AGGIORNAMENTI IN MEDICINA VETERINARIA: questioni di ... · potenziali di fibrillazione ed onde...

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AGGIORNAMENTI IN MEDICINA VETERINARIA: questioni di chirurgia degli animali da reddito Diagnosi caso 1: Il vitello con l’occhio gonfio Idroftalmo congenito con lesione corneale dell’occhio sinistro. Alla luce del quadro clinico e dell’esame oculistico è stata formulata la diagnosi di idroftalmo congenito con lesione corneale dell’occhio sinistro. L’idroftalmo (Figura 1) è una forma di buftalmo, così chiamato per l’aumento delle dimensioni del bulbo oculare dovuto ad un accumulo di umor acqueo; spesso utilizzato come sinonimo di glaucoma congenito. FIGURA 1 Il paziente è stato così sottoposto ad un intervento di enucleazione dell’occhio sinistro. ENUCLEAZIONE DELL’OCCHIO SINISTRO Il vitello è stato premedicato utilizzando xylazina 10 mg iv e butorfanolo 1 mg iv. Successivamente è stato sottoposto a fluidoterapia con ringer lattato 10 ml/kg/h. Sono stati somministrati flunixin meglumina 25 mg iv, synulox 450 mg im, doceti 2 ml iv e Tad 600 1 fiala iv. L’anestesia è stata indotta con pentotal sodium 500 mg iv, il paziente è stato intubato e collegato al circuito anestesiologico e l’anestesia è stata mantenuta con isofluorano in ossigeno.

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AGGIORNAMENTI IN MEDICINA VETERINARIA: questioni di chirurgia degli animali da

reddito

Diagnosi caso 1: Il vitello con l’occhio gonfio

Idroftalmo congenito con lesione corneale dell’occhio sinistro.

Alla luce del quadro clinico e dell’esame oculistico è stata formulata la diagnosi di idroftalmo

congenito con lesione corneale dell’occhio sinistro.

L’idroftalmo (Figura 1) è una forma di buftalmo, così chiamato per l’aumento delle dimensioni del

bulbo oculare dovuto ad un accumulo di umor acqueo; spesso utilizzato come sinonimo di

glaucoma congenito.

FIGURA 1

Il paziente è stato così sottoposto ad un intervento di enucleazione dell’occhio sinistro.

ENUCLEAZIONE DELL’OCCHIO SINISTRO

Il vitello è stato premedicato utilizzando xylazina 10 mg iv e butorfanolo 1 mg iv. Successivamente

è stato sottoposto a fluidoterapia con ringer lattato 10 ml/kg/h. Sono stati somministrati flunixin

meglumina 25 mg iv, synulox 450 mg im, doceti 2 ml iv e Tad 600 1 fiala iv. L’anestesia è stata

indotta con pentotal sodium 500 mg iv, il paziente è stato intubato e collegato al circuito

anestesiologico e l’anestesia è stata mantenuta con isofluorano in ossigeno.

Il paziente viene posizionato sul tavolo operatorio in decubito laterale destro. Dopo disinfezione

chirurgica si procede con l’apposizione di un telo sterile che copre la testa dell’animale eccetto

l’area interessata per la chirurgia, quindi la zona delimitante l’occhio sinistro (Figura 2).

FIGURA 2

Viene praticata una cantotomia laterale eseguendo un’ incisione, in direzione laterale, a 1-2 cm

dalla giunzione dei margini palpebrali superiore e inferiore, con forbici o bisturi. Viene praticata

una dissezione perilimbare del bulbo oculare a 360° mediante forbici chirurgiche a punta curva o

mediante delle Mayo. La dissezione prosegue in direzione caudale al bordo dell’orbita.

Durante la procedura si asportano i muscoli extraoculari, il grasso orbitale, le ghiandole lacrimali, la

congiuntiva, il bulbo oculare, la membrana nittitante e il margine palpebrale.

Procedendo con la dissezione si arriva al nervo ottico e ai vasi oculari; la trazione degli stessi deve

essere minima onde evitare uno stiramento del nervo ottico stesso. E’ molto importante non stirare

il nervo per non creare problemi all’occhio controlaterale: si ricorda infatti che a livello del chiasma

ottico vi è la decussazione delle fibre nervose che innervano entrambi gli occhi e quindi una lesione

nervosa a carico dell’occhio sinistro causerà problemi anche a quello di destra; questa è la

complicazione più grave, ma anche più frequente che si riscontra in questo tipo di intervento

chirurgico.

Dopo aver isolato i vasi, questi vengono clampati con pinze emostatiche e successivamente si

procede con una legatura. Si passa poi alla recisione dei vasi mediante un incisione tra la pinza e la

legatura e si asportano quindi il bulbo oculare e le strutture annesse citate prima. E’ molto

importante controllare che non ci siano perdite di sangue mediante tamponamento con garze sterili e

applicazione di spongostan lasciato in situ per qualche minuto.

FIGURA 3: occhio enucleato.

FIGURA 4: sezione dell’occhio.

Si procede poi con la chiusura del sottocute mediante sutura continua con filo assufyl ep 3,5 e

sutura a punti staccati della cute con lo stesso filo (Figura 5, figura 6).

FIGURA 5

FIGURA 6

TERAPIA POST-OPERATORIA E COMPLICAZIONI.

Dopo enucleazione la tumefazione e l’emorragia vengono ridotte applicando delle compresse fredde

e una contropressione con un bendaggio oculare. Sono inoltre indicati antibiotici e antiinfiammatori

nel post-operatorio.

Le complicazioni successive all’enucleazione possono essere rappresentate da tumefazione causata

da emorragia ed infezione. La contrattura dello spazio orbitale può essere elevata dato il mancato

utilizzo di una protesi. Si possono notare secrezioni ghiandolari o tumefazioni orbitali se si ha la

persistenza di tessuto della ghiandola lacrimale o di quella della terza palpebra. Qualche volta si

sviluppano fistole dovute a ritenzione congiuntivale.

Diagnosi caso 2: Il mio cavallo è sempre a terra e quando si alza trema

L'elettromiografia (EMG) ad ago eseguita in stazione senza sedazione ha evidenziato la presenza di

potenziali di fibrillazione ed onde positive lente a fronte ripido a carico dei muscoli epiassiali del

rachide lombosacrale (Immagine 1). La presenza, in particolare, di attività spontanea patologica del

muscolo dorsomediale sacrocaudale, (costituito prevalentemente da fibre di tipo I) consente di

confermare il sospetto clinico di malattia del motoneurone inferiore (EMND).

Altri esami collaterali utili per una diagnosi di certezza sono il dosaggio della vitamina E sierica e

l'istopatologia del muscolo dorsomediale sacrocaudale e della branca del nervo spinale accessorio

per il muscolo sterno-cefalico che mostrano, nei soggetti colpiti, rispettivamente denervazione e

degenerazione walleriana.

Il risultato del dosaggio plasmatico di vit. E nel caso in esame è risultato diminuito (0.521 mg/l;

valore normale >1 mg/l) e l'esame istopatologico della biopsia del muscolo sacrocaudale dorsale

mediale ha confermato la presenza di una miopatia neurogena.

MALATTIA DEL MOTONEURONE INFERIORE (EMND)

La malattia del motoneurone inferiore del cavallo è un disordine caratterizzato da disfunzione

neuro-muscolare e atrofia muscolare. Si tratta di una patologia acquisita dei cavalli adulti associata

a carenza cronica (da 6 a 24 mesi o più) di vitamina E nella dieta. Questo stato carenziale induce la

degenerazione dei motoneuroni con maggior metabolismo ossidativo, che innervano i muscoli

posturali antigravitazionali, costituiti prevalentemente da fibre di tipo I. A questo si deve la

maggiore evidenza di debolezza quando i cavalli colpiti si trovano fermi, rispetto a quando sono in

movimento.

La malattia colpisce primariamente i motoneuroni del corno ventrale del midollo spinale e

determina caratteristici segni clinici quali atrofia muscolare neurogenica e una debolezza neuro-

muscolare generalizzata. I segni clinici dipendono dallo stadio e dalla durata della patologia;

attualmente sono riconosciute una forma subacuta ed una cronica (tabella 2).

FORMA SUBACUTA

FORMA CRONICA

tremori riduzione performance

fascicolazioni muscolari anomalie dell’andatura (movimenti simili allo

stringhalt)

riduzione della base d’appoggio impossibilità di aumentare il peso

spostamento del peso sugli arti posteriori tremori e fascicolazioni muscolari non evidenti

sudorazione anomala generalmente conseguente ad una forma sub acuta

decubito prolungato atrofia muscolare da lieve a severa

perdita di peso con appetito mantenuto o

aumentato

assenza di atassia

deperimento muscolare più evidente nei

quadricipiti, tricipiti e glutei

testa abbassata con riduzione della muscolatura

cervicale (> 50% dei casi)

Tabella : principali segni clinici della malattia del motoneurone inferiore nel cavallo

La maggior parte dei casi sono subclinici poiché per far sì che i sintomi siano evidenti oltre il 30%

dei neuroni deve aver perso funzionalità. Con l’avanzare della malattia i cavalli sviluppano atrofia

muscolare grave dovuta alla degenerazione dei motoneuroni, delle radici ventrali e dei nervi

periferici. Quando le lesioni coinvolgono i nuclei motori di certi nervi craniali, i deficit neurologici

sono raramente individuabili. L’esame oftalmoscopico evidenzia spesso una pigmentazione

anomala nell’area non tappetale della retina.

L’appetito si mostra da normale ad aumentato e si rileva coprofagia nel 50% dei casi. La coda ed il

tono anale appaiono normali.

Nei casi acuti si rilevano solitamente modesti aumenti di concentrazione degli enzimi muscolari

CPK e AST e l’analisi del liquido cerebrospinale rivela un’aumentata concentrazione proteica ed

una elevata attività del CPK nel 40% dei casi.

In circa il 30% dei cavalli affetti anche il test di assorbimento del glucosio, ma non quelli dello

xilosio, sono anormali.

Nonostante la biopsia del muscolo sacrocaudale dorsale abbia una sensibilità stimata del 90%, la

diagnosi definitiva è basata sull’esame post-mortem attraverso la valutazione del midollo spinale,

del tronco encefalico, del nucleo ambiguo e dei muscoli scheletrici

TERAPIA ESEGUITA E FOLLOW-UP

Nella fase precedente i risultati di laboratorio e istopatologici è stata improntata una terapia

sistemica antiinfiammatoria con corticosteroidi, antiossidante con dimetilsulfossido che hanno

determinato uno scarso miglioramento clinico. Successivamente è stato impostato un trattamento

finalizzato all’aumento del dosaggio di vitamina E nel plasma attraverso la somministrazione di

un’integrazione alimentare a base di vitamina E secondo il dosaggio di 7000 UI/die.

Tale approccio terapeutico è stato valutato nel tempo attraverso la stima della concentrazione

plasmatica della vitamina E che è rientrata nei limiti di normalità solo dopo circa 2 mesi dall’inizio

del trattamento. Contestualmente l’andamento clinico ha mostrato un miglioramento compatibile

con la sopravvivenza dell’animale che ad oggi, a distanza di circa 18 mesi dall’inizio dei sintomi, si

presenta in uno stato generale valutabile buono e compatibile con la vita in paddock ma

inconciliabile con la ripresa dell’attività agonistica.

Diagnosi caso 3: Il cavallo non appoggia l’arto dopo una caduta

Frattura osteocartilaginea del malleolo laterale della tibia sinistra con una dimensione del

frammento di circa cm 2 x 1; apparentemente trattasi di un singolo frammento.

L'esame ecografico del garretto sinistro conferma la presenza di un frammento distale intrarticolare

a livello del malleolo laterale a cui rimane parzialmente adeso il legamento collaterale laterale

breve. È possibile, inoltre, apprezzare un marcato ispessimento della capsula sinoviale e la presenza

di versamento sinoviale con aumentata ecogenicità compatibile con emartro (immagini 2, 3, 4).

Immagine 1: particolare del frammento malleolare

Immagine 2: sezione longitudinale dell’inserzione del legamento collaterale breve sul malleolo laterale

Immagine 4: sezione trasversale dell’inserzione del LCB sul margine malleolare fratturato: si noti l’ aspetto

anecogeno del legamento, l’ispessimento capsulare e il versamento articolare.

Le fratture della tibia distale interessano spesso il malleolo laterale. Tali fratture sono

principalmente causate da fenomeni traumatici ed in particolare da uno stiramento del legamen

collaterale laterale breve che può determinare l'avulsione di un frammento osseo del malleolo

laterale (fig. 2). Si può generare un unico grosso frammento o più comunemente numerosi piccoli

frammenti. La parte fratturata può rimanere libera all'interno

inglobata all'interno di una reazione fibrosa, anche in base al tempo intercorso tra il momento della

frattura e l’intervento ed in base alla localizzazione del frammento.

Figura 1-Frattura con a

Immagine 4: sezione trasversale dell’inserzione del LCB sul margine malleolare fratturato: si noti l’ aspetto

no del legamento, l’ispessimento capsulare e il versamento articolare.

Le fratture della tibia distale interessano spesso il malleolo laterale. Tali fratture sono

principalmente causate da fenomeni traumatici ed in particolare da uno stiramento del legamen

collaterale laterale breve che può determinare l'avulsione di un frammento osseo del malleolo

laterale (fig. 2). Si può generare un unico grosso frammento o più comunemente numerosi piccoli

frammenti. La parte fratturata può rimanere libera all'interno dell'articolazione oppure essere

inglobata all'interno di una reazione fibrosa, anche in base al tempo intercorso tra il momento della

frattura e l’intervento ed in base alla localizzazione del frammento.

Frattura con avulsione del legamento collaterale breve

Immagine 4: sezione trasversale dell’inserzione del LCB sul margine malleolare fratturato: si noti l’ aspetto

no del legamento, l’ispessimento capsulare e il versamento articolare.

Le fratture della tibia distale interessano spesso il malleolo laterale. Tali fratture sono

principalmente causate da fenomeni traumatici ed in particolare da uno stiramento del legamento

collaterale laterale breve che può determinare l'avulsione di un frammento osseo del malleolo

laterale (fig. 2). Si può generare un unico grosso frammento o più comunemente numerosi piccoli

dell'articolazione oppure essere

inglobata all'interno di una reazione fibrosa, anche in base al tempo intercorso tra il momento della

vulsione del legamento collaterale breve

Clinicamente la frattura del malleolo laterale della tibia si manifesta con gonfiore, calore e dolore,

di vari gradi, dell’area lesa. La riduzione della flessione passiva dell’articolazione tibio-tarscica si

ha nei casi cronici. Non sempre si percepisce la frattura palpandola.

Capsulite e sinovite, clinicamente indice di artrite traumatica acuta, sono rapidamente rinvenibili

dopo la frattura ma possono risolversi senza problemi permanenti se la frattura non interessa una

significativa area articolare. Quando la superficie articolare interessata è ampia, il rischio di

patologie degenerative è maggiore. Se viene coinvolto osso subcondrale avente rapporti con la

capsula articolare si può avere dislocazione o inglobamento dello stesso nella capsula. L’importanza

della dislocazione non è prevedibile; i frammenti dislocati causano più problemi di quelli non

dislocati.

La diagnosi di questa patologia può essere difficile; l'identificazione precoce aiuta sia la terapia sia

la prognosi. I sintomi tipici includono la zoppia acuta associata a tumefazione del tarso; oltre al

versamento articolare è presente edema tissutale, dolorabilità alla palpazione e alla manipolazione.

Per la diagnosi definitiva sono indispensabili gli esami radiografico ed ecografico.

I frammenti sono generalmente evidenti all'esame radiografico, soprattutto nella proiezione DP e

nella proiezione obliqua DLMP a 45° ed eventualmente a 10°. L'esame ecografico può fornire

ulteriori informazioni relativamente alla posizione del frammento, rapporti di questo con il

legamento e il grado di danneggiamento dei tessuti molli. L'accertamento di dimensione, numero e

posizione dei frammenti è fondamentale poiché influenza l'approccio chirurgico. Per la

localizzazione ci si può aiutare inserendo aghi transcutanei al momento dell’rx (immagine 5).

L’artroscopia si rivela ottima per la rimozione guidata di uno o più piccoli frammenti o di un

frammento di dimensioni maggiori previa divisione in parti più piccole; rappresenta, inoltre, un

valido approccio per un’accurata osservazione dei tessuti non ossei dell’articolazione, inclusa la

membrana sinoviale, i villi, la cartilagine articolare ed i legamenti intrarticolari. La fusione dei villi

e la formazione di filamenti di fibrina si osservano in articolazioni infiammate; con la

cronicizzazione i villi tendono a diventare più spessi e fitti.

Immagine 5: rx con proiezione LM e inserimento di aghi transcutanei per meglio localizzare il frammento

L'artrotomia è invece consigliata se si è in presenza di grossi frammenti non facilmente divisibili in

artroscopia o quando il frammento è inglobato in abbondante fibrina o ancora nel caso in cui il

frammento sia sufficientemente grande (maggiore di 3 cm) da permettere un trattamento

conservativo mediante l'utilizzo di viti da corticale opportunamente orientate, di misura variabile a

seconda della dimensione del frammento. A differenza dell’intervento di artroscopia, nel corso di

un intervento di artrotomia, i villi tendono ad aderire alla membrana sinoviale e non possono essere

individuati distintamente. L’artrotomia è comunque una pratica più invasiva e può richiedere

maggiori tempistiche per la guarigione.

In letteratura è descritta ciascuna di queste tecniche da applicarsi discernendo a seconda del caso

specifico; il decorso post-operatorio e il ritorno all'attività sportiva variano in relazione all'autore ed

alla gravità del caso specifico, tenendo presente che un intervento in fase acuta aumenta

notevolmente le probabilità di riuscita del trattamento. In caso di esito positivo sono comunque

necessari 4-6 mesi di riabilitazione.

La recisione del legamento collaterale laterale breve e l'avulsione stessa del frammento osseo

possono destabilizzare l'articolazione rendendo frequenti i casi di DJD (degenerative joint disease).

L’osteoartrite comprende una serie di patologie con comune stato finale: degenerazione della

cartilagine articolare con cambiamenti nell’osso e nei tessuti molli dell’articolazione.

In seguito all’esecuzione di emocromo + formula ed esame biochimico il cavallo viene sottoposto

ad intervento di artroscopia in anestesia generale.

Profilo biochimico Emocromo

Parametro Unità di

misura

Risultato Valori

normali

Parametro Unità di

misura

Risultato Valori

normali

CPK U/l 289 75-300 Globuli rossi /106 µl 7.75 5.0-11.0

AST U/I 133 130-410 Globuli

bianchi

/103 µl 9.9 5.5-11.0

GGT U/l 6.5 <40 Emoglobina g/dl 12.5 8.0-14.0

ALP U/l 81 80-260 Ematocrito % 30.5 24-44

LDH U/l 178 160-500 MCV fl 50.1 39-52

MCHC g/dl 32.2 31-35

Proteine totali g/dl 6.97 5.6-8.1 MCH pg 16.1 15-19

Glicemia mg/dl 115 75-115

Urea mg/dl 21 15-30

Creatinina mg/dl 1.56 1.1-2.0 Neutrofili % 74 35-75

Azoto ureico mg/dl 11 9-25 Eosinofili % 1 1-10

Bilirubina totale mg/dl 2.0 <2.8 Basofili % 0 0-3

Albumine g/dl 2.63 2.0-4.0 Linfociti % 15 15-50

Globuline g/dl 3.34 2.0-4.0 Monociti % 1 2-10

INTERVENTO DI ARTROSCOPIA

Durante l’artroscopia si osserva la presenza di emartro e la membrana sinoviale appare edematosa

ed ispessita con imponente aumento della dimensione e del numero dei villi con aspetto iperemico,

quadro compatibile con una artro-sinovite cronica. Il frammento viene asportato (immagine 7). Si

esegue un debridement del malleolo laterale ed un lavaggio articolare con Ringer Lattato sotto

pressione. Infiltrazione intrarticolare con Bupivacaina 10 ml per facilitare il risveglio del paziente.

Eseguito bendaggio compressivo tipo “Robert-Jones”.

Immagine 7: immagine radiografica intraoperatoria; il frammento è stato rimosso

Il decorso post-operatorio ha previsto:

- la somministrazione di antiinfiammatori per via sistemica per 3 giorni post

antibiotica sistemica per 8 giorni post

- sostituzione della fasciatura compressiva tipo “Robert Jones” a giorni alterni fino

all’asportazione dei punti di sutura, avvenuta 12 giorni post

- di mantenere il cavallo confinato in box per almeno un mese associando passeggiate

giornaliere “a mano” al passo una volta al giorno per 10 minuti, solo dopo la rimozione dei

punti di sutura.

- In seguito, di mantenere il cavallo tra box e piccolo paddock (max 4 x 4 mt) per almeno 2

mesi associando passeggiate almeno due volte al giorno di 10 minuti “a mano” al passo.

- Successivamente, modesta attività in giostra al passo per circa 10 minuti al

mani, per almeno un mese.

- Messa in atto di un protocollo riabilitativo in base alle risultanze cliniche rilevate dal medico

veterinario curante dopo i 4 mesi.

Follow up

Il paziente viene sottoposto a visita di controllo circa 6 mesi dopo

data vengono eseguiti un attento esame clinico ed un controllo radiografico della regione del

garretto sinistro che non evidenziano alterazioni che possano compromettere il graduale ritorno

all’attività sportiva. Viene effettuata un’infiltrazione dell’articolazione tibiotarsica sinistra con acido

ialuronico ad alto peso molecolare.

Immagine 7: immagine radiografica intraoperatoria; il frammento è stato rimosso

operatorio ha previsto:

la somministrazione di antiinfiammatori per via sistemica per 3 giorni post

antibiotica sistemica per 8 giorni post-op.;

sostituzione della fasciatura compressiva tipo “Robert Jones” a giorni alterni fino

all’asportazione dei punti di sutura, avvenuta 12 giorni post-op.;

di mantenere il cavallo confinato in box per almeno un mese associando passeggiate

giornaliere “a mano” al passo una volta al giorno per 10 minuti, solo dopo la rimozione dei

In seguito, di mantenere il cavallo tra box e piccolo paddock (max 4 x 4 mt) per almeno 2

mesi associando passeggiate almeno due volte al giorno di 10 minuti “a mano” al passo.

Successivamente, modesta attività in giostra al passo per circa 10 minuti al

mani, per almeno un mese.

Messa in atto di un protocollo riabilitativo in base alle risultanze cliniche rilevate dal medico

veterinario curante dopo i 4 mesi.

Il paziente viene sottoposto a visita di controllo circa 6 mesi dopo l’intervento chirurgico. In tale

data vengono eseguiti un attento esame clinico ed un controllo radiografico della regione del

garretto sinistro che non evidenziano alterazioni che possano compromettere il graduale ritorno

ettuata un’infiltrazione dell’articolazione tibiotarsica sinistra con acido

ialuronico ad alto peso molecolare.

Immagine 7: immagine radiografica intraoperatoria; il frammento è stato rimosso

la somministrazione di antiinfiammatori per via sistemica per 3 giorni post-op., terapia

sostituzione della fasciatura compressiva tipo “Robert Jones” a giorni alterni fino

di mantenere il cavallo confinato in box per almeno un mese associando passeggiate

giornaliere “a mano” al passo una volta al giorno per 10 minuti, solo dopo la rimozione dei

In seguito, di mantenere il cavallo tra box e piccolo paddock (max 4 x 4 mt) per almeno 2

mesi associando passeggiate almeno due volte al giorno di 10 minuti “a mano” al passo.

Successivamente, modesta attività in giostra al passo per circa 10 minuti al giorno, alle due

Messa in atto di un protocollo riabilitativo in base alle risultanze cliniche rilevate dal medico

l’intervento chirurgico. In tale

data vengono eseguiti un attento esame clinico ed un controllo radiografico della regione del

garretto sinistro che non evidenziano alterazioni che possano compromettere il graduale ritorno

ettuata un’infiltrazione dell’articolazione tibiotarsica sinistra con acido

Dopo circa 1 anno dall’intervento si apprende che il cavallo è ritornato all’attività sportiva di salto

ostacoli seppure di categoria inferiore (90-100 cm) e non sono più state effettuate infiltrazioni né

terapie sistemiche.

E’ possibile che, con il passare del tempo, questa articolazione vada incontro a fenomeni

degenerativi dovuti anche alla maggiore instabilità meccanica in seguito alla recisione del

legamento collaterale laterale breve. I fenomeni infiammatori che hanno interessato la capsula

possono favorire l’instaurarsi di DJD.

Diagnosi caso 4: Un cavallo troppo magro

Le anomalie delle ghiandole salivari nel cavallo interessano frequentemente le parotidi. Esse sono le

ghiandole salivari più grandi e si estendono dalla base dell’orecchio al ramo della mandibola, con il

confine caudale in corrispondenza dell’ala dell’atlante. Diversi condotti più piccoli si uniscono al

confine rostrale e ventrale della ghiandola per formare il condotto parotideo. Il condotto corre

rostralmente e parallelamente al ramo della mandibola, a fianco della vena facciale.

La sialolitiasi nel cavallo interessa tipicamente il dotto parotideo, di solito nella sua porzione più

rostrale, poco prima che si apra nel vestibolo, all’altezza del terzo premolare superiore (108-208).

I sialoliti sono duri, tendenzialmente lisci, mobili e indolori alla palpazione. In alcuni casi il dolore

alla palpazione può essere dovuto a ulcere buccali dovute allo sfregamento della mucosa sui

margini taglienti dei denti dell’arcata superiore.

La diagnosi differenziale dovrebbe prendere in considerazione anche ascessi dentali o tumori

vestibolari.

Eziopatogenesi

La sialolitiasi provoca blocco parziale o totale del dotto salivare, disfunzione delle ghiandole

salivari e ulcerazioni della mucosa orale, che a loro volta provocano disagio all’animale, disfagia e

possibile atrofia della ghiandola.

I cavalli secernono grandi quantità di saliva in confronto ad altri erbivori: un cavallo di 500 kg

produce una media di 12 L al giorno con volumi ancora maggiori se l’alimentazione è ricca di

sostanza secca. Questi grandi volumi di saliva hanno un ruolo importante di lubrificazione,

prevenzione dell’ostruzione esofagea e funzione tampone per l’alto contenuto di bicarbonato (circa

50 mEq/l). Per i motivi appena menzionati il blocco del dotto salivare può aumentare il rischio di

disturbi digestivi.

In parte la formazione dei sialoliti dovrebbe essere dovuta al deposito di materiale organico attorno

al quale si depositano sali di calcio (soprattutto carbonati), all’interno del dotto. Il materiale

organico può essere rappresentato sia da materiale vegetale che arriva nel dotto per via ascendente,

sia da detriti cellulari autologhi. In parte la formazione dei sialoliti sarebbe da ricercarsi nella

composizione della saliva, infatti la ricerca in medicina umana ha mostrato differenze significative

nella composizione della saliva tra i gruppi interessati e quelli di controllo in particolare in materia

di calcio salivare, che era più alto nel gruppo interessato, e la concentrazione di fitati salivari che

erano più bassi nel gruppo interessato. Questi ricercatori hanno concluso che un deficit di inibitori

della cristallizzazione come mio-inositolesafosfato (fitati) potrebbe essere un fattore eziologico

importante nella genesi della sialolitiasi.

Un alto livello di calcio salivare potrebbe anche essere il risultato di patologie renali o altre cause di

ipercalcemia, tumori maligni, iperparatiroidismo primario (estremamente raro negli equidi),

ipervitaminosi D e le malattie granulomatose come la tubercolosi.

Anche la dieta sembra avere un ruolo nella formazione dei sialoliti, così come la localizzazione

geografica pare avere un ruolo determinante: nelle zone aride c’è una maggior frequenza di casi di

sialolitiasi.

Sono interessati più frequentemente dalla sialolitiasi i soggetti anziani ma non è da escludere nella

diagnosi differenziale di soggetti più giovani.

INTERVENTO CHIRURGICO

Il cavallo è stato posto in anestesia generale. In seguito all’estrazione dei premolari 406 e 407 si è

effettuato un debridement degli alveoli dentali che si presentavano interamente occupati da

materiale purulento e da residui di alimento.

Si è eseguita un’incisione a libro di cute e connettivo sottocutaneo, isolando vasi e nervi, e si è

praticato un debridement chirurgico del tessuto di granulazione in corrispondenza della fistola e

dell’area ad essa circostante.

La cavità degli alveoli dentali è stata riempita con Spongostan® (spugna di gelatina emostatica) e la

gengiva è stata suturata con punti staccati incrociati. La cute è stata suturata invece con punti a “U”

staccati.

Per la rimozione del sialolita (foto 4 e 5) si è deciso di procedere con un approccio trans-orale. La

procedura prevede un'incisione lineare della mucosa di circa 2 cm in corrispondenza del sialolita.

La guarigione della ferita operatoria avviene per seconda intenzione.

Foto 1 (in alto) e 5 (in basso) : sialolita

Si è intrapresa quindi una terapia antibiotica con un’associazione di benzilpenicillina procaina

20.000 UI/kg e diidrostreptomicina solfato 25 mg/kg somministrata per via intramuscolare per 8

giorni e terapia antiinfiammatoria a base di Fenilbutazone 1 mg/kg per 3 giorni.

La piaga operatoria è stata quotidianamente pulita e disinfettata e sono stati eseguiti degli sciacqui

buccali con Betadine® diluito al 5 % con soluzione fisiologica e acqua corrente all’interno della

cavità buccale.

Dopo circa 8 giorni dall’intervento si è assistito alla deiscenza della ferita cutanea a causa della

recidiva della fistola oro-facciale dovuta, probabilmente, ad un modesto passaggio di materiale

alimentare attraverso l’alveolo dentario.

Previa sedazione del paziente è stata eseguita una revisione chirurgica della regione mandibolare

eseguendo un secondo debridement chirurgico della piaga a livello della faccia laterale della

mandibola destra con asportazione dei lembi cutanei, asportazione del tessuto di granulazione

presente lungo il tragitto fistoloso. Si è constatata l’assenza dell’impianto di Spongostan® alveolare

e la presenza di residui di alimento nella cavità alveolare. È stata praticata una pulizia completa

della cavità a livello di alveoli dentari dei p

della fistola con soluzione di perossido di idrogeno al 3%.

I lavaggi con perossido di idrogeno al 3% proseguono per 10 giorni, finchè la fistola e la piaga

cutanea appaiono completamente guarite.

Il cavallo è rimasto ricoverato presso la struttura per un totale di 25 giorni, tempo necessario per un

risultato clinico ed estetico ritenuto soddisfacente.

Alle dimissioni il paziente era in grado di alimentarsi da solo e non erano mai stati riscontrati

episodi febbrili.

ESITO

In sede di dimissione i tessuti si presentavano completamente integri e privi di infezioni. Non si

registravano difficoltà masticatorie, calo di appetito, deiscenza delle ferite e il soggetto aveva

ripreso appieno la quotidiana attività.

Attualmente il cavallo a distanza di circa 1 anno dalla dimissione non ha mai più mostrato recidive,

né difficoltà nell’alimentarsi e continua la sua attività nella scuola di equitazione.

Diagnosi caso 5: Dopo essere guarito da zoppia, il mio cavall

Sulla base della sintomatologia clinica del soggetto al momento del ricovero ed alla luce dei

riscontri valutati a carico del piede pelvico destro, risultando inoltre dall’anamnesi l’assenza di una

corretta storia vaccinale, il sospetto diagnost

Poiché l’isolamento del germe è quasi impossibile e non sono disponibili test diagnostici rapidi per

individuare la presenza della tossina, in queste circostanze l’attuazione immediata di un terapia

mirata risulta indispensabile al fine di una prognosi favorevole.

Il tetano è un malattia infettiva, non contagiosa, causata da una esotossina liberata dal batterio

Clostridium Tetani, GRAM positivo, anaerobio, mobile, non invasivo, presente nell’ambiente

sottoforma di spora che germina in anaerobiosi (foto 4).

Foto 2: Clostridium Tetani

presente lungo il tragitto fistoloso. Si è constatata l’assenza dell’impianto di Spongostan® alveolare

e la presenza di residui di alimento nella cavità alveolare. È stata praticata una pulizia completa

della cavità a livello di alveoli dentari dei premolari 406-407 e si sono eseguiti abbondanti lavaggi

della fistola con soluzione di perossido di idrogeno al 3%.

I lavaggi con perossido di idrogeno al 3% proseguono per 10 giorni, finchè la fistola e la piaga

cutanea appaiono completamente guarite.

cavallo è rimasto ricoverato presso la struttura per un totale di 25 giorni, tempo necessario per un

risultato clinico ed estetico ritenuto soddisfacente.

Alle dimissioni il paziente era in grado di alimentarsi da solo e non erano mai stati riscontrati

In sede di dimissione i tessuti si presentavano completamente integri e privi di infezioni. Non si

registravano difficoltà masticatorie, calo di appetito, deiscenza delle ferite e il soggetto aveva

vità.

Attualmente il cavallo a distanza di circa 1 anno dalla dimissione non ha mai più mostrato recidive,

né difficoltà nell’alimentarsi e continua la sua attività nella scuola di equitazione.

5: Dopo essere guarito da zoppia, il mio cavallo è rigido

Sulla base della sintomatologia clinica del soggetto al momento del ricovero ed alla luce dei

riscontri valutati a carico del piede pelvico destro, risultando inoltre dall’anamnesi l’assenza di una

corretta storia vaccinale, il sospetto diagnostico si era ormai orientato verso un caso di tetano.

Poiché l’isolamento del germe è quasi impossibile e non sono disponibili test diagnostici rapidi per

individuare la presenza della tossina, in queste circostanze l’attuazione immediata di un terapia

a risulta indispensabile al fine di una prognosi favorevole.

Il tetano è un malattia infettiva, non contagiosa, causata da una esotossina liberata dal batterio

GRAM positivo, anaerobio, mobile, non invasivo, presente nell’ambiente

forma di spora che germina in anaerobiosi (foto 4).

presente lungo il tragitto fistoloso. Si è constatata l’assenza dell’impianto di Spongostan® alveolare

e la presenza di residui di alimento nella cavità alveolare. È stata praticata una pulizia completa

407 e si sono eseguiti abbondanti lavaggi

I lavaggi con perossido di idrogeno al 3% proseguono per 10 giorni, finchè la fistola e la piaga

cavallo è rimasto ricoverato presso la struttura per un totale di 25 giorni, tempo necessario per un

Alle dimissioni il paziente era in grado di alimentarsi da solo e non erano mai stati riscontrati

In sede di dimissione i tessuti si presentavano completamente integri e privi di infezioni. Non si

registravano difficoltà masticatorie, calo di appetito, deiscenza delle ferite e il soggetto aveva

Attualmente il cavallo a distanza di circa 1 anno dalla dimissione non ha mai più mostrato recidive,

né difficoltà nell’alimentarsi e continua la sua attività nella scuola di equitazione.

Sulla base della sintomatologia clinica del soggetto al momento del ricovero ed alla luce dei

riscontri valutati a carico del piede pelvico destro, risultando inoltre dall’anamnesi l’assenza di una

ico si era ormai orientato verso un caso di tetano.

Poiché l’isolamento del germe è quasi impossibile e non sono disponibili test diagnostici rapidi per

individuare la presenza della tossina, in queste circostanze l’attuazione immediata di un terapia

Il tetano è un malattia infettiva, non contagiosa, causata da una esotossina liberata dal batterio

GRAM positivo, anaerobio, mobile, non invasivo, presente nell’ambiente

Il germe è un ospite abituale del tratto intestinale degli animali e le spore di questo microrganismo

sono in grado di rimanere nel terreno per molti anni.

I cavalli sono la specie animale domestica più suscettibile all’esotossina tetanica.

Le spore si depositano all’interno di una ferita penetrante profonda nella quale il tessuto

devitalizzato genera un ambiente ottimale (anaerobico) per la crescita degli organismi batterici ed il

rilascio di potenti esotossine.

La più importante delle 3 componenti dell’esotossina tetanica (tetanospasmina, tetanolisina, e

tossina non spasmogenica) è la tetanospasmina.

La tetanolisina è una proteina ossigeno-labile con proprietà necrotizzante, confinata al sito di

infezione che favorisce la replicazione del germe in ambiente anaerobio.

La tetanospasmina è la responsabile delle manifestazioni cliniche della malattia. Diffonde dopo

disseminazione per via linfo-ematogena, per via retrograda attraverso i nervi motori e viscerali. Il

trasporto retrogrado può progredire di 75-250 mm/die.

Essa blocca il rilascio di NEUROTRASMETTITORI INIBITORI quali la glicina e l’acido gamma-

amminobutirrico (GABA), neurotrasmettitori inibitori, a livello di interneuroni inibitori nel midollo

spinale e nel cervello (immagine 1). La tetanospasmina, inoltre, ha azioni aggiuntive sulle giunture

neuromuscolari e sui gangli autonomi. I sintomi clinici, di conseguenza, sono caratterizzati da

potenziamento dei normali stimoli sensori, iperestesia e convulsioni che provocano arresto

respiratorio e morte.

Immagine 3: meccanismo d'azione della tetanospasmina a livello di interneurone inibitore

L’esotossina penetra, pertanto, negli assoni dei nervi motori più vicini e migra in senso retrogrado

verso gli interneuroni inibitori del SNC. La tossina può essere trasportata anche per via ematogena

dalle ferite ai nervi in sedi distanti, in particolare nella testa. In ogni caso l

come patologia progressiva localizzata (ad esempio sintomi di tetano che cominciano in un arto o

nella testa) o come sindrome più generalizzata. Nel cavallo è molto più frequente la forma

generalizzata.

Il periodo di incubazione della malattia può andare da 1 a 60 giorni, anche se nel cavallo i sintomi

clinici si rendono manifesti solitamente tra i 2 e 21 giorni successivi all’ingresso del germe.

I sintomi più significativi osservabili inizialmente sono:

- Rigidità di testa e collo, trisma mandibolare, spasmo muscoli facciali;

- Scialorrea, disfagia;

- Procidenza terza palpebra;

- Contrazioni tonico-cloniche della muscolatura scheletrica;

- Rigidità/paralisi di arti, tronco e coda, difficoltà’ nella deambulazione;

- Marcata eccitabilità riflessa dei nervi motori;

- Notevole suscettibilità agli stimoli esterni;

- Possibile coinvolgimento dei muscoli respiratori;

- Tachicardia, tachipnea, ipertermia;

: meccanismo d'azione della tetanospasmina a livello di interneurone inibitore

nto, negli assoni dei nervi motori più vicini e migra in senso retrogrado

verso gli interneuroni inibitori del SNC. La tossina può essere trasportata anche per via ematogena

dalle ferite ai nervi in sedi distanti, in particolare nella testa. In ogni caso la malattia può presentarsi

come patologia progressiva localizzata (ad esempio sintomi di tetano che cominciano in un arto o

nella testa) o come sindrome più generalizzata. Nel cavallo è molto più frequente la forma

della malattia può andare da 1 a 60 giorni, anche se nel cavallo i sintomi

clinici si rendono manifesti solitamente tra i 2 e 21 giorni successivi all’ingresso del germe.

I sintomi più significativi osservabili inizialmente sono:

, trisma mandibolare, spasmo muscoli facciali;

Procidenza terza palpebra;

cloniche della muscolatura scheletrica;

Rigidità/paralisi di arti, tronco e coda, difficoltà’ nella deambulazione;

flessa dei nervi motori;

Notevole suscettibilità agli stimoli esterni;

Possibile coinvolgimento dei muscoli respiratori;

Tachicardia, tachipnea, ipertermia;

: meccanismo d'azione della tetanospasmina a livello di interneurone inibitore

nto, negli assoni dei nervi motori più vicini e migra in senso retrogrado

verso gli interneuroni inibitori del SNC. La tossina può essere trasportata anche per via ematogena

a malattia può presentarsi

come patologia progressiva localizzata (ad esempio sintomi di tetano che cominciano in un arto o

nella testa) o come sindrome più generalizzata. Nel cavallo è molto più frequente la forma

della malattia può andare da 1 a 60 giorni, anche se nel cavallo i sintomi

clinici si rendono manifesti solitamente tra i 2 e 21 giorni successivi all’ingresso del germe.

Rigidità/paralisi di arti, tronco e coda, difficoltà’ nella deambulazione;

- Coliche, costipazione e ritenzione urinaria sono comuni perché il cavallo non riesce ad

assumere la posizione per espellere feci o urine;

- Allo stadio terminale l’opistotono è marcato e possono esserci fenomeni convulsivi;

- Esito spesso letale (50-75% dei casi).

Il decorso della malattia di solito è di 5-10 giorni anche se in alcuni casi i sintomi possono persistere

per settimane.

TERAPIA

Gli obiettivi della terapia comprendono:

- Eliminazione dei germi;

- Neutralizzazione della tossina residua;

- Controllo degli spasmi muscolari;

- Corretta idratazione;

- Apporto nutrizionale;

- Supporto ventilatorio;

L’eliminazione dei batteri responsabili prevede il trattamento della ferita (courettage, drenaggio,

esposizione all’aria) e la somministrazione di penicillina. Sono indicate la penicillina sodica o

potassica (20.000 U.I. IV ogni 6h) o la penicillina procaina (15.000-20.000 U.I./kg o 15/20 mg/kg

ogni 12 ore) per almeno 7 giorni. Nei cavalli sensibili alla penicillina è possibile l’impiego

sostitutivo di tetraciclina.

Nel nostro caso dopo aver eseguito un adeguato courettage della ferita penetrante, riscontrata nel

piede pelvico destro, abbiamo praticato perfusioni loco-regionali giornaliere con amoxicillina e

acido clavulanico per 4 giorni. Il piede è stato, inoltre, medicato quotidianamente applicando sulla

ferita impacchi di garze sterili imbevute di H2O2 fino alla completa guarigione.

La terapia sistemica antibiotica ha previsto la somministrazione di 20.000 UI/kg di penicillina-

procaina IM qid per 10 giorni e di metronidazolo 25 mg/kg OS bid per 5 giorni.

I sistemi per la neutralizzazione della tossina residua prevedono vaccinazione e somministrazione di

anatossina tetanica (TAT). In quest’ultimo caso l’antitossina (da 100 a 5.000 U/kg una solo volta

IV, IM o SC, seguite da 5 U/kg ogni 24 h per 5 giorni) è di ausilio a neutralizzare la tossina. In ogni

caso non è efficace se la tossina si è già legata all’interno del SNC dal momento che gli antisieri

somministrati per via parenterale non attraversano la barriera emato-encefalica. La

somministrazione di antitossina effettuata nella prima fase della malattia può aumentare le

probabilità di guarigione se usata prima della comparsa di rigidità grave, spasmi e decubito. La

tossina antitetanica iniettata direttamente nel SNC si lega alle tossine ancora libere. Il cavallo deve

essere in anestesia generale ed è importante evitare l’utilizzo della ketamina quale farmaco di

induzione. Si inserisce un ago spinale 18 G da 9 cm all’interno dello spazio atlanto

aspirano 50 ml di liquido cefalospinale (CSF) sostituito con un’uguale quantità di antitossina

(immagine 2).

L’antitossina tetanica è stata somministrata, nel soggetto descritto, secondo il seguente protocollo:

- Giorno del ricovero: Inoculo nella cisterna magna di 50.000 UI di anatossina tetanica in

anestesia generale (foto 5 a e b);

- Giorni successivi: 50.000 UI d

Immagine 4: inserimento dell'ago spinale all'interno dello spazio atlanto

Foto 3 (a e b): inoculo in cisterna magna di 50.000 UI di anatos

La somministrazione di tranquillanti, sedativi, anestetici generali, o la combinazione di questi,

completa il controllo dei disordini neuromuscolari.

induzione. Si inserisce un ago spinale 18 G da 9 cm all’interno dello spazio atlanto

aspirano 50 ml di liquido cefalospinale (CSF) sostituito con un’uguale quantità di antitossina

L’antitossina tetanica è stata somministrata, nel soggetto descritto, secondo il seguente protocollo:

Giorno del ricovero: Inoculo nella cisterna magna di 50.000 UI di anatossina tetanica in

anestesia generale (foto 5 a e b);

Giorni successivi: 50.000 UI di anatossina tetanica IV al giorno per 6 giorni.

: inserimento dell'ago spinale all'interno dello spazio atlanto

(a e b): inoculo in cisterna magna di 50.000 UI di anatossina tetanica

La somministrazione di tranquillanti, sedativi, anestetici generali, o la combinazione di questi,

completa il controllo dei disordini neuromuscolari.

induzione. Si inserisce un ago spinale 18 G da 9 cm all’interno dello spazio atlanto-occipitale e si

aspirano 50 ml di liquido cefalospinale (CSF) sostituito con un’uguale quantità di antitossina

L’antitossina tetanica è stata somministrata, nel soggetto descritto, secondo il seguente protocollo:

Giorno del ricovero: Inoculo nella cisterna magna di 50.000 UI di anatossina tetanica in

i anatossina tetanica IV al giorno per 6 giorni.

: inserimento dell'ago spinale all'interno dello spazio atlanto-occipitale

sina tetanica

La somministrazione di tranquillanti, sedativi, anestetici generali, o la combinazione di questi,

L’acepromazina (0,05 mg/kg IV o IM ogn

lievi.

Per crisi epilettiche gravi e rigidità muscolare è indicato il diazepam (0,05

da solo o in combinazione con la Xylazina (0,5

I barbiturici vengono raramente utilizzati per il rilassamento muscolare.

La terapia da noi attuata per gestire le alterazioni neuromuscolari ha previsto la somministrazione di

acepromazina 0,1 mg/kg IM ogni 6 ore per 7giorni e poi a scalare nei 10 gg successivi associata a

pridinolo mesilato (Lisen) 10 mg IM bid per 9 giorni.

A completamento della gestione clinica si è reso necessario eseguire una fluidoterapia mediante

infusione continua di soluzione fisiologica (NaCl 0,9%) e Ringer Lattato per 6 giorni (foto 6).

Foto 4: cavallo sotto fluido terapia e con ovatta nelle orecchie per attutire i rumori

È stato inoltre indispensabile alimentare il cavallo per mezzo di sonda rino

al giorno (nucleo + olio disciolto in acqua) e manten

ogni sollecitazione esterna. A tal fine è stato utile applicare del cotone nelle orecchie del soggetto

per minimizzarne la stimolazione acustica.

Il nostro caso clinico ha mostrato una progressiva stabiliz

dimissione del soggetto è avvenuta il 21° giorno dopo il ricovero, nonostante siano descritti gravi

effetti collaterali a seguito delle terapie esposte quali, ad esempio, necrosi epatica acuta dopo la

somministrazione parenterale di TAT o lo sviluppo di attacchi epilettici, decubito persistente o

laminite dopo la somministrazione della stessa attraverso la cisterna magna.

Le indicazioni terapeutiche da seguire a casa hanno previsto:

L’acepromazina (0,05 mg/kg IV o IM ogni 12 ore) è efficace nel controllo degli spasmi muscolari

Per crisi epilettiche gravi e rigidità muscolare è indicato il diazepam (0,05-0,5 mg/kg IV al bisogno)

da solo o in combinazione con la Xylazina (0,5-1 mg/kg IV o IM).

raramente utilizzati per il rilassamento muscolare.

La terapia da noi attuata per gestire le alterazioni neuromuscolari ha previsto la somministrazione di

acepromazina 0,1 mg/kg IM ogni 6 ore per 7giorni e poi a scalare nei 10 gg successivi associata a

idinolo mesilato (Lisen) 10 mg IM bid per 9 giorni.

A completamento della gestione clinica si è reso necessario eseguire una fluidoterapia mediante

infusione continua di soluzione fisiologica (NaCl 0,9%) e Ringer Lattato per 6 giorni (foto 6).

: cavallo sotto fluido terapia e con ovatta nelle orecchie per attutire i rumori

È stato inoltre indispensabile alimentare il cavallo per mezzo di sonda rino-gastrica almeno 2 volte

al giorno (nucleo + olio disciolto in acqua) e mantenendolo in un box il più possibile buio e privo di

ogni sollecitazione esterna. A tal fine è stato utile applicare del cotone nelle orecchie del soggetto

per minimizzarne la stimolazione acustica.

Il nostro caso clinico ha mostrato una progressiva stabilizzazione della sintomatologia clinica e la

dimissione del soggetto è avvenuta il 21° giorno dopo il ricovero, nonostante siano descritti gravi

effetti collaterali a seguito delle terapie esposte quali, ad esempio, necrosi epatica acuta dopo la

one parenterale di TAT o lo sviluppo di attacchi epilettici, decubito persistente o

laminite dopo la somministrazione della stessa attraverso la cisterna magna.

Le indicazioni terapeutiche da seguire a casa hanno previsto:

i 12 ore) è efficace nel controllo degli spasmi muscolari

0,5 mg/kg IV al bisogno)

La terapia da noi attuata per gestire le alterazioni neuromuscolari ha previsto la somministrazione di

acepromazina 0,1 mg/kg IM ogni 6 ore per 7giorni e poi a scalare nei 10 gg successivi associata a

A completamento della gestione clinica si è reso necessario eseguire una fluidoterapia mediante

infusione continua di soluzione fisiologica (NaCl 0,9%) e Ringer Lattato per 6 giorni (foto 6).

: cavallo sotto fluido terapia e con ovatta nelle orecchie per attutire i rumori

gastrica almeno 2 volte

endolo in un box il più possibile buio e privo di

ogni sollecitazione esterna. A tal fine è stato utile applicare del cotone nelle orecchie del soggetto

zazione della sintomatologia clinica e la

dimissione del soggetto è avvenuta il 21° giorno dopo il ricovero, nonostante siano descritti gravi

effetti collaterali a seguito delle terapie esposte quali, ad esempio, necrosi epatica acuta dopo la

one parenterale di TAT o lo sviluppo di attacchi epilettici, decubito persistente o

- Un’alimentazione abbondante;

- Il mantenimento del cavallo in box ben pulito;

- Passeggiate mattina e sera di 15 minuti al passo;

- Il consiglio di mantenere i piedi curati e puliti;

- Iniziare un corretto protocollo vaccinale.

Foto

È importante sottolineare che la guarigione dal tetano non comporta immunità di lunga durata ed i

soggetti che sopravvivono necessitano di ulteriori immunizzazioni annuali.

La prevenzione del tetano si ottiene rapidamente con la somministrazione di un vaccino

viene somministrata una dose iniziale, poi una seconda un mese più tardi ed in seguito si fanno

richiami annuali. Le femmine gravide dovrebbero essere vaccinate da 1 a 3 mesi prima del parto per

garantire un sistema adeguato di anticorpi antitetani

vaccinati a 3, 4 e 6 mesi e poi sottoposti a richiami annuali.

Quello per il tetano è uno dei vaccini più efficaci nel cavallo ed il suo impiego in tutti i soggetti

dovrebbe essere incoraggiato con la massima conv

Diagnosi caso 6: Il puledro steso in paddock

I risultati delle analisi di laboratorio sul liquido sinoviale confermano la presenza di una cellulite

microbica sottocutanea a carico della regione del garretto destro.

L’imponente deformità del garretto era dovuta sia alla marcata ectasia tibio

infiammazione articolare di probabile origine traumatica, verificata dall’aumento delle proteine

totali non associata ad alterazione della conta cellulare, sia al versamento purulento sot

Un’alimentazione abbondante;

antenimento del cavallo in box ben pulito;

Passeggiate mattina e sera di 15 minuti al passo;

Il consiglio di mantenere i piedi curati e puliti;

Iniziare un corretto protocollo vaccinale.

Foto 5 cavallo 20 gg. dopo la dimissione

mportante sottolineare che la guarigione dal tetano non comporta immunità di lunga durata ed i

soggetti che sopravvivono necessitano di ulteriori immunizzazioni annuali.

La prevenzione del tetano si ottiene rapidamente con la somministrazione di un vaccino

viene somministrata una dose iniziale, poi una seconda un mese più tardi ed in seguito si fanno

richiami annuali. Le femmine gravide dovrebbero essere vaccinate da 1 a 3 mesi prima del parto per

garantire un sistema adeguato di anticorpi antitetanici colostrali. I puledri dovrebbero essere

vaccinati a 3, 4 e 6 mesi e poi sottoposti a richiami annuali.

Quello per il tetano è uno dei vaccini più efficaci nel cavallo ed il suo impiego in tutti i soggetti

dovrebbe essere incoraggiato con la massima convinzione.

o 6: Il puledro steso in paddock

I risultati delle analisi di laboratorio sul liquido sinoviale confermano la presenza di una cellulite

microbica sottocutanea a carico della regione del garretto destro.

etto era dovuta sia alla marcata ectasia tibio

infiammazione articolare di probabile origine traumatica, verificata dall’aumento delle proteine

totali non associata ad alterazione della conta cellulare, sia al versamento purulento sot

mportante sottolineare che la guarigione dal tetano non comporta immunità di lunga durata ed i

La prevenzione del tetano si ottiene rapidamente con la somministrazione di un vaccino. Prima

viene somministrata una dose iniziale, poi una seconda un mese più tardi ed in seguito si fanno

richiami annuali. Le femmine gravide dovrebbero essere vaccinate da 1 a 3 mesi prima del parto per

ci colostrali. I puledri dovrebbero essere

Quello per il tetano è uno dei vaccini più efficaci nel cavallo ed il suo impiego in tutti i soggetti

I risultati delle analisi di laboratorio sul liquido sinoviale confermano la presenza di una cellulite

etto era dovuta sia alla marcata ectasia tibio-tarsica legata ad una

infiammazione articolare di probabile origine traumatica, verificata dall’aumento delle proteine

totali non associata ad alterazione della conta cellulare, sia al versamento purulento sottocutaneo.

INTERVENTO CHIRURGICO

Il cavallo è stato sottoposto ad intervento chirurgico in anestesia generale.

Dopo aver eseguito un tampone sottocutaneo, abbiamo eseguito un debridement chirurgico della

regione del garretto con l’asportazione di un lembo cutaneo necrotico dalla faccia laterale del

garretto destro di circa 25 cm di diametro fino all’esteriorizzazione dei tessuti sottocutanei (foto 3).

Prima del risveglio è stata eseguita una perfusione loco-regionale dalla vena safena con Amikacina

solfato (1000 mg in 50 ml di soluzione salina sterile) in seguito ad applicazione di un laccio

emostatico a metà coscia mantenuto in sede per venti minuti. È stata infine eseguita una fasciatura

compressiva dell’arto pelvico destro di tipo “Robert-Jones” con materiale sterile. Al risveglio il

puledro si è alzato autonomamente e ha camminato caricando correttamente l’arto pelvico destro.

Foto 6: presentazione della lesione in sede chirurgica dopo il debridement (giorno 0).

In sede operatoria si è deciso di attuare un protocollo di guarigione per seconda intenzione

coadiuvato dalla terapia a base di Platelet Rich Plasma (PRP) autologo. È stato, pertanto, effettuato

il prelievo di circa 200 ml di sangue per la preparazione del concentrato piastrinico.

Guarigione per seconda intenzione

La scelta della guarigione per seconda intenzione di una soluzione di continuo della cute si attua

quando non è consigliabile realizzarne una per prima intenzione o per prima intenzione posticipata.

Nella maggior parte dei casi si applica alle soluzioni di continuo interessate da un’importante

contaminazione batterica e da una perdita moderata o severa dei tessuti tale da precluderne una

chiusura diretta. Tali lesioni devono guarire, pertanto, seguendo per intero i processi di contrazione,

granulazione ed epitelizzazione.

Al fine di rispettare il concetto, relativamente recente, della cosiddetta guarigione “umida” delle

ferite, l’essudato prodotto dalla soluzione di continuo viene solitamente lasciato di proposito a

contatto col suo letto. Già nel 1962, George Winter aveva dimostrato che, sia nella specie umana sia

suina, le ferite cutanee a tutto spessore, mantenute in un ambiente umido, giungono a completa

epitelizzazione in 12-15 giorni, mentre se lasciate seccare, si risolvono in 25-30 giorni. Le ferite

caratterizzate da uno stato infiammatorio lieve, se mantenute bagnate dal loro stesso essudato, sono

interessate, infatti, da una minore sensazione di prurito e presentano la formazione di un’escara di

minor spessore. Alcune lesioni risultano tuttavia caratterizzate da un’eccessiva quantità di essudato,

quali ad esempio le bruciature, le soluzioni di continuo con un’ampia perdita di tessuto, i traumi

estensivi da pascolo e le ferite refrattarie alla guarigione per infezioni croniche.

Il segreto delle guarigioni “umide” è racchiuso nei costituenti dell’essudato che vanno a creare

l’ambiente migliore per una perfetta cicatrizzazione, ovvero:

- le cellule necessarie alla riparazione;

- un substrato ricco d’enzimi, fattori di crescita e fattori chemotattili;

- numerose molecole volte al controllo delle infezioni.

Esistono delle prove a dimostrazione dei benefici apportati dagli essudati di fase acuta sulla

migrazione, sulle attività di contrazione e crescita fibroblastica. A titolo d’esempio, è stato provato

in vitro che i liquidi umani racchiusi nei tessuti soggetti ad ustione promuovono la contrazione,

mentre i fluidi delle ferite acute stimolano la crescita delle cellule endoteliali e dei fibroblasti del

derma.

I fluidi delle ferite croniche provocano al contrario l’invecchiamento dei fibroblasti, contengono

una maggiore concentrazione di enzimi proteolitici e inducono una drammatica diminuzione della

sintesi di collagene, scaturendo nel grave rallentamento dei processi di riparazione.

Gli enzimi contenuti nell’essudato provengono dalla rottura dei globuli bianchi e dalle

metalloproteasi.

I bendaggi molto aderenti sono adatti a mantenere i fluidi della ferita in contatto con il suo letto per

facilitarne il debridement autolitico, di fondamentale importanza per il rimanente processo di

guarigione. I fattori di crescita locali e le citochine forniscono uno stimolo per fibroblasti, cellule

epiteliali e endoteliali. I fattori chemotattici richiamano maggiori neutrofili e macrofagi al fine di

attuare un’azione di controllo dei batteri e di permettere il debridement della superficie lesa. Un

ambiente umido permette una migliore migrazione di neutrofili e macrofagi rispetto ad uno stesso

secco.

Un altro beneficio dell’essudato è quello di fornire una costante termoregolazione del letto della

soluzione di continuo.

I maggiori rischi riscontrabili in una ferita “umida” consistono nella sua possibile colonizzazione

batterica e nello sviluppo di follicoliti che provocano l’inevitabile danneggiamento dei suoi margini.

Nonostante la colonizzazione batterica sia un’evenienza preoccupante, una soluzione di continuo

che non presenta uno stato infettivo prima della sua chiusura definitiva, difficilmente lo svilupperà

in un secondo momento. Un eventuale surplus di essudato può portare alla macerazione dei tessuti,

alla perdita di proteine, elettroliti e zinco, e ad anemia locale.

PRP

Sulla base di quanto già accennato relativamente alle proprietà, all’utilizzo e all’efficacia del PRP,

dal giorno dopo l’intervento chirurgico abbiamo praticato le applicazioni di PRP in associazione a:

- pulizia accurata della piaga con RL sterile;

- applicazione di PRP autologo (frequenza giornaliera d’attacco) 5 ml die;

- terapia antibiotica locale: perfusione loco-regionale quotidiana di 20 minuti dell’arto pelvico

destro (1000 mg di amikacina solfato diluiti in un volume di 40 ml di soluzione fisiologica

sterile);

- fasciatura compressiva dell’arto pelvico destro di tipo “Robert-Jones” con materiale sterile;

- terapia antibiotica sistemica con penicillina (20.000 UI/kg IM BID) e gentamicina (6.6

mg/kg IV SID);

- terapia antiinfiammatoria con FANS (flunixin meglumine 0,5 mg/kg IV SID).

Il terzo giorno di ricovero i risultati di laboratorio hanno dimostrato la sterilità del liquido sinoviale,

e la contaminazione sottocutanea (Tabella 1).

ESAME COLTURALE

RISULTATO

ANTIBIOGRAMMA

Liquido sinoviale

negativo

Tampone sottocutaneo

Aerobi: staphyloccoccus aureus

Anaerobi: staphyloccoccus aureus

SENSIBILE: ampicillina, cefalessina,

ceftiofur, rifaximina,

sulfometossazolo+trimethoprim

INTERMEDIO: enrofloxacina,

rinfampicina;

RESISTENTE: amikacina, aztreonam,

cefapirina, cefquinome, kanamicina,

metronidazolo, sulfadiazina,

Tabella 1: risultati esami colturali.

Dal 3° giorno di ricovero abbiamo eseguito la sola applicazione di PRP (aliquote di 5 ml), previa

pulizia della piaga con Ringer Lattato sterile (circa 1 litro), a giorni alterni, seguite da una

tipo “Robert-Jones” con materiale sterile.

La prima applicazione di PRP è stata eseguita il 2° giorno di ricovero.

Il cavallo è rimasto ricoverato presso le strutture per un totale di 21 giorni, la terapia con PRP

autologo si è protratta per un totale di 20 giorni (foto 5

Sono state eseguite n° 11 applicazioni di PRP (da 5 ml ciascuna) delle quali le prime 3 a frequenza

giornaliera, mentre le successive 8 applicate a giorni alterni.

Foto 7: lesione il giorno 8; IV applicazione di PRP

sulfatiazolo+sulfadiazina+sulfamerazina

Dal 3° giorno di ricovero abbiamo eseguito la sola applicazione di PRP (aliquote di 5 ml), previa

pulizia della piaga con Ringer Lattato sterile (circa 1 litro), a giorni alterni, seguite da una

Jones” con materiale sterile.

La prima applicazione di PRP è stata eseguita il 2° giorno di ricovero.

Il cavallo è rimasto ricoverato presso le strutture per un totale di 21 giorni, la terapia con PRP

totale di 20 giorni (foto 5-6-7).

Sono state eseguite n° 11 applicazioni di PRP (da 5 ml ciascuna) delle quali le prime 3 a frequenza

giornaliera, mentre le successive 8 applicate a giorni alterni.

applicazione di PRP

sulfatiazolo+sulfadiazina+sulfamerazina

Dal 3° giorno di ricovero abbiamo eseguito la sola applicazione di PRP (aliquote di 5 ml), previa

pulizia della piaga con Ringer Lattato sterile (circa 1 litro), a giorni alterni, seguite da una fasciatura

Il cavallo è rimasto ricoverato presso le strutture per un totale di 21 giorni, la terapia con PRP

Sono state eseguite n° 11 applicazioni di PRP (da 5 ml ciascuna) delle quali le prime 3 a frequenza

Foto 8: lesione il giorno 12; VI applicazione di PRP

Foto 9: lesione il giorno 16; VIII applicazione di PRP

Follow up

Ad oggi il puledro si presenta in ottime condizioni fisiche e mostra un ritmo di crescita normale per

la sua razza. Il proprietario riferisce che non ci sono alterazioni di andatura e la condizione estetica

della lesione è assolutamente soddisfacente (foto 8).

Foto 10: foto del paziente 20 giorni dopo la dimissione, 40 giorni dopo l'evento traumatico

Diagnosi caso 7: Il cavallo è intollerante all’esercizio e quando galoppa fa uno “strano”

rumore.

Si esegue un attento esame obbiettivo particolare dell’apparato respiratorio per poter escludere

eventuali problemi, infiammazioni o infezioni microbiche delle vie aeree basse.

� LIMITI POLMONARI: NN

� RIFLESSO DELLA TOSSE: assente

� AUSCULTAZIONE POLMONARE: NN, anche dopo la prova di ipercapnia

Sono, inoltre, stati realizzati l’EOP dell’apparato muscolo-scheletrico e un’approfondita indagine

dell’apparato cardiocircolatorio per escluderne il coinvolgimento patologico.

Gli esami ematici compiuti (emocromo con formula e profilo biochimico completo) risultavano

nella norma.

Nel nostro soggetto L’EOP dell’apparato respiratorio non metteva in evidenza particolari anomalie

ma il rumore, di probabile natura espiratoria, riportato dal fantino associato al calo della

performance sportiva, ci ha spinti ad eseguire ulteriori approfondimenti diagnostici a carico delle

alte vie respiratorie.

La prima indagine eseguita ha previsto l’esecuzione di un esame endoscopico.

Esame endoscopico

L’endoscopia delle alte vie respiratorie è lo strumento diagnostico di elezione per la valutazione del

primo tratto respiratorio. È diventata una prassi nella diagnostica del cavallo atleta e l’esperienza

dell’operatore è fondamentale nel discriminare ciò che è patologico da ciò che è sano, soprattutto

quando si tratta di anormalità funzionali. L’esame endoscopico è una componente importante nella

valutazione complessiva dell’animale per arrivare a formulare una diagnosi e va accompagnato

all’anamnesi e al resto dell’esame obbiettivo particolare dell’apparato respiratorio. L’esame

endoscopico completo si compone di: un’endoscopia con il soggetto in stazione per una valutazione

anatomo-funzionale della laringe e del palato molle ed un’endoscopia con il cavallo in esercizio, su

treadmill o su pista, per indurre le alterazioni patologiche non evidenziabili a riposo. Questi due

esami non si escludono ma concorrono ad una migliore comprensione della patogenesi delle

ostruzioni delle alte vie respiratorie.

ESAME ENDOSCOPICO IN STAZIONE

Il cavallo va contenuto con il solo torcinaso e sarebbe meglio non effettuare nessuna sedazione in

quanto potrebbe compromettere la funzionalità delle strutture muscolari della gola (foto 6).

Foto 11: videoendoscopia in stazione, cavallo contenuto con il torcinaso

L’esame delle cavità nasali si può fare durante l’ingresso o l’uscita della sonda. La porzione caudale

delle alte vie respiratorie (laringe e faringe) è quella che si valuta per prima. L’epiglottide deve

essere posizionata dorsalmente al palato e deve avere i margini seghettati con un chiaro pattern

vascolare sulla faccia dorsale (foto 7).

Foto 12: immagine endoscopica di un laringe di un cavallo sano, notare la forma e la posizione dorsale dell'epiglottide rispetto al palato molle

I processi corniculati delle aritenoidi devono essere indagati per escludere ogni eventuale

anormalità (ulcerazioni, tessuto di granulazione, ispessimenti) e vanno valutati i movimenti di

abduzione ed adduzione degli stessi (foto 8-9).

Foto 13: adduzione delle aritenoidi di un cavallo sano

Foto 14: completa abduzione della ritenoidi di un cavallo sano.

Uscendo con la sonda dalla trachea è comune che il palato molle dislochi ma il cavallo deve

riposizionarlo correttamente in breve tempo entro gli otto atti respiratori. Per poter valutare meglio

il grado di abduzione delle aritenoidi si può effettuare lo ‘slap test’, ovvero si evoca la chiusura

delle aritenoidi percuotendo la zona del garrese da entrambi i lati. Il grado di asimmetria durante

l’abduzione è correlato al grado di atrofia che si sente durante la palpazione della laringe ed al

grado di sforzo durante l’esercizio. Si possono anche tappare le narici per valutare al respiro

successivo l’abduzione delle aritenoidi e la stabilità e la funzionalità della laringe e della faringe.

ESAME ENDOSCOPICO SU TREADMILL

L’endoscopia in movimento rappresenta un esame fondamentale dato che molte alterazioni delle

alte vie respiratorie non sono evidenziabili a riposo, poiché il cavallo non raggiunge le condizioni di

sforzo respiratorio che si verificano durante l’esercizio. Alcuni dei problemi delle alte vie

respiratorie oltre ad essere dinamici sono anche intermittenti e, pertanto, si rende indispensabile

cercare di riprodurre le stesse condizioni di velocità, posizioni di testa e di collo e di affaticamento,

altrimenti si possono avere dei falsi negativi (foto 10).

Foto 15: cavallo sottoposto ad esame endoscopico su tredmill.

In un studio eseguito su 600 cavalli sottoposti a videoendoscopia su treadmill è risultato che 471

soggetti (79%) erano affetti da ostruzione delle alte vie respiratorie; 486 (78%) avevano una storia

di rumore respiratorio anomalo durante l’esercizio; dei 471 che presentavano un’ostruzione delle

alte vie respiratorie, 328 (70%) era affetto da una sola patologia mentre i restanti 143 cavalli (30%)

presentavano un’associazione di due o più patologie (fig. 1).

Figura 2: tabella riassuntiva dell'incidenza delle ostruzioni dinamiche delle alte vie respiratorie.

4.4.3 ESAME ENDOSCOPICO SU PISTA

L’endoscopia su treadmill è considerata il gold standard per la valutazione delle patologie delle alte

vie respiratorie. Questa tecnica diagnostica comunque non riproduce le reali sollecitazioni a cui il

cavallo è soggetto durante l’esercizio. L’assenza di molte variabili inerenti l’allenamento (la qualità

del terreno, il peso del fantino, la massima velocità, l’ambiente) possono portare a diagnosi errate

durante l’esame su treadmill. L’endoscopia su pista si può effettuare attraverso l’uso di un

videoendoscopio portatile costituito da (foto 11):

• Sonda semi rigida di diametro di 9.8mm;

• Un sistema di agganci che fissi la sonda alla testiera dell’animale;

• Uno zaino contenente un processore, una batteria, settaggio per la luce, un sistema di

registrazione wireless, un controller che faccia partire e fermare la registrazione;

• un sistema di lavaggio interno che parte ad intervalli di 30 secondi per pulire la lente della

sonda dal muco prodotto;

• un display dotato di sistema wireless che riproduce le immagini dell’endoscopio in tempo

reale, fino ad una distanza di 600m.

Foto 16: particolare di endoscopia su pista

L’esame videoendoscopico in stazione del soggetto esaminato ha evidenziato:

- la pervietà delle alte vie respiratorie, l’assenza di muco e di materiale alimentare lungo le vie

respiratorie;

- Le mucose faringea e laringea nella norma, assenza di infiammazioni;

- Slap-test nella norma;

- Il palato molle si trova ventralmente all’epiglottide. Dopo il passaggio dell’endoscopio in

trachea abbiamo assistito alla DDSP che permane per oltre 8 atti respiratori (VIDEO 1) ed

anche in seguito alle continue deglutizioni avvenute durante l’esame. Il palato restava dislocato

per un lungo lasso di tempo;

- Assenza di ulcerazioni a livello di margine libero del palato;

- l’ispezione delle tasche gutturali non aveva evidenziato alterazioni patologiche.

Il sospetto diagnostico di DDSP ci porta ad eseguire un esame radiografico della regione faringea.

ESAME RADIOGRAFICO

L’esame radiografico della faringe, utilizzando le proiezioni latero-laterali, è una tecnica

diagnostica che permette di identificare patologie come l’intrappolamento dell’epiglottide e la

dislocazione dorsale del palato molle. Questa proiezione permette di ottenere informazioni sullo

spessore, sulla lunghezza e sulla forma della cartilagine dell’epiglottide che con l’endoscopia non è

possibile valutare. L’immagine radiografica della faringe fornisce dati riguardo ad altre strutture

non evidenziabili all’esame endoscopico come, ad esempio, eventuali masse faringee. Per effettuare

l’immagine radiografica, la testa viene lasciata nella normale posizione che il cavallo assume in

stazione. Un’esagerata estensione della testa, infatti, provoca un aumento nella distanza

faringoepiglottica, mentre una flessione forzata diminuisce tale distanza. Il diametro nasofaringeo

aumenta di molto durante l’estensione rispetto a quanto avviene durante la flessione della testa sul

collo. La cartilagine dell’epiglottide si identifica come una struttura curvilinea con l’apice

localizzato sotto il bordo dorsale del palato molle. La forma delle pliche ariepiglottiche è

visualizzabile a partire dalle cartilagini aritenoidi fino alla giunzione con il bordo dorsale

dell’epiglottide (foto 12). I cavalli affetti da DDSP hanno l’apice dell’epiglottide localizzato

ventralmente al palato molle e, occasionalmente, presentano aria nell’orofaringe (foto 13). La

lunghezza della cartilagine dell’epiglottide può essere misurata dal corpo della cartilagine tiroide

fino alla punta dell’epiglottide (lunghezza tireo-epiglottica) sull’immagine radiografica (foto 13).

Foto 17: immagine radiografica di una gola di cavallo, proiezione L-L della laringe per valutare la posizione della laringe e dell’apparecchio ioideo. B) osso basiioide; ossificati: ossificazione cartilagine tiroide; Th-T) articolazione tiroioideo

Foto 18: proiezione L-L di una gola di purosangue di 4 anni castrone con una DDSP permanente prima della chirurgia. Notare la posizione del palato molle rispetto all’epiglottide. Si evidenzia aria nella bocca e nella porzione ventrale dell’epiglottide.

Foto 19: dettagli radiografici dell’anatomia della gola con il cavallo con la testa estesa sul collo. Freccia “indica la distanza dalla porzione rostrale della cartilagine tiroide alla porzione rostrale dell’osso tiroioideo. Freccia “c” indica la distanza dalla porzione rostrale della cartilagine tiroide alla porzione caudale dell’osso tiroioideo.

DIAGNOSI DEFINITIVA

Dall’anamnesi e alla luce dei risultati endoscopici e radiografici (foto 15) la diagnosi definitiva è di

dislocazione dorsale del palato molle (DDSP).

Foto 20: immagine radiografica Ldell'epiglottide rispetto al palato molle

: dettagli radiografici dell’anatomia della gola con il cavallo con la testa estesa sul collo. Freccia “

indica la distanza dalla porzione rostrale della cartilagine tiroide alla porzione rostrale dell’osso tiroioideo. Freccia “c” indica la distanza dalla porzione rostrale della cartilagine tiroide alla porzione caudale dell’osso

Dall’anamnesi e alla luce dei risultati endoscopici e radiografici (foto 15) la diagnosi definitiva è di

dislocazione dorsale del palato molle (DDSP).

: immagine radiografica L-L della gola del cavallo prima della chirurgia. Notare la posizione

dell'epiglottide rispetto al palato molle

: dettagli radiografici dell’anatomia della gola con il cavallo con la testa estesa sul collo. Freccia “ r” indica la distanza dalla porzione rostrale della cartilagine tiroide alla porzione rostrale dell’osso tiroioideo. Freccia “c” indica la distanza dalla porzione rostrale della cartilagine tiroide alla porzione caudale dell’osso

Dall’anamnesi e alla luce dei risultati endoscopici e radiografici (foto 15) la diagnosi definitiva è di

rurgia. Notare la posizione

DISLOCAZIONE DORSALE DEL PALATO MOLLE

La dislocazione dorsale del palato molle (DDSP) è un’ostruzione delle alte vie respiratorie, di

natura espiratoria, che può manifestarsi con maggior prevalenza nel cavallo atleta durante l’intenso

esercizio. Non sono state riscontrate predisposizioni di razza, sesso o età anche se i cavalli in cui

tale patologia è più manifesta sono i cavalli da corsa per le particolari condizioni a cui vanno

incontro durante l’esercizio massimo; è meno frequente nei cavalli da salto ostacoli o dressage e nei

cavalli americani ma tale incidenza aumenta nei cavalli che lavorano con il collo e la testa flessa. La

dislocazione dorsale del palato molle fu per prima descritta da Quinlan nel 1949 ma ancora oggi il

meccanismo patofisiologico che determina questa patologia rimane non del tutto chiaro. Infatti, nel

1981 Cook ipotizzò che la DDSP risultasse da una dislocazione della laringe rispetto al palato

molle. Oggi si sa che la DDSP è una patologia che possiede un’eziologia multifattoriale e che

riguarda disfunzioni della faringe, più nello specifico, del palato molle. Alcuni autori nei loro studi

hanno dimostrato che l’età media in cui la DDSP si manifesta è di circa 3,5 anni. Dall’attenta analisi

dei risultati di altre ricerche, è possibile evidenziare che tale patologia si può riscontrare anche su

soggetti di età più avanzata attestandosi, la sua incidenza, intorno ai 4-6 anni di età. Nella

descrizione della DDSP si rende necessario distinguerne due forme: una intermittente ed una

persistente.

DDSP INTERMITTENTE

Rappresenta la forma più comune di DDSP. Nella DDSP intermittente il margine libero del palato

molle si disloca dalla sua normale posizione sub-epiglottica (Foto 5, video 1) ed ostruisce il lume

nasofaringeo durante l’esercizio.

DDSP PERSISTENTE

Si tratta di un tipo di dislocazione permanente che però si manifesta raramente ed è dovuta ad un

danneggiamento dell’innervazione motoria efferente dei muscoli del palato molle e dei muscoli

costrittori dorsali della faringe.

Molte altre ipotesi sono state, negli anni, proposte per spiegare le cause alla base della DDSP

persistente. Le più interessanti hanno cercato di evidenziare l’importante ruolo rivestito dalla forma

e dalla posizione dell’epiglottide. È stato possibile osservare, inoltre, come la dislocazione dorsale

del palato molle persistente fosse spesso associata alla presenza di un frenulo sub epiglottico e di

un’epiglottide ipoplastica.

Altri autori l’hanno descritta quale complicanza secondaria alla chirurgia per l’intrappolamento

dell’epiglottide. Ulteriori studi sulle differenze tra DDSP intermittente e DDSP persistente sono

stati condotti con l’ausilio della diagnostica per immagini, comparando radiograficamente la

posizione della laringe e dell’apparecchio ioideo nei cavalli con DDSP intermittente e persistente

con l’obiettivo di dimostrare che i cavalli con la DDSP persistente hanno una differente posizione

del laringo-iode rispetto la DDSP intermittente. I cavalli con DDSP persistente hanno una posizione

molto più caudale della laringe rispetto a quelli con DDSP intermittente; cavalli con DDSP

permanente hanno una posizione dell’osso basiioide più dorsale rispetto a quelli con DDSP

intermittente; la posizione dell’articolazione tiroioidea nei cavalli con DDSP persistente è molto più

dorso-caudale rispetto a quelli con DDSP intermittente.

La comparsa della dislocazione dorsale del palato molle è spesso associata alla comparsa di un

rumore respiratorio. Tale rumore è di natura espiratoria e ricorda un ruggito o un rumore di

russamento (snooring) che deriva dal fondo della gola. Il rumore di ruggito prodotto dal cavallo

sotto massimo sforzo si conosceva già nel diciottesimo secolo ed era associato ad un calo delle

performance.

Quando il palato molle disloca rispetto all’epiglottide durante l’esercizio subisce un’escursione

dorso-ventrale durante il ciclo respiratorio. Durante l’inalazione, il palato molle resta in posizione

dorsale rispetto l’epiglottide ma non provoca un’ostruzione perché le pressioni negative lo

mantengono in una posizione ferma rispetto al pavimento del nasofaringe. Durante l’espirazione,

d’altro canto, il palato molle fluttua dorsalmente nel lume nasofaringeo, deviando così parte dei

flussi d’aria attraverso l’orofaringe e la bocca. Questo fenomeno è dato dal calo del flusso

espiratorio e dall’aumento delle resistenze espiratorie.

Le conseguenze dell’ostruzione delle alte vie respiratorie del cavallo atleta più frequentemente

riportate sono: il calo delle performance e un anomalo rumore respiratorio. La terminologia usata

dai proprietari/fantini per descrivere il rumore respiratorio o lo scarso rendimento varia e, siccome

la percezione rimane soggettiva, diventare abili nel saper interpretare tali descrizioni può essere

utile al medico veterinario. I rumori descritti più di frequente dai proprietari in seguito ad instabilità

del palato, in particolare nella dislocazione dorsale del palato molle, sono rumori di grattamento,

gorgogliamento, russamento. Alcuni autori hanno messo in luce come le cause di scarso

rendimento, o di rumore respiratorio, non possano essere diagnosticate definitivamente attraverso la

descrizione dei proprietari.

Il medico veterinario esaminatore deve effettuare un anamnesi molto dettagliata per poter

discriminare tra le varie ostruzioni dinamiche che riguardano le alte vie respiratorie:

• Riduzione della performance?

• Da quanto tempo si è notata una riduzione delle performance;

• Insorgenza durante il lavoro (da subito? durante il riscaldamento? Verso la fine? Sotto

massimo sforzo?);

• Continuato o intermittente?

• Il cavallo respira con la bocca aperta?

• Sono presenti scoli nasali?

• Mono o bi-laterali?

• Sono presenti scoli nasali contenenti materiale alimentare?

• Presente epistassi?

• Mono o bi-laterale?

• Rumore respiratorio

• Inspiratorio/espiratorio?

• Insorgenza durante l’esercizio (da subito? durante il riscaldamento? Verso la fine? Sotto

massimo sforzo?);

• Continuo o intermittente?

• Crescente durante il lavoro e poi decrescente durante il calo dell’attività?

• Il cavallo è disfagico?

• Il cavallo tossisce?

INTERVENTO CHIRURGICO

Il cavallo è stato sottoposto ad intervento chirurgico in anestesia generale di tie-forward.

Questa tecnica di mobilizzazione e fissazione della laringe (Tie-forward laringeo) si basa su dati

sperimentali che suggeriscono come la posizione ottimale della laringe, durante l’esercizio, sia

dorsorostrale all’osso basiioide. Il principio di questa procedura è fornire una stabilità estrinseca al

rinofaringe, che si ritiene innalzi la soglia oltre la quale si verifica la DDSP del palato molle.

L’aumento della stabilità estrinseca si ottiene mediante il rafforzamento della funzione dei muscoli

tiroioidei che collocano la laringe in una posizione più dorsale e rostrale. Da una recente

valutazione del risultato di tale chirurgia si è visto, che dopo il tie-forward, la laringe viene a

trovarsi spostata dorso-rostralmente, mentre l’osso basiioideo dorso-caudalmente.

TECNICA

Il cavallo è stato posto in anestesia generale in decubito dorsale. Viene inserito il tubo endotracheale

per l’anestesia gassosa. Si esegue un’incisione cutanea di circa 15 cm sulla linea mediana della

faccia ventrale della regione della gola, estesa dalla porzione rostrale dell’osso basiioideo fino ad 1

cm caudalmente alla cartilagine cricoide. I muscoli sternoioidei vengono separati sulla linea

mediana per via smussa e la dissezione continua fino alla superficie ventrale della laringe. L’intera

porzione ventrale della laringe viene isolata dai tessuti sottostanti e la dissezione si continua

lateralmente fino all’esposizione dell’inserzione dei muscoli sternotiroidei sulla lamina della

cartilagine tiroide. Si applica un divaricatore Gelpi nella porzione rostrale dell’incisione per

facilitare l’individuazione del basiioide, mentre un divaricatore più largo (Balfour) viene

posizionato nella porzione caudale della linea d’incisione per facilitare l’evidenziazione delle

porzioni laterali della cartilagine tiroide.

A questo punto vengono applicate delle suture in materiale polybend USP 5 dall’osso basiioide fino

alla porzione laterale della lamina della cartilagine tiroide (foto 16-17 e fig. 2).

La fase finale dell’intervento prevede di flettere la testa del cavallo in modo che formi un angolo di

circa 90° con il collo. Le suture vengono strette separatamente usando un nodo scorsoio in modo

che la porzione rostrale della cartilagine tiroide sia circa 1 cm rostrale alla faccia caudale dell’osso

basiioide. Impiegando questa procedura la laringe si muove di circa 4 cm rostralmente e 2 cm

dorsalmente (foto 18). La testa dell’animale viene riposizionata e la breccia operatoria viene

suturata secondo metodo standard.

Figura 3: schema che mostra le fasi principali dell’intervento di tie-forward laringeo. A) visione laterale: notare che le suture sono posizionate dall’osso basiioide fino alla porzione laterale della lamina della cartilagine tiroide. La sutura viene fatta passare due volte attraverso la cartilagine tiroide ed il passaggio più dorsale è immediatamente ventrale al tendine del muscolo sternotiroideo. B) veduta ventrale: le suture corrono sulla faccia dorsale dell’osso basiioide e vengono tirate con un nodo scorsoio sul lato ventrale della giunzione dell’osso basiioide ed il processo linguale.

Foto 21: foto intraoperatoria dell’intervento di tie-forward laringeo.

Foto 22: foto dell’ operazione di tie-forward laringeo, fase finale, vengono praticati i punti di sutura finali

Foto 23: visione endoscopica della laringe dopo intervento di tie-forward in un trottatore di 3 anni. Notare che l’epiglottide è sollevata e non poggia sul palato molle.

TERAPIA POST OPERATORIA:

• Antibiotico ad ampio spettro (Benzilpenicillina

mg/kg IM per 7 gg.

• Antinfiammatorio sistemico per 3 giorni (fenilbuatazane OS, 1 gr sid);

• Pulizia e disinfezione giornaliera della ferita ed applicazione di pomata topica a base di

gentamicina;

• Alimentazione per la prima settimana a base di fieno;

• Il cavallo viene lasciato per 2 gg. fermo in box;

• Ripresa dell’allenamento dopo la seconda settimana, non prima della completa guarigione

della piaga operatoria e l’asportazione della sutura cutanea;

• Dopo 3 mesi si consiglia endoscopia di controllo e ripresa dell’allenamento intenso.

È stata eseguita una radiografia in proiezione latero

chirurgia (Foto 19).

Foto 24: immagine radiografica L-L post operatorirostrale e dorsale (cfr. foto 15);

FOLLOW UP: Il fantino asserisce che il cavallo, che ha ripreso gli allenamenti dopo circa un mese

dall’intervento, ha mostrato un miglioramento delle

episodi di rumore respiratorio (video 2).

Diagnosi caso 8: Il mio cavallo emana cattivo odore e presenta una grossa massa sotto la coda.

Dall’anamnesi e alla luce dei risultati citologici la diagnosi definitiva è di carcinoma

squamocellulare

TERAPIA POST OPERATORIA:

Antibiotico ad ampio spettro (Benzilpenicillina procaina + diidrostreptomicina solfato) 15

Antinfiammatorio sistemico per 3 giorni (fenilbuatazane OS, 1 gr sid);

Pulizia e disinfezione giornaliera della ferita ed applicazione di pomata topica a base di

a prima settimana a base di fieno;

Il cavallo viene lasciato per 2 gg. fermo in box;

Ripresa dell’allenamento dopo la seconda settimana, non prima della completa guarigione

della piaga operatoria e l’asportazione della sutura cutanea;

lia endoscopia di controllo e ripresa dell’allenamento intenso.

È stata eseguita una radiografia in proiezione latero-laterale della laringe dopo 24 ore dalla

L post operatoria della gola del cavallo. Notare la posizione della laringe più

FOLLOW UP: Il fantino asserisce che il cavallo, che ha ripreso gli allenamenti dopo circa un mese

dall’intervento, ha mostrato un miglioramento delle performance in gara e non stati più riferiti

episodi di rumore respiratorio (video 2).

o 8: Il mio cavallo emana cattivo odore e presenta una grossa massa sotto la coda.

anamnesi e alla luce dei risultati citologici la diagnosi definitiva è di carcinoma

procaina + diidrostreptomicina solfato) 15

Antinfiammatorio sistemico per 3 giorni (fenilbuatazane OS, 1 gr sid);

Pulizia e disinfezione giornaliera della ferita ed applicazione di pomata topica a base di

Ripresa dell’allenamento dopo la seconda settimana, non prima della completa guarigione

lia endoscopia di controllo e ripresa dell’allenamento intenso.

laterale della laringe dopo 24 ore dalla

a della gola del cavallo. Notare la posizione della laringe più

FOLLOW UP: Il fantino asserisce che il cavallo, che ha ripreso gli allenamenti dopo circa un mese

in gara e non stati più riferiti

o 8: Il mio cavallo emana cattivo odore e presenta una grossa massa sotto la coda.

anamnesi e alla luce dei risultati citologici la diagnosi definitiva è di carcinoma

CARCINOMA SQUAMOCELLULARE

Il carcinoma squamocellulare è al terzo posto in ordine di prevalenza tra i tumori cutanei del cavallo

(dopo il sarcoide ed il melanoma). Solo occasionalmente dà origine a metastasi.

Esiste una stretta correlazione tra carcinoma squamocellulare e cute non pigmentata e, più in

particolare, nelle zone in cui la cute è esposta alla luce solare. Tuttavia in alcune sedi possono

essere coinvolti altri agenti cancerosi (es. lo smegma causa neoformazioni peniene e clitoridee

rispettivamente nei maschi castrati anziani e nelle fattrici). Le neoformazioni perineali e quelle delle

labbra vulvari sono alquanto frequenti ma risulta difficile ipotizzare che in queste sedi lo smegma e

la luce solare siano la causa del problema.

Si riconoscono due forme principali, una ulcerativa o distruttiva ed una proliferativa superficiale,

che esita in una massa tumorale in espansione. La prima può essere molto distruttiva per i tessuti e

sono comuni i sanguinamenti e le infezioni secondarie. Le forme proliferative sono comuni sulla

terza palpebra, sul pene, sulle labbra vulvari e sul clitoride.

La malignità non è una caratteristica comune delle forme cutanee, mentre è molto più probabile in

quelle gastriche e in quelle che si localizzano a livello di bocca , faringe e cavità nasale.

Sono state descritte forme polmonari secondarie e generalizzate in cui erano presenti gravi effetti

secondari sia locali sia sistemici.

Il trattamento è sempre difficile ma la maggior parte delle forme che risultano accessibili ha una

natura più benigna e può essere più suscettibile di escissione chirurgica. Il carcinoma

squamocellulare è sempre molto sensibile alle radiazioni gamma e beta. Spesso tuttavia, la chirurgia

rappresenta l’unica opzione e l’escissione meticolosa risulta frequentemente curativa. L’uso di

cisplatino e 5-fluorouracile hanno offerto una nuova opportunità, ma anche in questo caso, esistono

molte difficoltà di attuabilità e realizzazione pratica.

Buoni i risultati anche con la crio-chirurgia ma risulta difficile trattare interamente l’area coinvolta.

La prognosi per la maggior parte delle forme è buona ma di solito si consiglia di attuare un

approccio riservato, data la difficoltà di garantire un’escissione completa della neoformazione

evitando il rischio di recidive. Le associazioni di chirurgia a radioterapia o farmaci antimitotici

topici di solito rappresentano la migliore soluzione.

INTERVENTO CHIRURGICO

Il cavallo viene posto in decubito dorsale in anestesia generale. Dopo tricotomia e disinfezione

chirurgica della regione vulvare e delle cosce si avvolge e isola la neoformazione con materiale

sterile per diminuire il rischio di contaminazione del campo operatorio (foto 6).

Foto 6 (a e b): Particolare della massa avvolta ed isolata (a); preparazione del campo operatorio (b)

Dopo aver isolato e legato i grossi vasi afferenti si procede ad asportare la massa neoplastica

eseguendo un’exeresi ad ampi margini della cute. Si rende necessario eseguire un’incisione a cuneo,

fino al vestibolo della vagina, per asportare la base del carcinoma interamente.

In sede operatoria si verifica l’integrità dello sbocco uretrale.

Viene eseguita la ricostruzione per piani dei muscoli della coscia, della vagina e della vulva

esteriorizzando la mucosa.

La massa asportata pesa 5,6 kg.

Foto 7: Particolare dell'intervento durante l'escissione della massa

Foto 8 (a e b): Asportazione completa della massa neoplastica (b) e ricosrtuzione per piani della vagina e della vulva (a)

Foto 9 (a e b): Estroflessione e ricostruzione del vestibolo della vagina

Foto 10 (a e b): Ricostruzione ultimata; vista da decubito dorsale (a); animale in stazione (b)

TERAPIA POST OPERATORIA:

Nei giorni successivi la chirurgia il cavallo viene visitato giornalmente, mattina e sera, e non sono

riscontrate anomalie degne di nota. Nei primi tre giorni si eseguono terapie di supporto intensivo

somministrando per via parenterale endovenosa concentrati multivitamnici.

Si eseguono medicazioni giornaliere della piaga operatoria attraverso medicazioni e applicazione di

pomate antibiotiche.

La terapia prevede inoltre la somministrazione di:

• Antibiotico ad ampio spettro (Benzilpenicillina procaina + diidrostreptomicina solfato) 15

mg/kg IM per 10 gg.

• Fenilbuatazone OS, 2 gr sid per 5 gg.

Il giorno 5° dall’intervento, a seguito della deiscenza della piaga operatoria, dovuta probabilmente

alla contaminazione fecale che si determinava a causa della sua posizione, si eseguono applicazioni

di PRP (Platelet Rich Plasma) autologo sulla piaga operatoria..

Le applicazioni di PRP vengono effettuate a giorni alterni, utilizzando aliquote di 5 ml per

applicazione.

Le prime due applicazioni hanno previsto l'utilizzo del preparato direttamente a contatto con la

mucosa. Nella fase successiva, una volta che era presente una sufficiente quantità di tessuto di

granulazione di buona qualità, l'applicazione si esguiva con ago 27 gauge nella giunzione dermica.

Dal 5° giorno vengono somministrati mangimi concentrati e nutraceutici multivitaminici x OS.

La cavalla viene fatta pascolare 2 volte al giorno alla lunghina e nelle ore fresche viene condotta e

lasciata al paddock per circa 2 ore dimostrando un netto miglioramento nella capacità di

deambulazione.

Foto 11 (a e b): Come si presenta la piaga operatoria al giorno uno (a) e al giorno 5 (b)

Foto 12 (a e b): Giorno sette (a), dopo la seconda applicazione di PRP; giorno nove (b), dopo la terza applicazione di PRP

Foto 13: Ultima applicazione di PRP (a tredici giorni dall'intervento)

A quindici giorni dall’intervento, il cavallo viene dimesso dall’O.V.U.D. (Ospedale Veterinario

Universitario Didattico) di Parma. Viene consigliato di mantenere pulita la regione operata e di

somministrare al paziente nutraceutici multivitaminici. Si consiglia inoltre la visita di controllo ad 1

mese dalle dimissioni e di mantenere sotto stretta osservazione l'eventuale ricomparsa di recidive.

FOLLOW UP

A distanza di 29 giorni dalla dimissione viene eseguito un controllo dell’animale; la piaga

operatoria si è totalmente rimarginata lasciando leggermente esposta una piccola porzione di

mucosa (8cm x 1,5cm). I parametri ematici sono nettamente migliorati e il peso della cavalla è

evidentemente aumentato.

Foto 14 (a e b): Particolare della vulva a distanza di tre mesi dall'intervento

A distanza di dodici mesi dall’intervento, la cavalla si presenta ancora in buone condizioni e non si

sono verificate recidive, i parametri ematici sono rientrati nei range fisiologici, urina in maniera

normale e deambula normalmente senza fatica consentendo al proprietario di montarla per brevi

passeggiate.

Diagnosi caso 9: Il cavallo rotola

Dislocazione dorsale dx del colon ascendente. L’esame ecografico permette di confermare il

sospetto ed evidenzia inoltre la distensione del piccolo intestino oltre alla presenza di timpanismo

del cieco. Permette inoltre di individuare un moderato aumento del liquido peritoneale.

Immagine 5: sezione trasversale dell'addome, veduta caudo craniale; percezione dei visceri durante l'esplorazione rettale in un cavallo con dislocazione dorsale dx del colon

Le coliche nel cavallo rappresentano un importante problema medico, molto diffuso e di difficile

prevenzione. Oltre settanta le cause di colica.

I cavalli sono anatomicamente predisposti alla colica in quanto hanno incapacità di vomitare,

posizione non fissa del colon di sinistra, lungo mesentere del piccolo intestino, restringimento del

lume all’altezza della flessura pelvica, conformazione-funzionamento-dimensione del cieco,

passaggio dal colon dorsale destro al ben più stretto colon trasverso.

Nel cavallo il colon ascendente origina sul lato dx dell’addome a livello della giunzione cieco-

colica e termina sul lato dx dell’addome a livello della giunzione del colon dorsale dx con il colon

trasverso.

Le ingesta si muovono attraverso:

- il colon ventrale destro;

- la flessura sternale;

- il colon ventrale sinistro;

- la flessura pelvica;

- il colon dorsale sinistro;

- la flessura diaframmatica;

- il colon dorsale destro.

I cambiamenti di diametro più pronunciati sono a livello della flessura pelvica e della giunzione tra

colon dorsale destro e colon trasverso. Ci sono quattro bande longitudinali sul colon ventrale, una

sul colon dorsale sinistro, tre sul colon dorsale destro e due sul colon trasverso e sul colon

discendente. Il colon ventrale è caratterizzato dalle sacculazioni. Un mesocolon ascendente unisce

saldamente il colon dorsale e ventrale ma è distinguibile solo a sinistra. Per questa ragione solo il

colon ventrale e dorsale risultano veramente fissati. Le altre due parti, così come la flessura pelvica

sono abbastanza libere da subire notevoli spostamenti.

In seguito alla valutazione complessiva delle condizioni dell’animale (anamnesi, parametri clinici

ed esami complementari) si opta per l’intervento chirurgico.

Quindi si procede con la preparazione per-chirurgica del cavallo:

- Antibiotico terapia ad ampio spettro

- Terapia antiinfiammatoria, antiendotossica

- Pulizia del cavallo

- Preparazione per la sedazione

INTERVENTO

Il cavallo viene posto in decubito dorsale e cateterizzato. Viene eseguita una laparotomia con

approccio dalla linea mediana. Una volta esteriorizzato il grosso colon dislocato, si procede a

decomprimere lo stesso attraverso enterotomia che determina la fuoriuscita di tutto il materiale

causa di costipazione (foto 5-6-7) . Dopo massaggio manuale dell’intero intestino esplorabile, la

linea alba e la breccia operatoria vengono suturate con sutura semplice continua (foto 8-9-10).

Foto 25:particolare dell'intervento: esteriorizzazione del colon;

Foto 26: aprticolare dell'intervento: posizionamento del colon prima di eseguire l'enterotomia

Foto 27: particolare dell'intervento chirurgico: decompressione del colon attraverso la enterotomia;

Foto 28: particolare dell'intervento chirurgico: sutura della

Foto 29: particolare dell'intervento chirurgico: sutura della linea alba;

Foto 30: particolare dell'intervento chirurgico: applicazi one di uno stent cutaneo sulla sutura cutanea;

: particolare dell'intervento chirurgico: sutura della linea alba;

: particolare dell'intervento chirurgico: sutura della linea alba;

: particolare dell'intervento chirurgico: applicazi one di uno stent cutaneo sulla sutura cutanea;

linea alba;

: particolare dell'intervento chirurgico: sutura della linea alba;

: particolare dell'intervento chirurgico: applicazi one di uno stent cutaneo sulla sutura cutanea;

Terapia

La terapia post-operatoria ha previsto la somministrazione di:

- Fluidoterapia: Ringer Lattato circa 2 lt/h per 72 ore;

- Antibiotico terapia: Gentamicina 5mg/kg IV; penicillina procaina 15.000 UI/kg IM bid per

10 giorni;

- flunixin meglumine a dosaggio antiendotossico 0,3 mg/kg ogni 6 ore per 3 giorni.

La piaga operatoria viene medicata con sapone disinfettante a base di iodio due volte al giorno in

seguito alla rimozione dello stent avvenuta 48h dopo l’intervento.

Follow up

Il paziente a distanza di circa un anno dall’evento è tornato a svolgere l’attività di salto ostacoli. In

questo lasso di tempo il cavallo non è più stato interessato da sindrome colica. Il tasso di

sopravvivenza per cavalli in colica chirurgica per la correzione della dislocazione dorsale destra del

colon, è in effetti molto buono qualora l’intervento venga eseguito precocemente e la possibilità di

ricorrenza è bassa.

Diagnosi caso 10: Il mio cavallo sanguina dal naso

Si decide pertanto di esaminare l’interno delle tasche gutturali. Va sottolineato che in caso di

sospetto di micosi delle tasche è importante eseguire con molta cautela l’accesso nella struttura, per

evitare rischi di sanguinamento iatrogeno. Presso la nostra clinica, in caso di sospetto di micosi

delle tasche, eseguiamo l’ingresso con l’endoscopio in sala operatoria, per essere pronti ad

intervenire chirurgicamente qualora sopravvenga un’emorragia grave.

L’endoscopia della tasca gutturale destra evidenzia una placca micotica nella tipica localizzazione

nel compartimento mediale coinvolgendo la carotide interna e causando epistassi (foto 3).

Diagnosi: micosi della tasca gutturale destra.

Foto 3: visione endoscopica comparto mediale tasca gutturale destra

MICOSI DELLE TASCHE GUTTURALI

Studi sulla flora fungina di cavalli affetti da gutturomicosi hanno dimostrato il coinvolgimento

primario di Aspergillus spp., in particolare delle specie A. nidulans, A. flavus e A. fumigatus, A.

ocraceus e secondariamente anche dei generi Paecilomyces, Scopulariopsis, Penicillium, Mucor e

Candida.

L’ambiente rappresenta la principale riserva esozoica dei miceti del genere Aspergillus, i quali sono

in grado di condurre vita saprofitica a carico di vari substrati organici, di natura sia vegetale sia

animale, quali foraggi, paglia, lettiere umide, grano mal conservato e ammuffito, carcasse in

decomposizione, conservando nel tempo la vitalità biologica, grazie alla capacità delle proprie spore

a resistere ai processi di fermentazione e putrefazione.

Sebbene il cavallo venga nella sua quotidianità a continuo contatto con l’abbondante riserva di

spore fungine presenti nella lettiera delle scuderie, nel fieno e nell’ambiente, la frequenza delle

affezioni Aspergillari risulta complessivamente piuttosto limitata; infatti, come descritto per altre

specie animali, sono necessarie particolari condizioni di recettività dell’ospite per consentire

l’attecchimento delle spore e la loro successiva invasività.

L’infezione aspergillare delle tasche gutturali del cavallo rappresenta la più frequente patologia

osservata a carico di queste strutture anatomiche.

La presenza di infezioni concomitanti del tratto respiratorio superiore o di lesioni del

tessuto molle dell’area ventrale della bolla timpanica, i prolungati trattamenti con antibiotici o

corticosteroidi, la permanenza in ambienti scarsamente illuminati, caldo-umidi e con poco ricambio

d’aria, unitamente a ripetuti stress meccanici o

fratture dell’osso stiloioideo, possono rappresentare fattori predisponenti allo sviluppo di tale

patologia. Non sembrano invece esistere predisposizioni legate a sesso, età o razza.

È necessario però considerare che, sebbene le tasche gutturali insieme alla congiuntiva,

rappresentino, secondo i dati bibliografici, le sedi più comunemente coinvolte, esse sono solo uno

dei possibili siti di colonizzazione dei miceti del genere Aspergillus.

In caso di micosi delle tasche gutturali il segno clinico più comune è l’epistassi, che si realizza a

seguito di un’erosione dell’arteria carotide, che nei casi avanzati può essere fatale.

Altri sintomi possono includere dolore parotideo, scolo nasale, sindrome di Horner.

La diagnosi definitiva viene fatta sulla base dell’anamnesi, della sintomatologia e dell’esame

endoscopico, in particolare introducendo l’endoscopio nella tasca gutturale, dove si possono

rilevare una tipica membrana difterica, emorragia e scolo. Bisogna fare attenzione durante il

passaggio dell’endoscopio nella tasca gutturale in quanto può essere indotta una grave emorragia se

la lesione micotica viene traumatizzata.

Il fungo patogeno specifico che produce l’infezione spesso non è identificabile.

Per quel che concerne le terapie è possibile eseguire un trattamento topico attraverso l’aspersione

all’interno delle tasche di farmaci antimicotici.

Per esempio:

- 1% miconazolo;

- 1-5% Ketoconazolo;

- Enilconazolone come soluzione al 33,3 mg/ml.

Va sottolineato che la distribuzione dei medicamenti nel punto dell’infezione può essere difficile e

la risposta è spesso lenta. Possono essere necessarie infusioni giornaliere per 4/6 settimane.

Se è interessata l’arteria carotide interna la legatura di questo vaso è importante perché può

realizzarsi una profusa emorragia tale da mettere a rischio la vita dell’animale. Questo costituisce il

mezzo più utile ed efficace per il controllo dell’epistassi negli animali colpiti.

Sono state descritte diverse tecniche; tuttavia l’uso di un catetere con un palloncino introdotto

nell’arteria in un punto oltre l’area dell’infezione fungina e la legatura del vaso prossimalmente alla

lesione sembrano fornire risultati molto soddisfacenti.

Il trattamento sistemico della micosi della tasca gutturale mediante ketoconazolo per via

endovenosa è stato descritto, sebbene questo agente non abbia in vitro attività specifica contro

Aspergillus spp. Anche l’Amfotericina B può essere un farmaco utile per la somministrazione

sistemica malgrado siano stati riportati un certo numero di spiacevoli effetti collaterali con l’uso

prolungato (nefrotossicità, flebiti in vicinanza del punto di inoculazione, anoressia e sintomi di

depressione). Agenti antifungini più recenti comprendono Itraconazolo alla dose di 2,6 mg/kg per

OS ogni 12 ore. È discutibile se gli agenti antimicotici per via topica siano richiesti nel trattamento

di questa malattia. La cateterizzazione ripetuta delle tasche gutturali può aumentare il rischio di un

trauma iatrogeno ed emorragia. Recenti studi ipotizzano che la medicazione topica non è necessaria

per la completa risoluzione della lesione micotica se la legatura/occlusione dell’arteria carotide

hanno avuto successo.

INTERVENTO CHIRURGICO

Il cavallo viene posto in decubito laterale in anestesia generale. Dopo tricotomia e disinfezione

chirurgica della regione del triangolo di Viborg destro. Si incede orizzontalmente in questa zona,

avendo cura di evitare il dotto parotideo e i rami del nervo vago (foto 4).

Foto 4 (a e b): Particolare dell’intervento: accesso chirurgico.

Si esegue una dissezione dei tessuti fino all’isolamento dell’arteria carotide interna e mascellare si

procede alla legatura delle stesse.

Il punto per la legatura dell’arteria carotide interna è localizzato appena distalmente all’origine della

stessa, all’esterno della tasca gutturale (foto 5).

Foto 5: Particolare dell'intervento durante l'escissione della massa

Il successo con la legatura unica dell’arteria carotide interna può essere attribuito alla trombosi che

si verifica distalmente alla legatura dopo l’intervento. Le emorragie fatali gravi che seguono questo

intervento possono essere attribuite all’occlusione del vaso sbagliato o al flusso retrogrado dal

circolo arterioso cerebrale (poligono di Willis).

Foto 6: particolare dell’intervento: chiusura della carotide.

A seguito della chiusura dei diversi piani tissutali eseguita con sutura a punti staccati abbiamo

applicato uno stent con garze (foto 7).

Foto 7: applicazione stent cutaneo

TERAPIA POST OPERATORIA

Nei giorni successivi la chirurgia il cavallo viene visitato giornalmente, mattina e sera, e non sono

riscontrate anomalie degne di nota. Si eseguono medicazioni giornaliere della piaga operatoria

attraverso medicazioni e applicazione di pomate antibiotiche.

La terapia prevede inoltre la somministrazione di:

• Antibiotico ad ampio spettro (Benzilpenicillina procaina + diidrostreptomicina solfato) 15

mg/kg IM per 10 gg.

• Fenilbuatazone OS, 2 gr sid per 5 gg.

FOLLOW UP

A distanza di dodici mesi dall’intervento, la cavalla si presenta in buone condizioni e non si sono

verificate complicanze post-operatorie.