AGGIORNAMENTI IN MEDICINA VETERINARIA: questioni di ... · potenziali di fibrillazione ed onde...
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AGGIORNAMENTI IN MEDICINA VETERINARIA: questioni di chirurgia degli animali da
reddito
Diagnosi caso 1: Il vitello con l’occhio gonfio
Idroftalmo congenito con lesione corneale dell’occhio sinistro.
Alla luce del quadro clinico e dell’esame oculistico è stata formulata la diagnosi di idroftalmo
congenito con lesione corneale dell’occhio sinistro.
L’idroftalmo (Figura 1) è una forma di buftalmo, così chiamato per l’aumento delle dimensioni del
bulbo oculare dovuto ad un accumulo di umor acqueo; spesso utilizzato come sinonimo di
glaucoma congenito.
FIGURA 1
Il paziente è stato così sottoposto ad un intervento di enucleazione dell’occhio sinistro.
ENUCLEAZIONE DELL’OCCHIO SINISTRO
Il vitello è stato premedicato utilizzando xylazina 10 mg iv e butorfanolo 1 mg iv. Successivamente
è stato sottoposto a fluidoterapia con ringer lattato 10 ml/kg/h. Sono stati somministrati flunixin
meglumina 25 mg iv, synulox 450 mg im, doceti 2 ml iv e Tad 600 1 fiala iv. L’anestesia è stata
indotta con pentotal sodium 500 mg iv, il paziente è stato intubato e collegato al circuito
anestesiologico e l’anestesia è stata mantenuta con isofluorano in ossigeno.
Il paziente viene posizionato sul tavolo operatorio in decubito laterale destro. Dopo disinfezione
chirurgica si procede con l’apposizione di un telo sterile che copre la testa dell’animale eccetto
l’area interessata per la chirurgia, quindi la zona delimitante l’occhio sinistro (Figura 2).
FIGURA 2
Viene praticata una cantotomia laterale eseguendo un’ incisione, in direzione laterale, a 1-2 cm
dalla giunzione dei margini palpebrali superiore e inferiore, con forbici o bisturi. Viene praticata
una dissezione perilimbare del bulbo oculare a 360° mediante forbici chirurgiche a punta curva o
mediante delle Mayo. La dissezione prosegue in direzione caudale al bordo dell’orbita.
Durante la procedura si asportano i muscoli extraoculari, il grasso orbitale, le ghiandole lacrimali, la
congiuntiva, il bulbo oculare, la membrana nittitante e il margine palpebrale.
Procedendo con la dissezione si arriva al nervo ottico e ai vasi oculari; la trazione degli stessi deve
essere minima onde evitare uno stiramento del nervo ottico stesso. E’ molto importante non stirare
il nervo per non creare problemi all’occhio controlaterale: si ricorda infatti che a livello del chiasma
ottico vi è la decussazione delle fibre nervose che innervano entrambi gli occhi e quindi una lesione
nervosa a carico dell’occhio sinistro causerà problemi anche a quello di destra; questa è la
complicazione più grave, ma anche più frequente che si riscontra in questo tipo di intervento
chirurgico.
Dopo aver isolato i vasi, questi vengono clampati con pinze emostatiche e successivamente si
procede con una legatura. Si passa poi alla recisione dei vasi mediante un incisione tra la pinza e la
legatura e si asportano quindi il bulbo oculare e le strutture annesse citate prima. E’ molto
importante controllare che non ci siano perdite di sangue mediante tamponamento con garze sterili e
applicazione di spongostan lasciato in situ per qualche minuto.
FIGURA 3: occhio enucleato.
FIGURA 4: sezione dell’occhio.
Si procede poi con la chiusura del sottocute mediante sutura continua con filo assufyl ep 3,5 e
sutura a punti staccati della cute con lo stesso filo (Figura 5, figura 6).
FIGURA 5
FIGURA 6
TERAPIA POST-OPERATORIA E COMPLICAZIONI.
Dopo enucleazione la tumefazione e l’emorragia vengono ridotte applicando delle compresse fredde
e una contropressione con un bendaggio oculare. Sono inoltre indicati antibiotici e antiinfiammatori
nel post-operatorio.
Le complicazioni successive all’enucleazione possono essere rappresentate da tumefazione causata
da emorragia ed infezione. La contrattura dello spazio orbitale può essere elevata dato il mancato
utilizzo di una protesi. Si possono notare secrezioni ghiandolari o tumefazioni orbitali se si ha la
persistenza di tessuto della ghiandola lacrimale o di quella della terza palpebra. Qualche volta si
sviluppano fistole dovute a ritenzione congiuntivale.
Diagnosi caso 2: Il mio cavallo è sempre a terra e quando si alza trema
L'elettromiografia (EMG) ad ago eseguita in stazione senza sedazione ha evidenziato la presenza di
potenziali di fibrillazione ed onde positive lente a fronte ripido a carico dei muscoli epiassiali del
rachide lombosacrale (Immagine 1). La presenza, in particolare, di attività spontanea patologica del
muscolo dorsomediale sacrocaudale, (costituito prevalentemente da fibre di tipo I) consente di
confermare il sospetto clinico di malattia del motoneurone inferiore (EMND).
Altri esami collaterali utili per una diagnosi di certezza sono il dosaggio della vitamina E sierica e
l'istopatologia del muscolo dorsomediale sacrocaudale e della branca del nervo spinale accessorio
per il muscolo sterno-cefalico che mostrano, nei soggetti colpiti, rispettivamente denervazione e
degenerazione walleriana.
Il risultato del dosaggio plasmatico di vit. E nel caso in esame è risultato diminuito (0.521 mg/l;
valore normale >1 mg/l) e l'esame istopatologico della biopsia del muscolo sacrocaudale dorsale
mediale ha confermato la presenza di una miopatia neurogena.
MALATTIA DEL MOTONEURONE INFERIORE (EMND)
La malattia del motoneurone inferiore del cavallo è un disordine caratterizzato da disfunzione
neuro-muscolare e atrofia muscolare. Si tratta di una patologia acquisita dei cavalli adulti associata
a carenza cronica (da 6 a 24 mesi o più) di vitamina E nella dieta. Questo stato carenziale induce la
degenerazione dei motoneuroni con maggior metabolismo ossidativo, che innervano i muscoli
posturali antigravitazionali, costituiti prevalentemente da fibre di tipo I. A questo si deve la
maggiore evidenza di debolezza quando i cavalli colpiti si trovano fermi, rispetto a quando sono in
movimento.
La malattia colpisce primariamente i motoneuroni del corno ventrale del midollo spinale e
determina caratteristici segni clinici quali atrofia muscolare neurogenica e una debolezza neuro-
muscolare generalizzata. I segni clinici dipendono dallo stadio e dalla durata della patologia;
attualmente sono riconosciute una forma subacuta ed una cronica (tabella 2).
FORMA SUBACUTA
FORMA CRONICA
tremori riduzione performance
fascicolazioni muscolari anomalie dell’andatura (movimenti simili allo
stringhalt)
riduzione della base d’appoggio impossibilità di aumentare il peso
spostamento del peso sugli arti posteriori tremori e fascicolazioni muscolari non evidenti
sudorazione anomala generalmente conseguente ad una forma sub acuta
decubito prolungato atrofia muscolare da lieve a severa
perdita di peso con appetito mantenuto o
aumentato
assenza di atassia
deperimento muscolare più evidente nei
quadricipiti, tricipiti e glutei
testa abbassata con riduzione della muscolatura
cervicale (> 50% dei casi)
Tabella : principali segni clinici della malattia del motoneurone inferiore nel cavallo
La maggior parte dei casi sono subclinici poiché per far sì che i sintomi siano evidenti oltre il 30%
dei neuroni deve aver perso funzionalità. Con l’avanzare della malattia i cavalli sviluppano atrofia
muscolare grave dovuta alla degenerazione dei motoneuroni, delle radici ventrali e dei nervi
periferici. Quando le lesioni coinvolgono i nuclei motori di certi nervi craniali, i deficit neurologici
sono raramente individuabili. L’esame oftalmoscopico evidenzia spesso una pigmentazione
anomala nell’area non tappetale della retina.
L’appetito si mostra da normale ad aumentato e si rileva coprofagia nel 50% dei casi. La coda ed il
tono anale appaiono normali.
Nei casi acuti si rilevano solitamente modesti aumenti di concentrazione degli enzimi muscolari
CPK e AST e l’analisi del liquido cerebrospinale rivela un’aumentata concentrazione proteica ed
una elevata attività del CPK nel 40% dei casi.
In circa il 30% dei cavalli affetti anche il test di assorbimento del glucosio, ma non quelli dello
xilosio, sono anormali.
Nonostante la biopsia del muscolo sacrocaudale dorsale abbia una sensibilità stimata del 90%, la
diagnosi definitiva è basata sull’esame post-mortem attraverso la valutazione del midollo spinale,
del tronco encefalico, del nucleo ambiguo e dei muscoli scheletrici
TERAPIA ESEGUITA E FOLLOW-UP
Nella fase precedente i risultati di laboratorio e istopatologici è stata improntata una terapia
sistemica antiinfiammatoria con corticosteroidi, antiossidante con dimetilsulfossido che hanno
determinato uno scarso miglioramento clinico. Successivamente è stato impostato un trattamento
finalizzato all’aumento del dosaggio di vitamina E nel plasma attraverso la somministrazione di
un’integrazione alimentare a base di vitamina E secondo il dosaggio di 7000 UI/die.
Tale approccio terapeutico è stato valutato nel tempo attraverso la stima della concentrazione
plasmatica della vitamina E che è rientrata nei limiti di normalità solo dopo circa 2 mesi dall’inizio
del trattamento. Contestualmente l’andamento clinico ha mostrato un miglioramento compatibile
con la sopravvivenza dell’animale che ad oggi, a distanza di circa 18 mesi dall’inizio dei sintomi, si
presenta in uno stato generale valutabile buono e compatibile con la vita in paddock ma
inconciliabile con la ripresa dell’attività agonistica.
Diagnosi caso 3: Il cavallo non appoggia l’arto dopo una caduta
Frattura osteocartilaginea del malleolo laterale della tibia sinistra con una dimensione del
frammento di circa cm 2 x 1; apparentemente trattasi di un singolo frammento.
L'esame ecografico del garretto sinistro conferma la presenza di un frammento distale intrarticolare
a livello del malleolo laterale a cui rimane parzialmente adeso il legamento collaterale laterale
breve. È possibile, inoltre, apprezzare un marcato ispessimento della capsula sinoviale e la presenza
di versamento sinoviale con aumentata ecogenicità compatibile con emartro (immagini 2, 3, 4).
Immagine 1: particolare del frammento malleolare
Immagine 2: sezione longitudinale dell’inserzione del legamento collaterale breve sul malleolo laterale
Immagine 4: sezione trasversale dell’inserzione del LCB sul margine malleolare fratturato: si noti l’ aspetto
anecogeno del legamento, l’ispessimento capsulare e il versamento articolare.
Le fratture della tibia distale interessano spesso il malleolo laterale. Tali fratture sono
principalmente causate da fenomeni traumatici ed in particolare da uno stiramento del legamen
collaterale laterale breve che può determinare l'avulsione di un frammento osseo del malleolo
laterale (fig. 2). Si può generare un unico grosso frammento o più comunemente numerosi piccoli
frammenti. La parte fratturata può rimanere libera all'interno
inglobata all'interno di una reazione fibrosa, anche in base al tempo intercorso tra il momento della
frattura e l’intervento ed in base alla localizzazione del frammento.
Figura 1-Frattura con a
Immagine 4: sezione trasversale dell’inserzione del LCB sul margine malleolare fratturato: si noti l’ aspetto
no del legamento, l’ispessimento capsulare e il versamento articolare.
Le fratture della tibia distale interessano spesso il malleolo laterale. Tali fratture sono
principalmente causate da fenomeni traumatici ed in particolare da uno stiramento del legamen
collaterale laterale breve che può determinare l'avulsione di un frammento osseo del malleolo
laterale (fig. 2). Si può generare un unico grosso frammento o più comunemente numerosi piccoli
frammenti. La parte fratturata può rimanere libera all'interno dell'articolazione oppure essere
inglobata all'interno di una reazione fibrosa, anche in base al tempo intercorso tra il momento della
frattura e l’intervento ed in base alla localizzazione del frammento.
Frattura con avulsione del legamento collaterale breve
Immagine 4: sezione trasversale dell’inserzione del LCB sul margine malleolare fratturato: si noti l’ aspetto
no del legamento, l’ispessimento capsulare e il versamento articolare.
Le fratture della tibia distale interessano spesso il malleolo laterale. Tali fratture sono
principalmente causate da fenomeni traumatici ed in particolare da uno stiramento del legamento
collaterale laterale breve che può determinare l'avulsione di un frammento osseo del malleolo
laterale (fig. 2). Si può generare un unico grosso frammento o più comunemente numerosi piccoli
dell'articolazione oppure essere
inglobata all'interno di una reazione fibrosa, anche in base al tempo intercorso tra il momento della
vulsione del legamento collaterale breve
Clinicamente la frattura del malleolo laterale della tibia si manifesta con gonfiore, calore e dolore,
di vari gradi, dell’area lesa. La riduzione della flessione passiva dell’articolazione tibio-tarscica si
ha nei casi cronici. Non sempre si percepisce la frattura palpandola.
Capsulite e sinovite, clinicamente indice di artrite traumatica acuta, sono rapidamente rinvenibili
dopo la frattura ma possono risolversi senza problemi permanenti se la frattura non interessa una
significativa area articolare. Quando la superficie articolare interessata è ampia, il rischio di
patologie degenerative è maggiore. Se viene coinvolto osso subcondrale avente rapporti con la
capsula articolare si può avere dislocazione o inglobamento dello stesso nella capsula. L’importanza
della dislocazione non è prevedibile; i frammenti dislocati causano più problemi di quelli non
dislocati.
La diagnosi di questa patologia può essere difficile; l'identificazione precoce aiuta sia la terapia sia
la prognosi. I sintomi tipici includono la zoppia acuta associata a tumefazione del tarso; oltre al
versamento articolare è presente edema tissutale, dolorabilità alla palpazione e alla manipolazione.
Per la diagnosi definitiva sono indispensabili gli esami radiografico ed ecografico.
I frammenti sono generalmente evidenti all'esame radiografico, soprattutto nella proiezione DP e
nella proiezione obliqua DLMP a 45° ed eventualmente a 10°. L'esame ecografico può fornire
ulteriori informazioni relativamente alla posizione del frammento, rapporti di questo con il
legamento e il grado di danneggiamento dei tessuti molli. L'accertamento di dimensione, numero e
posizione dei frammenti è fondamentale poiché influenza l'approccio chirurgico. Per la
localizzazione ci si può aiutare inserendo aghi transcutanei al momento dell’rx (immagine 5).
L’artroscopia si rivela ottima per la rimozione guidata di uno o più piccoli frammenti o di un
frammento di dimensioni maggiori previa divisione in parti più piccole; rappresenta, inoltre, un
valido approccio per un’accurata osservazione dei tessuti non ossei dell’articolazione, inclusa la
membrana sinoviale, i villi, la cartilagine articolare ed i legamenti intrarticolari. La fusione dei villi
e la formazione di filamenti di fibrina si osservano in articolazioni infiammate; con la
cronicizzazione i villi tendono a diventare più spessi e fitti.
Immagine 5: rx con proiezione LM e inserimento di aghi transcutanei per meglio localizzare il frammento
L'artrotomia è invece consigliata se si è in presenza di grossi frammenti non facilmente divisibili in
artroscopia o quando il frammento è inglobato in abbondante fibrina o ancora nel caso in cui il
frammento sia sufficientemente grande (maggiore di 3 cm) da permettere un trattamento
conservativo mediante l'utilizzo di viti da corticale opportunamente orientate, di misura variabile a
seconda della dimensione del frammento. A differenza dell’intervento di artroscopia, nel corso di
un intervento di artrotomia, i villi tendono ad aderire alla membrana sinoviale e non possono essere
individuati distintamente. L’artrotomia è comunque una pratica più invasiva e può richiedere
maggiori tempistiche per la guarigione.
In letteratura è descritta ciascuna di queste tecniche da applicarsi discernendo a seconda del caso
specifico; il decorso post-operatorio e il ritorno all'attività sportiva variano in relazione all'autore ed
alla gravità del caso specifico, tenendo presente che un intervento in fase acuta aumenta
notevolmente le probabilità di riuscita del trattamento. In caso di esito positivo sono comunque
necessari 4-6 mesi di riabilitazione.
La recisione del legamento collaterale laterale breve e l'avulsione stessa del frammento osseo
possono destabilizzare l'articolazione rendendo frequenti i casi di DJD (degenerative joint disease).
L’osteoartrite comprende una serie di patologie con comune stato finale: degenerazione della
cartilagine articolare con cambiamenti nell’osso e nei tessuti molli dell’articolazione.
In seguito all’esecuzione di emocromo + formula ed esame biochimico il cavallo viene sottoposto
ad intervento di artroscopia in anestesia generale.
Profilo biochimico Emocromo
Parametro Unità di
misura
Risultato Valori
normali
Parametro Unità di
misura
Risultato Valori
normali
CPK U/l 289 75-300 Globuli rossi /106 µl 7.75 5.0-11.0
AST U/I 133 130-410 Globuli
bianchi
/103 µl 9.9 5.5-11.0
GGT U/l 6.5 <40 Emoglobina g/dl 12.5 8.0-14.0
ALP U/l 81 80-260 Ematocrito % 30.5 24-44
LDH U/l 178 160-500 MCV fl 50.1 39-52
MCHC g/dl 32.2 31-35
Proteine totali g/dl 6.97 5.6-8.1 MCH pg 16.1 15-19
Glicemia mg/dl 115 75-115
Urea mg/dl 21 15-30
Creatinina mg/dl 1.56 1.1-2.0 Neutrofili % 74 35-75
Azoto ureico mg/dl 11 9-25 Eosinofili % 1 1-10
Bilirubina totale mg/dl 2.0 <2.8 Basofili % 0 0-3
Albumine g/dl 2.63 2.0-4.0 Linfociti % 15 15-50
Globuline g/dl 3.34 2.0-4.0 Monociti % 1 2-10
INTERVENTO DI ARTROSCOPIA
Durante l’artroscopia si osserva la presenza di emartro e la membrana sinoviale appare edematosa
ed ispessita con imponente aumento della dimensione e del numero dei villi con aspetto iperemico,
quadro compatibile con una artro-sinovite cronica. Il frammento viene asportato (immagine 7). Si
esegue un debridement del malleolo laterale ed un lavaggio articolare con Ringer Lattato sotto
pressione. Infiltrazione intrarticolare con Bupivacaina 10 ml per facilitare il risveglio del paziente.
Eseguito bendaggio compressivo tipo “Robert-Jones”.
Immagine 7: immagine radiografica intraoperatoria; il frammento è stato rimosso
Il decorso post-operatorio ha previsto:
- la somministrazione di antiinfiammatori per via sistemica per 3 giorni post
antibiotica sistemica per 8 giorni post
- sostituzione della fasciatura compressiva tipo “Robert Jones” a giorni alterni fino
all’asportazione dei punti di sutura, avvenuta 12 giorni post
- di mantenere il cavallo confinato in box per almeno un mese associando passeggiate
giornaliere “a mano” al passo una volta al giorno per 10 minuti, solo dopo la rimozione dei
punti di sutura.
- In seguito, di mantenere il cavallo tra box e piccolo paddock (max 4 x 4 mt) per almeno 2
mesi associando passeggiate almeno due volte al giorno di 10 minuti “a mano” al passo.
- Successivamente, modesta attività in giostra al passo per circa 10 minuti al
mani, per almeno un mese.
- Messa in atto di un protocollo riabilitativo in base alle risultanze cliniche rilevate dal medico
veterinario curante dopo i 4 mesi.
Follow up
Il paziente viene sottoposto a visita di controllo circa 6 mesi dopo
data vengono eseguiti un attento esame clinico ed un controllo radiografico della regione del
garretto sinistro che non evidenziano alterazioni che possano compromettere il graduale ritorno
all’attività sportiva. Viene effettuata un’infiltrazione dell’articolazione tibiotarsica sinistra con acido
ialuronico ad alto peso molecolare.
Immagine 7: immagine radiografica intraoperatoria; il frammento è stato rimosso
operatorio ha previsto:
la somministrazione di antiinfiammatori per via sistemica per 3 giorni post
antibiotica sistemica per 8 giorni post-op.;
sostituzione della fasciatura compressiva tipo “Robert Jones” a giorni alterni fino
all’asportazione dei punti di sutura, avvenuta 12 giorni post-op.;
di mantenere il cavallo confinato in box per almeno un mese associando passeggiate
giornaliere “a mano” al passo una volta al giorno per 10 minuti, solo dopo la rimozione dei
In seguito, di mantenere il cavallo tra box e piccolo paddock (max 4 x 4 mt) per almeno 2
mesi associando passeggiate almeno due volte al giorno di 10 minuti “a mano” al passo.
Successivamente, modesta attività in giostra al passo per circa 10 minuti al
mani, per almeno un mese.
Messa in atto di un protocollo riabilitativo in base alle risultanze cliniche rilevate dal medico
veterinario curante dopo i 4 mesi.
Il paziente viene sottoposto a visita di controllo circa 6 mesi dopo l’intervento chirurgico. In tale
data vengono eseguiti un attento esame clinico ed un controllo radiografico della regione del
garretto sinistro che non evidenziano alterazioni che possano compromettere il graduale ritorno
ettuata un’infiltrazione dell’articolazione tibiotarsica sinistra con acido
ialuronico ad alto peso molecolare.
Immagine 7: immagine radiografica intraoperatoria; il frammento è stato rimosso
la somministrazione di antiinfiammatori per via sistemica per 3 giorni post-op., terapia
sostituzione della fasciatura compressiva tipo “Robert Jones” a giorni alterni fino
di mantenere il cavallo confinato in box per almeno un mese associando passeggiate
giornaliere “a mano” al passo una volta al giorno per 10 minuti, solo dopo la rimozione dei
In seguito, di mantenere il cavallo tra box e piccolo paddock (max 4 x 4 mt) per almeno 2
mesi associando passeggiate almeno due volte al giorno di 10 minuti “a mano” al passo.
Successivamente, modesta attività in giostra al passo per circa 10 minuti al giorno, alle due
Messa in atto di un protocollo riabilitativo in base alle risultanze cliniche rilevate dal medico
l’intervento chirurgico. In tale
data vengono eseguiti un attento esame clinico ed un controllo radiografico della regione del
garretto sinistro che non evidenziano alterazioni che possano compromettere il graduale ritorno
ettuata un’infiltrazione dell’articolazione tibiotarsica sinistra con acido
Dopo circa 1 anno dall’intervento si apprende che il cavallo è ritornato all’attività sportiva di salto
ostacoli seppure di categoria inferiore (90-100 cm) e non sono più state effettuate infiltrazioni né
terapie sistemiche.
E’ possibile che, con il passare del tempo, questa articolazione vada incontro a fenomeni
degenerativi dovuti anche alla maggiore instabilità meccanica in seguito alla recisione del
legamento collaterale laterale breve. I fenomeni infiammatori che hanno interessato la capsula
possono favorire l’instaurarsi di DJD.
Diagnosi caso 4: Un cavallo troppo magro
Le anomalie delle ghiandole salivari nel cavallo interessano frequentemente le parotidi. Esse sono le
ghiandole salivari più grandi e si estendono dalla base dell’orecchio al ramo della mandibola, con il
confine caudale in corrispondenza dell’ala dell’atlante. Diversi condotti più piccoli si uniscono al
confine rostrale e ventrale della ghiandola per formare il condotto parotideo. Il condotto corre
rostralmente e parallelamente al ramo della mandibola, a fianco della vena facciale.
La sialolitiasi nel cavallo interessa tipicamente il dotto parotideo, di solito nella sua porzione più
rostrale, poco prima che si apra nel vestibolo, all’altezza del terzo premolare superiore (108-208).
I sialoliti sono duri, tendenzialmente lisci, mobili e indolori alla palpazione. In alcuni casi il dolore
alla palpazione può essere dovuto a ulcere buccali dovute allo sfregamento della mucosa sui
margini taglienti dei denti dell’arcata superiore.
La diagnosi differenziale dovrebbe prendere in considerazione anche ascessi dentali o tumori
vestibolari.
Eziopatogenesi
La sialolitiasi provoca blocco parziale o totale del dotto salivare, disfunzione delle ghiandole
salivari e ulcerazioni della mucosa orale, che a loro volta provocano disagio all’animale, disfagia e
possibile atrofia della ghiandola.
I cavalli secernono grandi quantità di saliva in confronto ad altri erbivori: un cavallo di 500 kg
produce una media di 12 L al giorno con volumi ancora maggiori se l’alimentazione è ricca di
sostanza secca. Questi grandi volumi di saliva hanno un ruolo importante di lubrificazione,
prevenzione dell’ostruzione esofagea e funzione tampone per l’alto contenuto di bicarbonato (circa
50 mEq/l). Per i motivi appena menzionati il blocco del dotto salivare può aumentare il rischio di
disturbi digestivi.
In parte la formazione dei sialoliti dovrebbe essere dovuta al deposito di materiale organico attorno
al quale si depositano sali di calcio (soprattutto carbonati), all’interno del dotto. Il materiale
organico può essere rappresentato sia da materiale vegetale che arriva nel dotto per via ascendente,
sia da detriti cellulari autologhi. In parte la formazione dei sialoliti sarebbe da ricercarsi nella
composizione della saliva, infatti la ricerca in medicina umana ha mostrato differenze significative
nella composizione della saliva tra i gruppi interessati e quelli di controllo in particolare in materia
di calcio salivare, che era più alto nel gruppo interessato, e la concentrazione di fitati salivari che
erano più bassi nel gruppo interessato. Questi ricercatori hanno concluso che un deficit di inibitori
della cristallizzazione come mio-inositolesafosfato (fitati) potrebbe essere un fattore eziologico
importante nella genesi della sialolitiasi.
Un alto livello di calcio salivare potrebbe anche essere il risultato di patologie renali o altre cause di
ipercalcemia, tumori maligni, iperparatiroidismo primario (estremamente raro negli equidi),
ipervitaminosi D e le malattie granulomatose come la tubercolosi.
Anche la dieta sembra avere un ruolo nella formazione dei sialoliti, così come la localizzazione
geografica pare avere un ruolo determinante: nelle zone aride c’è una maggior frequenza di casi di
sialolitiasi.
Sono interessati più frequentemente dalla sialolitiasi i soggetti anziani ma non è da escludere nella
diagnosi differenziale di soggetti più giovani.
INTERVENTO CHIRURGICO
Il cavallo è stato posto in anestesia generale. In seguito all’estrazione dei premolari 406 e 407 si è
effettuato un debridement degli alveoli dentali che si presentavano interamente occupati da
materiale purulento e da residui di alimento.
Si è eseguita un’incisione a libro di cute e connettivo sottocutaneo, isolando vasi e nervi, e si è
praticato un debridement chirurgico del tessuto di granulazione in corrispondenza della fistola e
dell’area ad essa circostante.
La cavità degli alveoli dentali è stata riempita con Spongostan® (spugna di gelatina emostatica) e la
gengiva è stata suturata con punti staccati incrociati. La cute è stata suturata invece con punti a “U”
staccati.
Per la rimozione del sialolita (foto 4 e 5) si è deciso di procedere con un approccio trans-orale. La
procedura prevede un'incisione lineare della mucosa di circa 2 cm in corrispondenza del sialolita.
La guarigione della ferita operatoria avviene per seconda intenzione.
Foto 1 (in alto) e 5 (in basso) : sialolita
Si è intrapresa quindi una terapia antibiotica con un’associazione di benzilpenicillina procaina
20.000 UI/kg e diidrostreptomicina solfato 25 mg/kg somministrata per via intramuscolare per 8
giorni e terapia antiinfiammatoria a base di Fenilbutazone 1 mg/kg per 3 giorni.
La piaga operatoria è stata quotidianamente pulita e disinfettata e sono stati eseguiti degli sciacqui
buccali con Betadine® diluito al 5 % con soluzione fisiologica e acqua corrente all’interno della
cavità buccale.
Dopo circa 8 giorni dall’intervento si è assistito alla deiscenza della ferita cutanea a causa della
recidiva della fistola oro-facciale dovuta, probabilmente, ad un modesto passaggio di materiale
alimentare attraverso l’alveolo dentario.
Previa sedazione del paziente è stata eseguita una revisione chirurgica della regione mandibolare
eseguendo un secondo debridement chirurgico della piaga a livello della faccia laterale della
mandibola destra con asportazione dei lembi cutanei, asportazione del tessuto di granulazione
presente lungo il tragitto fistoloso. Si è constatata l’assenza dell’impianto di Spongostan® alveolare
e la presenza di residui di alimento nella cavità alveolare. È stata praticata una pulizia completa
della cavità a livello di alveoli dentari dei p
della fistola con soluzione di perossido di idrogeno al 3%.
I lavaggi con perossido di idrogeno al 3% proseguono per 10 giorni, finchè la fistola e la piaga
cutanea appaiono completamente guarite.
Il cavallo è rimasto ricoverato presso la struttura per un totale di 25 giorni, tempo necessario per un
risultato clinico ed estetico ritenuto soddisfacente.
Alle dimissioni il paziente era in grado di alimentarsi da solo e non erano mai stati riscontrati
episodi febbrili.
ESITO
In sede di dimissione i tessuti si presentavano completamente integri e privi di infezioni. Non si
registravano difficoltà masticatorie, calo di appetito, deiscenza delle ferite e il soggetto aveva
ripreso appieno la quotidiana attività.
Attualmente il cavallo a distanza di circa 1 anno dalla dimissione non ha mai più mostrato recidive,
né difficoltà nell’alimentarsi e continua la sua attività nella scuola di equitazione.
Diagnosi caso 5: Dopo essere guarito da zoppia, il mio cavall
Sulla base della sintomatologia clinica del soggetto al momento del ricovero ed alla luce dei
riscontri valutati a carico del piede pelvico destro, risultando inoltre dall’anamnesi l’assenza di una
corretta storia vaccinale, il sospetto diagnost
Poiché l’isolamento del germe è quasi impossibile e non sono disponibili test diagnostici rapidi per
individuare la presenza della tossina, in queste circostanze l’attuazione immediata di un terapia
mirata risulta indispensabile al fine di una prognosi favorevole.
Il tetano è un malattia infettiva, non contagiosa, causata da una esotossina liberata dal batterio
Clostridium Tetani, GRAM positivo, anaerobio, mobile, non invasivo, presente nell’ambiente
sottoforma di spora che germina in anaerobiosi (foto 4).
Foto 2: Clostridium Tetani
presente lungo il tragitto fistoloso. Si è constatata l’assenza dell’impianto di Spongostan® alveolare
e la presenza di residui di alimento nella cavità alveolare. È stata praticata una pulizia completa
della cavità a livello di alveoli dentari dei premolari 406-407 e si sono eseguiti abbondanti lavaggi
della fistola con soluzione di perossido di idrogeno al 3%.
I lavaggi con perossido di idrogeno al 3% proseguono per 10 giorni, finchè la fistola e la piaga
cutanea appaiono completamente guarite.
cavallo è rimasto ricoverato presso la struttura per un totale di 25 giorni, tempo necessario per un
risultato clinico ed estetico ritenuto soddisfacente.
Alle dimissioni il paziente era in grado di alimentarsi da solo e non erano mai stati riscontrati
In sede di dimissione i tessuti si presentavano completamente integri e privi di infezioni. Non si
registravano difficoltà masticatorie, calo di appetito, deiscenza delle ferite e il soggetto aveva
vità.
Attualmente il cavallo a distanza di circa 1 anno dalla dimissione non ha mai più mostrato recidive,
né difficoltà nell’alimentarsi e continua la sua attività nella scuola di equitazione.
5: Dopo essere guarito da zoppia, il mio cavallo è rigido
Sulla base della sintomatologia clinica del soggetto al momento del ricovero ed alla luce dei
riscontri valutati a carico del piede pelvico destro, risultando inoltre dall’anamnesi l’assenza di una
corretta storia vaccinale, il sospetto diagnostico si era ormai orientato verso un caso di tetano.
Poiché l’isolamento del germe è quasi impossibile e non sono disponibili test diagnostici rapidi per
individuare la presenza della tossina, in queste circostanze l’attuazione immediata di un terapia
a risulta indispensabile al fine di una prognosi favorevole.
Il tetano è un malattia infettiva, non contagiosa, causata da una esotossina liberata dal batterio
GRAM positivo, anaerobio, mobile, non invasivo, presente nell’ambiente
forma di spora che germina in anaerobiosi (foto 4).
presente lungo il tragitto fistoloso. Si è constatata l’assenza dell’impianto di Spongostan® alveolare
e la presenza di residui di alimento nella cavità alveolare. È stata praticata una pulizia completa
407 e si sono eseguiti abbondanti lavaggi
I lavaggi con perossido di idrogeno al 3% proseguono per 10 giorni, finchè la fistola e la piaga
cavallo è rimasto ricoverato presso la struttura per un totale di 25 giorni, tempo necessario per un
Alle dimissioni il paziente era in grado di alimentarsi da solo e non erano mai stati riscontrati
In sede di dimissione i tessuti si presentavano completamente integri e privi di infezioni. Non si
registravano difficoltà masticatorie, calo di appetito, deiscenza delle ferite e il soggetto aveva
Attualmente il cavallo a distanza di circa 1 anno dalla dimissione non ha mai più mostrato recidive,
né difficoltà nell’alimentarsi e continua la sua attività nella scuola di equitazione.
Sulla base della sintomatologia clinica del soggetto al momento del ricovero ed alla luce dei
riscontri valutati a carico del piede pelvico destro, risultando inoltre dall’anamnesi l’assenza di una
ico si era ormai orientato verso un caso di tetano.
Poiché l’isolamento del germe è quasi impossibile e non sono disponibili test diagnostici rapidi per
individuare la presenza della tossina, in queste circostanze l’attuazione immediata di un terapia
Il tetano è un malattia infettiva, non contagiosa, causata da una esotossina liberata dal batterio
GRAM positivo, anaerobio, mobile, non invasivo, presente nell’ambiente
Il germe è un ospite abituale del tratto intestinale degli animali e le spore di questo microrganismo
sono in grado di rimanere nel terreno per molti anni.
I cavalli sono la specie animale domestica più suscettibile all’esotossina tetanica.
Le spore si depositano all’interno di una ferita penetrante profonda nella quale il tessuto
devitalizzato genera un ambiente ottimale (anaerobico) per la crescita degli organismi batterici ed il
rilascio di potenti esotossine.
La più importante delle 3 componenti dell’esotossina tetanica (tetanospasmina, tetanolisina, e
tossina non spasmogenica) è la tetanospasmina.
La tetanolisina è una proteina ossigeno-labile con proprietà necrotizzante, confinata al sito di
infezione che favorisce la replicazione del germe in ambiente anaerobio.
La tetanospasmina è la responsabile delle manifestazioni cliniche della malattia. Diffonde dopo
disseminazione per via linfo-ematogena, per via retrograda attraverso i nervi motori e viscerali. Il
trasporto retrogrado può progredire di 75-250 mm/die.
Essa blocca il rilascio di NEUROTRASMETTITORI INIBITORI quali la glicina e l’acido gamma-
amminobutirrico (GABA), neurotrasmettitori inibitori, a livello di interneuroni inibitori nel midollo
spinale e nel cervello (immagine 1). La tetanospasmina, inoltre, ha azioni aggiuntive sulle giunture
neuromuscolari e sui gangli autonomi. I sintomi clinici, di conseguenza, sono caratterizzati da
potenziamento dei normali stimoli sensori, iperestesia e convulsioni che provocano arresto
respiratorio e morte.
Immagine 3: meccanismo d'azione della tetanospasmina a livello di interneurone inibitore
L’esotossina penetra, pertanto, negli assoni dei nervi motori più vicini e migra in senso retrogrado
verso gli interneuroni inibitori del SNC. La tossina può essere trasportata anche per via ematogena
dalle ferite ai nervi in sedi distanti, in particolare nella testa. In ogni caso l
come patologia progressiva localizzata (ad esempio sintomi di tetano che cominciano in un arto o
nella testa) o come sindrome più generalizzata. Nel cavallo è molto più frequente la forma
generalizzata.
Il periodo di incubazione della malattia può andare da 1 a 60 giorni, anche se nel cavallo i sintomi
clinici si rendono manifesti solitamente tra i 2 e 21 giorni successivi all’ingresso del germe.
I sintomi più significativi osservabili inizialmente sono:
- Rigidità di testa e collo, trisma mandibolare, spasmo muscoli facciali;
- Scialorrea, disfagia;
- Procidenza terza palpebra;
- Contrazioni tonico-cloniche della muscolatura scheletrica;
- Rigidità/paralisi di arti, tronco e coda, difficoltà’ nella deambulazione;
- Marcata eccitabilità riflessa dei nervi motori;
- Notevole suscettibilità agli stimoli esterni;
- Possibile coinvolgimento dei muscoli respiratori;
- Tachicardia, tachipnea, ipertermia;
: meccanismo d'azione della tetanospasmina a livello di interneurone inibitore
nto, negli assoni dei nervi motori più vicini e migra in senso retrogrado
verso gli interneuroni inibitori del SNC. La tossina può essere trasportata anche per via ematogena
dalle ferite ai nervi in sedi distanti, in particolare nella testa. In ogni caso la malattia può presentarsi
come patologia progressiva localizzata (ad esempio sintomi di tetano che cominciano in un arto o
nella testa) o come sindrome più generalizzata. Nel cavallo è molto più frequente la forma
della malattia può andare da 1 a 60 giorni, anche se nel cavallo i sintomi
clinici si rendono manifesti solitamente tra i 2 e 21 giorni successivi all’ingresso del germe.
I sintomi più significativi osservabili inizialmente sono:
, trisma mandibolare, spasmo muscoli facciali;
Procidenza terza palpebra;
cloniche della muscolatura scheletrica;
Rigidità/paralisi di arti, tronco e coda, difficoltà’ nella deambulazione;
flessa dei nervi motori;
Notevole suscettibilità agli stimoli esterni;
Possibile coinvolgimento dei muscoli respiratori;
Tachicardia, tachipnea, ipertermia;
: meccanismo d'azione della tetanospasmina a livello di interneurone inibitore
nto, negli assoni dei nervi motori più vicini e migra in senso retrogrado
verso gli interneuroni inibitori del SNC. La tossina può essere trasportata anche per via ematogena
a malattia può presentarsi
come patologia progressiva localizzata (ad esempio sintomi di tetano che cominciano in un arto o
nella testa) o come sindrome più generalizzata. Nel cavallo è molto più frequente la forma
della malattia può andare da 1 a 60 giorni, anche se nel cavallo i sintomi
clinici si rendono manifesti solitamente tra i 2 e 21 giorni successivi all’ingresso del germe.
Rigidità/paralisi di arti, tronco e coda, difficoltà’ nella deambulazione;
- Coliche, costipazione e ritenzione urinaria sono comuni perché il cavallo non riesce ad
assumere la posizione per espellere feci o urine;
- Allo stadio terminale l’opistotono è marcato e possono esserci fenomeni convulsivi;
- Esito spesso letale (50-75% dei casi).
Il decorso della malattia di solito è di 5-10 giorni anche se in alcuni casi i sintomi possono persistere
per settimane.
TERAPIA
Gli obiettivi della terapia comprendono:
- Eliminazione dei germi;
- Neutralizzazione della tossina residua;
- Controllo degli spasmi muscolari;
- Corretta idratazione;
- Apporto nutrizionale;
- Supporto ventilatorio;
L’eliminazione dei batteri responsabili prevede il trattamento della ferita (courettage, drenaggio,
esposizione all’aria) e la somministrazione di penicillina. Sono indicate la penicillina sodica o
potassica (20.000 U.I. IV ogni 6h) o la penicillina procaina (15.000-20.000 U.I./kg o 15/20 mg/kg
ogni 12 ore) per almeno 7 giorni. Nei cavalli sensibili alla penicillina è possibile l’impiego
sostitutivo di tetraciclina.
Nel nostro caso dopo aver eseguito un adeguato courettage della ferita penetrante, riscontrata nel
piede pelvico destro, abbiamo praticato perfusioni loco-regionali giornaliere con amoxicillina e
acido clavulanico per 4 giorni. Il piede è stato, inoltre, medicato quotidianamente applicando sulla
ferita impacchi di garze sterili imbevute di H2O2 fino alla completa guarigione.
La terapia sistemica antibiotica ha previsto la somministrazione di 20.000 UI/kg di penicillina-
procaina IM qid per 10 giorni e di metronidazolo 25 mg/kg OS bid per 5 giorni.
I sistemi per la neutralizzazione della tossina residua prevedono vaccinazione e somministrazione di
anatossina tetanica (TAT). In quest’ultimo caso l’antitossina (da 100 a 5.000 U/kg una solo volta
IV, IM o SC, seguite da 5 U/kg ogni 24 h per 5 giorni) è di ausilio a neutralizzare la tossina. In ogni
caso non è efficace se la tossina si è già legata all’interno del SNC dal momento che gli antisieri
somministrati per via parenterale non attraversano la barriera emato-encefalica. La
somministrazione di antitossina effettuata nella prima fase della malattia può aumentare le
probabilità di guarigione se usata prima della comparsa di rigidità grave, spasmi e decubito. La
tossina antitetanica iniettata direttamente nel SNC si lega alle tossine ancora libere. Il cavallo deve
essere in anestesia generale ed è importante evitare l’utilizzo della ketamina quale farmaco di
induzione. Si inserisce un ago spinale 18 G da 9 cm all’interno dello spazio atlanto
aspirano 50 ml di liquido cefalospinale (CSF) sostituito con un’uguale quantità di antitossina
(immagine 2).
L’antitossina tetanica è stata somministrata, nel soggetto descritto, secondo il seguente protocollo:
- Giorno del ricovero: Inoculo nella cisterna magna di 50.000 UI di anatossina tetanica in
anestesia generale (foto 5 a e b);
- Giorni successivi: 50.000 UI d
Immagine 4: inserimento dell'ago spinale all'interno dello spazio atlanto
Foto 3 (a e b): inoculo in cisterna magna di 50.000 UI di anatos
La somministrazione di tranquillanti, sedativi, anestetici generali, o la combinazione di questi,
completa il controllo dei disordini neuromuscolari.
induzione. Si inserisce un ago spinale 18 G da 9 cm all’interno dello spazio atlanto
aspirano 50 ml di liquido cefalospinale (CSF) sostituito con un’uguale quantità di antitossina
L’antitossina tetanica è stata somministrata, nel soggetto descritto, secondo il seguente protocollo:
Giorno del ricovero: Inoculo nella cisterna magna di 50.000 UI di anatossina tetanica in
anestesia generale (foto 5 a e b);
Giorni successivi: 50.000 UI di anatossina tetanica IV al giorno per 6 giorni.
: inserimento dell'ago spinale all'interno dello spazio atlanto
(a e b): inoculo in cisterna magna di 50.000 UI di anatossina tetanica
La somministrazione di tranquillanti, sedativi, anestetici generali, o la combinazione di questi,
completa il controllo dei disordini neuromuscolari.
induzione. Si inserisce un ago spinale 18 G da 9 cm all’interno dello spazio atlanto-occipitale e si
aspirano 50 ml di liquido cefalospinale (CSF) sostituito con un’uguale quantità di antitossina
L’antitossina tetanica è stata somministrata, nel soggetto descritto, secondo il seguente protocollo:
Giorno del ricovero: Inoculo nella cisterna magna di 50.000 UI di anatossina tetanica in
i anatossina tetanica IV al giorno per 6 giorni.
: inserimento dell'ago spinale all'interno dello spazio atlanto-occipitale
sina tetanica
La somministrazione di tranquillanti, sedativi, anestetici generali, o la combinazione di questi,
L’acepromazina (0,05 mg/kg IV o IM ogn
lievi.
Per crisi epilettiche gravi e rigidità muscolare è indicato il diazepam (0,05
da solo o in combinazione con la Xylazina (0,5
I barbiturici vengono raramente utilizzati per il rilassamento muscolare.
La terapia da noi attuata per gestire le alterazioni neuromuscolari ha previsto la somministrazione di
acepromazina 0,1 mg/kg IM ogni 6 ore per 7giorni e poi a scalare nei 10 gg successivi associata a
pridinolo mesilato (Lisen) 10 mg IM bid per 9 giorni.
A completamento della gestione clinica si è reso necessario eseguire una fluidoterapia mediante
infusione continua di soluzione fisiologica (NaCl 0,9%) e Ringer Lattato per 6 giorni (foto 6).
Foto 4: cavallo sotto fluido terapia e con ovatta nelle orecchie per attutire i rumori
È stato inoltre indispensabile alimentare il cavallo per mezzo di sonda rino
al giorno (nucleo + olio disciolto in acqua) e manten
ogni sollecitazione esterna. A tal fine è stato utile applicare del cotone nelle orecchie del soggetto
per minimizzarne la stimolazione acustica.
Il nostro caso clinico ha mostrato una progressiva stabiliz
dimissione del soggetto è avvenuta il 21° giorno dopo il ricovero, nonostante siano descritti gravi
effetti collaterali a seguito delle terapie esposte quali, ad esempio, necrosi epatica acuta dopo la
somministrazione parenterale di TAT o lo sviluppo di attacchi epilettici, decubito persistente o
laminite dopo la somministrazione della stessa attraverso la cisterna magna.
Le indicazioni terapeutiche da seguire a casa hanno previsto:
L’acepromazina (0,05 mg/kg IV o IM ogni 12 ore) è efficace nel controllo degli spasmi muscolari
Per crisi epilettiche gravi e rigidità muscolare è indicato il diazepam (0,05-0,5 mg/kg IV al bisogno)
da solo o in combinazione con la Xylazina (0,5-1 mg/kg IV o IM).
raramente utilizzati per il rilassamento muscolare.
La terapia da noi attuata per gestire le alterazioni neuromuscolari ha previsto la somministrazione di
acepromazina 0,1 mg/kg IM ogni 6 ore per 7giorni e poi a scalare nei 10 gg successivi associata a
idinolo mesilato (Lisen) 10 mg IM bid per 9 giorni.
A completamento della gestione clinica si è reso necessario eseguire una fluidoterapia mediante
infusione continua di soluzione fisiologica (NaCl 0,9%) e Ringer Lattato per 6 giorni (foto 6).
: cavallo sotto fluido terapia e con ovatta nelle orecchie per attutire i rumori
È stato inoltre indispensabile alimentare il cavallo per mezzo di sonda rino-gastrica almeno 2 volte
al giorno (nucleo + olio disciolto in acqua) e mantenendolo in un box il più possibile buio e privo di
ogni sollecitazione esterna. A tal fine è stato utile applicare del cotone nelle orecchie del soggetto
per minimizzarne la stimolazione acustica.
Il nostro caso clinico ha mostrato una progressiva stabilizzazione della sintomatologia clinica e la
dimissione del soggetto è avvenuta il 21° giorno dopo il ricovero, nonostante siano descritti gravi
effetti collaterali a seguito delle terapie esposte quali, ad esempio, necrosi epatica acuta dopo la
one parenterale di TAT o lo sviluppo di attacchi epilettici, decubito persistente o
laminite dopo la somministrazione della stessa attraverso la cisterna magna.
Le indicazioni terapeutiche da seguire a casa hanno previsto:
i 12 ore) è efficace nel controllo degli spasmi muscolari
0,5 mg/kg IV al bisogno)
La terapia da noi attuata per gestire le alterazioni neuromuscolari ha previsto la somministrazione di
acepromazina 0,1 mg/kg IM ogni 6 ore per 7giorni e poi a scalare nei 10 gg successivi associata a
A completamento della gestione clinica si è reso necessario eseguire una fluidoterapia mediante
infusione continua di soluzione fisiologica (NaCl 0,9%) e Ringer Lattato per 6 giorni (foto 6).
: cavallo sotto fluido terapia e con ovatta nelle orecchie per attutire i rumori
gastrica almeno 2 volte
endolo in un box il più possibile buio e privo di
ogni sollecitazione esterna. A tal fine è stato utile applicare del cotone nelle orecchie del soggetto
zazione della sintomatologia clinica e la
dimissione del soggetto è avvenuta il 21° giorno dopo il ricovero, nonostante siano descritti gravi
effetti collaterali a seguito delle terapie esposte quali, ad esempio, necrosi epatica acuta dopo la
one parenterale di TAT o lo sviluppo di attacchi epilettici, decubito persistente o
- Un’alimentazione abbondante;
- Il mantenimento del cavallo in box ben pulito;
- Passeggiate mattina e sera di 15 minuti al passo;
- Il consiglio di mantenere i piedi curati e puliti;
- Iniziare un corretto protocollo vaccinale.
Foto
È importante sottolineare che la guarigione dal tetano non comporta immunità di lunga durata ed i
soggetti che sopravvivono necessitano di ulteriori immunizzazioni annuali.
La prevenzione del tetano si ottiene rapidamente con la somministrazione di un vaccino
viene somministrata una dose iniziale, poi una seconda un mese più tardi ed in seguito si fanno
richiami annuali. Le femmine gravide dovrebbero essere vaccinate da 1 a 3 mesi prima del parto per
garantire un sistema adeguato di anticorpi antitetani
vaccinati a 3, 4 e 6 mesi e poi sottoposti a richiami annuali.
Quello per il tetano è uno dei vaccini più efficaci nel cavallo ed il suo impiego in tutti i soggetti
dovrebbe essere incoraggiato con la massima conv
Diagnosi caso 6: Il puledro steso in paddock
I risultati delle analisi di laboratorio sul liquido sinoviale confermano la presenza di una cellulite
microbica sottocutanea a carico della regione del garretto destro.
L’imponente deformità del garretto era dovuta sia alla marcata ectasia tibio
infiammazione articolare di probabile origine traumatica, verificata dall’aumento delle proteine
totali non associata ad alterazione della conta cellulare, sia al versamento purulento sot
Un’alimentazione abbondante;
antenimento del cavallo in box ben pulito;
Passeggiate mattina e sera di 15 minuti al passo;
Il consiglio di mantenere i piedi curati e puliti;
Iniziare un corretto protocollo vaccinale.
Foto 5 cavallo 20 gg. dopo la dimissione
mportante sottolineare che la guarigione dal tetano non comporta immunità di lunga durata ed i
soggetti che sopravvivono necessitano di ulteriori immunizzazioni annuali.
La prevenzione del tetano si ottiene rapidamente con la somministrazione di un vaccino
viene somministrata una dose iniziale, poi una seconda un mese più tardi ed in seguito si fanno
richiami annuali. Le femmine gravide dovrebbero essere vaccinate da 1 a 3 mesi prima del parto per
garantire un sistema adeguato di anticorpi antitetanici colostrali. I puledri dovrebbero essere
vaccinati a 3, 4 e 6 mesi e poi sottoposti a richiami annuali.
Quello per il tetano è uno dei vaccini più efficaci nel cavallo ed il suo impiego in tutti i soggetti
dovrebbe essere incoraggiato con la massima convinzione.
o 6: Il puledro steso in paddock
I risultati delle analisi di laboratorio sul liquido sinoviale confermano la presenza di una cellulite
microbica sottocutanea a carico della regione del garretto destro.
etto era dovuta sia alla marcata ectasia tibio
infiammazione articolare di probabile origine traumatica, verificata dall’aumento delle proteine
totali non associata ad alterazione della conta cellulare, sia al versamento purulento sot
mportante sottolineare che la guarigione dal tetano non comporta immunità di lunga durata ed i
La prevenzione del tetano si ottiene rapidamente con la somministrazione di un vaccino. Prima
viene somministrata una dose iniziale, poi una seconda un mese più tardi ed in seguito si fanno
richiami annuali. Le femmine gravide dovrebbero essere vaccinate da 1 a 3 mesi prima del parto per
ci colostrali. I puledri dovrebbero essere
Quello per il tetano è uno dei vaccini più efficaci nel cavallo ed il suo impiego in tutti i soggetti
I risultati delle analisi di laboratorio sul liquido sinoviale confermano la presenza di una cellulite
etto era dovuta sia alla marcata ectasia tibio-tarsica legata ad una
infiammazione articolare di probabile origine traumatica, verificata dall’aumento delle proteine
totali non associata ad alterazione della conta cellulare, sia al versamento purulento sottocutaneo.
INTERVENTO CHIRURGICO
Il cavallo è stato sottoposto ad intervento chirurgico in anestesia generale.
Dopo aver eseguito un tampone sottocutaneo, abbiamo eseguito un debridement chirurgico della
regione del garretto con l’asportazione di un lembo cutaneo necrotico dalla faccia laterale del
garretto destro di circa 25 cm di diametro fino all’esteriorizzazione dei tessuti sottocutanei (foto 3).
Prima del risveglio è stata eseguita una perfusione loco-regionale dalla vena safena con Amikacina
solfato (1000 mg in 50 ml di soluzione salina sterile) in seguito ad applicazione di un laccio
emostatico a metà coscia mantenuto in sede per venti minuti. È stata infine eseguita una fasciatura
compressiva dell’arto pelvico destro di tipo “Robert-Jones” con materiale sterile. Al risveglio il
puledro si è alzato autonomamente e ha camminato caricando correttamente l’arto pelvico destro.
Foto 6: presentazione della lesione in sede chirurgica dopo il debridement (giorno 0).
In sede operatoria si è deciso di attuare un protocollo di guarigione per seconda intenzione
coadiuvato dalla terapia a base di Platelet Rich Plasma (PRP) autologo. È stato, pertanto, effettuato
il prelievo di circa 200 ml di sangue per la preparazione del concentrato piastrinico.
Guarigione per seconda intenzione
La scelta della guarigione per seconda intenzione di una soluzione di continuo della cute si attua
quando non è consigliabile realizzarne una per prima intenzione o per prima intenzione posticipata.
Nella maggior parte dei casi si applica alle soluzioni di continuo interessate da un’importante
contaminazione batterica e da una perdita moderata o severa dei tessuti tale da precluderne una
chiusura diretta. Tali lesioni devono guarire, pertanto, seguendo per intero i processi di contrazione,
granulazione ed epitelizzazione.
Al fine di rispettare il concetto, relativamente recente, della cosiddetta guarigione “umida” delle
ferite, l’essudato prodotto dalla soluzione di continuo viene solitamente lasciato di proposito a
contatto col suo letto. Già nel 1962, George Winter aveva dimostrato che, sia nella specie umana sia
suina, le ferite cutanee a tutto spessore, mantenute in un ambiente umido, giungono a completa
epitelizzazione in 12-15 giorni, mentre se lasciate seccare, si risolvono in 25-30 giorni. Le ferite
caratterizzate da uno stato infiammatorio lieve, se mantenute bagnate dal loro stesso essudato, sono
interessate, infatti, da una minore sensazione di prurito e presentano la formazione di un’escara di
minor spessore. Alcune lesioni risultano tuttavia caratterizzate da un’eccessiva quantità di essudato,
quali ad esempio le bruciature, le soluzioni di continuo con un’ampia perdita di tessuto, i traumi
estensivi da pascolo e le ferite refrattarie alla guarigione per infezioni croniche.
Il segreto delle guarigioni “umide” è racchiuso nei costituenti dell’essudato che vanno a creare
l’ambiente migliore per una perfetta cicatrizzazione, ovvero:
- le cellule necessarie alla riparazione;
- un substrato ricco d’enzimi, fattori di crescita e fattori chemotattili;
- numerose molecole volte al controllo delle infezioni.
Esistono delle prove a dimostrazione dei benefici apportati dagli essudati di fase acuta sulla
migrazione, sulle attività di contrazione e crescita fibroblastica. A titolo d’esempio, è stato provato
in vitro che i liquidi umani racchiusi nei tessuti soggetti ad ustione promuovono la contrazione,
mentre i fluidi delle ferite acute stimolano la crescita delle cellule endoteliali e dei fibroblasti del
derma.
I fluidi delle ferite croniche provocano al contrario l’invecchiamento dei fibroblasti, contengono
una maggiore concentrazione di enzimi proteolitici e inducono una drammatica diminuzione della
sintesi di collagene, scaturendo nel grave rallentamento dei processi di riparazione.
Gli enzimi contenuti nell’essudato provengono dalla rottura dei globuli bianchi e dalle
metalloproteasi.
I bendaggi molto aderenti sono adatti a mantenere i fluidi della ferita in contatto con il suo letto per
facilitarne il debridement autolitico, di fondamentale importanza per il rimanente processo di
guarigione. I fattori di crescita locali e le citochine forniscono uno stimolo per fibroblasti, cellule
epiteliali e endoteliali. I fattori chemotattici richiamano maggiori neutrofili e macrofagi al fine di
attuare un’azione di controllo dei batteri e di permettere il debridement della superficie lesa. Un
ambiente umido permette una migliore migrazione di neutrofili e macrofagi rispetto ad uno stesso
secco.
Un altro beneficio dell’essudato è quello di fornire una costante termoregolazione del letto della
soluzione di continuo.
I maggiori rischi riscontrabili in una ferita “umida” consistono nella sua possibile colonizzazione
batterica e nello sviluppo di follicoliti che provocano l’inevitabile danneggiamento dei suoi margini.
Nonostante la colonizzazione batterica sia un’evenienza preoccupante, una soluzione di continuo
che non presenta uno stato infettivo prima della sua chiusura definitiva, difficilmente lo svilupperà
in un secondo momento. Un eventuale surplus di essudato può portare alla macerazione dei tessuti,
alla perdita di proteine, elettroliti e zinco, e ad anemia locale.
PRP
Sulla base di quanto già accennato relativamente alle proprietà, all’utilizzo e all’efficacia del PRP,
dal giorno dopo l’intervento chirurgico abbiamo praticato le applicazioni di PRP in associazione a:
- pulizia accurata della piaga con RL sterile;
- applicazione di PRP autologo (frequenza giornaliera d’attacco) 5 ml die;
- terapia antibiotica locale: perfusione loco-regionale quotidiana di 20 minuti dell’arto pelvico
destro (1000 mg di amikacina solfato diluiti in un volume di 40 ml di soluzione fisiologica
sterile);
- fasciatura compressiva dell’arto pelvico destro di tipo “Robert-Jones” con materiale sterile;
- terapia antibiotica sistemica con penicillina (20.000 UI/kg IM BID) e gentamicina (6.6
mg/kg IV SID);
- terapia antiinfiammatoria con FANS (flunixin meglumine 0,5 mg/kg IV SID).
Il terzo giorno di ricovero i risultati di laboratorio hanno dimostrato la sterilità del liquido sinoviale,
e la contaminazione sottocutanea (Tabella 1).
ESAME COLTURALE
RISULTATO
ANTIBIOGRAMMA
Liquido sinoviale
negativo
Tampone sottocutaneo
Aerobi: staphyloccoccus aureus
Anaerobi: staphyloccoccus aureus
SENSIBILE: ampicillina, cefalessina,
ceftiofur, rifaximina,
sulfometossazolo+trimethoprim
INTERMEDIO: enrofloxacina,
rinfampicina;
RESISTENTE: amikacina, aztreonam,
cefapirina, cefquinome, kanamicina,
metronidazolo, sulfadiazina,
Tabella 1: risultati esami colturali.
Dal 3° giorno di ricovero abbiamo eseguito la sola applicazione di PRP (aliquote di 5 ml), previa
pulizia della piaga con Ringer Lattato sterile (circa 1 litro), a giorni alterni, seguite da una
tipo “Robert-Jones” con materiale sterile.
La prima applicazione di PRP è stata eseguita il 2° giorno di ricovero.
Il cavallo è rimasto ricoverato presso le strutture per un totale di 21 giorni, la terapia con PRP
autologo si è protratta per un totale di 20 giorni (foto 5
Sono state eseguite n° 11 applicazioni di PRP (da 5 ml ciascuna) delle quali le prime 3 a frequenza
giornaliera, mentre le successive 8 applicate a giorni alterni.
Foto 7: lesione il giorno 8; IV applicazione di PRP
sulfatiazolo+sulfadiazina+sulfamerazina
Dal 3° giorno di ricovero abbiamo eseguito la sola applicazione di PRP (aliquote di 5 ml), previa
pulizia della piaga con Ringer Lattato sterile (circa 1 litro), a giorni alterni, seguite da una
Jones” con materiale sterile.
La prima applicazione di PRP è stata eseguita il 2° giorno di ricovero.
Il cavallo è rimasto ricoverato presso le strutture per un totale di 21 giorni, la terapia con PRP
totale di 20 giorni (foto 5-6-7).
Sono state eseguite n° 11 applicazioni di PRP (da 5 ml ciascuna) delle quali le prime 3 a frequenza
giornaliera, mentre le successive 8 applicate a giorni alterni.
applicazione di PRP
sulfatiazolo+sulfadiazina+sulfamerazina
Dal 3° giorno di ricovero abbiamo eseguito la sola applicazione di PRP (aliquote di 5 ml), previa
pulizia della piaga con Ringer Lattato sterile (circa 1 litro), a giorni alterni, seguite da una fasciatura
Il cavallo è rimasto ricoverato presso le strutture per un totale di 21 giorni, la terapia con PRP
Sono state eseguite n° 11 applicazioni di PRP (da 5 ml ciascuna) delle quali le prime 3 a frequenza
Foto 8: lesione il giorno 12; VI applicazione di PRP
Foto 9: lesione il giorno 16; VIII applicazione di PRP
Follow up
Ad oggi il puledro si presenta in ottime condizioni fisiche e mostra un ritmo di crescita normale per
la sua razza. Il proprietario riferisce che non ci sono alterazioni di andatura e la condizione estetica
della lesione è assolutamente soddisfacente (foto 8).
Foto 10: foto del paziente 20 giorni dopo la dimissione, 40 giorni dopo l'evento traumatico
Diagnosi caso 7: Il cavallo è intollerante all’esercizio e quando galoppa fa uno “strano”
rumore.
Si esegue un attento esame obbiettivo particolare dell’apparato respiratorio per poter escludere
eventuali problemi, infiammazioni o infezioni microbiche delle vie aeree basse.
� LIMITI POLMONARI: NN
� RIFLESSO DELLA TOSSE: assente
� AUSCULTAZIONE POLMONARE: NN, anche dopo la prova di ipercapnia
Sono, inoltre, stati realizzati l’EOP dell’apparato muscolo-scheletrico e un’approfondita indagine
dell’apparato cardiocircolatorio per escluderne il coinvolgimento patologico.
Gli esami ematici compiuti (emocromo con formula e profilo biochimico completo) risultavano
nella norma.
Nel nostro soggetto L’EOP dell’apparato respiratorio non metteva in evidenza particolari anomalie
ma il rumore, di probabile natura espiratoria, riportato dal fantino associato al calo della
performance sportiva, ci ha spinti ad eseguire ulteriori approfondimenti diagnostici a carico delle
alte vie respiratorie.
La prima indagine eseguita ha previsto l’esecuzione di un esame endoscopico.
Esame endoscopico
L’endoscopia delle alte vie respiratorie è lo strumento diagnostico di elezione per la valutazione del
primo tratto respiratorio. È diventata una prassi nella diagnostica del cavallo atleta e l’esperienza
dell’operatore è fondamentale nel discriminare ciò che è patologico da ciò che è sano, soprattutto
quando si tratta di anormalità funzionali. L’esame endoscopico è una componente importante nella
valutazione complessiva dell’animale per arrivare a formulare una diagnosi e va accompagnato
all’anamnesi e al resto dell’esame obbiettivo particolare dell’apparato respiratorio. L’esame
endoscopico completo si compone di: un’endoscopia con il soggetto in stazione per una valutazione
anatomo-funzionale della laringe e del palato molle ed un’endoscopia con il cavallo in esercizio, su
treadmill o su pista, per indurre le alterazioni patologiche non evidenziabili a riposo. Questi due
esami non si escludono ma concorrono ad una migliore comprensione della patogenesi delle
ostruzioni delle alte vie respiratorie.
ESAME ENDOSCOPICO IN STAZIONE
Il cavallo va contenuto con il solo torcinaso e sarebbe meglio non effettuare nessuna sedazione in
quanto potrebbe compromettere la funzionalità delle strutture muscolari della gola (foto 6).
Foto 11: videoendoscopia in stazione, cavallo contenuto con il torcinaso
L’esame delle cavità nasali si può fare durante l’ingresso o l’uscita della sonda. La porzione caudale
delle alte vie respiratorie (laringe e faringe) è quella che si valuta per prima. L’epiglottide deve
essere posizionata dorsalmente al palato e deve avere i margini seghettati con un chiaro pattern
vascolare sulla faccia dorsale (foto 7).
Foto 12: immagine endoscopica di un laringe di un cavallo sano, notare la forma e la posizione dorsale dell'epiglottide rispetto al palato molle
I processi corniculati delle aritenoidi devono essere indagati per escludere ogni eventuale
anormalità (ulcerazioni, tessuto di granulazione, ispessimenti) e vanno valutati i movimenti di
abduzione ed adduzione degli stessi (foto 8-9).
Foto 13: adduzione delle aritenoidi di un cavallo sano
Foto 14: completa abduzione della ritenoidi di un cavallo sano.
Uscendo con la sonda dalla trachea è comune che il palato molle dislochi ma il cavallo deve
riposizionarlo correttamente in breve tempo entro gli otto atti respiratori. Per poter valutare meglio
il grado di abduzione delle aritenoidi si può effettuare lo ‘slap test’, ovvero si evoca la chiusura
delle aritenoidi percuotendo la zona del garrese da entrambi i lati. Il grado di asimmetria durante
l’abduzione è correlato al grado di atrofia che si sente durante la palpazione della laringe ed al
grado di sforzo durante l’esercizio. Si possono anche tappare le narici per valutare al respiro
successivo l’abduzione delle aritenoidi e la stabilità e la funzionalità della laringe e della faringe.
ESAME ENDOSCOPICO SU TREADMILL
L’endoscopia in movimento rappresenta un esame fondamentale dato che molte alterazioni delle
alte vie respiratorie non sono evidenziabili a riposo, poiché il cavallo non raggiunge le condizioni di
sforzo respiratorio che si verificano durante l’esercizio. Alcuni dei problemi delle alte vie
respiratorie oltre ad essere dinamici sono anche intermittenti e, pertanto, si rende indispensabile
cercare di riprodurre le stesse condizioni di velocità, posizioni di testa e di collo e di affaticamento,
altrimenti si possono avere dei falsi negativi (foto 10).
Foto 15: cavallo sottoposto ad esame endoscopico su tredmill.
In un studio eseguito su 600 cavalli sottoposti a videoendoscopia su treadmill è risultato che 471
soggetti (79%) erano affetti da ostruzione delle alte vie respiratorie; 486 (78%) avevano una storia
di rumore respiratorio anomalo durante l’esercizio; dei 471 che presentavano un’ostruzione delle
alte vie respiratorie, 328 (70%) era affetto da una sola patologia mentre i restanti 143 cavalli (30%)
presentavano un’associazione di due o più patologie (fig. 1).
Figura 2: tabella riassuntiva dell'incidenza delle ostruzioni dinamiche delle alte vie respiratorie.
4.4.3 ESAME ENDOSCOPICO SU PISTA
L’endoscopia su treadmill è considerata il gold standard per la valutazione delle patologie delle alte
vie respiratorie. Questa tecnica diagnostica comunque non riproduce le reali sollecitazioni a cui il
cavallo è soggetto durante l’esercizio. L’assenza di molte variabili inerenti l’allenamento (la qualità
del terreno, il peso del fantino, la massima velocità, l’ambiente) possono portare a diagnosi errate
durante l’esame su treadmill. L’endoscopia su pista si può effettuare attraverso l’uso di un
videoendoscopio portatile costituito da (foto 11):
• Sonda semi rigida di diametro di 9.8mm;
• Un sistema di agganci che fissi la sonda alla testiera dell’animale;
• Uno zaino contenente un processore, una batteria, settaggio per la luce, un sistema di
registrazione wireless, un controller che faccia partire e fermare la registrazione;
• un sistema di lavaggio interno che parte ad intervalli di 30 secondi per pulire la lente della
sonda dal muco prodotto;
• un display dotato di sistema wireless che riproduce le immagini dell’endoscopio in tempo
reale, fino ad una distanza di 600m.
Foto 16: particolare di endoscopia su pista
L’esame videoendoscopico in stazione del soggetto esaminato ha evidenziato:
- la pervietà delle alte vie respiratorie, l’assenza di muco e di materiale alimentare lungo le vie
respiratorie;
- Le mucose faringea e laringea nella norma, assenza di infiammazioni;
- Slap-test nella norma;
- Il palato molle si trova ventralmente all’epiglottide. Dopo il passaggio dell’endoscopio in
trachea abbiamo assistito alla DDSP che permane per oltre 8 atti respiratori (VIDEO 1) ed
anche in seguito alle continue deglutizioni avvenute durante l’esame. Il palato restava dislocato
per un lungo lasso di tempo;
- Assenza di ulcerazioni a livello di margine libero del palato;
- l’ispezione delle tasche gutturali non aveva evidenziato alterazioni patologiche.
Il sospetto diagnostico di DDSP ci porta ad eseguire un esame radiografico della regione faringea.
ESAME RADIOGRAFICO
L’esame radiografico della faringe, utilizzando le proiezioni latero-laterali, è una tecnica
diagnostica che permette di identificare patologie come l’intrappolamento dell’epiglottide e la
dislocazione dorsale del palato molle. Questa proiezione permette di ottenere informazioni sullo
spessore, sulla lunghezza e sulla forma della cartilagine dell’epiglottide che con l’endoscopia non è
possibile valutare. L’immagine radiografica della faringe fornisce dati riguardo ad altre strutture
non evidenziabili all’esame endoscopico come, ad esempio, eventuali masse faringee. Per effettuare
l’immagine radiografica, la testa viene lasciata nella normale posizione che il cavallo assume in
stazione. Un’esagerata estensione della testa, infatti, provoca un aumento nella distanza
faringoepiglottica, mentre una flessione forzata diminuisce tale distanza. Il diametro nasofaringeo
aumenta di molto durante l’estensione rispetto a quanto avviene durante la flessione della testa sul
collo. La cartilagine dell’epiglottide si identifica come una struttura curvilinea con l’apice
localizzato sotto il bordo dorsale del palato molle. La forma delle pliche ariepiglottiche è
visualizzabile a partire dalle cartilagini aritenoidi fino alla giunzione con il bordo dorsale
dell’epiglottide (foto 12). I cavalli affetti da DDSP hanno l’apice dell’epiglottide localizzato
ventralmente al palato molle e, occasionalmente, presentano aria nell’orofaringe (foto 13). La
lunghezza della cartilagine dell’epiglottide può essere misurata dal corpo della cartilagine tiroide
fino alla punta dell’epiglottide (lunghezza tireo-epiglottica) sull’immagine radiografica (foto 13).
Foto 17: immagine radiografica di una gola di cavallo, proiezione L-L della laringe per valutare la posizione della laringe e dell’apparecchio ioideo. B) osso basiioide; ossificati: ossificazione cartilagine tiroide; Th-T) articolazione tiroioideo
Foto 18: proiezione L-L di una gola di purosangue di 4 anni castrone con una DDSP permanente prima della chirurgia. Notare la posizione del palato molle rispetto all’epiglottide. Si evidenzia aria nella bocca e nella porzione ventrale dell’epiglottide.
Foto 19: dettagli radiografici dell’anatomia della gola con il cavallo con la testa estesa sul collo. Freccia “indica la distanza dalla porzione rostrale della cartilagine tiroide alla porzione rostrale dell’osso tiroioideo. Freccia “c” indica la distanza dalla porzione rostrale della cartilagine tiroide alla porzione caudale dell’osso tiroioideo.
DIAGNOSI DEFINITIVA
Dall’anamnesi e alla luce dei risultati endoscopici e radiografici (foto 15) la diagnosi definitiva è di
dislocazione dorsale del palato molle (DDSP).
Foto 20: immagine radiografica Ldell'epiglottide rispetto al palato molle
: dettagli radiografici dell’anatomia della gola con il cavallo con la testa estesa sul collo. Freccia “
indica la distanza dalla porzione rostrale della cartilagine tiroide alla porzione rostrale dell’osso tiroioideo. Freccia “c” indica la distanza dalla porzione rostrale della cartilagine tiroide alla porzione caudale dell’osso
Dall’anamnesi e alla luce dei risultati endoscopici e radiografici (foto 15) la diagnosi definitiva è di
dislocazione dorsale del palato molle (DDSP).
: immagine radiografica L-L della gola del cavallo prima della chirurgia. Notare la posizione
dell'epiglottide rispetto al palato molle
: dettagli radiografici dell’anatomia della gola con il cavallo con la testa estesa sul collo. Freccia “ r” indica la distanza dalla porzione rostrale della cartilagine tiroide alla porzione rostrale dell’osso tiroioideo. Freccia “c” indica la distanza dalla porzione rostrale della cartilagine tiroide alla porzione caudale dell’osso
Dall’anamnesi e alla luce dei risultati endoscopici e radiografici (foto 15) la diagnosi definitiva è di
rurgia. Notare la posizione
DISLOCAZIONE DORSALE DEL PALATO MOLLE
La dislocazione dorsale del palato molle (DDSP) è un’ostruzione delle alte vie respiratorie, di
natura espiratoria, che può manifestarsi con maggior prevalenza nel cavallo atleta durante l’intenso
esercizio. Non sono state riscontrate predisposizioni di razza, sesso o età anche se i cavalli in cui
tale patologia è più manifesta sono i cavalli da corsa per le particolari condizioni a cui vanno
incontro durante l’esercizio massimo; è meno frequente nei cavalli da salto ostacoli o dressage e nei
cavalli americani ma tale incidenza aumenta nei cavalli che lavorano con il collo e la testa flessa. La
dislocazione dorsale del palato molle fu per prima descritta da Quinlan nel 1949 ma ancora oggi il
meccanismo patofisiologico che determina questa patologia rimane non del tutto chiaro. Infatti, nel
1981 Cook ipotizzò che la DDSP risultasse da una dislocazione della laringe rispetto al palato
molle. Oggi si sa che la DDSP è una patologia che possiede un’eziologia multifattoriale e che
riguarda disfunzioni della faringe, più nello specifico, del palato molle. Alcuni autori nei loro studi
hanno dimostrato che l’età media in cui la DDSP si manifesta è di circa 3,5 anni. Dall’attenta analisi
dei risultati di altre ricerche, è possibile evidenziare che tale patologia si può riscontrare anche su
soggetti di età più avanzata attestandosi, la sua incidenza, intorno ai 4-6 anni di età. Nella
descrizione della DDSP si rende necessario distinguerne due forme: una intermittente ed una
persistente.
DDSP INTERMITTENTE
Rappresenta la forma più comune di DDSP. Nella DDSP intermittente il margine libero del palato
molle si disloca dalla sua normale posizione sub-epiglottica (Foto 5, video 1) ed ostruisce il lume
nasofaringeo durante l’esercizio.
DDSP PERSISTENTE
Si tratta di un tipo di dislocazione permanente che però si manifesta raramente ed è dovuta ad un
danneggiamento dell’innervazione motoria efferente dei muscoli del palato molle e dei muscoli
costrittori dorsali della faringe.
Molte altre ipotesi sono state, negli anni, proposte per spiegare le cause alla base della DDSP
persistente. Le più interessanti hanno cercato di evidenziare l’importante ruolo rivestito dalla forma
e dalla posizione dell’epiglottide. È stato possibile osservare, inoltre, come la dislocazione dorsale
del palato molle persistente fosse spesso associata alla presenza di un frenulo sub epiglottico e di
un’epiglottide ipoplastica.
Altri autori l’hanno descritta quale complicanza secondaria alla chirurgia per l’intrappolamento
dell’epiglottide. Ulteriori studi sulle differenze tra DDSP intermittente e DDSP persistente sono
stati condotti con l’ausilio della diagnostica per immagini, comparando radiograficamente la
posizione della laringe e dell’apparecchio ioideo nei cavalli con DDSP intermittente e persistente
con l’obiettivo di dimostrare che i cavalli con la DDSP persistente hanno una differente posizione
del laringo-iode rispetto la DDSP intermittente. I cavalli con DDSP persistente hanno una posizione
molto più caudale della laringe rispetto a quelli con DDSP intermittente; cavalli con DDSP
permanente hanno una posizione dell’osso basiioide più dorsale rispetto a quelli con DDSP
intermittente; la posizione dell’articolazione tiroioidea nei cavalli con DDSP persistente è molto più
dorso-caudale rispetto a quelli con DDSP intermittente.
La comparsa della dislocazione dorsale del palato molle è spesso associata alla comparsa di un
rumore respiratorio. Tale rumore è di natura espiratoria e ricorda un ruggito o un rumore di
russamento (snooring) che deriva dal fondo della gola. Il rumore di ruggito prodotto dal cavallo
sotto massimo sforzo si conosceva già nel diciottesimo secolo ed era associato ad un calo delle
performance.
Quando il palato molle disloca rispetto all’epiglottide durante l’esercizio subisce un’escursione
dorso-ventrale durante il ciclo respiratorio. Durante l’inalazione, il palato molle resta in posizione
dorsale rispetto l’epiglottide ma non provoca un’ostruzione perché le pressioni negative lo
mantengono in una posizione ferma rispetto al pavimento del nasofaringe. Durante l’espirazione,
d’altro canto, il palato molle fluttua dorsalmente nel lume nasofaringeo, deviando così parte dei
flussi d’aria attraverso l’orofaringe e la bocca. Questo fenomeno è dato dal calo del flusso
espiratorio e dall’aumento delle resistenze espiratorie.
Le conseguenze dell’ostruzione delle alte vie respiratorie del cavallo atleta più frequentemente
riportate sono: il calo delle performance e un anomalo rumore respiratorio. La terminologia usata
dai proprietari/fantini per descrivere il rumore respiratorio o lo scarso rendimento varia e, siccome
la percezione rimane soggettiva, diventare abili nel saper interpretare tali descrizioni può essere
utile al medico veterinario. I rumori descritti più di frequente dai proprietari in seguito ad instabilità
del palato, in particolare nella dislocazione dorsale del palato molle, sono rumori di grattamento,
gorgogliamento, russamento. Alcuni autori hanno messo in luce come le cause di scarso
rendimento, o di rumore respiratorio, non possano essere diagnosticate definitivamente attraverso la
descrizione dei proprietari.
Il medico veterinario esaminatore deve effettuare un anamnesi molto dettagliata per poter
discriminare tra le varie ostruzioni dinamiche che riguardano le alte vie respiratorie:
• Riduzione della performance?
• Da quanto tempo si è notata una riduzione delle performance;
• Insorgenza durante il lavoro (da subito? durante il riscaldamento? Verso la fine? Sotto
massimo sforzo?);
• Continuato o intermittente?
• Il cavallo respira con la bocca aperta?
• Sono presenti scoli nasali?
• Mono o bi-laterali?
• Sono presenti scoli nasali contenenti materiale alimentare?
• Presente epistassi?
• Mono o bi-laterale?
• Rumore respiratorio
• Inspiratorio/espiratorio?
• Insorgenza durante l’esercizio (da subito? durante il riscaldamento? Verso la fine? Sotto
massimo sforzo?);
• Continuo o intermittente?
• Crescente durante il lavoro e poi decrescente durante il calo dell’attività?
• Il cavallo è disfagico?
• Il cavallo tossisce?
INTERVENTO CHIRURGICO
Il cavallo è stato sottoposto ad intervento chirurgico in anestesia generale di tie-forward.
Questa tecnica di mobilizzazione e fissazione della laringe (Tie-forward laringeo) si basa su dati
sperimentali che suggeriscono come la posizione ottimale della laringe, durante l’esercizio, sia
dorsorostrale all’osso basiioide. Il principio di questa procedura è fornire una stabilità estrinseca al
rinofaringe, che si ritiene innalzi la soglia oltre la quale si verifica la DDSP del palato molle.
L’aumento della stabilità estrinseca si ottiene mediante il rafforzamento della funzione dei muscoli
tiroioidei che collocano la laringe in una posizione più dorsale e rostrale. Da una recente
valutazione del risultato di tale chirurgia si è visto, che dopo il tie-forward, la laringe viene a
trovarsi spostata dorso-rostralmente, mentre l’osso basiioideo dorso-caudalmente.
TECNICA
Il cavallo è stato posto in anestesia generale in decubito dorsale. Viene inserito il tubo endotracheale
per l’anestesia gassosa. Si esegue un’incisione cutanea di circa 15 cm sulla linea mediana della
faccia ventrale della regione della gola, estesa dalla porzione rostrale dell’osso basiioideo fino ad 1
cm caudalmente alla cartilagine cricoide. I muscoli sternoioidei vengono separati sulla linea
mediana per via smussa e la dissezione continua fino alla superficie ventrale della laringe. L’intera
porzione ventrale della laringe viene isolata dai tessuti sottostanti e la dissezione si continua
lateralmente fino all’esposizione dell’inserzione dei muscoli sternotiroidei sulla lamina della
cartilagine tiroide. Si applica un divaricatore Gelpi nella porzione rostrale dell’incisione per
facilitare l’individuazione del basiioide, mentre un divaricatore più largo (Balfour) viene
posizionato nella porzione caudale della linea d’incisione per facilitare l’evidenziazione delle
porzioni laterali della cartilagine tiroide.
A questo punto vengono applicate delle suture in materiale polybend USP 5 dall’osso basiioide fino
alla porzione laterale della lamina della cartilagine tiroide (foto 16-17 e fig. 2).
La fase finale dell’intervento prevede di flettere la testa del cavallo in modo che formi un angolo di
circa 90° con il collo. Le suture vengono strette separatamente usando un nodo scorsoio in modo
che la porzione rostrale della cartilagine tiroide sia circa 1 cm rostrale alla faccia caudale dell’osso
basiioide. Impiegando questa procedura la laringe si muove di circa 4 cm rostralmente e 2 cm
dorsalmente (foto 18). La testa dell’animale viene riposizionata e la breccia operatoria viene
suturata secondo metodo standard.
Figura 3: schema che mostra le fasi principali dell’intervento di tie-forward laringeo. A) visione laterale: notare che le suture sono posizionate dall’osso basiioide fino alla porzione laterale della lamina della cartilagine tiroide. La sutura viene fatta passare due volte attraverso la cartilagine tiroide ed il passaggio più dorsale è immediatamente ventrale al tendine del muscolo sternotiroideo. B) veduta ventrale: le suture corrono sulla faccia dorsale dell’osso basiioide e vengono tirate con un nodo scorsoio sul lato ventrale della giunzione dell’osso basiioide ed il processo linguale.
Foto 21: foto intraoperatoria dell’intervento di tie-forward laringeo.
Foto 22: foto dell’ operazione di tie-forward laringeo, fase finale, vengono praticati i punti di sutura finali
Foto 23: visione endoscopica della laringe dopo intervento di tie-forward in un trottatore di 3 anni. Notare che l’epiglottide è sollevata e non poggia sul palato molle.
TERAPIA POST OPERATORIA:
• Antibiotico ad ampio spettro (Benzilpenicillina
mg/kg IM per 7 gg.
• Antinfiammatorio sistemico per 3 giorni (fenilbuatazane OS, 1 gr sid);
• Pulizia e disinfezione giornaliera della ferita ed applicazione di pomata topica a base di
gentamicina;
• Alimentazione per la prima settimana a base di fieno;
• Il cavallo viene lasciato per 2 gg. fermo in box;
• Ripresa dell’allenamento dopo la seconda settimana, non prima della completa guarigione
della piaga operatoria e l’asportazione della sutura cutanea;
• Dopo 3 mesi si consiglia endoscopia di controllo e ripresa dell’allenamento intenso.
È stata eseguita una radiografia in proiezione latero
chirurgia (Foto 19).
Foto 24: immagine radiografica L-L post operatorirostrale e dorsale (cfr. foto 15);
FOLLOW UP: Il fantino asserisce che il cavallo, che ha ripreso gli allenamenti dopo circa un mese
dall’intervento, ha mostrato un miglioramento delle
episodi di rumore respiratorio (video 2).
Diagnosi caso 8: Il mio cavallo emana cattivo odore e presenta una grossa massa sotto la coda.
Dall’anamnesi e alla luce dei risultati citologici la diagnosi definitiva è di carcinoma
squamocellulare
TERAPIA POST OPERATORIA:
Antibiotico ad ampio spettro (Benzilpenicillina procaina + diidrostreptomicina solfato) 15
Antinfiammatorio sistemico per 3 giorni (fenilbuatazane OS, 1 gr sid);
Pulizia e disinfezione giornaliera della ferita ed applicazione di pomata topica a base di
a prima settimana a base di fieno;
Il cavallo viene lasciato per 2 gg. fermo in box;
Ripresa dell’allenamento dopo la seconda settimana, non prima della completa guarigione
della piaga operatoria e l’asportazione della sutura cutanea;
lia endoscopia di controllo e ripresa dell’allenamento intenso.
È stata eseguita una radiografia in proiezione latero-laterale della laringe dopo 24 ore dalla
L post operatoria della gola del cavallo. Notare la posizione della laringe più
FOLLOW UP: Il fantino asserisce che il cavallo, che ha ripreso gli allenamenti dopo circa un mese
dall’intervento, ha mostrato un miglioramento delle performance in gara e non stati più riferiti
episodi di rumore respiratorio (video 2).
o 8: Il mio cavallo emana cattivo odore e presenta una grossa massa sotto la coda.
anamnesi e alla luce dei risultati citologici la diagnosi definitiva è di carcinoma
procaina + diidrostreptomicina solfato) 15
Antinfiammatorio sistemico per 3 giorni (fenilbuatazane OS, 1 gr sid);
Pulizia e disinfezione giornaliera della ferita ed applicazione di pomata topica a base di
Ripresa dell’allenamento dopo la seconda settimana, non prima della completa guarigione
lia endoscopia di controllo e ripresa dell’allenamento intenso.
laterale della laringe dopo 24 ore dalla
a della gola del cavallo. Notare la posizione della laringe più
FOLLOW UP: Il fantino asserisce che il cavallo, che ha ripreso gli allenamenti dopo circa un mese
in gara e non stati più riferiti
o 8: Il mio cavallo emana cattivo odore e presenta una grossa massa sotto la coda.
anamnesi e alla luce dei risultati citologici la diagnosi definitiva è di carcinoma
CARCINOMA SQUAMOCELLULARE
Il carcinoma squamocellulare è al terzo posto in ordine di prevalenza tra i tumori cutanei del cavallo
(dopo il sarcoide ed il melanoma). Solo occasionalmente dà origine a metastasi.
Esiste una stretta correlazione tra carcinoma squamocellulare e cute non pigmentata e, più in
particolare, nelle zone in cui la cute è esposta alla luce solare. Tuttavia in alcune sedi possono
essere coinvolti altri agenti cancerosi (es. lo smegma causa neoformazioni peniene e clitoridee
rispettivamente nei maschi castrati anziani e nelle fattrici). Le neoformazioni perineali e quelle delle
labbra vulvari sono alquanto frequenti ma risulta difficile ipotizzare che in queste sedi lo smegma e
la luce solare siano la causa del problema.
Si riconoscono due forme principali, una ulcerativa o distruttiva ed una proliferativa superficiale,
che esita in una massa tumorale in espansione. La prima può essere molto distruttiva per i tessuti e
sono comuni i sanguinamenti e le infezioni secondarie. Le forme proliferative sono comuni sulla
terza palpebra, sul pene, sulle labbra vulvari e sul clitoride.
La malignità non è una caratteristica comune delle forme cutanee, mentre è molto più probabile in
quelle gastriche e in quelle che si localizzano a livello di bocca , faringe e cavità nasale.
Sono state descritte forme polmonari secondarie e generalizzate in cui erano presenti gravi effetti
secondari sia locali sia sistemici.
Il trattamento è sempre difficile ma la maggior parte delle forme che risultano accessibili ha una
natura più benigna e può essere più suscettibile di escissione chirurgica. Il carcinoma
squamocellulare è sempre molto sensibile alle radiazioni gamma e beta. Spesso tuttavia, la chirurgia
rappresenta l’unica opzione e l’escissione meticolosa risulta frequentemente curativa. L’uso di
cisplatino e 5-fluorouracile hanno offerto una nuova opportunità, ma anche in questo caso, esistono
molte difficoltà di attuabilità e realizzazione pratica.
Buoni i risultati anche con la crio-chirurgia ma risulta difficile trattare interamente l’area coinvolta.
La prognosi per la maggior parte delle forme è buona ma di solito si consiglia di attuare un
approccio riservato, data la difficoltà di garantire un’escissione completa della neoformazione
evitando il rischio di recidive. Le associazioni di chirurgia a radioterapia o farmaci antimitotici
topici di solito rappresentano la migliore soluzione.
INTERVENTO CHIRURGICO
Il cavallo viene posto in decubito dorsale in anestesia generale. Dopo tricotomia e disinfezione
chirurgica della regione vulvare e delle cosce si avvolge e isola la neoformazione con materiale
sterile per diminuire il rischio di contaminazione del campo operatorio (foto 6).
Foto 6 (a e b): Particolare della massa avvolta ed isolata (a); preparazione del campo operatorio (b)
Dopo aver isolato e legato i grossi vasi afferenti si procede ad asportare la massa neoplastica
eseguendo un’exeresi ad ampi margini della cute. Si rende necessario eseguire un’incisione a cuneo,
fino al vestibolo della vagina, per asportare la base del carcinoma interamente.
In sede operatoria si verifica l’integrità dello sbocco uretrale.
Viene eseguita la ricostruzione per piani dei muscoli della coscia, della vagina e della vulva
esteriorizzando la mucosa.
La massa asportata pesa 5,6 kg.
Foto 7: Particolare dell'intervento durante l'escissione della massa
Foto 8 (a e b): Asportazione completa della massa neoplastica (b) e ricosrtuzione per piani della vagina e della vulva (a)
Foto 9 (a e b): Estroflessione e ricostruzione del vestibolo della vagina
Foto 10 (a e b): Ricostruzione ultimata; vista da decubito dorsale (a); animale in stazione (b)
TERAPIA POST OPERATORIA:
Nei giorni successivi la chirurgia il cavallo viene visitato giornalmente, mattina e sera, e non sono
riscontrate anomalie degne di nota. Nei primi tre giorni si eseguono terapie di supporto intensivo
somministrando per via parenterale endovenosa concentrati multivitamnici.
Si eseguono medicazioni giornaliere della piaga operatoria attraverso medicazioni e applicazione di
pomate antibiotiche.
La terapia prevede inoltre la somministrazione di:
• Antibiotico ad ampio spettro (Benzilpenicillina procaina + diidrostreptomicina solfato) 15
mg/kg IM per 10 gg.
• Fenilbuatazone OS, 2 gr sid per 5 gg.
Il giorno 5° dall’intervento, a seguito della deiscenza della piaga operatoria, dovuta probabilmente
alla contaminazione fecale che si determinava a causa della sua posizione, si eseguono applicazioni
di PRP (Platelet Rich Plasma) autologo sulla piaga operatoria..
Le applicazioni di PRP vengono effettuate a giorni alterni, utilizzando aliquote di 5 ml per
applicazione.
Le prime due applicazioni hanno previsto l'utilizzo del preparato direttamente a contatto con la
mucosa. Nella fase successiva, una volta che era presente una sufficiente quantità di tessuto di
granulazione di buona qualità, l'applicazione si esguiva con ago 27 gauge nella giunzione dermica.
Dal 5° giorno vengono somministrati mangimi concentrati e nutraceutici multivitaminici x OS.
La cavalla viene fatta pascolare 2 volte al giorno alla lunghina e nelle ore fresche viene condotta e
lasciata al paddock per circa 2 ore dimostrando un netto miglioramento nella capacità di
deambulazione.
Foto 11 (a e b): Come si presenta la piaga operatoria al giorno uno (a) e al giorno 5 (b)
Foto 12 (a e b): Giorno sette (a), dopo la seconda applicazione di PRP; giorno nove (b), dopo la terza applicazione di PRP
Foto 13: Ultima applicazione di PRP (a tredici giorni dall'intervento)
A quindici giorni dall’intervento, il cavallo viene dimesso dall’O.V.U.D. (Ospedale Veterinario
Universitario Didattico) di Parma. Viene consigliato di mantenere pulita la regione operata e di
somministrare al paziente nutraceutici multivitaminici. Si consiglia inoltre la visita di controllo ad 1
mese dalle dimissioni e di mantenere sotto stretta osservazione l'eventuale ricomparsa di recidive.
FOLLOW UP
A distanza di 29 giorni dalla dimissione viene eseguito un controllo dell’animale; la piaga
operatoria si è totalmente rimarginata lasciando leggermente esposta una piccola porzione di
mucosa (8cm x 1,5cm). I parametri ematici sono nettamente migliorati e il peso della cavalla è
evidentemente aumentato.
Foto 14 (a e b): Particolare della vulva a distanza di tre mesi dall'intervento
A distanza di dodici mesi dall’intervento, la cavalla si presenta ancora in buone condizioni e non si
sono verificate recidive, i parametri ematici sono rientrati nei range fisiologici, urina in maniera
normale e deambula normalmente senza fatica consentendo al proprietario di montarla per brevi
passeggiate.
Diagnosi caso 9: Il cavallo rotola
Dislocazione dorsale dx del colon ascendente. L’esame ecografico permette di confermare il
sospetto ed evidenzia inoltre la distensione del piccolo intestino oltre alla presenza di timpanismo
del cieco. Permette inoltre di individuare un moderato aumento del liquido peritoneale.
Immagine 5: sezione trasversale dell'addome, veduta caudo craniale; percezione dei visceri durante l'esplorazione rettale in un cavallo con dislocazione dorsale dx del colon
Le coliche nel cavallo rappresentano un importante problema medico, molto diffuso e di difficile
prevenzione. Oltre settanta le cause di colica.
I cavalli sono anatomicamente predisposti alla colica in quanto hanno incapacità di vomitare,
posizione non fissa del colon di sinistra, lungo mesentere del piccolo intestino, restringimento del
lume all’altezza della flessura pelvica, conformazione-funzionamento-dimensione del cieco,
passaggio dal colon dorsale destro al ben più stretto colon trasverso.
Nel cavallo il colon ascendente origina sul lato dx dell’addome a livello della giunzione cieco-
colica e termina sul lato dx dell’addome a livello della giunzione del colon dorsale dx con il colon
trasverso.
Le ingesta si muovono attraverso:
- il colon ventrale destro;
- la flessura sternale;
- il colon ventrale sinistro;
- la flessura pelvica;
- il colon dorsale sinistro;
- la flessura diaframmatica;
- il colon dorsale destro.
I cambiamenti di diametro più pronunciati sono a livello della flessura pelvica e della giunzione tra
colon dorsale destro e colon trasverso. Ci sono quattro bande longitudinali sul colon ventrale, una
sul colon dorsale sinistro, tre sul colon dorsale destro e due sul colon trasverso e sul colon
discendente. Il colon ventrale è caratterizzato dalle sacculazioni. Un mesocolon ascendente unisce
saldamente il colon dorsale e ventrale ma è distinguibile solo a sinistra. Per questa ragione solo il
colon ventrale e dorsale risultano veramente fissati. Le altre due parti, così come la flessura pelvica
sono abbastanza libere da subire notevoli spostamenti.
In seguito alla valutazione complessiva delle condizioni dell’animale (anamnesi, parametri clinici
ed esami complementari) si opta per l’intervento chirurgico.
Quindi si procede con la preparazione per-chirurgica del cavallo:
- Antibiotico terapia ad ampio spettro
- Terapia antiinfiammatoria, antiendotossica
- Pulizia del cavallo
- Preparazione per la sedazione
INTERVENTO
Il cavallo viene posto in decubito dorsale e cateterizzato. Viene eseguita una laparotomia con
approccio dalla linea mediana. Una volta esteriorizzato il grosso colon dislocato, si procede a
decomprimere lo stesso attraverso enterotomia che determina la fuoriuscita di tutto il materiale
causa di costipazione (foto 5-6-7) . Dopo massaggio manuale dell’intero intestino esplorabile, la
linea alba e la breccia operatoria vengono suturate con sutura semplice continua (foto 8-9-10).
Foto 25:particolare dell'intervento: esteriorizzazione del colon;
Foto 26: aprticolare dell'intervento: posizionamento del colon prima di eseguire l'enterotomia
Foto 27: particolare dell'intervento chirurgico: decompressione del colon attraverso la enterotomia;
Foto 28: particolare dell'intervento chirurgico: sutura della
Foto 29: particolare dell'intervento chirurgico: sutura della linea alba;
Foto 30: particolare dell'intervento chirurgico: applicazi one di uno stent cutaneo sulla sutura cutanea;
: particolare dell'intervento chirurgico: sutura della linea alba;
: particolare dell'intervento chirurgico: sutura della linea alba;
: particolare dell'intervento chirurgico: applicazi one di uno stent cutaneo sulla sutura cutanea;
linea alba;
: particolare dell'intervento chirurgico: sutura della linea alba;
: particolare dell'intervento chirurgico: applicazi one di uno stent cutaneo sulla sutura cutanea;
Terapia
La terapia post-operatoria ha previsto la somministrazione di:
- Fluidoterapia: Ringer Lattato circa 2 lt/h per 72 ore;
- Antibiotico terapia: Gentamicina 5mg/kg IV; penicillina procaina 15.000 UI/kg IM bid per
10 giorni;
- flunixin meglumine a dosaggio antiendotossico 0,3 mg/kg ogni 6 ore per 3 giorni.
La piaga operatoria viene medicata con sapone disinfettante a base di iodio due volte al giorno in
seguito alla rimozione dello stent avvenuta 48h dopo l’intervento.
Follow up
Il paziente a distanza di circa un anno dall’evento è tornato a svolgere l’attività di salto ostacoli. In
questo lasso di tempo il cavallo non è più stato interessato da sindrome colica. Il tasso di
sopravvivenza per cavalli in colica chirurgica per la correzione della dislocazione dorsale destra del
colon, è in effetti molto buono qualora l’intervento venga eseguito precocemente e la possibilità di
ricorrenza è bassa.
Diagnosi caso 10: Il mio cavallo sanguina dal naso
Si decide pertanto di esaminare l’interno delle tasche gutturali. Va sottolineato che in caso di
sospetto di micosi delle tasche è importante eseguire con molta cautela l’accesso nella struttura, per
evitare rischi di sanguinamento iatrogeno. Presso la nostra clinica, in caso di sospetto di micosi
delle tasche, eseguiamo l’ingresso con l’endoscopio in sala operatoria, per essere pronti ad
intervenire chirurgicamente qualora sopravvenga un’emorragia grave.
L’endoscopia della tasca gutturale destra evidenzia una placca micotica nella tipica localizzazione
nel compartimento mediale coinvolgendo la carotide interna e causando epistassi (foto 3).
Diagnosi: micosi della tasca gutturale destra.
Foto 3: visione endoscopica comparto mediale tasca gutturale destra
MICOSI DELLE TASCHE GUTTURALI
Studi sulla flora fungina di cavalli affetti da gutturomicosi hanno dimostrato il coinvolgimento
primario di Aspergillus spp., in particolare delle specie A. nidulans, A. flavus e A. fumigatus, A.
ocraceus e secondariamente anche dei generi Paecilomyces, Scopulariopsis, Penicillium, Mucor e
Candida.
L’ambiente rappresenta la principale riserva esozoica dei miceti del genere Aspergillus, i quali sono
in grado di condurre vita saprofitica a carico di vari substrati organici, di natura sia vegetale sia
animale, quali foraggi, paglia, lettiere umide, grano mal conservato e ammuffito, carcasse in
decomposizione, conservando nel tempo la vitalità biologica, grazie alla capacità delle proprie spore
a resistere ai processi di fermentazione e putrefazione.
Sebbene il cavallo venga nella sua quotidianità a continuo contatto con l’abbondante riserva di
spore fungine presenti nella lettiera delle scuderie, nel fieno e nell’ambiente, la frequenza delle
affezioni Aspergillari risulta complessivamente piuttosto limitata; infatti, come descritto per altre
specie animali, sono necessarie particolari condizioni di recettività dell’ospite per consentire
l’attecchimento delle spore e la loro successiva invasività.
L’infezione aspergillare delle tasche gutturali del cavallo rappresenta la più frequente patologia
osservata a carico di queste strutture anatomiche.
La presenza di infezioni concomitanti del tratto respiratorio superiore o di lesioni del
tessuto molle dell’area ventrale della bolla timpanica, i prolungati trattamenti con antibiotici o
corticosteroidi, la permanenza in ambienti scarsamente illuminati, caldo-umidi e con poco ricambio
d’aria, unitamente a ripetuti stress meccanici o
fratture dell’osso stiloioideo, possono rappresentare fattori predisponenti allo sviluppo di tale
patologia. Non sembrano invece esistere predisposizioni legate a sesso, età o razza.
È necessario però considerare che, sebbene le tasche gutturali insieme alla congiuntiva,
rappresentino, secondo i dati bibliografici, le sedi più comunemente coinvolte, esse sono solo uno
dei possibili siti di colonizzazione dei miceti del genere Aspergillus.
In caso di micosi delle tasche gutturali il segno clinico più comune è l’epistassi, che si realizza a
seguito di un’erosione dell’arteria carotide, che nei casi avanzati può essere fatale.
Altri sintomi possono includere dolore parotideo, scolo nasale, sindrome di Horner.
La diagnosi definitiva viene fatta sulla base dell’anamnesi, della sintomatologia e dell’esame
endoscopico, in particolare introducendo l’endoscopio nella tasca gutturale, dove si possono
rilevare una tipica membrana difterica, emorragia e scolo. Bisogna fare attenzione durante il
passaggio dell’endoscopio nella tasca gutturale in quanto può essere indotta una grave emorragia se
la lesione micotica viene traumatizzata.
Il fungo patogeno specifico che produce l’infezione spesso non è identificabile.
Per quel che concerne le terapie è possibile eseguire un trattamento topico attraverso l’aspersione
all’interno delle tasche di farmaci antimicotici.
Per esempio:
- 1% miconazolo;
- 1-5% Ketoconazolo;
- Enilconazolone come soluzione al 33,3 mg/ml.
Va sottolineato che la distribuzione dei medicamenti nel punto dell’infezione può essere difficile e
la risposta è spesso lenta. Possono essere necessarie infusioni giornaliere per 4/6 settimane.
Se è interessata l’arteria carotide interna la legatura di questo vaso è importante perché può
realizzarsi una profusa emorragia tale da mettere a rischio la vita dell’animale. Questo costituisce il
mezzo più utile ed efficace per il controllo dell’epistassi negli animali colpiti.
Sono state descritte diverse tecniche; tuttavia l’uso di un catetere con un palloncino introdotto
nell’arteria in un punto oltre l’area dell’infezione fungina e la legatura del vaso prossimalmente alla
lesione sembrano fornire risultati molto soddisfacenti.
Il trattamento sistemico della micosi della tasca gutturale mediante ketoconazolo per via
endovenosa è stato descritto, sebbene questo agente non abbia in vitro attività specifica contro
Aspergillus spp. Anche l’Amfotericina B può essere un farmaco utile per la somministrazione
sistemica malgrado siano stati riportati un certo numero di spiacevoli effetti collaterali con l’uso
prolungato (nefrotossicità, flebiti in vicinanza del punto di inoculazione, anoressia e sintomi di
depressione). Agenti antifungini più recenti comprendono Itraconazolo alla dose di 2,6 mg/kg per
OS ogni 12 ore. È discutibile se gli agenti antimicotici per via topica siano richiesti nel trattamento
di questa malattia. La cateterizzazione ripetuta delle tasche gutturali può aumentare il rischio di un
trauma iatrogeno ed emorragia. Recenti studi ipotizzano che la medicazione topica non è necessaria
per la completa risoluzione della lesione micotica se la legatura/occlusione dell’arteria carotide
hanno avuto successo.
INTERVENTO CHIRURGICO
Il cavallo viene posto in decubito laterale in anestesia generale. Dopo tricotomia e disinfezione
chirurgica della regione del triangolo di Viborg destro. Si incede orizzontalmente in questa zona,
avendo cura di evitare il dotto parotideo e i rami del nervo vago (foto 4).
Foto 4 (a e b): Particolare dell’intervento: accesso chirurgico.
Si esegue una dissezione dei tessuti fino all’isolamento dell’arteria carotide interna e mascellare si
procede alla legatura delle stesse.
Il punto per la legatura dell’arteria carotide interna è localizzato appena distalmente all’origine della
stessa, all’esterno della tasca gutturale (foto 5).
Foto 5: Particolare dell'intervento durante l'escissione della massa
Il successo con la legatura unica dell’arteria carotide interna può essere attribuito alla trombosi che
si verifica distalmente alla legatura dopo l’intervento. Le emorragie fatali gravi che seguono questo
intervento possono essere attribuite all’occlusione del vaso sbagliato o al flusso retrogrado dal
circolo arterioso cerebrale (poligono di Willis).
Foto 6: particolare dell’intervento: chiusura della carotide.
A seguito della chiusura dei diversi piani tissutali eseguita con sutura a punti staccati abbiamo
applicato uno stent con garze (foto 7).
Foto 7: applicazione stent cutaneo
TERAPIA POST OPERATORIA
Nei giorni successivi la chirurgia il cavallo viene visitato giornalmente, mattina e sera, e non sono
riscontrate anomalie degne di nota. Si eseguono medicazioni giornaliere della piaga operatoria
attraverso medicazioni e applicazione di pomate antibiotiche.
La terapia prevede inoltre la somministrazione di:
• Antibiotico ad ampio spettro (Benzilpenicillina procaina + diidrostreptomicina solfato) 15
mg/kg IM per 10 gg.
• Fenilbuatazone OS, 2 gr sid per 5 gg.
FOLLOW UP
A distanza di dodici mesi dall’intervento, la cavalla si presenta in buone condizioni e non si sono
verificate complicanze post-operatorie.