ALTA UOTA - ricre.org · Più moderate scosse si veriicarono a Udine e Pordenone, leggere invece a...

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ALTA UOTA Anno 12 Numero 55 edizione Maggio-Novembre 2016 Periodico bimestrale gratuito - Tiratura 1.000 copie - Registrazione Tribunale di Udine n. 15 del 15 marzo 2005 Centro Giovanile di Cultura e Ricreazione “Ricreatorio San Michele” via Mercato, 1 – 33052 Cervignano del Friuli (UD) www.ricre.org Il Ricreatorio San Michele è iscritto nel Registro Regionale delle Associazioni di Promozione Sociale al n. 121 www. fvgsolidale.regione.fvg.it Segreteria telefonica e fax: 0431 35233 Sito internet: www.ricre.org /AltaQuota2.0 [email protected] Direttore responsabile: Andrea Doncovio Direttore editoriale: Filippo Medeot Redattori: Giuseppe Ancona, don Moris Tonso, Vanni Veronesi, Giulia Bonifacio, Francesco Perusin, Federica Ermacora, Francesco Pavoni, Carolina Stabile, Luca Mag- gio Zanon, Paolo Bearzot, Luca Visentin. Responsabile web: Riccardo Rigonat Responsabile marketing: Alex Zanetti Stampa: Goliardica Editrice, Bagnaria Arsa CARLA MARCATO p. 9 ANTONIO SACCHETTO p. 3 ALCIDE GRATTON p. 4 GIORGIO GODINA p. 4 CRISTIANO TESSARI p. 5 I nnanzitutto vorrei cogliere l’occasione per presentarmi: mi chiamo Filippo Medeot e sono il nuovo direttore di Alta Quo- ta. Quando ho deciso di assumere l’incarico il primo pensiero è andato alla grande responsabilità di portare avanti il giornale, mantenendone alta la qualità e la lucidità. Per fortuna ad accom- pagnarmi c’è una redazione giovane e volenterosa; insieme cer- cheremo da una parte di rinnovare Alta Quota, stando al passo con il mondo, e dall’altra conservare lo spirito che da sempre ani- ma questo periodico: osservare ed analizzare la realtà che è in- torno a noi, con un occhio di riguardo a Cervignano ma anche al resto del globo, in maniera puntuale, seria, attenta ed intelligente. Ringrazio inoltre Vanni Veronesi, sia per aver magistralmente di- retto Alta Quota negli ultimi tempi sia per avermi dato più di una mano a comprendere come si porta avanti un giornale. Dunque quello che avete tra le mani è il nuovo numero di Alta Quota. È un numero diverso dagli altri: è diviso in due parti. Nel- la prima troverete testimonianze e racconti sul terremoto che nel 1976 colpì la nostra regione, esattamente quarant’anni fa. Nella seconda si parlerà di linguaggio e comunicazione e del rapporto di questi con la società: un argomento a mio avviso estremamente interessante e ricco di spunti. Purtroppo, dopo i due devastanti terremoti che hanno scosso il Centro Italia, il tema della ricostruzione è divenuto più attuale che mai: in questo senso l’esperienza friulana può costituire un modello virtuoso a cui guardare. L’anniversario dell’ Orcolat – che causò quasi mille morti – è sta- to occasione di numerose celebrazioni, dagli speciali televisivi alle mostre, ino alla visita del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ai comuni di Gemona e Venzone. Al di là di cerimonie e commemorazioni, Alta Quota vuole riportare un ricordo vivo di ciò che avvenne la sera del 6 maggio 1976, attraverso le parole di chi il terremoto e la conseguente emergenza li visse in primo piano, soprattutto per i più giovani, molti dei quali non hanno un’idea precisa di quello che accadde. Il numero si occuperà di tutti gli aspetti del sisma: dagli attimi della scossa al soccorso dei sopravvissuti ino alla successiva ricostruzione. Un evento dram- matico che portò alla luce la straordinaria forza di volontà di uo- mini e donne e la capacità intrinseca all’uomo di reagire di fronte alle calamità. Vi auguro una piacevole lettura lasciandovi in compagnia delle parole dolci ma al contempo malinconiche che lo scrittore Mauro Corona pronunciò ricordando il terremoto del Friuli. «Il friulano che c’era non è più quello, non può ricostruirsi, perché quello aveva un andamento luido, di anni, prima ancora di secoli, la memoria ereditata nei racconti. Invece adesso c’è stata questa troncatura e il friulano ancora barcolla, è preso dalla malinconia, dalla nostalgia di una cosa che non c’è più, perché il vero friulano non è il ‘fasìn di bessôi’, ma è l’avere ancora entusiasmo da rina- scere da queste ceneri e quindi raccoglierle di nuovo e ripartire. È questa la forza del friulano: è la capacità di non farsi abbattere. Non piange tanto il friulano, sa tenere le lacrime e gli circolano dentro come una linfa nuova, terriicante ma anche creativa, è una testimonianza di tenacia, di volontà, di forza. […] Bisogna riparti- re ed è diicile alzare una pietra per fare un muro quando dentro hai il dolore dei morti, della disfatta della memoria, usi e costu- mi, tradizioni, la cultura; non c’è più niente e quindi dobbiamo mettere una pietra e se quella pietra pesa un chilo, con il dolore dell’anima pesa dieci chili, cento chili, eppure il friulano la alza e la piazza lì: “e intanto abbiamo messo questa”, dice». FILIPPO MEDEOT (RI)SCOSSA. A 40 ANNI DAL SISMA CHE SCONVOLSE IL FRIULI

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ALTA UOTAAnno 12 Numero 55 edizione Maggio-Novembre 2016Periodico bimestrale gratuito - Tiratura 1.000 copie - Registrazione Tribunale di Udine n. 15 del 15 marzo 2005

Centro Giovanile di Cultura e Ricreazione Ricreatorio San Michele via Mercato, 1 33052 Cervignano del Friuli (UD) www.ricre.org

Il Ricreatorio San Michele iscritto nel Registro Regionale delle Associazioni di Promozione Sociale al n. 121

www. fvgsolidale.regione.fvg.itSegreteria telefonica e fax: 0431 35233 Sito internet: www.ricre.org /AltaQuota2.0 [email protected] responsabile: Andrea Doncovio Direttore editoriale: Filippo Medeot Redattori: Giuseppe Ancona, don Moris Tonso, Vanni Veronesi, Giulia Bonifacio, Francesco Perusin, Federica Ermacora, Francesco Pavoni, Carolina Stabile, Luca Mag-gio Zanon, Paolo Bearzot, Luca Visentin.Responsabile web: Riccardo Rigonat Responsabile marketing: Alex Zanetti Stampa: Goliardica Editrice, Bagnaria Arsa

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Innanzitutto vorrei cogliere loccasione per presentarmi: mi chiamo Filippo Medeot e sono il nuovo direttore di Alta Quo-ta. Quando ho deciso di assumere lincarico il primo pensiero andato alla grande responsabilit di portare avanti il giornale, mantenendone alta la qualit e la lucidit. Per fortuna ad accom-pagnarmi c una redazione giovane e volenterosa; insieme cer-cheremo da una parte di rinnovare Alta Quota, stando al passo con il mondo, e dallaltra conservare lo spirito che da sempre ani-ma questo periodico: osservare ed analizzare la realt che in-torno a noi, con un occhio di riguardo a Cervignano ma anche al resto del globo, in maniera puntuale, seria, attenta ed intelligente. Ringrazio inoltre Vanni Veronesi, sia per aver magistralmente di-retto Alta Quota negli ultimi tempi sia per avermi dato pi di una mano a comprendere come si porta avanti un giornale.Dunque quello che avete tra le mani il nuovo numero di Alta Quota. un numero diverso dagli altri: diviso in due parti. Nel-la prima troverete testimonianze e racconti sul terremoto che nel 1976 colp la nostra regione, esattamente quarantanni fa. Nella seconda si parler di linguaggio e comunicazione e del rapporto di questi con la societ: un argomento a mio avviso estremamente interessante e ricco di spunti.Purtroppo, dopo i due devastanti terremoti che hanno scosso il Centro Italia, il tema della ricostruzione divenuto pi attuale che mai: in questo senso lesperienza friulana pu costituire un modello virtuoso a cui guardare. Lanniversario dellOrcolat che caus quasi mille morti sta-to occasione di numerose celebrazioni, dagli speciali televisivi alle mostre, ino alla visita del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ai comuni di Gemona e Venzone. Al di l di cerimonie e commemorazioni, Alta Quota vuole riportare un ricordo vivo di ci che avvenne la sera del 6 maggio 1976, attraverso le parole di chi il terremoto e la conseguente emergenza li visse in primo piano, soprattutto per i pi giovani, molti dei quali non hanno unidea precisa di quello che accadde. Il numero si occuper di tutti gli aspetti del sisma: dagli attimi della scossa al soccorso dei sopravvissuti ino alla successiva ricostruzione. Un evento dram-matico che port alla luce la straordinaria forza di volont di uo-mini e donne e la capacit intrinseca alluomo di reagire di fronte alle calamit. Vi auguro una piacevole lettura lasciandovi in compagnia delle parole dolci ma al contempo malinconiche che lo scrittore Mauro Corona pronunci ricordando il terremoto del Friuli.Il friulano che cera non pi quello, non pu ricostruirsi, perch quello aveva un andamento luido, di anni, prima ancora di secoli, la memoria ereditata nei racconti. Invece adesso c stata questa troncatura e il friulano ancora barcolla, preso dalla malinconia, dalla nostalgia di una cosa che non c pi, perch il vero friulano non il fasn di bessi, ma lavere ancora entusiasmo da rina-scere da queste ceneri e quindi raccoglierle di nuovo e ripartire. questa la forza del friulano: la capacit di non farsi abbattere. Non piange tanto il friulano, sa tenere le lacrime e gli circolano dentro come una linfa nuova, terriicante ma anche creativa, una testimonianza di tenacia, di volont, di forza. [] Bisogna riparti-re ed diicile alzare una pietra per fare un muro quando dentro hai il dolore dei morti, della disfatta della memoria, usi e costu-mi, tradizioni, la cultura; non c pi niente e quindi dobbiamo mettere una pietra e se quella pietra pesa un chilo, con il dolore dellanima pesa dieci chili, cento chili, eppure il friulano la alza e la piazza l: e intanto abbiamo messo questa, dice.

FILIPPO MEDEOT

(RI)SCOSSA.A 40 ANNI DAL SISMA CHE SCONVOLSE IL FRIULI

I DATI

6 MAGGIO 1976Il 6 maggio 1976 lOrcolat, lessere mostruoso indicato dalla tradizione popolare come la causa dei terremoti, diventando successivamente lappellativo di quella che considerata una delle scosse sismiche pi devastanti della seconda met del Novecento in Italia, si svegli.Alle ore 21.00 la terra trem per circa un minuto, generando un sisma di magni-tudo 6.4 della scala Richter che colp in particolar modo la zona a nord di Udine con epicentro nei comuni di Artegna e Gemona, causando per efetti distruttivi in ben quarantacinque paesi completamente rasi al suolo tra i quali oltre ai due sopracitati ricordiamo anche Osoppo, Venzone, Fogaria, Buia, Moggio Udinese, Trasaghis e Majano. Pi moderate scosse si veriicarono a Udine e Pordenone, leggere invece a Trieste, Gorizia e nelle regioni Veneto e Trentino Alto-Adige. Sicuramente i danni furono maggiori a causa della posizione dei comuni su al-ture e dellet avanzata degli ediici, ma il colpo di grazia avvenne nei giorni 11 e 15 settembre del medesimo anno, quando quattro scosse di simile potenza alla prima di quella terribile serie distrusse anche quel poco che era rimasto in piedi. L8 maggio il consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia mise a disposizione 10 miliardi di lire per avviare immediatamente la ricostruzione delle aree colpite e il 15 settembre invece fu designato Giuseppe Zamberletti al ruolo di commissario straordinario del Governo e coordinatore dei soccorsi.Aiuti giunsero da ogni parte dItalia e persino dagli Stati Uniti che contribuirono sia con denaro sia con linstallazione di tende da campo, mezzi e attrezzature ne-cessarie. La ricostruzione si concluse dopo dieci anni di duro lavoro che diedero importante impulso alla formazione della Protezione Civile, ma sar ricordata in seguito come esempio di grande eicienza e seriet, tanto che si parler addi-rittura di modello Friuli: tramite il metodo di anastilosi ogni pezzo infatti sar riposto esattamente dove si trovava in precedenza. Alla ine dei conti dunque questa tragedia, che in termini di vite umane e danni costata 989 morti, 3.000 feriti, circa 100.000 sfollati, quasi 17.000 case distrutte e 18.5 miliardi di euro secondo i dati delluicio studi della Camera, possiamo dire che giunta a un felice epilogo.

CAROLINA STABILE

AREA COLPITA: 5.500 chilometri quadrati

POPOLAZIONE COLPITA: 600mila abitanti

MORTI: 990

SFOLLATI: pi di 100.000

CASE DISTRUTTE: 18.000

CASE DANNEGGIATE: 75.000

DANNI AL TERRITORIO: 4.500 miliardi di lire (oltre 18,5 miliardi di euro del 2010)

COMUNI COINVOLTI: 45 comuni rasi al suolo come Gemona, Venzone, Buia,

Pinzano al Tagliamento, Monteaperta (frazione di Taipana) e Osoppo, 40

gravemente danneggiati e 52 danneggiati le fotografie in questa pagina rappresentano Gemona del Friuli e dintorni.

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LE TESTIMONIANZE

VENZONE: UN CASO PARTICOLAREAntonio Sacchetto, classe 1940, ricopr la carica di sindaco di Venzone dal 1975 al 1982 ri-trovandosi a dover fare i conti con lOrcolat. Ci troviamo nel meraviglioso agriturismo che ha pian piano costruito assieme al iglio e tra un ricordo e laltro comincia la sua storia.

Cominciamo, se non le dispiace, da prima

del terremoto: comera Venzone nel 1975?

Era una citt tranquilla, normale come tante altre in Friuli, aveva circa 2.500 abi-tanti. Io salii in carica nel 1975, precisa-mente otto mesi prima del sisma, diciamo che non fui molto fortunato (poi conti-nua sorridendo). Sa, fui il primo sindaco socialista di Venzone dopo quarantanni di democrazia cristiana, eravamo nel pieno di un periodo di transito ma mai ci sarem-mo aspettati un evento come quello che ci colp, in quel tempo non si parlava di ter-remoto, non si parlava di zone sismiche, ci ha travolto e basta.

Pu condividere con noi i suoi ricordi di

quella sera?

Abitavo a trecento metri dal centro sto-rico, sotto la montagna, quella sera stavo montando una libreria assieme a mio iglio quindi ero disteso sulla schiena, sentii la scossa, fortissima, un frastuono irreplicabile, presi la mia famiglia e uscii di casa e andammo in una radura al sicuro. La casa nella quale vivevo lave-vo costruita nel 1964 io stesso, resistette bene e non riport particolari danni, potei perci rientrare velocemente e prendere i materassi e portarli nella radura. Ci che mi colp pi di ogni altra cosa fu la montagna, in quel momento si trasform in un mostro gigantesco, le frane e le scintille provocate dalloscillazione erano uno spettacolo terribile e poi il rumore e laria irrespirabile. Mi resi subito conto che era successo qualcosa di catastroico, cos corsi in paese.

Cosa vide l?

Fu diicile il solo arrivare al centro del paese, le strade non si pu dire che fossero inagibi-li: semplicemente non esistevano pi. Qua e l si vedevano i corpi di chi non era riuscito a mettersi in salvo ma in quel momento si pensava ai vivi; non cera tempo, i morti li si sarebbe pianti dopo. I miei concittadini erano tutti in mezzo alla piazza di Venzone, notammo subi-to che non cerano gli anziani che erano ospitati nella casa di riposo Pio Istituto Elemosinie-re, cos ci dirigemmo l ma le strade erano crollate e non si riusciva ad entrare. Di l a poco trovammo tutti gli ospiti dellistituto nei pressi della porta di San Giovanni: erano riusciti ad uscire prima che le scale venissero gi.

Chi venne a darvi il primo aiuto?

Fummo fortunati perch a Venzone era attiva la caserma degli alpini e la sorte volle che quella sera fossero di libera uscita quindi molti erano in paese, ci dettero un aiuto impor-tantissimo sopratutto nella fase di emergenza pi critica quando cercavamo tra le macerie eventuali sopravvissuti. Anche i militari di istanza a Venzone si misero immediatamente a disposizione, nella catastrofe del terremoto fummo veramente fortunati ad avere persone qualiicate pronte a dare una mano.

Come vi organizzaste ?

Per prima cosa andammo nel camping lungo il Tagliamento, l avevamo i bagni e lacqua corrente, poi creammo vari accampamenti, ogni frazione e borgo aveva la propria tendopoli. Successivamente costruimmo i prefabbricati che ci erano stati forniti, perch si sa, per i friu-lani la casa una cosa importante, per cui cercammo di ricreare un luogo nel quale sentirsi al sicuro. Arrivarono anche prefabbricati dal Canada: riiutai pi volte laiuto, dato che era-vamo gi suicientemente forniti, ma loro ce li inviarono lo stesso. Tuttoggi in alcune case sotto la muratura di rivestimento in mattoni c la casetta canadese interamente in legno.

La ricostruzione fu particolarmente veloce a Venzone, come mai?

S, Venzone stato un caso particolare tra tutti i comuni colpiti dal sisma per vari motivi. Per prima cosa fu fondamentale il controllo delle discariche, riuscimmo a classiicare tutto il materiale crollato casa per casa in modo da poterlo riutilizzare; le ruspe a Venzone non entrarono mai. Un altra fortuna fu il fatto che il centro storico di Venzone era vincolato: nel 1965 era stato proclamato monumento di interesse nazionale, per cui il nostro referente era al tempo il ministro per i beni culturali ed ambientali e non la legge regionale numero 63. Grazie a ci riuscimmo ad avere velocemente i fondi per le espropriazioni del centro storico e quindi per la successiva ricostruzione. Avemmo poi lintuizione di costruire prima di tutto le strade e le infrastrutture con le fognature e tutta la rete dei servizi e questo ci permise di essere molto veloci nel ricostruire il tutto; appena una casa veniva riediicata con i materiali di recupero era subito abitabile. Un grande problema era rappresentato dal fatto che non sapevamo bene come fosse fatto limpianto a terra del centro storico, ma anche qui fummo molto fortunati: lUniversit di Vienna aveva eseguito, a scopo di ricerca, il rilievo di tutto il centro, quindi la perfetta collocazione delle singole case.

Chi ricostru le case e le infrastrutture?

Per il centro storico vennero fondate molte cooperative, dunque venivano pubblicati i ban-di e di conseguenza gli appalti che venivano aidati a queste ultime, composte sopratutto di manodopera locale. Per la periferia della citt invece i privati facevano un po da s, nel sen-so che la casa se la ricostruivano da soli, la maggior parte delle persone erano abili muratori e poi ci siamo aiutati a vicenda.

Come funzion la solidariet?

Vennero persone da ogni parte dItalia, la solidariet fu molta e vanno ricordati anche i Fogolrs furlans di ogni parte del mondo che sia ci inviarono sia risorse di prima necessit sia ci dettero un aiuto economico non indiferente.

FILIPPO MEDEOT E FRANCESCO PERUSIN

le fotografie a fianco rappresentano Venzone e dintorni.

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LE TESTIMONIANZE

Un protagonista della politica cervignanese negli anni del-la cosiddetta Prima Repubblica, sindaco della citt alla ine degli anni Ottanta, ma soprattutto un uomo ancora oggi attivissimo nella nostra comunit: ALCIDE GRAT-TON. Chiacchierare con lui sempre un piacere, anche quanto i temi sono molto seri, come questa volta: il suo ricordo relativo ai giorni del terremoto.

Partiamo da

quella sera: 6 mag-

gio 1976.

Quella sera do-vevo andare in c o m m i s s i o n e edilizia in Mu-nicipio, ma mia moglie era rima-sta in panne con lauto a Cisis; la andai a recupera-re e parcheggiai lei e mia iglia di neanche tre anni a casa dei miei, in

Capoia, al primo piano. Arrivato in Municipio, iniziam-mo la seduta alle 21.00. Sei minuti dopo sentimmo un ru-more assordante: pensammo subito al passaggio dei carri armati che allora erano di stanza alla Monte Pasubio.

Erano cos rumorosi?

Scherzi?! Quando passavano per Cervignano tremavano i muri, esattamente come accadde quella sera: per questo pensammo ai carri armati. Fu il mio amico Maurizio Bri-ga a dirci, afacciandosi alla inestra, che si trattava del terremoto. Corsi in Capoia per recuperare moglie e iglia: erano incolumi perch, per lappunto, stavano al primo piano. Noi allepoca abitavamo al sesto piano del condo-minio Ausa: mi resi conto che lediicio aveva oscillato di oltre un metro.

E per fortuna qui non ci furono particolari danni

Grazie alla particolarit del terreno. Ma gi a Villa Vi-centina, a causa del fondo ghiaioso, ci furono delle lesioni molto gravi. Comunque so che in Capoia la centralina

LA FIAMMA DELLA SOLIDARIET NON SI SPENTA

IL TERREMOTO IN FRIULI: I VIGILI DEL FUOCO E I PRIMI SOCCORSI

dellEnel scintill a lungo perch i cavi dellalta tensione si toccavano.

Per sembrava che la cosa fosse finita l, vero?

Vero, perch le zone colpite dal sisma erano senza cor-rente, isolate, senza possibilit di comunicare immedia-tamente con il resto della regione. Rincasammo subito dopo le 22 e andammo a dormire. Poi, all1.15 ricevetti una telefonata dal bar Dante: Il Friuli disastrato, c bi-sogno di sangue. Mi precipitai alla locale sede dellAFDS e intanto le scosse ripresero, fortissime: mia moglie era a casa con la bambina, ricordo che per averla lasciata sola me ne disse tante

Cosa accadde il giorno dopo?

Quella notte il Friuli si attiv immediatamente e la mat-tina dopo la mobilitazione era gi enorme. A Cervignano lamministrazione organizz un centro di raccolta: cera bisogno di tutto, dal cibo ai materassi, dalle coperte ai ve-stiti. E voglio ricordare la grande attivit di coordinazio-ne dellallora sindaco Francovich, che di l a poco avrebbe passato dei mesi dinferno.

Come mai?

Francovich era ingegnere e qualche tempo prima del terremoto aveva diretto i lavori per la costruzione di un condominio a Majano. Quel palazzo croll e ci furono 40 morti. Fu un incubo: dopo una lunga serie di telefonate con minacce di morte, si trov costretto a scomparire. Solo a posteriori abbiamo saputo la verit: il precedente sindaco di Cervignano, Mariuz, lo aveva ospitato a casa sua per tre mesi, nel pi assoluto riserbo. Fu un gesto di grande uma-nit: Francovich era comunista, Mariuz democristiano, ma la loro amicizia era pi forte della lotta politica.

Come fin quella vicenda?

Tieni conto che un mese dopo erano previste le elezioni e Francovich era il candidato di punta del PCI provin-ciale: era praticamente certo di arrivare in Parlamento. La storia del condominio, per, fu la sua condanna: il partito chiese la sua testa, imponendogli le dimissioni da sindaco e dalla corsa alla Camera. Un anno dopo, il pro-cesso avrebbe comunque stabilito la sua totale innocen-za; si scopr, infatti, che Majano era stata dichiarata zona non sismica, perci i lavori erano stati condotti in modo del tutto regolare.

Ho incontrato, GIORGIO GODINA, dal 1975 uiciale supe-riore nel Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco ed in seguito Vice Comandante provinciale di Udine per diversi anni. Siamo in un locale del centro di Udine e lo ascolto come un nipotino ascolterebbe il nonno: con lammirato incanto che solo chi racconta se stesso e la propria passione riesce a su-scitare. Quel 6 maggio del 1976 alle ore 21.00 era di servizio al comando di Udine ed allora la prima domanda :

Quali i ricordi di quei primi momenti?

Terminata la scossa (IX grado Mercalli, durata quasi un minuto), il primo pensiero fu quello di mettere al sicuro i mezzi di soccorso trasferendoli nel cortile esterno. Le squadre erano pronte ad intervenire, ma il tempo passa-va e non arrivava nessuna richiesta di soccorso. Realizzai subito che era iniziata una lotta contro il tempo, ma an-che che nessuno sarebbe rientrato in casa per fare una te-lefonata ai pompieri. Che gli impianti elettrici, quelli te-lefonici e quantaltro di essenziale potevano essere fuori servizio. Decisi che se il soccorso non veniva verso i Vigi-li del Fuoco, sarebbero stati questi ultimi a cercarlo. Con lautista ed un mezzo di servizio mi diressi verso nord per individuare lestensione e la gravit del terremoto .

Cosa vide cosa la colp maggiormente?

Mi colp subito il buio profondo. Tutto era avvolto da una spessa e sconinata nube di polvere creata dai tan-ti crolli di ediici. La presenza a terra di ruderi e gros-se porzioni di case ingombravano le strade. Cominciai a segnalare via radio quello che vedevo dando le prime indicazioni per mobilitare i diversi Comandi Provinciali che iniziarono i preparativi di quello che sarebbe stato un tempestivo, massiccio, prolungato intervento in Friu-li. Il terremoto un evento catastroico, che in un attimo sconvolge tutto; impone un immediato ed imponente spiegamento di risorse umane e mezzi. Noi eravamo solo due pompieri, in mezzo ad un mondo martoriato, senza attrezzature speciiche ed avevamo solo due paia di guan-ti da lavoro, ci sentivamo impotenti e vulnerabili di fron-te a tanta devastazione.

Qual la tua personale esperienza del dopo?

In quelle settimane andai spesso nellalto Friuli, poich avevo una procura di mio fratello, che viveva in Ameri-ca, per riconvertire un vecchio casale di sua propriet a Piano dArta. Lediicio era rimasto in piedi, ma cerano crepe ovunque e gli abitanti della zona mi dissero di aver visto, quel 6 maggio, il tetto sollevarsi di un metro e poi tornare al suo posto. Anche raggiungerlo, comunque, era una impresa: non cera ancora lautostrada e la Ponteb-bana era ingombra di macerie. Ricordo deviazioni lun-ghissime, strade disastrate, interi paesi rasi al suolo. Vidi Gemona, Venzone, Trasaghis, Portis e mi resi conto della tragedia; pensai che fosse davvero inita per il Friuli, spe-cie dopo la terribile nuova scossa del 15 settembre.

Che viene sempre dimenticata, ma in realt fu il vero colpo di

grazia.

Tanto che butt gi le prime costruzioni appena riedii-cate, poich le malte erano ancora troppo fresche!.

Poi per si mise in moto una ricostruzione incredibile.

e ancora mi chiedo come sia stato possibile un simile miracolo. Ci fu una felice unione di vari aspetti: il volon-tariato, la partecipazione di tutte le forze politiche, lim-pegno concreto della Chiesa, la solidariet degli abitanti di Grado e Lignano che ospitarono i terremotati nelle loro case e nei loro alberghi (anche sacriicando intere stagione turistiche), nonch lorgogliosa tenacia tipica dei friulani. Fu poi decisivo lenorme contributo economico che arriv dai nostri corregionali sparsi in America, Australia, Nord Europa, anche grazie allazione meritoria di Mario Toros, presidente dellEnte Friuli nel Mondo: lemigrazione, sto-rica piaga di queste terre, si trasform in una risorsa, per-ch dai fogolrs sparsi in tutto il pianeta arrivarono soldi a palate. Cos tanti che la Regione pot investirli anche in settori slegati dalla ricostruzione post-terremoto.

Una simile convergenza di forze sarebbe ancora possibile nel

Friuli di oggi?

Il benessere distrae e provoca una quota isiologica di individualismo: anni fa cera abbondanza di volontari in tutti i settori, mentre oggi si fa pi fatica a trovarli. Tutta-via laiuto reciproco emerge nelle situazioni di diicolt: in questo senso, credo che la iammella di quella solida-riet non si sia spenta.

VANNI VERONESI

Lincontro con la gente, le rimasto nella memoria qualche

caso particolare?

Giunti a Gemona, notai che il disastro andava moltipli-cato per cento. Laiuto arriv dalla stessa gente friulana, persone meravigliose che ci invitavano, molto spesso, a proseguire per non perdere tempo. Andate avanti. Fer-matevi dove sentite i lamenti. Qui, ormai, non rispon-de pi nessuno. Niente panico o scene di disperazione. Grande dignit umana ed ammirevole compostezza. Alto rispetto e piena rassegnazione per la sorte sfortunata dei propri cari o dei semplici conoscenti. Che splendida ed indimenticabile lezione di vita! Il terremoto del Friuli che provoc quasi mille vittime, tanto dolore e strazio, mise anche in evidenza il carattere della gente friulana, forte e determinata che, nonostante tutto, seppe risollevarsi ra-pidamente e ricominciare trasformando una sciagura in opportunit .

Un ricordo particolare in seguito?

Ci recammo anche presso le case popolari, un ediicio multipiano era completamente crollato, letteralmente su se stesso. Il tetto si era appoggiato su una quantit inde-scrivibile di rottami e si univa direttamente con il piaz-zale esterno. Risalimmo lungo il cumulo delle macerie ed entrammo nel fabbricato attraverso il lucernaio del tetto. Raggiunto il piano sottostante notammo, allormai debole luce delle lampade portatili, la presenza dei com-ponenti di una famiglia. Gli adulti necessitavano di un pietoso recupero, mentre un bambino piccolo era ancora vivo ma trattenuto dal peso del corpo della mamma che, a sua volta, era schiacciato da una grossa trave di cemen-to armato che sopportava i tetto. Sezionata la trave e ri-mosso il troncone, il corpo della madre venne separato dal piccolo corpicino che, proprio in quel momento smi-se di piangere e spir. Stavamo andando via rattristati e delusi dallinsuccesso dopo tanto lavoro rischioso. Prima di abbandonare labitazione, con la diicolt di muoversi e la scarsa visibilit volli assicurarmi che ci fossero al-tre persone. Alla ioca luce della lampada portatile notai,

schiacciata da una grossa trave di cemento armato, una bambina dal volto polveroso, con due occhi spalancati e lo sguardo isso che piangeva in assoluto silenzio e che rimase sempre muta alle tante domande per sostenerla. Come avevamo fatto per la madre, la pesante struttura venne rimossa e la bambina trasportata allesterno attra-verso il solito lucernaio e consegnata ai sanitari presenti poco distante. Era il nostro primo soccorso con esito pie-namente favorevole.Questo episodio segn per sempre la mia vita, anche pro-fessionale. Nei momenti di maggiore diicolt, limma-gine di quellangioletto rimasto sconosciuto, mi dava la forza di continuare.Allalba apprendemmo che gi da molto tempo i Vigili del Fuoco dei Comandi Regionali e quelli del Triveneto operavano in zona. Ci sentivamo rassicurati: lenorme macchina dei soccorsi era partita rapidamente .

GIUSEPPE ANCONAALTA

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UN PO DI STORIA DELLARCHITETTURA

PRIMA E DOPO IL 1976: LA PAROLA ALLO STORICOCRISTIANO TESSARI, professore associato di Storia dellArchitettura dal 1998, insegna dal 2002 allUniversit degli Studi di Udine. Laureatosi in architettura allo IUAV di Venezia nellA.A. 1982-83 con una tesi diretta da Man-fredo Tafuri dedicata allarchitettura spagnola del XVI secolo, tema sul quale ha redatto saggi e voci enciclope-diche in pubblicazioni nazionali e internazionali, ha suc-cessivamente frequentato un corso di dottorato in Storia dellArchitettura e dellUrbanistica. Ricercatore presso lo IUAV dal 1993; dal 1996 al 2000 stato titolare dei corsi istituzionali di Storia dellArchitettura Antica, Medievale, Moderna. Fra il 2008 e il 2010 stato responsabile dellU-nit di Ricerca della Facolt di Ingegneria dellUniversit degli Studi di Udine nellambito del Programma di Ricer-ca Scientiica di Rilevante Interesse Nazionale (P.R.I.N.) bandito nel 2007 dal titolo Linvenzione del passato e la memoria dellantico nellarchitettura italiana (XIX-XXI sec.) promosso dallUniversit IUAV di Venezia.

Mi sono rivolto a lei per fare un inciso mediamente approfondito

sul terremoto del 1976 dal punto di vista architettonico, che cosa

stato e cosa ha significato per la nostra regione. Partirei quindi

da prima del terremoto cercando di inquadrare le differenti tipo-

logie edilizie presenti allepoca in Friuli Venezia Giulia.

Dunque per essere pi sintetico possibile, il problema riguarda pi la domanda che la risposta. Mi spiego. Il pa-radigma analitico e narrativo dei modelli pi frutto di convenzioni culturali che nascono in ambito storiograico che rilesso di realt storiche, tutta una serie di categorie, ci tengo a dirlo, non esclusa quella della cos detta citt ideale, sono sopratutto invenzioni storiograiche connes-se al modo di raccontare la storia. La dolorosa realt per lo storico in questo caso essenzialmente questa: linte-resse per il Friuli scatta nel panorama nazionale proprio nel momento in cui ci si interroga fondatamente o meno sul che cosa fare vista lentit e la misura della catastrofe. Questo un dato di fatto al punto tale che, e con questo forse anticipo una sua domanda, potr notare che mentre sono stati prodotti opuscoli operativi in funzione della ri-costruzione con le tipiche igurazioni a cui aidarsi per la ricostruzione ex novo, lo stesso tipo di documentazione non esiste relativamente alle preesistenze, vale a dire che quelle indicazioni erano di per s prodotto di sintesi di cui non erano state dichiarate le fonti, il ch, e questo temo valga come anticipazione, vale anche come strumento su cui fondare la valutazione, dire giudizio sarebbe troppo arrogante, del dopo. Sarei pronto a scommettere, se fos-si uno scommettitore, e non lo sono, che molte sorprese verrebbero fuori nel momento in cui si confrontassero immagini del prima terremoto, partendo da una scala territoriale di grandi aree e scendendo poi nel dettaglio del perduto, con le corrispondenti immagini del dopo co-struito e non essendo friulano e non essendo presente in quellarea in quel momento a che cosa aido e baso questa mia convinzione? Per il fatto che avendo percorso in lun-go ed in largo nel corso degli ultimi venti/trentanni, per essere precisi, questa regione, quello che non ho potuto evitare di notare la ioritura delle cose ex novo con carat-teristiche formali igurative ben diverse dai resti ancora perfettamente visibili. Il caso pi emblematico? Si prende via Tricesimo a Udine e si va verso via Treppo, che cosa si nota? E io non so in base a quali paradigmi questa scelta sia stata fatta, da un lato c una inta chiesa gotica in cal-cestruzzo ricostruita alla ine del vialone e dallaltro cera una vera chiesetta tardo cinquecentesca che dieci anni fa era ancora allo stato di rovina. Allora se il paradigma diventa come spesso si sentito nelle commemorazioni radiofoniche di questanno e dellanno scorso un presunto esito della scelta: stiamo a sentire gli utenti, teniamo lon-tano gli specialisti allora bisogna dire che questa parola degli utenti stata accolta non solo nelle sue istanze di ne-cessit, che sono tutte ragionevoli, ma anche nelle istanze di gusto che sono molto meno ragionevoli, perch il gusto basato sulla consuetudine e non sulla conoscenza. Per-sonalmente come storico darchitettura tra lintervento di ricostruzione di un falso gotico otto/novecentesco e il la-sciare in rovina un certo cinquecentesco, seppur minore, una scelta dissennata.

Per cui non ci sono documenti utili per poter definire se vi fos-

sero dei modelli modelli urbanistici o di organizzazione del terri-

torio e delle citt?

No, non oso dire questo perch sarei presuntuoso aven-do appena confermato la mia non natura di specialista sulla vicenda terremoto, dico semplicemente che, nel modo di tramandarla e raccontarla, sono emerse tut-ta una serie di convenzioni che, dal punto di vista sto-

rico, non posso considerare del tutto fondate. Poich la categoria urbanistica, anche se molti colleghi e presunti esperti la usano male, andrebbe per correttezza riferita ad una disciplina di indagine documentale e conoscitiva sulla base della quale fondare previsioni e progetti, per sua stessa natura essa riguarda sopratutto le citt, ma la tragedia del Friuli non stata limitata a queste ultime ma al contrario ha investito tutto il territorio, nel momento in cui osservazioni del tutto impressionistiche dichiara-te precedentemente, mi danno la misura che quello che risorto non stato strettamente e univocamente lega-to ai luoghi distrutti ma magari stato ricostruito con dislocazioni e spostamenti. Lidea largamente trasmessa in sede di celebrazioni di una sorta di corale e collettivo comera e dovera faccio fatica a considerarlo come cor-rispondente al vero, proprio perch limmagine del Friuli che ha subito quel trauma e limmagine del Friuli risorto da quel trauma non sono due immagini che possono es-sere perfettamente sovrapponibili.

Il costruito del prima terremoto non poteva di certo essere

pronto ad un sisma cos forte e vigoroso, per quale motivo, con-

siderando la zona sismica cos a rischio? Le abitazioni distrutte e

ricostruite a causa della guerra come mai non erano minimamen-

te pronte a sollecitazioni tali

Per attenzione, mentre per voi giovani viene naturale mettere insieme fenomeni di natura diversa e considerar-li come momenti di un orizzonte appartenente al passato comune, nella realt della percezione delle cose nel corso del tempo, il tutto non funziona cos La guerra un trauma, un orrore Il rischio sismico unaltra cosa, un evento che per secoli anzi per millenni stato con-siderato espressione del destino, della rabbia del Padre Eterno o che so io, rispetto al quale non si potevano ave-re atteggiamenti preventivi, di conseguenza ricostruire dopo la guerra signiicava ridare corpo e senso ad una comunit allinsegna della memoria, della cultura civica ecc Ricostruire dopo il terremoto, e non il primo vis-suto nella Penisola, signiicava fare i conti con istanze che sono fra loro antitetiche.

Per quanto riguarda i materiali invece? Venivano numerati e ri-

utilizzati?

In questo caso linformazione generale trasversale pu indurre in sede di trasmissione e in sede di ricezione delle conclusioni del tutto equivoche, mi spiego, quando si fa o si faceva la presunta accuratezza per la quale Nel duo-mo di Venzone talmente forte la voglia del ricostruire dovera e comera squilli di trombe e rulli di tamburi, numerando le pietre non si sta facendo nientaltro che creare enfasi suggerendo che si tratti di un caso ecce-zionale mentre invece un tipo di prassi che preceden-temente era stata seguita, vedi il tempio malatestiano a Rimini e non solo, nel caso di distruzioni belliche. Il problema, casomai, attiene a che tipo di scrupoli sono stati attivati in base alla natura delloggetto, chiarisco, le pietre numerate funzionano per il Tempio Malatestiano, funzionano per Palazzo Rucellai a Firenze perch il tipo di attenzione che si riserva a quegli oggetti, che gi prima della guerra erano presenti nei libri di storia dellarte, im-pone questo ma non che tutto il ciclo della ricostruzio-ne del patrimonio storico architettonico italiano, dal 44 a seconda delle zone liberate alla ine degli anni 50, abbia avuto questi scrupoli, ci sono stati restauri eccellenti e re-stauri a essere molto indulgenti a dir poco imprecabili.

Come cambia laspetto della citt durante e dopo la ricostru-

zione?

Cambiano come cambia laspetto di qualsiasi citt Nel caso di Udine basta vedere i circuiti delle mura, basta

vedere i piani urbanistici tra ine ottocento e novecen-to, si coglie immediatamente lo scarto tra una volont di contenere, di programmare, di creare direzioni e assi di collegamento e la rinuncia a tutto ci. Diciamo che se da un lato, di questa volont di attenzione, di controllo e di programmazione, sono esito le citt grandi e medie del Friuli pre-terremoto, dallaltro si registra, nel risulta-to inale, la caduta di questa attenzione in sede di rico-struzione; ma questo non vale solo per la vicenda Friuli, vale in generale. Non ci dobbiamo dimenticare che se noi semplicemente prendiamo un calendario del 900 quello che vediamo una costellazione di eventi sismici che lega insieme, percorrendo un percorso che si snoda per tutta la penisola e che va da Messina passando per Tuscania Verbania, Castelgiorgio ecc. che risale per poi riscendere che passa per il centro Italia e arriva entro i limiti del 1976 a Gemona.

Perch si ricorda il Friuli al di fuori del mondo della cultura,

della storia, del culto della memoria che sicuramente al nordest

pi forte che nel resto della penisola italica?

Perch c diferenza tra memoria e consuetudini Forse proprio perch dalla ricostruzione del Friuli, o me-glio, alla ricostruzione del Friuli si fa riferire linizio di quel fenomeno che ha avuto lapice negli anni 80 ma che oggi vive ahim da tempo la sua decadenza che stato chiamato mediaticamente la rinascita o il miracolo del nord-est. Solo per quello.

Ci furono esempi di New Town: queste nuove citt dove alla

parte pi o meno stratificata storicamente dellabitato viene af-

fiancata quasi senza scrupoli e continuit una parte nuova?

Considerando la macro area nord-est da far notare le-norme diversit di atteggiamento davanti a due catastroi: una naturale e laltra indotta. Nel caso di quella naturale, quella del terremoto friulano, prevalgono logiche di ri-spetto degli utenti e dei sopravvissuti, potremmo dire in certi casi ino alleccesso a beneicio degli utenti del come-ra, dovera, abbiamo il caso di Venzone, il caso Gemona che a distanza di quasi mezzo secolo possiamo riportare in circuito al di l del giudizio. Nel caso dellaltra clamo-rosa catastrofe di questarea geograica, il Vajont, l non ci fu alcuna forma di rispetto. Chiunque sia un normale frequentatore dei media e delle igure culturali emerse da queste aree nellultimo ventennio, sa bene attraverso gli scritti in certi casi severi ino alla spietatezza di Corona e di altri che, nel caso del Vajont, si avuta non solo una vera e propria espropriazione ma persino la persecuzione nei confronti di qualsiasi tentativo di riappropriazione dei propri spazi e propriet con la schifezza della Nuova Erto con la pseudo Nuova Longarone, e mi lasci dire doloro-samente da storico che proprio la memoria, il ricordo e la consapevolezza di quella indecenza che oggi mi fa tremare davanti ad un caso che si presenta perfettamente analogo di espropriazione nel caso dellAquila.

Con che logica si ricostruisce? Si leggono numerosi articoli che

riportano la sintesi prima le fabbriche, poi le case e alla fine le

chiese

Ma guardi questo tipo di giudizi sono stati dati dalle-sterno e dallinterno ogni qual volta che, e per noi il caso emblematico evidentemente sono le distruzioni della seconda guerra mondiale, si dovuto ricostruire. Sepa-riamo, come ovvio, i paradigmi. Qual la sostanziale diferenza nella casistica che lei ha sintetizzato fra quella vicenda pi estesa e questa pi ristretta? Potremmo quasi dire linversione dei valori. Non un caso che la ricostru-zione del patrimonio storico-architettonico italiano abbia privilegiato inizialmente, dal pronto intervento in poi, le opere storiche, se pensa che chi spiega questa apparente stranezza (ovvero la ricostruzione dei monumenti e non delle abitazioni per coloro che sono rimasti senza casa) in termini pubblici con un suo scritto Benedetto Croce. Si restati e si resta tuttora meravigliati, ma il punto che partire dal patrimonio storico architettonico signiica partire dal segno positivo della civilt e della cultura: ci che crea identit e senso della comunit. Nel terremoto del Friuli, o meglio, nella ricostruzione seguita al terremoto del Friuli chi non sta in posizioni precostituite o dal pun-to di vista ideologico o dal punto di vista, diciamo cos, della scelta privilegiata data per scontato, consideriamola come fenomeno, lei dice si cominciato dalle industrie, losservazione basta a se stessa, non dimentichiamo per cortesia che il Friuli pre-terremoto era considerata area depressa, depressa al punto tale che era considerata dai politici di allora conlittuale e da poter essere utilizzata positivamente come fenomeno di riequilibrio rispetto alle

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Lo scorso 5 ottobre si dimesso Andrea Doncovio dalla ca-rica di Presidente del nostro Ricreatorio San Michele. La decisione, motivata essenzialmente dal crescente impegno nel percorso professionale, chiude un tempo ricco e fecon-do che ci rende tutti orgogliosi. Ad Andrea dobbiamo, fra laltro, lesistenza stessa delle pagine da cui scriviamo ed a lui rivolgiamo la nostra gratitudine ed il nostro augurio per un futuro di soddisfazioni. Il successivo 12 ottobre, il Consiglio direttivo ha eletto il nuovo Presidente nella per-sona di Christian Franetovich, al quale abbiamo rivolto qualche domanda:

Qual lo spirito con il quale affronti questa nuova responsa-

bilit?

Innanzi tutto ci tengo a sottolineare che la mia elezione avviene al di fuori della naturale scadenza del direttivo che resta in carica ino al 2018. Considero perci questa mia carica, un servizio allinsegna della continuit ed alla prosecuzione dei programmi in corso. Ho chiesto ed ottenuto la conferma delle altre cariche in essere, nella

CAMBIO AL VERTICE. CHRISTIAN FRANETOVICH: RICRE, AVANTI TUTTA!

persona del Vice Presidente Elisa Biancotto e del segre-tario Federico Forcieri. Mi piace a questo punto citare un esempio di tipo nautico: Il nostro Ricre, in questo momento come una barca in navigazione. E una barca solida, che naviga in mari tranquilli, la cui rotta conduce a porti sicuri. E ben organizzata ed ha un ottimo equi-paggio, composto da persone capaci, responsabili con ruoli sono ben deiniti.

Quali i programmi allora?

Il programma quello di confermare ogni attivit in corso ed in agenda secondo quanto gi previsto dalle di-verse commissioni che si sono fatte carico del progetto deliberato dal Consiglio Direttivo. Il Ricre poi di per s una fabbrica di idee e sono certo, che nel solco del-le esperienze passate, non tarderanno ad arrivare nuove iniziative che di volta in volta porter allattenzione del Consiglio per le giuste valutazioni. Per le dimensioni del-le nostre iniziative, per il numero di persone coinvolte ed anche per il ruolo svolto allinterno della nostra comuni-t, il Ricre, nella sua gestione, assomiglia molto ad una

piccola azienda, con tutte le responsabilit che ci impo-ne. Ma torno ancora una volta sullesempio precedente: una barca che naviga sicura e con successo, non ha certo bisogno di manovre improvvise. Quindi barra a dritta e alla via cos.

GIUSEPPE ANCONA

La Fondazione CRUP di Udine ha stanziato la somma di 10.000,00 quale contributo per la spesa sostenuta per il rifacimento del tetto della Scuola per lInfanzia Maria Immacolata della no-stra Parrocchia.Nella seconda met dellanno 2015 si provveduto ad eseguire limpermeabilizzazione del tetto e la controsoittatura in gesso onde garantire lelimi-nazione delliniltrazione di acqua piovana allin-terno dellediicio, la coibentazione e lisolamento termico dello stesso riducendo cos la dispersione termica con conseguente risparmio energetico e, inine, lancoraggio di alcune pareti rendendo maggiormente stabile e sicuro tutto lediicio. Lattivit di ristrutturazione era quanto mai ne-cessaria per rendere sempre pi confortevole e sicura una struttura che accoglie giornalmente oltre 130 bambini di cui 15 della Sezione Prima-vera, che frequentata dai loro genitori e dove vi prestano la loro attivit lavorativa un discreto nu-mero di operatori.Un ringraziamento particolare quindi alla Fon-dazione CRUP sempre attenta al nostro territorio

UNA GENEROSA DONAZIONE PER LA SCUOLA MATERNA PARROCCHIALE MARIA IMMACOLATA DI CERVIGNANO DEL FRIULI

e alla attivit educativa e sociale della nostra comunit. Anche in questa occasione ha manifestato la propria sensibilit rendendo possibile la realizzazione dellopera.Sulla missione educativa della scuola per linfanzia parrocchiale Maria Immacolata il periodico bimestrale del nostro Ricrea-torio San Michele Alta Quota si ampliamente sofermato dedi-cando a questa istituzione un numero speciale.

PAOLO BEARZOT

immigrazioni interne. Dunque la situazione economica periferica al Friuli stesso non attingeva alla manodope-ra friulana ma a quella dallimmigrazione interna. Si co-mincia dalle fabbriche perch in questo modo si possono mettere in moto due componenti: la necessit della ripresa di una attivit ma anche la possibilit di un intreccio, non sempre dichiarato e non sempre trasparente visto che lI-talia del 75 e 76 ben diversa da quella degli anni 50 e del post bellico, quello che vedeva frenare il divaricarsi delle realt nord-sud e il mettere insieme lutenza loca-le della ricostruzione in funzione delle abitazioni come sacca di approvvigionamento estesa anche al di fuori del nord est per le stesse attivit produttive.

Perch si detto pi volte che stato fondamentale aver tenuto

lontano i tecnici?

Mi ha molto colpito il notare in questo periodi di ricordi e celebrazioni una strana discrepanza: da un lato penso ai media audiovisivi che danno un notevole ruolo alla memoria intesa come autobiograia, i ricordi di Tizio, quelli di Caio, i ricordi di Sempronio, igura pi o meno pubblica e via di questo passo. Dallaltro il ricorso a con-siderazioni di natura tecnica che hanno visto esporsi pi esponenti di una leva di tecnici che si formata ben lon-tana da quelle vicende quando il ciclo della ricostruzione era compiuto che non quei quattro gatti ancora superstiti che potevano raccontare da tecnici attivi sul territorio come ci si mossi e questo signiicativo. In alcune tra-smissioni ed interviste sembrava che il dato fondamen-tale fosse: se potuto risorgere comera dovera perch abbiamo tenuto lontano un certo tipo di tecnici a favore

degli utenti, il che un modo di presentare le cose ma non la realt delle cose, solamente un aspetto che evi-dentemente serve a far passare un altro tipo di indicazio-ni, non quella relativa al fatto apparentemente derivabile delle interviste stesse i tecnici non tengono conto della memoria e degli individui. Talvolta ci vero, talvolta non lo . il tecnico ostacola la libera iniziativa ma mi permetto di dire che non che per quello che riguarda lagire sul territorio il sostegno alla libera iniziativa sia qualcosa da favorire senza controllo perch altrove e non solo altrove quel libero credito alla libera iniziativa ha si-gniicato solo una cosa speculazione.

FRANCESCO PERUSIN

IN COLLABORAZIONE CON

GIULIA BONIFACIO

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Salimbene de Adam da Parma, scrittore e religioso parmigiano del XIII secolo, nella sua Cronica narra di un macabro esperimento voluto dallimperatore Federico II di Svevia, suo contemporaneo, per soddisfare la sua proverbiale sete di sapere:La sua [] folle idea [di Federico II, ndr] era quella di sco-prire che tipo di linguaggio e che modi di parlare avrebbe-ro avuto i bambini se fossero cresciuti senza che nessuno parlasse mai con loro. Allora ordin alle nutrici e alle balie di allattare i bambini, di far loro il bagno e di nutrirli, ma di non proferire sillaba n di parlare con loro perch vole-va sapere se avrebbero parlato ebraico, cio la lingua pi antica, oppure greco o latino o arabo, o forse la lingua dei genitori che li avevano procreati. Ma si afann invano, perch tutti i bambini morirono. Non riuscirono a vivere senza carezze, i visi lieti e le pa-role amorevoli delle loro nutrici.Che si tratti di una leggenda o no, poco importa. Emerge chiaramente come il nostro ingenito bisogno di comuni-care e socializzare sia una delle grandi tematiche su cui luomo si interroga da sempre. Ed altrettanto chiaramen-

te Salimbene ci d la sua risposta: non si pu vivere senza socialit. Comunicare un bisogno isiologico, necessa-rio alla vita, come respirare, come nutrirsi.Del resto gi Aristotele, nel I libro della Politica, deiniva luomo , ovvero essere sociale-politico per natura. Fin da bambini intrecciamo un sistema di relazioni con nostri simili e dopo soli pochi anni la comunicazione ver-bale pi semanticamente articolata ed eicace - diviene il nostro principale veicolo di socializzazione. Dalla nasci-ta, dunque, viene a proilarsi una struttura relazionale or-ganizzata su pi piani: ci sono i genitori, i parenti, gli ami-ci, i conoscenti, gli insegnanti, gli sconosciuti e cos via. A seconda del grado di intimit e di conidenza il nostro modo di comunicare varia: il tono diventa pi o meno for-male, il lessico pi aulico, oppure al contrario pi gergale, pu cambiare addirittura la lingua con cui ci esprimiamo. Parallelamente entrano in gioco altri fattori, quali lanzia-nit (ci approcciamo in maniera pi informale con i no-stri coetanei o con le persone pi giovani di noi, rispetto che con quelle pi anziane) o il contesto (un colloquio di

lavoro o un esame universitario esigono un registro lin-guistico diverso da un incontro al bar). Capiamo quindi come linguaggio e relazioni sociali siano strettamente in-trecciati luno con le altre, e come questo evolve allevol-versi delle altre e viceversa. Ogni mutamento allinterno della societ si rilette nel modo in cui ci esprimiamo, in cui discorriamo con le altre persone, in cui ci rapportia-mo con laltro. in questi meandri ancestrali delluomo che il presente numero di Alta Quota si vuole addentrare. Come mai il linguaggio cambia a seconda di chi abbiamo di fronte e del contesto in cui siamo? In che modo lin-guaggio e relazioni interpersonali si sono evoluti nel cor-so del tempo? Da questo punto di vista, che diferenze si possono intravedere tra vecchie e nuove generazioni? Lul-tima rivoluzione tecnologica e larrivo dei social network come hanno inluenzato il nostro modo di comunicare? E allinterno dei mutamenti avvenuti nella societ come si evoluto luso del friulano? Queste le domande cardine che ci siamo posti in redazione. Buona lettura.

FILIPPO MEDEOT

CEMT ISE? FINE, THANKS.LA VITA DELLA NOSTRA LINGUA

IL NOSTRO ARCHIVIO PER LA TUA CURIOSIT! Ti sei perso alcuni numeri di Alta Quota? Lhai conosciuto di recente e vorresti scoprire i numeri pi vecchi?

Non trovi pi le edizioni che avevi messo da parte? Oppure hai solo la curiosit di ripercorrere in un unico luogo la storia della nostra testata?

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Idioma di derivazione romanza, il friulano stato arric-chito nel corso dei secoli dal patrimonio lessicale eredi-tato dalle molteplici popolazioni, in primis i Celti, che hanno invaso il territorio del Friuli e ne hanno contami-nato cultura e societ. Nonostante il dibattito tra chi so-stiene che sia una lingua e chi invece lo ritiene un dialetto sembri imperituro, diciassette anni fa, nel 1999, la Leg-ge 482 ha fornito una risposta deinitiva alla questione: grazie allapplicazione dellarticolo 6 della Costituzione Italiana, secondo il quale La Repubblica tutela con nor-me apposite le minoranze linguistiche, il friulano stato riconosciuto uicialmente come lingua minoritaria. Ma oggigiorno quante persone lo parlano abitualmente? La pi recente inchiesta dellIstat circa luso dellitaliano, dei dialetti e delle lingue secondarie in Italia testimonia il fat-to che, posta come base del sondaggio la popolazione dai 18 ai 74 anni (23 milioni 351mila individui), il 53,1% parla Italiano in famiglia, il 56,4% con gli amici e l84,8% con persone estranee. Nel caso speciico della nostra regione, secondo lindagine sociolinguistica di Linda Picco (2001),

DAL FRIULANO A WHATSAPP

E TU, FEVELITU FURLAN?

IL SONDAGGIO

le persone che usano regolarmente il Friulano sono cir-ca 430.000 e rappresentano il 57,2% della popolazione; un ulteriore 20,3% lo conosce e lo usa occasionalmente. Confrontando questi dati con i risultati di ricerche prece-denti, emerso che la percentuale di coloro i quali parlano quotidianamente il friulano stia regredendo dell1% ogni anno e che venga usato sempre meno di generazione in ge-nerazione. Ci palesemente riconducibile allevoluzione socio-culturale che dal secolo scorso ino al giorno doggi ha cambiato numerosi aspetti della vita quotidiana: lu-niversalit delle possibilit distruzione, la maggiore alfa-betizzazione, lampliamento e il potenziamento delle reti di comunicazione hanno condotto la popolazione italiana ad afacciarsi a una realt sempre pi ampia, sempre pi inluenzata da culture e form mentis straniere, e sempre meno circoscritta unicamente allo scenario regionale. Di conseguenza, rappresentando il fattore linguistico una componente essenziale della societ, luso del friulano, dei dialetti e delle altre lingue minoritarie scemato e ha lasciato il proprio posto al predominio della lingua italia-

na. Questo allontanamento, per, non ne ha comportato una svalutazione: in Friuli molteplici associazioni, tra le quali la nota Societ Filologica Friulana, si occupano della tutela e della difusione del nostro patrimonio linguistico, promuovendolo tramite lezioni aperte a tutti gli interes-sati. Anche alcuni intellettuali nativi della nostra regio-ne si sono dedicati o si dedicano tuttora alla produzione letteraria in marilenghe, declinata secondo le sfumature caratteristiche della loro zona. Tra questi spicca il nome di Pier Paolo Pasolini, eclettico e brillante intellettuale di origini casarsesi, che nel 1942 pubblic il suo primo libro di versi, Poesie di Casarsa, scritto in friulano e deinito dal celebre critico Gianfranco Contini lapparizione del-la prima poesia dialettale moderna al di fuori degli sche-mi vernacolari. Nel 1945, inoltre, lo stesso artista fond lAcademiuta di lenga furlana, istituto volto alla valoriz-zazione della lingua friulana e basato su principi teorici quali friulanit assoluta, tradizione romanza, inluenza delle letterature contemporanee, libert, fantasia.

FEDERICA ERMACORA

Facebook, Twitter, Snapchat, Jodel, Whatsapp, Telegram, Instagram, Youtube, Goo-gle+, Skype, Tinder Oggi abbiamo la possibilit di comunicare in molteplici modi, con messaggi senza vedere quindi il nostro interlocutore n sentire la sua voce oppure al contrario vederlo e sentirlo anche se dallaltra parte del mondo. Molti di voi non avranno mai sentito parlare delle sopracitate applicazioni e dei social network molti altri invece li usano quotidianamente in maniera disinvolta. Come cambiato quindi il modo di comunicare e relazionarci agli altri?

Il nostro inviato Paolo Bearzot lha chiesto direttamente a voi.

N.B.La cosa che ci ha colpito di pi e sulla quale vi invitiamo a rilettere ancora il vivo afet-to verso la forma cartacea anche tra i pi giovani i quali per tendono ad usare sempre meno rispetto alle generazioni precedenti il friulano.

PAOLO BEARZOT

1530 3065 65+

FRL Conosci il friulano? Se s, lo uti-lizzi per comunicare? Con chi?

S, lo conosco e lo utilizzo per comunicare con i miei amici e i

miei nonniS, con tutti S, con tutti

No Lo conosco ma non lo parlo Con tutti

S, lo utilizzo per comunicare sempre con i miei genitori e pa-renti e spesso con i miei amici

Lo utilizzo in famiglia S

Lo conosco ma non lo parlo Lo conosco ma non lo utilizzo S, con gli amici

Lo conosco ma non lo parlo Lo conosco e lo uso con le persone pi anziane S, con tutti

Hai mai scritto e spedito una lettera?

No S S

S S S

No S S

S S S

No S S

Oggi per comunicare con le per-sone utilizzi solamente le tecno-logie e social network o preferi-sci incontrarle di persona?

Preferisco incontrarle di persona Entrambi Di persona

Entrambi Entrambi Di persona

Per comodit uso le tecnologie ma preferisco incontrarle Entrambi Di persona

Uso le tecnologie per praticit ma preferisco sempre

incontrarlePreferisco incontrarle di persona Preferiso incontrarle di persona

Uso le tecnologie Entrambi Le incontro di persona

!Cosa fai quando devi comuni-care qualcosa di importante a qualcuno?

Uso Whatsapp Di persona Telefono

Se non posso incontrarlo, lo chiamo al telefono Le incontro

Di persona Le incontro

Se c la possibilit preferisco incontrarci Lo incontro di persona Telefono

Le telefono Di persona oppure per iscritto Telefono

Da quanti anni utilizzi tecnolo-gie per comunicare?

8 anni 18 anni 20 anni

5 anni 14 anni 10 anni

poco meno di 4 anni 15 anni 10 anni

3 anni 15 anni 12 anni

6 anni 20 anni 5 anni

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IL PARERE DELLESPERTO

UNA LINGUA IN EVOLUZIONECARLA MARCATO, cervignanese, professore ordina-rio di Linguistica italiana nellUniversit di Udine; dal 2004 direttore del Master in Italiano lingua seconda e interculturalit presidente del Centro per la lingua e la cultura italiana per stranieri; dal 1996 al 2008 ha tenuto i corsi di dialettologia italiana nellUniversit Ca Fosca-ri di Venezia. Autrice di numerosi libri, tra cui Dialetto, dialetti e italiano, Il lessico friulano, Nomi di persona, nomi di luogo: introduzione allonomastica italiana.

Professoressa, la lingua vive con la societ e ne registra i cam-

biamenti nel tempo: i forestierismi, parole o espressioni introdot-

te in italiano da una lingua straniera, possono essere una buona

base per cominciare la riflessione?

Lalusso di anglicismi nella lingua italiana, soprattutto nel Novecento, stato notevole e continua ancora oggi, talvolta ci pu avvenire in modo non costante, si parla spesso quindi di ondate di anglicismi. Le parole di una lingua non sono sempre legate ad un delimitato e preciso bacino geograico, ma possono emigrare in territori ex-tranazionali, e ci quello che avvenuto con le parole inglesi.

A che cosa dovuto il fenomeno?

Tali migrazioni lessicali sono spesso causate dallin-luenza culturale, dagli scambi commerciali e dalla pub-blicit, anche se non da escludere la funzione suppletiva che gli anglicismi svolgono quando vanno a coprire una carenza semantica, oppure cominciano a designare un concetto del tutto nuovo nella lingua che li accoglie.

Litaliano ha attinto spesso anche da altre lingue straniere, una

su tutte il francese, lingua di cultura soprattutto nel Settecento

La lingua francese ha esercitato uninluenza molto for-te sullitaliano, soprattutto nel campo della moda, della cucina, senza contare il frequentissimo toilette che rima-ne vivo nel linguaggio a qualsiasi livello geograico e so-ciale. Talvolta vi una sorta di compresenza nei prestiti di inglese e francese, il caso dei prestiti mediati come la parola budino, derivante dallinglese pudding, pas-sata in francese come boudin e successivamente arrivata in italiano come budino. In questa sede sono da ricor-dare quelli che un grande poeta della nostra letteratura, Giacomo Leopardi, chiamava europeismi, espressioni comuni a molte lingue dEuropa soprattutto in ambito musicale, ilosoico e scientiico.

Nelle parole comunemente usate ci sono altri esempi di prestiti

che allapparenza non sembrano inglesi?

Certamente. Parole come treno e bistecca, che hanno una frequenza altissima nel lessico della lingua italiana, tecnicamente si dice che sono acclimatate, non denuncia-no immediatamente lorigine inglese, ma la loro origine britannica. Treno e bistecca sono due adattamenti italiani dei termini inglese train e beefsteak. Anche la pa-rola bar comune tanto quanto le parole appena prese in considerazione.

Spesso ci si chiede se sia possibile sostituire la parola inglese

entrata nel lessico italiano con una parola patrimoniale, che cosa

ne pensa della parola selfie?

Langlicismo selie, registrato uicialmente nel lessico italiano a partire dallautunno del 2014, non pu essere sostituito n col composto patrimoniale autoscatto, n col composto patrimoniale autoritratto perch il con-cetto di selie presuppone il fatto che chi fa la fotograia abbia in mano loggetto digitale (macchina fotograica digitale, cellulare) col quale andr a fare la foto. Inol-tre vi un legame inscindibile tra lingresso della parola selie e lambito dei social network, la componente e la te-matica della condivisione dellimmagine fondamentale per comprendere lutilizzo del termine.

Come vengono accolti solitamente gli anglicismi nella societ

italiana e soprattutto che cosa ne pensano i linguisti?

In Italia vi una propensione particolare da parte del-la societ allaccettazione degli anglicismi, anche perch molte novit tecnologiche arrivano dagli Stati Uniti, pa-ese anglosassone. Un libro fondamentale per capire lap-proccio degli studiosi nei confronti della materia il vo-

lume di Arrigo Castellani Morbus anglicus del 1987. Nella propria pubblicazione Castellani denuncia linvasione degli anglicismi in italiano e, pur inserendosi nella tradi-zione del purismo linguistico, propone un adattamento graico degli anglicismi gi presenti in italiano, facendo terminare i forestierismi con la vocale. Gli anglicismi giungono e si difondono spesso tramite il lessico delle istituzioni o degli enti pubblici. Il lessico della politica e quello burocratico hanno irradiato degli anglicismi che trovano una certa fortuna nella lingua scritta e parlata, il caso di ticket, welfare o voucher. Le sostituzioni ita-liane per questi termini, bench siano state proposte in diverse occasioni, non sono completamente accettabili perch non coprono in modo semanticamente completo la parola inglese: non concepibile voler sostituire ticket con biglietto oppure voucher con buono, poich in questi due casi gli anglicismi dicono qualcosa in pi rispetto al concetto designato dalla parola italiana.

Ci sono paesi europei che hanno un approccio drastico per

quanto concerne il tema degli anglicismi o pi in generale dei

forestierismi?

La Francia ha storicamente la fama di essere un Paese che esercita un controllo molto severo sulla lingua, con-trollo che nel tempo si esplicitato anche in editti, leggi e decreti legislativi miranti a stabilire le norme ortogra-iche della lingua francese. Per quanto riguarda luso dei forestierismi le politiche francesi sono categoriche e pro-tezionistiche, basti ricordare che in Francia il computer (parola che si deinisce anglolatinismo) viene chiamato ordinateur.

Un altro tema che interessa in modo particolare la societ at-

tuale quello che concerne la declinazione al femminile dei nomi

che designano le cariche, soprattutto quelle istituzionali, che

cosa ne pensa di parole come sindaca o ministra?

Il tema del linguaggio di genere venne afrontato da Alma Sabatini a partire dagli anni Ottanta del Novecento e la questione riemersa negli ultimi anni grazie anche al ruolo dellAccademia della Crusca. La lingua italiana ofre la possibilit di declinare al femminile molti ruoli, ivi compresi quelli di ministro, sindaco e assessore che diventano rispettivamente ministra, sindaca e assessora. Non si tratta di una questione di femminismo, ma di una scelta che pu essere efettuata a discrezione del parlan-te in conformit alle regole della lingua italiana. Come sempre accade, il ruolo dei mass-media decisivo per far s che la parola si difonda nelluso. Talvolta capita che le donne stesse non vogliano usare il femminile perch la parola declinata al maschile indica il ruolo e non il genere di chi lo esercita: in ambito accademico e istituzionale spesso le donne preferiscono farsi chiamare direttore e non direttrice, facendo riferimento in questo caso alla carica.

Chi si oppone alluso delle parole come sindaca o ministra spes-

so dice che sono parole brutte foneticamente.

Ogni nuova parola che viene inserita nel lessico italia-no ha bisogno di un periodo nel quale il parlante si deve abituare al suo utilizzo, ancora una volta luso gioca un ruolo fondamentale, se la parola non viene difusa, non pu essere acclimatata, la sensibilit dei parlanti gioca un ruolo altrettanto importante.

Per rimanere in ambito politico-istituzionale, si pu affermare

che negli ultimi decenni, rispetto agli anni della Prima Repub-

blica, ci sia stato un avvicinamento del linguaggio della politica

alla gente?

S. Il cambiamento percepibile in modo abbastanza netto, anche perch lambito della politica uno dei cam-pi che quotidianamente entra in contatto con le persone, e ancora una volta i media sono fondamentali, in parti-colare il settore televisivo. I talk-show, che vengono man-dati in onda anche pi volte al giorno, sono il medium pi rapido col quale avviene il contatto tra la societ e la politica. Il linguaggio della politica un linguaggio che spesso conia termini che entrano nel lessico della lingua italiana come langlicismo endorsement; spesso ci si chie-de se siano davvero necessari nuovi termini, ma come nel

caso del discorso precedente su voucher e ticket diicile sostituire endorsement con una parola italiana: investi-tura, per esempio, non adeguato.

Un personaggio politico del passato usava spesso una locuzio-

ne come mi consenta che cosa si pu dire a riguardo?

Luso di particolari espressioni associate un personag-gio politico diventano spesso un tormentone (termine che designa generalmente un particolare successo canoro estivo) che trova il proprio canale di difusione in televi-sione e sui giornali, in particolare quando il personag-gio politico fa delle dichiarazioni pubbliche. Negli ultimi anni emersa una nuova formula dal linguaggio della politica stai sereno difuso via Twitter da un noto perso-naggio politico.

Per quanto riguarda il caso di petaloso, di cui si parlato per

molto tempo nella primavera e in parte dellestate del 2016. Il ter-

mine stato inventato da un bambino di otto anni della provincia

di Ferrara. Che cosa si pu affermare a riguardo?

La parola petaloso non ha attecchito nel lessico della lin-gua italiana, certamente il termine molto interessante per quanto riguarda la produttivit del suisso oso, il quale ha una storia molto antica ed stato spesso utiliz-zato nelle lingue gergali, dove talvolta le scarpe venivano deinite le fangose. In realt la parola petaloso comprare gi in un testo del Seicento, redatto da un farmacista, bo-tanico ed entomologo inglese.

A proposito della produttivit del suffisso oso, talvolta de-

clinato al femminile, stato oggetto di uso anche per il settore

pubblicitario.

In uno spot degli Anni Ottanta una nota casa automo-bilistica coni i neologismi comodosa, risparmiosa, scattosa e sciccosa riferita ad una popolare automobile: un buon esempio di intersezione culturale e sociale tra la propaganda commerciale e la linguistica. Nel termine sciccosa, si pu notare tra laltro, ladattamento italiano della parola francese chic, per ricollegarsi alla prima par-te nella quale si parlava dei forestierismi.

Per quanto riguarda la geografia linguistica, si possono regi-

strare alcuni cambiamenti dei centri di irradiazione linguistica

per quanto riguarda litaliano.

Firenze ha storicamente ricoperto per la lingua italiana il ruolo di centro di emanazione linguistica, basti pen-sare alla notissima formula di manzoniana memoria sciacquare i panni in Arno, in Italia si avuta quindi una sorta di anomalia per la quale il centro linguistico non coincideva con la capitale dello Stato, cosa che non avviene in altri paesi europei come la Francia e la Gran Bretagna, dove rispettivamente Parigi e Londra coinci-dono coi centri di propulsione linguistica. Con il secon-do dopoguerra, grazie al fondamentale ruolo svolto dal servizio radiotelevisivo pubblico, Roma ha fatto sentire sempre di pi la propria inluenza, soprattutto nella lin-gua parlata. Con lavvento della televisione commerciale si avuta laddizione di unulteriore citt che esercita un importante inlusso: Milano. Milano un luogo molto

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Tralasciando la distinzione fra lingua e dialetto, che non pertiene alla scienza bens alla sfera dellamministrazio-ne e della politica, gli idiomi italiani si distinguono in otto gruppi fondamentali:

Dialetti gallo-italici (piemontese, ligure, lombardo, emiliano, romagnolo, gallomarchigiano)

Dialetti veneti Gruppo reto-romanzo (ladino e friulano) Gruppo toscano-corso (che comprende anche alcune

parlate del nord della Sardegna) Dialetti centro-italici (umbro, marchigiano centrale,

laziale) Dialetti meridionali (marchigiano meridionale, abruz-

DIALETTI E LINGUA

LINGUE E DIALETTI ITALIANIzese, molisano, pugliese, campano, lucano, calabrese settentrionale)

Dialetti meriodionali estremi (salentino, calabrese cen-trale e meridionale, siciliano)

Gruppo sardo

Non mancano le cosiddette isole linguistiche, ovvero le localit in cui, per motivi storici, si parla un idioma com-pletamente diverso da quello dei paesi circostanti: sono ere-dit di un passato fatto di migrazioni e conlitti, ma anche fondazioni coloniali di potenze straniere (lItalia unita solo dal 1861) a scopo strategico. Si parla occitano (parti-colare variante del francese meridionale) in varie cittadine di Calabria, Basilicata e Sicilia; nel Nord del Molise resiste

il croato; lalbanese registrato da secoli in tutte le regioni meridionali; sopravvive il greco (in una forma non molto distante da quello antico) in Salento e in Calabria; a Carlo-forte, in Sardegna, la republica marinara di Genova cre un avamposto e ancora oggi si parla ligure, mentre ad Alghero rimane vivo il catalano dei barceloneti arrivati in loco alla ine del Trecento. Non si pu invece parlare di isole laddo-ve intere fasce territoriali parlano lingue diverse dal ceppo italico: il tipico caso del tedesco in Alto Adige e dello slo-veno nella fascia orientale del Friuli Venezia Giulia.Per scoprire la straordinaria variet linguistica dellItalia, presentiamo una rielaborazione di una cartina realizzata da Antonio Ciccolella (https://commons.wikimedia.org).

VANNI VERONESI

tabarchino

algherese(Catalan -

Valencian -

Balear)

sassarese(Northwestern

Sardinian)

gallurese(Northeastern

Sardinian)

logudurese(Nuorese,

Northern Logudorese,

Barbaricino,

Southwestern Logudorese)

campidanese(South Sardinian)

siciliano(Sicilian)

arbresh(Arbresh)

greco calabro(Calabrian Greek)

arbresh(Arbresh)

calabrese(Southern Calabrese)

greca salentina(Salento's Greek)

baresesalentino

campano(Neapolitan and others)

foggiano

(dauno and garganico)romanesco

ciociarosabino

ligure(Ligurian)

toscano(Tuscan)

molisano

croato(Croatian)

centrale

marchigiano

marchigiano meridionale - abruzzeseumbro e

laziale

romagnolo

emiliano

provenzale(Provenal)

franco

provenzale(Franco-Provenal)

lombardo

occidentale(Western Lombard)

lombardo

orientale(Easthern Lombard)

veneto(Venetian)

sloveno(Slovenian)

ladino(Ladin) friulano

(Furlan)

sudtirolese(German dialect)

piemontese

gallo-italico di Sicilia(Gallo-Italic of Sicily)

calabrese del nord (Lucano - Northern Calabrese)

gallo-italico di Basilicata(Gallo-Italic of Basilicata)

importante per studiare i nuovi linguaggi e soprattutto i gerghi giovanili, opportuno ricordare in questa sede il paninarese, gergo dei cosiddetti paninari, categoria so-ciologica che ebbe una certa importanza negli anni Ot-tanta del Novecento. La difusione del termine tamarro, che ha avuto una certa fortuna linguistica, cominciata in quellepoca e a partire proprio da quegli ambienti.

Sempre a proposito dei gerghi giovanili, un capitolo interessan-

te meritano i vari modi di dire diffusi tra i ragazzi quando decido-

no di non andare a scuola, a cominciare dal pi diffuso marinare

la scuola.

Marinare la scuola solo una della tante varianti che la nostra lingua conosce per designare il concetto di as-senza deliberata da scuola senza un giustiicato motivo.

Le varianti sono legate a quella che in linguistica tecni-camente si chiama variazione diatopica, cio la modii-cazioni della lingua che si hanno sulla base del cambia-mento del luogo. Nel Friuli-Venezia Giulia difusissima anche la locuzione fare lippa che rimanda al campo se-mantico ludico, nellItalia mediana fare sega, mentre nel Nordovest predominano le forme bigiare (molto cono-sciuto anche fuori dalloriginaria Lombardia) il piemon-tese tagliare.

Litaliano una lingua romanza che deriva dal latino. Quali sono

gli ambiti nei quali il latino ancora vive nel lessico?

Lambito del diritto e dellamministrazione sono i due campi dove il latino rimane vivo con alcune espressioni issate in quei linguaggi settoriali, per esempio le locu-

zioni ad personam, ius soli, modus operandi, sui generis, e gli attualissimi referendum e quorum. In linguistica i latinismi, categoria lessicale conosciuta spesso dagli stu-denti tramite lo studio delle poesie, soprattutto quelle di autori neoclassici come Foscolo, costituiscono un ogget-to di studio molto interessante e fecondo che sintreccia col tema delle cosiddette locuzioni cristallizzate.

LUCA VISENTIN

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PARLIAMO ITALIANO?Molte volte si parla dellitaliano come se la lingua fosse ri-masta invariata in dal principio, in dallorigine della sua difusione. Ma non cos, perch ogni lingua risente dei contesti storici che attraversa, degli uomini che li vivono. Una lingua pu essere inluenzata da eventi rivoluziona-ri, basti pensare al ruolo della televisione, ma anche da vocaboli, dialetti e modi di dire stranieri. Alla domanda iniziale risponde il professore di Linguistica generale del Corso di Laurea in Lettere dellUniversit di Udine, Vin-cenzo Orioles.

Concretamente, come cambia la lingua?

Il cambiamento che la lingua subisce altro non che il risultato del cambiamento della societ. A partire dagli anni 80, con la liberalizzazione delle emittenti radiote-levisive e con la scomparsa del monopolio Rai, litaliano afronta una trasformazione evidente. Ci si rende conto che la lingua ha cambiato velocit: telecronache sporti-ve, telegiornali comportano unalterazione nella lingua e la necessit di stare al passo con il costante mutamento. Ci dovuto anche ad un secondo scossone dovuto alla difusione del computer a met degli anni 90.

In tutto questo, che ruolo ricopre la lingua scritta?

Con la difusione del computer e della telefonia mobile, assistiamo ad una rivalutazione della scrittura. Gli scrit-ti sono rapidi, veloci, istantanei. Seppur in forma fram-mentaria, lo scritto in qualche modo rinato, e lobiettivo ultimo quello di riuscire a rimpossessarsi della lingua scritta in tutte le pratiche comunicative.

Ci che lei auspica, possibile?

Per impadronirsi nuovamente della lingua scritta, a mio parere, c bisogno di un cambio nella classe dei docen-ti. Da attardata, sulla difensiva, dove nessuno si mette in gioco, i docenti dovrebbero diversiicare, governare, i nuovi media, basti vedere le-book: lesempio lampante di come sarebbe possibile unire lamore per la lettura con il progresso tecnologico.

FRANCESCO PAVONI

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IL CASO

UN NOBEL, UNA PENNA, UNA CHITARRAQuando Sara Danius, segretaria dellAccademia svedese, ha annunciato il vincitore del Premio Nobel per la lette-ratura 2016 per la sala si sollevato un boato. Di giubilo o di sorpresa. Di sicuro lassegnazione del prestigioso ri-conoscimento a Bob Dylan allanagrafe Robert Allen Zimmerman sancisce un evento eccezionale, ovvero lentrata a pieno diritto del cantautorato nellalbo della Letteratura con la L maiuscola. Erano ventanni ormai che Dylan gravitava attorno alla lista dei papabili: da quando nel 1996 il professore Gordon Ball, docente di letteratura allUniversit della Virginia, lo indic allAc-cademia Reale Svedese come meritevole del premio. Ep-pure lannuncio ha preso tutti in contropiede, dividendo i commentatori tra favorevoli e contrari. Il mondo della musica ha da subito accolto la notizia con entusiasmo: da Guccini a De Gregori, da Mogol a Leonard Cohen ino a Bruce Springsteen, in molti hanno letto lannuncio come una deinitiva consacrazione della scrittura di canzoni quale attivit pienamente letteraria. Ma apprezzamenti sono giunti anche da igure di spicco quali Salman Ru-shdie, Joyce Carol Oates, Tullio De Mauro e perino dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama - Congratu-lazioni a uno dei miei poeti preferiti, Bob Dylan, per un Nobel ben meritato, ha scritto su Twitter -. Lawrence Ferlinghetti, editore e scrittore, tra i maggiori esponenti della Beat Generation, in un intervista a Repubblica non ha esitato a comparare il menestrello di Duluth ai grandi della letteratura beat: Bob Dylan un poeta, prima di ogni cosa. Lo sempre stato. Ha scritto i migliori poemi surrealisti della nostra generazione. E, grazie alla musica, riuscito a far arrivare la poesia dove non era mai ar-rivata, neanche con Ginsberg. LAccademia di Svezia ha avuto grande coraggio per una scelta giusta e doverosa. Non tutti per concordano di fronte questa pariicazione tra canzone e letteratura, a partire da Alessandro Baric-co, per il quale che un drammaturgo vinca un premio alla letteratura ci sta, anche se in modo un po sghembo. Ma premiare Bob Dylan con il Nobel per la Letteratura come se dessero un Grammy Awards a Javier Marias perch c una bella musicalit nella sua narrativa, al-lora anche gli architetti possono essere considerati po-eti. Critico anche Valerio Magrelli, poeta, scrittore e accademico:molti applaudono, ma a Stoccolma, per me, avvenuto uno scandalo che riapre la spinosa questione dei rapporti fra cantautori e autori di poesie, romanzi e teatro. Ingannare i lettori dando a un cantante la palma di scrittore a mio parere imperdonabile; mentre Ir-vin Welsh, autore scozzese di Trainspotting, lapidario: sono un fan di Dylan, ma questo un premio nostalgia mal concepito strappato dalla prostata rancida di vecchi hippies balbettanti. Una delle argomentazioni sostenute dai pi perplessi linscindibilit dei testi di Dylan dal-la musica e dalla propria voce. Anna North, editorialista del New York Times scrive Dylan un paroliere brillan-te. Ha scritto un libro di poesia in prosa e unautobiogra-ia. Ed possibile analizzare i suoi testi come una vera poesia. Ma la scrittura di Mr. Dylan inseparabile dalla sua musica. Lui grande perch un grande musicista, e quando il comitato per il Nobel d il premio letterario a un musicista, manca nellonorare uno scrittore. Allo

stesso modo Alberto Grandi su Wired sostiene che larte in cui Bob Dylan eccelle diversa da quella in cui sono eccelsi Montale e Hemingway. In letteratura, il silenzio una componente altrettanto valida delle parole che lo rompono, scritte sulla pagina ed evocate nella mente di chi legge. Non avrebbe senso accompagnare Ossi di sep-pia di Montale con della musica in sottofondo, o meglio, non aggiungerebbe nulla a quei versi, perch possiedono gi una musicalit, una melodia. Ed una melodia che per essere evocata al meglio dalle parole trasformate in strumenti musicali, necessita silenzio. [] La musica insita nella parola quando la parola emozione, arte. Nel caso di Dylan, le sue parole sono musica senza la musica che efettivamente le accompagna? Non credo. Di sicu-ro, a partire dagli anni Sessanta il cantautorato ha con-quistato piano piano un posto sempre pi importante nel nostro panorama culturale. Basti pensare ad autori come De Andr, Guccini, Mogol, De Gregori, Battiato o Vec-chioni, spesso paragonati a veri e propri poeti e presi dai pi giovani come punti di riferimento letterari. innega-bile che dietro la scrittura di canzoni dei grandi autori ci sia studio e profonda rilessione, ricca di riferimenti cul-turali importanti. La ballata degli impiccati di De Andr si ispira allomonimo componimento di Franois Villon; Battiato in Bandiera bianca riprende il saggio Minima Moralia del ilosofo tedesco heodor Adorno; Vecchioni ha riversato nelle sue opere la sua professione di professo-re liceale di italiano, greco e latino e ha tenuto vari corsi universitari su poesia e musica. A Hard Rains A-Gonna Fall di Bob Dylan riprende nella struttura la tradiziona-le ballata scozzese Lord Randal, risalente al XIII secolo. Negli Anni 60 Dylan inizi a frequentare abitualmente i pi grandi esponenti della Beat Generation: Lawrence Ferlinghetti, Jack Kerouac, Gregory Corso e soprattutto Allen Ginsberg - di cui divenne grande amico -, i quali consideravano il giovane musicista iglio diretto del mo-vimento di cui erano stati protagonisti negli anni 40 e 50. Ginsberg comparve persino nel videoclip di Subter-ranean Homesick Blues, canzone di Dylan del 1965 nel cui testo si pu scorgere linluenza sia del romanzo di Kerouac I sotterranei sia di Memorie dal sottosuolo di Dostoevskij, autore particolarmente amato dagli scrittori beat. Ma davvero le canzoni sono subentrate alle poesie? Davvero lesperienza di un ragazzo che cento anni fa leg-geva Bohmiens en voyage di Baudelaire assimilabile ad un ragazzo che oggi ascolta Sally di De Andr? Vero che i lettori di poesia sono sempre meno e pure la produzione poetica contemporanea a dir poco modesta; pubblicare un libro di poesia per una casa editrice sempre pi uno-perazione controproducente. Il mercato musicale invece in grande espansione ed sempre pi pervasivo allin-terno societ. Musicisti e cantautori vengono ormai visti come paradigmi culturali, tanto che ultimamente sem-pre pi professori e manuali scolastici propongono anali-si letterarie di canzoni dautore. indubbia la grande in-luenza che Bob Dylan ha avuto sul panorama culturale americano successivo, grandi scrittori inclusi, da David Foster Wallace ai nominati al Nobel Haruki Murakami e Don DeLillo. Il punto non una presunta superiori-t della poesia sul cantautorato o viceversa (discussione

sterile e inutile, oltre che sciocca). Leggere Baudelaire e ascoltare De Andr per riprendere il paragone di prima ha lo stesso valore. E nemmeno issare una separazione tra le due espressioni artistiche, diferenti in metodo di fruizione e assimilazione. Probabilmente da oggi il signi-icato di Letteratura allinterno dellespressione Nobel per la Letteratura abbraccer un campo pi ampio, nulla di eclatante. Probabilmente anche un giusto riconosci-mento allimportanza che il cantautorato ha assunto nel-la cultura contemporanea. O magari da leggere come un premio al solo Bob Dylan e non alla canzone auto-riale in toto. Il vero punto di rilessione che secondo me questo Nobel apre la deinitiva constatazione di come la canzone dautore abbia occupato appieno quello spazio che nasce dal bisogno intrinseco alluomo di esprimere il mistero della realt in parole. Fatto non confermato tan-to dallassegnazione del Nobel a Bob Dylan quanto dalle conseguenti reazioni.

FILIPPO MEDEOT

disposofobia: paura ossessiva di eliminare ogget-ti, abiti ecc. e conseguente tendenza patologica ad accumularli. Molte donne scopriranno forse di es-serne affette, vi capita mai di non voler mai buttare un vestito o un paio di scarpe vecchie continuando ad accumulare nuovi capi dabbigliamento?svapare: fumare una sigaretta elettronica, emet-tendo il caratteristico vapore simile al fumo. Non si ancora capito se le sigarette elettroniche fac-ciano meno male, intanto il termine entrato nella lingua parlata tanto da essere impressa nel voca-bolario.bartender: colui che allinterno di un bar prepara e serve i cocktail. Un nuovo termine per un lavoro sempre pi specifico che tende alla spettacolariz-zazione.poltronismo: in politica, la preoccupazione di occupare poltrone, di ricoprire incarichi. Atteg-giamento che diventa quasi unossessione.coding: programmazione di software per compu-ter e web. In una societ sempre pi digitale, di-versi sono i termini legati allutilizzo dei computer

Come facciamo a renderci conto dei cambiamenti della lingua? Un metodo molto semplice, veloce nonch divertente consultare i termini che ogni anno vengono inseriti nelle riedizioni dei dizionari, ecco qui una breve lista delle parole introdotte nello Zingarelli del 2016 della casa editrice Zanichelli

che entrano giornalmente nel parlato.acquaponica: per acquaponica si intende una tipo-logia di agricoltura mista ad allevamento sostenibile basata su una combinazione di acquacoltura ecol-tivazione idroponica, ossia facendo crescere piante con le radici in acqua anzich nella terra.italofobia: atteggiamento di avversione, di odio nei confronti dellItalia e degli italiani. Attenzione, si parla di un comportamento di cui si possono rende-re protagonisti anche gli stessi italiani.supercazzola: parola o frase senza senso, pronun-ciata con seriet per sbalordire e confondere linter-locutore.bordocampista: diversi sono poi i termini emersi dal racconto televisivo dello sport. Primo tra questi il bordocampista. Il giornalista che, in genere nel calcio, tra le due panchine, commenta alcune fasi clou della partita come reazione degli allenatori ai gol, sostituzioni, collaborando con i telecronisti per il racconto del match.tiki-taka: nel calcio, tipo di gioco consistente in un insistito possesso palla basato su una serie di pas-

saggi ripetuti. Gli appassionati di calcio sapran-no che si tratta di un termine nato in relazione a Guardiola e al gioco espresso dal Barcellona, di cui lex giocatore stato allenatore.sciarpata: coreografia dei tifosi di una squadra, che ondeggiano stendendo tra le mani la sciarpa del proprio team del cuore. Un esempio? Sintoniz-zatovi su una partita con grande affluenza, in alcu-ni settori potrete vedere una sciarpata durante lin-no della squadra o in alcuni momenti della partita.pentastellato: membro del Movimento 5 Stelle. Un partito politico italiano fondato a Genova il 4 ottobre 2009 dal comico e attivista politico Bep-pe Grillo e dallimprenditore del web Gianroberto Casaleggio. I membri del partito hanno ufficial-mente un termine in cui identificarsi.jihadista: utilizzato per chi stostiene la Jihad. Quasi superfluo ricordare il perch questo termi-ne sia entrato nellimmaginario comune. Il raccon-to del terrore, da parte di notiziari e programmi televisivi, non pu farne a meno.

FRANCESCO PERUSIN

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ORE 16.00: apertura chiosco e pesca di beneficenza Musica dal vivo con IMODIUM e PISSING BAD ORE 18.00: apertura stand gastronomico ORE 20.30: musica dal vivo con i THE CONCEPTUALS e MATTEO PELOI

DOMENICA 13

ORE 10.00: apertura chiosco, stand gastronomico e pesca di beneficenza ORE 11.00: apertura stand delle associazioni parrocchiali ORE 15.00: spettacolo teatrale a cura della Compagnia dei Genitori dei bimbi dellAsilo Parrocchiale

ORE 17.00: KARAOKE di gruppo (chi desidera pu portare la propria chitarra o altro strumento musicale per suonare in gruppo) ORE 20.30: musica dal vivo con gli HARD RAIN

LUNED 14

ORE 10.00: apertura chiosco, stand gastronomico e pesca di beneficenza ORE 19.30: musica dal vivo con i RAM-RANDOM ACUSTIC MUSIC

Il Ricre a San Martino ~ PIAZZALE DEL DUOMO ~

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con numerosi posti a sedere; allinterno puoi giocare alla

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Vi aspettiamo!!! Il ricavato della festa sar interamente devoluto a favore delle attivit del Ricreatorio San Michele.

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Baccal - trippe - gulasch - frico gnocchi di patate e di zucca - salsiccia con polenta

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IMPARIAMO AD IMPARAREIL DOPOSCUOLA DEL RICRE

PER I RAGAZZI DELLA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO

LUNED e MERCOLED dalle 15.00 alle 17.30attivit in piccolo gruppo (1 educatore ogni 2/3 ragazzi)

e/o individualizzate per lo svolgimento dei compiti,

lapprofondimento e il ripasso

PER I RAGAZZI DELLA SCUOLA PRIMARIA

MARTED e VENERD dalle 15.00 alle 17.30svolgimento dei compiti in piccoli gruppi

(1 educatore ogni 5 bambini)

PER MAGGIORI INFO:

Ufficio del Ricreatorio, vicino ai campi da gioco

(dal luned al sabato dalle 15.00 alle 19.00)

0431 35233 (solo i pomeriggi)

[email protected]

www.ricre.org

(a partire dal 17 ottobre)

Altrit empiA L T R I T E M P I

Gita-pellegrinaggio della parrocchia di Cervignano a Castelmonte, 1 maggio 1961.Archivio fotografico di Alcide Gratton.