ALTA UOTA · sviluppo straordinario cominciato qualche anno fa. Un ... due persone con l’ombrello...

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ALTA UOTA Centro Giovanile di Cultura e Ricreazione Ricreatorio San Michele p.02-3ilverdeurbano p.04-5lacittà&ibeni p.06-7 essemmesse&c. p.08-9teatrocarnevale p. 10-11 poliziotti&coach p.12diarioboliviano03 n.12 pag.01 Anno 3 numero 12, gennaio-febbraio 2007, periodico bimestrale gratuito Centro Giovanile di Cultura e Ricreazione Ricreatorio San Michele, via Mercato 1, 33052 Cervignano del Friuli (UD) Segreteria telefonica e fax 0431 35233 e-mail: [email protected] internet: www.altaquotaonline.org Direttore responsabile: Norman Rusin Redattori: Alberto Titotto, Luca Toso, Simone Bearzot, Andrea Doncovio, Giuseppe Ancona, Lorenzo Maricchio, Don Moris Tonso, Costantino Tomasin, Sandro Campisi, Silvia Lunardo, Vanni Veronesi, Andrea Folla, Sofia Balducci, Christian Franetovich, Giovanni Stocco, Marco Simeon, Francesca Giusti, Alessandro Morlacco Progetto grafico: Maurizio Barut, Cervignano Impianti/stampa: Graphic 2, Cervignano Autorizzazione Tribunale di Udine: n. 15 del 15 marzo 2005 Tiratura 1.000 copie Buon senso per raggiungere la modernità L’idea di realizzare il vademecum “Guida alla progettazione accessibile e funzionale” nasce dall’osservazione quotidiana del costruito: formalmente le regole sulle barriere architettoniche vengono applicate ma spesso sono disattese norme elementari sull’accessibilità non scritte, ma di buon senso. Risulta evidente che la normativa, in molti casi, viene applicata più per obbligo che per conoscenza dei problemi; esiste quindi la necessità di chiarire in modo esaustivo la materia inerente l’abbattimento delle barriere architettoniche e porre in evidenza i benefici di ordine pratico, economico e socio – culturale derivanti dal conseguimento dell’accessibilità. Nel corso degli ultimi decenni sono stati realizzati diversi testi in materia di abbattimento delle barriere architettoniche, ognuno dei quali ha contribuito a radicare una crescente ma non sufficiente attenzione per il problema dell’accessibilità. Ai giorni nostri, l’accessibilità dell’ambiente esterno e degli spazi interni agli edifici è una necessità essenziale sentita non solo dalle persone disabili. Ed è il segno che contraddistingue la modernità di una società. È quindi indispensabile e non più prorogabile un rinnovato approccio culturale a tale argomento da parte di tutti i professionisti del settore (architetti, geometri, periti edili, ecc.) che debbono recepire i bisogni della collettività e saper dare appropriate risposte tramite l’arte e la tecnica del progettare e del costruire. Noi quali rappresentanti di associazioni di persone disabili e quindi conoscitori dei disagi derivanti da progettazioni superficiali, poco attente agli aspetti dell’accessibilità, abbiamo inteso, in continuità con il lavoro fatto da molti negli ultimi decenni, date il nostro contributo mediante la realizzazione della […] guida con l’auspicio che rappresenti un primo riferimento per un nuovo modo di progettare attento alle necessità di tutti. Sebastiano Marchesan presidente dell’Associazione Tetra–Paraplegici FVG L’agenzia immobiliare è luminosa e piena di gente indaffarata: attorno al grande atrio, tre stanze fanno da scenario a contratti firmati, locazioni in discussio- ne, mutui, residenze, affitti. Tutto quanto ruota attorno al mercato dell’edilizia, una realtà che prosegue nello sviluppo straordinario cominciato qualche anno fa. Un contesto dal quale Cervignano non si estranea affatto. Chi lavora in questo settore ha la possibilità di ricava- re da dati statistici, numerici e vuoti uno sguardo sulle umane vicende: e così, a partire dal costo degli affitti o dai tempi di attesa si possono comprendere le proble- matiche di una famiglia appena giunta in città o di un giovane alla ricerca della sua prima casa. Ne abbiamo parlato con Ombretta Andrian. Partiamo dagli appartamenti in affitto: com’è la situazione attuale? La domanda di locali in affitto sta affrontando un momento di difficoltà: questo è dovuto principalmente all’attuale congiuntura economica. Negli ultimi anni, di- fatti, è stato molto conveniente per le famiglie oppure per gli investitori accedere al mutuo per comprare la casa. Accanto a questo, va rilevato che i costi degli affitti sono attualmente più alti rispetto a quanto considerato “spen- dibile”. Chi va in affitto, dunque, solitamente lo fa perché non ha la possibilità di accedere al mutuo. Quali categorie di persone sono maggiormente interessate all’affitto? Si tratta in prevalenza di persone provenienti da fuori città e che decidono di abitare in affitto per uno o due anni: passato questo lasso di tempo e valutato l’inseri- mento a Cervignano, scelgono se comprare casa oppure cambiare località. In generale, gli stranieri sono pochi: le più numerose sono famiglie provenienti dal Meridione oppure giovani indipendenti che decidono di vivere da soli in affitto. A Cervignano esiste una differenza sensibile tra il costo dell’affitto in una zona centrale rispetto ad una periferica? No, il prezzo resta lo stesso: non c’è differenza nem- meno con le frazioni e i paesi limitrofi. Gli affitti si differenziano invece, com’è ovvio, per le attività di tipo commerciale. Esistono particolari agevolazioni per quanto riguarda affitti “concordati” e particolarmente bassi? Questo tipo di contratto ha preso piede in città? Esistono sgravi e contributi a livello comunale relativi alle imposte di registro e all’Ici per chi affitta a basso co- sto, attorno ai 4,50 al metro quadrato. Tuttavia questa pratica non si è sviluppata molto, probabilmente perché l’affittuario ne trae poco beneficio, mentre i conduttori sono poco informati: da questo punto di vista i contratti agevolati andrebbero forse maggiormente pubblicizzati dall’ente comunale. In definitiva, molti locali restano spesso sfitti a lungo? Il numero degli appartamenti sfitti è sicuramente cre- sciuto rispetto al passato: attualmente in agenzia ne trattiamo una quindicina, quasi tutti mini appartamenti. E’ un dato piuttosto alto anche in relazione ai tempi ne- cessari a trovare un conduttore. Mentre anni fa dopo un mese il locale veniva affittato, ora ne possono passare anche tre. Simone Bearzot La situazione immobiliare a Cervignano Barriere architettoniche e verde ridotto e distante: inchiesta urbanistica Esclusi

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ALTA UOTACentro Giovanile di Cultura e Ricreazione Ricreatorio San Michele

p.02-3ilverdeurbano p.04-5lacittà&ibeni p.06-7essemmesse&c. p.08-9teatrocarnevale p.10-11poliziotti&coach p.12diarioboliviano03

n.12 pag.01

Anno 3 numero 12, gennaio-febbraio 2007, periodico bimestrale gratuitoCentro Giovanile di Cultura e Ricreazione Ricreatorio San Michele, via Mercato 1, 33052 Cervignano del Friuli (UD)• Segreteria telefonica e fax 0431 35233 • e-mail: [email protected] • internet: www.altaquotaonline.org• Direttore responsabile: Norman Rusin • Redattori: Alberto Titotto, Luca Toso, Simone Bearzot, Andrea Doncovio,Giuseppe Ancona, Lorenzo Maricchio, Don Moris Tonso, Costantino Tomasin, Sandro Campisi, Silvia Lunardo, Vanni Veronesi,Andrea Folla, Sofi a Balducci, Christian Franetovich, Giovanni Stocco, Marco Simeon, Francesca Giusti, Alessandro Morlacco• Progetto grafi co: Maurizio Barut, Cervignano • Impianti/stampa: Graphic 2, Cervignano• Autorizzazione Tribunale di Udine: n. 15 del 15 marzo 2005 • Tiratura 1.000 copie

Buon sensoper raggiungerela modernità

L’idea di realizzare il vademecum“Guida alla progettazione accessibile e funzionale” nasce dall’osservazione quotidiana del costruito: formalmente le regole sulle barriere architettoniche vengono applicate ma spesso sono disattese norme elementari sull’accessibilità non scritte,ma di buon senso.

Risulta evidente che la normativa, in molti casi, viene applicata più per obbligo che per conoscenza dei problemi; esiste quindi la necessità di chiarire in modo esaustivo la materia inerente l’abbattimento delle barriere architettoniche e porre in evidenza i benefi ci di ordine pratico, economico e socio – culturale derivanti dal conseguimento dell’accessibilità.

Nel corso degli ultimi decenni sono stati realizzati diversi testi in materia di abbattimento delle barriere architettoniche, ognuno dei quali ha contribuito a radicare una crescente ma non suffi ciente attenzione per il problema dell’accessibilità.

Ai giorni nostri, l’accessibilità dell’ambiente esterno e degli spazi interni agli edifi ci è una necessità essenziale sentita non solo dalle persone disabili.Ed è il segno che contraddistingue la modernitàdi una società.

È quindi indispensabile e non più prorogabile un rinnovato approccio culturale a tale argomento da parte di tutti i professionisti del settore (architetti, geometri, periti edili, ecc.) che debbono recepire i bisogni della collettività e saper dare appropriate risposte tramite l’arte e la tecnica del progettaree del costruire.

Noi quali rappresentanti di associazioni di persone disabili e quindi conoscitori dei disagi derivanti da progettazioni superfi ciali, poco attente agli aspetti dell’accessibilità, abbiamo inteso, in continuità con il lavoro fatto da molti negli ultimi decenni, date il nostro contributo mediante la realizzazione della […] guida con l’auspicio che rappresenti un primo riferimento per un nuovo modo di progettare attento alle necessità di tutti.

Sebastiano Marchesanpresidente dell’Associazione

Tetra–Paraplegici FVG

L’agenzia immobiliare è luminosa e piena di gente indaffarata: attorno al grande atrio, tre stanze fanno da scenario a contratti fi rmati, locazioni in discussio-ne, mutui, residenze, affi tti. Tutto quanto ruota attorno al mercato dell’edilizia, una realtà che prosegue nello sviluppo straordinario cominciato qualche anno fa. Un contesto dal quale Cervignano non si estranea affatto.

Chi lavora in questo settore ha la possibilità di ricava-re da dati statistici, numerici e vuoti uno sguardo sulle umane vicende: e così, a partire dal costo degli affi tti o dai tempi di attesa si possono comprendere le proble-matiche di una famiglia appena giunta in città o di un giovane alla ricerca della sua prima casa. Ne abbiamo parlato con Ombretta Andrian.

Partiamo dagli appartamenti in affi tto:com’è la situazione attuale?La domanda di locali in affi tto sta affrontando un

momento di diffi coltà: questo è dovuto principalmente all’attuale congiuntura economica. Negli ultimi anni, di-fatti, è stato molto conveniente per le famiglie oppure per gli investitori accedere al mutuo per comprare la casa. Accanto a questo, va rilevato che i costi degli affi tti sono attualmente più alti rispetto a quanto considerato “spen-dibile”. Chi va in affi tto, dunque, solitamente lo fa perché non ha la possibilità di accedere al mutuo.

Quali categorie di persone sonomaggiormente interessate all’affi tto?Si tratta in prevalenza di persone provenienti da fuori

città e che decidono di abitare in affi tto per uno o due anni: passato questo lasso di tempo e valutato l’inseri-

mento a Cervignano, scelgono se comprare casa oppure cambiare località. In generale, gli stranieri sono pochi: le più numerose sono famiglie provenienti dal Meridione oppure giovani indipendenti che decidono di vivere da soli in affi tto.

A Cervignano esiste una differenza sensibiletra il costo dell’affi tto in una zona centralerispetto ad una periferica?No, il prezzo resta lo stesso: non c’è differenza nem-

meno con le frazioni e i paesi limitrofi . Gli affi tti si differenziano invece, com’è ovvio, per le attività di tipo commerciale.

Esistono particolari agevolazioni per quanto riguardaaffi tti “concordati” e particolarmente bassi?Questo tipo di contratto ha preso piede in città?Esistono sgravi e contributi a livello comunale relativi

alle imposte di registro e all’Ici per chi affi tta a basso co-sto, attorno ai 4,50 al metro quadrato. Tuttavia questa pratica non si è sviluppata molto, probabilmente perché l’affi ttuario ne trae poco benefi cio, mentre i conduttori sono poco informati: da questo punto di vista i contratti agevolati andrebbero forse maggiormente pubblicizzati dall’ente comunale.

In defi nitiva, molti locali restano spesso sfi tti a lungo?Il numero degli appartamenti sfi tti è sicuramente cre-

sciuto rispetto al passato: attualmente in agenzia ne trattiamo una quindicina, quasi tutti mini appartamenti. E’ un dato piuttosto alto anche in relazione ai tempi ne-cessari a trovare un conduttore. Mentre anni fa dopo un mese il locale veniva affi ttato, ora ne possono passare anche tre.

Simone Bearzot

La situazione immobiliare a Cervignano

Barriere architettoniche e verde ridotto e distante: inchiesta urbanisticaEsclusi

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12 p

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2

ZANON ARREDAMENTIdi Zanon Italo & C.

CERVIGNANO DEL FRIULI, via Cajù 39 • tel. 0431 33322, cell. 348 [email protected]

Cervignano ha subito molti cambiamenti negli ultimi anni, mutazioni che spesso ci toccano in prima per-sona, che non riguardano le grandi opere bensì rea-lizzazioni più vicine alla nostra quotidianità. Ci rife-riamo ai rifacimenti di marciapiedi e tratti pedonali che ci consentono di raggiungere a piedi il centro da una zona periferica, in completa sicurezza. Ci siamo chiesti quale sia la situazione per un pedone che deve raggiungere un qualsiasi luogo della nostra città, o che desidera semplicemente trascorrere del tempo passeggiando all’aria aperta, ponendo una partico-lare attenzione verso coloro che hanno delle diffi -coltà, o qualche impedimento: portatori di handicap, anziani, o semplicemente mamme con passeggino.

Spesso nella frenesia di tutti i giorni, quando siamo costretti a correre da un impegno all’altro, non ce ne rendiamo conto, e tutto passa inosservato. Allora per comprendere bene la situazione della nostra città, quale soluzione migliore di concederci due ore per una lunga passeggiata per Cervignano? Siamo partite dal Duomo, rigorosamente a piedi, passando per la spaziosa e acces-sibile via Roma. Proseguendo e superando sulla destra Piazza Unità, cominciano i problemi. Nell’interruzione del marciapiede su largo Oberdan, due gradini impedi-scono il passaggio a qualsiasi carrozzella. Proseguiamo, attraversando la strada sulle strisce pedonali, appena dopo Piazza Libertà… è lampante che il marciapie-de termina sulle strisce con un alto gradino e questo particolare si riscontra in molti altri scorci della nostra città. Andiamo avanti passeggiando sul marciapiede a sinistra, dirigendoci verso via Udine, fi no ad arrivare quasi alla scuola Media G. Randaccio. Notiamo subito che i lampioni, sono stati sistemati in modo piuttosto bizzarro. Il primo è vicino alle case, e man mano che si va avanti, la collocazione si sposta sempre di più verso il cordolo del marciapiede e la strada; questo fa sì che i lampioni centrali siano perfettamente in mezzo al mar-ciapiede, e lascino uno spazio ristrettissimo sia a destra che a sinistra. Una passante commenta:«A volte neppure due persone con l’ombrello riescono a passare, fi guria-moci una carrozzella o un passeggino! Bisogna scendere dal marciapiede,e camminare sulla strada, che è molto traffi cata e pericolosa. Fate bene a trattare questo ar-gomento!». «Tutti questi lampioni creano un problema!» commenta invece la signora I.D.N. «A volte, se c’è una macchina parcheggiata, bisogna fare il giro e correre il rischio di camminare sulla strada!»

Tornando verso il centro, circa 200 metri dopo il pon-te, altro gradino sulle strisce pedonali. «È necessario rivalutare tutta l’urbanistica cervignanese, in questo senso» ci dice la sig.ra Del Bianco. Arriviamo all’attra-versamento pedonale successivo, e troviamo il medesi-mo problema; interpelliamo una passante, a proposito di questo dettaglio, mettendoci nei panni di un disabile:«È vero-dice la signora Anna Collavini- ma è anche vero che questo passaggio non è stato rifatto di recente». Le ricordiamo, allora, i pali della luce in via Udine: «Certo, io abito in quella zona, ma prima era ancora peggio! Già così da quello che so hanno espropriato un po’ di terreno alle abitazioni per allargare il marciapiede, un disabile avrà dei problemi, ma le cose perfette non sono possibi-li!». Ultima tappa davanti all’ennesimo marciapiede che fi nisce in un alto gradino, incontriamo una non cervi-gnanese, Micaela Ponton, che ci dice che conosce bene la problematica, avendo una nipote portatrice di handi-cap. Ci racconta che quest’ultima «ha spesso diffi coltà, dappertutto, anche a Cervignano. Soprattutto le nuove realizzazioni dovrebbero essere a norma, per evitare si-tuazioni diffi cili…spesso non si pensa che un palo, un gradino, o una porta troppo stretta, possono essere un grande ostacolo».

Sofi a Balducci e Silvia Lunardo

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In assenza di limitazioni di tipo tecnico o economico, è buona

norma prevedere una pendenza della rampa pari al 4 – 5 %.

Le strisce pedonali sono inutili se fi niscono, o iniziano, dove

c’è uno scalino di 15 centimetri, insuperabile per una carrozzina

e pericoloso.

Basta telefonare 24 ore prima di un viaggio e da Trieste

arriva un’équipe attrezzata per sollevare i disabili al livello

del treno. Ma per ragioni di sicurezza, prescrive la legge,

l’attraversamento è posto a 200 metri dal sollevatore.

Un bidone della spazzatura in questa posizione è inutilizzabile da una persona in carrozzina e

gli impedisce il passaggio.Con un marciapiede stretto,chi è in carrozzina si trova

in un cul–de–sac.

Ad ogni cambio di pendenza è opportuno prevedere un

piano di sosta di almeno 150 centrimetri. Dove la pendenza

è maggiore quest’esigenzaè ancora più forte.

Le didascalie si rifanno a quanto consigliato nel volume“Guida alla progettazione accessibile e funzionale”,redatto dall’Associazione Tetra–Paraplegici FVG.

Futuri ediliFra nuove costruzioni, scavi e demolizioni, la nostra cittadina appare sempre come un can-tiere aperto, in continua trasformazione. Capita spesso di chiedersi: quale sarà il futuro dell’edi-lizia e dell’urbanistica a Cervignano?

Sfogliando il Piano Regolatore Generale Comunale (nella sua variante 68, aggiornata al 28/9/2006), abbia-mo rivolto la nostra attenzione alle linee guida previ-ste dal Piano per le zone più interessanti e controverse, quelle soggette a “Piano Regolatore Particolareggiato Comunale (P.R.P.C.) obbligatorio”, soffermandoci so-prattutto su ciò che riguarda le zone verdi. Nel nostro percorso per le vie cittadine, partendo dall’inizio di via Roma, abbiamo esaminato le aree:

• Dell’ex scuola di via Roma• Del Mesol• Dell’ex Consorzio Agrario• Dell’ex Cantina Sociale• Di via Predicort• Degli ex Molini Variola

Iniziamo dunque il nostro itinerario.Abbandonata ormai da molti anni, l’area dell’ex scuola

di via Roma vedrà probabilmente la creazione di percorsi pedonali che collegheranno via Roma con il retrostante Borgo Salomon, così da poter congiungere direttamente il centro della città con la sede della Biblioteca Comu-nale. A quanto ci risulta, non è stato ancora deciso se l’imponente struttura dell’ex scuola elementare sarà ri-strutturata oppure completamente demolita. I parcheggi pubblici, pur previsti, dovrebbero essere ubicati al di sotto del piano della strada, mentre all’interno dell’iso-lato, oltre ovviamente alle costruzioni, verrebbe creato un sistema di spazi pubblici, da adibirsi a luogo di socia-lizzazione ed incontro.

Proseguendo su via Roma fi no a piazza Unità, giun-giamo al Mesol, sulla sponda sinistra del fi ume Ausa. Per questa storica zona cervignanese, il Piano prevede interessanti novità: la salvaguardia storico-ambientale dell’area, il miglioramento della percorribilità pedonale e ciclabile delle sponde del fi ume, e soprattutto la co-struzione di un ponte pedonale tra la sponda destra del-l’Ausa e le piazze del Mesol.

Procediamo nel nostro percorso.Lungo via Aquileia si incontrano due vaste aree, una

fi no a poco tempo fa sede del Consorzio Agrario, l’al-tra della Cantina Sociale, entrambe costruzioni recen-temente demolite. Per la la prima zona, il Piano pre-vede la realizzazione di spazi residenziali, commerciali e direzionali, con altezza non superiore ai 3-4 piani. Inoltre c’è l’intenzione di realizzare una fascia di verde pubblico attrezzato, larga 30 metri, che dovrebbe con-giungere via Aquileia a via Trieste, percorrendo tutto il confi ne più lungo dell’area. Per quanto riguarda in-vece la superfi cie dell’ex Cantina Sociale, il verde (as-sieme ai parcheggi) dovrebbe essere individuato su via Aquileia, con una superfi cie pari a 3 m2 per ogni abi-tante. Le costruzioni, di altezza massima 3 piani, sa-ranno disposte in linea, parallelamente a via Aquileia.

Svoltando a destra, ci addentriamo nelle strade retro-stanti il Cimitero Comunale, giungendo nella zona del Predicort. Anche qui, il Comune interviene con un PRPC, defi nendo precisi vincoli: in particolare, chi volesse edi-fi care nell’area ancora intatta, dovrebbe realizzare un nucleo verde di almeno 4000 m2, in un unico blocco.

È interessante anche la situazione degli ex Molini Variola. Pur non essendo compresa nel centro cittadi-no, questa vasta area meriterebbe una valorizzazione adeguata alle sue caratteristiche ambientali e stori-che. In effetti il PRPC, nelle sue linee guida, prevede di garantire la percorribilità pedonale pubblica lungo il corso d’acqua, anche con la creazione di aree verdi attrezzate, punti di sosta, e di destinare un’altra area piuttosto vasta a verde, parcheggi e viabilità ciclo-pe-donale. Inoltre, dovrà essere realizzato un “rilievo den-drologico”, ossia uno studio della vegetazione presen-te, al fi ne di salvaguardare questo prezioso patrimonio.

Alessandro Morlacco

in uotattualitàn.12 pag.03

“Turisella CreAttiva”: un percorso di progettazione par-tecipata. L’iniziativa, portata avanti da Luca Negro, Ivan Snidero e Gloria Catto in collaborazione con l’Assessora-to all’urbanistica, ha coinvolto, nell’anno appena passato, i residenti del borgo Turisella in una serie di incontri per pianifi care il recupero di due aree verdi del quartiere. “Il punto di forza dell’iniziativa è stata la partecipazione diretta dei residenti” spiega Negro. “Nel corso delle riu-nioni sono emersi alcuni dei bisogni più sentiti nella Tu-risella: la sicurezza delle aree verdi, circondate da strade piuttosto traffi cate; la loro fruibilità, la manutenzione delle strutture esistenti e l’individuazione di giochi adat-ti sia per bambini che per ragazzi”.

Le aree verdi interessate sono state due: la prima si trova nei pressi della scuola Turisella, dove ver-rà creata un’isola ecologica con gli appositi “cassetto-ni” per incentivare maggiormente la raccolta differen-ziata e dove troveranno spazio anche ragazzi e bambi-

Abbiamo osservato gli spazi verdi pubblici nei quartieri di via Sarcinelli,via Aldo Moro, via don Minzoni, via Turisella, via Ramazzotti e zona adiacente

Abbiamo preferito in molti casi dedicarci a luoghi di edifi cazione o trasformazione più recente piuttosto che, per esempio, al centro, dove l’impianto urbanistico non è sostanzialmente cambiato negli ultimi anni e dove, co-munque, c’è ben poco da dire: salvo gli alberi e gli spiaz-zi d’erba di Piazza Indipendenza, tutta la zona centrale è completamente priva di aree verdi. Abbiamo poi confron-tato alcuni dati anagrafi ci molto interessanti, che presen-teremo solo per alcune delle aree selezionate, senza tra-lasciare, inoltre, l’analisi del piano regolatore comunale.

Partiamo dunque con l’unico vero e proprio parco cervignanese: il parco Europa Unita. Entriamo e trovia-mo un ambiente nel complesso pulito e ordinato: rispet-to ad anni fa, la situazione è assai migliorata. I giochi per i bambini sono in buono stato, mentre lo stesso non si può dire della vecchia vasca posta - per non dire but-tata - vicino al recinto che divide il parco dal cosidetto

“eremo di Gabriele D’Annunzio”; una vasca risalente alla Prima guerra mondiale e realizzata dal genio militare. La scritta che corre intorno è slabbrata, ma ancora leg-gibile: «Questa chiara, fresca e dolce acqua fatta scatu-rire dal soldato d’Italia per dissetarsi combattendo resti al lavoratore dei campi che ne trarrà alimento per la maggiore grandezza della patria». Ma la scoperta peg-giore, che ci ha richiamato alla mente uno degli “incubi” del Parco Europa di alcuni anni fa, quando tutta l’area era costellata di simili “presenze”, è una siringa gettata sull’erba. Pochi metri dopo ci imbattiamo in una botti-glietta di metadone. Di tutto ciò abbiamo parlato con il responsabile della gestione del parco, Luigino Bonutti. Ecco le sue parole: « Dopo alcuni problemi con la gestio-ne precedente, ho ricevuto le chiavi del parco l’11 luglio. Da quel momento, tutto quello che avviene nel parco è sotto la mia responsabilità. Riguardo ai drogati, ho anch’io fotografato una siringa [ci mostra la foto – ndr] e ho già fatto presente il problema, così come quello dei ragazzini che compiono atti di vandalismo e quello dei ladri che sfondano i portoni e rubano ciò che trovano. Anzi, ho proposto d’installare un sistema di videosorve-

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Più cemento, meno verdeil parco Europa regge l’esame con riserva

glianza, ma non ho avuto una risposta positiva. Io passo per il parco una volta al giorno tutti i giorni, però non posso sapere ciò che avviene di notte ».

Tornando al nostro percorso, ci rechiamo ora nel grande spiazzo sterrato che si estende di fronte al parco, proprio sotto la sopraelevata ferroviaria. D’accordo, non è un’area verde, tuttavia ciò che abbiamo visto merita comunque attenzione. Proprio vicio al marciapiede, ecco di nuovo dei fl aconcini di metadone; più in là, poi, ci troviamo in una vera e propria discarica, con mucchi di vestiti, scarpe, borse, bottiglie, lattine, e poi vetri, car-toni, pile, scatolette, ruote di macchine, tubi, persino un divano, un lavandino, un’auto abbandonata e un tralic-cio. La degradazione è totale.

Prendendo la laterale sterrata di via Ramazzotti che collega Cervignano e Muscoli e girando subito a destra, si arriva a una zona verde di non piccola estensione, con giochi per bambini, ponticelli sui corsi d’acqua e fontane in più parti. Non c’è che dire: l’area sembra fatta apposta per lo svago e per le scampagnate, così immersa nella na-tura eppure a due passi dal centro. Peccato che non ci sia alcuna indicazione, che la strada sia quasi impraticabile, che l’impressione generale sia di squallore e di abbandono (erba poco curata, cartacce, bottiglie, scritte varie). Per fortuna ogni tanto qualcuno si muove; camminando per il “parco” abbiamo infatti trovato un cartello con scritto:

“Quest’area è stata pulita dai volontari di Legambiente”.Diverso il discorso per la zona “Turisella”. Gli adulti

e gli anziani di sicuro si ricordano che l’omonimo fi ume scorreva dove ora si trovano le scuole elementari. Quasi in un lampo - è passato poco meno di un trentennio - il

“borgo” Turisella diventò una delle aree più abitate della città e di sicuro una delle più radicalmente trasforma-te. Pochi anni fa, una seconda ondata di edifi cazione in quelle che oggi sono via Montale, via Calvino e via Pavese. Nonostante il gran numero di abitazioni, il ver-de non manca; anzi, proprio qui si estendono due spazi

erbosi piuttosto ampi per la media cervignanese, uno dei quali è noto ai più come “il campetto”. O meglio lo era, dal momento che due anni fa le porte di calcio che vi si trovavano «sono state tolte dal Comune - come ci dice un ragazzo - in quanto pericolanti». Un vero peccato: sarebbe bastata un po’ di manutenzione in più, anche da parte dei cittadini del quartiere, per conservare uno dei pochissimi campetti liberi da calcio del paese.

Via Aldo Moro e l’immediatamente successiva via Don Minzoni: due vie fra le più brevi di Cervignano, un’area di estensione nel complesso limitata. Chi si aspetterebbe di trovare 3 villette bifamiliari circondate da 17 gran-di condomini (compresi gli ultimi due edifi ci in fase di ultimazione all’angolo fra via Aldo Moro e via III arma-ta)? Eppure è così, e la storia di questa zona parte nella prima metà degli anni ’90, con le vecchie costruzioni dell’impresa edile Mengo, poi fallita. Un lungo periodo di abbandono e poi, pochi anni fa, l’inizio dei nuovi lavori, davvero massicci. Proviamo ora a fare qualche calcolo. Secondo i dati dell’anagrafe, a fi ne 2006 nelle vie Aldo Moro e don Minzoni ci sono 360 residenti divisi in 257 appartamenti. Di questi molti sono ancora inven-duti o sfi tti. Pensiamo dunque a quante persone dovran-no ancora popolare questa zona, e soprattutto a quanti bambini: gli under 15 risultano essere 67 su 360, ovvero quasi il 19% dei residenti. Risulta però diffi cile pensare a una simile concentrazione di cittadini in due vie molto strette, dove due auto passano a malapena e dove, so-prattutto, non c’è nemmeno un centimetro di verde. Si potrebbe discutere anche sull’opportunità di costruire condomini così grandi tutto intorno a delle villette bas-se e ravvicinate, nonché sulla scelta dei colori per le pa-reti esterne delle nuove costruzioni (stesso discorso per le tinte dei condomini sul fi ume Ausa, in via Manolet): questioni di estetica e di opinioni personali, comunque.

Dunque Cervignano cambia, eccome: da ciò che vi abiamo descritto ai nuovi lavori in via Brumatti, fi no alla zona residenziale in via di completamento di fronte a via Manzoni, il paese sta assumendo sempre di più i connotati di una cittadina. Una cittadina che però non gode di spazi verdi signifi cativi, nemmeno nelle aree di più recente edifi cazione, e che sembra non avere, forse, precisi criteri di riferimento nel suo sviluppo urbanisti-co e architettonico. Con questo non intendiamo espri-mere dubbi e preoccupazioni sull’evoluzione del paese, anzi: una città che cambia è una città che vive. Ma è proprio per questo che una rifl essione su temi del genere non può che essere utile.

Vanni Veronesi, Alessandro Morlacco e Marco Simeon

ni in un campo da gioco predisposto proprio per le loro esigenze. L’altra area interessata si trova poco lontano dalla prima, in via Gramsci, e sarà de-stinata a luogo d’incontro per famiglie e anziani.

Ciò che più ha soddisfatto gli organizzatori è sta-ta la conferma del metodo adottato: “Le persone sono soddisfatte di partecipare a qualcosa che ve-dranno nascere attraverso un processo di media-zione continua”. Tra l’altro, i residenti non si sono accontentati delle proposte, ma hanno “rilancia-to” ponendo sotto esame la sicurezza stradale della zona, sollevando preoccupazioni e suggerendo ade-guamenti al piano del traffi co e l’uso di strumenti quali dissuasori, rallentatori ed isole spartitraffi co.

L’iter procedurale di “Turisella CreAttiva” si è con-cluso lo scorso aprile e il progetto ed è attualmente in attesa di fi nanziamento da parte del Comune.

Simone Bearzot

Creattiva

Centri estivi, animazionifeste di compleanno…Servizi di pulizia,pulizie condominiali,abitazioni private…

Cervignano del Friulivia Mercato 1fax 0431 35233cell. 339/[email protected]

Un paese che diventa cittàcon il contributo di ciascuno

Una piccola premessa storica: le nostre cittadine sono tutte, a parte casi particolari come Palmanova e Tor-viscosa, di origine rurale. A partire dal secondo dopo guerra hanno avuto una forte espansione dovuta alla trasformazione del sistema economico, da agricolo ad industriale, artigianale e di servizio.

I nuclei storici di Cervignano, che si attestavano in-torno alla chiesa di San Michele e piazza Unità, a borgo Salomon ed a piazza San Girolamo, hanno visto insedia-re nei propri orti, o al posto di abitazioni vetuste, nuove tipologie: palazzine e grattacieli. Nelle periferie di allora, ora a ridosso del centro, si è proceduto con insediamen-ti per case sparse condomini caratterizzati da viabilità ridotte e privi di un disegno generale. Mi riferisco gene-ricamente a via Udine, via Gorizia, via Monfalcone, con l’eccezione di alcuni esempi di buona urbanistica come Borgo Mulino in prossimità del Mulino Variola. Nell’in-sieme quello che oggi abbiamo ereditato è una cittadina con frammenti del suo passato inseriti in un insieme disorganico ma ancora ricco di potenzialità.

Ciò è accaduto in tutta l’Italia: una forte disponibilità di capitale ha permesso una rapida costruzione a cui l’ente pubblico, stato, regione, comune, ha cercato di por-re un controllo con strumenti urbanistici: i piani regola-tori, i piani particolareggiati, piani di lottizzazione, ecc., con cui si danno indicazioni da rispettare nelle costru-zioni: le distanze dai confi ni, le altezze, quanto grande può essere il fabbricato, ecc.

Con l’istituzionalizzarsi della disciplina urbanistica si pone la domanda: chi progetta la città?

Per secoli la poca disponibilità di mezzi, le regole della tradizione e del costruire hanno prodotto i nostri borghi rurali, che costituivano un rapporto organico tra costru-zione e territorio. Ora, nell’epoca della disponibilità e della possibilità, si pone la domanda: chi progetta la cit-tà, e quindi chi dispone delle aree verdi, della fruibilità, e della bellezza dell’abitato? Le leggi Urbanistiche ed il capitale immobiliare?

Anche. Ma nell’ epoca della massima libertà, chi pro-getta la città è l’uomo, inteso quale cittadino, professioni-sta, amministratore, ma anche associazioni e tutti quanti vogliono portare sull’argomento il proprio pensiero e la buona volontà. Non esistono più autorità o tradizioni che assicurano l’armonia nel costruire ma solo il confronto tra diverse idee dell’uomo e del vivere. Con queste idee che ognuno di noi possiede in varie forme possiamo ini-ziare ad immaginare la città futura. Si può pensare ad una città in cui guardare il cielo senza piegare innatural-mente la testa: questo comporta che le case non abbiano tanti piani ma solo due o tre. Si può immaginare una città in cui l’incontro con gli altri avvenga principalmen-te in luoghi aperti. Quindi importanti saranno gli spazi pedonali e le piazze che dovranno permettere di sedersi, avere ombra, e acqua per bere. Si può immaginare una città in cui il verde si alterni al costruito, quindi non si sceglierà una edifi cazione compatta, ma si disporranno dei luoghi naturali alternati alle case. Ognuno possiede questa capacità immaginativa con cui possiamo pensare la città futura. L’immaginazione è diretta dalla propria visione del vivere, e tra le diverse visioni ci sono due grandi spartiacque. Il primo vede una idea di città tradi-zionale, come è stata fatta sino ad ora e rispettosa della sua storia, opposta ad una città che individua nella mo-dernità complessa e tecnologica la nuova prospettiva con cui trasformare l’abitato. Il secondo spartiacque pone da un lato la norma come strumento per controllare ogni aspetto del costruito, a cui si contrappone l’idea della massima libertà nell’edifi care. Ognuno deve potersi con-frontare con queste visioni per porre le basi di quanto si costruirà nei prossimi decenni.

Le aree verdi

Credo si debba distinguere le aree verdi interne alla città e quelle esterne. Su questi temi va segnalato un in-teressante studio fatto dal dott. Ivan Snidero e dal geom. Luca Negro per l’amministrazione di Cervignano in cui si evidenzia come il territorio del comune presenti, oltre a delle incongruenze, delle grandissime valenze ambientali. Presenza di acque, aree agricole, zone boscate che nel-l’area di Scodovacca conservano ancora una impostazio-ne storica. Nel complesso emergono i parchi di Strassoldo e di Scodovacca, oltre a molte ed importati abitazioni rurali sparse. All’interno della città sono presenti aree già organizzate ed altre da valorizzare come le sponde fl uviali.

È possibile immaginare la città come un luogo dove si possa incontrare ogni dieci minuti di cammino un am-biente naturale con possibilità di sosta, gioco, incontro? Uscendo dall’abitato si possano trovare dei percorsi che portino nei suoi luoghi signifi cativi? Se questa può esse-re una prospettiva urbanistica, come realizzarla?

Nessuno, nemmeno l’ente pubblico può realizzare un piano simile con le proprie risorse, bisogna ripartirne il peso. Iniziamo con le aree verdi di quartiere: queste possono essere dei nuclei di verde, gioco e sosta la cui organizzazione e gestione possono essere date al quartie-re stesso. L’esempio è la progettazione partecipata del-la Turisella: può essere un buon modello progettuale da seguire e ci dimostra che queste aree esistono e vanno tra loro collegate. L’amministrazione, predisponendo un progetto generale del verde, potrà raccordare i verdi di quartiere con aree sportive, i giardini pubblici esistenti ed i luoghi signifi cativi come le sponde del fi ume Aussa, con percorsi sicuri e piste ciclabili. Le aree naturali più importanti possono essere gestite dalle associazioni sul-l’esempio importantissimo del parco scout.

Questa area ci introduce al problema delle aree ver-di esterne all’abitato. Ma l’idea della nostra città fi ni-sce dove fi niscono le case o continua nella campagna?La campagna resterà immutata o verrà ridotta via via ad aree sempre più piccole? Qui può trovare spazio una idea di città diverse che possano collegarsi fra loro e con il territorio. Ciò presuppone che tutti i comuni della Bassa friulana chiariscano insieme il tipo di uso da dare allo spazio non costruito: coordinato, aperto al turismo, al-l’uso sociale, e alle produzioni di qualità o frammentato nelle singole logiche comunali a pelle di leopardo? Da evitare una frammentazione delle scelte come la proposta del cementifi cio signifi cativamente avversata da parte di tutto il consiglio comunale locale, ma voluta da Torvisco-sa. Per tutta la Bassa si può immaginare la realizzazione di vie verdi che permettano di percorrere il territorio dalla collina alla laguna seguendo le sponde dei fi umi, i residui dei boschi, i corsi di risorgiva e gli abitati rura-li. Se inoltre l’appiattimento del territorio da parte delle coltivazioni intensive e dei riordini fondiari ci indispone, si può immaginare di incentivare la trasformazione e il recupero delle abitazioni rurali e del loro contesto, per la conservazione e la valorizzazione del paesaggio. Queste trasformazioni spettano a specialisti, professionisti,ma solo quali interpreti di una volontà culturale che già è in essere e che ognuno di noi è chiamato a costruire.

Piste ciclabili, percorsi pedonalie barriere architettoniche

Il tema della percorribilità del territorio ci apre co-munque al problema delle barriere architettoniche. Una città che si apre ai diversamente abili si apre anche ai bambini ed agli anziani. Molti percorsi non sono adatti a questi tipi di persone, ma se vogliamo risolvere i pro-blemi di accessibilità per tutti non dobbiamo fermarci ai marciapiedi: dobbiamo immaginare una città in cui bambini, anziani, disabili possano muoversi liberamente. Immaginare che i bambini, e quindi il loro gioco, siano l’elemento primo nella pianifi cazione di un centro abitato signifi ca garantire sicurezza, accessibilità, percorribilità e gioiosità di tutti i luoghi. Con la memoria possiamo riandare a circa cinquanta anni fa quando il gioco av-veniva ancora nelle strade e tra le case. Si obbietterà che non si può ostacolare il traffi co ma noi possiamo imma-ginare il centro cittadino con ampie aree pedonali ed il traffi co dei veicoli esterno ad esso con aree di parcheggio poste in anello nella prima periferia.

Molti casi di cittadine europee e molti esempi di pro-gettazione fatta insieme ai bambini anche in Italia po-trebbero aiutarci in questa direzione. In prospettiva futu-ra si può anche guardare all’uso di grandi aree dismesse come le caserme, per immaginare alcune delle risposte ai problemi dei veicoli, del parcheggio e del verde a servizio del centro. Inoltre molte altre aree pedonali possono es-sere affi date e adottate da scuole, associazioni giovanili, privati, ecc. che le possono gestire, rispettare e valorizza-re. Manifestare una idea di città, di vita, signifi ca agire politicamente, agire sulla gestione del territorio, infl uen-zarne le scelte amministrative.

Verso uno sviluppo ordinato e compatibile

Dobbiamo immaginare una città percorribile, in ar-monia riferendoci alle città storiche come spunti per il nostro costruire. L’attuale piano regolatore di Cervi-gnano prevede per il centro, prospettiva che condivido, la costruzione di edifi ci con riferimento all’architettura tradizionale; ciò ha portato negli ultimi dieci anni alla realizzazione con buon esito di edifi ci che si riferiscono alle costruzioni rurali storiche. Può sembrare una idea limitata, di parte, ma si riferisce ad un ideale di crescita armonica, i cui strumenti sono alla portata di tutti: tipi, forme, proporzioni e materiali.

Questa è una minima garanzia, rispettosa delle nostre radici, di decoro urbano che deve anche sposarsi con la bontà del costruire. Da anni si sperimenta l’edilizia na-turale, il risparmio energetico e l’uso di fonti alternative: non sono astrazioni costose, sono realtà che possiamo chiedere quando realizziamo o acquistiamo una casa. Si può obiettare che questi elementi progettuali non miglio-rano gli spazi limitati tra edifi cio ed edifi cio, o tra questi e la strada, non aumentano il verde all’interno delle cor-ti, non garantiscono posti auto e percorribilità agevoli. Ma se ci riferiamo a una città che si dota di quartieri e di nuove lottizzazioni con propri centri riconoscibili, collegati con percorsi pedonali al verde urbano del ter-ritorio, un centro urbano con ampie zone pedonali; se limitiamo l’altezza delle nuove costruzioni e aumentiamo la loro quantità di area scoperta; se verrà premiato l’uso di tecniche e materiali naturali e per il contenimento energetico, vorrà dire che stiamo creando una struttura in cui le forme tradizionali e le nuove possono convivere armonicamente.

Come professionista ho potuto assistere in questi ul-timi anni a molti fatti urbanistici che giudico positiva-mente: il piano del traffi co e delle vie ciclabili, il piano dei porti, la sistemazione delle sponde del fi ume Aussa, il recupero di vari edifi ci a fi ni pubblici, la pedonalizza-zione di alcune aree centrali. Sono tutti passi che vanno nella direzione della costruzione di una città futura a cui tutti siamo chiamati a partecipare.

Se ci sta a cuore eliminare i buchi nei marciapiedi, dobbiamo dare soluzione al problema complessivo imma-ginando la Cervignano del futuro: una città democrati-ca in cui qualsiasi strumento urbanistico sia frutto di una progettazione partecipata e del confronto tra le varie istanze culturali, focalizzata non sul particolare ma, più in generale, su un possibile signifi cato attuale dell’urba-nistica, intesa come costruzione della città che coinvolge ognuno di noi.

Giuseppe Ancona ed Ennio Snider

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fi liale diCervignanodel Friuli

Immaginare la cittàPensare alla città che vorrei mi fa inevitabilmente andare indietro con la memoria. Mi fa pensare all’infanzia, a quand’ero ragazzo, a me sembra ieri, ma da un rapido calcolo sono passati più di trent’anni da quando ricordo giocavamo nel campetto dietro casa. All’epoca la mia bicicletta (e quella dei miei compagni di gioco) non aveva i freni, ci fermavamo usando le suole delle scarpe o scodando di lato. Ricordo anche di aver visto costruire tutti quei palazzi che oggi caratterizzano il centro, ma che allora prendevano il posto di un orto in abbandono, senza grandi criteri di rispetto per il vicinato.Nel tentativo di capire meglio come pensare ad un futuro che permetta di evitare quantomeno gli errori del passato, ma possa anche essere rispettoso di aspettative non del tutto percepite oggi, ma importanti domani, ho cercato un amico che fosse mio contemporaneo, esperto in materia urbanistica, favorevolmente e pazientemente disposto a darmi una mano. Caratteristiche che ho trovato in Ennio, architetto libero pro-fessionista che ringrazio per la disponibilità e che mi ha fornito le informazioni e le rifl essioni che seguono.

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“Alta Quota” continua il suo viaggio nei luoghi d’arte cervignanesi.Tappa di questo numero è Strassoldo.Per parlarne, ci siamo rivolti alla contessa Elisabetta.

Viaggio a CervignanoInchiesta sui beni culturali a Cervignano

Quali sono le origini della Sua casatae del borgo di Strassoldo?Innanzitutto, il borgo di Strassoldo nasce proprio con la

nostra famiglia; si parla di un castello, all’epoca (età dei longobardi) certamente in legno, con due torri sistemate sui due lati del fi ume. Era una fortezza, attaccata e dan-neggiata più volte e sempre restaurata, poi rimpicciolitasi e rimaneggiata nel corso dei secoli fi no all’aspetto attuale, dovuto al restauro ottocentesco ad opera dei fratelli Fran-cesco e Niccolò. Attualmente stiamo recuperando la vec-chia pileria di riso: Strassoldo era famosa per la coltura di riso e mia nonna Rosa lo forniva alla corte di Vienna.

Quanto alla mia famiglia, esistono due versioni ri-guardo alle sue origini, ma la più probabile è la seguente. Si ha testimonianza di un Rambaldo di Strassoldo, ap-partenente a una delle tribù dei Franchi, che combattè con l’imperatore romano Valentiniano III e il suo genera-le Ezio contro Attila [siamo nella metà del V secolo d.C; ndr]; sembra, dunque, che il castello e il borgo siano nati con uno dei suoi discendenti, tant’è vero che abbiamo nu-merosi affreschi che menzionano le sue gesta, compresi quelli del Quaglio [Giulio II Quaglio, 1668 – 1751; ndr] nel palazzo Strassoldo di Udine, dove oggi c’è una banca.

I discendenti di Rambaldo, dunque, crearono qui la pri-ma fortezza, circondata dall’acqua, trasformatasi poi nei due castelli attuali, detti “di sopra” e “di sotto” semplice-mente perché uno si trovava più in alto e l’altro più in basso.

Ho visto che qui di fronte c’eranoanche un’archivio e una cancelleria.Sì, perché gli Strassoldo avevano giurisdizione su vari

paesi della zona e dunque tenevano tutti i documenti. A tal proposito è interessante ricordare che, quando i vene-ziani costruirono la fortezza di Palmanova, vennero qui con un seguito di 300 persone e fu proprio un nostro avo, Riccardo, a stilare tutti i documenti e le mappe; egli era notaio e collaborò con l’architetto Giulio Savorgnan per l’edifi cazione della città, dal 1567. Strassoldo passò poi all’Austria e vi rimase fi no al 1918, quando il Duca d’Ao-sta, che viveva a Privano, trasferì qui i suoi uffi ci.

Parliamo della chiesa di San Niccolò.[foto qui sotto in basso]In origine era dedicata a San Felice martire, del qua-

le ci sono ancora le reliquie; la parte più antica anco-ra esistente dopo i numerosi rimaneggiamenti è l’altare cinquecentesco del Bissone. Fino all’ottocento, la chiesa non era collegata con il corpo centrale del castello ed era la cappella di famiglia; in seguito fu concessa in uso ai cittadini, in quanto S. Maria in Vineis [la chiesetta cittadina; ndr] era diventata troppo piccola, fi nchè, al-l’inizio del novecento, gli abitanti se la sono presa per usucapione.

Seconda Puntata

Tra l’altro proprio in questa chiesasi è sposato Radetzky…È vero. Mio bisnonno Michele fu il penultimo vicerè

di Milano, prima di Massimiliano d’Austria, che morì in Messico e costruì il castello di Miramare. Ebbene, proprio la sorella di mio bisnonno, Francesca Romana, si sposò qui con il generale Radetzky.

C’è poi la chiesa paesana di S. Maria in Vineis.[foto qui a destra in alto]Risale al XIV secolo o forse al XIII. Presenta ancora

degli affreschi trecenteschi molto interessanti.So che infatti si parla di nomi importanti, come la

scuola di Tommaso da Modena o di Vitale da Bologna o persino di Masolino, maestro di Masaccio.

Sì, sono dipinti di notevole qualità che denotano co-munque una committenza ricca, visti l’uso e la tipologia dei colori, all’epoca molto costosi.

[Per visitare la chiesetta bisogna rivolgersi alla Pro Loco, vicino all’ingresso del Castello di sotto.]

Veniamo al presente.Ci può parlare delle manifestazioniche coinvolgono il borgo di Strassoldo?Ce ne sono due, una in autunno e una in primavera,

chiamata “Fiori, acque e castelli”. Fu mia fi glia ad avere l’idea, anni fa, di organizzare una manifestazione incen-trata sui fi ori – la grande passione di mia fi glia – e sui prodotti tipici. Coinvolse quindi sua cugina e poi tutto il paese, la Pro Loco e i vari gruppi locali: il successo fu immediato e davvero notevole, tanto che in pochi giorni entrarono nei castelli, aperti al pubblico, davvero moltis-simi visitatori. Oggi abbiamo espositori e turisti anche da altre parti d’Italia, come la Sicilia e il lago Maggiore, e dall’estero (Germania, Austria, Inghilterra), nonché la presenza fi ssa delle televisioni austriaca e tedesca. Tra l’altro, mia fi glia seleziona gli espositori affi nchè il pub-blico non si trovi davanti a cose già viste l’anno prece-dente; inoltre organizza concerti di musica antica e altri eventi collaterali alla manifestazione legati alla storia locale, come la rievocazione in costume.

Conclusa l’intervista, la contessa mi guida attraver-so il palazzo, con i suoi interni sobriamente eleganti, i quadri degli avi, i ritratti, le stampe, il vecchio mobilio, i grandi camini: un ambiente in cui si respira la Storia con la S maiuscola. Ed ecco, fi nalmente, ciò che tut-ti vogliono vedere in simili occasioni: il grande albero genealogico dipinto sul muro. È un’enorme grappolo di nomi dentro a medaglioni, con la fi gura di Rambaldo a vigilare accanto: uno spettacolo, cari lettori, vi giuro! Non posso fare a meno di esclamare:

Certo che ai Campi Catalaunici [in Francia, nel 451 d.C.; ndr] il generale Ezio e il Suo avo Rambaldo diedero una solenne bastonata al barbaro Attila!

Risposta: Eh sì! E comunque gli Strassoldo hanno combattuto in più di un’occasione; mi viene in mente il comandante Giovanni, il quale fece costruire a Venezia una galea che guidò, assoldando un folto gruppo di friu-lani, nella grande battaglia di Lepanto, contro gli Otto-mani, nel 1571.

Caspita…Esco che è già sera e il buio invernale avvolge il bor-

go in un’atmosfera che pare fi abesca, per non parlare della nebbia “medievale” attorno ai giardini e ai palazzi di pietra. Permettemi un consiglio: non perdetevi una visita a Strassoldo!

Vanni Veronesi

Sabato 24 febbraio, “GRUPPO TEATRALE PER IL DIALETTO” Trieste:LOCANDA GRANDA di Carpinteri & Faraguna, regia di Gianfranco Saletta

Venerdì 2 marzo, Compagnia Teatrale “LA BARCACCIA” Trieste:CIACOLE NO FA FRITOLE di Elisa Prelz, regia di Riccardo Fortunaliberamente tratto da “Così è (se vi pare)” di Luigi Pirandello

Sabato 10 marzo, “ I TRIGEMINUS ” Manzano: CJASEMATE cabaret furlan

Sabato 17 marzo, Assemblea Teatrale Maranese, Marano Lagunare (UD):DONNA LIBERA E LA FORTEZZA CONTESA di Valentina Rivelli (da “Le Baruffe Chiozzotte” di Carlo Goldoni)

Sabato 24 marzo, Compagnia Teatrale “IL TOMÂT” Udine:COME SI RAPINA UNA BANCA di Samy Fayad, regia di Adriana Dainotto

Sabato 31 marzo, “Gruppo Teatrale della Loggia” Udine:CINC PAR UNE di Enrico Luttmann, regia di Nikli (Paolo Nicli)

TeatroSalaurora

…A TUTTO TEATRO!2a Rassegna Primaverile

di Teatro ComicoPrenotazioni e prevendita:

Bar Ricreatorio San MicheleCervignano del Friuli

via Mercato 1, tel 0431/31493Il programma completo suwww.teatrosalaurora.org

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a cura di Andrea [email protected]

laStrip di Luca “snoop” Di Palma

ba ekawww.altaquotaonline.org

Foto sopra: la « Torressa » vista da via Mazzini, inizio secolo(si ringrazia per la foto la famiglia Morlaccoe per la disponibilità della foto il sig. Pino Bradaschia)

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Carpaccio al radicchioIngredienti: 250g. di polpa

di manzo tagliata a fette molto sottili, 300g. di radicchio rosso di treviso, olio, uno spicchio di aglio, sale e pepe

Preparazione: Mondate il ra-dicchio, lavate accuratamente le foglie, poi sgrondatele bene. Raccoglietele quindi a mazzetto e tagliatele a listarellle sottili. Mettete sul fuoco, in un padel-

lino, 3 cucchiai di olio e lo spicchio d’aglio sbucciato. Appena sarà dorato aggiungete il radicchio, salatelo e, mescolando, cuocetelo per qualche minuto (il tempo di farlo appassire). Disponete le fette di manzo su un piatto da portata e conditele con un fi lo d’olio, sale e abbondante pepe macinato al momento. Distribuitevi sopra il radicchio e portate subito in tavola.

Canederli allo speck in brodoIngredienti: 300g. di pane raffermo, 100g. di speck,

mezza cipolla, una noce di burro, 2 uova, 2 bicchieri di latte, 2 cucchiai di farina, 2 cucchiai di prezzemo-lo tritato, sale, erba cipollina, un litro e un quarto di brodo di carne.

Preparazione: Tagliare il pane a dadini e metterlo in una terrina. Tagliare lo speck a dadini piccolissimi e aggiungerlo al pane. Friggere la cipolla tritata nel burro. Frullare le uova con parte del latte, aggiun-gendo il prezzemolo e versare il tutto sul pane. Fate riposare mezz’ora. Incorporate la farina, il sale e la cipolla e, se occorre, ancora del latte. Con le mani ba-gnate formare i canederli, metterli in acqua bollente salata e farli bollire a fuoco moderato per 15 minuti (per evitare che non tengano la cottura, si può cuocere un canederlo per prova: se dovesse disintegrarsi, sarà

utile unire ancora un po’ di farina). Servire i ca-nederli nel brodo.

Riso fi lanteIngredienti: 400g. di riso, 2 bicchieri di spumante

secco, 60g. di provolone, 60g. di fontina, 100g. di bel paese, 120g. di pancetta affumicata in una sola fetta, 4 cucchiai di grana grattugiato, burro, sale e pepe.

Preparazione: Tagliate a dadini la lingua; riduce-te in scaglie tutto il formaggio. Cuocete il riso in ac-qua bollente salata per 10 minuti scolatelo e conditelo con 40g. di burro e il grana. Imburrate una pirofi la e fate uno strato di riso. Su questo distribuite metà dei formaggi e della lingua e coprite con il riso rimasto. Spargete sul riso i formaggi e la lingua avanzati. In-saporite con una presa di sale e una manciata di pepe, irrorate con lo spumante. Mettete il riso in forno caldo a 200° per 10 minuti, poi fate dorare la superfi cie sotto il grill per 2-3 minuti.

Pollo alle noccioleIngredienti: Un pollo ruspante, 2 cucchiai di farina

bianca, 50g. di burro, 100g. di nocciole sgusciate, 3/4 cucchiai di panna, brodo, sale e pepe.

Preparazione: Pulite il pollo,tagliatelo in quattro pezzi, salateli, pepateli e passateli in un velo di farina. Fateli dorare in 25g. di burro e ammorbiditeli con un po’ di brodo. Tenete sul fuoco 45 minuti e metteteli in caldo. Nel frattempo tostate le nocciole in forno, pe-statele e lavoratele con il restante burro. Rimettete sul fuoco il fondo di cottura del pollo; fatelo ridurre poi incorporate il burro alle nocciole e alla panna. Lascia-te bollire per qualche minuto su fuoco dolce. Passate e versate la salsa sul pollo adagiato sul piatto di portata. Guarnite con qualche nocciola intera e servite.

Patate all’ acciuga (contorno del secondo)Ingredienti: 2 grosse patate, 6 fi letti di acciuga sot-

tolio, 1 cucchiaio di erba cipollina affettata (facoltati-va), 20g. di olive verdi snocciolate, 5 cucchiai di olio extravergine d’oliva e sale.

Preparazione: Sbucciate le patate e tagliatele a fette sottili, ungetele con un cucchiaio d’olio, sa-latele e fatele cuocere sulla piastra 4 minuti per parte. Nel frattempo frullate gli altri ingredienti sino a otte-nere una salsa omogenea. Disponete le patate sopra un piatto da portata, versatevi sopra la salsa e servitele calde.

FrittoleIngredienti: lievito di birra, 200 g. di latte, 300 g. di

farina ,3 tuorli, 1 uovo intero, 50 g. di zucchero, 250 g. di burro, 50 g. di pinoli, 50 g. di uvetta sultanina, 2 cucchiai di grappa.

Preparazione: Sciogliete il lievito col latte tiepido e due cucchiai di farina, impastate bene e lasciate lievi-tare in luogo tiepido. In una terrina mettete la rima-nente farina, il latte, l’uovo intero, 3 tuorli, lo zucche-ro, il burro, una presina di sale; aggiungete anche il lievito che avrà raddoppiato il suo volume. Lavorate bene gli ingredienti, aggiungete i pinoli, l’uvetta, la grappa e mescolate il tutto bene, quindi lasciate lie-vitare il tutto per un’ora. Passato questo tempo, con un cucchiaio prendete un po’ di pasta e, aiutandovi con un altro cucchiaio, fate cadere le frittole nell’olio, poche per volta, e toglietele quando avranno assunto un bel colore dorato chiaro. Dopo che le avete fritte tutte, adagiatele su un piatto e disponetele in modo da formare una piramide. Cospargetele con abbondante zucchero a velo e W il Carnevale!

Vino consigliato:tutto pasto Chardonnay Ronco del Gelso euro 12,50Vino antipasto: Sauvignon Colli orientali Vino zuppa: Riesling CollioVino riso: Ribolla gialla CollioVino secondo: Cabernet Sauvignon Fiuli GraveVino dessert: picolit Colli orientali

Marco Gerin

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Menù di Carnevale!

Vuoi far vedere a tutti i tuoi SMS…vuoi mandare gli auguri, cerchi lavoro,

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inviato è sotto la responsabilità di chi lo invia, non sono ammessi sms da numeri privati o inviati via internet (quindi da numero anonimo). La redazione si riserva di non pubblicare SMS offensivi o dal testo volgare o ambiguo.

In ogni caso la pubblicazione è a discrezione della redazione.

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IL CROGIOLOdi Alfonso Mansi, laboratorio orafo

Cervignano (UD) via Roma 11, tel. 0431 34336

“AD UNA VOCE”Concerto lirico di solidarietà coni bambini Maya del Chiapas, Messico.

Teatro Pasolini 16 marzo 2007, ore 20.30,promosso da Antonella Tarallo,Marzio Vidali,il gruppo CORIMA,patrocinato dalla Città di Cervignanoper info: [email protected]

n.12

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.08

alta

uria

Ma com’è possibile?No, oggi no, oggi non è possibile. Ci sono state alcune situazioni nuove che hanno reso

impossibile questo mondo e che hanno cambiato le no-stre abitudini.

Prima è arrivato il treno e ha chiuso Cervignano da tre lati. Arrivare e partire da questa cittadina era un’im-presa: era inevitabile incocciare in un passaggio a livel-lo chiuso che ti costringeva ad attendere diversi minuti prima che si aprisse. Per togliere le barriere dei passaggi a livello sono stati necessari più di 50 anni! Ciò è avve-nuto per incapacità amministrativa? Sarebbe un guaio molto serio ed un giudizio forse troppo pesante sulla capacità degli Amministratori di questi 50 anni.

Poi la diffusione dell’automobile ha cambiato profon-damente la nostra vita cittadina. L’automobile ha invaso tutti gli spazi e solo a fatica si riesce a ritagliare un pezzetto per poter vivere.

La città è diventata un’enorme garage e le auto sono state parcheggiate anche nel piazzale prospiciente il no-stro Duomo. Poi c’è stato un intervento, contestato da tutti coloro che temevano una perdita per i loro affari, e dei volontari, con l’aiuto del Comune, hanno aperto gli spazi alla gente, ai ragazzi, alle mamme con i bambini, a chi desiderava ritrovarsi con gli amici, ecc.

Allora, partiamo con la tua facoltàed entriamo nei dettagli .Lavoriamo molto con le compagnie teatrali e io mi oc-

cupo appunto dei costumi: ogni spettacolo comporta una ricerca “fi lologica” sull’autore del testo portato in scena, sull’epoca d’ambientazione, sui personaggi. Un’esperien-za bellissima è stata mettere in scena, l’anno scorso, lo spettacolo di marionette “Il mondo della luna” assieme ai miei compagni dell’Accademia: uno spettacolo tutto nostro, una grande soddisfazione.

E poi c’è la recitazione, vero? Esatto. Ho già fatto due corsi di teatro. Il primo anno,

assieme alla compagnia “Il vento in tasca”, ho parte-cipato al progetto “La Bibbia a teatro”: si trattava di un’analisi del testo del Qohelet con conseguente rappre-sentazione fatta di gesti, musiche e testo.

Teatro sperimentale, dunque. E il secondo anno?Assieme al Centro Universitario Teatrale di Venezia ho

recitato in “La nuit de Valogne” di Erich M. Smith, un’ope-ra teatrale contemporanea sulla fi ne di Don Giovanni.

Che parte interpretavi?Ero una suora: un personaggio fragile, che metteva il

velo per fuggire ai sentimenti più che per vera vocazio-ne. Comunque, prima di arrivare alla rappresentazione, abbiamo svolto un anno di ricerche e analisi su tutti i personaggi, senza contare che ci siamo trovati davanti a un testo di grande profondità, capace di investire grandi

tematiche come quella di Dio, della morte, del rapporto uomo – donna e anche uomo – uomo. Certo, mai come in questo caso ci siamo accorti di quanto conti, a teatro, fare gruppo: prima di portare in scena “La nuit” siamo stati in “ritiro” per un mese in Toscana, a Castiglioncello e a Chiusi: tutti assieme, scenografi , costumisti, attori, regista…

Bellissimo.Davvero. Pensa che anni fa volevo fare l’attrice perché

mi piaceva l’idea di poter fuggire dalla mia vita e rimet-termi in gioco attraverso altre identità.

E invece… E invece in ogni personaggio ritrovi parte di te stesso,

e la tua storia che ti aiuta a costruirlo. È sul palco che sei davvero te stesso, la maschera te la metti fuori, con gli altri.

Se dunque ti chiedessi cosa vorresti fare in futurofra la costumista e l’attrice, cosa mi risponderesti?Ancora non lo so. Se ora recito, lo devo moltissimo

alla compagnia teatrale del Ricreatorio di Cervignano, le “Briciole d’arte”. Amo molto stare sul palcoscenico e tra-smettere qualcosa al pubblico; sarà che fi n da piccola sono stata abituata, grazie alla danza, al teatro, con il suo odore, le sue quinte… Voglio viverci dentro, attrice o costumista che sia (e comunque sono due ruoli molto legati in una compagnia); se andrà male, vorrà dire che farò il fantasma dell’opera…

Immagino! Attualmente cosa stai facendo?

Ma la novità più profonda e devastante è data dal cambiamento avvenuto nella gente. Le persone, che dapprima si sentivano partecipi della vita della città, hanno iniziato a preoccuparsi solo di se stesse, dei pro-pri affari, dei propri beni e basta. Si è perduto il senso di appartenenza ad un popolo e ad una città. Una famiglia viene ad abitare a Cervignano, ma non vuole avere a che fare nulla con gli altri cervignanesi. (Io mi chiedo: ma perché non vanno ad abitare nel paludo? Là sarebbero veramente e felicemente soli!)

E così, man mano che cresce la “privacy” e il deside-rio di essere “soli”, cresce anche la litigiosità e mi pare che gli studi degli avvocati siano ormai ingombrati dal-le carte processuali e dalle liti! E questo è veramente un guaio grosso e diffi cilmente affrontabile. Se per togliere i passaggi a livello ci sono voluti 50 anni, per rifare un uomo socievole e amico quanti ci vorranno? Eppu-re questa è la scommessa che la comunità cristiana di Cervignano vuole fare, perché una città è il luogo dove abitano gli uomini ed è indispensabile che la vita sia

“vivibile”.

Se poi guardo al futuro, attendo il giorno nel quale ai bambini sarà possibile andare a scuola non accompagnati (come succedeva una volta!). Basterebbe far scorrere al-l’esterno della città tutte le automobili che solamente pas-sano per Cervignano (son contento che questo sia già in programma: basta solo che non occorrano altri 50 anni!) e ridurre drasticamente la velocità di chi deve passare per le vie cittadine. Tutto questo si può fare facilmente.

Ma poi sarebbe ancora più necessario che gli uomini cambiassero e si sentissero di “appartenere” ad una po-polazione, di abitare in una città della quale si sentono responsabili, che sanno vivere insieme, dialogare, che si preoccupano insieme dei loro fi gli.

C’era una volta un paese nel quale il bambino non era mai solo, ma in qualsiasi posto si trovasse, l’adulto che lo incontrava era autorizzato ad osservarlo, correggerlo, aiutarlo. La responsabilità educativa e di comportamen-to non era riservata ai genitori, ma distribuita a tutta la comunità.

Ma forse chiedere questo è troppo! Eppure sarebbe bello!

don Silvano

La mia Città!C’era una volta una città nella quale scenderein strada era la cosa più facile del mondoFuori dall’uscio di casa c’erano delle panchine (li siélis) e lì ci si fermava a conversare,a ridere e cantare (eh sì! una volta anche si cantava insieme!).Era una città bellissima, perché perfi no i bambini andavano a scuola non accompagnati!

Voglio vivere in teatroIncontro Marianna Fernetich (21 anni, di Terzo d’Aquileia) in stazione dei treni: sta per salire sul regionale per Venezia, abbiamo poco meno di venti minuti a disposizione. La griglia delle domande è bella che pronta, ma mi accorgo subito che la simpatia e l’affabilità di Marianna conducono l’intervista da sole: posso lasciar perdere la scaletta… Mentre scendiamo nel sottopassaggio per il binario 2, già mi racconta molte cose interessanti: “Insomma, sì, ti dicevo che faccio l’Accademia di Belle Arti di Venezia, precisamente la facoltà di « Scenografi a e costume ». …”

Mi sono iscritta a un corso biennale di teatro con la compagnia “Pantakin”, che fra l’altro ha già vinto il

“Leoncino d’oro” alla Biennale di Venezia. Per loro avevo realizzato dei costumi l’anno scorso, ma quest’anno la partecipazione è più completa: seguo infatti tre volte alla settimana delle lezioni di dizione e recitazione. Ultima-mente sto anche completando dei costumi per alcune com-pagnie di teatro-circo (acrobati insomma) che saranno in scena per il Carnevale di Venezia. Infi ne, nell’ultimo 007

“Casino Royale” mi hanno ingaggiato per una comparsa…Ma dai! E per quale scena?Quella del palazzo che si inabissa nel canale di Vene-

zia. È stata una sensazione strana: ti sembrerà assurdo, ma quasi non mi sono resa conto delle riprese. Del resto la telecamera fa tanto e il computer ancora di più: le tec-nologie sono così sofi sticate che, talvolta, se passi vicino a un set cinematografi co non ti accorgi di nulla.

In confi denza: ‘sto Daniel Craig, il nuovo 007, com’è?Guarda, a dire il vero…

E qui è meglio chiudere! Ecco comunque che arriva il treno. Ciao Marianna, e tanti auguri per il tuo futuro!

Vanni Veronesi

n.12 pag.09ipiù uotati

Sono in molti gli scrittori in erba. Alcuni hanno succes-so, altri sono condannati a restare nell’anonimato.

Altri ancora decidono di pubbli-care i loro racconti in Internet, ri-scontrando un ampio successo tra gli utenti della rete e dando vita ad un ciclo di racconti. Arturo Caissut è già stato defi nito uno dei più brillanti autori di racconti on-line e ha terminato da poco il suo ciclo multimediale “Sette racconti per sette mesi”.

Arturo, come mai hai scelto di pubblicare i tuoi racconti su Internet?Perché Internet è un grande strumento dalle infi nite potenzialità, ci dà l’opportunità di avere il mondo a casa nostra senza uscire di casa. Mi piaceva l’idea di esprimermi tramite qualcosa che da strumento di isolamento diventa strumento di comunicazione e contatto.

Da dove nasce la tua passione per la scrittura?Non saprei, scrivo da sempre... Mi ricordo che anche alle elementari ,mentre tutti gli altri facevano il tema a scelta io scrivevo racconti. Poi bisogna anche considerare che sono cresciuto in ambiente stimolante per le arti: tra i musicisti o i marzialisti dove molti scrivono o dipingono, mi è sembrata una cosa normale sviluppare e coltivare la scrittura.

Perché un titolo come “Sette racconti per sette mesi”?Questione di esigenze. Volevo trovare il tempo per scrivere e mi ero imposto di scrivere un racconto al mese. Poi sette è un numero signifi cativo a molti livelli, nulla di impe-gnativo ma nemmeno riduttivo.

Qual è il fi lo conduttore dei tuoi racconti?Fondamentalmente sono tutti basati sull’illusione e sul disincanto. Di entità che vivono la loro vita in un contesto di non esistenza, come posso essere angeli o demoni. Ma parlo anche di umanità in tante piccole storie, di persone che sono una rappresentazione di più categorie.

Quanto c’è di te nei tuoi racconti?Quando creo un personaggio lo modello sull’immagine di qualcuno che conosco bene, e in questo caso chi meglio di me? È diffi cile non mettere se stessi in quello che si scrive.

I tuoi racconti non sembrano ricondursi ad un genere preciso…È così. Mi piace sperimentare nuove forme di espressione, che vadano dal fl usso di coscienza al romanzo noir. Avendo poco tempo per scrivere, supplisco alla carenza di quantità di racconti con la qualità. O almeno, ci provo... Tra i miei ispiratori ci sono Tolkien e Baudelaire, senza contare le infl uenze musicali, leggi De Andrè.

Dove si possono trovare i tuoi racconti on-line?Nel sito http://digilander.libero.it/realade/subsite/MrAisTi.htm.

Buona lettura!Luca Toso

Tutto cominciò nel ‘600, con la nascita dei teatri privati. A Venezia le famiglie nobili iniziarono a diffondere nuo-vi spazi spettacolari dedicati alla recitazione di comme-die e melodrammi a pagamento. Furono i Tron e i Michiel che costruirono due “Stanze” per le commedie nella zona di San Cassiano, oltre Rialto: per la prima volta – siamo dopo il 1581 com’è testimoniato da Francesco Sansovino fi glio del grande architetto Jacopo – i teatri aprirono anche al pubblico popolare, fi no ad allora escluso da-gli spettacoli eruditi creati per i principi e le loro corti.

La nascita dei teatri dette nuovo impulso all’arte dell’attore, che, da giocoliere di strada, saltatore di cor-da o buffone di corte che fosse, cominciò a esibirsi in trame più complesse. Cominciarono così a strutturarsi compagnie girovaghe composte da attori di strada, le

“Fraternal Compagnie”, che via via si trasformarono in vere e proprie compagnie partecipi ai proventi di que-sta nuova industria. E si sviluppò la “commedia degli Zanni”, dal diminutivo di Giovanni “Gianni”, una delle maschere più importanti della Commedia dell’Arte: il servo buffone, sciocco e affamato.

Secondo la tradizione, gli attori recitavano in base a un canovaccio, in cui veniva data una trama di massi-ma, appena indicativa di ciò che sarebbe successo sul palco. L’interpretazione di questo fenomeno, tuttavia, ha spesso diviso gli storici del teatro: non per tutti, infat-ti, l’improvvisazione era il tratto distintivo delle com-medie degli Zanni. Per alcuni il mito dell’attore “puro” e completamente padrone dei suoi mezzi, tanto da non aver nessun bisogno di parti recitate, non corrisponde al vero: si tratterebbe di un mito dovuto alla scarsità di materiale e di testi giunti fi no a noi e alla grande pro-liferazione di testimonianze iconografi che, che spesso rivelano un’idea del comico dell’arte piuttosto che l’esi-stenza di testi recitati.

L’artigianato della maschera da commedia ripren-de vita nel ’900 a ridosso dell’esperienza strehleriana. Amleto Sartori, scultore, reinventa la tecnica di costru-zione della maschera in cuoio su stampo di legno.

In ogni maschera troviamo dei tratti caratteristici, ma zigomi e naso sono gli elementi più evidenti. Un naso

rivolto verso l’alto identifi ca un personaggio dominante, come Pantalone, un naso verso il basso un dominato, come Arlecchino. Gli zigomi: se dolci e arrotondati sono tipici di un personaggio simpatico e buono, se duri e taglienti di uno cattivo – rispettivamente Pulcinella e il Capitano. È un continuo scontro tra servo e padrone, buono e cat-tivo. Esistono maschere di giovani o di vecchi, non vie di mezzo, e tra le poche giovani troviamo gli innamorati.

Recitare con la maschera costringe a lavorare a fondo sul corpo: annullato il volto, è diffi cile riuscire ad espri-mere tutto con il proprio corpo, e riuscire a sostenere le caratteristiche della maschera indossata. Infatti, di soli-to, ogni attore indossa la maschera che gli calza meglio addosso, quella con le caratteristiche più vicine a lui. Tutti i movimenti sono enfatizzati e ogni diversa incli-nazione della maschera signifi ca una precisa emozione e un particolare stato d’animo del personaggio.

La maschera, assieme al costume, caratterizza forte-mente lo stile di recitazione, e diventa spesso sinonimo del personaggio. Ecco dunque le maschere più famose della Commedia dell’Arte:

ArlecchinoE’ la più nota in assoluto. Di probabile origine france-

se (Herlequin o Hallequin era il personaggio del demone nella tradizione delle favole francesi medievali), tra il ‘500 e il ‘660 venne adottata dai Comici dell’Arte, con il ruolo del “secondo Zani”, servo furbo e sciocco, ladro, bugiardo e imbroglione, in perenne confl itto col padro-ne e costantemente preoccupato di racimolare il denaro per placare il suo insaziabile appetito. La maschera si riconosce dal particolare bozzo rosso sulla tempia, che può essere defi nito come un principio di corna da diavo-lo, il naso a porcello e gli zigomi accentuati. Col tempo

il carattere del personaggio si è raffi nato: l’aspro dia-letto bergamasco lasciò il posto al più dolce veneziano, l’originaria calzamaglia rattoppata divenne via via un abito multicolore col caratteristico e ricercato motivo a losanghe, s’ingentilirono gli originari lineamenti de-moniaci della maschera nera, così come la mimica e la gestualità.

PantaloneLa sua origine è sicuramente veneziana, come il dia-

letto nel quale si esprime. Più incerta è la storia del suo nome: alcuni vi ravvisano il termine “pianta leoni” con cui venivano chiamati i mercanti veneziani, i quali era-no soliti ergere il vessillo raffi gurante il Leone ovunque si recassero per commerci; altri invece ritengono che il nome derivi dai pantaloni indossati dal personaggio fi n dagli esordi nella Commedia dell’Arte. Comunque sia, il costume appare, fi n dall’inizio, caratterizzato da lunghi pantaloni attillati di colore nero, una giubba rossa, una lunga zimarra nera, le pantofole ed una maschera dal lungo naso a becco. Un corto spadino e la borsa contenen-te i denari (la “scarsela”) completano l’abbigliamento del personaggio. Il carattere è estremamente vitale e sensua-le, caricatura del mercante mediamente anziano, ancora attratto dalle grazie delle giovani donne, spesso in con-fl itto con i giovani per procurarsene i favori. Fu Goldoni a smorzare fortemente i contrasti di questo carattere, facendone soprattutto un vecchio assennato e saggio, il cui buon senso modera spesso gli entusiasmi dei giovani.

Come si vede, nessuna donna faceva parte della com-pagnia, poiché queste salirono alla ribalta soltanto con le grandi compagnie della fi ne del XVI secolo.

Marianna Fernetich

Il carnevale e la commedia dell’arteAbbiamo chiesto a Marianna Fernetich, intervistata qui a lato per le sue attività di scenografa, costumista e attrice, di scriverci un breve articolo sulle maschere carnevalesche della commedia dell’arte, argomento par-ticolarmente legato al tipo di studi che sta affrontando. Siamo dunque lieti di offrirvi questo pezzo esclusivo…

Storie DigitaliNome: Arturo Caissut.Data di nascita: 25/12/84.Occupazione: studente diingegneria elettronica biomedica.Hobby: musica, arti marzialie scrittura, informatica.

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È nella sede al numero 8 di Piazza Indipendenza che una mattina di gennaio incontro il presidente, il Cav. Uff. Giovanni Ragusa, in carica dal 2003. Nonostante sia piut-tosto indaffarato per l’organizzazione della “marcialon-ga” di domenica 7, il presidente mi accoglie con cortesia, e inizia ad espormi la composizione e le attività dell’as-sociazione. Fondata nel 1991, ed inizialmente guidata da Nunzio Savino (primo presidente) e da Giuseppe Morac-ci (vicepresidente), la sezione raccoglie oggi circa 160 affi liati. I soci provengono in gran parte da Cervignano e dal circondario (Palmanova, Grado, San Giorgio di No-garo) ma anche da più lontano: alcuni iscritti, ricorda il presidente, risiedono a Lignano, altri nell’Udinese. Tutti a riposo dopo aver prestato servizio presso il corpo della Polizia di Stato, i soci dell’ANPS sono ancora impegnati in favore della collettività. L’attività principale della se-zione consiste infatti nel servizio di vigilanza volonta-ria presso le scuole cittadine, svolto da numerosi soci su incarico del Comune di Cervignano. Chi, transitando per via Trieste negli orari di ingresso ed uscita degli studen-ti delle elementari, non si è imbattuto almeno una volta nei volontari dell’ANPS, impegnati a gestire la viabilità? Sempre incarico del Comune, i soci prestano servizio

di vigilanza anche in altri ambiti, come ad esempio in occasione di mostre o eventi culturali. Non mancano poi alcuni importanti appuntamenti nel corso dell’anno: a novembre, i componenti dell’associazione si ritrovano per la tradizionale commemorazione dei defunti e dei caduti della Polizia di Stato, mentre la prima domenica dopo l’Epifania (quest’anno il 7 gennaio) il Palazzetto dello Sport di Cervignano diventa teatro della “passeg-giata del terzo millennio”, una “marcialonga” aperta a tutti, organizzata dall’ANPS e giunta ormai all’ottava edizione. Inoltre, durante l’anno, alcune attività sociali (gite, assemblee) favoriscono l’incontro tra gli associati. Tra i momenti particolarmente signifi cativi degli ultimi anni, il presidente Ragusa ricorda il terzo raduno nazio-nale dell’ ANPS, svoltosi a Cesena il 17 e il 18 settembre 2006, cui ha partecipato una numerosa delegazione di soci, nonostante la pioggia battente. Non solo impegno, dunque, ma anche momonti di socializzazione e svago per gli associati ANPS di Cervignano. “E tutto questo

- sottolinea il presidente - nonostante qualche diffi coltà legata alla carenza di nuovi soci. Il 2007 ha però porta-to una gradita sorpresa: l’arrivo di cinque nuovi iscritti, tutti provenienti dal circondario”.

Alessandro Morlacco

Scolari più sicuri grazie ai volontari dell’ANPS, l’Associazione Nazionale Polizia di Stato,che da oltre 15 anni si occupa anche della sicurezza nei pressi delle scuole.

Una vita di servizio

Combattere i malanni di stagione con una vita sana e qualche piccolo accorgimento.Le modalità per raggiungere questo obiettivo ci sono state spiegate da Claudia,la responsabile di “Natural Life”, negozio recentemente aperto presso il

Quali sono gli acciacchi più comuni durante l’inverno?“Si tratta principalmente di problematiche di tipo scheletrico, muscolare e virale. Nel primo caso, l’umidità e il freddo facilitano i reumatismi alle articolazioni. Per quanto riguarda i problemi virali, invece, le difese dell’organismo possono essere innalzate con dei metodi naturali e con un’alimentazione equilibrata.”

Quali possono essere in concreto i piccoli rimedi per prevenire gli acciacchi?“Innanzitutto mangiare tanta frutta e verdura, ad esempio spremute d’arancia, che con-tengono un’elevata carica vitaminica. Oppure il miele, che rinforza le proprie difese. Più in generale, è importante abituare il proprio organismo ad uno stile di vita sano, arieggiare ogni giorno la casa, mantenere una temperatura inferiore ai venti gradi nei luoghi dove si dorme.”

Quali sono i prodotti più richiesti dai clienti di “Natural Life”?“Questo negozio non si occupa solamente di erboristeria, ma di benessere in generale. Per questo, tra gli articoli più acquistati vi sono i materassi, sia per l’esigenza di dormire bene che per evitare problemi a livello di colonna vertebrale o di circolazione. Molto richiesto è un prodotto invernale, ossia un integratore a base di pappa reale e vitamine che fornisce supporto e innalza le difese immunitarie. Infi ne hanno buon suc-cesso alcuni elementi posturali, pensati per persone con handicap fi sici o che necessi-tano di particolare protezione per lo sport: polsini appositi, ginocchiere, cavigliere.”

A quale fascia di età appartiene la clientela?“Natural Life” si rivolge a una clientela senza limiti d’età, si passa dai più piccoli fi no agli anziani, per i quali esistono prodotti specifi ci. Ad esempio, sono disponibili delle pol-trone che aiutano l’anziano a sollevarsi oppure a mantenere la postura corretta. Allo stesso tempo, vendiamo poltroncine con massaggio shiatzu adatta per garantire agli adulti un momento di relax nelle pause. Questi prodotti, per la loro comodità, sono stati di recente venduti anche in ambulatori, saloni di bellezza, persino dal dentista.”

Quali altri servizi off re “Natural Life”?“Esiste un servizio di consulenza per igiene e stile di vita che può contare su personale specializzato: un fi sioterapista, un nutrizionista, un dermatologo, un allergologo e un naturopata, ovvero una nuova fi gura professionale, non ancora riconosciuta, che stu-dia rimedi naturali a seconda della persona che si trova davanti.”

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n.12 pag.11uotasport

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9-11-2006, ore 12:15 : arriva l’uffi cializzazione di una notizia che era nell’aria da qualche tempo.

“Pallacanestro Reggiana comunica che in data odierna Renato Pasquali è stato sollevato dall’ incarico di capo al-lenatore della prima squadra. La società coglie l’occasione per porgergli il più sentito ringraziamento per il lavoro svolto ed un sincero in bocca al lupo per il proseguo del-la sua carriera. Da questo momento la conduzione tecni-ca della prima squadra è affi data a Massimiliano Menet-ti. Il nuovo assistente allenatore è Roberto Breveglieri.”

È emiliano di adozione ma friulano di nascita; nato a Palmanova il 27 gennaio 1973, Massimiliano Menetti ha coronato il suo sogno di divenire capo allenatore della squadra di Reggio Emilia in serie A1 di basket maschile. Un ruolo di primissimo piano che comporta anche note-voli oneri, oltre agli evidenti motivi di soddisfazione.

Coach, può spiegarci l’iter che l’ha portataad allenare in A1 alla verde età di 33 anni?Vede, io ho iniziato ad allenare a 16 anni a Reggio

Emilia; naturalmente mi occupavo del settore giovanile, ma ho iniziato ad acquisire l’esperienza necessaria per compiere il grande passo ed allenare la prima squadra. Dal 1999 al 2003 ho allenato la squadra femminile di basket di Reggio Emilia; nel mio ultimo anno da head coach, ho guidato la squadra al titolo nazionale superan-do all’ultimo atto proprio la formazione di Udine. Nella stagione successiva sono stato assistente di Fabrizio Fra-tes, un’istituzione tra gli allenatori italiani; quell’anno di serie A1 maschile ha rappresentato la mia consacrazione per molti versi.

Sin da giovanissimo lei ha vissuto a Reggio;lei però risulta Palmarino di nascita…E cervignanese di origine! I miei nonni e mia mamma

sono nati e cresciuti a Cervignano; sono tutt’ora molto legato a Giocondo Vrech, imprenditore nel settore dei marmi. Nonostante viva ormai stabilmente in Emilia, non nascondo di essere legato alle mie radici.

Quest’anno è divenuto in corso d’opera timonieredi una squadra che non naviga in acque tranquille.Quali obiettivi si pone per l campionato in corso?Dobbiamo centrare la salvezza; il raggiungimento di

questo obiettivo rappresenterebbe il nostro scudetto. (al momento la squadra ha ottenuto 4 vittorie a fronte di 11 sconfi tte). Per il futuro, non posso che augurarmi di restare qui il più a lungo possibile; considerato che il mio contratto scade a giugno, saranno determinanti i prossimi mesi.

Cosa pensa del livello medio del campionato italiano? È molto equilibrato e livellato. Verso il basso, natural-

mente. Nella stagione in corso vediamo come alcune blaso-nate attraversino un periodo di crisi profonda; basti pen-sare alla Fortitudo Bologna, che qualche tempo fa ha dato il ben servito all’allenatore ma continua a non incantare.

I nostri club più blasonati non sembrano al livellodelle grandi del resto dell’Europa; è d’accordo?Perfettamente. Dobbiamo colmare un gap innegabile

nei confronti delle squadre spagnole, francesi e greche. Per allestire delle rose competitive è necessario investire, ma sembra che i proprietari siano sordi da questo punto di vista. E non sottovalutiamo l’aspetto tecnico; è necessario curare i fondamentali per essere veri giocatori di basket.

Il presente non è allegro ma negli ultimi tempisono esplosi alcuni giovani molto interessanti.Un nome su tutti è quello di Andrea Bargnani,prima scelta assoluta NBA.L’ala dei Raptors non è l’unico esempio; ma non è tutto

oro quello che luccica. Belinelli sta vivendo un momen-to diffi cile travolto dalla crisi della Fortitudo; Gallinari non ha ancora conosciuto i palcoscenici internazionali. Le potenzialità ci sono, ma bisogna andare cauti. Più in generale, sono dell’idea che anche le prossime stagioni europee saranno all’insegna del basso profi lo.

Per Reggio Emilia stagione nata sotto una cattivastella; quanto pesa la serie infi nita di infortuni?È innegabile che risentiamo del fatto di essere in co-

stante emergenza; Mike Penberthy (ex compagno di Kobe Bryant e Shaquille O’Neal ai Los Angeles Lakers, ndr) è rientrato dopo due mesi e mezzo di assenza, non abbiamo quasi mai potuto disporre del roster al completo. Nelle uniche due occasioni in cui ho avuto a disposizione tutti gli effettivi abbiamo vinto.

Il basket europeo non sfi gura più al cospettodell’NBA; cosa succede agli americani?Non sono più gli indiscussi maestri come in passato.

Nel loro campionato ci sono degli europei che recitano il ruolo di primattori; e i giocatori statunitensi che ar-rivano in Italia spesso non sono dei “fattori”. In questo ha inciso anche l’abbattimento del limite agli stranieri: spesso le società puntano su quattro atleti decenti invece che su due giocatori di sicuro impatto.

Giovanni Stocco

La ricercadella serenità,

attraverso

l’AgoràIntervista all’istruttore

di yoga Marco CastellaniFino al 1968 la pratica dello Yoga era pressoché sco-

nosciuta: in quel periodo fu il fascino dell’India a far co-noscere all’Occidente una nuova spiritualità e con essa lo yoga. Da allora il numero di praticanti è cresciuto a di-smisura; in America e pure in Europa, dove ormai la dif-fusione è in continuo aumento. Alcuni lo praticano per sport, perché rinforza e tonifi ca i muscoli; altri come te-rapia, perché aiuta a far passare il mal di schiena. È utile per rilassarsi, perché aiuta ad abbattere lo stress. Si usa per perdere peso, smettere di fumare, dormire meglio…

“Yoga” deriva dalla parola “yug”, che signifi ca unire, legare insieme il corpo e l’anima, i muscoli e lo spiri-to. Signifi ca anche riuscire, attraverso la respirazione, a controllare le emozioni e la volontà. Quelli che lo pra-ticano assicurano che lo yoga permette di migliorare la qualità della vita.

Per capirne di più ci siamo rivolti presso l’“Agorà Danza e Fitness” di Lucia Fiumanò, che organizza ormai da tempo corsi di Yoga. Lì abbiamo incontrato l’ istrut-tore del corso, Marco Castellani.

Iniziamo dalla vostra attività:in quanti siete e ogni quanto vi trovate?Ci troviamo una volta alla settimana, il martedì sera

dalle 20.30 alle 22.30. Per adesso siamo circa una quin-dicina, ma ci tengo a puntualizzare che il corso e le iscrizioni sono sempre aperti. Non c’è infatti un siste-ma didattico, non ci sono nozioni da apprendere: tutto dipende dall’ esperienza diretta. Per questo ognuno può iscriversi in qualsiasi momento, anche se ha perso le prime lezioni.

Che metodo usa nel suo insegnamento?Innanzitutto io sono socio all’ Istituto per l’Evoluzione

Armonica dell’Uomo, il cui scopo è la formazione inte-riore e la ricerca olistica (teoria biologica che sottolinea l’importanza dell’organismo come totalità, per ulteriori informazioni www.ieau.it, ndr). Ci avvaliamo di varie tecniche orientali: non viene trattato quindi solo lo Yoga, che comunque è una di queste. Per quanto riguarda il corso, ovviamente si parte dalle basi (HathaYoga) e pro-cedendo si inseriscono modelli più dettagliati. Una sorta di Yoga integrale, che sintetizza tutte le tappe dello Yoga.

Si può defi nire lo Yoga una sorta di ginnastica?No, lo Yoga non è una ginnastica. Certo, per la sua rea-

lizzazione si utilizza il corpo con precise tecniche posturali, ma il fondamento è diverso. Tali tecniche vengono infatti unite al respiro, alla concentrazione. È grazie a questi requisiti che si acquisisce una certa consapevolezza del proprio corpo e del proprio respiro con totale naturalezza.

Una sorta di stato di serenità... Più che serenità lo chiamerei stato di calma interiore,

di centralità col proprio corpo, di assoluta concentrazione.È facile da raggiungere?Dipende soprattutto dalla possibilità individuale e dal-

l’abilità di chi insegna. Non ci sono nozioni: si tratta di rea-lizzare ciò che viene insegnato attraverso l’esperienza di-retta. Risulta quindi fondamentale la fi gura dell’ istruttore.

Cosa consiglia alla persona che vorrebbeavvicinarsi a questa pratica?Di abbandonare ogni visione fi losofi ca: eliminare

quindi i vari preconcetti mentali, mai fi ssarsi su princi-pi o in base a quelli avere aspettative. Questi preconcet-ti potrebbero causare veri impedimenti. Il mio consiglio più sincero è quindi quello di immergersi nell’esperienza diretta. Lasciatevi trascinare nel proprio corpo, nel pro-prio respiro, concentratevi. È questa la via da seguire.

Alberto Titotto

Da Cervignano alla serie A1. A soli 33 anni è diventato allenatore nella massima serie di pallacanestro;chiamato a salvare una squadra in diffi coltà, Massimiliano Menetti spera di restare a lungosulla panchina della Bipop Reggio Emilia. E non dimentica le origini cervignanesi…

Sulle orme diPat Riley-Menetti

sostenibilità e l’impatto ambientale, solidarietà e buone pratiche, laboratori dove sono venute fuori nuove idee e che hanno avuto un incredibile impatto sociale sui par-tecipanti. Sì, perchè incontrandosi si conoscono nuove persone, ci si organizza per fare gli acquisti, si discute e ci si confronta su proposte concrete come la bioedilizia, l’ecologia e la fi nanza etica. Da questa avventura sono nati un sito internet (http://www.cambieresti.net) e un libretto (“Cambieresti?” ed. Terre di mezzo), in cui sono raccolte alcune testimonianze dei partecipanti.

I risultati del progettoPer valutare i risultati raggiunti dopo 10 mesi di

sensibilizzazione e formazione all’ecologia, gli orga-nizzatori hanno distribuito due questionari, uno al-l’inizio e uno alla fi ne del progetto e hanno chiesto ai partecipanti una periodica lettura dei contatori (al-tra grande scoperta! Praticamente nessuno fa mai un po’ di compagnia al contatore della luce e dell’acqua).Ecco alcuni dati: Sono aumentate dell’11% le persone che fanno attenzione all’acquisto di beni durevoli, non usa e getta, di articoli non testati su animali (+15%), di merci con ridotti imballaggi (+24%). E’ aumentata del 30% l’attenzione sulle conseguenze dei prodotti sul-l’ambiente. È aumentato il consumo di prodotti del com-mercio equo e solidale (+18,5%), di alimentari biologici (+20,5%), di detersivi ecologici (+24,5%) e di pitture na-turali (+13,5%). Qualcuno ha iniziato a utilizzare il car sharing (l’auto a noleggio), anche grazie agli incentivi distribuiti e qualcuno ha iniziato a condividere l’auto per andare al lavoro. Sul tema dei rifi uti e’ aumentato del 17% chi fa la spesa con la borsa di stoffa riutilizzabi-le, distribuita gratuitamente dall’organizzazione, mentre rimane bassa la percentuale di persone che fanno com-postaggio con i rifi uti organici (54% del totale). Qual-cuno ha iniziato ad acquistare detersivi e grappa alla spina (non confondibili) e si registra un 24% in più delle persone che fanno attenzione a riutilizzare gli oggetti il più possibile. Per quanto riguarda i riduttori di fl usso la percentuale delle persone che non li avevano installati in casa e’ scesa dal 51,4% all’8,5%. Le sostituzioni delle lampadine tradizionali con quelle a risparmio energetico sono aumentate del 19%, il 60% sul totale. Come abbia-

mo già detto c’e’ poi la componente sociale del progetto, non certo rilevabile con un sondaggio. La comunità si e’ fatta più intima e prova ne sia che molti continuano a incontrarsi anche ora che il progetto e’ uffi cialmente terminato. Sono nati nuovi gruppi di acquisto, che sono anche occasioni per incontrarsi e magari per fare una festa. Molte persone si sono rese conto di non essere più le sole a fare ecologia e solidarietà, hanno trovato nuovi amici. Anche se Cambieresti? è stato un progetto piccolo, rivolto a una piccola comunità, ha certamente dimostrato che “se po’ fa’!” anche in altri comuni, come, ad esempio, Colorno, in provincia di Parma, che ci sta già lavorando. Un mare di piccole gocce, come sempre, fa un oceano.

Il progetto Cambieresti? è stato possibile grazie alla col-laborazione dell’Assessorato all’Ambiente del Comune di Venezia e altri partner locali (Provincia di Venezia, Agen-zia veneziana per l’energia, Istituzione abitare Venezia e Coop) e si è fi nanziato grazie ai 350mila euro del Ministe-ro dell’Ambiente e i 22mila euro del Comune di Venezia.

· http://www.cittaequosolidali.it· http://www.cambieresti.net· http://www.altreconomia.it

Libri: presenti presso la Ns. Bibliotecacomunale e p/o la sede Corima:Marco Boschini, In COMUNE (EMI)

– esperienze concrete, semplici ed effi caci.AltrEconomia, CAMBIERESTI (Terre di Mezzo)– la sfi da di mille famiglie alla società dei consumi.Marco Boschini, COMUNI VIRTUOSI (EMI)

– nuovi stili di vita nelle pubbliche amministrazioni.

COMMERCIO EQUO E SOLIDALE:Luca Negro – 333/7282767SOSTEGNI A DISTANZA:Francesca Trapani – 328/5345959

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(Il diario di Bolivia: per conoscere e condividere)

Certifi cazione “Città equosolidale”? …Si puo!!“Le Comunità locali di tutto il mondo, soprattutto se

unite tra loro, possono dare un grandissimo contribu-to per una globalizzazione giusta… per uno sviluppo sostenibile”

Il Commercio Equo e Solidale è un eccellente mezzo per informare e sensibilizzare i cittadini al problema degli squilibri economici e ambientali, ma anche e so-prattutto per permettere loro di agire concretamente. Le Pubbliche Amministrazioni giocano un ruolo fon-damentale nell’azione di sensibilizzazione delle im-prese e dei cittadini a favore di modelli di produzione e consumo equi e sostenibili.

Nasce da qui la campagna “Città Equosolida-li”, che si rivolge ai cittadini e alle istituzioni (Co-muni, Province, Regioni) per orientare le comunità locali verso gli acquisti di prodotti equosolidali. La campagna propone alle collettività di sensibiliz-zare i dipendenti pubblici e gli abitanti al Commercio Equo e Solidale, attraverso azioni e iniziative concrete.

A questa campagna, hanno gia aderito e concreta-mente operato, i comuni di Concorezzo (MI), Modena, Padova, Roma e province di Cremona, Ferrara e Milano.

Cambieresti?La storia di mille famiglie veneziane che hanno

deciso di sfi dare la società dei consumi.CAMBIERESTI e’ l’acronimo di Consumi, AMBIEn-

te, Risparmio Energetico, STIli di vita ed e’ stato uno straordinario progetto sociale e di risparmio lanciato nel 2005 a Venezia con l’obiettivo di guidare mille fa-miglie attraverso un percorso di conoscenza e rispar-mio delle risorse locali: insomma, all’insegna - per usare una parola proprio non di moda - della sobrietà!Le famiglie partecipanti si incontravano mensilmente in gruppi che organizzavano corsi per l’autoprodu-zione in casa di una serie di prodotti, dal pane ai detersivi, e che hanno presentato e sperimentato real-tà solidali come i Bilanci di Giustizia e i Gruppi di acquisto solidale. È stato mostrato come sia possibi-le risparmiare acqua grazie ai riduttori di fl usso ed energia con le lampadine a basso consumo, e come ri-durre i rifi uti. Sono stati dieci mesi di laboratori sulla

La cucina boliviana, seppur poco conosciuta, presen-ta molti piatti semplici e gustosi, prevalentemente a base di carne bovina o suina, accompagnata spesso da mais, fagioli neri e da patate. In effetti, in Bolivia esistono 230 varietà diverse di patate, perciò sono molti i piatti preparati con questo tubero.

In qualsiasi ora del giorno o della notte si possono vedere per le strade le cholite che vendono da mangiare ... e non parlo di semplici panini, ma di veri e propri pranzi o cene.

Al mattino si usa far colazione con un brodino con un bel pezzo di carne dentro che si chiama timpu: insomma, la giornata sarà lunga e bisogna iniziare dando al corpo l’energia neccessaria per lavorare!

A metà mattina non si può non assaggiare le sfi ziose salteñas che sono degli squisiti panzerotti caldi fatti di carne di bovino o di pollo con uovo sodo e un’oliva ...i più coraggiosi le accompagnano mangiando del locoto che potremmo paragonare al nostro peperoncino!

Cugine delle salteñas sono le empanadas, che sono sempre dei panzerotti, ma con l’interno di formaggio e cotte al forno ... si trovano solitamente per la merenda del pomeriggio!

Ma passiamo ai pasti principali: pranzo e cena.Un almuerzo (pranzo) tipico è composto da una sopa

(minestrina-brodino) di verdure o una zuppa di manì (arachidi). Il secondo non può non essere a base di car-ne… tipico è il lomo montado che sarebbe un fi letto di carne con sopra un uovo all’occhio di bue, il tutto ac-compagnato con molto, molto riso in bianco!

Per cena, invece, è più facile trovare menù con piatto unico come il pique a lo macho. In un unico piatto trove-rete bocconcini di carne bovina, würster e patatine fritte

con un uovo sodo e un sughetto dove ci si potrete inzup-pare un panino intero. Il tutto condito con locoto (=pe-peroncino). Solitamente io e Ivan ne prendiamo sempre uno in due perché le dosi sono decisamente abbondanti.

La Bolivia è grande con caratteristiche ambientali de-cisamente diverse, quindi è naturale trovare molta va-rietà nel cibo se ci si sposta dai bassopiani agli altopiani.

A La Paz ed in altre città, potete trovare un eccellente pane tipo francese chiamato marraqueta di cui i paceñi si vantano perché è considerato patrimonio culturale della città! Il fricase è un brodino piccante con carne di maia-le e mais (piace solo a Ivan), ma si trovano anche cose più delicate come la trota salmonata del Lago Titicaca.

Nella zona di Oruro il piatto tipico è il charquecan, a base di carne di lama secca, sminuzzata e fritta con un uovo sodo, choclo (mais bianco) e patate lesse. Dovete sapere che la carne di lama è pregiata perché è magra e non contiene colesterolo ... ma i boliviani hanno pensato che un po’ di grasso ci dovessere essere e quindi hanno pensato di compensare questa mancanza friggendola!!!

A Sucre la specialità sono le squisite salsicce ed il ckocko, un piatto piccante di pollo con vino e chicha, una bibita fermentata dal mais ... solitamente la fermen-tazione termina nell’intestino di chi la beve!

A Santa Cruz o Beni, si possono assaggiare le insalate con cuori di palma o un buon fi letto accompagnato da riso, formaggio sciolto e fagioli neri, oppure le banane e la yucca fritta senza dimenticare i cuñapes (panzerotti di formaggio o di yucca).

Per quel che riguarda la frutta, è diffi cile superare la varietà che si trovano in Bolivia. Passeggiare per i mer-cati è una meraviglia, dopo sei mesi trovo ancora tipi di frutta sconosciuti: la chirimoya, un frutto di sapore

Hola a tod@s! O meglio BUEN PROVECHO! (Buon Appetito!).Carissimi Amici, eccoci qua, come promesso per parlare di cucina boliviana!

molto delicato (a me sembra crema pasticciera), il tumbo una frutta agrodolce, i mango, gli avocadi, la papaya, le infi nite varietà di banane, ecc.

Sulle bevande che si possono ordinare per pranzo o cena, arrivano le note dolenti… per questo motivo ordi-niamo sempre birra! Esistono una quantità infi nita di bi-bite gassate dai colori più sgargianti con un contenuto di zucchero che farebbe vacillare la glicemia di chiunque! I gusti, colori e odori ci fanno viaggiare nel passato: una delle cose più tremende è Simba (il tipo verde) dal colore e odore dello shampoo “Campus mela verde”.

Se dopo cena abbiamo qualche problema con la digestio-ne è il singani che ci viene in aiuto. Il singani è un distilla-to d’uva molto simile alla nostra grappa, ma più “duro”, è preferibile miscelarlo con il succo d’arancia o la gassosa!

Ho provato a darvi una visione un po’ generale di quello che si mangia qui, in verità c’è molto di più ... Noi, in realtà mangiamo quasi sempre a casa, grazie ai

“pacchi dell’emigrante”, che spesso arrivano alla nostra casella postale, casa nostra sembra una trattoria: frico, salame, “muset”, grana, ricotta e prosciutto affumicato sono spesso presenti sulla nostra tavola!

Bueno, amig@s, vi salutiamo dalla piovosa Bolivia …a presto con notizie sulla politica interna boliviana che in questi giorni, purtroppo, non promettono nulla di buono! Ma i giornali europei ne parlano? No! Allo-ra provate immettere su un motore di ricerca le parole

“Prefeto de Cochabamba”, “Manfred Villa”, “Evo Mora-les”, “Asemblea Costituyente”, “Ley Inra”, “Autonomia departamento de Santa Cruz”…

Hasta pronto! Anna e Ivan

CORIMAinforma

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