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ALTA UOTA Anno 7 Numero 35 edizione Marzo-Aprile 2011 Periodico bimestrale gratuito - Tiratura 1.000 copie - Registrazione Tribunale di Udine n. 15 del 15 marzo 2005 Centro Giovanile di Cultura e Ricreazione “Ricreatorio San Michele” via Mercato, 1 - 33052 Cervignano del Friuli (UD) www.ricre.org Il Ricreatorio San Michele è iscritto nel Registro Regionale delle Associazioni di Promozione Sociale al n. 121 www. fvgsolidale.regione.fvg.it Segreteria telefonica e fax: 0431 35233 Sito internet: www.ricre.org Direttore responsabile: Andrea Doncovio Redattori: Simone Bearzot, Norman Rusin, Giuseppe Ancona, Lorenzo Maricchio, don Moris Tonso, Sandro Campisi, Silvia Lunardo, Vanni Veronesi, Sofia Balducci, Christian Franetovich, Marco Simeon, Alessandro Morlacco, Manuela Fraioli, Giulia Bonifacio. Responsabile web: Riccardo Rigonat Responsabile marketing: Alex Zanetti Stampa: Goliardica Editrice, Bagnaria Arsa ALTRITEMPI p. 6 SIGNORA MARIA p. 7 UOMINI COME NOI p. 10 TORNEO DI CALCETTO p. 12 VIAGGIATORI DEL MONDO 5×1000: UN PICCOLO GESTO PER SOSTENERE LE NOSTRE ATTIVITÀ …E NON COSTA NULLA! «Dietro a un miraggio c’è sempre un miraggio da considerare, come del resto alla ine di un viaggio c'è sempre un viaggio da ricominciare». È l’inizio di una bella canzone di Francesco De Grego- ri, chiamata Viaggi e miraggi. Colpiscono le parole, così vere per chi è un viaggiatore nel senso più pieno del ter- mine: alla ine di un viaggio, ne comincia subito un altro. La valigia sempre da fare e disfare. La casa che non si sa se sia più un luogo di ritorno o uno di partenza. Ne ho conosciute, di persone così: sono affascinanti, senz’altro, ma mi viene il dubbio – nel caso non lo facciano per lavo- ro – che si celi, in loro, una insoddisfazione continua. L’e- sempio obbligatorio, in questi casi, è quello di Ulisse: gira voce, sin dall’antichità, che la versione più autentica del mito non si concluda, come nell’Odissea, con il ritorno ad Itaca dell’eroe, ma con l’ultima, deinitiva ripartenza dopo aver sterminato i Proci e aver ristabilito il suo domi- nio sull’isola. Il mare, l’ignoto, il pianeta da esplorare per sete di conoscenza: con buona pace di Penelope che per vent’anni ha tessuto la sua tela… Parlare del viaggio signiica parlare del più importante tema della letteratura occidentale (di quella orientale non so nulla, ma non mi risulta che abbia qualcosa di parago- nabile su questo argomento): dai poemi omerici alle Argo- nautiche di Apollonio Rodio, con il leggendario viaggio degli Argonauti alla ricerca del Vello d’oro; dal viaggio ultraterreno di Dante nella Divina Commedia all’ascesa al Monte Ventoso di Francesco Petrarca; dal Milione di Mar- co Polo alla sua ripresa moderna nello splendido romanzo di Italo Calvino Le città invisibili; dalla Ballata del vec- chio marinaio di Samuel Taylor Coleridge al Battello eb- bro di Arthur Rimbaud, ino al magniico poemetto Ultimo viaggio di Giovanni Pascoli. Per non parlare dei tantissimi Viaggi in Italia scritti da autori italiani ma, soprattutto, da letterati stranieri in visita nel nostro paese per il classico gran-tour: restano meravigliosi quelli di John Ruskin e di Goethe. E come non ricordare, inine, il viaggio del capi- tano Willard in Apocalypse Now, capolavoro del cinema mondiale irmato da Francis Ford Coppola? Liberamente ispirato allo straordinario romanzo Cuore di tenebra di Joseph Conrad, il ilm ne rielabora i contenuti e trasferi- sce l’intera vicenda nel Vietnam sconvolto dalla guerra: la risalita del iume Nung alla ricerca del pazzo colonnello Kurz (indimenticabile Marlon Brando) diventa una vera e propria discesa all’inferno, nel buio degli abissi del male. Viene da chiedersi per quale motivo l’Occidente abbia sempre rilettuto sul tema del viaggio: forse, la risposta è da ricercare nella sua stessa storia, fatta di espansionismo militare e culturale. I Greci furono grandi colonizzatori. Alessandro Magno giunse ino alla Valle dell’Indo, dove Giovanni Pascoli, millenni più tardi, l’avrebbe immagina- to preso dallo sconforto perché, a quel punto, rimaneva da conquistare solo la Luna… I Romani arrivarono, con le loro esplorazioni, ino nello Sri Lanka, e nel Nord dell’In- ghilterra dovettero erigere un muro, il Vallo di Adriano, per difendere i loro conini… ma anche per auto-imporsi di non proseguire. Lo stesso Cristianesimo, in seguito all’esempio di S. Paolo, divenne una tipica religione di proselitismo e ‘missione’, dunque di viaggio. Marco Polo, per conto della Repubblica di Venezia, perlustrò in lungo e in largo, e per molti anni, la Cina medievale. Colombo, Vespucci, Caboto, Da Gama, Magellano e Cook fecero le imprese che ben conosciamo. Lo scienziato svedese Carlo Linneo mandò, nel Settecento, i suoi collaboratori in tutto il pianeta per schedare ogni tipo di animale e di pianta, dando loro quei nomi latini e greci usati ancora oggi. Spagna, Portogallo, Francia e Inghilterra si spartiro- no il mondo nei secoli dell’Imperialismo. Si arriva inine agli Stati Uniti, che sono riusciti a mandare l’uomo sulla Luna, realizzando così il sogno dell’Alessandro Magno di Giovanni Pascoli. E pare che ancora non ci basti: si parla di spedizione su Marte… e poi, chissà, forse viaggere- mo alla velocità della luce come il protagonista di 2001 – Odissea nello spazio. L’Occidente è la civiltà del viaggio. Ed ecco, allora, che il viaggio diventa una metafora della vita: da Omero agli scrittori d’oggi, mettersi in cammino equivale a percorre- re il sentiero dell’esistenza umana. Non a caso, ogni tipo di viaggio rispecchia completamente il suo protagonista: ve ne accorgerete leggendo le esperienze delle persone che abbiamo deciso di intervistare. Dal pellegrino al turi- sta, dal lavoratore costretto a trasvolate oceaniche al tifo- so che segue le trasferte della squadra del cuore, dall’ar- cheologa alla neo-sposa in viaggio di nozze: Alta Quota vi regala, in questo numero, esperienze uniche da tutto il mondo. È da parecchio tempo che siamo ‘internazionali’, con le nostre rubriche da Milano, Philadelphia e… resto del globo (mi riferisco a Simone Bearzot): mai, però, lo siamo stati come questa volta… Buona lettura, dunque! VANNI VERONESI

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ALTA UOTAAnno 7 Numero 35 edizione Marzo-Aprile 2011Periodico bimestrale gratuito - Tiratura 1.000 copie - Registrazione Tribunale di Udine n. 15 del 15 marzo 2005

Centro Giovanile di Cultura e Ricreazione “Ricreatorio San Michele” via Mercato, 1 - 33052 Cervignano del Friuli (UD) www.ricre.org

Il Ricreatorio San Michele è iscritto nel Registro

Regionale delle Associazioni di Promozione Sociale al n. 121www. fvgsolidale.regione.fvg.it

Segreteria telefonica e fax: 0431 35233 Sito internet: www.ricre.orgDirettore responsabile: Andrea Doncovio Redattori: Simone Bearzot, Norman Rusin, Giuseppe Ancona, Lorenzo Maricchio, don Moris Tonso, Sandro Campisi, Silvia Lunardo, Vanni Veronesi, Sofia Balducci, Christian Franetovich, Marco Simeon, Alessandro Morlacco, Manuela Fraioli, Giulia Bonifacio.Responsabile web: Riccardo Rigonat Responsabile marketing: Alex Zanetti Stampa: Goliardica Editrice, Bagnaria Arsa

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12VIAGGIATORI DEL MONDO

5×1000:UN PICCOLO GESTO

PER SOSTENERE LE NOSTRE ATTIVITÀ

…E NON COSTA NULLA!

«Dietro a un miraggio c’è sempre

un miraggio da considerare,

come del resto alla ine di un viaggio

c'è sempre un viaggio da ricominciare».

È l’inizio di una bella canzone di Francesco De Grego-ri, chiamata Viaggi e miraggi. Colpiscono le parole, così vere per chi è un viaggiatore nel senso più pieno del ter-mine: alla ine di un viaggio, ne comincia subito un altro. La valigia sempre da fare e disfare. La casa che non si sa se sia più un luogo di ritorno o uno di partenza. Ne ho conosciute, di persone così: sono affascinanti, senz’altro, ma mi viene il dubbio – nel caso non lo facciano per lavo-ro – che si celi, in loro, una insoddisfazione continua. L’e-sempio obbligatorio, in questi casi, è quello di Ulisse: gira voce, sin dall’antichità, che la versione più autentica del mito non si concluda, come nell’Odissea, con il ritorno ad Itaca dell’eroe, ma con l’ultima, deinitiva ripartenza dopo aver sterminato i Proci e aver ristabilito il suo domi-nio sull’isola. Il mare, l’ignoto, il pianeta da esplorare per sete di conoscenza: con buona pace di Penelope che per vent’anni ha tessuto la sua tela…Parlare del viaggio signiica parlare del più importante tema della letteratura occidentale (di quella orientale non so nulla, ma non mi risulta che abbia qualcosa di parago-nabile su questo argomento): dai poemi omerici alle Argo-

nautiche di Apollonio Rodio, con il leggendario viaggio degli Argonauti alla ricerca del Vello d’oro; dal viaggio ultraterreno di Dante nella Divina Commedia all’ascesa al Monte Ventoso di Francesco Petrarca; dal Milione di Mar-co Polo alla sua ripresa moderna nello splendido romanzo di Italo Calvino Le città invisibili; dalla Ballata del vec-

chio marinaio di Samuel Taylor Coleridge al Battello eb-

bro di Arthur Rimbaud, ino al magniico poemetto Ultimo

viaggio di Giovanni Pascoli. Per non parlare dei tantissimi Viaggi in Italia scritti da autori italiani ma, soprattutto, da letterati stranieri in visita nel nostro paese per il classico gran-tour: restano meravigliosi quelli di John Ruskin e di Goethe. E come non ricordare, inine, il viaggio del capi-tano Willard in Apocalypse Now, capolavoro del cinema mondiale irmato da Francis Ford Coppola? Liberamente ispirato allo straordinario romanzo Cuore di tenebra di Joseph Conrad, il ilm ne rielabora i contenuti e trasferi-sce l’intera vicenda nel Vietnam sconvolto dalla guerra: la risalita del iume Nung alla ricerca del pazzo colonnello Kurz (indimenticabile Marlon Brando) diventa una vera e propria discesa all’inferno, nel buio degli abissi del male.

Viene da chiedersi per quale motivo l’Occidente abbia sempre rilettuto sul tema del viaggio: forse, la risposta è da ricercare nella sua stessa storia, fatta di espansionismo militare e culturale. I Greci furono grandi colonizzatori. Alessandro Magno giunse ino alla Valle dell’Indo, dove Giovanni Pascoli, millenni più tardi, l’avrebbe immagina-to preso dallo sconforto perché, a quel punto, rimaneva da conquistare solo la Luna… I Romani arrivarono, con le loro esplorazioni, ino nello Sri Lanka, e nel Nord dell’In-ghilterra dovettero erigere un muro, il Vallo di Adriano, per difendere i loro conini… ma anche per auto-imporsi di non proseguire. Lo stesso Cristianesimo, in seguito all’esempio di S. Paolo, divenne una tipica religione di proselitismo e ‘missione’, dunque di viaggio. Marco Polo, per conto della Repubblica di Venezia, perlustrò in lungo e in largo, e per molti anni, la Cina medievale. Colombo, Vespucci, Caboto, Da Gama, Magellano e Cook fecero le imprese che ben conosciamo. Lo scienziato svedese

Carlo Linneo mandò, nel Settecento, i suoi collaboratori in tutto il pianeta per schedare ogni tipo di animale e di pianta, dando loro quei nomi latini e greci usati ancora oggi. Spagna, Portogallo, Francia e Inghilterra si spartiro-no il mondo nei secoli dell’Imperialismo. Si arriva inine agli Stati Uniti, che sono riusciti a mandare l’uomo sulla Luna, realizzando così il sogno dell’Alessandro Magno di Giovanni Pascoli. E pare che ancora non ci basti: si parla di spedizione su Marte… e poi, chissà, forse viaggere-mo alla velocità della luce come il protagonista di 2001

– Odissea nello spazio. L’Occidente è la civiltà del viaggio. Ed ecco, allora, che il viaggio diventa una metafora della vita: da Omero agli scrittori d’oggi, mettersi in cammino equivale a percorre-re il sentiero dell’esistenza umana. Non a caso, ogni tipo di viaggio rispecchia completamente il suo protagonista: ve ne accorgerete leggendo le esperienze delle persone che abbiamo deciso di intervistare. Dal pellegrino al turi-sta, dal lavoratore costretto a trasvolate oceaniche al tifo-so che segue le trasferte della squadra del cuore, dall’ar-cheologa alla neo-sposa in viaggio di nozze: Alta Quota vi regala, in questo numero, esperienze uniche da tutto il mondo. È da parecchio tempo che siamo ‘internazionali’, con le nostre rubriche da Milano, Philadelphia e… resto del globo (mi riferisco a Simone Bearzot): mai, però, lo siamo stati come questa volta… Buona lettura, dunque!

VANNI VERONESI

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V I A G G I A T O R I

L’ESPERIENZA DELL’ERASMUS: «QUANTI ANEDDOTI…»FEDERICO VIGNOLA, trent’anni, ci racconta la sua esperienza di viaggio-studio in Inghilterra e in Irlanda. Grazie al progetto Erasmus ha avuto inoltre la possibilità di visitare la Spagna e di vivere un’importante esperienza culturale e di vita.

- Quando si sono svolti i tuoi viaggi-studio?«Sono stato in Inghilterra e in Irlanda quando frequentavo le superiori. Ho viaggiato tre estati di seguito, durante il periodo che andava dalla ine di giugno agli inizi di lu-glio. Nel 1995 sono stato a Londra, nel 1997 in Inghilterra a Bath e nel 1998 in Irlanda. Partivo da Cervignano con un gruppo di circa una decina di ragazzi che l’insegnante di inglese riusciva a radunare.Il primo anno sono stato a Londra: alloggiavo presso una famiglia di un sobborgo a circa quindici minuti di treno dal-la città, vicino a Cristal Palace. Le giornate erano program-mate molto bene da parte di un’importante organizzazione che si chiama British Council che, alla ine del viaggio-studio, dà la possibilità di conseguire un attestato. Io l’ho ottenuto in Irlanda al Trinity College di Dublino. È come se una persona straniera venisse a studiare italiano da noi e gli venisse rilasciato un attestato dell’Accademia della Crusca.Per quanto riguarda il progetto Erasmus, invece, c’era il bando, l’ho vinto e non avevo fatto sapere nulla a casa sull’argomento ino ad aprile, quando ho annunciato che sarei partito per la Spagna a settembre e a settembre me ne sono andato. Sono stato via quasi undici mesi, di cui nove di periodo accademico, quindi ho trascorso più tem-po rispetto ai viaggi precedenti».- Come erano organizzate le giornate in Inghilterra e in Irlanda?«Durante la mattina si faceva lezione in una scuola in-glese. Le scuole inglesi hanno un’organizzazione diversa dalla nostra: hanno delle brevi vacanze che durano circa tre settimane, durante questo periodo andavamo noi nelle loro scuole. Il pomeriggio, che dificilmente era libero, veniva dedicato ad un’attività, come ad esempio un’e-scursione. Anche il sabato e la domenica erano organiz-zati; spesso siamo andati a Londra».- Dove hai avuto modo di alloggiare durante i tuoi viaggi?«Durante le estati in Inghilterra e a Dublino sono stato si-stemato presso delle famiglie nelle quali nessuno parlava italiano. Si potevano trovare altri studenti spagnoli o fran-cesi, o comunque di un’altra nazionalità, per cui si poteva comunicare solo con l’inglese. Da quel punto di vista è stato fantastico. Tanti hanno problemi con le famiglie, che comunque ricevono un compenso per ospitarti. Io, tutto sommato, mi sono trovato molto bene. Forse non proprio tanto il primo anno, un po’ perché il viaggio era una no-vità, un po’ perché Londra era molto grande e quindi era dificile trovare una famiglia: quella che mi era stata asse-gnata era costituita da gente che andava e gente che veni-va. C’erano infatti diversi studenti, eravamo in tantissimi: c’era un cinese, due francesi, uno spagnolo e c’ero io. La famiglia, ovviamente, non poteva seguire tutti. In Irlanda invece mi sono trovato benissimo. La signora era una nonna che mi ha fatto conoscere tutta la sua fa-miglia e lo stesso, più o meno, è successo quando sono stato a Bath: la signora era gentilissima. Eravamo in due studenti e ad ogni week-end ci portava sempre o fuori a pranzo, o organizzava qualcosa per stare in famiglia.Per quanto riguarda la Spagna invece, l’Erasmus è sta-to un tipo di esperienza completamente diverso, anche

perché ero più grande: ho cercato casa da solo. Ci sono comunque mille opzioni: ostelli, appartamenti da afittare o da dividere con altri studenti. Poi ci sono gli studi, dei monolocali adatti solo per dormire e studiare. Mi trovavo a Granada, quindi una città universitaria di 300 mila abi-tanti, di cui 7 mila studenti». - Hai notato diverse culture e modi di fare della gente a seconda dei paesi che hai visitato?«Ho trovato gli Inglesi meno socievoli, soprattutto i Lon-dinesi: più ti avvicini a Londra, più si sentono nella grande città dei ‘signori’. Infatti, la signora che mi ospitava riba-diva sempre che ci trovavamo a Londra, anche se era di un sobborgo, non tanto distante, ma comunque un sobborgo. Ostentano un certo senso di superiorità rispetto agli altri cittadini. Allontanandosi da Londra la gente è migliore, fantastica in Irlanda. È una popolazione molto giovane, sono in pochi e sono giovanissimi. Assolutamente disponi-bili e gentili. C’è sempre il bisogno di chiedere indicazioni o alcune informazioni e ho notato che gli Irlandesi sono molto disponibili, soprattutto nel momento in cui si rendo-no conto che non capisci bene e hai delle dificoltà perché sei straniero. Anche alla sera siamo usciti qualche volta, per vivere la Notte Bianca, ed è sempre andata bene: c’era un bellissimo clima. In Inghilterra, forse perché eravamo più giovani, cercavano di limitare le nostre uscite. Gli Spagnoli, invece, sono meravigliosi. In Spagna c’è un’usanza che si chiama Bottellón, durante la quale i ra-gazzi escono di casa portandosi da bere all’interno di una borsa e così si mettono a festeggiare insieme e a inventarsi bibite, anche alcooliche, in strada e nelle piazze. Per quanto riguarda questo fatto, alla terza sera dal mio arrivo sono uscito assieme ad un altro ragazzo che veniva da Udine, an-che lui grazie al progetto Erasmus; veniamo accolti da un gruppo di spagnoli, mai visti, che ci salutano e ci offrono da bere. Abbiamo passato una serata fantastica assieme a loro e alla ine ho chiesto al mio amico italiano se li conosceva, ma mi ha risposto che credeva fossero amici miei! In realtà il Bottellón sarebbe vietato per legge, perché la-scia veramente tanta sporcizia e induce all’abuso di alcool. Nel sud della Spagna, però, è più tollerato: arriva la polizia e fa spostare la gente dalle piazze alla periferia della città, come ad esempio nel parcheggio di qualche supermercato. Quando sono ritornato in Spagna, initi gli studi, sono ve-nuto a sapere che avevano costruito dei veri e propri ‘Bot-tellódromi’, spazi aperti fatti apposta per l’occasione».- Le esperienze che hai fatto ti sono servite per il tuo la-voro attuale?«È stata un’esperienza interessante e produttiva. Mi è ser-vita tantissimo per lavoro: sono nel settore dei trasporti e capita di dover collaborare con trasportatori stranieri. L’inglese è assolutamente indispensabile nel mio cam-po, ma credo che ogni genere di attività abbia bisogno di saper comunicare in un modo diverso dall’italiano: nel-la nostra zona sarebbe importante imparare il tedesco ad esempio. Comunque, il fatto di conoscere un’altra lingua apre la mente e fa conoscere culture diverse, provocando delle belle sensazioni. La mia esperienza la consiglierei assolutamente».

- Qualche rimpianto?«Ho due rammarichi. Il primo è di essere tornato a casa per le vacanze di Natale dalla Spagna. Le strade di Gra-nada sono stupende durante il periodo natalizio e una tradizione che si festeggia è la Cabalgata de los Reyes Magos. Durante l’Εpifania vengono scelti tre personaggi importanti della città, vengono vestiti da Re Magi e viene fatta una grandissima parata. Mi hanno detto che c’era tantissima gente e sembrava di essere al Carnevale di Rio. Mi è dispiaciuto così tanto di non esserci stato che a Pa-squa non sono tornato a casa! Anche perché organizzarsi con il volo era costoso e in Spagna non c’è un sistema ferroviario d’eccellenza. In compenso, ci sono molte li-nee di autobus che viaggiano per tutta la Spagna: la cosa più conveniente era partire da Madrid, prendere l’autobus e arrivare a Granada, in totale quattrocento chilometri.Il secondo rimpianto è di essere ritornato in Italia. Ho an-cora amici in Spagna ma ormai ci sentiamo di rado. Sono tornato un anno e mezzo dopo a Granada e durante quel periodo è cambiata molto. Adesso stanno costruendo la metropolitana e le infrastrutture si stanno sviluppando. Mentre prima era tutto in costruzione, adesso molti lavori sono stati terminati e altri si continuano a progettare. Du-rante il primo viaggio in Spagna avevo trovato un paese ricco di entusiasmo e in grande crescita, non solo econo-mica: c’erano molte iniziative».- C’è qualche esperienza che ti è rimasta più impressa?«Non è facile. Nove mesi in Spagna sono tanti, ci sa-rebbero da raccontare mille aneddoti. Ma ciò che più mi ha colpito della Spagna è che a circa quaranta minuti di macchina da Granada c’è Solynieve, un paesino artiiciale costruito nel 1996 per i mondiali di sci. Là si può andare a sciare sulla Sierra Nevada, sopra ai 3000 metri di altitu-dine. Non è una montagna come le nostre, con la vetta ri-pida sulla quale si arrampicano gli scalatori. Le montagne spagnole sono più ‘dolci’ e quindi si può arrivare ino in vetta e sciare per tutte le piste. Una volta arrivato in vetta, oltre al freddo cane e all’insolazione che mi sono preso perché era una giornata fantastica, si riusciva a vedere dal Pico del Veleta, il picco sopra Granada, il Marocco dall’altra parte del Mediterraneo. Anche in Inghilterra mi sono rimaste impresse le bianche scogliere di Dover, come fossero in cartolina, nonché la marea, più conosciuta a Mount Saint Michelle, in Francia, ma ci sono gli stessi effetti anche dall’altra parte del con-tinente. Poi ho preso una nave che attraversa lo stretto di Gibilterra durante il periodo in cui le balene si muovono dal Mediterraneo, dove passano l’inverno, all’Atlantico. Un’altra esperienza è stata prendere lezioni di windsurf a Tarifa, il posto più a sud d’Europa, dove il vento è costante e si fanno mondiali di windsurf e kitesurf. Ma l’esperienza più divertente è stata quella in cui le mucche arrivavano in spiaggia. C’è un posto che si chiama Playa Bolonia, sul-le coste dell’Andalusia. In tre chilometri di spiaggia non c’era anima viva e dall’altra parte della strada si trovavano delle mucche al pascolo, che sono arrivate a brucare ino in spiaggia e hanno ‘aggredito’ due povere tedesche!»

GIULIA BONIFACIO

CUORE BIANCONERO - IN VIAGGIO CON L’UDINESEMi è capitato l’altro giorno di rivedere su Youtube un video del 1997: la sintesi della sto-rica partita Udinese-Ajax, sedicesimo di inale di Coppa Uefa. Lo spettacolo del campo fu emozionante, con i goal di Poggi e del grande Bierhoff, che però non bastarono a far passare il turno ai nostri. Ma fantastico appare ancora oggi, ad ammirarlo, lo spetta-colo del pubblico: uno Stadio Friuli gremito, un mare di colori bianconeri ondeggianti, trentamila voci ad intonare un solo coro. Momenti come quelli ti fanno capire cosa sia quella cosa di cui si sente spesso parlare, ma che si sente davvero solo in momenti spe-ciali: la magia del calcio. Lo sa bene anche FRANCESCO DE MONTE: me ne rendo conto mentre mi racconta delle gesta dell’Udinese a Barcellona. Lui c’era, nel 2005. Cervignanese, fresco di abilitazione alla professione forense, Francesco non rinuncia al tifo e ogni tanto si concede una trasferta al seguito dei colori friulani.- Francesco, come è nata questa passione per l’Udinese?«Fin da piccolissimo è stata l’unica squadra che ho tifato, anche perché il ‘credo’ fami-liare era quello: mio nonno ai tempi della C aveva anche giocato nell’Udinese. Anche mio padre è sempre stato grande tifoso, sono andato per la prima volta allo stadio quan-do ero molto piccolo. In effetti sono uno dei pochi che conosco della mia generazione ad aver tifato sempre e solo per l’Udinese, senza tifare per una ‘grande’ ed essere solo simpatizzante dei colori locali».- La prima trasferta che ricordi?«La prima fu a Salisburgo, una partita di Coppa Uefa: ricordo che partimmo con una corriera organizzata, da Udine; oltre alla vittoria per uno a zero, ricordo che ci fu anche occasione per visitare un po’ la città».- Ecco, appunto: la mia curiosità è se nel corso di questi viaggi ‘al seguito’ ci sia anche la possibilità di vedere altro oltre al calcio.

«Ci sono due tipi di viaggi: c’è quello che fai con gli amici, con mezzi tuoi, quando la meta merita particolarmente. In questo caso la partita diventa un’occasione per visitare una città, un modo par-ticolare per fare turismo. Si parte qualche gior-no prima e si visita la città in attesa dell’evento sportivo. Abbiamo fatto così a Siena, a Barcello-na. E poi c’è il viaggio in corriera con gli ultrà...»- Roba da duri e puri.«Sì, lì il viaggio c’entra poco: quello che vedi è l’autostrada, gli autogrill e il piazzale dello stadio. Stop. L’importante è arrivare puntuali alla partita ed essere rapidi nel tornare a casa, spesso anche per necessità lavorative e altro, non c’è tempo da perdere».- Avete provato anche questo, immagino.«Abbiamo sfruttato questa formula a Genova, Torino. Viaggi estenuanti, in corriere fa-tiscenti e conditi di cori da Udine all’arrivo. Però esperienze comunque belle. Gli ultrà non vanno in trasferta per visitare, né per fare degustazione enogastronomica della cu-cina ‘avversaria’, come certi Udinese Club. L’ultrà non è neanche interessato tanto alla partita in sé. Il suo scopo è testimoniare e manifestare un attaccamento a dei colori, a una città e a una terra: è il fatto di dire ‘noi ci siamo’».- Quale dei due ‘metodi’ di trasferta preferisci?«Direi che sono diversi. Se ti trovi con gli amici in una città meravigliosa, la partita della tua squadra diventa quasi un ‘di più’ che arricchisce d’attesa il viaggio. Ma ci siamo diver-

da sinistra: Federico Forciari

e Francesco De Monte.

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D E L M O N D O

LUCIA E I SUOI TRE MOTIVI PER VIAGGIARE: ARCHEOLOGA, GUIDA E TURISTA

È una giovane donna dalla igura minuta, con una grande passione per l’archeologia e i viaggi: si chiama LUCIA SA-LIERNO. I grandi occhi si illuminano, della luce di chi vuole raccontarti una cosa importante, appena le chiedo del suo lavoro. Fra precarietà ed incertezza è una guida turistica. O meglio lo è stata ino a poco tempo fa, quando la crisi econo-mica prima e la guerra poi si sono portate via il suo lavoro.- Raccontami qual era il tuo lavoro e come è nato.«Come spesso accade nella vita: quasi per caso. Dopo la laurea in archeologia con una tesi sulle provincie roma-ne, partecipai ad alcune campagne di scavo con ingaggi a termine. Ben presto ho compreso però che le prospettive occupazionali poco si conciliavano con la passione della mia vita. Un giorno mi ritrovo a casa di un’amica che, appena tornata dalla Libia, racconta il suo viaggio da turi-sta. Il passo è breve: contatto il tour operator, sostengo il colloquio a Milano e ben presto mi ritrovo con la valigia in mano. La prima esperienza è stata quella di afiancare la guida che già operava su quella destinazione». - Se sei qui a raccontarmelo evidentemente la prova è an-data bene.«In effetti non era così scontato. Il progetto, in Libia, prevedeva per me un ruolo non solo di accompagnatri-ce del gruppo, ma anche una competenza approfondita proprio in campo storico ed archeologico. In quel primo viaggio sono stata presentata, ma forse è più corretto dire ‘accreditata’, ai custodi dei siti archeologici, ai direttori dei musei, degli alberghi, ma anche agli autisti dei bus, ai poliziotti: non è facile spiegare quanto sia dificile questo ruolo per una donna in un paese mussulmano. Poi ho do-vuto prendere conidenza in fretta con aspetti per me sco-nosciuti ino a quel momento. Gestire il tempo, non solo il mio, ma anche per gli altri; organizzare gli spostamenti; gestire gli imprevisti. Il mio lavoro cominciava in aero-porto a Milano, dove si costituiva il gruppo, e iniva al ritorno. Io dovevo garantire l’esecuzione del programma di viaggio: per nulla facile, l’avrei scoperto in seguito».

- Dimmi di più sull’organizzazione: quanto dipendeva da te la riuscita del viaggio?«Innanzitutto devo precisare che per il tipo di viaggio, per la destinazione (la Libia si era da poco aperta al turismo) e per il contenuto culturale, questa destinazione era ritenuta fra i viaggi di livello medio-alto. Il cliente aveva già viag-giato molto: fra i miei clienti c’è stato veramente chi aveva fatto il giro del mondo. Si trattava pertanto di un turista attento ed interessato, ben consapevole della destinazione scelta. Un paese grande sette volte l’Italia, con vaste aree desertiche, con scenari naturalistici ed architettonici di rara bellezza. Fra le località da visitare c’è Leptis Magna, colonia romana tra i maggiori siti archeologici per esten-sione, per stato di conservazione e per la sua posizione geograica; si affaccia sul Mediterraneo ed anche se non totalmente portata alla luce è completamente visitabile; Cirene, sito maestoso di impronta greca, e poi Tripoli, con la sua alternanza di modernità e tradizione, città ricca di moschee con un importante mercato (suk) e con le eviden-ti tracce della colonizzazione italiana. Poi va considerata la distanza culturale e religiosa che ha un effetto notevole sugli aspetti pratici: la festività del venerdì, i precetti del Ramadan. La vastità del paese, suddiviso in province, e le prescrizioni del regime, che ad ogni conine interno pone-va un posto di blocco e che afiancava obbligatoriamente al gruppo anche una guida locale ed un poliziotto».- Quante volte hai ripetuto quel viaggio e quanto durava?«Sono stata in Libia più di venti volte. Il viaggio pote-va durare 7 o 14 giorni a seconda delle destinazioni pro-grammate. La domanda imponeva la stagionalità e la fre-quenza, i gruppi andavano da 25 ad oltre 40 partecipanti e le partenze erano concentrate in primavera ed autunno, ma c’era anche il viaggio di ferragosto e quello di Natale. A volte succedeva anche di dover partire appena tornata, giusto il tempo del cambio bagaglio».- Cosa ti è rimasto di questa esperienza? «A parte le bellezze naturali, i panorami mozzaiato, scor-

ci di bellezza ‘struggente’, sicuramente il popolo. I benzinai, gli autisti, i poli-ziotti, ma in generale tutto l’atteggiamento della gente comune. Si danno da fare per farti sentire a tuo agio, ma anche per risolvere i problemi piccoli e grandi che possono capitare. Ti trattano come un ospite di riguardo, ti invitano a casa loro, ti presentano la loro famiglia. È un popolo affa-bile, disponibile, generoso e discreto, ma anche curio-so ed ospitale. Ogni volta che reincontri qualcuno è come rivedere un vecchio amico. Io poi ho avuto il privilegio raro di ricevere la stima delle persone con cui ho lavorato, di partecipare alle decisioni. Per una donna in un paese mussulmano è un valore enor-me. È la vera ricchezza di questa mia esperienza, ed è ciò che oggi mi manca di più insieme al ruolo. Tutti abbiamo bisogno di un ruolo che riconosca la nostra importanza».- Per chiudere, vuoi dare la tua definizione di viaggio? Cosa vuol dire secondo te viaggiare?«Il viaggio secondo me è innanzi tutto una esperienza di relazione. Ancora oggi io ho un autentico rapporto di ami-cizia con alcuni dei miei clienti e non è banale. Poi il viag-gio è conoscenza, è ricerca, è l’opportunità di apprezzare ciò che abbiamo, dopo averlo confrontato con un’altra di-mensione. Penso alla libertà: noi diamo per scontato mol-te cose che non lo sono affatto, come la libertà di lavorare, di scegliersi una compagnia, di uscire, di fare un acquisto. Il viaggio è una predisposizione dell’animo, ancor prima di essere un movimento nello spazio».

GIUSEPPE ANCONA

VIAGGIO E LAVORO: OPPORTUNITÀ O SACRIFICIO?MICHELE SCLAUZERO, nato nel 1970 e da sempre resi-dente a Cervignano è impiegato tecnico alla Stark SpA di Trivignano Udinese (produzione utensili da taglio); ma-

rito di Chiara, papà di Silvia ed Anna, scout da 33 anni (attualmente con l’incarico di Capo Gruppo), alpino, ap-

passionato di montagna e di barca a vela, membro dell’at-tuale consiglio del ricreatorio come consigliere esterno. In questa intervista ci racconta dal suo punto di vista, estremamente concreto, il binomio viaggio-lavoro e le va-

rie implicazioni e conseguenze che esso può comportare. - Innanzitutto, che lavoro fai? Qual è il tuo ruolo? Da quan-to tempo?«Da circa tre anni (ma ho già un’esperienza più che de-cennale in questo campo) sono il Quality manager e Pro-duct manager di una azienda metalmeccanica leader nella produzione di utensili per il taglio dei metalli e dei mate-riali non ferrosi (Stark SpA di Trivignano Udinese).»- Ti capita spesso di viaggiare per lavoro?«Spesso, da un paio d’anni, viaggio per visite tecniche ai clienti specialmente in Italia ma anche in Europa ed in Cina (dove la mia azienda, da un paio d’anni, ha aperto anche una piccola unità produttiva). Con meno frequenza, visito anche alcuni fornitori per le periodiche validazioni previste dal sistema della qualità aziendale».

- Che Stati hai visitato a causa del tuo mestiere? «Con più frequenza ho visitato in Europa la Francia, la Spagna e la Germania e, nel Far East, la Cina».- Quando viaggi per lavoro hai la possibilità di visitare i vari Paesi da ‘turista’, almeno per qualche mezza giorna-ta, oppure non vedi che uffici e sale conferenze?«Durante i viaggi di lavoro è dificile trovare il tempo per riuscire a visitare qualcosa da ‘turista’; si cerca di ottimiz-zare i tempi in modo da sfruttare al massimo i pochi gior-ni di permanenza a disposizione. Specialmente in Cina, dove le distanze sono enormi e non esistono i sabati e le domeniche, bene o male si lavora sempre: inizi alle 7.00 della mattina, per arrivare in hotel alle 23.00. Per visitare un cliente hai bisogno anche di 6-7 ore di auto oppure di almeno un paio di spostamenti con voli interni (per fortuna ci sono aerei moderni, con costi abbastanza contenuti)».- Come vivi questo aspetto del tuo lavoro? Ti piace o tal-volta diventa un peso o un limite?«Per uno come me che viaggia per lavoro, è un po’ difici-le abituarsi. In un certo senso lo ritengo professionalmen-te molto formativo (l’esperienza si fa anche sul campo): ti ritrovi in posti con modi di vivere completamente diversi dai tuoi, abitudini alimentari piuttosto insolite, ma bene o male l’impegno continuo ti distoglie dai vari pensieri che ti possono passare per la testa (la famiglia, la lonta-nanza…). Alla sera, però, diventa tutto più dificile, ma per fortuna c’è anche Skype e puoi parlare e vederti con famiglia e amici».- È difficile conciliare impegni familiari e viaggi di lavoro? Ti sei mai trovato a dover decidere?«Purtroppo la situazione del mondo del lavoro di questi ultimi tempi è un po’ particolare e strana: è dificile e po-trebbe essere controproducente dire di no. La mia fortuna è che posso gestirmi ed agire in autonomia per tempi e metodi di intervento. La famiglia è sempre dificile la-sciarla a casa, specialmente quando, come lo scorso mese, sono partito per la Cina con entrambe le bimbe a casa con l’inluenza. Mi metto nei panni di mia moglie Chia-ra: anche se sono al lavoro ino a tardi, ad una certa ora rientro, c’è sempre la possibilità di confrontarsi e assieme prendere decisioni (così siamo abituati a fare). Ma se non ci sono, lei è da sola».- Quali sono, a tuo parere, i pro e i contro di un lavoro che obbliga a viaggiare molto?«Come pro, sicuramente la possibilità di vedere realtà dif-ferenti dalla nostra (anche solo a livello di produzione e organizzazione del lavoro), fare sempre nuove esperienze professionali (conoscere nuove persone e nuove applica-zioni), imparare qualche parola di lingue diverse, assag-giare cibi ‘sconosciuti’ (il più delle volte, specialmente se

piace, meglio non chiedere di che cosa si tratta). I contro, abbastanza scontati, essere lontano dalla famiglia e dalle persone care».- Quali sono le difficoltà che incontri più di frequente da questo punto di vista?«La lingua può essere un problema. Il mio inglese mi per-mette di sostenere argomentazioni tecniche con più faci-lità e quelle più generali con maggior dificoltà; quando, poi, devi pensare che il tuo interlocutore deve a sua volta tradurre in altra lingua, dall’inglese, devi cercare di espri-merti spiegando nel dettaglio soprattutto i termini tecnici utilizzati. Il sonno potrebbe essere un altro problema: ti abitui al nuovo fuso... ed è ora di rientrare e di ricomin-ciare ad abituarsi al fuso di casa».- Hai intenzione di cambiare questo aspetto del tuo lavoro, e quindi della tua vita, oppure sei sicuro che vuoi conti-nuare così anche con il passare degli anni?«Ho provato anche a lavorare a 50 metri da casa, ma se il lavoro che fai ti piace, sei anche disposto a sacriicare qualcosa e hai dificoltà a cambiare. Certo, ci sono molte cose a cui pensare: la vicinanza-lontananza, la soddisfa-zione personale, i soldi, la possibilità di fare carriera, la coerenza con le proprie scelte di vita, la famiglia; tutti aspetti da prendere in considerazione e da ponderare con attenzione. Non mi sto ponendo obiettivi a lungo termine: sicuramente mi troverò, con il passare del tempo, a dover fare delle scelte, ma preferisco concentrarmi su quello che sto facendo per cercare di farlo nel migliore dei modi».

SOFIA BALDUCCI

titi molto anche con gli ultrà. Sai, spesso si parla di queste persone con supericialità, senza conoscerle, quasi fossero solo burini o mezzi criminali. Certo, ci sono dei soggetti originali, però in quell’ambiente ho anche avuto occasione di conoscere belle persone, molto più vere di tanti snob. È poi chiaro che in questi momenti si crea un grande senso di aggregazione e orgoglio: sono belle sensazioni».- La trasferta che ti ha lasciato i ricordi più belli?«Credo Barcellona, sia per aver avuto occasione di vi-sitare la città, sia per l’importanza dell’evento: forse la partita più importante della storia dell’Udinese. Ci sono stati momenti memorabili: vedere la Rambla colorata di bianconero e sentir tanta gente parlare friulano nel cuore della Catalogna, come fosse via Mercato Vecchio a Udi-ne… Oppure allo stadio: cinquemila friulani che cantano nell’anello ‘piccionaia’ del Camp Nou, increduli di ve-dere la piccola Udinese affrontare Messi, Ronaldinho, Eto’o. Mi ricordo che sul goal del momentaneo pareggio dei nostri marcato da Felipe, l’esultanza fu folle. E, per non smentire la solita rivalità, ricordo che uno dei cori che andava per la maggiore quel giorno era: “Barcola, Barco-la: l’Udinese a Barcellona, la Triestina a Barcola!”».

MARCO SIMEON

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V I A G G I A T O R I

In un numero di Alta Quota dedicato al tema del viaggio, poteva mancare il classico viaggio di nozze? Certo che no. Davvero particolare quello di Roberto Chittaro e MARGHE-

RITA BERTONI, giovani sposi di Cervignano: ventuno gior-ni fra Stati Uniti e Polinesia. La nostra curiosità è tanta…- Dove siete stati di preciso?«California in auto, e poi Las Vegas, il Grand Canyon, San Francisco, Los Angeles, Hollywood, tutta la West Coast e poi, appunto, la Polinesia francese».- Luoghi da sogno…«Vero. Noi eravamo già stati in America, a New York: siamo innamorati degli Stati Uniti. La gente è meraviglio-sa: ho trovato tanta gentilezza e disponibilità».- Di solito si sente il contrario, ma io non ci credo.«Tanti mi hanno detto la stessa cosa, ma noi abbiamo sempre trovato gente bellissima. Il ricordo che abbiamo di New York è comunque fantastico: quando eravamo laggiù, anni fa, il cambio euro-dollaro ci era favorevole e così ci buttammo nello shopping!»- Non oso immaginare alle vetrine di NewYork…«Incredibili! E i prezzi sono la metà dei nostri, anche perché puoi comprare le cose americane direttamente sul posto».- Io però sogno da anni di viaggiare nei luoghi del cinema western: parlami allora del Grand Canyon!«Dall’aeroporto di partenza, bisogna prendere un picco-lissimo aereo di dodici posti: ti sistemano sui sedili a se-conda del peso, è un superleggero, igurati. Il viaggio te li ricordi per sempre: il vento, da quelle parti, è costante… e i vuoti d’aria pure, ma è tutto sicurissimo. Da Las Ve-gas al Grand Canyon sono circa 50 minuti di volo; una volta arrivati, abbiamo scelto il tour panoramico, con una lunga passeggiata libera. Il paesaggio è incredibile, così come il silenzio, interrotto solo dalla voce di qualche turi-sta (i giapponesi sono la maggior parte). Tra l’altro, pare che sia un luogo molto gettonato per i viaggi di nozze».- Che mi dici di Los Angeles?«Abbiamo preso un furgoncino nero di circa quindici po-sti: ci ha condotti a Beverly Hills, dove ci sono tutte le ville dei divi del cinema, poi abbiamo visto da fuori gli studios della Disney e l’hotel del ilm Pretty Woman. Sia-mo passati lungo l’Hollywood Boulevard, quello dei due marciapiedi dove sono incastonate le stelle con i nomi de-gli artisti del cinema».

- E poi sei stata nella mitica San Francisco, altro luogo dei miei sogni.«San Francisco è la tipica città in cui è bello vivere, dove ti trasferiresti immediatamente. Non tanto per le cose da vedere, che non sono poi molte al di là del Golden Gate (uno spettacolo), ma per l’atmosfera che si respira: è dav-vero a misura d’uomo. C’è tanta gente ‘particolare’ per abbigliamento, capigliatura, interessi, ma sono tutte brave persone. Con il bus a due piani abbiamo girato la città in lungo e in largo. Siamo anche initi in un locale, chia-mato Lori’s, tutto in stile Happydays: mangi all’interno di Aston Martin d’epoca. Però, a parte la carne, il cibo americano non è il massimo: c’è poca varietà e ti buttano dappertutto quel maledetto Cheddar…»- Il famoso formaggio… Mentre so che in Polinesia si mangia benissimo: me lo confermi?«È ottimo il cibo, con quel buonissimo pesce, ma ancora meglio il paesaggio e il mare… Eravamo a Bora Bora, meravigliosa isola vulcanica con attorno i motu, gli iso-lotti sabbiosi dove ci sono i resort per i turisti. I colori del mare sono incredibili».- Avete visto anche altro in Polinesia?«Sì, l’isola di Tikehau, una incantevole lingua di sabbia con la barriera corallina attorno. È proprio da lì che siamo ripartiti: 36 ore di volo…»- Con quali tappe?«Da Tikehau a Tahiti, poi Los Angeles, Francoforte, Ve-nezia… e inine Sarvignan!!!»- Avete altri viaggi in programma?«Sì, Santo Domingo a Pasqua».- Beati voi. Ma non riuscite proprio a stare fermi?«No, è vero. Siamo stati a Barcellona, Copenhagen, Li-sbona, Londra, nonché in Tanzania e a Zanzibar. Ecco, Roberto andrebbe sempre in Africa: ha davvero il famoso ‘mal d’Africa’. Ma quando sei là capisci il perché: la na-tura, la gente, e quel cielo stellato indimenticabile… Non si vedono solo migliaia di stelle, ma anche delle lunghe striature nel cielo: le galassie in tutto il loro splendore!»- Cosa rappresenta, per voi, il viaggio?«L’opportunità di conoscere il mondo, di vedere com’è bello. Ma anche di capire quanto è bello tornare… per poi ripensare ad una nuova partenza!»

VANNI VERONESI

NELLE MISSIONI: «UN’EMOZIONE CHE CONSIGLIO A TUTTI»

- Hollywood… Io sono un fanatico del cinema!«Ιn origine la famosa scritta era Hollywoodland: l’avevano posta sulla collina negli anni ‘20 per pubblicizzare la vendita di quei terreni, però poi rimase come simbolo dell’industria cinematograica. Nel 1949 tolsero le quattro lettere ‘land’ e rimase solo ‘Hollywood’, come la conosciamo oggi».- Las Vegas è davvero come ce la immaginiamo? Sfarzo, luci, vita notturna continua?«È anche di più di come pensiamo… Una città incredi-bile, davvero. I casinò sono grandi come Cervignano, ci sono gli hotel a tema: Venezia, Parigi… Bellissimo il Caesar, con tanto di Colosseo ricostruito, via Appia e gla-diatori. Noi però stavamo al Bellagio, con le meraviglio-se fontane che danzavano a ritmo di musica. Comunque, abbiamo giocato poco: la gente, laggiù, spende cifre folli per il gioco d’azzardo. Ci sono, per dirti, anche macchi-nette da 25 dollari al colpo, oltre a quelle da 1 centesimo, 5 e 25 centesimi, 5 e 10 dollari!».

Visitare una missione? Un’esperienza irrinunciabile per chiunque ami la vita. È una viaggiatrice convinta e ap-

passionata FEDERICA MAULE, 36 anni, geometra pres-

so l’uficio tecnico del comune di Torviscosa. Sposata con Ivano e residente a Muscoli, Federica ha due splendidi bambini: Paolo, 4 anni a maggio, e Cassandra, che com-

pirà 2 anni a settembre. L’essere mamma, mi dice, le im-

pedisce di fare il capo scout a tempo pieno, tuttavia è stata membro dell’Agesci di Cervignano e per molti anni ha svolto l’attività di educatrice nelle diverse unità del gruppo. Inoltre, Federica fa parte del CORIMA, associa-

zione culturale cervignanese: è proprio grazie a questa intensa vita associativa che sono venuto a sapere dei suoi viaggi in missione. - Federica, che significato ha per te viaggiare?Innanzitutto… staccare la spina: è un ottimo modo per fermarsi, in un mondo in cui ritagliarsi un momento di pausa è molto complicato. Trovo che un viaggio sia un modo piacevole per uscire dalla routine e riuscire a con-centrarsi su altro, e prima di tutto per dedicarsi un po’ di più a se stessi. Credo inoltre che visitare posti nuovi sia un’occasione di conoscenza: il vero viaggiatore sa che luoghi e le persone in cui s’imbatterà gli insegneranno qualcosa, perché c’è sempre qualcosa da imparare dagli altri! E poi, non c’è momento migliore per gioire delle bellezze altrui, manifestando apertamente la gioia, lo stu-pore, l’apprezzamento per quanto si sta scoprendo. Inine, viaggiare per me signiica condividere: condividere espe-rienze ed emozioni non solo con chi ti accompagna, ma soprattutto con chi hai incontrato sul posto, e con chi al tuo rientro sarà curioso di sapere cosa hai da raccontare. Credo che in questo modo si possano creare basi forti su cui costruire qualcosa di migliore per noi e per gli altri. - Perché hai scelto di recarti in missione?«In realtà di periodi in missione ne ho trascorsi più d’uno, tutti indimenticabili. La molla fu una visita organizzata dal Centro Missionario Diocesano di Gorizia, che nel 1996 mi offrì la possibilità d’andare in Costa d’Avorio per conoscere le missioni diocesane. Quell’episodio mi lasciò affascinata: là conobbi la Congregazione delle Suore della Provvidenza. Successivamente visitai il Togo, sempre in un centro gestito dalle suore, e poi la Bolivia: esperienze uniche, davvero. Nel compiere questi viaggi

ho sempre usato le mie ferie: per una ventina di giorni all’anno sono così riuscita a mettermi a disposizione delle missioni. Ciò che mi ha mosso è stato sempre il desiderio di conoscere culture lontane da me ed apprezzarle, e devo dire che ci sono riuscita».- Mi racconti meglio di questi tuoi viaggi?Nell’autunno 2001 andai in Togo presso la Missione di Kouvè, nel dispensario delle Suore della Provvidenza. Là mi resi disponibile a fare ciò di cui le suore avevano bisogno: smistare vestiti arrivati con i container, aiutare nella gestione dei proventi delle iniziative di sostegno a distanza, e anche lavare e accudire i piccoli che giunge-vano al centro con forti problemi di malnutrizione. Fu un’avventura eccezionale, che vissi da sola. A distanza di tempo mi emoziono ancora a pensarci. Le suore sono sempre state eccezionali con me ed è meraviglioso veder-le vivere quotidianamente e con coraggio il loro mandato. Al mio rientro la comunità di Cervignano dimostrò la sua generosità, come spesso accade in queste situazioni. Po-tei così organizzare un mercatino dell’usato, raccogliendo una bella somma di denaro che servì ad acquistare sangue per le trasfusioni. In Togo, infatti, molti sono ammalati di AIDS e le suore sono purtroppo costrette a recarsi negli ospedali per comprare il sangue necessario a curare i loro pazienti, spesso affetti da malaria o malnutrizione.Nell’autunno 2002, invece, mi recai in Bolivia, nella missione di Chivimarca, sempre gestita da Suore della Provvidenza. Fu in compagnia di una cara amica, Anna Fonzar, che intrapresi questa esperienza, per me del tutto nuova: sino ad allora avevo conosciuto solo l’Africa e le missioni africane. Inoltre…- …inoltre?«Nell’agosto 2004 io e mio marito partimmo per il nostro viaggio di nozze, in Perù. In realtà per quasi tre settimane, in compagnia di altre cinque persone, ci appoggiammo all’Operazione Mato Grosso, a Marcarà, per una spedi-zione alpinistica sulla Cordillera Bianca. Poi, assieme ad un’altra coppia, ci fermammo per due settimane in un’al-tra missione dell’Operazione Mato Grosso, questa volta a Sapchà, per prestare servizio. Quello fu un mese indimen-ticabile, soprattutto perché lo vissi con il mio compagno e perché mi riportò in una terra dai mille colori e dalle mille emozioni»!

- Complimenti, davvero un bel curriculum! Capita a tutti d’immaginare cosa troveremo sul posto, prima di partire. E tu? Cosa ti aspettavi, e cosa invece hai trovato?«A dir la verità, non sono mai partita con grosse aspettative, e credo che questo sia fondamentale per chi affronta viaggi come i miei. Ho trovato tante cose, ma soprattutto: amore per la vita, dignità, rispetto, sorrisi, povertà, miseria, ma anche speranza e coraggio. In una parola, tanta bellezza».- Quali disagi hai dovuto affrontare, e come hai reagito?«Per fortuna, non mi sono mai trovata di fronte a grossi disagi o problemi. Le suore mi hanno sempre fatta sentire come a casa mia. Forse, a volte, in certi contesti capita di sentirsi un po’ come un pesce fuor d’acqua. È un rischio inevitabile, perché alcune realtà sono molto forti, e sei letteralmente travolta dalla loro intensità! E poi ti rimane sempre il desiderio di agire, di non restare con le mani in mano: in situazioni così non puoi fare a meno di chiederti “cosa posso fare io”?».- I tuoi sono viaggi che consiglieresti? A chi? «Li consiglierei a chiunque: a chiunque abbia voglia di ascoltare e di capire, a chi abbia bisogno di ritrovare il va-lore delle piccole cose. Dedicare un po’ di tempo a un’av-ventura come quelle che io ho avuto la fortuna di trascor-rere è un’esperienza da fare, per chiunque ami la vita».

ALESSANDRO MORLACCO

IN VIAGGIO DI NOZZE

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D E L M O N D O

SULLE ORME DI CRISTOPellegrinaggi in Terra Santa: viaggiatori a confronto con la Bibbia

«Faccio parte di un ordine religioso - afferma con convinzione IURI SAN-DRIN, 37 anni - che proprio nella mobilità e nell’internazionalità trova alcuni dei suoi tratti distintivi più speciici». Nato ad Aquileia, Iuri ha iniziato presto a spostarsi: dopo i primi vent’anni passati nella sua cittadina, ha trascorso i successivi in diverse città italiane, in cui ha attraversato diverse tappe della sua formazione di religioso e sacerdote della Compagnia di Gesù. Attual-mente vive a Padova e si occupa di formazione spirituale rivolta ai giovani, soprattutto universitari.

- Iuri, quale significato ha per te viaggiare?«Dal 2005, insieme a un gruppo di confratelli, faccio parte di un piccolo gruppo che organiz-za pellegrinaggi per giovani in stile alternativo nelle ‘terre della Bibbia’, tra le quali un posto privilegiato è occupato sicuramente dalla Ter-ra Santa. I nostri viaggi toccano diversi paesi del Medio Oriente quali Turchia, Egitto, Siria, Giordania, Libano. La mia esperienza di viag-giatore va dunque declinata nella modalità del ‘farsi pellegrino’. Nel 1967 Papa Paolo VI, in un discorso riguardante il turismo, affermò che il pellegrinaggio è un’occasione per compren-dere che “l’uomo è destinato ad uno stato di vita che trascende il suo itinerario terrestre” e

per scoprire che “quell’istinto che lo spinge a cercare fuori di sé ha un senso soltanto se è il simbolo e l’invito di quell’altra ricerca molto più profonda che lo invita a guardare dentro di sé, e al di sopra di sé”. In queste parole è in qualche modo racchiuso il senso del mio viaggiare, percorrere un itinerario che allo stesso tempo è in grado di dirigersi in una triplice direzione: fuori di sé, dentro di sé, sopra di sé».- Che cosa significa oggi essere pellegrino e in cosa si differenzia dall’essere turista?«Alcuni dei principali pericoli da evitare quando si organizza un pellegrinag-gio sono quelli tipici di una società consumistica, in cui anche il viaggiare ben presto si riduce ad una serie di successive esperienze da ‘usare e gettare’, ridu-cendola poi a qualche fotograia o souvenir da collezionare. Come dice un mio confratello che mi ha iniziato allo spirito del pellegrinaggio, esistono modi di viaggiare che assumono diverse sfumature: fuggire, vagabondare, essere stra-niero, essere pellegrino. Quattro modalità per esprimere movimento di allonta-namento dalla propria terra, dalla vita ordinaria, dall’ambiente in cui il nostro essere è radicato».- Con quale spirito partire, allora? «La proposta di pellegrinaggio che in questi anni ho fatto sempre più mia è quella che, prima di tutto, cerca di creare una dimensione di ‘popolo in cam-mino’, che per un certo tempo - di solito una ventina di giorni - stringe un’al-leanza molto chiara: vivere gomito a gomito con persone che non si conosco-no, condividendo le situazioni ordinarie della vita (dormire, cucinare, lavarsi, tempi di silenzio e tempi di confronto) in un contesto in cui tutto ciò che serve per vivere è ridotto all’essenzialità. Si dorme all’aperto, si cucina una volta al giorno secondo una strategia da ‘campo mobile’, il bagaglio è ridotto al mini-mo e i soldi sono pochi».- Come si svolgono, nel concreto, i tuoi viaggi in Terra Santa? «Il modo per iniziare a vivere con lo spirito che ti ho indicato è quello di tra-scorrere almeno cinque giorni nel deserto, dove anche l’ambiente esteriore cor-risponde all’essenzialità vissuta dai pellegrini: è chiaro sin da subito che o si diventa davvero compagni di viaggio oppure non si va avanti. A questo punto credo si possa intuire come la lettura di testi biblici (su tutti il libro dell’Eso-do), che parlano di iducia, alleanza, mormorazioni, ribellioni, stanchezza nei confronti di Dio e dei compagni di viaggio assumano una concretezza e un coinvolgimento personale molto più forti ed autentici. Sulla stessa linea vanno i successivi sette giorni, in cui ci si accampa in riva al Lago di Tiberiade e con il Vangelo alla mano si ripercorre dal vivo, e non solo guardando i luoghi auten-tici in cui le storie sono ambientate, lo stesso tipo di esperienza fatta dai primi discepoli invitati a seguire Gesù nella quotidianità della vita attorno al lago.- Deve essere sicuramente un percorso carico di significato…«Infatti il punto d’arrivo è la città santa, Gerusalemme, il luogo riconosciuto come ‘ombelico del mondo’ da Cristianesimo, Ebraismo e Islam, le tre grandi religioni monoteiste. La città dello shalom, della pace, rivendicata come ca-pitale per due stati (quello israeliano e quello palestinese ancora in attesa di essere istituito), i cui popoli sono in costante conlitto da 60 anni. Gerusalem-me costituisce ancora oggi il cuore della possibilità di stabilità e pace in tutto il Medio Oriente: centro multireligioso, multietnico, multiculturale… città sicura e controllata come poche al mondo, ma che allo stesso tempo sembra una cristalleria in cui sta entrando un elefante. Città in cui ogni pietra appare in grado di raccontare una storia millenaria, ma in cui è in corso un’impres-sionante e violenta speculazione edilizia. Che cosa potrà signiicare giungere proprio in questa città, alla luce del percorso fatto insieme nei giorni prece-denti, per rilettere e meditare sul senso delle parole secondo cui ‘proprio lì’ si è compiuta la salvezza del mondo operata dalla morte e risurrezione di Gesù Cristo, il cui segno rimane ancora una semplice tomba vuota?». - Non lo so, dimmelo tu… che cosa si porta a casa e nello spirito, da un viaggio così?«Il ritorno da un pellegrinaggio signiica soprattutto schierarsi nella propria vita alla luce della propria esperienza vissuta dentro a questo itinerario, facendo sin-tesi di ciò che si portava nel cuore prima di partire e ciò che è maturato proprio in quei giorni. In fondo, il senso del mio viaggiare da pellegrino nei ‘luoghi santi’ sta tutto qui, nel ripercorrere le vicende che hanno condotto ad una tomba vuota in cui sentirsi rivolgere una domanda: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? È risorto, non è qui!”. Che cosa possono signiicare queste parole di fronte alla vita concreta di tutti giorni? E da qui rimettersi alla ricerca del Signore viven-te non in un’unica terra, ma ovunque egli si renda presente nella vita di uomini e donne di ogni luogo. Forse è questo il vero ‘viaggio’, l’unico che può cambiare la vita: non attraverso luoghi visitati, ma mediante esperienze condivise capaci di creare un legame tra ciò che si muove dentro di noi e quanto ci sta attorno».Grazie, Iuri, per la commozione che le tue parole hanno suscitato in me. Chis-sà come deve essere viverla di persona, un’esperienza così!

MARIANNA FERNETICH

UTE: VISITARE PER CONOSCERE E IMPARARE

L’Università della Terza Età, sorta nel 1988, svolge un ruolo di promozione sociale e cul-turale di primaria importanza nella realtà di Cervignano attraverso la realizzazione e la programmazione di corsi, seminari e convegni su tematiche diverse. All’interno dei vari corsi, ogni insegnante organizza dei viaggi culturali di più giorni, appoggiandosi sempre ad un’a-genzia di viaggi. Per quanto riguarda la gita giornaliera, l’insegnante si organizza auto-nomamente avvalendosi dei mezzi tecnici e di comunicazione che l’associazione ha a disposi-zione. La professoressa CLARA CUBI ci ha rac-contato l’organizzazione di questi viaggi e quali sono gli obiettivi che l’associazione si preigge.- In base a quali criteri scegliete le mete?«Scelgo le mete in base al programma che svolgiamo durante l’anno accademico, dando precedenza al Friuli, privilegiando le epoche storiche, gli ambienti naturalistici, i personaggi storici e le località di rilevanza artistica. Cer-chiamo di raggiungere mete meno conosciute rispetto alle note località culturali di rilievo nazionale, visto che l’Italia è ricca di zone di interesse storico-artistico». - I viaggi sono aperti a tutti o solo ai soci? «Noi diamo precedenza innanzitutto agli iscrit-ti al corso, poi agli iscritti all’UTE ed ai fami-liari, inine agli eventuali simpatizzanti interes-sati alla meta».- Come determinate i budget di spesa?«Solitamente per le gite mi informo sui costi di trasporto, ingressi, ristorazione e per l’eventua-le guida locale nelle visite fuori regione, poiché oggi è obbligatoria per legge. In base al nume-ro dei partecipanti, stabiliamo la quota minima necessaria».- Qual è lo scopo delle gite?«Principalmente lo scopo è culturale, per ap-profondire le conoscenze personali e gli argo-menti trattati durante le lezioni. Naturalmente c’è anche l’aspetto aggregativo, indispensabile per riuscire a coinvolgere altre persone». - Quali sono i principali aspetti organizzativi di cui tenere conto?«Al giorno d’oggi è fondamentale contenere i costi dei viaggi e cercare luoghi validi che me-ritino una determinata spesa». - Qual è l’imprevisto più curioso che vi è capita-to durante un viaggio organizzato?«Sicuramente un ricordo simpatico è quello di non aver mai preso la pioggia in 23 anni di gite e viaggi».- La richiesta più stravagante da parte dei par-tecipanti?«Ricordo una richiesta di spaghetti in Austria e, all’arrivo del piatto, protestare perché erano scotti: una scena davvero incredibile! Un altro aneddoto risale ai primi anni, quando propone-vo le diverse mete speciicando che il corso ci avrebbe fatto conoscere il Friuli e in seconda battuta l’Italia; ad un certo punto mi è stato chie-sto di organizzare una vacanza alle Maldive!» - Di solito c’è una buona partecipazione?«Dopo 23 anni di organizzazione di gite e di viaggi, direi che la partecipazione è stata sem-pre ottima: personalmente ho ricevuto molte gratiicazioni, quindi il bilancio è assolutamen-te positivo. Dopo la stanchezza di un viaggio di più giorni, appena arrivati a Cervignano sentir-si domandare dove andremo la prossima volta dimostra l’entusiasmo e la voglia di imparare stando piacevolmente insieme. L’Italia rac-chiude in ogni angolo tesori inestimabili, che aspettano soltanto di essere scoperti attraverso queste esperienze formative».- Spesso si sente dire che la gita in corriera era più sentita un tempo come mezzo di aggrega-zione, mentre oggi la gente è più propensa ad andare per conto proprio…«Per quanto riguarda l’UTE, il discorso aggre-gativo è un esempio per tutti di socializzazione, di nuove amicizie e quindi di crescita culturale e umana; per la tipologia di attività e di asso-ciazione, non si presenta questa problematica».

SANDRO CAMPISI

L’ASSOCIAZIONE ‘GERMO-GLIO’: SPORTIVI IN VIAGGIO

L’associazione ‘Germoglio’ è nata nel 1994 da un gruppo di persone che si trovavano per fare ginnastica nella palestra comunale di Scodo-vacca. Nel giro di due anni hanno raggiunto cir-ca 200 soci e successivamente si sono costituiti in associazione ino ad arrivare al 2006 con la modiica del nome in ‘Associazione sportiva di-lettantistica Germoglio’. Cambiando denomina-zione, si sono afiliati allo CSEN (Centro Spor-tivo Educativo Nazionale) e al Coni. L’anno scorso si sono iscritti al registro regionale delle associazioni onlus per tutelarsi in materia isca-le. Durante il periodo invernale, da ottobre ino a maggio, organizzano il corso di ginnastica ri-servato ai soci e con un numero chiuso di parte-cipanti. Siamo andati a parlare con il presidente ADRIANO ZERBINATI per fare una chiacchie-rata sull’organizzazione dei loro viaggi.- In base a quali criteri scegliete le mete?«Attualmente è dura scegliere mete dopo 16 anni di attività. Principalmente organizziamo gite in giornata e viaggi di più giorni. Solita-mente scegliamo in base ad un sopralluogo ef-fettuato prima da me e mia moglie assieme ad altri componenti del direttivo».- I viaggi sono aperti a tutti o solo ai soci? «Essendo un’associazione onlus, possiamo effet-tuare le gite solo con i soci, mentre le conferenze e le serate teatrali organizzate una volta l’anno sono libere con ingresso gratuito».- Come determinate i budget di spesa?«Ci basiamo su un’adesione media di 40 perso-ne, facciamo un preventivo di spesa e issiamo la quota di partecipazione. Non abbiamo un budget isso, ogni uscita ha un costo a sé. Per le gite di più giorni ci appoggiamo alle guide del posto».- Qual è lo scopo delle gite?«La prima cosa è far stare insieme le persone: quando vengono persone nuove in breve tempo si inseriscono facilmente nel gruppo già collau-dato, questo è un aspetto molto positivo che ci stimola nel proseguire queste attività».- Quali sono i principali aspetti organizzativi di cui tenere conto?«Oltre al sopralluogo, bisogna ricercare perso-nale qualiicato per quanto riguarda la visita e la sistemazione per evitare malcontenti e brutte igure. Nel tempo abbiamo avuto l’appoggio di diverse guide conosciute durante i viaggi; inol-tre, abbiamo una buona collaborazione con la società di noleggio corriere, la quale ci offre un ottimo servizio e delle consulenze su determi-nati itinerari da seguire».- Qual è l’imprevisto più curioso che vi è capita-to durante un viaggio organizzato?«In una gita di più giorni con destinazioni iso-la di Rab, laghi di Plitvice e Rovigno, a causa della bora molto forte avevano chiuso la strada costiera; di conseguenza, modiicammo tutto il programma dell’uscita, visitando Plitvice sotto la pioggia, il giorno dopo l’isola di Rab ed inine Rovigno. Un altro episodio è successo ad una gita giornaliera vicino Postumia: una signora, caden-do, si procurò una lussazione alla spalla; siccome aveva forti dolori feci venire mio iglio a prender-la per portarla in ospedale a Monfalcone».- La richiesta più stravagante da parte dei par-tecipanti?«Fortunatamente le persone che frequentano l’associazione sono ragionevoli, per cui accet-tano eventuali imprevisti che possono succede-re durante un viaggio».- Di solito c’è una buona partecipazione?«Da due anni a questa parte c’è stato un incremen-to notevole; addirittura, talvolta dobbiamo ripete-re in un secondo momento una determinata gita per soddisfare tutte le richieste che pervengono».- Spesso si sente dire che la gita in corriera era più sentita un tempo come mezzo di aggrega-zione, mentre oggi la gente è più propensa ad andare per conto proprio…«Dipende dal tipo di persone. Nella nostra real-tà i soci si aggregano perché trovano la gita già organizzata, senza dover preoccuparsi di predi-sporre itinerari ed occuparsi di altre faccende logistiche. Quindi, per quanto ci riguarda, non abbiamo problemi di aggregazione associativa».

SANDRO CAMPISI un viaggio dell’Associazione “Germoglio”

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aAlta ucinai (ovviamente si fa per dire…)

Gennaro Riccardi

«Casa nova vende casa vecia...»

Paolo Veronesi

«Divieto di parcheggio...

nel parcheggio!»

le fotourioseAbitavo in Eboli, dove Cristo s’è fermato, quando Carlo Levi aveva appena scritto il suo famoso romanzo autobio-graico, ma non ancora pubblicato. L’appartamento era al terzo piano, con un terrazzino a sei archetti che affacciava sulla splendida piazza, quasi il doppio di Piazza Indipen-denza; di fronte, dalla parte opposta, le scuole elementari che frequentavo, rigorosamente divise in sezione maschi-le e sezione femminile. Il terrazzino era il mio rifugio nei lunghi meriggi e vi cavalcavo il mio ippogrifo con il qua-le volavo verso un paese sconosciuto dal nome che mi aveva affascinato: Pescopagano, un nome da favola, da mito. Nel tratto di piazza sottostante il terrazzino faceva-no tappa le corriere di linea, una delle quali andava da Sa-lerno a Pescopagano e viceversa; vi sostavano le carroz-zelle, in attesa dei passeggeri in arrivo per accompagnarli alle loro residenze, ed i carrettini trainati da asinelli, per i bagagli ingombranti. Ed il nome mi è restato dentro con il desiderio di visitare, un giorno, la cittadina che mi ave-va fatto sognare. Passano, purtroppo, circa 7 lustri e con il terremoto del novembre 1980, tra i tanti paesi colpiti, compare il nome di Pescopagano. Da qui un nuovo mo-tivo per conoscere e visitare il paese che aveva accompa-gnato un periodo della mia fanciullezza (abitai ad Eboli ancora un paio d’anni e sempre ero puntuale all’arrivo dell’autobus da e per Pescopagano), ma passarono ancora due lustri prima di riuscire, durante una vacanza, a realiz-zare il ‘sogno’, più rasoterra ‘a colmare un vuoto ed una lacuna’. E così appresi che Pescopagano, com’era facile immaginare, ha origini antichissime. Il nome derivava da Petra Pagana, da roccia dove sorge, e per il culto, pagano, del dio Silvano. Nessuno ha saputo dirmi perché ‘Petra’ sia diventata ‘Pesco’ (conido in qualche lettrice/ore, am-messo che ce ne sia una/o, e nel passaparola). La storia attraversa poi le prime organizzazioni monastiche del ter-ritorio, l’inluenza del vicino Sannio, Pirro, Roma, Anni-bale, i barbari, i Saraceni. E qui ci fermiamo. Il viaggio, una tre giorni indimenticabile, fu una dura lotta contro le abbuffate, e ne uscii gravemente sconitto. Ora, con l’a-iuto di mia sorella, ho recuperato un paio di ricette della Basilicata che, in San Giorgio di Nogaro, sono entrate a far parte di un tazebao, come ha riportato Il Gazzettino, per «iniziativa dei ragazzi della famiglia Taverna i quali, prendendo a base la cucina, come elemento di “unione nella pluralità”, hanno ideato e realizzato una specie di tazebao, un “Giro d’Italia”, formato da 20 ricette, una per ogni regione». In occasione dei festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia.

LA RICETTA: RICORDO DI PESCOPAGANOFusilli (lunghi) o corti (gemelli), o zitoni spezzati (alias candele: in molti negozi, anche supermercati, si possono trovare).Rosolare leggermente aglio ed una cipolla piccola ed aggiungere circa 250 grammi di macinato di maiale. Aggiungere un buon bicchiere di vino bianco ed un bel cucchiaio di semi di inocchio. Unirvi, a seconda della stagione, abbondanti pomodori freschi scottati e pelati ed un po’ di passata, oppure gli stessi ingredienti in scatola. Sale e peperoncino rosso a piacere. Terminare la cottura. Stemperate, secondo i partecipanti, la quantità che riter-rete congrua per i vostri commensali di ricotta di bufala con parte del sugo preparato (un quarto per 5/6 persone). Nel frattempo avrete cotto la quantità di pasta, secondo abitudine, fame e linea; una volta scolata, amalgamatela con la ricotta ed il sugo. A piacere passatela in forno caldo (in questo caso avrete tenuto la pasta ‘dietro di cottura’) oppure servite direttamente in piatti tiepidi. Cospargere con ricotta grattugiata.

L’ALTRA RICETTA: RICORDO DEL MONTE POLLINOComprate un pezzo particolare di carne di manzo o, me-glio, di scottona, alquanto basso e di forma triangolare (a Cervignano l’ex macellaia del Meta, in piazza Indi-pendenza, lo chiamava spinacino). Fatevi praticare una profonda tasca, senza buco o buchi (ma senza fare un dramma per qualche… perdita). Preparate un paio di frit-tatine sottili con erbe varie e/o, di stagione (iori di zucca, menta, inocchio selvatico che talvolta si può trovare sulle sponde del Torre, oppure semi di inocchio), briciole di salsiccia magra, meglio sgrassata, pecorino a pezzettini o grattugiato. Arrotolate le frittatine e riempite la tasca chiudendola con stuzzicadenti o cucendola (attenzione, NON CUOCENDOLA). Passate in forno a 200° e, qua-si a ine cottura, aggiungete al liquido che la carne avrà ‘cacciato’ una giusta quantità di passata di pomodoro (meglio se un po’ abbondante). Abbassate a 180°. Con il sugo potete condire la pasta ‘grossa’. Nel tagliare la carne è preferibile iniziare dal retro, dal vertice del triangolo.

PARDON. Ovviamente, prima di farcire la carne, l’avrete salata leg-germente, sia all’esterno che internamente, così come le frittatine.

ALBERTO LANDI

PESCOPAGANO: UN DESIDERIO DI BAMBINO REALIZZATO DOPO MILLANTA ANNI VITA VISSUTA

Nel numero precedente avevamo pubblicato una fotografia della pri-ma classe media unificata di Cervignano del Friuli, anno scolastico 1962-63. Fra i ragazzi, molti avranno riconosciuto un giovanissimo Gigi Delneri, aquileiese, attuale allenatore della Juventus. Benché la classe fosse mista, la foto in nostro possesso ritraeva solo i maschi. Ora, grazie alla signora Ida Mosca (Franca), possiamo pubblicare an-che la foto delle loro omologhe femminili.

In piedi, da sinistra, si riconoscono Illa Fornasari, Ermelinda Marotta, Clara Fanin, Ederina Feresin, Ida Mosca, Sonia Moro, Patrizia Balducci, Paola Valentini. Accovacciate, da destra, ci sono Igina Pelos, la signora Saronno, Rosaria Sinatra, Marta Manzonato.

Ringraziamo ancora la gentile signora Ida-Franca per la segnalazione e per averci fornito la foto con i nomi di tutte le presenti! Ringraziamo, inoltre, Vilma e Fausto Stocco per aver scritto alla redazione di Alta

Quota attraverso il sito www.ricre.org, riconoscendo per primi, nella foto pubblicata lo scorso numero, il giovane Delneri.

Altritempi

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la strip di Luca “snoop” Di PalmaToni e Meni

OLTRE LO SP CCHIOEOLTRE LO SP CCHIOEdi Manuela Fraioli

ERRARE PER VIVERE

Ricordo una settimana d’agosto, la terra e la polvere sopra le scar-pe, il sole caldo e l’afa

del pomeriggio. Ricordo la stanchezza di chi cammina per ore lungo sentieri verdi e poco battuti, con l’acqua razionata e zaini che pesano sulla schiena a ogni passo. E ricordo il mio compagno di viaggio, quello che mi cam-minava accanto, che si lamentava e mi guardava e più si lamentava, più marciava, come se una carica elettrica lo pervadesse da cima a fondo. È stato, è e sarà il mio com-pagno di camminate: di quelle tra i boschi e di quelle tra le parole, di quelle tra la gente e di quelle tra le pagine dei libri, di quelle dove a ogni capoverso spicchiamo il volo verso le stelle e i pianeti.

Fare, cambiare, insistere, trasformare, affondare, credere, masticare, scavare, stringere, sporcarsi, ubriacarsi, inna-morarsi, spingere, rischiare... lasciarsi andare... buttarsi. Noi di questo riempivamo le nostre chiacchierate sotto il sole d’agosto: idee, progetti, sogni. E oggi seminiamo e raccogliamo i frutti di quei semi che abbiamo tenuto stret-ti stretti tra le mani. Mauro ha fondato un’Associazione Culturale, la ‘Bottega Errante’, per me, errante come lui, senza un dio e senza radici, che si ciba delle storie della gente e dei luoghi. Fonda un’associazione culturale in una regione in cui i fondi per qualsiasi progetto culturale sono stati negati, prosciugati all’osso. Fonda un’associazione culturale dove i centri ricreativi per socializzare scompa-iono. Fonda un’associazione culturale in una terra dove le persone sono avide di progetti culturali e di centri ri-

creativi, avide di sentieri su cui consumare le suole delle scarpe del loro intelletto. Fonda un’associazione culturale perché crede nel cambiamento. Fonda un’associazione culturale perché non si arrende. Fonda un’associazione perché ci crede, crede nel potere della parola, della cultu-ra e di quella storia che feconda il futuro.

La Bottega Errante, fondata da Mauro Daltin, organizza laboratori di scrittura, fotograia, teatro, musica, viaggio e tanto altro. Senza issa dimora, perché la cultura vive in ogni luogo in cui una mente pensa.

Vedi Bottega Errante su Facebook.http://bottegaerrante.wordpress.com

I 104 ANNI DELLA SIGNORA MARIA! Un giorno di gennaio abbiamo visto un enorme 104 campeggiare al numero civico 9 di via della Badia. Le informazioni ci hanno svelato che era il compleanno della signora Maria. Evento raro, storico. E allora, perché non invitare a scuola e festeggiare questa splendida nonna?Ben felice, la signora Maria, accompagnata dalla iglia e dal mitico signor Gianfranco, è venuta a farci visita, composta e dignitosa, sorridente, serena e curiosa. Dalla sua voce abbiamo conosciuto il suo passato, di quando era bambina: «Da sempre ha tanto lavorato e poco giocato…» Ha spento le candeline, ha gustato una fetta di torta (preparata da una mamma), ha accettato con gioia i iori, ma i suoi occhi erano commossi proprio perché noi bambini l’abbiamo accolta nella nostra ‘casa’. Ci siamo dati appuntamento al prossimo anno! E poi… tante caramelle offerte dalla nostra ospite, naturalmente. E questa è storia viva!

LA CLASSE II ELEMENTARE DI VIA CAJÙ

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Per questa puntata ho incontrato Germano Aurelio Marangoni. Classe 1921, nato in provincia di Rovigo, è vissuto ad Aquileia ed è cervignanese da quando si è sposato; è stato proprietario del deposito di oli minerali

in via Aquileia. Come accade di solito, la storia emerge violentemente dai racconti dei testimoni che narrano la loro esperienza mai banale, mai ripetitiva. Purtroppo, è frequente il tema della guerra, insieme di situazioni e sentimenti che non possiamo considerare desueti e sor-

passati.

«Sono arrivato ad Aquileia nel 1937 ed ho abitato nella casa dei miei genitori in lo-calità Ca’ Vescovo, dove mio padre amministrava i beni del barone Economo. Avevo 20 anni quando fui reclutato, nel 1941, e mi diressi subito a Trieste e poi in Jugoslavia. Non ero un soldato semplice, perché prima di essere chia-mato alle armi avevo fatto un corso a Bologna, ed ero stato promosso sottotenente. Il mio compito, infatti, con-sisteva nel comandare un reparto di autoblinde, che fa-ceva da scorta alle colonne di viveri che portavamo all’in-terno dello Stato e lungo la

la ban a della memoriaGERMANO AURELIO MARANGONI

costa, nei vari pre-sidi che arrivavano ino a Dubrovnik, lungo la costa e ino a Lubiana, procedendo verso l’interno della Ju-goslavia. Nei pre-sidi durante l’in-verno si pativa il freddo e dovevamo sopportare anche la neve; per dor-mire c’erano delle brande in alcuni stanzoni, piene di cimici che non ci consentivano di ri-posare: allora met-tevamo dei giornali sopra la coperta, e per tutta la notte cercavamo di dormire sentendo il rumore di questi insetti che si lasciavano cadere sui giornali. Per quanto riguarda i pasti c’era una divisione tra uficiali e soldati: noi ave-vamo una mensa apposita e un cuoco, mentre i soldati semplici mangiavano il rancio con la gavetta. Ricordo anche che, a quel tempo, lungo la costa dalmata era mol-to frequente incontrare dei simboli che rafiguravano il leone di Venezia. Avevo tre automezzi che facevano da scorta: uno in te-sta, uno a metà e uno dietro. Io, guidando una moto, fa-cevo la spola dall’inizio alla ine per osservare la situa-

zione; la nostra compagnia compiva il lungo tragitto una volta ogni 15 giorni. Non eravamo ben visti dal-la popolazione locale, in in dei conti noi eravamo i nemici che avevano occupato la loro terra, e quando arrivarono i tedeschi la situazione peggiorò: o venivamo presi prigionieri da loro (l’Italia aveva tradito la Germania) oppure dai partigiani. A me andò sempre bene, ma, per esempio, le colonne prece-denti furono attaccate dai partigiani: tutto venne distrut-to e tutti gli uomini uccisi. Un giorno, per esempio, ar-rivai all’ultimo presidio con la moto e il capitano che lo comandava mi rimproverò: “Ma lei è pazzo a viaggiare in motocicletta in questa zona? Fino a quindici minuti fa c’era un attacco in corso e poteva essere colpito senza dificoltà!” A un certo punto, nel luglio del 1943, però, a causa di un problema di salute abbastanza grave, mi concedettero un mese di convalescenza. Nel frattempo era arrivato l’8 settembre (giorno dell’armistizio) e sono rimasto a casa perché la guerra stava per inire. Sono stato immensamen-te fortunato, perché durante il breve periodo in cui mi tro-vavo a casa, che doveva essere temporaneo, il mio repar-to, tutti quelli che precedevano il mio, e tutti gli uomini che li componevano furono presi prigionieri dai tedeschi e portati in campo di concentramento. Non ho più avuto notizie dei miei uomini, a parte un sergente e un caporal-maggiore che so con certezza che riuscirono a rientrare in Italia alla ine della guerra».

SOFIA BALDUCCI

la finestra sul ortileSemplici occhiate buttate qua e là

di Simone Bearzot

di Norman Rusin

in Italia sono le feste a base di sesso e politica.Io cerco, per quanto mi è possibile, di negare a questo vapore fetido di trasformarsi in parola nella mia bocca, ma non posso evitare che raggiunga i miei occhi e le mie orecchie. Ci fossero più giornalisti con l’arguzia e l’in-ventiva di Dana Milbank, si potrebbe respirare di nuovo aria pulita. La giornalista del Washington Post ha scom-messo per un mese di riuscire a non nominare nei suoi articoli la rappresentante dell’Alaska repubblicana, Sarah

Un fantasma si aggira per l’America. Sto vivendo da mesi nel tentativo (vano) di sfuggirgli. Ma ha dimostrato una tale capacità di penetrazione nelle profondità dell’animo umano, che per sottrarmi al suo potere fascinatore dovrei evitare quasi ogni contatto umano. Egli è dappertutto. Questo fantasma si è insinuato soprattutto nei discorsi della gente, ha rattristato l’alito delle persone e ha am-morbato l’aria intorno. Nemmeno un oceano riesce a contenerne gli eccessi. Sembra che nessuna parola riesca a sconiggerlo. Peggio: come un enorme magnete, attira verso di sé ogni parola.Egli è come una tag cloud, una di quelle nubi di parole che appaiono ai lati dello schermo del nostro computer, quando si accede a siti d’informazione o ai blog, e che mettono in evidenza le parole che sono state cercate con maggiore frequenza. Più si clicca su una parola, e più di-venta grande. Più la parola è grande e più è facile che sia notata. E quindi cliccata. Anche per la nota legge ‘vedia-mo a cosa si interessano gli altri’.E così, questa magnetica nube tossica ha attraversato l’o-ceano e si è posata maliziosamente sulle labbra di miglia-ia di persone. Ne ha offuscato la vista e le ha obbligate a ripetere in modo incessante le rime della sua storia: un ritornello tanto vuoto quanto ossessionante. E cosi, in queste ultime settimane, l’unica cosa che pare succedere

FANTASMI E VENDETTE

Palin. Ha vinto la scommessa e ha dimostrato che spesso le ‘notizie’ pubblicate sono delle non-notizie. E ha dimo-strato, credo, che il mondo è più ricco, sfumato e interes-sante di quanto lo si dipinga. E questo valga soprattutto per l’immagine della nostra povera penisola, martoriata all’estero anche a causa della pubblicità che certi mezzi d’informazione producono.Il mio spirito maligno in ogni caso si pasce nella ven-detta. E cosi ho avuto la mia soddisfazione qualche gior-no fa, quando è apparsa la notizia che la prossima serie di Jersey Shore sarà girata e trasmessa in Italia. La serie racconta di alcuni ragazzi italo-americani il cui faro gui-da è il motto gym-laundry-tanning, che sta per ‘palestra-bucato-tintarella’. Ho mostrato l’articolo ai miei studenti, con loro grande disagio (e mia lieve contentezza). I ragaz-zi di qui, sia americani sia italo-americani, pensano che quella trasmessa da Jersey Shore sia un’immagine troppo limitata e negativa della vita che si svolge sulle coste del New Jersey. E siccome molti di loro verranno a studiare in Italia quest’estate, non vorrebbero essere associati ai personaggi della serie di MTV. Con buona pace loro, la serie fa quasi 9 milioni di spettatori negli Stati Uniti, e c’è da aspettarsi che i fan dei tronisti l’accoglieranno a brac-cia aperte. Intanto io mi costruisco il mio mulino a vento e cerco di dissolvere la nube.

«The border is just half an hour going north» mi dice il signor Choi.In mezz’ora soltanto si può raggiungere il conine. Anzi, il Conine. Con la C maiuscola, perché da queste parti la linea di demarcazione che ricalca il 38esimo parallelo è qualcosa di tangibile, concreto e inquietante.In tempi di Europa unita, moneta unica e Schengen, i con-ini sono ormai cimelio del passato, di un passato differen-te che tuttavia nella nostra piccola regione abbiamo cono-sciuto bene. Dirigendosi in auto dalla capitale Seoul verso nord, sembra di ripercorrere le strade friulane e giuliane tra piccoli paesi di qualche migliaio di abitanti dove imman-cabilmente, incastonata nel territorio, spicca la caserma.Al di là, noi avevamo i nemici, così almeno aveva sancito la Storia. Con la S maiuscola, per gli stessi motivi di prima.

TERRONI E POLENTONI IN SALSA ORIENTALE

Al di là, i coreani del Sud hanno dei nemici, così ha sanci-to nuovamente la Storia, quella di una guerra dura e san-guinosa che agli inizi degli anni Cinquanta ha trasformato questa piccola penisola in un terreno di battaglia ideale per superpotenze che preferivano sidarsi in campo neutro piuttosto che in casa o in trasferta. Al di là, tuttavia, i co-reani del Sud hanno anche fratelli, cugini, amici, persone che hanno condiviso lingua e cultura, usi e costumi. Altri coreani, in sintesi, solamente del Nord. Come succedeva al tempo del Muro tra le due Germanie. Solo che questo muro resiste, e resisterà ancora a lungo, tra interessi inter-nazionali, sistemi politici diversi e problematiche interne, a cominciare dal leader pazzo e malato che ne governa – malgoverna – la parte settentrionale.«I nostri giovani sono favorevoli alla riuniicazione tra i

due Stati, non vedono nessuna ragione per restare divisi – prosegue Choi –, ma per gli adulti è diverso». Una Na-zione, due Stati: suona molto risorgimentale, soprattutto a chi ha festeggiato da poco i 150 anni ed era diviso in ben più di due frammenti. Un’Italia che sarà anche affaticata, malconcia e vittima dei suoi malcostumi, ma che almeno può festeggiare la sua unità. Certo, c’è chi dice – citando il detto ottocentesco – che fatta l’Italia, si debbano ancora fare gli Italiani. Vero, pro-babilmente. Per una volta, però, accontentiamoci: perché siamo fortunati, perché siamo insieme, perché c’è chi vor-rebbe e non può. Fatti i Coreani, resta da fare la Corea: «Quando un esule viene dal Nord al Sud, lo riconosciamo subito» spiega Bob Kim con un sorriso a metà tra malce-lata superiorità e tenerezza. «Parla come noi, solo con un accento molto marcato». Come direbbe un torinese di un napoletano, o un pugliese di un friulano. In in dei conti, di terroni e polentoni ce n’è ad ogni latitudine.

La Corea nei giorni del compleanno italiano

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L’associazione Libera è nata il 25 marzo 1995, con l’intento di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giustizia. Attualmente Libera è un coordinamento di oltre 1500 associazioni, gruppi, scuole, realtà di base, impegnate sul territorio in una quotidiana batta-glia di sensibilizzazione e coordinamento. La leg-ge sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, l’educazione alla legalità democratica, l’impegno contro la corruzione, i campi di formazione anti-mafia, le attività anti-usura: sono solo alcuni dei concreti impegni di Libera. Nel 2008, l’associa-zione è stata inserita dall’Eurispes tra le eccel-lenze italiane.

Perché parlare di Libera su questo numero di Alta Quota? Perché è una rete di associazioni, non solo un’associazione in sé, che unisce centi-naia di gruppi in tutta Italia. E quindi significa parlare di tutti quanti, di un mondo vasto ed ete-rogeneo di volontari impegnati a diffondere nel nostro paese la cultura della legalità.A parlarmi per la prima volta di Libera è un ami-co, Luca, collega alla facoltà di Giurisprudenza di Trieste: egli partecipa alle attività del gruppo triestino. Una sera, insieme ad altri amici, sfidia-mo il tempo infame che imperversa sulla città da giorni e accettiamo il suo invito ad andarli a tro-vare, per una presentazione. È così che conoscia-mo alcuni dei ragazzi del Presidio giovani ‘Ilaria Alpi e Miran Hrovatin’: Giulia, David, Tommaso, Eleonora, Laura, Martina.Ti parlano di tante cose: di mafia, di cultura ci-vile, di impegno, di progetti possibili e non. Ma quella che leggi diffusamente nei loro occhi è so-prattutto grinta, voglia di fare, di non stare con le mani in mano.

Esordisce Giulia, referente del Presidio.«Libera ha sede a Roma, in un palazzo in pieno centro storico, un bene sequestrato alla mafia e riutilizzato per finalità sociali. A ogni piano sta l’ufficio di presidenza di una delle sezioni di Libe-ra: Libera Terra, che si occupa di gestire le coope-rative agricole sorte su terreni confiscati alla ma-fia; Libera Sport, tesa a diffondere uno sport che sia anche veicolo di valori positivi; Libera Infor-mazione, l’osservatorio per l’informazione contro

le mafie. Ce ne sono anche altre, come la sezione Libera Memoria, che organizza fra l’altro l’an-nuale Giornata della Memoria delle vittime di Ma-fia, che quest’anno si tiene a Potenza il 19 marzo. Lì ci saremo anche noi: 14 ore di treno per anda-re e 14 per tornare, ma ne varrà la pena».Prende poi la parola Tommaso.«Libera è divisa in direzioni regionali e provincia-li, cui fanno capo i singoli presidi, di cui noi sia-mo parte. A Trieste c’è anche un altro presidio, di cui fa parte la coordinatrice provinciale, intitola-to a Eddy Cosina, poliziotto triesitno che faceva parte della scorta di Paolo Borsellino. I presidi non sono però vere associazioni: possono riceve-re finanziamenti solo dalla Libera nazionale, ma non possono partecipare ai bandi locali. Questo anche per la natura di Libera, che è un’associa-zione di associazioni: noi non vogliamo rubare finan-ziamenti alle realtà locali già esistenti sul territorio e che spesso condividono i nostri ideali e svolgono un ruolo simile».David invece ci racconta alcune delle attività svolte dal Presidio di Trieste.«Ho visto che riscuote mol-to successo realizzare nelle scuole dei proget-ti legati ai temi della legalità e dell’educazione civica, anche perché questa materia è ormai ne-gletta nei piani di studio. Oltre alle lezioni nelle scuole abbiamo organizzato di recente anche la presentazione di libri legati al tema della lotta alla mafia, come quello del testimone di giustizia Pino Masciari (Organizzare il coraggio. La nostra

vita contro la ’ndrangheta) e dell’ex deputato e professore di Storia delle organizzazioni crimi-nali Francesco Forgione (Mafia Export). Stiamo anche portando avanti la raccolta di firme per presentare un appello al Presidente della Repub-blica, affinché solleciti la ratifica delle convenzio-ni internazionali che regolano la confisca e l’uso sociale dei beni sottratti ai corrotti. Potete tro-vare informazioni e aderire a questa campagina sostenuta da Libera sul nostro sito».

LIBERAAssociazioni, nomi e numeri contro le mafie

La domanda che mi sorge spontanea è: come fac-ciamo a riconoscere la mafia al Nord? La sensa-zione comune è che sia sempre un fenomeno le-gato al contesto meridionale. Mi risponde Giulia.«Questo è un errore diffuso, ma anche il più grande che si possa fare. Qui al nord, a Trieste e altrove, certo non abbiamo la mafia-guerriglia,

non abbiamo il clima di omertà, il pagamento sistematico del pizzo, la mafia come Stato effettivo. Ab-biamo però la mafia più subdola e pericolosa: la mafia affarista, quella dei colletti bianchi. La ma-fia che si serve di persone non direttamente coinvolte in attività criminali per riciclare e rimette-re in circolo il denaro derivante da attività criminali. Insomma,

la mafia che inquina l’economia legale, che si pone in una zona grigia dove non è più così semplice dire chi sia e dove sia il mafioso. Ed è per questo che al nord non possiamo stare inerti, né fare gli ipocriti: oggi la mafia è globalizzata, quelli che bisogna seguire sono i flussi di denaro. Anche al sud però ci sono moltissime persone che si battono, in Libera e al fianco di Libera, per dif-fondere la cultura della legalità in contesti in cui la presenza mafiosa è più evidente che da noi. Persone come Don Marcello Cozzi, di Potenza, che tanto si è battuto per trovare i colpevoli dell’o-micidio di Elisa Claps; o Pino Maniaci, giornalista di Partinico, che non perde occasione per affron-tare i mafiosi a viso aperto. Solo per parlare di due persone che ho avuto modo di incontrare, ma sono migliaia».

MARCO SIMEON

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Se siete interessati a contattare Libera-Trieste

per avere informazioni sulle attività del gruppo

e/o aderire, potete rivolgervi ai seguenti contatti

e-mail:

- referente provinciale di Trieste:

[email protected]

- presidio ‘Alpi - Hrovatin’:

[email protected]

i ragazzi del Presidio ‘Alpi - Hrovatin’ nel corso della

tappa triestina della maratona nazionale ‘La pace va per-

corsa’, iniziativa di Libera-Sport

alcuni ragazzi del Presidio ‘Alpi - Hrovatin’ al Parlamen-

to europeo di Bruxelles, insieme a Don Ciotti, al magistrato

Antonio Ingroia e all’eurodeputata Rita Borsellino

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44ª OPERAZIONE

«UOMINI COME NOI»ORGANIZZATO DALLE PARROCCHIE DI CERVIGNANO – STRASSOLDO – MUSCOLI – SCODOVACCA – TERZO – SAN MARTINO

CON IL PATROCINIO DEL COMUNE DI CERVIGNANO DEL FRIULI

LE INIZIATIVE DELLA CITTADINANZA A FAVORE DELLE MISSIONI DIOCESANE IN COSTA D’AVORIO E BURKINA FASO

Sanità: Contributo per il sostegno del dispensario di Kongouanou Costa D’Avorio per la Lotta al Morbo di Buruli

•Per informazioni: tel. 043135233 dalle 17.30 alle 19.30 da lunedì 16 maggio 2011.•Per informazioni sul mercatino: Rita Guardia Odoni, tel. 043132944 o cell. 3381538854.•Chi desidera mettere a disposizione mezzi e furgoni per la raccolta di materiali ferrosi ed indumenti può contattare Sergio Odoni 3209746162 o Elisa Soardo 3468284459.•Chi desidera donare materiali per il mercatino dell’usato, può portarli presso la Sala Parrocchiale ‘don Silvano Cocolin’ nelle giornate di lunedì 16, martedì 17 e mercoledì 18 maggio dalle ore 15 alle 19. Si prega di evitare il deposito di materiali all’esterno della sala e della canonica. Per i materiali ingombranti o pesanti, si prega di contattare l’organizzazione per il ritiro a domicilio.•Le iniziative non sono rinviabili, si svolgeranno anche in caso di pioggia.

–PROGETTI Uomini

ComeNoi 2011–Agricoltura: Fornitura di 5 trebbiatrici, 2 sgranatrici e una decorticatrice

per cereali nella missione di Morofè, Costa D’Avorio

Cultura: Costruzione di un padiglione accanto alla scuola per l’alloggio

di 15 ragazze studentesse orfane nel quartiere di Tampouy Ouagadougou, provincia di Kadiogo, in Burkina Faso

RACCOLTA MATERIALI RICICLABILI:

Sabato 28 e domenica 29 maggio

raccolta di MATERIALI FERROSI e INDUMENTI.

I giovani dell’organizzazione passeranno porta a porta per

raccogliere ferro, alluminio, inox, rame, ecc. e indumenti

nuovi, usati, scarpe, borse, cinture ecc. in sacchi chiusi.

Si prega di depositare i materiali sul marciapiede.

MERCATINO DELL’USATO:

Giovedì 19, venerdì 20, sabato 21, domenica 22 e

Giovedì 26, venerdì 27, sabato 28, domenica 29 maggio

presso la Sala parrocchiale ‘don Silvano Cocolin’ di via Roma

a Cervignano dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 19.00.

l’atteggiamento di chi, conscio di tale ingiustizia, decide, per evitare errori, di non fare nulla salvo criticare le ini-ziative promosse dalle varie organizzazioni. Il bene non è un esclusivo valore dei cattolici; esistono persone di buona volontà che, rendendosi conto delle necessità, promuovo-no azioni di giustizia e umanità pur non appartenendo ad alcun credo religioso; dobbiamo rispettare questi atteggia-menti perché sono a beneicio della persona umana. Noi Cristiani siamo più vulnerabili e condannabili per effetto della nostra stessa appartenenza al vangelo di Gesù Cristo. Il vangelo per noi è la grande ‘fregatura’, è quel qualcosa in più che ti fa sentire responsabile anche quando non lo sei direttamente, quel qualcosa che tiene sempre viva la nostra coscienza, quel qualcosa che ti fa sentire felice ma non completamente soddisfatto anche quando facciamo qualcosa di buono per il bene delle persone. Probabilmen-te questo stato d’animo fa parte della missionarietà della chiesa, fa parte del nostro cammino di impegno e di spe-ranza per una giusta umanità. Ho avuto la grande fortuna di conoscere persone ‘eccezionali’ oltre agli amici con i quali condivi gioie e dolori nella vita; persone che dificilmente appariranno sui quotidiani o in TV, persone che hanno la vocazione e il coraggio di dedicare un lungo periodo della loro vita per gli ultimi del Vangelo; non tutti possiamo ave-re questa ‘grazia’ ma tutti possiamo sostenerla.

SERGIO ODONI responsabile dell’operazione ‘Uomini come noi’

Quando ho avuto modo di confrontarmi con altri sul si-gniicato dell’aiuto che possiamo dare al prossimo in si-tuazione di bisogno, in genere non ho riscontrato un netto riiuto all’aiuto ma altresì un forte scetticismo sulle azioni di sostegno a favore di questo o quel progetto per i dubbi (qualche volta fondati) che i soggetti destinatari dell’aiuto non ricevano ciò che a loro è destinato.Anche nei casi più sostenibili accade che i destinatari rice-vano il dovuto in misura notevolmente decurtata rispetto al ricavato e in alcuni casi che non ricevano nulla! Ciò può essere dovuto a vari fattori che vanno al di là della validità

del progetto o dell’iniziativa: onestà degli operatori, costi pubblicitari, remunerazione degli organizzatori, costi di spedizione, assicurazioni, costi dovuti a corruzione, furti, ecc. È dunque giustiicato un ragionevole dubbio sull’efi-cacia degli aiuti, pertanto trovo che tale “dubbio” sia legit-timo per le persone di buona volontà le quali sono coscienti che gran parte dell’umanità si trova a vivere o sopravvivere nell’ingiustizia sociale. C’è chi sostiene che eventuali aiuti e sostegni debbano essere dati esclusivamente da parte del-le agenzie governative (il cittadino contribuente delega lo stato a individuare i bisogni e a intervenire). Trovo diverso

INIZIATIVE 2010 QTÀ VALORE €

Mercatino dell’usato 1.000 tonnellate di

“buona volontà”

32.838,29

Raccolta materiali ferrosi 83,5 tonnellate =

10 containers

21.132,20

Raccolta indumenti 11 tonnellate =

1 bilico

1.800,00

TOTALE 55.770,49

RISULTATI UCN 2010

Opere e iniziative realizzate negli ultimi tredici anni con il ricavato delle operazioni ‘Uomini Come Noi’

1999 Quindici interventi chirurgici agli occhi presso l’ospedale della mis-sione di Bouaké.

2000 Sostegno alle opere del centro Missionario.2001 Costruzione di un pozzo per il rifornimento di acqua potabile nel

villaggio di Tansilla in Burkina Faso.2002 Sostegno a un ospedale per ammalati gravi di AIDS, gestito dalle

suore di madre Teresa in Burkina Faso. Sostegno al lebbrosario di Manikrò in Costa D’Avorio. Sostegno alla realizzazione di un padi-glione ricreatorio presso la nuova parrocchia nel villaggio di Morofè alla periferia di Yamoussoukro in Costa D’Avorio.

2003 Aiuti umanitari alla popolazione per emergenze di approvvigiona-mento di generi alimentari e assistenza sanitaria a seguito dalla guerra civile.

2004-05 Progetto per la rieducazione, la formazione e il reinserimento so-ciale delle bambine e ragazze che hanno subito violenze durante la guerra civile del 2002. Le ragazze (circa 120) sono ospitate presso la nostra missione di Nimbo Bouakè in Costa d’Avorio.

2006 Costruzione di una scuola di falegnameria a Korsimoro (Burkina Faso), per l’acquisto di strumenti di lavoro. Realizzazione della struttura muraria (capannone) in cui i giovani imparino il mestiere di falegname, e acquisto di alcune macchine da falegnameria.

2007 Ricostituzione della scuola di falegnameria a Djebonoua (Costa d’A-vorio) devastata e saccheggiata dai ribelli nel corso dalla guerra civile; acquisto di attrezzature e strumenti di lavoro.

2008 1) Costruzione di un fabbricato per dopo-scuola, corsi, incontri di formazione e acquisto di materiali e attrezzature didattiche presso la missione di Morofè nella diocesi di Yamoussoukro in Costa d’Avo-rio, dove opera il sacerdote della nostra diocesi don Flavio Zanetti. 2) Partecipazione alla spesa per la costruzione della chiesa nel vil-laggio di Seman dedicata a don Silvano. 3) Contributo per acquisto di attrezzature per la sala parrocchiale ‘don Silvano’.

2009 1) Progetto ‘Sviluppo Agricolo’ euro 36.000. Contribuire alla dota-zione nei dieci villaggi nelle vicinanze di Yamoussoukro di altrettanti motocoltivatori attrezzati per lavorare la terra nei bassifondi, per permettere la coltura del riso irrigato. 2) Lotta al Morbo di Buruli (Ulcere di Buruli) euro 12.000. Contributo per la costruzione di un padiglione per l’ospitalità alle mamme dei bambini in cura presso il dispensario di Kongouanou .

2010 1) ISTRUZIONE: Costruzione della scuola primaria nel quartiere di Sopim-Yamoussoukro: 6 classi, con direzione, segreteria, servizi igienici, tavoli e sedie per 300 alunni. 2) AGRICOLTURA: Acquisto di una trebbiatrice per il riso per la missione di Morofè 3) SANITÀ: Contributo al dispensario per la cura del morbo di Buruli nel villag-gio di Konguanou. Totale per i tre progetti euro 50.000

Tutti coloro (aziende o privati cittadini) che desiderano donare grandi quantità di materiale ferroso difficili da accumulare sui marciapiedi possono rivolgersi alla segreteria dell’OUCN telefonando ai seguenti numeri: 0431 35233, 320 9746162, 346 8284459. Ogni contributo sarà fondamentale per il sostegno alle missioni!

OGNI DONO È PREZIOSO!

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Cervonius o Cervenius?I nomi dei luoghi sono una cartina al tornasole della loro storia: prendiamo ‘Cervignano’. Quando compare per la prima volta nei documenti? Uficialmente, nell’anno 912, quando Berengario I, marchese del Friuli, re d’Italia e imperatore del Sacro Romano Impero creato da Carlo Magno, conferma i beni del «monasterium Sancti Micha-

eli Archangeli de Cerveniana inibus Foroiuliensibus» dopo le devastanti invasioni degli Ungari (vedi ig. 1). Cerveniana inibus Foroiuliensibus, ossia ‘Cervignano nel territorio del Friuli’: di fatto, la stessa denominazione di oggi, uficializzata con il regio decreto n. 800 del 29 marzo 1923. Di quel documento non abbiamo l’originale, andato perduto: possediamo, però, sette copie di regesto conservate in varie biblioteche pubbliche regionali; in ig.2 ne riporto un’immagine, tratta da Rossetti 1984. Dobbiamo ora porci un’altra domanda. Se Cervignano è l’evoluzione moderna di Cerveniana, da dove deriva, a sua volta, Cerveniana? Per rispondere, dobbiamo indietreggia-re ancora nella storia e risalire all’epoca romana.L’anno della svolta è il 181 a.C.; da Roma, arrivano mol-ti coloni latini per fondare un avamposto militare in una terra di cultura mista: nasce Aquileia. Un secolo dopo, Aquileia è già una delle città più importanti del mondo romano: il centro è piuttosto grande, ma ancora più esteso è il territorio di giurisdizione, con le sue campagne, fra le quali quelle del nostro attuale comune. Fra i tanti nomi che possiamo incontrare leggendo le centinaia e centinaia di lapidi conservate al Museo Archeologico (lapidi che, proprio perché ci parlano dopo duemila anni, rappresenta-no una civiltà ancora viva e palpitante), due in particolare ci devono colpire; vediamo nel dettaglio, seguendo la nu-merazione dei reperti di Lettich 2003.

Cervignanesi nella storiadi VANNI VERONESI SECONDA PUNTATA

I PRIMI CERVIGNANESI

L’epigrafe n. 354 è un’urna cineraria cilindrica in calcare (n. inv. 1472), rinvenuta nel 1830 ad Aquileia, in località Beligna, e risalente al III secolo d.C.; vi si legge:

D(is) M(anibus). Cosconiæ Aventiæ coniug(i) optim(æ) L(ucius) Cervon(ius) Avitia- nus meren(ti).

Traduco: «Agli dei Mani. A Cosconia Avenzia, ottima e benemerita sposa, Lucio Cervonio Aviziano». Siamo di fronte alla dedica di un marito alla moglie defunta: l’urna ne conserva le ceneri.Dal canto suo, l’epigrafe n. 457 (n. inv. 2382), una la-stra tombale parallelepipeda in trachite euganea del I sec. a.C., è piuttosto malconcia, ma nell’elenco di nomi pre-senti si riesce a distinguere una Maxsuma Cervonia.Ora, è noto che i toponimi con sufisso inale -ano e -asco derivano dal latino, precisamente da nomi di famiglia tra-sformati in aggettivi di proprietà, con sottinteso un termi-ne come ager, fundus, prædium (rispettivamente ‘campo’, ‘fondo’, ‘podere’). Se è vero, come dice la studiosa Carla Marcato, che Cervignano e, quindi, Cerveniana, deriva-no da praedium Cervonianum o praedium Cervenianum (vedi ig. 3), ossia ‘podere di proprietà dei Cervonii’ o ‘dei Cervenii’, forse abbiamo trovato due rappresentanti della famiglia che ha dato il nome alla nostra città: per l’appunto, Massima Cervonia e Lucio Cervonio Aviziano, l’una del I sec. a.C., l’altro del III sec. d.C.Naturalmente, il ‘forse’ è d’obbligo, ma nessuno può im-pedirci di pensare che ciò sia vero…

Abbone, il primo cervignanese di sicura attestazioneRitorniamo ora al principio di questo articolo, precisa-mente al documento con cui re Berengario conferma i beni e le proprietà dell’abbazia di Cervignano. L’accordo, sottoscritto a Pavia nel 912, riporta anche il nome del fra-te a cui il sovrano ribadisce i privilegi dopo le devastazio-ni ungare: si chiama Abbone. Se con Massima Cervonia e Lucio Cervonio Aviziano siamo solo nel campo dell’ipo-tesi, se con san Romolo martire (ricordate il personaggio della volta scorsa?) siamo sospesi fra leggenda e realtà, con Abbone non abbiamo dubbi: siamo in presenza del primo cervignanese di sicura attestazione.L’anno prossimo, il nostro paese festeggerà 1100 anni (anche se i primi insediamenti risalgono, pensate, alla Preistoria…): accanto alle cerimonie uficiali, che non

Fig. 1. Incisione di Augusto Bucick all’interno del libro Cervignano e dintorni - Cenni storici di Angelo Molaro (Udine 1920): vi si rappresenta, con brutalità e al contem-po splendore decorativo, l’assalto degli Ungari alla badia di S. Michele Arcangelo.

Fig. 2. Regesto del documento di re Berengario (anno 912).

Fig. 3. Incisione di Augusto Bucick all’interno del libro Cervignano e dintorni - Cenni storici di Angelo Molaro (Udine 1920): fantasiosa, ma suggestiva, rappresenta-zione di un’ipotetica Cervignano romana, erroneamente chiamata da Molaro Servilianus.

BIBLIOGRAFIA

Rossetti 1984Antonio Rossetti, Cervignano e il suo antico territorio nel Medioevo, 1984.

Lettich 2003Giovanni Lettich, “Itinerari epigrafici aqui-leiesi. Guida alle epigrafi esposte nel Museo Archeologico Nazionale di Aquileia”, in An-tichità Alto Adriatiche n. L, Trieste 2003.

mancheranno, l’associazione ‘Cervignano Nostra’, di cui ho il piacere e il privilegio di far parte, ha ottenuto di ospitare qui da noi l’annuale convegno della prestigiosa Società Filologica Friulana. Abbone, dopo tanto tempo, tornerà ad essere nominato nelle vie di Cervignano…

.:.www.ricre.org .:.fb: Amici di “Alta Quota”

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Parrocchia San Michele Arcangelo, gestione Radio Presenza

festfestPARTECIPAZIONE RECORD!Vota il tuo carro o gruppo preferito su www.ricre.org

Oltre 3.500 persone hanno applaudito la venticinquesi-ma edizione di Carnevalfest, evento organizzato dal Ri-creatorio San Michele, in collaborazione con il Comune di Cervignano del Friuli. Sul sito internet del ricreatorio (www.ricre.org) è possibile rivivere i momenti più belli della silata attraverso una ricca galleria fotograica. Inol-tre, ogni utente ha la possibilità di indicare il carro e grup-po allegorico preferito, attraverso un apposito sondaggio!

1º cl. CARRI: Tiars Beach - I Puffi di Terzo d’Aquileia

MASCHERA D’ARGENTO: Biancaneve e i suoi amici – Giovani famiglie di Cervignano

1º cl. GRUPPI: 1861-2011 gruppo AGESCI di Cervignano

RADIO PRESENZA: LA PAROLA A LUCA DI PALMABen ritrovati cari lettori, oramai è passato più di un mese da quando vi ho svelato alcune curiosità circa la nostra beneamata Radio Presenza... Se vogliamo è un po’ la mia missione: raccontare ciò che avviene all’interno dell’e-mittente della nostra comunità. Ebbene, ora vi parlerò di una persona che, per la mole di idee, impegno e passione che mette a disposizione di tutti noi, ho voluto nominare ‘factotum’. Tranquilli, non c’entra nulla Figaro, bensì vi sto parlando di Luca Di Palma, 23 anni, di Cervignano, conduttore di Siete pronti per lo show? e Cervignano No-stra. Che ne dite? Vediamo di schedare il ragazzo!

Nome: Luca Di PalmaSoprannome: SnoopAnni: 23Pregi: Simpatia, generosità, fedeltà…

Single (quindi, ragazze…)Difetti: Milanista

Sogni nel cassetto?«A questo punto lavorare nel mondo della radio o comun-que più in generale fare di una mia passione la mia profes-sione! Comunque, trovare un lavoro in cui io possa essere ‘imprenditore di me stesso’».Cosa rappresenta per te fare radio?«Personalmente ritengo, al di là dei tecnicismi, che sia un bellissimo modo per fare una esperienza sia ‘personale’ sia ‘collettiva’, per acquisire una maggiore sicurezza ed imparare a lavorare in squadra, per far sì che tutto funzio-ni al meglio».Cosa manca ancora in questa radio?«Più che mancare qualcosa, penso che dovremmo svilup-pare maggiormente quello che potenzialmente abbiamo già: puntare di più sulla qualità dei programmi e coinvol-gere le realtà del territorio, per far sì che la nostra emitten-te diventi un punto di riferimento per tutti... Comunque, se proprio devo indicare qualcosa, direi un giornale radio mattutino ed un programma sportivo domenicale».

SALVO BARBERA

LE TRASMISSIONI DI RADIO PRESENZATribe, con Gaia, Gavin e Francesco. Ogni lunedì dalle 16 alle 17, per conoscere i gruppi musicali emergenti.

Rainbow, con Salvo, Fabio e Davide. Ogni lunedì dalle 20.30 alle 22, per affrontare l’attualità con ironia.

Inter…azione, con Stefano e Michele. Ogni martedì dalle 19.30 alle 20.30, per conoscere le associazioni spor-tive di Cervignano.

Tomorrow night, con Nicola, Andrea e Alessandro. Ogni martedì dalle 21.30 alle 23.30, per la grande disco-grafia del passato.

Brainstorming, con Valentina, Gaia e Michele. Ogni mercoledì dalle 20.30 alle 21.30, perché la scienza può essere divertente.

Cinemanicomio, con Sara, Salvo e Davide. Ogni gio-vedì dalle 19.30 alle 21, la cinecrazia di Radio Presenza.

Moonlight, con Alessandro e Lorenzo. Ogni giovedì dal-le 21 alle 23, due ore di grande musica.

C’era una volta, con Clara, Franca e Antonio. Ogni venerdì dalle 10 alle 10.30, per ripercorrere la vita degli antichi romani.

Siete pronti per lo show?, con Luca, Laura, Miche-le e Davide. Ogni venerdì dalle 19.30 alle 21, per conosce-re tutti gli eventi del week end.

Cervignano Nostra. Ogni venerdì dalle 21 alle 22, per conoscere i beni culturali della nostra città.

Speciale Quaresima, con Anna. Ogni sabato dalle 10 alle 10.30, per avvicinarsi al meglio alla Pasqua.

Onda Poetica, con Jaques, Jessica e Maurizio. Ogni do-menica dalle 18 alle 19, per parlare di letteratura.

E ogni giorno:

- Il Santo del Giorno, con don Moris, alle 7, 8 e 9.30

- La Bibbia in Radio, con don Bruno e Carla, alle 7.30 e alle 14.

CENTRO ESTIVO IN RICREATORIO!DAL 13 GIUGNO INIZIA ‘DJ: UN RITMO PER CAMBIARE’ Iscrizioni da lunedì 2 maggio.

Dove trascorrere i primi giorni di vacanza

quest’estate? Ovviamente in Ricreatorio!

Lunedì 13 giugno inizia infatti l’imperdibile

centro estivo ‘DJ, un ritmo per cambiare’,

organizzato dal Ricreatorio San Michele. Per

tre settimane, fino a venerdì 1 luglio, tutte le

mattine, dal lunedì al venerdì con orario 8:30

- 12:30 (ma accoglienza già a partire dalle ore 8 e f i n o

alle ore 13 per venire incontro alle esigenze dei genitori che lavorano), gli

ambienti del Ricreatorio ospiteranno bambini e ragazzi dai 6 ai 12 anni

per offrire loro momenti di svago, divertimento e formazione.

Assieme agli animatori del Ricreatorio, i partecipanti saranno impe-

gnati in giochi appassionanti, laboratori manuali e attività sportive. Il

tutto, senza scordare le immancabili gite settimanali alla scoperta dei

luoghi del nostro territorio.

Tutti i partecipanti potranno iscriversi al Centro estivo per

l’intero periodo della sua durata (3 settimane) o scegliere

singole settimane (13-17 giugno, 20-24 giugno, 27 giugno-1

luglio). Le iscrizioni avranno inizio a partire da lunedì 2 mag-

gio presso la segreteria del Ricreatorio San Michele, in via

Mercato 1, di fronte ai campi da gioco, ogni pomeriggio dal

lunedì al venerdì dalle 14:30 alle 17:30.

Per informazioni•Alex Zanetti: 340 3611418 •Segreteria del Ricreatorio: 0431 35233 (Matteo Comuzzi),

[email protected]•www.ricre.org (per essere aggiornati sul programma del

centro estivo che verrà presentato nelle prossime settimane)

CAMPO IN SINTETICO: VIENI A GIOCARE ANCHE TU!Il campo di calcio in sintetico del Ricreatorio San Michele può essere prenotato ogni giorno, dal lunedì al vener-dì dalle 19 alle 22, per organizzare partite tra amici, con la possibilità di usufruire degli spogliatoi per le docce a fine gara. Per le prenotazioni è sufficien-te contattare il responsabile del campo, Matteo Comuzzi, telefonando al numero 345 4549770.

RITORNA IL TORNEO DI CALCIO A 5!A maggio sul campo del Ricreatorio San MicheleAnche quest’anno il Ricreatorio San Michele organizza nella secon-da metà del mese di maggio il tradizionale torneo di calcio a 5. Nei prossimi giorni gli organizzatori renderanno note le date dell’evento e le giornate per le iscrizioni. Per conoscere le novità sarà sufficiente visitare il sito www.ricre.org o le bacheche all’esterno del Ricreatorio!

spettacolo teatrale liberamente tratto da ‘Mary Pop-

pins’, a cura di ‘Le Briciole di Mezzo’ del gruppo

teatrale ‘Le Briciole d’Arte’. Regia di Andrea Zam-

par, Gabriele Scolaro, Luca Di Palma. Coreografie di

Giuseppe Mennillo.

DOMENICA 8 MAGGIO ALLE ORE 20.30, PRESSO IL TE-

ATRO SALA AURORA DEL RICREATORIO SAN MICHELE:

CON UN POCO DI ZUCCHERO

Per essere sempre aggiornati: www.radiopresenza.org e www.ricre.org/Radio-Presenza

90000020306

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