Agorà n. 4
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L’ÀGORÀ Bollettino, stampato in proprio, della LISTA CIVICA - LEGALITA’ e TRASPARENZA
info. 3208597261 - [email protected]
UNA SCELTA RESPONSABILE DI TULLIO BERLENGHI
n. 4 - 13 aprile 2012
Nella vita si fanno scelte in continuazione. Spesso queste
scelte sono soggette a meccanismi di tutela che ci impe-
discono di commettere errori grossolani. Se, ad esempio,
decidiamo di acquistare un’automobile, sarà difficile im-
maginare che quanto acquisteremo non sia in grado di
soddisfare l’esigenza per cui l’abbiamo comprata: spo-
starsi. Questo dipende da una legislazione di garanzia per
i consumatori e da altri strumenti che ci rendono meno
vulnerabili. La mia automobile potrà non essere esatta-
mente quello che immaginavo, ma sarà certamente in
grado di portare me e la mia famiglia ovunque mi serva.
Impossibile “sbagliare”, basta farsi un’idea sulle caratteri-
stiche più importanti, decidere il colore e qualche optio-
nal e il gioco è fatto. Ciò nonostante la scelta di un’auto-
mobile avviene dopo una lunga e ponderata valutazione
di moltissimi dettagli, anche di modestissimo rilievo. Fa
un po’ parte del piacere dell’acquisto, ma rimane qualco-
sa che riguarda una porzione di tempo che si spera mo-
desta della nostra esistenza. Ognuno di noi – soprattutto
se usa la macchina per recarsi al lavoro – sarà ben con-
tento di trascorrere meno tempo possibile nell’abitaco-
lo…
Una scelta – importante, anche se spesso non ce ne ren-
diamo conto – a cui siamo chiamati è quella che riguarda
“chi” ci dovrà governare. Un aspetto fondamentale è
che, in questo caso, non ci sono forme di tutela. Se deci-
deremo di affidare il nostro paese, la nostra vita, il no-
stro futuro, ad un perfetto cretino o ad un affarista sen-
za scrupoli, non avremo (quasi) scampo. Ci toccherà sor-
birci lui e la sua politica (abborracciata o intrallazzona fa
poca differenza) per i prossimi cinque anni. Questa man-
canza di un “paracadute” dovrebbe renderci più attenti
nel prendere una decisione. Non è facile, mi rendo con-
to, ma con un po’ di buona volontà alcune cose si posso-
no capire. Ci vuole la giusta cautela che si utilizza quan-
do le transazioni sono, come dire, “a rischio bidone”.
Dipende dalle situazioni. Se compro una radiolina in un
negozio, probabilmente non sentirò l’esigenza di aprire
neppure la scatola, mentre, se la acquisto da un tizio in
mezzo alla strada, probabil-
mente farò qualche verifica
sullo stato di salute del pro-
dotto. Ecco, in politica sarebbe
necessaria una qualche precauzione aggiuntiva e cercare
di approfondire la conoscenza, basandosi non solo sui
programmi (spesso molto ambiziosi e quasi utopici), men
che meno sulle promesse (quante ne sentirete le prossi-
me settimane), ma cercare di capire qualcosa di più sulla
storia politica e sulla competenza dell’interlocutore. Dif-
fidare di chi ha una certa propensione a cambiare casac-
ca con troppa disinvoltura e di chi appare evidentemente
digiuno di questioni amministrative, specialmente se van-
ta una certa esperienza politica. L’essere rimasto digiuno
per tanto tempo su certe cose potrebbe voler dire che è
dotato di grande appetito su altre. E non è affatto rassi-
curante…
RICONOSCERE LA RICCHEZZA DELLA TERRA
La terra nutre molti per molto tempo, il cemento arricchisce
pochi per poco tempo. Bisogna fermarsi, ridare valore all’a-
gricoltura, rilanciare le produzioni locali e biologiche. Incen-
tivare la realizzazione di orti urbani e l’autoproduzione agri-
cola. Dobbiamo avere il coraggio di recuperare l’identità di
un paese, di un territorio, delle sue colture e delle sue tradi-
zioni, di ritrovare i propri prodotti agricoli e artigianali tipici
e di eccellenza.
Il 6 e 7 maggio scegli
Maurizio SPEZZANO
Tullio Berlenghi
Luciana Del Monte
Alberto Adriani
Giulia Lorenzon
Alberto Garbo Giovannoli
Chiara Saracini
Luana Sarcu
L’ÀGORÀ pagina 2
Ritorno ancora una volta sui problemi urbanistici per
chiudere il cerchio sulle furbate di alcuni tecnici. A La-
bico si abusa un po’ troppo delle maglie larghe presenti
nelle leggi urbanistiche. Se poi ai buchi aggiungiamo le
complicità, politiche ed amministrative, è permessa ogni
cosa.
La legge urbanistica, quella che teoricamente dovreb-
be essere applicata, viene aggirata in più modi, tutti le-
gali, per carità, ma pur sempre aggirata a vantaggio
degli speculatori e non dei cittadini che anzi ne paga-
no le conseguenze con la carenza dei servizi, i costi per
riparare i danni e l’allegra gestione del territorio. La ca-
sistica ci offre varie tipologie di scappatoie:
CAMBI DI DESTINAZIONI D’USO
La tipologia più frequente. Può succedere che ci sia chi
con la complicità di tecnici amici decida di cambiare
destinazione d’uso alle pertinenze, trasformando ad
esempio un posto auto in qualcos’altro, o ancora più
grave, delle semplici cantine in appartamenti veri e
propri o in attività commerciali. L’esempio più eclatante
sono le cantine che si trovano in centro storico e che
per magia sono diventate locali commerciali o, addirit-
tura, appartamenti affittati ai cittadini bisognosi, a pochi
soldi e senza storie di sorta. Luoghi malsani, umidi, sen-
za luce e ricambio d’aria. Eppure ci abitano bambini che
rischiano problemi respiratori già da piccoli. Davanti a
questo scempio che rasenta l’illegalità, non possiamo
fare finta di non vedere e girarci dall’altra parte. E’ un
problema morale che dobbiamo porci, perché chi giu-
stifica è colpevole quanto chi ha ideato la furbata. Co-
me sempre chi doveva applicare i regolamenti e vi-
gilare non lo ha fatto, anzi, è possibile che si sia reso
complice di tale forzatura normativa, che ha favorito la
speculazione sulla pelle dei bisognosi.
VARIANTI IN CORSO D’OPERA
L’anello debole dell’edilizia residenziale. Questa tipolo-
gia di furbata interessa un po’ tutti, progettisti, costrut-
tori e direttori dei lavori. Il gioco è presto fatto. Si pre-
senta un progetto in comune, ad esempio, la realizza-
zione di una quadrifamiliare, con sottotetto. Si inizia a
costruire e nel corso della realizzazione il progettista
cambia idea, prevedendo la costruzione di sei apparta-
menti e non più di quattro. Si presentano gli atti al co-
mune che senza troppe domande o giustificazioni, per
incanto, approva ogni cosa. Terminati i sei appartamen-
ti, nel frattempo i sottotetti sono diventate mansarde,
ma per solo errore di misurazione, chiaro no! Si chiede
un’altra variante e il gioco è presto fatto. Concludendo,
ho presentato un progetto origina-
rio di quattro appartamenti e me
ne trovo il doppio, otto: sei appar-
tamenti e due mansarde. E’ vero,
mi hanno fatto pagare la multa,
ma volete mettere: ho pagato ad
esempio 40.000 Euro di multa in
totale ma mi ritrovo quattro ap-
partamenti da 150.000 Euro l’uno. Chi ci ha guadagna-
to? Chi ci ha rimesso? Non mi esprimo, ma vi faccio un
esempio reale. Ho scoperto un permesso di costruire
che facendo ricorso a questa tipologia di furbata nel
corso degli anni si è trasformato da bifamiliare in qua-
drifamiliare, chiedendo ed ottenendo ben cinque (5)
varianti in corso d’opera e la storia non è finita, perché
nel frattempo è intervenuta la magistratura amministra-
tiva. Sapete quante volte io e Berlenghi abbiamo segna-
lato questa situazione? Incredibili volte, sia in Consiglio
che in Commissione, ma tutti se ne sono lavate le mani
con frasi di circostanza. Le vittime ignare sono, pur-
troppo, i nuovi residenti che comprano e non sanno
cosa c’è sotto, con il rischio di avere una casa senza
agibilità, come molte ce ne sono, costruita con mate-
riale scadente e disordinata nelle pertinenze.
SANATORIE EDILIZIE ART. 34 E 36 DEL TESTO UNICO
DELL’EDILIZIA
Altra bufala colossale. Non si contano le volte in cui si
chiede di sanare interventi eseguiti in parziale difformi-
tà dal permesso di costruire (art. 34) e l’accertamento
di conformità (art. 36). Si ha l’impressione che alcuni
non conoscano il proprio lavoro, perché il ricorso a
questo strumento è abnorme rispetto alla mole di lavo-
ri concretizzati. Non mi risulta che sia stata mai negata
una sanatoria di questa natura, né che si sia mai proce-
duto ad abbattere parti di immobili costruite in modo
difforme. Strano però come spesso si sia intervenuti
con durezza a colpire i singoli proprietari, che magari
avevano una legnaia in giardino, pur sempre un abuso
se non autorizzata, ma mai gli speculatori. Questa am-
ministrazione è stata debole con i forti – costruttori,
progettisti, direttori dei lavori, amici – e forte con i
deboli, singole famiglie, responsabili di abusi di poco
conto, fatti più per ingenuità che in malafede. Evidente-
mente costoro avevano sbagliato tecnico, perché al tec-
nico giusto corrisponde la sanatoria giusta.
ABUSIVISMO EDILIZIO
Anche qui la storia si ripete. Faccio un esempio per tut-
ti. Ai Casali sono stati costruiti due fabbricati abusivi
URBANISTICA FURBETTA DI MAURIZIO SPEZZANO
pagina 3 L’ÀGORÀ
Non perdete il TG LOV… una voce di
opposizione! http://vimeo.com/Labico
adibiti a civile abitazione in men che non si dica, in pie-
na zona agricola e in assenza di qualsiasi autorizzazio-
ne. Su segnalazione nostra e dei cittadini sono interve-
nuti la Polizia Municipale e i Carabinieri, che, accertato
l’abuso, hanno denunciato il tutto alla magistratura, che
a sua volta ha messo sotto sequestro l’immobile. La
sentenza è arrivata in breve tempo, rispetto a tempi
biblici della giustizia ordinaria. Il Tribunale di Velletri ha
emesso un decreto di demolizione. La Commissione
Speciale di controllo sull’Urbanistica da me presieduta
ha deliberato all’unanimità di demandare al sindaco
l’emissione di un’ordinanza che desse corso alla senten-
za del Tribunale di Velletri. Era il 24 febbraio 2012, ma
di quell’ordinanza neanche l’ombra. Di chi è la colpa? A
voi la sentenza. Io evito di pronunciarmi avendo fatto
mettere a verbale le mie considerazioni sull’accaduto.
CATEGORIE CATASTALI
Altra furbata. Come ben sapete in ogni quartiere sono
previsti degli standard, alcuni di questi prevedono an-
che destinazione diverse da quelle abitative. Cosa è suc-
cesso a Labico? Per smaltire questa tipologia di stan-
dard, così come previsto dalla normativa, anziché indivi-
duare degli appositi locali, si è ben pensato di ripartirli
all’interno degli appartamenti, ritrovandosi così con ca-
mere da letto accatastate come laboratorio. In pra-
tica una parte dell’immobile è accatastata come civile
abitazione (Categoria catastale A/2), mentre l’altra, mi-
noritaria, come laboratorio (A/10 Uffici e studi privati).
E’ evidente come quest’ultima sia una destinazione fa-
sulla, individuata sulla carta ma non realmente funzio-
nale ad un’eventuale possibilità di utilizzo imprendito-
riale. Ciò ha comportato, per chi si è trovato in questa
condizione - incantato all’atto dell’acquisto dal vendito-
re che ne ha magnificato la scelta – di dover pagare
l’ICI, per una destinazione fittizia e di nessuna utilità,
malgrado la stessa fosse stata abolita dal governo per le
prime case.
Tutto a norma di legge, per carità, ma un dubbio nasce:
trovate morale tutto questo? Trovate morale che gli
amministratori a conoscenza di tutto questo non si sia-
no mai curati di verificare l’abuso di norme distruttive
per l’ambiente, le tasche dei cittadini e della collettivi-
tà? Io no, perché è un modo per ingannare gli ignari
acquirenti delle conseguenze sociali di tutto questo
tourbillon di combinazioni. Gli unici a trarne profitto
sono i furbi e chi c’è dietro, speculatori, tecnici e pro-
gettisti vari. Ma succede solo da noi? Assolutamente no,
ma ciò non giustifica che gli errori degli altri, fatti altro-
ve, debbano trovare giustificazione anche da noi. Per-
ché invece non invertiamo la tendenza e cominciamo
ad essere corretti e farci portatori noi di sana ammini-
strazione? La legge permette l’eccezione, non l’uso e
l’abuso. Da noi l’abuso è diventata norma e legge,
prassi consolidata che giustifica ogni illiceità. Davanti ai
dati labicani, se io fossi stato sindaco, un sospetto l’avrei
avuto e con me tutti i cittadini onesti. Viviamo in una
sorta di società capovolta in cui i dritti sono da imitare e
gli onesti da condannare. Noi vogliamo restare onesti ed
essere un esempio per chi guarda a noi con speranza.
Considerazioni finali. Da tutto quello che ho scritto e-
merge chiaramente che ci sono furbi e complici dei fur-
bi. Noi vogliamo invertire questa tendenza, garantendo il
diritto a chi ne ha diritto, ma mostrare altrettanta fer-
mezza verso chi si crede potente ed invincibile. Noi dob-
biamo tutelare i cittadini dalle “truffe” legalizzate, perse-
guendo chi se ne fa complice. La passata amministra-
zione è stata complice di questa situazione, sia per
motivi familiari che di potere. E’ molto più facile fare il
favore agli amici, che mettersi contro chi commette abu-
si. Il favore torna utile, soprattutto in campagna elettora-
le: sono voti che fanno la differenza e portano alla vitto-
ria. Noi siamo illusi? Forse sì o forse no, dipende dai
punti di vista. Se i cittadini la pensano come noi e sono
stufi di ricorrere al potente di turno, rischiamo di fare la
rivoluzione silenziosa, che ribalterà rapporti di forza e
farà pulizia di queste illegalità e di uomini che stanno al
potere da una quarantina d’anni, sempre gli stessi e solo
quelli, di maggioranza e di opposizione. Invertire la ten-
denza e fare di Labico un paese virtuoso. Noi ci stiamo
impegnando per questo.
PS : Quando la lista era unica, tutti noi eravamo molto
scandalizzati per questo andazzo, e facevamo considera-
zioni non proprio brillanti su questi tecnici furbetti. Par-
lando fra di noi mai ci saremo sognati di mettere in lista
uno solo di costoro. Invece, così come si scioglie la neve,
si sciolgono i patti e i giudizi sui furbi. Anzi, i peggiori
Savonarola di allora sono diventati dei cuccioli di gatto
oggi: opportunisti e smemorati. Non che la cosa mi me-
ravigli più del dovuto, ma almeno si abbia la bontà di
non gridare alla luna e imprecare contro chi ha fatto una
scelta diversa e di coerenza, scegliendo un progetto di
continuità con l’azione dimostrata in questi cinque anni
di opposizione. Ognuno è libero di allearsi con chi me-
glio crede, ma la scelta di non allearsi con chi ha deter-
minate responsabilità va rispettata allo stesso modo, al-
trimenti si scade nell’ipocrisia.
IN PRIMA LINEA PER LABICO DI ALBERTO GARBO GIOVANNOLI
L’ÀGORÀ pagina 4
nell’ultimo anno la nostra squadra di calcio e anche qui ho credu-
to nelle capacità che ogni componente potesse tirare fuori. Ho
visto il potenziale che la squadra aveva e i risultati ad oggi mi
stanno dando ragione. Grande motivo d’orgoglio è soprattutto
vedere il coinvolgimento e l’attaccamento di tutta la comunità
labicana dimostrata durante ogni partita svoltasi. Fissare un obiet-
tivo comune è un ottimo punto di partenza. Le soddisfazioni che
sino ad ora ho ricevuto sono frutto di molteplici aspetti, ma una
soddisfazione arriva quando si scende in campo in prima fila.
Quando ci metti la faccia. La scelta di entrare in politica avviene
ora perché oggi mi sento un uomo con la necessità di condivide-
re con la mia comunità le problematiche e i cambiamenti neces-
sari, perché solo dopo essere maturato attraverso i fallimenti e i
traguardi, posso essere in grado di accettare di mettermi a nudo
di fronte a voi. Ho trovato di notevole interesse gli aspetti che la
nostra lista civica vuole intraprendere e mai come in un momen-
to di crisi come quello che l’Italia sta attraversando, ritengo sia
opportuno rimboccarsi le maniche e ricominciare a credere in
quello che i nostri padri ci hanno tramandato. Le mie radici fanno
parte di questa comunità e tornare qui tutte le sere dopo una
lunga ed intensa giornata di lavoro, di traffico e anche di proble-
mi, mi riporta a respirare quell’aria giovanile che ha fatto di me
un vostro concittadino. Non ho mai pensato di lasciare Labico per
approdare in chissà quale altro posto, ma e’ importante dare una
svolta al nostro futuro e perché non farlo proprio da qui? Per
questo vi chiedo di prenderci per mano e di iniziare a percorrere
la stessa strada, senza dimenticarci di nessuno, senza discrimina-
zioni, e senza limiti di età. La mia parola oggi è di impegnarmi al
massimo affinché tutti insieme si possa iniziare a lavorare per gli
stessi obiettivi, e non pensiate che questo sarà per me un sempli-
ce ritaglio di tempo visto i miei impegni lavorativi, ma sarò pre-
sente. Dove? Ovviamente in prima fila.
Quando mio padre e mia madre sono torna-
ti a radicarsi in questo posto, hanno fatto
una scelta di vita che ovviamente ha condi-
zionato anche la mia. Vivere a Labico e’ sta-
to per anni vivere fuori dal mondo, fino a
quando in giovane età ho affrontato i primi
passi nel lavoro e quindi come la maggior parte delle persone
ho iniziato a fare il pendolare. Attraverso i valori trasmessimi
dalla mia famiglia sono cresciuto lavorando, alzandomi presto la
mattina e rientrando tardi la sera, ho fatto la gavetta , ho
“abbozzato” sacrificando a 20 anni le serate con gli amici inve-
stendo nel mio futuro lavorativo. Ho goduto nei fine settimana
dell’aria pulita di questa comunità, ho incontrato e condiviso i
miei giorni con quella che a tutt’oggi rappresenta la mia fami-
glia, ovvero mia moglie, che mi ha sorretto e a volte, e’ anche il
caso di dirlo sopportato, nelle scelte lavorative. Essere un im-
prenditore non è facile oggi, ma non è facile mai. Ognuno di noi
se ci si pensa bene è imprenditore di se stesso questa e’ la prima
regola. La seconda regola è credere nelle capacità delle persone
e non togliergli la propria dignità. La terza è essere fiduciosi e
avere fede. La mia azienda è composta da persone, che non
sono solo numeri di matricola in un libro presenze, ma persone
che come una catena di distribuzione danno forma ad un lavoro
concreto tutti i giorni. Il lavoro è un diritto ma anche un sano
ambiente di lavoro e’ un diritto. Io ho investito tempo, denaro,
spesso notti insonni per trovare soluzioni economiche e lavorati-
ve affinché i miei dipendenti potessero guardare nei miei occhi
una rassicurazione per il loro futuro. Ho fatto scelte estreme
aziendali che spesso sono costate fatica sia fisica che mentale,
ho dovuto affrontare momenti duri di crisi ma mai e dico mai,
ho gettato la spugna. Non ci si può arrendere di fronte alla vita.
La vita va abbracciata in tutti i suoi aspetti. Ho preso a cuore
Beh mi sono detta: perché no? Perché non mettersi a disposi-
zione in una lista elettorale, così diversa ed innovativa, e provare
a parlare di scuola? Ma la scuola cosa c’entra con la politica?
C’entra, eccome! La politica è il servizio più nobile reso alla col-
lettività per raggiungere uno scopo: il bene comune. La scuola è
il principale bene comune, il più importante. E’ il luogo di cresci-
ta d’eccellenza dei nostri figli, un microcosmo fatto di tante real-
tà che si intrecciano, vivono e si confrontano giorno per giorno:
didattica, gestione, partecipazione dei genitori, e non ultimo il
coinvolgimento di un Comune attento e sensibile alle politiche
scolastiche. Vedete, in triplice veste, da mamma, da membro di
un organo collegiale, da lavoratrice della scuola, ho sempre di
più maturato la convinzione che, specie negli ultimi tempi - dove
il taglio delle risorse finanziarie ed umane nel sistema scolastico,
significa un ulteriore impoverimento della scuola pubblica - il
nostro impegno deve essere grande, talmente grande che solo
un MODELLO PARTECIPATIVO può gestire questo periodo dram-
matico. Mi ricordo di una bella persona, una Preside in una
scuola romana che diceva: “se una scuola funziona, è perché i
grandi funzionano”. Vero, verissimo. Una politica attenta, una
politica del “comprendere e poi deci-
dere, accogliere e poi informare, ac-
cettare e gestire il conflitto in ogni
sua situazione”, equivale alla speranza
di poter cambiare solo un po’ la logica dei numeri, non improvvi-
sando competenze, ma cercare di realizzarle concretamente attra-
verso proprio questa logica. Da noi la scuola è la cenerentola della
situazione. Sono sempre più convinta che gli ampliamenti non risol-
vono la carenza di spazi, tamponano ma non risolvono. Noi credia-
mo che bisogna cambiare approccio al problema scolastico: prova-
re ad impegnarsi con serietà a lavorare per un nuovo plesso, che
sia moderno, funzionale, ma soprattutto sia una scuola, luogo di
crescita e di sviluppo della personalità. La scuola e la cultura sono
alla base di ogni progresso umano. La scuola è un immenso gra-
naio: le scorte accumulate di sapere saranno la linfa della crescita
futura e l’alimento delle nuove generazioni. Perché non lavorare su
questo versante? Perché non cominciare a programmare su come
arrivare ai finanziamenti necessari? Noi ci siamo messi in gioco e
vogliamo contribuire concretamente a far crescere il nostro paese,
a partire dal suo luogo più importante, la scuola, appunto.
SCUOLA BENE COMUNE DI LUCIANA DEL MONTE