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Alice Gobbi UNA VITA VALE PIÙ DI UN PASTO 1 Marc Chagall, Solitudine, 1933 Il termine “vegetarianesimo” è un neologismo diffusosi nel secolo scorso a partire dal termine inglese vegetable e indica la rigorosa esclusione della carne dalla propria dieta alimentare. Questo tipo di alimentazione sta diventando in questi anni sempre più popolare, ma, pur sembrando un fenomeno recente e di moda, ha in realtà illustri predecessori e profonde motivazioni che spaziano tra la religione, la filosofia, la salute e la recente motivazione ambientalista. I. IL VEGETARIANESIMO NELLE RELIGIONI: BUDDHISMO E INDUISMO Pur non essendo molto noto nel mondo occidentale, il vegetarianesimo è sostenuto da molte correnti religiose: le maggiori sono il Buddhismo e l’Induismo. Nel Buddhismo la regola alimentare monastica è fondamentalmente vegetariana, anche se il vegetarianesmo non è propugnato come dottrina in tutte le correnti buddhiste. Tuttavia Buddha parla in maniera negativa del consumare carne e, a convalida di ciò, aggiunge che "chi toglie la vita ad un animale acquista cinque volte grave colpa" e chiarisce quali sono queste colpe: "perché egli comanda: portate qui quell'animale, quindi egli è colpevole di aver ordinato di catturare quell'animale", "perché l'animale trascinato, tremante e riluttante, prova dolore e tormento", "perché egli ordina: uccidete

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Alice Gobbi

UNA VITA VALE PIÙ DI UN PASTO

1

Marc Chagall, Solitudine, 1933

Il termine “vegetarianesimo” è un neologismo diffusosi nel secolo scorso a partire dal termine inglese

vegetable e indica la rigorosa esclusione della carne dalla propria dieta alimentare. Questo tipo di

alimentazione sta diventando in questi anni sempre più popolare, ma, pur sembrando un fenomeno

recente e di moda, ha in realtà illustri predecessori e profonde motivazioni che spaziano tra la

religione, la filosofia, la salute e la recente motivazione ambientalista.

I. IL VEGETARIANESIMO NELLE RELIGIONI: BUDDHISMO E INDUISMO

Pur non essendo molto noto nel mondo occidentale, il vegetarianesimo è sostenuto da molte correnti

religiose: le maggiori sono il Buddhismo e l’Induismo.

Nel Buddhismo la regola alimentare monastica è fondamentalmente vegetariana, anche se il

vegetarianesmo non è propugnato come dottrina in tutte le correnti buddhiste. Tuttavia Buddha parla

in maniera negativa del consumare carne e, a convalida di ciò, aggiunge che "chi toglie la vita ad un

animale acquista cinque volte grave colpa" e chiarisce quali sono queste colpe: "perché egli comanda:

portate qui quell'animale, quindi egli è colpevole di aver ordinato di catturare quell'animale", "perché

l'animale trascinato, tremante e riluttante, prova dolore e tormento", "perché egli ordina: uccidete

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quest'animale", "perché poi l'animale nella morte prova dolore e tormento", "perché egli poi fa

ristorare sconvenientemente, perciò egli s'acquista per la quinta volta grave colpa".

L'Induismo è noto per il rigoroso rifiuto di qualunque tipo di carne. In aggiunta alla simbolica sacralità

di alcuni animali, considerate incarnazioni di divinità, come ad esempio la mucca, gli induisti motivano

questa scelta principalmente con ragioni spirituali. Secondo la dottrina induista infatti l’anima dopo la

morte lascia il corpo e nasce nuovamente in un altro corpo (umano o animale), che, insieme alle

circostanze della nuova nascita, è determinato dal bene e dal male delle azioni commesse nelle vite

passate (legge del karma). Se ne deduce che, provocando sofferenze agli altri animali, l’anima

perpetua il proprio incatenamento al ciclo di reincarnazione, allontanandosi così dall'obiettivo finale di

liberazione dalla metempsicosi.

II. LA METEMPSICOSI NELL’ANTICA GRECIA E LA CONSEGUENTE SCELTA VEGETARIANA: PITAGORA,

PLATONE E PLUTARCO

La dottrina della reincarnazione o metempsicosi si riscontra anche nell'ambito della filosofia

occidentale per la prima volta in Pitagora e nella sua scuola, seppure sulla base dell’orfismo. L'uomo

secondo i pitagorici è precipitato sulla terra a causa di una colpa originaria, per via della quale è

costretto a trasmigrare da un corpo a un altro, non solo di umani, ma anche di animali; per cui, dato

che negli animali non vi è un'anima diversa da quella degli esseri umani, i pitagorici rifiutavano

l’uccisione degli animali e adottavano un regime alimentare vegetariano.

Analogamente per Platone, l’anima è vincolata al ciclo delle rinascite in corpi umani o animali, a

seconda del grado di reminiscenza delle cose divine contemplate nel mondo delle idee. Allora “uomo”

e “animale” non sono altro che prigioni materiali dell’anima immateriale ed eterna. Inoltre ne La

Repubblica Platone prescrive ai membri della città ideale una dieta vegetariana da contrapporre alle

circostanze di guerre e invasioni che caratterizzano la realtà storica, creando quindi un collegamento

tra violenza e alimentazione carnivora, che già sosteneva Pitagora e che riprenderà anche Gandhi.

In quanto platonico e uomo di grande sensibilità, Plutarco credeva nella metempsicosi, e quindi che

anche gli animali fossero dotati di un’anima e di intelligenza, come sostiene nel De sollertia animalium

e nel Bruta animali ratione uti; di conseguenza aveva adottato un rigoroso regime alimentare

vegetariano. Con toni insolitamente feroci, nel De Esu Carnium Plutarco condanna i cosiddetti

“sarcofagi” (da σάρξ «carne», e φαγεῖν «mangiare», cioè i “mangiatori di carne”), non riuscendo a

concepire come si possa in un pezzo di carne non sentire la voce dell’animale che urla e non vedere il

sangue che cola. In linea con il suo pensiero, nel giardino della sua villa a Cheronea ospitava

innumerevoli specie animali.

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III. LA NON VIOLENZA COME PRESUPPOSTO DEL VEGETARIANESIMO ETICO: GANDHI E TIZIANO

TERZANI

La scelta vegetariana accomuna grandi maestri della non violenza come Gandhi e Tiziano Terzani. È un

legame irrinunciabile, necessario alla coerenza interna del pensiero stesso, poiché la produzione di

carne comporta inevitabilmente la macellazione che consiste nello sfondare il cranio dell’animale,

sgozzarlo, provocandone la morte per dissanguamento, infine sventrarlo e squartarlo.

Tiziano Terzani, giornalista e scrittore italiano, ha passato

gran parte della sua vita fuori dall’Italia in diversi paesi

asiatici tra cui l’india, potendo così aprirsi alle culture

orientali. È stato un convinto pacifista, come si può vedere

dalle sue Lettere contro la guerra. Specchio della sua

filosofia non violenta è dunque la scelta della dieta

vegetariana.

Un altro celebre personaggio per cui la scelta vegetariana è stata

conseguenza delle sue ideologie e di un forte senso morale è

Mohandas Karamchand Gandhi, detto il Mahatma (“grande anima”).

Oltre ad essere portatore di un messaggio di uguaglianza sociale per il

quale si pose in aperto contrasto con il sistema delle caste indiano,

Gandhi sosteneva anche l’uguaglianza tra uomini e animali, in quanto

capaci anch’essi di emozioni. Il pensiero di Gandhi si fonda sul

concetto induista dell’ahimsa (“non violenza”), che oltre a guidare la

sua lotta politica, sta anche alla base del suo essere vegetariano. Egli

espresse inoltre una severa condanna della vivisezione.

IV. VEGETARIANI PER SCETA ETICA: MARGHERITA HACK, ÉMILE ZOLA E PERCY SHELLEY

Essere vegetariani per motivi etici, vuol dire capire la sofferenza degli animali, essere cioè empatici non

solo verso gli umani ma anche verso gli animali. L’empatia è un meccanismo che coinvolge i neuroni

specchio e si verifica quando chi osserva un altro essere vivente che prova una certa emozione attiva le

stesse aree celebrali che sono stimolate nell’essere che sta provando quella certa emozione. I

ricercatori del San Raffaele di Milano, in collaborazione con quelli delle Università di Ginevra e

Maastricht, nel 2011 hanno dimostrato che i vegetariani sono più empatici degli onnivori: infatti,

sottoposti entrambi alla visione di immagini di sofferenza sia umana che animale, i vegetariani hanno

presentato una maggiore attivazione delle aree del lobo frontale del cervello associate allo sviluppo e

alla percezione di sentimenti empatici, indipendentemente dal fatto che le scene di sofferenza

prevedessero il coinvolgimento di umani o di animali.

La grandezza di una

nazione e il suo progresso

morale si possono

giudicare dal modo in cui

tratta gli animali.

- M. K. "Mahatma" Gandhi

Ecco un piccolo, bel modo per fare

qualcosa contro la violenza: decidere

di non mangiare più altri esseri viventi.

- Tiziano Terzani

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Di uomini e donne con una tale empatia ce ne sono stati tanti, tra i quali Margherita Hack, astrofisica

italiana morta tre anni fa. Nata in una famiglia aderente alla teosofia, una filosofia di origine indiana

molto vicina al buddhismo, Margherita Hack è stata vegetariana dalla nascita fino alla morte. Non aver

mai mangiato carne non le ha impedito di vincere campionati di atletica leggera e di essere per tutta la

vita un’appassionata dello sport. Nel suo libro Perché sono vegetariana ella denuncia con parole crude

il trattamento degli animali, sostiene la dieta vegetariana con argomentazioni scientifiche, ma

dimostra soprattutto un grande senso etico verso il regno animale.

Un altro personaggio che intraprese la dieta vegetariana per motivi etici fu Émile Zola, scrittore

francese di fine Ottocento. Egli nei suoi scritti, pur proponendosi di documentare la società con

oggettività e impersonalità allo stesso modo dello scienziato, supera i limiti imposti dal naturalismo e

le sue rappresentazioni lasciano intravedere un messaggio di denuncia sociale fin troppo evidente,

dimostrando così una sensibilità che era difficile da trovare nella sua epoca del progresso e

dell’estetizzante. Questa empatia non si limitò solamente ai diseredati della società, ma abbracciò

anche gli animali.

Quasi un secolo prima, lo scrittore romantico Percy Bysshe Shelley, insieme a sua moglie Mary Shelley,

intraprese la dieta vegetariana, a difesa della quale scrisse due saggi: A Vindication of Natural Diet e

On the Vegetable System of Diet, nei quali dichiara che mangiare cibo animale significa torturare gli

animali, che vengono seviziati dagli uomini sia quando li uccidono che quando li allevano. Shelley cita

l’espulsione dal Paradiso terrestre e il mito di Prometeo come allegorie del mondo attuale “dopo la

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caduta”, in cui il consumo di carne, oltre che essere causa di violenza gratuita, provoca l’insorgere di

malattie. Shelley infatti promuove il vegetarianesimo come il miglior regime alimentare per vivere in

modo sano e longevo. Inoltre considera il mangiare cibo animale un'abitudine innaturale, visto che non

siamo dotati degli stessi denti degli animali predatori, ma anzi abbiamo un apparato digerente più

simile ai frugivori e agli erbivori. È interessante notare che il mostro di Frankestein, romanzo di Mary

Shelley, sia anch’esso vegetarino.

V. ANTIANTROPOCENTRISMO E ANTISPECISMO COME BASE TEORICHE DEL VEGETARIANESIMO

L’antispecismo è il movimento filosofico, culturale e politico antitetico allo specismo. Quest’ultimo,

basandosi su una concezione antropocentrica, è un pensiero che sostiene l’indiscussa superiorità della

specie umana su tutte le altre specie non-umane, ed è nato per giustificare il dominio dell’uomo su

ogni altro membro delle comunità viventi della Terra.

Emblemi dello scontro tra antropocentrismo-antiantropocentrismo, e di conseguenza tra specismo-

antispecismo, sono le due maggiori scuole filosofiche dell’età ellenistica: lo stoicismo e l’epicureismo.

Gli stoici ritenevano che l’universo (to hòlon) fosse tutto razionalità (lògos), indiscibile dalla materia

(hyle). Tutti gli esseri, pesino quelli inanimati, contengono in sé i lògoi spermatikòi, ovvero “semi di

logos”, seppure in percentuale diversa. Fra tutti gli esseri, quello che contiene in sé la maggiore

quantità di logos nella forma originaria di energia termica pensante (logos-pyr) è l’uomo, e dato che

nulla accade per caso, ma secondo un ordine prestabilito (prònoia), poiché Dio è immanente alla

materia, l’uomo è lo scopo della creazione ed il re del creato, superiore alle altre specie viventi.

Pur essendo uno dei rappresentanti della Terza Stoà, Seneca da giovane intraprese una ferrea dieta

vegetariana dovuta alla sua associazione alla setta dei Sestii, una scuola filosofica che fondeva

lo stoicismo con elementi del pitagorismo, del platonismo e dell'aristotelismo e predicava una morale

intransigente ed ascetica, che comportava l’astinenza dalle carni e l’esame di coscienza. Seneca fu

costretto ad abbandonare questo tipo di dieta dal padre, dopo che l'imperatore Tiberio chiuse la

scuola dei Sestii, a seguito del decreto che proibiva i riti stranieri.

Opposto allo stoicismo e sostenitore di una dieta vegetariana fu Epicuro. Egli sosteneva che tutto il

reale fosse costituito dall’aggregazione di atomi nel vuoto, e poiché sia gli atomi sia il vuoto sono

infiniti, infinite sono pure le possibilità di aggregazione, e di conseguenza infiniti sono i mondi possibili,

di cui la Terra è solo uno dei tanti. Questa affermazione fa giustizia della presunzione che porta l’uomo

a credere se stesso ed il suo pianeta al centro dell’universo; mentre, afferma Epicuro, l’uomo non è che

uno dei tanti aggregati possibili, e non esiste alcun progetto divino che lo voglia re del creato e lo

autorizzi a ritenersi superiore alle altre forme viventi. Nulla accade per l’uomo, ma soltanto per un

casuale incontro degli atomi, non c’è nessun finalismo.

Lucrezio, seguace dell’epicureismo, nella seconda parte del quinto libro del De Rerum Natura,

riprendendo le idee del maestro, nega una qualunque forma di finalismo e l’idea di antropocentrismo,

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in polemica con gli stoici. Egli afferma che l’uomo non è migliore di nessun altro animale, in quanto

non è vertice di alcun progetto divino, ma è anzi importante quanto una formica. Inoltre smentisce

completamente l’idea di progresso, ritenendolo una giustificazione del comportamento umano.

Una delle più importanti opere sulla pietà e sulla giustizia estese anche al regno animale che la Grecia

antica ci abbia tramandato è il trattato Della pietà, scritto da Teofrasto probabilmente nel 316-315

a.C. Il discepolo di Aristotele si pone così in netto contrasto con il suo maestro, che affermava la

radicale differenza tra uomini e animali, e sosteneva che per questi ultimi non poteva esserci giustizia.

Teofrasto invece ritiene che uccidere animali sia ingiusto, perché li priva della vita, perciò condanna il

consumo di carne, facendosi sostenitore del vegetarianesimo.

Cinque secoli più tardi comparve un altro trattato in favore del vegetarianesimo Sull'astinenza dalle

carni degli animali di Porfirio. Egli ritiene che fra uomo e animale ci sia piena continuità, poiché

entrambi possiedono ragione e linguaggio, ed è falso che Dio abbia creato gli animali per gli uomini, ed

anzi, se questi ultimi negano che gli animali siano dotati di ragione, è solo per soddisfare il loro bisogno

di nutrirsi di carne.

Martinetti, filosofo canavesano della prima metà del secolo scorso, negli scritti La psiche degli

animali e Pietà verso gli animali, sostiene che agli animali, così come gli esseri umani,

possiedono intelletto e coscienza, quindi l'etica non deve limitarsi alla regolazione dei rapporti

infraumani, ma deve estendersi anche a tutte quelle forme di vita senzienti (cioè provviste di un

sistema nervoso) che come l'uomo sono in grado di provare gioia e dolore. Egli infatti scrive: “Gli

animali hanno una forma d’intelligenza e ragione, sono esseri affini a noi, possiamo leggere nei loro

occhi l'unità profonda che ad essi ci lega”. L’”unità” di cui parla deriva dalla sua concezione filosofica

dell’”unicità” della sostanza vivente. La scelta del vegetarianesimo in Martinetti perciò non è

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conseguenza soltanto dall’empatia di cui si fa portatore, ma piuttosto di un meditato atteggiamento

filosofico che pone sullo stesso piano uomini e animali nella concezione dell’Unità assoluta, che

trascende l’intera esperienza, ed è il vero essere dietro l’apparenza del molteplice.

Il pensiero di Martinetti è influenzato da Kant e dalla filosofia indiana, gli stessi presupposti da cui

parte Schopenhauer, che, similmente a Martinetti, considera il molteplice come inganno, un “velo di

Maya”, che deve essere strappato per vedere la vera realtà assoluta, unica ed irrazionale che sta

dietro: il Wille, cioè la volontà di vivere, di perpetuarsi. Superando la divisione fenomenica in un’unità

che è tale per tutto il sensibile, anche non umano, Schopenhauer scardina l’antropocentrismo. Poiché

la volontà di vivere si manifesta in tutte le cose come Sehnsucht, cioè un desiderio inappagato, ogni

creatura è sottoposta al dolore, dal fiore che appassisce per mancanza d’acqua, all’animale ferito, dal

bimbo che nasce al vecchio che muore. Per vincere il Wille e il dolore che ne deriva, Schopenhauer

propone tre vie di liberazione, tra le quali vi è quella dell’etica, in cui l’apparente divisione fenomenica

è superata nel riconoscimento dell’unità noumenica, per la quale si sente la sofferenza altrui come

propria (empatia). Ne derivano due virtù: la giustizia, che consiste nel non fare del male all’altro, e la

carità, che si identifica nell’amore disinteressato e nel fare del bene.

Una vignetta animalista di Tignous, disegnatore francese ucciso il 7 gennaio 2015

a Parigi nell'attacco terroristico alla sede di Charlie Hebdo

VI. SPECISMO E ANTISEMITISMO: UNA STESSA RADICE DI INEGUAGLIANZA

Lo specismo, come il sessismo, il razzismo e l’antisemitismo sono diverse forme di discriminazione

originate dall’idea di una natura diversa e inferiore di certe vite rispetto ad altre.

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L’antisemitismo ebbe la sua più grave conseguenza durante la seconda guerra mondiale in Germania,

in cui avvenne una brutale selezione artificiale tra gli uomini, basata sulle nuove teorie eugenetiche

naziste, per cui bisognava debellare le razze “inferiori”, come quella ebraica, che avevano “inquinato”

la superiore razza ariana. La selezione artificiale avvenuta in Germania trasse ispirazione dalla

selezione artificiale applicata agli animali negli allevamenti per aumentarne la produttività, usata per la

prima volta in America alle soglie del 1900, quando gli studi sulla genetica si unirono al campo

dell’allevamento del bestiame. Dunque Hitler, non molti anni dopo, in linea con le sue idee di “igiene

razziale”, diede l’avvio al programma Aktion T4, un programma di eugenetica che mirava

all'eliminazione dei bambini disabili ed alla pratica dell'eutanasia sugli adulti ricoverati o portatori di

malformazioni congenite, che ben presto però divenne un pretesto per l'eliminazione di tutti gli

"indesiderabili", fino a giungere alla “soluzione finale” della questione ebraica, che consisteva nella

deportazione nei campi di concentramento poi nell’eliminazione fisica degli ebrei presenti sui territori

sotto il controllo tedesco. Molti realizzatori del programma T4 e della “soluzione finale” lavoravano

nell’ambito della produzione di carne prima di essere chiamati ad operare nel grande programma di

sterminio voluto da Hitler: tra questi ricordiamo Kurt Franz, che da macellaio era passato al comando

del campo di sterminio a Treblinka. Quando salì al potere, Hitler bandì tutte le associazioni vegetariane

e ne arrestò i dirigenti, ritenendo che la natura dovesse seguire la legge del più forte, il linea con le

teorie darwiniste che aveva applicato alla società. Egli usava epiteti animali come “porci”, “cani”,

“bestie” e “vermi” per denigrare i suoi nemici e tutti coloro che riteneva inferiori, e come tali li

trattava. Infatti le vittime raggiungevano i campi di sterminio, definiti dal comandante Rudolf Höß “i

più grandi mattatoi umani che la storia abbia mai conosciuto”, allo stesso modo in cui ancora oggi gli

animali arrivano al macello, cioè dopo lunghi viaggi ammassati senza cibo né acqua. Una volta arrivati, i

prigionieri venivano tatuati con un numero identificativo, come se fossero animali destinati al macello.

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Infine, prima di essere uccisi, venivano fatti spogliare e raggruppati come una mandria di bestie. Il

disumano sterminio nazista attuato verso tutti coloro che erano ritenuti "indesiderabili" causò circa 15

milioni di morti in pochi anni, tra cui 5-6 milioni di ebrei.

Leo Eitinger, un ex professore di psicologia dell’università di Oslo sopravvissuto ad Auschwitz, ha

scoperto che i sopravvissuti ai campi di sterminio, dopo le esperienze traumatiche che hanno vissuto,

dimostrano una maggiore sensibilità verso gli altri e una maggiore capacità di identificazione. Molti

sopravvissuti o figli di sopravvissuti infatti, dopo l’esperienza dell’Olocausto, hanno intrapreso una

dieta vegetariana e spesso si sono battuti apertamente contro lo sfruttamento degli animali,

dichiarando di non poter sopportare di essere complici di altra violenza, dopo esserne stati vittime.

Edgar Kupfer-Koberwitz, ebreo nato in Germania nel 1906, rimase prigioniero a Dachau dal 1940 al

1945. Durante gli ultimi tre anni lavorò nel magazzino del campo, un incarico che gli permise di scrivere

un diario segreto su pezzetti di carta rubati che nascondeva sotto terra, e che disseppellì il 29 Aprile

1945, quando gli americani posero fine alla tortura nel campo di Dachau. Nel 1956 furono pubblicati i

“Dachau Diaries”, e dalle note che scrisse nel campo ricavò il saggio Animal Brothers, scritto sotto

forma di epistolario ad un amico, nel quale spiegava perché aveva deciso di non mangiare carne,

eccone un estratto:

“Ascolta: io rifiuto di mangiare animali perché non posso nutrirmi con la sofferenza e con la morte di

altre creature. Rifiuto di farlo perché ho sofferto tanto dolorosamente che le sofferenze degli altri mi

riportano alle mie stesse sofferenze. So che cos’è la felicità e so che cos’è la persecuzione. Se nessuno

mi perseguita, perché dovrei perseguitare altri esseri o far sì che vengano perseguitati? So che cos’è la

libertà e so che cos’è la prigionia. So che cos’è la protezione e che cos’è la sofferenza. So che cos’è il

rispetto e so che cos’è uccidere. Se nessuno mi fa del male, perché dovrei fare del male ad altre

creature o permettere che facciano loro del male? Se nessuno vuole uccidermi, perché dovrei uccidere

altre creature o permettere che vengano ferite o uccise per il mio piacere o per convenienza? Non è

naturale che io non infligga ad altre creature ciò che io spero non venga inflitto a me? Non sarebbe

estremamente ingiusto fare questo per il motivo di un piacere fisico a spese della sofferenza altrui e

dell’altrui morte? Queste creature sono più piccole e più indifese di me, ma puoi tu immaginare un

uomo ragionevole con nobili sentimenti che volesse basare su questa sofferenza la rivendicazione o il

diritto di abusare del più debole e del più piccolo? Non credi che sia proprio il dovere del più grande, del

più forte, del superiore di proteggere le creature più deboli invece di perseguitarle e di ucciderle?”

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Anche il premio nobel per la letteratura, Isaac Bashevis Singer, dopo

aver perso sua madre, suo fratello minore e altri membri della

famiglia ebrea che erano rimasti in Polonia durante la seconda

guerra mondiale, mentre lui era andato negli Stati Uniti, è divenuto

una delle voci animaliste più autorevoli del XX secolo. Spesso i

protagonisti dei suoi racconti sono vegetariani e il parallelo con

l’Olocausto è sempre presente.

Ad esempio in L’uomo che scriveva lettere il protagonista dice:

“Si sono convinti che l’uomo, il peggior trasgressore di tutte le specie, sia il vertice della creazione: tutti

gli altri esseri viventi sono stati creati unicamente per procurargli cibo e pellame, per essere torturati e

sterminati. Nei loro confronti tutti sono nazisti; per gli animali Treblinka dura in eterno.”

VII. SCIENZA E ANIMALI

La genetica incontra l’allevamento intensivo degli animali nel miglioramento genetico degli stessi

attraverso la selezione artificiale, che consiste nella selezione dei riproduttori con delle caratteristiche

scelte dall’uomo a proprio beneficio (ad esempio la caratteristica di produrre più carne), così da

accentuare nei discendenti tali caratteristiche per l'aumento delle prestazioni produttive e riproduttive

degli animali negli allevamenti. A questo proposito nel settore bovino, per regolare la riproduzione

degli animali, è ampliamente usata la fecondazione artificiale.

Ma il settore in cui la genetica, in particolare l’ingegneria genetica, agisce maggiormente sugli animali

non è quello alimentare, bensì quello medico. A questo proposito vengono creati animali

geneticamente modificati, anche detti “transgenici”, in cui viene modificato il gene strettamente

connesso alla malattia o al fenomeno biologico che si vuole studiare, facendone così modelli di studio

Non vi sarà giustizia fin quando

l’uomo reggerà un coltello o una

pistola e li userà per distruggere

coloro che sono più deboli.

- Isaac Bashevis Singer

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di processi biologici, come lo sviluppo embrionale o l’invecchiamento, e di indagine sull’origine e lo

sviluppo di molte malattie.

La sperimentazione animale ha certamente portato dei grandi risultati in campo medico, ma ha anche

riportato fallimenti come quello del Mediator, medicinale utilizzato per la cura di diabete e l’obesità

che, pur avendo superato la prova sugli animali, ha provocato tra i 500 e i 1.000 morti in Francia lo

scorso anno. I casi come quello del Mediator sono numerosi e sono dovuti al fatto che nessuna specie

animale è paragonabile in toto all’essere umano, per cui ad esempio in campo oncologico le sostanze

chimiche cancerogene per l'uomo possono non esserlo per gli altri animali: per questo nell’ambito

della ricerca biomedica di base per lo studio delle malattie è sempre necessaria la sperimentazione

finale sull’uomo. Infatti non è obbligatorio per legge usare gli animali in questo campo ed i ricercatori

hanno a disposizione metodi alternativi ai test sugli animali che hanno già portato a numerose

scoperte mediche. Invece, per quanto riguarda i test "di tossicità", gli esperimenti sugli animali sono

obbligatori per legge.

Negli ultimi vent’anni però sono state sviluppate diverse metodologie alternative anche in questo

campo: le colture di cellule e di tessuti umani, che permettono ai ricercatori di studiare specifiche parti

del corpo umano, i microorganismi, che servono a provare il danno genetico causato da sostanze

chimiche o radiazioni, i modelli matematici computerizzati, le Tecniche non-invasive per immagini

come la PET (Tomografia a Emissione di Positroni) e l'elettroencefalografia, infine i sistemi artificiali,

cioè modelli in vitro che simulano una parte del corpo umano. Il problema principale nell’utilizzo dei

metodi alternativi, oltre che nell’inerzia al cambiamento nell'uso di metodi già validati, è che molti di

questi non sono ancora stati validati. La validazione di un metodo alternativo è molto lunga ed è

positiva quando il metodo fornisce per certe sostanze risultati simili a quelli ottenuti in passato per le

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stesse sostanze sugli animali, sui quali i test non sono mai stati validati ma entrano di diritto lo stesso

nelle linee guida della sperimentazione. Un secondo importante problema è la scarsa disponibilità di

tessuti umani, sui quali la ricerca sarebbe molto più valida da un punto di vista scientifico e salverebbe

la vita di molti animali. Questo problema può essere ovviato dalla donazione per la ricerca, che però

non ha alcuna linea guida sulla distribuzione del materiale. Mentre si aspetta la validazione dei metodi

alternativi e una maggiore organizzazione delle donazioni per la ricerca, ogni anno continuano ad

essere impiegati 12 milioni di animali in Europa a fini sperimentali (uno ogni 3 secondi) e poco meno di

900.000 nei laboratori italiani.

VIII. RICADUTE SULLA SALUTE DEL CONSUMO DI CARNE: ANTIBIOTICO-RESISTENZA E TUMORI

Negli allevamenti intensivi gli animali vengono imbottiti di farmaci per cercare di scongiurare le

malattie causate dallo stress da sovraffollamento e dalla debolezza congenita di questi animali, causata

dalle manipolazioni genetiche che danno luogo ad animali "iperproduttivi" ma che si ammalano molto

facilmente. Vietati in Europa, ma legali in America, gli ormoni (anabolizzanti e cortisone) sono

somministrati agli animali per aumentarne la massa corporea. Tra i medicinali legalmente

somministrati agli animali d’allevamento anche in Italia ci sono gli antibiotici, il cui abuso nell’industria

della carne si è rivelato essere la causa principale del recente fenomeno della resistenza dei batteri

agli antibiotici. L’uomo assume direttamente solo il 30% degli antibiotici prodotti nel mondo, mentre il

restante 70% è appunto somministrato agli animali negli allevamenti per ingrassarli o per guarirli dalle

infezioni, ma raggiunge comunque l’uomo tramite il consumo di carne. In Italia per 30 milioni di

animali nelle grandi aziende produttrici di carne sono utilizzati 1300 tonnellate di antibiotici. I “batteri

killer” farmaco resistenti, che causano 5000 morti annue in Italia, si generano nell’intestino degli

animali mutando geneticamente per resistere agli antibiotici. L’Unione Europea ha analizzato gli

intestini degli avicoli al macello provenienti dagli allevamenti intensivi e ha trovato percentuali di

batteri resistenti preoccupanti, che ritroviamo nel piatto perché le linee di macellazione non

proteggono integralmente dalla contaminazione. Ad esempio lo stafilococco aureo, una delle specie

batteriche più diffuse e pericolose, ha sviluppato un nuovo ceppo resistente all'antibiotico

tradizionalmente usato per debellarlo. Da un controllo dell’Unione Europea del 2008 è emerso che

l’Italia, accompagnata da Germania e Spagna, ha il più alto tasso di questo batterio negli allevamenti

suini. Se negli ultimi novant’anni gli antibiotici hanno consentito il progresso della medicina e hanno

sconfitto i batteri patogeni, adesso sono sempre meno efficaci e c’è il rischio di tornare a quando una

modesta infezione poteva essere letale.

Sempre recente, di soli 8 mesi fa, è la notizia che l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro

(IARC), un organismo dell'Organizzazione Mondiale della Sanità con sede a Lione, dopo aver passato in

rassegna 800 studi, ha inserito le carni processate tra i “cancerogeni certi” (nel gruppo 1, che

comprende anche l'amianto, l'alcol etilico, il fumo, le radiazioni ultraviolette e il Papilloma virus), e le

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carni rosse tra le sostanze “probabilmente cancerogene” per l'uomo (gruppo 2A). Le carni processate

sono quelle che hanno subito un processo di lavorazione quali l’affumicatura, la salatura, la

stagionatura, l’aggiunta di conservanti, procedimenti, così come alcuni tipi di cottura come quella alla

brace, che aumentano il rischio cancerogeno. Esempi di carni processate sono wurstel, prosciutto,

salsicce, carne in scatola, carne secca e sughi a base di carne. In base allo studio, 50 grammi di carni

lavorate al giorno aumenterebbero il rischio di sviluppare tumore del colon-retto (il tipo di cancro per il

quale è stata trovata la correlazione più forte) del 18%. In base alle stime più recenti del Global Burden

of Disease Project, un'organizzazione indipendente per la ricerca accademica, circa 34mila morti per

cancro ogni anno sono correlate a diete ricche di carni lavorate.

Umberto Veronesi, oncologo di fama mondiale per i suoi studi sul cancro, in particolare sul carcinoma

mammario, riguardo cui ha ideato la quadrantectomia, e direttore scientifico dell'Istituto europeo di

oncologia, già da tempo indicava la correlazione tra carne e tumori. Egli consiglia la dieta vegetariana ai

suoi pazienti per la prevenzione di malattie, quali appunto il cancro, sostenendo che una dieta priva di

carne non ci indebolirebbe affatto, poiché nei vegetali ci sono tutte le proteine e il necessario per

vivere in salute, anzi permetterebbe una maggiore longevità. Pur promuovendo la dieta vegetariana

principalmente per motivi salutistici, Veronesi dichiara di non mangiare carne soprattutto per motivi

etici, poiché gli animali, in quanto dotati di un sistema nervoso e di conseguenza capaci di sofferenza,

non dovrebbero essere sottoposti a trattamenti crudeli nei macelli e nelle pratiche di sperimentazione,

riguardo alla quale Veronesi si è fatto promotore dei metodi alternativi.

IX. LA DIETA ONNIVORA E’ ANCORA ECOSOSTENIBILE?

La FAO afferma che le mucche producono più gas serra dell’intero settore dei trasporti, la cui

emissione di gas serra è del 13% , rispetto al 18% prodotta dagli animali. Questo perché le mucche dal

loro processo digestivo producono una notevole quantità di metano che è oltre 20 volte più potente

dell’anidride carbonica delle automobili.

L’impronta idrica della zootecnica è maggiore di ogni altra

attività, infatti l’allevamento animale consuma più di 100

trilioni di litri d’acqua ogni anno e utilizza 1/3 circa di tutta

l’acqua potabile del pianeta. Il consumo di acqua

domestica è solo il 5% del consumo totale di acqua, contro

il 55% per l’allevamento degli animali. Per produrre un solo

hamburger da 110 g servono oltre 4500 litri d’acqua.

L’allevamento animale è anche il maggiore responsabile del disboscamento. Infatti se per nutrire una

persona con una dieta vegetariana sono sufficienti circa 2000 m2 di terreno, per alimentare un

cittadino onnivoro medio ce ne vogliono 18 volte di più. Questo perché si può produrre 16800 kg di

verdure su 0,6 ettari, ma solo 170 kg di carne su una superficie uguale. L’80% della foreste pluviali, i

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polmoni del nostro pianeta, sono state distrutte dall’allevamento animale, e attualmente sono tagliate

nella misura di 4047 m² (l’equivalente della grandezza di un campo da calcio) al secondo per creare

pascolo e crescere soia transgenica destinata ad alimentare gli animali da allevamento. L’allevamento

animale è anche responsabile della distruzione del 91% della foresta amazzonica. Si stima che ogni

giorno vengono perduti oltre 100 specie di piante, animali e insetti a causa della distruzione delle

foreste.

Stiamo vivendo la più grande estinzione degli ultimi 65 milioni di anni: 10mila anni fa gli animali liberi

formavano il 99% della biomassa e gli umani erano solo l’1%, oggi noi e gli animali in nostro possesso

ammontiamo al 98% della biomassa e gli animali in libertà sono solo il 2%. I ricercatori concordano che

la causa principale dell’estinzione delle specie sia la sovrapproduzione, la perdita dell’habitat per gli

animali e la pesca eccessiva.

L’ONU riferisce che ¾ delle zone ittiche del mondo sono sovrasfruttate, pienamente sfruttate o quasi

in esaurimento, a causa della pesca eccessiva. Oltre 28 miliardi di pesci sono stati pescati lo scorso

anno. Per soddisfare l’enorme domanda attuale di pesce, la pesca è fatta con reti enormi, per cui per

ogni 450 grammi di pesce pescato, circa 2,2kg di altre specie, come delfini e squali, cadono nelle reti.

Gli animali attualmente allevati dall’uomo sono 70 miliardi. Mentre la

popolazione umana beve 19,7 miliardi di litri d’acqua al giorno e mangia 9,5

milioni di tonnellate di cibo, i 1,5miliardi di mucche allevate bevono 170

miliardi di litri di acqua e mangiano 62 milioni di tonnellate di cibo ogni

giorno. Noi coltiviamo abbastanza cibo per nutrire tra i 12 e i 15 miliardi di

umani, e siamo solo 7 miliardi, 1 miliardo dei quali soffre la fame. Più

del 90% della produzione mondiale di soia e il 60% di mais e orzo sono

destinati agli animali da macello. L’80% dei bambini che muoiono di fame nel

mondo vive in paesi dove il cibo viene utilizzato per nutrire gli animali che

vengono mangiati nei paesi sviluppati come Usa e Europa.

Una dieta a base di vegetali, che esclude la carne e i suoi derivati, produce metà CO2 che un regime

onnivoro, utilizza 1/11 della quantità di combustibili fossili, 1/13 della quantità d’acqua e 1/18 della

superficie di terreno, risparmiando 4164 litri di acqua al giorno, 20 kg di grano, 2,78 m² di terreni

boscosi, l’equivalente di 9kg di CO2 e la vita di un animale ogni singolo giorno.

BIBLIOGRAFIA Charles Patterson, Eternal Treblinka: Our Treatment of Animals and The Holocaust, Lantern Books, 2002, trad it. Di Massimo Filippi, Un’eterna Treblinka: Il massacro degli animali e l’olocausto, Editori Riuniti Int Srls, Roma 2015 Margherita Hack, Perchè sono vegetariana, Edizioni Atlanta, Roma 2011 Umberto Veronesi, Da bambino avevo un sogno, Mondadori, 2013

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Primo Levi, Se questo è un uomo, Einaudi,Torino 2005 Erica Joy Mannucci, La cena di Pitagora, Carozzi editore, 2008 Plutarco, De esu carnium, Adelphi, 2011 Anna Piseri, Paola Poltronieri, Paolo Vitale, Biografia 3, Loescher Editore, Torino 2014 Corrado Bologna, Paola Rocchi, Rosa fresca aulentissima, Loescher Editore, Torino 2012 SITOGRAFIA http://www.cattolicivegetariani.it/ consultato il 10.06.16 https://it.wikipedia.org/wiki/Vegetarianismo_e_religione consultato il 28.05.16 filosofi greci vegetariani e antispecisti http://mediterranews.org/2012/02/filosofi-greci-vegetariani-e-antispecisti/ consultato il 24.06.16 https://it.wikipedia.org/wiki/Teofrasto consultato il 09.06.16 https://it.wikipedia.org/wiki/Porfirio consultato il 09.06.16 Ospedale San Raffaele, Dimmi cosa mangi e ti dirò cosa provi, http://www.hsr.it/marketing-comunicazione-hp/dimmi-cosa-mangi-e-ti-diro-cosa-provi/ consultato il 12.06.16 Tiziano Terzani, http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=1904&biografia=Tiziano+Terzani consultato il 09.06.16 Filippo Schillaci, “Non togliere la vita alla vita”: Terzani dimenticato, http://www.terranauta.it/a1328/cultura_ecologica/non_togliere_vita_alla_vita_terzani_dimenticato.html consultato il 09.06.16 https://it.wikipedia.org/wiki/Selezione_artificiale consultato il 11.06.16 zootecnia http://www.treccani.it/enciclopedia/zootecnia/ consultato il 11.06.16 Rebecca Mantovani, Sperimentazione animale: alla ricerca di un’alternativa,

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Farmaci e sostanze tossiche presenti negli animali d'allevamento, http://www.saicosamangi.info/salute/farmaci-allevamenti.html consultato il 11.06.16 Lettera di Edgar Kupfer Koberwitz, http://www.promiseland.it/2010/11/20/lettera-di-edgar-kupfer-koberwitz/ consultato il 17.05.16

FILM/VIDEO "Cowspiracy: The Sustainability Secret", 2014, prodotto e diretto da Kip Andersen e Keegan Kuhn. “Resistenza passiva” di Ilaria Proietti, puntata di Report del 29.05.16 Intervista di Red Ronnie a Umberto Veronesi nell'ambito del Festival Internazionale dell'alimentazione del 19.10.2008.