

STATISTICILA SPIRALE PERVERSA DEL MOBBING

ATTORI, STRATEGIE E FASI DELLA VIOLENZA SUL POSTO DI LAVORO

‘Mobbizzatore’ e ‘mobbizzato’: così, con un pessimo calco sull’inglese, sono deiniti i principali attori del mobbing. Fenomeno in forte ascesa e di stretta attualità, il mobbing si caratterizza per varie forme di violenza psicologica, e in taluni casi anche isica, perpetrata sul posto di lavoro. Chi mette in atto tali comportamenti può essere il datore di lavo-ro, un collega o un superiore. Per arrivare a parlare di mobbing, è necessario che le azioni umilianti e vessatorie siano reiterate e durature nel tempo: non basta certo una risposta sgarbata o un commento negativo, per quanto violento, se ciò rimane un fatto isolato. Alla base di questa condizione è spesso riconoscibile una conlittualità isiologica, presente in forma latente o esplicita nella maggior parte degli ambienti lavorativi. Si tratta di un terreno fertile per l’instaurarsi del mobbing, ma non costi-tuisce ancora una manifestazione dello stesso: è una condizione nella quale i singoli puntano ad emergere rispetto al gruppo, senza però mirare alla distruzione degli altri.Quasi sempre, assieme alle due parti protagoniste, sono presenti altre igure. Costoro possono assumere il ruolo di sem-plici spettatori, favorendo con la loro passività l’azione del mobbizzatore, oppure parteggiare per una delle due parti, ino a diventare a loro volta veri e propri attori di mobbing. Molto spesso, infatti, gli ‘aggressori’ agiscono in gruppo, con una strategia inconsciamente o consciamente sinergica: proprio nell’isolamento della vittima e nell’induzione di una condizione d’inferiorità sta uno dei suoi principali meccanismi. Quasi sempre, si può identiicare una connivenza o quanto meno una tacita tolleranza di chi riveste mansioni dirigenziali: è davvero molto dificile che si possano attuare strategie di mobbing pervasive e di lunga durata senza che l’amministrazione ne venga a conoscenza.È dificile stilare un identikit delle vittime, in quanto non esiste una singola condizione che ponga a rischio di diventare oggetto di atti intimidatori e persecutori. Tuttavia, quasi la metà (48%) di chi è coinvolto in questo fenomeno hanno tra i 41 e i 50 anni, mentre poche vittime hanno meno di 30 anni. Ciò rilette un clima di maggiore insicurezza lavorativa e personale in tale fascia d’età, anche perché per i lavoratori non giovanissimi è più serio il rischio di ricadere in strategie di mobbing aziendale organizzato, il cossiddetto bossing. Se non esiste il ‘mobbizzato-tipo’, ci sono però situazioni che comportano un maggior rischio di mobbing: si tratta, in genere, di condizioni nelle quali qualche lavoratore spicchi per qualche aspetto ‘diverso’ dagli altri; ad esempio, un funzionario assunto da poco che conquisti una posizione di presti-gio, tale da suscitare le invidie dei colleghi; oppure una donna inserita in un contesto lavorativo fortemente maschilista.

Tra le strategie messe concretamente in atto da chi pratica mobbing si possono sicuramente citare pettegolezzi e ca-lunnie riguardanti il lavoratore, spesso inventati e diffusi ad arte, ma anche controlli ossessivi su telefonate, fotocopie, pause caffè ed altre operazioni di routine. Altro modo per mettere in dificoltà un lavoratore è quello di boicottarne, in diversi modi, l’attività o di criticarne in modo continuo e infondato l’operato, concentrandosi su aspetti marginali del suo comportamento. Non mancano inoltre condotte che fanno capo direttamente ai datori di lavoro: una retribuzione inferiore alle capacità lavorative e alle mansioni del lavoratore, demansionamento e assegnazione di compiti umilianti, critiche continue e infondate, sanzioni amministrative o disciplinari eccessive. Inine, non va dimenticato che tra i principali comportamenti che rientrano nella condizione di cui ci stiamo occupando ci sono provocazioni e minacce personali, ino alle molestie sessuali.Il mobbing non è un fatto, ma un processo: esiste un continuum di situazioni e comportamenti persecutori e intimida-tori, tanto che è stato sviluppato un vero e proprio modello, suddiviso in sei fasi, che si applica a buona parte dei casi:• In una prima fase, la vittima viene identiicata, spesso in conseguenza di eventi contingenti che hanno suscitato l’in-

vidia, la rabbia o l’indignazione dei colleghi, ed inizia ad essere bersaglio di critiche e atti umiliatori. • Nella seconda fase, gli attacchi dei mobber si fanno più espliciti, tanto che chi li subisce inizia a provare un senso di

disagio e fastidio, pur senza che ciò condizioni pesantemente la sua vita lavorativa ed extralavorativa.• Ciò invece avviene nella terza fase, nella quale accanto al disagio possono comparire manifestazioni di tipo psicoso-

matico (insonnia, disturbi digestivi), assieme a lievi sintomi di tipo depressivo. • Nella quarta fase, le manifestazioni si fanno più serie, tanto da costringere il lavoratore a ridurre la sua attività la-

vorativa o ad assentarsi per malattia. Spesso, questo comportamento può essere mal interpretato da chi ha incarichi amministrativi, conducendo ad azioni disciplinari nei confronti del lavoratore, sostenute ed incoraggiate dai colleghi.

• Si arriva così ad una quinta fase, caratterizzata dall’aggravarsi dei sintomi, con la comparsa di franchi sintomi psi-chiatrici di tipo ansioso o depressivo, che non fanno altro che peggiorare la situazione lavorativa.

• La sesta ed ultima fase è quella dell’uscita dall’ambiente lavorativo. Questa può avvenire in seguito a dimissioni, licenziamento per motivi disciplinari o, nei casi più gravi, suicidio o sviluppo di comportamenti psicotici. In qualche caso, il mobbizzato può tentare persino di uccidere il mobbizzatore.

Accanto a questi, esistono numerosi altri fenomeni di tipo psico-sociale che il mobbing porta con sè; uno dei più studiati, specie nel contesto italiano, è quello del doppio-mobbing: in questo caso, le vessazioni subite dal lavoratore vengono ‘assorbite’ dalla sua famiglia, che in un primo momento può essere in grado di fornire un supporto adeguato, ma con l’andar del tempo quasi inesorabilmente va in crisi. Compaiono conlitti anche violenti, le relazioni umane si degradano: la famiglia stessa può aggiungere frustrazione anziché fornire comprensione ed aiuto.In alcuni casi, il mobbing può provocare danni gravi permanenti alla salute, tanto da determinare inabilità al lavoro e pensionamento anticipato: la perdita di forza lavoro che ne consegue danneggia l’azienda e tutta la società. Alla soffe-renza del lavoratore si aggiungono così notevoli costi sociali ed economici.

ALESSANDRO MORLACCO

Recapiti utili:

Punto di ascolto antimobbing di Udine

Piazza Patriarcato 3, Udine

Tel.: 0432 279524 Fax: 0432 279525

e-mail: [email protected]

http://www.provincia.udine.it/sociale/antimobbing/Pages/default.aspx

Fonti:

Harald Ege, Mobbing: che cos’è il terrore psicologico sul posto di lavoro (Proteo n.2-2000)

http://www.proteo.rdbcub.it/article.php3?id_article=85&artsuite=2

http://www.psicologi-italia.it/psicologia/mobbing/866/mobbing-sul-lavoro.html

Si ringrazia Silvia Bradaschia, consigliere nazionale del-la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, per alcuni dati riportati di seguito. Altre statistiche sono ricavate dal sito www.intrage.it.

A) Diffusione del fenomeno ‘mobbing’ in Europa

Persone soggette a mobbing nell’insieme dei lavoratori:•Gran Bretagna 16,3%

•Svezia 10,2%

•Francia 9,9%

•Irlanda 9,4%

•Germania 7,3%

•Spagna 5,5%

•Belgio 4,8%

•Grecia 4,7%

•Italia 4,2%

In tutta Europa, si stima che ogni anno ci siano minimo 12.000.000 di lavoratori soggetti a mobbing, pari all’8% degli occupati.A differenza di quanto si potrebbe pensare, i Paesi in cui è più diffuso il fenomeno mobbing sono quelli in cui l’eco-nomia resiste alla crisi e il mercato del lavoro è dinamico. Il dato soprendente della Gran Bretagna e della Svezia - quest’ultima sempre in testa nelle classiiche sui suicidi, segnale inquietante di una società che forse non è così esemplare come sembra - può essere spiegato con la tra-dizionale competività diffusa nei due paesi: competitività che, nella sua forma più distorta, può appunto sfociare in vessazioni sul posto di lavoro.

B) Caratteristiche del fenomeno ‘mobbing’ in Italia

Secondo le ricerche compiute dall’Ispesl (Istituto per la prevenzione e la sicurezza del lavoro):• circa 1 milione e mezzo di lavoratori italiani su 21 mi-

lioni di occupati sono vittima di mobbing;• il fenomeno è diffuso per il 65% al Nord

• colpisce in maniera quasi uguale uomini (51%) e don-

ne (49%)

• riguarda il settore pubblico nel 40,6% dei casi, l’in-

dustria nel 25,1%, i servizi nel 20,8% e il commercio

nel 13,5%

• la durata delle azioni di mobbing varia: da sei mesi a un

anno per il 27%, da un anno a due anni per il 40%, oltre due anni nel 30% dei casi.

Sempre secondo l’Ispesl, il mobbing ha un costo molto elevato per il datore di lavoro: la produttività di un lavo-ratore cala infatti del 70%.Il primo lavoratore che ha ricevuto un indennizzo Inail a causa delle conseguenze provocate da mobbing risale all’ottobre 2002: la commissione medica ha registrato i danni causati dagli insulti volontari subiti sul posto di lavoro. Da allora, solo il 15% delle denunce sono state riconosciute dall’Istituto e pochissimi i casi indennizzati.

VANNI VERONESI

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tattualità

PER CAPIRE

Coniato agli inizi degli anni Settanta dall’etologo Konrad Lorenz, il termine mobbing fu usato per la prima volta in campo lavorativo dallo psicologo svedese Heinz Leymann dieci anni più tardi. La deinizione data da quest’ultimo fu quella di una forma di terrorismo psicologico perpetuato sistematicamente nei confronti di un singolo individuo, che viene a trovarsi oggetto di persistenti vessazioni, su-bendo conseguenti ripercussioni psico-isiche.

La sentenza che per prima ha accolto in Italia il termine mobbing nel lessico giuridico è stata emessa dal Tribu-nale di Torino il 16 novembre 1999. Il caso esaminato dalla Corte torinese riguardava la possibilità di ottenere un risarcimento per il danno biologico, in seguito ai vari maltrattamenti subiti da una giovane lavoratrice duran-te la sua prestazione lavorativa. La dipendente sostene-va di essere stata obbligata a svolgere le sue mansioni in uno spazio angusto e isolato, di essere stata vittima di continue e pesanti umiliazioni da parte del capo reparto e, successivamente, di essere stata costretta a dimettersi perché caduta in una grave forma di crisi depressiva. L’a-zienda, dal suo canto, contestava le accuse mosse dall’ex dipendente, ma anche di non poter rispondere per even-tuali comportamenti scorretti del capo reparto, e che quin-di non poteva esserne nemmeno responsabile. Il giudice, dopo aver svolto un’accurata istruttoria, non solo accolse la domanda per il risarcimento dovuto all’ex dipendente, catalogando il caso come mobbing, ma chiamò a rispon-dere in prima persona, per il pregiudizio subito dalla la-voratrice, anche il datore di lavoro ai sensi dell’articolo 2087 del Codice Civile, il quale impone all’imprenditore l’obbligo contrattuale di attuare tutte le misure generiche di sicurezza al ine di tutelare non solo la persona isica, ma anche la personalità morale del lavoratore.

È assente, nel nostro ordinamento giuridico, una norma-tiva speciica riguardante il mobbing, mancanza però sur-rogata, appunto, dalla possibilità di inserire il fenomeno in un quadro legislativo in cui già esistono diverse nor-me volte alla tutela del lavoratore. Già la Costituzione, all’articolo 32, tutela il diritto alla salute in quanto fon-damentale dell’individuo e di interesse della collettività; mentre sotto il proilo civilistico, oltre all’articolo prece-dentemente riportato, il mobbing può essere inquadrato anche nell’articolo 2103 del Codice Civile, grazie al quale è possibile chiedere la condanna del datore di lavo-ro al risarcimento del danno alla professionalità. Il lavora-tore che ricopre incarichi diversi rispetto il quale era stato assunto, oppure assegnato a mansioni inferiori o addirit-tura non esercitante alcun lavoro, può chiedere al giudice non solo di accertare l’illecito, ma anche di dichiarare la nullità dell’atto datoriale invalido e di essere reintegrato nelle mansioni precedenti o equivalenti.

Il Codice Civile, inoltre, fornisce una tutela anche nel caso in cui i comportamenti persecutori non siano stati posti in atto dal datore di lavoro, ma da un collega. Que-sto, infatti, potrà essere chiamato a rispondere per respon-sabilità extracontrattuale secondo l’articolo 2043 C.C., che ricorre nel caso in cui una persona provoca un danno ingiusto ad un altro. Ulteriori strumenti di tutela si pos-sono trovare negli articoli 1175 e 1375 C.C. relativi ai principi di correttezza e buona fede. Oltre alla possibilità di ottenere il risarcimento di danni speciici patrimoniali, quali lucro cessante e danno emer-gente, come conseguenza immediata dell’atto lesivo (art. 1223 C.C.), la giurisprudenza ha individuato ulteriori dan-ni che possono derivare dal mobbing e che il lavoratore può dunque richiedere; fra questi, il c.d. danno biologico. Dunque il lucro cessante si può richiedere in quanto inter-ruzione forzata, a causa di un evento dannoso, di un pro-cesso di produzione che avrebbe portato all’accrescimento patrimoniale del danneggiato. La sua stima necessita non solo di valutazioni fondate su un quadro di elementi con-creti, ma anche su proiezioni ipotetiche individuando le possibili e legittime evoluzioni della situazione della vitti-ma. Il danno emergente, invece, altro non è che la concreta diminuzione del patrimonio del danneggiato.

Queste due voci di danno si riferiscono entrambe a un danno patrimoniale. Il danno biologico invece si riferi-

MOBBING: PANORAMICA NORMATIVAsce alla sfera extra-patrimoniale e consiste in una lesione dell’integrità psico-isica del lavoratore vittima, suscetti-bile di una valutazione medico legale che stabilisca l’e-sistenza di una vera e propria patologia. Ѐ, insomma, il danno isico considerato di per sé, senza collegamento con le sue ricadute patrimoniali.La risarcibilità del danno biologico in tema di lavoro tro-va il suo fondamento nel Decreto Legislativo 626/94, che regolarizza la sicurezza sul posto di lavoro, donando un’organicità alle normative che si occupano di questa materia e superando le normative precedenti, tanto da es-sere trasformato nel Testo Unico di Sicurezza Lavoro (D.Lgs. 81/2008). Esso ha affermato il diritto alla salute inteso non solo come assenza di malattia, ma anche di disagio, e la tutela all’integrità psico-isica. Da qui deriva l’ammissione al risarcimento biologico da imputare per-sonalmente a chi commette l’atto mobbizzante e da acco-gliere ogni qualvolta si manifestino le condizioni previste dall’articolo 2043 C.C. Oltre al danno biologico, la dottrina giuridica ha ricono-sciuto anche il danno morale e il danno esistenziale. Il primo si identiica nella sofferenza interiore e in un tur-bamento dello stato d’animo del lavoratore, mentre nel secondo viene riscontrato un pregiudizio tale da alterare i comportamenti del lavoratore mobbizzato, tanto da com-prometterne la stessa qualità della sua vita.

Un altro Decreto Legislativo molto importante è il n.38 del 23 febbraio 2000 riguardante le disposizioni in ma-teria di premi dell’INAIL per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Tale de-creto non solo ha inserito il mobbing nella categoria delle malattie professionali non comprese nelle tabelle, ma ha anche introdotto la tutela assicurativa INAIL del danno biologico. Questo decreto, insieme alla sentenza della Corte Costituzionale n.179/88, è da considerarsi dun-que il fondamento giuridico che consente di estendere la tutela al risarcimento per patologie psichiche causate da particolari condizioni organizzativo/ambientali di lavoro che l’INAIL deinisce costrittività organizzative. Esse possono essere la marginalizzazione, l’inattività forzata, i trasferimenti ingiustiicati, i compiti dequaliicanti, le eccessive forme di controllo, e molte altre. Si tratta co-munque sempre di comportamenti reiterati e sistematici.

Anche se al lavoratore spetta l’onere della prova, attestan-do la malattia con idonea documentazione, l’Istituto ha comunque il potere e il dovere di veriicare l’esistenza dei presupposti tramite proprie indagini ispettive. L’INAIL, infatti, è intervenuto in merito con la circolare n.71/03

tramite la quale si attribuisce non solo l’ultima analisi degli elementi che potranno essere catalogati come mob-bing o meno, ma anche la procedura per diagnosticare l’e-sistenza o non del danno biologico. Tale circolare, però, è stata disconosciuta dal Tar del Lazio, che l’ha giudicata illegittima. Con la sentenza n.5454/05 del 4 luglio 05, il Tar ha infatti annullato la suddetta circolare, disponendo che senza prove rigorose del rapporto di causalità tra la malattia e le condotte di mobbing sul lavoro, non ci può essere riconoscimento di malattia professionale e il lavo-ratore non ha diritto ad alcun indennizzo. I giudici del Tar affermano perciò che non si può considerare il mobbing come una malattia tabellata, ascrivendole una presunta derivazione lavorativa. Inoltre, individuando i fattori di rischio e stabilendo le modalità analitiche della tratta-zione del mobbing, l’istituto ha superato di gran lunga il conine del suo compito, che si sarebbe dovuto limitare alla sola interpretazione. L’ente, poi, non può nemmeno invertire l’onere della prova, ma deve solo indicare gli elementi essenziali della patologia in base a rigorose e serie deinizioni scientiiche. Il Tar ha tuttavia lasciato in vigore il Decreto Ministeriale del 27 aprile 2004 che indica tra le malattie di possibile origine lavorativa anche il mobbing.

Non esistendo ancora una legge nazionale, è assegnato quindi ai Tribunali e poi alla Cassazione il compito di sopperire all’assenza di una norma speciica dedicata al mobbing. In conclusione, dunque, l’accertamento è ri-messo al giudice e pertanto hanno un ruolo fondamentale le prove della condotta illecita, del danno subito e quelle del nesso causale fra comportamento e danno. Fondamen-tale è poi, il reperimento delle prove, onere che è sempre a carico del lavoratore. Se così non fosse quest’ultimo po-trebbe essere a sua volta accusato di diffamazione. Nume-rosi sono i tentativi di legiferare in materia di mobbing, in tutto 20 disegni di legge in due legislature, ma non v’è ancora ombra di qualche certezza giuridica, se non quella di una recente sentenza della Corte di Cassazione del gennaio 2011, la n. 685. Nonostante la delibera del Con-siglio d’Europa del 2000 che ordinava agli Stati membri di dotarsi di una normativa adeguata, in questa sentenza è stato decretato che non è ancora possibile ricondurre il mobbing a sanzioni penali, sebbene alcuni comporta-menti adottati dal mobber possano essere riconducibili a trattamenti vessatori penalmente perseguibili. Resta per-tanto percorribile solo la strada del procedimento civile, come scritto precedentemente, per risarcimento del danno eventualmente patito.

GIULIA DEL FRATE

Art. 2087 C.C.: L’imprenditore è tenuto ad adottare, nell’esercizio dell’impresa, le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità isica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.

Art. 32 Cost.: La Repubblica tutela la salute come fon-damentale diritto dell’individuo e interesse della collet-tività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessu-no può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Art. 2103 C.C.: Il prestatore di lavoro deve essere adi-bito alle mansioni per le quali è stato assunto [disp. att. c.c. 96] o a quelle corrispondenti alla categoria su-periore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svol-ta, e l’assegnazione stessa diviene deinitiva, ove la

MOBBING:PRIME DISPOSIZIONI DI LEGGE

medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo issato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può es-sere trasferito da una unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Ogni patto contrario è nullo.

Art. 2043 C.C.: Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.

Art. 1175 C.C.: Il debitore e il creditore devono com-portarsi secondo le regole della correttezza

Art. 1375 C.C.: Il contratto deve essere eseguito se-condo buona fede.

Art. 1223 C.C.: Il risarcimento del danno per l’ina-dempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta.

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ESPERIENZE DIRETTE

Lo chiamerò Sergio: non è il suo vero nome, ma la sua è la storia di una vittima di mobbing. Per certi aspetti la questione è ancora aperta, con una azione legale in corso, ed è per questo motivo che nelle righe che seguono cercherò di mascherare l’identità del pro-tagonista. Non è un cervignanese, è nato e vive in un paese limitrofo. Lo in-contro in campo neutro, ci siamo dati appuntamento in un bar di Torviscosa, lontano dal suo paese, ma anche dal luogo dove ha lavorato. Sergio è un distinto signore di mezza età, è elegante e si presenta con una valigetta dove, scoprirò poi, conserva la corposa documentazione legata alla vicenda di cui parleremo.Ci presentiamo, perché non ci siamo mai incontrati e tentiamo di prendere conidenza parlando della comune conoscenza che ci ha messo in contatto, però ben presto si arriva al punto.

- Raccontami la tua storia. Facciamo finta si tratti di un curriculum.«Tralascio le cose più antiche per dire che, initi gli studi, ottenu-to il diploma presso un istituto tecnico, ho trovato subito lavoro in una impresa edile. Avevo 22 anni e stavo facendo quello che volevo, un lavoro dipendente con una certa responsabilità, ma forse il destino già allora preparava altro per me. In un paio d’an-ni l’azienda è fallita e io mi sono ritrovato senza lavoro. Dopo lo smarrimento iniziale, mi sono rimboccato le maniche e ho fat-to ogni cosa potesse darmi un reddito: lavori precari, venditore porta a porta e poi inalmente un nuovo lavoro. Un lavoro vero, in una azienda commerciale e di servizi».- Raccontami del tuo lavoro, di cosa facevi e di quale è la tua condizione attuale.«In principio ero poco più che un fattorino, l’azienda era di di-mensioni medio-piccole e ciascuno aveva più mansioni, ma col passare del tempo l’azienda è cresciuta, il lavoro si è necessaria-mente strutturato ed io ho assunto un ruolo deinito con respon-sabilità ben precise e con un inquadramento adeguato, che mi dava anche una certa autonomia operativa in campo ammini-strativo ed organizzativo. Poi, forse per motivi dimensionali, c’è stato un ricambio al vertice aziendale, con la creazione di un gruppo molto più grande e la conseguente costituzione di una nuova piramide del potere. Lì sono cominciati i miei problemi, che sono poi diventati un conlitto e che hanno provocato il mio allontanamento. Di fatto volontario, in quanto ritenevo e riten-go tuttora impossibile rientrare nell’ambiente di lavoro; quindi l’aspettativa, ma nel frattempo erano iniziati i passi ‘formali’ con il coinvolgimento dell’INAIL, il sindacato, gli avvocati e poi il licenziamento. Oggi sono disoccupato e vivo con il denaro che mi passa la famiglia».- Quindi, se ho ben capito, c’è un inizio nella vicenda, un momento preciso. È legato a un fatto, a una persona?«Ad una persona, in efetti. Lo dico ora, conoscendo cose che all’epoca non sapevo. Io sono stato lo strumento per la carrie-ra di un manager. In realtà è stata costruita attorno a me una realtà virtuale, fatta di complicità, di cenni d’intesa, ma anche di trabocchetti, che avevano il compito di emarginarmi. Si era creato un gruppo per esaltare alcune doti (altrui) e stigmatizzare i difetti (miei): ciò alimentava la coesione interna e raforzava il potere del capo, che poi ridistribuiva all’interno del gruppo, sotto forma di favori, i consensi ricevuti. In breve, sono stato estromes-so dal circuito delle informazioni interne, isolato, privato delle autonomie e di ogni discrezionalità decisionale. La mia igura è stata trasformata velocemente da quella capace di risolvere tutta una serie di problematiche, alla causa di ogni disguido. In certi casi direi che sono stato vittima di un autentico sabotaggio, con la creazione di disservizi a danno dell’azienda che avevano il solo scopo di trasformarmi nel colpevole. Ciò avveniva regolarmente ad ogni livello, sia gerarchico sia nei rapporti con i clienti e con i fornitori».- Come si vive questo nell’ambiente di lavoro e nella vita di tutti i giorni?«Tecnicamente, ho imparato, si chiama stress, tensione, violen-za psicologica, vessazione, denigrazione. Ma solo oggi, e non ne sono ancora uscito, comprendo quanto dolore provochi tutto questo, quanta rabbia ti mette in corpo, quanta tristezza produ-ca. Ma mentre ho vissuto questa situazione, in realtà sono stato proprio io il primo a mettere in dubbio me stesso e le mie ca-pacità. Mi domandavo da principio cosa fosse cambiato in me, cosa mi stava succedendo. Vivevo quasi anestetizzato le cose che accadevano attorno, quasi non mi appartenessero, come stessero succedendo a qualcun altro. Come in un incubo».- E ora come pensi di uscirne? Cosa vedi nel tuo futuro?«Non lo so proprio. Sono molto deluso dal sistema, in realtà io sono un ex impiegato che si è messo in conlitto con l’azienda e con i colleghi di lavoro; la mia controparte è un’azienda medio-grande con molti dipendenti, un potente azionariato e manager molto qualiicati. In altre parole sono un nano contro un gigan-te. Inoltre la materia è nuova e non c’è molta esperienza: ho già cambiato due avvocati che si sono ritenuti inadeguati a tutelare la mia posizione. Ciò è molto costoso e fa perdere tempo prezio-so. Intanto, lo scenario economico si è modiicato. Oggi siamo nel bel mezzo di una crisi economica che fa passare casi come il mio (e ce ne sono molti) ben più in là che in secondo piano».

Grazie Sergio per la tua testimonianza e per il dolore che ci dedichi nel riaprire questa ferita. In bocca al lupo.

GIUSEPPE ANCONA

«PER ME È IMPOSSIBILE RIENTRARE NELL’AMBIENTE DI LAVORO»

La dottoressa SANDRA PELLIZZONI, laureata da nove anni, si occupa soprattutto di ricerca in ambito psicologico. Il lavoro che svolge presso il Punto di Ascolto Mobbing del Comune di Trieste (via Genova 6), insieme a un’equipe di professionisti tra i quali un avvocato, un medico del lavoro e un medico legale, consiste nel valutare, e se necessario approfondire attraverso colloqui mi-rati, le richieste degli utenti che desiderano avere una consulenza per problemi che potrebbero essere riferibili al mobbing.

- Quali sono i motivi che genericamente portano alla na-scita del mobbing?«In letteratura, la causa che viene più frequentemente ricono-sciuta è imputabile a delle disfunzioni organizzative del luogo di lavoro, con un evidente deterioramento delle condizioni com-plessive del clima lavorativo. In alcune letture del fenomeno, più strettamente connesse ad ambiti clinici dello studio della psi-cologia, le cause che sono individuate con maggiore frequenza sono riferibili alle diicoltà relazionali soggettive e agli stili di interazione tra i soggetti coinvolti».- Possono esserci diversi tipi di mobbing?«Nella letteratura si distingue solitamente tra mobbing orizzon-tale e mobbing verticale, intendendo con ciò la direzione del comportamento che ha generato il disagio psicoisico esperito dal lavoratore».

- Che genere di soprusi subiscono le vittime?«I percorsi più frequentemente rilevati sono sostanzialmente di due tipi: uno è l’attacco sistematico, ripetuto e costante su un aspetto della personalità del lavoratore, l’altro è l’escalation, che consiste in una progressiva degenerazione del rapporto tra lavoratori; in questo caso la vittima subisce una pressione sulla propria personalità in progressivo e continuo aumento. Tali com-portamenti possono essere esercitati, nei confronti del lavorato-re, da un singolo o da un gruppo di colleghi. Alcuni episodi più esempliicativi di altri sono il demansionamento professionale e l’isolamento nelle relazioni con i colleghi. Nei casi di mobbing conclamato la vittima subisce una vera e propria disapplicazione di regolamenti organizzativi e una palese violazione dei propri diritti».- Che effetti provoca il mobbing su società, lavoro, famiglia?«In una prospettiva sistemica dello studio della vita dell’essere umano, non è possibile isolare un’azione-attività in un’ottica pu-ramente ‘molecolare’, ma è più utile, invece, considerare l’insie-me delle conseguenze che da essa derivano. Alla luce di questa considerazione è evidente che il disagio percepito dal lavoratore può inluire su ogni ambito della sua vita relazionale. Nel caso di una situazione di mobbing conclamata il danno psicoisico espe-rito dalla vittima deve venir valutato anche per le conseguenze che esso ha generato nell’esistenza del lavoratore; quest’ultima è fatta necessariamente anche di scambi sociali che sono stati deteriorati dalle molestie subite in maniera continuativa».- Quali sono i suoi effetti sulle vittime?«La presenza di un medico legale, nell’equipe dei Punti di Ascol-to attivati ai sensi della l.r. 7/2005, serve proprio per valutare e per quantiicare, in maniera assolutamente preliminare, il dan-no che potrebbe essere imputabile al mobbing subito dalla vit-tima. Il riferimento clinico più importante, a tale proposito, è il ‘Disturbo post traumatico da stress’. Vi sono poi un’altra serie di evidenze comportamentali che possono essere associate all’aver subito delle molestie psicoisiche sul posto di lavoro; esse sono solitamente inquadrabili in un complesso di disturbi psicologici di varia entità, sia per ciò che riguarda la sfera della personalità, e quindi depressione, ansia, autostima, sia, come già accennato prima, quella delle relazioni umane».- Come possono le vittime uscire da una situazione difficile?«Un modo per poter iniziare a informarsi sulla possibilità che si stia vivendo efettivamente una situazione di mobbing è rivolger-si a Punti di Ascolto in cui vengono fornite consulenze gratuite, nelle quali si può parlare di cosa sta succedendo e cominciare a prendere delle decisioni su come muoversi in modo consapevole, magari partendo da un approfondimento sui propri diritti».- Qual è il suo ruolo in tutte queste vicende, di che proble-mi si occupa maggiormente?«Ogni caso che arriva all’attenzione dell’equipe viene discusso e i professionisti presenti valutano se il loro contributo professiona-le possa avere o meno un peso per quella segnalazione. Speciica-to questo aspetto, se in equipe si ravvisa la necessità di vagliare della documentazione di pertinenza psicologica-psichiatrica o la necessità di creare ponti tra l’utente e altri enti istituzionali, vie-ne organizzato un incontro con lo psicologo dell’equipe».- Come si possono risolvere questi problemi?«È molto diicile parlare di problemi che possono emergere sul luogo di lavoro e di come possano essere risolti in modo gene-rico. In alcuni casi la proposta di alcuni consigli su come pro-cedere basta a dare una svolta, anche risolutiva, al problema, altre volte, invece, gli utenti decidono di passare alle vie legali e intraprendere una causa di mobbing verso il datore di lavoro o verso alcuni colleghi. Tra questi due estremi esistono situazioni in cui alcuni aspetti di diicoltà possono permanere, ma non

LE FERITE PSICOLOGICHE DEL MOBBING

sono tali, in termini di gravità e/o reiterazione nel tempo, da poter essere riferibili al mobbing».- Come mai c’è bisogno di una seduta psicologica?«Per quanto riguarda questo lavoro, io non direi che si tratti di una seduta psicologica in senso stretto, ma piuttosto di un incontro in cui si possono fare diverse cose: visionare la docu-mentazione prodotta da colleghi psicologi o da uno psichiatra, parlare della condizione psicologica vissuta dal lavoratore e ap-profondire alcuni aspetti relativi ad una condizione pregressa di soferenza psicologica che si è acutizzata. Lo strumento prin-cipale utilizzato è il colloquio che è necessariamente inalizzato ad inquadrare la soferenza espressa dal lavoratore nella sua giusta dimensione».- Come si svolge e in cosa consiste una seduta psicologica?«L’incontro ha la durata di un’ora circa e, in relazione alla do-cumentazione e/o al carattere speciico del problema riferito, si approfondiscono uno o più aspetti. Il lavoratore giunge al collo-quio dopo un primo contatto con il Punto di Ascolto durante il quale vengono acquisite in modo formale le prime informazioni sul caso».- Quante persone si rivolgono a lei in media?«Presso il punto di ascolto mobbing del Comune di Trieste per-vengono circa venti domande all’anno di approfondimento del caso personale, a fronte di un numero doppio di contatti preli-minari».

- Si sente sempre più spesso che nei negozi si licenziano i dipendenti con più esperienza perché richiedono stipendi più alti, mentre si tende a richiedere personale giovane. Questo può essere definito mobbing?«No, le dinamiche del mondo del lavoro, sia in un contesto eco-nomico generale sia nello speciico di ogni azienda, hanno delle logiche e delle evoluzioni che non sono correlate alle molestie e ai soprusi nei confronti di un singolo. Le rivendicazioni del lavoratore e le scelte organizzative di un’azienda fanno parte di un complesso di relazioni interpersonali che possono evolversi in tantissime direzioni, una di queste può potenzialmente esse-re anche il mobbing, ma, non per questo, vi è una correlazione stretta tra i fenomeni».- A proposito, c’è una determinata fascia d’età di persone che si rivolgono a lei?«La media d’età è di circa 40 anni con un’alta variabilità tra gli utenti».- Che tipo di impiego svolgono le persone che si rivolgono maggiormente a lei? C’è una relativa maggioranza?«La maggior parte di persone che si rivolgono al servizio sono dipendenti di aziende private, pubbliche o del terzo settore».- Le richiedo inoltre una mia curiosità personale. Non so se ha seguito le recenti vicende del preside dell’ISIS Mali-gnani, Aldo Durì. Egli ha cominciato inizialmente a ripren-dere alcuni nostri insegnanti considerati alquanto severi con gli studenti; ha proseguito le sue cause pubblicando i voti di tutti gli allievi sulle bacheche negli atri delle scuole, cosa che non si era soliti fare. Inoltre ha pubblicato arti-coli riguardanti il cibo ‘insano’ che i ragazzi consumano a ricreazione, il modo di vestire poco consono di questi ul-timi e il modo in cui viene utilizzato Facebook tra allievi e insegnanti. Questa serie di vicende possono essere sinoni-mo di un’azione legata al mobbing? Se sì, è il preside che opprime i professori o i ragazzi o ha ragione nel premere sul fatto che alcuni insegnanti sono veramente troppo se-veri e ingiusti nei confronti di alcuni allievi?«Non conosco il caso e non l’ho seguito. In generale il mobbing non riguarda delle scelte nel campo dell’etica che, se sono espli-cite, possono dare spazio ad una reazione, favorevole o critica. Il mobbing riguarda l’isolamento di una persona o di una mi-noranza di lavoratori e l’impoverimento dei rapporti umani e professionali di un individuo. Le scelte organizzative di una scuola, come di qualsivoglia altro ambito lavorativo, possono dare origini a conlitti, ma il conlitto non equivale a mobbing».

GIULIA BONIFACIO

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tervisteLe elezioni a Cervignano si sono appena concluse, il cli-ma è ancora caldo e tra le persone si sentono i più sva-riati commenti, come accade sempre in queste occasioni. Alta Quota ha intervistato il nuovo sindaco per ascoltare il suo pensiero e il suo progetto riguardante il futuro della nostra città.

Savino, nuovo sindaco di Cervignano nel segno della con-tinuità. «La deinizione è corretta. Mi riconosco in chi mi ha pre-ceduto e con la lista Il Ponte che ha fatto tanto per questa città. Ovviamente ho una mia sensibilità e un particolare modo di affrontare i problemi, ma opererò rispettando l’approccio di compostezza, serietà e intensità nel lavoro del mio predecessore». Quali sono secondo lei le caratteristiche fondamentali per una buona amministrazione?«Naturalmente ce ne sono diverse; esistono varie com-ponenti che, se sviluppate, possono dar corso ad un’am-ministrazione eficace. Innanzitutto la compattezza della squadra, elemento importantissimo perché solo trovando l’armonia nella deinizione degli obiettivi si può lavorare serenamente per ottenere dei buoni risultati. Poi la cono-scenza della Comunità in tutti i suoi aspetti sociali, cultu-rali ed associativi. I luoghi di aggregazione sono partico-larmente importanti, perché proprio lì possono nascere le idee che successivamente si tramutano in servizi e opere a beneicio di tutti. Inine bisogna avere la conoscenza dei meccanismi della macchina amministrativa, dei bilanci e della complessa normativa che regola la vita del comu-ne». Parlando della conoscenza tecnica ed amministrativa, qual è la sua esperienza in merito? «Spero di riuscire nei prossimi cinque anni a coniugare al meglio una doppia veste: quella politica, basata sulla conoscenza della Comunità e dei suoi problemi, e l’al-tra di carattere tecnico amministrativo, che mi deriva da quindici anni di assessore nel Comune di Cervignano e dal mio lavoro». Fare il sindaco comporta degli oneri e degli onori. «Per quanto riguarda gli oneri, il sindaco deve prepararsi ad essere oggetto di critiche, a ricoprire quel ruolo 24 ore

su 24 e spesso farsi carico di grandi responsabilità. Gli onori sono parecchi: il fatto di essere un personaggio pub-blico e conosciuto, di essere una persona alla quale ci si rivolge apertamente e in modo diretto, di sentire, come mi capita in questi giorni, tanta simpatia e calore, ma soprat-tutto quello di rappresentare tutti i Cervignanesi». Che volto vorrebbe per Cervignano nei prossimi 5 anni? «Spero che nei prossimi cinque anni a Cervignano possa crescere il senso di comunità, questa è la cosa che ho più a cuore e credo che oggi, dal punto di vista sociale, rappre-senti un obiettivo fondamentale. Dobbiamo operare per superare l’atteggiamento individualistico che sempre più caratterizza i nostri rapporti interpersonali. Procederemo in questo senso collaborando a stretto contatto con tutte le realtà associative della nostra città, in modo particola-re continuando il proicuo rapporto con la Parrocchia e il Ricreatorio. Vorrei che Cervignano avesse un volto moderno, con ser-vizi all’avanguardia, che avesse un atteggiamento aperto e solidale. Una città, insomma, dove si possa vivere e cre-scere serenamente».

IL NUOVO SINDACO DI CERVIGNANO: GIANLUIGI SAVINO

- Una descrizione generale del parco scout...«Il Parco Scout, situato in via Baden Powell tra Cervignano e Terzo di Aquileia, ha un’estensione di circa 7 ettari con gran-di spazi per svolgere attività varie in libertà e in mezzo alla natura, mentre una parte dell’area è adibita a bosco. Il Parco è dotato di due fabbricati con servizi igienici, docce, acqua po-tabile, energia elettrica, telefono e internet, cucina attrezzata e deposito attrezzature. Particolarmente adatto per le attività di tipo naturalistico organizzate da gruppi scout o di aggregazio-ne giovanile. Infatti, da oltre 20 anni, il parco viene utilizzato per attività scout, eventi di zona, campi di gruppi provenien-ti anche da fuori regione, ma viene usato anche dalle scuole dell’infanzia e primarie, in particolare per attività ludico-na-turalistiche. Infatti negli ultimi tempi le scuole dell’infanzia e primarie di Cervignano svolgono le loro attività di osservazio-ne della natura, nei suoi cambiamenti climatici e stagionali, proprio al Parco Scout, in quanto l’AGESCI rientra nel piano dell’oferta formativa. All’interno del parco si possono trovare tante varietà di natura e di animali. Dal parco scout di Cer-vignano sono possibili anche escursioni nella vicina località di Aquileia oppure esplorazioni in canoa della vicina laguna gradese. Quindi, non si tratta di un’attrazione o un sito pret-tamente turistico, ma più che altro di un luogo di ritrovo per gruppi organizzati che si vogliono dedicare all’esplorazione della natura».- Qual è l’obiettivo del parco?«L’obiettivo primario è appunto quello di far scoprire le bellez-ze della natura e poter passare in compagnia delle giornate in tutta serenità e tranquillità e, per i più piccoli, poter conoscere particolari animali che possiamo trovare all’interno del parco. A livello economico l’obiettivo è quello di non pesare a nessuno, cioè si vuole rendere il parco autosuiciente dal punto di vista

La distanza tra cittadino e politica, oggi, è molto evidente; in questo il Comune gioca un ruolo fondamentale. «Penso che in questo particolare momento spetti al Co-mune colmare il divario che si è creato nel nostro Paese tra cittadino e istituzione, mettendo in atto quegli stru-menti di partecipazione che consentono di coinvolgere la gente nelle decisioni più importanti che riguardano la no-stra vita quotidiana. Cercheremo di attuare questo proget-to nei prossimi anni, ben consapevoli della complessità e della dificoltà di tale rapporto, ma altrettanto consapevoli che questa è una strada obbligata». Le riporto un concetto morale-politico di Alcide De Gaspe-ri: «Nella vita, prima di quel che direte, sarà importante la testimonianza della vostra personale condotta, che deve essere d’esempio. Occorre poi promettere soltanto un po’ meno di quello che si è sicuri di poter mantenere». Quanto è difficile nel nostro tempo rimanere saldi nei propri prin-cipi e pensieri? «Ritengo che il giudizio sull’operato di un sindaco si basi soprattutto sulla valutazione della sua onestà intellettuale. Se vogliamo riavvicinare i cittadini alla politica, quella buona, quella tesa a servire la gente, dobbiamo dare se-gnali chiari e limpidi di una condotta istituzionale virtuo-sa e non accondiscendente ad alcun tipo di scorciatoia. Il sindaco nella sua qualità di primo cittadino deve essere il primo a mantenere e garantire il rispetto nei confronti della cosa pubblica e del prossimo». Spesso, quando si parla tra amici e conoscenti, si sostiene che Cervignano non è né un paese né una città, ma una via di mezzo tra queste. È d’accordo con questa definizione?«Concordo su questa affermazione. Cervignano rappre-senta la sintesi delle caratteristiche paesane che devono rinsaldarsi con quelle di una città in grado di offrire ser-vizi eficienti e strutture moderne. Spetta all’Ammini-strazione Comunale il compito, sicuramente impegnati-vo, di ottenere un equilibrio fra queste componenti e di mantenere la nostra città un luogo dove si vive bene, in modo tranquillo, ma dove ci sono anche le possibilità di far crescere i nostri servizi in modo misurato, rispettando l’ambiente e le nostre tradizioni».

SANDRO CAMPISI

IL PARCO SCOUT: NATURA DA ESPLORAREINTERVISTA A SERGIO ODONI, RESPONSABILE DEL PARCO E CAPO SCOUT

economico e amministrativo; ciò che si ricava dall’utilizzo della struttura (infatti ogni gruppo che chiede di svolgere le proprie attività nel parco paga un contributo) viene speso per la manu-tenzione ordinaria e straordinaria. È un servizio alla comunità, ai giovani e alla natura».- Da chi e quando è nata la proposta di esplorazione della laguna?«Il nuovo progetto in collaborazione con il Comitato Regiona-le Friuli Venezia Giulia è stato creato per consolidare il nostro sito come base regionale per le attività nautiche, in particolare l’esplorazione in laguna per mezzo di canoe e kajak. Il progetto, ancora in fase sperimentale, prevede una base stabile presso il parco con un magazzino per il deposito del materiale nautico (canoe, kajak, corde…). L’idea di questo progetto è data dall’e-sperienza maturata negli anni dai campi di specialità di canoi-sta fatti a livello locale o regionale. Infatti è organizzato da uno staf di capi della regione, al contempo istruttori».- In cosa consiste la proposta e a chi è rivolta?«Questa iniziativa, considerata un campo di specialità di canoi-sta, si compone di un lancio fatto presso il parco, per poi discen-dere attraverso il iume Ausa o il iume Terzo, che si immette nel Natissa, ino ad un isola della laguna dove i ragazzi pernot-tano. Questi sono percorsi ideali per lo studio di zone acquati-che, lora e fauna. Il campo regionale è aperto a tutte le guide ed esploratori (dai 12 ai 15 anni) dei gruppi scout della regione che desiderano fare i canoisti. L’iniziativa è autoinanziata in quan-to ogni ragazzo versa una quota di partecipazione».

Per informazioni o prenotazioni del parco rivolgersi a Sergio Odonie-mail: [email protected], sito web: http://parco.cervignano1.it

CHRISTIAN FRANETOVICH

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CANNELLONI ALLA POSEIDONE E/O POSIDONE, INSOMMA NETTUNO (VITA VISSUTA)

Proseguo sui ricordi del viaggio in Trinacria (insom-ma in Sicilia) riallacciandomi al numero precedente e al trattore (ristoratore) di San Leone Bagni, e tiro fuori dalla vecchia, ahimè quasi storica agenda, la ricetta dei cannelloni di cui al titolo. Sentendo Poseidone, Posidone e/o Nettuno, e ricordandolo come dio del mare, era facile pensare, considerando la zona, che si potesse avere a che fare con una pietanza con prodotti ittici. Niente di tutto questo, in quanto gli ingredienti erano semplicemente melanzane, crema di ricotta (ricotta freschissima), polpa di pomodoro o pomodorini, olio extra vergine di oliva, un niente di aglio, due niente di peperoncino, ovviamen-te rosso, basilico, parmigiano. Ricordiamo anche il sale, così spero di accontentare tutti.

PREPARAZIONETagliate a piccoli cubetti le melanzane (sempre violetta lunga, non a palla: anche Nettuno, come il sottoscritto, le preferiva), disponetele in piatto largo, salatele, copritele con un altro piatto in modo che possano essere pressa-te con dei pesi. Dopo un’oretta, strizzatele, asciugatele e friggetele, imbionditele, in poco olio, come al solito extra vergine, facendo attenzione che non scurisca o peggio ancora bruci. Fatele raffreddare e poi mescolatele alla ricotta, con il primo niente di peperoncino (la quantità more solito, secondo commensali: meglio abbondare, perché la farcia eventualmente avanzata si presta a molti usi il giorno dopo, basta un po’ di… fantasia). Nel poco olio usato per le melanzane, soffriggete l’aglio, unite il pomodoro, abbondante, il secondo niente di peperonci-no, il basilico, in modo che il sugo sia leggero e, ripeto, abbondante. Nel frattempo avrete cotto i cannelloni e/o conchiglioni a 2/3: farciteli con la crema e sistemateli in una piroila irrorandoli con il sugo. In abbondanza. Re-

petita iuvant. In forno caldo a 180° iniranno di cuocere. Se preferite sistemate la pasta in una capace teglia, sugo abbondante e inite di cuocere sul fuoco. FINE

Che ‘c’azzeccasse’ (il termine si usava anche prima di Di Pietro) Poseidone con tutto ciò fu la domanda di rito al ristoratore, il quale, ricordo anche se non con precisio-ne, parlò di Nettuno, che mescolava tutto, vedi le onde del mare, gran sciupafemmene, il quale per ‘amplessarsi’ (mi passi il termine, caro Mario, o me lo sottolinei di rosso e bleu, come si usava ai bei tempi, e con un 2 meno meno, sul retro del tema senza nemmeno inire di leggerlo?) con Medusa si appartò nel tempio di Atena/Minerva. La quale, ‘incassatasi’, giustamente a ragione, non potendosela pren-dere con Nettuno, lo zio, ridusse la bellissima Medusa in un orribile mostro (*). Nettuno, ‘incassatosi’ a sua volta, non potendosela prendere con Minerva, la nipote, si vendicò sul protetto di lei, il povero Odisseo/Ulisse, facendolo naufra-gare due volte; ma gli andò bene, al signore di Itaca, prima di tornare a casa, perché poté godere delle ‘grazie’ prima di Calipso e poi di Nausicaa. Ma la verità sulla ricetta era meno dotta e complicata; molto più semplice. A scoprirlo furono le mie due compagne di viaggio. Il ristoratore aveva poco distante dal locale un vasto campo dove tra mandorli, credo olivi, limoni ed aranci, coltivava anche un appezza-mento di ortaggi tra i quali tante melanzane. Difatti un al-tro pezzo forte del menu erano i rigatoni alla Norma.

RIGATONI ALLA NORMA Rigatoni o altro tipo di pasta purché grossa.Tagliate, parte a piccole fette e parte a cubetti, alcune melanzane ‘violetta lunga’, salatele e fatele ‘cacciare’ l’acqua, come sopra. Asciugatele, friggetele e deponetele man mano su carta da cucina assorbente. Dopo aver fatto

imbiondire un po’ d’aglio, preparate della salsa di pomo-doro (abbondante), aromatizzandola con basilico (abbon-dante), nella quale immergerete le melanzane fritte. Cot-ta la pasta, conditela con il sugo. Una gran bella porzione di ricotta salata grattugiata completa la ricetta classica.A questo punto compaiono le varianti, soprattutto l’ag-giunta di bocconcini di mozzarella che si fondono con il calore della pasta; oppure la pasta viene passata in forno pochi minuti. Ovvio che gli esegeti ed i puristi si scan-dalizzino e parlino di… tradimento. Sono d’accordo. Le varianti avvicinano il piatto alla pasta al forno…

(*) Medusa, dopo la storia con Ulisse nel tempio di Atena, fu dalla dea resa brutta e repellente, occhi iam-meggianti, lunghe zanne sporgenti, come la lingua, dal-la bocca e per capelli un groviglio di serpenti. Chi la guardava restava impietrito. Pensa te, il tutto per un am-plesso anche se in un tempio. E quando Perseo, sempre con l’aiuto di Atena, riuscì a tagliarle la testa, ne uscì Pegaso, il cavallo alato iglio per l’appunto di Posidone e Medusa. E qui mi fermo. Con un consiglio. Se decidete di leggere un libro sulla mitologia, fatelo d’estate, quando avete tempo, sotto l’ombrellone; altrimenti con i ripetu-ti richiami, da Giove a Minerva, da Eracle ad Afrodite, dalle Nereidi a Fetonte (attenzione non, dicasi non, Fe-tente, che precipitò in Padania - e chi lo dice al Trota?) nell’Eridano, l’attuale Po, rischiate di non fermarvi più, se siete curiose e vi appassionate al gossip.

di Alberto Landi

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OLTRE LO SP CCHIOEOLTRE LO SP CCHIOEdi Manuela Fraioli

Domenica pomeriggio sono stata a visitare Macao, il nuovo ‘centro per le arti di Milano’ che si è stabilito (occupando) Torre Galfa, un ediicio nel centro di Mi-lano in disuso da 15 anni.I nuovi inquilini sono per-

sone che lavorano nel mondo dell’arte e della cultura. I

MACAOprimi di maggio hanno fatto ingresso nella loro nuova dimora a seguito del gruppo ‘Lavoratori dell’arte’ che, come nuovi padroni di casa, hanno occupato paciica-mente Torre Galfa ribattezzandola Macao, come fosse una nuova terra piena di promesse per una nuova vita.Archiviata l’occupazione (il Sindaco e l’Assessore si sono espressi non contrari) si pensa a come organizzarsi e a come ottimizzare e ristrutturare gli spazi.La scelta del nome Macao rende chiari i desideri e gli

obiettivi degli inquilini. Macao è un acronimo vuoto, un pozzo capiente che tutti i cittadini sono invitati a riempire, l’espressione artistica non di pochi ma di un’intera città.Ora aspettiamo che questi giovani italiani seguano l’e-sempio dei berlinesi che hanno fatto diventare il Tacheles il quartier generale degli artisti di mezza Europa.E in Friuli? Io incomincerei dall’occupazione dell’ex caserma a Cervignano; così, giusto per ricordarci che i vecchi ediici possono fare ancora tanto per la loro città.

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Studenti nella vecchia scuola di via Roma, anno scolastico 1921/1922. A sini-

stra, don Angelo Molaro; al centro, il maestro Rizzatti; a destra, la maestra Zanutig.

Chi riconosce qualcuno, scriva alla redazione di Alta Quota su www.ricre.org!Altritempi

di Norman Rusin

PAROLE: USTIONI E PROMESSE

Due conventi di frati si contendono un albero da frutta. Se lo giocano a colpi di cultura religiosa. A gesti però, ché i meno ferrati nell’argomento potrebbero perdersi nel-le sottigliezze del linguaggio escatologico. Il campione dei francescani e quello dei domenicani si fronteggiano all’ombra dei secolari rami carichi di frutta, oggetto del contendere. Dopo alcuni gesti con le mani, il francescano solleva il saio e mostra quello che il domenicano interpre-ta come ‘il peccato originale’ e la gara termina a favore dei frati cantori della natura e del creato.L’ho raccontata almeno un migliaio di volte questa storiel-la, ma ogni volta è capace di sorprendermi. Come poche settimane fa, quando mi ha rivelato la propria origine: nel Libro del buen amor, opera in versi composta in Spagna tra il 1330 e il 1343 e attribuita all’Arciprete de Hita. Nel-le quartine introduttive, il nostro prelato racconta di una disputa tra romani e greci su quale dei due popoli fosse il migliore nella produzione di leggi. Le modalità della gara sono le stesse, cosí come il inale: i romani, più pragmati-ci, si portano a casa il risultato proprio come i francescani.

La rivelazione giunge alla quartina 64, quando l’Arcipre-te (probabilmente autore anche della seconda storiella) ci avvisa che «no hay mala palabra si no es mal tenida, / toda frase es bien dicha cuando es bien entendida». Le paro-le sono soltanto parole: ciò che importa è l’intenzione di chi le dice e di chi le ascolta. Non importa se rafinate e poetiche, o rozze e volgari: è l’etica che le sorregge a fare del discorso un testo più o meno buono. La parola, il segno, tuttavia, hanno un potere che trascende quello del signiicato immediato, esplicito, supericiale. È necessa-rio scavare, osservare, approfondire. Questo insegnamento ha attraversato per secoli la tradi-zione colta e quella popolare e ci ha raggiunti nell’epoca della comunicazione iper-supericiale, permettendoci di dare un’occhiata a ciò che succede intorno a noi. Anche gli Stati Uniti bruciano di febbre elettorale, come molti comuni italiani nelle scorse settimane. Vado alla ricerca dei punti in comune ai due poli dell’Atlantico e mi ri-trovo co-protagonista di una storia che è la somma delle due appena raccontate: da un lato i politici, dall’altro io

elettore. La posta in gioco è la stessa, il sostentamento e le leggi, le modalità di gioco anche, la lingua e i gesti. I politici con l’indice rigido verso il cielo a puntare ver-so una verità in cui nemmeno loro credono più (o forse hanno mai creduto), gli occhi sbarrati come in un’estasi mistica, la bocca contorta in una smoria di sofferenza nel proclamare le proprie vuote promesse. Io elettore con l’illusione della partecipazione diretta, elettronica alle decisioni. Ma dal medioevo a oggi sono cambiate le re-gole: la squadra vincitrice ha fatto cappotto; s’è accapar-rata l’albero, le leggi e pure la lingua e i gesti, ripetuti dai megafoni elettronici ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, in ogni centimentro quadrato del nostro sguardo. L’al-tro, l’elettore, abbagliato dagli specchi ustori mediatici, è quasi privato del potere della parola e costretto a ripe-tere come allo specchio le parole e i gesti degli altri. Se soltanto i domenicani avessero chiesto il senso di quella tunica sollevata…

NORMAN RUSIN

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la ban a della memoriaSERGIO BEARZOT di Soia Balducci

Sergio Bearzot è nato ad Alture nel 1920 e si è trasferito nel 1964 a Cervignano, dove risiede tuttora. È stato con-tadino ed edile, attualmente è in pensione. Ci racconta un’esperienza di vita piena di particolari apparentemente semplici, ma pieni di signiicato che tracciano, in un certo modo, alcuni parallelismi tra epoche storiche cronologi-camente così lontane.«Sono nato in una famiglia di contadini e sono andato a scuola ino alla classe 5ª. Dalla prima alla terza elementa-re si andava a scuola di pomeriggio, mentre gli ultimi due anni le lezioni si tenevano di mattina. La scuola si trovava in alcuni ediici vicini alla villa che si trova tuttora ad Alture, in seguito demoliti. C’era una sola maestra che ci insegnava storia, geograia, italiano, matematica disegno e bella scrittura. In terza e quarta si cominciava a capi-re la storia e quindi era più interessante per noi andare a lezione. Una volta a settimana veniva il parroco da Saci-letto e faceva catechismo. Il direttore veniva da Aiello e tutti avevano paura di venire interrogati, ma in realtà non succedeva quasi mai. La maestra veniva da Cividale ed era una brava maestra, molto buona e gentile. Dalla sesta classe in poi, bisognava avere la possibilità di recarsi ad Aiello e quindi io mi sono fermato alla ine della quinta. Non era un fatto strano, la maggior parte dei bambini già dai sette/otto anni cominciava a lavorare nei campi per dare una mano alla propria famiglia: chi puliva con il ra-strello, chi raccoglieva la legna, chi ammucchiava il ieno con la forca. Noi bambini ci divertivamo in tanti modi. Durante l’in-verno scivolavamo sul ghiaccio o ci ritrovavamo a gioca-re a tombola nella stalla: sceglievamo quel posto perché, se era pulita e tenuta bene, era più calda delle nostre case, perché scaldata dalla presenza degli animali. Anche le donne si ritrovavano qui alla ine della giornata per fare il corredo, rammendare, chiacchierare con qualcuno che passava di lì: erano questi i momenti di svago. La vita del contadino, infatti, era molto dura e i campi davano lavori a tutti: uomini, donne e bambini, tutti si davano da fare e lavoravano duramente. Quando era più caldo passavamo il tempo con altri gio-chi: mettevamo delle monetine su un pezzo di mattone e lanciavamo dei piccoli oggetti per farle cadere, usavamo

la cibee, un legnetto con due punte che veniva lanciato il più lontano possibile con una mazzetta. A volte scappa-vamo a cercare i nidi e magari ci arrampicavamo sugli alberi, o andavamo nel bosco, ci ‘ribaltavamo’ nei fossi. Tornati a casa, a volte, le prendevamo dai genitori perché eravamo spariti; spesso correvamo facendo rotolare un vecchio cerchio di bicicletta; e poi salti, corse, nascon-dino, gioco della campana, salti con la corda. D’estate si andava a nuotare nel iume Ausa, con l’acqua freddissi-ma, magari battendo i denti. Solo pochi potevano andare a Grado o Belvedere.Insieme ai miei fratelli ho sempre continuato a lavorare i campi: mais, frumento, barbabietole e prato per le nostre mucche. Lavoravamo un po’ in campi di nostra proprietà e un po’ su campi in afitto. Prima della guerra il fratello di mio papà è uscito di casa e siamo rimasti in sei uomini. Nel 1925 abbiamo fatto la casa per vivere insieme, quin-di ci siamo indebitati. Nel ’28 c’è stato un anno negativo dal punto di vista del raccolto, mia mamma e mio zio erano in ospedale e abbiamo venduto i buoi per pagare l’ospedale, senza dimenticare la crisi del ’29. Nel ’30 ab-biamo venduto la casa per i debiti, dovevamo prelevare solo per pagare gli interessi (600 lire ogni sei mesi). La casa l’abbiamo venduta insieme a otto campi e ci hanno dato 42.000 lire: tutti ci dicevano che eravamo fortunati perché era una grande somma. Negli anni successivi, co-munque, siamo rimasti ad Alture come afittuari e abbia-mo continuato a lavorare con molta fatica, continuando a risparmiare e fare economia. Il poco latte che avanzava veniva prelevato dal lattaio e allora per fare qualche ac-quisto si aspettava che il lattaio pagasse. Per mangiare non si spendeva molto perché si faceva tutto in casa (tutti avevano uno o due maiali, verdura, galline…), a volte si portavano conigli, anatre e pulcini al mercato di Cervi-gnano per venderli (il mercato era nell’attuale piazzale delle corriere). Nel 1939 ho cominciato a recarmi a Ruda al campo sportivo, dopo pranzo, a fare le esercitazioni; si faceva il saluto romano, bisognava iscriversi al partito, anche se io non mi sono mai iscritto. Sei mesi prima del-la leva, si andava a Cervignano all’autocentro o a Villa Vicentina (caserma del genio) per seguire le trasmissioni radio e imparare. Io sono stato chiamato nell’esercito il

15 marzo 1940 a 19 anni, ‘un frut’. Siamo andati a bere qualcosa prima di par-tire e la barista si è stupita che dovessi andare anch’io perché sembravo davvero un ragazzino. Sono stato tre mesi a Banne (TS), al quinto genio, poi a S. Pietro del Carso, poi a Monte Calici (ultimi di maggio). Ci si pre-parava perché c’era movimento sul fronte orientale. Io ero in un deposito e avevo in consegna alcuni colombi viaggiatori usati per comunicare con unità lontane. Il mio compagno, originario di Monfalcone, mi ha con-vinto a tornare a casa con un permesso fasullo, io mi sono lasciato persuadere: dopo aver passato tre giorni a casa senza un vero permesso avrei dovuto trovarmi sul treno con il mio compagno, ma lo persi. Arrivato a San Pietro ho visto uno strano fermento di militari in stazio-ne e alcuni che conoscevo mi hanno detto di andare via subito perché sennò mi avrebbero preso come disertore. A questo punto siamo stati trasferiti, prima in provincia di Cuneo: siamo arrivati dopo mezzanotte ed eravamo circa una cinquantina, erano gli ultimi di luglio e con l’alba abbiamo visto montagne dappertutto e ci senti-vamo fuori dal mondo. Qui siamo rimasti ino al 1942: d’inverno si andava a fondo valle, quando eravamo in cima aggiustavamo linee telefoniche, facevamo manu-tenzione, esercitazioni. Ho avuto poi una licenza agrico-la, ma i carabinieri mi hanno subito richiamato per farmi raggiungere i miei compagni che si stavano dirigendo in Francia per far fronte a un allarme, poi rientrato. Il 4 settembre del ’43 sono andato a rapporto dal tenente e ho chiesto di andare a casa a trovare i miei. Mi ha detto che le licenze erano bloccate, ma due giorni dopo è riuscito a concedermene una. Il 6 settembre sono arrivato a casa e l’8 settembre a Perteole abbiamo sentito che c’era stato l’armistizio e che non dovevo più ripartire. Nel ’44 sono andato a lavorare alla TOT per fare dei fos-sati, qui lavorava tutta la gente ‘abile’. I tedeschi erano di guardia e si lavorava pian piano, perché lo stipendio arrivava ogni settimana. C’erano anche ragazze che lavo-ravano per prendere qualche soldo ed è proprio qui che ho conosciuto la mia futura moglie».

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Semplici occhiate buttate qua e làdi Simone Bearzot

YOU TALKIN’ TO ME?STORIE DI CONVERSAZIONI COMPLICATE E CASUALI CON TASSISTI INTERESSANTI

«Hakan Sukur! Good football!». Il calcio sa essere uno straordinario livellatore socioculturale in quasi tutto il mondo, che piaccia o meno. Inoltre è lo strumento ide-ale per attaccar bottone con quella fenomenale categoria umana prima ancora che professionale rappresentata dai tassisti (...nonché autisti di tuktuk, guidatori di risciò e altre variazioni sul tema). Nella maggior parte dei casi i taxi driver, lungi dal ricor-dare il De Niro dell’omonima pellicola, sono un primo biglietto da visita vergine per scoprire un luogo, una cul-tura e soprattutto un pezzetto di umanità, nella sua decli-nazione più interessante o ingenua o meschina o subdola o affascinante. Il calcio, dunque. Con un tassista turco piuttosto a digiu-no di inglese - nonostante i continui lussi turistici che investono Istanbul da qualche tempo - tocca a me fare lo sforzo per stabilire il primo contatto, grazie alle uniche due parole turche che conosco: «Hakan Sukur». Ѐ bello vedere come le persone si ‘illuminino’ all’idea di capire il messaggio, il piccolissimo e fragile ponte tra due culture rappresentato da un attaccante con una costante barba di tre giorni, famoso per le alterne fortune nel nostro cam-pionato. Ma tant’è, l’importante resta rompere il ghiaccio.

Poi ci sono gli estremi: i tassisti cinesi sono più chiusi e digiuni di lingue straniere, il mutismo diventa la regola. Nel sudest asiatico, invece, sono delle autentiche miniere di informazioni. Ad esempio, possono raccontare di come la Thailandia e Singapore in in dei conti si vogliano bene, in una visione piuttosto romantica della politica interna-zionale. «Vedi, la Thailandia verso sud è piuttosto lunga e stretta, come una coda» mi spiega il traghettatore di giornata nel-la mezz’ora che ci separa dal caotico centro di Bangkok all’aeroporto Suvarnabhumi. «Sulla punta si trova Singa-pore. Da almeno 50 anni esiste un piano per creare un canale più a nord, simile a quello di Panama, per ridurre i tempi e i rischi per le navi. Però se lo costruissimo, farem-mo del male a Singapore, tagliandola fuori dai trafici, e noi non vogliamo. La Thailandia vuole essere amica dei suoi vicini». Normalmente avrei scetticamente alzato un sopracciglio ascoltando questo ‘libro Cuore’ del buon vi-cinato in Indocina. Il punto è che due giorni prima mi ero imbattuto in questa storia del canale su un libro dedicato all’area. Forte. Il tassista si è guadagnato molta credibili-tà. Poi è simpatico e parla molto bene in inglese, quindi si può spaziare su vari argomenti. Gli chiedo se ha famiglia.

Sì, cinque igli. Gli faccio i complimenti ammiccando, della serie bravo-ti-sei-dato-da-fare. Ride, ma mi fa capi-re anche che dietro alla numerosità della sua famiglia ci sono ragioni culturali che affondano le radici in un misto di conformismo, condanna sociale, usi e costumi duri a morire, nonostante i cambiamenti rapidissimi che stanno investendo la Thailandia. «Non posso comprare le pre-cauzioni. Sono originario di Bangkok, tutti mi conoscono e se dovessero vedermi che le acquisto, si spargerebbe la voce che ho un’amante e tradisco mia moglie. Non posso permettermelo». Il primo pensiero che mi passa per la testa è che i vari Profeti dello Sviluppo che in giro per il mondo promuo-vono politiche sociali per conto di Banche Mondiali e Fondi Internazionali e Nazioni Unite basandosi su studi, graici e tabelle, forse dovrebbero uscire dai palazzi di vetro e parlare un po’ di più coi tassisti. Vabbè, torniamo al calcio che è meglio. «Italy? Roberto Baggio!». Ѐ in-credibile la popolarità del Divin Codino da quelle parti, anche ad anni dal suo ritiro. Sarà che in quanto buddista se lo ricordano più volentieri. O forse, semplicemente, era il più forte di tutti.

SIMONE BEARZOT

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Le due squadre dello Sporting Club di U14 e U13 hanno concluso la prima parte dei rispettivi campionati, affrontati con aspettative e obiettivi diversi, e si avviano verso la conclusione di quest’annata sportiva.L’U14, che conta nelle sue ile molte ragazze di un anno più giovani, si è trovata ad affrontare compagini più esperte e non si è piazzata in posizione utile per accedere alla seconda fase di eccellenza. Essa sta disputando ora il Trofeo Friuli con squadre che hanno avuto analogo piazzamento negli altri gironi, con l’obiettivo di far crescere soprattutto le ragazze più giovani. La squadra nel frattempo è cresciuta, ha afinato la sua capacità di stare in campo e sta migliorando anche nei fondamentali individuali. Sta quindi meritatamente raccogliendo alcune soddisfazioni sul campo, coronando così il

Nel cortile interno del Ricreatorio San Michele, all’ombra di uno dei due maestosi cipressi, è stata costruita un’edi-cola ospitante una statua della Beata Vergine Maria. L’i-dea di realizzarla è nata in dai primi giorni dell’anno, a seguito di un’altra iniziativa: la recita del S. Rosario in Ricreatorio durante le sere del mese di maggio, invitando soprattutto i bambini e ragazzi che si preparano ai Sacra-menti e che fanno parte delle associazioni parrocchiali. A questa proposta si è afiancata anche la necessità di avere un richiamo in più al Sacro, in un posto come il Ricrea-torio che per sua natura è portato ad essere luogo in cui vivere gli ideali e i valori cristiani. Dopo la totale appro-vazione del Consiglio del Ricreatorio e Parrocchiale, l’i-dea ha trovato la sua prima concretizzazione nel progetto graico, realizzato dagli architetti Ennio Snider e Claudia Carraro. Bisognava poi passare alla costruzione; l’edico-la avrebbe avuto un valore aggiunto se costruita da alcuni volontari della comunità. E così, nelle settimane del mese di aprile, in Ricreatorio si sono afiancate una decina di persone che volontariamente hanno messo mano all’ope-ra; tra queste: Giovanni Tolloi, Graziano e Luciano Caus-ser, artisti del mattone che con maestria e passione hanno saputo realizzare una vera e propria opera d’arte. L’edicola è costituita da una colonna di mattoni intrec-ciati alla cui sommità è stata realizzata una nicchia con arco a tutto sesto sempre in mattoni. Sulla chiave di volta è stata inine collocata una croce in acciaio, dono del-la ditta Tel SNC. Nel frattempo si è provveduto anche all’acquisto della statua della Madonna presso un nego-zio di articoli religiosi di Udine. L’immagine rappresenta la Vergine Maria dalle vesti rosse e azzurre, nell’atto di presentare il Gesù Bambino ai fedeli; proprio per questa particolarità, chi l’ha vista è rimasto subito piacevolmen-te colpito. Martedì 1 maggio, primo giorno del mese che per lunga tradizione della Chiesa è dedicato alla Madonna, c’è stata la benedizione dell’edicola. Dopo la S. Messa celebra-ta per l’occasione alle ore 20 in duomo, si è snodata la processione lungo via Roma con la statua della Madon-na portata a spalle da alcuni giovani scout e dell’Azione Cattolica. Numerosa la partecipazione della gente, so-prattutto bambini, ragazzi e giovani con le loro famiglie; lungo il percorso è stato recitato il S. Rosario, intercalato da alcuni canti mariani intonati dal ‘Coro Parrocchiale delle 9.30’. Giunti in Ricreatorio, la Vergine Maria è stata accolta dal suono gioioso delle campane, appositamente collocate nel cortile interno e azionate da alcuni giovani scampanotadôrs di Gradisca d’Isonzo. La benedizione

LE ULTIME DALLA PALLAVOLO CERVIGNANESE

NUOVA EDICOLA MARIANA IN RSM!

Continua ora l’invito a ritrovarsi durante le sere del mese di maggio davanti alla nuova edicola mariana per recitare assieme il S. Rosario. Un rinnovato e sentito ringrazia-mento di cuore a tutti i volontari che gratuitamente hanno dedicato il loro tempo e le loro forze per la costruzione dell’edicola e con l’aiuto del Signore si farà anche qual-cosa di più per onorare questa gran Madre, che è vera Madre di pietà e misericordia, afinché sia conosciuta e cordialmente venerata dai nostri bambini e ragazzi e da tutta la comunità cristiana cervignanese.

DON MORIS

L’edicola mariana dopo la benedizione.

Il gruppo dei volontari.

Giovanni Tolloi, Graziano e Luciano Causser all’opera.

dell’edicola, della statua della Madonna e delle corone del S. Rosario da parte del parroco don Dario ha quindi concluso la celebrazione.

lavoro settimanale in palestra con tante vittorie in gara e avviandosi con successo alla ine del campionato.L’U13 ha invece disputato la prima fase del campionato contro squadre di pari età ed è riuscita a conquistare meritatamente la seconda fase di eccellenza del campionato preagonistico di categoria contro squadre di pari livello. La squadra è composta da ra-gazze che praticano la pallavolo in dal settore minivolley e da alcune atlete che invece hanno iniziato quest’anno. L’obiettivo di questa seconda impegnativa fase non è più la vittoria inale, ma la crescita di tutte le atlete in vista del campionato agonistico del prossimo anno, al quale tutte saranno chiamate a dare il loro contributo. Perciò il lavoro in palestra è inalizzato ad eliminare più velocemente possibile le differenze nella pre-parazione di base per mettere tutte le atlete nella condizione di saper stare in campo e contribuire ai risultati della squadra. L’andamento di questa seconda fase è perciò alta-lenante: a partite combattute e vinte si alternano partite combattute e perse, e in qualche caso anche non suficientemente combattute. Ma ciò che importa per questa squadra è la crescita, insieme, di tutte le atlete, cosa che indubbiamente si sta veriicando, giorno dopo giorno, grazie alla loro costante presenza in palestra, al loro entusiasmo e al pa-ziente lavoro degli allenatori che le seguono ormai da qualche anno. Ad entrambi i gruppi perciò va il meritato riconoscimento per quest’anno sportivo di im-pegno e presenza, attraverso i quali le squadre stanno costruendo solide basi per l’attività agonistica della prossima annata. Dunque grazie a: Chiara Tardivo, Annalisa Soranzo, Sara Zampieri, Giada Fontana, Camilla Ragogna, Giulia Di Giusto, Paola Miotto Gen-tile, Laura Scapinello, Sofja Dragas, Nicoletta Avian, Vera Beltrame, Ester Bergantin, Sara Del Piccolo, Elisa Fabbo, Silvia Rigonat, Alma Tomat, Martina Sansebastiano, Martina Burgnich, Dina Zaccariello, Soia Zampar, Martina Frasca, Alessia Vrech, Lu-dovica Bergamo.

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45ª OPERAZIONE

«UOMINI COME NOI»ORGANIZZATO DALLE PARROCCHIE DI CERVIGNANO – STRASSOLDO – MUSCOLI – SCODOVACCA – TERZO – SAN MARTINO

CON IL PATROCINIO DEL COMUNE DI CERVIGNANO DEL FRIULI

RESOCONTO DELLE INIZIATIVE A FAVORE

DELLE MISSIONI DIOCESANE IN COSTA D’AVORIO E BURKINA FASO

–PROGETTI UominiComeNoi 2012–

Sanità: 1)Sostegno al dispensario di Kongouanou Costa D’Avorio per la Lotta al Morbo di Buruli. L’ulcera di Buruli è una malattia che corrode la pelle e la carne, arrivando spesso anche alle ossa, quando colpisce gli arti lascia menomazioni e invalidità permanenti. È provocata da un Mycobacterium, così come la Lebbra e la Tubercolosi, nel caso specifico si tratta del “Mycobacterium Ulcerans”. Si può curare. Obiettivo minimo UCN: partecipazione ai costi di gestione e accoglienza bambini e adulti per le cure necessarie per un valore di € 10.000

2) Costruzione di tre pozzi d’acqua in altrettanti villaggi nella savana del circondario della parrocchia di Belleville Costa D’Avorio. Costo previsto: € 4.000

Obiettivo UCN sostenere il costo totale dell’opera.

Agricoltura: Acquisto di 8 ettari per la coltura del riso con la creazione di nuovi posti di lavoro nella missione di Morofè Costa D’Avorio. La parrocchia di Morofè (parroco don Flavio Zanetti) si è equipaggiata negli ultimi anni di tutto il necessario per lavorare il riso,dall’aratura del terreno alla raccolta, dalla trebbiatura allo sbiancamento (cioè “togliere la buccia”). Il progetto permetterà alla parrocchia di avere dei campi di riso, creando così nuovi posti di lavoro. Denaro necessario: 1.180,00 € all’ettaro.

Obiettivo UCN: sostenere il progetto per l’acquisto di 24 campi, tot. € 9.440

Cultura: 1) Sostegno per la “scolarizzazione” di bambini/e e ragazzi/e progetto scuola “Un sorriso per il futuro” a Ouagadougou provincia di Kadiogo in Burkina Faso seguito dalle missionarie laiche Ivana Cossar di Aquileia e Luisella Paoli di Turriacco. Obiettivo minimo UCN: sostenere per un anno 25 studenti, tot. progetto € 11.250

2) Rifacimento del tetto danneggiato dalle termiti della scuola di Belleville Costa D’Avorio (parroco don Michele Stevanato). Si tratta di una scuola primaria di otto classi con il tetto in legno pericolante. Obiettivo UCN: contribuire alla spesa per un valore di € 9.000

INIZIATIVA VALORE €

MERCATINO DELL’USATO (26-29/04, 03-06/05/2012) 8 giornate di lavoro con 55 persone di “Buona Volontà” 35.494,31

RACCOLTA MATERIALI FERROSI (05-06/05/2012) 73.340 Kg = ~ 73 t di ferro, inox, alluminio, rame ecc. 20.768,50

RACCOLTA INDUMENTI (05-06/05/2012) presunte 7 t (da pesare, valore stimato ~ 1.200-1.500 €) N.D.

SERATA CORI (20/04/2012) con CoroLEO, Coro delle

9.30, Coro Città di Cervignanooltre 100 coristi 443,35

SPETTACOLO RSM (22/04/2012) 20 attori delle «Briciole d’Arte» 382,30

OFFERTE DA PRIVATI 150,00

Spese organizzative: affitto tende, carburanti, pubblicità, segreteria, gadget, casacche alta visibilità ecc. – 5.211,00

Contributo alla parrocchia per spese sala parrocchiale, utilizzo fotocopiatrici, materiali di consumo, telefono ecc. – 5.000,00

Accantonamento per utenze magazzino, assicurazione camion, carburante, attrezzatura, ecc. – 2.027,46

da destinarsi al CENTRO MISSIONARIO DIOCESANO per i progetti U.C.N. 2012 45.000,00

UOMINI COME NOI 2012: UN BILANCIO

Anche quest’anno, l’operazione Uomini Come Noi è stata un successo. Con il ricavato riusciremo a inanziare interamente i progetti adottati, dunque il nostro obiettivo è stato raggiunto. Da segnalare il fenomeno in continua crescita del ‘pirataggio’, persone con mezzi che passano approittando della nostra orga-nizzazione per asportare i materiali (ferrosi e indumenti) che le famiglie accantonano per Uomini Come Noi. Ciò costringerà a rivedere l’organizzazione per il prelievo dei materiali donati dal-le famiglie potenziando il prelievo ‘su chiamata’, anche se ciò comporterà un maggior impegno da parte dell’organizzazione.Bene la partecipazione delle persone attraverso le varie iniziati-ve, come il concerto che ha visto impegnati tre cori della nostra città per un totale di oltre cento coristi. Bella l’iniziativa delle Briciole d’arte che hanno ‘inventato’ (oltre le mie aspettative) uno spettacolo inedito sul tema. Buona la partecipazione degli iscritti al mercatino dell’usato con la partecipazione di diverse persone che per la prima volta si sono dedicate a questa esperien-za. Da riorganizzare le iscrizioni dei volontari che partecipano alla Raccolta dei materiali riciclabili: la partecipazione part-time delle persone penalizza la formazione delle squadre e rende più dificile la pianiicazione organizzativa. Bisognerà fare una ri-lessione a livello di comitato organizzatore per vedere come ov-viare al fenomeno. L’ideale sarebbe avere la disponibilità della squadra per le due giornate necessarie alla raccolta dei materiali. Nel frattempo, godiamoci i risultati ottenuti!

SERGIO ODONI

Gli organizzatori ringraziano i 167 volontari iscritti fra giovani ed adulti che hanno partecipato attivamente all’operazione, il Comune di Cervignano del Friuli che ha patro-cinato l’iniziativa, le aziende artigianali e commerciali che hanno reso possibile l’evento mettendo a disposizione 32 mezzi fra camion e furgoni, le persone che hanno donato i materiali per la realizzazione del mercatino dell’usato e tutti quelli che in qualche modo hanno collaborato alla riuscita dell’operazione. Si ringraziano inoltre le migliaia di famiglie di Cervignano, Strassoldo, Muscoli, Scodovacca, Terzo, San Martino di Terzo e Saciletto che hanno donato i materiali ferrosi e gli indumenti.

Tutte le foto della 45ª Operazione Uomini Come Noi sono visibili sul sito www.ricre.orgTutte le foto della 45ª Operazione Uomini Come Noi sono visibili sul sito www.ricre.org

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tCervignanesi nella storiadi VANNI VERONESI SETTIMA PUNTATA

GIUSTO GERVASUTTI

Foto 1. Giusto Gervasutti.

Così scriveva l’alpinista Giusto Gervasutti, cervignane-se di grandissima fama nella prima metà del Novecento, morto il 16 settembre 1946 durante la scalata del Mont Blanc du Tacul. Per questa igura così complessa e affa-scinante ho deciso, stavolta, di cedere la parola ad altri. Ho voluto riproporre la succinta, ma perfetta biograia redatta dall’allora III E (anno scolastico 2009/2010) della scuola media ‘Giovanni Randaccio’, guidata alla prof.ssa Fiorella Dessardo, in occasione della mostra Cerveniana. Toponomastica urbana del Comune di Cer-vignano del Friuli (15 maggio - 6 giugno 2010). Il testo è ricavato dal catalogo della mostra, promossa e organiz-zata dall’Associazione Cervignano Nostra. L’articolo si conclude poi con una pagina di Giuseppe Gagliardone, compagno di scalata di Giusto Gervasutti nella prima ascensione del 1912 della parete Est delle Grandes Jo-rasses e nel tentativo di scalata del Mont Blanc du Tacul nel 1946: Gagliardone racconta per l’appunto quest’ulti-mo, tragico evento.

GIUSTO GERVASUTTI: LA BIOGRAFIA (a cura della III E, anno scolastico 2009/2010, della scuola media ‘Giovanni Randaccio’)Giusto Gervasutti nacque il 17 aprile 1909 a Cervigna-no del Friuli, da Valentino e Teresa Gervasutti. Trascor-se l’infanzia e l’adolescenza a Cervignano, dove i geni-tori gestivano un negozio di alimentari presso il ponte sull’Ausa. Frequentò l’Istituto Tecnico A. Malignani di Udine. Fin da piccolo amava la montagna, era attratto dalla natura e dal paesaggio della Carnia, sulle cui vette cominciò ad arrampicarsi senza fatica, smanioso di arri-vare in cima. Dopo aver scalato le Tre Cime di Lavaredo, comprese che l’alpinismo sarebbe stato il suo modo di vi-vere. Nel 1931, a ventidue anni, si trasferì con la famiglia a Torino per intraprendere gli studi universitari, ma non li concluse; diede avvio invece ad un’attività editoriale e con Renzo Pezzani fondò la casa editrice ‘Il Verdone’, che pubblicava soprattutto iabe e libri per bambini. In Piemonte ebbe l’occasione di scalare le Alpi Occiden-tali; seppe rapidamente adattarsi al granito e al ghiaccio dell’alta montagna pur continuando le scalate sulla roccia calcarea delle Dolomiti. A soli 22 anni entrò a far parte del C.A.I. di Torino, dove diventò istruttore di corsi di roccia. Come pochi della sua epoca collezionò numerose scalate, dalle Alpi Giulie al Delinato, dal Gran Sasso alle Ande, diventando così uno dei primi veri alpinisti com-pleti, tanto da raggiungere traguardi ino ad allora impen-sabili che gli valsero il soprannome di ‘il fortissimo’. Tra il 1930 e il 1940 si arrampicò con i nomi più noti dell’e-poca, con i quali salì le più dificili e ambite pareti delle Alpi occidentali. Fu particolarmente attivo sul massiccio del Monte Bianco dove aprì nuove vie da vero pioniere; l’ascensione che lo consacrò alla storia dell’alpinismo fu

la salita con Giuseppe Gagliardone della selvaggia parete orientale delle Grandes Jorasses nel 1942. [...]Fu un uomo perennemente insoddisfatto, incapace di gio-ire dei traguardi raggiunti e portato a fare di una meta conquistata il punto di partenza per un’altra impresa. Ma per Gervasutti l’alpinismo era una via per elevare non solo il corpo, ma anche lo spirito: nel 1936 aveva passato in solitudine, al chiarore lunare tra montagne evanescenti, la notte di Natale sul Cervino. Romantico e sognatore, ma anche animato da forte spirito di affermazione, era molto esigente con se stesso; in gioventù, per rinforzare la mano, stava ore e ore appeso allo stipite della porta. Nella sua vita non è mancato l’amore: frequentò la giova-ne collega alpinista Luisa Balestrieri, che però non volle sposare perché era sicuro di morire sulla montagna. Ed infatti fu così, ancora in giovane età. Il 16 settembre 1946 precipitò dallo sperone del Mont Blanc du Tacul cercando di sbloccare una corda doppia incastrata. L’amico cervi-gnanese Gigi Aita appena seppe della sua morte suonò al pianoforte la Sonata triste di Čajkovskij, come gli aveva promesso.Giusto Gervasutti ci ha lasciato la sua autobiograia pub-blicata nel 1945, un anno primo della morte, intitolata Scalata nelle Alpi, dove annotò le sue imprese e le sue emozioni; ripubblicata nel 1985 col titolo Il fortissimo, è divenuta un classico della letteratura alpinistica. Oggi molti rifugi, la Scuola Nazionale di Alpinismo di Torino, nonché la sezione locale del C.A.I. di Cervignano portano il suo nome.Nel centenario della nascita, Cervignano, tra novembre e dicembre 2009, ha promosso una serie di iniziative per ricordare questo straordinario precursore dell’alpinismo moderno: l’apposizione di una targa di bronzo al monu-mento in piazza Indipendenza; la mostra fotograica Ger-vasutti uomo e alpinista allestita nella sala parrocchiale; una conferenza organizzata dalla locale sezione del C.A.I. cui sono intervenuti giornalisti, accademici ed autorità e che si è conclusa con la proiezione del ilm documenta-rio Giusto Gervasutti, il solitario signore delle pareti di Giorgio Gregorio. La sua salma riposa nella tomba di fa-miglia in un cimitero vicino a Palmanova.

L’ULTIMA SALITA DI GIUSTO GERVASUTTIdi Giuseppe Gagliardone(dal sito del CAI di Cervignano: http://www.caicervigna-no.it/site01/content/view/179/83/)

16 settembre 1946.Partenza dal Rifugio Torino verso le ore 5.30. All’attacco dello spigolo centrale, ben deinito, verso le ore 7.30. At-tacchiamo alle 8. Incontriamo subito due passaggi difici-li (quattro chiodi per ogni passaggio); Gervasutti è in gran forma e li supera col suo solito stile brillantissimo che mantiene durante tutta la salita. Ѐ allegro e ogni tanto can-ticchia. Superiamo piccoli salti coperti da ghiaietto, oltre i quali ci fermiamo a mangiare qualcosa. Ci riprendiamo, sempre salendo sul lato sinistro dello spigolo e giungia-mo, alle ore 15.20, a poco meno di metà salita, superando alcuni tratti molto impegnativi. Qui ci fermiamo a fare una piccola discussione, se proseguire o ritornare, dato che il tempo dà segni di evidente cambiamento: io sono per proseguire, perché mi pare che il tempo, pur peggio-rando, non precipiti in modo tale da ostacolarci la salita anche per domani; ma Gervasutti prudentemente riesce a convincermi, perché oltre al cambiamento di tempo, pos-sibile, mi fa constatare che gli ultimi salti della cresta, che di qui vediamo bene, saranno molto più dificili di quanto inora salito, e se ci dovessimo trovare impegnati lassù con tempo brutto, sarebbe un cattivo affare. Decidiamo senz’altro di scendere. Scendiamo due lunghezze assicurati; quindi, sopra ad uno strapiombo, Giusto prepara un anello di corda per la pri-ma corda doppia, mentre io preparo le due corde. Appena la corda doppia è a posto, ci sleghiamo ed io scendo per primo velocemente, tutti i trenta metri, fermandomi su di un terrazzino. Mentre sto osservando sotto di me una serie di placche inclinate, Giusto mi raggiunge ed assie-me cerchiamo di ritirare le corde. Ma purtroppo, dopo un paio di metri, queste non scorrono più. Perdiamo molto tempo nel tentativo di liberarle, ma non vi riusciamo, così a malincuore decidiamo di risalire. Lasciati i sacchi sul

terrazzino, ci leghiamo nuovamente: Gervasutti al capo della grande, io al capo della piccola. Arrivato a metà del-le placche che ci dividono dall’uscita dello strapiombo, Giusto pianta un chiodo e mi fa salire in là per assicurar-lo. Intanto ha ricuperato abbastanza corda da permettergli di uscire... Arrivato sopra lo strapiombo, mi dice la ragio-ne per cui le corde non scorrevano: il nodo s’era incastra-to in una fessura. Allora ritorno al pianerottolo, mentre lui dall’alto mi grida di legarmi in fretta e di tirar fuori tutti i chiodi che ho nel sacco per fare una serie di corde doppie in maniera da accelerare la discesa, ed evitare il bivacco. Mentre così chinato sul sacco sto mettendo fuori i chio-di, sento un tonfo e un’esclamazione. Mi raddrizzo e lo vedo precipitare sulle placche inclinate alla mia sinistra, distanti tre o quattro metri. La corda piccola sila ancora dall’alto nell’anello, ed è istintivo il gesto che faccio per afferrarla, cosa umanamente impossibile. Sono forse le 17 o le 17.30! Non mi è dato purtroppo di poter con certezza precisare le cause dell’incidente. Posso soltanto pensare che Giusto sia scivolato nel momento in cui stava cercando di togliere il moschettone dal chiodo d’uscita dello strapiombo e, tentan-do di agguantare le corde, sia solo riuscito ad afferrarne una, silandole così col suo peso dall’anello. Oppure, altra sup-posizione, che egli sia scivolato mettendosi in corda doppia.

«Niente fremiti di gioia. Niente ebbrezza della vittoria. La meta raggiunta è già superata. Direi

quasi un senso di amarezza per il sogno diventato realtà. Credo che sarebbe molto più bello po-

ter desiderare per tutta la vita qualcosa, lottare continuamente per raggiungerla e non ottenerla

mai. Ma anche questo non è che un altro episodio. Sceso a valle cercherò subito un’altra meta.

Se non esisterà la creerò».

Foto 3. Il monumento a Giusto Gervasutti in piazza Indipendenza.

ERRATA CORRIGE

Nella precedente edizione di “Alta Quota” (n. 40), a pag. 11, ho pubblicato una foto con la didascalia: “Foto 3: Cervignano, Palazzo Fornasir”. È un errore: il vero Palazzo Fornasir si tro-vava di fronte a quello fotografato (che è invece Palazzo Mala-crea) e oggi non esiste più. Anche nel testo dell’articolo, dun-que, l’errore è ripetuto. Mi scuso con i lettori per questa svista.

Page 12: ALTA UOTA - RicreLA SPIRALE PERVERSA DEL MOBBING ATTORI, STRATEGIE E FASI DELLA VIOLENZA SUL POSTO DI LAVORO ‘Mobbizzatore’ e ‘mobbizzato’: così, con un pessimo calco sull’inglese,

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CAMPO IN SINTETICO: VIENI A GIOCARE ANCHE TU!Il campo di calcio in sintetico del Ricreatorio San Michele può essere prenotato ogni giorno, dal lunedì al venerdì dalle 18.30 alle 22.30, per organizzare partite tra amici, con la possibilità di usufruire degli spogliatoi per le docce a fine gara. Per le prenotazioni è sufficiente contattare il responsabile del campo, Matteo Co-muzzi, telefonando al numero 345 4549770.

BRICIOLE D’ARTE, DOPPIO SPETTACOLO!Sul palco sia il gruppo dei piccoli sia le Briciole di mezzo.

Venerdì 1 giugno, ore 20, Teatro Sala Aurora “LOVE IN VERONA DRIVE”, spettacolo a cura del gruppo dei piccoli delle Briciole d’Arte del Ricreatorio San Michele(Lo spettacolo sarà replicato lunedì 4 giugno alle ore 10.30 presso il Teatro Pasolini, con ingresso riservato solo alle classi quarte e quinte delle scuole primarie cittadine. L’evento sarà patrocinato dal Comune di Cervignano del Friuli)

Sabato 9 giugno, ore 20.30, Teatro Sala Aurora

“GOCCE DI BRICIOLE”, spettacolo a cura delle Briciole d’Arte del Ricreatorio San Michele

INGRESSI LIBERI, info e prenotazioni: www.ricre.org

LUNEDI 28 MAGGIO

19.30 A.S. CELLA THE TEN UOINI

20.15 BELLI PER CASO KOSOVA

21.00 MAPPET HAIL MARY’S CUCKOOS

21.45 OPTISANI RICRE

GIOVEDI 31 MAGGIO

19.30 KOSOVA RICRE

20.15 STYLE BAR-TORNADO MAPPET

21.00 THE TEN UOINI GOOD FELLAS

21.45 QUELLI DEL MONTENEGRO MIRRORS BAR

MERCOLEDI 6 GIUGNO

19.30 MIRRORS BAR ECODIESEL

20.15 MAPPET STIOPEZ

21.00 BELLI PER CASO RICRE

21.45 A.S. CELLA GOOD FELLAS

MERCOLEDI 30 MAGGIO

19.30 I MATADOR ECODIESEL

20.15 STYLE BAR-TORNADO STIOPEZ

21.00 BELLI PER CASO OPTISANI

21.45 ISCRITTI PER CASO GOOD FELLAS

LUNEDI 4 GIUGNO

19.30 QUELLI DEL MONTENEGRO I MATADOR

20.15 STYLE BAR-TORNADO HAIL MARY’S CUCKOOS

21.00 A.S. CELLA ISCRITTI PER CASO

21.45 HAIL MARY’S CUCKOOS STIOPEZ

VENERDI 8 GIUGNO

19.30 MIRRORS BAR I MATADOR

20.15 QUELLI DEL MONTENEGRO ECODIESEL

21.00 THE TEN UOINI ISCRITTI PER CASO

21.45 KOSOVA OPTISANI

TORNEO DI CALCIO A 5dal 28 maggio al 14 giugno

A PROPOSITO DELLE DONAZIONI ALLA PARROCCHIA…

Nello scorso numero di Alta Quota, a proposito delle donazioni effettuate

alla Parrocchia ‘San Michele’ nel corso degli anni, mancava la segnalazione

dell’importantissima eredità Pratavera: 225.000 €.

Questo grande contributo è stato usato per:

- ristrutturazione della sala parrocchiale

- costruzione della casa dell’ospitalità

- attività dell’asilo parrocchiale.

foto, risultati e dati completi su www.ricre.org!