Alberto Capatti - Massimo Montanari La cucina italiana · anche (o forse soprattutto) come...

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AlbertoCapatti-MassimoMontanariLacucinaitaliana

Storiadiunacultura

©2005,Gius.Laterza&Figli

Edizionedigitale:settembre2013www.laterza.itProprietàletterariariservataGius.Laterza&FigliSpa,Roma-BariRealizzatodaGraphiservices.r.l.-Bari(Italy)percontodellaGius.Laterza&FigliSpaISBN9788858102084Èvietatalariproduzione,ancheparziale,conqualsiasimezzoeffettuata

—dedica

aLibista,contadinalombardadaCernuschio,inventricedifarravioliavviluppatinellapasta

Introduzione.L’identitàcomescambio

L’Italia delle cento città e dei mille campanili è anche l’Italia delle cento cucine e delle millericette.Lagrandevarietàditradizionigastronomiche,specchiodiun’esperienzastoricasegnatadalparticolarismoedalladivisionepolitica,è l’elementochemaggiormentesi imponeagliocchiealpalatodelvisitatore,rendendoincredibilmentericca(eperciòattraentecomenessun’altra,oggicheladomandadidiversitàedisapori«diterritorio»sièfattaparticolarmenteforte)lagastronomiadelnostropaese.Bastaquestoperconcluderecheunacucinaitalianainsensopropriononèmaiesistitaeancora,infondo(efortunatamente),nonesiste?

Èciòchespessosièportatiacredere,malascommessadiquestolibroèdimostrareilcontrario,in base a una serie di considerazioni che non ci sembrano affatto ovvie e che tendono, anzi, arovesciarealcuniluoghicomunieipiùconsuetimodidiapproccioallastoriadellacucina:attornoaquestitemidifondoèorganizzatol’interopercorsodellibro,eperciòteniamoaesplicitarlisubito.

Anzituttocisembraindispensabilerestituireallastoriadellacucinaunasuaspecificadimensione.La tentazione di sottoporla all’egemonia della letteratura, per secoli l’espressione più alta eautorevoledelbuongusto,haportatoaesiticontraddittori:ritrovare,daunlato,neiconsumieneglistili conviviali, il riflesso di un ideale di civiltà; ribadire, dall’altro, la subordinazione delle artiminori (materiali) alle arti maggiori (spirituali). Riconoscere un’impronta barocca alla tavolaseicentesca, così come un merito geometrico a quella illuminista, è stato un espediente per«nobilitare»alimentazioneecibo,perparlaredicucinaalludendoadaltro.Ma lacucinanoncercaanalogie,haunasuastoriaeunasuaautonomiadocumentaria,anchesepuòedeveessereinterrogataattraversomolteplicifonti–ivicompresequelleletterarie.

Altra e ancorpiù forte tentazioneè stataquelladi subordinare la storiadella cucinaavicende,anch’esse, di diversa natura come quelle della storia politica, che delimita territori e Stati, cheassegna spazi definiti alla collettività.È ben vero che fra i due piani esistono evidenti rapporti, dinaturasimbolicaoltrechefunzionale,enellepaginecheseguonononmancheremodisottolinearli;cosìcomeemergerannoilegamiconlastoriadell’economiaedeimodidiproduzione,cheregolanol’approvvigionamentoeiconsumie,alorovolta,intrattengonounrapportononsecondarioconlevicende politiche e istituzionali. Ma, ancora una volta, la storia della cucina non può ridursi adimensionialtre: se qualcosa le si deve apparentare, sono soprattutto i saperi e le tecniche dellaculturamateriale,iritieibisognidellavitaquotidiana,leformedelgusto.Seèveroche,unavoltacostruital’unitànazionale,siposeilproblemadi«faregliitaliani»,èpurancheverocheicaratterioriginalidelpaeseItalia–comel’hachiamatoRuggieroRomanointitolandogliunarecenteraccoltadisaggi1 – nonpossono essere racchiusi nelle vicendebrevi e contrastate delloStatounitario,mavanno soprattutto cercati nella trama profonda di consuetudini, usanze,modi di vivere in qualchemodo riconducibili a un’identità «italiana». Di tale identità le pratiche di cucina e la culturagastronomicasonoparteessenziale:nonsaràdunqueinutileriflettervi,magariperscoprirechegliitalianiesistevanobenprimadell’Italia2–siapursoloinqualchestratosociale:maquestoèunaltrodiscorso,sulqualetorneremosubito.

Pare dunque indispensabile una riflessione preliminare sul senso – appunto – dell’identità.Quando si tratta di tradizioni alimentari, sembrerebbe scontato pensarla come appartenenza a unterritorio:iprodotti,lericettediundeterminatoluogo.Macosìsidimenticachel’identitàsidefinisce

anche (o forse soprattutto) come differenza, cioè in rapporto agli altri. Nel caso specifico dellagastronomia ciò appare con chiarezza: l’identità «locale» nasce in funzione dello scambio, nelmomentoincui(enellamisuraincui)unprodottoounaricettasiconfrontanoconcultureeregimidiversi. L’autoconsumo, in un’economia anche solo parzialmente autarchica, se da un latocorrispondeaunavalorizzazione intimaeritualedeglioggetticommestibili, lisottraedall’altroalmercatoealgiudizio.Ilprodottoesclusivamente«locale»èprivodiunaidentitàgeograficainquantoessa nasce dalla sua «delocalizzazione». La «mortadella di Bologna» (o «Bologna» tout court) sidefinisce come tale solo quando esce dal suo ambito di produzione. Le olive «all’ascolana»assumono tale denominazione solo quando oltrepassano i confini della città natale – salvo subitorientrarviperunasortadieffettoboomerang.

Lapropostachequestolibroavanzaèdispostarelanozionediidentitàdalpianodellaproduzione(cuinormalmentevieneriferita)alpianodelloscambio.Intalmodo,nonsaràdifficilerinvenireunacircolazionediusanzealimentari,diconoscenzegastronomicheedipratichedicucinachedatempoassai antico fanno esplicito riferimento a un contesto «italiano»: tale, si badi, non in virtù di unaqualcheomogeneitàdelleculturelocali(ciascunadellequalimantieneunasuaspecificaconnotazioneediversità),maproprioapartiredallalorodiversità,chesidelineanelmomentostessoincuientraincircolo.Lacucinaintalmodosirivelaperciòcheeffettivamenteè,edèsemprestata:illuogopereccellenzadelloscambioedellacontaminazione,oltreche(piùche)dell’origine.Seunprodottopuòessereespressionediunterritorio,ilsuousoinunaricettaoinunmenùèquasisempreilfruttodiun’ibridazione.

Certo, tutto questo vale principalmente se ci riferiamo ai ceti dominanti: per molto tempo, lacircolazionediunmodello«italiano»dicucinasiriesceapercepiresoloneicircoliaristocraticioinquelli(taloracoincidenticonessi)dell’élitecittadina.Solomarginalmenteeinmododiscontinuo,aseconda delle congiunture economiche e dell’andamento dei prezzi, anche i cetimedio-bassi dellasocietàurbanaeruralevirientrano.Perapprezzarequestoregimeineguale,ènecessarioricordareilsuoimprovvisodeclinointempianoiprossimi.Nell’ultimocinquantenniol’Italiasièlasciatadietrolespalledenutrizioneesquilibrialimentari,unlunghissimociclodellasuastoriagastronomicachepotremmodefinirepreindustriale.Lacrescitadelbenessereèstatacontrassegnatadall’adeguamentodelmondoruraleaglistilidivitadellacittà,senzaportareaunlivellamentonazionaledeiconsumi.Inveceditradursi–comeinInghilterra,inGermaniaenegliStatiUniti–inegemoniadelprodottoindustriale pronto da consumare e preparato altrove, talora a centinaia di chilometri dal punto diacquisto, la ricchezza ha stimolato in Italia la valorizzazione di derrate e ricette tradizionali, laricerca(equindisalvaguardia)dellepiccoleproduzionieuncultodellararitàeno-gastronomica.Lacucinadicasaè rimastaun importante referentegastronomico,mentre il fast-food forniscepastiameno del 3 per cento della popolazione. A misura che l’industria agro-alimentare italiana si faeuropea, il nostro paese diversifica la propria immagine e recupera il proprio passato prossimo:liquidate le ineguaglianze ma non la loro portata culturale, lo riformula con nuove strategiecommerciali.Gliepitetipoveroericco,nobileecontadino,applicatiaicibiodierni,assumonovalorinuovi. Anche nel suo rapporto con la modernizzazione, il modello italiano presenta peculiaritàcontraddittorie,benriconoscibili.

Strettamentelegataaquesta,vièun’altraquestionedaesaminare.Lastoriad’Italiahaavuto,nelcorsodeisecoli,unasuaparticolaritàrispettoaquelladialtripaesi:lafittapresenzadinucleiurbanielagrandeforza–purseinmodidiversiasecondadellevicendediciascunaregionestorica–ditaletradizione cittadina, risalente all’epoca romana e rivitalizzata nel corso del Medioevo. In questospecificocontestoprendeformaesensoquantosièdettofinora:èlacittà,infatti,acostituireilluogo

strategico di costruzione e trasmissione di una cultura gastronomica al tempo stesso «locale» e«nazionale».Lacittàè il luogopereccellenzadelloscambiocommerciale,maanche–secondounmodello esclusivamente italiano – il capoluogo di un territorio, grande o piccolo, che a essa fariferimentosulpianoamministrativo,produttivoeculturale.Dunque,lacittàèunpernodecisivodelmodellodiinterpretazionechestiamoproponendo:essarappresentailterritorio,appropriandosi–inmodopiùomenodiretto,taloraviolento–deisuoibeniedellasuacultura(anchegastronomica)permetterla in gioco, esportarla, diffonderla. Perciò in Italia il patrimonio gastronomico vienenormalmenteindividuatoericonosciutoattraversoilrichiamodiidentitàcittadine,eciònonsolonelcasodiricetteopreparazionielaborateinambitourbano,nellebottegheartigianalio,piùtardi,neglistabilimentiindustriali(lamostardadiCremona,glispaghettidiNapoli),maanchequandositrattadirisorseprovenientidallacampagna,daimonti,dalmare:parlaredelradicchiodiTrevisoedell’oliodiBitonto,delrombodiRavennaedelpescespadadiMessina,delpecorino«romano»edellenocidiSorrentoèdarerisaltoalcentrodimercatopiùcheall’areadiproduzione.Nonpernullaiprodotti«tipici»dimaggiorsuccessonellastoriadellacucinaitalianasonostatiquelliamaggiorevocazioneindustriale (si pensi alla pasta, al parmigiano, alla salsa di pomodoro). Cioè quelli più adatti acircolare.Esportareilterritoriocipareunaformulaforseprovocatoria,masicuramentecorrettapercomprendere la storia della cucina italiana attraverso i secoli. Una storia che, nelle pagine cheseguono,avràcomeprotagonistiprincipalilacittàeilcontado,daunlato;dall’altro,lapercezionediun comune riferimento nazionale. Le articolazioni interne di questomodello costituito dal centrourbano,dallacampagnalimitrofaedaunapiùampiaterritorialità,politicaeculturale,possonosolorendere più complesso l’inventario di piatti e prodotti, non alterarlo: la «tenuta» rurale funge daavamposto della dimora di città e agli occhi dei contadini rappresenta lo stile di vita gentilizio,«urbano».Oltreasollecitareunamiglioreconoscenzadeiprodottidellacacciaedellapesca,essaèl’occasioneperpianificarerisorseeconserve,perfareesperienzezootecnicheeorticole.

Da quante aree geografiche, con quali confini interni ed esterni, è formata l’Italia? Neproporremounarilevazione,omeglioforniremoalcunistrumentiperrealizzarla,mettendoinlucela complessa origine di piatti e prodotti, e sacrificando alcuni luoghi comuni. Bisognerà infattimettere fra parentesi – almeno per tutto l’arco di storia che precede l’età contemporanea – quelladimensione«regionale»delpatrimoniogastronomicosucui tantosi insisteoggi,mache ineffetticostituisceun’acquisizionerecentissima,sulpianoculturalenonmenochepolitico,epersuanaturaestraneaaiparametriinternidellastoriadellacucina:unacartadell’Italiagastronomicadovràdunquescomporre o accorpare le circoscrizioni amministrative del territorio ricomponendole in unitàculturalmentepiùomogeneeesignificative.

Ladinamicacittà-territoriociintroduceaun’altraprospettivadicuivorremmorenderecontoinquestolibro:ilrapportofraculturapopolareeculturadiélite,fracucina«povera»ecucina«ricca».È indubbio infatti–comecercheremodimostrare–chefraquestidue livellisocialiedeconomiciesiste un’intensa circolazione di saperi e di tecniche. Lo scambio «orizzontale», che vede la cittàprotagonista nel mettere in circolazione la cultura gastronomica del territorio, è costantementesupportatodaunoscambio«verticale»(tramondocontadinoecittà)chenerappresentailnecessariopresupposto:ciòevidentementeriguarda iprodottidell’agricolturaedell’allevamento,maanche lericettedicucina.Soloun’immaginepreconcettaefrettolosadellacosiddettacultura«subalterna»puòfarci credere che l’elaborazione gastronomica sia prerogativa esclusiva delle classi dominanti.L’invenzionenonnascesolodallussoedalpotere,maanchedalbisognoedallapovertà(èquestoinfondoilfascinodellastoriadellacucina:scoprirecomegliuomini,conillavoroeconlafantasia,hannocercatodi trasformare imorsidella famee leansiedellapenuria inpotenzialioccasionidi

piacere).Letecnicheelaborateinperiodidicarestiaperrenderecommestibileogniminimarisorsadelterritorio,lacapacità–dicuiciraccontanotantecronachemedievaliemoderne–difabbricareilpane utilizzando bacche selvatiche o acini d’uva, di mettere insieme una zuppa con radici delsottobosco ed erbe dei fossi, testimoniano non solo le difficoltà di una vita quotidiana sempre arischio di sfociare nel dramma, ma anche le risorse mentali di una popolazione che, anche neimomenti di maggiore tensione, scommette sul futuro armata soprattutto di esperienza, abilità efantasia – in unaparola, dicultura. «Lapoveragente – si legge in una cronaca, a proposito delladrammaticacarestiacheafflissel’Italianel1338–mangiavaicardicotticolsaleeleerbeporcine.Tagliavano la gramigna e le radicine dei cardi marini e le cuocevano con la mentella»3. Comepotremmonegareatuttociòlaqualificadi«gastronomia»?Unagastronomiadellafame,certo,nonprivaperòdisueregole,dinormesuggeritedalsaperecomuneeinqualchemodocodificatedagliusicollettivi.IlChroniconParmenseci informacheneppuredurante lacarestiadel1246,quandoilpanesi facevacon isemidi lino«esembravabuonissimo», icittadinidiParmavollerorinunciarealleamatetorte–ungeneregastronomicoalloraingrandevoga–puraccontentandosidiprepararlequasisenzaripieno,accumulandounosull’altro,conunpo’dierbeeradici,stratidipastasemivuoti:«esifacevanotorteconduecroste,econquattro,econcinque»4.

Iltemadellafamenonappartienealpassatoremoto,ancheseappareoggisottounalucediversa.Osservandoicomportamentialimentaridegliitalianivienespontaneoconsiderareildeficitcaloricocome un fenomeno episodico, di marginalità sociale, legato a carenze non imputabili né allaproduzione né alla distribuzione. Eppure, la primametà del Novecento è caratterizzata da fasi disottoalimentazione coatta imputabile alle guerre, particolarmente acuta fra il 1940 e il 1946 epudicamente definita «razionamento». I maggiori squilibri fra richiesta e rarefazione dei beni diconsumo,talidacoinvolgeremilionidipersone,sonorecenti,conlaperversaparticolaritàditoccaremaggiormente le realtà urbane, proprio quelle apparentemente più protette da riserve e conserve,amministrate dagli uffici annonari.Nella cucina di guerra si ritrovano tutti gli ingredienti classicidella cultura della fame: sostituzione di derrate con succedanei, recupero degli scarti e dosaggiodegliavanzi,riformulazionedellericetteapartiredellediminuiterisorse,osservanzadellaritualitàformale e dell’ordine delle imbandigioni.Ma dovremo aggiungere a questi aspetti anche l’assillogastronomico:pertuttoilconflittononcessalapubblicazionediricettari,diguidealbuonusodelletessere e dei pochi beni in commercio, destinate a rendere accetta la penuria e a insegnare comesupplirviconl’ingegno.Denutrizione,deficitvitaminico,malnutrizione,sottoalimentazionecronicasonoalcunidegliaspettidiunastoriachenonesitiamoadirecontemporanea,caratterizzatadagravirecessionieconomicheedapolitichebellicose,tuttiaspettichehannoinfluitoinmodosignificativosulcarattereriparatoriodeimodelliculinariaffermatisinell’ultimocinquantennio.Ancheilventrehaunamemoriaenondimenticheremodifornirealcuneindicazioniperunastoriadell’appetito.

I segni di una cultura gastronomica costruita dietro l’assillo della fame sono più che evidentiancheneimodellidiconsumoelitarieneiricettaridialtacucina:nefannoparte,inprimoluogo,letecniche per conservare a lungo i cibi, forse il primo «valore» alimentare riconducibile all’areasocialedellapovertà(cherichiedeanzituttosicurezza).Mapiùingeneralesonomolti iprodotti, lericette, i sapori che ci fanno percepire un «retrogusto» popolare, nonostante le opposizioni diprincipio,percosìdireideologiche,fracucina«perricchi»ecucina«perpoveri»–unadistinzionerimasta per molti secoli fondamentale nella cultura e nell’immaginario collettivo. Basta qualcheaggiustamento nelle forme, nei modi d’uso, negli accostamenti, per ribadire una differenzacomunqueincolmabile:se l’agliovienemescolatoconcostosespezieorientali, lasuaimmaginediaromacontadinonerisulteràprofondamentemodificata;seunapreziosasalsaalburroinsaporiscela

patata, chipotrà riconoscere il carattere«originale»diunprodotto legatoadrammatiche storiedicarestiaeallanutrizionedeglianimali?Ancora:seunciboessenzialenelbilanciocaloricodelladietacontadina – la polenta, la minestra – fa mostra di sé nel menù in chiave accessoria, comecomplemento a qualcosa di più ricco e prezioso (per esempio, come contorno a un arrosto dicacciagione),chipotrànegarechesitrattidiunasemplicecitazione,diunaripresainchiavedipuracuriosità–percosìdirefolclorica–diqualcosacheappartieneaunaculturadiversa?Eppure,tuttociò sta a dimostrare uno scambio sistematico di informazioni tra i diversi strati della società. Némancano«ritorni»insensoinverso:larielaborazionedellericetteinambitosociale«alto»metteincircolo,arricchisce,modificalerealtàdibase,condizionandoasuavolta,perimitazione,imodellidicomportamentodeiceticosiddettiinferiori.

Questi fenomeninonsonofacilidaesaminare,data ladiversitàdegliattoriedei linguaggi,maforsesipuòriconoscerenellafiguradelcuocounodeipunti-chiavedelmeccanismodiinterscambioculturale. Spesso di bassa estrazione sociale, egli lavora presso i ceti alti; porta con sé la propriacultura,rielaborandolainbaseaesigenzealtre;laritrasmette,cosìmodificata,agliambitisocialidacuiproviene.Nellecittà,nonsoloicuochidomestici,maanchepubblicirosticcieriefornai–nellecui botteghe molti si servono – costituiscono una sorta di «filtro» tra culture diverse, offrendooccasionifavorevolialloscambio.Intuttiquesticasi,comescriveReborariferendosiinparticolarealMedioevo,«lacucina,piuttostocheun’invenzionedelleclassidominanti,èunbisognodellestesse,soddisfatto con l’arte dei popolari»5.Nelle città, del resto, le differenze sociali non impedirono –almeno fino alSettecento–unapromiscuitàquotidiana tranobili, borghesi e popolani, separati inmodo rigido quanto a diritti, privilegi e prerogative, ma fisicamente mescolati nei palazzi diabitazione,neiquartierienellevie.

Lo scambio fra culture socialmente diversificate non si limitò tuttavia alla città. Esso dovettetrovareunsuospaziod’elezioneinquel«sistema»città-territoriosulqualeabbiamogiàinsistito,oincontestialtrettantosignificativiqualidivoltainvoltapoteronoesserelacurtisdell’altoMedioevo,lasignoriamonastica,la«masseria»dellecampagnemeridionali.

Attraverso questi scambi verticali e orizzontali si costruirono, nel corso dei secoli, le identitàalimentari delle campagne, delle città, delle regioni italiane. Identità frutto della storia e perciòmutevoli, continuamente rimesse in gioco, continuamente ridefinite in base a esperienze semprenuove. Identità diverse nello spazio, nel tempo, nel gruppo sociale di riferimento, ma rivolte aun’esperienza comune, a un’unica immagine – essa stessa costruitasi a ritmo lento, con successiviadattamentieaggiornamenti–chenonsapremmoaggettivaresenoncome«italiana».Delresto,cosìlachiamanoidocumenti–edunque,lapercepisconogliuomini–apartirealmenodaisecolicentralidelMedioevo.

Questa immagine è tutt’altro che scontata. L’aggettivo «italiano» o la locuzione avverbiale«all’italiana»attribuitialnomediunpiatto,dipastaodipasticceriaodiqualsivogliaaltraspecie,nonsono denominazioni tipiche di un repertorio che preferisce il risotto «alla milanese», la bistecca«fiorentina» e la pizza «napoletana». Si può anzi dire che gli epiteti evocanti la nazionalitàappartengano a unmodo di vedere esterno, e troveremmo gli «spaghetti all’italiana» più naturalinellaboccadiunostranieroinunpaesestraniero.Questoeffettodelregimediscambiohaoggiunparticolarevaloreinquantolaterritorialitàdelnostromodellogastronomicosiestendebenaldilàdeiconfinipolitici.Esisteunpaeseconisuoiprodotti,maalcunidiquesti,iformaggi,sonoreplicatidalla secondametà dell’Ottocento inArgentina6. L’Italia ha le sue ricette, che sono riconosciute eripetutenellecaseeneiristorantidelmondointero.Lasuacucina,chealpropriointernoriproponetutte le diversità originarie, non deve nemmeno dare la caccia a derrate d’importazione e a

ingredienti autentici, perché imercati urbani delle grandi città dei due emisferi vi suppliscono datempo.Ipiattiincuisiconcretizza,pasteepizze,sonotraisegnipiùriconoscibiliecontribuisconoadaredell’Italiaunaimmagineunitaria,coerente,tantomaggiorequantocresceladistanza.Amigliaiadichilometri,essaesistedavvero,conunaidentitàinconfondibilesoprattuttoatavola.

«Checos’è lagloriadiDante,appressoaquelladeglispaghetti?»sichiedePrezzolininel1954constatando che le paste sono«penetrate inmoltissime case americanedove il nomediDantenonvienemaipronunziato»7.Riformulandoquestadomandaoggi,tuttalasuaportataprofeticabalzaagliocchi così come la sua pertinenza in un dibattito sulla nozione di identità alimentare. Nessunparadossodietroilconfrontodiquestiduetermini,iversideipoetieicibideicuochi,maunmodonuovodicercareunpuntod’incontrofralecomponentiinnumerevolidiunaciviltà.Spaghettiepizzaappartengonoaunpatrimoniodisseminatoinognipartedelmondo,propriocomelosonoilibri,maadifferenzadiquestisonoimmediatamentericonoscibilieallaportataditutti.Rappresentanoquellacultura artigianale e commerciale che è gusto e manualità, che ricostituisce, con l’imitazione equalchereminiscenza,unsapere,aqualsiasidistanzaessosianato.Lacucinaèforseun’arteilletteratama sopravvive grazie anche allamemoria di un saper fare, di quello che non è stato perduto e diquellocheandràricordatoperiscritto,eperquestaviahaunruolocivilizzatore.Seilletteratononhadirittodiprecedenzasulcuoco,nélasuavisionedelleartihaunaparticolareefficaciaincucina,ilsuoruolononèmenoimportante;oltrealloscambiodiprodotti,dipiatti,digusti,c’èanchequellodiscrittureediricette,vivacedatempimoltolontani,vitaleperilbuongusto.Infondo,neglispaghetti,senzaessernecoscienti,simasticaqualcosadiDante.

I.L’Italia,unospaziofisicoementale

1.«Marenostrum»Salsicce lucane,prosciuttodellaMarsica, cinghiali toscanieumbri.AnguilledelGardaedello

stretto di Messina, spigola del Tevere, orate del lago Lucrino, murena dello Stretto, rombo diRavenna,saragodiBrindisi, riccie fruttidimarediMiseno,diAltinoediTaranto.FormaggideimontiVestini, diTrebula inSabina,diSarsina (a formapiramidale),diLuni (enorme),diCeba inLiguria. Rape diNorcia, navoni di Amiterno, rafano deimonti Albani; cipolle diMarsi, Pompei,Tuscolo (piccolema dolci); asparagi di Pozzuoli e (coltivati) diRavenna; cardi siciliani, porri diTaranto e di Ostia; cavoli di Ariccia (a foglie strette), del Bruzio (grandi, piccanti), di Cuma ePompei. Fava marsicana, lenticchie di Gela. Olive ripiene del Piceno. Olio di Venafro. Semolacampana. Pane e dolci del Piceno. Sale di Ostia. Vini del Piceno e della Sabina, di Sorrento, diFalerno…

Non si può certo dire che gli scrittori latini (Catone, Columella, Plinio, Varrone, Marziale,Orazio,Persio…)sianoavaridinotiziesuprodottiespecialitàgastronomichedi localitàcheoggidefiniremmo«italiane»:quellioravistisonosologliesempipiùnoti1.Malageografiamentaleditaliriferimentinonèl’Italia:altrisonoiluoghi,altriimiticuifannoriferimentolaculturagastronomicae l’ideologia alimentarediRomaantica: il sognoarcadicodell’autarchia familiare (l’orticello cheassicura cibo onesto e frugale) e quello di Roma caputmundi, mercato universale dove tutti gliorticellisiconcentrano,doveognirisorsanaturaleoinventatadall’uomosipuòtrovare,comprare,mangiare.Laprimaimmaginevuoldireattaccamentoaunagastronomia«locale»–apertaappenaaidintorni,aiviciniterritori«italici»–incuiRomarinvieneleradicidellapropriastoria;laseconda,contrappostaespeculareall’altra,significaun’economia-mondocheinmassimapartecoincideconl’arealemediterraneo, centro indiscusso dell’universo conosciuto. «Come ranocchie attorno a unostagno»erano i greci, secondoPlatone2; la cosa valeva unpo’ per tutti i popoli delMediterraneo.Roma, padrona del mondo, li mette insieme con la forza e fa di quel mare quasi un lago:marenostrum.

Formidabilemelting pot di culture (anche gastronomiche), il Mediterraneo imperiale contienetutteledifferenzecheloattraversanoeleproiettainuncircuitodiscambiochelefatuttegravitaresulla capitale, gigantesco emporio commerciale, formidabile centro di consumi. In questo imperononsicancellanoleidentitàculturalieterritoriali,maRoma,che,rispettandole,leassorbetutte,nonha tempopercostruirnedinuove.L’Italia romana,politicamentecompatta, rimane irriducibilmente«altra»rispettoalsuostessoprincipiounificante:Romanonsiidentificòmaiconilpaesechel’avevavistanasceree«preferìl’imperoall’Italia»3.

2.DalMediterraneoall’EuropaUnanuovanozioneculturaleegeografica,quelladiEuropa,nasceapocoapocodurante l’alto

Medioevo, grazie alla confluenza di due culture fino ad allora contrapposte, la romana e lagermanica.Culture,anchedalpuntodivistaalimentare,assaidiverseeapparentementeincompatibili:mentrel’ideologiaromanacontinuava–sulmodellodiquellagreca–aidentificarenelgrano,nellavite e nell’olivo i simboli e gli strumenti di una civiltà cittadina e agricola, i popoli germanicivivevanoinstrettasimbiosiconlaforesta,dacuitraevano,conlacaccia,lapastoriziaelaraccolta,granpartedellerisorsealimentari.Laculturadelpane,delvinoedell’oliosiscontravaconlaculturadellacarne,dellatte(otutt’alpiùdellacervogia)edelburro–cheimplicavaundiversoequilibriotrauomoeambiente,undiversomododipensareediusareilterritorio4.

Perlungotempotalimodellialimentarieranostatiilsegnodiduediverseciviltà,unadellequali– la romana – disprezzava l’altra come inferiore e «barbara». Ma quando i «barbari» feceroirruzionenell’imperoeapocoapocoseneimpadronirono,prendendoinmanoleredinidelpotere,lalorocultura(anchealimentare)siaffermòedivenne«dimoda»,comesempreaccadeaicostumidivita dei vincitori (l’Americanway of life delXX secolo insegna). Cacciare e pascolare bestie nonfurono più ritenute attività «incivili» o addirittura sconvenienti, anzi diventarono il pernodell’economia.Nellostessotempo,anchelatradizioneagricolaromanasidiffusefrai«barbari»,siaperilprestigiochequellatradizionecomunqueconservava,siaperiltramitedellafedecristiana,essastessaemergentee,percosìdire,«allamoda»neiprimisecolidelMedioevo:nonpercaso,infatti,ilcristianesimo, cresciuto nell’ambito culturale mediterraneo, aveva assunto come propri simbolialimentari proprio il pane, il vino e l’olio della tradizione greca e romana (i primi due, divenutistrumentidelmiracoloeucaristico;ilterzo,utilizzatopersomministrareisacramenti).Dall’incrociodiquesti percorsiprese avvionelMedioevounacultura alimentarenuova, cheoggi riconosciamocomeeuropea:essamettevasullostessopianoilpaneelacarne,l’attivitàagricolaequellapastorale-venatoria.Iduemodellialimentarinonfuronopiùilsegnodiopzionicontrapposte,macomponentidiverse di un medesimo sistema di valori. Il pane, il vino e la carne (soprattutto il maiale,protagonista primario dell’economia della foresta) furono i principali elementi costitutivi dellanuova identità. Gli obblighi liturgici fecero il resto, imponendo a tutti i cristiani l’alternanza del«grasso»edel«magro»neidiversiperiodidell’annoogiornidellasettimana,eperciòaccelerandola commistione degli usi gastronomici, l’alternanza di cibi e condimenti diversi (carni e pesci evegetali,lardoeolioeburro)sullestessetavole,atuttelelatitudinidelcontinente.

Lanuovaciviltàalimentarenonsiformòsoloperaggregazione,unificandoilpercorsoculturaleromano-cristiano con quello germanico,ma anche per esclusione: nel frattempo, infatti, ilmondonon-cristiano, l’Islam, aveva sviluppato sulle sponde meridionali del Mediterraneo una diversaculturaalimentare,incuiilvinoeilmaialeeranoesclusicomeimpuri;noncosì,certo,ilpane,chetuttavia inambito islamico rimaseunalimento fra i tanti,ben lontanodagli straordinari significatisimbolicichecominciaronoacaratterizzarlonelleregionicristiane.Attraversotalivicende,sistemidiconsumoeusidicucinasiridefinirono:sispezzòl’unitàculturaledelMediterraneo,qualeRomal’avevaavivaforzacostruita,eilmarenostrumsitrasformòinunmarediconfine.Nonchefosserocessatiicommercitraunaspondael’altra5:lapirateriasaracenanonimpedìmaiallemerciorientalidiarrivareinEuropa,eanzi–grazieaglistessiarabi–questiscambis’infittironoulteriormenteneisecolidell’altoMedioevo:nevedremosignificativiesempineiprossimicapitoli.Dopol’avvio,sulfiniredell’XIsecolo,dellespedizionicrociateinTerrasanta,laviamarittimaall’Orientesispalancò

ancoradipiù.Ma,appunto,sitrattavadiaprire–omantenereaperte–viecommerciali.Diportareasé–all’Europa–prodottichevenivanodalontano:Venezia,divenutaauncertopuntolamaggioreporta commerciale dell’Oriente, agiva da centro di smistamento, rovesciando le preziose merciorientali (le spezie e tutto il resto) nel cuore del continente. I prodotti circolavano attraverso ilMediterraneo,marivoltialtrove,fuoridiesso.

Certo, le regioni meridionali dell’Europa continuavano a respirare una loro specificità«mediterranea».L’anticomeltingpotèchiaramenteavvertibilenelraccontodiGiovannidiSalisbury(XIIsecolo)che,peresemplificareglieccessidiostentazionedei ricchidel suo tempo, ricordaunbanchetto – a cui egli stesso aveva partecipato in casa di unmercante pugliese – durante il qualeapparverosullatavola«ipiùprelibatiprodottidiCostantinopoli,diBabilonia,diAlessandria,dellaPalestina,dellaTripolitania,dellaSiriaedellaFenicia,quasinonbastasseroiprodottidellaSicilia,dellaCalabria,dellaPugliaedellaCampaniaadallestireundelicatoconvivio»6.Ancheigusti,imodidicucinaredelleregionidelSudnonsiconformaronomaitotalmenteagliusidelcontinente:propriola contiguità almondo arabo (che nel corso delMedioevo giunse a comprendere, in Spagna e inSicilia, anche fette significativedell’Europa) reseparticolari, diversequelle cucine.Magli apportiarabinontardaronoaraggiungereil«continente»,disegnandounquadrodigustialimentarichefinìpercaratterizzaretuttal’Europa,finoallaGermaniaeall’Inghilterra:èsoprattuttoinquestoquadrochesicollocanoleculturegastronomichedelSud,essestesse,peraltro,ampiamentecondizionatedaapportisettentrionali(superfluorichiamarelapresenzadeivisigotidiSpagnaodeilongobardi,epoidei normanni, dell’Italia «mediterranea»). Insomma, appare evidente – pur fra significativepersistenze di modelli antichi – l’enuclearsi nel Medioevo di un nuovo equilibrio economico ementale,diunnuovo«spazioculturale»cheabbiamogiàdefinitocomeeuropeo.

Naturalmente ciò riguarda soprattutto l’alta cucina. Un profondo e inevitabile «localismo» deiconsumi rurali si contrappone (e si contrapporrà a lungo nei secoli) a questo «cosmopolitismo»dello spazio gastronomico europeo, sorta digotico internazionale della cucina, evidente ancora –nonostante i cambiamenti intervenuti nel frattempo – nei ricettari che sul finire del Medioevoappaionounpo’ovunquenelcontinente.

3.Dall’Europaall’ItaliaAll’interno dell’Europa –dopo l’Europa – a poco a poco si delineano diverse culture, lingue,

«nazioni». Fra di esse l’Italia, la cui identità si afferma tra molte contraddizioni ma in modochiarissimoe,tuttosommato,rapido.Inciòlaaiutavailfattodinonessere,inassoluto,unanovità:almenosulpianogeografico,unanozionedi«Italia»esistevafindall’antichitàesieramantenuta–anzirafforzata–nelMedioevo,compliceildegradodimoltestradetracciatedairomaniattraversoleAlpi, le quali sempre più vennero avvertite come confine «naturale» di un’entità fisica«naturalmente» compresa e protetta a sud di esse.Gli scrittori del primoMedioevo riprendono lanozione imperiale di un’Ytalia suddivisa in province, secondo il modello imperiale romano, némancano, in questa determinazione territoriale, elementi legati al patrimonio alimentare egastronomico:quando,nelVIsecolo,ilgeneralebizantinoNarsetesollecitailongobardialasciarelaPannoniaperentrareinItalia,liallettadecantandolafertilitàdelpaeseemandandoloro,attraversodegliambasciatori,«molticampionidifruttaedialtriprodottidicuil’Italiaèfeconda»7.QuestaItaliaè,comunque,essenzialmenteun’entitàgeografica,chedivoltainvoltasitendeafarcoincidereconentitàpolitiche(ilregnumItaliae)soloinpartecoincidenticolterritoriopeninsulare.SoloneisecolicentralidelMedioevo–a iniziaredall’XI-XII–cominciamoascorgereisegnidiun’identità(veraperchépercepitacometale)determinatanontantodaappartenenzaterritorialequantodauncomunesentire,daunasolidarietàdiculturaedimodidivita.ComehascrittoLeGoff,«lerealtàpoliticheementali del Medioevo italiano sono, ben più che l’Italia, gli italiani»8. A qualcosa del genere siriferisceSalimbenedaParma,ilfratecronistachenelXIIIsecoloosserva:«ivinirossidiAuxerrenonsonocosìbuonicomeivinirossiitaliani»9.

Èveroche,ancoranelTrecento,iricettaridicucinapaionomuoversiinunalogicapiù«europea»che «italiana»: le denominazioni dei piatti – nei pochi casi in cui compaiono – rimandano all’usoteutonico o yspanico, di Francia o d’Inghilterra (per non parlare dei piatti di evidente ascendenzaaraba)nonmenodiquantorichiaminousilocalidellapenisola.Questiultimituttavianonmancano,esonodecisamentepiùprecisi,riferendosiarealtàregionaliocittadinetracuievidentementeesistonorapporti di scambio e di conoscenza reciproca. IlLiberde coquina – il più antico libro di cucinaitaliano,chesipresumescrittoaNapolisulfiniredelXIIIsecolo–proponeunaricettadicavoliadusum Romanorum, delle «foglie minute» (ancora, probabilmente, cavoli) ad usum Campanie, deifagioli«all’usodellaMarcadiTreviso»;eancora,unasimulapugliese,unatriagenovese,unatortaparmesana (espressione sulla quale bisognerà tornare) e un compositum lonbardicum ovvero lamostardacheoggichiamiamodiCremona10.Nonmancanoaccennicomparativi,checonfermanolasostanzialeconcretezzadeiriferimenti:unavoltadescrittoilcompositumall’usotedesco,l’autoredeltestoavverteche«secundo i lombardivisipossonoporredeigambussi» (forse cavoli cappucci)11.Altriricettaritrecenteschiricordanoil«pastelloromano»12,latorta«diLavagna»,ilsalediSardegnao–inalternativa–diChioggia13.

Qualecreditopossiamodareatalidenominazioni?Ammettiamopureche,intanticasi,sitrattidiintitolazionioccasionaliocelebrative,pococredibilisulpianogastronomico.Èbenpossibile–peresempio–chela«tortalavagnese»nonsiriferiscaaffattoaunapreparazionegastronomicaligure,ma celebri l’ascesa al soglio pontificio di Sinibaldo Fieschi dei conti di Lavagna: lo sostiene,credibilmente,GianniRebora,attentoacoglierenelleintitolazionidellericettemedievaliascendenze«guelfe» o «ghibelline» più o meno esplicite14. In altri casi la definizione geografica appare piùattendibilesulpianogastronomico,manonèquesto,inrealtà,chequiimportasottolineare,bensìil

fattochetalidenominazioni–aprescinderedalrealesignificatodiciascunadiesse–testimonianocheingeneralesicredevaall’esistenzadispecialitàlocali;comescriveFlandrin,«qualechesiastatalaveraoriginalitàdellecucinenazionalieregionali,èchiarocheicontemporaneiledistinguevanoleunedallealtre»15.Altrettantochiaroèche,all’internodellapiùgrandekoinéeuropea,unaparticolareattenzione si prestava alla dimensione «italiana» della cultura gastronomica, nelle sue molteplicivariantilocali.

Che questa cultura «locale» fosse in qualchemodo condivisa, e che ciò di fatto significasse lanascitadiuna«cucinaitaliana»intesacomeambitocomunediscambiofrarealtàdiverse,èattestato,più che da qualsiasi considerazione sulle denominazioni delle ricette, dall’effettiva circolazione diquei testinel territoriodellapenisola,apartiredadueareeprincipalidi irraggiamento individuatenel regno angioinodiNapoli e nellaToscana comunale.Quasi certamente aNapoli, sul finire delDuecento o agli inizi del Trecento, fu scritto il Liber de coquina, capostipite della letteraturagastronomica italiana, sulla «meridionalità»del quale– sostenutagiàdaMarianneMulon, cheperprimapubblicòiltesto16–nondovrebberopiùesservidubbi17,dopolepuntualiosservazionidiSadaeValente,basatesuaspettiformali(moltevocilinguisticheappartenential«fondodialettalecomunedel Mezzogiorno d’Italia» con particolare accentuazione degli elementi napoletani e pugliesi) esostanziali(prodottiericette,dicuiparleremonelprossimocapitolo)18.Ciònontogliecheiltestosiaespressionediunacultura sincretistica,di stampo internazionale, comequella chevigevaallora inEuropa e che, nel caso dell’Italia meridionale, si mostrava particolarmente sensibile agli apportiarabi.Da questo testo derivano, con adattamenti più omeno sensibili a diverse realtà regionali, ilLibrodellacucinadiAnonimotoscano,compilatoversolafinedelXIVsecolo19,enumerosealtre«varianti» che Bruno Laurioux ha pazientemente inseguito negli archivi europei, giungendo allaconclusioneche«ilLiberdecoquinaèstatoutilizzato,nellesuediverseincarnazioni,finoallafinedel XV secolo ed è stato conosciuto in tutta l’Italia, e anche fuori della penisola, in Francia e inGermania»20.Unafortunaeuropeachesispiegaanchetenendocontodellalingua«internazionale»–illatino–incuiiltestofuscritto.Perquantoriguardal’Italia,l’ampiezzageograficaecronologicadi questa diffusione è il segno – e in parte lo strumento – di una cultura gastronomica non certoomogenea,maampiamentecondivisa.

Lo stessovale per la seconda«famiglia» di ricettari due-trecenteschi, il cui capostipite sembracollocabileattornoal1338-39,probabilmenteaSiena21.Nonpiùunacortecomequellanapoletana,dunque, bensì un comune cittadino a forte impronta «borghese» – aggettivo da usare con moltacautela in un contesto sociale come quello delle città italianemedievali, che vedevano fortementemescolati, nell’esercizio del potere ma anche nei modelli culturali, le famiglie della nobiltàtradizionale e i nuovi ceti legati al commercio, all’artigianato, alle professioni. Ma è piuttostosignificativoche,alcontrariodeiricettaridistampoangioino,esplicitamentedestinatiaunpubblicoaristocratico,disignori22,quellididerivazionetoscanasirivolganoinveceaunabrigatadiamici,i«dodicighiotti» (XIIgentilihominigiotissimi,XIIricchigoditori) più volte richiamati nelle ricetteconun’insistenzasullanozionedi«ricchezza»chenonrimandacertamenteallanobiltàtradizionale,maallanuovaaristocraziadeldenaro23.Nonlacorte,malacasaèilpuntodiriferimentodiquestosecondogruppoditesti.Altrettantosignificativaèlaprecisione–tutta«borghese»nelsuoriferirsiaquantità,costi,previsioni–concuitali testifornisconoledosiesattedegli ingredientidellericette,mentreilLiberdecoquinaeiricettarichenederivanononscendonomaiindettaglidiquestogenere,limitandosiaindicazionipiù«libere»chepresuppongonodirivolgersiaprofessionistidelmestiereanzichéacuochidomesticio,perchéno,a semplicicuriosi,comequellicheanchealtre fonti (peresempio, le novelle) ci assicurano essere avidi lettori di manoscritti culinari24. A differenza dei

ricettari del primo gruppo, questi ultimi non uscirono mai dall’Italia; in compenso, rimasero incircolazioneassaipiùalungo–finoalXVIsecolo25–coprendolapenisolaintutteledirezioni:dallaToscanaaBologna,dallaLiguriaalVeneto(senecontaunaversioneindialettoveneziano),finoalleregionidelSud26.

ApartevaconsideratoilFaitdelacuisine,importantericettariocompilatodaMaestroChiquart,cuocoallacortedeiSavoianelXVsecolo27.Sitratta,infatti,diun’operaestranea,nellasostanza,allacircolazione «italiana» dei libri di ricette, riconducibile piuttosto all’ambito francese anche se,indubbiamente, con una funzione di «ponte» tra le due aree culturali. Vedremo come questamarginalitàdelPiemontenellastoriadellacucinaitalianasiadestinataadurarealungo.

4.Ladefinizionequattrocentescadel«modelloitaliano»Nella seconda metà del Quattrocento l’ambito «italiano» dei riferimenti culinari è ormai

compiutamentedelineato:èquesto ilquadromentale incuisimuoveMaestroMartinodeRossi, laprima«firma»importantenellastoriadellacucinaitaliana,acuisideveunLibrodeartecoquinariache costituisce un vero salto di qualità (contenutistica oltre che formale) rispetto alla precedenteletteratura sul tema. Ticinese di nascita, della valle di Blenio, egli è espressione di una culturainterregionale che attraversa l’intera penisola: lavora prima in Lombardia alle corti di FrancescoSforza e diLodovicoTrevisani, poi aRomaal serviziodel patriarcadiAquileia, poi di nuovo alNord,afinedellacarriera,conilcondottieroGianGiacomoTrivulzio.Nonèneppuredaescludersiuna sua presenza a Napoli: qui, secondo alcuni, sarebbe maturata la formazione professionale diMartino28, ciò che spiegherebbe i frequenti «meridionalismi» della sua cucina e, in particolare,l’influenzacatalana (chealtri spieganopiùsemplicementecon il«cosmopolitismoculinario»dellacortepontificia)29.InognicasoilLibrodiMaestroMartino–scrittoforseaRomanel1464-65,epoi«aggiornato» in successive versioni di cui fortunatamente restano i manoscritti30 – haun’impostazionefortemente interregionale,contribuendo inmanieradecisivaalladefinizionediunmodello«italiano»dicucina.IlricettariocontinueràacircolarefinoallametàdelCinquecento,poiseneperderannoletracce–almenoinapparenza,perchénelfrattempo,avvalendosidell’invenzionedellastampa,taleGiovannide’Rosselli«francese»(daalcuniidentificatoinunpersonaggioincarneeossa,daaltri ritenutonientepiùcheunfantasmaeditoriale)31neplagiava il testo riproponendolocol titoloOpera nova chiamata Epulario e ottenendo uno straordinario successo di vendita: benventidueedizionifinoametàdelXVIIsecolo.

Sonopochi, tuttavia, nel testodiMartino– tutto teso a elaborareunametodologiadi cucina, aesporrecriteridisceltaeproceduredipreparazione–iriferimentiesplicitiaquestaoaquell’altratradizione regionale o cittadina: si segnalano solamente alcune ricette «alla romana» (coppiette,cavoli,maccaroni)e«allafiorentina»(uova),una«tortabolognese»,una«tortaallasenese»e,inunosolo deimanoscritti superstiti, un gruppo di specialità «genovesi» (piperata, maccheroni, zucche,funghi,tortadispinaciedicipolle)32.

Più fitti sono i riferimenti a ricette e (ancor più) a prodotti locali nelle pagine dell’umanistaBartolomeoSacchi,dettoilPlatina,cheaRomaconobbeMartinoeconlui,probabilmente,condivisela stesuradelLibro, producendosi a sua volta nella scrittura di un trattato «sul piacere onesto e labuonasalute»(Dehonestavoluptateetvaletudine).Sulpianostrettamentegastronomico,ilrichiamoaMartinoèdirettoedesplicito33;illavorodiPlatinahatuttaviauntagliodiverso,perchéinquadralericetteinunpiùampiocontestoculturaleescientifico,soffermandosisulruolocheciascunavivandapuòoccuparenel«sistema»culinario,dalpuntodivistadieteticoeconviviale.Lasuaattenzionesispostaperciòsuiprodotti,fornendocinumerosiesistematiciriferimentiarealtàlocali:edèquicheilsuo abitomentale si rivela figlio di una cultura inequivocabilmente «italiana», legata a esperienzepersonali e a circuiti di scambio commerciale estesi all’intera penisola. I rimandi geografici sonosoprattuttoalleareedicuiPlatinahaesperienzadiretta: la regionepadana,dicuièoriginario (eranato aCremona), e quelladell’Italia centrale, fraToscana eStatopontificio, in cui opera.Manonmancanoprodottiospecialitàdialtrezone,dallaLiguriaallaCampania,dalPicenoallaPugliaallaSicilia:edeccoilpersicodellagoMaggiore,lesardelleeicarpionidelGarda,iltemolodell’Adda,legallinepadovane,leolivediBolognaedelPiceno,ilrombodiRavenna,lalascadelTrasimeno,lecarotediViterbo,lespigoledelTevere,i«roviglioni»egli«agoni»dellagodiAlbano,lelumache

diRieti, i fichi diTuscolo, l’uvadiNarni, l’olio diCassino, le arance diNapoli, lemurenedelloStretto;fraicerealisicitanoilpanìcolombardoeilmigliocampano.Eancora:mielediSiciliaediTaranto,zuccherodiSicilia.Fra ivini, ilclassicoFalernoequellidella riviera ligure, ilGrecodiToscana(SanGimignano)ediSanSeverino(colliLucrini),ilTrebbianodiToscana,ilPiceno.

Talvolta i riferimenti sono derivati da autori classici – per un umanista come Platina sarebbeimpensabile ilcontrario–maanche inquesticasi le informazionisono«aggiornate»,arricchitedicommenticherivelanoesperienzeeconoscenzedirette.Peresempio,quandoparladelcavoloPlatinarimandaaCatonechenedistinguetrespecie,dicuiunadettaappiana:«cheparagonerei–aggiunge–allazeviana,fiorentenelterritorioveronese,eaquelladiCapranica»34.

Particolarmente significative le valutazioni di tipo comparativo. A proposito delle lamprede:«nell’Italiacisalpinasiprendonopiccole, inToscanadimediagrandezza,piuttostogrosseaRoma,nelTevere»35.Sulformaggio,ilcuipregio«èconnessoallelocalitàeaglianimalidacuiproviene»:in Italia «due varietà si contendono il primato: ilmarzolino, come lo chiamano i Toscani [...] e ilparmigianodelleregionicisalpine».Sulsale:«deveesserebiancoepulitocomequellodiVolterrainToscana»36. Sulle castagne: «un tempo erano apprezzate quelle di Taranto e di Napoli, oggi lemilanesi»37.

Interessantianche leprecisazionisudeterminatiusi locali.Sulpane:unavoltastesa la farinadifrumento su uno spianatoio, si deve fare «una sorta di argine chiuso da tutti i lati» e versarvi nelmezzo acqua calda e salata, «come in Italia sogliono fare i Ferraresi»38. Sul miglio: «se ne fa lapolentaeunpanedolcelargamenteusatofraiCisalpini»39.Sulcondimentodelleverdure:«Alcuni,per ovviare alla frigidità del cetriolo, vi spargono sopra spezie in polvere. I Toscani, ai qualipiaccionoinparticolareifruttieglierbaggi,divoranoilcetrioloserpentinoconunpizzicodisalesoltanto»40. Troviamo anche note sugli usi linguistici locali: il pesce gronco è chiamato «bronco»dagli abitanti diAnzio41; le carpe nel dialettomantovano si chiamano «bulbari»42. E via di questopasso.

5.«Listedellecose,lequaligeneralmentes’usanoinItalia»Introducendo il quarto libro della sua monumentale Opera, pubblicata a Venezia nel 1570,

BartolomeoScappispiegadiaverlodedicatoalle«listedellecosechesipossonoserviredimeseinmese, le quali generalmente s’usano in Italia, et massime nella città di Roma». Capitale dellacristianità,Roma–incuiScappioperainqualitàdi«cuocosecreto»delponteficePioV–continuaaessereanchelacapitaledelmercatoalimentare,nonpiùperòdiunmercato«universale»comequellodellaRoma imperiale,bensì solidamente incentratosuiprodottidellapenisola.Roma,adesso,vuoldireItalia,el’ItaliagastronomicadiBartolomeoScappi,aleggerlaconattenzionenellecentinaiadipagine del ponderoso ricettario, appare delineata come entità economica e culturalestraordinariamentecompattaeomogenea.Nonsololedettagliate«liste»dimenùdelquartolibro,mal’opera nel suo insieme è sostenuta da un respiro ampio, che, accentuando l’impostazionecomparativagiàpropostadaPlatina,disegnaun’immaginetendenzialmentecompletadelpatrimonioculinario«italiano»,consapevolmentepercepitocometaleecometalecomunicatoallettore.Ilfattostesso che per lungo tempo l’identità di Scappi sia rimasta incerta, e lo si sia potuto dire oraveneziano,orabolognese,oralombardo(finoallarecentescopertadiunalapidenellachiesadiRunodi Dumenza sul lago Maggiore, che sembra dare credibilità all’ultima ipotesi)43, testimonia lapoliedricità della sua cultura, la capacità di guardare in ogni direzione e di raccogliere usi etradizionidiverse,inqualchemisuraamalgamandolieriplasmandoli.

VisonotreItalienell’OperadiScappi:la«Lombardia»(cioèl’Italiapadana),l’Italiagranducaleepontificia, il «Regno» (cioè tutto il Sud, con la Sicilia). Tre città – secondo un’ottica tipicamenteitaliana–riassumonolaculturagastronomicadelle trearee:Milano(moltericette«alla lombarda»sono chiamate, indifferentemente, «alla milanese»), Roma, Napoli (anche in questo caso,«napoletano»o«delRegno»sonodicitureinterscambiabili).MaunruolosignificativospettaancheaVenezia, di cui Scappimostra di conoscere assai bene e per personale esperienza ilmercato e lacucina.Diversicomprimari(Firenze,Genovaealtrecittà«minori»)completanoilquadrodiun’Italiaterritorialmente e culturalmente diversificata, cui Scappi fa costante riferimento, sforzandosi dicomprendereesoprattuttodiconfrontare lediversità,oltreche leconvergenze.Anchedalpuntodivista linguistico: «Per fare diverse sorte di crostate, da Napoletani dette coppi, et da Lombardisfogliati»44;ilpescespigolo«indiversilochièchiamatocondiversinomi,chiamandosiinVeneziavaroli,e inGenova lupi, inRomaspigoli, inPisae inFiorenzaragni»45.Ma, soprattutto,Scappi simuove sul pianodegli usi alimentari e gastronomici.Per esempio, nel paragrafodedicato a come«conoscerelabontàdituttiicasci,tantofreschiquantosalati»,spiegachetraiformaggifreschisonoda preferire «quelli che si fanno in Toscana, che si dimandano raviggioli», anche se aMilano siimporta«diterratedesca»un«casciograsso»pernulladisprezzabile.Traiformaggisalati,«com’èilparmiggiano,etdiriviera[ligure],etmarzolini[toscani]»,vannopreferitiquelliprodottitramarzoe giugno; meno apprezzabili sono a suo avviso quelli «che sono portati a Roma dal Regno diNapoli», detti «casci cavalli», che consiglia di utilizzare soprattutto freschi, quando«sondi quellabontà,cheleprovaturefresche».Diquest’ultimoformaggiosi faampiousonellericettediScappicome ingrediente di molte vivande, così come è larghissimo l’uso – tra i formaggi salati – delparmigiano.Un’ultimanotazioneriguarda«quelcasciodanoichiamatosardesco»,che«vuolessersodo,etbiancodidentro»46.

Una variante significativa di questa percezione verticale della penisola è costituitadall’opposizioneest-ovest,importantesoprattuttoperildiscorsogastronomicosuipesci,chediviene

spesso occasione di un confronto fra i due mari che disegnano la penisola da nord a sud. Peresempio, a proposito delle seppie: «nelmareHadriatico se ne trovamoltomaggior copia che nelTirreno»47.Sullarazza:«senepiglianomoltenelmareHadriatico, lequalisonmoltomigliorichequelle delle spiaggie di Roma»48. E per le ostriche confronta quelle adriatiche di Ancona e diChioggiaaquelletirrenicheraccolteattornoall’isoladiCorsica49.Ilconfronto«verticale»tranordesudtornaaprevalerequandosi trattadipescid’acquadolce.Delle tinchescriveche«inMilanoneson portate dal lagoMaggiore e di Como grossissime [...] ma quelle che si portano in Roma diTagliacozzo,edallilaghidiVicoediSantaPresedasitengonoperlemigliori»,eccettuandoquelledifiume,inparticolaredelTevereedelPo,ritenutelemiglioriinassoluto50.Sulletrote:«quellediSora,ed’Arpinosonbuone;matiranoalcolornero;quellechesipiglianonelTesino,enelTevereson bianche, ma perfettissime; quelle che si pigliano nel lago Maggiore, e di Como songrossissime»51.Ancoraapropositodellatrota,Scappiproponeunconfrontotrailmodoincuisonosoliti prepararla i cuochi diMilano e quello, invece, seguito da «noi altri cuochi diRoma»52. Suigamberidifiume,ciinsegnache«inalcunilochid’Italianesonmoltogrossi,einMilanoassaissimi,esimilmentenelpaesediBrescia,ediVerona,manelfiumeSilo,chepassaperTrevigi[Treviso],eper tutto quel paese sonmolto più grossi degl’altri»;molto buoni sono però anche quelli «che sipiglianoinponteSalarepressoRoma»53.

Scappi fornisce anche notizie sui mercati del pesce (con frequenti confronti fra le piazze diVenezia, Milano e Roma) e sul commercio di prodotti conservati: «alcune sorti di pesci salati,conservati in foglie,et secchial fumo,etall’aere,et insalimora».Fraquesti icarpionidelGarda,che,unavolta«accarpionati»(frittiepoimessisottosaleeaceto),«siconservanoparecchigiorniesiportanoindiversilochiperItalia»;«inquestomedesimomodosipossonoaccarpionareipescidettitemere»,chesiprendonosoprattuttonell’AddaenelLambro,e«gliagonidellagodiComo,ed’altrilochi», che, salati, «son portati per tutta Italia»54. Degli agoni ci informa che viaggiano «salati inbarrili con sale grosso», mentre i sardoni «son portati dal mare di Genova, salati in barrili insalimoraindiversilochid’Italia»55.LostessoperleanguillediComacchio,«laqualeècircondatadivalli d’acqua salsa e se ne piglia gran quantità, e quelle son le migliori di qualunque loco diLombardia, e se ne portano delle salate per tutta Italia»56. Invece, il pesce buca e l’arientino «sonportati di Genova in alcuni lochi d’Italia accarpionati»57. Altri pesci riposano sott’olio, anche sequesta tecnica di conservazione pare destinata soprattutto al consumo locale: «Nel territorio diSabina,einquellodell’Aquila,ediTagliacozzoconservanomoltipescinell’olio,emaggiormenteletinche[...]esifannostareinsalepertregiorni,epiùomenosecondolagrossezza,esilavanoconvino,esipongonocosìintereinvettinepiened’oglio»58.

La lista dei prodotti «a denominazione di origine» citate nelle ricette o nei menù di Scappi èpiuttosto lunga, comprendendo oltre ai pesci59 alcuni generi di carne pregiata60, specialità disalumeria61, formaggi62, verdure63, frutta64, prodotti da forno65 e persino qualche cereale66. Tuttiprodotti destinati a viaggiare, si tratti di animali trasportati vivi dal luogo d’origine, di ortaggi ofruttiamaturazionecontrollata,dilatticinisemifreschiodivereeproprieconserve:inognicasoèilmercatoacostituire la tramadi fondodellaculturagastronomica,agarantire lacircolazionedellerisorseelo«scambio»delleidentitàlocali.

Che l’esistenza di questomercato favorisca anche lo scambio di ricette e di usi gastronomicinell’OperadiScappièpiuttostoevidente.Nonsitratta–ancoraunavolta–diinventareunacucinauguale per tutti: così come non esistonoprodotti «italiani» (fra le indicazioni del nostro abbiamorinvenuto solo un «orzo mondo italiano» distinto nell’uso di cucina da quello «tedesco»),analogamente non esiste una cucina «italiana» ma un incontro di tradizioni diverse entro un

medesimocircuitodiscambi.Fra lemoltecentinaiadiricettefornitedaScappi,unasolaèdefinitaall’italiana:«pezzid’ombrinainpottaggioallaItaliana»,suggeritinelsecondoserviziodicucinadiunacenaestiva67.Apartequestaeccezione,èchiaroche«Italia»èlasommaditanterealtàlocali,lakoiné in cui si parlano diversi dialetti, ovvero lingue (e cucine): se a una cena si fa seguire unarappresentazioneteatrale–comeaccadeunanottedifinefebbraiodicuiScappidàconto–larecitasaràdata«inlinguaFrancese,Bergamasca,Venetiana,etSpagnola»68.Analogamente,nellepaginediScappisisusseguonoricetteriferiteaquestooaquel«dialetto»dicucina.

La maggior parte riflette l’origine lombarda dell’autore: «suppa lombarda», «riso allalombarda», «tomacelle col brodo come si usa aMilano», e poi – sempre «alla lombarda»o «allamilanese» –minestra di tortelletti d’erbe,minestra di foglie di rape (da servire «senza brodo conagliatasopracomes’usainLombardia»),ranefrittericoperteancoradiagliataedi«nosellafattaallamilanese», offelle sfogliate, offelle di pasta reale, torte verdi ossia di erbe, «panciette di vitellaripienealessate»,tortiglionisfogliatiripieni,«ritortoledipasta»ripiene,minestradiravioli,ravioliconsfoglia,vitella«mongana» ripiena (ilpetto),capponigrossi ripieni,ochegrosse ripiene,uova«affrittellate», trote (a pezzi grossi) nel vino, torte di nosetti. S’impone l’immagine di una cucina«lombarda»incuilevivanderipiene–sitrattidicarnioditorteodipaste–hannounruolocentraleo comunque, agli occhi di chi le sta selezionando, fortemente caratterizzante: sul che converràritornare.

Un secondo importante nucleo è costituito dalle ricette «alla veneziana», fra cui risaltano lepreparazioni di pesce, l’ombrina, la spigola e il rombo «in pottaggio», o i calamaretti ripieni inbrodetto;seguonolaminestradirape,i«brisavoli»dicostedivitella,ilombolidivaccina(ovvero«seccaticcia»)stufati,lefrittelledilatteeuova,icaliscionidimarzapane,letorteallacannella.

Abbastanzarappresentataèlagastronomiagenovese(che,standoallaquantitàdicitazionidicuièfattaoggettoneilibridicucinadelXVIedelXVIIsecolo,appareassaipiùrilevantenellastoriadellacucina italiana di quanto non si sia finora pensato): oltre al «carpione genovese», ossia al pesceconservato, Scappi ricorda i maccheroni «alla genovese», la «gattafura» o torta genovese, lacotognata.

Anche la tradizione emiliana si identifica soprattutto con la città capoluogo: ricette «allabolognese» sono ricordate per la trippa («di seccaticcia»), la torta d’erbe, i «capi di latte» (pannacotta). Ma compaiono anche trippa e «ginestrata» alla ferrarese, oltre ai «coppi» (ossia torte)romagnoli. La Toscana vuol dire Firenze e richiama inesorabilmente le uova: frittate, «ritortoled’ova»,«cannoncined’ova»;oltreaqueste,vièsolounaricettadispinaci«allafiorentina»,fritti.Ilterritorio della Marca è richiamato con i «paperi e anatre cotte», l’Umbria con la «tinca all’usoperugino».

Roma, patria adottiva di Scappi, offre un buon ventaglio di preparazioni culinarie: polpettoni,maccheroni, «cominata», cavolo (diMilano o di Bologna,ma fatto «alla romanesca»), frittelle di«pesce ignudo», pignoccati, zeppole (frittelle di ceci). Ma altrettanto presente è la tradizionenapoletana,richiamataperi«coppisfogliatidipolpedipiccioni»,la«minestradicavolitorzuticonmortatelli»,imaccheroni,i«broccoliacconci».Eciòlimitandocialledenominazioniesplicitedellericette.

QualeItaliahadunqueinmenteBartolomeoScappi?Èabbastanzachiaro:un’Italiacittadina,anzidigrandicittà,chedaMilanoeVenezia,attraversoGenova,BolognaeFirenze,arrivaaRomaeaNapoli. Città che però, a loro volta, «riassumono» il senso di una regione. Non senza difficoltà,questaItaliaarrivaa lambire i territoridelSude lemaggiori isole.Nonarrivainvece–comenonarrivava l’Italia delMedioevo – al Piemonte sabaudo, che continua a rimaneremarginale (se non

estraneo)allaculturagastronomicadellapenisola:èunaverararitàimbattersiintestimonianzecomequelle del ferrarese Giovan Battista Rossetti (1584), che nel suo testo di scalcheria – l’arte diorganizzareiserviziditavolaedicucina–menzionaicarciofi«sottolebragieallaPiemontese»egliasparagi«allaPiemontesesopraapanfritto»–oltreal«formaggiodiSavoia»69.

6.ItinerariLapercezioneinterregionaledellaculturagastronomicaitalianaèundatocomuneallamaggior

parte della letteratura di età rinascimentale, anche al di fuori della trattatistica culinaria in sensoproprio.«Quilaterrad’Abruzzoavevamandatoisuoiprosciutti,eNapoligentilelesoppressate,eMilano le dorate sue offelle e la salsiccia», canta Teofilo Folengo nel Baldus, raccontando ilbanchetto celebrato dal re di Francia (ma i cibi sono tutti italiani: l’autore è molto fazioso inproposito!) al termine di un torneo70. Quanto alle opere più direttamente rivolte ai cuochi, aifunzionari di servizio, ai maestri di casa, sarebbe facile, ma inutile e noioso, seguire le«denominazionidiorigine»fornitedaciascunodiloroapropositodiprodotti,ricette,usidicucina.Limitiamoci a osservare che, mentre in Scappi si percepisce un progetto complessivo volto aconfrontare e a equilibrare le varie tradizioni regionali – per questo ci siamo soffermati inparticolaresullasuaOpera–,altriautoriappaionopiùlegatiaunadeterminatacultura,aunavisionee a una pratica gastronomica sempre interregionale, ma centrata con maggiore decisione su unterritorio specifico. È il caso di CristoforoMessisbugo, che prestò opera di amministratore e discalcoallacorteestensediFerrara:isuoiBanchetti(1549)rimandanosoprattuttoaspecialitàeusidiambitopadano(torte,tortellietortelletti«allalombarda»,capponiepiccioniripieni,pettidivitellood’agnello o di capretto ancora «alla lombarda», «ritortole» e offelle allamilanese, «potacchio diseppie» e «frutti di zuccaro» alla veneziana, torte di erbe «alla ferrarese, o romagnola», trota inbrodetto alla comacchiese…). Anch’egli peraltro ricorda, sia pur sporadicamente, ricette «allafiorentina» (le solite uova), «alla romanesca» (maccheroni), «alla napoletana» (maccheroni e«vivandegialle»dinizzoleomandorle),«allasiciliana»(riso).

Lo stessovale per il già citato librodi scalcheria diGiovanBattistaRossetti (1584), anche luiferrarese, anche lui fortemente legato a una dimensione gastronomica lombardo-emiliana che sitraduce non solo nei consueti riferimenti alla «Lombardia» e alle sue maggiori città, ma in unaconoscenzacapillaredelterritoriochechiamaincausaanchelocalitàminori:accantoaMilanoeaVeneziacompaionoBergamo,Lodi,Pavia,Vicenza,Padova;oltrepassato ilcroceviagastronomicopadano(conMantova,Cremona,Ferrara,Comacchio)tuttelecittàdellaviaEmiliasonoricordate,daPiacenza a Parma, a Reggio, aModena, a Bologna, ma nonmancano specialità di Sassuolo (uvasecca) e di Scandiano (torta di fagioli, uva bianca e rossa), di Carpi (meloni), di Correggio(gnocchettidicedro,mastellettidibrugnataecedro«dellesuore»),diMirandola(spalledimontone).Oltre l’Emilia, i riferimenti si fanno più sporadici e occasionali, pur toccando tutte le regioni suentrambiiversantiappenninici,finoalSudeallaSicilia(richiamataperlelumacheinguscioinpane,ilcapponericoperto, ilpasticciodiriso);piùomenoesaustivi,piùomenodettagliati,gli itinerariattraversol’Italia(nonsolopeninsulare)sonotendenzialmentecompleti.

Primache i trattatidiMessisbugo,diScappiediRossellivedessero la luce,unestrosoeruditomilanese, Ortensio Lando, aveva pubblicato unCommentario delle più notabili e mostruose cosed’Italia e d’altri luoghi (1548), dove simulava l’improbabile viaggio di un aramaico in Italiadescrivendocuriositàebizzarriediognigenere.Auncertopunto,Landoimmaginachel’ostepressoilqualeilprotagonistaèalloggiatodecantilespecialitàgastronomicheedenologichedelpaese:nenasceunasortadiguida,uninvitoascoprire l’Italiaattraverso lesuecucine,che inqualchemodorappresenta l’altra faccia della proposta di Scappi e dei suoi colleghi.Non già raccogliere l’Italiasullapropriatavola,maandarlaacercareviaggiando,dasudanord,acominciaredalla«riccaisoladiSicilia»,dovesipotrannogustareimaccheroni«chesoglionsicuocereinsiemecongrassicaponi

ecascifreschi,daognilatostillantibuttiroelatte»,epoiconditiconzuccheroecannella.Secondatappa,Taranto,riccadibuonissimipesci«chesicucinano,econl’acetoecolvino,concerteerbicineodorifereeconalcunisaporettidinociaglioemandorle»:saràbengradevolepassarvilaquaresima!E poi, via a Napoli, ad assaggiare pani squisiti, vitella di Sorrento, caciocavalli freschi, e poi«susameli,mostacciuoli,raffioli,pesci,funghi,castagnidizucchero,schiacciatedimandorle,pastareale,conserverosate,biancomangiare»;e«cosciedipollastriealidicaponiespalledimontone»,epesche «da far risuscitare i morti». L’itinerario prosegue con qualche incertezza fra Toscana eUmbria, toccando Siena e i suoi «ottimi marzapani, gratissimi bericoccoli, e saporitissimiravagiuoli»;Foligno,perisemidimelonecanditi«ealtreconfetturesenzaparagone»;Firenze,perilcacio marzolino e il pan pepato e i berlingozzi, e il vino trebbiano «non inferiore al greco diSomma» (gli stessi due vini menzionati da Scappi). A Pisa si andrà per i biscotti (pure questicaldamenteconsigliatidaScappi)epocolontanodilì,inValCalci,perlemiglioriricottedelmondo.ALuccasitroverà«buonasalciccia»(neparleràancheScappi)e«gratimarzapanetti».EdeccociinEmilia:«Nonmivoglioscordard’avvertirticheinBolognasifaccianosalcicciottiimigliorichemaisimangiassero;mangiansicrudi,mangiansicotti,eatuttel’oreneaguzzanol’appetito[…]benedettochi ne fu l’inventore, io bacio e adoro quelle virtuosemani».E che dire della «magnifica città diFerrara, unicamaestra nel far salami e di confettare erbe, frutti e radici», dove si bevono gustosivinelli,«buoneceppe[cheppie],sturionieburatelli»,esifanno«lemiglioritortedelmondo»?EpoiModena, con «buona salciccia e buon trebiano», e la «perfetta cotognata» diReggio,Mirandola eCorreggio; «ma perfetto te se giungi a quel cacio piacentino» lodato dai poeti e sublimato sullemense.Piacenzadàanchesquisitemele,«dettecalte»,eun’uva«chiamatadiola»,mangiatalaqualecisiritrovaconsolati«comesemangiatoavessid’unoperfettissimofagiano».AncoraaPiacenzanonsono da perdere gli gnocchi all’aglio; passato il Po, si mangeranno a Lodi carni sopraffine, aBinasco«minutepescagioni».AlgrandeemporiodiMilanositroveràil«cervelato»brianzolo(ossialasalsicciaconsangueecervella),«ciboredeicibi»,chesiaccompagneràconoffelleannaffiandoloconleggeravernacciadeidintorni;ecertiuccellettiallospiedodetti«verdorini».SipasseràaMonza,allasua«luganicasottile»eallesue«tomacelle»(ancorasalsicce,abasedifegatodimaiale).Nésipotranno scordare le trotediComo,gli agonidiLugano,gliortolani e i fagianidimontagnachescendonoaChiavennadaimontideiGrigioni;aChiavennacisisoffermeràanchesuimarroni,eneidintornicisirallegreràconilformaggiodiValMalencoeletrotedeltorrenteMera.Ritornandosuipropripassi indirezionesud-est,«averai inPadovaottimopane»,vinomarzemino,piccoli luccie«ranoccheperfette»,primadigiungereaimelonidiChioggiaeaipescidiVenezia:«orate,ostreghe,cappesanteeceffali»,eottimopesceingelatina,cuisiaffiancanouccelletti«diCipri»,«cavidilatte»(dolci di panna cotta),malvasia aspra e dolce. E di nuovo risalendo: «buoni vini avrai nel Frioli,migliori in Vicenza, dove anco mangerai perfettissimi capretti»; né può tacere dei carpioni delGarda,delletrippeedeigamberidelSilechetioffronoaTreviso,mentreaBresciaberraivernacciadiCellaticaemoscatelli«superiorialliBergamaschiealliBrianceschi»;masoprattutto,aBrescia,sono imperdibili le torte ripienedette«fiadoni»,«belli davedere,grati algusto,odoriferipiùchel’ambraepiùche ilmuschio,morbidial tatto».Tortealtrettanto famose, le«gattafure», si fannoaGenova,eilviaggiatorenonpotràandarsenesenzaaverlegustate,incompagniadiperemoscatelle,buonifichi,schiacciatedipescheecotogni,moscatello,razzeseealtrivinileggeridellariviera.Eilviaggioquitermina.

Nonostante la prevedibile assenza del Piemonte e la sorprendente «dimenticanza» di Roma, laproposta turistica di Ortensio Lando copre una bella fetta di Italia e dimostra un senso di«appartenenza»gastronomicadall’identitàbenchiara.

7.VersolaregionalizzazioneNelXVII secolo la stagionedei ricettari«nazionali» sembra terminata. Ilprogettodidarvitaa

una sintesi, in forma comparativa, della cucina italiana – che soprattutto Scappi,ma non lui solo,avevaperseguito–lasciailpostoaunaprogressivaaccentuazionedellediversitàregionali,cheperalmenoduesecolisarà ilLeitmotivdellanostrastoriaculinaria.Ovviamente– loabbiamodettoeripetuto – tali diversità costituivano anche prima un elemento visibile (anzi, qualificante) delpanoramagastronomicodellapenisola;ciòchecambiaècheiricettarienfatizzanoquestopuntodivista,collocandosi sul piano geografico inmodo assai più netto di quanto non avvenisse nei testimedievalierinascimentali.Questocambiamentodiprospettivaemergesoprattuttonellatrattatisticadiproduzionenapoletana,attraverso laquale,per laprimavolta,sidefinisceunquadrocompiutodelpatrimonio gastronomico del Sud. Autori come Giovan Battista Crisci, che nel 1634 pubblica aNapoli la Lucerna de corteggiani, ampia raccolta dimenù per i vari periodi dell’anno, oAntonioLatini,autoredelloScalcoallamoderna,overol’artedibendisporreiconviti,duevolumipubblicatianch’essi aNapoli nel 1692-94, sono particolarmente attenti a comunicare la loro «appartenenza»culturaleeterritoriale.

LaLucernadiCriscièilprimoverorepertoriodiprodottiespecialitàdelCentro-Sud.NontantoNapoli,riferimento«simbolico»anchepergliautoridelNord,quantounamiriadedicittà,cittadineecentriagricolisparsinelterritoriosonoiluoghicrucialidiun’immaginegastronomicadecisamentenuova(perchéespressa).Dall’AbruzzoallaPuglia,dallaCampaniaallaBasilicataallaCalabria–earrivandocomesempreallaSicilia–lageografiadeiprodottisiconcentrasoprattuttosuiformaggiesuifrutti,nonsenzatoccareilprosciuttoabruzzese,lasoppressataeisalsiccionidiNola,il«filettodiGiuglianoguarnitoconmoscardini»,il«filettodivitelladiSorrento»;imaccheronipossonoesseresiciliani(opiùprecisamentediPalermo)opugliesi;leolive–frescheo«infornate»–sonodiGaetaediMaranola,diCasertaedelCilento,diGeraciediMessina;lalattugaèdiAvellinoeimelonidiAversa. Tra i luoghi rinomati per la frutta si segnalanoAmalfi (pesche), Arienzo (ciliegie rosse,mele, pesche, albicocche),Capodichino (prugne rosse),Capodimonte (pesche, visciole),Giugliano(pesche),Marano(ancorapescheepoimelebianche),Moiano(mele),Posillipo(melebianche,uvamoscatella, pesche, albicocche), Procida (albicocche), San Giovanni (fichi), San Pietro (fichi),Somma(visciole,pere,lazzarole),Sorrento(prugne,pesche,mele).Ampialatipologiadeiformaggifreschieconservati:mozzarellediAversa,diCapua(«freschestufate»),diCerreto;caciocavallodiBasilicata (o di Potenza, o «del Foio di Potenza») e di Sicilia; ricotta salata di Capua, ricotta «dicapra»diPozzuoliedelVallodiPotenza,«ricottediraschi»calabresi(ospecificandoancora:dellaSila,delPollino,diSanLorenzo);provoledelGarigliano,diCapua,diEboli,dellaCerra,diSessa;«caci», nonmeglio specificati, d’Abruzzo e di Puglia.Colpisce, in questo elenco, la connotazioneprevalentementenonurbanadellaproduzioneedelmercatoalimentare,riferitiapiccolipaesioalle«campagne» o alle «coste»: esito di una storia – come sappiamo – che già a iniziare dai secolicentralidelMedioevovidesacrificateleautonomiecittadinealpotereregioebaronale,orientandosiinmodostrutturalmentediversorispettoall’Italia«comunale»e«cittadina»delCentro-Nord.Nonc’èuna rete di città a sintetizzare (fin nella denominazione) la cultura gastronomica del territorio delRegno,le«provolefreschedicampagnad’Evoli»oinumerosifrutti«dellacostadiPosillipo».C’èsolo la splendida capitale, Napoli, ma non si tratta evidentemente della stessa cosa. Le cittàriemergonoquandoCrisci introduceprodotti e ricettedelCentro-Nord: i suoipuntidi riferimentodiventanoalloraRoma,Firenze,Bologna,Milano,Genova.

Altro repertorio di specialità del Sud – non però distribuite, come nel testo di Crisci, fra imolteplicisuggerimentiperlacomposizionediunmenù,bensìorganizzateinunelencosistematico–troviamonell’operadiAntonioLatini,ilcuiprimovolumeèsuggellatodaunaBrevedescrizionedelRegnodiNapolicheillustra,conriferimentitrattida«diversiautori»masoprattutto«dall’uso,edall’isperienza», le cose comestibili di frutti, e d’altro, che si producono specialmente, e di raraqualità, in diversi luoghi del medesimo Regno. Una per una vengono prese in esame le dodiciprovince che costituiscono il Regno, a cominciare dalla Campagna Felice, hoggi detta Terra diLavoro,chefornisceaNapoliognisortadibendiDio:«esquisitissimifrutti»e«finocchifamosi»daPoggioReale,«tuttelesortid’herbaggi,everdume»daPadule,«famosipiselli,cardoni,ecarciofali,ravanelli,eradici»e«bellissimicaolifiori»daChiaia,«esquisiteinsalate»e«tuttesortidifrutti»daPosillipo.OttimecarnivengonoinvecedaIschiaedaCapri:«quantitàdifagiani»,«vitellebellissime,e quaglie ottime, e tutte sorti di caccie»; da Sorrento, daVico. Pesci, dalmare e dai fiumi: talché«Napoliinognitempoabbondadituttesortidipesci,eaprezziconvenienti».EviafraicocomeridiOrtaelesoppressatediNola,iltorronediAversaeimelonidiCardito,leolivediGaetaeicardonidiGiugliano.Seguonolealtreundiciprovince:PrincipatoCitra,conirisidiSalerno,ifichisecchidi Agropoli, le trote di San Severino, i capponi tenerissimi di Nocera; Principato Ultra, con lecervellate,lecipolleeiltorronediBenevento,lenocelleeipescidifiumediAvellino;laBasilicata,con il caciocavallo e le «ottime cacciagioni» di Laterza; laCalabriaCitra, in cui si fanno «cascibuoni,ricotte,erasche,zuccari,mele,etutt’altrerobbe»,comel’olioeicapperidiRossano,leuvepassediBelvedere«chenevanpertuttoilmondo»,iformaggidiCassano,delFoioediPollino;laCalabriaUltra, con «gran quantità di perfettissimi ogli»; laTerra d’Otranto, «abbondantissima dicarne,efichisecchi»,diolio,vinoeformaggiaGallipoli,diostriche«etuttesortidifruttidimare»aTaranto, di «cacciagioni selvaggie» aOstuni; laTerradiBari, di cui si segnalano soprattutto lecarni ovine (ottimi castrati e, a Bitonto, straordinari capretti), oltre alle mandorle, ai formaggi,all’olio, agli agrumi; l’AbruzzoCitra, famoso soprattutto per la «soave fabrica di confetture» diSulmona;l’AbruzzoUltra,conlozafferanodell’AquilaeiprosciuttidiCicoli;ilContadodiMoliseconiprosciuttidiCampobassoegliabbondantifunghietartufi;infinelaCapitanata,conipescidellagoVarano(capitoni,tinche,eicefalidacuisiestraggonoleuovaperlabottarga).Naturalmente–conclude Latini – ho ricordato per brevità solo le cose più note, giacché ciascuna delle dodiciprovince«contieneinséquantodibuonotienenelsuobell’erarioilmondo».

Meno evidente e, soprattutto, meno «dichiarata» è la regionalizzazione dei ricettari del Nord:anch’essituttavia,nelXVIIsecolo,riflettonoprogrammimenoambiziosi,direspiropiùlimitatomaforsepiùviciniallaprassiquotidianadellacucina.Decisamente«padano»èl’orizzontegeograficodipersonaggi comeFrancescoVasselli, bolognese, scalco alla corte emiliana dei Pico, che nel 1647pubblicaL’ApiciooveroIlMaestrode’conviti,oilsuoconcittadinoBartolomeoStefani,capocuocodicasaGonzagaaMantova–dopoesserlostatopressoaltrecorti–chenel1662pubblicaL’artedibencucinare, et instruire imenperiti inquesta lodevoleprofessione.Mentre sostiene l’opportunità(potendoselopermettere)dinonlimitarsial«panedellaCittànatìa»,dioltrepassare«il fiumedellaPatria»allaricercadibuonicibiperlapropriatavola,Stefanidelineaunsistemadiscambiarticolatoin «distretti gastronomici» ben distinti fra loro. Napoli e la Sicilia – scrive – producono cedri,limoni, aranci, carciofi, asparagi, cavolfiori, fave fresche, lattughe che «nella stagione fredda»,quandoèimpossibiletrovarneinaltriluoghi,riforniscono«tuttoilRegno».Analogamente,larivieradiGaeta «serve demedesimi frutti Roma».Genova, con la sua riviera, «abbonda dellemedesimecose» e ne provvedeMilano, Firenze, Bologna, Torino, Piacenza, «e le Città à quelle vicine, conbuonapartedellaLombardia».Altriluoghiricchidiverdureinvernalisonola«rivieradiSalò»egli

orti veneziani. Bologna produce finocchi bellissimi, uve e grosse olive, «e di queste cose necomparteàtuttalaLombardia,Romagna,Fiorenza,eprovincievicine,perfinoaRoma»71.PerfinoRoma:letreItaliediStefanipaionoassaipiùdistantidiquellediScappi.

In questa regionalizzazione della cultura gastronomica italiana c’è posto ormai anche per ilPiemonte:Torino,comeabbiamovisto, finalmentecomparenel ricettariodiStefani,e i«biscottinisavoiardi»diventanoquasiunamoda.

DallafinedelSeicentoepertuttalaprimametàdelsecolosuccessivolaletteraturagastronomica,inItalia,tace.Èilsegnodiunasubalternitàculturale–nelmomentoincuilacucinafrancesetrionfainEuropa–chedureràancoraalungo.Maèancheilsegnodiunripiegamentosullatradizionelocale–edunquesull’oralità,chediquellatradizioneèilprimotestimone–chenonmancheràdiprodurreanche effetti positivi, consolidando i legami fra gastronomia e territorio e rafforzando questocarattere«originale»dellacucinaitaliana,chealungoterminesiriveleràunsicuroinvestimento.

8.IricettarimunicipaliLa diffusione della cucina francese, attraverso il Piemonte, guadagna le capitali italiane,

unificandopiattieservizi.Essasimanifestadal1766conIlcuocopiemonteseperfezionatoaParigi,che viene ristampato a Venezia (1789) e a Milano (1791) in un’area subalpina e padanaparticolarmentesensibileatalecultura.L’influssosiestendequindiadaltrecittà,aRomaeaNapoli,dove incontraesi scontracon identitàe tradizioniantichee forti. Ilmodello francese, riformulatocon derrate autoctone, convive infatti con un sostrato che varia da Stato a Stato, e riaffiora neiprodotti, nelle denominazioni dei piatti e nella loro preparazione. Già Il cuoco piemonteseconsigliava le cipolle di Ivrea, i tartufi di Piemonte, i formaggi diAosta72. Questi fenomeni sonodestinatiadiventaresemprepiùrilevanti:nellaCucinierapiemontesepubblicataaVercellinel1771compaionolafocacciaallamonferrina, lazuppaallavercellese, lealeallaveneziana, icavoliallaromana73.Nonnecessariamentelapressioneculturaleepoliticasitraduceinunadeguamentoalgustoparigino,anzirafforzaildoppiolivelloprivatoepubblicoincuisidistribuisconoipiatti.Ilibridicasa sono particolarmente sensibili a questa situazione, registrando non solo qualche prestitoestemporaneomaalimentiquotidianieconsuetudinaridellatavolasignorile.IlcuocodelvescovodiImolafrail1785eil1800halasciatolatestimonianzadiunacucinamessaapuntofraBolognaelaRomagna,inun’areachetravalicadipocoladiocesieincuipiovono«cappellettiallabolognese»ecotechinidiFerrara.Frafrittelleeumidi,isaporidiFranciarestanoemarginati,omegliosiritrovala«besciamella»cheèunasalsavecchiad’unmezzosecolo74.Dipocopiùattentaaipiattid’oltralpeècasaCassoliaReggioEmilia,cheregistracapellettidigrasso,coteghiniall’usodiModena,spongate(marzapane almiele) e mestocchine di formentone (focaccine dolci cotte al forno)75 esibendo unaimmagine solidamente provinciale e poco attratta dalle mode. Un’indagine sui codici nobiliarievidenzianonsolounarelativaimpermeabilità,mal’esistenzadiconsuetudinifortementeradicateesoprattuttodiprodottifinirappresentativi.

Lacorrelazionefraricchezzaetavolainternazionaleèlungidall’essereevidente.Laddovesonopresenti gastronomi della levatura di VincenzoCorrado, autore di unCuoco galante pubblicato aNapolinel1786,anchelatavolaraffinata–«galante»–haunafisionomiapropria,creativarispettosiaallatradizionedeisignorilegatiaiprodottidellapropriacampagna,siaaifrancesidipassaggio.Unadellecaratteristichefondamentalidellanuovacucina,infatti,ècheessasiavvaleesclusivamentediderratelocali,evieneriapplicataancheaqueiprodotti,comeilpomodorofrescoolealiciappenapescate, che il mercato parigino ignora. Rivalutare il vivaio, la pesca, l’orto significa orientarecotture e piatti in una direzione in cui l’innesto di tecniche complesse diventa difficile o inutile. Icalamari«quando sonpiccioli simangiano in frittura con sale, pepee sugodi limone»;quanto aicecinelli(bianchetti)«sonocosìtenericheappenasimettonosulfuocosoncotti»76.CisonolesalseRoberta(sauceRobert),Ramolata(Remoulade),allaFrancese,masonoconfinateallafinedellibro,progettato e costruito sulle derrate e non sulle loro trasformazioni. È difficile immaginare unaprocedurapiùcontrariaaquellaparigina.

LarinascitadellacucinaitaliananegliultimitredecennidelSettecentopartedaquestepremesse,nelle quali non va dimenticato un fattore indubbiamente importante, l’esistenza di una culturagastronomicachevalicaiconfinidegliStati.Iltermineitalianoneititolidellericetteè–continuaaessere – tutt’altro che caratterizzante, ma alcuni prodotti e molti piatti circolano fuori delle terred’origine.FrancescoLeonardi, conuncurriculumdi servizionellemaggiori cased’Europa,dopoaver tracciato nell’Apiciomoderno (1790) un quadro delle preparazioni francesi del maiale, apre

un’appendicedimortadelle, salami,cotechini, zampetti, cervellate, salsiccedi fegatoallamilanese,mettendoinevidenzalalororicezionenell’arearomano-napoletana77.Daquesteindicazioniemergel’esistenzadiun’identitàlocale,statale,indirettamenteitalianadellacucina.Essaverràconsolidatadairicettarimunicipalinelcorsodell’Ottocento.

L’editoriadialcunigrandicentriurbaniproduceinmisuracrescenteoperedidattichedestinateaun bacino d’utenza limitato, di costo variabile, che riflettono le tradizioni di un’area spessocoincidente con quella del dialetto. Nelle grandi città comeNapoli, a pubblicazioni d’alto profilocome La cucina teorico-pratica di Ippolito Cavalcanti (1837), concepita per i signori e quindifilofrancese e filopartenopea, fanno riscontro operette di minore impegno (La cucina casereccia,1828)cheperprezzoenumerodipaginesirivolgonoafamigliepiùmodeste:entrambecopronoiconsumi gastronomici di una stessa area, e riferiscono di piatti di altri Stati. In un municipio dimodestedimensioni,comeComo,unsoloricettario,Ilcuocosenzapretese(1834),operaforsediunOdescalchi,famigliadirispetto,proponeunmodelloconalcunepietanzedicucinalocale,lacustreesubalpina, aperto agli usi del milanese e a quelli della tavola fine. Sono presenti i pasticci dimaccheroni e il vitello tonnè che ovviamente non sono di territorio78. Nell’idea di municipio nonentranoconsiderazioni etnologicheopuriste, bensì la consapevolezzadi rispecchiare la tavoladeinotabili.

Un atlante di questi libriccinimostra la loro disseminazione a partire daNapoli in tutta l’areacentro-settentrionale, con una polarizzazione nelle capitali dell’editoria e della cucina, Milano,Napoli,Torino.LaToscanahaunpropriomercatoestremamenteattivo,concentridistampaaLucca,Livorno,FirenzeeSiena79.Ititolisiassomiglianonellaprimametàdell’Ottocento:cuochimilanesi,bolognesi,maancheitaliani,spessoanonimi.LepreparazioniautoctoneedialtriStatidellapenisolasialternanoalladidatticafrancese,chespessofornisceunfilocontinuod’altoprofiloconcuivieneimbastita la trama provinciale. Le competenze di mestiere, e la qualifica per zone di origine deisalariati,fornisconolebasidiun’affermazionediculturetrasversali,deputateaperfezionarel’arte.La stampa, nel 1822, a Milano, delNuovo economico cuoco piemontese e credenziere napoletanoevocaconbentreindicazionitoponomastiche(leduedeltitolopiùquelladelluogodiedizione)lacollaborazione interregionale.Unavignetta la ribadiscemostrandoun cuoco conberretta bianca egrembiulechetaglialacarne,eunpasticcereinmarsinachetiralasfoglia,ognunoalpropriotavolo,l’uno volgendo la schiena all’altro. Sull’ipotesi di creare un corpo professionale unitario prevalequelladiassociarecultureeperiziedistinte.

La pubblicistica gastronomica si intensifica dopo l’unità d’Italia mostrando chiaramente comel’interazione dei tre modelli (locale, statale, internazionale) rispondesse a un assetto culturaleprofondoepermettessedidescrivereunacucinasocialmentestratificataegeograficamentedefinita.Tale municipalizzazione ha funzione di testimonianza e di approfondimento di mercati locali, epermette il raccordo, attraverso le ricette, di piccoli centri che non possono avere un’editoria,riformulandocon lederratedimercato ipiattidella festacontadina. I ricettari territoriali,urbanieregionalinon solo fornisconounquadrodella situazionepreepostunitaria,mahannoun influssoduraturo–esimoltiplicano–nellastessatradizionedettaitaliana,sinoainostrigiorni.

Attraversoquesti libri, lacucinadellacampagnaedel litorale,dei laghiedeimontifinisceperessere rappresentata dalla città, centro di mercato e di produzione tipografica, di immigrazionecontadina e servile. Questo ruolo avrà un’importanza decisiva nel processo di regionalizzazionedellacucina,ancorapocoavvertibilenelprimoOttocento,malgradogliepitetipiemonteseomilaneseconcuivenivanodesignatiicuochi.Dopol’unità,ilcapoluogocostruiscelaregioneasuaimmagineamministrativa, pianificandone i trasporti, orientandone le produzioni e divulgandone l’identità

gastronomicainconcorrenzaconaltre.Suquestabaseavvienelacodificazioneartusiana.

9.Artusielacucinaregional-nazionaleArtusi nasce a Forlimpopoli nel 1821 e abiterà per oltre mezzo secolo a Firenze. Nella sua

biografia80troviamoiscrittaquellaculturatosco-romagnolacheèl’asseportantedellasuacucina.DagiovanehaaccompagnatoilpadreneimercatifraSenigalliaeRovigo,spostandosiconlavetturaacavalli.HaquindivalicatoindiligenzagliAppennini,sinoaLivorno.Leprincipalicittàitalianeleharaggiunteconlaposta,quindiconiltreno:Napoli,Roma,Padova,Milano,Torino.PiùdellealtrehafrequentatoBolognaelesuebuonetavole.Suquesteconoscenzegeografichecostruiscenel1891lasuamappagastronomica.DelGranducatoedegliStatidellaChiesa,sufinoalPolesine,giùsinoalleMarche,conoscebeneilterritorio,strade,paesi,montagneecittadinerivierasche.QuestositraduceinricettecheanzituttosonodesuntedallariccaToscana,inproporzionemaggiore,dallaRomagnaequindidaBologna,unacittàincuisisentedicasa.

Aldifuoridiquestoampioterritoriosegmentatodaimonti,conoscesoprattuttolecittà.AnorddaTrieste sino a Torino, a sud sino a Napoli. Marche, Abruzzo, Puglia, Basilicata, Calabria nonfigurano in alcuna ricetta. Anche quando accresce con successive ristampe la Scienza in cucina,utilizzando le informazioni epistolari delle sue lettrici, non acquisisce il Meridione, facendoun’eccezioneperlaSicilia,contrepiatti.LaSardegnarestaisolaignota.Questaèl’ItaliaconosciutaerappresentatadaArtusi,incompletaedivisalongitudinalmentedall’Appennino,condenominazionidipesciadriatichediversedaquelletirreniche,conlariccaToscanadaunapartee,dall’altra,laregionepiùpoveraedepressa,laRomagna.Ilmodellocentro-settentrionaleèribaditoanchedaicondimenti(da cui è escluso il peperoncino) e dai tre grassi, l’olio toscano, il lardo bolognese e il burrolombardo.Comemaiunricettariointerregionale,conlacuneesquilibri,èdiventatoilsimbolodellagastronomiaitaliana?

Unataleimmaginedelpaeseeracondivisadamolti,gastronomienon.Ilviaggioperl’ItaliadiGiannettino,operapedagogicadiCollodi,vienecompilato,perquantoattieneallenominateregioni,con il Baedecker. Il Sud lungi dall’affascinare l’inventore di Pinocchio suscita diffidenza, e nellastessaNapolirestacelebrequestasuadescrizionedellapizza:«Quelnerodelpaneabbrustolito,quelbianchiccio dell’aglio e dell’alice, quel giallo verdacchio dell’olio e dell’erbucce soffritte e queipezzirossiquaelàdipomidorodannoallapizzaun’ariadisudiciumecomplicatochestabenissimoconquellodelvenditore»81.Unasimiledescrizionespregiativasiritrovanell’AutobiografiadiArtusiapropositodeimaccheroniconmoltopepeecaciooffertinellestradedellastessacittà.

QuestononsignificachelacucinalocaleepopolaresiaassentenellaScienzaincucina.Ma,percapire come essa venga recepita nello stile della casa borghese, è utile completare la cartagastronomicaabbozzata.DuesolipiattidescrittidaArtusiportanoiltitolodiitaliani,itortellinieillessorifatto,altriinvecefannoriferimentoaregioni,cittàopaesi.Questiultimisonorelativamentepochi, così come quelle zone, laMaremma o le paludi di Comacchio, che oggi denomineremmoparchi ambientali. È sulle città, in quanto rappresentative, con i loromercati e i loro negozi, delcontado,delleprovinceedelleregioni,cheArtusicostruisceunmodellogeo-gastronomicoapertoalleaggregazioni,estensibileapiacere.DallasuaRomagnavengonoiprodotti(anguille,anici)sinoa Firenze dove, in piazza d’Azeglio, sono trasformati da una cuoca di Massa e da uno diForlimpopoli. Anche in casa Artusi il triangolo spaziale si ricompone e riformula ricette, piatti,conserve in una chiave urbana, quindi fine. L’aggettivo è usato spesso, con altri quale delicato esignorile,perdesignarelostiledellepietanze,lasceltadeicondimenti,lapuliziadeisapori.

Conquestotrasferimentodirisorsedallacampagnaallacittà,conunacucinainurbata,ilmodello

italiano viene garantito potenzialmente, amisura che nuovi centri emercati si collegano alla reteferroviarianazionale in cui circolanoderrate, turisti edi conseguenzanuovevivande.Aconfermache questo metodo, ad un tempo rispettoso di fratture territoriali e umane, e fiduciosonell’articolazioneunitaria,fosselargamentecondivisibile,visonoaltriricettaricheportanoavanti,insensogeografico,ilprogrammadellaScienzaincucina.L’Agnetti,unodeicompilatoripiùattentidell’iniziosecolo,nellaCucinanazionaleenellaNuovacucinadellespecialitàregionali,pubblicatanel 1909 quando Artusi era ancora in vita, mostra l’estensibilità delle aree geo-gastronomiche,accrescendoilVeneto,dandomaggiorpesoaRoma,aggiungendolaSardegnaconseiricette82.Dopoun raffronto fra i due volumi, 27 su 101 piatti salati del ricettario regionale si trovano in quellonazionale, e di questi ben 16 sono paste e minestre. L’identità nazional-regionale è affidata a:agnolotti, cappelletti, gnocchi alla romana, maccheroni al sugo, maccheroni al pomodoro,minestrone,risottoallamilanese,pasticciodimaccheroni,ravioli,ravioliallagenovese,risottocolletelline, risotto alla milanese, tagliatelle alla bolognese, tagliatelle pasticciate, tortellini, zuppa allapavese.Le regioni rappresentatesono:«Liguria,Lombardia,Venezia,EmiliaeRomagne,Toscana,Roma,Napoli,Sicilia».Senzaentrarenelmeritodelletipologiepastarie,questoèundenominatorecomunedeiricettarifuturi.

Nellaconfigurazionedellospazioitaliano,leregioninonsonounitàpolitico-amministrativema«compartimenti»83 conuna identità fisicae storica,particolarmente importantidaunpuntodivistaculturale perché assommano alcuni caratteri generali intelligibili a tutti.Gli alimenti vi hannounafunzionesimileaquelladeidialetti,esprimonoungustochepuòessererecepitoetradottoinitaliano.Trasferiti in ricette, permettono di comunicare il patrimonio domestico di famiglie lontane, laricchezza delle loro tradizioni. Lo scambio interregionale appare dunque la chiave per accedere,progressivamente,aunacoscienzanazionale,senzasacrificare ilpassato,senzaalienare lapropriasingolarità.Di questo compromesso beneficia PellegrinoArtusi divenendo, agli occhi delle futuremassaie,ilpadredellacucinaitaliana.

10.AncorailMediterraneoDurante il Ventennio, l’esplorazione gastronomica viene completata, acquisendo una mappa

completa delle regioni, stilando un primo inventario dei prodotti tipici, promuovendo unaconoscenzadellecucinelocaliconlibri,supportipubblicitari,manifestazioniesagre.LaCartadelleprincipali specialità gastronomiche delle regioni italiane viene commissionata dall’Enit all’artistaUmbertoZimelli:diverràuncartelloneincuilostranieroidentificailmegliodell’industriacaseariaodolciaria,deivini,deisalumi,epuòscoprire,frafiaschiecaci,piattifumantidipasta84.Lecartedelbel paese si moltiplicano e quelle con l’insediamento degli stabilimenti e dei depositi Ciriodimostrano come il comparto conserviero si allinei alla propaganda turistica e scolastica85. Acompiere il passo, da una percezione globale del paese con presenze alimentari simboliche a uncensimentomappaledelpatrimonio, sarà laGuidagastronomicad’Italia delTouringClub Italiano(1931).Visiritrovanononricettemadefinizionidivivande,risorselocalidimediaepiccolaentitàetuttigliingredientiperfareunabuonacucina.PercorrendolacostieraadriaticadaManfredoniaversoBari, si incontrano le cipolle bianche di Barletta, le laganelle nere di Bisceglie (fettuccine al vincotto), l’olio diMolfetta. Il paesaggio è indubbiamentediversodaquello intravisto nei ricettari diArtusi e Agnetti, nella misura in cui ogni regione è polverizzata nelle infinite ricchezze del suoterritoriospessosconosciuteomairecensite.Apprendereamangiarel’Italiasaràunodeicompitidelregime,conmostreregionali,fiereesagre,campagneautarchicheemoltissimofolclore.

UnadelleconseguenzepiùvistosediquesteiniziativeèilreinserimentodelMeridionenellacartagastronomica.LaCalabriaelaBasilicata,vagamentenoteperifichisecchiequalchevinodioriginegreca,ricevonounalusinghieraimmagine,grazieaisocidelTouring,conpasteeminestredainomiumoristici,comeglischiaffettoni(«grossicilindridipastariempitidicarnetritamistaauovasode,salameesalsiccia,chiusialleestremità,bollitieconditiconsugoeformaggio»).Illorocensimentoviene recepito, ripetuto, copiato. Immaginando un giro ferroviario d’Italia, Umberto Notari,fondatoredelmensile«Lacucina italiana»riproducecapitoli intieridellaGuidagastronomica86.Leescursioninellapenisola,curiose,fameliche,nonsicontanoelapiùcelebre,perqualitàdiscritturaeumorismo, resta quella di Paolo Monelli87. Tutti partono da nord verso sud, nessuno arresta ilviaggioaNapoli,comePellegrinoArtusi,mabiforcanoeproseguonooraversoAbruzzoePuglia,orasullacostatirrenica.Ilbaricentrodell’ItaliaèstatospostatoversoRomaconlaconseguenzadiravvicinare il Meridione. Nelle carte gastronomiche sono avvertibili le ambizioni territoriali delregime;inquelladiZimelli,alcunisimbolisonodislocatifuoridaiconfiniquasiaprefigurarefutureoccupazioni,unabottigliadimaraschinosopraZara,unaboiabessasuNizza.Rappresentandol’ItaliaunpontefraAfricaedEuropa,ilMediterraneodiventailbaricentrodellaciviltàoccidentale.Nonèquestaun’ambizioneesclusivamenteitaliana:ancheicuochifrancesi,dicuiimigliori,comeProsperMontagné, son nati fra Nizza e Carcassonne, producono ricettari rivieraschi, provenzali,nordafricani.Ma,nellasecondametàdeglianniTrenta,ilfascismoaccentuaquestosuoruolopoliticoneiconfrontidellaGermania,quasiaprefigurarelaspartizionedell’Europainduezoneclimatiche,produttiveegastronomichedaireciprociinteressi.Dopoilpattod’acciaio,siintensificailflussodiprodottiortofrutticolichedalleareetemperate,conlaprimavera,risaleversoquellefredde.

Lameridionalizzazionedella gastronomianon è un fenomeno, come si è visto, circoscrivibileall’Italia,néalVentennio.Ènata,all’iniziodelsecolo,colturismomarino,coiviaggiversoilsole(CostaAzzurra e isole napoletane), con la conseguenza di orientare sempre di più i gusti verso ipescidiscoglio,leverdurefresche,l’olio,isaporipiccanti,icolori.Sitraduceinun’offertadipaste,

primizieortofrutticoleealici,nelNordItaliaeall’estero,garantitaper tutto l’annodaun’industriachevendeilsoleegliortiinscatola.Ancheseunabuonapartedelleconservedipomodoroèd’areaparmenseepiacentina,è ilSanMarzano,unperinonapoletano,aessere il simboloesclusivodellaCirio.Caciocavallo,provoloneeprovolettegiàdaglianniTrentaeranoprodottiinLombardia,senzaperdere la loro denominazione d’origine, prova ennesima che lameridionalità veniva ritenuta unvalore.Lapenisola,agodellabussolamediterranea,èpuntataormaiversounproprioNordcheèasud:l’Africa,altrafontediillusorioarricchimento.

Se,conlaguerra,rovinanolechimerecolonialievienedesertificatoil«giardinodell’Impero»,l’orientamentogastronomicoinauguratoduranteilfascismoperdura,dandoprovadellasuavalidità.Si scopre da un lato che sottosviluppo e malnutrizione erano il sostrato di una politica agrariafiduciosanelleproprieparoled’ordine;sirecuperadall’altrol’ideadiunrilanciodelMezzogiorno.Libretticomel’Itinerariogastronomicoedenologicod’Italia88ripetonounalezionechepoliticamentenonèpiùdimoda,conglistessiargomenti.Affrontanol’AbruzzoconimaccheroniallachitarraelaPuglia con i panzerotti, continuando il loro cammino verso i vigneti d’Aglianico e, in Calabria,quellidiCirò.SoloilViaggioinItaliadiGuidoPiovenehailmeritodirestituirealpaese,viaradioevia stampa, nel 1957, un’immagine netta dello squilibrio fra Nord e Sud, la quale è ben lungidall’escludere una politica di investimenti culturali in campo alimentare nelle zone depresse, esoprattuttodi rilanciodellacucina inventatadallapovertà.AgliocchidiPioveneedei suoi lettori,non c’è ancora un miracolo gastronomico del Sud, ma potrebbe essere imminente, il che èperfettamenteriassuntoinunepisodiodelsuosoggiornoaNapoli:«Mirestaimpressoilgridodiunvenditore,cheandavaperviacorrendoconintestaunpanieredifrittelle,appenasfornate:Comehofattoafarle!Comehofattoafarle!Anch’eglistupefattodelsuogenio»89.

Il mito di un Sud miracolistico, terapeutico, enorme giacimento di vitamine e di acidi grassipolinsaturi,èdestinatoagonfiareneidecennisuccessivi,grazieaun’amplificazionedegliinterventidell’Istituto nazionale della nutrizione, alla sensibilizzazione delle industrie agro-alimentari e alladilatazionedeimercatidelmondooccidentale.Nellacontinuità frapolitica fascistae repubblicana,malgradograssieproteinefosserotuttialNord,prendepiedeun’esperienzache,vent’annidopo,gliitaliani avranno in bocca col nome di dieta mediterranea. Spenta ogni illusione sulla rinascitaimperiale del mare nostrum, sono i medici americani, Angel Keys e i suoi collaboratori, cheripropongonoilmitomediterraneo,nellaspeciediisoledipovertàedisalute,dipiccolecomunitàchiuse su se stesse e religiosamente astrette a un regime nutritivo che protegge dalle cardiopatie.Estrapolandone i principi dietetici, nasce Mangiar bene e stare bene, un volume con menù ericettario,tradottoinItalianel196290.Inessolacucinaitaliana,nonsolomeridionale,vieneindicatacomepreziosapercombattereilcolesterolo,lemalattiecardiache,l’obesità.Lamaggiorpartedellericette offre la versione alleggerita, sostituendo al burro l’olio, di piatti classici fra cui il vitellotonnatodiArtusi.Chesitrattidiunmessaggioindirizzatoaipaesianglosassonièprovatodacapitolicuriosi, per non dire contraddittori, come quello degli snacks per cocktail; la sua divulgazionenell’editoria e nella stampa italiana lascerà in ombra questi aspetti, favorendo un’interpretazionepurista e meridionalista di tale cucina. Tolto dal contesto, il motto «è un errore credere che glispaghettifaccianodiventaregrassi»91vieneconditoeripetutointuttelesalse.

L’esistenzadiisoleespiagge,scuolesalernitanedelladietamoderna,hasuccessonegliStatiUnitioveilMediterraneoappareunamacchiaazzurraeprobabilmenteantica,ediriflessoinEuropaeinItalia,apartiredallafinedeglianniSettanta.Inquestomareinternoesemprepiùinquinatochevedesvilupparsi dopo il 1960 un’industria turistica di massa, che è caratterizzato da transumanzestagionalidaipaesiricchi,daturisticuriosidifesteecibidellafesta,sole,spaghetti,pizzaeverdure

finisconoperpartecipareallostessomitosalutistico.L’Italiasitrovaalcentroditaleinteresseperlasuagastronomiadiversificata,conindustriealimentaricheilmitomediterraneoavevanodadecennisfruttato. La repubblica non lotta più per allargare confini troppo stretti, ma lancia prodotti emessaggi inognidirezione,versomercati lontani, replicandoun’immaginegastronomicagrazieaqueiterminalichesonolepizzerieall’estero,inegozicolfiascoelamortadellainvetrina,eituristidiognipaese.Comenegli anniTrenta, alnuovoMediterraneocollaborano laProvenzae laCostaAzzurra,laCostaBravael’Andalusia,conlalorocatenaininterrottaestraziantedivillaggituristici.Ma,adifferenzadellaFranciaincuiParigihanellacucinaprovenzaleunarivale,l’Italia,datoilsuoordinamento gastronomico regionale, profitta del decentramento, comincia a praticare al Nord ilmodellodelSudconprodottidelNord,evendeovunque,grazieagliemigratimeridionali,lapizzacolpomodoro.

A incrinarsi, con il crescente benessere, sonogli orientamenti gustativi tradizionali, il primatodellacarnenellaregionepariginaeilcultodelmaialeemiliano,lepastefrescheripieneeconditeconburroepanna.Ilcuococheguardaamezzogiornosostituisceleproteineanimaliconquellevegetali,imponeilfrescoel’olio,serveintavolauncestodifrutta.Neipiattidimaggioresuccesso,lapizzaegli spaghetti, varietà, profumi e colori ottenuti improvvisando rappresentano parte importante delsuccesso.Una delle caratteristiche di questa cucina è che, per quanto circoscrivibile in uno spaziogeografico, può essere rifatta ovunque con prodotti originali o succedanei. IlMediterraneo è unametafora espressa con sinonimi. La tavola italiana in crisi di identità domestica, sempre piùdipendente dai semilavorati industriali, rinasce da queste ceneri, senza rinunciare al suopolicentrismo,allesueregioni,aisuoipiattilocali,allesueatavichegelosie,dimostrandoinformaparadossale che un paese con troppe identità, frammentario, appare a distanza un faro continuo eomogeneodiculturagastronomica.

II.Mangiareall’italiana

1.Saporieprofumidell’ortoIlpiùanticoricettarioitaliano,ildue-trecentescoLiberdecoquina,cominciadalleverdureelofa

diproposito, intenzionalmente:«Volendoqui trattaredellacucinaedeidiversicibi,perprimacosacominceremo dal genere delle verdure». E via con i cavoli: bianchi, verdi, all’uso di quaresima,all’usodeiromani,degliinglesi,deifrancesi…diecidiversericettesisusseguono,primadipassareaglispinaci,ai finocchiealle«foglieminute»,epiùoltreallepreparazioniabasedi legumi:ceci,piselli,fave,lenticchie,fagioli.Tuttociònonèovvio,ancheseilLiberlogiustificaconl’opportunitàdiiniziare«dallecosepiùfacili».NonèovvioperchéleverdurenonfuronomaidigranmodanelMedioevo,sulletavoledeipotenti:ilsimboloalimentaredelpotereeralacarne1.

Ci troviamo forse di fronte a un libro di cucina «popolare»?Certo che no: quella delLiber –prodottoaNapolinegliambientidellacorteangioina–èunacucinadestinataallaclassesignorile:«prepara i cavoli delicati ad uso dei signori», vi leggiamo, oppure: «le piccole foglie odorose sipossonodarealsignore».

Sitrattaalloradiunaparticolaritàregionale?Diunindizio–mettiamo–di«mediterraneità»?Seanchefosse,ilmodellosarebbeampiamentecondivisonellapenisola:laversionetoscanadelLibernonsolone riprende loschema(iniziandoanch’essadaicavoli)maaggiungemoltinuovipiattidiverdura, allargando il repertorio delle erbe e delle radici: accanto a cavolo, finocchio, spinaci,bietole e rape compaiono porro e scalogno, zucca e asparagi, borragine e lattuga, navoni e«raponcelli».Gliaggiornamentiaccolgonoconsuetudiniterritoriali,mostrandocilaconcretezzaelarappresentatività di queste cucine «scritte»: il protagonista per eccellenza del Liber napoletano, ilcavolo,arretradifronteallerape(perlequalisidannomoltericetteinpiù)ealporro:«Togliporribianchi,ausodiToscana»2.

La cultura medievale, assai attenta a segnalare le differenze di ceto, mediante codici dicomportamentochecoinvolgevano inprimo luogo i consumialimentari, identificava senz’altro leverdurecomecibipoveri,«contadini»: il fetoredell’aglio,dellacipollaedeiporricheunvecchiopellegrino porta nel suo sacco assieme al pane è sufficiente a segnalarne lo stato sociale e aprovocarelanauseadelmonacoGiovanni,affiancatosialuisullaviadiritornodaRoma.Aquestoepisodio,riportatodauntestoagiograficodelXsecolo3,centoaltrisenepotrebberoaffiancare,finoallanovelladiSabadinodegliArienti (XV-XVI secolo) che raccontaunabeffagiocatadalducadiFerraraErcoled’Este ai danni del contadinoBondeno, chepresumeva, nientemeno, di essere fattocavaliere: si fanno dunque i preparativi, ma al momento di scoprire lo scudo con le insegne delnuovo«nobile»eccoapparire,frasquilliditrombeefralerisategenerali,uncapod’aglioincampoazzurro, emblema di un’impossibile promozione sociale. Perché, commenta Sabadino, l’aglio«sempreèciborusticano,quantunqueallevolteartificiosamentecivilesefaza,ponendosenelcorpode li arostiti pavari»4. La precisazione lascia intuire un contrasto fra l’ideologia e la pratica, fra icodicialimentari«pensati»–che lasciano l’aglioaicontadini–egliusiquotidiani,che lovedonoimpiegatoanchenellacucinadicorte.Contrasto forte,chenecessitadi«segni»altrettanto fortiperessererisolto.

IlprimosegnoèquelloprospettatodallostessoSabadino:gliaccostamentie lemodalitàd’uso

chiariscono inequivocabilmente la destinazione sociale della vivanda. Il prodotto umile vienenobilitato facendolo partecipe di un diverso sistema gastronomico e simbolico, quale sempliceingrediente–nonprotagonista–divivandedipregio.Nelmomentoincuil’aglioèconficcatoinunpapero arrosto, la sua natura contadina «artificiosamente» simodifica. Perciò l’agliata, la salsa abase di aglio pestato nelmortaio, tipica della cucina contadina5, può comparire anche nei ricettaridelle classi alte: il libro venezianodelTrecento la propone «a ogni carne»6.Allo stessomodo, laricettadei«cavolidelicatiadusodeisignori»contenutanelLiberdecoquinanonmancadiprecisarecheessiandrannoserviticomecontornodellecarni:cumomnibuscarnibus7.

Laseparazionealimentareegastronomica fra leclassi, ribaditaconasprezzadalla letteraturaedalla trattatistica, non esclude dunque la presenza di prodotti e sapori «rusticani» nella cucina«civile», fortemente segnata da un «retrogusto» popolare che, pur essendo in qualche modoprevedibile, nonmanca di stupire per le dimensioni che assume.Nei ricettari di corte trecenteschicolpisce il gran numerodi piatti a base di verdure, l’uso sistematico dell’aglio e della cipolla neicondimentieneisoffritti.Colpiscelasemplicitàditantepreparazioni,chebenpotremmoimmaginaresulla tavoladiuncontadino senon fosseperqualche ingredientepreziosooperun tocco finale–l’aggiuntadispezie–cheimmediatamenteciriportaalclimadelprivilegioeconomicoesociale.Èquesto,oltrealgiocodegliaccostamenti,ilsecondosegnodellanobilitazione.Peresempio:«Togliraponcelli,benebullitiinacqua,eponiasoffriggereconoglio,cipollaesale;equandosonocottietapparecchiati, mettivi spezie in scudelle»8. Oppure (ricetta toscana della insaleggiata di cipolle):«Togli cipolle; cuocile sotto la bragia, e poi lemonda, e tagliale per traverso longhette e sottili:mettili alquanto d’aceto, sale, oglio e spezie, e dà amangiare»9. Qui, solo le spezie segnalano ladifferenza.SivedaanchelaTortad’aglidellibroveneziano:«Toyliagliemondalielessali;quandosono cocti metili a moglio in acqua freda e poy pistali» stemperando con uova e aggiungendozafferano,formaggiofresco,lardobattuto,speziedolcieforti,uvapassa10.

Tuttociòimplicaunabasecomunediculturagastronomica,una«trasversalità»sociale–aldilàdelle opposizioni simboliche – di pratiche e di consuetudini alimentari. La commistione di coseprezioseecomuni, lapossibilitàdiscegliereleuneolealtreèesplicitamenteprevistadalricettariotoscanodifineTrecento,chelasciaognidecisionealgustodelsignore:«inciascunasalsa,savoreobrodo,sipossonoponerecosepreziose,cioèoro,petrepreziose,spezieelette,ovverocardamone,erbeodorifereocomuni,cipolle,porriatuovolere»11.

Nontutti,però,lapensanoallostessomodo:allafinedelXIVsecolo,unaversionesettentrionaledelLiber de coquina sopprime del tutto la parte consacrata alle verdure12. Ed è significativo – faosservareRebora–chenumerosielementidellacucinapoveraentrino«senzariserve»nellacucinadi corte – nelLiber, appunto, e nella maggior parte dei suoi epigoni italiani – mentre i ricettari«borghesi»tendonopiuttostoaescluderli:certoper lamaggiorevicinanzasociale,cheprovocaunmaggior desiderio di distinzione13. In generale, tuttavia, la condivisione di prodotti e sapori ènotevole,evaquisottolineataperchésitrattadiundatotipicamente–anchesenonesclusivamente–italiano.

Nel contesto gastronomico europeo, la cucina italiana si segnala fin dal Medioevo per laricchezzad’impiegodeiprodottidell’orto:nonsololeverdure(«domestiche,ovverosalvatiche,sed’ortinonsipotessenoavere»)14ma leerbeodorose,che regolarmente si affiancanoallepreziosespezie: maggiorana e menta (i due profumi caratteristici della cucina italiana medievale erinascimentale: Scappi, nel Cinquecento, li proporrà con regolarità assoluta in gran parte dellericette), rosmarino,prezzemolo, salvia,aneto;menopresenti ilbasilico, l’alloro, lanepitellaepoi(inScappi)lapimpinellaeilserpillo.Anchefunghietartuficompaiononeiricettariitalianiconuna

«naturalezza» altrove sconosciuta, segno – ancora – di una profonda condivisione di saperi fra ilmondocontadinoequellocittadino-nobiliare.

I grandi ricettari quattro-cinquecenteschi riprendono e amplificano questa tradizione. Cavoli,rape,finocchi,funghi,zucche, lattuga,prezzemoloeognisortadiherbette,oltrea legumicomelefave e i piselli, sono alla base di tante preparazioni (minestre, torte, frittelle) proposte daMaestroMartino. Platina si sofferma a spiegare con dovizia di particolari il modo di condire la lattuga,l’indivia,labuglossa,laportulaca,lamalva,ilradicchio,lasassifraga,lapimpinella,l’acetosa…el’insalatamista:

L’insalatamista si prepara con lattuga, buglossa,menta, nepitella, finocchio, prezzemolo, crescione, origano, cerfoglio, cicoria elancedine–detterispettivamentedaimedicitarassacoearnoglossa–,morella,fioridifinocchioeparecchiealtreerbearomatiche,lavatee scolateperbene.Simettono inunpiattogrande, si salanoconabbondanza, si aggiungeolioe sopra si spargeaceto;poi si lascianomacerareunpo’.Perlaloroselvaticadurezza,quandosimangianoèbenetriturarlealungoconidenti15.

«Ilcibodell’insalate [è]quasiproprio (diconogl’oltramontani)de’ Italianighiotti,qualihannotoltalavivandaagl’animalibrutichesimagnanol’herbecrude».CosìscriveCostanzoFeliciinunalunga lettera – vero trattato di botanica gastronomica, indirizzato nel 1569 aUlisseAldrovandi –Del’insalataepiantecheinqualunquemodovengonopercibodel’homo16.Suquestalinea,ametàfrail trattato di scienze naturali e il libro di cucina, non mancano altri esempi illustri in Italia:ricordiamoalmenoilmonumentale,eruditissimoArchidipno,overodell’insalata,edell’usodiessapubblicatonel1627dall’aquilanoSalvatoreMassonio.Nobilitandolasceltae laraccoltadelleerbecon spirito umanistico, il medico aquilano foggia un grecismo,Archidipno, per designare quellaparteinizialedelpranzodicuil’insalata,omeglioleinsalatedierbe,difiori,difrutti,dimescolanzasonoilprincipioeilcoronamento.

ParticolarmenteimportantedalnostropuntodivistaèilBrieveraccontoditutteleradicidituttel’erbeedi tutti i fruttichecrudiocotti inItaliasimangiano,operadiGiacomoCastelvetro,esuledall’Italia perché seguace delle idee protestanti. Scritto nel 1614 ma, all’epoca, non pubblicato astampa,questo«racconto»èunasortadi rassegnadellagastronomia italiana,colta inunodeisuoiaspettipiùoriginali edistintivi: appunto l’usodiverduree insalate, cibidicuiCastelvetro sente lamancanza – ma meglio sarebbe dire: la nostalgia – nella «carnivora» Inghilterra. Egli decanta erimpiange un’identità gastronomica che sente come sua, tanto più significativa se pensiamoall’origine «padana» dell’autore, modenese di nascita e, dopo lungo peregrinare in Europa,veneziano d’adozione. Se mai pensassimo a una gastronomia vegetariana in termini di«mediterraneità», ecconeuna secca smentita.Unnapoletanonon avevapercezionediversa: «Addiopastinacheefogliemorte;addiozeppoliemigliacci;addiocavolietarantello»,piangesconsolatoilfigliodi un riccomercante, esiliatodall’amata città, inunanovelladiGiambattistaBasile. «AddioNapolinonplusultra[...]Menepartoerimarròvedovodelletuepignattemaritate,sfrattodaquestobelcasale,broccolimieivilascioaddietro!»17.

Castelvetrononmancadiesporreleragionipercui«gl’Italianimanginopiùerbaggiefruttichecarne»:

Laprimaèche labellaItalianonè tantodoviziosadicarnaggiquantoè laFranciaequesta isola[l’Inghilterra];perciòanoifadimestieriingegnarcipertrovarealtrevivandedanudrircotantasmisurataquantitàdipersonechesitrovanoincosìpicciolocircuitoditerra.L’altra[ragione],nonmenpotentedellagiàaddotta,èperlocaldograndechenovemesidell’annovifa,checifainguisavenireanoialacarne18.

Ragionidipovertà,dunque,ediclima; trasformatesiperòbenpresto inconsuetudini, tecniche,cultura. «Non è assai [non basta] aver molte buone erbe per fare che la insalata riesca buona»,osservaancoraCastelvetro:bisognasaperla trattareadovere.Cosache«moltecucinatriciecuochioltramontani»nonsannofare:soprattuttoaloroèrivoltounlungoinsegnamentochepercorretuttelefasidipreparazionedell’insalata:pulire, lavare,asciugare,salare,oliare,mescolare,aggiungere

acetoepoidinuovomescolare19,secondolaleggeinsalatescacherecita:«Insalatabensalata,pocoacetoebenoliata».Conclusione:chipecca«controacosìgiustocomandamento»èdegno«dinonmangiarmaibuonainsalata».

Ildiscorsoèrivolto,ovviamente,achipuòpermettersidi«benoliare».LatavoladiBertoPanada,il contadino delBaldus di Folengo, non può offrire che «un’insalatina di erbe varie» condita con«sale,acetoequalchegocciolad’oliocontata»20.

Il repertoriodeiprodottiorticoli, chepercircaunmillenniononera sostanzialmentecambiatorispettoall’etàromana,sistavanelfrattempoarricchendo.GiànelXIII-XIVsecolosieradiffusolospinacio, introdotto dalla Persia tramite gli arabi21: agli inizi del TrecentoBonvesin da laRiva loincludetralespecialitàdellacampagnalombarda22.

Poiapparveilcarciofo,derivatodalcardoselvaticoconoperazionidiinnestosperimentategiàinMedioOrientemachevariautoriattribuisconoal talentodegliorticoltori italianidelXVsecolo23.«VeggonsiàtempinostriicarcioffiinItaliadidiversesortiimperochédispinosi,serratieapertiedinon spinosi ritondi, larghi, aperti e chiusi se ne ritrovano», scrive nel 1557 Andrea Mattioli24.CostanzoFelici,nellagiàcitataletteradel1569,attestaunalargadiffusionedellapiantaedelsuouso,soprattuttosulletavolediprestigio:icarciofi«sonnofruttidepianteoherbespinosecognosciutidatutti hormai; tanto la gola vi ha industriato sopra che gli ha fatto familiarissimi a tutti et in granreputationeappressode’grandi»,che limangianocrudiocotti«indiversimodi,oconolioocongrassooconbutiroesaleepepe,sopralegradelle,sopralebrage,onelbruodograssoetinmoltialtrimodisecondochepiùdiletta»25.

Perquantoriguardairicettari,laprimacitazioneèinuntestoanonimonapoletanodellafinedelQuattrocento26; i testi cinquecenteschi (Messisbugo, Romoli, Scappi) ne fanno ormai ampio uso eaddiritturac’èchispiegacomesidevecorrettamente«trinciarlo»27.Èunamodadilaganteeciòchesoprattutto colpisce gli stranieri è che la passione italiana per il crudo possa coinvolgere anche icarciofi:nel1581MontaigneannotanelGiornalediviaggioche«intuttaItaliavidannofavecrude,piselli, mandorle verdi, e lasciano i carciofi pressoché crudi»28. Cosa possibile soprattutto «sulprincipiodellasuastagione»,ossia«ne’ tempidellaQuaresima»,quando,nonacaso, ilcarciofoè«molto ricercato»: lo ricordaPaoloZacchia illustrando Ilvittoquaresimale (1636) pur precisandoche,asuoavviso,èmigliorecotto, inqualsiasimaniera:«lessopassapiùfacilmente;arrostoèpiùgratoallostomaco; tartufolato,comeicuochidicono,cioèconditoconmentaselvatica,aglio tritominutamenteeinpocaquantità,pepe,eolio,esale,risveglial’appetito;eintuttiimodidàbuonbere,eèaperitivo»29.

Diversalasortedellamelanzana,importatainSpagnaeinSiciliadagliarabi,giàmenzionatanelduecentescoNovellino30erappresentataneiTacuinasanitatisdelTrecento,maalungoguardatacondiffidenza:ilnomestessomelainsana,o«pomosdegnoso»chetroveremoancorainScappi,bastaatestimoniarlo.«Piantavolgare»lachiamaMattioli,riferendodiusisoprattuttopopolari:«Mangiansivolgarmente fritte nell’olio con sale e pepe come i fonghi»31. Anche Costanzo Felici si mostrasospettoso e non condivide l’entusiasmo di quanti lamangiano «avidamente per il più cotta nellebrageegradelle[...]etancofritte»32;nonostantelapresenza–inverodiscreta–neimaggioriricettari,la melanzana continuerà a essere gravata di un’immagine di marginalità sociale e culturale,accentuata dalla particolare attenzione di cui essa godeva nella cucina ebraica. Nel XVII secoloFrugoliscriveràche«nondevonoesseremangiatesenondagentebassaodaebrei»33–attribuzioneribaditadaVincenzoTanara(«vivandepercampagna[...]emassimeperlafamigliasiccomeperglihebrei sono costumato cibo»)34 e che troveremo ancora in pieno Ottocento. Ma a quel puntoPellegrinoArtusineavràrovesciatoilsenso,notandocheseipetonciani«eranotenutiavilecome

cibodiebrei»ciòstarebbesoloaconfermache«inquesto,comeinaltrecosedimaggiorrilievo,[essi]hannosempreavutobuonnasopiùde’cristiani»35.

Nei ricettari del Cinquecento compaiono anche i fagiolini (prima volta nei Banchetti diMessisbugo)eicavolfiori(OperadiScappi).Edèinquelsecolochecominciaaesserecoltivatoilfinocchio dolce, nuova varietà – quella che tuttora usiamo – rispetto al finocchietto aromaticoimpiegatocomecondimentonella cucinamedievale.«Gloriadegli agricoltoribolognesi» secondol’agronomoTanara36,esso incontraunastrepitosafortunasulla tavolarinascimentale: il«finocchiodolcefresco»(opiùprecisamente,«finocchiodolceverde,mondoilgambo»)comparepraticamenteintuttelelistedivivandediBartolomeoScappi,servitosempreallafinedelpranzosecondounusoancoraoggivivo,soprattuttoalSud.

Poic’èilgrandecapitolodeiprodottiamericani.Le zucche «turchesche» (quelle che comunemente usiamo oggi) si affiancano, in Scappi, alle

«nostrali» (la lagenaria, conosciuta fin dall’antichità e normalmente utilizzata nella cucinamedievale).

Dei «fagioli senza occhi» ci parla, nel 1584, Giovan Battista Rossetti37, alludendo alle pianted’America (solo il piccolo fagiolo «dell’occhio», il dolico, era conosciuto in Italia e in Europanell’etàanticaemedievale)38.

Il pomodoro, curiosità esotica, frutto ornamentale solo tardivamente commestibile, fa la suaapparizione nelle opere dei naturalisti e dei viaggiatori, del Mattioli e di José de Acosta39.Scarsissime al di fuori di queste fonti restano le attestazioni del suo consumo, nonostante i soliti«ghiotti et avidi de cose nove» – richiamati anche stavolta da Costanzo Felici – non aspettino agustarloalmododeifunghie,appunto,dellamelanzana:frittonell’olioeconditoconsaleepepe40.Solo alla finedelSeicento il pomodoro,di cuinonèda escludereunprecoceconsumopopolare,emergenellacucinaaltagraziealricettarionapoletanodiAntonioLatini.Aciònonsembraestraneouninflussoiberico:«allaspagnola»sonodenominatevariericetteconimpiegodipomodoro,fracuiquella della «salsa di pomadoro»41, insaporita con cipolle, «peparolo» e serpillo «o piperna»,accomodataconsale,olioeaceto.Preparazione–dopoqualcheaggiustamento–destinataagrandeavvenirenellacucinaitalianaenell’industriaconserviera.Unamodalitàd’usocheinuncertosensofavoriva l’accettazione del nuovo prodotto, riconducendolo nell’ambito di una tradizionegastronomica consolidata, quella – antica, medievale, rinascimentale – delle salse diaccompagnamento: «per bollito, ò per altro», precisava in questo casoLatini.Anche per questo ilpomodoro trova piena accoglienza nella cucina italiana del Sette-Ottocento: il toscano Panunto, ilnapoletanoCorrado,ilromanoLeonardiloincludonoormaisenzaremoreneilororicettari.

Piùdifficileapparela«promozionesociale»diunaltrociboamericano,ilpeperone,chestentaparecchioadaffermarsinellacucinaitaliana.NetroviamoalcunicenninellaletteraturagastronomicadelXVIIsecolo:CarloNascialoproponeperlacotturadeltacchino,AntonioLatiniperinsaporirealcune salse42. Stessa tiepida accoglienza, un secolo dopo, nel Cuoco galante di Corrado, chequalifica il peperone come «cibo rustico e volgare» pur ammettendo che piace ormai «a moltepersone»:intalmodocilasciaimmaginarevicendeinpartesimiliaquelledelpomodoro.NelXIXsecolo,ipeperonisott’acetodiunosteveronesefinirannosullatavoladiNapoleone,dell’imperatored’Austria e del re di Napoli43. Vicende, come altre, che sembrano sfatare il mito di una cucina«popolare»sempreugualeasestessaerestiaalleinnovazioni,chesarebberopropriesolamentedellacucina aristocratica e borghese,meno condizionata daimorsi della fame44: almeno in alcuni casi,sembraessereaccadutoesattamenteilcontrario.

Neiconfrontidellapatata,invece,vifuunalunghissimadiffidenza.IviaggiatoriitalianidelXVI

secololaincontranoinAmericaenerassomiglianoilgustoaquellodellacastagna45,maperlasuaintroduzionenegliusialimentariitalianibisogneràattenderealtriduesecoli:sololedurecarestiedelSettecento,eunacapillarepropagandasollecitatadaipubblicipoteri,convinseroinfineicontadiniadaccogliere nei loro campi e sulla loro tavola questo strano «tartufo bianco» (con questo nome fuspessoindicata lapatata)cheilsensocomuneritenevapiùadattoallapasturadeimaiali.Èperaltrointeressantenotarecheancheinquestocaso,comeperilpomodoro,l’inserimentodelnuovovenutonel sistema di cucina tradizionale passò attraverso un processo di «acclimatazione», sia pure, inquestocaso, abbastanzavelleitario.Lapatatavenne infatti consigliata ai contadiniper surrogare lafarinadigranonellafabbricazionedelpane:soprattuttosuquestoinsistonogliagronomiitalianidelSettecento(peresempioGiovanniBattarra)cosìcomeavevafattoinFranciaParmentier46.Oppuresiassimilò il suo impiego aquello, tradizionale, delle rape: «Allessate e tagliate in fette condite conagli,pepe,petrosellino,eoglioinuntegame–spiegaBattarra–fannounmanicherettogustoso;oltreil poterle mangiare allessate e condite con olio sale e aceto all’usanza delle rape»47. Inoltre sicominciarono a usare nell’impasto degli gnocchi, una vivanda cara al gusto popolare fin dalMedioevo,preparatasinoaquelmomentoconfarinaoconpanegrattugiato48.Delresto,l’esperienzanon tardò a mostrare quante raffinate elaborazioni fossero possibili con il nuovo prodottod’oltremare: già i libri di ricettedel primoOttocento rivelano l’attenzionedella cultura«alta»perl’usoincucinadellapatata.VincenzoCorrado,napoletano,includeunTrattatosullepatateopomiditerranelsuoCuocogalante.Secondo la lezionedegliagronomisettecenteschi,anch’egliconsiglial’uso della fecola di patate per confezionare il pane (mescolandola al 50 per cento con farina digrano);intanto,però,ne«rivela»oltrecinquantamodidiversidiimpiegogastronomico49.

2.Polenta,minestre,gnocchiSe la centralità delle verdure è uno dei caratteri più originali della cucina italiana – perciò vi

abbiamo dedicato l’apertura di questo capitolo, con cui si intende tracciare un quadro storicod’insiemedelle risorseedeiprodottigastronomicidellapenisola–nonpossiamodimenticarecheunacostantedilungoperiododiquestastoriaèilruolodeicerealicomebasedellacucinapovera,comearmaessenzialenellaquotidianabattagliaperlasopravvivenza.Aquestopropositodiremochesoprattutto una vivandamarca la continuità della cucina italiana, risalendo, ben oltre ilMedioevo,agliusidelleantichepopolazioniitaliche:lapolenta,piattofortedell’alimentazionecontadinasindaquando, inepocaromana,venivaconfezionatacon la farinadi farroechiamatapuls.Col tempo,aquestocerealearcaicosiaffiancaronoilfrumento(concuisicominciòafareilpane)evarigraniegranellidiminorpregio,orzo,miglio,panìco,sorgo–talorapianteautoctone,taloragiuntedaaltrespondedelMediterraneo–che,datalaloroscarsaattitudineallapanificazione,servironosoprattuttoatrasmettereeadiversificarelaculturaprimordialedellapuls.FralatardaetàromanaegliinizidelMedioevosicominciòacoltivarelasegale,dapprimasullemontagnealpineepoisuscalapiùampia,data la straordinaria resistenza e affidabilità della pianta, che gli antichi avevano conosciuto solocome mala erba. Nelle regioni settentrionali della penisola la farina di segale divenne durante ilMedioevo uno dei principali ingredienti per fare il pane, un pane di colore scuro che sicontrapponevavisivamenteesimbolicamentealpanebiancodifrumento,cibodi lussoriservatoaisignori; nel Sud fu piuttosto l’orzo ad affiancarsi (e spesso, sul piano sociale, a contrapporsi) alfrumento. Ai grani inferiori si associavano normalmente i legumi, sia per la contiguità dicoltivazioneneicampi,siaperl’analogiadegliusialimentari:anchedailegumi,unavoltaessiccati,si ricavava la farina,mescolata aquelladei cereali per farne talvolta il pane, più spessopolente eminestre50.Unpulmentariodifavaepanìco(fabaetpanicomixto)compareinundocumentolucchesedel 765 come vivanda destinata in elemosina ai poveri, tre volte la settimana51. Analoghi usi sifacevanodellecastagne,granderisorsa,ainiziaredaisecolicentralidelMedioevo,dellepopolazionidimontagna–soprattuttodell’Appennino–enonsolodiquelle.«L’abbondanzadicastagne,panìcoefagioli – scriveBonvesin da laRiva sul finire delDuecento, riferendosi agli abitanti diMilano –rifocillamolte persone al posto del pane»52. Dal panìco, che si diffuse soprattutto in area centro-settentrionale,presenomeunpiatto–ilpanicium–dicuiciparlalostessoBonvesinedicuiesistetuttora il nome residuale: la «panizza» piemontese (divenuta più tardi una minestra di riso) egenovese (con farinadi ceci)53.L’agronomobolognesePierode’Crescenzi, sullo scorciodelXIIIsecolo,ciinformacheilpanìcosipuòcuocereinacquaoinlatte,«ointero,orottoconlamacina»,emostra di preferirlo al miglio: «in qualunquemodo si prenda, meglio è, che ’l miglio»54. Ma fuquest’ultimo a godere della maggiore diffusione, dal Nord al Centro-Sud della penisola,rappresentandoforse ilprincipalegranodapolentafinoalladiffusionedelmais inetàmoderna. IltrattatodiagricolturadelbrescianoAgostinoGallo,ametàdelCinquecento,ceneoffrelaricettaperboccadelpastoreScaltrito55.

Cibipoveri,lapolentaeleminestre.Eppure,anchequestagastronomiapovera–voltasoprattuttoa riempire la pancia e a garantire la sopravvivenza quotidiana – ha lasciato tracce importanti neimanuali di cucina rivolti alle classi alte. Le «fave infrante» proposte agli inizi del Trecento dalnapoletanoLiberdecoquinanonsonoaltrocheunapolentadifave,comequellache,talvoltasottoilnome di macco, un’ampia letteratura ci attesta tipica dell’alimentazione contadina56. Ricettaassolutamentesempliceepovera,nellaprimaversione(unaseconda,piùricca,prevedel’aggiuntadi

spezieezucchero):Prendi fave infranteesceltebeneequando leavraibollite, tolta l’acqua, lavamoltobenee rimettilenellostessovasoconpoca

acqua tiepida e sale, inmodo che sianoben coperte dall’acqua, e gira spesso col cucchiaio; quando saranno cotte, togli dal fuoco eschiacciafortementeconuncucchiaio,poilasciariposareunpo’equandoscodelleraiaggiungidelmieleodell’oliosoffrittoconcipolle,emangia57.

Altrettanto significativa è la «paniccia col latte» proposta dal ricettario toscano dello stessosecolo: semplice «legume» (così lo definisce il testo, forse assimilando il panìco ai legumi) benlavatoepestato,bollitoemescolatocon lattee lardo.Ricettacontadinadavvero, senon fosseche,invecedi costituire lavivandaprincipaledelpasto– comeper i poveri lucchesidiqualche secoloprima–,lanostra«paniccia»servedacontornoaqualcosadipiùsostanzioso:«questocibotupuoimangiarecolcaprettoarrosto»58.

Iricettarimedievalisuggerisconoanchepolenteabasediavena,orzo,miglio,presentatetalvoltacomevivande«per imalati»59, ossia semplici, essenziali, senza spezie aggiunte; e tuttavia,proprioperquesto,vicinealmodellodiconsumopopolare.Farro,miglioelegumicompaiononellericettediMaestroMartinoediPlatina,enumeroseminestredicereali inferiori(orzo,miglio,panìco),dicastagne, di legumi (piselli, ceci, cicerchie, fave, lenticchie, fagioli) troviamo nelle pagine diBartolomeo Scappi60: impreziosite, è vero, di spezie, zucchero, carni pregiate, ma pur semprericonducibili a una gastronomia d’impronta popolaresca. Di ciò egli appare perfettamenteconsapevole, per esempio quando precisa, nella ricetta della minestra di fagioli secchi, che «talvivandainLombardiasichiamaMacco»61.

Alla medesima etimologia del macco rimandano i maccheroni ossia gli gnocchi – tale ilsignificatopiù anticodel termine62.Vivanda cara alla cucina contadina, tipica soprattutto delNordItalia (al contrario della pasta, di cui diremo subito), gli gnocchi sono come una variante delpulmentum–cosìinfattilidefinisceFolengo63–dicuiiricettaridelXIV-XVsecolocipresentanoleprime ricette, all’insegna della più assoluta semplicità: farina, o pane grattugiato, mescolati conformaggioorossid’uovo,finoaottenerepolpettinedacuocereinacquabollente64.

Sono questi i famosi «maccheroni» che, assieme ai ravioli, precipitano dalla montagna diformaggioparmigianograttugiatocheunanovelladiBoccaccioponealcentrodelpaesediBengodi,lecuimeraviglievengonodecantateall’ingenuoCalandrino65.Nondiversamente, ilpaesediBuonaVitadicuifavoleggiaunanonimomodenesedelXVIsecolo,trasferendoaldilàdell’Oceano(appenaattraversato dai navigatori europei) la tradizionale utopia del paese di Cuccagna, non offre cibiesoticima«unamontagnadicasiograttato»,solainmezzoallapianura,incimaacuiunagigantescacaldaia«semprebolle,cuocemacheroni;epoi,cotticheson,fuorilimanda»,che«s’incasian»giùperilmonte66.Maneppureicuochidicorte,neppureCristoforoMessisbugo67oBartolomeoScappipossono dimenticare questo particolare tipo di «maccaroni, detti gnocchi» (altri «maccheroni», inostri,sarannonelfrattempocomparsi):«fatticonfioredifarina,mollicadipaneeacquabollente,su la gratacascio, allessati, coperti di agliata», essi fanno capolino tra ben più nobili e sontuosevivande68.

TrailXVeilXVIsecolounnuovocerealesidiffondenell’ItaliadelNord:ilgranosaraceno,concui i contadini lombardi e delle aree alpine cominceranno a fare una polenta di sapore piùamarognoloedidiversocolore: chinon ricorda la«piccolapolentabigia,digran saraceno», cheManzoni fa apparire sulla tavola di Tonio e della sua povera famiglia?69 Gialla, invece, come latradizionalepolentadimiglio,èlavivanda–anch’essanuova,anch’essaantica–cheicontadinidellaregionepadanacomincianoatrarredalmais,ilnuovocerealevenutodall’America.

GiànellasecondametàdelCinquecento–conunaparticolareprecocitànell’areaveneta–ilmaisvieneintrodottonellepratichedicoltivazioneenelladietacontadina70,«adattato»agliusidicucina

tradizionali: «fanno di questa farina i contadini polenta», scrive in quegli anni il medico CastoreDurante da Gualdo71. Un uso che faceva parte della nostra storia ed era, invece, ignoto allepopolazioniamericane,che–osservavaFrancescoCarlettinelsuodiariodiviaggio–consumavanoilmaisinmoltimodidiversi,bollitooarrostito,interooagranioimpastato,manonsottoformadipolenta72.Come spesso avvienenella storiadella cultura– eperciòdella cucina– ildiverso vienetrasformato,adattatoal sistemadivalorichesi riconoscecomeproprio:meccanismocheabbiamogiàriconosciutonellevicendedellapatata(concuisifecerognocchi,esitentòdifareilpane)edelpomodoro(trasformatoinsalsa).Inquestocaso,però,leconseguenzefuronodrammatiche:traXVIIIeXIXsecolosidiffuseronellecampagneitalianevereeproprieepidemiedipellagra,unamalattiadacarenza vitaminica causata da un’alimentazionemonotona, basata quasi unicamente sulmais sottoformadipolenta:èsoloattraversoqueltipodipreparazione,infatti,cheessovieneprivatodialcunevitamine essenziali all’organismo umano; per questo, in America non si eramai verificato alcunfenomenodelgenere73.

Affiancatosidapprimaaicerealitradizionali,ilmaisapocoapocolispazzòvia:leragionidellafame, fattesi implacabili durante il Settecento, costrinsero i contadini a «scegliere» la pianta piùproduttiva,ascapitodituttoilresto.«Intempodicarestiaridottoinfarina,senefapolentadolce»,scrivel’agronomoVincenzoTanaragiàallametàdelXVIIsecolo,riferendoicostumideicontadiniemiliani74;unsecolopiùtardi,ilsuocollegaGiovanniBattarrariferiscecheainiziaredal1715,«chedaivecchisièsemprechiamatol’annodellacarestia»,ilmais(assiemeallapatata)èstatodiaiutoamolti, per sopravvivere75.Di fronte a immagini come queste, la pressoché totale assenza delmaisdalla cucina delle classi alte si giustifica e quasi si impone, in termini simbolici oltre chegastronomici.Unaminestradiformentonegrosso,cioèdimais,comparenell’OperadiScappi76,maitrattatidicucinadeisecolisuccessiviricordanoilnuovocerealesolocomemangimeperglianimali(così, nel Seicento, Bartolomeo Stefani e Antonio Latini)77. Sarà piuttosto una scena goldoniana,protagonistaArlecchinoeternoaffamato,atesserelalodedellapolentagiallaperboccadell’amataRosaura78.

Ancheilrisosiaffermacomecibopopolareinetàmoderna,partecipandoperò,inquestocaso,aunastoriapiùcomplessachecoinvolgeanchel’altagastronomia.Pressochéignoratodagliscrittorigreci e latini, esso fu acclimatato inOccidente dagli arabi, che ne introdussero la coltivazione inSicilia e inSpagna.Al di fuori di queste aree, che videro presto entrare il riso nelle tradizioni dicucina, ladiffusionedelprodotto rimasea lungoconfinatanell’ambitodellaspezieria:nelCentro-Nord della penisola erano le botteghe degli speziali a vendere il riso, assieme alle droghe e aiprodottiesoticid’importazione.NelMedioevoessoerausatoprevalentementesottoformadifarina,ocomeingredientemedicinale(giàiltrattatodidieteticadiAntimo,nelVIsecolo,loconsigliaperidissenterici)79 o per ispessire le minestre: il Liber de coquina trecentesco lo impiega nel«biancomangiare»precisamentealloscopodirenderedensalavivanda(sitspissumsicutrisussoletesse)80.SolonelQuattrocentolasuacoltivazioneeilsuousoalimentarecomincianoadallargarsi.Ametà del secolo, il ricettario di Maestro Martino propone una preparazione già prevista comevariante inalcuni ricettariprecedenti81echerappresenta inqualchemodo il traitd’union fra l’usomedievaledelrisoinformadifarinael’usomodernodelrisocomepiattoasé.Laricettadirisoconlactedemandoleè infattiunavivanda«autonoma»,manonpuònonrichiamare ilbiancomangiarenell’usodiingredientituttibianchicomeriso,latteezucchero82.

NelXV secolo il riso «sfonda» alNord: nel 1475, due lettere del signore diMilanoGaleazzoMaria Sforza consentono di esportarne alcuni sacchi da seminare nel Ferrarese (dunque, inLombardialosicoltivavagiàdaqualchetempo).NelXVIsecoloentra,alparidelmais,nellaschiera

dei «nuovi alimenti» con cui si tenta di placare la fame contadina; di tale destinazione popolare ètestimoneilcronistabolognesePompeoVizani,quandoraccontaledrammaticheconseguenzedellacarestiadel1590:tantipoveridelcontadoaffluitiincittàadomandareciboesubitoricacciatifuoridallemura per non compromettere il precario equilibrio annonario del centro urbano. Per tenerlibuonifinoalnuovoraccolto,sidiedeordine«cheognigiorno,indiversiluoghidelcontadoaciòdeputati, fosserodispensatequattroonciedi risoperciascunodi loro»83. Probabilmente a causadiquesta(nuova)immaginedicibodipovertà,attoariempirelapanciadigenteaffamata,ilrisonontrovaparticolareattenzioneneiricettaridicortedelCinquecento.Delresto,dopoil«boom»quattro-cinquecentescoessosembraarretrarenelXVIIsecolo,soprattuttoacausadellepolemichesull’igieneambientale (nelNord si era infatti diffuso il sistemadi allagare le risaieper accelerare la crescitadella pianta) che un po’ dappertutto convinsero le autorità a proibire o limitare tali coltivazioni«malsaneepestilenziali».IlrisotornadinuovoinaugenelSettecento,comerisposta(simileaquelladel mais, o della patata) a difficoltà alimentari particolarmente gravi: in certe zone esso vieneintrodottoperlaprimavolta,inaltrereintrodotto.Siconfermaintalmodolasuaimmaginedicibopovero, a cui peraltro si affiancano usi più raffinati come quello dei risotti al Nord o, al Sud,complessepreparazionicomeitimballieisartù.

3.L’invenzionedellapastaGià i romani, come altre popolazionimediterranee e di altre zonedelmondo, conoscevano la

praticadi impastare la farinaconacquaedi«stenderla» inuna larga sfogliachiamata lagana – lanostra«lasagna»–chevenivapoitagliataalarghefaldeecucinata.MafusolamentenelMedioevochesidefinironoalcunielementidecisiviper lacostituzionedella«moderna»categoriaalimentaredella pasta84. Anzitutto la varietà delle forme: larghe, strette, corte, lunghe, forate, ripiene. Poi, ilmododicottura:mentrelalaganaromanaeracottaalfornoassiemealsuocondimento(chefungevaun po’ da liquido di cottura)85, nel Medioevo si lanciò la nuova consuetudine, continuata fino aigiorninostri,dibollirelapastanell’acquaonelbrodo–talvoltanellatte.Infine,l’invenzionedellapasta seccaa lungaconservazione, cioè la trasformazionedelmanufatto inunprodotto industrialeadatto al trasporto e alla commercializzazione. Di quest’ultimo, fondamentale aspetto della storiadella pasta si suole attribuire la paternità agli arabi, che avrebbero escogitato la tecnicadell’essiccazione per potersi garantire scorte alimentari durante gli spostamenti nel deserto. Neiricettari arabi la pasta secca compare già nel IX secolo86, e a tale tradizione è verosimilmentecollegatalapresenzainSicilia–nellaSiciliaoccidentalediculturaaraba–dimanifattureperlasuaproduzione, testimoniate findalXIIsecolo:è ilgeografoEdrisia informarcidell’esistenza,aqueltempo, di una vera e propria industria di pasta secca (itrija) in località Trabia, una trentina dichilometridaPalermo.Inquestazona,egliscrive,«sifabbricatantapastacheseneesportaintutteleparti,nellaCalabriae inaltripaesimusulmaniecristiani;esenespedisconomoltissimicarichidinavi»87.

Ancora gli arabi diffusero, con ogni probabilità, l’uso delle paste lunghe, attestate sul pianoiconografico dai Tacuina sanitatis del XIV secolo. L’Italia pertanto si trovò a essere il luogo diconfluenzadiduediverseeconvergentitradizionigastronomiche,laromanael’araba,alorovoltaprobabilmente collegate con altre tradizioni e culture: qualcuno pone la Persia come area didiffusioneprimariadellapasta,esportatainOccidenteconlamediazionedegliarabieapprodata,aEst, nella gastronomia cinese. Una serie di circostanze – non ultimo, il ruolo decisivo delle cittàmarinareitalianenelsistemacommercialedelMedioevo–favorìilradicarsinellapenisoladiquestediverse tradizioni, la loro progressiva rielaborazione, il loro straordinario arricchimento. Ilmoltiplicarsi delle forme di pasta accompagnò il diffondersi del loro uso gastronomico, sia nellaversionediprodottifreschidifabbricazioneediconsumodomestico(nellecittàenellecampagne),sia nella versione di prodotti industriali trasportati via mare lungo le coste della penisola e poiall’internodelcontinenteeuropeo.NelXIIsecoloimercantigenovesieranogiàdiventati il tramiteprincipaledidiffusionedellapastasiciliananelleregionidelNord;dilìapocolaLiguriasidefiniscecomeareaprimarianonsolodismercio,madiproduzionedi«vermicelli»ealtritipidipasta.Certonon casualmente, le ricette di tria presentate dai libri di cucina trecenteschi sono designate come«genovesi»88; ancora nei secoli successivi e per tutta l’età moderna, i ricettari continueranno aindividuare questo manufatto gastronomico con l’etichetta paste di Genova. Nel corso delQuattrocentoaltrezonediproduzione,soprattuttolaPuglia,siaffiancanoaquellesicilianeeliguri,mentre l’area padana (Emilia,Lombardia,Veneto) rimane più legata all’uso domestico della pastafresca,chetuttoralacontraddistingue.

Nelfrattemposimoltiplicanoanchelemenzionidocumentariedipastafresca.Lasagne,tortellieuna«pastadigranelli»89compaionosullamensadeglieremitidiCamaldoli,nell’Appenninotosco-emiliano, nel XII secolo: sono servite in determinate occasioni o festività, secondo un calendario

definitoconprecisionedalle«consuetudini»dellacomunità90.Frairicettaritrecenteschi,unosolo(ilLiberdecoquinanapoletano)spiegaperfiloepersegno

comesifanno,sicuocionoesicondisconolelasagne:prenderepastafermentata(un’eccezioneolanorma?), stenderla sottile, dividerla in quadrati della larghezza di tre dita (per il lungo, è dapresumere).Bollireinacquaecondire,astratialterni,conformaggiograttugiato(caseumgratatum)e,apiacere,spezieinpolvere91. Ilconsigliofinaledimangiarelavivandaconunattrezzodi legnoappuntito(unopunctorioligneo)ci fasospettareche laprecocediffusionedellaforchetta inambitoitaliano – fin dal Trecento essa sembra usata abbastanza normalmente, mentre negli altri paesieuropeiancoranelXVII-XVIIIsecolovisarannoresistenzeadabbandonareiltradizionaleusodellemani–siastata,almenoinparte,sollecitatadall’introduzionenelsistemaalimentarediunavivanda«difficile»comelapasta,scivolosaepericolosamentebollente92.

Allostessomododellelasagne–continuailnostroLiber–sifannoicroseti,rotondieoblunghi,chevannocalcaticonunditoperottenereunaformaincavata.Sitrattaevidentementedei«corzetti»genovesieprovenzali,nontroppodiversidai«cavatelli»pugliesi93.

La pasta lunga è forse quella che il Liber nasconde sotto il nome di ancia alexandrina, unavivandaconfezionatacon«semolaapula»(chesisuggeriscedicuocereinlattedimandorle)perlaquale è stata proposta una derivazione etimologica da ancia = tubo, cannello, vermicello94.Soprattutto a essa allude il termine tria dei documenti scritti e iconografici. Le prime indicazionitecniche sulla fabbricazione dei vermicelli sono nel ricettario quattrocentesco diMaestroMartino:«Distemperalapasta[...]etfilalasottilerompendolaapezolipecciniconleditaamododivermicelli,etponeliaseccharealsole»95.

Ancora Martino ci dà la ricetta dei maccaroni siciliani, dove per la prima volta il termine«maccheroni»stachiaramenteaindicareilmanufattochetuttoraconosciamo,ossiaunapastacortapertusata(forata):

Pigliade lafarinabellissima,et inpastalaconbianchod’ovoetconacquarosa,overoconacquacommuna[...]et fa’questapastabendura;dapoifannepastoncellilonghiunpalmoetsottiliquantounapagliuca.Ettogliunfilodiferrolongounpalmo,opiù,etsottilequantounospagho,etponilosopra’ldittopastoncello,etdagliunavolta[ungiro]contuttedoilemanisopraunatavola;dapoicacciaforeilferro,etristira[ritrai]ilmaccheronepertusatoinmezo96.

Diversiimaccaroniromaneschi,chenonsonoinrealtàmaccheroni–senonnelsensogeneraledipasta–bensìfettuccine,tagliatelle.«Pigliadelafarinachesiabella,etdistemperalaetfa’lapastaunpocho più grossa che quella delle lasangne», e avvolgila attorno a un bastone: operazione che inquestocasononserveperforare,bensìperottenerechealmomentodeltagliolefettuccineabbiano,perillungo,unalarghezzacostante97.«Etdapoicacciaforeilbastone,ettaglialapastalargaunditopiccolo,etresteràinmododebindelle,overostringhe»98.Stessoprocedimento,conqualchevariante,inMessisbugo99einScappi100.

Se i manufatti di pasta descritti nei testi medievali e rinascimentali ci risultano abbastanzafamiliari,assaidiversesonoleregoledicottura,iltipodicondimentoelemodalitàd’uso.Rispettoalgusto italiano d’oggi, che in genere predilige le cotture «al dente», cioè brevi (pur con unprogressivoammorbidirsidellapastasalendodaSudaNord),lapastadicinque-seisecolifasarebbeapparsadecisamentescotta.«Questitalimaccharonivoglionobollireperspatiodidoihore»,scriveMaestroMartinoapropositodei«maccaronisiciliani»101.Quandonasce,allora, ilgustodellapasta«aldente»?Difficiledirlo:nellericettediScappi(1570)sembraancoradilàdavenire,magiàagliinizi del Seicento Giovanni Del Turco giudica «conveniente» una cottura non troppo lunga deimaccheroni, per di più seguita da un getto immediato di acqua fresca «che gli fa diventare piùintirizzatiesodi»102.Delresto, ilgustoper lapastascottaperduraa lungoesi ritrovaancoraoggifuori d’Italia, per esempio inGermania, dove troviamo anche una seconda traccia importante dei

modelli«arcaici»diusodellapasta: il suo impiegocomecontorno ad altrevivande, soprattuttodicarne.IlLiberdecoquinatrecentescosuggeriscediservirela«pastagenovese»(triaianuensi)«concapponi, uova e qualsiasi genere di carne»103. La regola vale ancora due secoli dopo, a leggere isuggerimenti di Bartolomeo Scappi: «capponi appastati alessati coperti di lasagne», «anatredomestiche allessate, coperte di maccaroni alla romanesca», «galline nostrali alessate coperte dimaccaroni napoletani», «oche grosse ripiene alla lombarda alessate, coperte d’annolini», e viadicendo104. Ciò non esclude usi più semplici: fin dal XIII secolo, la letteratura offre significativiritrattidicommensaliavididimangiarepiattidipastafumante.RicordiamoalmenofrateGiovannidaRavenna, di cuiSalimbenedaParma scrive: «nonvidimai uomochemangiasse così volentieri lelasagnecolformaggio»105;eNoddod’Andrea,cheunanovelladiFrancoSacchettidicefamosoperla sua capacità di divorare in tutta fretta «maccheroni boglientissimi», con grande scorno di chidovevadividere con lui il tagliere e rimaneva, regolarmente, a bocca asciutta106. Si possono forsedisegnaredue tipologied’uso socialmentediversificate: lapastacomecontorno,nellacucinadellecortiaristocratiche;lapastacomepietanzaasé,nellacucinapopolareeborghese.

Quanto ai condimenti, la pasta conosce fin dagli inizi un accostamento d’obbligo con ilformaggio – possibilmente arricchito con spezie – che durerà fino alXVIII secolo e oltre. «È dasapere– recita ilLiberdecoquina – che sianelle lasagne, sianei corzetti bisognaporreunagranquantitàdiformaggiograttugiato»107.Oltrechegratatum, ilformaggiopuòessereincisum, tagliato(afette):èl’alternativachelostessoricettarioproponeperlatriagenovese108.Malaprimasceltaèdigranlungapiùpraticataesignificherà,dasubito,unosposaliziovincentetralapastaeilcacio,lacuivarietàpiùfinesaràilparmigiano–opiacentino,olodigiano,comesichiamòpersecoli109.Tutti ilibridicucinaloconfermeranno,eneppureilnuovofortunatoabbinamentodellapastaconlasalsadipomodoro – sperimentato intorno alla fine del Settecento e acquisito negli anni Ventidell’Ottocento110 – riuscirà veramente a scardinarlo. Formaggio e pomodoro, separati o uniti,rappresenteranno il condimentopiùaccessibileepopolare,di fronteal sugodi carneeal ragù, inaugenellacucinafinenapoletanaeparigina.

Dal XV secolo, il formaggio è addolcito con un’aggiunta di burro (al posto del lardo checomparivadiquandoinquandonellericettetrecentesche)111.Anchelespeziedaspolverizzaresullapastasiprecisanocome«dolci»:«mettegliinpiattelliconcasograttuggiatoinbonaquantità,buturofreschoetspetiedolci»,scriveMaestroMartinonellaricettadei«maccaronisiciliani».Pertuttal’etàmoderna,zuccheroecannellasarannoindispensabilialmenoquantoilformaggio:praticamentetuttelevivandeconpastadelricettariodiScappisonoservite«concascio,zuccaro,ecannellasopra».

La straordinaria conservabilità del prodotto (maccheroni e vermicelli seccati al sole possonodurare «doi o tre anni», scrive Maestro Martino) favorì il crescente successo commerciale egastronomicodellapasta,soprattuttonelleareedimercatourbane.Suiconsumiruralinonsappiamogranché, ma è significativo che le Maccheronee di Teofilo Folengo attribuiscano alla cucinacontadinaognisortadipastealimentari,maccheronielasagne,tagliatelleetortelli112.Dovevatrattarsinormalmente di pasta fresca, confezionata al bisogno: l’industria della pasta non riguardava lecampagne, né, in gran parte d’Italia, il clima avrebbe potuto confortare eventuali esperimenti diessiccazionedomestica.Comunque,pericontadinieraunafestametterlaintavola:comescrivenel1694GirolamoCirelli,conunacert’ariadisuperioritàcittadinesca,essi«pretendonodifareungransfoggio,quandoinvitanounamicoamangiare,ildarlilasagneomacheroni»113.

Nei ricettari la pasta viene spesso qualificata come vivanda «di magro», con riferimentoall’osservanzadegliobblighi liturgici114.Nonci stupiamopertantodi trovareunodeipiùcompletiinventaridiminestredipastainunapaginadelVittoquaresimalediPaoloZacchia(1636):

sonofrasestesseancoradifferenti,secondochelepasteopiùsecchesonoerasciutte,opiùfresche;esecondoancorachesonopiùgrosseopiùsottili;sifannoancoraconlafarinadigrano,odialtramateria.Nesonodipiùvarieforme,perchéalcunesonotonde,comequellechechiamanovermicelliomaccheroni,ediquestealcunenesonvuotedidentro,alcuneno,altrenesonolargheedistese,comelelasagne,altrenesonpiccioleetonde,comequellechechiamanomillefanti,altrenesonpiane,mastretteasfoggiadifettucce,chesonchiamatecomunementetagliolini,altrenesonocorteegrossetteelechiamanoagnolini,altrepiùlungheepiùgrosse,chiamategnocchi,evenesonodimillealtreguisechepocadifferenzafannoquantoall’esserepiùomenosane115.

Lapastarimaseperlungotempouncibofraitanti.AncoranelXVIsecolopotevaessereavvertitacome uno sfizio, una «delicatezza» di cui si poteva – anzi doveva – fare ameno neimomenti didifficoltà:aNapoli(dovesembrachesisiaincominciatoaimportarepastadallaSiciliasoloversolafine delQuattrocento) un bando del 1509proibiva la fabbricazione di «taralli, susamelli, ceppule,maccarune,triivermicelli»ediognialtra«cosadepasta»neiperiodiincuilafarinasalivadiprezzo«perguerra,ocarestia,operindispositionedestagione»116.Noneraevidentementequelloil«piattoforte»dellapopolazione,chesinutrivadipaneeminestre,verdureecarne.PerfinoinSicilialapastaera un prodotto costoso: solo nel 1501 venne inclusa fra i generi di prima necessità soggetti acalmiere,eancoraametàdelsecoloilprezzodeimaccheroniodellelasagnerisultacircatrevoltesuperioreaquellodelpane.

SolonelcorsodelSeicentolapastacominciòadassumereunruoloalimentarediverso.Lasvoltasi verificò aNapoli, dove, ametà del secolo, il sovraffollamento demografico e la crisi politico-economica della città determinarono una difficile situazione alimentare, che colpì soprattutto iconsumi carnei. Nel frattempo, una piccola rivoluzione tecnologica (lamaggiore diffusione dellagramolael’introduzionedeltorchiomeccanico)consentìdiprodurremaccheroniealtritipidipastaaunprezzoassaipiùconvenientecheinpassato.Lapastapertantoconquistòunaposizionediprimopiano nel regime alimentare dei ceti poveri urbani, e nel XVIII secolo furono i napoletani aguadagnarsi l’epiteto di «mangiamaccheroni», riservato in precedenza ai siciliani117. Nel 1787WolfgangGoethevisitaNapoli enotache«maccheronid’ogni specie [...] si trovanodovunqueeaprezzo mite». Gli usi sono ancora quelli medievali: «Vengono cotti nell’acqua, e il formaggiograttugiatoservesiacomegrassochecomecondimento»118.

Lostereotipodelnapoletanodivoratoredimaccheroni–saldamenteaffermatosianchealivelloiconografico–nontarderàadiventareunluogocomune.Quandonel1860sicompiràl’unitàpoliticadellapenisola, l’annessionediNapolialPiemontepotràesseresimbolicamenterappresentatacomeunamangiatadipasta: «imaccheroni sonocotti enoi limangeremo», scriveCavour aCostantinoNigro, ambasciatore piemontese a Parigi, alludendo all’ingresso di Garibaldi nella capitale delRegno119.La«rivoluzionenazionale»,nellamisuraincuisignifica«assunzionedelSuddapartedelNord»,èancheunarivoluzionedell’immaginegastronomicache–hascrittoFrancoLaCecla–«tirapiùanordlacopertamediterranea,dicuiimaccheronisonounaparteessenziale»120.

Peraltro, al di fuori dell’Italia, giàda tempo lo stereotipodelmangiamaccheroni erapercepitocomecarattereitalianotoutcourt.SulfiniredelSettecento,unostupitoGoldoni,invitatoapranzoaParigi da una «signora amabilissima», la sente rimproverare da un certo La Cloche: «Voi date lazuppaaunitaliano?Magliitalianinonmangianochemaccheroni,maccheroni,maccheroni»121.

4.TorteetortelliTraleinnovazionigastronomichedelMedioevounpostoparticolarespettaallepasteripiene,la

cuistoria,assaiinteressantedaseguire,malsicomprenderebbealdifuoridiunaculturacheinventò– forse riprendendo antiche suggestioni, ma in una linea sostanzialmente nuova – un manufattoalimentare tanto semplice quanto geniale: la torta o pasticcio, pastello, coppo… termini fra loroequivalenti122concuilefontiindicanounrecipientedipasta,messoalfornoofra«testi»roventi,dipietraodicoccio,alduplicescopodicontenereecuocereunripieno.Preparazionidiquestogenerenon erano ignote alla cucina romana, che tuttavia non le aveva particolarmente valorizzate: pochiindizitroviamoinApicio123,eilmoretumdelcelebrecomponimentopseudo-virgilianosi limitaadaccostareunafocacciaeuncompostodierbe124.Invece,ilibridicucinaeuropeideltardoMedioevosono un vero tripudio di torte, e secondo tutte le apparenze è dall’Italia che l’idea comincia adiffondersi:giàilLiberdecoquinadegliinizidelXIVsecolo(senondifineXIII)mostraunasicuracompetenzainmateria,mentreoltralpelatortasiaffermeràsoloinseguito,inricettaridiprobabileinfluenzaitaliana125.Delresto,nonmancanoattestazionidocumentarieeletterariecheconsentonodiretrodatarequestousogastronomicodialmenounpaiodisecoli.Peresempio, le tortecompaiononelmenùsettimanaledeglieremitidiCamaldoli,nelXIIsecolo126.

Sull’origine di questi manufatti non sappiamo molto. Recentemente è stata proposta unaderivazione della torta parmesana nientemeno che dall’antica cucinamesopotamica, ove in effettitroviamounapreparazione in tutto e per tutto simile a quella dei ricettari italiani (ed europei) delMedioevo127. Si tratta di una composizione estremamente complessa, la cui ricetta, tramandata dalLiberdecoquinatrecentescoesuccessivamentecopiataeadattata,prevedealmenoseidifferentistratidiripienodentrol’involucrodipasta:pezzidipollofrittoconcipollaespezie;raviolialformaggio,bianchieverdi;salsiccedicarneeprosciutto;fettedicarnedimaialeconformaggioeuova;salsiccediinteriora;ravioliinsaporiticonmandorleezucchero.Ecosìvia,aggiungendostratiulteriori«serimangonoancoravivande».Suognistratovannoaggiuntidatteriespezie.Allafine,chiusoiltuttocon uno strato superiore di pasta, decorato di prugne, si cuoce fra due testi e ogni tanto si apreaggiungendo lardo. Infine «si porta al signore congranpompa»128. La spettacolare scenografia diquesta vivanda ha fatto credibilmente supporre cheparmesana non derivi affatto da Parma,ma daparma=scudo,ossia«tortainformaditorre».Itempieimodidell’eventualetrasmissionediquestaidea alMedioevo italiano – forse attraverso l’Egitto, saltando di pari passo la Grecia e Roma –potrebbero rinviare a unamediazione araba altomedievale; in ogni caso, al di là della suggestivaorigine medio-orientale, a noi interessa soprattutto rilevare il luogo (l’Italia) e il tempo (ilMedioevo)incuitaleidea«archetipica»–secosìvogliamochiamarla–diedeorigineaunaculturagastronomica originale e socialmente condivisa, punto di partenza per ulteriori importantielaborazioni. Come per ogni «invenzione» – gastronomica o di altra natura – non sono tanto leoriginiadattrarrel’attenzionedellostorico,quantoimodieitempidellasuadiffusione.

Latortaèunoggettocommestibilecheparefattoappostaperattraversaretuttoilcorposociale.Estremamente pratico, facile da realizzare e da conservare, apparentemente alla portata di tutti eperciò in grado di connotare – nell’insieme – una civiltà gastronomica, esso si diversificaimmediatamentenegliusi(lafarciapuòesserepiùomenocomplessa,piùomenopregiataecostosa)e nelle tecniche di cottura: non tutti possiedono un forno, prerogativa della casa signorile o dellebotteghedicittà.Daquestopuntodivistaparrebbeun’invenzionetipicamentecittadina129:èuncasoche lapresenzadi torte siapiù cospicuanei ricettaridi estrazione«borghese»?Masonoancheun

piatto povero: abbiamo già ricordato i cittadini di Parma che durante la carestia del 1246 sicontentano di fabbricare torte senza alcun ripieno130. Che dire, poi, di certi contratti agrari cheprevedonolacorresponsionediunaturtamundadapartedelcontadino,comeomaggioalpadrone?Si tratta forse di fornire recipienti vuoti? In ogni caso, ciò implica una condivisione di saperigastronomici fra la città e la campagna. Inoltre, la torta poteva essere un pratico recipiente per iltrasportodelcibo:nelXIIIsecololacronacadiSalimbenedescrivealcunipellegrini«congliasinicarichidipane,vinoetorte»131.

Inlineagenerale,laculturamedievaleassocialetortesoprattuttoalleverdure:«Lapietanzachechiamiamocomunemente torta – scrivePlatina– credoprenda il nomedal fatto che le verduredisolitousateperconfezionarlavengonotagliateetòrte,cioèstrizzate»132.D’altraparte–continua–laghiottoneriadelnostrosecolononsiaccontentapiùdeiprodottidell’ortomaesige«pasticcidicarned’uccelliedialtrianimalidacortile»,alpuntochela(presunta)etimologiadelnomerisultaormaiincomprensibile: continueremo però a chiamare torta «sia quella pitagorica» a base di erbe, «siaquellagallica»abasedicarni.Senzadimenticare–nellericettecheseguono– ipesci, icereali, lafrutta,tuttociòchepuòentrareinunatorta,conleuovaeilformaggioancheinfunzionedileganti.Ilformaggioera invece l’ingredienteprincipaledei fladoneso«fiadoni»,un tipodi tortaopasticcioattestatogiàneidocumentidell’XI-XIIsecolo133.

Standoairicettarimedievali,lapastadestinataaracchiudereilripienononsembrafattaperesseremangiata. Essi insistono soprattutto sulla sua resistenza alla cottura, si preoccupano che siaconsistente,dura:«prendiunapastabiancaassaidura(valdeduram)efallaaformadicoppo»134.Puòesseredisolafarinaeacqua,oconaggiuntadiuova:fattainquestomodolasfogliaperlelasagne,«con lamedesimapasta, aggiuntavi altra farinaperché siapiùdurae resistente (durior et forcior),componi una crosta concava»135.Una significativa innovazione della cucina rinascimentale sarà direnderlacommestibile.

«Infinite speciedi torte» sonoevocatedaTommasoGarzoninellaPiazzauniversale di tutte leprofessioni delmondo (1585), descrivendo ilmestiere e l’inventiva dei cuochi: «la torta communefatta nell’orto, la tartera, la tartaretta, la salviata, la gattafura, la migliaccia, la torta lombarda oromagnuolaotedesca,latortamatta,latortamarchesana,latortasenzaspoglia,latortabiancaonerao verde o d’altro condimento tale»136. Ma se vogliamo entrare in cucina, a vedere come questevivandesonopreparate,èalsolitoBartolomeoScappichedobbiamorivolgerci.IlquintolibrodellasuaOpera,interamentededicatoallepaste,cisvelaun’arteormaiperfettamentecodificataintuttelesuepossibilialternativeevarianti.

Letipologiedifondosonotre:pasticci,crostateetortepropriamentedette.PerpasticcioScappiintende un manufatto di pasta dura, non necessariamente da mangiare, secondo la più schiettatradizionemedievale.Di tal fattasono i fiadoni (cosìchiamati«dalvulgo»)dentro iquali si fannocuocere «diversi grani» come il frumento, l’orzo, il riso, il farro, il miglio, il panìco137. Assaiprecise le regole per la sfoglia: dev’essere a base di farina e acqua fredda, senza sale, «perchéimpastandolaconacquacalda,econsale,falievido,efacilmentecrepa,enonècosìbuona»(avendoperòcura,l’inverno,chenonsianeppuretroppofredda,ilchenuocerebbealmenoquantoiltroppocaldo).A questo punto «rimenisi sopra una tavola per ispatio dimezz’hora», per renderla soda epastosa,esifaccia«unsfogliotondo,d’altezzad’unmezzodito».Siposeràpoiilripieno,sichiuderàesicuoceràinforno«chesiacaldo,comesesivolessecuocereilpane»138.Inmancanzadifornosipotràcuocereilpasticciofraduetestiditerracotta.

Perlecrostateeletortesiutilizzainvece–equistalanovità–unasfogliaastratisottili,conditaconlostruttoocolburro,friabile,adattaaesseremangiata:laricettadiScappiprevedeunabasea

piùstrati(dinormatre)chiusatutt’attornodaun«tortiglione»anch’esso«sfogliato»,ecopertaaldisopra da una sfoglia a due strati (tranne nei casi di torte aperte, «senza sfoglio di sopra»139). Ladifferenza tra crostata e torta140 sta nel modo di trattare il ripieno: pezzi interi (di carne, pesce,verdura, frutta) nella prima; un impasto amalgamato, nella seconda. «Volendosene fare torta,mescolisiconessematerie»,scrivedopoaverillustratolacrostatadiprugneevisciole141;oancora,per la crostata di granchi e gamberi: «volendosene fare torta, battisino i granchi, o gambari»142.Variantecheproponespesso.

Diversitermini,secondogliusilocali,sialternanoadesignarequestogeneredipreparazioni.Selecrostate«daNapoletani[sono]detteCoppi,edaLombardisfogliate»143, latortaè«daNapoletanidettaPizza» – con l’avvertenza che si tratta, in questo caso, di una base «nonpiù alta d’un dito, esenzaesserecoperta»144.Unoggetto,euntermine,destinatiallafortunachesappiamo.

Scappinonmancadiinformarcisulladifferenzafraunatorta(d’erbe)allaLombarda145eunaallaBolognese146,iduemodellimaggiormentemenzionatinellelistedimenù.Entrambesonochiusemalaprimaèpiùalta,lasecondapiùbassa(ebucata,perfarsìchesi«sgonfi»):«apenasaràaltamezzodito». Inoltre, la sfoglia della «lombarda» contiene uova, la sfoglia della «bolognese» no. Gliingredienti sono più omeno gli stessi (bietola come verdura di base, formaggio, spezie)ma conalcunediversità147.UnterzomodelloèquellodellagattafuraotortaallaGenovese148,lecuiprincipalivariantisonolascomparsadituttelespezietranneilpepe,l’aggiuntadimentae,soprattutto,l’usodi«oliodolce»anzichéburro.

NonvièprodottocheScappinonriescasapientementea«tradurre»intorta.Addiritturagiungeaproporreuna«tortadighiande»,comevariantediquelladicastagne,nonsenzaunaprecisazionenelmerito del sapore ossia che «le ghiande del cerro sono meglio di tutte l’altre per fare questoeffetto»149. Bisogna ben pulirle, lasciarle a mollo e poi lessarle in buon brodo; indi pestarle alsetaccio aggiungendoburro, latte, formaggio fresco e secco, ricotta o provatura fresca, zucchero,cannella,pepe,rossid’uovo;inserirel’impastoinunasfogliaecuocerealfornooinmezzoaitesti.Ovvero,cometrasformarelaculturadellafameinpiaceregastronomico.

Accanto alla torta, da essa evidentemente derivato sia come «idea» gastronomica, sianell’etimologia,ilMedioevovedenascereiltortello.SulrapportofraiduenonhadubbiMargutte,il«mezzogigante»astutoevoraceprotagonistadelMorgantediLuigiPulci:«Iocredonellatortaeneltortello: l’una è la madre e l’altro il suo figliuolo». Più tecnica, ma ugualmente esplicativa laprecisazionediBartolomeoScappi:«Inquestomodosipuòfaretortellettidellacompositionedituttelecrostate,etortesoprascritte»150.

Sembrerebbeunodiquegliusicherisalgonoallacosiddettanottedeitempi.Inveceèinvenzionediunacultura,quellamedievale,cheavevaappreso,assieme,l’artedellapastaequelladelletorte:iltortello è come la sintesideidue saperi.Si trattadi fareuna sfoglia sottile, amododi lasagna;diritagliarla in piccoli pezzi e di richiuderli, ciascuno, con dentro una farcia: trattarli cioè come«piccoletorte».Sipotrannocuocereinduemodidiversi:bollitiinacquaoinbrodo(eserviti,comelapasta,conformaggioespezie)o,inalternativa,frittieaddolciticonzuccheroomiele151.

Conuovaefarina–prescriveilLiberdecoquina–fa’tortelli(tortellaquealionominedicunturcrispellavellagana)moltosottili152.Ilsuoemulotoscanopreciseràchesipossonochiudereintantimodidiversi,acomporreformediognigenere:«Delitortelli.Dipastatupuoifareogniinstrumentochetuvuoli,cioèferrodacavallo,fibbie,anelli,lettereeognianimale,chetuvuoli.Epuoliempiere,se tu vuoli, e cocere nella padella col lardo e con oglio»153. Puoi riempirli se vuoi: il tortello èl’involucrodiuneventualeripieno.

Mavaleanchel’inverso:il«ripieno»nonnecessariamentesicollocadentrouninvolucro.Esiste,

gastronomicamente,anchedasolo,sortadiimpasto,opolpetta,cottainbrodooingrasso.Èquelloche i testi chiamano raviolo, non senza contraddizioni e ambiguità: raviolo può anche esseresinonimoditortelloeciascunodeidueterminipuòindicareilmanufattocompleto,l’involucrocolsuoripieno.Mapiùdiffusamentesiintendeperravioloilripieno,pertortellol’involucro154.

LadistinzioneèchiarissimanelLiberdecoquina,cheproponedifareraviolosdellagrossezzadiun uovo utilizzando ventresca di porco ben tritata e pestata con uova, formaggio, latte e spezie; aquestopuntolisipotràavvolgereintortellopaste,dacuocereinpadellaconabbondantegrasso.Sipotrà tuttavia utilizzare, invece del tortello di pasta (loco paste), una pellicola come quella checirconda il ventredel capretto, o altra cosa simile155.Uguale e inversa la soluzioneproposta per iravioli, ancora,diventredimaiale, arricchito stavoltadel suo fegatoodi coratellad’agnelloodialtracarneapiacere:sminuzzaresultaglierecolcoltello,aggiungereerbasodoriferasespezie(nonmanchilozafferano),pestarenelmortaioeaggiungereuovabattute,mescolandobenefinoaottenereun denso impasto. Farne delle polpettine della grandezza di un uovo e avvolgerle nella rete cheproteggelacoratelladelmaiale;malapellicolapuòesseresostituitadaunvelodipasta(loco illiuspellisfacaliosdepasta).Friggereinpadellaconoliooaltrograssoeservire,apiacere,intingendonel miele156. Sicuramente polpettine sono anche i ravioli di vari colori inseriti nella tortaparmesana157.

Ilravioloinsommapuòessereavvoltoinpasta,manonnecessariamente.AncheMaestroMartinoèesplicitoinproposito:trattandodei«raviolibianchi»scriveche«volenoessersenzapasta».Maunaglossamarginalealtestoaggiunge:«etsecumpastalivorrai,falli»158.Sitrattadiun’alternativapercosìdireoriginaria:SalimbenedaParmal’attestanellasuacronacadichiarandochenell’anno1284,inoccasionedellafestadiSantaChiara,«perlaprimavoltamangiairaviolisenzacrostadipasta»159.Allo stesso modo, il ricettario di Scappi prevede ravioli «con spoglia» e «senza spoglia»160. Piùrigorosamente, l’Epulario diDel Turco (inizi Seicento) distingue i tortelli dai ravioli, per i qualiultimi«piglieraiilmedesimoripienode’tortellidettidisopra,senzaspoglia»,facendoliaformadi«fegatelletti alquanto grossetti et lunghetti» e cospargendoli con un po’ di farina «acciò non siappichino»161. Sarà questa, pur con qualche incertezza e con una variabilità locale di usiterminologici, la nozione prevalente fino a PellegrinoArtusi, i cui «ravioli all’uso di Romagna»altrononsonochegnocchettidifarina,ricotta,parmigianoeuova,lessatieconditiconformaggioesugo di carne, oppure serviti – non diversamente da quanto anche Scappi suggeriva162 – «percontornoaunostracottooaunfricandò».Artusiintroducepoii«ravioliallagenovese»ecommenta:«Questi,veramente,nonsidovrebberochiamarravioli,perchéiveriraviolinonsifannodicarneenonsiinvolgononellasfoglia»163.

Raffinata elaborazione gastronomica, tortelli e ravioli richiamano anche l’arte popolare delriciclaggio,insita,tendenzialmente,inognipolpetta164.Suciòabbiamopocoonulladaspremereneidocumenti,mapuòesseresignificativocheilfantasiosoCatalogodegli inventoridellecosechesimangiano di Ortensio Lando attribuisca l’invenzione di queste vivande a una contadina lombardaanziché,comesuoconsueto,a improbabili illustripersonaggidell’antichitàclassica, tirati incausaper ogni sorta di usi alimentari, dai più semplici ai più astrusi: «Libista, contadina lombarda daCernuschio, fu l’inventrice di far raffioli aviluppati nella pasta»165. Anche Teofilo Folengo, nelBaldus,sembraattribuireatorteetortelliun’immaginesquisitamentepopolare,inserendoli–conglignocchielapolentadifave–nellalistadimanicaretticheladefuntamogliedelcontadinoTognazzosapeva preparare al marito166. È inoltre significativo che preparazioni di questo tipo siano piùfrequenti nei ricettari di cucina casalinga – come il «quaderno» compilato da suorMariaVittoriadellaVerde tra il1583e il1606, tra lemuradelmonasterodiSanTommasodiPerugia–chenei

trattatideicuochidiprofessione167.

5.Ilpiaceredellacarne«Questa nazione non ha il nostro costume di mangiar tanta carne», osserva Montaigne nel

GiornalediviaggioinItalia168.Nonèun’impressionegratuita,seglistessi italiani–abbiamovistoCastelvetro, e altri – percepiscono la propria identità alimentare soprattutto in termini di cereali,legumi, verdure. Tuttavia, la prospettiva di questi confronti è soprattutto comparativa: vi sononazioni,comelaFrancia(olaGermania,ol’Inghilterra),ilcuisistemagastronomicodàallecarniunapreminenzaassoluta;altre,comel’Italia,incuiilruolodiprotagonistaècondivisodallacarneconaltrevivande.Fatteledebitedifferenze,lacarneèpursempreconsideratail«valore»attornoalqualesiorganizzailsistemadelpasto,infunzionedelqualesidefinisceilsignificatodeglialtricibi–magaripersostituirla,comeavvieneneigiornidi«magro»onelledietemonastiche,dovesonoipesci, o i latticini, o le verdure a conquistare il ruolo di protagonista:ma sostituire non significariconoscereunostatutogerarchicamentesuperiore?

ÈsoprattuttonelMedioevochel’apprezzamentogastronomicodellacarnesiimponeconforza.Comeabbiamoaccennato,ciòè fruttodinuovimodelliculturaliedinuoveformeproduttive,che,ribaltando antichi pregiudizi (i romani per lungo tempo avevano percepito lo sfruttamentodell’incolto come segno di «barbarie»), valorizzarono appieno le attività di sfruttamento dellaforesta,soprattuttolacacciaelapastorizia,cheentraronoapienotitolonelsistemaeconomico.Bastidirecheneidocumentiitalianidell’altoMedioevolaforestaèmisuratainmaiali:quantiècapacediingrassarne, tanto è estesa169. Il maiale resterà per lungo tempo un «valore» alimentare di primagrandezzae laprincipale fontediapprovvigionamentocarneo,a tutti i livelli sociali (lapastoriziaovinasaràinveceorientataallaproduzionedilatticini:lapecorasiutilizzavasoprattuttoviva).L’altragranderisorsadelbosco,laselvaggina,marcavaprofondamentel’identitàdellacucinanobiliare:lacacciaerainfatti,sottomoltipuntidivista(tecnicinonmenochesimbolici),l’immaginedellaguerra,vero«mestiere»delnobile170.Latavolasignoriledell’altoMedioevoèdunqueuntrionfodigrossaselvaggina: il cervo, il cinghiale, l’orso; perfino il bue selvatico poteva comparire comepreda dicaccia in un banchetto allestito da Carlo Magno a Pavia, per celebrare la conquista del regnolongobardo171.

Con il passare del tempo cambiano i modi di vita, cambiano i gusti e gli apprezzamentigastronomici.Nella società di corte delDuecento e delTrecento, e nella società cittadina che nontarda a imitarne lo stile, le preferenze si orientano piuttosto verso il consumo di volatili: ancoraselvaggina(fagiano,pernice,quaglia)oancheanimalid’allevamento(capponi,oche), inognicasocarnipiùdelicate,ritenute«leggere»daimedici,menolegateaimmaginiesimbolidiguerracomequelli che accompagnavano la caccia all’inseguimentodellapredagrossa, il duello corpoa corpocon la belva braccata – immagini che rimarranno a lungo nella cultura aristocratica,ma inmodosemprepiùresiduale.Ilcambiamentodi«gusti»rivelapertantounatrasformazionenelmodostessodiintenderel’eserciziodelpotereedelpredominiodiclasse:lanobiltàcortesenonsiqualificapiù(ononpiùsolamente)comecetodiguerriericonlearmiinpugno,rivendicandopiuttosto,comesegnodelladifferenzasociale,laraffinatezzadeicostumiel’artedisapervivere.Iprimimanualidi«buonemaniere»nasconoallora172.

Quando viene a trattare delle carni, il Liber de coquina due-trecentesco inizia dai volatili eanzitutto da quelli domestici:de carnibus volatilium et primo de domesticis. È un segno dei tempimutati,poichéunpaiodisecoliprimanessunoavrebbeindicatoquellecarnicomelepiùdegnedellamensa aristocratica; semmai, sarebbero apparse nei menù monastici, improntati, quelli sì,

all’ideologiadella«leggerezza»173.Lecarnigrosse,nutritive,ricchediumorisanguigni,chenell’altoMedioevoeranoalsommodeidesiderialimentari,orasilasciavanovolentieriaicontadini.Lostessomaiale,nonostantel’importanzachecontinuaadaverenellepratichedicucinaediconserva,perdelasuacentralitàevieneconfinatoinspazi(ambientaliesociali)piùristrettidiuntempo.Laprogressivariduzionedeiboschielosviluppodellazootecniabovina,giàainiziaredalbassoMedioevo,tendonoa conferire un carattere più spiccatamente «rurale» e «familiare» al consumo di carni suine: se lebotteghedicittànonmancanodioffriretaglidimaialeeinsaccatidiognigenere,sidiffondonoperòaltrigusti,nondiradopercepiticomesegnidiemancipazionedaimodellialimentaridellacampagna.GiàneltardoMedioevo,ilpopolodellecittà,proprioperaffermareunapropriaidentitàeundiversostiledivita,sembrapreferirealtrecarni(lebovine,leovine)chepuòtrovaresulmercato174.

Assaiprecocemente,econintensitàmaggiorecheneglialtripaesieuropei,inItaliasiaffermailgusto delle carni bovine e in particolare del vitello: carne delicata, sapore fine, in linea conl’evoluzione che abbiamo tratteggiato.Tra i consigli che ilmedicoLorenzoSassoli, agli inizi delQuattrocento,dàalsuoillustrepaziente,ilmercantediPratoFrancescoDatini,dues’impongonoconparticolareenfasi:«chedelletortole[tortore]voiusiatequantopotete,perchédallanatura,fral’altrecarni,hannosingularvirtùnelconfortarelamemoriae’sentimenti»(conilchesiconfermalanuovaattenzioneperivolatili:prima,avevalodatoipolli,lestarneeipiccioni);«l’altrasiè,chevitellainognimodochevoipotetevoinemettiateincorpo,perché,compensandoognisuavirtù,nonpotresteusare per uno cibo la più sana vivanda»175.Mettetene in corpo più che potete: la vitella è carneperfetta.Apprezzamento igienico,dietetico, che sostienee conforta l’evoluzionedelgusto.«Tra lecarni, preferiva quelle di vitello», scrive il biografo di FilippoMaria Visconti; dopo venivano ilcapretto e il pollo, e quando decideva di indulgere alla gola si faceva servire pernice, fagiano ocoturnice176.Mentre,tuttavia,questapassioneperivolatilièundatocomuneallaculturaalimentareeuropeadel tempo(ovunquesostenutadaun’ideologiacheabbinavavolatili enobiltà, ledue fasce«alte»delmondoanimaleedella societàumana)177, lapassioneper ilvitello–mapreferibilmentevitella – è tutta italiana. «Parecchi pezzi di vitella e qualche paio di pollastri» sono la base deibanchettiitalianisecondoMontaigne,cheperaltrolamenta,comeabbiamovisto,lascarsitàdicarnesullenostretavole178.

L’inversioneditendenzaparesituarsifraXIVeXVsecolo.MaestroMartinoeilPlatina,ametàQuattrocento, paiono ancora legati a una valutazione preferenziale dei volatili, di cui «si fanno lepietanzepiùdelicateemoltopiùadattealletavoledeireedeiprincipicheaquelledegliuominiumilie di censo modesto»179. Tuttavia è lo stesso Platina a dirci che «la carne di vitello [...] è forsel’alimento più temperato: non a torto viene servita frequentemente sulla tavola dei nobili»180. Nelsecolosuccessivo, lasceltasaràpiùchiara.«Carnedimanzo,vaccina,vitelladipiùsorte»sonoalprimo posto nella lista di carni che Messisbugo consiglia di tenere in dispensa, pronte perapparecchiare banchetti nella casa del principe.C’èmolto altro, intendiamoci: il fasto della tavolaprincipescaesigechesitenganoprontianche

porci salvatici, e domestici, cervo, daino, capriuolo, agnello, capretto, castrone, porchette, lepri, conigli, ghiri, pavoni, fagianiselvatici,edomestici.Pernici,coturnici,francolini,tordi,starne,becchazze,notulani,beccafichi,quaglie,porzane,tortorelle,paperi,grue,oche,tarabusi,aeroni,becaroelli,anadreselvatiche,edomestiche,arzavole,grosse,mezzane,epicciole,girioli,piveri,felizzette,ealtriuccelli.Capponi,grassiecarnosi,esimilmentegalline,pollastriopollastre,colombicasalenghi,odicolombara,opalombi,

oltreallecarnidiconserva181.Ma,inquestolungoelenco,anchel’ordinevorràpurdirequalcosa.Nonbastacerto l’arrivodel tacchinoamericano(subitoassimilatoalpavoneedestinatounpo’

allavoltaasostituirlosulletavolesignorili)182aribaltareinuovicriteridivalutazione.BartolomeoScappi, nel 1570, affrontando nel suo ricettario il tema delle carni, non ha dubbi su chimeriti lapriorità: «Secondo libro, nel qual si tratta di diverse vivande di carne sì di quadrupedi come di

volatili cominciando dal Bove»183. Alla carne di bue «o vaccina» dedica una ventina di ricette; lavitellanemeritanonmenoditrentasei,chelasezionano–èilcasodidirlo–dallatestaaipiedi:testa(seiricette),lingua(quattro),petto(quattro),epoispalla,schiena«cioèlonza»,«scannatura»,lombo,rognone,coscia,fegato,piedi,animelle,cervella,occhi,coratella, trippe,sangue–piùl’inevitabilecorredodipolpette,polpettoni,«brisavoli»e«cervellati». Ilvitellomaschioèconsiderato,et pourcause, solo nel capitolo sui testicoli184. La grande diversificazione delle proposte gastronomichenascedaunastraordinariacompetenzaanatomica:nulladell’animalevaperduto,eognitaglioesigeuna specifica preparazione. La conoscenza dell’oggetto commestibile è totale, esaustiva, quasiconfidenziale: non è peraltro esclusiva di Scappi e della sua cucina, configurandosi comeacquisizione diffusa, tra i cuochi e gli scalchi di corte come tra i loro committenti e come,sicuramente,traicontadinichesezionavano,cucinavanoesalavanoilporco.«Delmaialenonsigettanulla»: l’antico adagio, proverbiale nelle campagne, esprime la fiducia e la sicurezza di unpatrimonioculturaleconsolidato,diunsaper farechestaallabasedellasopravvivenzaquotidiana;mabisognerebbeaggiungerechedinessunarisorsanessunogettavaalcunché.Aciòsicollegava ilparticolare gusto per interiora e frattaglie, che sbaglieremmo a considerare tipico della cucinapovera. Invece era un gusto diffuso, che attraversava tutto il corpo sociale fino agli strati più alti,comel’OperadiScappieognialtroricettario,dalMedioevoinpoi,staadimostrare.Noneratantoquestionediutilizzaretutto(nelsensodellanecessità),quantodiapprezzaretutto,comeperunasortadi«rispetto»totaledellevittimesacrificate.

AncheStefani,nelSeicento,dopoaverconfermatol’eccellenzadellacarnebovina(ilsuoprimodiscorsoè«soprailvitello,perchéfraglianimaliquadrupedi,tieneilprimoluogo,edellasuacarnesifannodiversissimevivande»),proponeunpercorsocheiniziadalfegato,dallatesta,dallecervella,dalla lingua,dai«latti»edalla trippa,perapprodaresolosuccessivamenteallaspalla,alpetto,allaschienaealla«panzetta»,terminandoinfinesullezampe185.

Forse, sul piano sociale, la differenzanon risiedeva tantonei «tagli», oggi così importanti neldefinire i costi della carne e la distribuzione delle varie parti: nell’Italia premoderna il «quintoquarto»era apprezzato,da tutti, almenoquantogli altri (anzivi erauna sortadi sfidadel cuocoasapervalorizzareanchelepartipiùdifficili,chenoidefiniamo«menonobili»).QuellecheVincenzoTanara definisce «honore de’ conviti, delitie de’ golosi, ristoro de gli ammalati» non sono, comepotremmo aspettarci, le parti bianche dell’animale, il petto o la coscia, bensì le animelle«comunementedettelatticini»186.

Ladifferenzaerapiuttostonelgeneredianimaliutilizzati:pertuttal’etàmodernamanzoevitellarimangonocarnediélite,chenoncomparesenonoccasionalmentesullamensadeicontadini.«Ilorocibi[deivillani]sonoperlopiùcarnediporco,odipecora,toltonelefesteprincipalichemangianoquelladibue»:paroladiGirolamoCirelli,1694187.Soloinalcuneregioni–soprattuttoquelleincuipersiste,conlamezzadria,ilmodelloproduttivodelpodereunifamiliare–ilmaialecontinuaaessereunriferimentoprioritariopertutti.Nonpercasoèdi«nazione»bolognese–l’Emiliaessendo,conleMarche e la Toscana, l’area a maggiore vocazione mezzadrile della penisola – il maggioreestimatore del porco fra i trattatisti moderni di agronomia: il già citato Tanara, che nella suaEconomia del cittadino in villa (1644) si dilunga a illustrare le qualità della carne suina e le«centodiecimanieredifarnevivande»188.

Conoscenzadeiprodottisignificavaancheun’attentagestionedelprocessonaturaledifrollaturadellecarni.Perciascunanimale,Scappidàprecise indicazioni sulmomentogiustoperpassarlo incucina:ingenerale,preferisceattenderepoco.«Trovochetuttiglianimalivolatilihannolamedesimaqualitàdelliquadrupedi, cioèd’esser sempre sugosiquandosonopostinello spedo subitoche son

morti,perciòchequantopiùsifrollanotantopiùperdenoilsugo.Veroèchesarannopiùduretti,masaranno anco più saporiti di quelli, che son frolli»189. Solo l’animale di una certa età bisogneràlasciarlo frollare per qualche giorno, per renderlo più saporito190, oppure prelessarlo191; quellogiovane«sipotràsubitocucinare»192. Inognicasoi tempidiattesasonobrevi,unooduegiornialmassimo.Lecarnisiprediligonoilpiùpossibilefresche,cucinateappenadopolamacellazione:unapraticagiàseguitanelMedioevo,chesmentiscetantiluoghicomunisulgustodeinostriprogenitori.

Questoapproccioallaqualitàealpuntoottimaledifrollaturadellecarnirappresentapersecoliilfondamentostessodelconsumo,almenosinoaqueltrattamentoconservativoabassatemperaturacheinterviene nei macelli e nelle macellerie italiane dopo la prima guerra mondiale. Grazie a cellerefrigerate e ad armadi frigoriferi, scompare la carne conservata viva, «in piedi» e macellata inquantità diverse secondo le stagioni, con la conseguenza che, nelle più calde, dovendo lo smercioessere più rapido, l’offerta eraminore.Ancora nella Firenze diArtusi, la presenza sul banco e iltagliodipendevanodalrapportofrarichiestaedeperibilità;appenaqualcheannodopo,polliequartidibuepotrannoesseretrasportatidalontanoeresidisponibiliinognimomentodell’anno.Aquestosiaggiungeilfattocheilmanzoargentinointensificainquantitativicrescenti,conilXXsecolo, lasuarottatransoceanicaversol’Europa,approdandoinItalia,aGenova193.Talefenomenononincidesolo sui prezzi e sull’offerta. Frollando al freddo, in condizioni di ventilazione e temperaturacostante, la carne non patisce delle condizioni atmosferiche194 e si presta a uno spaccioparticolarmente ingannevole per il consumatore. Soprattutto la selvaggina, legata al fuggevoleperiododelpassaggioeprotettaneltempodellariproduzione,illustraleimplicazionigastronomichedi tale novità. Trasferita a bassa temperatura da paesi lontani, o semplicemente conservata dopol’abbattimento in loco,èdisponibilenell’altacucinaalberghiera fuoristagionee inmisurasempresuperiore a quella che le condizioni ambientali e la popolazione in libertà o nei parchi avrebberopermesso.Essapertantosuffragaunacucinasemprepiùindifferentealcalendario,allamaturazionedei frutti, alla condizione di ottimale pinguedine degli uccelli. La carne refrigerata, e in modofraudolento quella surgelata che tuttavia presenta alterazioni di gusto, diventanoprodotti «freschi»mentreconservevengonoconsideratesololescatolette.

6.Mangiaredimagro:tempiliturgiciecucinadipesceNella storia dei modelli gastronomici e degli usi di cucina vi sono capitoli, come quello del

pesce,chenonpossonoesserescrittisenzaintrodurreancheiltemadelcalendarioliturgicoedellenormedicomportamentoimpostedallegerarchieecclesiastichealpopolodeifedeli.Ainiziaregiàdal IV secolo il «tempo dellaChiesa» condizionò fortemente il rapporto fra gli uomini e il cibo,orientandoicriteridisceltadeiprodottielestessepratichedicucina.Ilcalendarioliturgico,infatti,prevedeva una distinzione fondamentale fra giorni «di grasso» e «dimagro»: in questi ultimi erad’obbligo l’astinenzadaicibicarnei,condiversa rigiditàeunascalaritàprogressivadi restrizioni,chepotevanocoinvolgereiprodottididerivazioneanimaleoltreallacarnepropriamentedetta.FinoalXIVsecolo ladietaquaresimale insensoproprioescludevaanchei latticinie leuova,consentitisoloneigiorni«dimagro»infrasettimanaliodivigilia.Poifuronoammessiancheinquaresima,condispenseparticolarietemporaneecheapocoapocositrasformaronoinnormagenerale195.

Sullecomplessemotivazionidiquesto sistemaprescrittivononci soffermeremoqui196. Basterànotarechelasuasovrapposizionealcalendariostagionalecomportòungiocopiuttostoimpegnativodi sostituzioni e adattamenti, data la quantità complessiva dei giorni di astinenza, da 100 a 150all’anno secondo i luoghi e i periodi (due o tre giorni alla settimana; le vigilie delle principalifestività; la quaresima «maggiore» e altre «minori» dislocate nel corso dell’anno). L’obbligodell’alternanza magro-grasso, comune a tutto l’universo cristiano, contribuì non poco adamalgamaregliusialimentaridiregioni«naturalmente»diverse:lecarnieipesci,l’olioelostruttodovettero comparire sulla tavola di tutti197. Contribuì anche – in senso inverso – a distinguere,separarequeiprodottiequeigrassinellepratichedicucinaenelleproposteconviviali:carneepescetendenzialmentesiescludono,nonpossono(nondevono)coesisterenellapreparazionedellevivandeenellacomposizionedelmenù.Unasalsaabasedi carneedipesce, come ilminutal della cucinaromanaantica198,èinconcepibilenelMedioevo,cosìcomel’usodiabbinarepiattidicarneedipescein unmedesimopasto.Contaminazioni certo nonproibite,madifficilmente accettabili in un climaculturalecheconferivaaglialimentiunafortissimacaricasimbolica,opponendoligliuniaglialtricome portatori di significati diversi: il pesce diventò presto il simbolo della dieta quaresimale (odella dieta monastica, perpetuamente quaresimale almeno nelle intenzioni) e soprattutto a ciò sidovette,paradossalmente,la«cadutad’immagine»acuiessoandòincontronelcorsodelMedioevo.Si caricò infatti di valori penitenziali, fu assunto a simbolo di una «leggerezza», fisiologica emetaforica,troppolontanadaidesiderialimentarideipiù.Ladivisionedeiruolifunetta:la«battagliafra Carnevale e Quaresima», a cui sono dedicati vari componimenti letterari a iniziare dal XIIIsecolo,èinrealtàunafintabattaglia,poichéilterritorioègiàstatopreventivamente(epacificamente)spartitofraiduecontendenti.L’artificioretoricodelloscontrocelaunaprofondaintegrazionefraiduegeneridivivande,oppostemacomplementari,cavallerescamentealternatenelcorsodell’anno,deimesi,dellesettimane.Nonpernullaincertecittàitalianeeraunastessa«arte»ocorporazionedimestiereagestirelavenditadellacarneedelpesce199.

Neiricettari,l’alternanzagrasso-magroperlungotemposovrastaognialtradistinzione,sianellascelta delle ricette, sia nell’organizzazione generale dellamateria. «Havendo io trattato fin qui didiversevivandeperlidìgrassi»,esordisceilterzolibrodell’OperadiBartolomeoScappi,dedicatoaipescieadaltrevivandedimagro,«nonmancheròhoradiragionardiquellecheappartengonoalligiorni dimagro, et quaresimali»200. Certo, è fondamentale che il cuoco sappia destreggiarsi fra iprodottichelastagioneoilterritorioglioffrono,affinché«quelchepermancamentodellecose,che

non si trovano in alcun luoco, ò in alcuna stagione, non si può fare d’una materia, possa farlod’un’altra,chequelluogo,òquellastagionepossanodargli»201.Maèaltrettantoimportantecheegliimpariavalorizzareiprodottirispettandoleregoledelcomportamentocristiano.L’oliooilburrodovrannosostituireillardoneifondidicottura202;ilpescesostituiràlacarne.Dituttociòbisogneràtener conto negli accostamenti, nella scelta dei profumi, incrociando le esigenze del palato conl’offertastagionaleecongliobblighiliturgici.

Se ilpescedellacucina romanaanticaerastatopereccellenzapescedimare, inuncontestodiscambieconomicieculturali«mediterranei»,nelMedioevolecosecambiano.Anche laculturadelpesce, come tutto, tende a «continentalizzarsi». Le risorse che si valorizzano sono principalmentequellelocali,offertedalleacquedeifiumi,deilaghi,dellepaludi.Ilpesced’acquadolceconquistailprimato nei ricettari di cucina, pur con significative differenze regionali: se il Liber de coquinanapoletanocontemplanumerosericettedipescidimare,ilsuo«adattamento»toscanoingranparteleelimina203.Latendenzaavalorizzaresoprattuttoilpesced’acquadolceètuttaviagenerale–persinonellezonecostiere,ipescatoripreferisconooperarenelleacqueinterne204–ecostituiscelamaggioredifferenza di gusto rispetto all’età antica, da un lato, a quellamoderna, dall’altro. Il pesce di granlungapiùapprezzatoera–erimasealungo–lostorione,chesiconsideravaparticolarmentefineeconvenienteallamensasignorile.Leventitréricettedistorionecontemplatenell’OperadiScappi205,eilbanchettoabasedi solostorionesuggeritoper igiornidimagrodiqualsiasimese206, non sonosolo un funambolico virtuosismo ma il segno di una grande continuità, dal Medioevo all’etàmoderna,neicriteridivalutazionegustativaesimbolicadiquestopesce.Anchel’anguillagodettedimolta fortuna,soprattuttoperchési riuscivaa trasportarlasudistanzeabbastanza lunghe, facendolasopravvivere per diversi giorni fuori dall’acqua, sistemata in cesti pieni d’erba207. Trote, dentici,capitoni,tinche,temoli,anguilleelampredesono,secondoBonvesindalaRiva,leprincipalirisorseittichedel territorio lombardo, agli inizi delXIV secolo208. Soprattutto a questo genere di pesci siriferisconolericettedeilibridicucinamedievali.

MaestroMartino,nelQuattrocento,arricchisceilquadro,introducendounbuonnumerodipescidimareassiemeaquellid’acquadolce:branzinieorate, rombiesogliole, triglie,scorfani,polipi,calamari,gamberettimarini(accantoaquellidifiume,onnipresentisulletavolemedievali).Tuttavia,le ricette più dettagliate rimangono quelle per cucinare lo storione, la trota, il luccio, la tinca, lalampreda209.IlPlatina,riprendendoMartino,confermeràungiudiziofruttodelgustomedievale:«Inqualsiasimanierasianocucinati, ipescidimaresonoconsideratipocosani: ineffettinonsonounbuonalimentoefannovenireunagransete»210.

Benpiùampio,competenteeconvinto sarà ilquadrodelle risorse ittiche italianedisegnatonel1570daBartolomeoScappi,inviaggioidealefrailNordeilSud,l’Estel’Ovestdellapenisola:pescifreschi e conservati, di mare, di lago, di fiume la percorrono in ogni direzione, per soddisfarel’appetitodiprincipiecardinali211.LagrandeesperienzacheScappimostradiavereinmateria,isuoipuntualiriferimentiaimercatidiMilanoediRoma,laprecisionenell’annotareidiversimodilocalididenominareipescicontrastanovisibilmenteconl’incertezzadichiaratadalPlatinanell’aprire,unsecoloprima,ilsuocapitolosuipesci:«Eramiaintenzioneparlaredellanaturadituttiipesciedelleloro qualità, ma sono rimasto nell’imbarazzo di fronte alla confusione e ai mutamenti dei loronomi»212.

Laconoscenzadelpesceedeimodimiglioripercucinarloèunodiqueipuntimagici incui lasapienzadelcuocoprofessionistaecosmopolitas’incontraecolloquiaconlapraticadellagente,conlacultura«diterritorio».PiùdiunavoltaScappirimandaillettoreallericettesemplicideipescatori,acuinonsaprebbecosaaggiungere. Ilpescegho«vuoleessercucinato fresco,perciochéprestosi

corrompe.LipescatoridaChiozza,eVeneziani ilcuocenoallebragie,eanchonefannopottaggioconmalvagia,eacqua,eunpocod’aceto,espetierieVenetiane,esifriggonoinogliocomeglialtripesci, et si serveno caldi con sugodimelangole sopra»213.Allo stessomodo, «li pescatori del Pòfannopottaggi[delbarbo],eilfriggono,ecuocenosulagraticola»214.Edopoaverdatolaricettadelrombo in pottaggio, così ne dichiara la fonte: «nel tempo ch’io mi son trovato in Venetia e inRavenna,hointesodapescatoridaChiozza,eVeneziani,liqualifannoimiglioripottaggi,cheintuttii liti del mare, che non si usava di cuocerli in altro modo di quel ch’io ho detto sopra». Però,aggiunge,«credochea lororiescamegliocheallicuochi,percioché ilcuocenoinquello instante,che l’hannopreso»215.Un’ammissionechenon sembraavernulladel luogocomunepopulistico.Èsolounaquestioneditempi:ilpescedeipescatorièmigliorediquellodei«cuochi»,perchécucinatopiùfresco.

L’immagine«quaresimale»delpesceduraalungo–neppureoggisièveramentedissolta–,manon si può dire che condizioni più di tanto una cucina orientata, da sempre, a trarre il massimopiaceredallerisorsedisponibili(econsentite).Giàiricettarimedievali, infondo,seguivanoquestavia, proseguita con sicurezza nel XV e nel XVI secolo. L’interesse crescente per le vivande«delicate»,semprepiùcompatibiliconun’immaginedellamensaaristocraticatrasformatanelsensodella leggerezza e della finezza, accrebbe col tempo la sua valorizzazione. Ancora alla fine delSeicento,AntonioLatinisuddivideilsuoScalcoallamodernainduevolumidedicati,rispettivamente,allevivandedigrassoedimagro.Maaquelpunto,ormai,leragionidellagolasonoanteposteagliobblighi liturgici: l’introduzionedel secondovolume rivendica labontàdelle«squamosevivande»offertedamariefiumi,«nonessendoinferioriipesciallecarnipiùscelteperappagareilpalato;anzicheilpesceèilcibopiùgustoso,edelitioso,chelaNaturahabbiaprodotto;el’alimentopiùgrato,chel’acquapossasuggerirepersodisfareallavarietà,egolositàde’nostriappetiti».Soloinsecondabattuta Latini introduce il tema del calendario liturgico, aggiungendo che gli «encomii de’ pesci»sonoaccresciuti dal fatto che«SantaChiesa li destinòper cibi quadragesimali, conoscendoli atti areprimereibolloridell’humanafragilità»216.Unalimento,dunque,«salutareperlospirito»oltrecheperilcorpo.

L’affievolimentodelleregolepenitenzialihanociutoogiovatoalgustodelpesce?Nehaalteratoi valori? Il consumo ittico prescinde oggi dall’osservanza delle prescrizioni religiose e coincidepiuttosto con la storia dei vivai e della polluzione, dei trasporti e del freddo. All’inquinamentofluviale europeo corrisponde un salvataggio delle specie grazie alle tecniche moderne diriproduzioneediallevamento,chehannoriportatosullemensestorioneegamberidifiumeconunastima non dissimile da quella antica. Le basse temperature direttamente applicate nei peschereccihanno annullato i rischi del trasporto, permettendo l’esistenza di un prodotto la cui deperibilitàcomincianellafasedellospaccioenellemanidelconsumatore.Paradossalmentetuttoquestononhaannullato alcuni dei valori tradizionali del pesce, chehamantenutounprofilo dietetico eccellente,unaleggerezzaidealeeunpregiogastronomicoalto,perdendosemmailastraordinariaammirazioneche,inpassato,venivarivoltaallegrosseprede,quellechefiguravanoinbellavistaalcentrodellatavola.

7.LavoridilatteFino alla fine del Medioevo, il latte animale per eccellenza fu quello di pecora o di capra.

L’allevamentobovino,rimastoalungomarginalenelsistemaproduttivo,servivaaprocurareforzalavoro(trainodicarriearatri)esecondariamentecarne;solooccasionalmentelatte.Levalutazioninutrizionalieranospecchiofedeleditaliconsuetudini:«Illatte–scrivePlatina–halestesseproprietàdell’animale da cui vienemunto: si reputa ottimo quello di capra [...] per secondo viene quello dipecora,perterzoquellodimucca»217.Peraltro, il lattenonsibevevapraticamentemai.Ilmodopiùnormalediconsumarlo(e,allostessotempo,conservarlo)erasottoformadiformaggio.

A dire il vero, nei confronti del formaggio la culturamedica nutrì a lungo forti perplessità. Imisteriosi meccanismi della coagulazione e della fermentazione erano visti con sospetto dallascienzamedica218 e i trattati di dietetica ponevano forti limiti al consumo di formaggio, quandoaddiritturanonlosconsigliavanodeltutto.«Soloilformaggiomangiatoapiccoledosinonfamalealla salute» (caseus est sanus quem dat avaramanus): l’aforisma attribuito alla Scuola salernitanadivennequasiunluogocomunenellaletteraturamedievale219.

Per di più, il formaggio fu associato permolto tempo alla gastronomia povera, almondo deicontadini e dei pastori. Difficilmente esso manca nei menù «popolari», di quelli raccontati inletteratura o documentati nei conti di un’osteria220. Tuttavia fin dalMedioevo si avviò, non senzaambiguità, un percorso di nobilitazione legato anche all’immagine del formaggio come cibo «dimagro» (un vero paradosso nutrizionale), sostitutivo della carne nei giorni di astinenzainfrasettimanaleedivigiliaepoi,dalXIV-XVsecolo,ancheinquaresima.Tuttoquesto,sedaunlatoconfermò lo statuto del formaggio come alimento «povero», sostitutivo di un altro – la carne –ritenuto ben altrimenti prestigioso e desiderabile, dall’altro assunse (necessariamente) un ruoloimportante nel sistema alimentare, analogo a quello che per gli stessimotivi andava prendendo ilpesce.Lastessaculturadellarinunciafinìinsommacolgenerareunospiritocuriosoecreativodacuipreseroavviomolteacquisizionidelgusto.«Sarebbepossibilecitarequalche formaggiodipregioche non sia monastico nelle sue lontane origini?» si chiede LéoMoulin221. Sicuramente esagera,poichéquelle«origini»sonospessonullapiùdiunmito:maimitisonoessistessisignificatividiunsentirecomune,chepermoltotempoidentificòicentrimonasticicomeluoghidielaborazionediunacerta cultura gastronomica. D’altronde, anche quando parliamo di «gastronomia monastica» nonpossiamo dimenticare la centralità del mondo contadino nell’elaborazione e nella trasmissione diquellacultura.

RestailfattocheilMedioevo«rilancia»l’immaginedelformaggio,adispettodelleindicazionideimedici. Ilcacioarrostitosullospiedo,dispone il trecentescoLibrodellacocina, sia servito«alSignore» su una fetta di pane sottile222. Pantaleone da Confienza, autore del più antico trattatoconosciuto sui latticini (Summa lacticiniorum, 1459), scrive di aver conosciuto «re, duchi, conti,marchesi,baroni,soldati,nobili,mercanti»nutrirsenespessoevolentieri223.L’itinerariononcesseràdiprecisarsiinetàmoderna,quandoilformaggiotroveràentusiasticiammiratoriecantori,comeilferrareseErcoleBentivoglio,autorenelCinquecentodiunalungaseriediterzineinlodedelbiancoprodotto: «Formaggio, è ’l primo nutrimento umano», esordisce, rivendicando la nobiltà di quelcibo,chesologlistoltipossonodefinirevolgareeplebeo:«genteciecaegrossa,chedicecheglièpasto da villano». Giacché dà forza al corpo («non cred’io, che l’uom senza mangiarnecompiutamenteessergagliardopossa»)esaporeallevivande:«Minestrasenzalui,tortellietortenonposson [...] vivande esser perfette, anzi insipide, sciocche, ingrate e morte». È da lodare pertanto

l’usanzadiLombardia,dove«laprimacosachesimette in tavolaè il formaggio»,e«quellegentiaccorteebenedette[...]mainonvoglionchesileviviainfinatantochenonsisparecchi,elacenao’ldisnarfornitosia»224.

Lapresenzadel formaggio tra levivandechecompongono ilbanchettosignorileèquasi fuoridiscussione nei testi di cucina e di scalcheria. Cristoforo Messisbugo include fra le provvigioniindispensabili della dispensa di corte «formaggio duro, grasso, tomino, pecorino, sardesco,marzolinieprovature,eravogliuoli»225.ImenùdiBartolomeoScappiperlacortepontificia–dicuiabbiamo già detto226 – comprendono regolarmente «casci marzolini spaccati», «raviggiolifiorentini», «cascio parmigiano in fettucce», «cascio di riviera», «romagnolo», «romanesco»,caciocavalli,provature,mozzarelle.Infinitecitazionianaloghesipotrebberotrarredaaltritesti.

Il predominio medievale del formaggio di pecora si è però, a questo punto, incrinato. Già ilPlatina, ametàQuattrocento, sosteneva che due formaggi «si contendono il primato» in Italia: «ilmarzolino[...]chesifainToscananelmesedimarzo;eilparmigianodelleregionicisalpine,chesipuòchiamareanchemaggengodalmesedimaggio»227.Diversitàditempicheineffettinascondeunabenpiùprofondaopposizione–curiosamentenonsottolineatadall’autore–traformaggiodipecoraeformaggiodivacca.Lacrescentefortunadelparmigiano,dicuiabbiamogiàevidenziatogliaspettigastronomicisoprattuttoinrelazionealcrescentesuccessodellapasta228,èespressionediunaculturache si sta diversificando, di una realtà produttiva che nelle regioni «cisalpine» sta assumendo taleforzada«contendereilprimato»altradizionalepecorino.SoprattuttoainiziaredalQuattrocentotalediversificazioneproduttivasegneràlastoriadellagastronomiaitaliana.

Anche Pantaleone da Confienza individua comemigliori formaggi italiani ilmarcelinus ossia«marzolino» (comunemente detto fiorentino «poiché si fa nei territori dominati da Firenze, inToscana e in Romagna») e il piacentino o parmigiano (così lo identificava senz’altro il Platina),prodotto anche nelle zone di Milano, Pavia, Novara e Vercelli. A questi due «campioni», la cuieccellenza era da tutti ammessa, Pantaleone ne aggiunge campanilisticamente un terzo, le robioledelleLangheedellaLomellina,parvicaseiconfezionatidinormaconlatteovino,ma,daalcuni,conaggiunta di vaccino229. L’uso di mescolare i due tipi di latte, attestato da Pantaleone come praticarecente,perqualchetemposaràvistoconsospetto:«Daigolosisidicechemeschiandosiillattedellavacca con il latte della pecora ne vien cascio più eccellente», scrive Domenico Romoli nel XVIsecolo; ma il pecorino continua a essere stimato «di miglior odore, sapore e di gusto piùproporzionato,essendofattodilattelacuicomplessioneèmigliore»230.

8.Uova«Del’ovafritte,arrostiteesbattuteèsìnoto,chenonbisognadired’esse»(Librode lacocina,

XIVsecolo)231.

9.Cucinaeconserva«Dellemortatelleetaltrisalamichesifannodelladettacarnenonneparlo,perciòchenonèmai

statamiaprofessione»232:dichiarandosicuocoenonsalarolo,Scappisembradistinguerenettamentele due «arti».Ma è una distinzione di competenze, non di principio: nei fatti, la salumeria fu permolto tempo una parte essenziale della cucina. Insaccati e «salsiccioni» furono maniere diaccomodare la carne, vivande prima che (eventualmente) conserve: non per nulla, molti terminipassati a indicare specialità di salumeria (mortatelle, tomacelle) inizialmente servirono a indicarepolpette racchiuse in budelli o «rete di porco»233. I ricettari medievali e rinascimentali fannoampiamente uso di salami cotti (oggi quasi un relitto storico), mentre gli «affettati» stentano acomparireneimenù.AscoltiamolostessoScappi:

Percuocereognisortedisalamidicarnediporco.Isalamigrossi,elipresciuttisipotrannocuocereconacqua,evino.Èbenverocheli presciuttimolte volte si cuoceno con fieno nuovo, e acqua, emaggiormente nelmese diMaggio. Il che si fa accioche pigli l’odordell’herbanuova;maprimachesicuocanovoglionostareinacquatepida[...]Lisalamispoglinosidelbudello,eservanosicosìcaldiofreddiabeneplacito.Allevolteipresciuttidiporcogiovanesicuocenoconlattedicapraodivacca,havendoliperòprimafattistareinmollenelmodosopradetto.Ehavendolifattobollireindueacquesemplici[...]siponerannoinunvaso,nelqualsiatantolatte,chestianocopertipertreditadivantaggioconduelibredizuccaroperogniquantitàd’ottolibredipresciutto,efaccianosifinirdicuocereinquestomedesimomodo[...]Conquestomedesimoordinesipuòcuocerelasommatadiporcobenchéallevoltesiarrostanellospedodapoich’èdissalata.Lemortatelle, le linguediporco inbudelli, labarbaglia,e laventrescadiporco[...] sicuocenocon ligumi,etherbami,esiserveno calde. Li salsiccioni che non siano di estrema grossezza alle volte si tagliano per lo traverso in fette, e si scaldano su lagraticola,esiservenoconsugodimelangolesopra234.

Pur strettamente collegato agli usi di cucina, il capitolo dei salumi s’inquadra nell’economia enellaculturadellaconserva,unodeinodistrategicinellacostruzionediunmodellogastronomico,poiché consente di far circolare – immettendole in un patrimonio comune – specialità elaborate apartiredaprodottilocali,contecnicheesaperidislocaticapillarmentesulterritorio.Neabbiamogiàampiamente discusso, proponendo di individuare in questi percorsi di scambio il vero senso diun’identitàgastronomicaitaliana.

Certo, la logica dello scambio non esclude i prodotti freschi, anzi li pone avanti a tutto. Ilprestigio di una tavola apparecchiata si misura anche dalla presenza di derrate che vengono dalontano,chesfidanoleleggidellastagionalitàattraversandolapenisolaperillungoeperillargo.Suciò riflette con particolare acume e consapevolezza Bartolomeo Stefani, capocuoco alla corte diMantova,cheproprioinquestomodo–servendofruttieverdurefuoristagione–sicompiacevadistupire gli ospiti (per esempio, il 27 novembre 1655 iniziò un banchetto in onore della reginaCristina di Svezia con una coppa di fragole al vino bianco). Al termine del ricettario in cuicompendialasualungaesperienzadilavoro,egliaggiungealcuniAvvertimentiallisignorilettori235incui,precisamente,fanotareche«inquestimieidiscorsiàcerteoccasioniordinoalcunecose,comeperessempiosparagi,carchioffi,roviglia,òpisellichevogliamdire,ne’mesidiGenaro,eFebraro,ecosesimili,cheàprimafacciapaionocontrostagione».Maquesto–osserva–puòsembrarverosolamente a chi «nonhapassato il fiumedellaPatria»perché troppogli piace«il panedellaCittànatia». Costoro, che non sanno guardare fuori dell’uscio di casa, sappiano che «chi hà valorosidestrieri, e buona borsa, in ogni stagione trovarà tutte quelle cose, che io loro propongo, e ne’medesimitempi,cheneparlo».Valorosidestrieriebuonaborsa:rapidimezziditrasporto,adeguatadisponibilitàdidenaro.Aquestecondizioni,nullaèveramenteimpossibile.

Ma sono soprattutto i prodotti di conserva a garantire la continuità degli scambi, lasedimentazionediabitudiniquotidiane,dipraticheegusticomuni.LostessoStefani,dopol’elogiodiun mercato interregionale che rifornisce prodotti freschi in ogni stagione, non tarda ad aprire ilcapitolo delle conserve, salumi e formaggi di gran nome emercato, graditi «fino oltre gl’Italiani

confini». I repertori in proposito non mancano, nei ricettari, nei testi di scalcheria, nelle opereletterarie.Alcuni,atitolodiesempio,liabbiamogiàconsiderati236enonviritorneremosopra;altri,epensiamo agli esiti della poesia encomiastica e giocosa, restituiscono dei salumi l’inventariocommercialeconilprofiloorganoletticoelanomealetterariadiognuno.LasalameidediAntonioFrizzi,editanel1772,annuncianellavignettaafiancodelfrontespiziolavocazioneditalipoemiatradurre ingusto l’insaccatopingue,speziatoeodoroso:visi riconosceungentiluomoche, inunabottega,stringenellamanosinistra,portaallenaricieannusaunsalame,sottol’occhiodelpadronein attesa del suo giudizio. Segue, in ottave imitate dall’Ariosto, l’esame delle origini, l’elogiodell’animaldeSant’Antonioabateeuncatalogodellespecialitàcittadineitalianelungoemeditato:ilcotechinodiFerrara,ilsalameall’agliodiVerona,lozampettodiModena,lamortadellabolognese,labondiolalombarda,lesalsiccediFirenze,dellaLucchesia,delMincio237.

L’importanza delle conserve nella storia della gastronomia è anche quella di essere un puntod’incontrofondamentalefraculturapopolareeculturadiélite.Ilciboconservatorappresenta,infatti,laprimapreoccupazionediunsistemaalimentaredisopravvivenza,chenonpuòpermettersiillussodi affidarsi almercato quotidianoo al capriccio delle stagioni.Conservare,mettere in dispensa, èstatodasempreilprimoobiettivopercombatterelafame.Mailsurplusdilavoroediculturacheintalmodosiriversasuiprodottinaturalidiventaunapreziosaoccasionepercompiacereilpalato.Laconserva esce allora dall’ambito del bisogno per entrare in quello del piacere, e significativeconsonanze si avvertono fra la cucina povera e quella dei ceti dominanti. Basti l’esempio delloscapeceossiadelpescefritto(obollito)epoimarinatoinsaleeaceto,perunalungaconservazioneedeventualmenteiltrasporto.GiàprefiguratoinunaricettadiApicio238,lotroviamo,nelMedioevo,sullatavoladell’imperatoreFedericoII239eneiricettaridelXIVsecolo:lasingolaredenominazioneconcuivicompare(schibeziaatavernaio)240cirimandaperòaundiversoambientesociale,quellodelle osterie, dei cibi semplici sempre pronti per un consumo occasionale, itinerante. Una suavariante è il carpione, preparato con procedimento opposto: marinare il pesce in una salamoiaall’aceto e poi friggerlo. La ricetta compare in questi termini nel ricettario quattrocentesco diMaestro Martino241; Scappi intende invece per «accarpionare» il medesimo procedimento delloscapece,edàpreciseinformazionisulcommerciodiquestipesciche«siconservanoparecchigiorniesiportanoindiversilochiperItalia»242.L’usocontinuaaesseresocialmentecondiviso:seScappilopropone per la tavola del papa,Montaigne lo trova in una locanda di Foligno, commentando: inquesti luoghi«servonopescemarinato,equasinonnehannodi fresco»243.Ladifferenzaè semprequella:lamensadelsignoreusaanchepesci(ecarni) inconserva; lamensapopolare,solamenteoquasi.Latradizione,cometantealtre,attraverseràindenneisecoli:unaricettadianguillafrittaepoibollita inaceto, che ricorda tanto la trecentescaschibeziaa tavernaio, è compresaneldiariodiunostetoscano,ametàdell’Ottocento244.

10.UnatipicitànuovaVolendo proiettare nel presente il quadro storico-merceologico qui esposto con carni e pesci,

salumielatticini,ortaggifreschietrattati,appaionoevidentisialelineedicontinuitàchelefrattureimpostedallamodernizzazione.Mentre ilpatrimonioespressodalMedioevoall’etàmodernaserveda base alla comprensione di quello contemporaneo, quest’ultimo comporta unamanipolazione ditipo tecnologico della natura e dei saperi, non riconducibile a uno studio delle origini. È difficiledescrivere ilmodellogastronomicochesiprecisanelXXsecolo,dopo laprimaguerramondiale,tenendocomepuntodi riferimento il«passato». Il raffronto fraoggetticommestibilidiprimaedipoi impone un bilancio complesso fra eredità ed estinzione di un patrimonio, fra gli approccigustativi e la loro variabilità culturale, fra risorse effettive e trasmissione delle ricette. Nellamodernitàpersistonomoltialimentichenelpassatoavevanofunzionidifferenti.Laconservad’ogginon ha fatto piazza pulita dei suoi antecedenti storici, permettendo al sale dei formaggi e degliinsaccatidi coesisterecon le tecnologiealimentari;questea lorovolta sonosubentrateaiprocessiartigianaliottimizzandolidaunpuntodivistaessenzialmentesanitarioedeconomico.Piùdeperibiledeglialimentièilloroapprocciogustativo.Nonsonoisalamieipecoriniadapparireinattuali,mailmodoconcui,inpassato,cisiadattavaaunfrescoestremamentefragiledalpuntodivistaigienicoeorganolettico.ComeilgentiluomodiAntonioFrizzi,nonabbiamopersol’abitudinee ilpiacerediannusareilsalame,mentreriesconointollerabilicertistadidifrollaturadellecarni.

Letrasformazionipiùevidentisono,oggi,nelladefinizionedeiprodottienellororapportoconlematerieprimelocali.Caratterizzandosicon inomidellecittàdiprovenienza, icacimarzolinidiFirenzeelemortadellediBolognarappresentavanonelCinquecentoareecircoscrittedelcontadoeununicocentrodimercatochelerispedivalontano.Anchesalumieformaggimenorinomati,quindioggetto di commercio locale, godevano di una territorialità che li rendeva riconoscibili. Nellatrasformazioneindustrialedeisuini,nelNovecento,sussistonoledenominazioni«storiche»,salamidiVeronaemortadellediBologna;sopravvivequalchesanguinacciodigranfama,ilburistodiSienainparticolare;comincianoadiminuireeascomparirelepiccoleproduzioni.Lesalsicce,neimanualiHoepli consacrati al maiale, hanno già perso i toponimi che le rendevano appetitose e ricercate,mentresonomoltiinomistranieriaentrareinsalumeria,iprosciuttidiMagonza,Westfalia,Sutland,York,Bayonne, i salami francesi e ungheresi245. Unmaggior numero di prodotti viene dunque damolto lontano, o imita specialità straniere,mentre i nomi di piccoli paesi comeFelino divengonomarchio tipologieproduttive.Unraffrontodelle treguidegastronomiched’ItaliadelTouring,del1931,1969e1984,metteinlucetuttalamobilitàdiquestocomparto.Intrentottoanni,frail1931eil1969, il 30per centodei salumi italiani scompare, e ben tre specie (lo zuccodiReggioEmilia, ilsalame d’asino del Pavese e la mortadella di Viterbo) vengono segnalate come estinte. La listas’allunga ulteriormente, nei quindici anni successivi, con altri tredici salumi la cui scomparsa ècausata «dalla crescente difficoltà di reperire alcune materie prime, dalle mutate tecniche diallevamento,da stravolgimenti climatici che rendonoaleatori alcunimetodidi conservazione».Unesamesinotticometteinattivounnumeroaltrettantocospicuodiprodotti,nuoviodimenticatidalleprecedenti rilevazioni246. L’industria fa la sua parte nell’inventare o reinventare la tradizione esoventenonsussistonoidocumentiperunesameanaliticoeretrospettivo.

Aquestobilancioconentrateeusciteinegualicorrispondeunparticolaredecorsodellanozionedi tipicità. Essa corrisponde sempre più alle tecniche di produzione e sempre meno all’originegeografica dellematerie prime. Il mutamento delle condizioni produttive comincia amanifestarsi

anche in zone protette e omogenee. Vallate italiane tradizionalmente associate a salumi e prodotticaseari hanno abbandonato la loro agricoltura senza perdere le relative industrie. L’economiamontanadelmanzoedelgranosaracenoèunricordoinValtellina,senzaperquestoaverprovocatol’estinzione delle «bresaole» e delle tagliatelle fresche o secche dette «pizzoccheri», condite conburrofrittoeformaggio«bitto».Dentroesoprattuttofuoridellavallesiproduconolematerieprimeeglialimentifiniticheneassicuranoun’identitàparticolarmenteimportanteperilturismo.Suscalamondialeilfenomenoèancorapiùvistosoeladelocalizzazionehavalorediregolaeconomica.Paesicome l’Argentina, con una forte immigrazione italiana, diventano centri della duplicazione dellespecialità, in condizioni climatiche e finanziarie più favorevoli. Vini, formaggi e salumi portanonomi che ricordano la loro origine, e, con nuove materie prime, nascono degli ibridi, fragongorzolaeroquefortperesempio247.Agliantipodirifiorisconoipaesidicuccagna,prezzirisibiliequantitàgigantesche,nonsolonell’immaginario.

Lastandardizzazionedellematerieprimehaomologatoinoltrerazzeecultivar,senzasegnarelafinedelladiversitàdellepreparazioniculinarie.Aunmercatolocale,orapoverooraricco,inegualea ogni stagione e a ogni mutamento climatico, diseguale da una città all’altra, è subentrata unadistribuzione unidimensionale, sempre più estesa nello spazio, con prodotti freschi che, per costo,conservazionee riconoscibilità, rispondonoaunnumero limitatodi tipologie ricorrenti.Alcunidiessi, pensiamo per esempio alle insalate, alla valerianella o alla rucola, fanno parte di un’ereditàsenza avereuna storia, portanonomidi vegetali avulsi da tradizioniorticole accertate, coltivati inserra da un capo all’altro delMediterraneo, secondo logiche opportunistiche, dimero profitto. Ilsapore di queste erbe è monotono ed effimero; altrettanto dicasi per il colore, l’aspetto, laconsistenzachedevonosemplicementegarantireall’acquirenteun’identitàformale.Larilevazioneditalifenomeni,nell’ultimocinquantennio,èstataapprossimativaenonpermetteditrarreconclusioni,soprattuttoinmancanzadiunatlantestoricoitalianodeiprodottitipici.Seogniderratavegetalehaunpedigree,ricostruirlooggipuòessereun’impresadifficile.Daquestopuntodivistanonsipuòdirecon certezza se la cucina dietro la quale sta oggi un grande mercato urbano abbia caratteritradizionalioinnovativi.

Lapressionedell’omologazionevariasecondoiprodotti.Moltofortesulcibofresco,hacausatolariduzionedispecie,comelemeleelepere,cheinpassatoeranoilvantodeigiardinieilsimbolodella ricchezza inesauribile e dei capricci della natura; più debole sulle conserve, ha consentito lasopravvivenza di piccole produzioni di qualità che non necessitano più di condizioni ambientalispecificheenonsoffronodell’incostanzadelleeconomieruralitradizionali.Ridimensionamentodelclimaedell’ambiente, rivalutazionedel lavoroartigianalee industriale, rilancioselettivodialcune«specialità» e sacrificiodimolte altre, hannoportatonelquadrodelle risorsegastronomiche fortitensioni e una particolare difficoltà ad assegnare un avvenire al patrimonio italiano nel suocomplesso. Tradizione, specialità, tipicità sono termini che appartengono a diversi linguaggi,dell’industria edeldiritto comunitario,della cucinaedel commercio, conaccezioni sensibilmentediversedall’unoall’altrodiquestisettori.Ilproblemadiunalororidefinizionenonènominalisticomaprecipuamentestorico:difronteaunmercatochesicontraeesidilata,alternativamenteborealeeaustrale, i diversimodelli gastronomici che riflettono abitudini stanziali e valori radicati e, comeabbiamo dimostrato, un linguaggio e un sapere antico, stentano ad adeguarsi, si spostano, sitravestono, si annullano.Se il destinodi una cucina comequella italiana è anche legato all’assettoterritorialeeaiprodotticoncuirealizzarla,lasuamutazioneèsenz’altrocominciata.

III.Laformazionedelgusto

1.SaporeegustoIl gusto, come ogni aspetto della cultura umana, è un prodotto della storia e si modifica nel

tempo, così come è diverso nello spazio. Scelte, esclusioni, preferenze (non solo in campogastronomico) caratterizzano gli individui, i popoli, le regioni del mondo; inoltre, esse sonocambiatenelcorsodeisecoli.Comefacciamoasaperlo?Comepossiamopresumerediricostruireilgustoalimentarediuominiscomparsi,diepochelontanedallanostra?

Il problema si pone su due piani diversi. Uno è quello del gusto inteso come sapore, comesensazione individuale della lingua e del palato: esperienza per definizione soggettiva, sfuggente,incomunicabile.Daquestopuntodivista, l’esperienzastoricadelciboè irrimediabilmenteperduta.Ma il gusto è anche sapere, è valutazione di ciò che è buono o cattivo, piace o dispiace. Unavalutazionechevienedallamenteprimachedalla lingua– lamente,non la lingua,è l’organodelpiacere gastronomico – perché bisogna pure che qualcuno ci abbia insegnato a riconoscere eclassificareinquelmodoisapori:buono,cattivo;piacevole,spiacevole.Daquestopuntodivistailgusto non è affatto una realtà soggettiva e incomunicabile, bensì collettiva e condivisa. Èun’esperienzadicultura,èfruttodiunatradizioneediun’estetica(lacucinacomeartedelmangiare)chelasocietàincuiviviamocitrasmettefindallanascita.Questadimensione,chenoncoincideconlaprimamainlargamisuralacondiziona,èbenpossibileindagarlaanchestoricamente,attraversol’esamedeitesti–nonsoloiricettari:ilgustofapartedinoiedemergeinognicircostanza–incuigli uomini del passato hanno lasciato traccia delle loro esperienze, dei loro progetti, dei lorodesideri.Ma se parliamodeimodelli del gusto, di come si formano e simodificanonel tempo, ènecessarioporsiun’altradomandapreliminare:ilgustodichi?Perchéèbenchiarocheilmondosidividealmenoindue,echeaffermiamol’ovvietàpiùlapalissianaosservandocheiricchisonoricchieipoveripoveri.Ilfattoèchel’abbondanzaelafamedifficilmenteportanoallestessescelte,echesetuttihannodirittoatrasformareinpiacerelanecessitàdelsostentamentoquotidiano,lemodalitàconcuiciòsiverificasonofraloroassaidiverse.

L’antropologo Marvin Harris ritiene che le scelte alimentari siano sempre determinate da uncalcolo(piùomenoconsapevole)deivantaggiedeglisvantaggiconseguenti:percui,allafine,ivarisistemidialimentazioneedicucina– inclusiquellichefannopostoall’antropofagia–sarebbero ipiùpraticiedeconomicistoricamentepossibiliindeterminatecondizioni.Daquestocalcolotracostiebeneficidipenderebberoleabitudinialimentari,chealorovoltadarebberooriginealgustoossiaalla valutazione di certi cibi come buoni, di altri come cattivi1.Ma tutto questo funziona (quandofunziona) solo se parliamo dei poveri e della loro fame. È chiaro che le loro abitudini sonodeterminate dalla facilità di reperimento del prodotto, dalla sua idoneità a essere conservato edelaborato,dallasuacapacitàdiriempirelapancia.Eccodunqueil«gusto»popolareperifarinacei:cereali,legumi,castagne.Eccoil«gusto»delsale–sucuitorneremo–chenonsolodàsapore,ma,innanzitutto,conserva.

Ma,inprimoluogo,nonèdettocheleabitudinicorrispondanoalgusto.ComeosservaFlandrin,un conto è mangiare un cibo, un conto apprezzarlo: il fattore necessità in tanti casi può rendereragionediunamancatacoincidenzafraleduecose2.Icontadinichepersecolihannoconsumatopane

scurodi segale,minestre di spelta, focacced’orzo epolentedimigliohanno certo sviluppatounacongruitàfisiologicaaquelgeneredivivande(auncertopunto,glistessimedicilohannoteorizzato,confortandosulpianoscientifico l’inevitabilitàdelprivilegiosociale)3.Ciònon togliecheabbianosempredesideratoilpanebiancodifrumento,perlungotemporiservatoaisignorieaicittadini–iquali,auncertopunto,perunasortadiironiadellastoria,hannocredutodiriconoscereinqueicibipoveridelpassatounvaloregastronomicoinestimabileeperduto,promuovendoli,nell’immagineenel valore di mercato, a oggetti di desiderio, simboli di una «ruralità» felice e incorrotta che icontadini non hanno mai conosciuto. Ma, appunto, questi oggetti sono diventati desiderabili nelmomentoenellamisuraincuièsembratochestesseroscomparendo,facendosirari.

Lararità,nonl’abbondanza,èall’originedelmeccanismodiformazionedelgusto,seinvertiamol’otticasocialediriferimentopuntandosuiricchianzichésuipoveri.Oggettodidesideriononèpiùilciboabbondanteefaciledatrovare,maquelloraro,prezioso;nonquellocheriempieefapassarelafame,ma quello che stuzzica, invita amangiare di più. Di qui l’affannosa ricerca di spezie nellecucine signorili delMedioevo e del Rinascimento, e il loro abbandono quando cominciarono adabbondaresuimercati4.Diquil’invitodicertiedonisti(subitocondannatodaimoralisti)aconsumareinsalate ametàdelpasto, ritenendochepotessero riaccendere l’appetito scemato5. «Si convengonotalicibiquandononsitrovapiùfame»,scriveinpropositoilbotanicoegastronomoCostanzoFelici,nel XVI secolo6. L’antieconomicità sembrerebbe dunque un importante fattore di formazione delgusto nelle classi alte, per il semplice motivo che – scriveva Isidoro di Siviglia nel VII secolo,riferendosialfagiolo–«tuttociòcheabbondaèvile»7.

Tuttavia, vi è anche una forte circolarità di gusti – riguardo sia ai prodotti consumati, sia aicondimenti per insaporirli – tra cucina di élite e cucina povera, se non altro perché quest’ultimatende, nei limiti del possibile, a imitare la prima, che a sua volta non esita a «recuperare»,all’occorrenza, cibi e sapori «poveri» (come insegna il successo odierno dei cereali inferiori,fenomeno, peraltro, non privo di precedenti nella storia della cucina). Dunque non sarà inutilesoffermarsi con attenzione sui gusti delle élite, che la documentazione ci consente di conosceremeglio.

2.Laculturadell’artificioAppare subito chiaro che la nostra idea di cucina, il sistema di sapori che a noi sembra così

«naturalmente»preferibileèassaidiversodaquellochepermoltotempo–eancoraunpaiodisecolifa–gliuominigiudicavanobuonoericercavanoneicibi.Neldettaglioledifferenzesonomolte,masi possono ricondurre ad alcune nozioni di fondo che oggi non condividiamo più. La cucinacontemporanea (italiana ed europea) ha un carattere prevalentemente analitico, tende cioè adistinguere i sapori – dolce, salato, amaro, agro, piccante… – riservando a ciascuno di essi unpropriospazioautonomo,sianellesingolevivande,sianell’ordinedelpasto.Atalepraticasicollegal’ideachelacucinadebbarispettare,neilimitidelpossibile,ilsaporenaturalediciascunalimento:sapore di volta in volta diverso e particolare, da tenere, appunto, distinto dagli altri. Ora, questesempliciregolenoncostituisconounarchetipouniversaledicucina,sempreesistitoesempreugualeasestesso:sono,invece,ilfruttodiunapiccolarivoluzioneavvenutainFranciafraSeieSettecento.

«La zuppadi cavolo deve sapere di cavolo, il porro di porro, la rapa di rapa», raccomandavaNicolas de Bonnefons nella sua «lettera ai maestri di casa» (metà XVII secolo)8. Affermazionedall’apparenza innocente, che in realtà rovesciava modi di pensare e di mangiare ben diversi econsolidatidasecoli.Lacucinarinascimentale,comequellamedievalee,retrodatandoancora,quellaromana antica avevano infatti elaborato un modello di cucina basato principalmente sull’ideadell’artificio e dellamescolanza dei sapori. Sia la preparazione delle singole vivande, sia la lorodislocazione all’interno del pasto rispondevano a una logica sintetica più che analitica: tenereinsieme, più che separare. Ciò rispondeva anche ai dettami della scienza dietetica del tempo, cheriteneva«equilibrato» il cibochecontenesse in sé tutte lequalitànutrizionali,manifestate– a lorovolta – dai diversi sapori: la vivanda perfetta era ritenuta quella in cui tutti i sapori fosserosimultaneamente presenti. Pertanto il cuoco era tenuto a intervenire sui prodotti «naturali», adalterarneicaratteriinmodotaloraradicale.Lacucinaerapercepitacomeun’artecombinatoriavoltaamodificare,atrasformareilgusto«naturale»deicibiinqualcosadidiverso,di«artificiale».Aciòmiravano lamescolanzadei saporie,perestensione, l’usosistematicodicoloranti (che inqualchemodoassimilaval’artedelcuocoaquelladelpittore)elaricercadiformeeconsistenzeparticolari,attraverso un sapiente impiego dei modi di cottura e abili tecniche manipolatorie. Per megliocomprendereilsignificatodiquestesceltenellastoriadellacucinaedelgustoèopportunofareunpassoindietroericominciaredacapo.

3.L’ereditàromanaLacucinaromanadietàimperiale–documentatadamoltitestiletterariepoi,tardivamentemain

manierapiùorganica,dalricettarioattribuitoadApicio,compostoattornoall’anno400–sembra,aprima vista, molto distante da noi. La distanza tuttavia si attenua, se consideriamo che da essaderivanoalcunicaratteridifondodellacucinamedievaleerinascimentale,duratifinoalXVII-XVIIIsecolo.Ilgustoagrodolce,peresempio,epiùingeneralelatendenzaallamescolanzadeisaporinonsembranoconoscereinterruzioni, trasmettendosiinmanieralinearepurconimportantiadattamenti,varianti,modifiche.Lostessovaleperl’usodellespezie,deisaporifortiepiccantimescolatiaquellidolci, salatieagri,anchequestoun trattodistintivodellacucinamedievalee rinascimentale,dicuinonèdifficilerintracciarenell’etàromanaunmodellodipartenza,arricchitoduranteilpercorsodaesperienzeeinnestinuovi.Ciòequivaleadirechelaculturagermanica,seebbeunruolodiprimopiano nel ridefinire le predilezioni medievali riguardo alle risorse e ai prodotti alimentari(accentuando,peresempio,comeabbiamovisto,l’attenzioneperlaselvagginaelecarniingenere),non introdusse, invece, elementi di sostanziale novità sul piano del gusto: qui come altrove, fu latradizioneromanaavincere,aconquistareiconquistatori.

Inetà romana,agro significavasoprattuttoaceto,dolce significavamiele.Molte ricetteapicianeprevedonol’impiegosimultaneodeidueprodotti,vuoicomebasedicottura,vuoicomecondimentiaggiuntivi.Allostessomodosimescolanoildolceeilsalato,dosandonellesingolepreparazionilapresenzadelmieleequelladelgarum–lacelebresalsaabasediinterioradipesce,fattemacerareinolioassiemeavarieerbe,cheApiciosuggeriscesugranpartedellericetteconlaspecificafunzionedi salare lavivanda: le«erbe rustiche»crude sonoconditeconolio, acetoegarum9, e in generalerestaintesoche«seunpiattoèinsipido,aggiungidelgarum;seèsalato,unpo’dimiele»10.

Tra gli aromi forti, la cucina romana prediligeva il laser, una resina dal sapore agliaceo edall’afrorefetidochesi ricavavadallaradicedelsilfio,epoi (scomparsaquestapianta,permotivicheignoriamo,giànelIsecolodopoCristo)dall’Asafoetida,ancoraoggiusatainOriente11.Inoltre,si usavano il nardo, il sommacco, il costo, la bacca del mirto, prodotti più o meno esotici cheservivano a insaporire le vivande12. Intanto si diffondeva il pepe, vera novità gastronomica dellostesso I secolo: Plinio, nella Storia naturale, si stupisce ancora del favore che sta cominciando aincontrare. Ma il successo è travolgente: quasi tutte le ricette di Apicio ne prevedono l’impiego,perfinoneidolci(eneivini).Altrespeziesonoconosciutemautilizzatepressochéesclusivamenteperusomedicinaleenellapreparazionedeiprofumi.

IlpanoramasiarricchiscegiànegliExcerptapostiinappendicealricettariodiApicio,presentaticome«estratti»delmedesimotestomascritti,inrealtà,unsecolopiùtardi(trailVeilVI)aoperadiuncertoVinidarius,probabilmenteunostrogotovissutonell’ItaliadelNord.Qui,nuovespezieperusoalimentare si affiancanoalpepe: inparticolare lo zenzeroe lo zafferano–quest’ultimo,nellaspecificafunzionecolorantechesaràpoitipicadellacucinamedievale:proptercolore13.NellelistediprodottiaggiuntealricettariodiApicio,inunodeicodicimedievalichenehannoconservatoiltesto,simenzionaancheilchiododigarofano.

Tracce importanti del modello di cucina romano sono visibili nell’epistola De observationeciborum,scrittaagliinizidelVIsecolodalmedicogrecoAntimo,venutoinItaliaallacorteravennatedi Teoderico re dei goti: il primo trattato di dietetica e gastronomia dell’Europa medievale14. Lapresenzaresidualedipiantearomatichecomeilnardo15eilsommacco16,laconsuetudinedicuocereinmiele e aceto17, la reiterazione di salse tipicamente romane come l’ossimele (ancora a base di

miele e aceto) o l’enogaro (a base di vino e garum)18, l’uso del miele come additivo del vino edell’acqua19sonotuttisegnidiunaculturanienteaffattosepolta,bensìviva,vivissimanellepratichequotidiane.Essadureràancorapermoltisecoli:nelsecoloVIII,ilgarumvenivacommerciatolungoil Po dai mercanti di Comacchio, e i sovrani longobardi ne richiedevano una quota al portoParmisiano;ancoranelsecoloIX,gliinventaridelmonasterodiBobbio(nell’Appenninopiacentino)registranol’acquistodiduecongidigarumsulmercatodiGenova,perilfabbisognoalimentaredeimonaci20.Probabilmentesitrattavadiprodottiimportati:ComacchioeGenovafannopensareaiporti,almare,aicommerci;fabbrichedigarumeranocertamentedislocatenell’areaadriatica, in Istria–comesappiamodaunaletteradiCassiodorodelVIsecolo–eaBisanzio.Ancheattraversoquestavia–icontatticommercialiconBisanzio,direttaeredediRoma,delsuoimperoedellasuacultura–simantenevainvitaunlegamenonsecondarioconlatradizionegastronomicaromana.

4.Gliarabi:innovazioneecontinuitàSoprattutto l’incontro con la cultura gastronomica araba accelerò, nell’alto Medioevo, il

progressivodelinearsidiungustonuovo,seppureantico.Nuovoeantico,perchéreinterpretavacerticaratteridifondodellacucinaromana(lamescolanzadeisapori,ilgustoperlespezie)utilizzandonuovi prodotti e proponendoli in versione più delicata, più garbata. L’apporto arabo alla civiltàmedievalefudunque,inquestocampo,deltuttoanalogoaquellochesiverificòinaltrisettoridellacultura e della scienza: riprendere, rielaborare e trasmettere gli elementi essenziali delle civiltàantiche, greca, romana, e ancora oltre, mesopotamica, cioè persiana. Grandi assimilatori edesportatoridiquesteculture,gliarabinegarantironolaconservazioneelatrasmissionealMedioevoeuropeo:fuancheperlorotramite,oltrecheperunalinea«interna»dicontinuità,chealcunielementidellacucinaantica–rinnovatierivitalizzati–sopravvisseroneisecoli.

Con gli arabi, nell’alto Medioevo, giungono in Occidente due prodotti chiave di questaconservazione-trasformazionedelgustoantico.Sonogliagrumielozuccherodicanna,cheapocoapocosostituiranno–dopoaverliaffiancati–l’acetoeilmielenellepratichedicucina,rendendopiùmorbidoilcontrasto,più«leggero»ilsapore.Soprattuttolàdovesiaffermaladominazionedirettadegli arabi – in Sicilia, in Andalusia – tali cambiamenti sono rapidi e precoci; ma i prodottiviaggiano,el’Italia,giànell’altoMedioevo,èriccadicittàmarinareedimercanti.Inoltre,gliarabirappresentanoperalcunisecoli–oltrecheunmotivodirotturadell’unitàpoliticadelMediterraneo–un tramite essenziale di collegamento commerciale tra l’Europa e l’Oriente, ossia imercati dellespezie;solopiù tardi,dall’XIsecolo inpoi, inconcomitanzacon lespedizionicrociate, imercantiitaliani (di Venezia e di Genova, soprattutto) apriranno varchi diretti e scali di approdo in quelladirezione. La valutazione dell’apporto arabo per quanto riguarda l’uso delle spezie, divenutocaratteristicodellecucineeuropeedelMedioevo,rimaneinrealtàcontroverso:alcunistudiosi,comeMaxime Rodinson21, lo hanno ritenuto decisivo; altri, come Bernard Rosenberger22, tendono aridimensionarlo.Rimaneilfattochepropriodurantel’altoMedioevo,traVIIeVIIIsecolo,ilgustodellespeziecominciòadassumereunafisionomiapiùmarcataediversificatarispettoallatradizioneromana.

5.SpezieAgli inizi del Duecento, la requisitoria di papa Innocenzo III contro le vanità del mondo (De

contemptumundi)nonrisparmiailpeccatodigolaelenuoveghiottoneriechel’insanapassionedegliuominièriuscitaainventare.Nonbastanopiùlebuonecosechecivengonodaglialberi,dallaterra,dalmare, dal cielo: «si vogliono spezie, si acquistanoprofumi» e per ogni piatto ci si affida agliartificideicuochi.

Abbiamo già visto che non si trattava di una novità in senso stretto: l’interesse per le spezie,prefiguratogiàdallacucina tardoromana,nonavevacessatodiprecisarsidurante l’altoMedioevo.Agli inizi del XII secolo, per celebrare il fasto con cui Bonifacio di Canossa aveva celebrato ilpropriomatrimonioconBeatricediLorena,Donizonescrivecheduranteilbanchettonuziale,duratotre mesi, «le spezie non erano tritate al mortaio, ma macinate come spelta ai mulini»23. Sicché,quando le spedizioni e gli insediamenti dei crociati portano gli occidentali a un più ravvicinatocontatto con l’Oriente, il commercio delle spezie esplode, per rispondere a una domanda giàfortementeorientataversoqueiprofumiequei sapori.L’Italiagiocaun ruolo fondamentale in talevicenda, perché sono soprattutto i suoi mercanti a rifornire di spezie l’Occidente, con inevitabili«ricadute» sulla cucina locale. L’ampia disponibilità di pepe, zenzero e noce moscata (peiver,zenzavro emoscao) èmotivo di orgoglio per l’anonimo poeta genovese che nelXIII secolo tessel’elogiodellasuacittà, inunfittiziocolloquioconunlombardo24.Col tempo,sarannosoprattuttoivenezianiaimporsinelcommerciodiquestepreziosederrate.

IlmanualedimercaturadiFrancescoBalducciPegolotti, attivoaFirenze tra il 1315e il 1340,fornisce una lista dei prodotti trattati dagli importatori del tempo: la gamma delle spezie,notevolmente cresciuta rispetto ai secoli precedenti, comprende vari tipi di pepe (bianco, nero,lungo),seidifferentitipidizenzero,cannellaecinnamomo(fioridicannella),chiodi,fustiefogliedigarofano,nocemoscataemacis (l’involucrofibrosodellanoce,seccato),cardamomo,galigaogalanga(unrizomaaromaticodioriginecinese,disaporesimileallozenzeromaconmenosentoredilimone),zafferano.Eancora:anice,curcuma,cassia,carvi,«granidelparadiso»,zettoara,cubebe,cumino, aloe, nardo. Infine, zucchero in varie forme e diversamente trattato: in pani, in polvere,candito,raffinato,rosato,violato25.

I libri di cucina delXIV secolo rappresentano la prima codificazione scritta dell’uso di questiprodotti.Perspiegarneilsuccesso26ènecessariochiamareincausalaculturadieteticadeltempo,cheattribuiva a questi prodotti un ruolo decisamente positivo nel processo di digestione. La scienzamedievaleriteneva,infatti,cheil«calore»dellespezie,aiutandoillavorodi«cottura»deicibinellostomaco, ne favorisse una più rapida ed efficace assimilazione: per questo si spargevano inabbondanzasullevivandeesidistribuivano(confettate)alterminedelpasto,assiemeavinianch’essispeziati. Vi era inoltre una motivazione di carattere sociale: a causa del loro costo proibitivo, lespezierappresentavanounelementodigrandeprestigioperleclassialtedellasocietà,eranounvero«status symbol» della gastronomia ricca. Infine, le spezie erano circonfuse del magico alonedell’Oriente,dacuiprovenivano:addirittura si suggerivachecrescesserosuglialberidelParadisoterrestre (che alcuni collocavanoall’estremoEst delmondo) ed ecco che il fascinodell’esotico sicoloravadiimmaginianchepiùforti,cherichiamavanolafelicitàdell’Edenel’eternitàperduta.Tuttibuonimotiviperspiegarelasovrabbondanzadispezienellacucinadelleclassialte.L’immaginario–allora come oggi – giocava un ruolo di primo piano nell’orientare i consumi alimentari; e tantomegliose la scienzanedavaancheuna ragione. Inognicaso,è falsa l’opinione–chegli studiosi

hannodatempodimostratoinconsistentemachecontinuaacircolareconlavitalitàinossidabiledeiluoghi comuni – che l’uso delle spezie servisse a nascondere la qualità scadente dei cibi, a celaredietro l’amalgama di sapori forti e contrastati la «vera» natura di carni e pesci mal conservati,putrescenti, corrotti. Falso storico in piena regola, generato dal razionalismo moderno e dallapresunzione che solo a noi «moderni» sia consentito scegliere i sapori che ci aggradano: di quali«gusti» potrebbero essere stati capaci quegli zoticoni delMedioevo, che non usavano neppure laforchetta?Inveceno:lacucinadellespezie,deisaporiavvolgentiecontrastatièunasceltadigusto,chehamoltoachevedereconlascienza,conl’immaginario,conlamodadell’epoca.La«necessità»in questo caso non c’entra: basta osservare che l’area sociale della povertà – quella che,eventualmente,potrebbeesserestata interessataalproblemadeicibicorrotti–noncoincideaffattoconl’areadelconsumodispezie,riservatoaélitechepotevanopermettersidicomprarlesulmercatoa prezzi proibitivi per i più. Questa ristrettissima fascia di consumatori sicuramente non avevaproblemi di cibi mal conservati o avariati: l’uso medievale era di cucinare (chi poteva) carnifreschissime,selvagginadigiornataocarniespressamentemacellatealmomentodell’acquisto.Usorimastoalungoneltempo,comeabbiamovisto27.Delresto,iricettaridicucinaciinsegnanochelespezievannoaggiunteall’ultimomomento,«ilpiù tardipossibile»,come leggiamo inun testodelXIVsecolo.Perconservareicibialtrieranoimodi,piùefficaciepiùlargamentediffusi(inprimoluogometterlisottosale).Infine,èevidentecheesisteunusodifferenziatodellespezie,infunzionedelgustochesivuoleottenere.

Fra i libri di cucina italiani del Trecento, quello veneziano – sicuramente non per caso, sepensiamoalruoloprimariodiVenezianelcommerciodellespezie–èilpiùprecisoneldistingueregli impieghi gastronomici di questi prodotti.Esso individua tre ricette-base, tre diversemisceledipolveri,unapiùdelicataperlevivandefini(peresempio,ipesci),unapiùpotenteperlevivandeforti(carniarrostiteecc.),unadimediosaporeadattaunpo’sututto.Lamiscela«universale»(speciefineatutecosse)comprende1onciadipepe,1dicinnamomo,1dizenzero,mezzoquartodichiodidigarofano,unquartodi zafferano.Lamiscela«dolce» (speciedolceperassaycossebonee fine) sicompone solo di garofano (un quarto di oncia), zenzero (1 oncia), cinnamomo (1 oncia) e folio(alloro?)28.Lamiscela«forte» (specienegree forteperassay savore) si componedigarofano (unmezzoquarto),pepe(2once),pepelungo,nocimoscate(due)29.

In altri ricettari le destinazioni d’uso sonomeno esplicitemanonper questomeno evidenti.Èanchechiarocheadalcunespeziesiriconosceuno«statuto»particolare:ilpepe,forseinvirtùdellasuaveneranda tradizione(era,comeabbiamovisto, l’unicaspezia inusoormaidaunmillennio)èspessocitatoaséstante,separatamentedaglialtriaromi.Lostessoaccadeperlozafferanomaperundiversomotivo:ilsuoimpiegoèfunzionalenontantoalsapore,quantoalcoloredellevivande,chespessoevolentieri si desideranogialle.Coloracumsafrano, suggerisce ilLiberde coquina, «e sevuoiaggiungialtrespezie»30.NellostessoLiber,lasistematicadistinzionetrazafferanoealtrespeziepotrebbe far pensare che si tratti di un prodotto locale, giacché sappiamo che la sua coltivazione,attestatainSiciliagiàinepocaromana,furilanciataainiziaredalsecoloXIesiestesepoiadaltreregioni,comelaToscanae,testimoneBonvesindalaRiva,laLombardia31.Èanchepossibilecheidue termini crocum e safranum (che il testo impiega oltre cinquanta volte!) siano impiegati adesignare due cose diverse: il «croco nostrale» di cui parlano anche i medici salernitani, e lozafferanoorientale32.La speciale considerazionedello zafferanodurerà a lungo:MaestroMartino,nel XV secolo, lo impiega in moltissime ricette per colorare di giallo le vivande33. È questa lavariantecromaticadigran lungapiùapprezzatae raccomandatanonsolodaMartino,mada tutti icuochimedievali e rinascimentali. Il giallo è immagine dell’oro, della felicità, dell’eternità. In un

certo senso, lo zafferano costituisce l’alternativa gastronomica all’oro che fa mostra di sé sulletavoledipintedell’epoca.

AlmenofinoalXVIsecolo,l’usodellespeziecontinuaaessereunsegnodidistinzionesociale:addirittura,CristoforoMessisbugo prevede che se ne possa diminuire la spesa proporzionalmenteallostatusdell’anfitrione:«Èda sapere, che se fossealcunogentil’huomomezzano,che facesse ilconvito,potrebbeeglifarecolterzodezuccariespezierie,eancoracollametà»34.Ilgustotuttaviastacambiando. Bartolomeo Scappi continua a suggerire spetierie Venetiane35 che forse rimandano aimodellididuesecoliprima,malamiscela-basechesuggeriscecontienesoprattuttocannella(4onceemezza),assentenellibrotrecentesco,oltreachiodidigarofano(2once),zenzero(1oncia),nocemoscata(1oncia)e«granodelparadiso»ossiapepediGuinea(mezzaoncia);aquestecinquepolverisiaggiungonolozafferano(mezzaoncia)elozucchero(1oncia)36,dueprodottispessocitatiapartenellericette.Lozucchero,inparticolare,ètalvoltapresentatocomeun’alternativaallealtrespezie37,anchesepiùspessovienesemplicementeaggiunto.Cisistadunqueorientandoversounamaggioredelicatezza o – appunto – «dolcezza». Analogo significato sembra avere la preminenza data allacannella fra le spezie tradizionali: l’abbinamento zucchero-cannella tende ora a dominare su ognialtro.Suquestoprogressivoaffermarsidelgustodolcedobbiamooraappuntarelanostraattenzione.

6.Agro,dolce,agrodolceAbbiamo già visto che l’agrodolce rappresenta – fin dall’età romana – una costante di lungo

periododellastoriadelgusto,giustificataanchesulpianodieteticodallalogicadel«temperamentoper opposti» e della commistione dei sapori. In questa storia si intravedono però fasi diverse,territorialmenteeculturalmentebendefinite,cheinalcunearee–inparticolarel’Italia–vedonolaprogressivaaffermazionediunsapore(ildolce)sull’altro,mentrealtrove–peresempio,inFrancia– la bilancia sembra pendere dall’altra parte. Inoltre, dalMedioevo in poi la gamma dei prodottiutilizzatipercomporre l’agrodolcesiarticola inmodopiùcomplessorispettoallacucinaromana,centratasullacoppiamiele-aceto.

A questi prodotti, via via se ne aggiungono di nuovi. A rafforzare e in parte modificare lacomponente acida si sviluppa la produzione di agresto (ottenuto dal succo di uva acerba), agrumi(tuttiagri,comeilnomesuggerisce:l’aranciadolcearriveràsolonelQuattrocento),succodifruttiper loro natura agrodolci come lamelagrana. Il dolce per vari secoli continua a essere ottenuto,comeinetàromana,colmiele,idatteri,l’uvapassa;lascopertadellacannadazucchero–importatainSiciliadagliarabi,incentivatanelXIIIsecolodaFedericoII38–segnaunimportantemomentodisvolta, accompagnato dalla diffusione dimandorle e nocciole in funzione sia di addolcenti che diaddensanti.

Cheilcontattoconlaculturaarabaabbiaavutouncertopesonelrecupero(opiùsemplicementenella conservazione) del gusto agrodolce sembrano attestarlo le ricette di accertata o presuntaderivazionearaba,contenuteneilibridicucinatrecenteschi:vivandecomelalimoniaolaromaniasicaratterizzanoperl’impiegodimandorle,agrumi,eunsuccodimelagranechesiraccomanda«agroedolce»39.Indicativaanchelaricettadelbrodiosarraceno,chestemperalecarniinbonovinoetsucisagris accompagnando con datteri, uva passa, mandorle. Indicativa soprattutto perché solo questo«brodo»,fraivariprevistinelLiberdecoquina,èdisaporeagrodolce40.

Nella maggior parte degli altri casi, l’agrodolce appare come una scelta possibile ma nonscontata. «Se vuoi farla agrodolce, aggiungi succo di cetrangoli [arance amare] e zucchero», è lachiosa finale delLiber alla ricetta di una zuppa di pesci41. Lo stesso nella ricetta dello scapece, ilpesce fritto conservato sotto aceto, assai interessante come esempio del crescente gustomedievaleper il sapore dolce. Una volta fritto il pesce in olio abbondante, lo si lascia raffreddare; intantonell’olio residuo si friggono cipolle affettate, assieme a uva passa, giuggiole e prugne; a parte sistemperanospezieemandorleconvinoeacetoinpiccolaquantità:«conmoderazione,affinchénonsiatroppoagro»;sidisponeilpescesuunpiattoevisiversasopralasalsa.L’insieme,grazieallafrutta secca e fresca, dovrebbe essere già piuttosto dolce, ma ancora non basta: «se vuoi fare lavivanda agrodolce – aggiunge l’anonimo estensore del testo, evidentemente rispondendo a unapossibile obiezione –mettici anche delmosto o dello zucchero, quanto basta»42. Se confrontiamoquesta ricetta con quella diApicio (che si limitava a prescrivere: «Per conservare a lungo i pescifritti, si irrorinodiacetonelmomentostesso incui si tolgonodal fuoco»43) ci accorgiamoche laprincipalevarianteèpropriol’accentuazionedelsaporedolce,nonprevistonel«modello»romano.Sipuòdunquesostenerecheilgustodell’agroprecedequellodolce44,cheaessosiaffiancaapocoapoco: già in età romana e poi, più sistematicamente, nelMedioevo – soprattutto là dove il nuovoapportoaraboconsolidaerilancialatradizioneromana.

Non si tratta però di una scelta onnipresente e, per così dire, omologante: la cucina del XIVsecoloèattentaadifferenziareunavivandadall’altra,adaccentuarequestooquelsaporeaseconda

deicasi.Se,peresempio,peraccompagnarelagruarrostitasiconsigliaunasalsaabasedifegato,maggiorana,zafferanoealtre«buonespezie»stemperateinvinoeacetoassiemeaduetuorlid’uovo,con l’aggiuntadimostocotto«affinchésiaagraedolce»,per ilpavonesiprevedeunasalsacon imedesimi ingredienti «tranne il mosto cotto», cioè solo agra45. Una preparazione può esseretotalmenteagra–comequelladelpaperoinagresto,aceto,succod’aranceolimoncelliolumìe–maprevedereunavarianteconl’aggiuntadisaporidolci:«giungivisucchiodimelangoleezuccaro,chesaràacrodolze»46. Inprevalenzaagre sono le salseconsigliateper le carni arrostite47,ma tuttaunascaladigradazionipossibili ci si paradavanti, con l’unicoobiettivodi compiacere il gustodi chimangia.Perlapeverada:«fàllodolceoacetoso,cometuvuoli»48.Ilproblemanonèmai–sitrattidispezie,dizucchero,diaceto–nascondere(cometroppiancoraritengono)bensìinventareungusto49:«Per queste cose, che dette sono, il discreto cuoco potrà in tutte cose essere dotto, secondo ladiversitàdeiregni;epotràimangiarivariareecolorare,secondochealuiparrà»50.

Con un’importante precisazione:mentre il gusto dell’agro attraversava la cucina di tutti i cetisociali, il dolce era percepito quasi comeunprivilegio di classe.Gli agrumi, importati dalSudodallaRiviera, non erano certo alla portata di tutti;ma non c’era contadino che non disponesse diaceto (doveva essere questa, al tempo, la destinazione «naturale» di tanti vini deboli e malconservati);quantoall’agresto, sappiamochegli stessi contadini erano talvolta tenuti a fornirloaiproprietaridelleterre51.Viceversa,lozucchero(senonilmiele,checominciavaaesserefuorimoda)eraallaportatadipochi–etaledovevaauspicabilmenterimanere,persegnalare,alpariditantealtrecose, le differenze di classe. Come recitava una canzone di Gentile Sermini (fine XIV-metà XVsecolo),«fa’che[ilvillano]nongustiildolce,masìl’agro;macomerusticoè,rusticostia»52.

Puòbensìcapitarecheil«villano»presumadimangiarecomeunsignoreesifacciaservireunascodelladi«risocolzucaro»:nonsaràcomunqueingradodiapprezzarelaraffinatezzadellavivandae la tratterà come una volgare zuppa di cavoli, colmandola di grandi fette di pane e rivoltandolasottosopracome«comunementeinvillas’usadifare».Cosìsicomportailcontadinomessoinscenain una novella dello stesso Sermini53, da cui emerge un chiaro messaggio ideologico (ciascunomangi quel che il suo stato prescrive) ma anche – a malincuore – l’attestazione di una certacondivisionediusialimentari,discambieimprestitifralacucina«ricca»ela«povera».

7.IltrionfodellozuccheroTra la fine del XIII secolo e gli inizi del XIV, il Liber de coquina meridionale attesta un uso

ancorasignificativodelmielenellepratichedicucina.Ètuttaviagiàchiaralatendenzaasostituirlocon lo zucchero, che compare più spesso e in una gammapiù variegata di usi:mentre ilmiele siaggiungeallevivande,quasiamododisalsa54operintingerefrittelle55,lozuccheroentranellalorocomposizione56,oltreasostituireilmieleneisuoiimpieghitradizionali57.Inqualchecasosilascialasceltaalgustodichiprepara,segnochecitroviamoinunmomentodipassaggio,disovrapposizionetraidueusi: laminestradifavevaconditaconpepe,zafferano,«mieleozucchero»58; lecrispelle,unavoltacotte,vannocosparse«dizuccheroodimiele»59.

Il ricettario toscanodi fineTrecento,direttamentederivatodalLiberdecoquina, conferma talesituazionedipassaggiomaaccentuandolapreferenzaperlozucchero60elasciandoalmieleunruolopiù marginale, sostanzialmente limitato alle frittelle e ad alcuni dolci.Ma il vero salto di qualitàavviene nel gruppo di ricettari settentrionali elaborati tra Siena eVenezia: ilmiele vi compare inmodoancorapiùesiguo61mentrelozucchero,semprepiùcaratterizzante,èpresenteinoltreil28percentodelle135ricette,unapercentualepiùchedoppiarispettoaquelladelLiberdecoquina62.Nellaricettadei«bozolatidamonege»sifornisceunasortadiequivalenzafraidueprodotti:«Setuvoydelmele,perognidexeovevolunbonchosselierdemele,setunevolecolzucharoperognidiexeovevoleun’onzadazucharo»63.Mailvincitoreèsegnato.Lozuccheroentraormaimassicciamentenellacomposizione delle vivande, e inoltre viene aggiunto, spolverizzato, per migliorarle: «Quando tumanestri,metellidelzucharopersusolescutelleeseràbonavivanda»64.

Anche nelle salse lo zucchero diviene protagonista. Se ilLiberde coquina napoletano e il suoepigono toscano proponevano – come abbiamo visto – una salsa agra «con ogni arrosto», ilricettariovenezianononhadubbioneldefinire«savore rinforzatoperfetto»una salsaagrodolceabasedispezie,zuccheroeaceto:«equestosièbonosavoreconzaschunorosto»65.

Il trionfo dello zucchero si può ben ritenere un elemento caratteristico della cucina italiana:oltralpe continuano a prevalere il gusto agro (in Francia) e il tradizionale uso del miele (inGermania)66.Èl’avvioaunacucinapiùdelicata,esplicitamenteavvertitacometaledacolorocheperprimi lapraticarono: il ricettariovenezianodelXIVsecoloconsigliadiaggiungere lozuccheroalmiele nelle confetture «se tu le volesse fare più diligate»67, e sostituisce lo zucchero alle «altrespezie»nellepreparazionidestinateaimalati.Peresempio:lacotognata,chenormalmentesifaconmieleespeziefini,«setulavoleperliamaladi,metiliabolireunpochodezucharo[...]incambiodespecie»68.Restando intesoche,preparataunavivanda,«elzucharonon laguasta»69.È il preludio aMaestroMartino, che cita una sola volta il miele e profonde di zuccheromolte delle sue ricette,mentreilsuoamicoPlatinateorizza,attornoallaricettadelbiancomangiare:«Nonsaràmalemetterviancheunpo’dizucchero:nessunavivanda,infatti,comedicono,rifiutalozucchero»70.

«Come dicono» (ut aiunt): a metà del XV secolo l’eccellenza della bianca polvere dolce èdivenutaquasiunluogocomune,unasceltauniversaleampiamenteconfortatadalpensieromedico:nelTacuinumsanitatissipotevaleggerechelozucchero,caldoeumido,«èbuonoperilsangue»ehala particolarissima, pressoché unica qualità di essere «adatto a ogni temperamento, età, stagione eluogo»71.NelCinquecento–testimoneCostanzoFelici–lacosaèormaiproverbiale:«Ilzuccaro[...]facompagniaadognialtracosa,olapotriafare,sesisuoledireperproverbioche il zuccarononguastamaimenestra».Conlozucchero«sirendedelicatoilmagnareemoltevolteilbevere,facendodolce e saporito e l’uno e l’altro», sicché «possiamo dire veramente che questa è una vivanda

preciosa[...]lanaturahumanacompiacendosiedelettandosiassaiinquestosaporedolce»72.Lacucina rinascimentaleèunvero tripudiodizucchero,per la fortunadeimercantiveneziani:

anche i genovesi lo importano dal Portogallo, ma è soprattutto Venezia – come ormai da cinquesecoli–aconservareunaposizionedipreminenzaneltraffico,nellaraffinazione,nellalavorazionedel prodotto. Soprattutto aVenezia si sviluppa l’arte della confetteria e della pasticceria,mentre icuochidellecortiedellecittàprofondonozuccherosuognivivanda.Nonc’èquasiricettadiScappichenonneprescrival’impiego,esuonaormaiarcaical’indicazionediMessisbugo,apropositodella«salsaverdedolceeforte»,che«volendoladolce, liporraimele,ozuccaro»73.Del resto, lostessoMessisbugononmancadifarcicapirechelozucchero,nonilmiele,èormaiunsegnodidistinzionesociale:soloil«gentil’huomomezzano»potrà,perunaminorspesa,sostituireilmieleallozuccheroinvariepreparazioni,amenochenonsitrattidi«mangiaribianchi,orisiturcheschi,otortebianche,osaporibianchiocosealtresimili,chedalmelenelpropriocoloresarianomacchiate».Consigliofinale: «chi volesse limitar la spesa, potrebbesi servire delmele [...]mettendo però di sopra [...] ilzuccaro»74.

Lapassionedegliitalianiperildolceèstataanchemessainrapportoconladolcezzadeivini,chenelcorsodel tempoavrebbe«educato»ilgustoaquelsapore.Èla tesidiJean-LouisFlandrin,cheviceversa collega il gusto franceseper l’agro all’abitudinedi bere vini cheundiverso clima e undiversoterritorioinevitabilmenterendevanopiùaspri75.

DisicuroèquestalapercezionechenehaMontaigne,quando,dipassaggioaFirenze,giudica«diuna dolcezza molle, insopportabile a chi non vi sia abituato», i vini che gli vengono serviti; esentendo un certo stordimento alla fine del pasto, lo attribuisce ai «vini bianchi dolci», la cuimollezza,«nonstancandolasete»,induceaberetroppo76.

Nonsitrattavadiunanovità:nelXIIIsecolo,SalimbenedaParmaelencaledieciqualità(treconlabesetteconlaf)che,secondoifrancesi,unvinodovrebbeaverepermeritarsipienalode:buono,bello, bianco, forte, fiero, fino, franco, fresco, fervido, frizzante. Non c’è la dolcezza fra questirequisiti, mentre è la dolcezza il primo carattere del buon vino secondoMaestroMorando, «cheinsegnava grammatica a Padova e che ha scritto le lodi del vino con questi versi: Il vino dolceglorioso/rendepingueecarnoso/esgomberailpetto»77.OpinionecondivisadalRegimensanitatisdellaScuoladiSalerno:«Ivinimigliorisonoquellibianchiedolci»78.Nonèdunquesoloretorica,omemoria dei classici, definire il vino «dolcissimo nettare», come fa Donizone raccontando ilbanchettodinozzetraBonifaciodiCanossaeBeatricediLorena79.

8.Gliumanisti,l’antico,la«modernità»Esiste, nel campo della gastronomia, una «riscoperta dell’antico» paragonabile a quella che i

letterati perseguirono in tutti i campi del sapere umanistico e scientifico? La risposta a questadomanda–negativa,comevedremosubito–èun’importanteconfermadellaspecificitàdellastoriadellacucina,dellanecessitàdiscriverlasecondoparametridiversi,autonomirispettoaquellidialtrestorie.

L’apparenzasembrerebbesuggerireilcontrario:ApicioèmoltocitatodaPlatinaedaisuoiamicidell’Accademia Romana, guidata da Pomponio Leto. Il loro intendimento di vivere «all’antica»,adottando usi e costumi – anche alimentari – dell’antichità classica, non può non avere comeriferimentoidealeilmanoscrittodiApicioriportatoinItalia–cometantialtriinqueglianni,dopoestenuantiricerchenellebibliotechedimezzaEuropa–nel1455daEnochdiAscoli80.NonpernullaPomponioeisuoisarannoaccusatidalpontefice–oltrechediavereintentatounacongiuraaisuoidanni–dicomportamentiimmoralieinparticolaredighiottoneria:diaverricercatoilpiaceredellagolafinoalpuntodimangiarcarneinquaresima,contravvenendoagliobblighiliturgicipervivereecucinarealmododeipagani81. Ineffetti, lepaginedelDehonestavoluptateetvaletudinediPlatinasonopienedisuggestioniinquestosenso:richiamiacene«romane»,appellativi«romani»divivandeediconvitatisirincorronoovunquenellibro.Masitrattadiunrecuperopuramente«antiquario»–divenutonegliannisuccessiviunaveramoda82–scarsamenteconfortatosulpianopratico.Quandol’umanistasicilianoAntonioBeccadellichiedeaGiovanniAurispadipotervedereiltestoapiciano,si sente risponderechesì,glielomanderà,manonsi faccia illusioni: il suocuocoèdigran lungamigliore di Apicio83. Anche in Platina, l’imitazione (vera o presunta) dell’antico rimane un fattosoprattuttoformale,mentreprevaledecisamentel’orgogliodella«modernità»–unamodernitàtuttamedievale,costruitafraXIVeXVsecolo,allaqualesifaconsapevoleriferimentocomeaunafasefortementeinnovativadellastoriadelgusto.

SelalinguadiPlatinatalvoltascimmiottaApicio, ilcontenutoètutt’altro,direttamentederivatodalLibrodiMaestroMartino:edeccoilbrododiventarejus,leminestreeletorteminutalopatina,ilbiancomangiareleucophagium,labottargaovatarycha;addirittura,conunimprobabileanacronisticovirtuosismo,lapasta–sconosciutaairomani–diventaesicium,mentrel’apicianoliquamen–l’ormaiscomparsasalsadipesci–passaadesignareilgrassodiporco!84Anchelavalutazionedieteticadeicibi è totalmente improntata alla cultura medievale: quando Platina scrive che «le carni sonol’alimentochenutredipiùeinmanierapiùsalutare,echehapiùsostanza»85,simuoveinunambitomentale lontanissimo da quello romano antico, che per un’affermazione di questo genere avrebbeprivilegiatoilpane86.Maladichiarazionepiùesplicitadiamoreperla«modernità»nasceapropositodel biancomangiare, condimentum che Platina propone non solo come piatto a sé – tale era l’usoconsueto nei ricettari trecenteschi – ma anche come «contorno a un piatto di carne». Orbene,commentaPlatina,«questocondimento l’hosemprepreferitoaquelli suggeritidaApicio.Nonc’èinfattinessunaragionepercuisidebbanoanteporreigustideinostriantenatiaquellidioggi,poiché,se ci hanno superato in quasi tutte le discipline, quanto al gustonoi siamo insuperabili»: le nostretavernesonounveroeproprioginnasio,«dovesidiscuteaccanitamentesullamanieradicondirelepietanze»87.IlmodelloèsoloedesclusivamenteMartino:«qualecuoco,odèiimmortali,puòessereparagonatoalmioMartino,dalqualehoimparatolamaggiorpartedellecosechevadoscrivendo?».

Anche nel Cinquecento, lo sviluppo dell’arte cucinaria si pone nel senso di una sostanzialecontinuità col Medioevo: pur consapevoli di praticare una cucina per molti versi rinnovata,

sicuramente all’avanguardia in Europa, i cuochi italiani del Rinascimento non mostrano alcunaintenzionepolemicaneiconfrontidei loropredecessori (comespessoaccadenelle fasidinouvellecuisine)ma,alcontrario,«preferisconoadottarneiprecettieassimilarneletecniche,ancheacostodidoverviapportaredellecorrezioniperpoterlimegliosuperare»88.

9.SaporedisaleSeildolcedenota–ealungodenoterà–lacucinadiélite,quelladelpopolosasoprattuttodisale.

I cibi conservati, che simantengono nel tempo e garantiscono unminimo di sicurezza alimentarelungoilcorsodell’anno,fannosìpartedelsistemadiscambicheriforniscediprelibatezzelatavolasignorile,masoprattuttocostituisconolabasedellagastronomia«ordinaria»,dellaproduzioneedelconsumo domestico di alimenti. È questa, fin dal Medioevo, una delle principali distinzioni diimmaginealimentarefrailriccoeilpovero,ilsignoreeilcontadino:ilprimomangiacibifreschi,ilsecondono.Carni,pesci,formaggi,verdurearrivanosullamensacontadinaconunmonotonosaporedisale.Lagrandesetechenederivavacontribuiscecertoaspiegare leeccessive(anostrovedere)quantitàdivino,oinaltripaesidibirra,chehannoaccompagnatopersecoliilconsumodicibo.

I trattati di dietetica – a cominciare da quello diAntimo nelVI secolo – sconsigliano le carnisalate a chi può permettersi di scegliere il proprio regime alimentare: «non si mangino, se nonquandolorichiedelanecessità,perchéacausadelsaleilgrassoescedallelorocarni,chediventanoseccheenonsidigerisconobene»89;ilconsigliovaleancheperipesci90.Naturalmentetuttisannoche«nessuna vivanda si cucina senza sale» (come leggiamo in Platina)91, e i medici nonmancano dicelebrare le virtù di un prodotto che «alletta la gola e dà gusto al mangiare»92. Ma un conto èconsumare cibi conservati sotto sale, un conto dare sapidità ai prodotti freschi, integrando il salenella sinfonia di sapori che si incrociano nelle vivande di cucina. Peraltro, nei ricettari rivolti alpubblico aristocratico il sale non compare quasi mai, se non per condire l’insalata o perraccomandare di «salare poco»93. «Del sale io non ne parlo, perché sarà in arbitrio», taglia cortoScappi94. Semmai possono trovarsi indicazioni su come dissalare le vivande conservate: i salumi«nonèdabiasimare il dissalarli, come spezialmentenelle cucinedeigrandi il piùdellevolte è inuso»95.Ilsaporedisalelosilasciavavolentieriaicontadini.

10.Olio,lardo,burroLacucinaromana–quellaricca,codificatadalricettariodiApicio–nonconoscevachel’olio,

anzi,letteralmentegrondavad’olio96.Aquestograssoprestigioso,verosimbolo(assiemealpaneealvino)dellaciviltàagricolalatina,sicontrapponevanoilburroeil lardo,alorovoltasimbolidellaciviltànomadeepastoraledei«barbari»97.Illardocomparivaanchenellacucinaromana,masolotrale classi povere, con uno statuto culturale di basso profilo: tra gli agronomi latini, solo Catonericorda–forseriportandousitradizionalinellecampagne–alcunericettedidolcipreparaticonlostrutto,unguenoadeps98.

I romaninondisdegnavanocerto ilmaiale (lavallepadana,culturalmentemodellatadall’anticaoccupazioneceltica,neerainItalialamassimaproduttriceerifornivaancheilmercatodiRoma)99,mabisognaattendereilIII-IVsecolopervederecompreselesuecarnitralederrategenerosamentedistribuite dagli imperatori al popolo della capitale100. Nell’alto Medioevo, la valorizzazionedell’economia forestale– sollecitatadaldiffondersidellaculturagermanica101– significòanche lapromozione del lardo tra i valori «forti» del sistema alimentare: Antimo, il primo scrittore didietetica del Medioevo, a dispetto della sua stessa formazione culturale (greco di nascita, eracresciuto alla corte di Bisanzio per approdare a Ravenna durante la dominazione gota), tiene adedicarviunaparteesageratamenteestesadelsuotrattato102.Inrealtà,egliconsentechesipossausareillardo,perleverdureeperognialtrocibo,soprattutto«qualoramanchil’olio»:unaprecisazione(ubi oleum non fuerit) che conferma la persistenza, ancora nel VI secolo, dell’opzione culturaleromana a favore dell’olio; ma il contesto complessivo è nel frattempo cambiato, poichél’affermazione politica e sociale dei popoli germanici ha veicolato una vera «promozioned’immagine»delgrassoanimalecome,piùingenerale,deiprodotticarnei.Illardodivieneilgrassopereccellenzaanchedellacucinaaristocraticaeperfino l’alimentazionemonastica,cosìseveraneiconfrontideiconsumicarnei,siadeguaall’usogeneralequandosiaffidaalgrassodimaialecomebase per la cottura di ortaggi e legumi103. Fanno eccezione i periodi «di magro» e di astinenzaquaresimale,duranteiqualiogniciboanimaleèbandito.

Gli obblighi imposti dal calendario liturgico, che costringevano non solo imonaci,ma tutti icristiani ad astenersi dai prodotti animali per un gran numero di giorni all’anno104, sono un nododecisivonella storiadeigrassi alimentari. Inquestigiorni infatti eragiocoforza sostituire il lardoconl’oliovegetale,efuancheperquestaviachenellaculturaalimentaredelMedioevopreseformauna inedita situazione di alternanza tra lardo e olio, non più espressione di culture e di contestiideologiciesocialidiversi,bensìintegratinellostessosistemadiconsumo,tendenzialmentecomuneatuttalasocietà.L’incontrotraculturagermanicaeculturaromanaavevaprodottointalmodo,conla mediazione decisiva del cristianesimo, un nuovo sistema di valori che in qualche modo lecomprendevaentrambe.Quandonel765ilpreteRissolfodispone,aLucca,laconcessionegratuitadiun pasto ai poveri tre volte la settimana, non manca di precisare che il pulmentario di cereali elegumi105 dovrà essere ben condito di lardo o di olio (de uncto aut de oleo), un’alternativaverosimilmentedeterminatadalcalendarioliturgico.

Al di là delle differenze di gusto e delle contrapposizioni regionali, sociali e culturali, si eradunquecostituitounsistemaintegratoall’internodelqualeciascungrassoavevailsuoposto:l’olionellacucina«magra»,illardonellacucina«grassa».L’accordofunzionaanchesulpianoeconomico:ilcommercioelavenditadeigrassivengonospessogestitidaun’unicacorporazione;l’oliorientratra i prodotti di competenza dei «lardaroli»106, così come il pesce prende il posto della carne sui

banchideibeccai.L’alternanza tra olio e lardo è di regola nei ricettari delXIV secolo. Per esempio, ilLiber de

coquinadisponedicondirelaminestradiceci«conlardooolio,comeilgiornoesige»(sicutdiesexigit);ilpasticciodicavoli«neigiornididigiunosifacciaconl’olio[econilpescealpostodellacarne], negli altri periodi con il lardo»; il pasticcio di trota, se vienemangiato tempore carnis, sipotràcondireconlardoanzichéolio107.Certononmancanopeculiaritàlocali:illardocomparenel25percentodellericettedelLiberdecoquina,scrittonell’Italiameridionale,mentresaleal36nellasua«traduzione»toscanaeal42nellibrodicucinaveneziano108.Maèsoprattuttol’alternanzaliturgicaadeterminarelasceltadell’unoodell’altrograsso.

L’integrazione era tuttavia imperfetta, poiché solo il lardo era entrato effettivamente nell’usocomune.L’oliod’olivarestavaunprodottodiélite,piuttostocostosoaldifuoridellezoneincuisicoltivaval’ulivo(anchese,duranteilMedioevo,grazieancheaunclimaparticolarmentedolce,essopotéspingersimoltoanordnellapenisola,finoall’Emiliacentralee, inLombardiaeVeneto,nellazona dei laghi). Come si risolveva, allora, il problema dell’astinenza quaresimale? Anzituttorivolgendosialmercato,cheproponevaoliidivariaprovenienza: ivenezianicommercializzavanoquello delle regioni adriatiche (soprattutto Puglia eMarche), i genovesi quello dell’area tirrenica(Liguria,Toscana,Lazio,Campania).Un’altrasoluzionepotevanoessereglioliivegetalialternativi,comequellodinoce,cheiromanitrovavanodisgustoso109echeconobbeinvecenelMedioevounainsperata fortuna. Infine, negli ultimi secoli delMedioevo, le autorità ecclesiastiche consentironol’uso del burro come alternativa all’olio nei giorni di magro, dapprima sporadicamente, poi inmanierapiùgenerale:ciòriguardòinizialmentesololeregionidelNordEuropa,doveviera–siapurealivellopopolare,contadino–unatradizionediconsumodiburro110;poiancheipaesidelSud,comel’Italia.

AlNord, sostieneFlandrin, la sceltadelburro fudeterminatada ragionididisgustopiùchedigusto:ilsaporeacredell’oliod’oliva,cosìapprezzatonellecucineditradizionemediterranea111,erainviso ai consumatori dell’Europa continentale, forse anche perché imercanti italiani (e spagnoli)nonmancavanodi trarre ilmassimoprofittodallanormativaquaresimale, avviandoverso ilNordl’oliodipeggiorequalità(ildettoingleseasbrownasoil,«scurocomel’olio»,insegnaqualcosainproposito). Perciò il Nord sceglie di cambiare grasso, nonostante l’immagine «povera» chesocialmenteconnotavailburro.Nelcorsoditalevicendaessofinìpercambiarestatuto,diventòunprodotto«allamoda»e,fortediquestaimmaginerinnovata,fecebrecciaanchenegliusialimentaridiregioniculturalmentelegateall’oliod’oliva.IlmomentodecisivoditalesvoltaparesituarsinelXVsecolo e coinvolge anche l’Italia. Si tratta quasi – scrive ancora Flandrin – di una «secondainvasione» dei territori gastronomicimediterranei da parte delle cucine settentrionali, dopo quellache,nell’altoMedioevo,conildiffondersideicostumigermanici,avevasegnatoilsuccessodellardonegliusialimentaridituttaEuropa112.

Le due vicende si svolgono, per la verità, inmodi e con toni assai diversi.Mentre la «primainvasione»eraavvenuta–proseguendoinmetafora–congrandespiegamentodimezzieditruppe,nel segno di una cultura alimentare affermatasi attraverso il potere e il predominio sociale,l’ingressodelburronellecucinedelSudavvieneinvecesottotono,quasisilenziosamente.Ilfattoècheessosipresenta,almenoall’inizio,comesostitutodell’olio,edunquecon iconnotati«deboli»dellaquaresimaedellacucina«umile».Intalevesteessoappare,peresempio,nelRegistrodicucinadiJohannesBockenheym,cuocodipapaMartinoVneglianniTrentadelXVsecolo113.Ènellapartedel registrum dedicata alla quadragesima che troviamo, per la minestra di fave, l’indicazione dicondirecumoleoolive,velbutiro;perlecarpeintegame,dicuocerleconvino,prezzemolo,oleo,vel

butiro114.Ilburroèsuggeritoancoraperlatortadierbe,latortadiformaggio,leuovainpadella115.Lecarni,invece,sonosempreinsaporitedallardoodallostrutto.

IlburrocompareanchenelricettariodiMaestroMartino,cheneproponel’utilizzopercondirelapasta, aggiungendolo al formaggio grattugiato che da secoli ne costituiva il più consuetocondimento.L’innovazionesaràaccoltaeripropostadairicettarisuccessivi.

Certo,nelXVsecoloèancoraviva l’ideache«ilburrovieneadoperatoper lopiùdachiabitanelle regioni occidentali e settentrionali, che difettano di olio», come scrive il Platina, ribadendol’eccellenza e il prestigio del succo d’ulivo.Ma non vi è più ostentazione di superiorità verso ilgrassodei«barbari»:riportandoanticheerecentiopinionisulburro,Platinaconvienechesipossausare «in luogo del grasso o dell’olio per cucinare qualsiasi vivanda»116. Altri invece, come ilpadovanoMicheleSavonarola, autore inquello stesso secolodi un importante trattatodi dietetica,confermano –ma è una battaglia di retroguardia – la condanna senza appello del burro, ritenutoindegnodiappariresullamensasignorile:«moltol’usanoinlocodeolio[...]maelbuthieronuocealstomecoeaisoivilli,quellirelaxendo,eachinonl’àusato,geturbaelstomeco»117.

Lalineavincenteèun’altra,enelCinquecentolacucinadicortefaormaipostoregolarmentealburro. L’Opera di Bartolomeo Scappi costituisce anche rispetto a questa vicenda un momento disistemazione e, per così dire, codificazione, contemplando tre livelli distinti di utilizzo dei grassi:lardoestruttoperigiorni«digrasso»;burroperigiorni«dimagro»(ilvenerdìeilsabato);olio(d’olivaodimandorle)perlevigilieelaquaresima.Ilburro,cheall’occorrenzapuòsostituireglialtrigrassi,sièperòancheritagliatounpropriospazioautonomo,benchiaroericonoscibile.

NelcorsodelXVIIsecolo,infine,ilburrosiimpone«atuttocampo»:conquistaancheilregnodellacarne,sottraendosidefinitivamentealsuoimprintingquaresimale.Nonsololecucinedell’Italiasettentrionale, ma anche quelle del Sud sono ugualmente partecipi di questo cambiamento: sia ilricettario«napoletano»diAntonioLatini, siaquello«padano»diBartolomeoStefaniprevedono intanticasil’impiegodelburroalpostodellardoodellostrutto.L’avanzatacoinvolgeanchelesalse:nasconoallora–peraccompagnare lecarnio ipesci– le salsegrasseabasediburro (odiolio)destinateaprendereilpostodellesalseacideespeziatedellacucinamedievaleerinascimentale118.

Contestualmentesbiadiscel’immaginedellardo,chenonpuòpiùvantareilpostodiprimopianooccupato a iniziare dal Medioevo nella cultura alimentare e nelle pratiche di cucina. Lo stessoVincenzoTanara, agronomobolognese visceralmente legato – è il casodi dirlo – alla cultura delmaiale(abbiamogiàricordatolesuecentodiecimanieredifarnevivande),simostraperfettamenteaconoscenzadegliusigastronomicidelburropurnontrattandoliconlastessaattenzioneriservataallardoeallostrutto:«ilbutiro–scrive–ne’mangiarifattidiesso,emassimenellepaste,operachequellepiglinounacertacrostetta,odurezza superficiale fragile,quale facilissimamente sottodenticonmoltogustosirompe».Ancora:«servesine’lavoridipastainmillealtricondimenti,etinluogodi oglio; servesi nello spiedo, e ne’ crostini detti già, e in altrimodi»119. TraXVIII eXIX secolol’avanzata del burro continua, e nel 1840 il veronese Carlotti – olivicoltore sul Garda – potràlamentareche«permoltepreparazionidicucinaall’oliosiasisostituitoilburro»120.

Alla fine dell’Ottocento, riflettendo sulla varietà di tradizioni nelle varie aree della penisola,Pellegrino Artusi propone una geografia dei grassi alimentari da cui è assente, ormai, ogniriferimento al calendario liturgico: «ogni popolo – scrive – usa per friggere quell’unto che siproducemigliorenelpropriopaese.InToscanasidàlapreferenzaall’olio,inLombardiaalburro,enell’Emilia al lardo»121. Attento com’è a comporre le diverse tradizioni regionali in un quadrotendenzialmente «nazionale» della cucina italiana, Artusi non può non muoversi con estremaelasticitàetolleranzanelsuggerirel’impiegodiquestooquelgrasso:fateuso«dell’untochepiùvi

aggrada», friggete «conforme al gusto del paese o del vostro», ungete con olio «dove l’olio èbuono»,usatelardooburro«ove,perqualcheragionelocale,sisuoldarelapreferenzaall’unopiùche all’altro di questi condimenti». La benevola tolleranza artusiana – un intelligente invito arispettare la diversità dei gusti individuali e collettivi – sembra forse sopravvalutare il peso delterritorio(illuogo)nelladefinizionediquestediversità.Altrevariabili,dinaturanoneconomicamasociale e culturale – gli obblighi liturgici, l’immaginario alimentare, imeccanismi dellamoda –,hannocontribuitoacostruire,nel tempo,complessestratificazionidivalorid’uso.L’olioantico, illardomedievaleeilburromodernos’incrocianonellepratichedicucinaconunadinamicachenonhanulladifissonédiimmutabile.

Durante il XX secolo, il burro ha fatto segnare nuovi passi avanti, uscendo infine dalla suaconnotazione elitaria e conquistando un più vasto pubblico di consumatori. Ma la vicenda non èfinita, giacché a questo punto è l’olio d’oliva a prendersi una nuova rivincita sui grassi animali,grazieallascoperta(oforseinvenzione)della«dietamediterranea»dapartedimediciegiornalistiamericani.Lastoriacontinua.

11.Ilmodelloitalianoela«rivoluzione»franceseSullo splendore della cucina italiana delCinquecento – di cui l’Opera di Scappi rappresenta il

fruttopiùmaturoecompleto–si sono innestati luoghicomuninonprividiun fondodiveritàmaneppurediimprobabilifantasie.Inparticolare,èdiffusalaconvinzionechedall’Italiasarebbevenutol’insegnamentochepermiseaicuochifrancesidiinventareuna«nuovacucina»,sviluppatasioltralpea iniziaredalXVII secolo e che assunse col tempouncaratteredi vera egemonia culturale, pari aquella che la cortediParigi esercitò sull’Europa inogni campodellavita civile e intellettuale.Diquestopercorso,unacertastoriografiaindicaconcertezzaancheiprotagonisti:icuochidiCaterinade’Medici, andata sposa nel 1533 aEnrico diValois, duca diOrléans, divenuto re di Francia nel1547.PertramitelorolacucinaitalianasarebbeentrataallacortediParigi.

Dituttociònonvièalcunaprovadocumentata.Manonc’èalcunbisognodiinvocareCaterinade’Medicipergiustificarelapresenzadiunacultura«italiana»interritoriodiFrancia.NelCinquecento,comegiànelMedioevo,vierauna largacircolazionedi tecnicheesaperigastronomici fra ipaesieuropei, nel segno di una cultura cosmopolita, che non conosceva frontiere. La reciprocità degliapporti–meglio:la«circolazionedelleideeedelleconoscenze»122traItaliaeFranciaèchiarafindairicettaridelXIII-XIVsecolo.FralepropostedelLiberdecoquinanapoletanosonoincluseunaricettaperlecarniadusumFrancie,unazuppadipiselliadmodumgallicorum(conimpiegodelformaggiodiBrie),unbrodiumgallicanum123.Viceversa, specialità italiane sono ricordatenei libri d’oltralpe,con una particolare e piuttosto ovvia attenzione alle vivande «lombarde», territorialmente eculturalmente più vicine: Jean-Louis Flandrin ha censito nei libri di cucina francesi del tempo unLeche lumbard eunaTourte lombarde, unaCrustade lumbard e unRys lumbard, oltre alPotage deLumbarsealBruetdeLombardye124.L’influenzaitalianasifapiùfortenelQuattrocento,quandoilDehonestavoluptateetvaletudinediPlatina–eperciò,indirettamente,lacucinadiMaestroMartino,cheneèlabase–sidiffondonointuttaEuropa,grazieallalingua«internazionale»utilizzatadall’autore(illatino)egrazieallenumerosetraduzioniinvolgare:molteedizioniinfrancese,inglese,tedescosisusseguonodalla finedelXVsecolo inpoi.Aquest’opera,piùcheadaltre, sipossonoascrivere iprincipalidebitidellaculturaeuropeaconl’arteitalianadellacucinaedelsapervivere;lamagistraleOperadiScappinonfuinvecemaitradottainfrancese–pursevennelargamentesaccheggiataintestitedeschiespagnoli125.

Ma non erano, quelli, gli anni in cui Giovanni de’ Rosselli, presunto autore di un ricettariointeramentecopiatodaMaestroMartino,venivadefinito,nelfrontespizio,dinazionalità«francese»?Segno che, nel periodo dimassimo splendore della cucina italiana di corte, anche la «francesità»facevaimmagine.Pernondiredelprestigio–cheoggitendiamoasottovalutare–dicuigodevanoicuochi tedeschi: nel Quattrocento ne troviamo un po’ ovunque nelle corti italiane, da quellabolognesedeiBentivoglioaquelladipapaMartinoV,ilcuicuoco,JohannesBockenheym,scrivetrail1431eil1435untrattatodicucina126.Datedeschieranogestiteanchemoltelocande(EneaSilvioPiccolomini: «questa gente è quella che esercita l’industria dell’albergo in quasi tutte le cittàd’Italia»)127elanovellisticaciproponeuncuocotedescoaBologna,acucinarlasagnenelmonasterodiSanProcolo128. L’orgoglio professionale dei lanzi – come erano spesso chiamati i tedeschi nelCinquecento–èprotagonistaanchediundivertimentopoeticodiAntonioGrazzinidettoilLasca,cheli introduce a parlare in un italiano comicamente deformato129. Anche i francesi ammiravano lacucina tedesca: il signor deMontaigne in viaggioverso l’Italia attraversa laGermania, si stupiscedella bontà del cibo offertogli nelle locande e si rammarica «di non essersi portato un cuoco da

istruirealmododiqua,perdarneprovaungiornoacasapropria»130.Insomma,contattifralecucined’ItaliaediFrancia(ediGermania,edialtripaesieuropei)esistetterofindalMedioevo,prima,dopoe indipendentemente dalla «vicenda Medici». Nel 1584, lodando l’abilità dei cuochi francesi etedeschiinmateriadivivande,condimentiesalse,loscalcoGiovanBattistaRossettiscrivechemoltodi tutto ciò lo hanno «imparato da nostri cuochi d’Italia», riducendolo «a ottima perfezione» conl’aggiungervi«unanuovapolitezza»131.

Matuttoquestohaveramenteachefareconla«rivoluzione»francese?IcuochiitalianipotevanobenesserestatideimaestriinEuropa,maciòcheinsegnavano(ilprofluviodispezieedizucchero,la mescolanza del dolce e dell’agro) era ancora profondamente legato alla cultura medievaledell’artificio, che proprio sulle tavole dell’Italia rinascimentale raggiunse il più alto grado diperfezione.Laperizia tecnicadiunoScappièfuoridiscussione,mail rinnovamentogastronomicofrancese delXVII secolo si basò su principi radicalmente opposti, che abbiamo già richiamato inapertura di capitolo: il rifiuto dell’artificio e delle combinazioni agrodolci, il drasticoridimensionamentodellespezie,l’invenzionedisalseabasegrassaanzichéacida,laricercadisapori«naturali».IricettariitalianidelQuattro-Cinquecento,eicuochicheliscrivevanooliusavano,nonpossonoessere ritenuti il«modello»diunacucinachesisvilupperàsubasi teoricheepratichedeltuttodiverse,anzicontrarie.

Eppure, un contributo l’Italia lo diede. Su un piano diverso, però. Vari studiosi convengono,infatti,nel riconoscereche l’apportopiùsignificativo riguardò iprodottipiùche ilgusto.Unodeicaratteri di novitàdella cucina francesedelXVII secolo fu la sceltadi valorizzare, contro l’enfasicarnivora della cucina medievale, le verdure e gli aromi dell’orto132 – una tradizione che, comeabbiamovisto,soprattuttolagastronomiaitalianaavevaelaboratoetramandatoattraversoisecoli.Ipisellifreschicotticonlaloroscorza,chenelSeicentofuroreggiarono–ultimogridodellamodaincucina–allacortedelReSole133, sonogiànel ricettarioquattrocentescodiMaestroMartino, fritticoncarnesalata:«Pigliaipiselliconlescorzecomostanno,etfaglidareunboglio»134,enell’OperadiScappi,stufatioserviticonacetoepepe:«pisellitenerialessaticonlascorza»135.

Delresto,laserietàconcuiicuochiitalianiinterpretavanoilloromestierefualungoconsideratadaifrancesicomeunacuriosaeccentricità.MicheldeMontaigne, inunpassofamoso,descriveunaconversazioneavutaconilmaestrodicasadeldefuntocardinaleCarafa,rappresentandociunuomoestremamenteattentoarifletteresullacucinacomearteecomescienza:

Eglimihafattoundiscorsosuquestascienzadellagolaconunagravitàeconuncontegnomagistrale,comesemiavesseparlatodiqualcheargomentoditeologia.Mihaedottosulladifferenzadegliappetiti:quellochesihaadigiuno,quellochesihadopoilsecondoeil terzopasto; imezzisiadisemplicementesoddisfarlo,siadi risvegliarloestuzzicarlo; la tecnicadellesalse,primaingenerale,epoivenendoaiparticolaridellequalitàdi ingredienti edei loro risultati; ledifferenzedelle insalate secondo la stagione,quella chedeveessereservitacaldaequellachevuoleessereservitafredda.Lamanieradiornarleediabbellirleperrenderlepiacevoliancheallavista.Dopociò,eglièpassatoalleregoledelservire,pienodibelleedimportanticonsiderazioni,etuttoquestogonfiatodiriccheemagnificheparole,quellestessechesiadoperanoneltrattaredelgovernodiunimpero136.

Un uomo come questo – commenta Stephen Mennell – è veramente un «pioniere dellagastronomia», che anticipa le teorie del «buon gusto» elaborate nella Francia moderna inopposizioneallaculturamedievale137.Affermazioneallaqualeandrebbeoppostocheledissertazionidel nostro personaggio affondano le radici proprio nella cultura dietetica e gastronomica delMedioevo:chihalettoPlatinaeisuoiantecedentitrecenteschinonstentaaritrovarnel’impronta.Delresto, non lamentava già Petrarca che al suo tempo non si parlasse altro che di cucina e sitrascurasserolelettere,«sottoponendoaesamiicuochi,nonicopisti»?138

Restailfatto–giustamentesottolineatodaMennell–cheilraccontodiMontaigneèinseritonelsaggio sulla Vanità delle parole come esempio di futile eloquenza. Paradossalmente, è in questa

accezione denigratoria che viene costruito – nella Francia del Settecento – il mito (negativo) deicuochi di Caterina de’Medici, che gli italiani ribalteranno in senso positivo. Se anche un illustrepersonaggio come Marin poteva riconoscere, sull’onda di un luogo comune già solidamenteattestato, che «gli italiani ci hanno insegnato a far da mangiare»139, la requisitoria moralisticadell’Encyclopédiecontrogliartificidellacucina–ilcuiunicoscopoè«farmangiaregliuominipiùdel necessario» – non poteva non colpire in primo luogo gli italiani. Alla voce cucina, LouisJaucourt accusa i cuochi d’oltralpe di aver diffuso la passione per il cibo e le tecniche persoddisfarla:

Gliitalianihannoereditatoperprimiiresiduidellacucinaromana;sonolorochehannofattoconoscereaifrancesilabuonatavola,dicuimoltinostriretentaronoconedittidireprimerel’eccesso;maallafineessaebbeilsopravventosulleleggisottoilregnodiEnricoII;alloraicuochidiquelpaesetransalpinovenneroastabilirsiinFrancia,edèquestaunadellecosedicuisiamodebitoriaquellatormadiitalianicorrotticheservivanoallacortediCaterinade’Medici.

Segue – come ci si poteva aspettare – il brano diMontaigne sullaVanità delle parole e sulladisquisizione gastro-teologica dello scalco del cardinale Carafa140. Siamo nel 1754. Di lì a poco,ritroveremo lemedesime considerazioni rovesciate di segno: l’anonimo estensore dellaCucinierapiemontese (1771) dà per scontato che «i molti cuochi, i quali seguitarono Catterina de’ Medici,furonoiprimiadiffondereaitempidiEnricoIIilbuongustonellecucinediFrancia»141;neglistessianni, la Lettera sopra il lusso del secolo XVIII dell’abate Giovanbattista Roberti (1772) protestacontro la«fastidiosagginearrogante»di certi francesi che, arrivati in Italia, «alprimo saggiarediqualche nostro piatto cotto in foggia diversa dall’usata di là della loro alpe [...] definisconofrancamente,ch’essoèunpiattodetestabile».Poveriuomini:nonsanno«chealtempodiCaterinade’Medici andarono dai focolari, e dalle credenze d’Italia i nostri professori a insegnarle [a quellaillustreNazione]l’artedellauto,efinomangiare;echecolàinostricuochirecaronolatatticadellatavola, mentre i nostri capitani le recavano quella del campo. Ed in Montagne stesso leggesi,com’egliintesedauncuocodelCardinalCarafamaravigliosedissertazionidicucinaignotealloraatutta Francia»142. Francesco Leonardi arriverà a sostenere che «la partenza di Caterina fu l’ultimoaddiochel’artedellacucinadetteall’Italia»143.

Cosìnasceunmito.

12.«Acque,liquori,sorbetti,gelati»Unprimatoincontestabiledegliitalianiful’elaborazionedisistemiperraffreddareeghiacciare

le bevande. «Laveramaniera di fare ogni sorta di acque e liquori allamodad’Italia» è svelata aifrancesinel1692inuncapitolodellaMaisonrégléédiAudiger.Trent’anniprima,lostessoAudigeraveva tentatodiotteneredal re ilprivilegioesclusivodi«fareevendereogni sortadi liquori allamodad’Italia»144.Erailriconoscimentodiun’invenzione,veramentetuttaitaliana,cheaqueltempoavevagiàalmenounsecolodietrolespalle.L’abitudinediberefresco–mescolareneveoghiaccioall’acqua, al vino o a qualsiasi altra bevanda – si era diffusa in Italia nella seconda metà delCinquecento, non senza il parere contrario di molti medici: nelle maggiori città era diventatoaddiritturaunuso«popolare»,secrediamoaquantoscriveunmedicoromanonel1603145.

Da questi esperimenti sarebbe nato il sorbetto, oggetto anch’esso di una mitologia che lovorrebbe portato in Francia – come dubitarlo? – da Caterina de’ Medici: ma, al solito, nessundocumentoconfortal’ipotesi,népossiamosupporrechel’artedelsorbettofossegiàpraticatainItalianellaprimametàdelCinquecento.Solounsecolopiùtardilotroviamovendutoinappositebotteghe,a Venezia e a Napoli soprattutto, con esiti di grande raffinatezza: quando Antonio Latini,marchigiano, prende servizio alla corte napoletananel 1659, scopre che in città «pare ch’ogn’unonasca,colgenio,econl’istintodifabricarsorbette».Nonpergliesperti,dunque,ma«perpersonepocointendenti»egli inseriscenelsuotrattatodiscalcheriaedicucina,scrittoafinecarrieratrail1692 e il 1694, un breve trattato di varie sorti di sorbette, ò d’acque aggiacciate, che contiene leprimericettescrittesucomemescolarezucchero,sale,neveesucchidilimone,fragola,amareneealtri frutti, ma anche cioccolata, acqua di cannella e aromi diversi. Non manca un accenno alla«sorbettadilatte,cheprimasiastatocotto»:forsel’attodinascitadelgelato146.

Nel1775saràpubblicato,ancoraaNapoli,ilprimolibrointeramentededicatoaquest’arte:De’sorbetti,autoreFilippoBaldini,che teorizza,ormai, l’esistenzadispeciediversedisorbetti,alcunirealizzaticonfrutti«subacidi»comeillimone,l’arancio,lafragola,altriconingredienti«aromatici»qualiilcioccolato,lacannella,ilcaffè,ipistacchi,ipinoli;uncapitoloaséstantemeritanoi«sorbettilattiginosi»cioèigelati,dicuisidecantanoformidabilivirtùmedicamentose.

La letteratura viene di rincalzo: la Sorbettiera è celebrata in una «canzonetta» di LorenzoMagalotti147,eil«GiovinSignore»diParininonpuòconcluderelagiornatasenzaladolcefrescuradiunsorbettoalcioccolatooalcaffè148.

Accantoaisorbettisiproduconole«acqueprofumate»dacuifuconquistatoAudiger:durantelasuavisitainItalia,scrive,

miimpegnaifortementeanontralasciarenullariguardoalleconfettureeailiquori,eadimparareallaperfezionecomefareognisortadiacque,siadifiorichedifrutti,ghiacciateenonghiacciate,sorbetti,creme,orzate,acquedipistacchio,dipinoli,dicoriandolo,dianice,difinocchioediognitipodigrano,eaconferirelorounbuongustoassecondandoleloroveremiglioriqualità.Appresiancheadistillareognigeneredifiori,frutti,graniealtrecose,adistillaresiaconilcaldocheconilfreddo,apreparareilcioccolato,iltèeilcaffè149.

13.Sipuòcucinaresenzaspezie?

Il progressivo abbandono delle spezie è uno degli aspetti più rappresentativi (e culturalmentesignificativi)dellemodificazionidelgustointrodotteainiziaredalXVIIsecolodallanouvellecuisinefrancese.Ilfenomeno,inapparenzaparadossale,èunbuonesempiodicomelamodadelleélitesiadeterminatadal costo, dalla rarità, dalla esclusivitàdei generi consumati: le spezie, infatti, cheperoltre un millennio erano state il segno distintivo della tavola ricca, cominciarono a scomparireproprio nelmomento in cui la loro abbondanza avrebbe consentito (come in effetti consentì, perqualche tempo) di impiegarle inmodo ancora più ampio.Edire che i viaggi di esplorazione e diconquista attorno al mondo avevano avuto, non ultimo, anche questo obiettivo: procurare spezieattingendoledirettamentedailuoghidiproduzione.Malapioggiadiprofumiedisaporicheinvestìl’EuropanelCinquecentogeneròpresto stanchezza.Ora che le «spezie fini» erano alla portata, senonditutti,dimolti,i«veri»ricchicercaronoaltroveisegnididistinzione.LacortediFrancia–edietro di lei i nobili del regno – riscoprirono i profumi indigeni: alle spezie subentrarono l’erbacipollina,loscalogno,ifunghi,icapperi,leacciughe150.

Con le spezie scomparvero le salse agrodolci e, appunto, speziate che il modello di cucinamedievale e rinascimentale inevitabilmente accompagnava alle carni. Queste furono guarnite coninsalatecrudeconditeconolioeaceto:da«aperitive»qualieranostateper secoli, secondounusoripetutamenteconsigliatodamediciegastronomi151,essedivennero«contorni»152.Anchelozuccherofuabbandonato,omeglio«emarginato»,dislocatosuunafasebenprecisadelpasto–ildessertfinale–anzichédistribuito,onnipresente,suognivivanda,comeicuochiitalianiavevanoinsegnatoafareeancora,inparte,facevano.

InItaliaicambiamentifuronoassaipiùlenti,soprattuttoperché–adifferenzadiquantoaccadevaoltralpe– l’artedellacucinanoneraveramentegestitadai cuochi,mapiuttostodagli scalchiedai«maestri di casa». La riflessione sul gusto era perciò divenuta secondaria rispetto alla cura delleformeconviviali,dellascenografiadelbanchetto,dell’organizzazionedellatavola153.Lacomplessità,o meglio complicazione delle ricette, l’accumulo di ornamenti, la sovrapposizione di operazioniculinarienonsempre lineari sonoaspettichesi ritrovanospessonellacucina italianadelSeicento,soprattutto in quella di Antonio Latini, per di più influenzata da una cucina spagnola anch’essaimpregnata di una cultura ostentatoria, nemica della semplicità e della misura. Eppure, lo stessoLatinisiavventuraasuggerire«ilmododicucinare,econdirevivandesenzaspezierie»,utilizzandoalloropostoilprezzemolo,ilserpillooaltreerbeprofumate.Masonosolopocherighe,terminatelequali siaffrettaa rientrarenei ranghi:«Havendoti insegnato ilmododicondiresenzaspezierie,horamièparsobenedartilaricetta,percondireipiatticomposti,perfareaddobbiallaspagnuola,epignatteallanapolitana,conlespezierieconfacevoli»:piglieraicannella,coriandolo,nocemoscata,garofano,pepe...154.

Piccoli segni di evoluzione si intuiscono piuttosto nella cucina «lombarda» di Stefani, cheimpiega le spezie in quantità moderata, utilizza lo zucchero solo in certe salse (e non su tutte levivande come Latini), introduce l’acciuga nelle salse (abitudine che resterà, in Italia, finoall’Ottocentoeoltre)efaunusopiùconvintodeigrassi–soprattuttodelburro155.Saporieprofumistentano tuttavia a cambiare: cannella e zucchero sulle minestre, come ai tempi di Scappi; nocemoscata,garofano,pepee,inossidabile,l’agrodolce:agrumioaceto,zuccheroespeziesonoancoraicomponentidecisividellamaggiorpartedellesalse,diinequivocabileanticosapore156.Accantoalle

salsemagre di tradizionemedievale e rinascimentale compare una «salsa di butiro»157, stemperataconrossid’uovoesuccodilimone,chepotrebbefarpensareallenuovesalsegrasse–maioneseecc.–della«nuovacucina» francese:Stefaniperònon resisteadaggiungervinocemoscata,polveredigarofani e zucchero, oltre a muschio e ambra (i nuovi profumi alla moda)158. Solo per il «vittoordinario»,acuidedical’appendicedelricettarionellasuasecondaedizione,Stefaniammettechesipossafareamenodellespezie:lostufatodimanzoandràprofumatosolodiaglioerosmarino«névimetteraispeziaria,perchéquandosaràcottosaràbuono»(fermorestandochevolendositrattare«piùonorevolmente»unpo’dipepe,cannellaenocemoscatanonpotràmancare).La tendenzaasaporipiù semplici e«naturali» apparedunque incerta, contraddittoria: eppure, èunanuova formamentisquellachespingeStefaniaconsigliare,peril«sapore»difragole:«Sopraquestosaporenonporraialtracosa,perchéènecessarioilsentirequelsuonaturalodore,egusto»159.Oppure,peril«sapore»di visciole: «questo sapore non va immascarato con ingrediente alcuno, perché da se stesso ègustosissimo»160.Oltreallozucchero,nonvicomparealtro.

Cheilclimastiamutandolosivedeanche(oforsesoprattutto)aldifuoridellacucinadicorte,prigioniera dell’etichetta e dell’immagine. Già agli inizi del Seicento il fiorentino Giovanni DelTurco,cuocononprofessionistama«perdivertimentoepergusto»,avanzariservesullepratichedicucinadiBartolomeoScappi–che,peraltro,letteralmentesaccheggia–«ilqualefagrandovitiadispetierieetzucchero,chealgustodimoltinonpotrebbonodilettare,etinparticolareilzenzeroelanocemoscadae lacannella,peròsipotràcorreggeresecondo ilpareredichiopera»161.Questo ciinvita «a una maggior prudenza per quel che concerne l’influenza dell’alta cucina sulle pratichealimentari della società [...] Ammesso che esista un modello gastronomico superiore, la suapertinenza al di fuori della sua naturale cornice espressiva [la cucina delle corti e delle classidominanti] si situa soprattutto al livello delle rappresentazioni e dell’immaginario», più che delgusto162.E,infindeiconti,ilpoterenonèlamisuradituttelecose.

NelSettecento,anchegliilluministiitalianiteorizzanolanecessitàdibandiredallatavolaisaporiforti, in favore di un cibo improntato alla finezza e alla leggerezza.Come scrive PietroVerri sul«Caffè», «nessun cibo d’odor forte è ammesso alla nostra mensa». È una scelta non puramentegastronomica, ma ideologica e in senso lato politica, rivolta contro un vecchio ordine in cui la«fastosa abbondanza» portava pesantezza di stomaco e incapacità di pensiero: «Tale è il nostropranzo, che terminiamo con un’eccellente tazza di caffè, soddisfatti, pasciuti, e non oppressi dagrossolanonodrimento,dalqualeassopitolospiritospargerebbelanoianellasocietànostra»163.

La tendenza a una maggiore delicatezza di sapori troverà in Pellegrino Artusi la suacodificazione«borghese»,nonsenzaunasaggiariflessionesullamodificazionedeigustinelcorsodeltempo:

Lacomposizionediquestodolce–scrive,riferendosialbudinodifarinadiriso–mifarifletterechelepietanzepuranchevannosoggetteallamodaecomeilgustode’sensivariaseguendoilprogressoelaciviltà.Orasiapprezzaunacucinaleggiera,delicataedibell’apparenzaeverràforseungiornocheparecchidiquestipiattidameindicatiperbuoni,sarannosostituitidaaltriassaimigliori164.

Solo l’ultima ricetta, che chiude il libro, è dedicata alle «spezie fini»: nocemoscata, cannella,pepe garofanato, chiodi di garofano, da tritare emiscelare nelmortaio assieme amandorle dolci.Quasiun tributo avenerande tradizioni fuorimoda,di cui si sente in lontananza l’eco:«Le speziesonoeccitanti,mausateparcamenteaiutanolostomaco»165.

Non paradossalmente, è forse soprattutto nelle cucine popolari che si avvertono le tracce diantichigustiaristocratici,imitatiereplicaticomeinunatardivaconquistadisaporialungonegati.Siconsiderino le ricette che Luigi Bicchierai detto Pennino, locandiere a Ponte a Signa dal 1812 al1873,appuntòinunsuodiarioassiemearaccontiecommentisuquantogliaccadevaintorno166.Per

accompagnarei«piccioni inaddobbo»consigliaunasalsaagrodolcechepotremmoscambiareperquelledeiricettarimedievaliorinascimentali:

Piglia un terzod’aceto e duedimosto cotto, ovvero se nonhai piùmosto cotto, due terzi di zucchero con spezie di cui chiodi digarofano,escorzadilimone,tagliateassaisottilmente,pinoli,passarinaepocosale.Fallabollireperunquartod’orapoimettilasopraaidettipiccioni,giàfritti.

Per i gamberi fritti a dolceforte propone: «salate, pepate e cospargete con un pizzicotto dicannella.Aggiungetel’ettodiuvettacheavreteinprimaammollataeasciugataeilsuccodellimone».La consapevolezza di ripercorrere una tradizione di alta cucina è esplicita: «È un’antica ricetta dicucinanobilecheifraticucinierifannoquandogiungevaunpersonaggioes’avevadafareunabellafigura»167.

Cospargerei tortellidizuccheroespezie,«comesenevicasse»,èungestoanticodeicuochidicortecheoggisifapiuttostonellelocandeeneimasidellevallialpine,mentreilpiccanteagrodolceresiste,imperterrito,nellamostardacremoneseeintantepreparazionidicuisoprattuttolamemoriacontadinaserbatestimonianza.

14.Versoungustonazionale

Unmodello fortemente elitario ha guidato per secoli il gusto, orientando i consumi verso gliingredienti più rari, imponendo combinazioni sofisticate di sapori. La sua crisi comincia conl’affermazione di una cucina borghese più semplice, meno creativa. Al suo nascere essa non sidifferenzia nell’approvvigionamento da quella aristocratica, se non in unamaggiore attenzione alcostodellederrateeaquellodellavoropertrasformarle.Fraledue,ilprocessodiosmosiètutt’altrochetrascurabile.NelpassaggiodallaFranciaall’Italia,ilmodelloborgheseriprendeunacertaariadititolatanobiltà:pensiamoallaCuisinièrebourgeoisediMenonchevienetradottaconiltitolodiCuocopiemonteseperfezionatoaParigi.Alvaloredelpiattodioriginefrancesenoncontribuisconoinfattisolocarnieortaggidiparticolarpregio,maancheunaperiziaprofessionale,unagestionedellefontidicalore,un’artedelladecorazionecherappresentanoilplusvaloregastronomicoeilsuggellodellaqualità. Derrate e costo del lavoro sono i due indici in funzione dei quali la cucina borgheseelaboreràunmodelloequidistantedai servizidella tavola internazionalecomedaipiattidella festapaesana.

L’apparirenelpiattodinuoviortaggieconomiciedisponibili,freschiodiconserva,lungotuttol’anno, come la patata e il pomodoro, favorisce questa rivoluzione. Il pomodoro fornisce, nellaprimametà dell’Ottocento, la salsa universale della ristorazione alta e bassa, l’accompagnamentodelle carni ma anche il condimento dei maccheroni. Il suo gusto assai stabile e moderatamenteaciduloeilcolorerossovivochelaconservazionenonspegneloimpongono:saràuningredientecomuneapiattipoveri,borghesiearistocratici.Undiscorsoanalogovaleperlapatata.Aunprofilogustativo debole, sul piano del sapore e della consistenza, corrisponde la sua duttilità a esseretrasportata,manipolata,abbinataconaltrialimenti.DiventeràunaderratainterclassistaancheinItalia,dovelasuacultura,pertuttol’Ottocento,èdistribuitaachiazze.Patataepomodorosollevanoancheun problema di territorialità: piante ubique e ripiantate, rappresentano dei referenti gastronomicitutt’altrochecaratteristicidiunsingolopaese,quindiuniversali.

Se la cucina del popolo, come si è visto, era salata, e quella delle élite dolce, se il nobileconsumava la propria cacciagione e il contadino macinava coi denti le sue aspre granaglie, lanutrizionedellaborghesiapartedabasiinsipide,comelepaste,lepatate,ilvitello,ilpollo,ilpesceinbianco, e le valorizza. Esprime una sua ricerca di ciò che è poco sapido, morbido, di colore«naturale»,eventualmenteaggiustatoconl’usodisalse.Icondimentipiùforti, ilvinoneroperunamarinataeuncivet,lozuccheroperunacrostata,hannounpostoaparte,assegnatoenoninvasivo.Laconservaeinparticolarel’appertizzazione168favorisconoquestalineadisaporimenointensi,incui la presenza delmezzo, sale o aceto, zucchero o grasso, non fornisce più il sapore dominante.L’usodellesalacchetradizionali,baccalàeacciughe,deilegumisecchi,piselliefave,edeisottacetidàunaconnotazionepopolareaquellestessederratechemesseinscatolametallicasott’olio(sardine)oinsoluzioneacquosa(piselli)diventano«fini».

Mentre i sapori semplici e forti sono sinonimi di cucina povera, quelli complessi, le salsefrancesi in particolare, risultano sospetti comeesiti di una falsificazionedeliberata e nemicadellostomaco.Inquestocasononèl’ingrediente,uncucchiaiodibrodoristrettoodiXerès,unfondodicotturaodicognac,adestareperplessità,maillavorodicombinazione,l’alchimiacheproduceunsapore, un colore, un profumo irriconoscibile. Il gastronomo borghese userà una sola arma per

discreditareledueseriedivalorisensoriali,quellialticomequellibassi:l’accusadiessereindigesti.Qualcheeccezione,per lopiùregionale,di incrocisaporiti, la lepre, ilcinghiale, ilbaccalàdolce-forte, non fa che confermare la regola. Molte delle dominanti gustative dei secoli passatisopravvivonoinmarginealpatrimonioculinario.

Dietro i bruciori di stomaco stanno ovviamente anche dei pregiudizi o meglio delle scelteideologiche. L’italiano abbiente inurbato, iscritto allaGiovine Italia prima del 1860 e nazionalistadopo, vede di malocchio i condimenti estranei e a maggior ragione stranieri. Di fronte a quelliesotici,ilsuopregiudiziocresceadismisura.Sel’impiegatodiFlaubert,Bouvard,«avevapauradellespezie come se dovessero incendiargli il corpo»169, Artusi dà prove ripetute di una analogarepulsione.ANapolièdelusodaimaccheronidistribuitiperstrada,peril«loromododicondirliconmolto pepe e cacio piccante»170. Il suo uso dell’aggettivo piccante merita attenzione. Le salse chesonocosìdenominatenellaScienzaincucinacomportanocapperimaspremutidell’aceto,unaodueacciughetritate,agrodilimone171.Ilpiccantenonrinvianéalpepenéalpeperoncinonéallozenzero,ehadirittodiospitalità solonell’ambitodiunacucina fine,morbida,untuosa, con sapori chenonpersistononelpalato,chenonfanno,comel’aglio, lastradainversadallecavitàventralisusufinoallelabbra.

Questo non significa che la forza del sale della cucina popolare non possa essere smorzata eaddomesticata.Benchéilbaccalànonsia«confacenteaglistomachideboli»,eperciòArtusiripetadinonpoterlodigerire,essofigurainnumerosericetteinquantoderratavantaggiosaediffusaovunque.Laconservainquestocasocopreun’areanazionaleeinternazionale(labrandadedemorueèpresentecon il titolo dibaccalàMontebianco) e quindimerita di essere riconosciuta come uno dei valorirappresentativi di un codice borghese del gusto. Le differenze fra una regione e l’altra possonoessereattenuateconuncompromessopercosìdiregastronomico:auna ricettadimaccheroniallanapoletana autoctona e complicata se ne può sempre opporre una più semplice. In questo caso, ledifferenze servono a riunire segmenti di territorio con storie diverse in un’unità nazionale che lelegittima.

Ilnazionalismononèsolounsentimentoprivatoeborghese,chepermettediincollaresullacartad’Italiaimmaginidiviniedispecialitàconilloropregio,quelledelbaccalàsuVicenza,delcarpioneinacetosuilaghialpini,delpeperoncinoedeifichisull’Aspromonte.Sopradiessoc’èunoStatocherimodella la società italiana dal basso. Fra le istituzioni che più hanno influito su questo tipo dilivellamentovièquellamilitare,inparticolareneiquattroannidellaprimaguerramondiale.Sinoal1916, la razione della prima colazione del fante, escluso il pane computato a parte, comprende iseguentigeneri:«fichisecchigr.120ocastagnegr.150omandorleonocionocciole(colguscio)oformaggio gr. 40 od olive e sardelle od aringhe gr. 30 omele fresche gr. 200». È uno specchioipotetico del primo pasto del contadino nelle diverse regioni d’Italia, con conserve tradizionaliseccheesalate;essendodistribuitoa tutti isoldatiessocoinvolgeanchequellapopolazioneurbanachedagenerazioniavevaabbandonatoicampieifichisecchi.All’altopoterecaloricocorrispondeunvaloregustativointenso,cheassimilailprimoaisuccessivipastidellagiornata.Unannodopo,nel1917, la razione viene cambiata con 8 grammi di caffè tostato e 10 grammi di zucchero172. Alladisparità dei regimi regionali succede l’unificazione di tutta la truppa, sul modello degli alleatifrancesi e inglesi. Il sapore dolceamaro del caffè, già accordato eccezionalmente nel corso dellaguerradiCrimea173percombattereilcoleraeladeficienzadivino,segnaesegneràdefinitivamenteilrisveglioelaripresadell’attivitàmotoria.Èunodeglialimentinervini,conilcioccolatoepersinoiltè,chevengonoassegnatid’ufficioequindifatticonosceredurantelaprimaguerramondiale,conilprecisoscopodiinnalzareladosegiornalieradistimolanti.

Il caffè non è il solo prodotto industriale distribuito giornalmente a tutti. La pasta secca, lascatoletta di carne, il baccalà, il formaggio (emmenthal, fontina, sbrinz, provolone, pecorino)mostranochiaramente l’esistenzadiunprogettodiunificazionedelgusto, con la creazionediduelivelli di valore, quello tradizionale, della memoria, della propria terra, e quello attuale,dell’industria e del fronte. La caserma, le trincee diventano una scuola della modernizzazionenutritivaedi (momentanea) sospensionedelle tradizioni locali; creanodei consumi,necancellanoaltri.

La formazione di un gusto italiano viene da questa azione di livellamento in cui il modelloborghese funge da referente «alto», mentre il suo corrispondente «basso» è costituito dal rancio,dallemenseoperaie,dallarefezionedellescuoleedellecolonie,dallacucinadegliospedaliedatuttequelle istituzioni che figurano a carico del bilancio statale. Non è solo la guerra a imporre ilmedesimociboperisoldatiepericivili,maèunprogettodisocietàcentralizzatoecollettivamentegestitodapoteripubblicieprivati.Laforzapersuasivaditaleregimeètantopiùefficaceinquantorendepossibiliatutti–losièvistoconilcaffèeconlozucchero–iconsumidellapiccolaborghesiacittadina.NonstupiràquindiditrovarenelCucinieremilitaredelmaresciallomaggioreFornari, inepoca fascista, ampie traccedegli orientamenti sensoriali che caratterizzanoArtusi e i ricettari delprimo Novecento: pochissime spezie (pepe e chiodi di garofano), parsimonia nel sale, moderatotenoredigrassi.Lasalsapiccantecalda,daservireconillesso,prevede1litrod’acetoeappena10grammidipepeper100uomini.Anchequièl’aceto,nonilpepe,aesseresinonimodipiccante.Perilgrasso,lardooolio,Fornariraccomandalaparsimoniaericordache«nellecucinedilusso,icuochisgrassanocompletamenteisughielesalseunaprimavoltaprimadibagnarle,edunaseconda,primadimandarleintavola»174.

Il gusto di massa nasce per imitazione, ma si consolida grazie allamensa e al razionamento,particolarmenterigidofrail1940eil1946,ealpiùelevatotenoredivitacheaprelaviaaun’azionecapillare delle industrie alimentari conserviere. In un panorama nutritivo sempre più vario, in cuigiocano non solo le opposizioni città-campagna ma quelle fra i ceti urbani stessi, in cui leemigrazioni interne della popolazione sono importanti e cambiano i mercati rionali, è difficileparlaredi tendenzeunivoche,maseesistonovaloriegemoni,sonoquelli rappresentatidaiprodottiindustriali.Lascatolettaeildadodicarnefungonodaunitàdisapore,sianell’immaginariopopolare,sia nel giudizio gastronomico dominante. Le grandi industrie nazionali non provvedono solo astandardizzareiprodotticondizionandoiricettorigustativideiconsumatori,maconferisconoaessiunvaloreaggiunto, il lavorodimondaturaedi taglio,dipreparazioneeprecottura. IpelatiCirio,l’estratto di carneArrigoni rientrano nel paniere dei semilavorati che fanno risparmiare tempo erisultano, come appare dai ricettari pubblicitari, applicabili a unnumero altissimodi preparati.Lavariabile del taglio di carne bovina, del tempodi cottura, della schiumatura e della filtrazione deibrodièabolitainunestrattochehalostessosaporeecoloreinmilionididosi.Lamedesimacosavale per la maturazione, la scelta, la bollitura del pomodoro San Marzano. Nulla di strano,considerandochelematerieprimefinisconoinscatoladaognipartedelmondoecheiprodottifinitisonodestinatiatuttiimercati.

Ilpiattoeseguitocon l’impiegodisemilavorati, ilpaccodimaccheronie lascatolettadipelati,nonentraapertamenteinconflittoconlepreparazionidomestiche(lapastafresca)néconquelledellacucinafine(ilpasticciodimaccheroni).Comportaanch’essodellevarianti,dicottura–lapastasaràpiùomenoaldente–edicondimento.SiccomeinItaliaconvivonopertuttoilNovecentotradizioniregionalidistinte,eunostessotermine,piccante,inCalabriaeinEmiliaindicaduevalorisensorialiradicalmentediversi,piùchedicondimentodovremmoparlarediriequilibriodeisapori.Nonsono

piùgli ingredientiprincipali checonferiscono ilgustodominante,perchéquesto, elaborato inunostabilimento,èlostessopertuttiequindideveavereun’intensitàmodesta;sonoquellisecondari,chepotremmo chiamare condimenti discrezionali.Una delle caratteristiche di un’industria di conservevegetalicomelaCirio,lacuistoriacopretuttoilXXsecolo,èquelladifornireunpanierediprodottimerceologicamenteaffini,chenelpiùbrevetempovengonotrasformaticonoperazionisemplici,epossonoessereulteriormentepersonalizzati.Datounpacchettodispaghettie,perilsugo,deipelatiedellealiciinscatola,prodottidistribuitiingranpartedelpaese,ivericondimentisonoilprezzemolo,l’aglio, il pepe, il peperoncino, il formaggio più omeno salato, tutti o uno solo, i quali, tritati ograttati,costituisconol’apportopersonaledelconsumatore.Difronteallostessopiattodipastasciutta,adareilprofiloaromaticosonolespezie,leerbe,ilatticini–isaporipiùantichi.

Questo almeno accadeva in una fase ormai remota della storia alimentare, visto che l’olioaromatizzato all’aglio, il formaggio in polvere e in busta, il prezzemolo surgelato potrebberosupplire anche all’ultima e residua fase di condimento, eliminando qualsiasi variante stagionale olocale. Riducendo il tempo consacrato almercato, restringendo ulteriormente il lavoro di cucina,attirando gli acquirenti verso cibi precotti da riscaldare, risultano vincenti proprio quei piatti cherispondonoaunadefinizionegustativagenerica,aunariconoscibilitàsemprepiùampia,nazionalepiù che locale. Sale il numero di confezioni disponibili in ogni supermercato europeo, crescesoprattuttolaricercadiprodottistandard,lostessotortellinodipastaconcentoripienidiversi,capacidiomologareiconsumisenzasopprimerel’esistenzadellevarianti.

IV.L’ordinedellevivande

1.IlcuocogalenicoLamedicinapremoderna,spessodefinita«galenica»inomaggioalmedicoGalenovissutonelII

secolo, i cui insegnamenti rimasero vivi fino al Seicento e oltre, si fondava su un principiofondamentale,dacuiderivavalamaggiorpartedelleideeedellescelterelativeallacuradelcorpo:ogni essere vivente – uomini, animali, piante – possiede una sua particolare «natura» dovuta allacombinazionediquattro fattori:caldoe freddo,seccoeumido,a lorovoltaespressionedeiquattroelementi(fuoco,aria,terra,acqua)checostituisconol’universo.L’uomopuòdirsiinperfettasalutequandonelsuoorganismoiquattroelementisicombinanoinmanieraequilibrata,bilanciata;seunodi essi prevale sugli altri, o per uno stato occasionale dimalattia, o per l’età (i giovani sono più«caldi»e«umidi»,ivecchipiù«freddi»e«secchi»),operilclimael’ambienteincuisivive,operl’attività che si svolge, o per qualsiasi altra ragione, è indispensabile ripristinare l’equilibrio conopportuni accorgimenti, tra i quali il controllo dell’alimentazione viene prima di ogni altro. Peresempio, chi è affetto da una malattia che lo rende troppo «umido» dovrà consumare soprattuttoalimentidinatura«secca»,eviceversa.L’individuoinsalute,invece,dovràconsumarecibiequilibratio,comediconoimedici,«temperati».

Qui entra in campo la cucina, intesa essenzialmente (lo abbiamo già accennato) come arte«combinatoria». Perché sono pochissimi gli alimenti, come il pane, a cui si attribuisce una naturaperfettamenteequilibrata.Nella stragrandemaggioranzadeicasi si ritienenecessarioun interventoper «correggere» la natura del prodotto (classificata secondo una complicata tavola di intensità o«gradi») e ricondurla alla misura. Se un certo alimento è sbilanciato dalla parte del «caldo»bisogneràmodificarlo nel senso del «freddo», oppure accompagnarlo con ingredienti «freddi»; ecosìvia,secondoduelineeprincipalidiintervento:letecnichedicottura,icriteridiabbinamento.

Eccospiegate tante indicazioni sucomecuocere i cibi: aggiungere liquidoallecarni«secche»,bollendole in acqua; prosciugare quelle «umide», arrostendole. Una precisa corrispondenza vienepostatrailtipodicarne(didiversaqualitàsecondoilgenere,l’età,ilsessodell’animale)elacotturaacuiessavienedestinata.«Lecarnidicervosimangianolesse»,scriveAntimo(VIsecolo)nelsuotrattatodidietetica;«gliarrostipoi,sesarannodicervogiovane,sonobuoni.Ma,sesonodicervovecchio, sono pesanti»1. Consuetudini poi divenute proverbiali: perché «gallina vecchia fa buonbrodo»?

Eccospiegatianchecertiaccostamentigastronomici,entratipoinell’usoe,magari,conservatisifinoaoggi:perchésimangiailformaggioconlepereoilmeloneconilprosciutto?L’abbinamentorichiamainentrambiicasiladieteticapremoderna,assaidiffidenteversomoltitipidifrutta(quali,appunto,lepereoilmelone)giudicatieccessivamente«umidi»e«freddi»:lafunzionedelformaggioo del prosciutto (entrambi «caldi» e «secchi») o, in altre tradizioni gastronomiche, del vino (talel’usofrancese)èappuntoquelladi«riscaldare»e«prosciugare»lanaturadiqueiprodotti.Allostessoscoposipuòusareilsale(cheancoraoggi,inFrancia,siusacospargeresulmelone)2.

Inquestoquadrorientraanchelastraordinariaattenzionedelcuoco«galenico»perlesalse,che,opportunamenteaffiancateallecarnieaipesci,hannoprecisamenteloscopoditemperarelevivanderendendole,alcontempo,digeribiliegustose.Anchegustose:perchéunaltroprincipioessenzialedi

quella cucina e di quella dietetica è che i cibi, per esserebene assimilati dall’organismo, debbonorisvegliare i succhi e suscitare piacere. La salsaagliata, scrive Platina, si usa con le carni dure egrasse«perrenderlepiùdigeribilieperstimolarel’appetito»3.Cheildesideriocostituiscailsegnosensibilediunbisogno,echeilpiaceredisoddisfarlorappresentiilprincipaleviaticoallasalutedelcorpo,èun’ideacondivisafinoasfiorarel’ovvietà.Dopoaverriportatoidiscordantipareridivariautori sulmodo di temperare la natura frigida del popone, Platina opta per quella che ritiene piùistintiva:«Quantoame,consentoconlanatura,laquale,dopochesièmangiatoilpopone,èinclineadesiderareilvino,ediquellobuono,perchéèquasiunantidotoallacrudezzaealla frigiditàdelpopone»4.

«Ciò che è più piacevole al gusto vameglio per la digestione», ribadisceMaino de’Maineri,medicomilaneseautorediun trattatodidietetica (XIVsecolo)chepermoltiversiassomigliaaunricettario di cucina, per la quantità di suggerimenti pratici circa la cottura dei cibi, i modi dipreparazione,gliaccostamenti5.Nonpernulla,uninterocapitolodelRegimendiMaino,dedicatoallesalse,vennediffusoanchecometestoaséstante,coniltitoloDesaporibus6.Viceversa,nonèdifficilescoprireisegnidellaprecettisticamedicaneilibridiricette:medicoecuocosonoleduefaccediunamedesimacultura.IltrecentescoLiberdecoquinadàlaricettadell’agliata(mandorlepestate,aglioezenzerostemperatiinbrodo«macilento»)precisandocheèidealeperlecarni(procarnibus)masipuò anche servire con i pesci duri da digerire (cum piscibus dure digestionis)7. Le indicazioni simoltiplicano (ma, soprattutto, diventano esplicite) in opere «riflessive» come quella di Platina. Lafavaèfreddaetendeall’umido,dunqueèpericolosaallostomaco;ma«sembrasiamenodannosasecosparsadispezie»8.Ilfagioloècaldoeumido;lasuanocivitàpuòesseretemperata«spargendovisopraorigano,pepeesenape»ebevendocidietrodelvinoschietto9.

Sonoregoleampiamentecondivise,perchéladieteticaparlalostessolinguaggiodellacucina,unlinguaggiocompatibile–anzi,totalmentesovrapponibileaquellodeisensi:caldoefreddo,seccoeumidononsonocategorieastrattemateorizzazionidell’esperienzasensibile.Perciòquellinguaggioattraversal’interocorposociale,apparenta–adiversigradidiconsapevolezza–trattatieruditieusicontadini,riflessioniscientificheepratichequotidiane.Nonsoloi lettoridiMainoodiPlatina,magli avventori d’osteria sanno che le pere – o le pesche, o le ciliegie: secondo le stagioni – siaccompagnanopreferibilmentecolformaggio.Ipranziallacartaconsumatiall’AlbergodellaStellaaPrato fra il 1395 e il 1398 terminano spesso e volentieri condelle pere cotte e del formaggio (o,seguendo le stagioni, con «cacio e ciliegie» a maggio, «formaggio e pesche» a settembre)10.Attestazionepreziosa,perchériguardapersoned’ognicondizioneevivandeallacarta,cioèdalororichieste. Non c’è alcuna differenza fra la cultura di costoro e quella di Filippo Maria ViscontisignorediMilano,che,testimoneilbiografoPierCandidoDecembrio,amavachiudereilpastocon«delle pere o delle mele del paradiso cotte nel formaggio»11. E nel Morgante di Pulci, chiedeMargutteall’oste:«Dimmi,arestituedadarcidelformaggioodellefrutte?».Correl’oste,e«dicacioefrutteragunaunamassa»12.Anchelavoracitàsegueleregoledelladietetica.

2.«Qualicosesidebbanomangiareperprime»Sceltoiltipodicotturaedeterminatigliabbinamenti,ilterzoattostrategicodellasaluteatavola

non compete più al cuocoma allo scalco, almaestro di casa: organizzare le vivande, nel pranzo,secondounasuccessionechenefavoriscal’assorbimento,ladigestione.

Indicazionisullevivandeserviteaipastisi trovanogiàindocumentidelXIIsecolo,anchedovemenoceliaspetteremmo:peresempio,unasentenzaprocessualedel1191stabilisce,nerosubianco,ilmenùdelpranzocheimonacimilanesidiSant’Ambrogiosonotenutiadallestireogniannoperlafesta diSanSatiro in onoredei vicini canonici, secondouna consuetudine chequalcuno intendevamettereindiscussione.L’elencodeipiatti(nove,suddivisiintreportate)siconcentrasolosullecarni,protagoniste incontrastatedelpranzo:allaprimaportatacarni fredde(polloemaiale)egambas devino(forsecarnemarinata);allasecondapolliripieni,unaturtelladelavezolo(forseunpasticciodicarneal forno)ecarnevaccinacon lasalsapiperata;alla terzapolliarrosto, lombatecumpanicio(avvolte in una crosta di pane?) e porcelli pleni. Su tutto il resto (pane, vino, eventuali antipasti,contorni o dessert) si sorvola.L’ordine peraltro era da ritenersi indicativo: uno dei testimoni, purribadendochequelloerailmenùtradizionalmenteprevisto,affermòche«iporcelliripienitalorasiservivanoallaprimaportata,taloraallaterza;lacarnedimaialefredda,viceversa»13.

Piùcompleta,nellasuasemplicità,epiùchiaramenteleggibiledalpuntodivistadietetico,lalistadivivandecontenuta inuncontrattoagrariodel1266, stipulatoadAstida taledominusPancia (unnome,unaugurio)conalcuniaffittuaridacuiesige,ognianno,duepranziperséeperuncompagnoche vorrà portare con sé. Dovranno essere serviti: «per cominciare un limone ciascuno, poi duelibbredicarneporcinafrescaperciascuncommensale,accompagnatadaunpiattodicecibianchiapersona;indiuncapponearrostoperciascunuomo,elesalseappropriateperisuddetticibi.Poiseicastagneeunfruttodelparadisoperciascunapersona.Panebianco,quantopotrannomangiarne;vinobuono,puroechiaro,quantopotrannoberne.Iltuttoservitosopraunatovagliabiancaepulita»14.

Potrebbe stupire il limone d’apertura, ma è del tutto coerente con la dietetica medievale, cheassegna all’entrée la funzione di «aprire» le vie dello stomaco stimolando i succhi gastrici concomponentiacide.Ifruttiacerbidistagioneservivanoappuntoaquestoscopo(perseguitoancheconle insalate all’olio e aceto, a proposito delle quali si svilupperà un vero e proprio dibattito, comevedremosubito).Seguonodueportatedicarne:senzacommentarneledimensioni(duelibbre,cioèoltremezzochilodicarneporcina,euninterocapponeatesta)cilimiteremoasupporrechelaprimavivanda sia in salsa, stufata; della seconda ci vien detto che è arrosto.È questa la successione piùconsueta sia in Italia che in Francia15. La salsa di accompagnamento all’arrosto è, come abbiamovisto, poco meno che indispensabile. Saltando gli intermezzi o i raddoppi, e le dolcezze che neiconviti più importantimoltiplicavano le vivande e le portate, il semplice pranzo di campagna delnostro Pancia termina – così come era cominciato – con dei frutti, però diversi: di quelli adatti a«chiudere»,asigillarelostomacoconlaloroconsistenzafarinosa.IlpomodelparadisoeraanchenellamensadelVisconti.L’usodellecastagneafinepastocièconfermatodaBonvesindalaRiva:imarronilombardi,scrive,«sifannocuocereverdisulfuocoesimangianodopoglialtricibialpostodeidatteri»,che,evidentemente,apparivanosolosullemensepiùricche.Inalternativa,scrivesempreBonvesin,icittadiniamanoconcludereilpastocondellenoci16.

Altro menù «semplice» – sono i più interessanti da considerare, sebbene i più rari, perchéattraversodiessipossiamorendercimegliocontodellastrutturadibasedelpasto–èinunanovelladiGiovanniSercambi(XIV-XVsecolo)doveunacontadinadelcontadoluccheseimprovvisa,perdue

ospitiaffamati,unpiattodi lasagne«ben incaciate»eunagrandefrittata,nonsenza– inapertura–una salegiata di erbe di campo («raponzori salbastrella primifiori e ruchetta») raccolte dai due econdite con olio e aceto17. Con una insalatella – raperonzoli, caccialepre, pimpinella, mentuccia,crispigniuol – inizia anche il banchetto di Pierbaldo e dei suoi uomini al ritorno dalla caccia, nelSaporetto di Simone Prudenzani. Seguono farro al pepe nero, con lepri, caprioli e cinghiali (insalsa?); «di puoi venne la vitella», cappone, lingue in crosta, e «vennepuoi l’arosto», con arance,schienediporco,piccionie fegatelli;una tortadiuccelletticonclude lenumeroseportatedicarne,finoaiconfettifinali18.Unaltro«menù»delmedesimoSaporettoiniziacontortelli,biancomangiare,«zuppaallafrancese»,lasagneeravioli;«puoicievenne’llesso»:polli,carnibolliteestufate;indiarrosti di selvaggina: tordi, piccioni, starne; infine torte e pasticci, pere cotte, uva passa, mele,confettispeziati19.

«Quali cose si debbano mangiare per prime» è un problema cui Platina dedica un appositocapitolodelsuotrattato,enumeroseosservazioniall’internodeisingolicapitolieparagrafi.«Nelloscegliereicibisideveosservareuncertoordine,poichéall’iniziodelpranzosipossonomangiaresenza timore e con più gusto quelle cose chemettono inmovimento lo stomaco e che danno unnutrimentoleggeroemisurato»,peresempioalcunequalitàdimeleedipere,lelattughe«etuttociòchesipuòprenderedicrudoedicottodacondirsiconolioeaceto»20.Perquantoriguardaifrutti,ilconsiglio è di aprire il pasto con le qualità dolci e profumate, di terminarlo con quelli aspri eastringenti: si tratti dimele,pere,melagrane,more,questa è la regolada seguire21; ilmelone e lepesche andranno accompagnate da buon vino «per impedire che imputridiscano» nello stomaco22;anchepergliagrumibisogneràselezionareipiùdolci(epensiamoailimonididominusPancia: ilPlatina ci assicura che«stimolano l’appetito»maparla anchedi arance e di cedri); nel caso sianotroppoaspri,sipossonodolcificarecondellozucchero23.

Cominciare con insalate, olio e aceto è l’altra possibilità; la scelta sarà confermata nel secolosuccessivodaCostanzoFelici,dopolungheargomentazionierudite,sostenutedacitazionidiCelsoeGaleno,ipiùcelebrimediciromanidellatardaantichità.Peraltro,Felicideplorailcattivocostumediquanti, «troppo avidi al magnare», ritengono che la capacità dell’insalata di «aguzzare et incitareappetito» sia sprecata all’inizio del pasto, quando l’appetito non manca, e la usano invece«indifferentemente[...]inantiedopopasto»persolleticaredicontinuolalorogolosità24. Ildibattitosull’insalata continuerà nei secoli successivi, parallelamente alle indicazioni «tecniche» su comecondirla25.Nel1636,PaoloZacchianelsuoVittoquaresimale scrivechepoiché le insalate«nonadaltro fine si usano, che per risvegliare l’appetito dello stomaco», devono essere prese in quantitàmoderataeunasolavolta:«ilmangiarl’insalateduevolteinunpasto,cioènelprincipioenelmezzo,onelprincipioenelfine[...]nonpuòesseresenondannosoassai»26.Evidentementedovevanoesserepraticheabituali,seadistanzadiunsecolosicontinuavaacondannarle.

Ilpiatto«forte»delpastosonoperdefinizionelecarni,sucuipraticamentenonsidiscute:«Èoratempo di parlare di quei piatti che chiamo di seconda portata e che ritengo i più ricchi. Tratteròdunquedellecarni, lequalisonol’alimentochenutredipiùeinmanierapiùsalutare,echehapiùsostanza»27.CosìPlatina,sullasciadiunavalutazionetipicamentemedievale.Sottoqualsiasiformaomodo di cottura (arrosto, lesso, umido, fritto) le carni, o in alternativa i pesci, sono il pasto.D’abitudine si servono i lessi primadegli arrosti (postmangiamentumalessi, succedit arostus, nelconvitoregaledelBaldusdiFolengo)28,maleregolenonsonorigideeleopinionidiverse.Forse,cambianoancheneltempo.Scappi,nel1536,servendounpranzodigalainTrastevereall’imperatoreCarlo V, esibisce un primo servizio di cucina riservato all’arrosto sottile, un secondo di cucinapottaggiera,unterzodialesso29.Èverochesitrattadiunpranzoquaresimale,abasedipesceenon

di carne; ma è esattamente il contrario di quanto ci aspetteremmo. «Quando l’arrosto si debbamangiare, tra i dotti è questione tuttora controversa», pontifica il professor Ventronio ManducoCiccelardofilo,aristotelicodi strettaosservanza, inun testoburlescodelSettecentoveronese:«C’èchidicechesidebbamangiareperprimoapranzoeperultimoacena,chisempreperultimoechisempre per primo. Per la qual cosa in assoluto noi diciamo che l’arrosto lodevolmente eproficuamentesipossamangiareogniqualvoltasiabencottoerosolato»30.

Di erbaggi e verdure «che siamo soliti mangiare con le pietanze» è testimone Platina, ma il«contorno»inevitabiledellecarni(odeipesci)fuperlungotempounasalsa,lasalsaadattaperognicarneeognipesce,individuatasecondocriterigastronomico-dieteticisucuicisiamogiàsoffermati.

Platinachiamaterzaportataquellache«sigillalostomacoaconclusionedelpranzo»31.Lequalitàchesirichiedono:capacitàastringente;naturapreferibilmentecaldaesecca.Sehaimangiatocarne,«asecondadellastagionemangeraimeleopereacerbe»(oppuremelecotogneemelagrane,«senzadiredituttelecoseastringenti,qualifaveepistacchi»).Oppureformaggiostagionato:«siritienechegioviasigillare lostomaco»(mentrequellofrescosiusaperconfezionare lepiùvarievivande). Ipiù raffinati prendono anici e semi di coriandolo canditi con zucchero, «comemedicamento dellagola e della testa», mentre «chi ha meno pretese si accontenta del finocchio» (il Platina alludepresumibilmente al finocchietto selvatico; quello dolce sarà proposto da Bartolomeo Scappi altermine diogni pasto). Infine, «tutti mangiano castagne, che hanno una natura fredda e secca» (eripensiamoadominusPancia,eaBonvesinda laRiva:certeusanzesisonolungamentestratificateneltempo).

Dopoilpesce,invece,«simanginomandorleonoccioleonoci,poichéconlaloronaturaasciuttasiritienechepossanoovviareallaforzafreddaeumidadeipesci».

NelCinquecentoparechesidiffondaunanuovaabitudinediservireall’iniziodelpasto–ancheall’iniziodelpasto–vivandedolci,zuccherine.NelgiàcitatobanchettodiScappiper l’imperatoreCarlo V (1536) i tre servizi di cucina sono preceduti da un servizio di credenza compostoesclusivamente di dolci: biscotti pisani e romaneschi, morselletti di marzapane, mostacciolinapoletani, caliscioni di marzapane alla veneziana, pignoccati freschi, arance con zucchero,focaccineconoliodimandorle,zuccheroelattedipinoli,zeppoleallaromanesca«cioèfrittelledicecirossi,zuccaro,zibibbo,uvapassa,etdattoli»32.Dopoaverterminatoconunsecondoserviziodicredenzafattodifrutta,dolci,torte,geli,ricotte,confetticanditi,siapreunsecondo«giro»diservizi,preceduti stavolta da vivande agre: alici, caviale, pesce carpionato, insalate di vario genere: diborragine, fiori di cedro, capperi, fiori di rosmarino, asparagi, lattughe33. Par quasi, all’ennesimapotenza,lapraticadell’insalata«ametàpasto»controcuiprotestavano–invano–FelicieZacchia.

Le due tendenze convivono l’una a fianco dell’altra. La scelta dell’agro prevale nei menùsemplici, comequelli ricordatidaRomoli (che inizia con limoni,uva,melagranee salumi)34 o daFrugoli (melone e salumi)35. Rossetti, nel 1584, arriva a condannare esplicitamente l’abitudine«italiana»diservirepiattidolciall’iniziodelpasto:ilmodellofranceseetedesco–checontinual’usomedievale di cominciare con gusti agri o salati – gli sembra preferibile36. Lo schema che eglipropone(piattifreddi,carne,verdura,formaggi,frutta,dolci)prefigurainmodoabbastanzaprecisol’ordine delle vivande quale verrà imponendosi col tempo, in modo sempre più lineare. Per ilmomentorestamarginale,almenoneibanchettiimportantieanchenellaversione«dimagro»:comeosserva Paolo Zacchia nel Vitto quaresimale, «è costume sul primo del mangiare ne’ digiuni,prendere alcune cose condite conmiele o anche col zucchero»37. Ilmodello salato prevale, forse,soprattutto nel «vitto ordinario» e nella cucina di ogni giorno. Ricorda Montaigne, dopo unsoggiornoaPontremoli:«Atavolamifudataperprimacosailcacio,comesifadallepartidiMilano

e nelle contrade intorno a Piacenza. Mi furono date, secondo l’uso di Genova, delle olive senzanoccioloacconcieconolioeaceto»38.

3.LaparcamensaNonc’èpastopiùdifficiledadocumentareedainterpretare,nellastoriadellagastronomia,che

quello consumato con poche cose in silenzio, in solitudine. Anzitutto perché all’uomo che se lopreparaesiristoraviendedicataunaqualcheattenzionesoltantodirecente;quindiperchélafrugalitàrinviaa comportamentidiversissimi, spiritualio coatti, nevroticio economici.Amangiareda solipossonoesseredeireligiosi,deiprigionieri,deimisantropiodegliavari.Nonmancanoitestimoni,anchesesconcertanti.CenanellapropriacasailpittorePontormochenel1554viveaFirenze.IlsuoDiariocomincia in ungiornodi quaresima e registra una sera «un’insalata di lattuga e uno pesced’huovo[frittata]»,un’altra«unamezatestadicavrettoelaminestra».Bevevinoeconsumaaognipastounadecinad’oncedipane;ilcompanaticoètuttodiderratelocaliesoloduevolteinzuccheralasuafrittata.Seesceall’osteriaritrovalestessecose,e,congliamici,nonlesinalacarne,soprattuttodifesta.Sipreparailcibodasé,piùspessopane,uovaeinsalata,maanchepietanzechedomandanotempo:«unatortaconlacarnedimiamano»,«unocavolobuonocottodimiamano».Èunindividuostrambo,parcopurprestandoattenzioneaquellochemangia,congiudizinetti:mirabilii«crespelli»dell’amicoBronzino,mentre ilbuecomperatoglidaungarzone,Bastiano,«nonarebemangiatoe’cani»39.

IlPontormodigiunaconunacertafrequenza.Èunapraticaigienicaassaidiffusacheireligiosirivendicanobilanciandolacondeipastiabasediacquanaturale,vinoconfunzionemedicaepane.Ainsegnareimodidireprimerel’appetito,facendosiecodiunacristianissimatradizione,sonoinfinitiilibrimaunosolo,Loscalcospirituale,siintitolacomeunricettariocheregolalafameelaseteperviadilevare,condannandoisaporidolcietuttiglialtri«aggradevolialgusto»40.Uncapitolointeroèconsacrato alla panificazione, bagaglio culturale dell’uomopioperchéquasi tutti gli altri alimentisononocivi, soprattuttosesospettidiqualchesapore:noci,nocciole,mandorle,agli,cipolle.Sonoesercizi di inappetenza, astinenza, digiuno che riducono il pranzo a qualche boccone recato allaboccacon lamanoe ripropongono l’immaginedell’uomosolodavantialciboedavantiaDio. Inaltra chiave, dietetica e geriatrica, questi precetti vengono ripresi da Alvise Cornaro, il qualeconsiglia per vivere a lungo un piatto unico, a portata degli stessi poverima non deimendicanti:«pane,panatellaeuovo».Nientedipiùsemplicedellapanatella,unapappettadipanseccoegrattato,dibrodoconl’aggiuntadiunuovo.ÈlaminestrinacheilCornarostessopratica(facendolaseguiredacarneopollameopesce)41.

Ladidatticagastronomicanonprevedechecisinutradaséeamaggiorragionechecisiprividituttotrannedelpane,eppureesisteunaletteraturafattadidiari,novelle,versierelazioni,cheattestatuttiigradidelconsumo,apartiredaquellozero.C’èchiviaggiandosiportailcibopernonentrarenelleosterie,echi invecevi siprecipitaperunascodelladi trippa42. Il pasto èunavariabilemenocodificatadiquantononsicreda,sfuggealletipologierigide.InFirenze,ametàdelCinquecento,ilPontormo mangia molte uova e verdura fresca, quindi carne ovina, porcina e bovina a lesso earrosto.Hapocheoccasionidigustareunpiattodolce,contrariamenteaquellocheiricettaricoevifarebberosupporre.Laconvivialitàarricchiscedipocoquestoregime,convivandechesidirebbesiripetanodagenerazioni e sianodestinatea riprodursiper secoli.Anchedueo treamici all’osteriarientrano inuna tipologiadiconsuminoncodificatimaconsuetudinari:«adìsabatoseraandammoalla tavernaAttaviano eBronzino e io: cenammopesci e huova evinovechio e tocò soldi 17peruno»43.

Al contrario del banchetto che analizzeremo, questi esempi di semplice ristoro offrono

apparentementepocoappiglioaun’analisiapprofonditadeigusti,siacheinostririferimenticulinariderivinodaunsostratoanticosiacheunfiloininterrottopermettadiritrovare,partendodallatavolaattuale, quella passata. In realtà,molti di questi piatti sono espressi in forme linguistiche inattuali,secondo codici di consumo e valori dietetici profondamente datati. Non bisogna perdere di vistal’ambienteincuivivequestofiorentinochetraeprodottidall’orto,compral’olioinbotte,imbottigliail proprio vino e limita al minimo gli acquisti sul mercato. È necessario indagare il suo habitusnutritivo, cercando un ordine nelle sue scelte, riesaminando il suo pranzo non certo agiato da unpuntodivistatipologico.Nelpranzoèlachiavedelrapportochel’uomointrattieneconsestessoeglialtri.

Ilprimocriterioinbasealqualeorganizzarelamensaèeconomico.IlPontormocenailmartedìconuna testadi capretto, riservando l’altrametàda friggere l’indomani.Ogni acquistoprevede lapartedelconsumoimmediatoedifferito,lapartedelgarzoneedeventualmentequelladelservo.Ladestinazionedei taglidicarneedellespecie itticheadiversi tipidicottura rispondeaun’oculataegastronomica gestione delle risorse; la profusione più folle, di cui vedremo esempi nelle caseprincipesche, obbedisce allo stesso principio di riunire e ridistribuire tutte le risorse, con un attopoliticochefaprofittaredelciboisudditi,daicortigianifinoaigradibassidellaservitù.Èquestoilsensoprofondodelpasto,riservaindividualeecollettivadioggetticommestibili,prodottidiun’artefragile ripartiti al fine di assicurare il benessere. Perché esso possa svolgersi inmodo degno, levivande più rare dovranno seguire quelle comuni e la tavola accogliere i piatti secondo unprogrammache tiencontodelcosto,dell’appetitoedelsaporedeglialimenti.Alcunicome ilpanesonofattipernutrireesaziare,altricomel’uovosonodigusto.

Ma esiste un ordine secondo il quale servire pochi piatti semplici? In chemisura questomutastoricamente?Lafrutta–melecotte,fichisecchi,uva–viene,anchenellepoverecenedelPontormo,dopo la carne e le uova.L’insalata, se ben condita e detta «di semplice irritamento», precedeognialtrociboalfinediaprirel’appetito44.Sonoragionimedico-dietetichenoteeseguite istintivamentedatutti,chevengonorecepiteancheneibanchettiimportanti.Laposizionedellafruttaèunelementodi continuità del pranzomedievale emoderno con quello contemporaneo, quella dell’insalata è ilcontrario.Si trattadiunalimentocrudoe frescoecosparsodiun saleche ritroveremo in tuttigliantipasti.Quandolesalaccheeisalumieilsaporepungentedell’acetocomincianoaessererifiutatidaiborghesieadeclinarenellalorofunzionediaperitivi,anchel’insalatanepatisceevienepropostainunconnubioconl’arrostocheArtusiedopodiluilacucinadomesticaprescrivonointuttiimesidell’anno.Comemailalattuga,consideratafrigida,continuaaesercitare,accompagnandogliarrosti,la sua funzione galenica? Il campo degli abbinamenti, la loro persistenza al di là dei modelliterapeutici che li imponevano, rappresenta uno degli aspetti meno indagati della gastronomiacontemporanea. Siamo ben lungi dall’aver operato un divorzio con la medicina antica, o megliol’abbiamo sostituita con un’altra: la cultura delle vitamine, a partire dal 1930, stimola di nuovo lapresenzadellaverduracrudaconfunzionediantipasto,e,perragionidiversedallafrigidità,restauraunusoanticoconmotivazioninuove.

Questiesempiportanoaconsiderarelasuccessionestudiatadeipiatticomeunaricercaincrociatadelpiacereedellasalute.Sarebberiduttivoattenersiaquestisoliprincipi.SeilPontormomangiailpesce di preferenza in compagnia degli amici è perché essi, condividendo il prezzo del pasto, lorendonopiùricco,econillorogradimentoaccresconoilgustodistareatavola.Egliannotanelsuodiariounalepre,unafaraona,unacoppiadipiccioni,unapervolta,comederrated’intrinsecopregioingradodigiustificarel’occasione.Unacarnebastaafesteggiare.Duesonopiùcheunafesta.Pescegrossoe fritturinadipesce,masoprattutto«carneepesci»,«pesceecastrone»,«cavretoarrostoe

pesce»:combinarelestessederratecotteinvarimodi,ovveroconsumarneduediverse,d’acquaediterra,dimagroedigrasso,chiareescure,umideearsicce,questosìèunpranzo.L’accostamentopercontrastooperanalogia,percomparareglistimolisensorialieivalorigustativi,èilprimocriteriodiordinamentodell’imbandigione.Comenella retorica, la creazionediunpiatto (inventio), la suadisposizione sulla tavola (dispositio) in alternanza ad altri diversi secondo un criterio di varietà(variatio) stimolano l’immaginazione e il buon gusto. Disponendo le vivande sulla tavola eregolandolasequenzadeiservizi,riempiendogliintervalliconmusicheespettacoli,sitrasformailconsumo di cibo in una fruizione sensoriale ed estetica. Simmetria dei piatti, volumi armoniosi ecolori, ornamenti floreali e figure di zucchero sono un linguaggio in grado di rendere la boccaeloquente non solo se proferisce verbo ma quando inghiotte i bocconi. La tipologia del pasto, equindilacompetenzadiunoscalco,obbedisceaquestofine.

4.ImbandigionieserviziNellecorti,nellecasesignorili,èloscalcoomegliosonogliscalchiasovrintendereilconvitoe

ilserviziointavoladellevivande.Datalecarica,edall’esperienzaneldirigereilpersonaleaddettoallamensa,viene ilmaggiornumerodi trattatidicucinacinquecenteschi.Ognunohaunsuomodopersonaledi insegnareadallestireunbanchetto,secondoilsuorango:puòveniredallaschieradeicuochi o essere stato assunto fra i nobili, come il conte palatino CristoforoMessisbugo. Scegliequindilaformaespositivapiùutilealproprioprestigioeall’immaginedelsuosignore:formulareilprogrammainteoria,fornendounoschemadivivandeediservizivalidoperognioccasione,oppureammaestrareconesempiconcretidicene,tracciandounacronistoriadeibanchettioffertiacorte.Ilprimo caso è quello di Scappi, al servizio di papi e quindi tenuto alla modestia e al riserbo, ilsecondo è quello di Messisbugo che enfatizza attraverso il pranzo il mecenatismo del principe.Seguendo Don Alfonso d’Este, il Rossetti arricchisce gli annali del casato ferrarese facendosiportavoce di una ambasceria gastronomica nella stessa Parigi45. È la tavola del signore a esserel’oggetto privilegiato della trattazione: quelle degli ufficiali principali, dei gentiluomini titolati dicorteeviaviadegliospitiedegliestraneidiminoreriguardovengonoconsideratesemplicifrazionidellaprima.

Perredigereilmenù,loscalcodevefarlevasulleduecompetenzedistintedelcredenziereedelcuoco. Il primo amministra argenti e teli, piega artisticamente i tovaglioli, serve i piatti freddi, leinsalate,ifrutti, ibiscotti, icanditieleconfetture.Èuomochepraticaun’artesensualee«sidilettad’odori»46,profumadiessenzelabiancheria,ornadifiorilatavola,sioccupadelladecorazione.Èpresentenellasalaesovrintendeallevivandedisposteall’inizioeallafinedelbanchettoinquellichevengonovariamentechiamati«servizidicredenza»,«servizi freddi»e«frutte».Unapartedeipiattidelprimoserviziovienedallecucinemaèstatapreparata inanticipo:pescicotti inbianco,pavoniarrosto, entrambi ovviamente freddi. Hanno la funzione di stuzzicare i commensali, lasciando aicuochiiltempoperultimareipiatticaldiquandotuttisonoseduti.Sicominciamettendosullatavolainsalate, biscotti, formaggi freschi zuccherati, salumi o pesci carpionati, caviale, aringhe;concludono il pasto tutti insieme: torte, ortaggi cotti, formaggimaturi, frutti, confetti e confetture.L’ordine da seguire negli assaggi è in parte libero, in parte guidato dal gusto e dalla dietetica.L’insalataeilbicchieredimalvasiaincui inzuppareunbiscottino–l’unael’altrasonoaperitive–precedonolecarnifredde,lonzaofettedisalsiccione,secondol’adagiochevuoleprimaicibiteneriepoiquelliduri (Molliapraemittas,hinc ferculadurasequatur)47.Frabiscotti pisani, «calicionidimarzapane»emostaccioli, ilcommensalesceglieràquellichepiùgliaggradano.Unserviziooffredunqueunaselezionedicibianaloghieunagerarchiadivivandediverse.

Labrigatadi«sottocuochi»,«cuochidipasta»opasticceri,sguatteri,operasottoladirezionediun «sopracuoco» che riceve gli ordini dallo scalco e la materia prima dal preposto agliapprovvigionamenti o «spenditore». Al «sopracuoco» incombono i servizi caldi, la pulizia,l’economiaeladisciplinanellecucine.Daesseesconoisuccessiviservizi,daunoatre,daisediciaiventi piatti secondo l’occasione, ovviamente riducibili. Possono essere di carne o di pesce edistinguersiperiltipodicottura(lesso,arrostoefritto),offrendoallorointernounadistribuzionedeivolatilidomesticieselvatici,divitelliespecieovine,dipescid’acquadolceesalata,intervallaticon sapori e vivande di complemento, biancomangiari zuccherati, pasticcetti. Anche i tagli dellastessa specie costituiscono un secondo elemento di variazione. Alcuni scompaiono solo conl’Ottocento,gliocchidibueedivitelloperesempio,dicuiRossettiindicaventiduepreparazioni.Le

paste, imaccheroni,conditiconcacioezucchero,cosìcomezuppeeminestre,vengonoservitinelprimo o secondo servizio di cucina, con funzione di rinforzo rispetto a carni o pesce. I criteri diselezione dei piatti sono rigidi per quanto riguarda la temperatura, estremamente variabili negliaccostamenti.Ilcommensalehaunamostradivivandesullatavolainmodotaledavedereescegliereadistanzaravvicinata.

Aquestoquadroprogrammaticorispondonomenùeserviziorganizzatisecondogliusideivaripaesi,spessoimposti–è ilcasodellaSpagna–dallecastedominanti. Ilbanchetto«allaalemanna»viene servito in tavole rotonde conunoo più grandi piatti al centro e dei piattini intorno, i primicarichidipietanzeinbellavista,isecondidirincalzo.Neltondomaggioreriposanopettidivitello,pavoni e anatre, ovvero teste, piedini, cotiche di porco48. Contrariamente al rito italiano, la zuppainaugurailpasto.DomenicoRomolichiamainvece«convitoallaFrancese»unasequenzarigidacondoppiantipasti(dicredenzaecucina), lessi,arrostiofritti, torteefruttaseguitadaun«servitiosultapeto» di stuzzichini e zuccherini da piluccare o sgranocchiare. Per una tavola alla spagnolaoccorrevadisporretuttiipiattifreddisullatavola,quindioffrire«unascudelladibrodobuono,confettedipaneabbruscatodentro,colsuocoperchio,dandoneunaaciascuno»49. Ilpranzocontinuavaconarrostiesalumi.Esiste infineunservizioallavenezianaincui ipiattivengonorecati in tavolacoperti, per essere scoperchiati davanti agli ospiti, trinciati e serviti50. La natura degli ospiti, lecircostanze storico-politiche o semplicemente l’esigenza di variare potevano suggerire l’uno ol’altrostiled’imbandigione.

L’esigenzadiprogrammareunserviziononvienesolodalnumerodeipiattisistematisullatavolama dalla loro funzione cerimoniale. Nell’ipotesi che il signore voglia mangiar ritirato, con almassimo due o tre ospiti, si studia un menù idoneo. Fatte le debite proporzioni, è la cena delPontormosuscaladicorte,condueservizi(unodicucinaeunodicredenza)rispettosideivincolidietetici e rituali, del principiodi varietà (un fritto, un lesso, un arrosto), della tipologia dei piatti(antipasto, minestra, carni e contorno). Ce la documenta Cesare Evitascandalo (1609) in questitermini:

FichiAnimellefritteVitellaarosto(oalesso)PotaggiodivitellaSalsiccioneinfetteCavolicappucci.

Eperlacredenzatreoquattrocoseafinepasto:CacioParmegianoPereghiaccioleMandoleFinocchioTorta(sevorrà)51.

Nella realizzazione delle cene, il tema gastronomico aveva grande rilievo. Questo non è soloespressodallaregoladelmagroedellesuedeclinazioni(ilprimomagrodelleCenerieilpenultimodel Venerdì santo), ma dalla scelta di una derrata imbandita in tutte le maniere possibili. Cita ilRossetti pranzi di solo luccio (in36modi) odi anguille (31piatti diversi), ostriche, storione52. Sitrattadiesibizionivirtuosisticheavvaloratedaricettariricchi,chepermettevanodigiudicarel’abilitànelselezionarederratediognietàetaglia,neltrasformarleconlacottura,enelpresentarlediverseleunedallealtre.Leanguille«inbianco»,«inbrodetto»,«ingielo»,«incavoli»,pernoncitareche iprimiquattropiatticaldi,offrivanocolori,volumi,consistenzaassolutamentedistinti.Miglioramenti(capitoni),anguille,buratelli (murenidigiovani), interi, inrocchi, inpasticci, freschiediconserva

(salati, affumicati), permettevanodigiocare sul sapore e ladensitànutritiva.Lacenaa temaèunasfidacheilcuocolanciaoraccoglie,epermettedicomprendereilpiacereprocuratodallavariatiodei piatti e delle formule culinarie. Un’arte dei sapori dalle regole complesse, dagli effettisorprendenti,subentraaunacodificazioneprevedibiledellepietanze.Perunpranzoquaresimalenelmese di marzo, Bartolomeo Scappi gioca solo sullo storione, proponendolo in «due servitii diCredenza,etduediCucina,servitoàcinquepiatti»:intutto,17vivandediverse53.

Alla retorica verbale e sensoriale delle vivande ne corrisponde una gestuale. Chi serve e chiconsumasonoattorididiversogrado,inunarecitazioneconbeidiscorsi,sceneeattrezzi:anchelemanielagraziaconcuiafferranoilcibo,oloporgonoallabocca,entranonellospettacolo.FragliaddettihaunruoloparticolareiltrinciantecheesplicaunafunzionedispiccosinoalSeicento,viaviariassorbitada altri servitori, e infine, nell’Ottocento, dallo stessopadronedi una casaborghese.Ècolui che taglia, dal pane alla frutta, alle carni, al pesce, il cibo dei commensali, salandoloall’occorrenza.Conunritualemessoapuntonellecorti italiane, trincia ilvolatilearrostitoconuncoltello, sollevandolo in aria con una forchetta, quindi distribuisce le parti deposte in un tondo. Ilcommensalericeveilpezzoeloportaallabocca.Conqualestrumento?Siaconlemanicheconlaforchetta,ilcuiuso,notodatempo,sivadiffondendoneglianniincuiCerviopubblicailsuotrattatosull’arte di trinciare (1581)54. Il compito del trinciante è anzitutto ripartire il cibo, e lo fa con ilpottaggio di carne (in umido) «dividendo quello poco a poco sopra li tondi, ponendo per ciascuntondo uno poco del suo intingolo»55; ma la sua è una funzione distributiva solo in prima istanzaperchéegli,tagliandolo,scomponeiltuttoperricomporreunaporzione.Ilsuogesto,chesostituiscequellodelcommensale,recuperalaformadelcibonellasuadistruzione.

Il palcoscenico gastronomico non si limita a ospitare questi spettacoli. L’arredo della tavolapresupponearchitetture,emblemiefigurazioniantropoezoomorfedizuccheroodiburro,paesaggimontuosi e vulcani di pasta, fiori naturali e artificiali ovunque. È spesso questa la memoria piùdurevole del banchetto. Nelle feste preparate dai veneziani per accogliere Enrico III, reduce dallaPolonia, sono i lavori di zucchero a essere menzionati, tacendo il menù del pranzo. Intere flottearmate,bandieresgargianti,cavalli,leoni,tigrieunafolladipersonaggivenutiariverireilsovrano,testezuccherine«diPontifici,deRe,diCardinali,deDogi»56,sinoalnumerodi200,occupanoleduetavole.È l’ulteriore evoluzione oggettuale del cibo, offerto comedono-ricordo ai presenti.Non èsolo il poterepoliticodelprincipe su tutti i benidella terra a essere rappresentato a tavola con lozucchero,lapastaeilmarzapane,mailsuodominiosimbolicosullospazioterrestreesullastoria,suimitiesututtelecreature.

5.LasceltadelvinoAcquaevinihannoneilibridegliscalchiunrilievoparticolare.Ivinipossonoessereevocatidi

sfuggita oppure meritare un approfondimento, soprattutto da un punto di vista dietetico, ma nonfigurano,neimenù,abbinatiaiservizi.Eppureèloscalcostessochedisponel’ordinedellebevandeelotrasmettealbottigliereeaisuoiministri,icoppieri.Qualisonolecompetenzeeirequisitidiunbuonbottigliere?Anzituttogli«ènecessariodihavergusto,sapore&odore»accompagnando talesensibilità con un viso «allegro e rubicondo»57. È incaricato di preparare l’acqua, aromatizzata,zuccherata, fresca,di scegliere iviniper lamensaedi serbarlialla temperatura idonea.Durante ilbanchetto,occupaunangolodellasalaovefanmostra«isuoibicchieretti,&caraffinepoliteealtrivasidicristalloediargento»,unangolodacuitienelontanigliestranei.Travasailliquidoprimadiriversarloalcoppiereeprocedeagliassaggi,ovvero,interminicinque-seicenteschi,«nondaràmaiilberepe’lpadronesenzafarprimalacredenzadelvino,dell’acqua»58.Èunacerimonia,nonprivadiimplicazioniesottintesi(«liprincipi lasoglionofare[…]per ilsospettochehannodelveleno»)59,che riguarda tutti i cibi solidi e liquidi, senza distinzione. Nel caso specifico, risponde anche alproposito di accertare la qualità dello stesso, peraltro periodicamente verificata dalCanevaro chenellecantinedà«unsaggioatuttilibariliadunoaduno»60.Ilvinopassaquindidaun«vasodivetro»aunacoppa,manonènecessariamenteprontoperilservizio,perchéilbottiglierepuòaggiungerviacqua in diversamisura per renderlo dissetante oppure per temperarne la forza. Comunicatone ilnomeperchévengaripetutoall’orecchiodelcommensale,licenziailcoppiere.

Fattosalvoilgustopersonaledelpadrone,esistonoabbinamenticheilRomolicosìcodifica:«Ilprimo, essendovi meloni o insalata sarà vin Greco, o Salerno bianco, l’invernata malvagia,moscatelloovernaciainsugliantipasti,eallessi,vinibianchiepiccolini,insugliarrosti,vinirossie mordenti, nei frutti Ippocrasso, Magnaguerra o Salerno rosso e dolce»61. Volendo limitarsi adassaggi libreschi, ilBacci ci fornisce l’identitàdi tutti,dalSalerno («riccodiprofumo,dal colorelimpidissimo,tra ilsostanziosoeleggierodicostituzione,chelasciasulla linguaunsaporevinosopiuttostochedolce»)alMangiaguerra(«Ilvinoquandosispremedaquesteuveènerissimo[...]neisuoivaritipisiriscontraunaampiezzadigradazioniedèpiùomenograssoasecondachesonopiùo meno grassi i terreni e le uve»)62. Alcuni di essi erano già stati descritti da Sante Lancerio,bottigliere di Paolo III Farnese, in una famosa memoria: ben sei vini di Greco con relativalocalizzazione, trevarietàdiMalvasia importatadallaSchiavoniaedaCandia,e ilMoscatello («dicoloredorato[…]maamabile»)dipiùprovince63.DomenicoRomoliinterpretailruolodelloscalcoesi limitaa indicareunatipologiacheilbottigliereapprofondisceselezionandoognisingolovinonellacantina.

Comeun recente contributo diAllenGrieco ha insegnato, l’analisi degli abbinamenti non puòprescinderedaconsiderazionidietetiche64.Masiosserviche la logicagalenica (fondamentalmente,una logica per contrari) opera su principi diametralmente opposti all’uso odierno, che tende adabbinarecibievini interminidiaffinità(ildelicatocoldelicato, ilfortecolforte)piuttostochediopposizione.«Ilvinodeveesserepiùforteconilpescecheconlacarne»,scriveMainode’Maineri,ilmedicomilanesedelTrecentodicuiabbiamogiàfattocenno.PerciòilpranzodiRomoliiniziaconibianchiamabiliomoderatamentedolciperilmeloneel’insalata,duealimentifreddi,prosegueconaltridolci(malvasia)ecaldi(moscatello)perilessi,continuaconvini«piccoli»efreddidestinatiacompensare la natura degli arrosti, per finire con dei rossi decisamente dolci e potenti se nonaddiritturaconl’Ippocrasso,misturadivino,miele,aromi.Questiultimi,cheaccompagnanoifrutti,

eranoconsideratidalLancerio«lussuriosi».Icolorisonoprimadorati,poipiùchiari,quindirossieinfinescuri. Il regnodiNapolinefornisce lamaggiorparte:Greco,MangiaguerraeSalerno.Nonsarà superfluo ricordarecheècon ilbeneplacitodelpapaPaolo III cheLasingolardottrina vienestampata.

Citandofonticomequeste,nonsiintendesuggerirechelasceltadiunvinoperogniservizio,conattenzioneall’abbinamento,caratterizzi il solobanchettocuriale.Nell’accogliereunospite inatteso,«ilpadredifamiglia»,unsignorecheviveritiratoinunavillafraNovaraeVercelli,sceglieun«vinbiancoassaigeneroso»conmeloniperantipasto,mentreserveun«chiarettomoltodelicato»conlacacciagione,caprioloarrostoecinghialein«brodolardiero»,eduepaiadipiccioni,metàlessimetàarrostiti.Mentremeloniecarnisonodellesueterre,ivinipossonoveniredaaltrove.Ilsuoospite,TorquatoTasso, lo ascolta con piacere divagare non solo sui vini d’Omero,ma su quelli che dalLevantearrivanoaVenezia,suibianchidelRenoeilGrecodiNapoli65.

L’abbinamento si estende alla preparazione dei piatti e delle bevande.Di vino è intrisa tutta lacucinaegli fannoconcorrenza lasapa, l’agrestoe l’aceto,altri sottoprodottidell’uva.BartolomeoScappiraccomandaacquaevinoperlessareprosciutti,salsiccionidimaiale,linguedibue.Lesalseinparticolareloprescrivono:bensedicidelletrentaduecitatenelsecondolibrodell’Opera,quattrocon Malvasia, due con vino Greco. Il suo uso è molteplice, per diluire, stemperare, bagnare,ammorbidire,aromatizzare,darcorpoecolore,esigendounaconoscenzaanaliticaanchedapartedelcuoco:«IlgrecodiSomma,eilgrecod’Ischia,similmenteilchiarelloeilromanescochiaro,sonoimigliori vini de li altri per far il gelo, così anco per impastar le paste, per friggere in giorno dimagro.Ilmagnaguerra,lalagrima,&ilvinFranzesesonoassaibuoniperfarsalzareale»66.Lasuafunzionediliquoreammorbidentecheprofumanonsiesauriscenellecucine;agli inizidelpranzo,agli ospiti viene proposto di inzuppare i biscotti pisani nei bicchieri di Malvasia, e i biscottiniromaneschinelTrebbiano67.

Aldilàdelpasto,ilvinoèpresenteinognimomentodellagiornata,alrisveglioenellefatichedelviaggio,servendoallasete,all’igiene,allacuradeimali.Perspiritodieconomiaeperaverunabibitafresca,l’acquaticciooacquetta,ottenutabagnando levinacce, fornisceunottimosuccedaneorinfrescante, disponibile bianco, rosso, cotto o insaporito, sino all’estate che segue la vendemmia,adattoper il suoprezzo anche alla servitù68. Sapermisurare e servire fresca l’acqua è un’arte cheognibottigliereesercitaconperizia,ancheseilverosegretodelsuomestierenonstaneidosaggi,nelle misture o nell’assaggio, ma nella conoscenza approfondita dei gusti del suo signore. SoloseguendounamantedeivinicomePaoloIIIsipuòmisurarel’impegnoquotidianodiSanteLancerioche gli serve Malvasia ora per inzuppare biscotti, ora «per nutrimento del corpo», ora per deigargarismi69.

Malgradoquesteattestazioni, lapresenzadelvinonei libridicucinacinque-seicenteschiappareimplicita,figurandonellericettecomeunodiquegliingredienticheevaporanoallacottura,etacita,inparticolarenellelistedeibanchetti,emalsuffragalaconstatazionechel’uvaeisuoiprodottisianofra le principali basi per costruire i sapori. L’effetto della bottiglieria principesca e curiale restatuttaviavistososecomparatoaiconsumideisemplicicittadinicomeilPontormo,cheacquistaibarilielifaveniredaRaddainChiantiedaCalenzano,chedista15chilometridaFirenze.Duetipidivinoconvivonopersecolinellostessocontestocittadino:quelloquotidiano,attintoallazonaviticolapiùvicina,equelloimportatodalontano,connomidipaesisconosciuticheilcommerciooffreairicchi.Talebinomiorestaoperanteintuttalatradizionegastronomicasinoeoltrel’unitàd’Italia.

Selamenzionedeiviniappareneimenùstampatisucartoncinoesimanifestainmodocostantenellasecondametàdell’Ottocento,con ilprecisosignificatodisegnalareunabbinamentoconuno,

dueotrepiatti,questocostumerestaconfinatonellecasearistocraticheenellefamiglieregnanti.Lasceltadellebottiglievariaper ragionidigusto,dimodaedimercato,conuna tendenzaa imporreprodottinazionali.Nellacortesabauda,primadell’unità,leostrichesonoaccompagnatedavermouthodavini secchieamari,Xerès,MaderaoMarsala; i filettidibuedaiBordeauxe le fruttadavinidolci e fini, Frontignan e Tokai. Su quaranta vini e spiriti abbinati dal Vialardi, fra i pochi adaffrontareilproblema,solosettesonoitaliani70.Nellacorted’ItaliasicominciaconleostricheeunCapri bianco, segue un Gattinara o un Barolo con le entrées di carne, conclude il Moscato: laviticultura nazionale vi è ben rappresentata. Tracce della dietetica antica sopravvivononell’indicazionedeivinicaldieliquorosiperleostriche,edolciperifrutti.Lanovitànellaculturaenologica moderna è la presenza dello champagne brut o dello spumante – al posto dei bianchipiccoli–congliarrosti.Alcunidiquestiaccostamenti trovanoeco,alprincipiodel secolo, inunaristorazionealberghierachevalorizza lepropriebottiglieallastessastreguadeicibi,offrendounacantina,unsommeliereunalistadaconsultaredopoilmenù.Alberghieristorantisonoglieredidellepiccolecorti.

Iricettaricontinuanoaignorareuncompartoalimentarechesfuggeallaresponsabilitàdelcuoco.Gliautoriapprezzati,GiovanniNelliePellegrinoArtusi,purinsegnandoduecucinediverse, l’unofrancese, l’altro toscana, esprimono una medesima indifferenza alle bevande. Chi affronta ilproblema, come il dottor Agnetti nellaCucina nazionale, non lo fa pensando alla tavola («dopol’antipasto si mesce il vino bianco secco, e al dessert, spumante dolce. Per tutto il resto, libertàcompleta, purché il vino sia assolutamente buono»)71, ma alla gestione della cantina eall’invecchiamento.Lebotti,lemalattiedelvino,l’imbottigliamentoepersinoilturacciolooccupanopiù spazio che il servizio e soprattutto la selezione delle bottiglie. Dei gastronomi italiani, se neoccupanodipreferenzacoloroche trattanodell’ospitalità,come ilRajberti (1850),chedistingue ilvino da tavola da quello eccezionale, quest’ultimo un Bordeaux, «principe dei vini seri» e lochampagne«principedei vini buffi»72. In un clima di riscoperta delle risorse autoctone, i vini deimaggioriStatidellapenisolavengonorivalutaticonparticolareattenzione(dapartediunmonzese)alla Lombardia, al Piemonte, alla Toscana, al Napoletano e alla Sicilia. È una rivendicazionetipicamente borghese, in ordine di importanza: del proprio territorio, della futura patria e delmercato internazionale. A far le spese sono i vini liquorosi stranieri (Alicante, Madera, Malaga,Cipro)afavorediquellidolci,moscatiepassiti,checontinuanoaessereabbinatiall’ultimoserviziodigelateriaepasticceria.Simantieneinalterata,malgradoilsuocosto,lafortunadellochampagne.Eppure,andandoacuriosarefrascaffalifrancesieitaliani,mancanellamediaborghesiadiunacittàriccacomeMilanounaculturaconsolidatacapacediesprimersiconsceltesicure.IlvinodiRajbertiresta molto simile a quello consumato dal Pontormo, essenzialmente da pasto o da tavola; lebottiglie, invece, si degustano nelle occasioni, alla fine del pranzo quando vannomanifestandosi isintomi della sazietà e di una generale euforia. Non c’è dunque nel 1850 abbinamento, semmaiconsumo uniforme sotto il profilo della qualità, a fronte di un commercio fiorente di vini fini,esclusivamenteurbano,perunaclientelaristretta.

6.La«riduzione»borgheseTerminologia,computoeordinedellepietanzevarianodaunricettarioall’altro,nonlastruttura

del pranzo che vede la tavola simultaneamente coperta di piatti e piattelli più volte e in numeroproporzionale agli invitati. Questo costume perdura ininterrotto, nelle dimore ecclesiastiche eprincipesche,sinoalLatini(1692)cheoperainunacorteibero-partenopea.Conl’influenzafrancese,subentraalgrandeservizioun’articolazionepiùcomplessae tipologica.LaminutadiunacenadelmesedimaggioèsuddivisadaVincenzoCorrado(1778)indueimbandigioni:laprimacomprende4zuppe, 4 terine, 8hors d’oeuvre,8 entrées rotonde e 8 piccole e 4 relever (il relevé subentra alleentréescomepiattodirinforzo);lasecondaallinea4rifreddi,4arrosti,8entremetsquadrati,8nelleschifette (navicelle) e 8 rotondi. La somma di 68 vivandemostra che il cambiamento di stile noncomportaunasensibileriduzionedeipiattimaunnuovoequilibriotrafreddoecaldo–sicominciaconquest’ultimo–e l’introduzionedialcuneclausoledestinateadiventare regole:zuppaalprimoposto e (crema al) caffè all’ultimo. Particolarmente importanti i piattini saporiti e creativi, glientremets o tramessi, ben 16 di pesce e 8 dolci73. L’equilibrio fra appetito, scelta libera e sceltaobbligatasimodificaafavorediunasequenzascanditainmodosemprepiùrigido.Nelservizioallafrancesevisonolepremessediquelloallarussa.

Intorno alla metà dell’Ottocento, nelle tavole eleganti, si manifesta il passaggio a un tipo dipranzo in cui tutti i piatti vengonopresentati a ogni singoloospite inuna successioneprestabilita,modalitàtuttoravigente.Nelnuovosistemailcommensalesitrovadifronteaunasceltacoatta,conlafacoltà,ristrettadalleregoledibuonacreanza,dirifiutareeventualmenteuntramessoouncontorno.Mentre nella tavola rinascimentale poteva chiedere di gustare uno dei piatti disposti sul tavolo,attingere direttamente a quello più vicino e rinunciare a uno caldo servito espressamente,nell’Ottocentol’anfitrionedecideperséeperglialtri.Alristoranteavvieneilcontrario,omeglio,l’ordinazioneavendoprecedutoilconsumo,ogniclienteèanfitrionedisestesso.Nelnuovoservizio,dettoallarussa,perdepesol’offertasimultaneaeostentatoriadivivande,vienemessainevidenzalaprogressione, l’ordine gerarchico. Si mangia di meno? È opinione diffusa. «Da molto tempo –afferma Alberto Cougnet – i nostri stomachi si sono ribellati alle abitudini pantagrueliche degliantichi»74. Si mangia soprattutto in modo diverso: il servizio, il tempo di consumo, lo spazioassegnatoalcommensalesonoscanditiinunitàrappresentatedallasingolaportata.Questononvietalemode: ilpostodelle insalate,per i francesi insiemeall’arrosto,pergli italianiprimadi esso; ilserviziodiunsorbettogelatoametàpranzo,imperativonelprimoOttocento,consideratoineleganteverso la fine del secolo; l’offerta dei formaggi caldi al posto di quelli «naturali». Nonmancanomerendeebuffetdiballoincuièdinuovoconcessaunatemperataanarchia:ilconsumatodoppio intazzavi èd’obbligomentreadiscrezione sono«i sanduicci assortiti,gli sfogliatini all’acciugae ipaniniallarussa»(farcitidiinsalatarussa)75.

Neiricettarichenonprendonoamodelloesclusivoilbanchettodicorte,harilievoilpranzodelladomenica. La riduzione borghese delle vivande vi appare evidente e segna un progressivoadeguamentodelciboservitoaquelloeffettivamentegustatooconsumato.Nonè tanto il tramontodell’aristocraziaafalcidiare ilbanchettoquantoildiversoruolodelpiattosulla tavola,unbilanciosistematicodelnecessarioedelsuperfluoeunacrescenteintolleranzaneiconfrontidellecerimonie.Ogniclassesocialerivendicailprimatodelleproprieregoleecresceildisagioacenarefuoricampoinposizioneufficialeoufficiosa,subordinataodiriguardo.Lostuolodeidomesticinonmediapiùilrapportofra ilprincipee ilpopolo,epersinoilserviziofattodalpadronedicasasuonacomeuna

violenza:doverriprenderedellostessociboperpuracortesia,rivendicareconlosguardomestounapiùcongruaporzione,esitarearespingereunaderratacheincomodasonoalcunedelleschiavitùcheinuovigastronomistigmatizzano.

Sièforsesopravvalutatoilpassaggiodalservizioallafranceseaquelloallarussa,portatadopoportata.Essoriguardainfattil’amministrazionecerimonialedelcibo,dapartediquellaaristocraziaediquellafinanzacheeranoleeredidelprincipe.Fuoridallespecificheoccasioniedall’etichettadicorte, anche per i più fortunati valeva il principio del pasto congruo e largo, senza sperperi.GiàIppolitoCavalcanti,uomochenonnascondeva ilproprio titoloducale,suggeriscenel1847minutebendiversedaquellediCorrado:«1,Zuppadigamberi.2,Calamarettiinbignè(Hors-d’oeuvre).3,Storioneall’Italiana(Entrée).4,Antremédicannolicchi.5,Arrostodispinole.6,Pasticcettifarsitidiangine [molluschi] al rum»76. Dessert e frutta non sono compresi. Le otto portate della sua cenanapoletana per la vigilia diNatale possono considerarsi un’offerta ragguardevole che simantienestabilmentesinoall’Artusieoltre,nellecaseborghesi,nobilienellaristorazione.

Fra la tavola festiva e quella ordinaria i rapporti sono stretti. La ripartizione delle derrate suidiversi giorni della settimana e il riuso dei cibi non consumati, arte dell’avanzo che permette dirimasticareiricordidiunacenanelcorsodiquellasuccessiva,raccordanoipasticosìcomelevocidegliacquistisonocoordinatedaununicobilancio.Quidnovi?Nihilnovi,sesiricordalamezzatestadicaprettoilmartedìel’altramezzailmercoledì,annotatedalPontormo.Laborghesiaricodificauncostumeantico,loadeguaalmercatourbano,gliinfondeiproprivalorinazionali,liberali,politici.Mentre la ricettadetta ilmodoper faredell’economiaun’arte, dalmenùedall’organizzazionedelpranzovieneuninsegnamentosocialechetendeariunirefunzionenutritivaerappresentativa.Certoricevere richiede stile,ma significa anche imporre il proprio stile.Donde il fatto che il borghesemangiaquietoacasapropria,emenotranquilloinpresenzad’altri.Carenteoeccessiva,laporzioneofferta all’ospite stenta sempre a trovare la suamisura.Ma qual è lamisura? Fisiologia e igieneristudiano la curva del ventre proiettandone i bisogni sul corpo sociale, adeguando il gusto albisognoealguadagno.Ilpranzodiquattroportatenonsiaddicesoloallostomacodebolemaallavita sedentaria, non solo alla borsa oculata ma a una rendita che assomiglia a un vitalizio. Laborghesiaurbanaprogrammaogniaspettodellamensacondeivaloripropri,liberandoladall’ereditàcostituita dai privilegi e daimiti che segnano profondamente la storia della gastronomia: la cenacristiana,iltriclinioromano,lafestarinascimentale,lafolliaparigina.

Lesuperstizioni,dicuièpienalastoriadelgusto,nonsonocertosvanite,evengonoaccolteconrassegnazione.TraFranciae Italia, tuttaunapubblicisticaaneddoticanon facheevocare il famosoproblemadelnumerodegliinvitati,opinabilefinchesivuole,eccettoquandocorrispondeatredici.Perchédodicioquattordicisìetredicino?IlRajbertiadducelasuacasistica,contaericontairischieimorti77.Non losfiora il ricordodell’ultimacena incui il tredicesimopersonaggioèo lavittimasacrificaleoilGiuda.Lasuaèunatavolalaica,senzabenedicitealmomentodisedersiesenzaDeogratiasallafine,incuisiparladeglieccessiedeidecessimaperscherzo,fingendodinoncrederci.Ildistaccoconcui iborghesicommentano icerimonialiderivadalla loroautonomia, lastessache lirende intollerantidelpranzoaristocraticoedelle sue livree,deivinidalle etichettemenzognere (esoprattutto dal prezzo esoso), degli abiti di gala e dei prodotti esotici che ricordano comenell’eccesso e nella dismisura vengano falsificati i valori. «Aristocratico» come «popolare» sonovalorinegativiseattribuitialpranzo,ilprimoperchéevocaunaschiavitùdelleforme,ilsecondoinquantocorrispondeaunafintalibertàincui«simangiaesimangia»esiperdeilgustomoltoprimadistaccarsidaltavolo.

Aunmodellogastronomicounico,curialeoprincipesco,nesonosubentratimolteplicieminori.

Ogniborghesedetta leggeallapropria tavola,adattandolaalsuocenso,alsuolavoro,allapropriafamiglia;dipendesempremenodaunaservitùqualificataeinmisuracrescentedallagestionepropriao dellamoglie. Conferisce ai piatti della città o dello Stato in cui vive un valore particolare, purriconoscendo, da lombardo, piemontese o padano nella minestra, nel manzo bollito e nel vinoquotidianolacomuneaspirazionedituttiipossidenti.Ficcal’igieneincimaalgusto,fadellacucinaunascienza,cioèmettetuttalasuaculturaadisposizionedelproprioventre.Creauntipodipastochelegittimalacucinapoveraingentilendolaecastigaquellafrancesepiegandolaalgustoprovincialeeitaliano.

7.Lamortedell’antipastoelaresurrezionedelformaggioIl dibattito sulla cucina popolare, borghese e aristocratica incide sulle strutture del pasto

modificandole profondamente.Molti piatti si spostano da un servizio al successivo, ad altri vieneassegnato un nuovo ruolo. Dalla seconda metà dell’Ottocento l’ordine delle minute viene turbatolasciandoidubbi irrisolti. Ilpostodellaminestraequellodel formaggio, il ruolodell’entremetsotramesso, l’inserimento del ponce prima degli arrosti sono altrettanti problemi che il borgheseereditadalletavoleraffinate.Lideverisolvereinserendoliinunoschemache,ingergodatrattoria,siriassumenellaformula:primo,secondoe terzo.Esisteunadifferenzatuttaviafra leperplessitàchesuscitailponcegelatoallaromana,unararitàservitaprimadegliarrosti,eladifficiledefinizionedeltramessoservitoorafrailbollitoel’umido,orafraumidoearrosto,diraccordoodisostegnoedivarianaturacomeglignocchidisemolino,isoufflés,glisformati,lostessozamponeolasalamadasugodiFerrara.L’insalatacruda,cheaprivailpranzo,finisceoraperaccompagnaregliarrosti.Altracosaèilformaggio.Deveavereunservizioproprio?Oppurevaconlafruttadopoildolce?Oforsenon deve precedere entrambi? Non sono scelte di poco conto. Finire con il formaggio vuol diresturareviniseri,vecchi,chenonsiaddiconocertoalla frutta.Lariduzioneborghesedellevivandelascianell’incertezza lefasi finalidelpranzoche lesignore,adifferenzadeimariti, interpretanoatutto favore del dolce e degli zuccherini.E infine c’è il caffè: va preso bollente,ma a tavola o insalotto?

Fratantequestionidiforma,quelladell’antipastoèsostanziale.Èilsoloserviziochericordi,perlamolteplicitàdellevivandeofferte,latavolaaristocratica,elasuaevoluzionenelpranzoborghesecontinuaaesserelegataalrisvegliodell’appetitoeall’assettodieteticodelmenù.Lasuafortunanellefestepiccolo-borghesi, nelle trattorie enei ristoranti, e il suodeclinonella tavola fine lo rendonoancora più enigmatico, tanto più che si rinnova nei suoi contenuti senza cambiaremai totalmente.Comemaiunmododicombinareglialimentitantoliberocadeindisgraziainunaciviltàdellatavolasempremenocerimoniosa?

Daunpuntodivistastorico,losiconsideraatortounhorsd’oeuvre.Iltermineantipastoapparenel Cinquecento eDomenico Romoli lo usa nel sensomoderno di primo servizio; hors d’oeuvreinveceèimpiegatonel1691aParigidaMassialot,unpluraleperindicaredeipiatti,fondidicarciofoopiedinidiporco,dirincalzoalprimooalsecondoservizio,sortadientremetschepotevanoancheseguiregliarrosti.Etimologicamente,comeillustrailPanzini,sel’operaerailpranzofuorid’operasi collocavano le preparazioni accessorie, marginali. Il cuoco piemontese del 1766 lo intende inquestosenso,citandocomehorsd’oeuvredueminestredisostegno,manelimitalapresenzaalsoloprimoservizio.Ènelsecoloseguentecheantipastoehorsd’oeuvrediventanosinonimi.

Romoli ne evidenziava la funzione aperitiva con formaggi freschi e insalate, con capperi efrittelline chepungevano l’appetito senza saziare.Era un servizio freddo all’origine e assai vario,nonprivodiunasuaprogressione,terminando(emaiiniziando)concarniopesci.Conlariformafrancese,lazuppa,diluente,rinfrescante,prendelatestadelbanchettoeglihorsd’oeuvre,pasticcetti,verdure farcite, fritturine, tutti ridotti a bocconi, la seguono, in alternanza alle terrine di lepre, aifegatelli.Èilmomentoperpiluccare,divertirsioraportandoallaboccaunbignèorainfilzandounazucchettina, senza pensar troppo all’appetito che è già sveglio anche se si trastulla. Quanto duraquesta anarchia creativa? È difficile precisarlo perché, nella stessa cucina aristocratica, gli horsd’oeuvre assumono una fisionomia sempremeno capricciosa. Alla corte sabauda prima dell’unitàtroviamo,conilburroinriccioli,salumiemeloni,sardineetonnoall’olio,ravanellieolive,funghi

all’aceto e ovviamente caviale78. La trasformazione da servizio di cucina freddo a gran piatto diconserve si è consumata; resta la finalità di stuzzicare l’appetito mediante i sapori semplici deiconservanti,aceto,olioesale,eleverdurecrudeoconce.Inquestaaccezionel’antipasto,cheprecedaosegualaminestra,restacibodabottega,edaipiùavvertitivieneammannitocomeilriempitivodausarenellefasimortedelpranzo.Prenderloallalettera,servendo«ilsolitosalamedituttiicoloriedituttelespezie»,facendolomagariseguiredaaltrisalamicotti,significastroncaregliappetiti.Diquiaconsiderarel’antipastotuttodimaiale,comeilpopololoama,uncostumevolgare,ilpassoèbreve79.

Rajbertièformale:ilsalamenonècucina.Artusi,dopoaveroptatoperl’usotoscanodiposporliallaminestra,preferisceaipiattid’antipastoiltermineprincipiiesuggeriscedeicrostini,cioèdelletartine.Fradiesseinserisceancheisandwichdiprosciuttocottograssoodi lingua.Buonidopolaminestraoinaccompagnamentoaunatazzaditè,hannounafunzionepiùocclusivacheaperitiva,enonricompaiononeimenù,dove,invece,icrostinidicavialeeditartufiservonoamettereinbuonaluce l’anfitrione con prodotti costosi in piccolissima quantità. Questi giudizi, questi sotterfugirivelanocheilproblemadiadescareilcommensale,tenersveglioilsuoappetitosenzastancarlo,esenza ricadere in una sequenza plebea di bocconi salati, aciduli e freddi, è ampiamente condivisosenzatrovarsoluzione.L’antipastopopolareitalianofuroreggianeglianniTrentaeppurel’élitedelgusto,chefs, gastronomi e cuoche lo ripudiano. Il ristorante di lussodi scuola francese preferiscesostituirloconunserviziodiostriche,caviale, foiegras,oconstuzzichinicaldi, crocchette,bignè,croste e fonduta. E le padrone di casa?Non volendo sobbarcarsi una pasticceria salata difficile einutile, vi rinunciano.Un ricettariomilanese, Il Quattrova illustrato, titola uno dei primi capitoli:Dettatocontrogliantipastiinfavordelleminestre.«L’ideadimettersiconappetitoatavoladifronteaquell’allettante e velenosa miscellanea di piatti freddi – che si chiama antipasto – è una cosaassolutamentebarbarasotto tutti ipuntidivista».«Saporosoepiccante» rovina ilpalato, rendendosciapoilseguito;indigestoetrafficatorisultapesante,indigeribile80.Dirincalzo,AdaBoni,modellodellesignoreromaneperbene,ribadisce:«Ilpranzopuòvenireiniziatoconunantipasto,perquantomolto si siadiscusso sulla suaopportunità. Infatti gli antipasti essendoper lopiù composti di cibipiccanti alteranomomentaneamente la sensibilità del palato»81. Il tentativo, sull’onda della culturavitaminica,di rilanciareverdurecrudee insalateall’inizioavràun successo limitatoai suoi effettidimagranti. Nel 1950, il paradosso di un servizio eccessivo e inutile si ripropone, in terminicondizionati da dieci anni di privazioni: «Molti sono i buongustai contrari agli antipasti che, cosìappetitosi e vari come sono, pregiudicano spesso il successo delle altre pietanze, dato che perassaggiarlituttisifiniscecolnonaverpiùappetito»82.

Ladecadenzadell’antipasto freddosegna la finediuncerimonialechecominciaconservizidivivandediversesimultaneamentedispostesulla tavola,equelladiunadieteticachepone ilcorpoafondamento dell’ordine delle imbandigioni, risvegliandone e stimolandone con gli alimentil’appetito. Il popolo resta erede della cultura del salame e del sottaceto, delle alici all’olio e deipeperoni,conmoltopane,chetraduceunasuaconquistatardiva,noncontestata.Glifaecoilgrandealbergo,perragionidieconomia.Nelprocessodisemplificazionedelpranzo,quelladell’antipastoèunavicendaanomala:leavanguardiegastronomicheloabbandonanoperrecuperarealtriservizi,fracui quello dei formaggi che IlQuattrovacolloca in «quelmomento di sosta che precede lemollivoluttà dei dolci e che segue il soddisfatto benessere dell’appetito placato»83. I formaggi sonoprodottigrassiesalatidibottegache richiedono lostessopaneevinodeisalumi,e,dissociandosidallafrutta,siincuneanosemprepiùprofondamentefralecarnieildessert.

Lalorostoriaècuriosa.Erano,comeabbiamovisto,uncibodavillani,centellinatodamedicie

cuochi84, abbinato con la frutta se vecchio, condito con zucchero se fresco. Per secoli vengonoconsiderati,nellecucine,ingredientipiùcheprodottididirettoconsumodaesporretaliequalisullatavola, o meglio vi arrivava il parmigiano in fettucce e i marzolini spaccati, in mezzo ai frutti,secondo criteri compositivi da natura morta. Gli elogi che il formaggio raccoglie nel primoCinquecentovengonodaletteratiamantidelparadossoedasignorichebenconoscevanolaricchezzadeipascoliedellemandrie,comeErcoleBentivogliobologneseeGiulioLandicontepiacentino85.Quandol’antipastodisalumicomincialasuadecadenza,ilformaggiovienerecuperatodallatavolafine, con la cauzione della gastronomia francese, in un posto a sé stante. Questo può situarsiall’inizio:nelsecondoOttocento,èusonellemensesignoriliservire,calde,alprincipio,provoleincarrozza,gallettecolgorgonzola,echizzereggianeriformulateconnomifrancesi86.Masemprepiùèdopogliarrosti.

Ilserviziomodernodeiformagginasceconilrisvegliodiuninteresseperiprodottiartigianali,locali, e per quelli industriali storicamente affermati, con una crescente attenzione ai vini. IlQuattrova illustrato, tra iprimi libridi ricettea lanciare lamoda,proponenonsoloparmigianoegorgonzolamaanchelamozzarella.Sonolesignore,lepadronedicasacheliberanoilformaggiodall’ostracismo, ingentilendone il servizio,proteggendoneconunacampanadivetroglieffluvi. Inquestaprimafase,laformaoiltagliosonoraramenteespostiintavola,lacrostacontinuaadappariremolto sconveniente e il prodotto viene condito (mozzarella con fettine di tartufo), imburrato(gorgonzola), per non dir cotto. Si tratta di una presentazione che prefigura l’esistenza di un’areaautonomadisaporicaseari,disgiuntadall’ideadiripugnanza,dilordume.L’accettazionedellacrostanaturalesegneràilgrandepasso,dauninteressenonscevrodadiffidenzaaunamoresincero.Conilsuperamentodell’odoretalorapungentetalorafetido,cadeancheiltabùdellemuffe,delleocchiature,dellegradazionidigiallo,dellemacchiedaicoloristrani,consideraticomeilblupococommestibili,eilserviziodialmenodueformaggi,unopiccante,l’altrodolceecremoso,siimpone87.Negliultimicinquant’anni la finedel pastoviene rimodellata, inserendoquestoprodotto antico,misconosciuto.Nellaristorazioneessoprendeaddiritturailpostodellafruttafresca,primadeidolci.

8.IlpiattounicoMorte dell’antipasto, resurrezione del formaggio: l’articolazione del pranzo contemporaneo

apparesempremenovincolataallaprogressionedeiserviziodelleportate,epiùliberanellascelta,consentendodi limitarsiaunprimoeaundolce,ovveroalpiattodipesceeal formaggio.Questaautonomiacheilgustosiarrogarispettoalcerimoniale,soprattuttoalristorante,porta,nellecase,apreferirelariunionedidiversipiattiinuno,inparticolareinquelleoccasioni,diconvivialeamicalitàodisolitariadegustazione, incui lasceltadelciboe lasemplificazionedelserviziovannodiparipasso.

Diunsolopiattopercenaovverodipiattounicosiparlaaglialboridellaciviltàgastronomicaitalianaeoggigiornoindueaccezionidiverse:nelprimocasoèunasceltaliberaoforzosa,impostadall’ambiente, dalle circostanze o dalla disponibilità; nel secondo corrisponde a unaprogrammazione di tutto il pasto in una sola portata. In Francia e in Italia, i dizionari registranoquest’ultimosensoneiprimianniOttanta,perindicareunavivandasostanziosaefaciledapreparare,ovvero il contrario, molto ricca e apprezzata in una cena fra amici. Per la sua stessa natura, ilricettario non lo recepisce nemmeno nei tempi di razionamento, benché in Germania, durante lasecondaguerramondiale, ne sia stato imposto l’usopatriottico, unavolta almese, nei ristoranti enellecase,nellaformadiuneintopfodiunazuppadipiselliespeck(erbsensuppemitspeck).Ilpiattounico ha tuttavia attestazioni anteriori non solo nei paesi tedeschi: associazioni filantropiche ecaritatevolieautoritàpubblichesisonosemprestudiatediimmaginareuncibonutriente,assuntoinun’unica scodella, atto a sostentare l’individuo. Le minestre calde di Rumford, di pane, orzo elegumi88,appartengonoaquestomedesimoambitodipianificazionedietetica,economicaesociale.Le polente contadine dell’Italia settentrionale dimostrano invece come un sistema nutritivo disussistenzasiafondatosuunabasecaloricacheintegraqualsiasicondimento.Ilpiattounicoricevedunque la sua prima formulazione in tutte quelle collettività chiuse o aperte, coatte o libere in cuivieneimpostounregimechedevegarantireilminimovitaleaunminimocosto.

Riunendoingredientidiversi,contempidicotturapropri,econdimenti,ilpiattounicononfachecondensareilpastoinun’unicaporzione,laddoveconglistessiprodotti,nellemedesimequantitàèpossibileimmaginarepiùvivande.Nellaminestrapuòesserecontenutaunadosedipastaoriso,uncontornodiverdure lesse,unpezzettinodi carneedeigrassi. Ilprimo ricettario italianoa trattarel’argomento è quello di Savina Roggero, Piatto unico all’italiana (1977). Quali sono, secondol’autrice,isuoivantaggi?Riunireilprimoeilsecondo,programmarequalsiasiinvitoall’insegnadiuna gastronomia modulare che aumenta le dosi in funzione dei commensali, e risparmiare unservizio89.Diparticolare rilievo il fatto cheprevalgono le formule tradizionali, regionali (baccalàconpolenta,panissa)echelasceltadellericettevieneestesaapiattiesotici,europei(quichelorraine,goulashcongnocchetti)edextraeuropei(dalnasigorengindonesianoalchiliconcarne).Piattounicoèdunqueuna formulacheveicolaunpatrimonio italiano, facendoloevolvereversounmodellodiincrociediscambigustativi,diprestitidaaltripaesi,diproposteadaltripaesi.Laformula,trovandoaccoglienza vivace nella pubblicistica, desta l’interesse dei nutrizionisti alla ricerca di cibicomponibiliedequilibrati.Esempitipicidivivande«capacidiforniredasolil’apportonutritivodelconsuetoprimoesecondo»sono«lapastaconfagioli;lospezzatinoconlepatate,lepastasciutteconcondimenti di carni e formaggi; i minestroni con formaggio grattugiato; la pizza ecc.»90.Riconosciamoinquestinontantogliesitidelladietamediterranea,comevorrebberoicuratoridellaguidaMangiaremeglioperviveremeglio,quantoalcunideglialimenticottichemegliorappresentano

oggi,all’estero,lacucinaitaliana,eccettuatoforselospezzatinoconlepatate.Iricettariovviamentenon li ignorano, ma non li valutano sotto questo profilo, mentre l’industria alimentare e laristorazionenehannointuitoilpotenzialesuccesso.

Il piatto unico non è nato oggi, come si diceva.Tra i testi che più hanno affascinato i letteraticinquecenteschivièilMoretumpseudo-virgiliano,ripetutamentetradottoinlinguaitaliana,unpoemacheraccontalapreparazione,dapartediuncontadino,diunaschiacciataedelsuocondimentod’erbepestate nel mortaio, con olio e cacio. Il Moretum dà rilievo a un costume alimentare fondatosull’autarchia,suprodottivegetaliesulprimatodelsapore.Èdalleerbepestatechevieneilprofumo;dall’olio e cacio derivano la sapidità e la morbidezza91. Sarebbe facile – e ci asterremo dalsottoscriverlo–proporreunacontinuitàdiquestaschiacciatainunapizza,odellasalsainunpestoallagenovese,eppurel’esistenzadiunmodellodipranzoriconducibileaunasolaportatarappresentauna delle chiavi per interpretare quell’elenco di piatti italiani, in testa al quale figurano quelli piùconosciutinelmondo.Èunarivincitadellacucinapopolare?Oinveceèlaprovadiunacontinuitàdeimodellidisussistenza?

Nél’unanél’altraperchéilpranzo,lacena,lacolazioneconunasolaportata,sempreugualeodiversa, costituiscono, nella tavola agiata, un’invenzione recente.Sonodebitori della produzione edelladistribuzionecheconsolidanol’immaginedelciboeladiffondono.L’agronomiael’industriaalimentare rendonodisponibile la pasta secca e i fagioli surgelati tutto l’anno, oppure la farina, ilpomodoro e le alici per la pizza: senza di esse i cicli stagionali e produttivi orienterebberocongiunturalmenteiconsumi,rendendoneprecarialacontinuità.Ilprimorequisitodelpiattounicoèil suo costo contenuto e la sua onnipresenza nel mercato, nella memoria, nella comunicazioneverbale,scritta,visiva.Ilpaneèstatopersecoliilpastocompletopereccellenzasinoaquandononèdiventato il supporto o il contenitore del condimento, senza perdere un’identità associata al suodiminutivolinguistico.Unsecondorequisitoèchequestopiattononappartienenecessariamenteallastoriadell’individuoodelsuoambiente,malitrascenderivolgendosiaunacomunitàallargata:puòavereunaoriginegeo-gastronomicaprecisamaèriproducibileovunque.Perquestolapizzahaunaforteidentitàlàdovenonesistononéradicinéricordi,dovedovrebbesecondoognilogicaappariresolounimpronunciabile«esotismo».

L’altrafacciadellaportataunicaèlaversatilitàgastronomica.Minestrone,pizzaepastatolleranogliingredientipiùdiversi.LapastaeraaddolcitaconzuccheronelCinquecento,lapizzaconditaconfunghi,«chiodetti»,nell’Ottocento,eilminestronediunacelebremarcadisurgelatiportasinoa14varietàdiverdure.Piùcheunicoquestopiattoètipologico,offreunaseriedivarianticromaticheegustative che non impediscono di identificarlo e di ripeterne il consumo a distanza di tempo, inqualsiasiluogo.Diversamentedaaltri,l’hamburgerperesempio,godediunpregiudizionutrizionalefavorevole. Ognuno dei menzionati piatti ha ricevuto in tempi recenti una valutazione dieteticapositivanontantoperchésperimentatosupatologieedeffettivamenteterapeutico,quantoperlasuaduttilitàaesseremanipolatodaidiscorsigastronomiciescientifici:glizuccherilentidellasemola,levitamineeisalimineralidelleverdure,icerealiintegrali,gliingredienti«mediterranei»dellapizzafungonodapromotori,prescindendodaimetabolismiindividualiesoprattuttodallequantitàassunte.

Un panino imbottito, un hamburger possono corrispondere a un pastoma non sono un piatto.L’ultimoresiduodiritualitàcontenutoinunaporzionedispaghettiodiminestronestanelfattochedomandano un tavolo, una fondina, delle posate. Quanto alla pizza, ha uno statuto polivalente,richiedecoltelloeforchettaoppurelemaninude,vieneconsumataperstrada,sullavoro,inunbar,acasaoinunlocaleapposito.Rappresental’ultimafrontieradellaritualità,quelladelpiatto-menùconle sue varianti, da quelle tipiche alle creative, alle etniche o nazionali. Come molte vivande di

frontiera,haunasuaversionepoveraeunalussuosa,eun’altraancora,laquattrostagioni,conunarilevante carica simbolica, quella del calendario solare e gastronomico.Un tondodi pasta di panepuò ricevere letteralmente di tutto, a distanza di migliaia di chilometri dalla sua terra d’origine,cambiandoappena il proprionome innewpizza e ricoprendosi di: ananassodelleHawaii e baconcanadese, chili con carne, fagiano affumicato o i tre caviali (nero, rosso e dorato)92. Un cerchio,riformulabileall’infinito,incuis’iscrivel’ordinedelleimbandigioni.

V.Comunicarelacucina:iricettari

1.IllibroLa parola ricetta deriva dal latino recepta e indicava prioritariamente l’ordinazione scritta

indirizzata dal medico al paziente e al preparatore di farmaci. Verso la metà del Quattrocento èattestata in volgare nella novella di SerMeoccio ghiottone di Gentile Sermini, con il significatoattuale:visiparladiunlibroche«tuttodiricettedicuochierapieno,contandodituttelevivandeeghiottonerie che fare si potessero, in che modo cuocerle si dovessero e con che savori, e a chestagioni»1.Daallorailtermineentranell’uso,conquellodiricettario,anchesealcuneprecisazionisono utili per intenderli propriamente. È infatti un genere di letteratura didattica che presenta unacontinuitàparticolare,ealcuneestensionid’usosullequalièbeneintendersi.

La nozione di libro permette di distinguere la singola prescrizione sciolta da quella che è unaraccoltaparzialmenteocomplessivamenteconsacrataalmododipreparareglialimenti.Generica,hailpregiodicontemperare,conlaqualificazionedicucina,dimenù,dicasaecc.,unatipologiaampia.Liberde coquina, Libro per cuoco, Libro della cocina sono i titoli di alcuni dei primimanoscrittiitalianianoigiunti,databilitralafinedelXIIIegliinizidelXVsecolo.Malgradolabrevitàdellesueformule, che possono limitarsi all’indicazione dei soli ingredienti e di una sola delle fasi dellapreparazione o della cottura, il Libro de arte coquinaria di Maestro Martino (XV secolo) è unricettarioapienotitolo.StampatosottoilnomediEpularioeconattribuzioneaGiovannide’Rossellinel 1516, conoscerà 15 ristampe cinquecentesche, almeno11nelSeicento, e sarà ritenuto privo diinteresse solo dopo il 1682, data dell’ultima edizione veneziana2. Non abbiamomigliore esempiodelladuratadiungeneredidatticoprimaedopo l’invenzionedella stampa. I termini libro ooperaappaionoparticolarmenteidoneiarendercontodeifattispecificidicucinae,seguitidaunaparafrasiriferita a vivande e banchetti, diventeranno usuali nei frontespizi cinquecenteschi: basti citareMessisbugo e Scappi. Tali volumi, proprio perché nati da competenze professionali e destinati adaspetti peculiari del servizio di corte, non presentano alcun carattere miscellaneo. Andrannodifferenziandosinelcorsodellastoriadell’editoria,siaallorointerno,insezioniocapitolidicucinapropriamentedetta,dipasticceria,diconserve,didistilleria,siafrazionandosiindiversivolumiattiasoddisfareinteressiprofessionaliparticolari.

L’aspetto manoscritto o tipografico non permette di distinguere tipologicamente i libri néautorizzaaprioriatrarreconclusionisullalorodataosulladestinazione.L’usodiredigerelericettee di raccoglierle perdura sino ai giorni nostri, anzi la crescente alfabetizzazione delle donnenell’Ottocentoèun fattoredi indubbio incrementodellacompilazionedidiarieagendecosìcomel’avventodeiperiodicifemminilistimoleràilritaglio,lacatalogazioneel’incollaggiosuquaderni.Annotare ricette, riunirle, non è pratica alternativa alla stampama semmai concorrenziale, con laconseguenzadicostringereglieditoriariservarepaginebiancheneilibridicasaperosservazioniericette personali. Nel 1950, Il cucchiaio d’argento prevede alla fine di ogni capitolo uno «Spazioriservatoperlericettepersonali»,incartadascriverefiligranata,interfoliataaltesto.

Se i primi libri di cucina, a noi pervenuti in forma di codici, sono del XIV secolo, l’uso piùampiodelterminericettariosiprotrarràpersecoli,sianelcitatocampodellafarmacopea,sianellaredazionedioperedestinateallabuonaconduzionedellacasa,conconsiglidiigieneodieconomia.

Ilcaratteremiscellaneoepluridisciplinarenonrinviacomunqueaunaconcezionenecessariamenteanticadelgenere.Ilcompilatoreinfattipuòessereunmedico,unmaggiordomooilpadronestesso,interessati a una nozione ampia della nutrizione, all’economia delle conserve e delle scorte, aiprodottidell’igienecomeisaponi.Concertaresaperidiversifapartedelbuongovernodellacasae,laddoveessacomportaunanumerosaservitùeunaarticolazionedicompetenze,illibromanoscrittoregistra i consigli in formaprescrittiva.Questa tradizione simantiene fino alla stampadimanualid’economia domestica che danno un assetto aggiornato e razionale alla conduzione complessivadellafamigliaborghese,conunacollaboratricesalariata.Nel1935,ilNuovoricettariodomesticodiLidiaMorelli offre 5.390 formule per la vita di ogni giorno, in cui la pulizia dei denti e il gasilluminantesonoistruitiinappositevociassiemeallemarmellate,edèpersinoinsegnatalaraccoltaelacatalogazionedellericettestesse.

Laredazionediquadernidicasa,lacompilazionedibrogliaccisonogiustificateanchedalfattocheillibroastampa,conosenzaincisioni,costacaroeappartieneaun’élite.ItrattatidiscalcheriadelCinquecento,gliatlantidestinatiaitrincianti,imanualideicuochirispondonoacriteridiqualitàeditorialechecaratteri,margini, incisionie tavole fuori testosottolineano. Il librodimestiereedicerimoniedovevaesserepraticoperchiofficiavaequindidurevole,maneggevole,oltrechedegnopereleganzadeldedicatario.Nellabibliotecaprincipescailprimopostodelloscaffaleriservatoallamemoria del banchetto non lo tenevano le ricette e le liste di cibarie ma le immagini sul suoallestimentoscenografico,superbamenteincise,fralequalicitiamo,nellacittàdiBologna,iDisegnidelconvitofattodall’IllustrissimoSignorSenatoreFrancescoRattaall’Illustrissimopublico,EccelsiSignoriAnziani,&altraNobiltà.TerminandoilsuogonfalonieratoLi28febraro16933.Lericorrenzepiù solenni di una famiglia regale – in particolare i Borboni di Napoli nel Settecento – eranoconsegnate in relazioni illustrate con tavole superbe. Alle colazioni e ai banchetti della corte, aidettaglidellaspesa,seguivanoglispettacolifracui legrandi«macchine»diCuccagna,allestimenticonognibendiDio,fontanedivino,alberidiprosciuttiestuolidipolli,apertialsaccheggiodiunafamelicaplebepartenopea,sottolosguardodivertitodeisuoinobilisignori4.

Conmetodi di stampa che consentono la riproduzione di un numeromaggiore di immagini, apartiredall’Ottocento,ilricettarioprofessionalepresentaanchequelladocumentazioneiconograficacheètantopreziosaamaestridicasaepasticceri.Sonoleimmaginiadiscriminarel’altadallabassacucina.Le64tavoledellaCucinaclassicadiUrbainDuboiseEmileBernard,ristampatanel1877intraduzione,aspesed’una«societàdicuochimilanesi»,consegnanoimodelliutili,piùaggiornati,aunamanodoperaitalianachelavoravaacontattoeincompetizioneconifrancesi.L’incisioneequindiilcoloree la tricromia,nelNovecento, rappresentano,oltrecheunprivilegiocostoso, iveicolidiunamiglioreesecuzionedelpiattoedentranodaquelladatanelladocumentazionedeglichefs.

Altra cosa sono i volumi rivolti alla cerchia domestica della padrona e delle serve. Con undestinatarioborghese,eunaservitùurbanaealfabetizzata,femminileemaschile,conunpubblicopiùmodestoepiùnumeroso,illibrodiricette,versolafinedelSettecento,sitrasformainunfascicolodistribuitoaminorprezzoeconosceunadivulgazionesottoformasiadialmanacchichediperiodici.NellaCuocacremonese del 1794,al calendario seguono i prodotti di stagione, imenù e i capitoliconsacratiacarni,pesci,ortaggiepasticceria,letariffedellemoneteeglioraridelleposte5.IlprimoesempiodidistribuzioneinformadidispensedaraccogliereerilegareèrappresentatoinvecedallaOniatologia ovvero discorso de’ cibi con ricette e regole per ben cucinare all’uso moderno, editatrimestralmente in fascicolidiottantapaginedal1785al1786e,dopounapausa,nel1794quandol’operavienecompletata.Laprimapartedel titolopoteva risultareoscura,non il suocommentoesoprattuttomoltisuoipiattid’areatoscana.L’OniatologiaèristampatainvolumesempreaFirenzefra

il1804eil1806,quandoènatoaParigiL’almanachdesgourmands(1803),un«calendarioannuale»destinatoaesserecapostipitedellastampaperiodica.L’affermarsidiunapubblicisticaediun’editoriaspecializzate favorirà verso lametà del secolo l’esistenza di nuovi libri alla portata di un grandepubblico.

Legandolesuesortiauncommerciolibrarioconprezzimodestiealtetirature,illibrodicucinadiventeràunprodottocapacediinfluirenonsolosullaculturadellemassaie,masulmercatostessoesull’andamentodeiconsumi.Passandodalsingolovolume,spessocolnomedelsolostampatore,auna collana, finisce per essere assimilato al periodico. I fascicoletti della Biblioteca CasalingaSonzogno all’insegna del numero cento, 100 conserve per la famiglia, 100 ricette di cucinavegetariana o di cucina per i bambini, che, nel corso di trent’anni a cavallo della prima guerramondiale,sonoandaticostandoda20a60centesimi,anticipanolatendenzadelricettarioadivenirepromemoria,materialeeffimeroperunconsigliooccasionale.Conuntitoloaccattivante,dalletrentaalle cento pagine, questi testi fungevano da piccole dispense. Durante il Ventennio tale prodottoeditorialeèsemprepiùdifrequentedistribuitogratuitamente,sponsorizzatodalleindustrienazionali(Cirio, Arrigoni), dagli uffici della propaganda fascista, e dà origine alla moltiplicazione diopuscoli,stampatievolantinipubblicitari.Ilcaratteremiscellaneo,unaraccoltadiformuleunasoladellequaliètaloradestinataaessereselezionataeletta,fadellibrodicucinaunprodottosingolareemultiforme, capacedi assorbire i linguaggi dell’incisione, del disegno edella fotografia, duttile aqualsiasi rilegatura (dallagraffetta al filo, alla colla, alla spirale) e persino sciolto, in schede e inbusta.Gratuitoocostosissimo,daleggereodadonare,diventanelXXsecoloungenereeditorialeaséstante.

2.Titolo,frontespizio,ritrattoL’esamedelfrontespiziodiunlibrofavorisceilprimoapproccioalcontenuto.Titolareilvolume

in funzione dellamateria trattata (Liberde coquina) o dell’operatore (Libroper cuoco) è il primocriterio classificatorio di cui è attestata una rapida evoluzione.GiàMaestroMartino parla diartecoquinaria,eiltermineartehaunaininterrottafortunainitaliano,francese,inglese.Essoimplicaunavalorizzazione del cibo e un riconoscimento alla perizia dell’operatore. Ritroviamo quindifrontespizi in cui figura o la particolare orchestrazione di cibi e ricette in riferimento allamensaprincipesca(Banchetti, compositioni di vivande et apparecchiogeneraledi CristoforoMessisbugo,1549)o laprecisaqualificadell’autoreedellacorte incuiopera (OperadiM.BartolomeoScappi,cuocosegretodiPapaPioV,1570)oancoralefunzionidell’addettoaltaglioealserviziodicarniepesci (Il trinciantediM.VincenzoCervio,1581).Lamolteplicitàdegli incarichidegli«ufficiali»èanalizzatadalRomoliche,inquantoscalcochiamatoasovrintenderelamensadelprincipe,hasottodiséuno«spenditore»(economoresponsabiledelleprovviste),uncapocuocoo«cuocosegreto»,uncredenziere che procura frutta e insalate, stoviglie e tovaglie. Con il titolo del suo ricettario, Lasingolardottrina, attesta ormai la ricerca di formule eleganti e colte, dovute a persone, se non dirango,digarbo.SiccomeDomenicoRomoli,gentiluomofiorentino,primachescalcoèstatocuoco,ilsuonomignoloPanuntoèindicatonelfrontespizio,delqualeèutileunesamecomplessivo:

La singolare dottrina di M. Domenico Romoli soprannominato Panonto, dell’ufficio dello Scalco, de i condimenti di tutte levivande,lestagionichesiconvengonoatuttiglianimali,uccelli,&pesci,Banchettidiognitempo,emangiaredaapparecchiarsididìindì,pertuttol’annoaPrencipi.Conladechiarationedellaqualitàdellecarnidituttiglianimali,&pesci,&dituttelevivandecircalasanità.NelfineunbrevetrattatodelreggimentodellaSanità.Operasommariamenteutileatutti.

Sonopreannunciateleincombenzedelloscalco,delcuoco,dello«spenditore»conilcalendariodellederrate,delprepostoalserviziodelbanchetto,edesignatiidestinatariprimidellaloroopera,iPrencipi.Siprefigurainoltreun’istruzionesullaqualitàdellederrate,suimenùdituttol’annoesulleregoledietetichedaosservare.Èesclusalacredenzacosìcomelacantina(chespettaal«bottigliere»).Passando alla tavola delle materie, si scopre un libro intero, l’ottavo, consacrato ai sapori, ilsuccessivoalladieteticaconparticolareriferimentoallavarietàdeicibiealmoto.Farsicaricodellasalutesinoallesuepiùfuggevolideterminazioni,isogni,ècompitodiunadottrinasingolareperchévariaecomplessa,ilcuioggettononèsoloilcibomailcorpodiunsignoreodiunporporato.LadedicadellostampatoreMicheleTramezzinoaFrancescoRusticapadovanosottolineaquestoaspettodell’operadelRomoli,dicuilodalanobiltàfiorentinael’esercizioinRoma,pressolacortediunpapa.

Alla scelta del titolo possono concorrere motivazioni storico-culturali. Nel chiamare il suotrattatoL’ApiciooveroilMaestrode’Conviti,GiovanFrancescoVassellirendeomaggio,nel1647,alcelebregastronomoromano,aunapparatomagnificodiromanamemoriaparticolarmentegraditoailetterati e agli antiquari. È un nome, quello di Apicio, che avrà fortuna non solo in Italia. Loritroviamo,inclimaneoclassico,nell’Apiciomodernoossial’artediapprestareognisortadivivandediFrancescoLeonardiromano(1690),nell’Apiciusredivivusorthecook’soracle,stampatoaLondranel1817,enegliApicianmorselsdiDickHumerlbergius(1834).

Altrifattoripossonoispirareifrontespizi.Ladiversificazionedellefunzionisuperioridiservizioarricchiscel’insegnamentodellacucina,sinoafaredell’organizzazionedelpastounamateriaasé,inuncerto senso indipendentedall’artedel cuoco.LaLucernade corteggiani del 1634può illustrarequestopunto.Leprimeparoledeltitolosonooscure,omeglioalludonoaunostrumentoutileafarlucesullavitadicorte.Laletturaperestensofugaidubbi:

Lucernadecorteggiani,oveinDialogositrattadiffusamentedelleCorti;cosìdeventiquattroofficiinobili,comedelavarietàdecibi

pertuttol’anno;eciascunaDomenicaetaltriBanchettidivisainseicapitoli,opradiGio.BattistaCriscinapoletano.All’AltezzaSer.madelGranducadiToscanaFerdinandoII.

Comelasingolardottrina, questa lucerna è uno strumento per rischiarare la casa o la corte, epresentaleventiquattroprincipalicariche,fracuiquelledeltrincianteedelloscalcoilcuicompito«èd’ordinare in cucina per tutto l’anno il mangiare del suo Signore». Non figurano che gli «officinobili», sono esclusi il cuoco o il credenziere, con la conseguenza che laLucernanon raccogliericettema290paginedimenùpertuttiigiornidell’anno,eseiprogrammiperbanchetti.Èunodeirepertoripiùricchi,cherendonomeglio,nell’ambitonapoletano, lamisurae lavarietàdelpranzoordinarioarticolatointreservizi(freddo,caldo,frutti)eunmassimodidiciottopiatti.Ilfrontespizioètutt’altrocheanonimo,el’autoreviappareonnipresente.

Abbiamo anche il ritratto inciso di Giovan Battista Crisci, in abito di corte, con lo stemmagentilizio, due lucerne agli angoli superiori, e l’indicazionedella sua età: quarantacinque anni.Unritrattocollocatodopolededicheeprimadellatrattazioneveraepropriaètutt’altrocheinconsueto,bastipensareaquellidiCristoforoMessisbugo(1549)ediBartolomeoScappi(1570),mezzobustidiuominimaturi,chepermettonodiapprezzarelabarbafluente,l’acconciatura,lafoggiadell’abito.Itrincianti si fanno rappresentare in abito cavalleresco, conmantello, guanti e spada comeAntonioFrugoli(1631).L’effigiediBartolomeoStefani,cuocobolognese,nelfrontespiziodeL’artedibencucinare(1662)èdiscretaeammodosenzasfarzo.Giuntoaunaposizionetantoeminentedafigurareacortefragliuominivicinialprincipe,egraziealpropriolibrofrailetterati,l’autoreesprimepiùspesso il suo orgoglio con uno stemma gentilizio e abiti eleganti. La vanità ha parte in questocostume.AntonioLatini,diumilissimeorigini6,faincidereilpropriobustoall’etàdiquarantacinqueannie,ringiovanendosi,loinseriscenell’edizionedel1692delloScalcoallamoderna.Siravvedeelosostituisceconunaltro,nellastessaedizione,primadidedicheeomaggialuidestinatiinversi.Hacinquant’anni, una lunga parrucca e regge il proprio libro. Ottenuto il cavalierato sostituisce,nell’edizione del 1694, il precedente con un altro ancora, dove sul petto e sul cuore figurano leagognateinsegne.

Quellodelritrattoèuncostumeitalianocheciconsentediattribuireunvoltoalruolo,sottraeilcuoco all’anonimato delle arti meccaniche e rende omaggio alla personalità. Si fa più raro dopoAntonioLatini,manonvi rinunciaAntonioNebbia, sfoggiandooltrealla faccia incartapecorita lojabot,ilparrucchinoeunpaiod’occhiali7.Poggialamanosopraunlibro,posatosuuntavoloincuisi trovano un calamaio e un foglio manoscritto: è una delle rare immagini che presentano glistrumenti della scrittura accanto ai fornelli. Queste incisioni verranno sostituite nell’Ottocento daimmaginetteove lochef, conberrettabianca e schiacciatapoi semprepiù alta e rigida, apparenelluogodi lavoro;quindidalsuoritratto litograficoe fotografico, tuttora inauge.Laddove l’attivitàdellecucinepassadall’inerziaallafrenesia,esprimendosiingestisemprepiùvelociecoordinati,ilcuoco sorride in costume e in posa, fornendo alla convivialità il suggello di un sereno e placidoanimatore. L’alternativa a questo ritratto è fornita dall’immagine della brigata nelle cucine, nelmomento di maggior calore. Riprendendo un tema iconografico raramente presente nei ricettariantichi (l’eccezione è fornita dall’Epulario del 1518), essa presenta cuochi e serve, ovverocapocuochiesguatteri.Nonèl’attorecherecitainquestocaso,malasuastessaopera.

Al culto della personalità, presente nei primi ricettari a stampa e in quelli più vicini a noi,subentra,fraSetteeOttocento,unlungoperiododiiconoclastia.Sipuòravvisareinquestolafinediun’epocaprincipescainItalia,ovverounmododiadeguarsiaifrancesiche,apartiredal1650sinoallarivoluzione,nonoffrono,neilorolibri,ritrattidicuochi.Ilpassaggiodall’effigieallasemplicequalificaprofessionaleèpercettibileancheneititolidellasecondametàdelSettecentochecambiano

dinaturaericopianoinuovimodelli:LecuisinierfrançoisdiLaVarenne(Ilcuocofrancese,Bologna1682)eLecuisinierroyaletbourgeoisdiMassialot(Ilcuocorealeecittadino,Bologna1724).Anchenei frontespizi di traduzioni e raccolte originali si fa allusione più sovente al curriculumprofessionaledelcuoco,allasuaterrad’origine,allesueparticolaricompetenze.L’areageograficaincuisiè formato,o incuiesplica lapropriaattività,diventaunelementodi richiamo: ilcuocoèovviamentefrancesenel16828,quindipiemonteseperfezionatoaParigi9,infinemaceratese10.

Oltreall’effigie,esistonoaltrimodi,simbolici,enigmatici,percelebrarelapersonalità.Emblemiestemmiaraldicirealiodifantasia,nomid’arteetitolidimeritofannodacorredoalritratto,scrittio incisi. Il nobile fiorentino Domenico Romoli esibisce nel frontespizio il nomignolo Panunto,mentre il «prefetto di casa» FrancescoVasselli attira lo sguardo del lettore, prima di passare allericette,sullapropriafunzionediVascellodelmargastronomico11.Unostemmacollocatoinaltoallasinistra del medaglione in cui è riprodotto Bartolomeo Scappi rappresenta un cane che sfugge,ovvero scappa alla catena. Lasciar trapelare un dettaglio cifrato della personalità di tale ministrodellecucineodellemense,associareilpatronimicoareconditevirtù,fapartediungiocomondanocui non è estranea la cautela, il «segreto» che il servizio impone. Fra tutti i segnali indiretti, diparticolarenaturaèlacertificazionedellapaternitàdeilibri,affidataall’incisoreeallapresenzadiunvolumeneiritrattidelLatiniedelNebbia,entrambipersonechesappiamodinonillustrinatali.

Questepiccolevanitàsigiustificanoinquantoilcuocoemergedauncorpodimestiereanonimocomeunapersonalità eccezionale,per essereaccoltonei ranghi servilipiùalti.Con l’Ottocento laprofessione si allarga, valica le case private, viene assorbita dagli alberghi, è ristrutturata in unagerarchiache,versolafinedelsecolo,sisensibilizzaaiproblemisindacali.Operandoinunsettoreeconomicopreciso,cambiandoognistagioneluogodi lavoro,nonhapiùcomeambizionesommal’onorediavercontribuitoaunafestacheriunivaduchietestecoronate.Cucinieriecuochiappaiononeifrontespiziconilloropedigree:sonobolognesi,milanesi,napoletani,istruitinellecapitalidellagastronomiaitaliana,alserviziodellanobiltàedellaborghesiaurbana.Senetaceperlopiùilnome,per giocare sull’anonimato come garanzia di cucina personale e collettiva, domestica e pubblica.Compaiono sempre più sovente le cuoche, sul modello della Cuisinière bourgeoise di Menon.Anch’essesonooriginariedellaprovinciaodellacittà,cremonesiogenovesi,esipresentanotalorain coppia, come è d’uso fra i domestici: Il cuoco milanese e la cuciniera piemontese. Spesso glieditori si ingegnano ad assegnare a queste donne epiteti di fantasia che ricordano il bene piùprezioso, la fedele fantesca, e abbiamo: La cuoca di famiglia,La cuoca risparmiatrice, La cuocasublime.Tuttiglioperatorideiduesessisonoovviamentemoderniconvaloridiversi,dalLatini inpoi,e,dopoilcongressodiVienna,cuocoecucinierediventanoitaliani12.Nell’altacucina,chevieneelaborata anche nelle case regnanti, si sprecano i titoli onorifici: il re, l’imperatore dei cuochi, egiocandoalrialzo,ilprincipeeilredeiredeicuochi13.Ilgiudiziosusimilialtezze,esullericettechele seguivano èdiOlindoGuerrini: «Quanto agli altriRedeiCuochi, reginadelleCuoche ed altremaestàculinarie,nonabbiamochetraduzionidalfranceseocompilazionisgangherate»14.

Dire che i titoli sono il frutto della moda non basta. Da un lato obbediscono a criteri propridell’editoriagastronomica,dall’altrofungonodasegnaleticasociale,mirandoaunparticolaretipodi lettori o lettrici.Siuniformanogli uni agli altri e talora si rinnovano, innomedeivalori dellafamiglia borghese nascente. Il Talismano della felicità evoca il culto per la buona tavola e per lariuscitamatrimoniale. È opera diAdaBoni il cui bustomarmoreo, eseguito dal cavalier Boni, siritrova interfoliato, a partire dalla quinta edizione, a testimonianza che il sogno delle cuoche dipassareall’eternitàdell’artenonèmaitramontato15.ProporreinveceIlcucchiaiod’argentoallesposesignificafarlevasullorosensodeldecoro,evocandoconiltitolodelricettarioquellocheerauno

deipiùcostosiregalidimatrimonio16.

3.DedicheeomaggiIntorno al corpus delle ricette e deimenù fioriscono i riconoscimenti. Forse perché il libro è

sortitodalfumodellecucineodall’ansiadiriuscireilpiattoimportante,ilserviziodiunbanchetto,l’autore ostenta nelle dediche la frequentazione dei grandi e, negli omaggi ricevuti, un consensoforbito.UnadedicaaFerdinandoIIdiToscanaeunaall’AccademiadegliErrantiaprelaLucernadecorteggiani; 38 sonetti in italiano, spagnolo e latino, più un fascio cospicuo di componimenti inpoesia,laconcludono.Sonoeserciziencomiastici,spessoingegnosi(«teglorioso/Chequant’altriintecresceCRISCIcresci»)17.LifirmanonobilieaccademicieliindirizzanoesplicitamentealCrisci:èunnumeroforseesorbitante,maindicativodellavolontàdiaccattivarsiipotentieguadagnarsideglistimatori, di essere riconosciuto e riverito. Quello dei dedicatari non è un vezzo passeggero: ilricettariorifletteilcontinuoeconcretoomaggioallafiguradelprincipe.NondevesfuggireallettorechegliammaestramentiimpartitihannogiàricevutolacauzionediunGrande.Siccomepiùdelicatoèoffrirlo a un porporato, si ricorre a dei trucchi tipografici. Pio V figura nel frontespizio, nellalicenza di stampare, nella dedica allo scalco Don Francesco di Reinoso, in tutti i titoli dei testiliminaridell’OperadiBartolomeoScappi.

Non è l’unico modo di acquisire la mondana benevolenza. I menù, portando il nomedell’anfitrione e dell’occasione del banchetto a capo della lista delle vivande, hanno una funzionecelebrativaepropiziatoria.PranzopreparatoperlasecondaincoronationediPioQuintoPont.Opt.Max.alli17digennaro1566ingiornodiVenere18.Èunpranzolacuirelazione,inScappi,èdoverosae che certifica i propri titoli preannunciati. Più raro,ma nonmeno onorifico è il caso in cui sial’autore stesso a invitare:Cena privata che io feci all’Illustrissimo, et eccellentissimo SignorDonHercolePatronmioOsservantissimo,incasamiailgiornodiSant’Antonio,chefualli17diGennaio154319. Solo il rango di Cristoforo Messisbugo, provveditore ducale, incaricato degliapprovvigionamentiedelleretribuzionidell’interacorte20,autorizzavataleonore.Aquesteragionidiordineprofessionaleseneaggiungonoaltrepercosìdirepersonali,affettive.Unserviziospeciale,unbanchettomemorabileservonoacoronarelavitadelcuoco,ancheselasuapresenzasiiscriveinuna organizzazione complessa: il conclave del 1549 cui partecipa Scappi, o il banchetto offerto aCristinaIIdalducadiMantovaepreparatoconilconcorsodiBartolomeoStefanirientranoinquesticasi.Stefani,èvero,sischermisce,adducendo:«nellecucineRealimainonhòhavutoprattica».Poicede alle pressioni di quanti sollecitavano da lui «un qualche banchetto Regio» e confessa la suapartecipazione, e il suo personale omaggio alla regina di Svezia: «io stesso la servii ne’ Trionfi,refreddi,ealtrevivande»21.UnTrionfoeraun lavorodizuccherochepotevarappresentare, in talecircostanza,unMonteOlimpoconputtiniecoronareale;ilrifreddounpiattodaconsumarsifreddo.Se consideriamo la complessità del banchetto con tre servizi di credenza e tre di cucina, oltrecinquanta fra composizioni, piatti diportata ebacili di conserve,nonè solo l’apportopersonale aesseresegnalato,malavoce,lapresenzadiuntestimone.

Ilcostumedidedicheeringraziamentiaimecenatiediappelliailettorièparticolarmenteindicatoperleoperechedescrivonofeste,cerimonie,banchetticheprocedonodallavolontàdiunmecenateodiunanfitrione.Quellodelleletterediillustripersonaggi,riprodottepertestimoniarel’accoglienzao la stima, ne è il tardivo correlato. Il cuocogalante diVincenzoCorrado porta le attestazioni distimadelcardinaledeBernis,exministroeambasciatorediFranciaaRoma,chesidichiaraadeptodel «cibo pitagorico» ossia vegetariano, e del dottor Spallanzani che appunta il suo interesse alla«diversasensibilitàde’Corpi»ealla«diversitàdeigiudizi,percuitalvolta,pereccellentechesiauna

Vivanda,nonatuttiriusciràdipiacere»22.AllafinedelSettecentoladedicasidiradaoprendeaspettiparticolari. Il libro viene, con una tiratura crescente, sempre più condizionato dall’editore, e al difuori di questo rapporto di specifica dipendenza deve i principali riconoscimenti almercato. Unaconclamataproffertadiservigicominciaadapparireposticcia.Essaimplicava,dapartedell’autore,una formale richiesta di accettazione che il dedicatario doveva esaminare, ovvero l’estorsione delconsensoacosefatte.Finisceperdiventareunasingolarità.TalealmenoapparenellaCucinateorico-pratica del duca di Buonvicino, uno spirito per certi versi bizzarro che fa precedere, si direbbepolemicamente, il consenso del dedicatario alla propria riverenza. «Accetto la presente dedica.Trabia»si trovascrittoinaltodellaprimapagina;segueunagiustificazioneeoffertadellapropriaopera alla fine della quale, a sinistra della firma dell’autore, si scopre essere Trabia il cavalierGiuseppeLanzaprincipediTrabia,ministroeconsiglierediStato,siciliano23.

Ilripetersididedicheindiretteoscherzoseèl’indiziodeimutatitempi.Confinatoilvolumefralequattromuradomestiche,senzaaltrolettorechelapadronaolaserva,nonc’èspazionellibropertroppe smancerie. Lo stesso dicasi per i volumi di professionisti. La parola passa dall’autore allibraioilqualesindaiprimiricettaricinquecenteschiavevapresolapennavuoiperragguagliareilettori, vuoi per chiarire le circostanze della stampa. Nel Re dei cuochi è Legros, l’editore, cheringraziaNelli (dicuièprodotto il ritratto)per lacuratela, l’aggiornamentoe il successo24.Ma ladedicapiùoriginalelatroviamonellaScienzaincucinadiPellegrinoArtusi.NellaprimaedizioneèindirizzataaisuoiduegattiBiancani(Biancunzein)eSibillone:«Avoichequandostavoincucinaaprovar questi piatti, soffregandovi alle mie gambe a codino ritto, smaniavate dirmi per primi ilvostro parere»25. Opera respinta dagli editori, pagata di tasca propria dall’autore, La scienza incucinanonmendicaprotezioni, ed essendo figliadiuno scapolo,vienedevoluta ai suoipiù fedelicompagni. Guadagnatasi qualche stima, ristampata, perderà, dalla seconda edizione, i due gattonibianchi trovando se non proprio dei dedicatari una coppia di padrini, due persone di una certarinomanza che erano state pronte a comunicargli la loro stima.Le lettere diOlindoGuerrini e diMariaMantegazza,moglie del senatore Paolo, vengono così infilate alla fine diAlcune norme diigiene.

Ilrarefarsidellededichedeilibriavvieneinunperiodoestremamentepropizioalletitolazionideipiatti in francese con il nome di personaggi illustri viventi. È un uso che si intensifica nel corsodell’Ottocento e viene trasmesso per contagio agli stessi italiani, rivelatore di una creazioneoccasionale che si intreccia al nome dell’ospite e si trasforma, ripetuta, in una vera e proprialessicalizzazione.LanascitadellapescaMelba,creataaLondradaEscoffiernel1893perlacantantewagnerianaNellieMelba,rappresentaunaconfermadellacapacitàdellaristorazionealberghieradiassicurarelafortunadiunnomelegandoloaundessert26.VittorioEmanueleIIeUmbertoIdiSavoiaoffronolaloroprotezionerispettivamenteallanoixdeveauVictorEmmanuel(nocedivitellopiccataconselvaggina)eallasaladeàlaHumbert(insalatadipomidoroconpeperoncini).Cavourfiguraintestaadalmenocinquepiatti:unacremadirisoalbrodo(potageàlaCavour),unatestinadivitelloall’umido(têtedeveauàlaCavour),uncapponepiccato(chaponàlaCavour),ungelatoal limone(glace de crème à la Cavour) e un budino (pouding à la Cavour)27. Questo codice riflette laparticolare protezione delle teste coronate e delle corti europee nei confronti della creativitàculinaria,discrimina l’altadallabassacucina, assicurauna risonanzaalla ricetta e si traduce inunriferimento simbolico sul quale vigilano i responsabili del servizio e del protocollo. Il cuoco, ilgastronomo e persino il gestore di un locale sono fra coloro che s’immortalano in un piatto, acondizionedirestarefamosi.Maquinons’arrestailvezzobattesimale.Lostessoalbergoincuivienemessa a puntouna ricetta può farla propria, generandononpoche confusioni: leCrêpes Excelsior

sono create daPaoloFabrizzichef dell’Excelsior diNapoli, ipetti di polloExcelsior,daRobertoSalin dell’Excelsior di Venezia. Gli operatori autenticano i piatti con delle leggende, quella deglispaghetti alla carbonara derivati da una «Trattoria carbonara» di Roma28. Non ci sono limiti allafantasia: siti turistici (timballo Tivoli), canzoni (omelette alla fiamma «O sole mio»), pittori (ilCarpaccio) sonoall’originediun’aneddotica riccadiparticolari edivarianti, suggeritadamaître,gestorieproprietari.Natocomeuncopyright,delcuocoedelgastronomo,ilnomepropriodiventa,nelcommercio,ilmarchiodell’inautentico.

Questovezzosiripetefralemuradomesticheconnomidinonne,mamme,servelacuimemoriaviene evocata davanti al piatto, in punta di forchetta. Più spesso il diminutivo sottolinea in modopersonaleeaffettivounesempiodilaboriosadedizioneedibontà,accompagnatodapocheparoleoqualcherigadichiarimento.CosìArtusicommentaunpanettoneMariettadiperséenigmatico:«LaMarietta[Sabatini]èunabravacuocaetantobuonaeonestadameritarecheiointitoliquestodolcecolnomesuo,avendoloimparatodalei»29.

Il titolo di un piatto può dirsi riconosciuto se viene menzionato nella comunicazionegastronomica e se viene ripetuto da guide e libri. Quanto più esso sopravvive alla sua primamenzione,tantopiùlasuaidentità(elasuaformula)vannoconsolidandosi,senzaperquestochelasuaorigine risulti, col tempo,piùchiara.Aquestamoda,diderivazione francese,metterà riparoapartiredal1970lanouvellecuisineriportandol’attenzionesugliingredientieletecnichedicottura.Ilrevival della cucina d’osteria, con i suoi cibi rigorosamente tradizionali e anonimi, contribuiràulteriormente a bandire nomignoli e soprannomi, lasciandoli alla fascia commercialmente piùcorrivadellaristorazione.

4.OrdinedellematerieeindiciIl ricettario è aun tempouna raccoltadi brevi testi didattici e la lorodisposizione inun certo

ordine.Questoordinehatrevariabili:lederrateprincipalicheentranonellaricetta,latipologiadellapreparazionegastronomica,ilserviziodellevivande.Peressereconsultabile,lamateriadeveesseredistribuita in modo sistematico e comportare degli indici. Considerando che esso offre ladocumentazione relativa a banchetti emenù, questi ultimi offrono le combinazioni possibili dellericette, secondo le circostanze, il calendario, il protocollo, e sono a loro volta passibili di unaregistrazionemetodica.Questeosservazioniportanoa studiare il ricettariodalpuntodivistadellasuaconsultazione.

Iprimimanoscrittidifettanodi tavole,magiàilLibrodeartecoquinaria riordina lamateria incapitoli che rispondono a una classificazione merceologica (carne, uova, pesce) o gastronomica(minestre,sapori,torte,frittelle).L’applicazionediquestocriteriononètuttaviarigorosa:all’internodel primo capitolo le diverse carni si alternano e ritornano senza che siano accorpate secondo lanatura del principale ingrediente, il vitello, il maiale o i volatili domestici. Alcune ricette inoltrefannospecificoriferimentoaunserviziochecostituiràunmetodoperclassificareipiatti.Lefrittellede fior de sambuco,MaestroMartino raccomanda di servirle al volo: «et calde calde lemanda intaula».L’ordinedi esposizione tienealtresì contodellagerarchiadellevivande,mettendoalprimoposto le carni arrostite e lessate. Le ultime tre ricette, in coda a quelle di pesce, sembrano inveceaggiunte, inparticolarequelladi risoe ilpastellovolativo (involucrodi pasta conuccelli vivi, daliberareduranteilbanchetto).QuandoilLibrovienestampatoconnuovotitolo,OperanovachiamataEpulario,ealtronomed’autore,Giovannide’Rosselli«francese»,nel1516,unatavoladelleformuleinordinediprogressioneconcluderàl’opera.

Un libro di ricette assomiglia a un vocabolariometodico in cui le voci siano raggruppate peraffinitàsemantica.Tavole,indici,listedivivandepermettonodiaccedereatutteleinformazioniperrealizzareipiattieilmenùdesiderato.Illoroperfezionamentocreeràlepremessepertrasformareunfasciodiprescrizioniinunaenciclopediagastronomica.UnsecolodopoilLibrodeartecoquinaria,ilricettariosièarricchitodiuncatalogodelleprovviste,delmansionariodelpersonalediservizioedell’inventariodeglistrumentidicucina.Essovariadaunautoreall’altro,conservandolafunzionedinormativageneraledaosservarsiincucina.Messisbugo(1549)fal’elencodituttelestrutturemobili,degliarredi,dellesuppellettilinecessariealbanchetto,oltreaquellodellederrateespezienecessarie,delle masserizie e del personale. Romoli invece separa competenze e problemi del personale dalcalendariostagionaledellederrate,conrelativeosservazionisullaqualità.BartolomeoScappi,infine,ripercorre tutti i punti nodali: il cuoco, la cucina, la qualità delle scorte e delle provviste, la loroconservazione e l’elenco preciso di tutti gli strumenti della dotazione stabile (quella necessaria aiviaggitrovaaltracollocazione).Illoroinventarioèauntempopatrimonialeeprofessionale,servearendercontoalpadrone,aistruiregliaddettieaprogrammarelatavola.

Aquestoprimoelenconeseguonoaltri:quellodeibanchettiequellodellericettedistribuitepersettori merceologici e gastronomici. Descrivere «conviti» principeschi o cardinalizi, con dettagliprecisi,cronologiciemondani,intuttoilloroapparato,significaenfatizzareillororuolo;proporlianzitutto come combinazioni di servizi e di piatti, fuori dal loro contesto, implica inveceun’attenzionealmodelloeallesuevarianti.LaprimasoluzioneèadottatadaCristoforoMessisbugoche descrive i fasti conviviali della corte estense in tutte le loro manifestazioni spettacolari; lasecondadaScappicheproponeuncalendarioannuale,conunmenùperognigiornata,affrontandoil

problemadituttelevariabili,siaordinariecheeccezionali.Ilsuocalendario,cominciatol’8diaprile,terminailvenerdìsantodelseguenteanno,conunpranzosenzapesce.

Perritrovareunaricetta,sipuòconsultarel’indicefinalechelaregistrasecondolaprogressivapaginazione (Messisbugo), oppure gli indici per ogni libro o meglio capitolo (Scappi). Ilraggruppamento delle formule obbedisce, come si è visto, a un duplice criterio merceologico egastronomico,cui seneaggiungonoaltripercosìdire trasversali.L’affinitàdeipiatti riuniti inuncapitolo può derivare dal fatto che vengono offerti in un medesimo servizio, oppure dalla loroconnotazionestagionaleerituale.Durantelaquaresima,eccettoilvenerdìsanto,ipiattidipescesonod’obbligo,quindivieneconsultatadipreferenzaquellapartedelricettariochenecatalogalericette,indoppiaformula,grassa(conburro)omagra(conolio).Ivincolimedico-dieteticipossonoinfinesuggerireaBartolomeoScappidiconsacrareunlibrointeroaiconvalescenti;all’internodiesso,lesingole sezioni sonodisposte secondocriteri terapeutici edietetici checonsiglianoalprimopostoacquecotteebrodiconsumati,all’ultimolesalse.

Anchel’ordinedisuccessionedeicapitoliolibrièvariabile:nelprimolibrosonotrattatelecarnidagliuni,i«lavoridipasta»daglialtri.Lasequenzadellericettenonècasuale:seilbueèilprimotema affrontato, tagli e parti commestibili verranno esposti in successione, dalla testa ai piedi.L’approcciosistematicopermettedi seguire il trasferimentodiunacarne inquellechesono le suepotenzialiversioniculinarie.Ipiùimportanti trattatipuntanoapresentaresiaunanimaledomestico(il vitello e i suoi tagli) sia le specie rare: persino l’orso e il porcospino30. Prevedendo unadescrizione delle provviste, delle fasi di lavoro, degli utensili, del servizio, il ricettario vieneorganizzatocomeunelencodiformuleedivivande,conunreticolodiindicicheneassicuranolacorrelazione.

Questa impostazione viene corretta dalla distribuzione delle vivande nei servizi, che nelCinquecentosonodistintiinfreddiecaldie,conl’influenzafrancese,nellasequenza:zuppe,entrées,arrosti, tramessi salati e dolci. Quest’ultima non risponde tuttavia all’ordine delle operazioniculinariechesisuccedonoincucina.Secondoilmodellofrancese,ènecessarioanzituttodescriverebrodiesalsecheservonoacostruireipiatti,quindilezuppeolecarni.Taleèinfattil’impostazionedella cucina professionale, a partire dalla fine del Settecento. L’Apicio moderno di FrancescoLeonardi tratta preliminarmente i brodi suddivisi nelle loro specie e gradi di concentrazione(generale, suage, consomè, biondo, restoran, tablette, sugo), passa quindi alle salse e nel capitolosecondoallacarnedimanzo.Inambitoprovinciale,invece,IlcuocomaceratesediAntonioNebbia(1786)cominciasìconilbrodomaperattaccaresubitoconleminestre.Aquest’ultimaprocedurasiatterràPellegrinoArtusi.

Un criterio di disposizione delle ricette radicalmente diverso è quello alfabetico, fondatoessenzialmentesullatitolazione.Loritroviamonell’indicedeicapitolienelladisposizionedelLibropercuoco trecentesco.Piatti dimagroedigrasso, appartenenti al primoo secondo servizio, sonoordinatiinunasuccessionechepermettealcuniaccorpamentitipologici.Le22tortesonoelencateinvirtùdi titoli inizianti con«tortade», seguitodalladerrata (pesce, erbe)odaunnomegeografico(Romania),oppurecon«torta»unitaaunaggettivoindicanteladerrata(sambugata)ountoponimo(francesca,ungaresca)31. Alcuni espedienti possono esseremessi in opera per far quadrare questometodo,l’usosinonimicodisavoreesalsafasìcheliritroviamomescolati.L’ordinealfabeticovieneriproposto in Francia, nelCuisinier royal et bourgeois diMassialot, ristampato dal 1691 al 1751,partendo dal presupposto che il ricettario serva a una consultazione puntuale e si rivolgaesclusivamente al cuoco, senza tener conto della distribuzione dei piatti nei servizi. La versioneitaliana,peresempioquellastampataaVeneziadaBaseggionel1773,conil titoloIlcuocorealee

cittadino, rispettandoil testo,visiconformasoloneinomidiquellederrateche,comel’agnellool’agneau, cominciano nelle due lingue con la stessa lettera32. L’ordine alfabetico viene recepitoinvece, per la sua praticità, dall’editoria popolare e in particolare dalla Cucina casereccia33. Laragione di tale scelta è chiara: piùmodesto è il pranzo, più semplici sono imenù e più raro è ilricorsoaunatipologiaculinaria«adalbero»chepartedabrodidiluentioidratanti,econfiguratuttaquella trafila di operazioni embricate che permette di costruire piatti freddi, pronti ed espressi.L’ordine alfabetico ha tuttaviamodesta fortuna nei ricettari, in quanto rimescolamagro e grasso,minestre edessert, ed è adottato invecedai dizionari di cucina.Sono libri, questi, prevalentementeprofessionali, che appaiono a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, diversi sia dalle opereenciclopedichecomeilDizionarioragionatodeglialimentidiFrancescoLeonardi,stampatoaRomanel1795,chedaivocabolaridomestici,dialettalicomequellodelPuoti34,otoscaniemetodici,comeilCarena35. Il dizionario di cucina prevede, per ogni voce, definizione lessicografica, descrizionegastronomicaeunnumerovariabiledi ricette.Fra iprimiè ilDizionariodellacucinamoderna diGiacomoGiardini, presidente della società dei cuochi milanesi, promotore della traduzione dellaCucina classica di Urbain Dubois e Emile Bernard36. Stampato a Milano nel 188537, l’autore viistruisce gli esponenti nelle due lingue, italiana e francese, illustrando sia le derrate comuni (ilcavolfiore)chequellerare(ildelfinoel’orso)senzadimenticare,perineofiti,alcunipiattisemplici(leuovafritte).Levocipropriedelserviziononsonoprevisteoppure,èilcasodeimenù,sonoposteinappendicementrelacantinasiritrovaallavocevino.

Tra i due metodi di ordinamento, alfabetico o sistematico (per derrate e preparazionigastronomiche),saràquest’ultimoaprevalerenellatradizioneitaliana.InFrancia,l’accoglienzadelLarousse gastronomique nelle edizioni del 1938, 1984 e 1996 garantirà invece il successo deldizionario-ricettario.

5.LaricettaLaricettadicucinaèundiscorsodestinatoallaprogrammazionediunoggettonutritivo.Insegna

afareomeglioasaperfareuncertocibo,prescrivendogliingredienti,glistrumentielemodalitàperraggiungereloscopo38.Questodiscorsopuòessereoraleoscrittoedèdiquest’ultimotipochecioccuperemo.Benchélaricettaappartengaaungenereprescrittivoanticoerielaboratoconmodalitàdiversissime,nonsipuòparlarepropriamentediunasuaevoluzione.Essapuòpresentarsiall’originedellastoriadellagastronomiaitalianaconcaratteristichedestinatearestareinalterate.Siprenda,peresempio,lasalsaverde,dauncodicedellaprimametàdelXVsecolo:

Affaresalsaverdetollipetrosimuli,menta,cardamomi,nucimoscate,pepe,garofani,çenzabroetpistaforteinmortale,etgiungnicepocademolglicadepane,etpoimictialgli,setun’ay,etdestemperaconbonoaceto39.

Gli ingredienti (prezzemolo, menta, cardamomo, noce moscata, pepe, chiodi di garofano,zenzero,mollica,aglioeaceto)egli strumenti (pestelloemortaio)verranno ripetuti infinitevolteconvarianti.Ancheseilmortaiopuòesseresostituitoconlamezzalunaoil tritatuttoleoperazionisono pressoché identiche. Il ricorso ad addensanti (mollica) e diluenti (aceto) è un altro fattore dicontinuitànell’esecuzionedisalse.Daunpuntodivistadidattico,l’usodell’imperativoeiverbicheindicano le modalità operative (prendi, pesta, aggiungi, metti), la successione delle sequenze dilavoro(iltritare,ilmescolare,lostemperare)possonoesseretradottiinunitalianomodernosenzadoveressereaggiornati.Checosaèstoricamentedatatoinquestaricetta?Forselamancanzadiunadistinzionefraleduespeciediingredienti,spezieoerbe,esoprattuttol’assenzadiqualsiasiaccennoaquantitàeproporzioni.Unaricettasimile,coniltitolodibagnetpiemontesevienedescrittadaAnnaGosetti della Salda nel 196740 con l’avvertenza tuttavia di prendere 50 grammi di prezzemolo, 1spicchiod’aglioelamollicadiunpanino.Tuttiglialtriaspetti,comel’aggiuntadisale(assentenellaformulaantica),sonodaimputarenonalprogrammamaallasuaricodificazionesuccessiva.

Ilrapportofragustoeprogrammazioneèlagrandevariabiledeiricettari.Pergustosiintendelasceltaelacombinazionedegliingredienti,l’incidenzatermicadellacotturaeingenereleoperazionidicondimento.L’addobbodelpiattoeilserviziofannopartediquest’ambito,cosìcomeilgiudiziodivalore gastronomico. Il gusto èmodalità storica di realizzazione della ricetta.Da questo punto divista, la distanza fra le prime prescrizionimanoscritte e quelle dei ricettari cinquecenteschi è giàmarcata.La«salzaverde»èpresentenell’OperadiScappiche lasuggerisceconsaleepepe,senzaaltre spezie e con poca menta. La sua confezione tiene conto, oltre che di una somma di sapori,dell’effettogustativo.Nellasalsaverdebisognabadarealcoloreealladensità,perottenere iqualioccorronoerbefrescheeunlavoroditritaturaodifiltrazione41.Spostandosineltempoedaunluogoall’altro,possonomutaregliingredientielaterminologia,nonlaricetta.VincenzoCorrado,teoricosettecentescodellacucinavegetale,nelsaporeverdeallaRealeinnestasulprecedenteprogrammadiScappiunapropostadisalsaagrodolceconsistentenell’aggiuntadizucchero,cedrocanditoelimone.Napoletanod’adozioneprescrivefraleerbeilbasilico.

Lericettehannosindalleoriginiunnumeroimprecisatodibeneficiari,maunlettoreprivilegiato,ilcuocooilmaestrodicasa.Percostorononsonotantoimportantilemisurazioniponderalidegliingredienti,quanto le loro rispettiveproporzioni.MaestroMartinoneldettare iravioli in tempodicarne indica le dosi del ripieno,mezza libbra di formaggio per una libbra di ventresca di porco,precisa la dimensione del raviolo («meza castagna») e suggerisce di cuocerli «per spatio de doipaternostri»42. Non assegna né ingredienti né dosi alla preparazione della pasta. La cucinaprofessionale si è trovata, in epoche lontane, di fronte al seguente bivio: fare affidamentosull’esperienza, indicando le linee programmatiche della propria trasmissione, oppure istruire

coscienziosamente, dal vivo e per iscritto. Nei libri di casa è sensibile quest’ultima tendenza. NelCocho bergamasco alla casalenga, manoscritto anonimo della fine del XVII secolo destinatoall’istruzione del personale domestico di una casa non opulenta, l’intento pedagogico è palese. Aogni ricetta (la prima èPer fare un lesso saporito) segue una interrogatione: quanto tempo devecuocereilpezzodivitello?Risposta:«Bastanoseiquartid’orabollendocomedeve,continuamenteetessendoilpezzopuoipiùgrosso,comediquattrolibbrediculatta,vivoglionodueore».Quandosidevemettereacuocere?«Quandosisa l’oradelpranzo,sidevemettereacuocereun’oraemezzaavanti dell’ora del pranzo, acciò subito levata dal bollo della pignatta, si puossamettere in tavolasenzaaverlaalassiareincaldo,chemoltoperde»43.Vitroviamo,dallavivavocediuncuocodicasa,quell’approccio paziente, didattico, che avrà grande successo nella pubblicistica femminile, duesecolidopo.

C’èinvece,esonoipiù,chidàperacquisitemoltenozioni,nonsoloperl’apprendistamaperilsottocuoco e persinoper il semplice cuoco.Se all’esposizioneminuziosa degli ingredienti e dellemanipolazioni si considera che sopperisca l’abitudine, la ricetta si accorcia e restano solo leinformazioni indispensabili. La formula concisa è frequente nei primi ricettarimanoscritti (secoliXIV-XV) ma ritorna in epoche successive. La usa Vincenzo Corrado nelCuoco galante. Essa glipermettenonsolodievitarediripetersi,madiindicarediunpiattogliingredientieleoperazioniditaglioecotturacheloqualificanoprioritariamente.Laricettadeimaccheroniripienicosìcomincia:«Imaccheroni grossi tagliati alla lunghezza d’unmezzo dito si fanno quasi cuocere nel brodo diCappone»44. Il «mezzo dito» è assai importante per la farcia, mentre il grado di cottura («quasicuocere»)restaallusivo.ANapoli,imaccheronilisannobolliretutti.

Più la competenzaverràdataper scontata,più la ricetta si accorcia sinoadassomigliare aunadefinizione.Dall’iniziodelNovecento,perinfluenzadeirepertorifrancesi,ilricettarioprofessionalediventaunsemplicepromemoria,dacuiricaviamolaseguentedescrizione:

Gnocchidipatate.Adoperare belle patate di pasta farinosa e farina bianca.Gli gnocchi devono essere cotti in abbondante acquasalata;sicondisconodisolitoconburroeformaggio,sugodicarne,sugodipomodoro,pestoallagenovese,ecc.45.

Nélaformanéilvolumenélaconsistenzadeglignocchimeritano,nelNuovolessicodicucinaabbreviatodiCesarePicco,un ragguaglio.Lostessodicasidegli altrimanuali.Achinonconoscebeneglignocchi à l’italienne, a chi non li sa già fare, è impossibile raccapezzarsi nella seguentericetta: «Gnocchi ammaniti con acqua, burro e farina, il tutto amalgamato con parmigianograttuggiato,patatepassateeuova;cucinatiecosparsidiparmigianoeburrofumante»46.

La soluzione opposta, che la ricetta s’allunghi e diventi ciarliera sino ad apparire prolissa, ècaldeggiatadalladidatticafemminile.ConilsecondoOttocentosimoltiplicanoilibriperpadroneeserveallequalil’economiaimponeuncomputodisciplinatodelcosto,dunquedidosinonopinabili,per tempidicotturacerti.Con l’eserciziodellacucinadi famigliasecondo icriteridigestionedelceto medio, la ricetta si trasforma in tabella oraria, lista della spesa, mansionario. Sprechi edeventualierrorinellaconfezione,tuttoèprevisto:pocapatata,troppafarina,eglignocchisvaniscononell’acqua47.Pocafarinasullaspianatoia,eglignocchisiappiccicanoirrimediabilmente48.Gnoccoèsinonimo di disastro: lavorare la patata calda con la farina produce una colla, aggiungere uovaall’impastoloindurisce.

La ricetta è dunque un semplice promemoria, un appunto di lavoro? Ingredienti, utensili,manipolazioni, cotture sono finalizzati a uno scopo assai ambizioso, la creazione di oggetticommestibilidigusto.Lalororiuscitanondipendesolodaunprotocolloincuisonocorrettamenteelencate le fasidi esecuzione. I cuochidettanoo scrivono le ricette,per trasmettere il loro sapere,facendo di un’artemeccanica un nobilemestiere; vi depositano i loro segreti, una interpretazione

personaledellabontàedellabellezza,epersinoilgiudiziogastronomicodeilorocommensali.Unesempio? Non esistono ingredienti qualsiasi ma solo di qualità. La qualità di un pesce significaconoscenzadellasuaspecieedelsuohabitat,sed’acquadolce,difiume,dilagoedistagno,delsuocicloriproduttivo,dellecondizionimiglioriperpescarlo,trasportarlo,conservarloecuocerlo.Ognipescehaunmercato,eleanguillediComacchio–diceBartolomeoScappi–«sonolemigliori[...]ese ne portano delle salate in tutta Italia». La descrizione naturalistica,merceologica e gustativa sisommanoarricchendoil ricettariodinotizieenciclopedichechesonoilbagagliocomunea tutta lacomunità gastronomica. E l’apprezzamento? Anch’esso è iscritto nei ricettari. «I piselli sonogustosissimiquandosonoteneriesecchisonoquasidiniunuso»,diceilCorrado,mentre«laverastagione delli Pollastri è l’Estate, e sono questi di piacere perché teneri, e delicati». Anche «iPomidorosonodipiacere»edèbellovederli interierossi,nettatidellabucciaedeisemi,farcitiefritti49.

Intalmodolaricettadiventasoggettivamenteprescrittiva.Èunerrorepensarecheilcuocovoglianasconderepudicamentelasuapersonadietrofrasifatte.Cosìcomeiritrattinerivelanol’orgoglioel’ambizione,ilibrilascianocontinuamentetrapelarelasuaesperienza.«HovedutonellapescheriadiMilano–scriveScappi–diversesortidipescioliniminuti,ovelichiamanopescherie»50.Diricordisimili la sua Opera è piena, anche se non c’è miglior modo di autenticare un’esperienza chedichiararla di pubblico dominio. Tale è l’atteggiamento di Corrado. Del Salento raccomanda icardoni«teneriesaporiti»elefavedicui«senefagrand’usodalpopolominuto,cheleprezzanoperunsecondograno».Natonellaprovinciasalentina,nellacittàdiOria,neparlaconfintodistacco51.

Lo stile del libro di cucina è ora personale ora scolastico, talora lepido. Siccome la ricettaprocede da un contratto secondo il quale a una corretta esecuzione corrisponde un risultatoapprezzabile,ilsuosegretostaanzituttonell’artedicomunicare.Nullafapensarechequest’artesisiasviluppatasolo in tempi recenti.Sicuramente ildestinatario femminiledel ricettariohamodificato,nel corso dell’Ottocento, il linguaggio e l’identità stessa dell’autore. Si intensifica il rapporto difamiliarità a spese del carattere professionale dell’insegnamento, e con la crescente assimilazionedell’aiutodomesticoallapadronadicasalacomunicazionesifadiretta,intima.Anchelascritturasispogliadelpigliodidattico,cerca,inunitalianononterminologico,lacomplicitàdonnesca.Siparlasemprepiù spessodi costo, di tempi, di pulizia edi utensili, fornoe sorbettiera. Il gran talentodiArtusièdiaverindovinatoiltonogiusto,garbatosìmainclinealledivagazionipersonali,aglispuntiautobiograficieallefacezie.

Unproblemaparticolarmenteavvertitodallacriticagastronomicaèquellodell’autenticitàdellaricetta.Dato ilcarattereanonimoecompilativodimolti testididattici,nonè infondatochiedersi inche misura essi abbiano riprodotto o alterato una formula preesistente. Inoltre lo statuto dellascritturarispettoallastampasièdiversamenteconfiguratonelcorsodeltempo,dandoorigineauncorpusdi ineditidestinatialgovernodellacasaoall’eserciziodellaprofessione,suiqualiesistonosolo ricerche parziali. Fin dai primordi della letteratura gastronomica italiana, infine, è praticacomune la traduzione, equindi l’innesto apartiredaaltre culture linguisticheoculinarie.Nonc’ènulla di scandaloso in una ripetizione che, sola, assicura il successo e rappresenta una fonte dilegittimità.

Èpossibilecompilareunrepertoriocronologicodi ricette«originali»?Per rispondereoccorreprocedere per distinzioni. Pensando a rapporti fra culture diverse, e in particolare ai prodottiamericani,leattestazioninonsonodifficilidareperire.AntonioLatinièilprimocuocoinEuropaainsegnare nel 1692 la cottura del pomodoro, nella città di Napoli, con la salsa di pomadoro allaspagnuola52.Piùcomplessoèdatare lacreazionedegli artefatti. Il cuocopiemonteseperfezionatoa

Parigi, nel 1766, traduce una ricetta di soufflé dallaCuisinière bourgeoise, ma in una accezionediversadaquellachesiintenderàinseguito.Isouffléssono,inquell’anno,sinonimidibignè53.Peraltre preparazioni è impossibile fissare il termineaquo. La salsa verde non solo appare in tutti iricettari,dalLiberdecoquinasinoaoggi,maèpossibileretrodatarlacitandounoiusvirideinavibus(salsaverdeperuccelli)diApicio54.

Forse, ad apparire interessante non è tanto la prima attestazione scritta (che, come avviene inlessicografia, è esposta a continue rettifiche) quanto il fenomeno contrario, la riproduzione fedeledelle ricette.Non è inusuale il caso della copiatura integrale di una raccolta, da autore ad autore,cometestimonial’EpulariodiGiovannide’Rossellichetrafugaepubblica,nel1516,ilmanoscrittodelLibrodeartecoquinariadiMartino.Ladisposizionedellamateriadifferiscetuttaviadallafonte,checollocaallafinedellibrolatavolaquaresimale,concludendoconilpesce.Ognipiccoloscartonon è trascurabile anche se non altera il quadro didattico. Più interessanti del plagio, e delleoperazioni editoriali che sostituiscono titoli, tagliano o aggiungono formule, sono le citazioniimproprie. Così definiamo le singole ricette che vengono trascritte in un corpus senza menzionedell’autore.Sonoperfettamentelegittimeneilibridicasaepermettonodimisurareculturaeabitudinidomestiche. Quando Don Felice Libera, prete trentino, riporta la ricetta dellaminestra di Riso, ePoma d’oro traendola dalCuocomaceratese di Antonio Nebbia, il suo prestito è interessante perl’areaincuioperaeperquelladacuiattinge,permettendodiipotizzarel’usodelpomodoroinunaterra alpina alla fine del Settecento55. La traduzione di interi manuali, con modifica del titolo eomissione dell’autore, rientra in questi casi: va tuttavia osservato che un ricettario come Il cuocopiemonteseperfezionatoaParigiportanel frontespiziosenon la fonte,LacuisinièrebourgeoisediMenon,ilmodellogastronomicoispiratore.

Di qui a considerare l’autore di un ricettario come un raccoglitore di formule di diversaprovenienza,appresedalvivo,ascoltate,messeperiscrittoestampate,ilpassoèbreveelocompieArtusi.Volendoillustrarenonlacucinadicasapropriamaquelladegliitaliani,oalmenodiunapartecospicuadi loro, sfrutta il successodellaScienza incucina per incrementarla con le ricette che lelettrici stessegli invianodaogniparted’Italia.Segnalaquindi il prestitoma,perdiscrezione, nonsempreilnomedelcorrispondente:«Diquestaminestra[imaccheroniconlesardeallasiciliana]vodebitore a una vedova e spiritosa signora il cuimarito, siciliano, si divertiva amanipolare alcunipiattidelsuopaesefra’qualiilnaselloallapalermitanaeilpesceataglioinumido»56.Èuncasoditrasmissione particolarmente complicata dal marito alla moglie e da questa, rimasta vedova, algastronomo.Lasuafortunanonsiarresta tuttaviaaquestopunto.Lariprenderitoccandolaappena,senza citare Artusi, Agnetti nella Nuova cucina delle specialità regionali del 1909, nel capitolodedicatoallaSicilia.Lericettesidiffondonoconlapostaeconlacartastampata,percorronograndidistanze, recuperando a ogni passaggio un’autenticità nuova. I maccheroni in particolare «sonomontatiallastazionediNapolinellorobravocarrozzonediprima,emagariditerzaclasse,sisonoimbarcati tranquillamente su uno dei tanti piroscafi del loro bel golfo, ed hanno percorsotrionfalmente,perlungoeperlargolecinquepartidelmondo»57.Dovesifermeranno?Unricettariostampato aHongKongalla finedegli anniTrenta, con testo a fronte inglese e cinese, comincia ilcapitolo sui Savouries con imacaroni à la Napolitaine. Bolliti per 20 minuti, vengono tagliati astrisciolineeconditiconburro,pomodoro,funghieprosciuttocotto58.Qualèstatalaloropenultimatappa?Laricercasullerottedellapastanonèancoracominciata.

6.IlmenùIlprimoproblemacheilmenùponeèterminologico.Anticamentelosiusavaformulareconun

titolo:pranzo,desinare,merenda,cenaseguitodalladatadelcalendarioedall’elencodellevivande.Laminuta, un francesismo, appare a fine Settecento con Corrado; la ritroviamo, sempre in areanapoletana,inCavalcantiefluttuapertuttaItalia.Laparolamenù(conaccentoosenza,allafrancese)trionfa nell’Ottocento e comincia a cadere in disgrazia quando i puristi del primoNovecento glipreferisconolistaonota(dipranziodellevivande).Ilsuoritorno,insiemeallacartadelristorante,seguel’ultimaguerramondialeedèdestinatoadurare.

Duesono lespeciedimenù,quelli riportatinei ricettariepiùraramente in testinondidattici,equellisciolti,scrittiostampatisucartoncino,distribuitiadpersonamnellasolaoccasioneconviviale.I primi li ritroviamonei trattati cinquecenteschi, e ininterrottamente sino ai giorni nostri.Gli altrisonopiùrecenti,omeglionesonopervenutisusupportocartaceoeinmodocontinuativoepercosìdire consuetudinario solo a iniziare dall’Ottocento. La carta dei ristoranti deriva dal menù delbanchettoesiaffermainItalianellagrandeindustriaalberghiera,organizzatasulmodellofrancese.

VariesonoleoccasioniincuivieneapparecchiatalatavolaprincipescanelCinquecentoequindiapparecomplessalatipologiadelmenù.Nellasuavestepiùsontuosaessoèpartedelprogrammadiunafesta.Il30maggio1529cenadipesce,commissionatadalcardinaleIppolitod’EsteaCristoforoMessisbugo.ÈunodeiquattordiciBanchetti citati e comincia con l’elencodegli ospiti illustri e ladescrizione dell’addobbo, inserendo la cena nello svolgersi delle celebrazioni. Si susseguono, aondate, più di 140 diversi cibi, ognuno accompagnato dal numero di piatti in cui disporli.A ogniintervallo fra i servizi corrisponde l’indicazione degli intermezzi musicali, canori, farseschi.Vengono offerte oltre 30 specie ittiche ma nessuna bevanda viene menzionata (la materia è dispettanzadelbottigliere).Si trattadiunmenù-programma,più cospicuodegli altri, organizzato indiciassette «vivande»o servizi successivi di otto piatti, che termina con formaggi e frutta fresche,sciroppate,glassate.

Fuoridaparticolarisolennità,esenzaospitiillustri,abbiamomenùdestinatiaserviredamodelloagli scalchi che li adatteranno alle diverse circostanze. Gran parte di quelli riportati da Scappirientrano in questa categoria.Essi comportano la data del calendario, ve n’è uno per ogni giornodell’anno, in funzionedelqualevengono scelti i cibi stagionali e rituali, grassiomagri.Pranzoecenasonoegualmentesegnalaticonirelativiservizi,alternativamentedicredenza(freddi)edicucina(caldi).Accantoaisingoli titolivisono lenoteprettamenteorganizzative: ilnumeroe lemansionidelle persone che sovrintendono, il numero di piatti e le quantità per ogni vivanda. Tali datipermettonodiquantificareillavoro,qualificandolasuadestinazione.Essipossonovenireomessiolasciatiall’apprezzamentodelloscalco,cometestimoniaRomolicheallungaeaccorciailnumerodeiservizi, e fornisce una «collatione per la sera» di soli sei piatti. Altri autori, come Crisci,semplificano la scansione del pranzo in tre fasi, freddo, caldo, frutti ognuna facente capo a unresponsabile.

Queste codificazioni, proprio perché variabili da un autore all’altro, evidenziano il valoreessenzialmenteprofessionaledelmenù,concertatoconillorosignoredairesponsabilidellamensa,unostrumentoperprevedere il fabbisognodelladispensa, il lavoro incucina.«Quando ilpadronevorràfareunconvito,dovrà loscalcoriceveredalmedesimoPadrone,osuoiSuperiorigliordiniopportuni,eisuoisentimenti,intornoaltrattamento,chevuolfareconiConvitati,econquantiPiattisi deono servire, e in ordine a ciò, deve il tutto notificarsi al Credenziero, allo Spenditore, e al

Cuoco»59.Lafunzionedelleliste«chedevetirareloScalcoa’suoiUfficiali»èquelladioffrireunpromemoria e un indicatore approssimativo della spesa e dell’impegno, fermo restando che lavarietà dei piatti è valutabile non solo giorno per giorno ma sull’intera settimana cui fannoriferimento.

Rossetti,chesidicescalcodiMadamaLucretiad’Este,descriveneldettagliolesueincombenze:«Quandocominciaiadessercitarel’ufficiodelloScalco,scrivevailsabbato,lecene,eidesinaridituttalasusseguentesettimana,evariavapiùchesapeva,esepoifralasettimanamisovenivameglio,quello faceva»60. Una previsione di massima, adattata giorno per giorno, per un numero d’ospitivariabile.Lacifraprecisadeicopertimancamalasupplisconoalcuniindicatori(ipiattidaservire,letavoledainstallare)chefornisconol’ordinedigrandezzadelbanchetto.Fissatoilquadro,loscalcoogni mattina controlla il libro mastro della dispensa e quello dello «spenditore» con prezzi eprovviste.Tre piatti di sei pernici arrosto con fette di cedro: la selvaggina viene approntata per ilgiorno successivo e rimessa nelle mani dei cuochi. Al momento del servizio, nelle cucine, un«imbanditore» legge la lista delle vivande da portare in tavola. Il menù nasce da questa doppiascrittura,daunprogettoedaunaseriedibilanci.Peraiutaregliscalchiintaleincombenza,vengonostampati dei libri senza ricette, quello diRossetti aFerrara, diCrisci aNapoli, con la funzionedipromemoriaeditestimonianza.

Quanto dura questa organizzazione della mensa principesca o prelatizia? Indubbiamente sinoall’Ottocento. L’influenza francese cambia di poco il rito, rinomina le «vivande» o i «servizi», leristruttura in una successione di zuppe, terrine, «hors d’oeuvre», «entrées», «relevés», indicate nelmenù,manonalterapuntolafunzionedeltestoscrittocheCorradoripartisceindue«imbandigioni»per un totale di 68 piatti. Unica variante, questi ultimi sono elencati in successione numerica, atestimonianzadiunaprogressionegustativa.Questoritualesopravvivenellaprimametàdelsecolosuccessivo, con il graduale passaggio dal servizio alla francese a quello cosiddetto alla russa61:GiovanniVialardi,chesifirmaaiutantecapocuocodiCarloAlbertoeVittorioEmanueleII,prescriveunasuccessionedi20vivandeconrelativivini,edi7altredidessert(formaggi,sorbetti,fruttaecc.)afronte di un identico numero, ma in due servizi alla francese. Indica il numero dei coperti, laprogressionedellevivandeeraccomanda:«ogniconvitatoavràlasuaminutascrittaacaratterichiaridi ciò che si serve per ordine di servizio»62. In questo caso ilmenù ha una doppia veste: per chipreparaeservebastaunmanoscrittomentreperchiconsumacivuollostampato.Aiprimiservedaspartito,aisecondifornisceunaistruttivalettura.

Nel nuovo regnod’Italia si avvertono i segni di una diversificazione delmenù funzionale alleoccasioni,aidiversiceti.Daordinedellevivandeinunbanchetto,essodiventailprogrammaper igiorniferialiefestivi.Ilricettariodomesticoel’agendadicasaregistranounventagliogradualediproposte,inordinedigrandezza:dellafesta,delladomenica,deigiornilavorativie,nell’arcodelleventiquattrore,della cenaopranzo serale, edella colazioneopranzodimezzogiorno.Due regolesembrano prevalere, quella di una serie di piatti crescente secondo le circostanze e quella di unadotazioneminimanonriducibile.Fra listegiornaliereastampaemanoscritte, ladifferenzaèpocosensibile. Prendendo le quattro portate suggerite da Dubini63 – minestra, una o due carni, oppurecarne e un contorno cotto, e dolce – «ilmemoriale» di una famiglia torinese agiata coincide conquestecifreperquantoriguardalasera,sidiscostainveceilmezzogiornoconduesolipiatti(pasta,carneecontorno).Intalcaso,lefrutta,chenonrichiedonolavoro,vengonoomesse.Ilcuocodicasascarabocchialamattinalesuenotechegliservonodapromemoriaperilmercatoeperilpranzo,perlacenaeperigiorniseguenti,menzionandoilnumerodeglieventualiinvitati.Ildettagliodeipiattiviene ripetuto verbalmente a tavola – in risposta alla domanda «che c’è oggi?» – e solo in

particolarissimeoccasionièmessoperiscritto.Ènelquadrodiunrichiamoall’ordineeallabuonacreanza,inunavitadomesticasempremeno

formale,chesiinserisceilmenùstampatosucartoneocartoncino.Lasuaapparizionesicollocafrail1820eil1835,conunapresenzadocumentatainparticolarenellecaseregnantieneibanchettidiStato64.Possiamoformularealcuneipotesisulleragionidelsuosuccesso,esullasuaassenzaprimadeltrionfodellacucinaborghese.NellacorteestenseincuiofficiavaMessisbugo,unserviziodidiecivivandedistribuitesullatavolaeradiperséunameravigliadestinataaripetersicinque,diecivolte,ognuna diversa, fra statuine di zucchero e lavori di pasta con volatile sorpresa. Qualsiasianticipazionesilasciassealloratrapelareguastaval’effetto.Nelpranzoottocentescoovel’appetitosidistribuiscesuogniportatainsuccessione,pernondireinunristoranteovetuttoèdarichiedereedapagare,ilmenùèanticipazione.Daprogrammadilavoroediservizio,sitraduceinunapromessaouna offerta di servizi e di piatti. Appannaggio del cuoco e dello scalco, passa nelle mani delcommensalecheselostudia.Ilcopionedelbanchettoèorauncomponimentolitografico,coninomidelle vivande in colonna e delle immagini che celebrano la casa, il locale, l’occasione, oppure –disegnid’artista–illustranolapromessacucina.Vifiguranoivini,e,sesonoprevistiintrattenimentimusicali,ititolideibranidaeseguire.

Spessoillinguaggioimpiegato,ipersonaggicuialludonoipiattilascianocheuncertomisteroaleggisull’eventogastronomico.Sene lamentava ilRajberti,diqueipranzidellegrandicasedove«ognicopertovamunitodellalistadellevivande,scrittaperdueterziinfrancese,eperunterzoininglese(giacchéinlinguaitaliananonèpermessonemmenomangiare)»65.Mailpeggiosuccedealristorante dove solo l’habitué se la cava senza aiuto. Potage Nelson, Consommé Sarah Bernhardtleggiamoa capodi una lista delGrandHotel diFirenzenell’anno1900, per indicareunbrododifilettidibueeprosciuttoeunaltrodipolloconpuntediasparagiechampagne66.Lesingolevocidelmenù intimidiscono i profani, confondono i gaudenti: solo il maître può sciogliere il mistero. Ilbrodointazzavieneallorasorbitoinpochecucchiaiateeiltitolodimenticato.

Contrariamentealricettariocheèuncodicedaconsultarsiperbenfareobengiudicare,ilmenùèunattoufficiale,burocraticoomercantile.Vieneinfattiripetutamentemessoperiscritto.Incasaèilpromemoriacheilcuocoscribacchia,lamattina,sudettaturadelpadrone,poiilcartoncinostampato,spedito in busta all’indirizzo del futuro ospite, o messo in tavola accanto al suo segnaposto. Nelristorante dell’albergo è anche una breve nota che il maître redige in sala davanti a un tavolo,trasmetteallecucineepresenta,conilnomediconto,dapagareallafinedelpasto.Siamodifronteauna registrazione reiterata che conferisce solennità all’appetito, ne anticipa la soddisfazione, nesancisce l’appagamento. Il menù, scritto e stampato, è il tipico rito ottocentesco trasmesso dagliaristocratici aiborghesiper archiviare lamemoriadelpasto.Nona casoèd’obbligonellegrandioccasioni, matrimoni e anniversari. La carta del ristorante, suddivisa nei servizi (sino a dodicinell’alta cucina francese)67 ed espressa in più lingue, ne è l’amplificazione modulare, nonpersonalizzata.Derivatodaquest’ultima,puressendoresonotoancheperaffissione,èilmenùdellecollettività quali l’esercito, la marina, le compagnie civili di navigazione. Il cuciniere militareprogramma il rancionelle formeenel linguaggiodiun ristorantemodesto, conduepiatti fissidicucinaelafrutta68.Nelmenùdegliufficiali,laterminologiagastronomicaèmoltopiùevidente.

Ma sono proprio indispensabili la carta e il cartoncino? L’annuncio scritto del pasto ha unaapplicazionecontraddittoriainmoltiaspettidellavitaattuale.Incasaappareunmodocompassatoeobsoleto di invitare a tavola, e il suo uso è scomparso con altri, il segnaposto per esempio; alristorante invece l’assenzadiunacartaconpiattieprezzièdisdicevole,presupponeun trattamentofamiliareopeggio.Inpubblicotuttovascritto,affisso,annunciatoachiarelettere,conimmaginiper

chi legge male o, straniero, non capisce. È il risultato dell’alfabetizzazione e di una culturaconsumeristicaanalitica fondatasulgiustoprezzo,chesegna la finedelcontratto tacito,personale.Per valutare appieno che cosa abbia significato ilmenùdei signori o quello di ungrande albergobisognadimenticarsiperunistantedelsupportocartaceoericordareunpassatoancorarecenteincuinella locandaenell’osteria tuttopassavadivoce invoce,dal tavoloal servoalla cucina, sinoallarichiestafinaledidenaro.L’osteha lesuericette, leamministracomepuò,dandoneannuncio.Nonc’è nulla da annotare, tranne le forniture e i conti di gestione, perché, da una generazione allaseguente,si ripetono lepietanzecheDiovuole,eanche lenuovesonosemprecosedell’ortoedelmercato. L’avventore rustico o borghese si accomoda a quest’uso informale e, prestato un rapidoascolto,chiedespiegazioni, faeventualmenteungiro incucina,sceglieesi lasciaservire.Nulladiscrittoeunasceltachedipendedaigiorni,cheilmaltempopuòmodificare.PaoloMonellicompendiainunaformulasublimequestomenùorale,propostodalpadronediuna trattoriadiPescara:«Vaasedere,cepienzeie»69.

VI.Leparoledelcibo

1.LineeguidaperunacronologiaAlmenotresonolelinguedellascritturaculinariainItalia:illatino,alleorigini,ilfrancesedalla

finedelSeicentoeunvolgare toscanoonnipresenteemutevole,declinatocon inflessionidialettali.Per ricette, ricettari e menù, che forniscono gran parte della terminologia, è possibile precisarealcune scansioni cronologico-linguistiche, che rinviano, in buona parte, al regime degli scambisociali e culturali. In latino è redatta una parte della didattica culinaria sino alla metà delQuattrocento,mentre il primo libro esplicitamente tradotto dal francese è ilCuoco francese di LaVarenne,stampatoaBolognanel1682.Daquestadata,ilnumerodioperechesirifannoaesperienzeparigine cresce, così come l’importanza dei prestiti nel lessico professionale, che diventa unintruglio di gallicismi. In quale anno può dirsi conclusa l’influenza della lingua francese?Probabilmentedopol’ultimaguerramondiale,inseguitoallaqualel’influssodiventafraiduepaesi,reciprocoeintenso.

Ilvolgare toscanoè statoadottato incucinaconvarianti regionalidallametàdelQuattrocento:fornisceunalinguacomuneallecorti,purassimilandousilinguisticilocaliepopolariepurfinendoper accettare lemmidi ogniprovenienza, francese egermanica, atti a designarederrate, vivande emanipolazioni.Quantoaiservioallepersonediservizio,essiparlano,piùchescrivere, ildialettonativoolocaleeunpocod’italianocheèlinguafacilmentecondizionatadallemodeedagliumoridei signori, con la tendenza a modificarsi dall’alto e dal basso. Nell’Ottocento numerosi sono iricettarititolatioredattiparzialmenteindialettooconapportiqualificantiinquestosenso;lostessodicasiperunavivaceletteraturabacchicaeconvivialecuieradevolutoilcompitodirivitalizzarelalingua«autentica»delfocolare.

Con queste grossolane precisazioni, non si vuole far luce sulla formazione di un gergoprofessionalecheattingeaesperienzevicinee lontane, che si adeguaa scuoleemodelli (per tuttol’OttocentoeunapartedelNovecento,francesi)acclimatandoli.Piuttostosenesottolineailcarattereaperto, duttile, ribelle alla scuola e all’ortografia, con orientamenti, sin dalle origini, non sempreunivoci nei diversi ambiti dell’ospitalità, del servizio, della tavola. Proprio per la sua naturamutevole,disprezzatadagliuominidi lettere, il lessicodi cucinaapparedebitoredi culture servilinonsempreadeguatamenteespresseneimanoscrittienellastampa.Èinoltrecontrassegnatodairuoli:lochefe laserva-cuocanonpreparano lestessevivandenédesignanola lorooperanelmedesimomodo.L’unoutilizzadiversiregistricomeipropricommensali,l’altraricorrealdialetto,ehacomeportavocelapropriapadrona.Lalinguafemminileedomestica,prevalentementeorale,intrattieneunrapportodiosmosisegreta,difficiledavalutare,con l’altrausatadaiprofessionistie registrataneilibri,almenosinoallascolarizzazioneobbligatoria.Misconosciuta,soltanto in tempi recentiessaèriconoscibileneimanuali.

Aquestelineediconfine,assailabili,nevaaggiuntaun’ultima,attuale.Itentatividiportarordinenelleparlatedellacucina,particolarmentesensibilidopol’unitàd’Italia,sononaufragatiinsiemeallalegislazioneneopuristadelfascismo.SindaglianniCinquantailpaesesarebbedovutotornareterradiconquistaper ibarbarismi,parte francesi,parteanglosassoni.Cosìè statosolo inpiccolaparte,ovvero si è verificato proprio il contrario, con una esportazione sempre più attiva, artigianale e

industriale,diprodottiepiatti.L’italianoculinariovieneoggimessoasacconeiristorantidimezzomondo, e coloritamente spennellato nelle insegne e nei menù. La pizza, quale che sia la suaetimologia,harovesciatoognitendenza.

2.InlatinoFinoalSeicentoeoltre,illatinoèlalinguadottaincuisiesprimonogliuominidiscienzache

scrivonodialimentazione. IlLiberruraliumcommodorum diPierode’Crescenzi (1304-1309) èunesempiodella trattatisticaagronomicaintalelinguaedellasuafortuna,conisuoivolgarizzamentifra Tre e Cinquecento. Pantaleone da Confienza, medico, agronomo e viaggiatore, nella Summalacticiniorum (1477) racconta delle sue esperienze di viaggio ed espone i procedimenti difabbricazionedeiformaggielalorotipologiaitalianaedeuropea.Intesadatuttiiletterati,èquestalalinguascrittapereccellenza.Lostessovaleperladieteticamedica,almenofinoatuttoilXVIIsecolo.Che la terminologia scientifica sia stata concepita a uso esclusivodei dotti è indubbio, anche se illoro discorso si presta a essere divulgato e può risultare trasparente ai profani. Le formule dellaScuolasalernitanasonoritmicamenteespresseinunlessicoassaivicinoalvolgare:«bonasuntovacandida,longa,nova»1.

Anchelacucina,comelearticheesigonounadidattica,siavvale,sinoallametàdelQuattrocento,dellatinocomestrumentoespressivo.Mapiùchedilatinodovremmoparlarediungergoarricchitodineologismivolgari, rimodellato inunagrammaticae inunasintassidiorigineclassica,detto inItalia «latinuccio o latinaccio» e in Francia appunto «latin de cuisine» o «latin rosty», arrostito,arsiccio. Il più antico ricettario anoipervenuto è ilLiberdecoquina, forse destinato alla corte diCarlo II d’Angiò re diNapoli, intorno alla fine delDuecento.Vi ritroviamo non solo le formuleinternazionali (de brodio provincialico [provenzale], theotonico, gallicano, yspanico) ma leoperazioni più umili presumibilmente delegate dal cuoco agli sguatteri:Recipe cicera et pone addistemperandumperunamnocteminlexiviobenesalsato.Maneautem,abluasbenecumaquatepida(prendi i ceci emettili a bagno per una notte in acqua salata. Lamattina seguente lavali bene conacquatiepida)2.Illatinopermettevadifissarerubricheeprecettilapidari,autorevoli,senzatralasciarele fasi più semplici della preparazione.Gli stessimanoscritti di ricette in volgare, comequello diMaestroMartino,lopossonoutilizzare,peresempionellatitolazione:Librodeartecoquinaria.

Illessicolatinoequellovolgarenonsonoalternativi,nésembranodesignareincucinaduelivellidi enunciazione e di competenza gerarchici. Si prestano a contaminazioni reciproche, quando nonstimolano l’opera dei traduttori. L’Anonimo toscano del Trecento, nel Libro della cucina, cosìcomincialaricettaDelatortaparmesana:«Toglipullismembratietagliatiefriggiliconlecipollebentrite»3.NelLiberdecoquinacitato,cheneèlafonte,leggiamo:«Adtortamparmesanamrecipepullosbenedepilatoset incisosveldemenbratos»4. Inquest’ultimomanoscrittosidàunaricettadeifagioli in uso nella «marca trevigiana»: «Pone faseolos bullitos descacatos ad coquendum cumcarnibussalsatis»,cosìtradotto,senzabadartroppoallagrammaticaesenzaarticoli,dall’Anonimotoscano:«Metti fasoli bulliti, descaccati, a cocere concarne insalata».Parlarequindidiuna linguaveicolare(latina)anterioreosuperioreparrebbedubbio,tantopiùcheitestilatiniequellitradottiinvolgare si avvicendano nelle raccolte manoscritte, e i primi sono lungi dal fornire la versioneinternazionaleodottadellericette.

Nonèraroilfenomenocontrario:unumanistacomeilPlatinatraducepassidelricettariovolgarediMaestroMartino, iscrivendolo inunmodelloaun tempoforbitoesquisitamente trattatistico.Lagerarchia delle due lingue ha qui un valore emblematico, senza inibire altri modi espressivi. LadivulgazionedelmanoscrittoequindidelvolumeastampadiMaestroMartinononsiarrestaalDehonesta voluptate et valitudine5. Il Liber de coquina viene plagiato in volgare da Giovanni de’Rosselli,nel1518,liberamentetrasferitoinfranceseconiltitoloPlatineenfrançais(Lione1505)e

in tedesco nel volume Von der Eerlichen zimlichen, auch erlaubten Wolust (Augsburg 1542). Lacircolazione delle ricette, da una lingua all’altra, avviene secondo il procedimento non dellatraduzione,madelliberoadattamentoodellarifusioneinuncorpuspreesistente.Questapraticarestatuttora lapiùdiffusanel trasmettere,daunpaeseall’altro, ildettatodiunaqualsivoglia formula,edeveesseretenutaindebitocontonelvalutareimodellilinguisticidellericette.

Altraquestione,quelladellaterminologia.Essaesistenelleduelinguesenzabisognodiricorreresaltuariamentealemmidell’unaodell’altrapergiustificaretaleotalaltraoperazione:raviolos6èlalatinizzazione di ravioli, più vicina della variante rafioli7 all’esito attuale. Restano ovviamente ilemmioscuri.Quandoifagiolisono«descaccati»nell’unae«descacatos»nell’altra,ilproblemanonècomparareiterminimaattribuireaentrambiunsenso,chesiavvicinaprobabilmentea«distaccati»cioè«toltidalbaccello».

Senza entrare nel merito di un genere che esigerebbe una analisi letteraria, l’esistenza di unlatinucciomaccheronicoante litteramè indubbia.ConTeofiloFolengo,aliasMerlinCocai,questolessicoriceveunadignitàpoeticaarricchendosidiunsostratodivocipadanerilatinizzate. Ilgergomaccheronico tuttavianonserveamisurare l’ibridazionedi latinoevolgare, semmaiavalutare lapressione dei dialetti e dell’imbastardimento della cultura classica su entrambi. La comunicazionelatina non deve essere circoscritta ai primi ricettari o ai loro epigoni giocosi, come le doctrinaecosinandiviginti, ventidue formule culinarie delBaldus diMerlinCocai8. Essa ha esiti duraturi inmonografieelibelli,intuttaEuropa,fraCinqueeSeicento,dalDerecibariadiBruyerinChampier(Lione1560),unadescrizionedelpanoramanutritivofrancese,allaDenaturalivinorumhistoriadiAndreaBacci(1596),grandeenciclopediaenologica,alTractatusdebutyrodell’olandeseSchookius(Groningen 1664), consacrato a una sola derrata, il burro. Si tratta, in questi casi, di un codicelinguisticoumanisticamenteriformato,indirizzatoallacomunitàdeidotti,bendiversodaquellodellericette che eramodesto senon incolto.L’esistenzadi unapoesia latina classicheggiante, con scopididatticiescolastici,èunaltrofiloned’altoprofilo,attestatosinoatuttoilSettecento:ipoemettilatinidell’abateGaetanoBuganzasulatte,caffèecocomeririentranoapienotitolo,comedocumenti,nellastoriadeiconsumialimentari9.

Non si può dimenticare, infine, un versante della letteratura latina moderna di particolarerilevanzastoriografica.L’alimentazionee lamensaromanevengonostudiatedaeditorie letteratieforniscono della gastronomia una prima traccia storica, circoscritta all’antichità. Ne trattano ilCiacconiuseFulvioOrsininelDetriclinioromano10eAndreaBaccinelDeconviviis antiquorum11

chefaseguitoallasuaoperasuiviniemetteaconfrontoilmondopagano,conlesueeccentricità,equellocristianoecuriale.LaRomamodernaèoggettodiuninteressealtrettantovivacemadaaltripuntidivista:ilDevicturomanorumdiAlessandroPetronio(1581),tradottoundiciannidopoconiltitoloDelviverdelliromani, fornisceun’indaginesullecondizioniambientali, sanitarieedietetichedellacapitale12.Glieruditiconcitazioniditesticlassicieapparatifilologicifornisconomateriaallaricostruzionedellavitaquotidianaintuttiisuoiaspetti,e,confortatidallacontinuitàdialcunimodelliinparticolaremedico-dietetici, procedonoaunapprocciocomparativodi consumie riti.Dietro leriverite fonti e lo spoglio metodico di lettere, leggi, memorie sta tuttavia, oltre all’interessestoricistico,unintentoapologetico(dellacenacattolica)eunmito,l’ineguagliatamagnificenzaelestravaganzediunbanchettoincuivenivanoservitelinguedifenicottero,crestestrappateagalliviviecalcagni di cammello13. Lo stupore e l’indignazione non sembrano essersi attenuati, tanto tempodopo,nelledissertazionie lezioniaccademichefra lequali lapiùcelebreè, involgare,DelvittoedellecenedegliantichidiGiuseppeAveranipubblicatapostumanel1761.

Altrititoliesercitano,piùcheunainfluenzaconcretasullaricerca,ilruolodireferenzasimbolica:

è il caso del De re coquinaria, stampato a Milano nel 1498 e reimpresso a Venezia, maapparentemente sconosciuto al Ciacconius e a Bacci, laddove la figura di Apicio è da loroevidenziata,servendodastimoloperunariflessionesuimodelligastronomiciesullalorodiversitàepocale, sul rapportomutevole fracibo,gusto, ricchezzaeciviltà.Apicioèunnomesacro,moltonotoepocoletto,chelagastronomiainlinguaitalianariesumaperiodicamente,quasiacelebrareconessogliiniziatoridiun’artesplendidaediungeneredidascalico.

3.InvolgareInFrancia,GermaniaeInghilterra,ladiffusionediraccoltediricetteinvolgareèuniformemente

attestatanellasecondametàdelTrecento.Alcunimanoscritticircolanoconl’attribuzioneauncuoco(Le Viandier di Taillevent)14, altri si presentano come libri di casa (ilBuoch von guoter speise diWurtzburg)15.InItalia,prevaleneiricettaricoeviiltoscano,purconqualcheeccezione,fracuilapiùimportante è il Libro per cuoco trascritto, se non redatto, da un veneziano16. Il Libro de artecoquinariaèlaprimaraccoltad’autoreformulatainquellachesaràlalinguaaulicadelladidattica:èoperadiMaestroMartinoticinese,vissutoaRomaversolametàdelQuattrocento.Nellesueformulesi riconosce anzitutto l’originalità, rispetto ai predecedenti manoscritti in latino e volgare, quindil’usodiunaterminologiaricca,conprodotti,modalitàdicottura,diaddobbo,dipresentazioneediservizio. Accanto a derrate ben note che danno il titolo alle ricette (ortaggi, carni e pesci) nonmancanodenominazionigastronomicheoriginali:glizanzarelli17,peresempio,unimpastodiuova,cacioepangrattato,foggiatoa«bocconcelli»,cottinelbrodo.Ilcodiceinternazionaleèegualmenterecepitoconilmirrausecatalanoeilbiancomangiarecheritroviamoneiricettarimedievalifrancesi(blanc-manger), tedeschi (blamensir) e inglesi (blankmanger,blomanger). È soprattutto nei verbi(indicanti le operazioni culinarie) che il lessicodiMaestroMartino si rivela sicuro e consolidato,dalle cotture varie e graduali, descritte nelle loro fasi, agli impasti ottenuti «distemparando» e«incorporando»gliingredienti.

AMaestroMartinofadacontrofiguraintellettualeBartolomeoSacchidettoilPlatinaconilsuoDehonestavoluptate,verosimilmentescrittoapartiredal146718.L’ipotesidiunacreazioneaquattromani dell’opera del cuoco e di quella dell’umanista è stata ripetutamente avanzata19. Platina segueMartinonelle suecreazioni,e registra lezanzarelle nelproprio trattato.Èun sodaliziochehaunacertafortuna.Ilcuoconondiradodettalapropriaesperienzaesiavvalediunestensore«letterato»,ovvero,nelcorsodellapropriacarriera,acquisisce,conglionori,unprestigiocheglipermettedifirmare, in modo credibile, l’opera che dà alle stampe. Diversi sono i ruoli delle persone che sioccupanodellatavoladelprincipeeinegualeilgradodicultura:scalchietrincianti,acontattoconilsignore, possono essere insigniti di titoli nobiliari (Messisbugo è conte palatino, Latini diventeràconte dello speron d’oro); fra i cuochi stessi esiste una gerarchia, e Scappi si firmerà «cuocosegreto», cioè privato, di Pio V. Sulla stesura delle loro opere poco sappiamo, a tal punto unricettario sfugge, sino ai giorni nostri, a quelli che sono i criteri di certificazione della paternitàletteraria.

Il ricettario cinquecentesco compendia due competenze distinte, quella del cuoco e quella delresponsabiledellamensaedelserviziodelprincipe(odelpapa);presuppone,inoltre,unoscribacheregistri via via le formule, e un uomo di lettere che le istruisca per la stampa. L’ordine didistribuzione della materia tiene conto dei servizi, dei settori merceologici, delle prescrizionireligiose (il grasso e il magro), delle norme dietetiche e dei comparti operativi; alle ricettecorrispondonoimenùeilresocontodeibanchetti.Particolareèlostatutodeititolideipiatti,destinatisiaallarubricazionenellecucinecheneibanchetti,e,inquantotali,appartenentialledenominazionipropriedelservizioedelconsumo.Latitolazionecinquecentescaèassairicca.Nell’OperadiScappiprevale ilmoduloprescrittivoper le ricette (Per fareminestradi piselli secchi) e descrittivoper imenù(minestradipiselliconpanciadistorione),secondounatipologiaincuifiguranoladerrataeicondimenti(carcioficottiserviticonsaleepepe),ilmanufatto(frittelle),iltipodicottura(fritturadimareservitaconlimoncellitagliatisopra),l’utensileimpiegato(percuoceresardesulagraticola)e

via dicendo. Sunto della ricetta, il titolo ne menziona le caratteristiche, rivestendo una doppiaintelligibilità, per chi prepara e per chi consuma. Si ascrive il piatto a una cultura culinariadeterminata(budiniallaFrancese,offelleallaMilanese),precisandodoveèpossibilelaprovenienzadelle derrate (cacio parmigiano). Contrariamente all’uso tardo-ottocentesco, rarissimi sono idedicatari della ricetta, o i nomi del cuoco o dello scalco ascritti al piatto, mentre è esplicita lavolontà di rendere trasparente la natura dell’oggetto commestibile (Per arrostire il gallo, & laGallinad’India,liqualiinalcunilochid’Italiasidimandanopavonid’India)20.

Oltre cheun repertoriodi titoli divivandeedimenù, cui si limitanoopere come loScalco diRossetti21, il ricettario è un compendio linguistico-lessicografico: vi troviamo la definizione deiprodotti(Illuccioèpescemoltoconosciuto,edistaturalungoetondo;&halaboccaconunordinedidentiacuti,emaggiormenteigrossi,liqualisipiglianoindiversilaghicomequeldiPerugia,diBolsena,diVico)22,illessicodeltaglio(Piglisiillomboconalquantodelsuograsso)edellacottura(Facciasiscaldarelapala,ecomesaràbencaldaongasiconunacoticadiporco),l’inventariodeglistrumentidicucinaediservizio(eventualmentecorredatodatavoleincise).Ilconsultoconilmedico,la formulazione di diete per convalescenti e malati conferiscono infine al cuoco una missionedelicata,assuntaconlacoscienzanonsolodifareilbenemadirenderepiacevolelasofferenza.Pro-memoria della confezione di vivande, il ricettario, grazie a Scappi, diventa enciclopedia delleconoscenzenutritive.

In che misura questa trattazione didattica, particolarmente ricca nel secondo Cinquecento, èrecepitadallalessicografianascente?LaprimaedizionedeldizionariodellaCrusca,del1612,mostrachiaramentecomelaterminologiaculinariavengatenutaabuonadistanzadallostudiolodell’uomodilettere.AncheesaminandooperazionicheScappiistruisceinmodosemplice,comelacotturadelleuova,mancano riscontri non solo per le uovabarbagliate o quelle affrittellate,ma per la frittatastessa che non merita un esponente, sia che i vocaboli più banali appaiano irrilevanti al di fuoridell’ambitopropriodelconsumo,siacheessiricevanounamenzionesolodopoesserestatirecepitida poeti o novellieri. Imaccheroni sì, perché in Boccaccio, gli gnocchi no, pur essendo talvoltasinonimicomeapparedauntitolodiScappi:Perfarminestradimaccaroni,dettignocchi23.Sepoi,rinunciandoallaCrusca,sicercaneivocabolaribilingui,lacuriositàrestainsoddisfatta.PierreCanalchenel1598pubblicaunDictionnaire françoiset italiencitagnocchiepappardelle, traducendogliuni comemacarons e definendo le altre cibo di pasta24. Se molti più lemmi della lingua parlatavengono recepiti da coloro che aiutano gente estranea a intendersi, sono allora le definizioni e itraducentichefannodifetto.Unaterminologiacodificataanzituttooralmente,trasmessadaoperatorisemianalfabetiascribiedaintendentidipalazzoauominidilettere,trovadunquescarsaaccoglienzainquellesedicomelaCruscacheprivilegianolabellascrittura,etrovaimpreparatiicompilatoridivocabolaribilingui,pococonsapevolidellasuaesistenza.

La prudenza lessicografica nei confronti dei gerghi di mestiere rappresenta una delle costantidellanostratradizioneculturale,edèilriflesso,oltrechediunasocietàaristocraticacheabbandonaaiservilaculturadelcibo,diundisinteressedei«letterati»perleartimeccanicheeingenereperlavitadomestica.LostessocorpusdioperegastronomicheassuntodalGrandedizionariodellalinguaitaliana(quandoera)direttodaSalvatoreBattagliasiriducevaall’antologiaditesticuratadaEmilioFaccioli25.CertovitroviamoIlpadredifamigliadiTorquatoTasso,evièaccoltaintotolaScienzaincucina,senzalevareilsospettochelasuapresenzasiaimputabilealneopurismodiArtusi(dicuisidiràoltre).IprestitidegliscalchiauncodiceinternazionaleeilgergoinfrancesitodelSettecentovisono egualmente banditi. Un’indagine sui ricettari è cominciata solo da due decenni con esitifruttuosi.LospogliodellessicodiCristoforoMessisbugohapermessononsolodiretrodataremolti

terminidicucinaal1549,madivalutarnealcuniaspetti fondamentali: l’usodiun toscano impostodallecortiedallastampa,uniformementeadottatodatuttigliautori,lapersistenzadiuncertonumerodi forestierismi, fra i quali spiccano quelli di origine francese, e una presenza significativa didialettalismi.Allanascitadiuna terminologiaprofessionale iBanchetti, compositionidi vivandeetapparecchio generale di Messisbugo hanno sicuramente, per primi, contribuito, con un modelloapertoaiprestitieunaformulazioneinvolgaretoscanoautorevole26.

Iricettarinonsonotuttavialasolafontelinguisticaaesseretardivamenteriscoperta.Laletteraturagiocosa, che tratta volentieri di temi mangerecci, trova accoglienza prudente nel vocabolario del1612.Icapitoliberneschisuqualsivogliacommestibile,purchédegnodisottintesigoderecciesalaci,dallecaroteai fichiallesalsicce27, laFormaggiatadisereStentatodiGiulioLandiappartengonoapienotitoloallescritturedeiletterati,cosìcomeilCommentariodellepiùnotabiliemostruosecosed’Italia diOrtensioLando,uno straordinarioviaggio attraversoprodotti tipici epietanze locali. Ilpullulare di pseudo-improvvisazioni poetiche e di impertinenti encomi rappresenta l’altro versantelinguisticamente creativodella letteraturagastronomica cinquecentesca, in cui si ritrovaun aspettodel cibo spesso taciuto dai ricettari: il consumo, onnivoro nell’esposizione del catalogo dellespecialità gastronomiche e geografiche, che assegna un lessico a ogni prodotto, che permette diconfrontare, fra le conserve, salumi e formaggi28. Il gusto, interpretato dai descrittori del valoreorganoletticoedel sapore,dell’effettodiunavivandaedella sua ricezione,haunasuaparticolareespressivitàdellaqualeimigliorigiudicisonopropriocoloroche,permeritodipenna,sonoinvitatiallatavoladelprincipe.

Nonmancanodunqueletteratighiotticheassegnanounagrammaticaaisaporiechevantanonellevivande il mestiere di cuochi e scalchi. La scarsa cultura dei maggiori di costoro, nelle corti diFerrara, di Roma e di Mantova, non pare suffragata da opere che, pure rivedute e corrette,domandavano nozioni merceologiche estese, dimestichezza con i cerimoniali di corte e una fineconoscenza degli appetiti. L’arte di ben cucinare di Bartolomeo Stefani29, cuoco bolognese alservizio deiGonzaga, proverebbe inoltre che l’eleganza di una dedica e una certa forbita sagacianell’istruireicapicuochinonguastavano.Eglipossiedeunfeliceepersonaledominiodellaretorica,o almeno un «suggeritore» d’alto profilo.La presentazione delle sue «tesi d’imbrodata Filosofia»alle«IllustrissimeetEccellentissimeSignore»èdegnadiunbuonletterato,cosìcomelaricercadellemiglioriderrate,calendarioecartageograficaallamano.Ilsuocatalogodellemiglioricosed’Italiarivaleggia con quello di un Ortensio Lando, o meglio lo riformula dal punto di vista non delviaggiatorecurioso,madichihamemoria,buongusto,unabrigatanumerosadigarzonieattingeallaborsadiunriccoprincipe.

Duesecolidiricettari,daMaestroMartinoaStefani,hannodotatodunquelecucineitalianediunduraturo e consolidato stile di comunicazione?La risposta non può essere che dubbiosa. La bellalingua di Scappi e Stefani, senza una adeguata ricezione lessicografica, senza riconoscimentiistituzionali, accolta comemero riflesso dello stile di vita della corte, resta una voce fragile, attatutt’alpiùavenirreplicatadaalcunicapicuochiambiziosi.Malgradoprestitieadattamenti,essanonsi imponealdi fuoridell’Italianéviene tradotta inqueipaesicomelaFranciache,fra il1570e il1650,nonavevanolibridicucinadastampare.Rovesciandoiterminidelproblema,eimputandoaimodelliculinari imperniati sulbanchettoesulla festa ladecadenzadiquelgenereparticolaredellaletteraturadidatticacheè il ricettario, il risultatononcambia:uncorpus senzaeguali inEuropa siisterilisce, dopo l’Arte di ben cucinare di Stefani, a tal punto da inaugurare decenni di silenziocompensatidamodestetraduzioniconqualcheambizioncella.I terminidelladispensa,dellacucina,della pasticceria, la descrizione delle opere di cottura e di condimento ovviamente continuano a

essereintesieusati,maiprogrammimutanoeconessilacostruzionedeipiatti,permettendoinnestisempre più frequenti di barbarismi, adeguando il modello esplicativo al canone francese che,trionfandoinsala,vieneforzosamenteimpostoalletestepensantidellaservitù.

4.Ilfranco-italianoTredici ristampe delCuoco francese di La Varenne, dal 1682 al 1826, otto delCuoco reale e

cittadino di François Massialot, fra il 1724 e il 1791. Il cuoco piemontese perfezionato a Parigiottiene risultati ancoramigliori con 23 edizioni, aTorino,Milano, Firenze eVenezia, dal 1766 al1855.L’intervallomassimofral’unael’altraèdinoveanni.Quest’ultimoricettariononè,comediceiltitolo,ilraccontodiuntirociniopiemonteseconpraticaoltralpe,maunacompilazione«perlopiùtrattadaLacuisinièrebourgeoisediMenon»30.AdAntonioLatinisidevel’ultimodeigrandiricettariitaliani: dopo il 1694 l’invasione comincia, degli originali e delle traduzioni, con un marcatospostamento delle aree di riferimento editoriale daMantova, Bologna, Roma e il Napoletano, nelSeicento,alPiemonteperbuonapartedeiduesecoliseguenti.Èunfenomenopropriamenteitaliano:leappenadueedizionitedeschediMassialoteilParisischeKuchemeister ispiratoaLaVarenne,del1667, ne sottolineano l’ampiezza31. Non si tratta solo di una curiosità per la cucina di Versailles,condivisa in tutta Europa a partire dalla prima metà del Settecento, ma di una riforma profondadell’italianoculinarioconilricorsoallatraduzioneeallaneologia.UnconfrontofraLoscalcoallamodernadiAntonioLatini,editoaNapolinel1692enel1694,eIlcuocofrancesedel1693,stampatoa Bologna da Longhi, appare istruttivo. Laminestra di cipolle o di riso diventa potacchio con lacipollaepotacchiodiriso,riportandoinaugeunterminederivatodalfranceseeusato,nellaformapottaggio,daScappi;nascelabisca(dabisque)altrimentidenominatapottacchioallafrancese.Ititolidellevivandesubisconoilprimoimpatto: ledenominazionicomuniallecucineealservizio,echesuonanoalcommensalecomeilprimo, indispensabileadeguamentoallamoda.Le incongruenzesifannostradaeipiattitipiciospacciatipertalioltralpevengonoriprodotticonlamedesimaoriginegeografica: il rappreso di Brettagna sono le caillebottes de Bretagne. La doppia denominazioneinterviene quando italianizzare il termine nonbasta a renderlo intelligibile:Delle rissole specie ditortelli32.

L’introduzionedellevocistraniereavvieneconIlcuocopiemonteseperfezionatoaParigi.Ititolidelle 31 ricette dedicate al bue comportano 12 termini francesi relativi a modi di preparazione ecottura, più uno a ricalco (carbonata o costa di bue in papigliote: «en papillotte» significa «alcartoccio») e uno solo inglese (beest steks a l’inglese). L’infiltrazione è sempre più sensibileall’interno delle ricette e lo scalogno diventa échalotte. Nelle indicazioni di servizio e nei menùfiguranoentrées,horsd’oeuvreeassiette(unsingolareerroneo,perdesignareipiattellidibiscottiniefruttaseccaafinepasto).Questiinnesti,daunricettarioall’altro,sitraduconoinunaterminologiaibridachefavorisceilbilinguismo,omegliountriplicelessicoitaliano,franceseefranco-italiano,con varianti ortografiche e trascrizioni fonetiche molto libere. Con l’Apicio moderno (1790) ilprocessodigallicizzazionedellaterminologiapuòdirsicompiutoancheinopereoriginalieitaliane.Il romanoFrancescoLeonardiha fatto il suo«noviziato»aParigi,nellacucinadelMaresciallodiRichelieu,halavoratoinNapoliperilprincipediFrancavilla(«cucinadeltuttofrancese»),èstatoaPietroburgomaestrodicasadelprincipeOrlov,efinalmenteèassurtoalgradodicuocodiCaterinaII33. Il suo curriculum, lontano daRoma comepure daParigi,mostra chiaramente l’egemonia delmodello francese che fornisce la terminologia internazionale, senza precludere a un cittadinoromanofamaeoriginalità.All’iniziodelprimovolume,ibrodicherappresentanoiprincipidiognisalsa,esonooggettodiunostudiopercosìdirealchemico,cosìvengonoenunciati:brodogenerale,suage, consomè, biondo di Mongana, restoran, tablette, sugo, culì, essenza. Sei su novedenominazionivengonodalfrancese,duescrittecorrettamente(suage, tablette), lealtrepasticciate.

Allanormaortografica,impraticabiledalpersonaleinservizio,Leonardipreferisceunatrascrizionefonetica:

Rapportoperòanomide’piatti,zuppe,salse,oaltrosirendeimpossibilecambiarli,dovendoseglidarequellocheportanosecodallalorooriginesiaitaliano,francese,od’altranazione.Lostessohocredutodifaredell’ortografiafranceseservendomisoltantodeinomitradotti in pronunzia italiana, e ciò per lamaggiore intelligenzadi quelli, chenon sannoquell’idioma, ondenon recheràmeraviglia ditrovaredettinomicomesipronunziano,enoncomesiscrivono34.

Storpiature ortografiche, accenti sghembi, italianizzazioni fonetiche fanno del francese delcapocuocoungergomaccheronicoealtolocato,difficiledaapprendereedifficilissimodaritenere,al punto che Leonardi premette alle ricette dell’Apiciomoderno una spiegazionedi alcuni terminifrancesi, ed italiani usitati nella cucina, dei quali l’autore si è servito nella composizione diquest’opera. Ne riportiamo alcuni nel loro ordine, per una migliore intelligenza della questione:passaresulfuoco(soffriggere),gratinare,legare(renderspessaunasalsa),liason(liaison,v.legare),mittonare (inzuppare e bollire), carne rosolata, fiore di latte, teste d’arancio (fettine d’arancio),coperte(posate)35ecc.Untalegergoimperanell’altaristorazionepertuttol’Ottocento.

Laprimaconseguenzadiquestamoda,chesovverteconvenzioniprandialienomenclature,èdiaccentuareladistanzafra ilcodicecreativoe ilvittodelleosterieogliusidellefamigliemodeste,provinciali. L’esistenza di un doppio registro alto e basso, lussuoso e modesto, internazionale edialettale,inconciliabili,diventacostumeechipraticaunostilesenzalenovitàvenutedallaFranciasipuò dire che vive nell’ombra. I libri di casa, con l’annotazione di piccoli segreti, di pietanze econfetturepersonali,costituisconolereazionispontaneeaquestostatodicose.Un’editoriamodestasimanifestaquindi, con successo, sindalprimoOttocento.Lacucinacaserecciavien stampata dal1807 al 1885 venticinque volte, a Napoli, Milano e Palermo. È redatta nell’italiano in uso franapoletani,bendistinto siadal toscanochedaldialetto, e laprimapreoccupazionedell’autoreèdisottrarsialleaccusedieventualipuristi:«semainellanomenclaturaodegliordinidacucina,odellevarievivande,mifosseservitodivocidiversedaquelle,checidàilnostrovernacolo,avreipostochideve servirsi della mia fatica nel bisogno di adoperarne un Interprete, o di spesso ricorrere alvocabolario della crusca»36. Qualche gallicismo (gattò, bignè e ragù), nessun termine francese,pietanze napoletane e lombarde con escursioni in altri Stati (frittelle e pappardelle alla Romana,minestradicocozzediGenova).Napolièunacapitaledovefiorisconolatavolaaristocratica,francesee partenopea, dove la cucina popolare è praticata in tutte le sue varianti, di casa e di strada, dovevengono riproposti i migliori piatti italiani, compresi quelli di un’altra città prestigiosa, Milano.NellaCucinateorico-praticadiIppolitoCavalcantiducadiBuonvicinoneritroviamol’opulenza inunostilebabelicocheassimilaigerghi,riscrivendofoneticamenteilfrancese,secondounariformapromossadaLeonardieripresadagliestensorideilibri(orduvreperhors-d’oeuvre,antrèperentrée).Nel1846l’autore,sollecitatodaunprete,nelcorsodiunacena,affinchéaggiungessemenùericetteperlasettimanasanta,ciriflette,esita,quindipassaaldialettonapoletano:«ebè,mosachefaccio,tescrivo la Semmana Santa tutta d’uoglio co la lengua bella nosta, che a te piace assaje»37. Questaappendice,diunatrentinadipagine,mostra,sottountitologiàorecchiato,Dellacucinacaserecciaindialetto Napoletano, l’esistenza di un problema linguistico congiunto alla trasmissione dei piattiautoctoni,elanecessitàdiraccordareespressivamentel’altacucinaaquellafestivadelcleroedelleclassimedie.

LapropostadelducadiBuonvicinoappareun’eccentricitànellaculturagastronomicadegliStatiitaliani incuiprevalepiuttostola tendenzacontraria:utilizzare la terminologia italo-francesecomefattore di unificazione gastronomica e linguistica, assegnando alla cucina medio-alta,prevalentementeurbana,ilcompitodirappresentareancheletradizionilocalierurali.L’adozionediuna lingua stranieranonsemplificava tuttavia lacomunicazione,comportandononsolo igiàcitati

problemi di terminologia professionale, ma altri come la correttezza ortografica di menù e listecibariedapresentareall’ospite,ol’adeguamentodeiricettariatitolazioniuniformierispettosediununicomodello.Lacodificazioneeracomplicatadalfattochenellastessamanualisticafrancese,anchesuiterminiusuali,esistevanodivergenzefracuochi–Carêmescrivevamagnonaisepermayonnaise38elabéchamelcomportavaalmenoquattrovariantiortografiche39–edalfattochelacreativitàdipiattiedipasticcerie,nellecaseprivateeneiristoranti,avevafinitoperprodurreunaneologiaoscura.Latitolazionediunaricettaconderrataopreparazioneàlaseguitadalnomedelcuocoodell’anfitrione,diunpersonaggiostoricoodiun’attrice,diunacittàodiunoStato,avevaindottonellaFranciastessanon pochi dubbi nella consultazione deimenù. Il vezzo, contagioso, si ritrova nei titoli italiani diricette, tantopiù storpiatiobizzarri,quantomenocostosaera lapubblicazione.Scopriredietroundolceallasciantile40lacrêmeChantillyèoperadafilologo.Aquestocercherannodiporreordineirepertoriprofessionalidellasecondametàdell’Ottocento.IlredeicuochidiGiovanniNellititolainentrambe le lingue, equando il piatto è italiano lo traduce in francese, a confermacheèquesta lalingua universale (Panettone à la milanaise)41. Appaiono dei dizionari per professionisti e peramateurs, come quello di Giacomo Giardini42, mentre le traduzioni dei manuali più autorevoliinauguranounanuovaricercadell’eleganzaeproprietàlinguistica43.Èunaesigenzasentita,versolafinedell’Ottocento,dovunquesiripetalacucinadiParigi:ilMeisterwerkederSpeiseundGetranke.Franzosich–Deutsch–English,stampatoaLipsianel1893,rappresentaunodeirepertorilinguisticiesinotticipiùcompletiperl’altaristorazione.Lasuafunzionevabenoltreilcompitodiformareunmaître d’albergo, e permette alla terminologia professionale di consolidarsi, fra sala e cucina, dapaeseapaese. Il lessicopoliglotta,e inparticolarequello italo-francese,diventanostrumentiper ilcuocoeilcameriere,perdecifrareunmenùincuilelingues’alternanoes’incrociano,perspiegaretermini di cui l’origine, pur recente, si è già persa. A questi fini, l’editore Hoepli pubblica Ilgastronomomoderno.Vademecumadusodeglialbergatori, cuochi, segretari epersonaled’albergo.Nonunaricetta,tuttol’occorrenteperspiegareetradurreilnomediunpiattoalcamerierechenonsanéchièGambetta(«avvocato,statistaepatriotafrancese»)nécomesianolesoeufsGambetta(«uovarimestatealcrostino,alternateconpureadicipolle,conservadipomidoro,prezzemoloe tartufi»).Per interpostapersona, ilvademecumrispondeaidubbieallecuriositàdellaclientela italiana.Conuna breve istruzione sull’ortografia delmenù e sulle relative questioni del singolare, del plurale,delleparticelle(consomméauriz),l’autorerimediaaunadellagravilacunenellaformazionediunpersonalealberghieroavviatonondallascuolamadall’apprendistato,inetàprecoce,abiascicarelelingue.Ilmanualeeditonel1904nonverràpiùristampatoperchéametterfineaidisastridelfranco-italianoedeigerghialberghierisifannosentire leprimevociafavorediunariformanazionaleepurista.

5.OrdineepuliziaIn una lettera di Olindo Guerrini a Pellegrino Artusi, del 19 dicembre 1896, riprodotta nella

quartaedizionedellaScienzaincucina(1899),sileggeilpastichediunaricettadelcelebrecuocodicorte, Giovanni Vialardi, scherzosamente titolata grillò abbragiato. Cosi comincia: «la volagliaspennata si abbrustia non si sboglienta». È il manifesto di un’offensiva contro le «traduzioni dalfranceseelecompilazionisgangherate»44dapartedellacoppiadigastronomichepiùhacontribuitoallariformadellaterminologiaculinariadomestica.Artusi,autodidatta,curatorediun’edizionedelleletteredelGiustiperifanciulli,viveaFirenze,leggeilfrancese,praticailfiorentinoparlatoescrittoevuolefarsiintenderedatuttigliitaliani.PerquestofaprecedereilsuoricettariodallaSpiegazionedi voci che essendo del volgare toscano non tutti intenderebbero45. Non ha nulla di un epuratorescolasticoeaccogliealcuniterminifrancesi,taloraseguitidallatraduzione(«lepatateallasauténonsonoforserosolatenelburro?»)e talora intraducibili (lequenelles), inquest’ultimocasoperesserchiarosenzaimbrogliarecontroppineologismi46.Commerciantepocoversatonellelinguestraniere,benchéprovvistodeivocabolariutiliadisbrigarelacorrispondenza,cadetalorainfallo:unaseriedidisgraziatisoufflet, probabilmente tiratiparoparodalCuocopiemonteseperfezionatoaParigi, gliscappacomeun’impertinenza(cosìscritto,infatti,souffletsignificaschiaffo)47.

Artusisiassegnailruolocheglis’addice,dimediarepaternalmentefral’italianoeletradizionidialettali, il fiorentino (egli abita a Firenze), il romagnolo (è nato a Forlimpopoli) e quanto delleparlate delle maggiori città (ha viaggiato fra Napoli, Roma, Bologna,Milano, Padova e Torino)arriva sino in tavola.Labibliografia storicadei ricettari lopreoccupapoco,e sembradimenticarel’esistenzadiunapubblicisticagiàvivace.Sifainvecevolentieriraccontarelericettenellecaseincuiè ospite, e ama leggerle su fogli volanti, riceverle per posta. È un osservatore attento del lavoroaltrui.DirettoallafieradiRovigoefermatosiaPolesella,dopounabuonatappaacavallo,entrandoinunalocandacomandaquelchel’ostessapuòoffrirgli.LadonnafairisieArtusineascoltalavoce,ne osserva le mani e registra mentalmente ogni fase, dal soffritto alla bollitura, al pugnettoconclusivodiparmigiano48.Irisisitradurrannoinunraccontinointitolatorisoallacacciatora.Moltericette, comequestaveneta, sonoosservatedalvivo,ascoltate indialetto, trasferite in italiano.Duecuochiloaiutanoaripetereipiatti,MariettaSabatinidiMassaeFrancescoRuffillidiForlimpopoli,che lacorrispondenzacon ilpadronerivelacapacidi leggere,di riempireunostracciodi letteraesoprattuttodicucinare.

La riforma diArtusi nasce in un clima di nazionalismo patriottico, di purismo scolastico e dimarcata sensibilità pedagogica. Per questo, egli parte dall’intuizione di non dover semplicementecancellare dei barbarismi ma di poter acclimatare nell’italiano tutte le voci di cucina, toscane edialettali, professionali e servili, di donneoltre chedi uomini. «Dopo l’unitàd’Italiami sembravalogica conseguenza il pensare all’unità della lingua parlata, che pochi curano emolti osteggiano,forse per un falso amor proprio e forse anche per la lunga e inveterata consuetudine ai propriidialetti»49. Inuncampo, l’onestadirezionedellamensa, ignoratodaiprogrammiscolastici eancorpiùdai letterati, lesuepropostedovevanoanzituttoesserdibuonsenso,e faciliall’orecchioeallamemoria. Il successodel libro le renderà autorevoli.Dei pesci accoglie la doppiadenominazione,adriaticaetirrenica,degliortaggil’usofiorentinoeitaliano(gobbiecardi),traduceunadozzinaditerminibolognesi,sceltifraipiùespressivicomeimezzimaccheronidettidentidicavallo,ecoagulanelmigliaccioidiversimodiperchiamareundolcedellapropriainfanzia,abasedisanguediporco.Interiora e tagli di carne, grassi e paste ritrovano qua e là, da una formula all’altra, un’identità

municipale. Artusi preferisce adottare il principio dell’esistenza di variabili «locali» e «italiane»piuttostochequellodiunaqualsivogliaegemonia.Ilsuoatlantelinguisticocomportaun’unicatavola,con la forma di un triangolo compreso fra Firenze, Bologna e Forlimpopoli. I piatti che viaffluisconodall’esternosonogiàitalianizzatiepercosìdireingentiliti.Forseperaggraziareconunbel nome la salsa che tanta grazia hapresso il suopalato, adotta labalsamella, un dialettismo giàimpiegatodaAlbertoAlvisicuocodelvescovodiImola(1785-1800)50,che,cometutteleetimologiepopolari e le analogie semantiche, propone un balsamo per sostituire besciamella e béchamel,quest’ultima derivata dal patronimico secentesco del suo presunto creatore, il marchese Louis deBéchameil.

Dare unmodello di scrittura alle donne di casa non era forse nelle intenzioni prime di questoscapolo incallito,maè l’esitopiù importantedel suo successo.La linguadella cucinamaternaeratuttaoraleedialettaleprimadelSignorArtusiovenivatradottadalfranceseodaltedesco–èilcasodelManualediCaterinaPrato–opponendosiaquelladeglichefs,uominidimestiere.Quandoeradata alle stampe aveva il tono secco dell’italiano scolastico dei prontuari di economia domesticapiuttosto che quello di brave donne intorno al camino o di amiche alleate in pasticceria. Con Lascienza in cucina, un italiano familiare parlato quindi scritto, sempre sul tono di un’istruttiva eprivataconversazione,subentraaungergospinoso,irtodigallicismi,edàvoceallevocidicasa.Gliscambi epistolari, le ricette che gli venivano spedite da ogni città, e che, previo vaglio, Artusiincludevanel libroa ingrossar le ristampe, forniscono il filocon ilqualeegli ritrasmette iproprimessaggi.QuestiultimigiungonoasegnograzieallibrochedaFirenzesisparpagliainogniangolodellapenisola,esiriconvertononellegiudiziosechiacchierechedaun’amicaall’altrapassanosottoformadi altre ricettineamatitaedinuovo riaffioranonelleconfidenze.Lascienza in cucina va aconfondersiconilverbodellemammeedellesignoreinvisita,nobilitandolostileverbaledituttaladidatticaspicciolaecasalinga.

6.AutarchialinguisticaL’udienzadeldettatoartusianoe l’adesionediunpoetacelebre, editorediantichi testi culinari,

Olindo Guerrini, hanno contribuito a riproporre l’esigenza di una riforma della lingua e dellaterminologia alimentare. Fattore decisivo saranno i riconoscimenti che, direttamente oindirettamente,verrannoindirizzatiallaScienzaincucina.Inunclimadineopurismoediproclamataitalianità, Alfredo Panzini prende posizione a favore di Artusi nelDizionario moderno del 1905,rendendo omaggio alla sua «grazia nostrana e alla purezza di lingua da far arrossire molti testiscolastici»51. Le ristampe del Dizionario amplificano tale omaggio. Parrebbe una congiura diconterranei–ArtusieGuerrinisononatiinRomagnamentrePanzinièoriginariodiSenigalliaconcasa a Bellaria – ma in realtà è un’azione spontanea di un commerciante in pensione, di unbibliotecarioediunprofessorediliceo.Quantoilnazionalismopesisulnuovolessico,losimisuradaunfatto:duesoli,nellaScienza incucina, sono ipiattiall’italiana (i tortellinie il lesso rifatto)laddove Toscana ed Emilia compaiono 21 e 15 volte, rispettivamente, nei titoli delle ricette. Lariformalinguisticanonnascepercostringereicittadinidellapenisolaasedersiaun’unicatavola,maperpermetterlorodicomunicarelapropriadiversità.

Anchefraidivulgatoridell’altacucina,ilnomediArtusicominciaacircolare.Loraccomanda,nel1909,AlbertoCougnetcome«ispiratorediquestasentitariformanazionale,nellaterminologiaenella dicitura prettamente italiana»52. Il cavalier Cougnet ha diretto, su sollecitazione del Circologastronomico milanese, L’arte cucinaria in Italia, una monumentale enciclopedia di ricette percuochiprofessionistioveritroviamonaturalmentedecinedipolli«grillettati»,cioètagliatiapezziesaltati inpentola.Èunacontraddizioneosolo l’iniziodella resipiscenza?Forse i troppigallicismicomincianoastancareicommensali,esembranoaverfattoil lorotempo;mailproblemaèinchemodorimpiazzarli.Apartiredal1°gennaio1908imenùdellacasarealevengonoredattiinitaliano,eilterminestesso«menù»passaagiudizio.Comerinominarlocorrettamente?Minuta,lista,distinta,gastronota,piovonolepropostemalaquestioneèoziosa,solodibandiera.Poco,infatti,stamutandonellecucinedicasaSavoia.Ilconsumatoalladiplomaticasostituisceilconsommédiplomatedibrododipollolegatocontapioca.Consumatoèunfrancesismo?ComeosservavaPanzini,«brodoristrettoo consumato» lo chiamava già Bartolomeo Scappi53; quanto alla diplomatica è «un nomeampolloso», avrebbedettoArtusi «per unabriccicadanulla»54.Ritradurre dal francese, restaurarevocaboli antichi, significa spostare semplicemente i termini del problema, creando un frasarioaltrettantoartificioso.Morale:nonsicambialalinguasenzariformareanchelacucina.

SaràilproblemadelVentennio.Artusimuorenel1911novantenne,maPanzini,dopolaguerra,continuaadaccrescereilsuoDizionarioeaccoglielabalsamella55.Nel1929siederànellaprimafiladellaneonataAccademiad’Italiachericeveespressomandatodiemendarelalinguadeiforestierismi.Incucina ilprogettoaveva implicazioninuove,bendiversedalleriformedelprotocollodellacasasabauda. Il credito concesso alle identità regionali da parte del regime, i censimenti delle risorselocaliedelle tradizionigastronomiche, la riorganizzazionedeglienti turisticie lapromozionedeiprodotti italiani all’estero danno al ricettario artusiano l’opportunità di estendersi e allargarsi,ricevendo dall’alto un riconoscimento che aveva avuto soprattutto dalle famiglie. La formazioneideologicadellemassaie,operataattraverso i canalidella stampaedellapropaganda,dei concorsigastronomiciedellesagre,siassegneràsemprepiùesplicitamenteildupliceobbiettivodell’autarchiaalimentare e dell’autarchia linguistica. È alla donna, e subordinatamente alla serva, che spetta laconcretizzazione del programma fascista, anche a parole. Giovano, in questo, la circolazione

manoscrittadellericette,stimolatadaiperiodicifemminiliconl’istituzionediunapostadellelettrici,elanascenteculturaradiofonicacherestituisceallacomunicazioneverbaleunprestigiomoderno.Lariformadellaterminologiafrancesevienedevolutaagliaccademici,quandolacucinadellafamigliaedell’osteria rappresentano i capisaldidellagastronomiadel regime, e l’unitàdella linguaparlatacominciaaguadagnareterreno.Unprogettopursempreambizioso,datalaconfusionesecolarecheregnafraicuochi,avviatiingiovinezzaabiascicareunpo’difranceseeafarpraticamagarisullenavi, inclini a riproporre confusamente piatti borghesi e fini insieme ad altri popolari e dialettali,strampalatinellapronuncia,quasisempreinettinell’ortografia.

Perquantounivoca,questapassionenazionaleperlalinguavieneespressadallevocipiùdiverse.FilippoTommasoMarinetti,chesiedeconPanzininella«classedi lettere»dell’Accademiad’Italia,traducenellostiledell’avanguardiaquellocheterzepagineedelzeviriripetevanoognigiorno.Nel1932, La cucina futurista, dopo aver condannato la pastasciutta e infilzato una serie di formulescandalose, firmate da aeropoeti e aeropittori, torna sulla questione della lingua, con un piccolodizionario inchiusura.Visi trovanovocabolichesostituisconoaltrettanti francesismieanglicismi,tuttidibattutiinqueglistessiannidaAlfredoPanzini:castagnecandite(marronsglacés),consumato(consommé),fondenti(fondants),fumatoio(fumoir),lista(menu),miscela(mélange),saladatè(tea-room). Non è tanto la faccia purista di un’avanguardia considerata fracassona ma lo spirito direinvenzione linguistica che caratterizza tali proposte. Del resto Marinetti, conosciuto e stimatoautore in lingua francese,mena la sua guerra da poeta, come se l’autarchia fosse l’occasione personorissime sparate. Infatti, schizzano dalla sua penna nelDizionario alcune fulminee intuizioni,peraltroincomprese:iltraidue(sandwich)eilpranzoalsole (picnic)checonlapolibibita (cocktail)hanno fortuna più estetica che colloquiale56. La neologia culinaria futurista prediligel’agglutinazione,dandooriginealporcoeccitato(salamecrudo,caffèbollenteeacquadiColonia),aldolcelastico (zabaione e liquirizia) e al brucioinbocca (versando in ordine nel bicchiere: whisky,miele,Strega,vermouthealkermes).Èunmododi«legare»ilemmi,comeingredientidiunasalsa,che risulta inusuale nella ristorazione e che ha dato pochi esiti fra cui, oggi, il più celebre è iltiramisù.

In chemisura si tratta di un gioco serio? A far riflettere sul fondamento critico delle trovatefuturisteèproprio lostrampalatoelencodipiattineimenùd’albergo, impastatiestorpiati in tutti imodieoscurissimi,e ladivertitaaccoglienza, fra iplacidi lettoridigiornali,diquestabattagliadiparole.Marinettiintuisceinoltrel’importanzacheinunariformadellalinguahannoireferentielanecessitàdiadeguarelasuaneologiaaunacucinaeaunservizionuovi.Nondovendoproporredeibeni di consumo ma degli oggetti d’arte, le sue proposte non ubbidiranno a criteri di tipocommerciale.Lapolibibitanonèdunqueilcocktail,maunamisturadiliquoriebibite,sceltisecondola regola del contrasto esplosivo (vino chinato + rhum + barolo bollente + sugo dimandarino =decisone)odell’armoniavocalica(perl’inventinaoccorronotreingredientichecomincianoperA:Astispumante,liquored’Ananas,sugod’Arancio).Anchesenessunadiquestebevandeusciràdallacerchia delle avanguardie, la cucina futurista ha il pregio di restituire agli italiani l’iniziativalinguistica.

Gli«elenchidivocidasostituirsiacorrispondentiparolestraniere»uscirannosoloapartiredal1941nel «BollettinodellaRealeAccademia», dopoaver sollevatoun ampiodibattitonon solo fralinguisti e letterati, ma fra tutti gli addetti ai lavori, artigiani e industriali, giornalisti e cuochi.Produrre neologismi a migliaia (5.000 verranno raccolti nell’appendice all’ottava edizione delDizionario moderno del 1942) implicava, oltre a un lavoro creativo non indifferente, un’analisisistematicadelleterminologie,chetrovavaiperitidisettorespessoindifficoltàoincontrastocongli

accademici. Chiamaremarroni canditi i marrons glacés significava sopprimere la differenza fraglassare e candire, così come abolireomelette significava rinunciare a un termine che, nel gergodelle cucine, indicava sì la frittatama «piùmolle, a mezza cottura». Le parole straniere rinvianoancheai trucchidelmestiere,codificatinel tempo,conivocaboliadisposizione:fraunafrittataalprezzemoloeunaomelette al prosciutto ladifferenzaèdi calore edi tempo.Due secolidi lavoronellecucinefrancesinonpotevanoesserspazzativiadaundottoelenco.

Quantedi queste sottigliezze arrivanoal pubblico femminile?Molte, proprioper l’esistenzadiun’informazione che attraversa verticalmente le cucine e ha il compito di render concreta laquestionedellalingua.Allastampaperiodicaeraassegnatoilcompitoditrasformareildibattitodaaccademico inpopolare e nazionale; la pubblicità dei prodotti ne rendevaulteriormente capillari irisultati.L’ascoltopassivo,naturalmente,erasololapremessadiunariformacheicanaliscolasticiela formazione professionale avrebbero dovuto rendere operante.Dell’autarchia linguistica avverràtutt’altroeneconosciamol’esito,amisurachel’Accademiapubblicaisuoielenchieibollettinidiguerrasimoltiplicano,unesitochesiconiugaconilrazionamento,letessereannonarieeinfinelacarestia.Quandolostrumentolinguisticoperunificarelaterminologiaesistefinalmente,fornendolabase per una nuova didattica culinaria, l’Italia si divide e comincia a morir di fame. Gli aiutiamericanichiudonolaquestionedeiforestierismi.

7.L’italianonellecucinediBabeleIl crollo del fascismo e l’invasione americana non si traducono in una ibridazione anarchica

dell’italiano culinario, semmai in una prudente amministrazione della libertà. Gli arlecchini e lepolibibite non hanno avuto il tempo di attecchire e li rimpiazza il vecchio cocktail. Tutto ritornanell’ordine.L’ABC della cucina, con cui riprendono le pubblicazioni della «Cucina italiana» il 1°gennaio 1952, non avrebbe sollevato le obiezioni, tranne forse il terminemenù, nemmeno di unaccademico in orbace.A consolidare il lessico acquisito, ilmensile consacra unperiodico spazio,senza ovviamente far cenno ai forestierismi. Più che qualche nome di salsa internazionale, è lapubblicità,prodottidibellezza,profumieCoca-Cola,afarpresagireunarotturainquellalinguachelaborghesiaconsideraunadellefaccedellapropriacontinuitàedelproprioequilibrio.Cisonopoiireportage di Arnaldo Fraccaroli: Il pranzo giavanese, Pranzo all’italiana ma con sorprese aSingapore57. Esotismo turistico nei paesi sulla via della decolonizzazione e réclame straniera sonocosenuove,unfenomenochesiaccelerasoloundecenniodopo,moltosensibileinaltretestatemenoconservatricidella«Cucinaitaliana»,echeportaaunesitocurioso.

Ilparadossodegliultimicinquant’annisipuòriassumereinquestomodo:amisurachenelventredellarepubblicacrescelalibertàlinguisticaeallaterminologiafrancese,rilanciataneglianniSettantadalla nouvelle cuisine, subentrano i neologismi di origine anglosassone, promossi dall’industriaalimentareedallecatenediristorazionerapida,lalinguaitalianasimoltiplicafuorideipatriconfini,nelle insegneeneimenù.È l’effetto«pizza». Il terminenonesistenelLaroussegastronomique del1938,prendeduecolonneeduericettenel1984.Se la raffrontiamoaquelladeglispaghetti, lasuaintroduzione appare ancor più sorprendente. Alla lettera S, nella prima edizione del Laroussegastronomique,figuravano:salami,spaghetti, stracchino.Vengonoaggiunti:saltimbocca,scamorze,spalla.Anchealdente, riferitoallapastaeai fagiolini,ha,nel1984,unavocepropria58. Cresconomostruosamenteanchestorpiatureebisticci:ilsingolarepanini–«unpanini»–indicanellaFranciadeglianniNovantailpaninoscaldatoallapiastra59,mentrelapizzaamericanapepperonicomportafraicondimentinonilpeperonemailsalame.

InItaliasiindebolisconolevocidialettaliecresceilcultodellatavolalocale,alqualepartecipaanchel’industria.Aquestacontraddizioneseneaggiungeunaseconda:lapenetrazionedeibarbarisminonvienefrenatadalladiasporadei termini italiani, inunclimadi totaleanomia,di invasioneedifrontiera.Sipuòinsegnarelacucinaregionaleconilchinoiseilcourt-bouillon,comefaGualtieroMarchesi60,ovveroanglicizzareidialettismipiemontesi,comefasuorGermanaconilsuopolloallababy61.Sostenutodaunaproduzionelibrariainvasiva,conognisortadienciclopedieedizionaridiricette, prevale un lessico culinario editoriale e manca un prontuario terminologico italiano, conesponenti, definizioni e traducenti poliglotti. È il solo strumento che potrebbe regolare ledenominazioni dei piatti in ogni parte delmondo, e probabilmente non esistono le condizioni perrealizzarlo.

QuandoArtusiricevel’onorediunaedizioneeinaudiana,nel1970,ilsuoinsegnamentoèormaiprossimo a esser tumulato da PieroCamporesi con tutta la cucina storica e locale, aristocratica epopolareitaliana62.NoncheLascienzaincucinasianaufragafralemaceriedelregimefascistamapochedonne,pare,sipiccanodirifarlaoneimitano,inviaepistolare,lostile.Copiare,spedireunaricetta? Non se ne parla nemmeno, gli scaffali di libri soddisfano ogni fantasia. Per mettere periscritto i propri segreti bisogna inoltre provare e riprovare, sbagliando,mentre le nuove pietanzesono semplici e infallibili, oppure complicate e infattibili. S’è spezzato il filo ereditario che

permetteva, da madre a figlia, di ripetere i menù; s’è rotto il raccordo fra ristorazione e cucinafamiliare che aveva limitato i guasti delmenù francese; con l’automobile e la rete autostradale, leregioni stesse si uniformano a un modello turistico, rispondendo a una ricerca «transitoria»dell’identitàgastronomica.Tradottonelgergodellacomunicazionequestosignificachelostiledellericettecareallenonneappareoscuro,antiquato,mentresololeggendounsettimanaleeilmenùdelristorantesiapprendononuoviterminigastronomici.Anchesenzaviaggi,chiunquepuòprovarecibisconosciuti,ritenendoneilnome;viaggiando,sipossonotrovareamigliaiadichilometripiatticonnomidicasa.

Lafamigliaconserva,soprattuttoinprovincia,undecoroartusiano,almenonellefeste,eppureilcultodellecosebuoneapparepiùunaquestioned’indole,ditalentochenondieducazione.IlmitodiParigi,daunpuntodivistagastronomico,apparealquantoappannatosoprattuttoinquellaborghesiache,inItalia,diffidadituttoehascarsadimestichezzaconlaristorazioneatrestelle.L’insegnamentodella lingua straniera, inoltre, non tocca più solo i ricchi e coincide sempremeno con quello delfranceseincuiècodificatal’altacucinaoccidentale.Anchel’italianoparlatoescrittoconladecenzad’Artusihapersolafunzionediimporrel’eleganzaelanormaaunatavolachesiapreinveceaogniformadi comunicazione, eda fissa, al centrodel tinello,diventa semprepiù erratica,occasionale,abbinatanonallaradiomaaltelevisore,confrontataall’altropasto,quellodellospotpubblicitario.

È nella diaspora che l’immagine tradizionale della gastronomia italiana si perpetua, sia quellapopolaredellapizzeria,dellatrattoriatoscanaeromana,chequelladelristorantefine,soprattuttoapartiredaglianniOttanta.Emigrazioneinternacondisseminazionediristorantitipiciafrontediunararefazionedellevecchieosterie;emigrazioneesterna,all’insegnadiunnomeproprio italianocheoffreprimadituttounrichiamoetnico.CaliforniaeFloridarappresentanoleareeincuiilcibodegliitalo-americani riaffiora e per contagio dilaga nelle forme più sontuose e stravolte.Come tutte lecucineegemoni,vienepreparatadaaddettidiogniregioneediogninazionalità,cheapprendonodelmodello,nelcorsodiuntirociniosoventebreve,soloiterminiineludibili.Dopolacucinadeipadri,omegliodeglichefs,equelladellemamme,èquestaunatavolaimbanditadaifigli,omegliodagliorfani.Ilsincretismogastronomicorappresentalaprincipalefontediautenticitàdiunaristorazionedipost-emigranticheassociaalmenotrevariabili:lacucinadelterritoriod’origine,quelladelpaesedinascitaequelladelloStatoospite.Unmistodidialetto,diitalianoediqualchecosad’altro,anglo-americanoperesempio:«Iristorantiitalianiall’esterosistannomuovendoversolacreazionediunmenù che è unpidgin, una lingua franca della ristorazione»63. È un esito tutt’altro che nuovo. Lohannomessoinevidenza,dauncapoall’altrodelXXsecolo,icompilatoridiglossarievademecum:la lingua dei cuochi e dei camerieri è un volapük, un esperanto volatile, continuamentemesso inquestione,insofferentedellanorma64.

Quando era parso ormai prossimo a essere riordinato, sistemato a dovere, l’idioma culinarioriesplode per l’effetto coniugato della perdita delle proprie origini locali e dialettali e dellapermeabilità a ogni influsso, tantomaggiore se fuori dai confini patrii. L’emigrazione interna lofalcidia dal basso e la creatività lo scompiglia, e il nuovo lessico si rigonfia di tutti i terminiinventati,tradotti,malintesidacuochiegastronomi.Unasimileconclusionenonpuònonobbligareaunriesamedei terminideldibattitogastronomico,edellevarie fasidiunastoria linguisticamoltoineguale.Forselaprovamiglioredelcarattereillusoriodelprogettoartusiano,dareunasolalinguaal cibo, pulita e corretta, sta proprio nell’immagine babelica che l’italiano culinario offre primadell’unitàedopoilfascismo,oforseininterrottamente,fradialetti,gallicismiestorpiatureprima,framarchi commerciali, anglicismi e formule strapaesane poi. Di fronte a una simile conclusione,emerge un paradosso consolante forse per lo storico della civiltà, improduttivo per chi ficca nel

futurolosguardoeimmaginadiascoltareodileggerneimessaggi:sololacucinadelprincipe,diMessisbugoediScappi,haparlatoescrittounalinguaall’altezzadellesueambizioni.

VII.Ilcuoco,l’osteelamassaia

1.LavitascrittaLenotizie biografiche su cuochi e scalchi vengono ricavate dalla letteratura gastronomica, dai

contidellecaseedellecorti,dalletestimonianzedifesteebanchetti,raramentedatestiautografi.Ilricettario e il trattato di scalcheria sono fonti importanti e possono essere letti come «storie» dimestiere, restituendo un profilo se non anagrafico almeno culturale. È questo il primo approcciodocumentario.CheBartolomeoScappiabbiaoperatoprincipalmenteaRomaalserviziodicardinaliedipapi,lodiceeripetelasuaOpera.Eglistessotuttaviaciinformadiesserestatoalserviziodel«cardinal Marin Grimano» in Venezia, senza fissare la data del soggiorno, e di aver conosciutodirettamente il mercato ittico di quella città e i pescatori di Chioggia1. Tali ragguagli vengonocompletatidanotiziesullederrate,sullepietanzediunterritorio,inquestocasolacostaadriaticafralalagunaeRavenna,permettendodiaccertareunviaggioeun’esperienzadurevoleesignificativa.Sel’esame dei nomi geografici legati a derrate e vivande ci consente di scoprire aspetti dellaformazioneedell’esercizioprofessionale,raramenteèconclusivosulpianobiografico.LeoriginidiScappi sono state accanitamente disputate dai suoi critici e dai suoi lettori: Giancarlo Roversi lovolevabolognese,ClaudioBenporatpropendeperunaformazioneveneziana,unalapidescopertainunachiesadelLuineseneriporterebbelanascitainarealombarda2.

Ledatedibanchettiediservizi,citateneiricettari,risultanoutilicomepuntidiriferimento:dal1536, anno del convito offerto dal cardinale Campegio a Carlo V, al 1566, pranzo perl’incoronazionediPioV,sisviluppalacarrieradiquesto«cuoco»,trent’annichecoincidonoconladurataconcordementeammessaper l’eserciziodi taleufficio.I terminidelcalendariononsonodasottovalutare: lamortediunpontefice,PaoloIII, il10novembre1549,e l’elezionedelsuccessore,Giulio III, il 7 febbraio 1550, consegnate in un’appendice all’Opera, con il preciso intento diillustrare il serviziodimensadurante i giornidel conclave, permettonodiproiettare la figuradel«cuoco segreto» in uno scenario storico ben noto.Al servizio di cardinali e papi, l’identità delloScappirestatuttaviailriflessodelleprescrizioninecessarieperrenderebellaebuonalaloromensa.Lesueoriginielasuaformazionesonoancorainlarghissimapartedaaccertare,delparicheleduedatefondamentali,dinascitaedimorte.

Gliarchivi,soprattuttopergliscalchidifamaedinascitaonorevole,possonofornirerispostepiùesaurienti.CristoforoMessisbugo, che iBanchetti rivelano ricco e influente al punto di invitare acenanellapropriacasa, il17gennaio1543e il febbraio1548, ilducaErcoled’Este,emergedallericerche sull’amministrazione della corte di Ferrara come una personalità di primo piano. I suoiviaggi e le sue ambascerie al seguito diAlfonso I, aMilano,Bologna eVenezia, la sua carica di«sottospenditoreducale»,iltitolodicontepalatinodicuiloinsignisceCarloV,fornisconotappeedepisodi della biografia, ricostruita da Luciano Chiappini con fonti d’archivio3. La sua ascesa alcontrollodellafinanzaducale,conlefataliaccusedimalversazione,aggiungealtridettaglialritratto,valorizzandomenùe ricettegrazieal suoruolonell’organizzazionedi festeebanchetti.Ladatadimorte,10novembre1548,completaunprofilofraipiùricchidelCinquecento.

Illimitediunabiografiacostruitacondocumenticontabiliemenùstatuttavianell’assenzadellavivavocedell’interessato,diunpercorsocherendacontodeimoltepliciaspettidellaformazionedi

cuoco, di cortigiano e di scrittore. Quali ragioni spingono ad abbracciare tale arte? Come la siperfeziona e quale importanza hanno i libri di cucina?Queste domandenon ricevono risposta neidocumenti contabili e,perquanto la si interroghi,nemmeno inuna ricetta.Raramentequest’ultimaregistra la storiadi chi l’ha sperimentata, ripetuta edettata: fruttodiunacompilazione,puòessereoriginale e autentica senza necessariamente essere autografa. Il ricettario stesso, così come laraccolta dimenù, è il risultato di un lavoro collettivo, cui partecipano non solo i subordinati,macoloro che stanno ai vertici dell’amministrazione della corte. La scrittura e la stampa domandanoinoltre,conunbagaglioculturalecheloscalcononsemprepossiede,ulterioriinterventiesterni.

Talisonoiconfiniall’internodeiqualisimuoveunaricercabiograficacheètuttoraaglialbori.L’eccezione ci è fornita da un documento scoperto di recente e per così dire insperato. Si trattadell’autobiografia di Antonio Latini, l’autore dello Scalco alla moderna. Pubblicata da FurioLuccichenti, a partire da un manoscritto della biblioteca comunale di Fabriano, redatto da fra’FrancescoMariaNicolini,essaraccontanel1690(dueanniprimadellastampadelricettario)unavitaavventurosa, incui tavolaecucinahannounapartesecondaria.AntonioLatininasceaColl’AmatonelleMarchenel1642;orfanoacinqueanni,vagamendicandopaneealloggio.Servopernecessitàdaipiùtenerianni,tentalafortuna,sedicenne,emigrandoaRoma.NellacasadelcardinaleAntonioBarberini esercita mansioni di cuoco, cameriere, guardarobiere; impara a tirar di spada e trinciaall’occorrenzaallatavoladiSuaEminenza«chemoltosenecompiacevaeridevaquandoalcuncolpononmiriuscivabeneecondestrezza»4.Primadidiventarescalco,occupatuttiidiversiruolidiunacasa patrizia, quindi piccole funzioni amministrative, e una volta scelta la propria via, esercita aMacerata, a Mirandola e a Faenza, quindi, cresciuta la sua fama, a Napoli, presso il ReggenteCarrillo. Finisce così la sua carriera vestito alla spagnola, avendo portato gli stracci del picaro el’abitodiunacortecardinalizia.Dopo il1690,anno incui termina il racconto,pubblicaLo scalcoallamodernaeglivieneconferitoilcavalieratodelloSperond’oro.Muorenel1696.

Nell’Autobiografia sono assenti menù e ricette, ma apprendiamo che il primo tirocinio, di unanno,pressoilcuocodelcardinaleBarberini,haluogoasedicianni.Laformazioneneidiversiruolidiunagrandecasarisultafondamentaleperquellochesarà l’ufficioesclusivodell’etàmatura,unascalcheria in cui comincia a farsi conoscere a 28 anni (1670) inMirandola. Antonio Latini è unautodidatta:imparaascriverementreserveinunafamigliadiMatelica,dauncuoco-prete,easediciannisiesprimeancora«allapaesana»,scambiandopluraliesingolari;poiviene istruitodallavita,formandosi a poco a poco in quella scuola di cerimonie, arti, espedienti e ribalderie che era unagrandecasaromana.Anchelaversionedell’Autobiografiachenoipossediamo,ripresaetrascrittadaun frate, solleva dubbi sui talenti letterari del Latini, a fronte di un ricettario che per ampiezza dimaterialiedoviziadifonti,conisuoiduetomi,incuterispetto.

Questa Autobiografia ne ricorda, per certi aspetti, un’altra a distanza di tempo, quella diPellegrinoArtusi,anch’essascrittadaunuomoaffermato,anch’essaparticolarmentesilenziosasullagastronomiaeprodigadiinformazionisullafamiglia,lacrescita,ilcommercio,leideepoliticheelefrequentazionidiunprovinciale,nondiColl’Amato,madiForlimpopoli,natonel1820emortonel19115. Che cosa spingeArtusi a ricordare la propria vita a ottant’anni passati? Indubbiamente unamollaforsenonlontanadaquelladelLatini:entrambiscrivonoquandohannoricevutosignificativelodi, un successo che, nel campo della tavola, lascia poco spazio alle confessioni intime, airisarcimenti letterariemoltoaunorgoglio frustrato.Raccontarsi,daiprimipassidigiovanissimoprovinciale, è riportare l’arte a una dimensione umana, metterla un poco a distanza, per capirlameglio. In entrambi i casi, l’autobiografia permette di valutare idee e invenzioni, didattica eammaestramentigastronomicicomel’esito,enonlacausa,diunavitaorientatadalbuongusto.

Dopoil1903,annoincuiArtusiprendelapennaperscrivereipropriricordi,decidendopoiditenerlisegreti,nuoviarchivisisonoaperti incuisipossonoleggereericostruirelevitedicolorochesisonoresicelebrigraziealcibo.Persecoli,lascarsezzadeidocumentihaavvoltonell’oscuritàcuochi e gastronomi, poi improvvisamente tocca loro una notorietà pubblica e pubblicamenteregistrata.Cadutalavergognalegataaunmestieresudicioeplebeo,svanitiipregiudizineiconfrontidelpeccatodigola, subentraunadiffusacuriositàper artigianidaconsiderareartisti eper la lorooperaeffimera.L’esistenzadibollettiniprofessionaligarantisce,duranteilVentennio,nonsolounamigliore conoscenza dell’ambiente di lavoro ma un riconoscimento individuale ai meritevoli: «Icucinierid’Italia» faoperadipuntuale segnalazioneconarticoli, foto,premienecrologi6.Èoggi,con tutte le altre pubblicazioni del genere, una indubbia fonte bio-bibliografica. Periodici, guide,interviste, ricettari, destinati a una clientela più ampia, forniscono altri ragguagli sul tirocinio,l’ascesa e le migliori prestazioni di uno chef, con ritratti fotografici suoi e dei «suoi» piatti. Igiornalisti, manipolando dati certi e ipotetici, costruiscono la storia individuale e collettiva deicreatoriedeilorogiudici,percosìdireafuturamemoria,conilrischiochelavitadelcuocofacciagià parte della sua leggenda, il che non aiuta a decifrare né l’una né l’altra.Un futuro dizionariobiograficodellagastronomianasceràsolotenendocontodiquestepremesse.

2.LabrigataCuoco è un nome collettivo. Per quanto scalchi e gastronomi abbiano firmato con il proprio

cognome e il proprio ritratto dei libri, il lavoro che produce la ricetta, il menù e il banchetto èrivendicatodamoltepersone.Sindalleprimetestimonianzescritte,lacucinadiunacasaprincipescao cardinalizia è organizzata seguendo un ordine che prevede una gerarchia, una divisione deicompiti, una specializzazione delle funzioni, con spazi, abiti e strumenti adeguati. Se lo scalcocomanda tutta lamensa, dalle forniture ai servizi, il «sopra cuoco» è a capo di un comparto cheprevedeunsottocuoco,degliaiutantiedeigarzoni,ognunoassegnatoaparticolaricompiti.Mentreilsottocuocoha la responsabilitàdiunpiatto,un lessoounostufato, ilgarzone imparaabardare lecarni e amettere lemani inpasta.Le tavolediScappimostranobendiciassette aiutanti impegnati,nella cucina, a «far biancomangiare», «lavorar la pasta», «passare i sapori», in un vano fresco a«lavorar il latte» e, accanto al focolare, a sorvegliare spiedi e pentole. Arrotini e lavapiatticompletano l’organico. A questi dovrebbero aggiungersi gli uomini di fatica che provvedono altrasportodellalegnaedell’acqua,idispensiericheconsegnanolefornitureeunnumeroimprecisatodisguatteridigiovanissimaetàaddettiacompitidipulizia.

Era ed è un mestiere duro. Domenico Romoli lo ricorda: «Veramente è questo uno dei piùfastidiosi ufficii che si possano pensare, che vi conviene di continuo stare con gli occhi aperti,volendofareildebitovostro,echenonvioccorraqualchedisgrazia»7.Achecosaalludanonèunmistero: la salute del principe e dei suoi ospiti, la loro soddisfazione, la riuscita del banchetto, irapporticonaltriaddettialservizioeisuperiorigerarchici,scalcoesottoscalco,sonofontid’ansiacontinua.Lafatica,ilcaloreelatensionesembranoall’originedelviziochepiùcomunementevieneimputato al cuoco, il bere: «Sopra tutto non vi impacciate con embriachi se ben fossero i piùeccellenti mastri in cucinar del mondo, che havendovi a servir per fare cuocere la robba, primasarebboncottiessichegliantipasti»8;«Siasobrioperché,perilgrancaldo,iltroppobereglilevalepiùvolte ilcervello,ondeneponnonasceremille inconvenienti»9; «chenon sia amatoredelvino;perchéchipeccadiquestovitio,spessotracollalariputationedelloScalco»10.Nonsitrattadelsolodisordine,percosìdire,professionale:lecucinesonoaffettedaunaltromaleendemico,lasporcizia.Alla pulizia, alla buona salute di tutto il personale, dal capo agli sguatteri, si provvede conl’assegnazione di abiti appropriati, di spazi idonei, di mansioni specifiche. Il biancomangiare valavoratodaunapersona ammodo, conuna camiciabianca, lemani lavate, in un angolo appartato.L’operadipulizianondeverisparmiarenulla,itavoli,gliutensilidirameediferro,gliingredientiinutilizzati,itovagliolieigrembiuli,ilcheimplicaun’ispezionecontinua,ossessiva,euncaricodilavorosupplementarepertutti.

La disciplina è tanto più ferrea che la cucina è nei fatti uno spazio chiuso. Il «sopra cuoco»,raccomandaRossetti, «non lasci pratticar gente in cucina, poiché è luogo di troppa gelosia»11. Lasegretezza,lasegregazioneevitanoirischidelfurto,dell’imbrattamento,dellacontaminazione,delveleno,efiguranoneltitolostessodelcuoco,«segreto»comeBartolomeoScappi.Unavoltafissatiilimitiinvalicabilidelproprioterritorio,sisupporrebbecheal«sopracuoco»spettisolodiesercitarelapropriaautorità.Ora,nelcaosdellecucine,ècompitodifficileperigiàcitatidisordini,eperunonuovoancorpiùfrequente.«Tuttivivonoconqueldelpadrone,etuttirubano,evendonolegna,pane,minutie,emillealtrecose»12.Glisguatterisottraggonoirestidei«cuochidipasta»,igarzonifannosparire i pescimigliori sostituendoli con altri di tagliaminore. Quello che non è trangugiato sulluogovienetrafugato.Perquanto«segretissima»,labrigatapartecipaalsaccheggio:iservistringono

strane relazioni col personale della dispensa e della cucina, per profittare del cibomentre i sopracuochifannomanbassadelleforniturechesfuggonoall’occhiodelloscalcoedellospenditore.Ladifficoltàdiraggiungereunequilibriofralosprecoelostrettonecessarioèattestatadatuttiimanualidi casa: se gli avanzi sono regalie di spettanza del cuoco, che è remunerato anche in natura,l’eccessivo consumodi olio, di legna, di pollame si spiega col fatto che grassi di frittura, ceneri,teste,colli,cuoreefegatodipollivengonorivenduticonprofitto13.Aquestostatodicose,loscalcodeveporreunlimiteconlasorveglianzaeconlagiustizia,rispettandolemanceeleregaliedestinateacuochi,garzoniesguatteri,interdicendoleruberie,rendendoconto,nellamisuradelpossibile,almaestro di casa. Pochi archivi contabili sono stati esaminati da questo punto di vista per stabilirel’esistenzadipatti taciti edi consuetudinidietrounagestionediscrezionaledi forniture, restidellamensapadronale,accantonamenti.IlcontrattosottoscrittofraJacopoBronzolieimarchesiGinoriaFirenze,nel1774,mostraintuttalasuacomplessitàun’amministrazionedellamensaincuiilcuocoha diritto sugli avanzi ma deve distintamente nutrire, oltre ai padroni, il sottocuoco, le donne diservizio,iservitori,icontadinieibottaiagiornata14.Ilciboèauntemporetribuzioneemonetadiscambio,indennizzoetornaconto.

In un lavoro che comincia prima dell’alba con la preparazione del fuoco, l’avviamento delbollito,lapulituradiortaggievolatili,econtinuaverificandoilnumeroelaqualitàdelleprovviste,distribuendo i compiti, sorvegliando il servizio di credenza poi quello di cucina, e si fa via viaconvulsoamisurachesiapprossimal’oradelprimoservizio,l’autorevolezzadel«sopracuoco»èessenziale per il buon fine.Nondeve essere négiovanenévecchiomadi forte tempra e dimoltaesperienza; ha da saper comandare ed essere seguito da cuochi «ubbidienti, umani, allegri e –aggiunge il toscano Romoli – quanto possibil fosse, Italiani et non ultramontani»15. Si è formatoattraverso un tirocinio, superando i gradi della gerarchia, conservando talora (è il caso diBartolomeo Stefani) una particolare venerazione per il maestro, Giulio Cesare Tirelli16. Oltre alcurriculum,l’intelligenzahapartedirilievoinunacarrieraincuiordineemetodononsonolesolequalità. La conoscenza profonda delle derrate, acquisita a contatto dei mercati e dei mercanti,raffinatadaincarichirivestitiinaltrecorti,esaltatadadotisensorialiemnemoniche,èall’originedeisuccessidiBartolomeoScappi.L’intuizioneglipermettedimetterlaafruttoprevenendogliappetitidel suo signore, creando nuove vivande «saporose, e grate al gusto [...] piacevoli, e dilettevoliall’occhio,conlorobelcolore,evagaprospettiva».PerquestoScappisiparagonaall’architetto,concui spartisce l’onere dell’allestimento del banchetto. Ma a differenza d’esso, deve rivelarsi unimprovvisatoreche«incasodibisognod’unasolacosasappiafarnediversevivande»17.

Il mestiere e lo statuto del cuoco, al di là delle mode gastronomiche, presentano caratteri diassoluta continuità. Cambia l’indole dell’autore – l’uno più modesto, l’altro più creativo, l’altroattentoall’effettodellestatuinedizuccheroediburropiùchealcaloredellepietanze–nonleregoleprofessionali da rispettare per la produzione collettiva del pranzo. Quanto al tirocinio, nel 1786AntonioNebbiaassegnanoveodieciannialsottocuocoperdiventare«offiziale»diunacasacioèperdirigernelacucina,dopountempoimprecisatonellemansionidisguatteroedigarzone.Dopodiché,fra i trenta e i cinquant’anni, esercita l’alta carica. Questi gradi non devono essere intesi coneccessiva rigidità: ogni «offiziale» contribuisce a orientare le carriere allevandosi degli aiutantiparticolarmenteespertiebravi,sucuipotercontareincasod’impedimentoodiinfermità.Aldisopradelcapocuoco,inunacorteoinunacasaaristocratica,staloscalco,ilmaîtred’hôteldeifrancesi,alvertice di una carriera partita dalle cucine o da funzioni cerimoniali. Nessuno di questi gradigerarchiciverràmessoindiscussionenelcorsodell’Ottocento,tranneforsequest’ultimochediventa,nelristorante,ilresponsabiledellasalaedelservizio.

La credenza, sopravvissuta nelle corti ottocentesche, viene riassorbita nella ristorazionealberghieradaaltricomparti.Hors-d’oeuvre,saladesedessertstornanosottolaresponsabilitàinteradelcuoco,allecuidipendenzeilcredenziereprovvedeallemarmellate,allegelatineealleconserve.Il cameriere o il caposala, e solo in casi eccezionali un capo affettatore (commis trancheur),esercitanofunzionidi taglioecondimentogiàesplicatedacredenzierie trincianti.Lasorveglianzadella biancheria, tovaglie e tovaglioli piegati, e delle stoviglie ricade sotto la responsabilità delmaître. Il mobilio segue, nelle stesse dimore regali, la riduzione dei servizi e dell’apparato: unpesantemobileappoggiatoaunmuro,conlarastrellieraperilvasellameprezioso,ricorderàconunafunzionepuramentedecorativaquellocheerastatounpiccoloteatrod’eleganzaedibuongusto.

Ilnuovoassettodellecucine,conleriformeintrodottedalleregoledelservizioconformialgustofrancese,illustratodaprofessionisticomeFrancescoLeonardi(1790)18cheavevanooperatointuttaEuropa,daNapoliaParigiaPietroburgo,vedeilcapocuocoaffiancatodadueoperatoridifiducia,alui non soggetti ma responsabili di due dipartimenti separati, il rosticcere e il pasticcere.Quest’ultimorappresentalafigura-chiavedell’etànapoleonicaedellaRestaurazione,eassurgenondiradoalgovernosupremo,secondounmodelloispiratodallaFrancia.Ècostuiilnuovoarchitettodelconvito,cheinnalzasullatavolaemblemi,trofei,costruzioni,giardini,paesaggi:

Unperfetto cuocodevenon solodisegnare,maconverrebbecheavesse imparatoancoraamodellarequalche forma,ornati ecc.,mentreavendoquestecognizioni,potràfigurareconmoltodecorosenzaandarsoggettoadaltriartisti,iqualiperinvidiaoperignoranzalifannosfigurareintutto.

Così l’Agnoletti, che nel dipartimento delle cucine della corte di Parma occupava, dal 1821 al1826, il ruolodi aiutantedi canditeria e di confetturiere, conuna specializzazioneparticolarmenteapprezzataneigelati19.

Nel corso dell’Ottocento, la professione del cuoco registra un mutamento significativo.Tradizionalmentelegataallacasapatriziaeallaborghesiafacoltosa,essaemigraprogressivamenteversol’industriadell’ospitalitàdicuil’albergoeilristorantesonoipilastri.Sull’esempioparigino,ispiratodairanghidell’esercito(brigataèunanticoterminemilitareitalianoripresodaifrancesiedestesometaforicamenteallecucine),nell’altaristorazionesiprocede,conlasecondametàdelsecolo,aunarazionalizzazionedellavoroedeiruoliconunitàdicucinadiviseinsezioniopartiteognunacon un proprio responsabile. Ai vertici troviamo il capocuoco e il sotto-capocuoco, sempre alcomando. Sotto di loro la nuova figura del salsiere, «il chimico illuminato, il genio creatore e lapietra angolare della cucina»20, primo dei capi reparto che occupa un grado creato dall’egemoniadellesalsenellacucinafrancese.Antipasti,minestre,legumieguarniture,pesci,arrosti,pasticceriaegelaticorrispondonoadaltrettanticomparti,conuncapoeunaiuto.Alladispensae,daiprimidelNovecento, al frigoriferoèprepostoun responsabile.Questopiccoloesercitovienecompletatodapersonalecon ruoliminori,dalcuocodi famiglia (che sioccupadellanutrizionedelpersonale)almacellaio, al panettiere, al casseruoliere cui incombe la pulizia di tutto il rame. Diminuendo lacapacità ospitale dell’albergo e del ristorante, decresce in proporzione il personale, sino a unastrutturaper50copertiaprezzofissoconuncapocuoco,unaiutanteeunaiutoapprendista.

In questo organigramma, le carriere seguono trafile ben precise. Il sotto-capocuoco è stato unsalsiere o un capo del frigorifero, mentre il salsiere, a sua volta, ha esercitato mansioni dicaporeparto.Ilcapo-legumiere(chefentremetier),cheprecedeperrangoiresponsabilidellediversepartite,èunexcapodelleminestreounexaiutosalsiere.L’estensioneditaleassettoaglialberghidilussodituttoilmondogarantisceun’areadi impiegoampia,maggiorediquelladellecaseprivate,conoccasioni di carriera legate allamobilità.Tutto ciò è resopossibile dall’esistenzadi ununicomodello gastronomico, quello parigino, al quale i professionisti dei diversi paesi portano leggerevarianti. I contratti di lavoro in cucine dirette da francesi, la pratica con chefs prestigiosi, le

promozioni ottenute in locali particolarmente reputati sono altrettanti titoli di merito a fronte diun’originenazionalechepuòcostituireunhandicap.Ipiattiitaliani,chesiriduconoaquellidipastaclassificati con i contorni alla voce légumes, hanno un posto modesto nei repertori di cucinaprofessionale, offrendo al personale originario del nostro paese competenze specifichemarginali,sporadicamente richieste dalla clientela. Questo modello gastronomico e organizzativo risultavigente sino a tempi recenti, e comunque sino alla quinta edizione del Manuale dell’industriaalberghieradelTouringClubItaliano,del1954.

3.AbitoecostumeL’uniforme professionale di cuochi, capisala e camerieri obbedisce tutt’oggi a un codice

cromaticorigidamenteimperniatosulbiancoesulnero.Primadell’Ottocento,cosìcomerisultadamolteplici testimonianze, regna fra le persone di servizio una diversità di colori e di fogge. Gliscalchi vestono con eleganza, con ricercatezza degna dell’ambiente aristocratico in cui operano.Nelle cucine, invece, cuochi e sottocuochi portano il grembiule bianco, rimboccano le maniche,tengono la testa copertadacappelli eberretti.Sologli addetti allemansionipiùumili, i lavapiatti,operanoacaposcopertoesenzacamicia21.Alresponsabiledellapreparazionedeipiattiedelservizioèdinormaraccomandatoilcolorscuro:«Develoscalcovestirpolitamenteetornatamentedinegro,da omo riposato e grave, conforme l’onorato officio richiede»22. Indossa abiti che si ispirano aicriteridigustoeditagliodellacortedelsuosignore:servendouncardinale,avràunavestelargaelunga, e berretta da prete sulla testa; se il suo padrone è un principe, seguirà l’eleganza di ungentiluomo, così come il trinciante che si cinge della spada, o il credenziere che, giovane eavvenente,seguelamoda.Costui,addettoagliantipastiealleinsalate,alleconfettureeallefrutta,unpocopasticcereeunpocogelataio,nonacasofornisce,benazzimato,lapartepiùlepida,golosadelpasto.Sololoscalcohadirittoinprincipioallabarba,aibaffie,dallasecondametàdelSeicento,allaparrucca. I subordinati, in cucina, è preferibile che si radano ma, come attestano le incisioni diScappi,sonoprobabilmenteipiùgiovaniadapparireglabri.

Nellecortienellecasenobiliari,dunque,ilpersonalediserviziosiadeguava,piùcheauncodiceprofessionale unico, all’immagine del padrone, sottolineandone nelle fogge la munificenza el’eleganza. Quanto più le mansioni erano direttive, tanto più si adottava uno stile cavalleresco,signorile,dimoda, conunaparrucca lungacheviavia s’accorcianell’epocadei lumi,daAntonioLatini, cuoco delle migliori case napoletane di fine Seicento, a Giovanni Nebbia che opera aMaceratanellasecondametàdelsecolosuccessivo23.Questononimpedivachelerispettivefunzionicomportassero delle insegne di mestiere. Il trinciante addetto al taglio delle carni metteva untovagliolo piegato per il lungo sopra la spalla sinistra durante il servizio a tavola. Tale usosopravvivrà anche dopo la scomparsa di questo personaggio, e ritroviamo il tovagliolo sottol’ascellaesull’avambraccionel serviziodeibanchettie inquellodei ristoranti,durante l’ImperoaParigi24eviaviasinoaigiorninostri.

L’introduzionediunostilevestimentariocromaticamenterigido,biancoincucinaebianco-neroinsala,impostoatutti,èfruttodiunanuovafunzionedell’abitoprofessionalenell’Ottocento.Essaèispiratadaimperativid’igieneedicerimonialità.Ilbianco,dallagiaccadelcuocoallatovaglia,allestoviglie, designa la pulizia impeccabile che deve saltare all’occhio, far colpo. Il nero non è uncolore assente nelle cucine,ma è concesso solo agli alimenti – lo si ritrova negli intingoli, nellesecrezioni dei calamari, nei semi dei frutti. Lo portano invece coloro che servono, con la precisaintenzione di incarnare un’eleganza compassata, austera. Sin dal Cinquecento il nero, elegante eautorevole, ha il favore delle élite, al punto che Domenico Romoli, nel suo trattato La singolardottrina,emendaquaelàleeccentricitàdeiserventiechiedealcoppieredicalzarescarpedivellutoneroenonrosso25.L’interdizionedeicolorisgargiantivadiparipassoconl’adeguamentoaunabitouniforme,unalivreadiserviziocheritroviamonellecortidell’ancienrégimeedellaRestaurazione.Contrapponendola alla livreaverdenapoleonica,MariaLuigia aParma26 ne impone una di colorebrunoscuro,laqualeanticipailtrionfodelneroedelbiancocomevaloriacromatici.Nellasecondametàdell’Ottocento, ilpersonaledisala, in tutti ipaesidelmondo, indossalamarsinaconcravatta

bianca,e,neiristorantimenoformali,lasemplicegiaccaneracheguadagnaterrenosulfracsinoasostituirlodopol’ultimaguerramondiale.Soloilprimocamerierehaildirittodiportarelacravattanera,enfatizzazionecheassimilavaloscuroaungradopiùalto,aunrigoremaggiore.Ilpanciottoneroconlosmoking,ebiancoconilfracdisera,obbedivanoadanalogheconsiderazioni.

A questo codice bianco-nero, camicia, sparato, polsini, pettorina, cravatta da un lato, giacca,pantaloni, calze e scarpe dall’altro, corrispondono altrettanto imperative regole di parruccheria. IlManuale dell’industria alberghiera del Touring Club Italiano, nel 1923, addita come esempio daseguire l’uso inglese che vieta i baffi ai camerieri, permettendo una barba (curata) solo ai capiservizio27.Lacorrelazionefrabiancoeglabrovienecosìaffermata,parallelamenteaquellafraneroepettinato,ilpelofuoriposto,ilpeloribellerappresentandounalibertàconcessasoloaipiùaltiingrado,checomeènototrattanofamiliarmenteipropriclienti.Nellarealtàilbaffocortodilagava.Lefotodigruppodellebrigatedeglialberghiedellenavilodimostrano.Fracappellobiancoementoraso,ilpelosopravviveva,cosìcomefrailmentorasatodeicamerierieunaaccurataspalmaturadibrillantinasulcranio.Icriteridisartoria,parruccheria,cosmesisonodunqueconcordi.

Un solo copricapo sopravvive nel comparto alimentare: il cappello dei cuochi, che, all’iniziodell’Ottocento floscio e simile al berretto di maglia, ovvero rigido, ampio e schiacciato, quindisempre più alto, leggero e tubolare, monta come un soufflé per sottolineare l’appartenenza a unordineprofessionaleinconfondibileesuperiore.Seunaggettivopuòesprimerlo,insalaeincucina,questo è: ieratico, fungendo da tiara in un sacerdozio che presiede alla salute, al benessere dellaclientela.Quanto al colore esso riecheggia valori leggeri, delicati, d’alto profilo, come quelli delpescebollito,delbiancomangiare,dellaglassadizucchero,delghiacciotritato.

Che ruolo simbolico gioca invece il nero nel servizio? È il colore del lutto, stravagante,provocatorio, blasfemo, che Grimod de la Reynière, il primo giornalista-gastronomo francese,aveva utilizzato nei cartoncini d’invito a una cena-scandalo, durante la sua giovinezza. È altresì ilcontrassegnodell’eleganzamondanamaschile,incarnatateatralmentedalcamerierecheauntemposoggiaceaun’etichettaesisituaaldifuorideicriteridimoda.Ilfracelosmoking,ilpanciottosonosoloapparentementeunmododiuniformarsiaicriterivestimentariaristocratici,inrealtàpersistonoindenni di fronte a una sartoria che allunga-accorcia le giacche, muta il colore e il taglio dellecravatteeliberaprogressivamentel’uomodaunaspettofunereo.

Nella rigidità bicroma, negli amidi degli sparati e nelle piegoline della toque, del tocco, è davedersi inoltreunaspettonondipococontodellagestione ristorativa,quellomilitaresco. I cuochidell’inizio Ottocento avevano giacche bianche con doppio petto e due lunghe file di bottoni,ridisegnateapartiredallegiubbedell’esercito,eportavanoallacintolailfoderodiuncoltellaccio,segno cruento dell’arte. I camerieri fungevano anch’essi da soldati, astretti a una toilette e a unadisciplinarigida,inunagerarchiaferrea,tuttiugualieimpeccabili.Biancoeneroesprimonoquestiimperativieservonoacancellare lesingoleidentitàafavoredellospiritodicorpo.Il terminechefnellecucineechefderangnonsonosolometafore.

Di questo codice, il lato più curioso è la sua persistenza. Il cameriere d’albergo indossa unagiacca oggi insolita, al pari del cuoco,mentre il sommelier ha una pesante catena al collo che sidirebbe ancor più antica.Col passare del tempo, cadendo l’imposizionedell’abito scuro e persinodellacravattafraiclienti,lelorouniformiappaiono«datate»pernondireanacronistiche,eppurebenaccette.Lamerafunzionesegnaleticadelcostumebiancoe/onerohapreso il sopravventosuognicriterio di gusto, dimoda e di opportunità, approfondendo la distanza fra personale e clienti, frateatroesala.Scomparsisparati,polsini,pettorine,restanolesagomevagamentenotturnefasciateinabitidalavorodiunaeleganzaanacronistica,allequaliilclientenonèinsensibile.L’altaristorazione,

l’industria alberghiera sono le ultime eredi di una concezione aristocratica in cui l’abito designaappartenenzaaunordineprofessionalefondatosuun’etichettaesucriteridieleganzachelasocietàhadimenticato.Cheigastronomiabbianorinunciatoaunguardarobaperlatavola,senzaliberaredaivincoli chi li serve, può essere facilmente spiegato pensando ai valori tradizionali del cibo, a ungusto che esige il rispetto unilaterale delle regole, delle forme. Siccome, nel campo dellagastronomia, lo spirito conservatore conta più che in ogni altro, anche l’atmosfera di un granderistoranterestasegnatadaltempo,dallaripetizionediunrito,e,perquantoconcernegliabiti,ricordaquelladiunmuseodellecereicuiospitiriprendesserovitaunasera,perbanchettare.

4.L’ostenuovoLochefdinaveed’albergosindalprimoNovecentolottaper ilposto,haunacarrieralungae

difficile, resa ingrata dalle emigrazioni stagionali, in Riviera e in alta montagna, e da unacompetizione particolarmente selettiva. Invidia spesso il suo collega, cuoco di casa, che esercitafunzionitranquilleeinfindeicontimeglioremunerate.Puòtuttaviaguardaredall’altolostuoloditutticolorocheoperanonellecucine,percosìdiresolioconunaserva,cheprovvedonoalvittoealservizio. La razza degli osti, nella storia della cucina, occupa un posto ben distinto da quella delpersonale salariato.È antichissima emalfamata, tantomalfamatada servire aTeofiloFolengoperuna rappresentazione dell’Inferno e a Collodi, all’insegna del gambero rosso, per introdurre unadelle disavventure più crudeli anche per un burattino. Basta osservare i ritratti di questi uominicorpulenti, con unberretto floscio che fascia loro il capo, un grembiulone arrotolato intorno allavita, le grosse mani piantate sul tavolo dell’avventore per capire quanto possano aver segnato lafantasia.

Le fonti letterarie su di essi abbondano, così come le testimonianze dei viaggiatori, le sceneteatrali, lecanzoni, lepoesieburlesche, le incisioni, tutte improntateallostesso tonoencomiastico,faceto o denigratorio. Nei bandi d’ogni genere, poliziesco e annonario, la loro corporazione èsempresottol’occhiodell’autorità.Mancanoinvecericettariemanuali,perchél’osteesegue,recitaeoffreipiattiallabuonaefissaiprezzicomegliaggrada.Èunpersonaggiofuoridaltempoedallemode, e del pari è datato, perché con il suo vino e con i suoi piatti ha gli anni e le rughe delpaesaggiorurale.Lotroviamonell’OttocentoenelNovecento,aservireibeoni,amaledireeriverireilmondointero,inalcunicasiaimbandireunatavolainmodononmediocre.Latipologiadeilocalièquantomaivaria.L’osteinterpretagliumorisocialiepoliticieseguelacrescitadellacittàdalsuoosservatorio popolare. Poiché egli nutre i clienti negli stili della tradizione, interpretata in mododiversosecondolelorodisponibilità,èinteressanteseguirel’evoluzionediun’attivitàcommercialeche ha in Italia profonde influenze sull’affermazione della trattoria. Osterie infatti si chiamavanolocaliconunacucinadoveilcuocoeravestitoditelabianca,comeLaNoce,LaNôsdiMilano28,maanchelebettoledoveilpadroneeradellastessarismadicolorocuiriempivailboccale.

All’ostecompeteanzituttolasceltaelospacciodelvino,daconsumareinlocoodaasporto.Aquest’arte egli consacra il proprio talento di commerciante e sacrifica talvolta il suo buon nome,passandoperunfalsificatorechetaglia,annacqua,coloraipropriprodotti.Nonèd’obbligocheoffraagliavventoriancheilcompanatico–labettolanonlofaceva–,mal’usodicucinasiestendeinmolticentriurbanieneiborghidovelarichiesta,iltransito,leposte,imercatilorichiedevano.Esisteunatipologia di cibi consumati in osteria. Anzitutto quelli che sono smerciati nel locale o, in città,vengono acquisiti nelle vicinanze: pane, salumi, formaggi. Poi un certo numero di conserve e disalacche di cui l’oste può essere fornito. Il diario di Valentino Alberti veronese (1796-1834) è aquesto proposito illuminante. La sua composta di cappari e quella di peperoni – di cui registraorgogliosoilprocedimento–sonocelebrialpuntocheeglidiventafornitoredicucineimportantienefaarrivareallatavoladiNapoleone,dipassaggioaVeronanel1807.Ilpranzopiùsemplicechel’Albertiservivaera«pane,vino,salado[=salumi]epeveroni»29.Conservefreddeall’acetoesottosaleeranodatempoimmemorabileconsideratepungolialconsumodivino, indissociabilidaesso.Accanto a questa attività commerciale, l’Alberti fa l’oste nel vero senso della parola e, oltre amescere boccali, prepara ilmaiale e lo cuoceper gli avventori.Codeghini, salami, carne salata siiscrivonoinun’economiaincui la tavernanutrediavanzi ilporcoelasuamacellazioneprofittaa

tuttiiclientidipassaggio.Altracosaèinvecel’osteriacheoffrenonsolocibofreddoesemprepronto,maunpranzocaldo,

vario e confezionato compatibilmente a stagioni e raccolti.Basti il profilo di un solo gestore perquestasecondaspecie:LuigiBicchierai,dettoPennino,ostedellaLocandadelPonteaSignadal1812al1873.Unluogodigrantraffico,inrivad’Arno,l’Arnonavigabile,sullaviaperLivorno,conunpassaggio di persone importanti e la presenza dei soliti avventori locali. Ci ha lasciato unbrogliaccio, dei conti, delle riflessioni. In cucina c’è lui e per tutta brigata ha un garzone.Alcunedellesuericetteriflettonola tradizionelocaleefiorentina:minestradiceci, trippaalsugo,baccalàcoi porri, frittata grassa, fagioli al fiasco, braciole di maiale col cavolo nero; in altre v’è unapreoccupazioneeconomica,ilrecuperodeitozzirinsecchitinellecrostedipangrasso.Lacarestiaèsempredietrol’uscio,titolatanelsugodellamiseria,einquella«pietanzadapoveri,maassaifinedigustoegraditaanchea’signori,pretieofficiali»chesichiamapanzanella.Altrericetteglivengonodacuochidipassaggio;unodiquesti,astigiano,glilasciainricordounaminestraSavoiadifegatini,ortaggitritieunbell’ossodibue.Avendoavventorid’ognirisma,devecimentarsiancheconpiattisignorili,studiaquindilederrate,leprova,leassaggia:

1settembre1818.Lafruttacheègustosamanonadattaainostricibidaosteriaè ilmeligrano.Unvecchionavigantecheha fattoviaggisuunlegnodacorsa traLivornoe l’Orientemidiceche là,si fannospremute,oppurechesebollitee tirateall’impannata’esiserveconlacarneastufato.L’unicaprovachehofattomal’homangiataio,èstatodiservirelaricottafrescamescolatacontantigrani,manonèstatagradita30.

Lericettesonoisuoidiscorsidimestierechegliservonoperriflettere,perdialogarefraséeséeconiclienti,eglipermettonodiesprimereunavenaciarliera,unospiritosagace:

1849.Contuttiquestimotidiribellionievogliad’accorparel’Italia,iochesonoosteepococonoscodiquellefaccende,hopensatoall’Italiacosìdivisa,machetuttivoglionoinsiemeemelafigurocomeunbelpentolonedibollito:zampa,lingua,carnevarie,udori!!Così,sel’Italiaèunbollito,laBandierasaràlasalsadicondimento,cioèSalsaTricolore31.

Eviaconletresalsepatriottiche,bianca,rossaeverde.Penninononhanulladell’ostecialtrone,èpio e conservatore, ma non privo di una arguzia cinica e spregiudicata. Si approvvigiona allagiornata,secondouncalendarioincuiderrateestagionihannocicliidentici,variandolaquantitàmanonladatadelraccolto.Passanoipastoriconleloropecoreperandareasvernare,ecompralorolaricotta; s’ammazza il maiale e confeziona un migliaccio di sangue. Cita i proverbi quando gliservonodapromemoria:

29Aprile1814.Ilfattorehamessoall’ingrassounbelpo’d’ocheche,comedicel’adagio«chivuoleun’ocafina,aingrassarelametta a Santa Caterina». Poi per Santa Lucia s’ammazzano e si acconciano per conservarle per l’estate, come si fa con la ciccia diporco32.

Colpassaredeltempo,iltransitodiunastradaferrata,laFirenze-Empoli-Livorno,l’aperturadiun forno per il pane (che a Signa nel 1855 marca un po’ la fine della panificazione domestica),l’arrivo dei piemontesi, questo ritmo varia appena. I cibi d’osteria vengono dai contadini, dallebotteghe, raramenteda lontano,comequeigranidicaffèchespeditidaLivorno transitanoaSignacondestinazioneFirenze.Perquantocurioso,Penninononhagrilliperlatestaenonsispingeoltrela besciamella e la pasta sfogliata, quest’ultima solo «per le feste grandi». Nell’epocadell’organizzazionedellebrigatedicucina,safare tuttodasé,gestireacquistieconti,preparare lepietanzeeservirlecongarbo.

Questi cuochi tuttofare sono, agli occhi dei viaggiatori, l’essenza stessa della tradizione e delcolore locale, e suscitano attenzione crescente, dalla fine dell’Ottocento.Come se l’esistenza dellacucinacreativaalta,diunostilealberghierofrancese,comportasseunaperditadiradici, inducendoungustoartificioso,l’osteriaguadagnafavorepressoqueicetiborghesieintellettualicheavrebberodovutoessereiveicolidiuninternazionalismogastronomico.Ilcostomodesto,lederratesemplici,isapori intensi fanno presa su italiani e stranieri. Locande di passaggio, come al ponte di Signa, o

altre, incontrademenocivili,descrittedaPellegrinoArtusinellaScienza incucina quando ancoral’autore viaggiava in diligenza, rappresentano punti di riferimento della memoria gustativa. AModigliana,l’osteoffreaPellegrinopertuttalacenadellefettedicoppadimaialeassaidura,edelletagliatelle;aPolesellaneipressidiRovigol’ostessa,inunostanzonecheservedacucinaedasaladapranzo,preparaperiviaggiatoristanchieaffamatiunpiattodirisi,risoallacacciatora«chedovevaserviredaminestra,daprincipiiedacompanatico»33.Contrariamentealpregiudiziochevuoleipiattid’osteria lunghidi cotturaedeternamente riscaldati, lapovertàdelle locande faceva sì che il cibo,tutt’altrochevario,fossepreparatolìperlì,dietroordinazione.

Mal’osteriacheentraperprimanellastoriagastronomicadelNovecentoèquelladicittà.Lareteferroviariachecollegaicapoluoghidiprovincia,sinoaNapoli,rendeaccessibili ipuntidiristorourbaniaiqualisonoconsacrateleprimeguide.QuelladiHansBarth,Osteria.GuidaspiritualedelleosterieitalianedaVeronaaCapri,tradottadaltedescoconprefazionediGabrieleD’Annunzio,vienestampatanel1910erieditanel1921.Descrivei locali, igestori, le lorosposeelegiovanifiglie, iviniequalchepiatto.Siccomesi rivolgeadei turisti italianie tedeschiassetati,offreuna tipologiaassaiampiadilocalifracuitrattorie,ristoranti,barebirrerie.AquestaguidaneseguirannoaltretracuiquelladiMariotti,Quandosiamdall’osteinsieme...34.Quasifosserol’incarnazionediunmododifarcucinaediconsumarla,ostieostesseviappaionoanzituttonellalorodimensionefisica,carnale.Tuttibassieforti.BastapasseggiareperRoma,infilandosiorainunaporta,orasottoun’insegna,eosservare:soraAdelenotevolmentecorpulenta,soraErmelinda,«unatorredicapellinericomel’aladelcorvo,unvisoridente,dueocchiammaliatori,unpo’dipelurienerasullabbrosuperiore»,esorPeppe,«testacesarea,profondiocchibovini»35.

L’osteria che è una bevitoria propone anzitutto il vino dei castelli romani, scelto, trasportato,spillato dal proprietario, e alla sua celebrazione sovente s’arresta Hans Barth. Sor Peppe il«fedelinaro»dirimpetto alla fontanadiTrevi offre quindi duepiatti: le fettuccine (i «fedelini») e isaltimbocca36. Le specialità di Felicetto, in viaMario dei Fiori, sono invece la trippa al sugo e lostufatino col sedano37. La tipicità non è assicurata solo dalla coda alla vaccinara e dalla pagliata,mentre la trippa, onnipresente, rappresenta uno dei denominatori comuni interregionali. Gliavventori son gente del quartiere e alcune mescite sono affiancate da una friggitoria o da unpizzicagnolodicomplemento.Lacuriositàcrescenteperquesti localieperlalorocucinaspiegailsuccesso,nelprimodopoguerra,deglistessitrattoridigrido,comeAlfredoilredellefettuccine,inviadellaScrofa,oilCampolidettoilTrojaaFirenze.Primachecuochisonodueguitti,ilsecondoconunfisicodaMangiafuoco,«grandeemassiccio,lasuaombraenormeaduggiatavoleintiereacuiseggonogli sbigottitiavventori.Haun testone rapatoda lottatore,va fra le tavolee incontroachientra con le spalle un po’ curve e gli avambracci a tenaglia e lemani aperte come se cercasse lapresa». Cosa ordina il Troja ai suoi clienti? Crostini caldi, penne al sugo, pollo alla diavola, «lacostata di un vitellone nostrano» e un fiasco «di vino dellaRufina»38.Una guida del 1939 così lorecensisce:«Campolidetto ilTrojaè lagargotta invoga,aFirenze.Accantoall’operaiovi trovi ilforestiero di grido e la damina aristocratica.Tono rustico, ostentatamente popolaresco,ma ottimacucina.Tuttelespecialitàfiorentinevisonocuratecongrandeamoreeconraraabilità.OttimiivinidiPominoedelChianti»39.

Fral’ostediModigliana,diPolesellaediSignaeilsuoparenteederedecittadinoladistanzaèincommensurabile.Quest’ultimoattingeaungrandemercato,epuòalternareipiattinelcorsodellasettimanadandoneannuncio(lunedì lapagliata,sabato la trippa),ovverogarantirne ladisponibilitàtutto l’anno, ingozzando a comando i propri clienti. Grandi porzioni, piccoli prezzi, pochissimascelta, uno o due vini. L’oste moderno ripete ricette semplici ma ha un’idea propria della cucina

adattandolaallarichiesta.Ilfuoco,delcaminoodelbraciere,èl’effettospecialedialcunidiquestiteatrini, come il flambage lo era del ristorante di lusso. Ne nasce un’offerta focalizzata su alcunipiatti, le fettuccine a Roma, la costata a Firenze, apprezzabili anche da avventori borghesi, con ilpregio di ricordar loro una cucina casalinga, enfatizzata dalle porzioni, dai condimenti, dalleparticolaricotture,dall’atmosfera.LefettuccinediAlfredosonoaldoppioburro,lacostatadelTrojaè «una specie di valigia rossa». Rispetto alle ricette di Pennino spesso suggerite da una derratafortunosamentedisponibileodall’esigenzadifarquadrareicontineigiornidimagra,nasce,nelleosterie di città, una cucina a un tempo più ricca di sostanza e più povera di idee, o meglioprogrammatasulleideechegliavventorihannodellacucinapopolare.

La distanza fra osteria e trattoria, che per Artusi era importante, tende a ridursi durante ilfascismo,mentre il ristorante, «eserciziodi primordine», stenta a conservare la propria egemoniaquandononègestitodaunalbergodilussoononhapersonalequalificato.Ilpubblicosidistribuisceinquestitreesercizi,sempremenoinfunzionedellapropriaidentitàsociale,preferendoanteporreiltipodicucinaallostilediservizio,ericonoscendosipiùfacilmenteneipiattiregionalicheinquellifrancesi.Che l’oste fosseun trasformista losièdetto,mache, sull’esempiodiLuigiBicchierai invenadiesperimenti,potessetradursiinunochefèunaltrodeiparadossidellagastronomiaitaliana.ComenasceunristorantefraipiùprestigiosidiBologna?Daunabottegamodesta,piccola,consalaecucinagomitoagomito,grazieaunochefdicarriera,ritornatonellapropriacittà,GiovanniZurla.«Particolarità?Nessuna. IlPappagallo èunaqualunqueosteriadagenteperbene, nonhapretese equasi sembra una di quelle fiaschetterie dove i pochi clienti vogliono godersi le loro metodichesbornie»40. Eppure tagliatelle, tortellini e lasagne verdi assicureranno al Pappagallo una famastraordinaria, insieme a quelbudinoallaRichelieu, filetto di tacchino saltato con salsa olandese etartufi,chedell’osterianonavevanulla.

Inquest’ultimaaccezione,osteèilcuocoindipendente,liberoimprenditoresenzagrandimezzi,orientato verso l’offerta di pietanze tendenzialmente locali, sperimentatore a tempo perso, senzaallieviesenzaunadiscendenza.Metteapuntopochipiattiesceglie iviniaportatadimano. Il suomenù?Avoceoscarabocchiatosuunalavagnavariapoco,maoffreilpregiodiprimiesecondidisicuro richiamo. Capace di riunire sulla sua persona un forte consenso, non è in grado di farnebeneficiare degli eredi perché, a differenza del personale alberghiero, opera in una strutturafamiliareesostienetuttoilpesodellapropriacucina.IltracolloeladecadenzadelPappagalloeranodunqueiscrittinellesuestesseorigini.EternopioniereeultimodeiMohicani,èdestinoche,neitempimoderni,l’osterinascaaognigenerazionediversodatuttiipredecessori,diversissimodacolorocheloseguiranno.

5.DamassaiaacucinieraUno dei dibattiti più appassionati della storia gastronomica italiana è quello del primato della

cucinamaschileofemminile.Essoèresoancorpiùvivodallapresenza,dicrescenteimportanzanelNovecento,siainItaliasiainFrancia,diunaristorazionepopolare,provinciale,gestitadadonne,ediunacucinadifamigliafineecuratachesonostateadditatecomeunospecchiodelbuongustoedelletradizioniautentiche.Questodibattitoharadiciprofondeecoinvolgenon tanto ilvaloresimbolicodellanutricenellasocietà,quantolecondizioniincuiladonnaesplicaillavorodomesticoelanaturadel suobagaglioculturaleeprofessionale.Unesamecronologicodelproblema,nell’etàmoderna,saràutileperfissarneitermini.

Nei titoli dei ricettari la parola cuisinière appare in Francia nel 1746, benché pronunciata efirmata da un uomo,Menon. In Italia una cuciniera piemontese che insegna con il facilmetodo lemigliorimaniere di acconciare le vivande sì in grasso che inmagro esce aVercelli nel 1771.Neidecenniseguentilarivalitàfrauominiedonneperladirezionedeifornelliedellatavolacresce,conlaconseguenzadiprospettareduelivellidicompetenza,l’unoaltamentequalificato,rivoltoallecorti,alleambasciate,allecasearistocraticheel’altrofamiliareeborghese,messoinpraticafral’orto,ilmercatoeilfocolare.Pressochésconosciutarestalapubblicisticacoevaingleseeamericana,legataai nomi leggendari di HannahGlasse e di Amelia Simmons che anticipano unmodello familiareborghese,particolarmenteversatoneipiattinazionali,neicakesenelleconserve41.

Laserva-cuocanonhatuttaviaatteso,inItalia,lasecondametàdelSettecentoperdareprovadelsuotalento.Lamasseradabe’,labravamassaiaèlaprotagonistadiuntestodialettaledel1554.Èunapoveradonnachevienedallacampagnabresciana,cercalanadafilare,bussaaunaportaeoffreindialettolefortibracciaetuttalasuaesperienza,precisandoches’intendedicucina:«Lacuradeltaïer/L’antendianchami».Lesuecompetenzesonoestese:lessoearrostodicarne,pescipiccoliegrandi,minestra,paniccia evermicelli, pernondiredipreparazioni raffinate, come le farce.«Delpié,nome’ldisì:/fiadò,torti,pastèi,/tàrtari,cazonzèi»(Riguardoalripienononmelodite:/fiadoni,torte,pasticci,/tartare,casoncelli).Safareilpaneepreparai«fasùi»perserviepadroni,bollitiinacquaeinbrodo,conditiconolioesemidifinocchio.Lamasserahanonsoloitalentimaancheivizidiuncuoco:ègolosa,beveilvinodalboccale,corteggiaigiovanotti,siaccapigliaconifornitori42.

Non ritroviamo questo personaggio nelle cucine di corte. IlMessisbugomette lemassere allaportaconpocheparole,enonsaràbisognoadaltriscalchiripeterle:«iononspenderòtempo,ofaticaindescriverediverseminestred’hortami,olegumi,oininsignaredifrigereunatencha,ocuocereunluzzo sulla gratella, o simili altre cose, che da qualunque vile feminuccia ottimamente si saprianofare»43. Questa femminuccia lavora nelle case agiate con mansioni diverse: provvedere al fuoco,spazzare,farilbucato,governarelegalline.Siccomeladispensaconfinaconlacucinaedèprossimaalfocolare,spennareilpolloescuoiarelalepre,governareunlessoschiumandolopotevanoesseremansionidelegatealledonne,comeattestailfrontespiziodell’EpulariodiGiovannide’Rosselli44.Cisonodanutrireiservi,eall’occorrenzaprepararequalchepiattoperisignorineigiorniferiali, inassenzadiospiti.

A capo della casa è il «padre di famiglia»: a lui spetta il ruolo ospitale di anfitrione e lasovrintendenza della economia. Il suo ritratto è quello dipinto da Torquato Tasso: un gentiluomomaturocheassegnaallamensa iprodottidellapropriacampagnaedellacaccia,consiglia l’ordinedelle imbandigioni, prescrivendo i vini, e comanda figli e servi.La responsabilità dell’uomoavràlunga vita fra le mura domestiche, e la ritroviamo in vigore per tutto l’Ottocento: vegliare sul

servizio,orologioallamano,ordinarelepietanze,calcolarecostiesprechi,scegliereeretribuireiservi, sono prerogativa del capofamiglia, libero di delegarla alla consorte. Il senatore PaoloMantegazza,autorediun’Artediprendermoglie,nonsisottraealdovereeannotanelsuodiarioil5gennaio 1895: «Dal 1 Gennaio, ogni mattina faccio i conti colla cuoca come Maria [Fantoni, lamoglie]hamostratoildesideriocheiofacessi»45.

Aserve,fantiefantescheall’opera,siaffiancaspessoconcompitidisorveglianzalapadrona.«Èincredibile–dicel’Adami–l’utile,cheapportainunacasaunadonnadigoverno,equantoaccrescainbrevetempolarobadiCasa»46.Allasignoraspetterà,persecoli,ilcompitodidirigeretuttiiservi,uomini e donne, istruendo separatamente gli uni e le altre (e se stessa).Molto potrà imparare daiprofessionisti, i cuochi assoldati per particolari occasioni; del loro insegnamento farà tesoro e lotrasmetteràaiservi.ComescrivePandolfini:

Stabeneaognidonna sapercucinareeapparecchiare tutte leelettevivande, imprenderleda’cuochi,quandovengono incasape’conviti, vederle loro fare, domandarnegli, impararle, e tenerle amente; sicché quando vengono i forestieri, i quali vogliono riceverelietamente,ellesappianofare,eordinaretuttiimiglioricondimenti;pernonavereognivoltaamandarepe’cuochi,chenonsipuòinunpunto,emassime trovandosiallavilla,dove icuochibuoninonsono,ed i forestierpiuttostosi ricevono.Nonche ladonnacuoca:macomandi,insegni,emostrialleservenoncosìdotte,faretuttelevantaggiate,elemigliorivivande,chesirichiederanno47.

Tantopiùmodestaèlafamigliatantopiùilsodaliziofrasguatteraepadronasifastrettoeduraladisciplina degli acquisti e delle conserve, fondata sulla qualità e sul risparmio. Alla serva-cuocaspettadifornireuncibovariomadipocoapparato,diversamenteespressoperlagerarchiadeiservieperipadroni.Panecasereccio,vinoeminestrasonolabasediquestovittocucinatoconpocaspesa.

Esiste una cucina delle massere? È quanto suggerisce scherzosamente Ortensio Lando nelCatalogo de gli inventori delle cose che simangiano. Alle donne di paese torna ilmerito di averperfezionatopreparazionidifagioli,asciuttieinbrodo,diceciefave(la favamenata)edicelebripiatti di pasta fresca: «Libista contadina lombarda di Cernuschio, fu l’inventrice di far raffioliaviluppatinellapastaedispogliatidettida’Lombardimalfatti»;«MarinadaOfflagaful’inventricedefiadoniedeiraffiolidienola»;«MelibeadiManerbioful’inventricedecasoncelli,delleoffelleedellisalviati»;«Meluzzacomascaful’inventricedimangiarlasagne,macheroniconl’aglio,spezieecacio»48. Le conferme a questo lepido catalogo arrivano dalla poesia padana di Teofilo Folengo.Bertolina,mogliedefuntadiTognazzo,vienedaluipiantaacaldelacrimeproprioperilricordochehalasciatodeisuoitalenticulinari:«Erabravaafaregnocchibelligrassiconlesuemani,etorteetortelli,eilmaccoelamuliebrepolenta»(«doctafuitgrassosmanibuscomponeregnoccos,/tortas,tortellos,maccum,muliebrepolenta»)49.SegliaiutantidiMessisbugoeranodeivirtuosidell’impasto,gliesitipiùsemplicidellaloroarte,gnocchiepolenta,eranoabbandonatiallefemmine.Delpari,acoleichespennavalagallinaegrattavalescagliedelpesceeralasciatal’opportunitàdibollirel’unae arrostire l’altro.Conquesti limiti, per i contadini più cheper i signori, si potevaparlaredi unacucinafemminileitaliana.

Di massaie non ne esistevano solo dabbene. Una vasta letteratura denuncia le magagne dellaservitùprendendoneapartitosoprattuttolasporciziaelasubdolaperfidia.Lanettezzaèunrequisitosin troppo invocato nella letteratura gastronomicamoderna per non far sorgere il sospetto che lecucinenonpatisserodelcontrario,e icibi fossero lordatiper ignoranza, incuriaodispetto. Inunaraccoltadinovelledel1596, Il fuggiloziodiTommasoCosto50, la«fante»,pervendetta,gettanellapentola d’acqua bollente le lasagne cui aggiunge dei capelli posticci della propria padrona. Lipresenta quindi con cacio piacentino grattato, a lei e alle sue amiche.Al contrario della cucina dicorte dove ogni piatto passa al vaglio dello scalco che lo assaggia e lo dispone dinanzi al suosignore, nella casa i destini di padroni e famigli si confondono e si oppongono continuamente,favorendo una nutrizione elaborata incrociando modelli alti e bassi, ispirati dalla campagna e

ingentilitidallacittà,arricchitieimpoveritidacriteridieconomiaspicciola.La cucina delle fantesche non si configura dunque come la versione minore di quella di

Messisbugo e di Scappi, né rivaleggia con essa. Utilizza pesci e carni selezionati secondo criteridiversi, ricorre con parsimonia alle spezie e allo zucchero solo per le confetture, non ricercal’effettocromaticooplastico,mapromuovel’appetitoconpietanze,salsicceefagioli,chefannogolaal servo prima che al padrone, e presentati a quest’ultimo, in una versione più fine, finiscono perrisultargligraditi.Sesivuolecercareunmodelloaffinebisognaallontanarsidaibanchettidicorte,frugarenellavitadiprovinciaerispolverare,nellecaseagiate,ilibrimanoscrittidiricetteesegretiche l’addettoallamensacompilavaa futuramemoria.NelCochobergamascoallacasalenga comeneiversidellaMassera,ritroviamoricette«dozinaliquantoallasostanza»,messeinvaloredalmododicuocerle,talidanonallettare«piùlavistacheilpalato»51.

Cuochidipalazzoesguattereappartengonoaduemondicherestanoculturalmenteseparati,gliuni con il loro tirocinio, la gerarchia e i libri di ricette, le altre analfabete e rotte alle fatichedell’acquaio e del focolare. Se emerge una competenza in quest’ultime – massara alla fine delSeicentodesigna,«fuordiToscana»,«laservaofantespezialmentedicucina»52–essanonsitraduceinunanuovadidattica.Lapolemicaantifemminilerinfocolasemmaiilpregiudizio,enfatizzandounadisparitàfracuochiecuochediordinemoralepiùcheprofessionale.VincenzoTanara,cheformulalesueconsiderazioninell’otticadell’economiarurale,denuncianelladonnadissipazione,disonestà,sperpero,incompetenza,sporcizia.Leservetutte«vinolente,malediche,òstreghe»nondovrebberomettermanonemmeno alle braci del focolare, lasciando all’uomo«polito, fedele et intendente» ilcompitodiimbandirelevivandeeportarleintavola53.Sonotemicondivisi,nel1650,dallaletteraturasatirica italiana e francese, i qualimostrano l’esistenza di una gerarchia precisa dimansioni e dimeritinellaqualeladonnatieneilruoloprincipaledipadronaequelloinfimodisguattera.

Per influenza del modello parigino, con l’affermarsi di una cucina borghese, la serva siriqualifica e viene ammessa all’alta scuola (maschile). «Il mio metodo n’è semplice, proprio, elontanodallamoltaspesa»,dicelacuocacremonese.«Èusatoanchenellegrandicucine,nellequalidaCuochi Piemontesi, Francesi ecc. appresi il mio esercizio»54. Questa dichiarazione baldanzosaimplicacheladonna,oltre ildialetto,conoscal’italianoequalcheparolafrancese,cheeseguanonsolo la minestra di legumi ma le sue versioni fini, con piccioni o con gamberi, che aggiorni leproprieconoscenzesulservizioadeguandolealgusto.Perquantoilsuonomeappaianeifrontespizidi opere scritte in realtà da uomini, la cuciniera è una donna evoluta con mansioni sempre piùspecifichetralequalinonvièpiùilpanedellafamigliaeilpastonedellegallineodeimaiali.Validicuochi, come Antonio Nebbia, si fanno espressamente carico della sua istruzione: «Se mi sonoinoltrato a comporrequestomio librodi cucina [...] altro finenonhoavuto chedigiovare a tantiservitori,eserve,chepretendono,oalmencredonodicucinarbeneailoropadroni,etrovansiquasidigiuniintalmestiere»55.

Ilmitodellacuocacherivaleggianellecasecongliuominielisuperaperfinezza,operandounasintesidellacucinapopolareearistocratica,diventandol’eredesemprepiùesclusivadelletradizionifamiliari, cresce per tutto l’Ottocento. La connotazione più particolarmente femminile di talepersonaggioèilsuointeresseperlagestionedelleprovviste,perleconserveeperidolcidaforno.Si trattadiunadonnacondueanime,di sguattera riqualificata inuna società in cui ilmercatodellavorotendeaspecializzarsi,edipadroncinaattivaedeconomachenonesitaaprendereinmanolepentole. Scemando il numero dei servi, assommando in un’unica persona tutte le competenze, lacucinavienevalorizzataeaprecarriereinaspettate.Peraverneun’ideabisognaleggereGianinaossialacucinieradelleAlpi,ricettarioattribuitoaFrancescoLeonardi,editoaRomanel1817.Gianinaè

austriaca e figlia di albergatori, sposa un cuoco francese che esercita in case aristocratiche e che,dopounacarrierainternazionale,simetteinproprio,aChiajainNapoli.Vedova,subentraalmaritoe,liquidatanelasuccessione,apre,nel1787,unalocandasulCenisiofraItaliaeFrancia,fracucinaitalianaefrancese.Gianinanonhanulladellafantesca,haunapiccolabibliotecadiopereculinarieedè l’autricedel libro.L’industria turistica, i circuitipostali sono lapremessadella suavocazionediimprenditrice e di chef. QuanteGianine operano in Italia? Poche benché in numero crescente, agiudicaredaglistessiricettari,scrittidauominichepreferiscononascondersidietrounopseudonimodell’altrosesso.Èunatendenzaches’accentuanelsecondoOttocento,qualichesianoicontenuti:Lacucinaeconomicamodernadel1843haunnuovofrontespizionel1857,Ilcuocobolognese,perfinirenel1874rititolataLacucinierabolognese56.Lericetterimangonoidentiche.

Laconnotazionefemminilediuncertotipodicucinaquotidianaedeconomicaguadagnaterreno,framolte difficoltà, non ultima quella di recuperare dei saperi troppo noti permeritare spreco diparole.LacuocacremoneseeLacucinierabolognesenontiranounasolavoltalasfogliaeinvadonouncampodisseminatodigallicismi.Cherappresentinolaversionesemplificatadiuncodicemaschileèsintroppoevidente.Paradossalmentetuttaladidatticascrittacontinuaaesprimersiinquestosenso,anteponendolatavolafine,ilpranzodellafesta,laricettacoltaall’esercizioquotidianodellapastaedeibrodi.Lapermeabilitàdeiricettariallevivandecheledonnepreparanoincasacrescetuttavia,evolendocitarneunodellastessaareadeiprecedenti,Lacucinieramaestrastampatanel1884aReggioEmilia,nonsolosonopresentiitagliatellimatutteleistruzioniperprepararlipartendodallafarina.Dopounaprimaparteincuièpropostalaversionefinedellacucinareggiana,inunaseconda,conimodidiversipercucinareineconomia,siritrovanospecialitàlocalicomeloscarpazzone,unatortafarcitad’erbe,ointerprovincialieregionali,comelozampinoconlelenti57.

Lapresenzadiundoppio registro, raffinatoe semplice,puòesserespiegata immaginandoche,sinoadArtusi,operaidealmenteincucinauntrioformatodallacuoca,dalgastronomoedalcuoco.Quest’ultimorestailgarantedirettooindirettodiunostileelevato,degnodieventualiospiti.Lasacratrimurti, nella versione artusiana, è costituita da Francesco Ruffilli, forlimpopolese, da MariettaSabatinidiMassaedalgastronomotosco-romagnolo.Maèalladonna–ilriconoscimentononèdipocopeso–chevieneconcessol’onoredidareilproprionomeaunpanettone:«LaMariettaèunabrava cuoca e tanto buona e tanto onesta da meritare che io intitoli questo dolce col nome suoavendolo imparato da lei»58. Panettone Marietta, bracioline alla Bartola, sformato della signoraAdele,souffletdiLuisetta,nelnomedibattesimoilrapportogerarchicosidiscioglie,confondendo,affettuosamente,lasignoraelasuaausiliaria.

La finediuna servitùnumerosaedistribuita inmillemansioni rilancia la collaborazionedellaserva e della padrona, una coppia che a ogni generazione sembra ripartire da capo. L’una porta,infatti, indotedellapropriaoriginecontadinabenpochipiatti emoltobisognodi lavorare, l’altradeve, con il matrimonio, incominciare da zero. L’incombente penuria del personale, lungi dallosciogliereivincolididipendenza,larafforza.AverealpropriofiancoMariettaSabatinièstataunaduraconquistaperArtusi,ottenutaselezionandonatureribelli,bizzose,ostilie ladre.Ilcalvariodaaffrontare per essere ben serviti fa parte di una gestione del lavoro domestico che si protraeininterrottamente per oltre un secolo dalla metà dell’Ottocento a quella del Novecento. Comescegliere una cuoca? Parrebbe ovvio:mettendola alla prova. In realtà ogni cuoca viene riformatanella casa nella quale è assunta, per cui altri sono gli indizi da valutare, l’origine, l’accento, ilcarattereol’aspetto.Duedatiessadevefornireaogniassunzione:doveènataequaleèstatoilsuoultimoimpiego.Laprimarispostapermettedivalutareillivellodiculturagastronomica,lasecondafornisceunagaranziadicompetenza.Allafamigliaessadeveassicurareilcibosecondounmodello

che non è il proprio: presa a prestito da un’altra provincia, da un’altra regione, apprenderà tutti ipiatti cui è abituato il suo datore di lavoro. Non le si chiederà di competere in eleganza con lapadronama di assicurare una base nutritiva solida e buona. Nel 1936, EmmaVanzetti invita, nonsenzaironia,aosservarlelemani:«Lamanodellacuocabuonaècorta,larga,rosa,schiettaecarnuta,conpolpastrelliquadri(laboriositàedenergia)»59.

Spostandol’attenzionedallacasagrandeedalla«villa»versolafamigliaborgheseconunaoduedomestiche,cisiaccorgecheildibattitoantifemminilesullanequiziadelleservehapersomordenteeattualità. La donna cuoca prende il sopravvento sull’uomo cuoco, costoso, vanesio, nemico dellasalute.Lasuarivalemiraallasostanzapiùcheallapresentazione,pensaalcostoprimachealgusto.Si dichiara attenta ai valori regionali,ma considera degni di una scrupolosa esecuzione soltanto ipropri.Giulia FerrarisTamburini,milanese, è una donna pratica: «I tortellini, detti diBologna, simangianoalbrodo,esiccomesitrovanogiàpreparatiincommercio,diròsolocomesicuociono»60.Il mercato supplisce alle carenti competenze, senza negare il gusto per piatti appetitosi venuti dafuori.Èconquestiausilichelaregionalizzazionedeipiatti,nelNovecento,coinvolgetuttelecuocheetrionfainItalia.

A formare una padrona-cuoca concorrono tre modelli culturali: il patrimonio culinario,l’aggiornamento gastronomico e l’economia domestica. Il patrimonio è costituito dai cibi chedomandanolamanomanonlafantasia,brodiebolliti,pastefrescheesughilunghi.Anchegliavanzi,polpette e intingoli, per non dire dei molti riusi del pane secco, rientrano nel novero di questepietanze.Inessesiesprimonoletradizionifamiliarielocali,lasalvaguardiadiun’identitàsemplice,schietta, nell’avvicendarsi delle generazioni. È la parte della cultura domestica messa a più duraprova,nelsecondoNovecento,dall’urbanizzazioneedallavorofemminilesalariato,sopravvivendonellepieghearcaichedelcorposociale.

Ilricettarioastampaportainquestosostratoconservatorelanovità,ilpiattoattintoaunacucinaborghese più italiana che territoriale, più cittadina che campagnola. Involtini, sformati, soufflé,crostate,budinietartinesonoindicidiunaggiornamentodellemassaiecheesprimonolalorosetedimodernità. Anche le pietanze trasferite da una regione all’altra e disseminate a chiazze nel paeserientrano in questo tipo di consumi. Il passaggio da unamonocultura locale della pasta a un usodiversificatodipasteesughi,favoritodalricettarioedaiperiodicifemminili,svelaunorientamentocostantedellepadrone-cuoche,sinoaoggi,aviaggiareconlafantasiaeconlepentole.

L’economia domestica è dei tre modelli quello più ideologico. Figlia dell’Igiene e delTaylorismo, essa non favorisce la conservazione di un patrimonio locale e non stimola ilrinnovamentogastronomico,maesprimeilprimatodellagestionesulgusto,dellasalutesulpiacere.ÈunadisciplinaimpartitainItalianellescuoled’avviamentoprofessionale.Congressiinternazionali–aBerlinonel1934–epoliticheautarchicheneconsacranol’importanza61.NelcorsodelVentennio,nelleprincipali città, aMilano,aFirenze, aTorino, enei capoluoghidiprovinciadelNord, comeUdineeBergamo,operanoscuoleruraliecentridiurnieseralidiformazionechesiaggiungonoacollegi, orfanotrofi, conventi nei quali veniva impartito un insegnamento cheprevedeva la cucina,secondoilmodelloborghese.Cosadovevaimpararelafuturacuoca?Aservireconamore, recita iltitolodiunmanualecattolico62.Inaltritermini,afarlaspesa,aconoscerequantitativi,prezzi,tempidi preparazione, a esprimersi con conserve e dolci a buonmercato, con piatti sani ed economici.Elementiminerali,vitamineecalorieentrano,perlaviascolastica,nelbagaglionutritivo63.

Patrimonio,aggiornamentoedeconomiadomesticanonsonolefaccediunassettoacquisitounavolta per tutte, ma rappresentano la ricerca di un equilibrio nella società italiana sino agli anniSessanta,unequilibrio resoprecariodallanatura stessadel lavorodomestico,diversamente inteso

comedovere,serviziosociale,temporaneaservitùoprofessione.Lacuoca-padrona,conisuoipiattilocali, i suoi ricettari e la sua capacità di gestione crea la cucina familiare italiana, e la consegnaprogressivamente, nell’ultimo trentennio, nellemani di un’industria che ne assicura una continuitàper così dire artificiale. Tramontato, con la scomparsa della cameriera fissa, l’insegnamentodell’economia domestica, la padrona si trova senza cuoca ed entrambe devono far cucina per sestesse.Laperditadellamanualità,lariduzionedeitempidicottura,ilricorsoaunadistribuzionedipastiesternaallacasacostituisconolateladifondosullaqualeladonnaoilsuocompagno,semprepiùestemporaneieamatoriali,proiettanoillorosaper-fare.Ilnumerodellecuocheimperite,incerte,monotone, cresce con il lavoro salariato, al pari di quello dei divoratori di panini, dei dilettantiisterici,deigastronomidomenicali.L’eradiun’arteandroginaècosìcominciata.Nell’incertezza.

VIII.Scienzaetecnicaincucina

1.FraconsuetudineeprogressoDuesonogliapprocciscientificiallostudiodeglialimentiedella loropreparazionechehanno

avutocorsonelpassato: l’unomedico-dietologico, ininterrottamentepraticatodall’antichitàaoggi,l’altrochimico-fisico,piùrecente.Insedegastronomica,quest’ultimo,dallafinedelSeicento,hadatoorigineaesperienzemoltepliciefondamentalisiasullematerieprimeeiprocessidiconservazione,siasullefontidicaloreegliutensilidellacucina.Parlarediprogressosignificatuttaviaoffrireunachiavespessoinefficacenelcampogastronomico.Lacorrelazionefraderrate,lavoroestrumentièben lungi dall’influire sull’oggetto nutritivo in modo semplice. Le pratiche più arcaiche possonorisultare migliori delle tecniche moderne: l’uso della legna per arrostire sulla graticola risulta atutt’oggipreferibileaquellodell’energiaelettrica;unapolentacottanelpaioloenelcaminohaunsapore migliore di una polvere gialla da reidratare. Il gusto non è il riflesso puro e semplicedell’innovazione.

Esistedunqueunproblemadicontinuità:dauncapoall’altrodellanostrastoriagastronomica,daBartolomeoScappiaPellegrinoArtusi,lapentoladiramestagnatoèilrecipientepereccellenzadamettere a contatto con una fiamma che si aggiorna, riempito di un’acqua sempre diversa, che èpassata dal pozzo all’acquedotto, al rubinetto. Variabili e costanti devono entrare nel quadro diriferimento, comprese quelle di ordine sociale e censitario, per apprezzare i progressi nel campodellefontidicaloreedelleleghemetallicheimpiegateinutensilieneirecipientidicottura.Senzalapresenzadellosguatteroodellaservacheveglianoilcaminoeitizzoni,trasportanociocchieroviefreganocontinuamenteirami,nonsispiegalasopravvivenzadellacucinaantica,unlocalechearrivasinoallesogliedelXIXsecolo,descrittodaIppolitoNievocome«oscuroanzinerodiunafuligginesecolare, sulla quale splendevano come tanti occhioni diabolici i fondi delle cazzeruole, delleleccarde e delle guastade appese ai loro chiodi»1. Lamodernizzazione dell’ambiente domestico falevasuabitudinieresistenzechenonsemprevince,es’imponeacapodiunperiodotaloralungoetravagliato.IlfocolaredelcastellodiFratta,conleleccardecheraccoglievanoilgrassocolantedaglispiedi, evoca il problema della nostalgia, di una tradizione che a contatto con le novità non sitrasformamamuore, trascinando nel proprio rogo ricette e sapori. La sporcizia di quello stessolocale, buio,malsano, con angoli gelidi e altri roventi, ha un effetto diametralmente opposto e loallontanadefinitivamentedalgustoedallasensibilitàmoderna.Anchelecontraddizionifraigieneecottura,saporiesalute,meritanounostudio.

L’aggiornamento disomogeneo dei comparti della cucina è un altro aspetto di particolareimportanzainunpaeseche,comevedremo,hainvestitoconuncertoritardoeinmodoinegualenellefontidienergiapubblicheeprivate,privilegiandoalcuniconsumi, frenandonealtri.LaproduzionedomesticadelcaloresiperfezionacostantementenelcorsodelXIXsecolo,manonquelladelfreddoche entra nelle case solo nel secolo seguente: anche questo squilibrio influisce sulla praticheculinarie. I sistemi di cottura, con il gas urbano, diventano sempre più omogenei, a fronte di unadeperibilitàstagionaledellederrate,soprattuttocarnee,cui laghiacciaianonpuòovviare.Il freddocontinuorestaperdecenniunlussomentrelafiammavieneerogataatuttiicittadini.Laproduzioneindustriale degli alimenti idonea a tale infrastruttura (presenza del gas, assenza del frigorifero) è

esemplificatadallapastasciuttaalpomodoro,unadoppiaconservaseccaesemiliquida.SoloconglianniCinquantasiassisteaunriequilibriodeiduepoli,caldoefreddo:arrivailfrigoriferoeprendeposto accanto a un fornello che ha giàmezzo secolo di vita. Che le conseguenze non siano solod’ordineindividuale,mariguardinol’habitusnutritivonelsuocomplesso,lodimostrailrapportofraproduzionedifrigorieedistribuzionedipiattiedipastipronti.Eccolalasagnaalfornosurgelatachesostituisce la pastasciutta. La storia dell’alimentazione e quella dell’industria delle infrastrutturedomestiche sono intimamente legate, anche se ne studieremo qui solo gli aspetti gastronomiciparticolarmenterilevanti.

Per cogliere singole scoperte e processi innovativi, è necessario ritornare nello spazio storicoriservato al cuoco, osservarlo nei minimi dettagli, riesaminare strutture e strumenti, immaginaredegliuominiallavoroecompararliadaltrichesuccessivamentehannoripetutoglistessigesti,oseli sono risparmiati grazie aqualchemacchina.Primadi introdurre lo scienziato in cucinabisognavisitarelacucinaperantonomasia,cioèquelladiBartolomeoScappi.Successivamentesaràpiùfacilemisurareletrasformazionimeccaniche,macchinesemplicienuovimateriali,esoprattuttoosservareilruolodell’energiaprodottadall’uomo,daicombustibili,quindidacongegnisemprepiùsofisticati.Il localepercuocere, infatti,è il laboratoriodelleesperienzefisiche:ospitailfuocoerichiedeunafornitura cospicua d’acqua, produce oggetti alimentari caldi che passano, mutando, da uno statotermicoall’altro,bollentiovverotiepidi,freddiogelati.Conduzionedeimateriali,amministrazionedelvapore,esoprattuttomisurazionedelletemperatureentranonelbagagliodelcuoco,primacheloscienziatogliprocurideglistrumentidiriferimentooggettivo.Sarebbetuttaviaunerroreopporreleconoscenze empiriche dell’uno al metodo dell’altro, perché entrambi procedono con ripetuteesperienzesullestessematerieprime.Diverso,invece,èillorofine:nonèunoggettodivaloreedigusto a interessare lo scienziato in prima istanza, ma il processo di trasformazione delle derratestesse in questo oggetto, osservato attraverso le fonti di energia e i materiali conduttori, contermometri o densimetri, utilizzando sostanze chimiche e progettandomacchine. Le analogie e lediscrepanze fra gli operatori delle artimeccaniche e i curiosi di scienze non si limitano a queste:alchimisti erano il distillatore che produceva liquori e il credenziere che lavorava gli zuccheri,anatomistamondanoiltrinciantechesezionavaicadaveriarrostitiinbellavista.

2.LepentoledelpapaOgniqualvolta entriamo nella cucina rappresentata nell’Opera di Scappi, pare di ritrovarsi in

quelladellaBellaaddormentatanelbosco.Cidovrebbeessereungrantrambusto,ungranfumomaipersonaggisonofermidaoltrequattrocentoanni,inattesadirimettersiinmoto.Ipianidalavoroalcentro, fuochi, fornelli e acquai alle pareti, a debita distanza dai piatti in corso di preparazione oquasifiniti.Leincisionifornisconola tipologiadegliutensili,completataper imaterialidicuisonfatti, dall’inventario dellemasserizie all’inizio del volume.Di ferro sono i coltelli, i cucchiai, glispiedi,ipiedietreppiedi,lepadelleperfriggere;diramestagnatotuttelepentole.Glialtrimaterialisonodipococonto: il legnoserveallepaleeaibastoniper tirar lepaste, ilbronzoe ilmarmoaimortai,lostagnoallesiringheperpassareilburroeaifiaschidell’aceto.Ilferroeilramestagnatoprevalgononellabatteriaeavrannounavitasecolare.Metallibuoniconduttorifannosìcheicoperchinonsoloprotegganoilcibomariverberinoilcalore,eardentipossanogratinarelasuperficie:nonhannopertantomaniciisolantimaanellisaldatievengonocavaticonunostrofinacciooununcino.

In cucina non ci sono solo le pentole a contatto diretto col fuoco,ma anche alcunemacchine.Abbiamolospiedointreversioni:giratodalbracciodell’uomochesiriparadallavampadietrounmuretto,e,piùprogredito,quelloconventolachemossadall’ariacalda fa ruotareun ingranaggiocilindrico,equestounaruotadentatafissataall’asta.Ultimavariante,piùcomplessa,un«molinellocontrespedi»chepermettediarrostirelevivandeatrealtezzediverse.Èunamacchinachecompareanche nel frontespizio di alcune edizioni secentesche del Trinciante di Vincenzo Cervio e cherappresentailvantodiunagrandecucina:alimentatodalsolocalore,permettedicuocerelentamente,ruotandolesusestesse,lecarnidipregio,quellecherisulterannopiùappetitose.Nellecucinepapalifiguranoaltricongegni, lamoladell’arrotino, lacarrucoladell’acquaio,unalevapersollevaredalfuocoipentoloni,eunattrezzocontadino,lazagola,matuttefunzionanoaenergiamuscolare.Soloallospiedospettamostrarechevièinqueilocaliun’energiapotenziale,ilcalore,equindiunfuturolaboratoriodiinnovazioni2.

Dalla cucina escono soprattutto manufatti. Impastare, mescolare, tritare, frullare, polverizzare,pestare sono tutte operazioni affidate alle mani, che solo nell’Ottocento cominceranno a esseresupplitedallemacchine.Maconsiderandoilnumerodegliaddetti(16acontattoconglialimenticonmansioni diverse) e quello delle vivande che vi si preparano, non sono le mani a costituire laprincipalepreoccupazionedel«mastrocuoco».Ilsuograndeaffareèdominarelospaziotermicoeadeguarloallavoro,enonacasoScappisiparagonaall’architetto3.Caldoefreddosonoiduepolioppostinonsolonelladieteticamanellaplanimetriadellecucine,esonodistribuitiinmodotalechepossanoesseregestitinellalorogradualità:c’èlafiammaviva,ilforno,ilmuricciolopienodibraciardenti,lepignatte,eviadicendofinoalloscaldavivande.Altrove,inuncamerino,sitroverannolevivande fredde edi color delicato: il latte fresco, il fior di lattemontato a neve e il lattemiele.Lacircolazione dell’aria che è regolata da diversi dispositivi, soffitti alti, finestre, cappe, camini,permette di rendere complementari questi due poli,mischiando ed evacuando i fumi, gli odori, ilpulviscolo, le ceneri e le farine volatili. È quell’aspetto del lavoro culinario che ricadrànell’Ottocentosottolaferuladell’igieneintesacomeesigenzadiariasalubreepuliziameticolosa.Ladislocazionedeglispazipercuocere,impastare,lavorarealfresco,ammollarelesalacche,spennaree scannare (più remoti sono la carbonaia, la legnaia e i cessi del personale) rientra inun’organizzazioneche razionalizza tanto l’alimentoquanto lo scarto, il rifiuto.Ogni addetto faunlavoropreciso, inun luogoassegnatogli:chigira lospiedoechisioccupadelbiancomangiareal

lato opposto, in una stanza freddina invece c’è chi lavora il latte. A questo mansionario noncorrisponde necessariamente una libertà professionale individuale: i garzoni vivono, lavoranoinsiemeedormonoinuncamerinoattiguo.

Lacucinaèunmicrocosmo.Nessunadellemasseriziediramecompariràsuunatavolaadorna,nessunodeicoltellidiferrotaglieràlavivandainpresenzadelprelato.Lepentoledannoformaallevivande che passano ad altri contenitori di servizio. Anche le composizioni più delicate esconodall’infernoperesserserviteinparadiso,senzarecartracciadicaloreodisudore.Esiste,èvero,unospaziointermedio, il tinello,dovepranzanogliufficialidellamensae i loroinvitaticortigiani,maessorappresentaquel luogoprivato,confidenziale, lacuiubicazionepresso lecucineè facoltativa.Semmai la sua esistenza rafforza l’ideadiunagerarchia fra coloro chehannoper sommobene ilsignoredaservire.AllesingolefunzioniScappiassegnaunadignitàintrinsecaeunabito:illavapiattiha capo scoperto e le braccia ignude; chi manipola il cibo porta di preferenza la berretta e ilgrembiule.Quasituttirimboccanolemanicheperlavorarepiùpulitamente.

In chemisura la ricetta registra tutti questi aspetti e soprattutto i valori della fisica culinaria?Prendiamoneunadignocchidifarinaepangrattato4considerandoperprimigliutensili.Puressendoun programma di lavoro dettagliato, si considera implicito l’uso delle mani (per impastare), delcaldaro(perbollirel’acqua),del«foratoio»oschiumarola(perestrarreglignocchidall’acqua),nonquellodellostaccio,«foratorominuto»,perpassar la farina,della tavolasucui fare l’impasto,del«grattacacio»ograttugiapersagomarelasuperficiedellognocco.Ilrecipienteincuivengonopostiappenacottideveesserdi terraodi legno,materiali refrattaricheevitano lorodiappiccicarsi.Gliaspetti termici della preparazione sono pure evidenziati: l’impasto deve esser fatto con acquabollente, la stessacheserviràacuocerlo.La ricetta indicadunque ilcaloredegli ingredientie tuttiquegliutensilidacuidipendonolaqualità,l’aspetto,laconsistenza.Microcosmodiunmicrocosmo,gnoccoemaccheronerispecchianol’ordinefisicodellacucina.

3.Lascopertavirtuale:lapentolaavaporeLa storia delle invenzioni che hanno influito durevolmente sul lavoro culinario ha aspetti

paradossali. Ne citeremo alcune in due ambiti di particolare interesse per la fisica: il caloreartificialmenteprodottoelasuaconvezionepercuocerelederrate;ilgeloperrefrigerarelebevandeeconservareglialimenti.Sonoproblemiquesti,losièappenavisto,lacuiimportanzaèavvertitabenprima che ne vengano studiate nuove forme di produzione. La pentola costruita daDenis Papin èindubbiamente il primo strumento che, sfruttando il vapore, risponda alla duplice necessità diabbreviareitempidicotturaedibruciareunaminorquantitàdicombustibile.LeistruzioniperilsuousovengonoconsegnatenellaManièred’amolir lesosetde fairecuire toutessortesdeviandesenfort peu de temps& à peu de frais5. È un diario di esperienze effettuate con una «macchina», undoppiocilindrodiferrochecuoceabagnomaria,evieneermeticamentechiusoconvitiebarre.Uncapitolovièdedicatoaicuochieliistruisceallacotturadeglialimenti,soprattuttocarnei,indicandoquantitàdicombustibile, tempi,risultati.Fraimateriali, leossa,consideratescartidellamacelleria,permettono la confezione provvidenziale e filantropica di brodi e gelatine. Denis Papin, membrodellaRoyalSocietydiLondra,èconosciutoinEuropa,enel1681,l’annodelladivulgazionedellasuascoperta,soggiornaaVenezia,invitatodaAmbrogioSarotti.Scienziatodifama,imponequellochechiameràil«digestore»nelleaccademie.

Laprima«pentolaavapore»restatuttaviaunprototipoomegliovieneadottatadaoperatoricondoppia vocazione sperimentale e commerciale. Dal 1750 la usa Ambrogio Sangiorgio, spezialemilanese, per trarne decotti e brodi medicinali6; la perfeziona a Stoccolma il Wilke nel 1773,sfruttando per la chiusura la pressione interna del vapore e ideando un rubinetto con funzione divalvola7.Riprogettandounachiusurapiùsemplice, sicuramanonermetica, l’abateOttolini ritornasulproblemadellaregolazionedelvapore.ÈilprimochedichiaradiusareIldigestorediPapinopercuocere, orologio allamano, la carne dimanzo «inmeno di un’ora», «un vecchio cappone in unquartod’ora, il riso in treminuti»8.Malgrado i perfezionamenti, priva di una valvola, difficile dachiudere,pericolosa,lapentolanonsidiffondeinItalia,trovandoresistenzaproprioinquellesocietàbenefiche che l’avrebbero dovuta adottare. La si ritrova un buon secolo più tardi nelManuale dicucinadiCaterinaPrato,tradottodaltedesco,conilnomedelsuoinventore.Allepredetteragionidirisparmio,nelconsigliarla,seneaggiungonoaltre:grazieaessa«siaumentasostanzaearomadellepietanzeesiimpediscecheilliquidotrabocchi»9.

La storia della pentola a vapore illustra perfettamente il divario fra invenzione ecommercializzazione, ed esaminandola nei dettagli comprendiamo le difficoltà di introdurla nellecase.SidiffondeinfattinelNovecentoquandol’erogazionedelcaloresifapiùstabileesicura,grazieallecucineeconomiche,equandocominciaaporsiilproblemadeitempilunghipercuocereediunavigilanzaprotrattadeifornelli.Sarebbetuttaviaunerroreconsiderarla inséepersé,prescindendodalla progettazione dell’ambiente termico.Dal progressivo abbandono del camino, che resta fonteprimaria solo nella società contadina, sino all’impianto di reti di erogazione di gas domestico, ilcaloreèstatooggettodistudiconlafinalitàdiprodurreun’energiasempredisponibile,economica,pulita.PiùdiunsecolodopoPapin,ilconteRumfordrilancialaricercasugliimpianti,inunaseriediprogetti concernenti l’allestimento di cucine, la convezione del vapore, il perfezionamento dellecanne fumarie e la cottura di zuppe economiche. In un clima di filantropia laica e di assistenzaprogrammata, quella che era stata l’idea di costruire unamacchina per fare il brodo o la gelatinad’ossa a poco prezzo viene a un tempo riformulata e rilanciata in una dimensione complessiva.

Finanziato dai pubblici rappresentanti, il fisico americano pianifica tutta la trafila produttiva, dalcombustibilealcalore,dallaminestraalconsumatore,inmoltecittàeuropee,aMonaco,aParigieaVerona dove «la cucina dell’ospedale della Pietà è la più perfetta che io abbia mai fabbricata»10.Nessundettaglioglisfugge:sel’orzos’attaccaebrucianelcorsodellacottura,riprogettaunapentolaadoppiofondoconfunzionecoibente11.Unavoltarealizzato l’impianto,sidedicaallostudiodeglialimenti, e inparticolaredella «scodella caritatevole», studiando ingredienti e ricette di quella cheverràuniversalmentericonosciutacomelazuppadiRumford.

Seinunprimomomentoilsuoproblemaerailmododipropagareilcaloreetrasmetterloaunavivanda equilibrata da un punto di vista nutritivo, ben presto questa gli pone problemi di gusto.Ingredienticomelapatata,idealiperchéeconomici,trovanoresistenzeneiconsumatoripoverissimicuieglicercadiovviarestudiandol’integrazionediadditivisapidiesoprattuttodelpaneseccocheoffre, in un alimento densoma liquido, una piacevole resistenza e favorisce lamasticazione. Puroperandoinfunzionedisingolicommittenti,l’americanoRumfordconsideraesportabilileformulenutritive,che,allastreguadelvapore,nonconosconofrontiere.Dondelostudiodeipiattinazionalimeno costosi, per i quali pianifica una distribuzione internazionale. Le sue ricette dimaccheroni,suggeritegli dal consumo popolare napoletano e dalla fortuna che nei ceti abbienti europei essiavevanoagliinizidell’Ottocento,mostranounfeliceincrociodivalorifilantropiciegastronomici12.

4.IlfreddoartificialeAltre implicazioni hanno lo studio e la produzione del freddo artificiale. La temperatura delle

bevande è oggetto di una trattatistica cinquecentesca volta a rintracciarne le origini antiche e aesaltarne la portata civilizzatrice. L’uso della neve raccolta in «ghiacciaie» e in fosse montane,trasportatanottetemponellecittàdurantel’estate,rappresentavaunpiacerechegiàiromaniavevanoapprezzato,eunpiccololussosempreinauge.AconclusionedelTrattatodellanaturade’cibietdelbere del medico Baldassarre Pisanelli (XVI secolo) troviamo un capitolo sugli «effetti del berefresco» di natura gustativa, digestiva, febbrifuga13. Considerando tal consumo una necessitàambientale,egliconsiglial’acqua,ilvino,ifruttifreddi,sicurodiandarincontroaunaaspirazionecomune,percosìdiresociale:«horaognipoveroartigianovuolePane,Vino,eNeve».Oltrealpozzoedeventualmenteallacantina,erailnevaiochefornivalamateriaprima,l’usodelsalnitroessendodichiaratodalPisanelli esclusivodei «naviganti» edi «poco effetto»14.Nessun credito dunque allaprocedurachimica–ilsalnitroèipotermico–trattataallastreguadiunespediente.

Spetteràtuttaviaallostudiochimicodeisalirilanciare,conlaproduzionedelfreddoartificiale,lebevandeeiprodottidigelaterianelSettecento.

M.deRéaumuravendoesaminatocol termometroallamano ilvalorede sali, ritrovò, chequasi tutti cagionavanoundebolissimocongelamento, eccettuatene il sal marino. Veggansi leMem. dell’Acad. delle Scienze 1732. Volendosi risparmiare la spesa, si puòadoperarelasoda,cheèunaceneredell’alica,laqualeraffreddaqualsivoglialiquidoinmodoassaipiùefficacedelsalmarino15.

Adarequesto consiglio èFilippoBaldini, autore del primo trattato italianoDe’sorbetti in cuiprescriveleesattedosidelsale,delghiaccioedellozucchero,discettasugliacidideifrutti(cedro,limone,arancio)eproponeall’attenzioneunanovitàamericana:l’ananas.Ilmedico,inquestocaso,operacomedivulgatorediunprocedimentochimicoconapplicazionigastronomiche,eneformulaivalori dietetici e sensoriali. L’informazione scientifica circola tacitamente fra i preparatori (daNapoli, dove viene stampato il trattato, vengono i migliori gelatai d’Europa) e fra i consumatoristessi che, per maggior ragguaglio, interrogano il professore di medicina e ne attendono unasentenza,peresempiosulpiùamatodeisorbetti,quelloalcioccolato,«compostoconcacao,cannella,zucchero, e talvolta con vainiglia, specialmente quando si voglia agghiacciare»16. In dotazione deiconfetturieri, la sorbettiera di ferro o latta, immersa in un mastello con la miscela refrigerante,permetteràditrattarefruttiefiori,caffèezabaglione17.

Quelladelfreddoèunastoriaasé.Ilghiaccioelanevenaturali,disponibilid’estateancheinzonetemperatecalde,frenanoleapplicazionidiunaricercadinuoviprocessidiproduzionecheesploderàsolosulversanteconserviero,conlacreazionediungrandemercatointernazionaledellecarni,nelsecondoOttocento.Iltrattamentochimicocheprolungalostatodicongelazioneattecchisceperlasuafacilità e per lamodicità dell’investimento, senza toccare gli interessi collettivi e in particolare laconservazionedellederrate.Alcontrariodellapentolaavapore,avràsuccessoevitalunga.

5.AppertinItalia.IlgustodellaconservaSinoallesogliedellarivoluzionefrancese,questaapparelacircolazionedelleideescientifiche:

affidataperlopiùaimedici,diffusaesclusivamentefraleélite,accettatacomeunfenomenodicuisiintravede da lontano la portata sociale. Voltaire, nel 1765, aveva indicato il sorbetto di ribes e ilgelato di panna quali segni tangibili del progresso18, ma sulla questione del ghiaccio naturale,chimicoeartificiale,pochissimieranoingradodiesprimersi.Vaporeesalnitrorestanoconfinatifraisegretidimestiere.ÈsoloversolafinedelSettecentocheunnuovoclimasiinstaurafralacomunitàscientifica, le autorità e i cittadini, con una serie di innovazioni che penetreranno nella letteraturagastronomica. Il conte di Rumford, studioso di camini, forni e cucine, è uno di coloro checontribuiscono a ripensare la cucina in termini di energia e di conservazione del calore. Le sueminestre,approvatedaParmentier19,vengonodivulgateinlinguaitaliana.Nonèilsoloaoccuparsideifornelli.DellostessoParmentiersiconoscelamessaapuntodella«pentolaamericana».Checosaeramai?Nientedipiùcheunrecipienteperlacotturaavapore,alfondodelqualesimetteval’acqua,poiundiscodilattaforatosoprailqualesideponevanoglialimenti.Parmentierstudiaglieffettidelcalore su derrate che non subiscono immersione nel mezzo liquido, restando a un tempo sode ocroccanti,ecromaticamenteinalterate.Partitodalpropositodipresentareunapatatabollitachenons’infradiciasse, egli ridefinisce lo standardgustativodi frutti eortaggi cotti, conescursioni che loportanolontano.Raccomandail risoallamanieradeicinesiemostra tutti ivantaggidiunacotturachesullenavipuòavvalersidell’acquasalata.Nel1787,questasuacomunicazionevienestampataaMilano20.

La patata è indubbiamente l’alimento per il quale lo sguardo degli italiani si rivolge conmaggioreinteresseallaFrancia.LepaginealeiconsacratedaParmentier,Cadet-de-VauxeRumfordstessovengonotradotte21eserviranno,conlapromozionedelprodotto,aunamessaapuntodellasuavalorizzazionegastronomica.A rivoluzionare la gestionedomestica è tuttaviaun trattamentodeglialimenti che, per così dire, la ignora: la conservazione in bottiglia mediante l’uso del calore. IprodottideldroghiereApperteranobennotiaipariginiprimacheeglisidecidesseadivulgarneilsegreto. In boccali di vetro, egli vendeva legumi freschi-conservati, senza addizione di sale,immersione nell’aceto o aggiunta di zucchero: piselli, carciofi, asparagi e frutti d’ogni sortatrovavano un mercato fuori stagione. Un orto e una fabbrica a Massy, il negozio in Parigiassicuravanoproduzioneedistribuzione,mentrecatalogoeinsertipubblicitarisuigiornaliservivanoa promuovere la scoperta. Questa viene divulgata nel 1810, dopo che un sostanzioso premio delministerodell’Internoavevacompensato l’autore.NellostessoannocompareaSiena la traduzionedell’Artediconservaretuttelesostanzeanimalievegetabili,eaCoblenzaun’edizionetedesca;dueannidoposaràprocuratalatraduzioneinglese22.

PrimadiAppert,iprocedimentieranodinaturafisicaechimica.Utilizzavanoilcaldoeilfreddoanzitutto: disseccare e affumicare carni e pesci, ovvero mantenerli al gelo, con il doppioinconvenientedidoverlireidratarenelprimocaso,odidisporrediunambienteipotermicoodiunaquantità di ghiaccio idonea (e costosanei climi temperati).Quindi c’eranogli additivi: il sale e lasalamoiaincuiimmergerecetrioliearinghe,incuiavvolgerelacarnedimaiale.Poil’oliool’acetoe,perlafrutta,lospiritoepersinoilmieleolozucchero.Ilmezzonaturalmentevariavadicosto,equest’ultimo era fra i più onerosi, con il vantaggio tuttavia di essere molto appetibile. Talora laderratafornivaessastessalasostanzaperconservarla: ilgrassod’ocaed’anatra,fusoallacottura,veniva recuperatoneiboccali con ipezzidelvolatile cotto.La sostanzadi cui sivoleva far scorta

poteva ricevere uno o più trattamenti, diversamente economici,ma tutti con un elemento comune:un’alterazione delle proprietà organolettiche del prodotto fresco. Il colore e la testura del pescecambiavano, e ogni additivo portava modifiche diverse: nello spirito i frutti decoloravanolentamente, i fumi impregnavano la superficie della carne indurita. La conserva aveva un gustoparticolare,ricercatoinquantotale,perilcarattereacre(sale),pungente(aceto),inebriante(spirito)ovvero untuoso, sia animale (oca) sia vegetale (olio). Ogni sostanza commestibile, per quantodissalata e reidratata, sgocciolatao ripulita, offriva il sapore fortediuncondimento, conunvagoretrogusto della primitiva natura. Il profumo originario era sempre, inevitabilmente perduto,sostituitodaunodoremarcato,lostessocheimpregnavalebotteghe.Correggerneivaloripiùfortierapossibilenonsolocon lacottura,macongliabbinamenti. Ilvinoscioglieva inbocca i residuisalinievacuandoli,cosìcomelavavaibocconidovelaconcentrazionedeisucchierastataviolenta.L’artedelbereerafondamentalepergustareafondolaconserva,sciogliendoneleasprezzesinneivisceri.

Conquesto,èevidentechenessunpiselloseccoereidratatoavrebbemaipotutopassarperfresco.Il procedimento di Appert era profondamente diverso, semplice e ripetibile: i legumi, i fruttisbollentati, venivano messi in bottiglie e queste, turate accuratamente, bollivano quindi in unbagnomaria, per un tempo calcolato in funzione della derrata. Finita l’operazione il contenuto erasterileeiboccalieranoprontiperunagiacenzadimesiodianninegliscaffaliprimadellavendita.All’apertura,ilpiselloapparivaverdenaturaleerisultavamoderatamentecroccante,conunaromaeun aspetto riconoscibili all’olfatto, alla vista, fra i denti, sulla lingua. Il verbale della Sociétéd’encouragementpour l’industrienationaleerachiarissimo: ilnuovometodo«nonaggiungealcuncorpoestraneoaquellocheintendeconservare».Nessunadelleragioniscientifichedi talerisultatoera nota all’inventore,ma questo non costituiva un limite in campo commerciale. La produzione,realizzata daAppert su scala artigianale, era passibile di uno sviluppo industriale e si prestava adapplicazionidomestiche:ciòcostituiràlasuafortunaimmediata,intuttaEuropa.

In Italia, sono imanuali tradotti dal francese che la fanno conoscere.L’Arte di conservare glialimentidel1824presental’appertizzazionefraimetoditradizionali,annunciandolamessaapunto,inInghilterra,dellascatolettedilattaconcoperchiostagnato23.Perrendersicontodellasuadiffusionenei ricettari che verso la metà dell’Ottocento ne registrano le procedure d’esecuzione, basteràconsultarel’operadiuncuocoeconfetturierecomeAgnoletti,attivoaRoma,inToscanaeallacortediMariaLuigiaaParma.Nel1814,quandopubblicaLanuovissimacucinaeconomica,ignorainuovimetodieper laconservadipomodorosuggerisce l’accurata turaturadeiboccalie il luogofresco,ovverol’essiccazionealsoleosullastufa.NelManualedelcuocoedelpasticceredel1832,sirivelaaggiornato: «per conservarla meglio farete bollire le bottiglie otturate a bagno maria per sediciminutiepoilefareteraffreddarenelbagnomedesimo».CheAgnolettiabbiaappresolanovitàfrail1821 e il 1826 durante il soggiorno a Parmaove operavano cuochi francesi, o successivamente24,grazieallasuatestimonianzalanuovaconservapuòdirsiacquisitanell’altacucina.Apartiredataledatasenepotrannoseguireiprogressinell’ambitodomestico.

Un duplice aspetto va sottolineato nel sistema diAppert: gli ortaggi vengono conservati senzaadditivi(sale,aceto,olio)chenealterinoilsapore;nellavoroculinarioilprodottoottenutofungedafresco,opuòpassarepertale.Èincucina,conpiselli,asparagi,fagioli,carciofi,cheivantaggisonomaggiormente percepiti, a eccezione della patata per la quale il procedimento risulta deludente etroppo costoso. Nella credenza, le frutta non hanno altrettanta resa: mentre i ribes resistono altrattamento,lefragoleperdonolaconsistenzaeilprofumo,richiamandoun’addizionedizucchero.Per limitare questi inconvenienti,maturazione, raccolta e trattamento si susseguono in brevissimo

tempo.Tutt’altrovantaggiooffronoalcune salse.Per il pomodoro cheviene impiegato soprattuttocome condimento, la nuova procedura garantisce una fruizione costante, d’egual costo d’estate ed’inverno,senzasprechi.InItaliasaràquestalaconservaperantonomasia,diffusainognipartedellapenisolaepertanto fattoredi identitànazionale.L’industriadella scatolettanasceràdopo l’unità, insintoniaconiprogressisperimentatiinaltripaesieuropei,conunbell’ortaggiorossosull’etichetta.

La conserva ha conseguenze profonde sul gusto. Abbassa il valore di mercato del prodotto,attenuandoladifferenzafraprimiziaevarietàstagionale,nemoderailcosto,standardizzaisapori,dà risalto all’aspetto e soprattutto al colore che venivano alterati dai metodi tradizionali diessiccazione.Applicataallaselvaggina,anch’essadisponibileinalcuniperiodidell’anno,altrimentiintrovabile, permette di avere sempre a disposizione beccacce e fagiani arrosto o in salmì, dopoaverle riscaldate in casseruola e messe nei boccali. Gli ortaggi comuni come le carni pregiatericevono lo stesso trattamento, sono semprepronti enella ristorazionehannouncrescente favore,sostituendoapertamenteosurrettiziamentecontorniepiattipreparatialmomento.Leeterneprimizieviaggianonelleloroscatoleesonoaccettateovunque.Bastaleggereimenù,pertrovaregliasparagidiArgenteuilservitialGrandHôteld’ItaliediFirenze inunpranzodiNataledel1900,oall’HôtelContinentaldiMoscanelgennaiodel190125.Hannomantenutodenominazione,prestigioepersinoilloro luogo d’origine. L’accoglienza è favorevole proprio nelle tavole dove si elabora il giudiziogastronomico, legittimando la trasfigurazione postuma del droghiere Nicolas Appert in cuoco emaestrodipasticceria.

La diffusione della conserva e la sua estensione ai diversi compartimerceologici dimaggiorconsumo (minestre, pesce, ortaggi, frutta sciroppata, marmellate ecc.) conducono a unabanalizzazione di questi valori elitari. Dal presupposto che ogni primizia è teoricamenteappertizzabile, si passa all’assioma pubblicitario che il vero ortaggio fresco, naturale è quello inscatola.Anchel’originefapartedelmarchiodifabbrica:ilpomodoroSanMarzanoservedasimbolodiun’industrianazionale, laCirio, ilcuipolomaggioreèNapoli.Dopo laprimaguerramondialel’industria conservieramonopolizza, a questo fine, la comunicazione con lemassaie e la didatticaculinaria. Il nome d’editore più conosciuto sino agli anni Sessanta è Cirio, con ricettari firmati ericettari tematici (in particolare sul pomodoro), agende di casa, album per bambini da colorare,album di concorsi. Fra le prefatrici dei fascicoli è LidiaMorelli, apprezzata per i suoi contributinell’ambitodell’economiadomestica26.Un elemento comune a tutti è l’inserimento di almeno unaconserva fra gli ingredienti, una permutazione con il prodotto fresco che introduce nella ricetta ivantaggi del minor prezzo, della velocità d’esecuzione, del sapore uniforme. La comodità non ètuttavial’argomentopromozionaleprioritario,cherestailprofilonaturaleesensoriale.Ilcoloreneèl’espressionelampante,convincente:ilverdedeifagioliniedeipiselli,ilrossodelpomodorosonoicontrassegnidiunacontinuitàevolutiva,dall’ortoallalatta,alpiatto.Laconservaèununiversaleinscatola, non presenta variazioni né di ingredienti né di formula e tantomeno di contenitore.Abbinandopelatiepastasecca,siottieneunpiattodipastasciuttache,fruttodiunadistintaoperazioneconserviera,risultaassolutamenteidenticoinognipartedellapenisola.Talepoliticadellascatoletta,che fa tutt’uno con quella del Fascio, ha evidenti implicazioni: moltiplicando carte d’Italiapunteggiate dalle sedi di depositi e di stabilimenti, richiamando nei titoli delle ricette le tradizioniregionalielocali,combinandoconifamosi«pelati»tuttigliingredientitipici,unpaeseculturalmentedisomogeneodiventaunitoneivalori(gastronomici).

6.Forno,sorbettieraemacchinesempliciI ricettari registrano le novità nel campo della conserva da un punto di vista essenzialmente

applicativo. Si occupano altresì delle infrastrutture della cucina con una attenzione maggioreall’invenzionedellevivandecheaquelladegliutensili.Ilsapere,l’esperienzapermettonoallacuocadi dominare fornelli arcaici e al cuoco di avvalersi di una manodopera vigile alla quale sonodemandateleoperazionidicontrollodelcaldoedelfreddo.Deilocalipoi,illibrononsioccupasenondaunpuntodivista teorico, registrandodipreferenzaundupliceordinediproblemi: lasceltadellederrateeladotazioneindispensabilepercuocere.Alcaminoeaimuretticoncassedibraciperriscaldaresonosubentratecucineincuiilcalorevieneerogatoinmodopiùcostante.Dallasecondametà del Settecento al Novecento, il problema maggiore, la regolazione delle basse e altetemperature,segnanumerosiprogressi.

Fra le attrezzature che presentano qualche novità è il forno, che, nel primo Ottocento, vieneriscaldato dosando la legna e valutando la temperatura conmetodi empirici. Solo la simbiosi delpasticcere con la fonte di calore garantisce buoni risultati, e ogni consiglio rivolto al pubblico ènecessariamente approssimativo. Vialardi suggerisce di introdurvi uno «straccio umidito d’acquaattaccatoallacimadiunlungobastone»e,dilìacinqueminuti,ritirarlopervedereseèbruciato(intalcasoètroppocaldo)osemplicementebrunito(alloraèprontoperlecrostedeipasticciolecarnial gratin). Quando viene stampato il Trattato di cucina pasticceria moderna, nel 1854, sono giàdisponibilifornitedeschiefrancesi,adalimentazionecostante,consigliati,dallostessoVialardi,«percucine private»27. Dal perfezionamento di tale strumento, sia nella ristorazione sia nelle case,passandodallasemplicecampanaalfornellodacampagnaallestrutturecitate,dipenderà lafortunadellapasticceriadomesticaedellesuepiùdelicateapplicazionicomeisoufflés.L’introduzionedellacucinaeconomicadi ferro, riscaldataacoke,permettedi riuniresudiunostessopianosinoaottofornellie,nelbloccosottostante,due forni,duestufe,unserbatoioper l’acquacaldaedue focolaicon spiedo28. Aprendo e chiudendo degli sportelli si accede al desiderato comparto, senza ceneri,fumigazioni e vampe roventi. Il gas urbano perfezionerà ulteriormente la termoregolazione senzaarroventare l’ambiente, preludendo a quello che è uno dei principali obbiettivi dell’arredofunzionale:lacucinapulitaefresca.Nonbisognatuttaviaenfatizzareicambiamenti:atestimonianzadelcaratteresemplicedelleattrezzaturedomestichevalgano le indicazionidiPellegrinoArtusicheperil«souffletdicioccolata»suggerivail«fornodacampagna»o«unfornellotraduefuochi».

Per sorbetti e gelati si continua a ricorrere al ghiaccio naturale. I procedimenti suggeriti daBaldini sono in auge ai tempi di Vialardi, con un perfezionamento delle miscele refrigeranti,composte di acqua e nitrato d’ammoniaca, il cui dosaggio permette di salire o scendere sotto lasoglia dei 10-15° sotto zero. La sorbettiera di latta immersa nellamiscela consente di lavorare ilprodotto girandolo a mano. Quello della produzione del freddo è un problema che presentaun’evoluzioneparticolare:ilXIXsecolorestalegatoallemisceleequindialtrasportodelghiaccionaturale, che negli Stati Uniti del Sud comincia a decrescere solo dal 1890, con i progressidell’industria frigorifera29. È nel secolo seguente, con la prima guerra mondiale che, in Italia,magazzinieprodotti refrigerati fannola loroapparizione;nel1928ilmensile«L’Industria italianadelfreddo»attestaunaretenazionaleinpienaespansionediimpiantipubblicieprivaticheproduconofrigorie-ora per la conservazione alimentare e ghiaccio artificiale30. Interrompendosi la rete delfreddoallesogliedellecase,sprovvistedifrigorifero,lagelateriadomesticacontinuaaripeterelevecchie procedure con qualche perfezionamento meccanico: la «sorbettiera americana» a triplice

movimento,consigliatadall’Artusi,permettedigelareinmodopiùuniformeerapidoilcomposto31.Egliartigiani?Nonhannocapitalidainvestireinmacchinaricostosi.FrailTrattatodigelateriadelGrifonidel1911e ilmanualeHoeplidel1922nonsicogliealcunaevoluzione.Lostessomastelloper ghiaccio e sale, un cilindro inmezzo e lamanovella per girarvi all’interno le pale.GiuseppeCiocca,l’autoredelmanuale,unodeimiglioriespertidelsettoreneglianniTrenta,eAmedeoPettini,illustre cuoco e prefatore, avvertono la natura empirica del procedimento ma se ne danno paceproprioinquantoeredidiunatradizionesecolare:

Lapreparazionemeccanicadeicompostighiacciati,èfacileprevederechesifaràungiornousandosistemidifferentidaquellid’oggi;ma qualunque possa essere il procedimento tecnico dell’avvenire, resta acquisito alla storia che noi fummo i primi a far conoscere ilgelatoallegenticiviliegl’italianifuronopersecoliiprimigelataidelmondo32.

Sonolemacchinesempliciasegnareipiccoliprogressiinunlocalesenzacaminochepermoltiversi risponde aunaprogettazione antica.Confrontandogli utensili diScappi (1570) conquelli diGiovanniNelli(Ilredeicuochi,1868)troviamoincomunegratelleepesciere,stufaioleemortai.Lapentolapercuoceregliortaggiavaporeè,comesièvisto,piùrecenteeancorpiùiltronchettoperfoggiare radici-erbaggi, lapresse-julienne. Ilprincipiodiquest’ultimaèuna levachepremendosuuno stampo sagoma a bastoncini il tronco di carota. Fra i marchingegni, introdotti nelle case,s’incontranomolte viti a manovella: il tritacarne, sostituito spesso da Artusi con la lunetta, e nelManuale di Caterina Prato il mulinello per grattugiare il pane secco. Lo schiacciapatate è assaidiffuso, la snocciolatrice per le prugne rara. Nel Ventennio, il progresso appare modesto con lamacchinettapertagliareifagiolini, loschiacciasugo33, ilpassaverdureeglisbattiuovaamanovella(quellielettricifannopartedelladotazionedeilattivendoli).L’elencopuòallungarsimanondimolto,seconsideriamolecucined’albergodoveitorchiperspremere(dallefruttaallecarcassedivolatili),leaffettatricielemacchineperfarlepureecorrispondonoalleesigenzediunservizioimportante34.

Queste piccole invenzioni non sono ancora dotate di un filo per la corrente elettrica maincoraggianoledonneasognareunabatteriaautomatica.Laloromodestiaècompensatadachileusaconunveroeproprioentusiasmoperunaeconomiadomesticaaggiornata.Nel1926nascel’Enios(Ente nazionale italiano per l’organizzazione scientifica del lavoro), patrocinato dai maggioriindustriali,daBorlettiaGinori,conilcompito,fraglialtri,dipromuoverelarazionalizzazionedellavoro casalingo35. Si tratta di adattare il modello americano, in attesa o nella speranza dipromuoveregli investimentiprivati.Laprimaoperazionespettaall’architetto, ridisegnare lapiantadella casa, quindi la donna deve immaginare gli arredi, i tavoli (da pranzo, da lavoro, da stiro) el’armadio con ogni stoviglia al suo posto. Via via che le pareti si riempiono, ci si accorge cheparticolari anche minimi hanno un valore simbolico. Non mancano in ogni cucina la bilancia el’orologio:lericetteportanodosietempinumerici,comeselalorotrasmissionedovesseprevederenonlaripetizioneel’intuitoanalogicomaunvuotocollettivodimemoria.Piastrellatodibianco,conimobili in legnoverniciatidibianco, il localescimmiotta il laboratorio.L’ordinedellestoviglieedellepentoleviportaunulterioreomaggioalcultoperlafunzionalitàpersonalizzata.

Inquestoteatro-laboratorio,fratantemacchinequasiinutili,unasolafameditare,l’impastatricemeccanica per tirare la sfoglia ricordatadaLidiaMorelli nel193536. Il congegno, fattodi cilindrimetalliciazionatiamanovella,poneinterrogativitutt’altrochesemplici:èunaulterioreprovadelladisaffezione femminile e generazionale per il lavoro domestico, oppure il contrario, unatestimonianzadelladiffusionedeilavoripastarifuoridellaloroareageograficaeantropologica?Ilsuo successodiverrà sinonimo, agli occhi dei buongustai, della crescente rarefazionedell’arte delmattarello e dell’affievolito culto per la finezza tutta manuale del foglio. In realtà, l’impastatricemeccanicaattecchiscequandolebotteghechevendonopastafrescasisonodiffusenellegrandicittà,

erappresenta,piùcheuninvitoarecuperaredelletradizioni,unausilioperconservarle.L’abbandonodicertebasi,lasostituzionedelmanufattoconunaconservasecca,eragiàinattonel1935,cosìcomelacommercializzazionedellespecialitàpastarie«regionali».

7.LeghemetallicheecubettidighiaccioUna valutazione complessiva delle piccole macchine domestiche permette di affermare che il

lavoromanuale della cuoca resta importante. Il giovamento procurato dai congegni è di minimocontoseconsideratoinrapportoaitempicomplessivinecessariperfornireunpasto.Lapreparazionedeglialimenticontinuaafarsiamano,dallamateriaprimaalpiatto,ecresce,inunamisuramodesta,ilmercatodeisemilavorati(dadi,conserve)edelciboprontodacuocere(pastefresche).Eppurecisonograndinovità.Forni,fornellieacquainellospaziodiunventenniosonostatirinnovati,conunrisparmio di braccia incredibile. Dal 1880 il gas viene erogato nelle case delle principali cittàitaliane, e nel 1930 hanno già fatto la loro apparizione le cucine elettriche37. Lo squilibrio fracampagnaecentriurbani,primadelladiffusionedellabombola,siaccentua,senzaperaltromettereindiscussionequellachevieneguardatacomeun’innovazionediprimissimaimportanza.«Dallamattinacominciailmiracolo:nonsiincominciacolpreparareilfuoco,macolmetteresulfuoco!»38.Nellacucinamoderna,l’ariaèpulita,latemperaturasièabbassataesidissolvonoantichepolarizzazioni.La fiamma e l’acqua, su opposti lati delle incisioni di Scappi, si ritrovano l’una accanto all’altra.Dopo il gas viene l’elettricità, calore senza fiamma; dopo l’acqua corrente le due acque calda efredda,mescolateapiacere.IlboilerelettricoapparenelVentenniocomeennesimasottrazioneallefunzionielementaridelfocolare,deviandol’elementoliquidolontanodalfornello,inuncontenitorecheloriscaldaelorestituisce.Nonchel’amministrazionedeinuovielementi,igasinfiammabili,lacorrentechepassaneifili,siapiùdifficile,masicuramenteimplicaunrinnovatoapprendimentodeimovimenti e dei gesti e spesso, con un personale rarefatto, quella solitudine che nelle cucine erasconosciuta. L’economia di combustibile viene rivista girando manopole e calcolando parametriastratti:èlapadronacheistruiscedirettamentelaservasuiconsumi.

Ilpotenziamentoenergeticosignificamoltiplicazionedeipunticaldiinunacasaautoregolata.Lacucinaelettricaoffretreoquattropiastreeunfornodautilizzaresenzatempimorti,conuncontrollominore e rari interventi. Aggiungere liquido, voltare, girare, spostare dal fuoco, scoperchiare ericoprire diventano operazioni automaticamente supplite dalla regolazione del forno. Anche illiquido che trabocca e il fondo della pentola che attacca sono facilmente evitabili. È possibileaffiancareallepiastreun fornellettoelettricoper lacaffettiera.Dove?Accantoallapresa, soprauntavolo qualsiasi. Tutto questo senza legna e senza carbone, attaccando fili, girando chiavette,premendobottoni.

Il pentolame viene sostituito in funzione delle nuove fonti energetiche pulite, sicure,termoregolabili. Il rame appare improvvisamente antiquato, faticoso da lustrare all’esterno e dastagnare all’interno; il ferro sopravvive per le sole fritture. È un passato secolare che volge altramonto.Perlelunghecotture,stracottieminestroni,prevaleoralaghisa,dieccellenteusoefacileda pulire. La pentola d’alluminio spesso conmanico isolante domina invece la batteria per la sualeggerezzaeilsuocostoaccessibile.Nel1899ildottorFormenti,sullascortadellasuaaccoglienzain Svizzera e Germania, ne annunciava il successo preconizzando la fabbricazione di marmitte,tegami, padelle, casseruole, schiumarole, palette, mestoli ecc.39. In qualche decennio si opera unarivoluzionee l’alluminiodiventa la legauniversale,dellemenseedei ranci,deglialberghiedegliappartamenti signorili. Il nuovo metallo bianco si presta a ogni funzione e mette in moto, nellamassaia,unaveracuriositàperimateriali.Ilnikel,benchécostoso,presentatuttiivantaggidelramemanonesigediesserestagnatoelustrato;esistepoilapentolaasmaltocheapparetuttaviadelicata;malameravigliachefaimpazzirelesignoreèlapirofilaGinori.Pirofilaepyrexportanoneiforni

laluce,latrasparenza,laleggerezza,ildesign.Sonofragilievengonoinevitabilmenterinnovati,alcontrario dei rami che erano eterni. Sono recipienti che, dopo la prima guerra mondiale,sconvolgonounsacrotabù:ladistinzionefrabatteriadicucinaestovigliediservizio,laseparazionediduemondi,dei serviedeipadroni.Lapirofilapermettedipresentare in tavola il cibocotto sulfornelloonelforno.Èbellacomeunazuppieraepiùfaciledamaneggiareedapulire.Nessunodiquestiarticoli,iprimifraidonidellelistedinozze,esclude,nellacasaborghese,laconcorrenza:sel’alluminioèleggero,solidoebuonconduttore,losmaltoeilpyrexsonofragili,lavabiliedibellapresenza.Tuttiappaionoegualmentenecessari,comprese,percuocereifagioli,levecchiemarmittediterra40.

LaCucinaelegante,ricettariodellapiùcoltasocietàmilanese,adottaimmediatamentequestostile.Unaporcellanachereggaalfuocoèindispensabileperilmanzogratinato,peripomodoriripienidifunghieilsoufflédipesce.L’aggiornamentorendedesuetioimproprialcunititolidiricettecomelepernici in cocotte che passano, nello stesso pyrex, dal forno al fornello per deglassare il sugo, equindi in tavola41.Nelle case borghesi la nuova batteria è una conquista della donna, responsabiledegliinvestimentistrutturali,ediquelleattrezzaturechesonopiccolecapitalizzazioni.Essavalorizzail lavoro domestico e, esibita con orgoglio, passa per segno d’ospitalità. Ha una destinazionefamiliare e si differenzia nettamente dalle stoviglie di ristorante che prevedono come misura lasingolaporzione.Eitempi?Sonosemprepiùridottimaancheconcentrati,vistocheitreoquattrofornelli,perunpranzoqualsiasi,sonocoperti.Lecottureeternerestanounricordoquandotuttosipuòfarerapidamente.Leconservesiinserisconoconsuccessoinquestiprocessiditrasformazioneristrutturati:lascatoladipiselli,quelladisuperpomidoripelatiesigonounpassaggioalcalorebreve,essendoprelessati o sbollentati. I legumi a lunga cottura, fagioli e lenticchie, estratti dal barattolo,raggiungono la pentola poco prima di spegnere il fuoco. Il cibo arriva precotto (fagioli),preabbrustolito (peperoni), in una cucina cui spetta il compito di ultimare un processo iniziatoaltrove,edirenderebelloilpiatto.Inoltreildadosupplisceunlessoerestituisceilbrodo,eillessocheeraanzituttounabaseperleminestre,lesalseelefarce,assumeunruolodicrescenteprestigioeappare un servizio a sé, opulento. Energia, elettrodomestici, conserve riprogrammanocronometricamenteilpranzo,inunaconnessionesemprepiùstrettaconglierogatoriesternidiciboedenergia.

LapadronadicasanelVentennioha,nellapropriacucina,unpostovuotodariempire,omegliooccupatodaunacassadilamierasmaltata.Èquellodovesitrovalaghiacciaia.PerLidiaMorelli,nel1935, la segreta aspirazione di sostituirla ha qualcosa di ancora troppo audace: «Si hanno orafrigoriferi elettrici, la gran parte d’importazione americana, che non solo non hanno bisognod’immissione di ghiaccio,ma ne fabbricano in cubetti. Pur troppo, il prezzo non li rende ancoracomunemente accessibili»42. La ghiacciaia, di uso estivo, viene riempita di ghiaccio distribuito ablocchiilmattino,ehaun’appendicenellamoscarola,gabbiettaaeratapertenereicibifreschi,spessositasuibalconi.Inassenzadellacantinacheeralospaziopiùfrescodellacasa,ilciboèespostoallevariazioni termiche, e s’intiepidisce facilmente. Il latte si altera, il burro restamolle e il pesce vacottononpiùdiseioredall’acquisto.Malacasalingaborghesesimobilitacontroilclima,reagiscealla fatalità.È sorprendente ilpostoche,nei lessicidellacucinadomestica,hanno leoperazionidi«gelateria»:armare lasorbettiera,mantecare (ammorbidire), incrostaresulghiaccio (circondaredighiaccio gli stampi), legare sul ghiaccio (miscelare il composto sinché sia duro). Quest’artedomestica,omeglioquestaattrazionesingolareperilfreddo,verràcancellatainunbrevetornoditempodauncompartosurgelatoperghiaccioli,sorbetti,gelati.Ma,neglianniTrenta,hailvalorediunabandiera.Siccomeapochivieneconcessoun frigorifero, l’Electro lux resta unameravigliosa

fabbricadelgelo,ilsognodiunaghiacciaiaches’alimentadasola.Lamacchina,nelsuomodelloacompressione,rispondealleproprietàdialcunigas,inparticolare

l’anidride solforosa, di produrre freddo evaporando dopo esser stati compressi e liquefatti. Il suoutilizzo in grandi impianti, nelle navi, neimacelli, nei depositi dimerci deperibili risale alla finedell’Ottocento. Tanto rapida ne è l’espansione negli Stati Uniti e in Inghilterra, quanto lenta econtrastataneipaesilatini.Annunciatointutteleesposizioniuniversalidifinesecolo,dopolaprimaguerra mondiale il frigorifero viene installato di preferenza nei magazzini dei porti, dei nodiferroviari.Daunpuntodivistageografico,lasuadiffusioneavvienenell’Italiacentro-settentrionale,lamenocalda.Concepitoperrispondereaibisognidellecollettività,èpresenteneigrandialberghiinforma di celle, e in quelli piccoli con semplici armadi.Gas, elettricità, freddo artificiale vengonosperimentati e installati, infatti, prima nelle grandi strutture ospitali, quindi in altre, sempre piùpiccole,primadiraggiungerelecaseprivate.IlManualedell’industriaalberghieraeditodalTouringlodàperscontatonel1923.Unadecinadipaginepubblicitarieglisonodedicate,quasiintieramenteper conto dei concessionari di ditte tedesche43. È un segno questo che permette di apprezzarel’avanzatadellaculturafrigoriferael’arretratezzadelsuomercatofamiliare.

Che l’apparecchioservaaconservare,molti lo intuisconoepochinehannoesperienza.Appareinvecechiaroatuttichesitrattadiunascatolamagicachefornisceacquaallostatosolido.Ilsimbolodelfrigoriferoèilcubetto,ottenutointroducendovidellevaschettemetallichepiened’acquapotabile.È una delle meraviglie del bar d’albergo ove sono presenti tutti gli utensili per offrir da bere,compreso loshaker e il tritaghiaccio.Maacasa, capitadi servirlo?Quasimai,vista l’arretratezzadelle infrastrutturerefrigerantiedelconsumodellebibite.L’acquastessa,primadiesserportata intavola,vienegasataartificialmenteconpolveri.Quantoaimiscugli,essi trovanounaapertaostilitàpressoibuongustai:«Èconverodisgustochesivedonoalcuniindividuisorbire,primadeipasti,uncocktail»44. Eppure il «blocchetto di ghiaccio purissimo» figura in tutte le promozioni, nelleavvertenzeagliutenti, nellepagineconsacrate alla casa ideale.Fapureun’apparizionenei ricettarisenzachesipossastabilireseèstatoacquistatooprodottoincasa.UncapitolodelTalismanodellafelicitàedelQuattrovaillustratoedituttiilibriincuisiinsegnaaricevereospiti,èriservatoadessoe agli aperitivi. Nei sogni, nella casa che si vorrebbe avere, esiste persino un angolo arredato,l’american-bar casalingo, e, in mancanza, un mobile con ruote pieno di bicchieri e flaconi45. Ilcocktailcomeilcubettoevocal’America,lesuecontraddizioni(ilproibizionismovieneabrogatonel1933-34)elesuediavolerie.L’Accademiad’Italia,allarmatadalsuosuccesso,proponedisostituirloconarlecchino,FilippoTommasoMarinetticonpolibibita.

Nonc’èfotografiadiunacucinadeglianniTrentasenzal’orologio.Èilnumechetutelaillavoropermettendodicalcolare laforza-lavorodellamassaiae ilcostodellamacchina.Larivoluzioneincucina, di materiali e conserve, di utensili e fonti di calore, viene sempre più legittimata con unguadagno in termini di tempo che l’elettrificazione totale degli anni Cinquanta sottolineerà conmaggiorenfasi.Eppure,nell’elogiodeltempostapropriol’equivocodellamodernità.Ilrapportofraglioggetticommestibili, il lavoromanualee lemacchine, lungidalsemplificarsi,sifasemprepiùcomplesso.Anzituttoper lagraduale rarefazioneprimadelle cuochepoidelle serve,quindiper lafinediunsogno:nonessendolemacchineingradodiprodurrecibodasoleovverocompiendounquozientedilavoropariaquelloancillare,qualsiasiprogrammaculinario,perlapadrona,comportaunonerepocomenogravosodiquelloantico.Frigoriferoecucinaelettricaeranosognidiunavitadomesticaassistita;senzaalcunaassistenza,sonoscatoledariempireesvuotaremeccanicamente.Glialimenti semilavorati, conservati, pronti all’uso si moltiplicano a misura che il frigoriferoingrandisce,amisurachelefontidicaloreacceleranolaloroazione,eistituisconounaconnessione

sempremaggioredelmicrocosmodomesticoconilmacrocosmodell’ipermercato.Comesi trasmettono, inunoscenariosimile,piùpulitoedefficiente, ricetteepiatti?Èdifficile

rispondere, in quanto all’aggiornamento delle infrastrutture domestiche corrisponde una crescenteofferta di prodotti semilavorati, pronti al consumo. A misura che la cucina familiare si attrezza,sembra perdere il suo ruolo di luogo di esperimenti. È l’industria che mette in crisi il lavoromanuale, o viceversa è quest’ultimo che le abbandona il campo?Nelle realtà urbane, negli ultimitrent’anni, il lavorodicucinaprendesembianzequantomaidiverse,èinsiemeuncumulodioredi«straordinario»sottratteal tempoliberoeun’arteraffinatadapraticarsinel tempolibero.Assicurasempremenolatrasmissionequotidianadiunpatrimoniogastronomicosenzaridurreladomandadipiattitradizionali,proprioquellicheesigonotempoepazienza.Leutopiechehannopresiedutoallamodernizzazione del locale di cottura si sono ritorte contro i loro stessi beneficiari. Igiene,funzionalità, sicurezza, velocità, risparmio e la nozione stessa di progresso appaiono oggi idealigenerici,nonnecessariamentecompatibiliconivalorigastronomici.

8.LaformulamagicaAllariformadelvano-cucina,conenergiepuliteemacchineelettriche,s’accompagnaunalentae

profondatrasformazionedeglialimenti.Ilpassaggiodalprodottoartigianale,unmanufatto,aquelloottenuto con vapore, caldaie e forzamotrice rappresenta la prima fase dell’industrializzazione.Leconseguenze più importanti di una ricerca scientifica applicata si fanno sentire tuttavia quandovengonobrevettatinuoviprincipinutritiviericostruitiglialimenti.Lagastronomiaguida,attraversoiconsumidiprodottinuovi, l’aggiornamento,enellostessotemposubiscel’azionediunachimicacheassicurafacilitàd’uso,igiene,costomoderato.Unadelleconseguenzesaràlapresenza,inderrateapparentementetradizionali,diingredientinonpiùavvertibiliconisensoriumaninéipotizzabiliconle usuali cognizioni gastronomiche.Questa azione indiretta e segreta della ricerca simanifesta incucinaquandolafaseditrasformazionedell’habitatèinatto,maadifferenzadell’elettricitàedellepentole,lenovitàsonomenoevidentiallapercezionesensibileelapubblicitàminimizzal’evoluzionestrutturale dell’oggetto nutritivo.Dietro il procedimento sta il sospetto della falsificazione, in unasocietà che è scolasticamente ancorata ai miti umanistici della campagna buona e industriosa.Utilizzare tecnologie al fine della creazione di cibi vecchi e nuovi, è questa l’originalità di unaculturaindustrialedellaqualeverrannobrevementeindicatealcunetappe.

Quando Artusi nel 1891 pubblica La scienza in cucina, con questo titolo egli promuove lagastronomiarazionale,conunaprecisaattenzioneallafisiologiaeall’igiene.Ilterminescienza,conl’epitetoapplicata,eraaltresìunsinonimodiindustria,madiessa,edeisuoiprodotti,ilgastronomomostravadiessereunmoderatofruitore.CisonoisalumicheArtusicompraaReggio,quindialcuniformaggi come il parmigiano, e soprattutto la pasta secca, spaghetti e maccheroni; le conserveappertizzatelefainvecepreparareincasa.Tuttaviaconsumazuccherodibarbabietola,bevecaffèebirra. Non disdegna l’estratto di carne Liebig, al posto del brodo46. Quest’ultimo, «uno dei pochipreparati alimentari suggerito da persone di scienza», viene prodotto in Uruguay dal 1863 conmuscolobovino,saleeacqua,speditoaMonacodiBaviera,indicommercializzatointuttoilmondo.Haunaduratasinoaquindicianni47.

Deiprodottiindustrialiitaliani,duehannorilevanzaevengonoesportatinelmondo:lapastaelaconserva di pomodoro. Per la prima tre sono le macchine fondamentali: l’impastatrice, peramalgamare la farina e l’acqua calda, la gramolatrice che completa l’impastamento incorporandomeglioigranellinidisemola,amanooamotore;iltorchiootrafilaèlaterza,attraversolaqualetransital’impastoprendendoquellaformachel’asciugamentoartificialeassicurerà.Tuttelefasi,nelprimo Novecento, possono essere meccanizzate, sino all’imballaggio escluso. Sulle confezionifiguranoindiverselingueilformatodelcontenuto,ilcertificatod’analisi(perlepastineglutinate)eleistruzionid’uso.Lericettedeimaccheroni,infranceseoiningleseperl’esportazione,indicanolequantità dell’acqua edella pasta,manon i tempidi bollitura, più corti a sud, più lunghi a nord. Ilcondimentovieneenunciatoininglese,franceseeitalianoconunaseriediformuledallapiùsempliceespeditaallapiùcomplessa,sottolineandoilvaloredellapastacomepiattocompleto(enonsemplicecontorno).Imaccheroni,recital’etichetta:

Cosìbollitipossonoservirsiatavolaindifferentimodicioè:1.conformaggiograttuggiatosparsodisopraequalchepizzicodipepe2.conburrofrescoeformaggiograttuggiatoeburroapiacere3.consalsadipomidoroosuccodicarneodiragoût,preparataall’occasioneeconformaggiograttuggiatosopra48.AcompilareilmanualeHoepliconsacratoall’IndustriadelpastificioèlostessoRenatoRovetta,

figliodiunindustrialebresciano,chefirmaancheIlpomodoro49.Quest’ultimorichiedeunamacchina

passatriceeunaschiacciatrice,dellecaldaieperlacotturaedegliapparecchiperlaconcentrazioneavuoto. La riempitura delle scatole metalliche avviene a mano o a macchina. Anche la salsa e ilconcentratoperl’esportazioneportanounaricettina.

ImanualiHoeplidescrivonotuttelefasidellamodernizzazionedell’industriaitalianadal1890al1940, non lesinando, dopo progetti, macchine e scatole, le istruzioni per l’assaggio. Lacommercializzazione, infatti, permette di veicolare unmodello gastronomico italiano, compatibilecon le risorse e le esigenze gustative dei paesi stranieri (nella salsa di pomodoro destinata allaFrancial’unicograssoèilburro).IlricettarioinappendiceallaTecnologiadelrisononhanulladainvidiare per completezza e qualità delle istruzioni a unqualsiasi opuscolo domestico: tiene contononsolodei servizicuivienedestinato il riso (minestre, fritturedolci),madelleareediconsumo(dalMilanesealVeneto,dalNapoletanoallaSicilia)50.Lafunzionedellaricettaètriplice:riaffermarelacontinuità fra fabbricazioneartigianaleemeccanica;mostrare l’idoneitàdelprodotto industrialeall’uso culinario tradizionale; suggerire modelli di preparazione e quindi di consumo semplici,fattibiliovunque.

Naturalmentecisonoprodottichenonservonosemplicementeasostituirnealtri,comel’estrattoLiebigperilbrodo,mafungonodaintegratorisenzacheilconsumatoresiaingradodiavvertirnelaspecificità.Seprendiamo il latte inpolvere,essoviene impiegatonel1929nellabiscotteriaenellecioccolaterie,neipanidilussoeinmoltialimentiperl’infanzia51.Lacioccolataistantanealoprevede.Con questo tipo di ingredienti non vi è più continuità fra artigianato e industria, ma unariformulazioneesclusivamenteindustriale,conesitidifficilmentepercepibilisiasulpianogustativocheculinario.Illatteèilcampoprivilegiatodellasperimentazione,inItaliacomeneipaesiavanzati.Il suo impiego nella fabbricazione delle bevande fermentate come lo yogurt, dei formaggimagricome il quartirolo, e ancor più della caseina che viene destinata al materiale plastico, mostral’estensibilitàdelleapplicazioniscientifiche,entroeoltreilcompartoalimentare.

Nella pasticceria, in particolare, i preparati industriali hanno fortuna negli anniTrenta: da unabustinadilievitoedaunasecondadizuccherovanigliato,basedituttiiprodottidaforno,partel’ideadi proporre scatole per dolci italiani e stranieri da assemblare, con una dotazioneminima in casa(uovo,burro, latte).Ladisponibilità immediatadiun fornoediunaghiacciaiagiocaa favoreoradellaciambellaoradelbudino.Bertolini,Elah,Royal,Maizena,lemarcheaffermate,provvedonoadiffondere ipropri ricettari, come faCirioper laconserva. IlbudinodicioccolatadiArtusivienesuperatoinunlampo,senzascomparire.Rientrandonellasferadel latteedellozucchero, lericettehannounsembiante tradizionale,unamammapercuoca,unconsumatorebambino,esiservonoinfamiglia.Talivaloripossonoessereulteriormentearricchitidaquellidietetici,nelcampodipappeeminestre,secondounalineaesplicitatadalladittaDahòconl’avena,latapioca,lefarinediastasateeilegumi decorticati. Il mercato del prodotto industriale salutistico è vivace fra i ceti borghesi sindall’iniziodelNovecento,esiallargheràconilbenessere.

Graziealla«magica»bustinal’industriaaffermailsuopotere,interminidivelocitàeprontezzad’esecuzione.Essaassicuralariuscitapurdandocreditoall’abileesecutrice.Lebustesimoltiplicano:perlievitare,zuccherare,aromatizzareepersostituireleuova(Ovocrema).Ilbicarbonatodisodainbarattoli serve a cuocere i legumi secchi, a preparare dolci, a conservare il brodo, a far bevandeeffervescentiepersinopediluvi.Èungiocochimicotantopiùfacilmenteaccettoinquantosiintegraall’artigianatoculinariodomestico.Ilrapportodellamassaiaconitrattamentiindustrialihaperòduefacce:l’unaèottimista,credenellievitoenellattepastorizzatodelleCentrali,l’altraperplessa.Seillatte dà fiducia, interrogare la qualità del burro non è facile. Imanuali di difesa del consumatoremettono inguardiacontro iprodottidiusoquotidiano:«Ilburroèunadellederratealimentaripiù

falsificate.Teoricamenteora, si può ammettere cheunburroveramentegenuinopiùnonesista, incommercio»52.Lapresenzadiacquainquantitàmaggiorediquellaconsentita,dicolorantiillecitiedigrassimenopregiati,margarinaeoliodicocco,nonèspessoestrinsecamenteavvertitaalsaporeeall’odore.Comefare?Fidarsidellamarca,sostieneildirettoredelLaboratoriochimicomunicipalediMilano53.L’autocertificazioneèentratanelcostume.

A rendere equivoco il rapporto fra pubbliche autorità e industria contribuiscono i periodi diguerra(1917-18e1940-46)cheimpongono,conilrazionamento,ilricorsoaisuccedanei(saccarina,caffè d’orzo, olio sintetico), alla cucina povera (brodo vegetale e farina di castagne), all’arte diarrangiarsi(grassidirecupero)eallafalsificazionefraudolentadeiprodottitesserati.Nenasceunagastronomia virtuosa, attenta al rito e agli avanzi, stretta fra bisogno e disponibilità. I tempieccezionali tuttavia eliminano il liberomercato che non sia «nero», e riorientano il consumatoreversolacampagna,doveèpossibile,acaroprezzo,trovarequalcosa.L’industriaalimentarefiniscepersoffrirequantoiconsumatori.Riemergeinfatti,incolpevole,neldopoguerraconunadomandaeun’offerta crescente. Riprende la pubblicazione dei ricettari promozionali, dell’olio Carli e dellaconservaCirio,barometridellatavolapiccolo-borghese,manonèsuquestoterrenocasalingochesiavvertonolenovità.Unraffrontoinunsettorecomeladolciariasaràilluminante.Nel1950«AlgidaeMotta immettonosulmercato l’icecream; nel 1951, sempre laMotta, gli sticks; nel 1955Pavesi eMottaicrackers»54.Neglianniincuiinizialadiffusionedelfrigoriferodomesticoel’industriapensaa riempirlo, il gelato casalingo scompare; in concorrenza con la panificazione, si afferma labiscotteriasalataecroccante.Lebustinedilievitoappaionodatateel’epiteto«fattoincasa»designasempremenouncibousuale.Gelatiecrackers, infatti, sonospuntini fuoripasto,dipuropiacereesonoisimbolidiunnuovofronteindustrialechecrescesullabasediunabbandonodellapasticceriamuliebreedell’incrementodeiconsumifuoricasa.

Ilcapitalismoagro-alimentareoperalasintesifralamodernizzazionedellacasa(dalfrigoriferoal forno a microonde), la delega crescente delle operazioni culinarie, il consumo occasionale el’esigenza di salvare un’identità gastronomica. Si occupa sia di preparazioni durature (lasagnesurgelate) che di conserve a rapida cottura (spaghetti). Strati successivi della storia industrialecoesistonopacificamente:concentrandolagalassiadell’artigianatopastario,emergelaBarillasenzache i conservieridelpomodorovenganoassorbiti.Cresce il settoredei latticini, inunprocessodidifferenziazione dei prodotti già annunciato, guadagnando consumatori di tutte le fasce d’età. Siimpongonosoprattuttogruppiagro-alimentaricheriunisconoidiversicompartieneassicuranoladistribuzioneinternazionale.Inchemisuranesonocondizionatelaculturaelapraticagastronomica?L’industriasiiscrivetacitamentenellaricettaattraversogliingredienti,leattrezzaturedomestiche,manondettaleggesulmodello.Offreunprodottofinito(lapizzasurgelata),facilital’assemblaggio(unascatoladiingredientiperlapizza)senzavietarelaproduzionedomesticadellapastaprimalievitataquindicondita.Incoraggiagliassaggiesotici. Insegnaaltresì,nell’areadidistribuzioneprivatae inquellapubblica,modidiconsumosconosciutiallagastronomiaartusiana:mangiareconlemani(lepatatinefritte),spalmaresulpane(maionese,nutella),leccare(ilconosurgelato),buttareicontenitoridibibite.

Ivaloridomestici,nelcorsodegliultimicinquant’anni,sisonoribaltati;quelliindustrialihannosubitovariazionialtrettantoimportanti.Ilmanufatto,dall’ingredientealservizio,unminestroneperesempio,diventaunvalorecostosointerminiditempoedenaro,rispettoallostessosurgelato,qualeche sia il rendimento gustativo di quest’ultimo. Nel primo caso la formula è personalizzata, nelsecondogliingredientisonopiùnumerosieilrisultatomodificabile(conacquaecondimenti).Traidue termini si situano altri prodotti datati ma ancora sul mercato: il minestrone o i ravioli in

scatolettametallica.Comelacucina,l’industriaèunaculturastratificata,conoffertescalari,eprende,conilpassardeltempo,coscienzadellapropriastoria.Leaziendefesteggianocompleannievannoorgogliosedelpassato:1827-1932,comeunacasasecolareviaiutaaproteggerelasalutedeivostricari, titolava un opuscolo della Buitoni per annunciare la pastina glutinata55. Il prodotto di puntalegittimalalungaesperienza,quindiunapresenzaininterrottanelcommercio.

Anche dal punto di vista del gusto, l’industria lavora nella continuità. Se il fine diAppert eraconservare senza additivi che alterassero gli alimenti, restituendo l’illusione del prodotto recente,quello della freschezza resta uno degli obbiettivi attuali, con il ricorso alle basse temperature oall’atmosfera modificata, a fronte di un mercato che gradisce cotture veloci e consuma in modocrescenteilcrudo.Altrivaloriguidanolaricerca,alcunichediramanodaunceppoantico,altripiùrecenti: la leggerezza nutritiva, orientata dai risultati della dietetica, la friabilità, che ha fatto lafortunadeicrackers,lapalatabilitàdeiformaggi,l’aromatizzazionenaturaleesintetica.Combinandocriteri di gusto e salutistici, pianificandobisogni e opportunità di consumo, nascono commestibilirinnovatienuovi.L’invenzionehaunaparteimportante,soprattuttoquandosirivolgeaquellefascedimercatoconquistatedirecente,comel’infanziael’adolescenza.

Qualunque sia la sua funzione e le sue implicazioni consumeristiche, il cibo industriale apparecomeun oggetto programmato.Costruito per via di addizioni e processi trasformativi, l’alimentotrae valore dai suoi requisiti (sensoriali, vitaminici, economici) e dalla sua apparenza. Volume,colore, consistenza stimolano appetito e consumo, e vengono ulteriormente enfatizzatidall’imballaggiochehalafunzionediproteggereeconservare,dirappresentareerenderepiacevole,di informare con immagini e messaggi scritti sulle modalità d’uso. Questi aspetti propri dellafabbricazioneedelcommerciosonopresentiall’originedellastoriaindustriale,masolodirecentecostituisconoununicoprocessocostruttivochedallamateriaprimaarrivasinoallemotivazionidellascelta e oltre, con gadget e piccoli doni che conferiscono ulteriore pregio all’atto dell’acquisto.Sottratto ai sensori tradizionali, l’odorato e soprattutto il tatto, l’alimento industriale non conoscestagioni,nonvarianeltempoenellospazio,èlasintesioggettivadiunprocessodiproduzione.Eilsuociclodivitaèquellocommerciale,dalladatad’imballaggiosinoaquelladimorte,lascadenzaiscrittanell’etichetta.

IX.Perunastoriadell’appetito

1.IlgrandemangiatoreC’èstatoun tempo,duratofinoa ieri, incuigliappetitidelcorpoeranoalcentrodeldiscorso

gastronomico. L’appetito gagliardo, la possibilità e la capacità di soddisfarlo pienamente erano ilprimo segnale (e strumento) della salute, oltre che del prestigio sociale1.Una pancia ben nutrita emagarirotondacomunicavabenessere,ricchezza,sicurezza.Definiregrassaunatavolaequivalevaadirla felice: quando Matteo Bandello vuole elogiare Milano, scrive che è «la più opulenta eabbondantecittàd’Italia,equellaovepiùs’attendeafarechelatavolasiagrassaebenfornita».PerBologna,l’epitetograssanonfucertoconiatoperdileggio.Lostessovalevaperlepersone,operigruppisociali:unuomograsso–chenonsignificaobesomaforte,vigoroso,soddisfattonellasuafame – era un uomo invidiato; la florida borghesia fiorentina si autorappresentò, nel Medioevo,come popolo grasso, a significare un’eccellenza sociale e politica subito tradotta in immaginecorporea.Grasso, cioè nutriente, è nozione positiva anche nei libri di gastronomia e di dietetica.Platina consiglia la «torta di carne» agli amici accademici Scaurio e Celio, «i quali volentieriscambierebberolaloromagrezzaconunpo’digrasso»;infatti«èmoltonutriente,faingrassareefabenealfegato»2.Lestesseprivazionimalsiintenderebberoaldifuoridiquesteconsuetudinimentali:se, nella regola di vita delmonaco, resistere aimorsi della fame è il primomodo per garantirsimeritinell’aldilà3,èancheperchéeglipartecipadiunaculturacollettivacheponeilciboalcentrodeidesideridell’uomo:rinunciarvièilsacrificiopiùgrande.

L’elogiodelgrasso(delcibochenutre,delcorponutrito)èilrovesciodiunastoriatriste,quelladella fame che attanaglia lamente e il corpo: fame pensata, paura che il cibomanchi; fame vera,combattuta quotidianamente con il lavoro e con l’invenzione. Solo una ristrettissima fascia diprivilegiati può veramente dirsene al riparo, e per costoro la «mensa larga»4 costituisce il primosegno della differenza sociale, di un’eccellenza che si tiene a comunicare emostrare: «Prima chefossero presentate avanti, [le vivande] erano portate con grandissimo onore intorno la piazza delpalazzo [...] per farne mostra al popolo, acciocché egli vedesse tanta magnificenza»: lo scrive ilcronistaCherubinoGhirardacci,raccontandoilgrandiosobanchettoorganizzatoaBolognanel1487daGiovanni IIBentivoglio, per celebrare ilmatrimonio del figlioAnnibale conLucrezia d’Este5.Tale«magnificenza»nonsimostravasoloalpopolo,maainumerosiillustriospitidelconvito,moltideiquali si saranno sicuramente limitati aguardare le fantasmagorichevivandeportate a tavola inunasuccessionediserviziduratadalleottodiseraalletredinotte.Anessunosichiedevadimangiaretutto,sarebbestatofisicamenteimpossibile:granpartedelbanchetto,comesempreinquesticasi,erapuroteatro.Aqueltempo–sulfiniredelMedioevo–l’immaginedel«grandemangiatore»chepersecoliavevacontraddistintoimodellidivitaaristocratici(neisecoliprecedenti,quandoal«potente»si chiedeva soprattuttodi essere forte evaloroso inguerra, la capacitàdi ingurgitaremontagnedicibo era un suo attributo «naturale» e, per così dire, una necessaria virtù) aveva ceduto il passo aun’immagine più mediata, dove l’abbondanza di cibo continuava a essere attributo essenziale del«potente»mainunaformadiversa,cherichiamavaildirittopiuttostocheildovere.Divenutouomodicorte,politicoediplomaticopiùcheguerriero,ilsignoredeltardoMedioevoedell’etàmodernanon si rappresenta tanto come grande mangiatore, quanto come orchestratore di banchetti, che

servonoamostrareilsuorango(acquisitoperdirittodisangue),lasuaricchezza(squadredicuochi,prodottipreziosi), lasuacultura(raffinate,fantasiosepreparazionidicucinaedicredenza)6.Pur inquesta mutata prospettiva, l’abbondanza alimentare rimane un valore socialmente accreditato econdiviso,el’appetito,quandoc’è,nonvieneritenutosconveniente.

Esisteancheuna«abbondanzadeipoveri»7,desideratasempre,talvoltapraticata.IlmitodelpaesediCuccagna,doveilciboèinesauribileeaportatadimano,dovegiganteschepentoledignocchisirovescianosumontagnediformaggiograttugiato,dovelevignesileganoconlesalsicceeicampidi grano si recintano con la carne arrosto, mentre grasse oche si rosolano da sole sullo spiedo,attraversaconsignificativacontinuità la letteraturae l’immaginariopopolare,dalMedioevoall’etàcontemporanea.Sololafantasia(ol’interesse)deipochiprivilegiatihapotutopartorireimmaginidipovertà felice, di una frugalità lieta e contenta di sé. I veri affamati hanno sempre desideratoriempirsiacrepapelle:ilpaesedellafamegenera,perreazione,l’utopiadell’abbondanza.

Nonèesclusivamenteunpaeseimmaginario:laCuccagnaditantointantosiincarna,sifaluogorealeovel’abbondanzaregnaperdavvero.Inoccasionedellegrandifestività(ilNatale,lafestadelpatrono) o di importanti ricorrenze della vita familiare (un battesimo, un matrimonio) il cibo siostenta e quasi si sperpera, in un rituale gravido di simboli – risarcire le sofferenze quotidiane,propiziare una sopravvivenza dignitosa – e di corposi oggetti commestibili. Allora tutti devonovedere, tuttidevonosapere:aNapoli,nelSettecento,unaschieradibanditorigridaper leviedellacittà l’elenco degli animali abbattuti e la quantità dei cibi divorati per le festività natalizie. ComeraccontaWolfgangGoethenelsuodiariodiviaggio:

LefestediNatalesonorinomatecomegiornidibanchetto.TuttaNapolidiventaalloraunpaesediCuccagnaperlaqualesembrache500 mila uomini si siano messi d’accordo. La via Toledo e diverse piazze vicine sono ornate nella maniera più appetitosa [...] Icommestibilisonosospesiinghirlandesullestrade:sivedonodellegrandicoronedisalsiccedorateelegateconnastrirossi,eitacchiniportanotuttisulsedereunabanderuolarossa[...]Ungrannumerodiasinicarichidierbaggi,dicapponi,dicaprettipercorronolacittàeilmercato,eimucchidiuovachesivedonoquaelàformanounamassachenonsisaprebbeimmaginarecosìgrande.Enonbastachetuttoquestosiadivorato:ogniannounufficialedipoliziapercorrelacittàacavallo,accompagnatodauntrombettiere,eannunziaintuttelepiazzeeicrocchiquantemigliaiadibuoi,divitelli,dicapretti,diagnelli,dimaialiinapoletanihannoconsumato.Ilpopoloprestaorecchioesirallegrasmodatamentesuqueigrossinumeri:ognunosiricorda,consoddisfazione,lapartechehaavutointalegodimento8.

Questomododiostentareilcibo,l’abbondanza,lafameplacata,mostraunaprofondaconsonanzatralaculturapopolareequellaaristocratica:l’esperienzachelaplebenapoletanaviveaNatalenonècosì lontanadaquellache sivivequotidianamenteacorte.Solo l’eticaborghese riuscirà, tardi, adaffermare valori diversi, non privi di consonanze con l’insegnamentomonastico: la magrezza, ilrisparmio, la «misura». Non per questo la «mensa larga» smetterà di esercitare il suo fascino,soprattuttofraicetilungamenteesclusidalbanchetto:

Principalpeccadeiconvitipopolari–scrivenel1850GiovanniRajberti–èchenonsirispettalagranmassimanequidnimis, tantoraccomandabile anche nelle ottime cose.Domina una certa paura di non potermai farsi abbastanza onore, e quindi simettono in unaspeciediorgasmochelifapassareintuttoquellacalcolataesapientemisuracheèprimoelementodelbelloinogniarte.Perciòpiattiaprofluvio,etroppoconditiesapidi,eunpredominiodivivanded’indolesoverchiamentecalidaestimolante.

Troppogeneralmenteavvieneinquesticonviti«cheidesinarid’invitosienodicosìopprimentelunghezza,checisiatantarobachesembranofattipersaziareglielefantielebalene».

2.Stimolarel’appetitoIn una cultura che fa dell’abbondanza un valore soggettivo e collettivo, è ancora possibile

mangiare con misura? Per rispondere a questa domanda bisogna considerare alcuni fattori chepresiedonoall’assunzionefisiologicadelpasto.Potendo l’uomoingurgitaremoltodipiùdiquelloche è ingradodi digerire, o viceversamoltodimenodi quello chepotrebbedesiderare, nasce lanecessitàdiadeguarequantitàeassimilazionedelciboindividuandouncriterio,studiandounsegnaleinfunzionedelqualeregolareitempieledosi,lanaturadeicibieiloroeffetti.L’appetitoèquestosegnale. Il medico considera il pranzo del proprio paziente e dei suoi commensali, valutando isintomi di gradimento e di sazietà, spiando il termine di quella fase digestiva che solo consentel’inizio di una nuova imbandigione.È il «phisico» che, guidato da principi teorici e dalle proprieosservazioni empiriche, regola sonno,moto, orari dei pasti e la composizione dei singoli piatti epersinolasceltadeivini.

Ilcompitononèfacile.Sipuòmangiaresenzaaverfame,oprimadiaverbendigerito;sipuòessereingannatidaunafalsaappetenza,adescatidasaporiedasalsecheridestanolavogliaquandoilventrehagiàavutolasuaparte.L’appetitoèunostimoloorapigroorasubitaneoeviolento,chesiestrinsecainunciclocontinuodi ingestioniedespulsioni,quandolostomacoèlibero,maancheaspropositoquandositrovaintravaglio.Ilmeccanismocheloregolanonèsoloendogeno.Ilmoto,l’oradelgiorno,lavistadellatavolalorisvegliano.La«suntuosalindura»ditovaglieetovaglioli,lavistadelcoltelloaffilato,fanno«venirel’appetitoancheachinonneha»9.Ilmedicononèsempreingradodidominarestimoliedeffetti.Inoltre,quellaversionesignoriledelpaesediCuccagnacheèilbanchettoprincipescorichiedeunapprocciogastronomico,persostenerviegregiamenteunruoloeamministrareconconsapevolezzaipiacerichepuòoffrire.Equialmedicosubentranolefiguredelcuocoedelletterato.

Cuoco e letterato non sono necessariamente su posizioni identiche e il sodalizio fra Platina eMaestroMartinononpuòprestarsiageneralizzazioni.NelgiàcitatoincontrodiMicheldeMontaignecon uno scalco che era stato al servizio del defunto cardinale CarloCarafa10 emerge non solo ladifferenzadiindole,diculturaesoprattuttodigustofraidue,maunapprocciodiversoalproblemafondamentale dell’appetito e del suo ruolo nella cerimonia del pasto. Rileggiamo le parole diMontaigne:

Egli[...]mihaedottosulladifferenzadegliappetiti:quellochesihaadigiuno,quellochesihadopo il secondoe il terzopasto; imezzi sia di semplicemente soddisfarlo, sia di risvegliarlo e stuzzicarlo; la tecnica delle salse, prima in generale, e poi venendo aiparticolaridellequalitàdiingredientiedeilororisultati;ledifferenzedelleinsalatesecondolastagione,quellachedeveessereservitacaldaequellachevuoleessereservitafredda.Lamanieradiornarleediabbellirleperrenderlepiacevoliancheallavista.Dopociò,eglièpassatoalleregoledelservire11.

La perplessità di Montaigne nei confronti del suo altezzoso e ciarliero interlocutore rivelal’innegabile autonomia di un nobile letterato che considera il pranzo in funzione di un’armoniapersonaleesoggettivafracorpo,dietaefame,senzatenercontodelleprescrizionidiunmedicoedeidiabolici calcoli di unmaestro di casa.Anche il letterato fa la sua parte nel dibattito sull’appetito,soprattuttoinquelbanchettoprincipescoocardinalizioincuieglistesso,conlasuaconversazione,isuoiversi,isuoiemblemitradottiinfiguredizucchero,haparteattivaeassolutamenteoriginale.GiàPlatinadicevachelasuafunzionenoneraquelladi«pesaresullabilanciaicibicheciascunodinoidevemangiaregiornopergiorno»12enemmenodi«aggiungerenuovistrumentidilibidine»,madi«giovareadunuomocostumatochedesiderilabuonasaluteeunvittocorrispondentealdecoro»inconformità con quanto la sua cultura umanistica poteva suggerirgli, e la sua penna tramandare.Cuoco,medicoeletteratositrovanodunqueimplicatiinunadiatribachehaperoggettoilcorpo(del

principe), una diatriba che li vede su posizioni distinte, su un punto in particolare: il valore daassegnare al desiderio del cibo. Il letterato antepone i valori intellettuali ed estetici, considera ilpranzoattraversolasuaadesioneaunaciviltàpassataepresente,epensaaquell’effettodell’appetitocheèilgustopersonale,soggettivo,intuttelecircostanze,anchenellanutrizioneprivata,segretadiprincipi e cardinali. È il solo che, con la scrittura, definisce una posizione personale e precisa lapropriaesperienzaconacumeedeleganza.

Lagestionedegli «appetiti» non riposa solo su considerazioni fisiologiche e intellettuali. Se ilcuoco deve tener conto del temperamento del suo signore e regolarsi di conseguenza, «calda» o«fredda»chenesialacomplessione,lasuaartevabenoltrequantolanaturarichiedeperdareforzaal corpo. Tener desto l’appetito nell’uomo sano come nel malato risponde alla ricerca di unequilibrio, operato in quella norma generale che è l’impulso a nutrirsi, a nutrirsi bene eabbondantemente.Frascalcoemedicolefrizionieidissensisonoinevitabili,tuttavianonc’ètrattatodicucinachenoncerchilaviadelcompromesso,subordinandoeventualmentelealtruialleproprieconsiderazioni. Domenico Romoli procede in questa direzione, recependo i consigli del medicodopo aver formulato i propri, confinando in appendice alla Singolar dottrina la traduzione delTrattato del reggimento della sanità ridotto della sostanza della medicina di Robert Grospré13.Amministrare appetenza, appetito e un ventre ben disposto è affare dello scalco, che avrà cura dichiederelaconsulenzadiunmedico,perché,senzataleguida,coluichemangiapuòfarsidelmale,scegliendo cibi che gli sono nocivi e rendendo inutile l’arte culinaria. Lo scriba colto fornirà aentrambiunostileadeguato,ricomponendointornoalprincipel’armoniadellacorte.

L’esistenzadiquestodibattitoèavvertibileancheneilibridicucinaepermettediconsiderareinmododiverso, epiùcomplesso, ilproblemapostodalla«mensa larga».Unservizio sontuosononimplica appetitomostruoso, semmai unmodo garbato o solenne per stuzzicarlo. L’approccio allatavoladeveesserefavoritodamillelusingheincuigliocchi,piùchelaboccasisaziano.Inquestoregimeditemperatalibertàèindispensabileancheunacucinadelicataperstomacichedevonorestareleggeri. Nel sesto e ultimo libro della sua Opera Scappi raccoglie le formule destinate aiconvalescenti,organizzateinunpastoapiùservizidovefiguranoinordinedidelicatezzaesapidità,acque cotte, brodi, minestre, arrosti, uova, torte e infine, pericolosissime, le salse. L’essere alserviziodipapiecardinali,dietàspessoavanzata,nonsempredisolidacostituzione,gliimponedifareunusoparticolaredellasuaperizia,perfettamenteriassuntodalleprimediciottoricettedibrodoe gelatina. Non si tratta della parte più sobria del suo libro, semmai di quella più ingegnosa. Lafunzione di un buon cuoco non è né di tentare né di punire, ma di dar prova d’accortezza. Glisvogliati,idebilitati,gliinappetentiepersinoicagionevolimeritanotuttelesueattenzioni.Unbrododi cappone ben schiumato riceve nella cottura «una fettolina di prosciutto» per una sola ora, perdargliunpo’digusto,dopodichelafettavieneprudentementeritirata,eriprendeconilbollorelariduzione del liquido14. Non è un caso se più di altri capitoli dell’Opera, questo appare nato econcepitoinRoma:laregolaquaresimale,lapraticadeldigiuno,laprudenzaecclesialeconfluisconoinquestacucinarispettosadeidivieti,purrestandolepida.Ilfinedellericetteètuttaviadiristabilirelasalute,diriportareilcorpoagliantichiappetiti.

IlLibrosestosembraesserstatosperimentatoperassistereil«ReverendissimocardinalediCarpinellesuemalattie».Maogniricettaportamemoria,tacitaoespressa,diundedicatario,comequellaperfareunbrododiPollodigransostanzaridottoingelo,dicuisidiceche«sidàalliConvalescentiquando hanno gran sete, il qual si fece nel 1551 per l’Illustriss.&Reverendiss.CardinaleAndreaCornaro».AncheilbottigliereSanteLancerio,alserviziodiPaoloIIIchemoriràall’etàdiottantunanni,èanimatodallemedesimecureservendoglilamalvagiachelostessocardinaleAndreaCornaro

facevaportaredaVeneziaalpapa15.Èunnomequestocheritornanegliannalidellatavolacuriale,edevocaimmediatamentetutt’altropersonaggio,AlviseCornaro,autorediunTrattatodellavitasobria.Per raggiungereuna etàvenerabile, intellettualmentevigili, fisicamente intatti, fecondodi prole, ilsegreto sta tutto nel parco cibo. «O quanto è giovevole al vecchio il pocomangiare!» esclama ilCornaro.Checosaintenda,nonèmistero:

limieicibisonoquesti:primailpane,lapanatellaobrodettoconovooaltresimilibuoneminestrine;dicarnemangiocarnedivittello,caprettoedicastrato;mangiopollid’ognisorte,mangiopernicieucelli,comeèiltordo;mangioanchoradellipesci,comeèfralisalsilaorataesimili,efralidolciillucioesimili16.

C’èunmododiconsiderarel’artedellacucinacomeunamoltiplicazionequalitativadeipaniedeipesci,unaltroconsistenellosceglierelederrate,darlorovaloresenzagravarledisoverchisaporiecondimenti.Con la cucina dei convalescenti quella diCornaro ha in comune il culto del pane chenutresobriamenteedellaminestrachedepuraelavalevisceri.«Quantitàequalità»èlarispostadelCornaroaunappetitochedivoraannidellavitaumana:lacombinazionedidosipiccole(dodicioncedimateriasolidaequattordicidivinoalgiorno)connutrimentiappropriatièilsegretodiunacucinaleggeraegustosa.

Temperare i desideri sembra una finalità che lo scalco condivide con i letterati, con i filosofidellamensa,conimediciequant’altriamanolavita.Quantosiadifficileregolarequestoequilibriofrafame,appetito,languoreesazietàlomostranoinvececolorochesiescludonoovengonoesclusidalbanchetto.Paradossalmente,ilreligiosochesiinfliggepenitenzeeilcontadinomalnutritosonoanche loro lì, a guardare i signori, ognuno rimuginando i propri pensieri.Nella stanza accanto aquelladoveèallestitalatavolacongliospitic’èchipredicalafameechiincarnalafame,eneagitalo spauracchio. Siccome il banchetto è un teatro, con intermezzi e arredi, non è difficile vedervirappresentatituttiiruoli.

La cucina dei cardinali e quella segreta del conclave tenutosi fra il 29 novembre 1549 e il 7febbraio 1550, che descrive Scappi, fanno parte di questo rituale di gola e preghiera. Ne sono lamanifestazionepiùsfarzosa,edevocanounariflessionesulnutrimentodicostantemoderazione.Nonsolo la medicina insegna alla Chiesa che vi sono liquidi e solidi lussuriosi, ma le fornisce armitemibili contro se stessa, e la Chiesa esprime nei confronti della cena una strana attitudine divenerazioneedicondanna.Ilpeggiornemicodelsodalizioframedicina,cucinaeMadreNaturanonè tanto il goloso quanto colui che predica la rinuncia, che non solo odia la quantitàma anche laqualitàdeicibi.Questonemicohaunnome,padreEnricodaSanBartolomeodelGaudio,euntitolo:Loscalcospirituale.Nonritenendopossibilenélarinunciaassoluta,néuncompromessocornariano,l’autore distingue l’appetenza dalla fame, l’una generata dal «copioso nudrimento», l’altrafacilissimadatacitare.L’appetenzaètentazione, ilsuocontrario, l’inappetenza,nonècertamentelarinunciaedèfruttodell’eccesso,dellasazietàepersinodiaccorgimentibennotiainaturalisti,comel’ingestionediunadoseeccessivadicapperi.Alcircoloviziosoriparasololamensadipaneeacqua.Ilprimatospiritualedellafameedellaseteèunaconquistaperireligiosichenonsonosoliatenersilontanidalbanchetto,adiffidaredallesueinsidie.

L’arte della cucina ha, oltre ai nemici spirituali, quelli materiali, in numero ancor maggiore.Marzasicfamecrepabo?«Devocreparecosì,boiad’unafame?»,urlailcontadinoZambellosoloinmezzoai suoi campicontro lavogliadimangiareche loattanaglia, al sorgeredel sole17. Si nutred’aglioecipolleedèprontoadazzannareuntozzodipaneammuffitoounacrostadiformaggio,aspazzarviatuttoquellocheglicapitafralegrinfie.Lafameglitoglieillumedellaragione,comelagola fa con il sensuale,ma a differenza di questo non ha da opporle altro che le sue braccia checoltivanozollediterraepiantedifagiolo.Nonc’èpostopericontadininelbanchetto,omeglionon

sifaaltrocheevocarli:viirrompononeiversimaccheronicidiFolengo,oppuresonoattoriemusicitravestiti, con le loro falci e i loro pifferi18, o ancora figure di zucchero arcadiche, mitologiche,idilliacheposatesullatavola.Ilmondorusticoevocal’origineterrestredelnutrimento,elegittimaillusso della tavola che abbraccia con le sue creature commestibili zoo e antropomorfe tutta lacreazione,anchelasuapartemiserrima.

Ilcorpoeisuoiappetitipartecipanoalbanchetto,sonoleforzetelluricheincatenateallatavola,da domare, ingentilire.Quanto alla fame e al digiuno, sono gli spettri che turbano il festino dellacarneconbestemmieepreghiere.Sottoquestoprofilolatavolaèilluogodiunamediazionetracieloe terra che il principe e il cardinale impongono con la loro autorità, e con una corte di cuochi,letteratiefisici.

3.«Aicontadini,l’indigestionenonnuoce»Dopo avere auspicato l’introduzione della patata a sollievo della fame dei contadini, il trattato

sullaPraticaagrariadelrimineseGiovanniBattarra(1778)sisoffermaaspiegarecomesiapossibilefareilpaneconlapolpadiquellostranotubero:basteràmescolarviunpo’difarinadifrumentoesiotterràunpanedelicatissimoeprofumato,veramente«dasignore».Ma–chiedeMingone, ilfigliodel contadino a cuiBattarra fa dire i suoi insegnamenti – si può fare questo pane anche con solafarinadipatate,senzaaggiungerefrumento?Certo,sipuò,rispondeilpadre:«mailpanecheseneforma dicono che sia alquanto duro alla digestione». Imprevedibilmente, questa precisazione nonturbaaffattoMingone,anziloriempiedigioia.Perché,spiega,«aicontadinil’indigestionenonnoce,anzisembralorod’esserpiùsazj»19.Morale:ilverodesideriodelcontadinoèunabellaindigestione,perallontanareilpiùalungopossibileilfrustrantedesideriodimangiare.

Naturalmente, questo è il punto di vista del padrone. Nessun contadino del Settecento (e tantomenodiepocheanteriori)èarrivatoaraccontarciinprimapersonaisuoigustialimentari,e,poichéilgustoel’abitudinenonsonoesattamentelastessacosa,èdifficilesottrarsiall’impressionecheilmodello di cucina affibbiato dagli intellettuali alla popolazione contadina corrisponda più aun’abitudine forzata che a una felice adesione. L’elogio contadino dell’indigestione è un luogocomunecherisaleindietroneltempo.Laproponenel1569ilbrescianoAgostinoGallo,autorediunimportante trattato di agricoltura, trattando della polenta: nel darne la ricetta, il malgaro Scaltritospiega a due nobili bresciani che la farina migliore da utilizzare è quella di miglio e che non èopportunoimpiegarequelladifrumento,«pernonfarcosìbuonapolenta,eancoperchésidigeriscefacilmente»20.

Dunque,ilcorpodelcontadinodesideracibilaboriosi,cheristagninoalungonellostomaco;cibipesanti,chenonstimolinol’appetitoma,alcontrario,lodeprimano.Quando,nelBertoldodiGiulioCesareCroce, imedicidicorte tentanodiguarire lamalattiadel«villano»confortandoloconcibirari e delicati, lui li scongiura«chegli portasserounapentoladi fagiuoli con la cipolla dentro, edelle rape cotte sotto la cenere, perché sapeva lui che con tal cibi saria guarito». Ma non gli fuconcesso,eBertoldomorì–comesipoté leggeresull’epitaffio–«conaspriduoli /pernonpotermangiarrapeefagiuoli»21.PotremmolimitarciasorridereseiltestodiCroce(pubblicatoagliinizidelSeicento)nonfossel’esitoparodisticoditeoriescientificheautorevolmenteesposteneitrattatidimedicina, di botanica, di agronomia dei secoli precedenti22. Agli inizi del XIV secolo Piero de’Crescenzi, il celebre agronomo bolognese, osservava che il frumento è il cereale di gran lungamiglioreper fare ilpane; tuttaviaconsigliavaachi lavorasodo,confortedispendiodienergie,dimangiarpanifatticoncerealimenofini,peresempioilsorgo,adattissimoaicontadinioltrecheaiporci,aibuoi,aicavalli.GiacomoAlbini,medicodeiprincipidiSavoia,minacciavadoloriemalattieperquantisicibasserodialimentinondestinatiallororango:iricchi,sosteneva,debbonoastenersida zuppepesanti comequelle di legumi, odalle frattaglie di troppo laboriosadigestione; i poveridebbonoevitareicibisceltieraffinati,cheillorostomacogrossolanodifficilmenteriuscirebbeadassimilare. È una teorizzazione scientifica del privilegio alimentare che ritorna presso moltiintellettualideltempo,solleciti–comespessoèaccadutonellastoria–atenerbordoneagliinteressidei potenti. Anche il padovanoMichele Savonarola, autore ametà del XV secolo di un fortunatotrattatodidietetica,badaadistinguerefrapasti«dacortesani»e«davilani»:peresempio,delcaprettoscriveche«ècarnedadelicatienonpastodavilano»;dellapastinaca,che«èpastodepoverehomoedevilano».Lacorrispondenzafra«qualitàdelcibo»e«qualitàdelconsumatore»nonvieneinsomma

percepitacomeunsemplicedatodifatto, legatoasituazionioccasionalidibenessereodibisogno,ma postulata come verità assoluta e per così dire ontologica: mangiare bene o male, leggero opesante,èunattributointrinsecodell’uomo,cosìcomeintrinseco(eauspicabilmenteimmutabile)èilsuostatosociale.Ogniinfrazioneaquestoordinenonèsolounrischioperlapropriasalute,maunattentatoalprivilegiodiclasse.Sicchéquando,sulfiniredelXVIIsecolo,unopuscolodiGirolamoCirelli ci informa che i villani, «toltone il tempo della festa», mangiano «come porci», non c’èstuporenelle sueparole, néun tonodi rammarico. Il titolodell’opuscolo (Il villano smascherato)chiarisce senza possibilità di equivoco l’ottica da cui nascono riflessioni come questa: ilmodo dimangiarerivela,smascheralostatosocialedegliindividui.Cheilvillanomangiesicomporti«comeunporco»ènaturaleegiusto;finchéquestoaccade,l’ordinesocialeèsalvo.

IcetidominantidelSettecento,intrisidispiritofilantropicoediilluminatopaternalismoversoleclassipovere,nonsonopiùquellididue-tresecoliprima,arroccatinelladifesadeiloroprivilegieintenti a disegnare un’ideologia della differenza sociale imperniata anche suimodelli di vita e dialimentazione. È sempre più difficile, ora, imbattersi in programmi dichiarati di esclusione dei«poveri»dalgodimentodeicibidiqualità; ilperfidocinismodeipotentiedi tanti intellettuali sièalquantoammorbidito.Mac’èancoraqualcosadisinistro,oquantomenodigrottesco,negliAvvisiaicontadinisullalorosalutedettatidalprepostoMarcoLastri(autoresulloscorciodelXVIIIsecolodiunaquantitàdiopuscolididascalicidiargomentoagricolo)inappendicealleRegoleperipadronideipoderi.Dacuisievincecheicontadini–guardaunpo’–mangianomale,anzinonsannomangiare,perché, pur di fare economia (rea economia, aggettiva il nostro), sono disposti amangiare ancheprodotti avariati; e preferiscono (ritornello antico) cibi pesanti e indigesti, per risparmiare sullaquantitàeallontanarelafame.«Nonèlodevole»,scriveLastri,«ilcostumedicerticontadinicapidifamiglia,cheperunareaeconomiapraticanodifarmoltopaneinunavolta,acciòinduritochesia,senefacciaminorconsumo»23.

Inaltreparole,seicontadinimangianomaleèperchévoglionomangiarmale.Lamodificazionedel quadro ideologico ha reso ormai superata la nozione quattro-cinquecentesca secondo cui lacattiva alimentazione e la cucina indigesta sono un dato originario e inevitabile della condizionecontadina;maleconseguenzedellaritrovata«libertàdiscelta»sono,sulpianoculturale,adirpocoparadossali. Scrive un dizionario francese del tempo: «I contadini sono di solito piuttosto stupidi,perchésinutronodialimentigrossolani»24.

4.LadietadelletteratoAlvise Cornaro adduceva a favore della sobrietà la seguente prova: «mai il scrivere dopo il

mangiareamenuoce,né lo inteletomiomaièpiùbuonodiquellocheèalhora,néamedopo ilmangiareviensonno,perchéilpococibononpuòmandaredalstomacoallatestafummi»25.Lasuavoce troverà eco per secoli, facendo privilegiare la scelta di una regola di vita personale, laica,filosofica. Questa aveva il vantaggio di riportare il pranzo a misura di un uomo sano, e diriconsiderareinutrimentisottoilprofilodiunamoderataattività.Nonmancheranno,inparticolarenel Settecento, gli studi a supporto di tale esigenza, particolarmente avvertita nelle città dalleprofessioni liberali e dai possidenti.La tesi sostenuta dal dottor Scopoli a vent’anni, nel 1743, sultemaDediaeta litteratorum26, affronta fragli altri aspetti la naturadei cibi, raccomandandoquellidelicati,moderatamentesapidieconsentendo, inquantitàmodestissima, isaporiacidiepungenti. Illetteratoèpresocomefiguradiriferimentochepraticaunlavorointellettualeesedentario,digranderilievomaconpocodispendiodienergiefisiche.

Era una tipologia ben nota alla dietetica, che viene a occupare un posto centrale nei consumisociali,conprodottidiqualitànoncostosi,dialtoprofiloorganoletticosenzaessererari.Lagiornatacomincia con un brodo leggero, una tazza di cioccolato, ovvero una tisana. È un regime liquido,assuntonell’intimitàdomestica27chedalmattinoproseguenellesosteenellemerende,esiavvaledeltè che apre i canali celebrali, distende i nervi.Anche il vino assunto durante il pasto è di qualità,chiaro,gradevole,amabile,fragrante,penetrante,dimezzaetà,cosìcomelabirra–ScopolistudiainTirolo–hadaessereleggermentedolceeleggermenteamara.

Piùche l’appetito è la sete apreoccupare ilmediconelSettecento, con i suoi antidotibotanici,autoctoniedesotici.Questanuovaattenzioneailiquidi,nonnecessariamentenutritivibenchénervini,fapartediuna riconsiderazionegeneraledelpastochemettealcentroproprioqueglialimentichestavanoallaperiferiaedistribuiscelungol’arcodellagiornatasucchi,infusietisane.Procededaunainterpretazionedellacircolazionesanguignachefavoriscelebevandecaldechelapossanostimolare:l’abusodicaffè,tèetisaneporteràafarriconsideraretaleprincipio,perleconseguenzesulsistemanervoso.Ivegetali,inogniforma,occupanounpostoprivilegiatoesirinnovano.L’insediamentodelcioccolatonellaprimacolazione, il serviziodel caffèdopopranzo, il tè fuoripasto sidiffondonodallafinedelSeicento,alpuntocheScopoliliconsidera«assaiabitualineitempimoderni»(modernovero tempore ita usuales). Un dosaggio nuovo di liquidi caldi e freddi, di sapori dolci e amari,ristruttura le abitudini del gusto. È una lenta assuefazione che stimola la curiosità per un ampiopaniere di derrate, dal pomodoro (acidulo) alla patata (insipida e farinosa). I letterati che si fannopromotori delle novità vegetali finiscono per incoraggiare gli studiosi delle diete a loro piùconfacenti: setteedizioniconta la traduzionedeLasantédesgensde lettresdeldottorTissot fra il1768eil1791.RispettoaScopoli,ildottoreginevrino,checitaCornaro,sifapromotorediunaserialimitazionedellesostanzenervineefissaatreipastidellagiornata,unacolazionefugace,unpranzoeunacenaleggera.

L’appetitocinquecentescoerasvegliatodaun’insalatafrescaconmoltosale,eattrattoversofruttazuccherine,poidaaliciinolioeacetoedabottarghenuovamentesalate.Nonsonoglistessialimentia stimolarlo due secoli dopo. Il problema si annuncia anzi rovesciato: lo studio, secondoTissot28,assorbeilletteratoatalpuntodafargliperderedesiderioperilcibo.L’inappetenza,lasvogliatezza,la distrazione sono sintomi tipici di un organismo in cui il lavoro passa al primo posto,subordinando ogni altra facoltà. La risposta da fornire è di ordine gastronomico, sposando le

inclinazionidelletterato,proteggendolodaqueipiatticheavrebberoeffettisoporiferioviolenti.Sisconsiglianocremeefrittellegrasseetuttiicondimentiabasediaceto,tantoamatidaighiottoni;sivietano le carni affumicate e i legumi secchi appropriati per chi esercita una attività fisicaimpegnativa.Come sostituirli?Conderrate fresche, di stagione, di gusto temperato. I cibi vegetaliportano a un risveglio più graduale della sensualità, a un intrattenimento delicato delle papille. Ilmedico «mugellano» Antonio Cocchi, in un saggio che suscitò gran rumore nella comunitàscientifica29,cosìlodescrivenel1743:

Manonènemmenocosìspiacentea’sensiilvittovegetabile,anzil’esperienzadimostrachechiperlungotempos’astienedalvinoeda’cibidimoltosapore,acquistailgustopiùdelicatoepiùfino,nonessendolepapillenerveedellalinguaedelpalatotantooppresse,ne la loro azione tanto turbata, dalla soverchiaquantitàde’minimi corpuscoli saporifici, onde le carni egli aromi e lemateriedure eoleoseabondano30.

La cena toscana d’erbaggi e l’habitus nutritivo della plebe fiorentina «per la sua povertàpochissimocarnivora»vengonocitatiadesempiodisanaalimentazione.

Latrasmissionediquestimodelli,dallapraticamedicaacontattoconicetipopolarieborghesiallacucinadelleclassi agiateearistocratiche, avvienegrazieaVincenzoCorradochenel1781dàallastampeunlibrosul

Cibopitagorico,osiaErbaceo,principalmenteperusoditaliNobili,eLetterati.Sìperlamediocritàdellaspesa,comeancheperlasobrietàdelcibo,compostodisoleerbe,chemoltopuòconferireaprolungarsilavitade’Letterati,liqualiapplicatiallostudio,edallescienze,pocadigestionefanno,edhannobisognodicibipiùdelicati31.

Per spiegare un siffatto ricettario bisogna ricordare che la comunità medica internazionale fariferimento agli stessi autori (un ginevrino come Tissot cita Cornaro, per lodarlo, e Cocchi, perconfutarlo)esoprattuttoapplicaleindiscusseteoriegalenicheinmodotalechequestepossanoessererecepiteovunque.Latipologiasocialediriferimento,ilnobileeilletterato,ècontrassegnatainoltre,a Napoli, da fattori ambientali particolarmente favorevoli a una dieta di prodotti vegetali, in talecopiadapoterfornireanche«lamensadiformalità».Dipococostoedigestivosonogliepitetiusatiper indicare un regime che stimola, con profumi ora delicati ora intensi, l’appetito dei sensi. Lemotivazioniculturalinonsarannodifficilidascovareafavorediunquadroeconomicoemedicodiperséfavorevole:essefornirannoilmitodellaleggerezzaedellasemplicità,delpoterestimolante,aromaticoenervinodelleerbe,diunanaturachespontaneamenteoffretuttoilsuocicloproduttivoallamensa,dallefoglieaifioriaifrutti.Ilcibopitagoricomodificalatabelladieteticaeiltenoredeigiudizi gastronomici.Erbe e fiori apronoai condimenti popolari la portadella cucinadelle classiagiate. I capitoli sul pomodoro «salsa universale» o sulla melanzana di cui «fanno grand’uso gliEbrei»sonoilprimopuntodiriferimentodiundiscorsosuivegetalichecontinuasinoadArtusieoltre.

Lanuovadieta,istruitaperfarfronteaproblemidiinappetenzaodisquilibrinutritivi,offreunprogramma di consumi originale, che, opportunamente integrato da sostanze ittiche e carnee, puòrivelarsi idoneo a tutti i ceti abbienti. Essa ha un destinatario che, per intelligenza, sensibilità,prestigio sociale, può sostenere con autorevolezza un ruolo critico nei confronti del banchettod’apparato. È l’interprete di una nuova cultura del cibo che riequilibra intelligenza e sensualità inmodo soggettivo, chemodera i consumi e concede un lauto pranzo senza l’aiuto di uno stuolo dicuochi.IgastronomifrancesidelprimoOttocento, inbuonaparteuominidipenna,si riconoscononelle teorie di Tissot, che hanno restituito loro un posto di guida. Alla luce di una degustazionelucida, critica e selettiva, vanno oltre e riformulano il codice borghese della tavola, tornando adallargarne,conlepropriecinture,ilimiti.

5.LapanciaborgheseLa distinzione fra appetito e fame, fra appetito e appetenza, e un’analisi delle loro diverse

implicazioni costituiscono il presupposto sul quale si fonda la nascita della gastronomiamoderna.Essa è favorita dal principio di libertà al quale deve obbedire il rituale, e da una formulazionesoggettivadelpranzo.Quantomangiareecomenonèsolounaquestionedibuonemaniere,maunproblema di gusto, in un certo qual senso personale e programmabile. Nella tavola borghese,dall’iniziodell’Ottocento,ilgastronomosisiedeacapodellatavolaedettalegge.ÈnatoinFrancia,sottol’Impero,nelfatidicoanno1801incuiJosephBerchouxpubblicaunpoemachehapertitoloLagastronomie32,neologismofabbricatoapartiredalgrecoanticocon riferimentoauna«regola»daassegnare al «ventre»33. Il gastronomo si moltiplica in ogni capitale europea, a misura chel’urbanizzazione degli stili di vita si diffonde. Ha casa e serva ma esce volentieri se invitato efrequentaiprimiristoranti;senzaavermaipranzatoacorte,èilcommensaleascoltatoepresceltodalbuon anfitrione.Non appartiene a una specie umana inedita, è di condizione agiatama ostenta unhabitusculturalelibero.Viveperprocurarsi ilpiacere,manoninunaqualsivogliamaniera.Talorascapolo e talaltra accasato, amante delle donne e dei gatti, numi tutelari della vita domestica,considerailsuocasocomeemblematico,ediscettaascoltandounappetitochedeveessergenerosoenon smodato, accarezzando con fierezza una pancia che è capiente e deve essere adeguatamenteriempita. L’élite dei gaudenti, che in Francia ha per capofila Grimod de la Reynière e Brillat-Savarin34, e in Italia il dottoremilaneseGiovanniRajberti, si identifica in un uomo che conosce iprodottie iprezzi, lapreparazionee ilserviziodellevivande, ilpregiodeivini.Si trattaspessodiscapoli,perscelta,comePellegrinoArtusi.Ilgastronomoèinfattiunegocentrico(pensaalpropriopiacereintestino)eunmoralista(predicalamisurasiafisiologicacheeconomica).Nienteorgechedistruggano lasalute,nienteceneche rovinino ilpatrimonio.Apartiredall’iniziodell’Ottocento ilmito della tavola romana imperiale s’appanna, perde concretezza; cresce invece il culto per ladegustazione intima, per un corpo evidenziato dalla pancia e dal panciotto. Il languore, la leggerasensazionedifaticacheannuncial’appetito,ilrisveglioimmediatodellamemoriagustativaallavistadellaprimaportata,ilteporecheirradiadaivisceri,sonoisentimentichesiaddiconoalbuongustaio(sinonimoottocentescoitalianodelfrancesismogastronomo).

IlmilaneseGiovanni Rajberti, nell’Arte di convitare spiegata al popolo del 185035, forte dellalettura dei saggisti francesi e della propria esperienza di quarantacinquenne, tiene lezione dibenessere conviviale. È medico e saggista e, come si vedrà, anche un buon padrone di casa.Procedendoperordineguardal’orologio,ascoltailproprioappetitoeneistruisceleindicazionidalpuntodivistadelpopolo,cioèdelcetomedio.Ricevereedesserericevuti, invitareefarsi invitare,esigonogiudizio,tatto,sonoun’arte.Eccounesempio.Allecinqueèoradimettersiatavola.Unpo’di salato,magari del salame crudo, per aguzzare l’appetito?Niente di più controproducente, robarustica,da famigliechemangiano incucina.«Ilpranzodevecominciare sempreepoi sempreconunaminestra»,edabuonmedicoaggiunge:«perdisporre lostomacoe lubrificare levie».Quantoalla minestra, egli la distingue in «nobile o del cuoco» e «plebea o della serva», l’una leggeraleggera, l’altra sostanziosa. Siccome il pranzo, oltre che uno specchio delle proprie brame, è unmodello cui aspirano tutte le classi sociali, egli accoglie ogni felice suggestione, dal basso edall’alto: «una minestra plebea messa in capo a un pranzo aristocratico sarebbe un felicissimoinnesto,lamigliorefusionedioppostiprincipiicheilmodernoincivilimentopotessemaiottenere».Èl’esattocontrariodiunfestinovolgareincui,sazidirisoincagnone36,cisigettaacrepapanzasui

salamiditesta(salsiccionicotti).Èverocheletradizionidelpopolominutofangolaancheairicchi:unapolenta,diràilMantegazza,fontedipellagraedimorteperiparia,diventa«dorataefumante,scodellata con la bionda crema di Milano», un cibo ineffabile37. Ma Giovanni Rajberti persegue(come il professorMantegazza) uno stile agiato e, dopo laminestra, viene la tripletta d’obbligo,«frittura-lesso-arrosto», quindi il dolce o il gelato. La tavola del ceto medio viene candidata afondere tutti gli stili, eventualmente ingentilendoli e semplificandoli, a creare un’aspirazioneuniversalealbuono.

Dietro il piacere e il valore socialedel cibo, resta forte lapreoccupazioneper la salute, intesacomeuncapitalepersonaleecomeunasperanzadilautipranzi.L’accezioneincuiessavienerecepitadalgastronomo,medicoono,ètuttaparticolare.FrairicettarimilanesideltempodiRajberti,ilpiùamatoeraLacucinadeglistomachidebolidiAngeloDubini,chedal1857al1899contaalmenoventiristampe.La formula, omeglio l’epiteto«stomacodebole»hagrande fortuna, al puntoda indurrePellegrinoArtusi,inoccasionedellaquattordicesimaedizionedellaScienzaincucina,adaggiungereun’appendice con questo titolo. Cosa è uno stomaco debole? A interpretare alla lettera un menùqualsivoglia (riso in cagnone, prosciutto affumicato, patate alla panna, mascarpone all’inglese)38parrebbe una antifrasi, una figura ironica per indicare il ventricolo dello struzzo. In realtà è unostomacochehamoltobisognodimangiaremasitrovaafflittodalla«irritazionelentaecontinuativa»deivisceri sottoposti aun incessante transito,minati dagastriti e sub-gastriti lente, dadebolezze eidiosincrasie. In un ceto medio cittadino che conosce già l’ipernutrizione e lo scarso moto, checoltivalaraffinatezzanellatradizioneeitalianizzalatavolafrancese,ilnarcisismodelbuongustaiohaunadoppiafaccia,sorridenteepreoccupata.Ildialogocostantefralatestaelapanciaglipermettedirecuperarenormedietetichedioriginesalernitana(Sitibideficiantmedici,medicitibi fianthaectria:mens laeta, requies,moderatadiaeta)39, adagi francesi (Apaiser la faim, ne jamais l’irriter)40,prognosidesuntedallamiglioreepiùaggiornatamedicina.Lasuaculturaumanisticanefailmedicodisestesso.Cosìcomelatavolanonconoscefrontiereall’internodell’ItaliaefraItaliaeFrancia,lasalute è un valore assoluto, immune dalle stagioni e dalle circostanze, un valore che fornisce allabuona tavola una legittimazione. Il debole di stomaco, il convalescente, ma anche il robustomangiatore, si curano dunque con la forchetta, senza cadere nel circolo vizioso dell’appetito edell’inappetenza.

L’attenzionealpropriocorpo,ealcibocheinfondeenergia,confinailbuongustaiodipreferenzafra le pareti domestiche. Nella sua casa, progresso significa vani modesti, riconducibili allaplanimetria dell’edificio urbano, del piano, dell’appartamento. Nel ceto medio, solo le dimore dicampagna rispondono ancora a una concezione aristocratica della vita; in città la restrizione èrisparmioeconfort.Inquestidomicili,lacucinaèancorapiùvastadeiserviziigienici,erappresentailcentrodellefontidicalore,delleprovviste,dellacomunitàservile.Aessa,aisuoifumieaisuoiodori,sirivolgeilnasodelpadrone.Ilristorante,latrattoriasonotapped’emergenza,perigiornidiviaggio e di solitudine, il caffè e il circolo luoghi indicati per lo svago estemporaneo,maschile,mentrecucinaesaladapranzooffronounrifugiosicuroneigiornifaustieordinari.Ancheadifettodiunadonnaodiunasposa,cuocoocuocavisonopresenzeindispensabili.Iloroattributivannobenaldilàdellasemplicenutrizione.Ilcuoco(olacuoca)secondoMantegazza«èpiùutiledelmedico»,deve intendersi della salubrità dei prodotti, deve essere onesto e pulito, oltre a saper confezionarecibi squisiti. «Se avete trovato una perla di questo genere, serbatevela cara»41. Questo monito faormaipartedell’artedelbuongovernodellafamiglia,eavràsuccesso.

Quali sono i riflessi di questa cultura domestica sulla gastronomia? Per citarne solo alcuni: ilrapportosemprepiùstrettofragustomaschileecibopreparatodalledonne; ilruolocentraledella

cucinaborghesefamiliarecheripropongonoancheicuochidicorteeimitano,perdifetto,iconvitti;l’abbandonodellepreparazioniinbellavista,afavoredipiattidiportataabbellitidallasoladovizia.Proprioperchéhaunadimoraconfortevole,perchépuòricambiareuninvito,ilbuongustaioscegliela casa come ambito delle esperienze più ghiotte. Rinuncia, per mancanza di risorse, allo chefoltramontanodadieci franchialgiorno,e siaccontentadella servaadieci franchialmese.Con ilminorservizio,eglipatiscedelladurataeccessivadiunpasto,edeveabbreviarneleportate;ignoralericette complesse, spesso di origine francese,ma, a due passi dalla cucina, le vivande,milanesi onapoletane,gligiungoncotteapunto,l’unadopol’altra.Diquandoinquandosilasciaaccalappiaredaun«pranzod’etichettaconinvitoastampa»incollettoduroecravattainamidata,poitornafelicealproprio tavolo inmanichedicamicia(lesignorepermettendo)42.Daquesta rivoluzioneborgheseefamiliarenasconoipadridellacucinaitalianaunitaria,iquali,sibadibene,noneranonéiprecursoridelpiattouniconéipionieridelfar-da-sé,eavevanopalatidifficiliepanceprosperose.

Nelregnod’Italialacucinaaristocraticanondeflettedalsuocerimoniale,semmaidopoil1910siitalianizza. Ma tutti gli indicatori (menù, cronache mondane, manuali di cuochi) mostrano che ilpassaggio dal regime dei servizi a quello dei piatti singoli in successione, iniziato in Francia nelsecondoOttocentoediffusorapidamenteintutteletavolecoronateenellaristorazionealberghiera,fastragedimonumentaligelatineedipasticceriedecorative:lostileraffinatoèrappresentato,piùchedall’ostentazione di piatti in vista, da un «poncio allo sciampagna» servito a mezza strada, edall’abbinamento dei vini. La cantina resta, nell’Italietta, unmerito più aristocratico che borghese.Scendono invece a 6 i piatti di una colazione privata, offerta dai reali d’Italia all’imperatoreGuglielmoII,nel190843:

RisottoalsugoSparagiallamilaneseLombatadivitelloallaprimaverileCapponecongelatina:insalataallavenezianaPastaallatedescaconzabaglioneGrissinicolformaggioVini:CastelCalattubo–CastelPerina–GrandspumanteCinzano.

Unmenùdi corteconunnumerodipiattipari aquellidiunmenùborghese festivodà tutta lamisuradelrapportochesièandatoinstaurandofraappetitoecerimoniale,quest’ultimodettatononpiùdaunafunzionemeramenterappresentativamadalmetrodeiconsumireali.

Della quantità, la letteratura gastronomica fornisce solitamente gli indici più alti, tralasciandodigiuniebrodini,mezzeporzionie restidellavigilia.Unpasto saltato, spilluzzicandoadestraeamanca, non par degno di nota. Eroe della tavola moderna, il gastronomo non sfugge quindi allacelebrazione epica:Artusi cita i suoi conterranei chedi cappelletti «si vantanodi avernemangiatocento»44.Masiffattoeroeècondannato,nonsolodall’infartoedallavergognasocialemadanuovicriteri di gusto.Non è in chilogrammi che simisura la qualità.Una linea di pensiero, semprepiùsottileeslanciata,unisceRajbertieArtusi,padridiunatavolafine,realizzabileincittà,aGuerrini,ciclistaegastronomo,eMonelli,viaggiatoreegiornalista,perarrivareagliattualiarbitridellabontà.L’indigestionediventa,neitempimoderni,unsintomosemprepiùinattuale,combattutodallasceltaedallavarietà,dallaricercadiunequilibriofrailbuono,ilraroel’economico.Contaliparametridigiudizio,ilgastronomononpuòsperarediaccontentarsideifruttidelleproprieterre,enemmenodelmercato rionale.Deve studiare i negozi, gli arrivi, le stagioni; deve usare con profitto il corrierepostale,scegliersiiluoghidivacanzapiùpromettenti,mettereleferroviealserviziodellasuagola.

Lacacciaalprodottoeallocalediqualitàcominciadalmomentoincuidallacucinadelcontadosi passa a quella nazional-regionale. È pungolata da alcuni fenomeni: l’offerta variabile, con ilmeglio come il peggio, la fragilità delle tradizioni locali che l’emigrazione erode, la coscienzao

piuttostoiltimorediundeclinodelgusto,decadenzaprovocatadalrimescolamentodistiliederrate,daflussituristiciincontrollati.Perpotersoddisfarebenel’appetitoènecessariononviveredirendita,eilbuongustaiosirimetteinmoto,rinunciaallapoltronaepersostenersifaappelloaunacuriositàeccitante. Deve ormai, per correre dietro al cibo, avere un corpo agile, e, siccome crede nelprogresso,usa trenoeautomobile, alla ricercadiqueiposti tranquilli,diquelle tavoleantichechetrenoeautomobiledistruggerannoirrimediabilmente.Èuncircoloviziosogeneratodalprogresso,cheMantegazzaavevaanticipatoconquestaavveniristicametafora,destinataastigmatizzarelavogacrescente degli stimolanti, caffeina, teina e alcool: «Il cibo è il vapore chemuove la locomotiva,l’alimentonervosoèl’ordignoregolatorechenegovernailmovimento»45.

6.Abbassolapastasciutta!FragliorchidiRomagna,quellichecominciavanoilpranzoconcentocappelletti,ePellegrino

Artusic’èunsaltogenerazionale,o forsequalcosadidiverso,unoscartodimentalitàedicultura.Talescartocongliannicheseguonolasuamortesiapprofondisce.Ilventreèsempremenol’organodel gusto, che manda segnali di soddisfazione e gorgoglii di voluttà, che ostenta, fasciato dalpanciotto,benesseremateriale.Ilsuoregnovolgeal tramontopercolpadellaGrandeGuerraedeisuoi arditi, dei tempimoderni o dei futuristi, o per nessunadi queste ragioni, forse in virtù di unconsolidatobenessereborghese inunasocietà incui lacicciaèsuperflua.Mentre lapanciascema,cresceilpudoreperisintomitroppoorganicidellasoddisfazione.PellegrinoArtusi,nelraccontaredi un famigeratominestrone livornese, assunto nel 1855, tale da provocargli «una rivoluzione incorpodafarspavento»,simostravatestimonediunpassato,delpropriopassato,incuil’eccessoinentrata,comeinuscita,eraoggettodirisa,atavola,magaridinnanziaunaltrominestronemenrude.Questo passato di montagne di cappelletti e di micidiali diarree diventa sempre più scomodo,rispondendo a un sogno volgare. Il giornalista PaoloMonelli, nel suo viaggio gastronomico deldecennale dell’era fascista, descrive, trattoria dopo trattoria, la cucina popolare e regionale dellapenisola. Sfilano gli attori ben noti: un ciccione diCarpi (che hamangiatomille tortellini), l’ostefiorentino,ilTroja,taciturno,scontroso,immenso,elematroneromanecoi«deretanichetappanoivicoli». Un’Italia adiposa, che contende il posto a una smilza, bassa, meridionale, sobria, povera.Tuttiquestiattorirecitanounruoloantico.Hannocorpidiversi(daquellodeiduereportermilanesi),vagamentefiabeschi,ericordanoisognidicuccagnadiunpopolostrettodallacarestia.Igastronomisimantengonoleggeri,viaggianoedegustano,passandodaunaregioneall’altra.Sonotantolievidasorridereaunoscampatopericolo,lapanardaabruzzesedalletrentaportate46.

Durante il fascismo, vuoi per effetto di una propaganda militaresca, vuoi per un idealismopoliticooesteticocheidentificailborghesepanciutoconunparassita,ivaloridieteticicambiano.LacampagnadiMarinetti contro lapastasciutta, lanciatavia stampaenellaCucina futurista del 1932,procede da un’intuizione profetica e viene condotta in nome della velocità e della poesia. «Imaccheroni, puah»47: con questa formula egli riassume il rifiuto dei piatti voluminosi, dei gozzisatolli, dell’Italiano «cubicomassiccio impiombato da una compattezza opaca cieca».Condanna ilpiattodipasta,assolveilriso–l’Entenazionalerisièinprimalineanellarivoluzioneautarchica–eriformulaunadietaagilissima.Inomideipiattirinvianoadaltrettantisimbolidivelocità:labomba,l’aeroplano, l’automobile, lo sci. La loro forma va da quella assai banale del seno femmminile(fragolamammella, mammelle italiane al sole) al simbolo littorio (fasci di sedani fissati su unasemisferadirisotto),passandopercarlingheefusoliere(fusolieradivitello).Piùcheivolumisonogli ingredienti e le loro combinazioni – salame crudo, caffè bollente e acqua di colonia(porcoeccitato) – a scatenare urla di schifo e bordate di schiaffi. Senza tali reazioni, La cucinafuturistanonhaalcunsenso.È tuttauna fettadellagastronomiapigra,provincialeebonacciona,aessere aggredita dalla banda di Marinetti. Le contraddizioni della politica alimentare fascista,battagliadelgranoeautarchia,programmazionedelladietaepromozionedelleosterie,siriflettononelcampogastronomicoenellediverseposizionichegliintellettualiassumono,gliunimodernisti,futuristi, gli altri, comeMonelli, inteneriti e intellettualmente sedotti dai pingui sogni di un’Italiaprovincialeeaffamata.

Chemolte cose stiano cambiando, lo si percepisce dalle sempre più acute critichemosse allasacrosanta sequenza del pranzo all’italiana: antipasto, pastasciutta, secondo.Rajberti lo notava già,

l’iniziovapresoconserietà,perchéserveasolleticareilpalatoeapredisporloaunalungaprova.Stimolarel’appetitoconunaminestraèonorareilventre.NelVentenniolecriticheall’antipasto,panecon salumie sottaceti, piovono fitte.Dai futuristi chehanno le loro idee,daibuongustai epersinodallemassaie.Lastessasorte toccaaglistimolanti liquidi: ivini liquorosiperdilatare l’appetito, ilpuncho«poncio»gelatoservitoametàpranzoperfrustarelostomacofiacco.Lasequenzadelletrecarni,«fritto-lesso-arrosto»,siscioglieinunasemplicesceltadell’unoodell’altro.Resisteinveceilcaffèbollente, convirtù stomachiche.Tutta l’alternanzadi caldoedi freddo,di liquidi e solidi, ditonici ed eccitanti, che regolava la sintassi del banchetto sulmodellodel regimecorporeo, appareobsoleta.Nutrirsivelocemente, conprodottid’avanguardia–comevogliono i futuristi–, significaassimilareconilcervello,piùcheconlevisceri,espregiareiritualidigestivi.El’appetito?Restaunacuriosità,dasoddisfareconun«passodicorsa»(èilnomediunpiattodiriso,rumepeperosso)48.

Laconseguenzaprincipaledellarimozionedelcorpoedell’appetito,edelleloromanifestazionisensibilinel corsodel lautopranzo, èunacertadestrutturazionedel regime.Lacadenzadipiatti eservizisiabbrevia, l’intervallofracolazioneepranzoperdeilcarattereinviolabilecheavevanelladieteticaottocentesca.Iricettarinonpredicanoovviamentel’anarchiamanetaccionoleconseguenze.Spuntini,colazionisull’erba,improvvisazioni,piattiveloci,cocktails,tartineesandwichfannopartedelprogrammadomesticodiunacasasignorile,giànelVentennio;conlasecondametàdeglianniCinquanta, verranno estesi a tutto il cetomedio urbano. Il silenzio viene imposto all’igiene e allamedicina, seduti intornoal tavolo.Nonchegli stomachideboli,dopo lasecondaguerramondiale,sianoscomparsi,ma,pereffettodiunaprotrattamalnutrizioneedelnuovoimpattoconunmercatolibero e ricco, cibo e corpo intrattengono un rapporto diverso. È forse una conseguenza delrazionamento se il desiderio continua a restare distinto dalla capienza del ventre? Oppure è ilbenesserecherendeinopportunoilricordodellemiserietrascorse?Percinque,setteanni,bisognavariempirsi non appena possibile, furtivamente, di sfuggita; quando l’emergenza comincia adecrescere, risultadifficile riconciliareequilibrio fisiologicoeordine rituale. Ilborghese italiano,neglianniCinquanta,èdisorientato:ilpiattonedipastasciutta,denigratodaMarinetti,lotenta,anchese alla pastasciutta preferirebbe qualcosa di più fine, dei tortellini per esempio.Non è disponibileinvece a un ritorno alla sequenza carnea «fritto-lesso-arrosto», e non considera più necessarial’assunzionediporzionicopiose.Fuggendoidueestremi,ladebolezzagastricaelamanifestazioneiperbolicadellafame,spostaallegrandifestivitàillautopranzoeicomportamentitipicidell’eccesso(l’iterazionedeglistessipiatti)eridimensiona,perviadi levare, ilvittoquotidiano,squilibrandoilrapportopranzo-cena,equellofragiornidilavoroedivacanza.Nellafesta,unacertanostalgiadellacuccagnapermane.

Forse, più che il marito, il figlio, lo scapolo, a cambiare sono le donne, la cui nutrizione èraramenteoggettodiosservazionisistematiche,nei ricettari,sinoalNovecento.Solo legravide, lepuerpereelenutricimeritavanoattenzioneericevevanoconsigli49.DaglianniCinquanta,lacasalingasoffreanch’essadiunanevrosi,percosìdireoppostaaquelladeipadriedeinonni:ilsuodubbiononè se mangiare molto o meno, adagio o veloce, se rimandare alla festa i sogni più saporiti; èossessionatadallaaffermazionediunamaggiore libertà intraetextramuros,esoprattuttopensaalproprio aspetto, in termini di comunicazione, di socialità. Il corpo «magro, snello, di linea»,consigliatodalQuattrova illustrato nel 1931, diventaunmodello semprepiù interclassista, ed è ladonna a rifiutare ora la pastasciutta (comegiàMarinetti)50.Comincia a pensare a se stessamentrecucina per la famiglia, mentre riceve gli ospiti, quando è sola. Il menù, la confezione, lapresentazionedelpranzo,giàcondivisiconlepersonediservizio,conunasolaservasisemplificanoeperdonosolennità,dadoveresitraducono,rarefacendosi,inunattooccasionaled’affetto.

La donna si scopre consumatrice, con un profilo assolutamente originale. Nel Cucchiaiod’argento,ilprimoricettarioimportantedeldopoguerra51,questositraduceinpiùdimilleformuleein un capitoletto finale intitolato Dietetica della bellezza. Dopo 400 pagine di preparati percomplessionipiùomenorobuste,dopoiregimiperdiabetici,epaticieartritici,sivoltapaginaesiaffronta ilnutrimentodalsuoversogiusto, la resaestetica.Allevariepartidelcorpo(epidermide,carnagione, capelli, denti, occhi, linea) corrispondono dei principi nutritivi. Le palpebre arrossatesonocombattuteconla lattuga, l’epidermidegrassaconspremutevegetarianee insalatedicaroteearance.Affrontandoiltemadella«lineaideale»,sinotaunalacuna:unasolavoltavieneformulatalaparolaappetito.Laragioneèchiaramenteespressa:«bisognaprimamangiarequellocheabbisognaepoiquellochepiace»52.Rimuovendoocchiebocca,narielingua,eviaviatutteletappedeltransitoviscerale,ilcorpovieneprivatodellefontistessedellaconflittualitànutritiva,deidilemmifrabuonoeindigesto,erinviatoallasoladisciplinaritenutaefficace,larepressionedell’istinto.Risultato:perlalineaideale«lacolazionedelmezzogiornodovrebbecomporsiesclusivamentediinsalata».

Un’eticaprivativa,fondatasulsacrificio,nonpuòesserelegittimatasenondaalcuniideali,intesicomemodelli di salute e di successo. Questi ideali, che ben conosciamo perché ripetuti sino allanauseanelladidatticadietetico-culinariaodierna,nel1950vengonopromossiconLagiornatadellabellezza,dedicataalpropriocorpo.Mentreilsonno,ilriposoeunapasseggiatavengonoconcessiadlibitum, gli alimenti solidi sono eliminati. «Amezzogiorno: brodo vegetale. Alle 14: una tazza diinfuso leggero (menta o verbena) con qualche goccia di limone o con miele. Alle 18: brodo avolontà.Alle 20 (e a qualsiasi ora della sera, se avete appetito) altro succo di frutta o di legumi;infuso di erbe e brodo vegetale.» Gli autori delCucchiaio d’argento assegnano a questo regimeliquidoeascetico,dapraticareunavoltaallasettimana,ilpotereditrasformareilcorpoel’anima:«Èinquestomodocheledivedelloschermoassicuranolalorofreschezza».NellastagionepiùcreativadiCinecittà,inquegliannichemoltihannodefinitodelle«maggiorate»,irotocalchisipopolanodibellezze magre e obese a un tempo, mammelle protruse e vitini di vespa, disarmoniche perchécostruiteconcriteriipertroficiedistrofici.Glistessi,aguardarbene,delladieta.

L’autonomia del ricettario dalla medicina e dall’estetica, lungi dal crescere, con l’abrasionedell’appetito, scema.Lascomparsadelgargarozzoedellapanciavienecompensata razionandoglialimenti ed evocando, al di là di essi, una falsa identità, costruita con presupposti scientificisuggestivi. «Il dottorBenjaminGayelordHauser, il grande specialista di bellezza delle più grandiattrici del cinema,ha insegnato aqueste anonadoperare salenella cottura»53. Il nomedelmedicorisuonamagico,comequellodiunastar,eavvalora l’imperativodietetico: il saleproducesete,uneffetto sinonimodella fame, ed è quindi dannoso.Tutti i presupposti di unmessaggio subliminalesonopresenti.Grazieaessoeatuttiglialtrianaloghichesiaccumulanoneiricettari,siconsumalafrattura fra passato e presente, e inizia, secondo il modello del circolo vizioso, l’egemonia della«dietetica».

7.IlcorporimossoeilpiattovirtualeDopo il crollo del fascismo, di un regime alimentare programmato con obiettivi economico-

politici, con la fine della guerra e la progressiva rimozione della fame, della penuria e dellamagredine,unequilibriosecolaresièrottoall’internodiquellestesseclassiborghesicheavevanocelebrato i fasti dell’appetito. Il corpo, il piacere, il gusto e via via tutte le manifestazioni dellaconvivialità non trovano più un discorso in cui fondersi e armonizzarsi. Restano teoricamenteall’originediqualsiasi ricettario;nessun ricettario sene fapiùcarico. Il loropostoèoccupatodaun’opulenzacelebratadallefotografieedallemisuredellalineaideale,dalladivaedalsuomedico.Quellochepiùstupiscenelpassaggiodall’autarchiaalrazionamentodeldopoguerra,aquel1950incuisonoappenaavvertibiliisegnalidellaripresaeconomica,èilritmodelmutamento:dodicianniincui la gestione del corpo passa dalle Sanzioni al tesseramento, dal mercato nero all’arte diarrangiarsi,dal recupero fra lemaceriedeldecoroborghesealladieteticaamericana,alboomdeiconsumi.Unastoriadellafame,dell’appetitoedellasazietàinquelperiodo,ècostrettaafareiconticonun’evoluzioneculturaleche,perlasuastessarapidità,segnalaunarotturaconilpassato.Aquestosiaggiungeilcrollodiunregimeitaliano,supplitocongliortidiperiferia,congliaiutiamericani,conconsumiprividicoerenza.Dopolafamenontornasolol’appetito,maunavogliadidimenticaree di riunire intorno al tavolo persone diverse, da nutrire in modo nuovo. Il dissesto su cui sicostruirannolefutureregoledieteticheèriassuntoinquestitermini.

Lapancia,ildoppiomento,onoreevantodeiprimigastronomi,nonrisultanosoloinattualimaridicoli.Lelabbraunte,lenaricidilatate,lamanochebrandiscel’ossoelacosciadelpolloappaionocome i commenti viscerali dell’Artusi, sconvenienti. Peggio ancora: il corpo nuovo, scattante,rinnega la sua stessa storia, in conflitto con i modelli dietetici e gastronomici che l’avevanoappesantito. Nel Carnacina curato da Luigi Veronelli nel 196154, dopo i regimi dimagranti eingrassanti, compare la dieta dissociata. I principi nutrienti sono suddivisi in tre gruppi: A. icarboidrati(lapasta)B.leproteine(pesce,carne,uova)eC.leverdureeigrassi.«Ladietadissociatacondanna,senzaalcunapossibilità,iltipicopastoall’italiana(pastaasciutta+carne)maconsenteunainfinita gamma di associazioni. In pratica si potranno associare A+C e B+C, mentre dovrannodrasticamenteevitareA+B»55.

Accanto alla dieta dissociata figurano prescrizioni sorprendenti, le une riprese dalla dieteticaamericana, le altre rispolverate dai trattati d’igiene dell’Ottocento: «Sovvertite l’ordine dei cibi,iniziandoilpastoconlafrutta»e«Masticatemoltobene.Assimilaresignificaguadagnarepeso».Vada sé che l’originalità della prescrizione sta proprio nel fatto di contraddirne un’altra: «Evitate didigiunareunavoltaallasettimana!»ordinaIlCarnacinainconflittoconquantopredicaallegiovanispose Il cucchiaio d’argento. È difficile soprattutto conciliare tali premesse con il fatto che LuigiCarnacina, maître della scuola di Escoffier, rappresenta la continuità della gastronomia franco-italiana, e ripropone una tavola fine sperimentata nella ristorazione e ripetibile in famiglia. Ladissociazione concerne infine imodelli, quellomedico e quello gastronomico, con un cuoco cheammiccaaiconsiglideldietologo,senzavedereesattamentecomeintegrarliallapropriaarte.Seilruolo del letterato, nella corte cinquecentesca, consisteva nel dare nobiltà e forza soggettiva allaricerca della salute e al piacere dei sensi, quello esplicato dagli organi editoriali porta ulterioreconfusioneneidestinataridellacomunicazione.Ilmercatodellediete,lapubblicitàdirettaeindirettadei prodotti cosiddetti dimagranti, l’uso generico e improprio dei modelli gastronomicidiminuisconolacapacitàdiamministrarel’appetitoeilcorpo.

Iconsumatorinonsannochepescipigliare:calcolanoalumedinasocalorie,proteine,vitamine,mangianomeleperunasettimanae,laseguente,sivietanoilburro,poisistancanoerimpiangonolostraordinario equilibrio dei bei tempi in cui mangiar molto era anche godere di buona salute. Iricettarinonliaiutano,nélecronachegastronomichenélecampagnedistampa,senonaintegrarenuovimiti, come ladietamediterraneaal cui interno sipalesano, con il ruolodei carboidrati e inparticolare della pasta, nuove contraddizioni ignorate dai precedenti regimi. Di fronteall’impossibilitàdiscegliereperilmeglio,siapplicailprincipioditolleranzasecondoilqualeognicomportamento alimentare ha una sua ragionevole liceità. Nella didattica culinaria questo diventapossibile con un sotterfugio: rendere accettabili sistemi di consumo diversi, sacrificando quelprincipiounificatoredellasalute,delpiacereedelgusto,cheeral’appetito.Nessunricettariovifapiùmenzione.

Inunagiungladiprescrizionimediche,diprodottinociviofunzionali,diclinicheepalestre,dipilloleedibeveronisolocongliocchisipuòcontinuareamangiare.Èl’unicaformadiconsumosenzacontroindicazioni.Nonriusciamoaraccontare l’aspettodeipiattidiPellegrinoArtusisenonripetendoli; tutta l’editoria del dopoguerra punterà sull’opposto, sull’immagine del piatto virtuale,eventualmentedestinatoall’esecuzionedomestica.Èunluogocomuneripeterechelacucinaeleganteelanouvellecuisine,iricettari-strenneeleréclamesstimolano,apartiredaglianniSessantasinoallafinedelsecolo,unconsumo«visivo»delcibo,spessoincompatibileconaltrafruizione.Riteniamotuttaviaprobabilechequestoorientamentononnascadaunasemplicelogicadimarketingodainuovilinguaggidelmessaggiogastronomico,maprendaorigine,comeabbiamomostrato,dallarimozionedel corpo e delle sue voglie, dalla rinuncia all’unico principio, l’appetito, in grado di conciliaremisuraepiacere,dieteticaecucina.

Note

ItitolicompletideivolumicitatiinnotainformaabbreviatasitrovanoelencatineiRiferimentibibliografici.

Introduzione1Romano,PaeseItalia.Ventisecolidiidentità.2Utiliriflessionisull’argomentoinSchiavone,ItalianisenzaItalia.3Cronicaromana,inMontanari,Convivio,p.396.4Montanari,Lafameel’abbondanza,p.85.5Rebora,Lacucinamedievale,p.1518.6Queyrat,Losbuenosquesosargentinos,p.31.7Prezzolini,Maccheroni&C.,p.15.

Capitoloprimo1VedilospoglioeffettuatodaAndré,L’alimentationetlacuisineàRome.2Lopez,Lanascitadell’Europa,p.12.3Schiavone,ItalianisenzaItalia,pp.61-62.4Montanari,Lafameel’abbondanza,pp.12sgg.5Comepensava, invece,Pirenne,Maometto eCarloMagno (l’originaleMahomet et Charlemagne è del 1937). Cfr.Montanari,

Maometto,CarloMagnoelostoricodell’alimentazione.6Montanari,Conviviebanchetti,p.333.7PaoloDiacono,StoriadeiLongobardi,II,5.8LeGoff,L’Italiafuorid’Italia,p.1939.9Cfr.Messedaglia,LeggendolaCronicadifrateSalimbenedaParma,p.406.10Liberdecoquina,I,5,19-20,35;II,62;III,3;V,4,8.11 Ivi, V, 9 (p. 183, per il probabile significato del termine). Cfr. Zambrini, Il libro della cucina del sec. XIV, p. 25: «secondo i

lombardi,visipossonoporrede’garobbi».12Zambrini,Illibrodellacucinadelsec.XIV,p.56.13Frati,LibrodicucinadelsecoloXIV,pp.66-67.14Rebora,Lacucinamedievale,pp.1493-96.15Flandrin,Internationalisme,pp.80-81.16Mulon,Deuxtraitésinédits.17QualcheperplessitàconservaLaurioux,LerègnedeTaillevent,p.210.18SadaeValente,Liberdecoquina,p.21epassim.19PubblicatodaZambrini,Illibrodellacucinadelsec.XIV.20Laurioux,LerègnedeTaillevent,pp.210-12.21PubblicatodaMorpurgo,LVIIRicette.22Peresempio:preparalazuppa,aggiungispezieedàalsignorecolpavone,ocumaltriuccelli(Zambrini,Illibrodellacucinadel

sec.XIV,p.56).23Rebora,Lacucinamedievale,pp.1470-71;Redon,LadiffusioneinItaliadiunatradizioneculinariasenese.24Montanari,Lafameel’abbondanza,pp.82-83.25Laurioux,LerègnedeTaillevent,pp.211-12.26 Frati, Libro di cucina del secolo XIV (ricettario veneziano), Guerrini, Frammento (ricettario bolognese), Rebora, La cucina

medievale,pp.1528-60(ricettarioligure-provenzale),Anonimomeridionale,acuradiI.Boström.27Laurioux,LerègnedeTaillevent,pp.189sgg.28Benporat,Cucinaitaliana,pp.42-43.29Laurioux,LerègnedeTaillevent,pp.213-15.30VediliinFaccioli,L’artedellacucina,einBenporat,Cucinaitaliana.31DellaprimaopinioneèBenporat,Cucinaitaliana,p.72;dellasecondaLaurioux,LerègnedeTaillevent,p.215.32Benporat,Cucinaitaliana,p.34.33 «Quale cuoco– scrivePlatina–puòessereparagonatoalmioMartino,dalqualeho imparato lamaggiorpartedelle coseche

vadoscrivendo?»(Ilpiacereonestoelabuonasalute,p.141).Cfr.infra,capitoloIII,paragrafo8.34Platina,Ilpiacereonestoelabuonasalute,p.154.35Ivi,p.237.36Ivi,p.22.37Ivi,p.247.38Ivi,p.23.39Ivi,p.147.40Ivi,pp.27-28.41Ivi,p.240.42Ivi,p.241.43VedilanotiziadiM.Alberini,BartolomeoScappimaestrodituttiicuochi,in«L’Accademiaitalianadellacucina»,83(1998),p.

9.44Scappi,Opera,c.350.45Ivi,c.112.46Ivi,cc.5v-6r.47Ivi,c.125v.48Ivi,c.121v.49Ivi,c.142r-v.50Ivi,c.132.51Ivi,c.127v.

52Ivi,cc.127v-128r.53Ivi,c.140v.54Ivi,c.129r-v.55Ivi,c.149v.56Ivi,c.136r.57Ivi,c.146r.58Ivi,c.148v.59Oltre aquellegiàviste,molte indicazioni«di origine» riguardano il pesce.Dimare: rombodel golfodiRavenna (decantato fin

dall’antichità); passere diChioggia; triglie delle spiagge romane; granciporri delle spiaggediAncona eSenigallia; vongole romane egenovesi; «cappediSanGiacomo»delle spiagge e dei porti diGenova; «cappe lunghe», ossia cannellini diCivitavecchia eChioggia;arsellediGenova;«ballari»,ossiachiocciolediAncona.Difiume:storionedelPo(«senepiglianomoltinellaStellatapressoFerrara,nelquallocoilPofaduerami»)edelTevere;lascheelamprededelPo,delTevere(«miglioridituttel’altre»),dell’Arno,dell’Oglio;anguillette delTevere.Di valle: cefali omuggini diComacchio, diToscana, degli stagni diOstia eCivitavecchia (del quale ultimo sisegnalaanche loscorfano).Di lago: lattarinidiBolsena;persicidei laghi lombardi (soprattutto ilMaggiore); tinche;anguillediMarta(Bolsena).Névengonodimenticateleranedelterritoriobolognese.

60Traglianimalidiallevamentosonosegnalati ilmanzomilanese(o«bove lombardo»), levitelle trentine(«lequalialcunavoltanon passano ottanta libre l’una») e le romanesche («le quali sono assai più grosse»); tra il pollame, le «pollanche romanesche» e ipiccionidiTerni.Comeselvaggina,gli«uccelletti»(beccafichieortolani)dellaRomagnaodelleMarche,ifrangolinidiSicilia,icignidelPo (!) e le cicogne selvatiche, «delle quali io hovedutemolte tra le valli diComacchio e il Po» (fra le domestiche sono invecedapreferirequelleallevate«inMilanoeinaltrilochidiLombardia»).

61«Mortatelle»ferraresi,«salsiccioni»bolognesi,salsiccialuccheseemodenese,«seccaticcia»e«cervellate»milanesi.62Oltrealparmigiano(dagrattareodaservire«infettuccie»),al«casciodiriviera»,airaviggioliemarzolinitoscani,dicuiabbiamo

detto,siraccomandanoil«romagnolo»(prodotto«informadilimoncelli»)eil«romanesco»;traifreschi,le«mozzarelleromanesche»siaggiungonoaicaciocavallinapoletaniealle«provature»delSud.

63Traleverdurecommercializzatesulunghedistanzesicitanoinparticolareicavolimilanesiobolognesi,icrauti(tedeschi)invenditasuimercatidiTrevisoediVenezia,lezucchesecchediSavonaediGenova;ancoragenovesisonoifunghisalati.

64 Ciliegie romane e pere fiorentine sono i tipi di frutta maggiormente citati, oltre alle olive, di cui si ricordano molte varietà eprovenienze:Genova,Tortona,Bologna,«Toscana»,Tivoli,Monterotondo,Napoli,Sicilia.

65Biscottiromaneschiepisani(servitisempreconmalvasiadolce),biscottellidimarzapaneepignoccatiromaneschi,berlingozziallasenese,«palmette»napoletane,mostacciolidiMilano,diRomaediNapoli(senzadubbio«imigliori»).

66IlrisovuolesserediSalernoodiMilano;lasemola,«delRegno».67Scappi,Opera,c.225.68Ivi,c.304.69Rossetti,Delloscalco,pp.508,509.70Montanari,NuovoConvivio,pp.14-18.71Stefani,L’artedibencucinare,pp.142-43.72IlcuocopiemonteseperfezionatoaParigi,pp.77,210,221.73Lacucinierapiemontese,pp.90,108,67,61.74Eminenza,ilpranzoèservito,pp.125(cappelletti),145(balsamella),183(cotechino).75Librocontenentelamanieradicucinare,pp.52(cappelletti,spongata),58(mestocchine),60(coteghini).76Corrado,Ilcuocogalante,p.87.77Leonardi,L’Apiciomoderno,II,pp.226-34.78Odescalchi,Ilcuocosenzapretese,pp.93(maccheroni),125(viteltonnè).79Ilcuciniereitalianomoderno;Brizzi,Lacucinieramoderna;Ilcuciniereitaliano;SantiPuppo,Ilcucinieremoderno.80Artusi,Autobiografia.81Collodi,Ilviaggioperl’ItaliadiGiannettino,parteterza,p.25.82Agnetti,Lacucinanazionale;Id.,Lanuovacucinadellespecialitàregionali.83Roggiero,Ricchieri,Ghisleri,Testo-Atlante,p.66.84L’Italiagastronomica,p.311.85A.B.C.Cirio(albumdacolorareperbambini).86Notari,Ilgirod’Italia...atavola.87Monelli,Ilghiottoneerrante.88Cavazza,Itinerariogastronomicoedenologicod’Italia.89Piovene,ViaggioinItalia,p.338.90A.eM.Keys,Mangiarbeneestarebene.91Ivi,p.VI(presentazionediGiorgioBini).

Capitolosecondo1Montanari,AlimentazioneeculturanelMedioevo,pp.47sgg.;Id.,Lafameel’abbondanza,pp.19-23.2Zambrini,Illibrodellacucinadelsec.XIV,p.10.3Montanari,L’alimentazionecontadinanell’altoMedioevo,p.467.4Id.,Convivio,pp.494-96.5Messedaglia,Vitaecostume,I,p.224.6Frati,LibrodicucinadelsecoloXIV,p.2.7SadaeValente,Liberdecoquina,p.110(I,6).8Zambrini,Illibrodellacucinadelsec.XIV,p.13.9Ivi,p.90.10Frati,LibrodicucinadelsecoloXIV,p.55(CV).11Zambrini,Illibrodellacucinadelsec.XIV,p.67.12Laurioux,LerègnedeTaillevent,p.261.13Rebora,Lacucinamedievale,pp.1504-506.14Zambrini,Illibrodellacucinadelsec.XIV,p.4.15Platina,Ilpiacereonestoelabuonasalute,pp.87-88.16Felici,Del’insalata,p.24.17Basile,Locuntodelicunti,Giornataprima,Trattenimentosettimo,p.144.18Castelvetro,Brieveracconto,p.37.Cfr.Montanari,Lafameel’abbondanza,pp.140-41.19Castelvetro,Brieveracconto,pp.19-21.Leindicazionisonodi«dimenarebene»leerbeinuncatinopienod’acqua,senzascolarle

(perchélasabbiarisalirebbedalfondo)matraendolefuoriconlemani,eciòalmenotreoquattrovolte.Dopoaverlebensgocciolateeasciugate,«sipongononelpiattooveprimaunpocodisalesia,einporvileerbesidèeandarespargendosopradelsalee,dopo,l’oliocon largamano; e ciò fatto, sivogliono rivolgeremoltobenecon leditabenmonde,overocol coltello e con la forchetta, ch’èpiùgraziosamaniera;equestosifaacciòcheognifogliapiglil’olio,enonfarecomeiTedeschiealtrestranieregenerazonifanno,liquali,appressoavereunpo’pocol’erbelavate,inunmucchiolemettononelpiattoesuvigittanounpocodisaleenonmoltoolio,mamoltoaceto,senzamairivolgerla»,avendodimirasoprattuttocheilpiattosiabelloavedersi:«manoiItaliciabbiampiùriguardodipiacereamonnabocca».Ebisognaguardarsi,cometanti«stranieri»fanno,dalmetterel’acetoprimadell’olio,perché«l’erbedigiàabbeverated’aceto non possono pigliar l’olio»; se poi non simescolano, «lamaggior parte di quelle si rimangono pura erba, buona da dare a’paperi».

20Montanari,NuovoConvivio,p.21.21Messedaglia,Vitaecostume,I,p.236.22BonvesindalaRiva,DemagnalibusMediolani,p.84.23Gibault,Histoiredeslégumes,pp.16-20(cfr.Messedaglia,Vitaecostume,I,p.233).24Mattioli,Idiscorsi,III,14.25Felici,Del’insalata,p.90.26Benporat,Storiadellagastronomia,p.65.27Ivi,p.136(aggiuntadelFusorittoallasecondaedizionedelTrinciantediVincenzoCervio,1593).28Montaigne,Giornalediviaggio,p.198.29Zacchia,Ilvittoquaresimale,cap.V(inMontanari,NuovoConvivio,pp.206-207).30Messedaglia,Perlastoriadellenostrepiantealimentari.Lamelanzana.31Mattioli,Idiscorsi,cap.78.32Felici,Del’insalata,p.89.33Frugoli,Praticaescalcaria,p.245.34Tanara,L’economiadelcittadinoinvilla,1644,p.244.35Artusi,Lascienzaincucina,1891,p.178.36Tanara,L’economiadelcittadinoinvilla,1644,pp.238-39.Cfr.Messedaglia,Vitaecostume,I,pp.256-57.37Cfr.Benporat,Storiadellagastronomia,p.126.38Montanari,L’alimentazionecontadinanell’altoMedioevo,p.159.39Mattioli,CommentariiinlibrossexpedaciiDioscoridis,p.479;deAcosta,HistorianaturaleemoraledelleIndie,p.219.40Felici,Del’insalata,pp.89-90.41Latini,Loscalcoallamoderna,I,p.444;II,pp.55,162.42Benporat,Storiadellagastronomia,p.169.43Cfr.infra,capitoloVII,paragrafo4.44Camporesi,Alimentazionefolcloresocietà,p.76.45Benporat,Storiadellagastronomia,p.170.46Montanari,Lafameel’abbondanza,p.173.47Id.,NuovoConvivio,p.344.48Cfr.infra,paragrafo2diquestocapitolo.

49Benporat,Storiadellagastronomia,p.295.50VedipertuttoquestoMontanari,L’alimentazionecontadinanell’altoMedioevo,pp.109sgg.51Ivi,p.158.52Ivi,p.299.53Messedaglia,Vitaecostume,I,pp.132,157.54Ivi,p.131.55Gallo,Levintigiornatedell’agricoltura,pp.241-42:«Afarnepertrepersone,sipigliatrelibre,finquattrodifarinadimiglio[…]

ponendolaalcaldarinochebollealfuococoncinque,osei libred’acqua;facendovidui tagli incroceconunbastone,acciòcheellamaggiormentepossapassarlafarinafin’incima;lasciandolapoibollire,finchesigonfia,esidistaccadalfondo.Etlevataall’horadalfuoco,simenabenissimoconunbastonetondo,enetto,sinch’ètotalmentebenrotta,eaffinata;edapoi,toltafuordelcaldarino,sitagliainbeipezzisottiliconunfilo,esimangiacosìcaldacolformaggio,oconricottasola».

56Messedaglia,Vitaecostume,I,p.138.57Liberdecoquina,I,33.58Zambrini,Illibrodellacucinadelsec.XIV,p.79.59Redon,Sabban,Serventi,AtavolanelMedioevo,p.258.60Scappi,Opera,cc.71vsgg.61Ivi,c.156.62Messedaglia,Vitaecostume,I,pp.175sgg.63Ivi,II,pp.427-28.SecondoFolengolognoccoèunpulmentum«grossolano,rudeerustico,fattodifarina,formaggioeburro».64Peresempio,Guerrini,Frammentodiunlibrodicucinadelsec.XIV,p.33.65Montanari,Lafameel’abbondanza,p.119.66Ivi,p.123.Cfr.Id.,NuovoConvivio,p.163.67Messisbugo,Libronovo,c.52:«Afarediecipiattidimaccheroni».68Scappi,Opera,c.70v.69Ipromessisposi,cap.VI.70Messedaglia,Ilmaiselavitaruraleitaliana.71CastorDurante,Herbarionuovo,p.217.72Carletti,Ragionamentidelmioviaggiointornoalmondo,pp.58-59.73Montanari,Lafameel’abbondanza,pp.169-70.74Tanara,L’economiadelcittadinoinvilla,inBenporat,Storiadellagastronomia,p.169.75Montanari,NuovoConvivio,pp.341-45.76Scappi,Opera,cc.70v,359.77Benporat,Storiadellagastronomia,p.169.78Montanari,NuovoConvivio,pp.288-90(daLadonnadigarbo).79Anthimus,Deobservationeciborum,70,p.74.80Liberdecoquina,II,16.81VediilricettariodiAnonimotoscanodifineXIVsecolo(Zambrini,Illibrodellacucinadelsec.XIV,p.87):«Risoper li ’nferni.

Mettielrisoacocerenell’acquadovesienostaticottiipieidelcapretto,emettivilatted’amandole,ezuccaro».82MaestroMartino,Librodeartecoquinaria,p.159.83Montanari,NuovoConvivio,p.184.84RedoneLaurioux,Laconstitutiond’unenouvellecatégorieculinaire?;Id.,L’apparitionetladiffusiondespâtessèchesenItalie.85Apicio,IV,14.86Rodinson,Recherchessurdesdocumentsarabesrelatifsàlacuisine.87Montanari,Lafameel’abbondanza,p.176;Sada,Spaghettiecompagni,p.19.88Liberdecoquina,II,62(p.144):«Detriaianuensi».89Forsei«millefanti»ricordatidaPaoloZacchia?Vedioltre.90Montanari,Convivio,p.273.91Liberdecoquina,III,64.92Montanari,Leposate:un’ovvietà?93 Sada eValente,Liber de coquina, pp. 45-46; Rebora,La cucinamedievale, p. 1499. Cfr. Flandrin,Le pâtes dans la cuisine

provençale,p.68.94SadaeValente,Liberdecoquina,pp.44-45,176.95MaestroMartino,Librodeartecoquinaria,p.158.96Ibid.97Sorrentino,Maccaroniromaneschi.98MaestroMartino,Librodeartecoquinaria,p.154.99Messisbugo,Libronovo,c.52.100Scappi,Opera,c.70.101MaestroMartino,Librodeartecoquinaria,p.158.Cfr.Platina,Ilpiacereonestoelabuonasalute,p.163.102SabbaneServenti,AtavolanelRinascimento,p.77.

103Liberdecoquina,II,62.104Scappi,Opera,cc.228,254,291,241v.105Messedaglia,LeggendolaCronicadifrateSalimbenedaParma,p.385.106Sacchetti,IlTrecentonovelle,CXXIV,pp.387-90.107Liberdecoquina,III,9:«sciendumestquodtaminlaxanisquamincrosetisdebetponimagnaquantitascaseigratati».108Ivi,II,62:«superponespeciesetcollora,asaporasicutvis;cumistispotesponerecasseumgratatumvelincisum».109Cfr.infra,paragrafo7diquestocapitolo.110Cfr.supra,paragrafo1diquestocapitolo.111Liberdecoquina,III,3:lardoespeziepercondirela«simulaapula».112Messedaglia,Vitaecostume,I,pp.182-83.113Cirelli,Ilvillanosmascherato,cap.VI(inMontanari,NuovoConvivio,p.251).114Cfr.infra,paragrafo6diquestocapitolo.115Zacchia,Ilvittoquaresimale,cap.V(inMontanari,NuovoConvivio,pp.204-205).116Montanari,Lafameel’abbondanza,p.178(ancheperquantosegue).117 Per tutta questa vicenda vedi Sereni,Note di storia dell’alimentazione nel Mezzogiorno: i Napoletani da «mangiafoglia» a

«mangiamaccheroni».118Montanari,NuovoConvivio,p.358.119Mantovano,L’avventuradelcibo,p.83.120LaCecla,Lapastaelapizza,pp.27-28.121Alberini,Storiadellacucinaitaliana,p.176.122 Cfr.Liber de coquina, II, 26: «pastillum sive coppum»; Zambrini, Il libro della cucina del sec. XIV, p. 66: «coppo, ovvero

pastello».123LepatinaecontemplatenelIVlibrodiApiciosonoperlamaggiorpartepreparazioniinpadella(dacuiilnome),sformatiofrittate

senzaalcunsupportodipasta;induecasiquestacompare(IV,14:patinaapiciana;IV,15:patinacotidiana)lasciandociintenderechel’uso non era sconosciuto. Si tratta però di eccezioni e non di vivande «caratterizzanti», per cui non sembra possibile accettare l’ideaavanzatadaAlberini(Storiadellacucinaitaliana,p.74)cheilpasticcio«rinascimentale»(inrealtàmedievale)rappresentiunasortadi«riscopertadell’antico».

124Vediiltesto(nellatraduzionediGiacomoLeopardi)inMontanari,Convivio,pp.65-69.125Laurioux,LerègnedeTaillevent,p.38.126Montanari,Convivio,pp.273-74.127Martellotti,TheParmesanPie.SullacucinamesopotamicavediBottéro,MesopotamianCulinaryTexts.128Liberdecoquina,V,3.129Rebora,Lacucinamedievale,pp.1513sgg.130Vedisupra,Introduzione.131Messedaglia,LeggendolaCronicadifrateSalimbenedaParma,p.387.132Platina,Ilpiacereonestoelabuonasalute,p.181.133Montanari,AlimentazioneeculturanelMedioevo,p.86.134Liberdecoquina,II,22(Decoppoavium).135Ivi,V,4(Detortaaliterfacta).136Montanari,NuovoConvivio,p.144.137Scappi,Opera,c.349r-v.138Ivi,c.335r-v.139Ivi,c.359v.140 Già formalizzata agli inizi del Quattrocento, se, come pare, a essa si riferisce Lorenzo Sassoli, medico di Francesco Datini,

sconsigliandoal suopaziente il consumodi«ogni tortadiqualunquecarne»e consigliando, invece,«la crostata fattadibuonecarni»(letteradel1404,inMontanari,Convivio,p.459).

141Scappi,Opera,c.386v.142Ivi,c.384v.143Ivi,c.350r.144Ivi,cc.355v,365r.145Ivi,c.360r.146Ivi,c.360v.147Alparmigianograttato(checompareinentrambe)lamilaneseaggiungericottadipecoraodimucca,labolognese«struccoli[...]

cioècasciofrescofattodiquelgiorno»;ilpizzicodigarofanoedinocemoscatachelamilaneseaffiancaalpepeeallacannella,nellabolognesescompare.

148Scappi,Opera,c.361.149Ivi,c.365.150Ivi,c.389v.151Redon,Sabban,Serventi,AtavolanelMedioevo,p.79.152Liberdecoquina,V,4.

153Zambrini,Illibrodellacucinadelsec.XIV,p.78.154AquestoforsepensailtoscanoLibrodellacucina,quandodefiniscei«crispellidicarne»tortellieravioli(Zambrini,Illibrodella

cucinadelsec.XIV,p.38).155Liberdecoquina,II,50.156Ivi,II,56.157Zambrini,Illibrodellacucinadelsec.XIV,p.60.158Redon,Sabban,Serventi,AtavolanelMedioevo,p.78.159Messedaglia,LeggendolaCronicadifrateSalimbenedaParma,p.385.160Scappi,Opera,c.354v.161DelTurco,Epularioesegretivari,p.27.162Scappi,Opera,c.210r:«CapponigiovaniripieniallaLombardaalessaticopertidiraviolisenzaspoglia».163Artusi,Lascienzaincucina,1899,p.94.164Alberini,Storiadellacucinaitaliana,p.80.165Lando,Commentario,p.126.166Messedaglia,Vitaecostume,I,p.110.167SabbaneServenti,AtavolanelRinascimento,p.24.168Montaigne,Giornalediviaggio,p.241.169Montanari,Lafameel’abbondanza,pp.19-20;Id.,L’alimentazionecontadinanell’altoMedioevo,p.232.170Galloni,Ilcervoeillupo.171Montanari,Convivio,pp.235-36(dallaCronacadellaNovalesa).172Romagnoli,«Guardanosiivilan».173Montanari,AlimentazioneeculturanelMedioevo,pp.63sgg.174Id.,Lafameel’abbondanza,pp.96-97.175Mazzei,LettereaFrancescoDatini,pp.370sgg.(ancheinMontanari,Convivio,pp.458-60).176Decembrio,VitadiFilippoMariaVisconti,LII,pp.100-101.177Grieco,Classessociales,nourritureetimaginairealimentaireenItalie.178Montaigne,Giornalediviaggio,p.243.179Platina,Ilpiacereonestoelabuonasalute,p.104.180Ivi,p.97.181Messisbugo,Libronovo,c.4.182 L’equivalenza pavone-tacchino, oltre che simbolica e funzionale, è anche terminologica. Vedi Scappi,Opera, c. 61r-v: «Per

arrostireilGallo,elaGallinad’India[=tacchinoetacchinella],liqualiinalcunilochid’Italiasidimandanopavonid’India».Ilconfrontoèricorrente:«Ilgallo,elagallinad’Indiasonmoltopiùgrossidicorpochenonèilpavonenostrale[...]Ildettogallo,egallinahannolamedesimastagionecheilpavonenostrale».

183Ivi,c.17.184Ivi,cc.17-34.185Stefani,L’artedibencucinare,pp.11-24.186Messedaglia,Vitaecostume,I,p.172.187Cirelli,Ilvillanosmascherato,cap.VI(inMontanari,NuovoConvivio,p.250).188Tanara,L’economiadelcittadinoinvilla,1665,pp.186-87.189Scappi,Opera,c.11v.190Ivi,c.12.191Ivi,c.35:«Seilcastratosaràvecchio,facciasiprimaperlessarlapuntadelpetto».192Ivi,c.34v.Cfr.c.53v:«volendoarrostireilvecchio[cappone],ènecessario,chesiaalquantofrollo».193Pesce,Macellimoderni,p.264.194Ulivi,L’industriafrigorifera,p.165.195Vacandard,Carême(Jeûnedu),c.1742.196Cfr.Montanari,Lafameel’abbondanza,pp.98sgg.197Sulruolodell’alternanzagrasso-magrocomeveicolodiuna«omogeneizzazione»gastronomicasuscalaeuropeavediFlandrin,Il

gustoelanecessità,p.53.198André,L’alimentationetlacuisineàRome,p.219.199Montanari,Lafameel’abbondanza,p.100.200Scappi,Opera,c.102v.201Ivi,cc.1v-2.202Cfr.infra,capitoloIII,paragrafo10.203SadaeValente,Liberdecoquina,pp.22,29.204Vediilcasodellascholapiscatorumravennate:Montanari,L’alimentazionecontadinanell’altoMedioevo,p.289.205Scappi,Opera,cc.102vsgg.206Ivi,cc.313vsgg.207Montanari,Lafameel’abbondanza,p.101.

208BonvesindalaRiva,DemagnalibusMediolani,III,30,p.68.209MaestroMartino,Librodeartecoquinaria,pp.196-210.210Platina,Ilpiacereonestoelabuonasalute,p.215.211Cfr.supra,capitoloI,paragrafo5.212Platina,Ilpiacereonestoelabuonasalute,p.215.213Scappi,Opera,c.117.214Ivi,c.130v.215Ivi,c.120.216Latini,Loscalcoallamoderna,II,pp.1-3.217Platina,Ilpiacereonestoelabuonasalute,p.50.218Camporesi,Ilformaggiomaledetto,pp.52sgg.219Naso,FormaggidelMedioevo,p.72.220Nigro,Gliuominidell’Irco,pp.167sgg.221Moulin,LavitaquotidianadeimonacinelMedioevo,p.70.222Zambrini,Illibrodellacucinadelsec.XIV,pp.66-67.223Naso,FormaggidelMedioevo,p.77.224Bentivoglio,Lesatireetaltrerimepiacevoli,c.16r.225Messisbugo,Libronovo,c.5.226Cfr.supra,capitoloI,paragrafo5.227Platina,Ilpiacereonestoelabuonasalute,p.51.228Cfr.supra,paragrafo3diquestocapitolo.229PantaleonedaConfienza,Summalacticiniorum,II,1-3(inNaso,FormaggidelMedioevo,pp.114-16).230Romoli,Lasingolardottrina,VII,47(vediloinFaccioli,L’artedellacucina,p.397).231Zambrini,Illibrodellacucinadelsec.XIV,p.73.232Scappi,Opera,c.47.233«Deitomacelli,ovveromortadelle.Togliilfegatodelporco,elessalo:poilocava,etritalosullataolacolcoltellofortementee

spesso;overotuilgrattacollagrattusiaalmododelcasciosecco.Poiabbimaggioranaealtreerbeodorifere,benepestecolpepe,edettofegato,enelmortaiodistemperaconl’ovatanto,chesiaspesso.Poiabbiretediporco,e,amododimonticelli tondi, licopri,espartitamentelifrigginellapadellacollardo;ecotti,cavalieponiinunapentolanova.Epresespezieconzafferanoepepe,distemperatoconbonovino,gettalosopraessinellapentola,efàllibullirecompetentemente,emangia»(ricettariotoscanodelXIVsecolo:Zambrini,Illibrodellacucinadelsec.XIV,pp.73-74).UnaricettaanalogainScappi,Opera,c.48.

234Ivi,c.50r-v.235Stefani,L’artedibencucinare,pp.142-44.236Cfr.supra,capitoloI.237Frizzi,Lasalameide,pp.62-70.238Apicio,I,9.239Montanari,Iluoghidellaculturaalimentare,p.368.240Zambrini,Illibrodellacucinadelsec.XIV,p.75.241MaestroMartino,Librodeartecoquinaria,p.210.242Scappi,Opera,c.129v(cfr.supra,capitoloI,paragrafo5).243Montaigne,Giornalediviaggio,p.198.244Tozzi,Penninol’oste,p.91.245Marchi,Ilmaiale,pp.481-91;MarchiePucci,Ilmaiale,pp.408-19.246Carpegna,Altrerilevazionidisalumitipici,pp.340sgg.247«EnlaArgentinaesmuydificildiferenciarelGorgonzoladelRoquefort,yaquelosdossehacenconlechedevaca»(Queyrat,

Losbuenosquesosargentinos,p.50).

Capitoloterzo1Harris,Buonodamangiare.2Flandrin,Ilgustoelanecessità.3Montanari,Lafameel’abbondanza,pp.104-15.4Ivi,p.148.5Cfr.infra,capitoloIV,paragrafo2.6Felici,Del’insalata,p.27.7Montanari,L’alimentazionecontadinanell’altoMedioevo,p.159.8SabbaneServenti,LagastronomieauGrandSiècle,p.67.9Apicio,III,16.10Apicio,IV,2,25:«Sifatuumfuerit,liquamenadicies,sisalsum,mellismodicum».11SalzaPrinaRicotti,L’artedelconvitonellaRomaantica,pp.221-22.12Sull’usodellespezienellacucinaromanavediAndré,L’alimentationetlacuisineàRome,pp.205sgg.13PertuttoquestovediLaurioux,Del’usagedesépicesdansl’alimentationmédiévale.14L’operaèdedicataaTeodoricoredeifranchi,manonperquestosipuòritenere,comevorrebbeGrant(IntroductionaAnthimus,

De observatione ciborum, p. 28), il «primo libro di cucina francese»! Per quanto riguarda la lingua, Rose ha ipotizzato un dialettoostrogoto dell’Italia del Nord (ivi, p. 16). In ogni caso, Italia e Francia sono nozioni del tutto anacronistiche per l’età in questione.L’ambitoculturale,cheappuntooravaformandosi,èquellodell’Europamedievale,luogodiincrociofralatradizioneromanaequellagermanica.Cfr.supra,capitoloI,paragrafo2.

15Dicuisiusalospicoofoglia:«spicamnardivelfolium»(Anthimus,Deobservationeciborum,13,p.54).SulsuoimpiegoinetàromanavediDosieSchnell,Atavolaconiromaniantichi,p.203.

16CosìGrantinterpretailrosSyriacumdeltesto(67,pp.72-73).17Anthimus,Deobservationeciborum,3,p.50.18Ivi,34,p.62.19Ivi,15,p.56.20Montanari,AlimentazioneeculturanelMedioevo,pp.152-55.21Rodinson,Recherchessurdesdocumentsarabesrelatifsàlacuisine.22Rosenberger,Lacucinaarabaeilsuoapportoallacucinaeuropea.23Montanari,Convivio,p.269.24Anonimogenovese,DecondicionecivitateIanuae,pp.244-45.25Scully,L’artedellacucinanelMedioevo,p.26.26PerquantoseguevediMontanari,Lafameel’abbondanza,pp.76sgg.27Cfr.supra,capitoloII,paragrafo5.28 Così interpretano Redon, Sabban, Serventi, A tavola nel Medioevo, p. 286. In Apicio, folium sembra indicare la foglia del

malobatro,unalauraceaorientale(André,L’alimentationetlacuisineàRome,p.208).Inalternativapotrebbetrattarsidellafogliadinardo,dicuiabbiamodetto(cfr.supra,nota15).

29Frati,LibrodicucinadelsecoloXIV,nn.LXXIII,LXXIV,LXXV.30Liberdecoquina,II,4.31BonvesindelaRiva,DemagnalibusMediolani,IV.32SadaeValente,Liberdecoquina,pp.74-75.33Montanari,inMaestroMartinodaComoelaculturagastronomicadelRinascimento,pp.39-43.34Messisbugo,Libronovo,c.39.Cfr.SabbaneServenti,AtavolanelRinascimento,pp.22-23.35Peresempio,Scappi,Opera,c.110:«un’onciadispetieriaVenetiana».36Ivi,c.8.37Peresempio,Scappiscriveche«taltorte[dicavolitorzuti]voglionopiùspetieriechel’altre,emancozuccaro»(ivi,c.362v).38SadaeValente,Liberdecoquina,p.79.39Liberdecoquina,II,11-13.40Noncosìilprovincialico,profumatoconerbe,spezieefruttasecca(pistacchi)eaddolcitocolmiele,masenzabasiacide;noncosì

ilmartino,insaporitoconerbeespezie,comeibroditheotonicoeyspanico,mentreilgallicanopresentasoloaglioespezie.Perquelchepuòvalereun’attribuzionecome«saraceno»,essasuggeriscecomunqueunadifferenzanelsegnodell’agrodolce.Vediivi,II,3-8.

41Ivi,IV,14.42Ivi,IV,2.Lostessonellibrotoscano:«se’lvolessidolceponviovinocotto,ozuccarocompetentemente»(ricettadel«brododel

pesce»:Zambrini,Illibrodellacucinadelsec.XIV,p.29).43Apicio,I,9.44Redon,Sabban,Serventi,AtavolanelMedioevo,pp.38-39.45Liberdecoquina,II,32-33.Cfr.Zambrini,Illibrodellacucinadelsec.XIV,p.80.46Ivi,pp.30-31.47Ivi,p.79:«Pestailbasiliconelmortaio,eponvidelpepe,edistemperaconl’agresta.Questosavoreèbuonoconogniarrosto[…]

e,mancandoquesto,abbimelarancie,citrangole,olimoni»(cfr.Liberdecoquina,II,61).Ciòvaleperilcapretto,l’agnello,ilvitello(ivi,II,37)esoprattuttoperlaselvagginagrossa–cinghiale,cervo,capriolo,orso–cherichiedesalsepiùomeno«fortidispezie»madigustoinequivocabilmenteagro(ivi,II,41).

48Zambrini,Illibrodellacucinadelsec.XIV,p.42.Vedianchenellaricettadellasuppa (fettedipanefritto inpadella):«disopragettavizuccaro,osucchiacetosi,emangia»(ivi,p.55).

49Redon,Sabban,Serventi,AtavolanelMedioevo,pp.39-40.50Zambrini,Illibrodellacucinadelsec.XIV,p.81.51Messedaglia,Vitaecostume,I,p.298(pattocolonicoveronesedel1458,nelqualeicontadinisiimpegnanoa«fareogniannodoe

sechied’agresto»).52Sermini,LeNovelle,2,p.600.53Ivi,2,p.521.54Liber de coquina, I, 33: aggiungimiele (e olio soffritto con cipolle) alle fave frante; ivi, II, 3:miele e spezie nel brodo alla

provenzale;ivi,II,43:spezie,miele,lattedimandorleerisonellamammonia.55Ivi,II,56:raviolifrittidaintingerenelmiele;ivi,III,5:«additomelle»,mangialefrittelledolci.56Ivi,II,12:zuccheronellagratonea;ivi,II,14:festigiacottainacquaezucchero;ivi,II,16:«albazuccara»nellapreparazionedel

biancomangiare;ivi,II,48:zuccheroespeziecosparsisugliintestinidiporco;ivi,II,59:zuccheroespeziespolverizzatisulmortarolodicarne;ivi,IV,10:nelbrododialiciosardelle.

57Ivi,III,1e7:zuccheroaggiuntosufrittelledolci(gratoneialactis,crispellas).58Ivi,I,33.59Ivi,III,5.Cfr.Zambrini,Illibrodellacucinadelsec.XIV,p.36:«mettivisuzuccaroomele,emangia».60Flandrin,Internationalisme,tabellaap.86.Lozuccherosimetteneltritodiverdureetinca(Zambrini,Illibrodellacucinadelsec.

XIV,p.4),nelleperebollite(ivi,p.10),sullefaveinfrante(ivi,p.22,colmiele),nellamostarda(ivi,p.26),nel«brododelpesce»(ivi,p. 29), nelpapero arrosto (ivi, p. 31), nella«gratonia» (ivi, pp.35,45), nelle frittelleubaldine (ivi, p. 36, in alternativa almiele), nei«crispellidicarne»(ivi,p.39),nelbiancomangiare(ivi,p.47),nellafestiggia(ivi,p.49)ecc.

61Frati,LibrodicucinadelsecoloXIV,p.11,acetoemielenel«civirodelepore»;ivi,p.13,«unpochodemiele»nel«cisame»dipesce;ivi,p.70,cotturanelmieledella«ranciata»;ivi,p.68,confetturedifruttasecca,cotteinmiele;ivi,p.72,cotognata.

62Flandrin,Internationalisme,p.86.63Frati,LibrodicucinadelsecoloXIV,pp.68-69.64Ivi,p.5(Brododepolastri).65Ivi,p.37.66Laurioux,LerègnedeTaillevent,p.243.Sulcarattere«conservativo»dellacucina tedescavediMartellottieDurante,Libro di

buonevivande,p.56.67Frati,LibrodicucinadelsecoloXIV,pp.69-70.68Ivi,p.73.69Ivi,p.74.70Platina,Ilpiacereonestoelabuonasalute,p.141.71Scully,L’artedellacucinanelMedioevo,p.61.72Felici,Del’insalata,pp.135-36.73Messisbugo,Libronovo,c.87v.74Ivi,c.39v.75Flandrin,Vinsd’Italie,bouchesfrançaises.76Montaigne,Giornalediviaggio,pp.135,261.77Montanari,Convivio,p.332.78«Suntnutritivaplusdulciacandidavina»(RegimenSanitatisSalerni,XI,inFirpo,Medicinamedievale,p.82).79Montanari,Convivio,p.269.80Laurioux,Cuisineràl’antique;Id.,LerègnedeTaillevent,p.247.81Id.,Cuisineràl’antique,p.35.82Milham,TowardaStemma.83Laurioux,Cuisineràl’antique,p.30.84Ivi,pp.36-37.85Platina,Ilpiacereonestoelabuonasalute,p.96.86Cfr.supra,capitoloI,paragrafo2.87Platina,Ilpiacereonestoelabuonasalute,p.141.88SabbaneServenti,AtavolanelRinascimento,pp.28-29.89Antimo,12(apropositodellacarnebovina).90Antimo,43(apropositodelluccio).91Platina,Ilpiacereonestoelabuonasalute,p.180.92Bergier,Unastoriadelsale,p.124(conriferimentoaimedicidellaScuoladiSalerno).Cfr.Montanari,Alimentazioneeculturanel

Medioevo,pp.183sgg.93Librodibuonevivande,p.83.

94Scappi,Opera,c.393v.95Zacchia,Ilvittoquaresimale,cap.V.96André,L’alimentationetlacuisineàRome,p.183.97Montanari,Lafameel’abbondanza,pp.12-13.98Catone,Deagricultura,79,80,121.Cfr.André,L’alimentationetlacuisineàRome,pp.184-85.99Polibio,Storie,II,15;Strabone,Geografia,V,12,218.100Mazzarino,Aspettisocialidelquartosecolo,pp.217sgg.(cfr.ancheCorbier,LestatutambigudelaviandeàRome,p.121).101Cfr.supra,capitoloII,paragrafo5.102Anthimus,Deobservationeciborum,39-47.Cfr.Montanari,AlimentazioneeculturanelMedioevo,pp.206-208.103Ivi,pp.79-80.104Cfr.supra,capitoloII,paragrafo6.105Montanari,L’alimentazionecontadina,p.158.Cfr.supra,capitoloII,paragrafo2.106Vedi ilcasoveronese inOlioedolividelGardaveronese, pp.30,38: ivenditorid’olio siorganizzanoall’internodell’artedei

lardaroli,aiqualiintalmodovieneaspettarel’interosettoremerceologicodeigrassialimentari.107Liberdecoquina,I,24;I,10;IV,6.108Flandrin,Internationalisme,tabellaap.85.109Pliniologiudicava«inersetgravisapore»(Naturalishistoria,XXIII,88).110Flandrin,Ilgustoelanecessità,p.59(elanota108ap.79).111Ivi,p.57.112Ivi,p.52.113EditoacuradiLaurioux,Le«Registredecuisine»deGiovanniBockenheym.114Ivi,n.61,p.740;n.63,pp.740-41.115Ivi,n.42,pp.736-37;n.41,p.736;n.38,p.736.116Platina,Ilpiacereonestoelabuonasalute,p.52.117Savonarola,Libretodetuttelecossechesemagnano,p.148.118Cfr.infra,paragrafo13diquestocapitolo.119Tanara,L’economiadelcittadinoinvilla,1665,p.174.120OlioedolividelGardaveronese,p.43.121Artusi,Lascienzaincucina,1891,p.100.122SabbaneServenti,AtavolanelRinascimento,p.34.123Liberdecoquina,I,9;I,29;II,6.124Flandrin,Internationalisme,pp.89-90.125SabbaneServenti,AtavolanelRinascimento,p.32.126Laurioux,Le«Registredecuisine»deGiovanniBockenheym.127Mantovano,L’avventuradelcibo,pp.73-74.128Montanari,Convivio,p.500(novelladiSabadinodegliArienti,sec.XV).129Id.,NuovoConvivio,pp.135-36.130Montaigne,Giornalediviaggio,p.69.131SabbaneServenti,AtavolanelRinascimento,p.32.132Flandrin,Sceltealimentariearteculinaria,pp.512-14.133SabbaneServenti,LagastronomieauGrandSiècle,pp.13,23.134MaestroMartino,Librodeartecoquinaria,p.152.135Scappi,Opera,c.73ec.204.136Montaigne,Saggi,I,pp.330-31.137Mennell,AllMannersofFood,p.71.138Deremediisutriusquefortunae,I,43.Cfr.Laurioux,LerègnedeTaillevent,p.231.139LesdonsdeComus,p.XVII.Cfr.Benporat,Storiadellagastronomia,p.145.140Encyclopédieoudictionnaireraisonnéedessciences,desartsetdesmétiers,IV,s.v.Cuisine.Cfr.Montanari,NuovoConvivio,

pp.308-309.141Lacucinierapiemontese,p.3.142Montanari,NuovoConvivio,p.335.143Leonardi,L’Apiciomoderno,I,p.xxii.144SabbaneServenti,LagastronomieauGrandSiècle,p.23.145Ivi,p.27.146Latini,Loscalcoallamoderna,II,pp.169-72.147Camporesi,Ilbrodoindiano,p.74.148Montanari,NuovoConvivio,pp.321-22.149Ivi,pp.29-30.150Flandrin,Itempimoderni,pp.437-38.151Cfr.infra,capitoloIV,paragrafo2.

152SabbaneServenti,LagastronomieauGrandSiècle,pp.64-65.153Ivi,pp.35,53.154Latini,Loscalcoallamoderna,II,pp.153-54.155Ivi,pp.54-55.156Stefani,L’artedibencucinare,p.53:«Pigliaraiunpignattinobenvitriato,un’onciadistecchidicanella,mezadigarofani,oncietrè

dizuccaro,unbicchiere,emezod’aceto».Sonogliingredientidella«salsareale»,bollitaafuocolentofinoaconsumarlaametà,che«potraiservirecontuttelesortid’arosto».

157Ivi,p.54.158Sabban,Serventi,LagastronomieauGrandSiècle,p.55.159Stefani,L’artedibencucinare,p.63.160Ibid.161DelTurco,Epularioesegretivari,pp.5-6.162Ivi,p.37.163Montanari,NuovoConvivio,pp.284-85.Sulla«riformailluministadellatavola»,vediCamporesi,Ilbrodoindiano,pp.49sgg.164Artusi,Lascienzaincucina,1891,p.290.165Ivi,p.357.166Tozzi,Penninol’oste,p.53.167Ivi,p.76.Dolcefortesiraccomandaancheperlacaccia(lepreocinghiale):«inunbicchieremettetemezz’ettodiuvetta,cioccolato

amaro,pignoli,fruttacanditaapezzetti,tuttiinragionedi30grammi,zuccheromezz’etto,acetoquantobasta»(ivi,p.120).168Cfr.infra,capitoloVIII,paragrafo5.169G.Flaubert,BouvardetPécuchet,Garnier,Paris1954,p.5(nostratraduzione).170Artusi,Autobiografia,p.63.171Id.,Lascienzaincucina,1891,p.66.172Zingali,Ilrifornimentodeiviveridell’esercitoitaliano,pp.537-38.173BaroffioeQuagliotti,Alimentazionedelsoldato,II,p.1110.174Fornari,Ilcucinieremilitare,p.27.

Capitoloquarto1Anthimus,Deobservationeciborum,6,p.52.2Flandrin,Condimenti,cucinaedieteticatraXIVeXVIsecolo,pp.389-90.3Platina,Ilpiacereonestoelabuonasalute,pp.59-60.4Ivi,p.26.5Flandrin,Condimenti,cucinaedieteticatraXIVeXVIsecolo,p.387.6Scully,The«OpusculumdeSaporibus»ofMagninusMediolanensis.7Liberdecoquina,II,63,p.144.8Platina,Ilpiacereonestoelabuonasalute,p.148.9Ivi,p.149.10Nigro,Gliuominidell’Irco,pp.167sgg.11Decembrio,VitadiFilippoMariaVisconti,LII,pp.100-101.12Montanari,Convivio,pp.492-93.13Ambrosioni,Contributo alla storia della festa di SanSatiro aMilano, pp. 83-84. Il testo a p. 95: «In primis pullos frigidos et

gambasdevino et carnemporcinam frigidam; in secundopullos plenos et carnemvaccinamcumpiperata et turtellamde lavezolo; intercio locopullos rostidos et lumbolos cumpanicio atqueporcellos plenos. Porcellos vero plenos quandoque in prima appositione etcarnemporcinamfrigidaminterciaapositionehabebant,eteconverso».

14Montanari,Convivio,p.319.15Redon,Sabban,Serventi,AtavolanelMedioevo,pp.17-19.16Montanari,Convivio,pp.369-70.17Sercambi,Novelle,CXXIII,pp.545-48.18Il«Sollazzo»eil«Saporetto»conaltrerimediSimonePrudenzanid’Orvieto,p.116.19Ivi,p.123.20Platina,Ilpiacereonestoelabuonasalute,p.24.21Ivi,pp.31,32,38-39,25.22Ivi,pp.26,45.23Ivi,pp.28,41-42.24Felici,Del’insalata,p.27.25Cfr.supra,capitoloII,paragrafo1.26Zacchia,Ilvittoquaresimale,cap.V.27Platina,Ilpiacereonestoelabuonasalute,pp.95-96.28Messedaglia,Vitaecostume,I,pp.341-42.29Scappi,Opera,cc.320-21.30Montanari,NuovoConvivio,p.268.31Platina,Ilpiacereonestoelabuonasalute,pp.246-47.32Scappi,Opera,c.320v.33Ivi,c.322.34Benporat,Storiadellagastronomia,pp.120-21.35Alberini,Storiadellacucinaitaliana,p.121.36Benporat,Storiadellagastronomia,pp.125,148.37Montanari,Convivio,p.202.38Montaigne,Giornalediviaggio,p.302.39Pontormo,Diario,pp.36e53.40HenricodaS.BartolomeodelGaudio,Scalcospirituale,p.395.41CompendiobrevedellavitasobriadelMag.M.AlviseCornaro,inCornaro,Scrittisullavitasobria,p.113.42Berni,Ilsecondolibrodelleopereburlesche.Capitoloinlodedell’hosteria,pp.37,41.43Pontormo,Diario,p.82.44Massonio,Archidipno,p.8.45Rossetti,Delloscalco,p.180.46Ivi,p.28.47«Mangiaprimaitenericibi,seguanopoiiduri»(Regimensanitatis.FlosmedicinaescholaeSalerni,p.79).48Rossetti,Delloscalco,pp.104e109.49Latini,Loscalcoallamoderna,I,p.31.50Ibid.51Evitascandalo,Librodelloscalco,pp.16-17.52Rossetti,Delloscalco,pp.199-204.53Scappi,Opera,c.313v.54Marchese,L’invenzionedellaforchetta.

55Cervio,Iltrinciante,p.113.56DeNolhaceSolerti,IlviaggioinItaliadiEnricoIIIredeFrancia,pp.316-17.57Rossetti,Delloscalco,p.29.58Liberati,Ilperfettomaestrodicasa,p.72.59Cervio,Iltrinciante,p.49.60Liberati,Ilperfettomaestrodicasa,p.79.61Romoli,Lasingolardottrina,p.7.62Bacci,Denaturalivinorumhistoria,V,pp.31e24.63Ivinid’ItaliagiudicatidaPapaPaoloIII,pp.38-41e36.64Grieco,Isaporidelvino,p.182.65Tasso,Ilpadredifamiglia,p.34.66Scappi,Opera,c.8v.67Ivi,cc.229e175v.68Tarugi,Prerogativedell’acquaticcio,pp.47-55.69Ivinid’ItaliagiudicatidaPapaPaoloIII,p.36.70Vialardi,Trattatodicucina,pp.5-6.71Agnetti,Lacucinanazionale,p.201.72Rajberti,L’artediconvitare,p.569.73Corrado,Ilcuocogalante,pp.206-207.74Cougnet,L’artecucinariainItalia,II,p.803.75Ivi,p.806.76Cavalcanti,Cucinateorico-pratica,pp.180e464.77Rajberti,L’artediconvitare,p.486.78Vialardi,Trattatodicucina,pp.9-14.79Rajberti,L’artediconvitare,p.517.80LaCucinaeleganteovveroilQuattrovaillustrato,p.23.81Boni,IlTalismanodellafelicità,p.836.82Ilcucchiaiod’argento,p.51.83LaCucinaeleganteovveroilQuattrovaillustrato,p.88.84Cfr.supra,capitoloII,paragrafo7.85Landi,FormaggiatadisereStentato;Bentivoglio,Delformaggio.VediancheRossi,Elogiodelformaggiodigranapiacentino.86Cougnet,L’artecucinariainItalia,I,p.294.87Ilcucchiaiod’argento,p.40.88EstrattodelleoperedelcontediRumphortsullamanieradicomporreminestresostanzioseedeconomiche.89Roggero,Piattounicoall’italiana,p.7.90Mangiaremeglioperviveremeglio,p.26.91Moretum,Appendixvirgiliana.Laprimatraduzione italianaperoperadiAlbertoLollio(IlMoretumdiVirgilio tradotto inversi

volgarisciolti)èdel1547.UnasecondatraduzionediVincenzoRaiescenel1571.UnatraduzionediGiacomoLeopardièinMontanari,Convivio,pp.65-69.

92McNair,Pizza.

Capitoloquinto1Montanari,Convivio,p.451.2 La fonte bibliografica principale, utilizzata in questo e in altri passi del presente studio, è la Bibliografia latino-italiana di

gastronomiadiMariaPaleari-Henssler(nuovaedizione,1998).3All’angelocustode,Bologna1693.4NarrazionedellesolennirealifestefattecelebrareinNapolidaSuaMaestàilRedelledueSicilieCarloInfantediSpagnaDuca

diParma,Piacenza...perlanascitadelsuoprimogenitoFilippoRealPrincipedelledueSicilie,Napoli1749.5Lacuocacremonese.6Latini,Autobiografia,p.16.7Nebbia,Ilcuocomaceratese,1786.8LaVarenne,Ilcuocofrancese.9IlcuocopiemonteseperfezionatoaParigi,1766.10Nebbia,Ilcuocomaceratese,1781.11DelsignorN.N.alludendoalcognomedell’autore,inVasselli,L’Apiciooveroilmaestrode’conviti,s.p.12Leonardi,Ilcuciniereperfettoitaliano;Ilcuocoitalianoeconomico;Ilcuciniereitalianomoderno.13IlpiùcelebreèIlredeicuochidiGiovanniNelli,ilcuititoloèstatoimitatodaIlredeicuochi,ossial’artedimangiarealgusto

degliItaliani.L’editoreBiettidiTorinoproponenel1895IlredeiredeicuochifirmatodaJean-MarieParmentier.AVitalianoBossisideveL’Imperatoredeicuochi,ristampatonel1895comeIlprincipedeicuochi.

14Artusi,Lascienzaincucina,1899,p.17.15Boni,IlTalismanodellafelicità.16Ilcucchiaiod’argento.17Crisci,Lucernadecorteggiani,s.p.(358).18Scappi,Opera,c.286.19Messisbugo,Libronovo,c.28.20Chiappini,LacorteestenseallametàdelCinquecento,p.50.21Stefani,L’artedibencucinare,p.135.22Corrado,Ilcuocogalante,pp.7-10.23Cavalcanti,Cucinateorico-pratica,pp.5-6.24Nelli,Ilredeicuochi,1889,pp.5-6.25Artusi,Lascienzaincucina,1891,p.V.26Escoffier,Ricordiinediti,p.103.27Borgarello,Ilgastronomomoderno,pp.52,98,199.28Wymann,Desmaîtresdel’Artculinairedumondeentiervousparlent,pp.323(crêpes),335(carbonara),344(pettidipollo).29Artusi,Lascienzaincucina,1891,p.262.30Scappi,Opera,c.42.31Frati,LibrodicucinadelsecoloXIV.32Massialot,Ilcuocorealeecittadino.33Lacucinacaserecciaconta,soloaNapoli,diciannoveedizionifrail1807eil1874.34Puoti,Vocabolariodomesticonapoletanoetoscano.35Carena,Prontuariodi vocaboliattinentiallecosedomestiche;Fornari, Il nuovoCarena;SergenteGorini, Nuovo vocabolario

italianodomestico.36DuboiseBernard,Lacucinaclassica.37Giardini,Dizionariodellacucinamoderna.38Greimas,Lasoupeaupistououlaprogrammationd’unobjetdevaleur.39Anonimomeridionale,Duelibridicucina,p.14.40GosettidellaSalda,Lericetteregionaliitaliane,p.6.41Scappi,Opera,c.94v.42MaestroMartino,Librodeartecoquinaria,p.137.43Ilcochobergamascoallacasalenga,p.11.44Corrado,Ilcuocogalante,p.164.45Picco,Nuovolessicodicucinaabbreviato,p.94.46Hering-Andreuzzi,Lessicodicucina,p.395.47Artusi,Lascienzaincucina,1891,p.52.48GosettidellaSalda,Lericetteregionaliitaliane,p.23.49Corrado,Ilcuocogalante,pp.144,51,139.50Scappi,Opera,c.137v.51Corrado,Ilcuocogalante,pp.17,36,X.52Latini,Loscalcoallamoderna,I,p.444.

53IlcuocopiemonteseperfezionatoaParigi,1995,pp.233e334.54Apicius,Derecoquinaria,p.65.55DonFeliceLibera,L’artedellacucina,p.87ep.281(tavoladi raffronto tra il repertorioalimentarediF.LiberaequellodiA.

Nebbia).56Artusi,Lascienzaincucina,1899,p.89.57Agnetti,Lanuovacucinadellespecialitàregionali,pp.47e165(maccheroniconlesarde).58CulinaryArtIncludingChoiceofOrientalDishes,p.11.59Latini,Loscalcoallamoderna,I,p.14.60Rossetti,Delloscalco,p.8.61Cfr.supra,capitoloIV,paragrafo6.62Vialardi,Trattatodicucina,p.3.63Dubini, con le sue venti edizioni ottocentesche, è una referenza significativa, ancorché imenùda lui riportati siano tutt’altro che

sistematici.Ildessertètaloratralasciatoafavorediunasecondacarneodiunsecondopesce(Lacucinadeglistomachideboli,1862,pp.151-60).Perleagendemanoscritte,ciriferiamoallacollezionedellacasatorinesedelbaroneCrova,perglianni1888-1926,chesarannooggettodiuncontributodiprossimapubblicazione.

64Alberini,Mangiarecongliocchi,p.33.Perladatazione1820-35sileggaMeldini,Pranzidicarta,p.7.Perunatipologia,sivedalaraccoltadiCerinidiCastegnate,Imenufamosi.

65Rajberti,L’artediconvitare,1964,p.522.66Borgarello,Ilgastronomomoderno,pp.306-307.67Escoffier,Lelivredesmenus,pp.23sgg.68Fornari,Ilcucinieremilitare,p.34.69Monelli,Ilghiottoneerrante,p.161.

Capitolosesto1Regimensanitatis.FlosmedicinaescholaeSalerni,p.118.2Liberdecoquina,p.114.3Zambrini,Illibrodellacucinadelsec.XIV,p.59.4Liberdecoquina,p.164.5StampataaRoma,daUldaricusGallus,senzadata(probabilmente1473-75).6Anonimomeridionale,Duelibridicucina,p.5.7Frati,LibrodicucinadelsecoloXIV,pp.34-35.8L’ArtedellacucinainItalia,p.252.9Buganza,Poesielatine.10Ciacconius,Detriclinioromano.11Bacci,Deconviviisantiquorum.12Petronio,Devicturomanorum;Id.,Delviverdelliromaniedelconservarlasanità.13F.OrsiniinCiacconius,Detriclinioromano,p.97;Bacci,Deconviviisantiquorum,p.37.14Laurioux,LerègnedeTaillevent,p.115.15MartellottieDurante,Librodibuonevivande.16Frati,LibrodicucinadelsecoloXIV.17MaestroMartino,Librodeartecoquinaria,p.150.GlizanzarelliricompaiononelPiacereonestoelabuonasalutediBartolomeo

Platina(p.143).18Ivi,p.VII.19AncorarecentementedaLaurioux,LerègnedeTaillevent,p.213.20Scappi,Opera,c.61.21 Particolarmente importante è il repertorio sistematico delle vivande e degli utensili in appendice allo Scalcodi Giovan Battista

Rossetti,pp.451-547.22Scappi,Opera,c.134.23Ivi,c.70v.24Canal,Dictionnairefrançoisetitalien.Tralevocidelrepertoriopastariotroviamo:lasagne,gnocchi,maccheroniepappardelle.25Grandedizionariodellalinguaitaliana,acuradiS.Battaglia,Indicedegliautoricitati.Lospogliodell’operadiMessisbugoedi

Scappièeffettuatosullabasedell’edizione1966dell’Artedellacucina,l’antologiacuratadaEmilioFaccioli.26Catricalà,LalinguadeiBanchettidiCristoforoMessiSbugo.27Berni, Il secondo librodelleopereburlesche,pp.17 (CapitolodelMolzade’ fichi), 64 (Capitolo sopra la salsiccia), 110 (Le

terzerimediMattioFranzesisopralecarote).28Landi,FormaggiatadisereStentato,p.45.29Stefani,L’artedibencucinare.30IlcuocopiemonteseperfezionatoaParigi,p.7.31Weiss,Gastronomia,pp.340e570.32LaVarenne,Ilcuocofrancese,1693,pp.4,9(pottacchiodiriso,conlacipolla),p.5(pottacchioallaFrancesedettoBisca),p.165

(rappresodiBrettagna),p.331(rissole).33Leonardi,L’Apiciomoderno,I,pp.XXII-XXIII.34Ivi,p.XII.35Ivi,p.LXI.36Lacucinacasereccia,p.5.37Cavalcanti,Cucinateorico-pratica,p.437.38Carême,L’artdelacuisinefrançaiseauXIXesiècle,III,p.131.39Höfler,L’artculinairefrançais,vocebéchamel.40SantiPuppo,Ilcucinieremoderno,p.67.41Nelli,Ilredeicuochi,1889,p.888.42Giardini,Dizionariodellacucinamoderna.43Inparticolare,LacucinaclassicadiUrbainDuboisedEmileBernard,editanel1877aspesedellasocietàdeicuochimilanesi.44Artusi,Lascienzaincucina,1899,p.17.45Artusi,Lascienzaincucina,1891,pp.IX-XI.46Babà,beignet,brioches,lattebrûlé,canapè,ciarlottaecc.:conosenzatraduzionesenecontano34.47Artusi,Lascienza incucina, 1899, p. 424; troviamo l’erroneagrafia soufflet persoufflé nelCuocopiemontese perfezionato a

Parigi,p.233.48Artusi,Lascienzaincucina,1899,p.58.49Ivi,p.203.50Eminenzailpiattoèservito,p.137.51Panzini,Dizionariomoderno,1905,voceglassare.

52Cougnet,L’artecucinariainItalia,I,p.IX.53Panzini,Dizionariomoderno,1905,voceconsumé.Cfr.Scappi,Opera,c.397:PerfarebrodoconsumatodicarnediVitella.54Artusi,Lascienzaincucina,1891,p.64.55«L’Artusichefatestoinfattodiculinaria,traduceinbalsamella,eavvertecheunabuonabalsamellaeunsugodicarne tiratoa

doveresonolabaseeilsegretodellacucinafine»(Panzini,Dizionariomoderno,1923,vocebéchamel).56MarinettieFillìa,Lacucinafuturista,pp.247-52.57«Lacucinaitaliana»,luglioenovembre1952.58Montagné,Laroussegastronomique,1938;Courtine,Laroussegastronomique,1984.59Robuchon,Laroussegastronomique,1996.60Marchesi,Lacucinaregionaleitaliana,p.425.61SuorGermana,Quandocucinanogliangeli,p.98.62Artusi,Lascienzaincucina,introduzioneenotediPieroCamporesi,Einaudi,Torino1970.63 La Cecla, La pasta e la pizza, p. 75. Sul sincretismo alimentare negli Stati Uniti, si veda egualmente Corti, Emigrazione e

consuetudinialimentari,pp.718-19.64Borgarello,Ilgastronomomoderno,p.3.

Capitolosettimo1Scappi,Opera,cc.64e120.2G.Roversi,PresentazionedellaristampaFornidell’OperadiBartolomeoScappi(1981,s.p.);Benporat,Storiadellagastronomia,

p.94;perlarecentescopertadellalapideluinesecfr.supra,capitoloI,paragrafo5.3Chiappini,LacorteestenseallametàdelCinquecento,pp.42-50.4Latini,Autobiografia,p.26.5Artusi,Autobiografia.6«Icucinierid’Italia»,1924-26e1934-36.7Romoli,Lasingolardottrina,c.5.8Ibid.9Rossetti,Delloscalco,p.32.10Latini,Loscalcoallamoderna,I,p.9.11Rossetti,Delloscalco,p.31.12Ivi,p.32.13Liberati,Ilperfettomaestrodicasa,pp.87-88.14Montanari,NuovoConvivio,p.338.15Romoli,Lasingolardottrina,c.5v.16Stefani,L’artedibencucinare,p.6.17Scappi,Opera,c.2.18Leonardi,L’Apiciomoderno,I,p.XXXV.19Agnoletti,Manualedelcuocoedelpasticciere,I,p.XII;Zannoni,AtavolaconMariaLuigia,pp.69-70.20TouringClub Italiano,Manualedell’industriaalberghiera,1923, p. 529 (la citazione è attribuita alMarquis deCussy, celebre

gastronomopariginodelprimoOttocento).21Scappi,Opera,tavole.22RealeFusorittodaNarni,AggiuntafattaalTrinciantedelCervio,p.204.23SivedanoirispettiviritrattiinLatini,Loscalcoallamoderna;Nebbia,Ilcuocomaceratese.24NisbeteMasséna,L’Empireàtable,p.92(Dîneràl’HôteldeVille,lithographieparC.Motte)ep.99(LeRestaurantdeJusta,

gravureparOpitz).25Romoli,Lasingolardottrina,p.14.26Zannoni,AtavolaconMariaLuigia,p.90.27TouringClubItaliano,Manualedell’industriaalberghiera,1923,p.416.Nellaquintaedizione(1954)questeconsiderazionisono

omesse.28Barigazzi,LeosteriediMilano,p.94.29Ildiariodell’oste,p.145.30Tozzi,Penninol’oste,p.58.31Ivi,p.106.32Ivi,p.27.33Artusi,Lascienzaincucina,1891,pp.24,39.34Mariotti,Quandosiamdall’osteinsieme...(ilvolumeèdedicatoallamemoriadiHansBarth).35Barth,Osteria,pp.137,138e123.36Mariotti,Quandosiamdall’osteinsieme...,p.245.37Osterieromane,p.37.38Monelli,Ilghiottoneerrante,p.112;Mariotti,Gastronomiaallaventura,p.136.39Trattoried’Italia1939.40Mariotti,Quandosiamdall’osteinsieme...,p.160.41 La prima edizione diThe Art of Cookery in cui compare il nome di Hannah Glasse è quella del 1770; il ricettario di Amelia

Simmons,AmericanCookery,vienestampatoaHartfordnel1796.42GaleazzodagliOrzi,Lamasseradabe’,pp.61sg.43Messisbugo,Libronovo,c.39v.44Rosselli,OperanovachiamataEpulario.45Mantegazza,Giornaledellamiavita.46Adami,Ilnoviziatodelmaestrodicasa,p.214.47Pandolfini,Delgovernodellafamiglia(1446),VIII,p.117.48Lando,Commentariodellepiùnotabiliemostruosecosed’Italia,pp.126-27.49Folengo,Baldus,p.208.50Costo,Ilfuggilozio,p.292.51Ilcochobergamascoallacasalenga,p.9.52Ottonelli,AnnotazionisoprailvocabolariodegliAccademicidellaCrusca.

53Tanara,L’economiadelcittadinoinvilla,1665,pp.175-177.54Lacuocacremonese,p.3.55Nebbia,Ilcuocomaceratese,1781,p.3.56P.MoroniSalvadori,PremessaaLacucinierabolognese,pp.5-7.57Lacucinieramaestra,pp.33(tagliatelli),53(zampinoconlenti),87(scarpazzone).58Artusi,Lascienzaincucina,1899,p.389.59LaCucinaeleganteovveroilQuattrovaillustrato,p.VIII;Vanzetti,IldoppioQuattrovaovverolacucinaelegante,p.XIV.60FerrarisTamburini,Comepossomangiarbene?,p.400.61Valvassori,Enciclopediadomestica,p.11.62Gallia,Servireconamore.63Morelli,Massaiedidomani,pp.222sgg.

Capitoloottavo1I.Nievo,Leconfessionidiunitaliano,Mondadori,Milano1981,p.8.2UncommentodelletavolediScappisitrovainFirpo,GastronomiadelRinascimento,pp.59-68.3Scappi,Opera,c.1v.4Ivi,c.156(«PerfareecuocereMaccheroniinpiùmodipergiornoquadragesimale»).5IllibrodiPapinappareaLondraconiltitoloANewDigesterorEngineforSoftaingBones,nel1681.Vienetradottoestampatoa

Pariginel1682.6 Sangiorgio, La macchina di Papinio riformata all’uso economico e farmaceutico. L’autore dichiara a p. 318 di usarla da

venticinqueanni.7Estrattod’unamemoriasullamacchinapapiniana,pp.243-46.8Ottolini,IldigestorediPapino,pp.201-203.9Prato,Manualedicucina,p.7(contavolaillustrata).PerunabrevestoriadellapentolaapressionesileggaSamarelli,Omegna

paesedipentoleecaffettiere,pp.16-27.10Rumford,Saggipolitici,economiciefilosoficidelcontediRumford,p.122.11Id.,Saggiosopral’alimentode’poveri,p.205.12Id.,Essaispolitiques,économiquesetphilosophiques,p.288.13Pisanelli,Trattatodellanaturade’cibietdelbere,p.176.14Ivi,p.179.15Baldini,De’sorbetti,p.19.PerunastoriadellaneveedelsuoconsumovediPlanhol,L’eaudeneige,p.17(suimetodichimici).16Ivi,p.76.17Ilconfetturierepiemontese.18Voltaire,Lesanciensetlesmodernes,p.751.19Parmentier,Rapportauministredel’intérieur;Id.,EstrattodelleoperedelcontediRumphort.20Id.,DellapentolaamericanadelSig.Parmentier(Opuscolisceltisullescienzeesullearti,t.X,p.321).21Id.,DeipomiditerraossiaPatate;Cadet-de-Vaux,Istruzionisulmigliorimpiegodelpomoditerra;Rumford,Manieradifar

bollireipomiditerra,inSaggipolitici,economiciefilosofici.22 Appert, L’Art de conserver; la traduzione italiana è stampata nello stesso anno a Siena da Onorato Porri. Pure del 1810 è

l’edizione tedesca:Die Kunst, alle thierische und vegetabilischen Nahrungsmittel meherere Jahre volkommenen Geniessenbar zuerhalten (Pauli, Koblenz). La prima traduzione inglese appare a Londra nel 1812: The Art of Preserving All Finds of Animal andVegetableSubstancesforSeveralYears.

23L’Artediconservareglialimenti.Sitrattadellatraduzionediun’operaanonima,apparsaaParigilostessoanno.Perl’apparecchiodiAppertelascatolettainglese,vedipp.10e14.

24Zannoni,AtavolaconMariaLuigia,p.303.25Borgarello,Ilgastronomomoderno,pp.307e326.26Cirio,Pomodorofrescoaognistagione;A.B.C.Cirio;Cirio,Nuoviorizzontiperlavostramensa.27Vialardi,Trattatodicucina,p.409.28Nelli,Ilredeicuochi,1889,pp.46-47.29Planhol,L’eaudeneige,p.128.30«L’Industriaitalianadelfreddo»,31maggio1928,p.124.31Artusi,Lascienzaincucina,1891,p.347.L’usodellasorbettieraamericanavieneraccomandatointutteleedizionisuccessivesino

al1911.32A.Pettini,PrefazioneaCiocca,Gelati,dolcifreddierinfreschi,p.XXV.33Guglmayr,Enciclopediacasalingaultramoderna,pp.47e50.34TouringClubItaliano,Manualedell’industriaalberghiera,1923,p.543.35Giacobone,Guidi,Pansera,Dallacasaelettricaallacasaelettronica,p.14.36Morelli,Nuovoricettariodomestico,p.207.37Giacobone,Guidi,Pansera,Dallacasaelettricaallacasaelettronica,p.17;Roanelli,Laudani,Vercelloni,Glispazidelcucinare,

p.24.38Guglmayr,Enciclopediacasalingaultramoderna,p.97.39Formenti,L’alluminio,p.205.40Morelli,Nuovoricettariodomestico,p.204;Id.,Massaiedidomani,p.184.41LaCucinaeleganteovveroilQuattrovaillustrato,pp.58,71,160,166.42Morelli,Nuovoricettariodomestico,p.207.43TouringClubItaliano,Manualedell’industriaalberghiera,1923,p.252.44I«cocktails»,in«Lacucinaitaliana»,15gennaio1930,p.4.45Morelli,Lacasachevorreiavere,pp.430-31.Ilmobile-barèdisegnatodaGiòPonti,illustratoredelQuattrova.46Artusi,Lascienzaincucina,1891,p.194(ilsalumificioLasagnidiReggioEmilia);p.123(estrattodicarneLiebig).47Franceschi,Venturoli,Conservazionedellesostanzealimentari,pp.71-74.

48Rovetta,L’industriadelpastificio,p.183.49Id.,Ilpomodoro.50DalBuono,Tecnologiadelriso,pp.160-76.51Fascetti,CaseificioI.Latte,p.316.52Bajla,Gagliardi,Formenti,Vade-mecumdelconsumatore,p.75.53Ivi,p.76.54Gallo,Covino,Monicchia,Crescita,crisi,riorganizzazione,p.276.55OpuscolopubblicitarioBuitonidel1932.Uncapitoloèconsacratoalconnubio(dell’industria)conlascienza.

Capitolonono1Montanari,Lafameel’abbondanza,p.206,perquantosegue.2Platina,Ilpiacereonestoelabuonasalute,p.187.3Montanari,AlimentazioneeculturanelMedioevo,pp.63sgg.4Camporesi,Ilbrodoindiano,p.137.5Montanari,Lafameel’abbondanza,p.117.6Ivi,pp.30sgg.,115sgg.7Ivi,pp.118sgg.8Goethe,ViaggioinItalia,pp.140-41(anno1787).9Platina,Ilpiacereonestoelabuonasalute,p.20.10Cfr.supra,capitoloIII,paragrafo11.11Montaigne,Saggi,I,pp.330-31.12Platina,Ilpiacereonestoelabuonasalute,p.6.13IlRegimensanitatisRobertiGrospretiiesceaGandnel1538edèristampatoaParigidueannidopo.Occupalepagine359v-376

dellaSingolardottrina.14Scappi,Opera,c.393v(«Perfarbrodoconsumatodicapponesaporito»).15Ivinid’ItaliagiudicatidaPapaPaoloIII,p.36.16Cornaro,Scrittisullavitasobria,p.113.17Folengo,Baldus,p.126.18«EàquestavivandasonaronoiPiffariunaMoreschaallumediTorzèàcertiContadinichefingeanconlelorfalcisegarel’herbe

nelgiardino»(Messisbugo,Libronovo,c.13v).19Battarra,Praticaagraria,pp.133-34.20Gallo,Levintigiornatedell’agricolturaetde’piaceridellavilla,1575,pp.241-42.Cfr.Messedaglia,Vitaecostume,I,p.129.21Croce,LesottilissimeastuziediBertoldo,pp.74-75.22PertuttoquantoseguevediMontanari,Lafameel’abbondanza,pp.109-10.23Lastri,Regoleperipadronideipoderiversoicontadini,pp.31-39.24Montanari,Lafameel’abbondanza,p.186.25Cornaro,Scrittisullavitasobria,p.112.26Scopoli,Dediaetalitteratorum.27Camporesi,Ilbrodoindiano,p.120.28Tissot,Dellasalutedeletterati,p.24.29Meldini,Latavolapitagorica.30Cocchi,Delvittopitagoricoperusodellamedicina,p.74.31Corrado,Delcibopitagoricoovveroerbaceoperusode’nobiliede’letterati,p.XI.32Berchoux,Lagastronomie.33LagastronomievienetradottadaEridanioCenomanoepubblicata,contestoafronte,nel1825(Lagastronomiaovveroartedi

bel pranzare, OmobonoManini,Milano); nel 1838 la ritraduce Jacopo Landoni stampandola a Ravenna nella tipografia Roveri (Lagastronomiacioèammaestramentoaibravimangiatori).Il1825èladatadiintroduzionedeltermineinItalia.

34IlManueldesamphitryonsdiGrimoddelaReynière(1808)esoprattuttolaPhysiologiedugoûtdiBrillat-Savarin(1826)sono,inItalia,apprezzatielettidirettamenteinedizionefrancese.Laprimatraduzioneitalianadiquest’ultimavienestampatadaSalaninel1914.

35Rajberti,L’artediconvitare,1964,p.463.36Risobollitoesaltato inoliooburroconacciugheecipolle,econditoconformaggio.Ricettamilanesebennota,convarianti, in

altriStatiitaliani(Lacucinacasereccia,p.48).37Mantegazza,Piccolodizionariodellacucina,p.89.38Dubini,Lacucinadeglistomachideboli,1862,p.151.39«Setimancanoimedici,questetrecosetiservanodamedico:unamentelieta,delriposoeunregimemoderato».40«Calmarelafame,maisollecitarla».41Mantegazza,Igienedellavoro,p.51.42Rajberti,L’artediconvitare,p.526.43Cougnet,L’artecucinariainItalia,II,pp.802-803.44Artusi,Lascienzaincucina,1891,p.8.45Mantegazza,Igiened’Epicuro,p.9.46Monelli,Ilghiottoneerrante,p.162.47MarinettieFillìa,Lacucinafuturista,p.55.48Ivi,p.172.49Leyrer,Lareginadellecuoche,pp.210e226.50LaCucinaeleganteovveroilQuattrovaillustrato,p.4.51Ilcucchiaiod’argento,p.407.

52Ivi,p.418.53Ivi,p.419.54Veronelli,IlCarnacina,p.54.55Ivi,p.55.

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