Agenti&Rappresentanti IlSole24Ore

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Il Sole 24 ORE Sommario

1Febbraio 2015

Agenti

e rappresentanti

a cura di Pietro Gremigni e Mario Jannaccone

Gli Speciali del Sistema FrizzeraAnno XI – n. 1 – Febbraio 2015Periodico mensile registrato presso il Tribunale di Milano n. 310 del 22 aprile 2005

Direttore responsabileEnnio BulgarelliCoordinatore editorialeMauro RampinelliProprietario ed editoreIl Sole 24 ORE S.p.A. PresidenteBenito BenediniAmministratore DelegatoDonatella TreuSede legale e direzionevia Monte Rosa n. 91 – 20149 MilanoRedazioneGalleria dei Legionari Trentini n. 5 – 38122 Trento – tel. 0461.20731, Fax 0461.239268Concessionaria esclusiva di pubblicitàIl Sole 24 Ore S.p.a. SystemDirezione e amministrazioneVia Monte Rosa, 91, 20149, MilanoTel. 02.3022.1, Fax 02.3022.3214, e-mail: [email protected] Sole 24 ORE S.p.A., via Tiburtina Valeria (s.s. 5) km 68,700, 67061 Carsoli (AQ)Distribuzionem-dis Distribuzione Media S.p.A., via Cazzaniga 1 - 20132 Milano, tel. 02.2582.1Richiestra arretrati: i numeri arretrati possono essere richiesti al proprio edicolante di fiducia, al prezzo di copertina.Le fotocopie per uso personale del lettore posso-no essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941, n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di carat-tere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da EDISER Srl, Società di servizi dell’Associazione Italiana Editori, attra-verso il marchio CLEARedi, Centro Licenze e Au-torizzazioni Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana n. 108 - 20122 Milano. Informazioni: www.clearedi.org.Questo numero degli Speciali del Sistema Frizzera è stato chiuso in redazione il 2 febbraio 2015

Il contratto di agenzia

1. Contratto di agenzia – Fonti e nozione 3

2. Provvigioni 15

3. Obblighi dell’agente 25

4. Obblighi del preponente 30

5. Durata, sospensione e cessazione

del contratto di agenzia 36

6. Indennità di fine rapporto 47

7. Patto di non concorrenza dopo la cessazione

del rapporto 59

8. Previdenza Enasarco 67

Aspetti contabili e fiscali

9. Contabilità 73

10. Imposta sul valore aggiunto (Iva) 87

11. Imposte sui redditi 115

12. Ritenute d’acconto sulle provvigioni 148

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Pagg. 528 – € 44,00

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Il Sole 24 ORE 1. Contratto di agenzia – Fonti e nozione

3Febbraio 2015

1. Contratto di agenzia –

Fonti e nozione

di Pietro Gremigni

1.1 Disciplina del contratto di agenzia

La disciplina del contratto di agenzia è molto complessa ed articolata e si caratterizza per la pre-senza, accanto alla normativa contenuta nel Co-dice civile (artt. 1742-1753 c.c.), di un complesso

di ulteriori disposizioni contenute negli accordi economici collettivi, che in parte si affiancano ed in parte si sovrappongono alle norme del Codice civile, così determinando problemi interpretativi e di coordinamento.

Il contratto di agenzia nel Codice civile

Articolo Cod. civ. Contenuto

1742 – Nozione Col contratto di agenzia una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione [17485], la conclusione di contratti di una zona determinata [1751-bis, 1752; c.n. 2902].Il contratto deve essere provato per iscritto. Ciascuna parte ha diritto di ottenere dall’altra un documento dalla stessa sottoscritto che riproduca il contenuto del con-tratto e delle clausole aggiuntive. Tale diritto è irrinunciabile.

1743 – Diritto di

esclusiva

Il preponente non può valersi contemporaneamente di più agenti nella stessa zona per lo stesso ramo di attività [17482], né l’agente può assumere l’incarico di trat-tare nella stessa zona e per lo stesso ramo gli affari di più imprese in concorrenza tra loro [1567, 1568].

1744 – Riscossioni L’agente non ha facoltà di riscuotere i crediti del preponente [1188]. Se questa fa-coltà gli è stata attribuita, egli non può concedere sconti o dilazioni senza speciale autorizzazione [1732, 22102, 2213].

1745 – Rappresen-

tanza agente

Le dichiarazioni che riguardano l’esecuzione del contratto concluso per il tramite dell’agente e i reclami relativi alle inadempienze contrattuali sono validamente fatti all’agente [1495, 1512, 1752, 1903, 2212, 2226].L’agente può chiedere i provvedimenti cautelari [c.p.c. 669-bis ss.] nell’interesse del preponente e presentare i reclami che sono necessari per la conservazione dei diritti spettanti a quest’ultimo.

1746 – Obblighi

dell’agente

Nell’esecuzione dell’incarico l’agente deve tutelare gli interessi del preponente e agire con lealtà e buona fede [1176]. In particolare, deve adempiere l’incarico affi-

– continua –

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

4 Febbraio 2015

– segue – Il contratto di agenzia nel Codice civile

Articolo Cod. civ. Contenuto

datogli in conformità delle istruzioni ricevute e fornire al preponente le informazioni riguardanti le condizioni del mercato nella zona assegnatagli, e ogni altra informa-zione utile per valutare la convenienza dei singoli affari. È nullo ogni patto contrario.Egli deve altresì osservare gli obblighi che incombono al commissionario [1713], ad eccezioni di quelli di cui all’articolo 1736 in quanto non siano esclusi dalla natura del contratto di agenzia.È vietato il patto che ponga a carico dell’agente una responsabilità, anche solo par-ziale, per l’inadempimento del terzo. È però consentito eccezionalmente alle parti di concordare di volta in volta la concessione di una apposita garanzia da parte dell’a-gente, purché ciò avvenga con riferimento a singoli affari, di particolare natura ed importo, individualmente determinati; l’obbligo di garanzia assunto dall’agente non sia di ammontare più elevato della provvigione che per quell’affare l’agente mede-simo avrebbe diritto a percepire; sia previsto per l’agente un apposito corrispettivo.

1747 – Impedimen-

to dell’agente

L’agente che non è in grado di eseguire l’incarico affidatogli deve dare immediato avviso al preponente [1175]. In mancanza è obbligato al risarcimento del danno [1223, 1272, 1727].

1748 – Diritti dell’a-

gente

Per tutti gli affari conclusi durante il contratto l’agente ha diritto alla provvigione [17421] quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento.La provvigione è dovuta anche per gli affari conclusi dal preponente con terzi che l’agente aveva in precedenza acquisito come clienti per affari dello stesso tipo o appartenenti alla zona o alla categoria o gruppo di clienti riservati all’agente, salvo che sia diversamente pattuito.L’agente ha diritto alla provvigione sugli affari conclusi dopo la data di scioglimento del contratto se la proposta [13261] è pervenuta al preponente o all’agente in data antecedente o gli affari sono conclusi entro un termine ragionevole dalla data di scioglimento del contratto e la conclusione è da ricondurre prevalentemente all’at-tività da lui svolta; in tali casi la provvigione è dovuta solo all’agente precedente, salvo che da specifiche circostanze risulti equo ripartire la provvigione tra gli agenti intervenuti.Salvo che sia diversamente pattuito, la provvigione spetta all’agente dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la presta-zione in base al contratto concluso con il terzo. La provvigione spetta all’agente, al più tardi, inderogabilmente dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico. Se il preponente e il terzo si accordano per non dare, in tutto o in parte, esecuzione al contratto [13721], l’agente ha diritto, per la parte ineseguita, ad una provvigio-ne ridotta nella misura determinata dagli usi o, in mancanza, dal giudice secondo equità. L’agente è tenuto a restituire le provvigioni riscosse solo nella ipotesi e nella misura in cui sia certo che il contratto tra il terzo e il preponente non avrà esecuzione per cause non imputabili al preponente. È nullo ogni patto più sfavorevole all’agente.L’agente non ha diritto al rimborso delle spese di agenzia.

– continua –

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Il Sole 24 ORE 1. Contratto di agenzia – Fonti e nozione

5Febbraio 2015

– segue – Il contratto di agenzia nel Codice civile

Articolo Cod. civ. Contenuto

1749 – Obblighi del

preponente

Il preponente, nei rapporti con l’agente, deve agire con lealtà e buona fede [1176]. Egli deve mettere a disposizione dell’agente la documentazione necessaria relativa ai beni o servizi trattati e fornire all’agente le informazioni necessarie all’esecuzione del contratto: in particolare avvertire l’agente, entro un termine ragionevole, non appena preveda che il volume delle operazioni commerciali sarà notevolmente in-feriore a quello che l’agente avrebbe potuto normalmente attendersi. Il preponente deve inoltre informare l’agente, entro un termine ragionevole, dell’accettazione o del rifiuto e della mancata esecuzione di un affare procuratogli.Il preponente consegna all’agente un estratto conto delle provvigioni dovute al più tardi l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale esse sono maturate [1831]. L’estratto conto indica gli elementi essenziali in base ai quali è stato effettuato il calcolo delle provvigioni. Entro il medesimo termine le provvigioni liquidate devono essere effettivamente pagate all’agente.L’agente ha diritto di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni necessarie per verificare l’importo delle provvigioni liquidate ed in particolare un estratto dei libri contabili.È nullo ogni patto contrario alle disposizione del presente articolo.

1750 – Durata del

contratto o recesso

Il contratto di agenzia a tempo determinato che continui ad essere eseguito dalle parti successivamente alla scadenza del termine si trasforma in contratto a tempo indeterminato.Se il contratto di agenzia è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recede-re dal contratto stesso dandone preavviso all’altra entro un termine stabilito [1373, 1751].Il termine di preavviso non può comunque essere inferiore ad un mese per il primo anno di durata del contratto, a due mesi per il secondo anno iniziato, a tre mesi per il terzo anno iniziato, a quattro mesi per il quarto anno, a cinque mesi per il quinto anno e a sei mesi per il sesto anno e per tutti gli anni successivi.Le parti possono concordare termini di preavviso di maggiore durata, ma il prepo-nente non può osservare un termine inferiore a quello posto a carico dell’agente.Salvo diverso accordo tra le parti, la scadenza del termine di preavviso deve coin-cidere con l’ultimo giorno del mese di calendario.

1751 – Indennità in

caso di cessazione

All’atto della cessazione del rapporto, il preponente è tenuto a corrispondere all’a-gente un’indennità se ricorrono le seguenti condizioni:

● l’agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente svi-luppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti;

● il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.

L’indennità non è dovuta: ● quando il preponente risolve il contratto per un’inadempienza imputabile all’a-

gente, la quale, per la sua gravità, non consenta la prosecuzione anche provvi-soria del rapporto [1453];

– continua –

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6 Febbraio 2015

– segue – Il contratto di agenzia nel Codice civile

Articolo Cod. civ. Contenuto

● quando l’agente recede dal contratto [1750], a meno che il recesso sia giu-stificato da circostanze attribuibili al preponente o da circostanze attribuibili all’agente, quali età, infermità o malattia, per le quali non può più essergli ragio-nevolmente chiesta la prosecuzione dell’attività;

● quando, ai sensi di un accordo con il preponente, l’agente cede ad un terzo i diritti e gli obblighi che ha in virtù del contratto d’agenzia [1406].

L’importo dell’indennità non può superare una cifra equivalente ad un’indennità an-nua calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del periodo in questione.La concessione dell’indennità non priva comunque l’agente del diritto all’eventuale risarcimento dei danni.L’agente decade dal diritto all’indennità prevista dal presente articolo se, nel termi-ne di un anno dallo scioglimento del rapporto, omette di comunicare al preponente l’intenzione di far valere i propri diritti.Le disposizioni di cui al presente articolo sono inderogabili a svantaggio dell’agente.L’indennità è dovuta anche se il rapporto cessa per morte dell’agente.

1751-bis – Patto di

non concorrenza

Il patto che limita la concorrenza da parte dell’agente dopo lo scioglimento del contratto deve farsi per iscritto [1350 n. 13]. Esso deve riguardare la medesima zona, clientela e genere di beni o servizi per i quali era stato concluso il contratto di agenzia [1742] e la sua durata non può eccedere i due anni successivi all’estinzione del contratto [1750].L’accettazione del patto di non concorrenza comporta, in occasione della cessa-zione del rapporto, la corresponsione all’agente commerciale di una indennità di natura non provvigionale. L’indennità va commisurata alla durata, non superiore a due anni dopo l’estinzione del contratto, alla natura del contratto di agenzia e all’indennità di fine rapporto. La determinazione della indennità in base ai parametri di cui al precedente periodo è affidata alla contrattazione tra le parti tenuto conto degli accordi economici nazionali di

categoria. In difetto di accordo l’indennità è determinata dal giudice in via equitati-va anche con riferimento:1) alla media dei corrispettivi riscossi dall’agente in pendenza di contratto ed alla

loro incidenza sul volume d’affari complessivo nello stesso periodo;2) alle cause di cessazione del contratto di agenzia;3) all’ampiezza della zona assegnata all’agente;4) all’esistenza o meno del vincolo di esclusiva per un solo preponente.

1752 – Agente con

rappresentanza

Le disposizioni del presente capo si applicano anche nell’ipotesi in cui all’agente è conferita dal preponente la rappresentanza per la conclusione dei contratti [1387, 1761].

1753 – Agenti di as-

sicurazione

Le disposizioni di questo capo sono applicabili anche agli agenti di assicurazione, in quanto non siano derogate [dalle norme corporative o] dagli usi e in quanto siano compatibili con la natura dell’attività assicurativa [1903].

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Il Sole 24 ORE 1. Contratto di agenzia – Fonti e nozione

7Febbraio 2015

1.2 Legge ordinaria

Accanto al Codice civile dal punto di vista normativo, soprattutto in funzione di attuazione di Direttive comunitarie, il Legislatore ha ema-nato il D.Lgs. 10 settembre 1991, n. 303, che ha apportato una serie di modifiche ad alcuni articoli del Codice civile dedicati alla disciplina del con-tratto di agenzia. Una serie di contrasti tra tale norma e il diritto comunitario ha portato l’Unio-ne europea ad emettere una serie di sentenze con-tro la legislazione italiana che ha posto rimedio emanando il D.Lgs. 15 febbraio 1999, n. 65 che ha ovviato, almeno in parte, alle inesattezze che avevano caratterizzato il primo intervento legisla-tivo.

1.3 Accordi economici collettivi

Gli accordi economici si distinguono a loro volta in due categorie con efficacia e caratteristi-

che differenti e più precisamente: ● accordi economici collettivi (Aec) erga omnes,

con efficacia cioè generalizzata applicabili a tutti coloro che svolgono attività di agente sul territorio italiano (sulla base di un contratto sottoposto al diritto italiano) e che costituisco-no una sorta di trattamento minimo;

● accordi economici collettivi di diritto comune, applicabili esclusivamente agli appartenenti alle associazioni di categoria firmatarie degli stessi e/o a coloro che li abbiano implicitamen-te e/o esplicitamente richiamati nel singolo contratto individuale.Gli accordi economici erga omnes sono:

● i due accordi economici collettivi per il setto-re industriale del 20 giugno 1956 e 17 luglio 1957, annessi al D.P.R. 16 gennaio 1961, n. 145;

● l’accordo economico collettivo 13 ottobre 1958 per il settore commerciale, recepito dal D.P.R. 26 dicembre 1960, n. 1842.

Aec di diritto comune

Aziende industriali Aziende commerciali Piccola e media industria Artigianato

19 dicembre 1979 24 giugno 1981 25 febbraio 1975 21 marzo 1984

16 novembre 1988 9 giugno 1988 25 luglio 1989 1° dicembre 1989

30 ottobre 1992 27 novembre 1992 17 settembre 2014

20 marzo 2002 26 febbraio 2002

30 luglio 2014

1.4 Rapporti tra Aec e legge

Gli accordi economici collettivi occupano pe-raltro una posizione ben precisa nella gerarchia delle fonti normative del contratto di agenzia ed in particolare potranno considerarsi applicabili validamente solo nell’ipotesi in cui non risultino in contrasto con norme di legge imperative.

Pertanto, in caso di contrasto tra le disposi-zioni degli accordi economici e quelle del Codice civile, le prime potranno considerarsi applicabili

solo nel caso in cui sussista la possibilità di deroga delle contrastanti disposizioni del Codice civile. In caso contrario le norme della contrattazione collettiva non potranno trovare applicazione.

Ad esempio rispetto al caso dei criteri di quantificazione dell’indennità di fine rapporto, la giurisprudenza, a seguito di un intervento del 2006 della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, ha stabilito che i criteri degli Aec co-stituiscono un trattamento minimo per l’agente, ferma la possibilità per quest’ultimo, laddove ne

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8 Febbraio 2015

sussistano i presupposti, di richiedere il più favo-revole trattamento di cui all’art. 1751 c.c. (Cass. 21309/2006).

Un altro esempio di potenziale contrasto tra Aec e Codice civile è costituito dalla disciplina dei termini di preavviso, prevista rispettivamente dall’art. 1750 c.c. e dagli artt. 9 dell’Aec 20.3.2002

(settore industria ) e 10 dell’Aec 26.2.2002 (set-tore commercio). L’art. 1750 c.c. prevede termini minimi di preavviso, inderogabili per entrambe le parti, mentre gli Aec prevedono termini di preav-viso solo in parte in linea con il Codice civile ed anche inferiori rispetto a quelli minimi.

Aec di diritto comune

Codice civile Contrattazione collettiva Direttiva 18.12.1986, n. 653

Artt. 1742-1753 Aec erga omnes Leggi di attuazione

Aec di diritto comune 20.3.2002: settore industria26.2.2002: settore commercio

D.Lgs. 303/1991D.Lgs. 65/1999L. comunitaria 1999L. comunitaria 2000

1.5 Disciplina comunitaria

Un ruolo non secondario per la soluzione di problematiche connesse all’interpretazione della Direttiva 653/1986 è stato poi svolto dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee, con una se-rie di pronunce, fondamentali nella soluzione di rilevanti questioni, basandosi sul criterio del’ap-plicazione diretta di alcune direttive comunitarie all’interno dei singoli Stati dell’Unione europea.

Infine sulla questione dell’efficacia delle diret-tive comunitarie nel nostro ordinamento la Corte ha in sostanza stabilito che, qualora le disposi-zioni di una direttiva comunitaria siano caratte-rizzate da chiarezza e precisione e non risultino sottoposte a particolari condizioni per la loro applicazione (abbiano cioè un carattere «normati-vo»), è possibile richiederne l’applicazione diretta dinanzi ad un Giudice nazionale, a condizione però che la controversia sia tra uno Stato membro e un privato. Ciò comporta quindi che, qualora in una causa pendente tra privati, una delle parti rilevi che la legge nazionale di attuazione di una direttiva non è conforme al testo della direttiva stessa, non potrà chiedere l’applicazione diretta della direttiva. Tuttavia i giudici nazionali, anche

in questi casi, hanno l’obbligo di interpretare le proprie disposizioni nazionali sia precedenti sia successive all’entrata in vigore di una direttiva co-munitaria, alla luce della lettera e della ratio della direttiva medesima.

La Corte di Giustizia è stata in effetti determi-nante al fine di risolvere cinque rilevanti questioni (che approfondiremo negli specifici Capitoli) con-nesse all’interpretazione della Direttiva 86/653 ed aventi diretta influenza sull’applicazione del dirit-to italiano e più precisamente:

● la validità del contratto in caso di mancata iscrizione dell’agente al ruolo;

● la delimitazione della zona affidata all’agente ed i criteri di appartenenza alla stessa delle per-sone giuridiche;

● la qualificazione degli artt. 17,18 e 19 della di-rettiva nei contratti internazionali con attività dell’agente svolta all’interno del territorio di uno degli Stati membri;

● la compatibilità con la direttiva dei criteri di quantificazione dell’indennità di fine rapporto previsti dagli accordi economici collettivi;

● il diritto alla provvigione ed il ruolo del prepo-nente nella conclusione del contratto.

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Il Sole 24 ORE 1. Contratto di agenzia – Fonti e nozione

9Febbraio 2015

1.6 Nozione del contratto di agenzia

Il contratto di agenzia è definito nel Codice civile (art. 1742 c.c.) come l’incarico, assunto sta-bilmente da una parte (agente), di promuovere per conto dell’altra (preponente) la conclusione di contratti in una zona determinata, dietro paga-mento di una retribuzione.

Inoltre il contratto deve essere provato per iscritto e ciascuna parte ha diritto di ottenere dall’altra un documento dalla stessa sottoscritto che riproduca il contenuto del contratto e delle clausole aggiuntive. Quest’ultimo diritto è irri-nunciabile.

Pertanto gli elementi essenziali del contratto sono i seguenti:a) oggetto del contratto è l’incarico di svolgere

attività promozionale per conto altrui, al fine di concludere contratti;

b) l’attività di promozione viene svolta in una zo-na determinata;

c) l’incarico ha carattere stabile;d) il compenso dell’agente è costituito da una re-

tribuzione.Inoltre l’agente agisce in modo autonomo e

indipendente dal preponente.La mancata indicazione della zona nell’inca-

rico non invalida il contratto di agenzia se l’in-dividuazione della zona si possa ricavare dal rife-rimento all’ambito territoriale nel quale le parti incontestabilmente operano (Cass. 20322/2013).

Le caratteristiche evidenziate possono risultare utili al fine di differenziare il contratto di agenzia da figure affini ed altresì per risolvere problemi di qualificazione che dovessero in ipotesi presentarsi.

L’obbligazione fondamentale dell’agente, che caratterizza il contratto, è lo svolgimento dell’atti-vità di promozione. Tale adempimento va tuttavia tenuto distinto dall’effettiva conclusione di affa-ri. Si tratta infatti di una cosiddetta obbligazione di mezzi (svolgimento di attività promozionale) e non di risultato (conclusione di affari), con la conseguenza che l’agente potrà essere considera-to inadempiente solo qualora non svolga attività promozionale, anche nell’ipotesi in cui ciò no-nostante il preponente concluda direttamente (o per il tramite dell’agente se munito di poteri di rappresentanza) affari in zona. Viceversa, qualora l’agente svolga un’intensa attività promozionale, l’eventuale scarsità di risultati non potrà essere considerata in sé come un inadempimento da parte dell’agente.

1.7 Adempimenti amministrativi

Il D.Lgs. 26.3.2010, n. 59 – che ha dato attua-zione alla Direttiva Cee relativa ai servizi nel mer-cato interno – ha soppresso, tra gli altri, il ruolo degli agenti e rappresentanti di commercio pre-visto dalla Legge 204/1985, l’iscrizione nel quale era, sino ad allora, prevista quale requisito obbli-gatorio per poter esercitare la relativa professione.

La norma ha recepito un lungo contenzioso

Trattato Cee – Art. 234 (ex art. 177)

La Corte di giustizia è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale:a) sull’interpretazione del presente trattato,b) sulla validità e l’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni della Comunità e della Bce,c) sull’interpretazione degli statuti degli organismi creati con atto del Consiglio, quando sia previsto dagli

statuti stessi.Quando una questione del genere è sollevata dinanzi ad una giurisdizione di uno degli Stati membri, tale giuri-sdizione può, qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su questo punto, doman-dare alla Corte di giustizia di pronunciarsi sulla questione.Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a una giurisdizione nazionale, av-verso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale giurisdizione è tenuta a rivolgersi alla Corte di giustizia.

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10 Febbraio 2015

che aveva visto la Corte di giustizia opporsi alla sua compatibilità con il diritto comunitario fin dalla sentenza del 30 aprile 1998.

Sono rimasti applicabili i requisiti (morali e pro-fessionali) previsti dalla Legge 204 per l’ottenimento ed il mantenimento dell’iscrizione nel ruolo mede-simo. Con D.M. 26 ottobre 2011 è stato sancito il trasferimento dei dati relativi all’iscrizione al ruolo nel Registro delle Imprese o al Rea.

Pertanto coloro che svolgono già l’attività di agente e rappresentante di commercio – e che quin-di sono già iscritti nel ruolo degli agenti e rappresen-tanti di commercio e presso il Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio – devono provve-dere ad aggiornare la propria posizione presso il sud-detto Registro, a partire dal mese di maggio 2012, autocertificando il possesso dei requisiti previsti dal soppresso ruolo professionale.

La situazione è così articolata:1) i soggetti persone fisiche che risultano iscritti

nei rispettivi ruoli ma non svolgono attività di mediazione o di agenzia e rappresentanza possono iscriversi entro il 12 maggio 2013 nell’apposita sezione Rea (tale possibilità non riguarda gli spedizionieri). In caso di mancata iscrizione entro il termine indicato non sarà più possibile iscriversi nell’apposita sezione, tuttavia l’iscrizione nel soppresso ruolo costi-tuirà requisito professionale per iniziare l’atti-vità nei 4 anni (mediatori) o nei 5 anni (per gli agenti e rappresentanti) successivi;

2) i soggetti, persone fisiche e società, iscritti nei ruoli mediatori, agenti e rappresentanti ed elenco spedizionieri che hanno avviato la re-lativa attività (e quindi sono iscritti anche al Registro imprese) devono comunicare entro il 12 maggio 2013 al Registro imprese i dati aggiornati delle sedi ed unità locali e dei sog-getti abilitati che svolgono l’attività per conto dell’impresa. La mancata comunicazione entro tale termine comporta l’inibizione dell’attività;

3) dal 12 maggio 2012 i soggetti che cessano di svolgere l’attività di mediazione o di agenzia e rappresentanza all’interno di un’impresa (co-me titolari o come dipendenti dell’impresa) devono chiedere entro novanta giorni di essere iscritti nell’apposita sezione Rea.

1.8 Forma del contratto

Il secondo comma dell’art. 1742 cod. civ., ag-giunto dai predetti interventi legislativi, e da ulti-mo dal D.Lgs. 65/1999, effettua precisazioni che attengono alla forma del contratto, ed al diritto di ciascuna parte di ottenere dall’altra un docu-mento sottoscritto contenente il contenuto del contratto e delle clausole aggiuntive.

La direttiva comunitaria consentiva agli Stati membri di prevedere che la forma scritta fosse ri-chiesta anche per la validità del contratto, ma l’I-talia ha ritenuto di indicarla come mero requisito di prova, con la conseguenza che la sua eventuale mancanza non determina l’invalidità del contratto, ma la semplice difficoltà di fornire la prova dell’e-sistenza del rapporto e delle sue clausole specifiche.

L’ultima parte della norma prevede poi il dirit-to irrinunciabile di ciascuna delle parti di ottenere dall’altra un documento sottoscritto che riprodu-ca il contenuto dell’accordo.

Anche la contrattazione collettiva si è occupata della forma del contratto di agenzia, prevedendo in un primo tempo che lo stesso dovesse essere redatto per iscritto in un unico documento

L’Aec del 16 febbraio 2009 per il settore com-mercio (art. 2, comma 4) ha invece inserito una precisazione in tema di forma del contratto al fine evidente di estendere le ipotesi nelle quali possa ri-sultare dimostrata l’esistenza di un valido rapporto di agenzia. È stato precisato infatti che il requisito della forma scritta può considerarsi assolto anche laddove il consenso delle parti sugli elementi essen-ziali del contratto non sia contenuto in un unico documento firmato da entrambe le parti, potendo-si dedurre anche da documenti unilaterali.

È stata in sostanza introdotta una semplifica-zione di carattere probatorio, precisando che il requisito ad probationem della forma scritta possa considerarsi soddisfatto anche se non vi è un ve-ro e proprio contratto sottoscritto da entrambe le parti, ma altresì nel caso in cui il consenso delle parti sugli elementi essenziali del contratto (zona, provvigioni, esclusiva, ecc.) possa dedursi anche da documenti unilaterali e conseguentemente da una prova scritta che accompagni le conformi concrete modalità di esecuzione del rapporto.

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Il Sole 24 ORE 1. Contratto di agenzia – Fonti e nozione

11Febbraio 2015

1.9 Patto di prova

Nel contratto di agenzia la forma scritta del patto di prova è richiesta ai fini della prova e non per la validità del patto; non può essere fat-ta un’applicazione analogica dell’articolo 2096 del Cc, in quanto norma dettata in tema di la-voro subordinato e di carattere eccezionale (Cass. 11405/2013).

Nell’Aec dell’industria (30.7.2014) In caso di rinnovo di rapporti a termine aventi lo stesso con-tenuto di attività (zona, prodotti e clienti) la casa mandante può stabilire un periodo di prova solo nel primo rapporto.

1.10 Durata

Il contratto di agenzia è di regola stipulato a tempo indeterminato, ma nulla vieta che possa essere concluso fissando un termine temporale. A tale proposito la giurisprudenza (Cassazione 9777/2013) precisa che è legittima la clausola di tacita rinnovazione «di anno in anno salvo disdet-ta» del rapporto di agenzia, senza che dalla reitera-ta rinnovazione del contratto a termine possa trar-si la conseguenza di un unico contratto di agenzia a tempo indeterminato; nell’ipotesi di rinnovo automatico del contratto per mancato invio della disdetta e di successivo recesso ingiustificato «ante tempus» del preponente dal rapporto, l’agente ha diritto non all’indennità sostitutiva del preavviso, ma al risarcimento del danno derivante da detto recesso (v. Cap. 8).

1.11 Altre figure contrattuali

Il contratto di agenzia si distingue da una serie di figure contrattuali che posseggono aspetti simi-li e in parte coincidenti.

1.12 Procacciatore d’affari

Il contratto di procacciamento d’affari, al pari del contratto di concessione di vendita è un rap-porto atipico, che non trova la sua regolamenta-zione in alcuna specifica norma di legge.

La disciplina del rapporto deriva quindi dalle norme generali sul contratto ed altresì dall’appli-cazione analogica di alcune delle disposizioni pre-viste dal Codice civile per il contratto di agenzia.

L’utilizzo in via analogica di alcune disposizio-ni del contratto di agenzia è reso possibile dalle molte affinità esistenti tra i due contratti. L’og-getto del contratto di procacciamento d’affari è infatti molto simile a quello di agenzia dal quale si differenzia non tanto in relazione all’attività posta in essere dal procacciatore, quanto piuttosto con riferimento alle concrete modalità di esecuzione ed alle caratteristiche intrinseche del rapporto in termini di saltuarietà ed occasionalità, collegate ad una sostanziale assenza di reciproche obbliga-zioni tra le parti.

Attività occasionale

La saltuarietà ed occasionalità, che caratteriz-zano il procacciatore d’affari, comportano un uti-lizzo del procacciatore in chiave meramente ausi-liaria e non certo per strutturare vere e proprie reti di vendita, che presuppongono per contro l’inse-rimento di collaboratori stabili dell’imprenditore il cui obbligo primario deve essere rappresentato dallo svolgimento di attività promozionale. Ob-bligazione quest’ultima che è per contro incom-patibile con la natura del procacciatore d’affari (Cass. 2636/2014).

Il procacciatore, pur essendo un collaboratore del produttore o distributore di beni o servizi ha un legame con quest’ultimo molto debole, ed il livello di integrazione tra le parti risulta minimo.

In definitiva l’attività è molto simile a quella dell’agente, ma caratterizzata dall’assenza di vin-coli per il procacciatore, che agisce in totale in-dipendenza ed autonomia, senza che sia possibile ricondurre a questa figura l’assunzione di alcuna obbligazione, soprattutto in relazione allo svolgi-mento di attività promozionale.

La contropartita della totale assenza di obbli-ghi del procacciatore è costituta da un’altrettanto totale assenza di tutela, sia per le modalità di scio-glimento del rapporto, sia per il trattamento di fine rapporto, decisamente escluso.

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

12 Febbraio 2015

Non sono difatti applicabili al contratto di procacciamento d’affari né l’art. 1750, né l’art. 1751 c.c.

Adempimenti delle parti

L’incarico viene di norma conferito con una semplice autorizzazione e consiste nella facoltà conferita al procacciatore di raccogliere proposte d’ordine e/o di segnalare clientela potenziale.

La differenza fondamentale tra agente e pro-cacciatore consiste nel fatto che quest’ultimo non ha alcuna obbligazione in merito allo svolgimento di attività di promozione.

Il contratto è inoltre caratterizzato, come det-to, dall’occasionalità, dalla carenza di stabilità e continuità e, in linea generale, dall’assenza di par-ticolari reciproche obbligazioni tra le parti, fatto salvo per la facoltà concessa al procacciatore di trasmettere ordini e/o di effettuare segnalazioni, con diritto ad un compenso in caso di buon esito delle stesse.

Il compenso è di norma costituito da una provvigione (cioè da una percentuale sul valore dell’affare) ma può anche essere rappresentata da un importo forfetario su ogni affare concluso e regolarmente eseguito da entrambe le parti.

Le spese, come nel contratto di agenzia, sono poste a carico del procacciatore, anche se nul-la vieta di prevedere un concorso in favore dello stesso. Anche per il procacciatore vale lo stesso principio generale del contratto di agenzia e cioè l’opportunità di non riconoscere un importo fisso quale compenso, posto che tale modalità di re-munerazione, se unita ad altri elementi (che nei fatti snaturino le caratteristiche del procacciatore) potrebbe far propendere per la qualificazione del rapporto in termini di lavoro subordinato.

Durata del contratto

La durata è di norma a tempo indeterminato, con facoltà per ciascuna delle parti di sciogliersi dal vincolo in qualunque momento con la con-cessione di un breve termine di preavviso. Trat-tandosi infatti di un rapporto occasionale, privo

peraltro di obblighi di promozione a carico del procacciatore, non vi è l’esigenza di tutelare la parte non recedente con la concessione di un ter-mine di preavviso di durata congrua.

Il contratto a termine è peraltro del tutto com-patibile con la struttura del procacciatore, anche se di norma si predilige il contratto a tempo in-determinato con preavviso breve, proprio al fine di consentire alle parti di liberarsi dal vincolo in qualsiasi momento.

Esclusiva e concorrenza

Non sono poi previste clausole di esclusiva, obbiettivi di fatturato da raggiungere e neppure clausole di non concorrenza, soprattutto dopo la fine del rapporto.

L’assenza di tali pattuizioni si spiega con le ca-ratteristiche del rapporto, che risulterebbero in-compatibili con le predette obbligazioni.

L’instabilità ed occasionalità dell’attività del procacciatore non esclude che di fatto vengano segnalati molti nominativi e conclusi numero-si contratti, in quanto ciò che rileva non è tanto la frequenza ed il risultato dell’attività, quanto l’assenza dell’obbligo di svolgere attività promo-zionale, così come di attenersi alle istruzioni del preponente.

Accordi elusivi

Per questa assenza di tutela, alla quale sono collegati costi estremamente ridotti per l’impresa, il procacciamento d’affari viene talvolta utilizza-to per tentare di eludere la normativa in tema di contratto di agenzia.

Si utilizza in sostanza un rapporto di procac-ciamento d’affari per regolare la collaborazione con un soggetto che in realtà svolge un’attività del tutto paragonabile a quella di un agente, fatto sal-vo per il suo inquadramento formale.

Il criterio di differenziazione, oltre al tipo di con-tratto adottato, è costituito dalle concrete modalità di svolgimento del rapporto, dalle quali si evince se ci troviamo di fronte ad un autentico rapporto di procacciamento d’affari o ad un contratto di agen-zia qualificato come procacciamento d’affari.

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Il Sole 24 ORE 1. Contratto di agenzia – Fonti e nozione

13Febbraio 2015

A tal proposito l’Enasarco, a seguito di ispezio-ne, potrebbe accertare la qualificazione in termini di contratti di agenzia di rapporti inquadrati sotto forma di procacciamento d’affari, con la conse-guente irrogazione di pesanti sanzioni.

Il rischio di una vertenza alla fine del rapporto, per la richiesta del riconoscimento dell’esistenza di un contratto di agenzia, con i connessi riflessi sulla pozione Enasarco, è molto alto.

1.13 Contratto di mediazione

Anche la mediazione presenta svariate affinità con il contratto di agenzia, ma allo stesso tempo si differenzia in maniera abbastanza netta per le sue specifiche caratteristiche.

La mediazione va considerata un vero e pro-prio contratto, e la giurisprudenza ha precisato che il consenso delle parti può individuarsi sia in dichiarazioni espresse sia per fatti concludenti (Cass. 22.5.2001, n. 6963).

Anche la mediazione è, come l’agenzia, un rapporto tipico, previsto espressamente dal Codi-ce civile (artt. 1754-1764) e che trova una ulterio-re disciplina nella L. 3.2.1989, n. 39 sulla profes-sione di mediatore, che all’art. 2 istituisce il ruolo degli agenti di affari in mediazione. In particola-re, la legge 39/1989 ha riservato lo svolgimento dell’attività di mediazione anche occasionale.

Iscrizione a ruolo

L’art. 73, D.Lgs. 59/2010 ha abolito l’obbligo dell’iscrizione a ruolo quale condizione necessaria per l’esercizio, anche occasionale o discontinuo, dell’attività di mediazione.

L’obbligo per i mediatori è quello di presentare alla Cciaa dichiarazione di inizio attività.

Il D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59, che ha sop-presso il ruolo dei mediatori di cui all’art. 2, L. 3 febbraio 1989, n. 39, non ha però abrogato tale legge e, in particolare, l’art. 6 della stessa, il quale deve interpretarsi nel senso che, anche per i rap-porti di mediazione sottoposti alla normativa di cui al D.Lgs. 59/2010, hanno diritto alla prov-vigione i soli mediatori iscritti nei registri o nei

repertori tenuti dalla camera di commercio (Cass. luglio 2010, n. 16147).

Oggetto dell’attività

Il più rilevante punto di contatto tra agenzia e mediazione è costituito dall’oggetto dell’attività, e cioè dall’intermediazione nella conclusione di contratti, certamente presente in entrambi i rap-porti.

Tuttavia, la mediazione è caratterizzata dall’im-parzialità del mediatore, riscontrabile anche nel rapporto di mediazione unilaterale, ma del tutto assente nel contratto di agenzia e dalla funzione principale, anch’essa non riscontrabile nell’agente, consistente nella messa in contatto delle parti senza intervenire direttamente nella contrattazione.

Secondo la giurisprudenza, l’attività del me-diatore potrebbe addirittura esaurirsi nella sem-plice indicazione delle persone dei contraenti, a condizione che la stessa abbia avuto un contribu-to causale rilevante per la conclusione dell’affare o nella semplice segnalazione dell’affare, sempre che le informazioni comunicate costituiscano il risultato di una ricerca compiuta dal mediatore.

Ulteriore requisito, indispensabile nell’agen-zia e meramente eventuale nella mediazione è costituito dalla stabilità del rapporto, posto che di norma il mediatore svolge la propria attività in relazione a singoli affari.

Nozione di affare

Anche la nozione di affare cui si riferisce l’at-tività del mediatore è certamente più ampia di quella di contratto nel rapporto di agenzia. Nella mediazione per «affare» deve intendersi non solo un contratto ma, più in generale, qualsiasi opera-zione di contenuto economico generatrice di ob-bligazioni ed in particolare anche la conclusione di un contratto preliminare (Cass. 12 aprile 2006, n. 8555 e Cass. 20 ottobre 2004, n. 20549).

Compenso

Il compenso nel rapporto di mediazione pre-

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

14 Febbraio 2015

senta caratteristiche assai differenti rispetto al contratto di agenzia, posto che il diritto del me-diatore al pagamento della provvigione sussiste di norma nei confronti di ciascuna delle parti (art. 1755 c.c.), salvo diverso accordo, oppure nel caso di mediazione unilaterale.

Due sono le condizioni necessarie e sufficienti affinché sorga il diritto del mediatore al compenso e più precisamente:

● la conclusione dell’affare e ● che la conclusione dell’affare sia dovuta al suo

intervento.Analogie posso invece individuarsi nelle moda-

lità di determinazione del compenso che, accanto alla provvigione (costituita da una percentuale sul valore dell’affare), contemplano, come nell’agen-zia, anche l’ipotesi del sovrapprezzo.

1.14 Agente e subagente

Di diretta derivazione dal contratto di agenzia è il rapporto di sub-agenzia, che si innesta in un rapporto principale di agenzia, nel quale l’agente assume anche le vesti del preponente nei confron-ti appunto del subagente. Nonostante la diffusio-ne di questa tipologia contrattuale, attraverso la quale vengono costituite le cosiddette sottoreti, né il Codice civile né la contrattazione collettiva hanno ritenuto di farvi riferimento.

Un cenno al subagente è contenuto negli ac-cordi nazionali in tema di agenti di assicurazione, ma solo per escluderlo categoricamente dal loro campo di applicazione.

Il predetto vuoto normativo ha comportato il necessario intervento della giurisprudenza al fine di individuare le norme applicabili, che sono in sostanza le stesse del rapporto di agenzia. Nella giurisprudenza di merito il Trib. Ancona 25 feb-braio 2008, n. 55 ha precisato che la subagenzia non è un tipo contrattuale distinto dall’agenzia, ma deve essere qualificato come contratto di agenzia nel quale il preponente è agente.

Difatti, anche nella subagenzia debbono sussi-stere i requisiti di stabilità e continuità che sono

propri del contratto di agenzia, così come previsti dall’art. 1742 c.c.

Il rapporto è quindi caratterizzato da: ● continuità; ● stabilità; ● obbligo di svolgere attività di promozione del-

la conclusione di contratti; ● in una zona determinata; ● con retribuzione a provvigioni.

Anche gli accordi economici (Aec) possono ri-tenersi applicabili a condizione che siano espres-samente o implicitamente richiamati dalle parti nel contratto individuale di subagenzia. A questo proposito si segnala che dovrebbero essere applica-ti gli Aec del settore commercio e più precisamen-te l’Aec 16 febbraio 2009 (che ha sostituto con decorrenza dal 1 marzo 2009 l’Aec 26/2/2002), posto che il preponente non potrà che svolgere attività commerciale.

In linea generale la disciplina del contratto di agenzia può essere applicata analogicamente al rapporto di subagenzia, con i limiti derivanti dal-le particolarità del rapporto, primo tra tutti quel-lo relativo al presupposto del rapporto, costituito dall’esistenza del contratto di agenzia principale.

Con il venir meno del rapporto principale di agenzia il rapporto secondario di subagenzia cessa automaticamente.

Anche il subagente ha però diritto ad un termi-ne di preavviso secondo quanto previsto dall’art. 1750 c.c. e, se richiamata, dalla contrattazione collettiva.

Lo stesso è a dirsi in relazione all’indennità di fine rapporto che, laddove ne sussistano i relati-vi presupposti, dovrà essere riconosciuta anche al subagente.

Nei contratti di agenzia è normalmente previ-sta la possibilità per l’agente di valersi di subagenti o collaboratori a condizione che il preponente sia considerato del tutto estraneo ai relativi rapporti.

È possibile inserire clausole di gradimento sul-la composizione dell’organizzazione dell’agente e su eventuali subagenti, così come vietare all’agen-te di avvalersene.

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Il Sole 24 ORE 2. Provvigioni

15Febbraio 2015

2. Provvigioni

di Pietro Gremigni

Il tema del diritto dell’agente al compenso in relazione all’attività promozionale svolta per la conclusione di contratti è stato oggetto di modi-fiche da parte del D.Lgs. 65/1999 che, in attua-zione della Direttiva 86/653, ha sostituito inte-gralmente l’art. 1748 c.c. A tali modifiche si sono adeguati gli Aec di rinnovo dal 2002 in poi.

La modifica normativa ha apportato le seguen-ti innovazioni:

● eliminazione del riferimento alla regolare ese-cuzione dell’affare;

● precisazioni relative al diritto alla provvigione per gli affari conclusi dal preponente nel corso del rapporto;

● precisazione dei criteri di attribuzione della provvigione per gli affari conclusi dopo la ces-sazione del contratto;

● introduzione di un nuovo criterio di carattere generale (suscettibile di deroga) relativo all’esi-gibilità della provvigione da parte dell’agente dal momento dell’esecuzione della prestazione del preponente;

● inserimento della possibilità di restituzione delle provvigioni già corrisposte, nell’ipotesi e nella misura in cui sia certo che il contratto tra terzo e preponente non avrà esecuzione per cause non imputabili al preponente.

2.1 Presupposti della provvigione

Per tutti gli affari conclusi durante il contrat-to l’agente ha diritto alla provvigione nei seguenti casi:1) quando l’operazione è stata conclusa per effet-

to del suo intervento;

2) per gli affari conclusi dal preponente con terzi che l’agente aveva in precedenza acquisito co-me clienti per affari dello stesso tipo o appar-tenenti alla zona o alla categoria o gruppo di clienti riservati all’agente, salvo che sia diversa-mente pattuito;

3) sugli affari conclusi dopo la data di sciogli-mento del contratto se la proposta è pervenuta al preponente o all’agente in data antecedente o gli affari sono conclusi entro un termine ra-gionevole dalla data di scioglimento del con-tratto e la conclusione è da ricondurre preva-lentemente all’attività da lui svolta; in tali casi la provvigione è dovuta solo all’agente prece-dente, salvo che da specifiche circostanze risul-ti equo ripartire la provvigione tra gli agenti intervenuti successivamente alla sostituzione dell’agente.

2.2 Momento da cui spetta la provvi-

gione

Salvo che sia diversamente pattuito, la provvi-gione spetta all’agente dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione in base al contratto conclu-so con il terzo. La provvigione spetta all’agente, al più tardi, inderogabilmente dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione qualora il preponente aves-se eseguito la prestazione a suo carico.

Il compenso matura quindi, in linea genera-le dal momento in cui il preponente ha esegui-to la sua prestazione, prescindendo dall’effettivo pagamento da parte del terzo. Il criterio generale

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

16 Febbraio 2015

di maturazione è tuttavia derogabile dalle parti e dunque è possibile inserire nel contratto (come peraltro previsto nella maggior parte dei testi pre-senti nella prassi) una clausola che posticipi la ma-turazione del diritto e la conseguente esigibilità della provvigione all’effettivo pagamento da parte del cliente.

2.3 Provvigioni ridotte

Se il preponente e il terzo si accordano per non dare, in tutto o in parte, esecuzione al contratto, l’agente ha diritto, per la parte ineseguita, ad una provvigione ridotta nella misura determinata da-gli usi o, in mancanza, dal giudice secondo equità.

2.4 Restituzione delle provvigioni

L’agente è tenuto a restituire le provvigioni ri-scosse solo nella ipotesi e nella misura in cui sia certo che il contratto tra il terzo e il preponente non avrà esecuzione per cause non imputabili al preponente. È nullo ogni patto più sfavorevole all’agente.

L’agente non ha diritto al rimborso delle spese di agenzia.

2.5 Individuazione del compenso

Normalmente il compenso dovuto all’agente è costituito da una provvigione, cioè una percen-tuale da calcolarsi sul valore dell’affare concluso.

Nella prassi vi sono tuttavia varie modalità di individuazione del compenso, tra le quali segnalo le più frequenti:

● una provvigione in misura percentuale fissa sull’intero fatturato realizzato;

● una provvigione sempre in misura percentuale, ma variabile in funzione di differenti scaglioni di fatturato rapportati al fatturato globale o a singole linee di prodotto;

● una provvigione in misura percentuale fissa sull’intero fatturato, oltre a premi da corri-spondersi al raggiungimento di obbiettivi;

● una provvigione determinata in misura per-centuale fissa ed un sovrapprezzo;

● un compenso fisso mensile integrato da una percentuale provvigionale, meccanismo da utilizzare con una certa prudenza, per evitare che la percentuale provvigionale costituisca una parte minima del compenso globalmente inteso.Lo stesso è a dirsi nel caso in cui si prevedano

anticipi provvigionali mensili soggetti a congua-glio solo in positivo, che nella sostanza corrispon-dono ad un compenso minimo garantito.

Ciò in quanto una corrente giurisprudenziale tradizionale e assai consolidata ritiene che l’ele-mento rischio debba comunque essere preponde-rante nel contratto di agenzia, in quanto conna-turale alla figura stessa dell’agente, e che quindi il riconoscimento di un importo fisso mensile sia in contrasto con la natura stessa del contratto.

Compenso in forma fissa

Nel contratto di agenzia in alcuni settori, come ad esempio quello dei promotori finanziari, il riconoscimento di compensi che molto si avvicinano ad un corrispettivo fisso risulta la regola, da utilizzare con parsimonia proprio per non ricadere in problemi di qualificazione di un contratto che potrebbe avvicinarsi allo schema del lavoro subordinato.A sostegno della configurabilità di un compenso in forma fissa e dunque non provvigionale c’è la direttiva Ue 86/653, che consente di sostenere che una forma di remunerazione dell’agente che prescinda totalmente o parzialmente dalla provvigione appare legittima. Un eventuale orientamento giurisprudenziale contrario po-trebbe essere oggetto di contestazione sulla base del principio interpretativo che impone ai giudici nazionali di interpretare il proprio diritto interno, sia precedente sia successivo all’entrata in vigore di una direttiva secondo lo spirito della stessa.

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Il Sole 24 ORE 2. Provvigioni

17Febbraio 2015

2.6 Maturazione della provvigione

Come anticipato, il quarto comma dell’art. 1748 precisa poi il momento nel quale la provvi-gione, già attribuita all’agente sulla base del crite-rio contenuto nel primo comma, matura in favore di quest’ultimo («spetta all’agente») dalla conclu-sione dell’affare nel corso del contratto per effetto dell’attività dell’agente. Il diritto italiano preve-de la distinzione tra il momento acquisitivo (di attribuzione) della provvigione, costituito dalla conclusione, nel corso del rapporto, del contratto promosso dall’agente, e l’esigibilità (cioè la vera e propria maturazione) della provvigione, coinci-dente, di regola, con l’esecuzione della prestazione da parte del preponente.

Il momento acquisitivo del diritto alla provvi-gione viene individuato, in linea generale, con fa-coltà di deroga ad opera delle parti, nel momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito la sua prestazione (di norma con la consegna della merce), o avrebbe dovuto eseguirla in base al con-tratto concluso con il terzo. Al precedente criterio costituito dalla regolare esecuzione dell’affare è stato dunque sostituito quello dell’esecuzione del-la prestazione da parte del preponente.

In applicazione di questa nuova regola il pre-ponente dovrebbe quindi corrispondere all’agente le provvigioni (nei termini precisati all’art. 1749 cod. civ.) del tutto indipendentemente dal paga-mento da parte del terzo, presupposto quest’ulti-mo che giustifica la regola secondo cui l’obbligo di restituzione delle provvigioni erogate è limita-

to all’ipotesi ed alla misura in cui sia certo che il contratto tra il cliente ed il preponente non avrà esecuzione. Tale mancata esecuzione dovrà inoltre essere del tutto indipendente da eventuali cause imputabili al preponente.

Derogabilità

Tuttavia, questo criterio generale è suscettibile di deroga ad opera delle parti, che possono dunque accordarsi diversamente, posticipando la matura-zione della provvigione ad un momento successivo rispetto all’adempimento da parte del preponente.

La derogabilità non è però assoluta, in quan-to l’esigibilità della provvigione non può essere posticipata ad un momento successivo rispetto a quello in cui il terzo ha eseguito la prestazione (e nella misura in cui la stessa è stata eseguita) o avrebbe dovuto eseguirla qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico.

Pertanto, qualora il cliente effettui pagamenti parziali, la provvigione sembra doversi considerare dovuta proporzionalmente ai pagamenti effettuati.

2.7 Mancata esecuzione per accordo

tra cliente e preponente

Qualora il preponente e cliente si accordino per non dare in tutto o in parte esecuzione al con-tratto l’agente avrà diritto, per la parte ineseguita, ad una provvigione ridotta, nella misura determi-nata dagli usi o dal giudice secondo equità.

Modalità di determinazione del compenso

Provvigione fissa % sul fatturato realizzato

Provvigione variabile Diverse aliquote % per scaglioni di fatturato o per linee di prodotti

Provvigione + premi % sul fatturato realizzato + importi fissi o su base % al raggiungi-mento di obbiettivi

Provvigione + sovrapprezzo % sul fatturato realizzato + differenza tra prezzo base e prezzo ef-fettivo di vendita

Provvigione + fisso % sul fatturato realizzato + importo fisso (soluzione da utilizzare con prudenza)

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

18 Febbraio 2015

Aec

Negli Aec del 2002 e del 16 febbraio 2009 è stato effettuato un riferimento esplicito all’art. 1748 cod. civ., con la contemporanea eliminazione di qualunque riferimento a quel concetto di buon fine che era stato elaborato proprio nell’ambito della contrattazione collettiva per individuare il momento in cui doveva ritenersi sorto il diritto alla provvigione.Ciò non significa tuttavia che alle parti sia preclusa la possibilità di deroga, difatti l’eliminazione dalla contrat-tazione collettiva del buon fine significa esclusivamente che il relativo criterio non potrà considerarsi automa-ticamente richiamato per il solo fatto che al rapporto siano applicabili gli aec di diritto comune. L’eventuale deroga, senza dubbio ammissibile in applicazione dell’art. 1748 cod. civ., dovrà semplicemente essere prevista in maniera esplicita in ogni singolo contratto, non essendo più sufficiente il mero richiamo della contrattazione collettiva.

2.8 Affari diretti del preponente

L’agente ha diritto alla provvigione anche per gli affari conclusi direttamente dal preponente con clienti:

● in precedenza acquisiti dall’agente (per affari dello stesso tipo);

● appartenenti alla zona riservata all’agente; ● facenti parte di un gruppo contrattualmente

riservato all’agente stesso; ● salvo deroga ad opera delle parti.

Le provvigioni spettano inoltre per quegli affa-ri, ancorché esorbitanti la competenza dell’agente, che comunque fossero a lui imputabili e per i qua-li fosse già in passato intervenuto il pagamento di compensi provvigionali (Cass. 10428/2014).

2.9 Affari conclusi da terzi

Occorre chiedersi se spetti o meno il diritto alla provvigione per un agente commerciale in-caricato di una zona geografica determinata, nel caso in cui un’operazione commerciale sia stata conclusa tra un terzo ed un cliente appartenente a tale zona, senza che il preponente intervenga in modo diretto o indiretto in tale operazione.

Secondo la Corte di giustizia (sentenza 17 gennaio 2008) qualora sia assegnata all’agente una zona in esclusiva, quest’ultimo avrà diritto alla provvigione su tutti gli affari conclusi in zo-na da parte del preponente, anche qualora non sia riscontrabile lo svolgimento di alcuna attività

promozionale da parte dell’agente. La sentenza quindi esclude il diritto alla provvigione se il pre-ponente non ha svolto alcuna attività promozio-nale nella zona dove l’affare è stato concluso solo per iniziativa del terzo.

Secondo la Corte spetta al Giudice nazionale, sulla base del principio generale di tutela dell’a-gente e dell’obbligo del preponente di agire con lealtà e buona fede nei suoi rapporti con l’agente, accertare se nel singolo caso concreto sussista o meno un intervento diretto o indiretto del prepo-nente nella conclusione dell’affare, precisando che tale intervento non dovrà necessariamente essere di natura giuridica, essendo sufficiente un mero intervento di fatto.

2.10 Estratto conto

Il preponente consegna all’agente un estratto conto delle provvigioni dovute al più tardi l’ul-timo giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale esse sono maturate e quindi entro il 30 aprile, 31 luglio, 31 ottobre e 31 gennaio. L’estratto conto indica gli elementi essenziali in base ai quali è stato effettuato il calcolo delle prov-vigioni. Entro il medesimo termine le provvigio-ni liquidate devono essere effettivamente pagate all’agente. L’agente ha diritto di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni necessarie per verificare l’importo delle provvigioni liquidate ed in particolare un estratto dei libri contabili (art. 1749 c.c.).

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Il Sole 24 ORE 2. Provvigioni

19Febbraio 2015

2.11 Attività di incasso e recupero

insoluti

Tra le obbligazioni dell’agente può essere inse-rita quella di incassare i pagamenti presso la clien-tela ed altresì quella di recuperare i crediti laddove i termini di pagamento siano ormai scaduti.

Entrambe queste attività sono da considerar-

si meramente accessorie e come tali non sono espressamente disciplinate nella disciplina del codice civile, se non nell’art. 1744 c.c. che si li-mita a prevedere la necessità di espressa attri-buzione della facoltà di riscuotere i crediti del preponente, ferma l’impossibilità per l’agente di concedere sconti o dilazioni in assenza di auto-rizzazione.

In linea generale, in mancanza di previsioni contrattuali, la semplice attività di recupero degli insoluti non può qualificarsi come attività di in-casso vera e propria e non comporta quindi alcun diritto ad un compenso aggiuntivo.

Per far sorgere il diritto dell’agente ad un com-penso aggiuntivo è quindi necessaria la sussistenza di tre elementi:

● conferimento dell’incarico di riscuotere; ● continuatività dell’incarico; ● responsabilità per errore contabile.

Tuttavia la presenza di formulazioni generiche prive di una percentuale che individui la quota destinata alla remunerazione dell’incasso, ha fatto sì che una parte della giurisprudenza di merito, in applicazione di criteri assolutamente discreziona-li, abbia riconosciuto in talune ipotesi importi de-cisamente rilevanti a fronte di un’attività che nel corso del rapporto era stata sempre svolta dall’a-

gente nella convinzione del preponente di ritener-la compresa nella provvigione ordinaria stabilità per l’attività promozionale.

Le due principali tendenze giurisprudenziali a riguardo possono così riassumersi:1) occorre prendere in considerazione l’effettiva

attività svolta nel corso del rapporto indipen-dentemente dal conferimento espresso di un incarico specifico;

2) per contro nell’ipotesi in cui l’attività di incas-so sia stata già inclusa nelle attività dell’agente sin dall’inizio del rapporto, deve presumersi che le parti abbiano già tenuto in considerazio-ne lo svolgimento dell’incarico accessorio nella determinazione della provvigione ordinaria, con la conseguente rifiuto delle richieste dell’a-gente; infatti il compenso per tale attività è sta-to già compreso nella provvigione pattuita, che deve intendersi determinata con riferimento al

Aec

La contrattazione collettiva invece si occupa espressamente dell’incasso e del recupero insoluti precisando da un lato che per l’attività di incasso, per essere remunerata, deve essere previsto un compenso aggiuntivo oltre a quello direttamente collegato alla promozione della conclusione di contratti. Infatti, in assenza di ciò, il recupero degli insoluti rientra comunque nell’attività dell’agente senza necessità di un compenso ulteriore.In particolare l’Aec settore industria, stabilisce che, per l’ipotesi in cui venga conferito all’agente un apposito incarico di svolgere attività di incasso presso la clientela, con responsabilità per errore contabile, deve essere contrattualmente individuata una provvigione separata o un compenso aggiuntivo da riconoscere all’agente in funzione dello svolgimento di quest’attività accessoria. Il solo Aec 20 febbraio 2001 stipulato tra Cnai e Federagenti, peraltro di applicazione residuale, prevede espressamente la quantificazione della provvigione incasso, indicando una percentuale dell’1%.L’Aec settore commercio del 16 febbraio 2009, risolvendo un’evidente contraddizione contenuta nel pre-cedente Aec del 26 febbraio 2002 nel quale si stabiliva che il compenso da riconoscersi all’agente doveva essere una provvigione separata ed un compenso in forma non provvigionale, ha precisato che deve essere corrisposto un compenso in forma non provvigionale lasciando per il resto invariate le precedenti disposizioni, sostanzialmente in linea con l’Aec 20.3.2002 settore industria.

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

20 Febbraio 2015

complesso dei compiti affidati all’agente; men-tre la medesima attività va separatamente com-pensata nel caso in cui il relativo incarico sia stato conferito all’agente nel corso del rappor-to e costituisce una prestazione accessoria ulte-riore rispetto a quella originariamente prevista dal contratto, a meno che non risulti accertata la volontà delle parti di procedere ad una nova-zione che, prevedendo nuovi obblighi a carico dell’agente, lasci invariati quelli del preponen-te (Cass. 9 agosto 2008, n. 22892).Di massima quindi è senza dubbio opportuno

prevedere espressamente una provvigione aggiun-tiva laddove l’attività di incasso venga svolta in mo-do continuativo, soprattutto per l’ipotesi in cui tale incarico venga conferito nel corso del rapporto.

La precisazione in ordine al compenso determi-na l’illegittimità del riconoscimento di una parte della provvigione a titolo di attività di incasso, con la conseguente necessaria previsione di un impor-to fisso, per la cui determinazione non vi è alcun parametro di riferimento nella contrattazione col-lettiva. Sarà quindi del tutto ammissibile un com-penso su base forfetaria riconosciuto annualmente in funzione della concreta durata del rapporto.

Quando invece quando la facoltà e l’obbligo di riscuotere i crediti del preponente siano inter-venuti nel corso del rapporto di agenzia, l’attività di esazione costituisce prestazione accessoria e ul-teriore rispetto all’originario contratto, e richieda una sua propria remunerazione, in base alla gene-rale normativa sul lavoro autonomo e, specifica-mente, all’art. 2225 cod. civ (Cass. 21079/2013).

2.12 Attività complementari

ed accessorie

Nel caso di attività ulteriori sia rispetto a quel-la tipica e fondamentale di promozione della con-clusione di contratti (art. 1742 c.c.), sia in relazio-ne a quelle precisate nell’art. 1746 e concernenti le informazioni sul mercato e sulla convenienza dei singoli affari ed in generale gli obblighi del commissionario compatibili con la natura del contratto di agenzia, ad esclusione dello star del credere, si pone il problema di una eventuale re-

munerazione dell’agente.Infatti l’agente, in alcune ipotesi, non si limita

a promuovere la conclusione del contratto, ma si occupa altresì di altri aspetti collegati alla attività del preponente quali la tenuta del magazzino, il controllo del sell out e sell in, la verifica dell’espo-sizione dei prodotti, il corretto posizionamento degli stessi sugli scaffali e a quant’altro possa ri-sultare utile per ottimizzarne la distribuzione nel mercato di riferimento.

Anche per questa attività andrà previsto un compenso aggiuntivo in forma non provvigio-nale e dunque un compenso fisso forfettario su base annuale e/o mensile da riconoscersi in fun-zione dell’effettiva concreta durata del contratto. Qualora si riscontrino ipotesi nelle quali non sia possibile stabilire con precisione se le obbligazioni dell’agente siano o meno accessorie e/o comple-mentari nel senso sopra precisato sarà certamente opportuno riconoscere comunque un compenso forfettario, ancorché ridotto, ad evitare il rischio di una quantificazione di tipo giudiziale in caso di contenzioso, che potrebbe riservare sorprese così come già avvenuto in tema di attività di incasso.

Il solo Aec settore commercio, anche nella sua versione del 16 febbraio 2009 (art. 4) prevede la necessità di riconoscere un corrispettivo in forma non provvigionale, così come per l’attività di in-casso, laddove l’agente sia incaricato di svolgere attività complementari e/o accessorie rispetto a quanto previsto dagli articoli 1742 e 1746 cod. civ.

2.13 Attività di coordinamento

L’incarico di coordinamento all’agente di co-ordinare l’attività di altri in un’altra zona determi-nata, deve essere oggetto di indicazione specifica nel contratto individuale e comporta la necessità di riconoscere all’agente un compenso aggiuntivo, in forma non provvigionale.

Pertanto, ferma la legittimità del conferimento all’agente dell’incarico di coordinarne altri in una zona determinata, è necessario prevedere un com-penso aggiuntivo da corrispondersi in forma non provvigionale e dunque non in percentuale sul va-lore del fatturato realizzato dagli agenti coordinati.

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Il Sole 24 ORE 2. Provvigioni

21Febbraio 2015

Come per le attività di incasso ed accessorie potrà riconoscersi un compenso fisso su base mensile o annua, in proporzione all’effettiva du-rata del rapporto.

L’attività di coordinamento non dovrebbe tuttavia costituire, come invece talvolta avviene, l’obbligazione centrale dell’attività dell’agente. Infatti, al fine di qualificare il rapporto come di agenzia deve pur sempre risultare preponderante l’attività di promozione per la conclusione di con-tratti. Va detto in proposito che anche l’attività di coordinamento può essere intesa in senso lato come di promozione, ma risulta tuttavia opportu-no far sì che il coordinamento di altri agenti rap-presenti un elemento accessorio del contratto ad evitare di incorrere in problemi di qualificazione del rapporto

2.14 Affari conclusi dopo

la cessazione del contratto

Il diritto dell’agente alle provvigioni è previsto in due casi:

1) se la proposta è pervenuta all’agente o al pre-ponente prima della fine del contratto;

2) se gli affari sono conclusi entro un termine ra-gionevole dopo lo scioglimento del contratto e la conclusione è da attribuirsi prevalentemente all’attività svolta dall’agente.La seconda ipotesi è certamente più delicata,

posto che introduce due elementi di valutazione e presenta alcuni problemi interpretativi:a) la ragionevolezza del termine;b) la prevalente attribuibilità all’agente della con-

clusione dell’affare.Il principio di carattere generale, che preve-

de il diritto alla provvigione in favore dell’agen-te uscente, è tuttavia suscettibile di eccezioni nel caso in cui, in relazione a specifiche circostanze, risulti equo ripartire la provvigione tra gli agenti intervenuti per la conclusione dell’affare.

Condizione necessaria affinché possa ricono-scersi una parte della provvigione all’agente en-trante è dunque costituita dal suo intervento per la conclusione dell’affare.

Aec

In tema di affari conclusi dopo la cessazione del contratto, gli Aec del settore industria, Confapi e Artigianato dettano una disciplina specifica (art. 6).È infatti previsto un meccanismo estremamente preciso per l’attribuzione delle provvigioni qualora ci si trovi di fronte a contratti conclusi dopo la cessazione del rapporto, la cui conclusione sia attribuibile all’attività promozionale svolta dall’agente, con la previsione di un termine preciso decorso il quale l’affare non può più ritenersi attribuibile all’agente.Al momento della cessazione del contratto, l’agente ha l’obbligo di presentare al preponente una relazione dettagliata indicante le trattative intraprese ma non concluse a causa dello scioglimento del rapporto.Per la sola ipotesi in cui una o più delle predette trattative vadano a buon fine nel termine di 4 mesi dalla cessazione del rapporto, l’agente avrà diritto alle provvigioni.Una volta decorso il termine di 4 mesi (6 mesi per l’Aec industria), che può peraltro essere modificato dalla

concorde volontà delle parti, nessuna provvigione sarà più dovuta all’agente, in quanto l’eventuale conclusio-ne di affari non potrà ritenersi a lui ascrivibile.Resta qualche perplessità in ordine alla possibilità per le parti di modificare a proprio piacimento il termine, con la conseguenza che non può escludersi una contestazione sulla sua congruità, soprattutto nel caso sia previsto un lasso di tempo breve dopo la cessazione del rapporto. Aec Commercio: in senso analogo si è espresso l’Aec settore commercio 16 febbraio 2009 (art. 4, commi 7 e 8) che equipara all’ipotesi di cessazione la sospensione del contratto per malattia o gravidanza. La disci-plina dell’Aec 16 febbraio 2009 è tuttavia più favorevole all’agente in quanto il termine per la conclusione delle trattative è di 6 mesi dalla data di cessazione del rapporto ed è un termine minimo.Non è quindi possibile inserire un termine di minor durata, ferma la possibilità di prevedere un termine mag-giore e di ripartire la provvigione tra gli agenti intervenuti.

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

22 Febbraio 2015

2.15 Prescrizione

La prescrizione è una modalità di estinzione di un diritto collegata al suo mancato esercizio da parte del titolare per il tempo determinato dalla legge.

Il termine di prescrizione è dunque un lasso di tempo entro il quale un determinato dirit-to deve essere esercitato dal suo titolare, con la conseguenza che una volta decorso inutilmente il predetto termine il relativo diritto non potrà più essere realizzato.Nel contratto di agenzia, a differenza di quanto avviene nel rapporto di la-voro subordinato, il termine di prescrizione de-corre nel corso del rapporto e non resta sospeso sino alla sua cessazione. Pertanto anche durante il rapporto di agenzia può verificarsi la prescrizione di determinati diritti spettanti all’agente, a meno che ovviamente non vengano posti in essere atti interruttivi.

Il diritto al compenso dell’agente rientra nel disposto dell’art. 2948 c.c., n. 4, e si prescrive quindi con il decorso di un termine di 5 anni.

Il termine di prescrizione in linea generale decorre dal momento in cui il suo titolare aveva la possibilità di farlo valere e dunque, in tema di provvigioni, dalla scadenza del termine ultimo di pagamento previsto per il preponente.

Invece è di 10 anni il termine di prescrizione previsto per le indennità di fine rapporto e sosti-tutiva del preavviso, così come per esercitare even-tuali azioni di risarcimento del danno.

Affare concluso dal preponente

Diversa si presenta invece la situazione, alla luce di un orientamento giurisprudenziale cer-tamente favorevole all’agente per le provvigio-ni spettanti all’agente a fronte della conclusione diretta di affari in zona da parte del preponente, purché occasionale ed episodica. In tali ipotesi, pur trattandosi di provvigioni, la Corte di Cas-sazione ha ritenuto di applicare un termine di prescrizione di 10 anni, in quanto questo tipo di provvigioni non avrebbero il carattere di ripetiti-vità, necessario per applicare la prescrizione breve quinquennale (Cass. 6 giugno 2008, n. 15069).

2.16 Privilegio dei crediti

In favore dell’agente, nonché del subagente la legge prevede un privilegio generale sui mobili, e cioè il diritto di soddisfare eventuali ragioni di credito prima di altri creditori in caso di procedu-re concorsuali nelle quali sia coinvolto il prepo-nente (art. 2751-bis c.c.).

Tale trattamento di maggior favore non si estende tuttavia a qualunque credito dell’agente, ma attiene esclusivamente alle provvigioni e com-pensi spettanti all’agente in relazione all’ultimo anno di prestazione, oltre alle indennità dovute per la cessazione del rapporto.

Il privilegio riguarda pertanto l’ultimo anno di prestazione calcolato a ritroso dal momento della cessazione del rapporto, che, in caso di falli-mento, coincide con la sentenza dichiarativa della

Diritto alle provvigioni per affari conclusi dopo la cessazione del contratto

AecInvio relazione sulle

trattativeBuon fine trattative

Derogabilità

termine

Diritto

alle provvigioni

20.3.2002 industria cessazione contratto entro 6 mesi Sì Sì, salva

ripartizione

16.2.2009 commercio cessazione contratto entro 6 mesi No Sì, salva

ripartizione

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Il Sole 24 ORE 2. Provvigioni

23Febbraio 2015

procedura concorsuale. Accanto all’indennità di fine rapporto, da valutarsi tuttavia in funzione dell’esistenza dei relativi requisiti, posto che uno di essi ex art. 1751 c.c. è costituito dal fatto che il preponente continui ad avere sostanziali vantaggi dalla clientela apportata, va a nostro avviso con-siderata altresì (se dovuta) l’indennità sostitutiva del preavviso.

Società di agenzia

Infine, qualora la struttura dell’attività dell’a-gente sia organizzata in forma societaria, occorre effettuare una distinzione tra società di persone e società di capitali, riconoscendo il privilegio solo alle prime.

La Corte di Cassazione tuttavia ha in varie

Termini di prescrizione: riepilogo

Diritto Termine

Provvigioni e/o compenso 5 anni

Differenze provvigionali 5 anni

Provvigioni per affari diretti occasionali 10 anni

Indennità sostitutiva del preavviso 10 anni

Indennità di fine rapporto 10 anni

Azioni risarcitorie 10 anni

Art. 2751-bis, Cod. civ. – Crediti per retribuzioni e provvigioni, crediti dei coltivatori diretti,

delle società o enti cooperativi e delle imprese artigiane

Hanno privilegio generale sui mobili i crediti riguardanti:1) le retribuzioni dovute, sotto qualsiasi forma, ai prestatori di lavoro subordinato e tutte le indennità dovute

per effetto della cessazione del rapporto di lavoro, nonché il credito del lavoratore per i danni conseguenti alla mancata corresponsione, da parte del datore di lavoro, dei contributi previdenziali ed assicurativi ob-bligatori ed il credito per il risarcimento del danno subito per effetto di un licenziamento inefficace, nullo o annullabile;

2) le retribuzioni dei professionisti e di ogni altro prestatore d’opera intellettuale dovute per gli ultimi due anni di prestazione;

3) le provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia dovute per l’ultimo anno di prestazione e le indennità dovute per la cessazione del rapporto medesimo;

4) i crediti del coltivatore diretto, sia proprietario che affittuario, mezzadro, colono, soccidario o comunque compartecipante, per i corrispettivi della vendita dei prodotti, nonché i crediti del mezzadro o del colono indicati dall’art. 2765;

5) i crediti dell’ impresa artigiana e delle società od enti cooperativi di produzione e di lavoro, per i corrispet-tivi dei servizi prestati e della vendita dei manufatti.

5-bis) i crediti delle società cooperative agricole e dei loro consorzi per i corrispettivi della vendita dei prodotti. 5-ter) i crediti delle imprese fornitrici di lavoro temporaneo di cui alla legge 24 giugno 1997, n. 196 per gli oneri

retributivi e previdenziali addebitati alle imprese utilizzatrici.

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

24 Febbraio 2015

pronunce preferito un’interpretazione basata non tanto sulle caratteristiche dell’agente, ma sulla ti-pologia di credito derivante dal rapporto di agen-zia (contro: Cass. 15 giugno 2000, n. 8171;Cass. 7 agosto 1996, n. 7257. In senso contrario Cass. 14 giugno 2000, n. 8114).

La Corte Costituzionale con la sentenza 7 gennaio 2000, n. 1, ha confermato questo indi-rizzo sostenendo che il privilegio va escluso per gli agenti e/o subagenti costituiti in forma di società di capitali. La Cassazione a sezioni unite con la sentenza 27986/2013 ha ribadito tale ul-timo orientamento e, risolvendo il contrasto di giurisprudenza delle sezioni semplici, ha negato la condizione di privilegio generale a favore dei crediti per le provvigione e le indennità di fine rapporto vantati dalle società di capitali costituite da agenti, in quanto le relative somme non sono remunerative del lavoro ma solo del capitale con-ferito.

2.17 Inadempimento e risoluzione

del rapporto

Il mancato pagamento del compenso prov-visionale può giustificare la risoluzione del rap-

porto da parte dell’agente per grave inadempi-mento del preponente e/o il recesso per giusta causa, come peraltro sostenuto dalla prevalente giurisprudenza (Cass. 25 luglio 2008, n. 20497; Cass. 4 giugno 2008, n. 14771; Cass. 12 otto-bre 2007, n. 21445 (in un’ipotesi di cessione d’azienda); Cass. 16 dicembre 2004, n. 23455; Cass. 12 giugno 2000, n. 7986; Cass. 28 marzo 2000, n. 3738) , anche se il ricorso all’art. 2119 c.c. potrebbe risultare superfluo, considerando il testo dell’art. 1751 c.c.

Tuttavia la Cassazione 1° febbraio 1999, n. 845 ha precisato che nel rapporto di agenzia il mancato pagamento delle provvigioni va consi-derato nel generale contesto del rapporto, posto che l’agente rispetto al lavoratore subordinato ha struttura e caratteristiche tali da consentirgli una maggiore facoltà di tenuta. In altri termini, dal punto di vista della gravità dell’inadempimento il mancato pagamento delle provvigioni dovrebbe esser esaminato caso per caso al fine di poterne valutare la concreta entità.

È onere dell’agente provare i fatti costitutivi della pretesa al diritto alle provvigioni, ovvero gli affari da lui promossi e la loro esecuzione (Trib. Milano 21.1.2014).

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Il Sole 24 ORE 3. Obblighi dell’agente

25Febbraio 2015

3. Obblighi dell’agente

di Pietro Gremigni

La principale obbligazione dell’agente deriva direttamente dalla nozione stessa del contratto di agenzia (art. 1742 c.c.) ed è costituita dalla pro-mozione della conclusione di contratti.

Il Codice civile nell’art. 1746 c.c. indica gli al-tri adempimenti accessori a quello principale.

L’esistenza dell’obbligo di svolgere attività pro-mozionale è peraltro il principale tratto distintivo del contratto di agenzia rispetto al procacciamen-to d’affari e caratterizza in maniera determinante l’attività dell’agente.

Da tale principale obbligazione derivano gli ulteriori compiti dell’agente:1) di tutela degli interessi del preponente;2) esercizio dell’attività in base alle istruzioni ri-

cevute;3) trasmissione di informazioni sulle condizioni

del mercato e sulla convenienza dei singoli af-fari;

4) rispetto dei generali parametri di lealtà e buo-na fede nell’esecuzione del contratto.L’art. 1746 c.c. è stato oggetto di due inter-

venti di modifica in un primo tempo ad opera del D.Lgs. 65/1999 (art. 2) e successivamente dalla legge comunitaria 1999 (art. 28, L. 21.12.1999, n. 526) che ha di fatto eliminato la possibilità di inserire nei contratti di agenzia clausole generali relative alla responsabilità dell’agente per l’even-tuale inadempimento del cliente (star del credere).

Lo svolgimento di attività di promozione ed in genere gli obblighi dell’agente così come previsti nell’art. 1746 c.c. rilevano altresì in chiave defi-nitoria per l’individuazione delle attività comple-mentari ed accessorie così come previste dall’Aec

settore commercio del 16 febbraio 2009, e cioè per quelle attività che non rientrano tra quelle di cui agli artt. 1742 e 1746 c.c. e che laddove richieste devono essere oggetto di un compenso specifico in forma non provvigionale.

3.1 Nullità dei patti contrari

L’art. 1746 c.c., così come la contrattazione collettiva di diritto comune (Aec 16.2.2009, art. 3), dopo aver elencato gli obblighi dell’agente, prevedono la sanzione di nullità per qualunque patto contrario in ipotesi contenuto nei contratti individuali, così conferendo la natura di norma imperativa alla relativa previsione.

3.2 Svolgimento di attività

di promozione

L’obbligo fondamentale dell’agente è quello di svolgere attività di promozione della conclusione di contratti. Trattasi di un’obbligazione fonda-mentale anche in altri contratti di distribuzione, primo tra tutti il contratto di concessione di ven-dita che nella sua più recente qualificazione dal punto di vista giurisprudenziale vede l’attività di promozione come indissolubilmente legata alla distribuzione di prodotti, anche laddove i relativo obbligo non sia previsto espressamente nel singo-lo contratto.

Lo stesso è a dirsi per il contratto di franchi-sing che, quanto meno nel franchising di distri-buzione, certamente prevede l’obbligo del franchi-see di promuovere la conclusione di contratti così come di garantire determinati volumi di acquisto

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

26 Febbraio 2015

minimo.Il corretto adempimento dell’obbligo di pro-

mozione implica un contatto stabile e continuo dell’agente con la clientela di riferimento ed un connesso onere di visita, al quale tuttavia non ne-cessariamente segue l’acquisizione di un ordine e la successiva conclusione di un contratto.

L’obbligazione dell’agente è infatti di mezzi e non di risultato e potrebbe quindi risultare cor-rettamente adempiuta, anche in caso di risultati di vendita non brillanti.

D’altra parte, anche in presenza della conclu-sione di molti affari potrebbe sussistere un ina-dempimento dell’agente, qualora quest’ultimo non svolga con continuità ed assiduità attività di promozione nei riguardi della clientela allo stesso affidata.

L’importanza dell’obbligazione di svolgere at-tività promozionale comporta che il suo eventuale inadempimento avrà conseguenze gravi in ordine alla prosecuzione del rapporto, con la possibilità di determinarne addirittura la cessazione per fatto e colpa dell’agente qualora l’inadempimento ri-sulti particolarmente qualificato.

Minimo di fatturato

Diversa si presenterà per contro la situazione laddove il contratto preveda una clausola di mini-mo di fatturato annuale, inserita tra le obbligazio-ni elencate in clausola risolutiva espressa: il man-cato corretto adempimento, anche lieve, potrebbe

infatti in tale ipotesi determinare la cessazione del rapporto con effetto immediato.

3.3 Lealtà e buona fede

Una ulteriore obbligazione di carattere genera-le dell’agente, che deve ispirare la sua intera con-dotta nell’esecuzione del rapporto è la tutela degli interessi del preponente. Tutela che discende dalla nozione stessa di contratto di agenzia, che prevede che l’agente agisca per conto del preponente per promuovere la conclusione di contratti.

La tutela degli interessi del preponente è quin-di un criterio di carattere generale che deve gui-dare l’azione dell’agente e che può altresì essere utilizzata in chiave interpretativa ai fini della valu-tazione del suo comportamento.

L’art. 1746 c.c. prevede la necessità che l’agen-te, nello svolgimento della propria attività, debba uniformarsi ai canoni generali di lealtà e buona fe-de: precisazione quest’ultima forse superflua, po-sto che ricalca quanto già previsto n linea generale dall’art. 1375 c.c. in tema di esecuzione e dall’art. 1366 c.c. in tema di interpretazione del contratto.

Trattasi di obblighi di carattere generale, peral-tro previsti anche a carico del preponente, la cui va-lenza non deve tuttavia essere sottovalutata, posto che possono risultare determinanti in un momento delicato del rapporto e cioè in fase di cessazione, anche al fine di valutare compiutamente il compor-tamento delle parti nell’esecuzione del contratto e la sussistenza o meno di ipotesi di inadempimento.

Aec

I predetti obblighi di tutela degli interessi del preponente oltre che di lealtà e buona fede sono ripresi altresì dai principali Aec di diritto comune (20.3.2002 settore industria – art. 5 – ed Aec 16.2.2009, settore commercio – art. 3), a conferma della loro valenza di carattere generale.

3.4 Istruzioni del preponente

L’obbligo dell’agente di seguire le istruzioni del preponente, insieme a quello di fornire infor-mazioni, sono indicati dall’art. 1746 c.c. come

precisazioni dei doveri di tutela degli interessi del preponente e di azione secondo lealtà e buona fe-de.

Le istruzioni del preponente debbono consen-tire all’agente il mantenimento delle sue caratteri-

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Il Sole 24 ORE 3. Obblighi dell’agente

27Febbraio 2015

stiche peculiari, costituite dall’autonomia e indi-pendenza nello svolgimento dell’attività che, pur nell’ambito delle direttive del preponente, non dovrebbero risultare eccessivamente compresse.

In altri termini, è bene far salva l’autonomia

organizzativa e gestionale dell’agente ad evitare che lo stesso si avvicini alla figura del lavorato-re subordinato le cui caratteristiche sono tuttavia completamente diverse.

Aec

In particolare gli Aec del 2002 – industria (20.3.2002 – art. 1) e del 2009 – commercio (16.2.2009 – art. 1) specificano che le istruzioni del preponente non possono spingersi sino all’imposizione di orari di lavoro ed alla fissazione di itinerari di visita predeterminati. È tuttavia possibile, tenuto conto anche delle esigenze della distribuzione moderna, effettuare pianificazioni di breve e medio periodo con verifiche periodiche che consentano all’azienda di monitorare l’operatività dell’a-gente e l’efficacia della sua azione sul territorio.In ogni caso l’attività dell’agente non deve essere snaturata, così come le caratteristiche proprie del rapporto di agenzia, soprattutto al fine di evitare che eventuali eccessi vengano poi utilizzati in maniera strumentale in occasione della cessazione del rapporto per forzare la situazione sotto la minaccia di una diversa qualifica-

zione del contratto.Inoltre le istruzioni impartire dal preponente debbono comunque tener conto, secondo le previsioni degli Aec, dell’autonomia operativa dell’agente, così sottolineandone ancora una volta le caratteristiche di indipendenza.

3.5 Informazioni dell’agente

Collegato all’obbligo di seguire le istruzioni del preponente ed anzi indispensabile al fine di far sì che queste ultime siano le più puntuali possibile è l’obbligo dell’agente di fornire informazioni al preponente.

Le predette informazioni riguarderanno il mercato, con riferimento alla zona assegnata all’a-gente, così come qualunque ulteriore elemento che possa risultare utile per valutare la convenien-

za degli affari. Dunque l’agente dovrà fornire al preponente

una valutazione complessiva del mercato così co-me singoli dettagli legati alle varie situazioni ed alle singole proposte di contratto.

Obbligazione quest’ultima che può acquisi-re una particolare valenza per orientare le scelte del preponente soprattutto in considerazione del fatto che il generale rimedio dello star del crede-re è ad oggi relegato ad ipotesi eccezionali (v. più avanti).

Aec

In tema di informazioni da fornire al preponente, gli Aec di diritto comune (industria e commercio) si sono premurati di precisare che l’agente non è tenuto a fornire relazioni con periodicità prefissata concernenti l’esecuzione della propria attività. L’obbligo di informazioni dovrebbe risultare limitato quindi alle condizioni del mercato ed a quanto possa più genericamente risultare utile per una corretta valutazione in ordine alla conclusione dei singoli affari.Tali previsioni tendono a garantire la totale autonomia dell’agente, cercando di evitare qualunque forma di controllo sulla sua operatività. Tendenza quest’ultima che se certamente può considerarsi giustificabile in relazione alle caratteristiche di au-tonomia e indipendenza dell’agente si scontra in taluni casi con le esigenze programmatiche della distribuzione moderna, in continua e costanze evoluzione. L’esclusione delle relazioni sullo svolgimento dell’attività è tuttavia abbastanza netta.

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

28 Febbraio 2015

3.6 Star del credere

Con la legge Comunitaria 21 dicembre 1999, n. 526 (art. 28) la possibilità di inserimento nel testo di un contratto di agenzia del patto cosid-detto dello «star del credere», in precedenza previ-sto dagli Aec, è stata fortemente ridimensionata.

Il patto dello star del credere ha le proprie origini nel contratto di commissione (artt. 1731-1736 cod. civ.), che, a differenza del contratto di agenzia, si sostanzia in un mandato avente ad og-getto l’acquisto o la vendita di beni da parte del commissionario in nome proprio, ma per conto del committente.

La disciplina dello star del credere in materia di contratto di commissione è contenuta nell’art. 1736 cod. civ. che prevede l’ipotesi di una respon-sabilità diretta del commissionario per l’esecuzio-ne dell’affare, alla quale corrisponde il diritto a un compenso aggiuntivo o ad una maggiore provvi-gione.

Divieto

La legge Comunitaria 1999 (art. 28) ha sanci-to un divieto espresso di porre a carico dell’agente una responsabilità, anche solo parziale, per l’ina-dempimento del terzo.

L’obiettivo primario di questo intervento è sta-

to quello di eliminare la possibilità per le parti di prevedere una clausola generale relativa allo star del credere.

Limiti contrattuali

A fronte del divieto di inserire una clausola generale che preveda la responsabilità dell’agente, sia totale che parziale, per l’inadempimento del terzo, la legge consente alle parti, eccezionalmen-te, di concordare una apposita clausola a carico dell’agente con limitazioni ben precise quali:1) caratteristiche degli affari: deve trattarsi di ac-

cordi singoli, da concordare di volta in volta, con riferimento ad affari determinati indivi-dualmente, di valore rilevante e di natura par-ticolare (con ciò ribadendo l’inadeguatezza di previsioni di carattere generale);

2) limite alla garanzia: è fissato inoltre un limite quantitativo alla garanzia dell’agente, che non può superare l’importo della provvigione spet-tante allo stesso per il singolo affare;

3) compenso: è infine necessario che l’agente ri-ceva di volta in volta un compenso per l’assun-zione della garanzia.Tuttavia anche la stessa eccezione al criterio di

carattere generale appare di non facile attuazione presupponendo singole pattuizioni specifiche per ogni affare, che dovrà essere di particolare natura,

Obblighi dell’agente

Obbligo Fonte Contenuto Esclusioni

Svolgere attività promozionale art. 1742 c.c. continua e stabile visita alla

clientela —

Tutelare gli interessi del preponente art. 1746 c.c. nell’esecuzione del contratto —

Lealtà e buona fede art. 1746 c.c. nell’esecuzione del contratto —

Seguire le istruzioni del preponente art. 1746 c.c. uniformarsi alle direttive im-

partire fissazione di orari e itinerari

Fornire informazioni art. 1746 c.c. andamento del mercato e con-clusione degli affari

relazioni periodiche sullo svolgimento dell’attività

Page 30: Agenti&Rappresentanti IlSole24Ore

Il Sole 24 ORE 3. Obblighi dell’agente

29Febbraio 2015

individuato singolarmente e di importo rilevante. Oltre a ciò è stata prevista una drastica riduzione del limite massimo della garanzia, che non può superare il valore della provvigione spettante all’a-gente per l’affare oggetto della pattuizione.

Inoltre questo tipo di eccezioni al divieto di carattere generale saranno però applicabili solo qualora vi siano affari di notevole rilevanza, re-stando senza dubbio esclusi i prodotti di largo consumo e modico valore per i quali quindi que-sta forma di tutela del preponente, date le diffi-coltà di applicazione pratica, è certamente venuta meno.

La prima conseguenza in caso di mancanza delle predette limitazioni è la nullità, per con-trarietà a norma imperativa, di tutte le clausole contenute nei singoli contratti sottoposti al dirit-to italiano che prevedano l’applicazione dello star del credere.

La contrattazione collettiva di diritto comune degli Aec si è adeguata eliminando le previsioni in precedenza previste, che in ogni caso sarebbero risultate prive di efficacia.

Corrispettivo

Come anticipato le parti devono, se vo-gliono introdurre una parziale responsabilità dell’agente,concordare un compenso a parte per l’agente: ci si potrebbe domandare al riguardo se il limite massimo della garanzia debba ritenersi rife-rito alla sola provvigione contrattualmente pattu-ita, o se possa ricomprendere altresì il compenso ulteriore stabilito per l’assunzione dell’onere ag-giuntivo. Dalla lettura della norma è da preferire

il riferimento alla sola provvigione contrattual-mente prevista, essendo il compenso per l’assun-zione dell’onere del tutto indipendente.

Per quanto attiene alla misura del compenso, non menzionata dalla norma, la stessa appare la-sciata alla libera disponibilità delle parti.

3.7 Rimedi contrattuali alternativi

In considerazione dell’impossibilità per il pre-ponente di prevedere, con la clausola dello star del credere, una generale responsabilità dell’a-gente per l’adempimento da parte dei clienti, nel contratto di agenzia potrebbero essere concordate clausole alternative dirette a un maggior controllo dell’agente quali il rispetto rigoroso dell’obbligo di informazioni, la limitazione al potere di rappre-sentanza conferito agli agenti, con la conseguente necessità di approvazione da parte del preponente dell’affare concluso.

L’eliminazione dello star del credere come clausola generale non comporta peraltro la tota-le assenza di responsabilità in capo all’agente per aver concluso contratti in violazione dei propri obblighi di correttezza, buona fede e diligenza, anche con riferimento al controllo della situazione finanziaria della clientela, in quanto residua pur sempre la possibilità di esperire l’ordinaria azio-ne di responsabilità contrattuale sul presupposto dell’imputabilità dell’inadempimento all’agente, quanto meno a titolo di colpa. Ciò che è venu-to meno, salvo le eccezioni anzidette, che paiono peraltro di non facile attuazione, è la possibilità di addebitare all’agente a titolo di responsabilità oggettiva una parte della perdita subita dal pre-ponente.

Star del credere

Tipologia Ammissibilità Caratteristiche affari Compenso Limiti

Clausola generale divieto — — —

Accordi singoli consentiti eccezionalmente

singoli e di particolare natura e importo sì garanzia non superiore

alla provvigione

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

30 Febbraio 2015

4. Obblighi del preponente

di Pietro Gremigni

Gli obblighi del preponente sono indica-ti nell’art. 1749 c.c., integralmente sostituito dall’art. 4, comma 1, D.Lgs. 65/1999.

Le modifiche introdotte ricalcano quelle inse-rite nell’art. 1746 c.c. e prevedono l’obbligo an-che per il preponente di agire con lealtà e buona fede nei rapporti con l’agente, e la nullità di qua-lunque patto contrario alle disposizioni dell’intera disposizione.

Il preponente deve inoltre;1) mettere a disposizione dell’agente la documen-

tazione relativa ai beni o servizi oggetto del contratto;

2) fornirgli le informazioni necessarie per l’esecu-zione dell’incarico, tra le quali rientra l’obbligo di avvisare l’agente, entro un termine congruo, non appena si preveda che il volume delle ope-razioni commerciali risulterà notevolmente inferiore rispetto a quello che l’agente avrebbe potuto aspettarsi;

3) informare l’agente in ordine all’accettazione, al rifiuto od alla mancata esecuzione degli affari;

4) consegnare all’agente un estratto conto delle

provvigioni maturate nel trimestre, indicante gli elementi essenziali di calcolo, al più tardi entro la fine del mese successivo al trimestre di riferimento, precisa che entro il medesimo termine le provvigioni devono essere effettiva-mente versate all’agente;

5) fornire tutte le informazioni necessarie alla ve-rifica dell’importo delle provvigioni liquidate, incluso un estratto dei relativi libri contabili;

6) pagare il corrispettivo sugli affari conclusi nel corso del rapporto, già oggetto di esame ap-profondito nel Capitolo sulle Provvigioni a cui rimandiamo.

4.1 Nullità dei patti contrari

Anche l’art. 1749 c.c., come già l’art. 1746 c.c. in tema di obblighi dell’agente, prevede la san-zione di nullità per qualunque patto contrario a tutte le disposizioni dell’articolo, così conferendo allo stesso, compreso il diritto di esigere un estrat-to dei libri contabili del preponente, la natura di norma imperativa.

Obblighi del preponente ex art. 1749 c.c.

Agire con lealtà e buona fede

Documentazione e informazioni

Consegna estratto conto

Verifica provvigioni estratto libri contabili

nullità patti contrari nullità patti contrari nullità patti contrari nullità patti contrari

Page 32: Agenti&Rappresentanti IlSole24Ore

Il Sole 24 ORE 4. Obblighi del preponente

31Febbraio 2015

4.2 Lealtà e buona fede

Anche per il preponente sia il Codice civile (art. 1749) sia la contrattazione collettiva, preve-dono l’obbligo di agire con lealtà e buona fede nei rapporti con l’agente.

L’espressa previsione anche per il preponente della necessità di agire secondo i canoni della le-altà e buona fede nei rapporti con l’agente può apparire superflua, posto che ricalca quanto già previsto in linea generale dall’art. 1375 c.c. in te-ma di esecuzione del contratto.

Tuttavia, la rilevanza di lealtà e buona fede non va sottovalutata, soprattutto dal punto di vista interpretativo nell’ambito della valutazione delle varie ipotesi di potenziale inadempimento ed in particolare qualora siano da considerare quelle «circostanze attribuibili al preponente» che consen-tono all’agente di risolvere il contratto pur man-tenendo il diritto all’indennità di fine rapporto. Ad esempio la Cass. 21 agosto 2004, n. 16506 ha ritenuto responsabile il preponente per violazione dell’obbligo di correttezza e lealtà in base all’art. 1749 c.c. per non aver preso provvedimenti nei confronti di un agente supervisore che aveva fisi-camente aggredito un altro agente.

L’art. 1751 c.c. precisa che l’indennità di fine rapporto è dovuta anche in caso di recesso dell’a-gente, qualora lo stesso sia giustificato da circo-stanze attribuibili al preponente. Proprio nella valutazione delle predette circostanze lealtà e buo-na fede potranno giocare un ruolo determinante

per stabilire se sussista il diritto dell’agente all’in-dennità di fine rapporto (ferma la necessaria sus-sistenza degli ulteriori presupposti di cui all’art. 1751 c.c.).

Riflessi con gli altri obblighi

L’obbligo di lealtà e buona fede va interpreta-to globalmente e deve considerarsi in stretta con-nessione con gli altri obblighi previsti dal Codice civile:a) mettere a disposizione dell’agente la documen-

tazione necessaria relativa ai beni o servizi trat-tati;

b) fornire all’agente le informazioni necessarie all’esecuzione del contratto, ed in particolare avvertirlo entro un termine ragionevole, non appena prevede che il volume delle operazioni commerciali risulterà notevolmente inferiore a quello che l’agente avrebbe potuto normal-mente attendersi;

c) informare l’agente, entro un termine ragione-vole, dell’accettazione, rifiuto e mancata esecu-zione di un affare.Il corretto adempimento dei predetti obblighi

andrà quindi valutato anche alla luce del rispetto dei principi generali di lealtà e buona fede.

Tutto ciò è ribadito dall’art. 4 della Direttiva comunitaria 86/653, che prevede appunto l’ob-bligo di informazioni e di fornire documentazio-ne quali conseguenza di un più generale obbligo di comportamento secondo lealtà e buona fede.

Aec

Il necessario rispetto da parte del preponente degli obblighi di lealtà e buona fede è ribadito anche negli Aec di diritto comune (settore industria e settore commercio). Conferma peraltro di non particolare rilievo stante la natura di norma imperativa dell’art. 1749 c.c. e quindi di non derogabilità da parte degli accordi collettivi.

4.3 Informazioni e documentazione

L’art. 1749 c.c., dopo aver enunciato i generali principi di lealtà e buona fede ai quali deve atte-nersi il preponente nell’esecuzione del contratto,

fissa un ulteriore obbligo a carico del preponente, che deve procurare all’agente la documentazione necessaria attinente ai prodotti o servizi oggetto del contratto, fornendogli altresì tutte le informa-zioni necessarie all’esecuzione del contratto stesso.

Page 33: Agenti&Rappresentanti IlSole24Ore

Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

32 Febbraio 2015

Trattasi di un’obbligazione di carattere gene-rale (che può essere oggetto di precisazione nel singolo contratto individuale) che peraltro pare derivare automaticamente dalla stessa conclusione di un rapporto di collaborazione, che presuppone appunto che il collaboratore sia posto in grado di operare, anche grazie alle informazioni ed istru-zioni fornite da chi di tale collaborazione si avvale (cioè il preponente).

Questi obblighi possono inoltre desumersi dal generico obbligo di correttezza e di esecuzione se-condo buona fede dei contratti, e altresì dall’ob-bligo di diligenza che grava non solo sull’agente ma altresì sul preponente.

È evidente peraltro che sarà nell’interesse del preponente fornire all’agente tutti i mezzi e le in-formazioni necessarie a far sì che la sua attività produca i risultati migliori.

Informazione sul calo del volume di affari

Il preponente deve avvertire l’agente entro un termine ragionevole non appena prevede che il volume delle operazioni commerciali risulterà sensibilmente inferiore rispetto a quello che l’a-gente avrebbe potuto normalmente attendersi (art. 1749, secondo comma c.c.).

Questa disposizione, di origine comunita-ria, pare riferirsi ad ipotesi straordinarie di calo dell’attività delle quali il preponente sia a cono-scenza, vuoi in relazione a particolari esigenze della produzione (dallo stesso effettuata) che de-terminano la scarsità di prodotti, vuoi in conside-razione di mutamenti e/o assestamenti di mercato o di ulteriori circostanze non conoscibili da parte dell’agente, ma altrimenti note al preponente.

Direttiva Ue 86/653, art. 4

«1. Nei suoi rapporti con l’agente commerciale il preponente deve agire con lealtà e buona fede. 2. In particolare il preponente deve: a) mettere a disposizione dell’agente commerciale la documentazione necessaria relativa alle merci in que-

stione; b) procurare all’agente commerciale le informazioni necessarie all’esecuzione del contratto di agenzia, in

particolare avvertire l’agente commerciale entro un termine ragionevole, non appena preveda che il volu-me delle operazioni commerciali sarà notevolmente inferiore a quello che l’agente commerciale avrebbe normalmente potuto attendersi.

3. Il preponente deve inoltre informare l’agente commerciale entro un termine ragionevole, dell’accettazione o del rifiuto e della mancata esecuzione di un affare procuratogli».

Deve trattarsi tuttavia di circostanze oggettive dalle quali possa direttamente dedursi la previsio-ne di calo delle operazioni, senza che possa con-siderarsi fissato a carico del preponente un parti-colare obbligo di previsione e/o prognosi. Anche il riferimento ad un termine ragionevole entro il quale effettuare la comunicazione non può che collegarsi ad una circostanza oggettiva o ad una situazione alla quale la previsione di calo appaia funzionalmente collegata.

Anche quest’obbligo, di non facile delineazio-ne e che peraltro appare da circoscriversi ad ipote-si non particolarmente frequenti, avrebbe potuto desumersi applicando i generali principi di lealtà, correttezza e buona fede nell’esecuzione del con-

tratto. È infatti evidente che nel caso in cui il pre-ponente, pur a conoscenza del futuro crollo del mercato e/o dell’attività, non ne abbia informato l’agente arrecando a quest’ultimo un grave danno, dovrebbe comunque risponderne.

Rilevo infine che la norma nulla dice in rela-zione ad ipotesi di violazioni dell’obbligo, che pa-iono quindi doversi considerare potenzialmente generatrici di obblighi risarcitori in favore dell’a-gente nel solo caso in cui risulti dimostrato un danno a quest’ultimo derivante non dalla situa-zione oggettiva di calo del volume delle operazio-ni, ma piuttosto dal non averne avuto preventiva comunicazione da parte del preponente.

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Il Sole 24 ORE 4. Obblighi del preponente

33Febbraio 2015

Aec

Per quanto attiene al termine per comunicare le predette informazioni, il Codice civile si limita a parlare di ragionevolezza, mentre la contrattazione collettiva (art. 5 Aec 20.3.2002 industria e 4 Aec 16.2.2009 commercio), fatta salva la possibilità per le parti di concordare un differente termine per la comunicazione dell’accettazione o rifiuto delle proposte di contratto, stabilisce che le proposte d’ordine si intenderanno accet-tate ai fini del diritto alla provvigione se non rifiutate dal preponente entro:

● 60 giorni (Aec Commercio);

● 30 giorni (Aec Industria)

● dalla data di ricevimento delle proposte stesse. Si tratta in sostanza di un meccanismo di silenzio assenso all’evidente fine di far sì che il preponente mantenga il controllo della situazione verificando costantemente la propria disponibilità, per evitare il sorgere del diritto alle provvigioni (anche in casi di rifiuto).

4.4 Accettazione, rifiuto e mancata

esecuzione di affari

È inoltre previsto un obbligo per il preponente di informare l’agente, entro un termine ragione-vole, circa l’accettazione, il rifiuto o della mancata esecuzione di un affare procuratogli.

Obbligazione questa senza dubbio dettata al fine di garantire all’agente un certo margine di certezza in relazione al frutto della propria attivi-tà, anche per consentirgli di sollecitare la clientela

o di chiedere spiegazioni al preponente laddove il rifiuto di concludere contratti sia sistematico.

Il preponente infatti mantiene senza dubbio il suo diritto di accettare o rifiutare liberamente le proposte d’ordine inviate dall’agente, a patto però che il rifiuto non sia sistematico, nel qual caso si avrebbe una violazione del generale principio di buona fede di cui all’art. 1375 c.c., con la conse-guente possibilità per l’agente di agire per il risar-cimento del danno.

Obbligo di fornire informazioni e documentazione

Documentazione relativa ai beni o servizi

Informazioni necessarie all’esecu-zione del contratto

Preavvertire entro un termine ra-gionevole del calo di fatturato

Accettazione, rifiuto e mancata esecuzione di affari

Art. 1749 c.c. Obbligo di informare l’agente entro un termine ragionevole

Aec 30.7.2014 Proposte da intendersi accettate, ai fini delle provvigioni, se non rifiu-tate entro 30 giorni dal ricevimento (salvo diverso termine concordato)

Aec 16.2.2009 Ai fini delle provvigioni, le proposte non confermate (o non rifiutate) per iscritto entro 60 gg. dal ricevimento si intendono accettate

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

34 Febbraio 2015

4.5 Estratto conto

Il preponente deve consegnare all’agente un estratto conto delle provvigioni dovute contenen-te gli elementi essenziali sulla base dei quali è stato effettuato il calcolo delle provvigioni.

È quindi necessario da un lato che il prepo-nente consegni all’agente un conteggio dal quale risultino le provvigioni dovute all’agente e dall’al-tro che quest’ultimo sia in grado di ricostruire dal conteggio le modalità di calcolo e gli affari sui quali le provvigioni sono state riconosciute.

In altri termini l’agente deve essere posto in grado di verificare l’esattezza dei conteggi e gli af-fari sui quali viene riconosciuto il compenso.

L’art. 1749 c.c. prevede altresì un termine massimo entro il quale il preponente deve conse-gnare all’agente l’estratto conto delle provvigioni dovute, coincidente con l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre nel quale le provvigioni so-no maturate.

Questa disposizione, già presente nella versio-ne dell’art. 1748 c.c. precedente rispetto alla mo-difica effettuata dal D.Lgs. 65/1999, è tesa all’in-troduzione di un criterio di maggior trasparenza nella quantificazione delle provvigioni, cercando altresì di fornire all’agente elementi idonei per ef-fettuare verifiche ed eventuali contestazioni.

4.6 Pagamento delle provvigioni

È previsto un termine ultimo per l’effettivo pa-gamento delle provvigioni maturate, termine che coincide con quello fissato per l’invio dell’estratto conto, e più precisamente con l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento.

Pertanto al più tardi entro al fine del mese suc-cessivo al trimestre di riferimento il preponente dovrà aver consegnato all’agente un estratto conto dettagliato relativo alle provvigioni maturate nel trimestre, che dovranno altresì essere pagate entro il medesimo termine.

Trattasi di un termine massimo e dunque nulla vieta alle parti di pattuire nel contratto termini di durata inferiore, fermo restando che eventuali termini di durata superiore risulteranno privi di efficacia in quanto in contrasto con una norma imperativa.

Per l’Aec Industria del 30.7.2014 in caso di ri-tardo superiore a 15 giorni nel pagamento delle provvigioni, gli interessi non saranno più quelli pari al tasso ufficiale di riferimento, bensì quelli stabiliti dal D.Lgs. 231/2002 e successive modifi-che, ossia il tasso di riferimento della Bce maggio-rato di 8 punti percentuali.

Provvigioni maturate

Obbligo preponente Contenuto Termine

Consegna estratto conto provvi-gioni dovute

elementi essenziali utilizzati per il calcolo

fine del mese successivo al tri-mestre di maturazione

Pagamento effettivo delle provvi-gioni

fine del mese successivo al tri-mestre di maturazione

4.7 Verifica delle provvigioni

Il Codice civile (art. 1749 c.c.) prevede espres-samente il diritto dell’agente di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni necessarie alla verifica delle provvigioni liquidate ed in partico-

lare un estratto dei libri contabili. Sembrerebbe quindi pacifico il diritto dell’agente di ottenere l’esibizione delle scritture contabili del preponen-te per la verifica delle provvigioni liquidate.

Questa affermazione è tuttavia in netto con-trasto con un’affermata tendenza giurisprudenzia-

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Il Sole 24 ORE 4. Obblighi del preponente

35Febbraio 2015

le che considerava necessaria, al fine della richiesta di esibizione in giudizio delle scritture contabili del preponente, la preventiva dimostrazione da parte dell’agente del suo diritto alle provvigioni.

Onere della prova

Alcune sentenze della Cassazione hanno con-sentito all’agente l’incondizionata richiesta di esi-bizione (anche in relazione a periodi antecedenti all’entrata in vigore del D.Lgs. 303/1991, da in-tendersi quindi come criterio interpretativo anche per situazioni pregresse) per ipotesi però nelle quali venivano richieste provvigioni su affari con-clusi direttamente in zona da parte del preponen-te, affari sui quali ovviamente l’agente non aveva la possibilità di fornire alcuna prova in quanto conclusi a sua insaputa (Cass. 19 settembre 2002, n. 13721; Cass. 9 ottobre 1998, n. 10063).

L’ordine di esibizione impartito dal giudice può essere utilizzato solo se la prova del fatto non è acquisibile aliunde e se l’iniziativa non ha finalità meramente esplorative (Cass. 14968/2011).

Resta invece da risolvere il problema del caso in cui si tratti di affari promossi dall’agente: pur essendo la situazione alquanto delicata in relazio-ne alla predetta disposizione, è possibile sostenere che la richiesta di esibizione non può comporta-re la sostanziale inversione dell’onere probatorio. L’onere della prova in tale modo verrebbe posto a carico del preponente, mentre l’agente potrebbe semplicemente limitarsi ad effettuare in giudizio la richiesta di esibizione e relativa Ctu (consulenza tecnica di ufficio) al solo fine ad esempio di far effettuare una verifica, con indubbi sacrifici per il preponente. Inoltre, una diversa lettura dell’arti-colo citato potrebbe limitarsi a garantire il diritto all’ottenimento di un estratto delle scritture con-tabili relative alle provvigioni corrisposte e non autorizzerebbe dunque una richiesta esplorativa e generalizzata tendente a verificare la congruità di

quanto corrisposto in relazione a qualunque affare concluso.

In altri termini, il contenuto dell’art. 1749 c.c. non può comportare una sorta di inversione dell’o-nere probatorio, che rimane invece a carico dell’a-gente, dovendosi ritenere gli strumenti processuali dell’esibizione delle scritture contabili del prepo-nente e della consulenza tecnica quali mezzi ecce-zionali, tali in ogni caso da non poter supplire ad eventuali carenze di carattere probatorio dell’agente.

È stato infatti precisato (Cass. 2 maggio 2000, n. 5467) che, pur avendo le leggi di attuazione del-la direttiva previsto un regime di maggior favore per l’agente, sia in ordine al momento genetico del diritto alla provvigione, sia in relazione al relativo onere probatorio, in ogni caso grava sull’agente l’onere di provare la conclusione del contratto e altresì di precisare, in caso di una pluralità di con-tratti promossi, quali siano stati i contratti conclusi e per quale ammontare. Allo stesso modo, laddove l’esigibilità delle provvigioni sia condizionata al pa-gamento da parte del terzo, pare doversi ritenere che l’agente abbia l’onere di dimostrarlo.

Continuerebbe dunque a gravare sull’agente l’onere di precisare i fatti e di fornire la prova degli elementi costituitivi del suo diritto alla provvigio-ne, ed in particolare la promozione di affari e la conclusione degli stessi.

In parte contro il predetto orientamento vi sono tuttavia ulteriori pronunce giurisprudenziali che hanno per contro garantito all’agente il dirit-to ad ottenere l’esibizione, purché circostanziata, delle scritture contabili del preponente e, laddo-ve necessario, una conseguente Ctu contabile al fine di accertare le provvigioni dovute (Cass. 5 settembre 2007, n. 18586). Pertanto è legittima la richiesta di acquisizione di documentazione in possesso del solo preponente necessaria per dimo-strare l’aumento del numero dei clienti e del volu-me d’affari nel corso degli anni, presupposti per la liquidazione dell’indennità ex art. 1751 c.c.

Diritti dell’agente per la verifica delle provvigioni ex art. 1749 c.c.

Ricevere informazioni per la verifica delle provvigio-ni liquidate

Ricevere un estratto dei libri contabili del preponen-te

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

36 Febbraio 2015

5. Durata, sospensione

e cessazione

del contratto di agenzia

di Pietro Gremigni

Il contratto di agenzia è un contratto di durata, di norma a tempo indeterminato senza una pre-cisa scadenza, ma che può anche essere a tempo determinato e cioè con una durata convenzional-mente stabilita dalle parti e la fissazione dunque di un termine finale.

5.1 Contratto a tempo indeterminato

A differenza del contratto a termine, nel rap-porto a tempo indeterminato non è indicata espressamente la data di cessazione, ma ciascuna delle parti ha la possibilità di sciogliersi dal vinco-lo (recedere) in qualsiasi momento, previa conces-sione di un termine di preavviso (come stabilito dall’art. 1750 c.c. e confermato dalla contratta-zione collettiva, che prevede termini di più lunga durata per gli agenti monomandatari).

I termini di preavviso e la possibilità di sostitu-irne la concessione con il pagamento di un’inden-nità, sono espressamente previsti dalla contratta-zione collettiva, mentre la legge, con l’art. 1750 c.c. (nel testo modificato dal D.Lgs. 303/1991), stabilisce termini minimi e non prevede più espressamente la facoltà per le parti di sostituire il preavviso con una corrispondente indennità. Ciò nonostante, la legittimità della sostituzione ed il conseguente effetto obbligatorio del preavviso non possono essere posti in dubbio.

Nella prassi, la maggior parte dei contratti è a tempo indeterminato, posto che risultano più vantaggiosi in caso di cessazione del rapporto.

Il contratto a tempo indeterminato può infatti essere risolto in qualsiasi momento senza partico-lari motivazioni e con il mero obbligo di conce-

dere un periodo di preavviso (peraltro sostituibile con il pagamento di un’indennità), mentre il con-tratto a termine deve necessariamente proseguire, salvo che sussistano inadempimenti tali da deter-minarne la risoluzione, sino alla scadenza pattui-ta, risultando pertanto meno elastico.

L’eventuale cessazione anticipata del contratto a termine (v. in seguito), che non sia giustificata da uno specifico accordo tra le parti e/o da un grave inadempimento, comporterà inoltre una potenziale rilevante responsabilità del soggetto recedente per il risarcimento del danno. Non vi è inoltre alcun vantaggio in termini di indennità di fine rapporto, posto che la stessa è potenzialmente dovuta (laddove ne sussistano i relativi presuppo-sti) anche a seguito della cessazione del rapporto a tempo determinato.

Diritto di recesso

La caratteristica principale dei contratti a tempo indeterminato è costituita dall’assenza di indicazione di un termine finale con facoltà per ciascuna delle parti di esercitare il diritto di re-cesso. Per recesso si intende una dichiarazione di volontà recettizia effettuata da uno dei contraenti in un rapporto contrattuale, che determina quale conseguenza la cessazione del rapporto, seppure con differenti modalità.

Una dichiarazione recettizia diviene effica-ce nel momento in cui giunge a conoscenza del destinatario. Nell’Aec Commercio 16.2.2009 la proposta, l’accettazione, la loro revoca e ogni al-tra dichiarazione diretta ad una delle parti (agenti di commercio e case mandanti) si reputano cono-

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Il Sole 24 ORE 5. Durata, sospensione e cessazione del contratto

37Febbraio 2015

sciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere sta-to, senza colpa, nell’impossibilità di averne notizia.

In linea generale, può effettuarsi una differen-ziazione di massima tra due tipi di recesso: il re-cesso ordinario e quello straordinario.

5.2 Recesso ordinario

Il recesso ordinario è tipico dei rapporti con-trattuali di durata a tempo indeterminato ed as-solve alla funzione di integrarne il regolamento negoziale lacunoso con l’inserimento di un termi-ne di cessazione (in ossequio al principio di tem-poraneità dei rapporti obbligatori).

Nella disciplina del contratto di agenzia il re-cesso ordinario è previsto dall’art. 1750 c.c., che ha subito nel 1991 (ex art. 3, D.Lgs. 303/1991) un importante intervento di modifica e dal quale sono stati eliminati il riferimento agli usi ed alla contrattazione collettiva e la possibilità (in prece-denza espressamente prevista) di sostituire il ter-mine di preavviso con il pagamento di una corri-spondente indennità.

Il diritto di recesso è contenuto nel secondo comma dell’art. 1750, dove si precisa che nel contratto di agenzia a tempo indeterminato, a ciascuna delle parti è consentito di porre termi-ne al rapporto (recedere) in qualsiasi momento, dandone preavviso all’altra entro un termine mi-nimo stabilito, variabile in funzione della durata del contratto.

Termini di preavviso

Il terzo comma dell’art. 1750 c.c., fissa i termi-ni minimi di preavviso, pari a:

● un mese per il primo anno di durata del con-tratto;

● due mesi per il secondo anno iniziato; ● tre mesi per il terzo anno iniziato; ● quattro mesi per il quarto; ● cinque mesi per il quinto; ● sei mesi per il sesto e per i successivi.

È consentito poi alle parti di pattuire termini

di maggiore durata, precisando che tale possibilità di deroga è condizionata al rispetto da parte del preponente di termini non inferiori a quelli posti a carico dell’agente.

La precisazione è tesa ad evitare che il prepo-nente, abusando del proprio potere contrattuale, imponga all’agente termini di preavviso partico-larmente lunghi, riservando a sé un trattamento più favorevole.

La scadenza del termine di preavviso deve coin-cidere con l’ultimo giorno del mese di calendario.

Pertanto risulta rilevante il momento nel quale la comunicazione di recesso viene portata a cono-scenza della parte non recedente. Una comunica-zione inviata troppo a ridosso della fine del mese rischierebbe infatti di arrivare a destinazione i pri-mi giorni del mese successivo, con la conseguen-za che dovrebbe riconoscersi un ulteriore mese di preavviso.

In ogni caso, quest’ultima previsione è dero-gabile dalle parti, che quindi potranno accordarsi diversamente nel singolo contratto attraverso una clausola specifica che elimini la necessaria coinci-denza tra la scadenza del termine di preavviso e l’ultimo giorno del mese.

La deroga è altresì automatica con il semplice richiamo della contrattazione collettiva. Difatti, sia gli Aec del 2002 sia l’Aec 16 febbraio 2009 precisano che la scadenza del termine di preavviso potrà non coincidere con la fine del mese.

Svolgimento del preavviso

Nel corso del preavviso il rapporto non subisce alcuna variazione e le parti sono tenute al puntua-le reciproco adempimento delle rispettive obbli-gazioni, così come al rispetto di ogni singola clau-sola contrattuale, con la conseguenza che anche durante il preavviso potranno verificarsi inadem-pimenti più o meno gravi, così come situazioni che legittimano la cessazione del contratto.

In linea generale comunque il periodo di pre-avviso è a tutti gli effetti una parte del rapporto e dunque entrambe le parti debbono proseguire la regolare esecuzione del contratto sino al termine dello stesso.

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

38 Febbraio 2015

5.3 Indennità sostitutiva del preavviso

Il Codice civile non prevede più la possibilità di sostituire il preavviso con il pagamento di una corrispondente indennità sostitutiva.

La questione è disciplinata dai principali Aec.Gli accordi economici collettivi consentono

infatti alla parte che recede dal contratto (rece-

dente) di sostituire il periodo di preavviso con la corresponsione in favore dell’altra parte (recedu-to) di un importo corrispondente a tanti dodicesi-mi delle provvigioni e di tutte le somme corrispo-ste in dipendenza del contratto di agenzia (anche a titolo di rimborso spese, concorso spese o pre-mio – il riferimento ai premi è contenuto nel solo Aec 16.2.2009) di competenza dell’anno solare

Termini di preavviso: riepilogo

Durata

del contrattoArt. 1750 c.c.

Aec Industria

20.3.2012

plurimandato

Aec Industria

20.3.2012

monomandato

Aec Commercio

16.2.2009

plurimandato

Aec Commercio

16.2.1009

monomandato

1° anno 1 mese 3 mesi 5 mesi 3 mesi 5 mesi

2° anno iniziato 2 mesi 3 mesi 5 mesi 3 mesi 5 mesi

3° anno iniziato 3 mesi 3 mesi 5 mesi 3 mesi 5 mesi

4° anno iniziato 4 mesi 4 mesi 5 mesi 4 mesi 5 mesi

5° anno iniziato 5 mesi 5 mesi 5 mesi 5 mesi 5 mesi

dal 6° anno ini-ziato all’8° 6 mesi 6 mesi 6 mesi 6 mesi 6 mesi

dal 9° anno ini-ziato in poi 6 mesi 6 mesi 8 mesi 6 mesi 8 mesi

Termini di preavviso negli Aec

I predetti accordi prevedono infatti termini di preavviso variabili da un minimo di 3 ad un massimo di 8 mesi (con termini più lunghi nel caso di agente cosiddetto monomandatario: ipotesi non contemplata dal Codice civile), in alcuni casi inferiori ed in altri superiori rispetto a quelli di cui all’art. 1750 c.c.Il problema di coordinamento è peraltro di facile soluzione: difatti, nel caso in cui i termini previsti dagli accordi economici (laddove applicabili) siano inferiori rispetto a quelli del Codice civile, questi ultimi, in quanto termini minimi, sono destinati a prevalere. Viceversa, eventuali termini di maggiore durata previsti dagli Aec sono senz’altro validi, in quanto espressa-mente consentiti dal quarto comma del medesimo art. 1750 c.c.Il predetto principio deve applicarsi anche per i termini di preavviso previsti per il recesso dell’agente e quindi laddove gli stessi risultino inferiori rispetto a quelli minimi di cui all’art. 1750 c.c., questi ultimi sono destinati a prevalere. Gli Aec Industria e Commercio stabiliscono infatti che, in caso di recesso dell’agente, quest’ultimo dovrà concedere un preavviso di 3 mesi laddove plurimandatario e di 5 mesi qualora sia monomandatario. Per gli agenti plurimandatari, qualunque contratto di durata superiore a 3 anni compiuti determinerà quindi un contrasto con l’art. 1750 c.c. Lo stesso è a dirsi per gli agenti monomandatari con contratti di durata superiore a 5 anni compiuti.

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Il Sole 24 ORE 5. Durata, sospensione e cessazione del contratto

39Febbraio 2015

precedente la cessazione del contratto (o degli ul-timi 12 mesi qualora più favorevole) quanti sono i mesi di preavviso dovuti, o una somma a questa proporzionale in caso di esonero da una parte del preavviso.

Nel caso in cui il rapporto abbia avuto inizio nel corso dell’anno solare precedente, dovranno essere conteggiati i successivi mesi dell’anno in corso sino a raggiungere i dodici mesi di riferi-mento.

Qualora la durata complessiva del rapporto sia inferiore ai dodici mesi, si prenderà come base la media mensile delle provvigioni liquidate nell’in-tero rapporto.

Per la giurisprudenza comunque l’agente ha diritto all’indennità anche nel caso in cui, dopo il licenziamento, trovi immediatamente un’altra occupazione (Cass. 24776/2013).

Rinuncia

È altresì prevista la possibilità per la parte non recedente di rinunciare in tutto o in parte al pre-avviso, senza obbligo di corrispondere l’indenni-tà sostitutiva, a condizione che la rinuncia venga effettuata entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione di recesso.

5.4 Recesso straordinario

Il recesso straordinario attiene invece ad un evento patologico del rapporto, che determina l’alterazione e lo stravolgimento dell’originario re-golamento negoziale in funzione dell’esistenza di specifici vizi del rapporto (originari o sopravvenu-ti) oppure in funzione di un potere di supremazia attribuito ad uno dei contraenti, che gli consente dunque di liberarsi dal vincolo contrattuale.

La giurisprudenza ritiene applicabile in via analogica al rapporto di agenzia la disciplina del recesso per giusta causa di cui all’art. 2119 c.c. prevista per il rapporto di lavoro subordinato (tra le tante sentenze Cass. 11728/2014 - Cass. 3595/2011 – Cass. 8948/2009). L’assimilazio-ne comporta che il recesso è giustificato solo in presenza della violazione dei doveri fondamentali

posti a carico della parte receduta, ossia qualora il recesso risulti giustificato da un inadempimento di rilevante importanza della controparte o da un comportamento tale da rimuovere il presupposto fiduciario del rapporto, impedendone la prosecu-zione anche temporanea. Inoltre il recesso deve essere immediato rispetto a quando è stata com-messa la violazione e gli addebiti devono essere specifici. Il preponente deve dimostrare l’esistenza d’una giusta causa di risoluzione del rapporto d’a-genzia, mentre è onere dell’agente provare che tale addebito è dipeso da causa a lui non imputabile, ai sensi dell’articolo 1218 c.c. (Cassazione 11 giu-gno 2014 n. 13119).

5.5 Contratto a tempo determinato

Il contratto a tempo determinato è caratteriz-zato dalla fissazione di un termine finale. Le parti stabiliscono quindi sin dalla sottoscrizione una precisa data di scadenza, dopo la quale il contrat-to cesserà di avere efficacia. Le parti debbono ese-guire il contratto per la durata concordata senza possibilità di scioglimento anticipato dal vincolo contrattuale salvo:1) un grave inadempimento dell’altra parte;2) l’operatività di una clausola risolutiva espressa;3) uno specifico accordo (risoluzione consensuale).

In caso di cessazione anticipata, al di fuori delle ipotesi di cui sopra, la parte che la subisce potrà agire nei confronti dell’altra per ottenere il risarcimento del danno, dal momento della cessa-zione del rapporto sino alla sua naturale scadenza. Per la Cassazione l’istituto del preavviso riguarda unicamente il recesso dal contratto di agenzia a tempo indeterminato, e non può essere esteso al contratto di agenzia a tempo determinato, ancor-ché, in mancanza di allegazione e prova della loro simulazione, si siano succeduti, senza soluzione di continuità, più contratti a termine (Cass. n. 3595/2011).

Qualora invece le parti, dopo la prima sca-denza, intendano proseguire la collaborazione, potranno concludere un nuovo contratto. In al-ternativa, così come previsto dall’art. 1750 c.c., le parti possono semplicemente proseguire nell’ese-cuzione del contratto anche dopo la sua naturale

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

40 Febbraio 2015

scadenza, così determinando una trasformazione dell’originaria pattuizione relativa alla durata a tempo determinato in una durata a tempo inde-terminato.

La prosecuzione del rapporto dopo la scadenza determina quindi automaticamente la perdurante applicazione di tutte le obbligazioni contrattuali concordate, fatto salvo per quella relativa alla du-rata, trasformata di diritto in una clausola senza fissazione di scadenza e con facoltà per ciascuna delle parti di sciogliersi dal vincolo in qualunque momento, previa concessione del periodo di pre-avviso previsto dall’art. 1750 c.c. e/o dalla con-trattazione collettiva (laddove applicabile).

Preavviso in caso di trasformazione

Nelle ipotesi di trasformazione del contratto a termine in rapporto a tempo indeterminato si è posto il problema del computo del preavviso.

In particolare per l’esatta determinazione della durata del rapporto, va considerato anche il con-tratto a termine (successivamente trasformatosi in rapporto a tempo indeterminato)? O, viceversa, deve prendersi in considerazione esclusivamente il periodo successivo alla trasformazione?

Il momento iniziale ai fini del computo dei termini di preavviso deve coincidere con l’effetti-vo inizio del rapporto di agenzia (a tempo deter-minato e cioè prima della trasformazione).

Pur in assenza di alcuna previsione contenuta in proposito nell’art. 1750 c.c. è possibile inte-grarne il testo sulla base dell’art. 15, sesto comma, della Direttiva Ue 86/653, che prevede la neces-sità, ai fini del calcolo dei termini di preavviso, di tenere conto del termine precedente.

Pertanto, andrà calcolata anche la durata del contratto a tempo determinato che precede la tra-sformazione automatica.

Rinnovo

Nei contratti a tempo determinato non è raro riscontrare la presenza di clausole nelle quali oltre ad essere indicata una prima scadenza, è inserito un meccanismo di prosecuzione automatica per uno o più (anche indefiniti) periodi.

Questo meccanismo di rinnovo automatico è

in genere condizionato al mancato esercizio, ad opera anche di una sola delle parti, della facoltà di disdetta (o mancato rinnovo) da esercitarsi entro termini precisi, la cui determinazione è rimessa alla libera disponibilità delle parti, da calcolarsi a ritroso rispetto alla prima ed alle eventuali succes-sive scadenze.

Efficacia delle direttive comunitarie

Questa precisazione deve infatti ritenersi comunque operante in virtù del criterio di interpretazione elaborato dalla Corte di Giustizia in tema di efficacia delle direttive comunitarie all’interno dell’ordinamento dei singoli Stati membri che, impone ai giudici nazionali di interpretare le proprie norme interne sia precedenti sia suc-cessive rispetto all’entrata in vigore di una direttiva quanto più è possibile alla luce della lettera e della ratio della stessa.

Aec 16.2.2009

L’Aec 16 febbraio 2009 del Commercio dedica un articolo specifico (art. 1-bis) al contratto a tempo determi-nato, precisando che tutte le norme dell’accordo, in quanto compatibili e con espressa esclusione di quelle relative al preavviso, devono considerarsi comunque applicabili. Si ribadisce che, per contratti a termine di durata superiore a 6 mesi, la preponente comunicherà all’agente la propria disponibilità al rinnovo o alla pro-roga, almeno 60 giorni prima della scadenza.

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Il Sole 24 ORE 5. Durata, sospensione e cessazione del contratto

41Febbraio 2015

Le clausole di rinnovo automatico sono senz’altro valide ed hanno il peculiare effetto di trasformare un rapporto formalmente a tempo determinato in un contratto a tempo indetermi-nato, svincolato però dalla disciplina tipica del re-cesso ordinario, e sottoposto a differenti modalità di scioglimento del rapporto, coincidenti con le norme applicabili appunto al contratto a tempo determinato.

Clausole di questo genere, che in passato pote-vano ritenersi giustificabili in relazione all’inden-nità di fine rapporto (che veniva corrisposta nelle sole ipotesi di scioglimento del contratto a tempo indeterminato) appaiono oggi di utilità relativa. Risultano peraltro abbastanza frequenti nei vecchi contratti internazionali.

Disdetta

A ciascuna delle parti è consentito di porre nel nulla il meccanismo di rinnovo automatico, così determinando la cessazione del rapporto alla pri-ma o ad una successiva scadenza, con la semplice manifestazione della propria intenzione di non proseguire oltre nella collaborazione, tramite l’in-vio di una disdetta.

Va tuttavia rispettato il termine di preavviso contrattualmente previsto in relazione a ciascuna scadenza; termine entro il quale l’eventuale disdet-ta deve essere ricevuta dalla parte che la subisce.

Il ricevimento della disdetta oltre i termini contrattualmente pattuiti non risulterà infatti sufficiente ad impedire il rinnovo del contratto e la necessaria prosecuzione della collaborazione sino alla nuova scadenza o, in alternativa, il risar-cimento del danno.

5.6 Trasformazione a tempo

indeterminato

La validità delle clausole di rinnovo automati-co contenute nei contratti a tempo determinato è stata posta in discussione a seguito della modi-fica dell’art. 1750 cod. civ. effettuata dal D.Lgs. 303/1991 emesso in attuazione della Direttiva 86/653.

Nell’art. 1750 c.c. è stato infatti introdotto il principio della trasformazione automatica in contratto a tempo indeterminato del contratto a termine che continui ad essere eseguito dalle parti dopo la scadenza naturale.

Applicando il predetto principio alle ipotesi di rinnovo dei contratti a tempo determinato si avrebbero, secondo un certo orientamento, due rilevanti conseguenze:

● l’inefficacia relativa della disdetta comunicata nel rispetto dei termini di preavviso contrat-tualmente previsti per evitare il rinnovo, con il diritto della parte non recedente a vedersi rico-nosciuto il risarcimento del danno per l’ipotesi in cui il termine contrattualmente previsto sia inferiore rispetto a quello ordinario di preavvi-so stabilito dell’art. 1750 c.c. per i contratti a tempo indeterminato;

● l’invalidità dei rinnovi a tempo determinato, così come contrattualmente previsti, con la possibilità dunque, dopo la prima scadenza, di porre termine al rapporto in qualsiasi momen-to con l’esercizio del recesso ordinario previsto per i contratti a tempo indeterminato, previa concessione del termine di preavviso di cui all’art. 1750 c.c. e senza attendere quindi la scadenza del periodo di rinnovo.Questa tesi non è però sostenibile in quanto il

principio contenuto nell’art. 1750 c.c. di trasfor-mazione in contratto a tempo indeterminato del

Fac-simile di clausola a tempo determinato con rinnovo automatico

«Il presente contratto è a tempo determinato e decorrerà dal ….., con scadenza il …… Le parti concordano altresì che il presente contratto si rinnoverà automaticamente di biennio in biennio qualora non venga disdet-tato con raccomandata AR ricevuta dall’altra parte almeno 3 mesi prima della originaria e/o delle successive scadenze».

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contratto a termine che prosegua dopo la sua sca-denza naturale non è applicabile nel caso in cui le parti abbiano espressamente pattuito una clausola di rinnovo automatico, ma esclusivamente nelle ipotesi in cui un contratto a tempo determinato (privo quindi di meccanismi di rinnovo) prosegua dopo la scadenza.

Difatti, in presenza di una clausola di automa-tico rinnovo, per definizione non potrà parlarsi di prosecuzione dopo la scadenza in quanto quest’ul-tima, proprio in forza della clausola di automatico rinnovo, viene differita per il periodo (o i periodi) contrattualmente pattuiti.

5.7 Patto di prova

Quale che sia la durata del contratto (a tempo determinato o indeterminato) è certamente possi-bile inserire al suo interno un patto di prova.

Trattasi di una clausola secondo la quale, per un determinato lasso di tempo, denominato ap-punto periodo di prova, ciascuna delle parti ha la possibilità di recedere in qualunque momento, senza particolari motivazioni.

Scopo della previsione è di consentire ad en-trambe le parti di valutare l’opportunità di pro-seguire la collaborazione senza dover sottostare, limitatamente ad un periodo ben individuato, alle previsioni di cui all’art. 1750 cod. civ. in tema di recesso e preavviso o, nel rapporto a tempo deter-minato, senza dover attendere la naturale scaden-za del termine.

Il patto di prova si riscontra sovente nella pras-si contrattuale, anche se non risulta disciplinato in alcun modo né dal Codice civile né dalla con-trattazione collettiva (ad eccezione dell’Aec 22 febbraio 2001 stipulato tra Cnai e Federagenti).

È poi inapplicabile al contratto di agenzia la disciplina del patto di prova dei lavoratori subor-dinati dell’art. 2096 cod. civ. che prevede un atto scritto, la possibilità di recesso in qualunque mo-mento senza preavviso né indennità, salvo che vi sia un periodo minimo, e l’assunzione definitiva in caso di ultimazione del periodo di prova senza che venga esercitato il recesso. L’art. 2096 è infat-ti riferito al solo contratto di lavoro subordinato

e come tale non suscettibile di applicazione ana-logica, dato il carattere di specialità delle relative norme.

Validità della clausola

La pattuizione del patto di prova rientra nella libera disponibilità delle parti, ed è quindi perfet-tamente lecita ed ammissibile.

È dunque legittimo inserire in un contratto di agenzia una clausola che consenta ad entrambe le parti di condizionare la definitiva instaurazione del vincolo contrattuale al positivo esperimento di un periodo di prova.

L’Aec settore Commercio del 16.2.2009 men-ziona il periodo di prova nell’art. 1-bis, comma 3, al solo fine di precisare che in caso di rinnovo di rapporti a termine il periodo di prova può es-sere inserito solo nel primo contratto. In questo modo anche l’Aec settore commercio, pur non prevedendo alcuna disciplina specifica per il pat-to di prova, ne ha confermato implicitamente la legittimità.

Scioglimento del rapporto in prova

Nella maggior parte delle clausole presenti nella prassi contrattuale è prevista infatti la pos-sibilità per entrambe le parti di risolvere il rap-porto durante il periodo di prova in qualunque momento senza alcun preavviso, né necessità di motivazioni di sorta.

Questa facoltà di recesso in tronco, che peral-tro ricalca le previsioni di cui all’art. 2096 cod. civ. (salva l’ipotesi in cui sia fissata una durata mi-nima), è in parte criticabile in quanto il periodo di prova dovrebbe infatti essere considerato come una sorta di contratto a tempo determinato, la cui cessazione non potrebbe che coincidere con la sua scadenza naturale, salva l’ipotesi di risoluzione per grave inadempimento. La conseguenza di ta-le inquadramento, che si pone in netto contrasto con la giurisprudenza dominante, è la possibilità per la parte non recedente di richiedere il risar-cimento del danno per la mancata prosecuzione del contratto, nel periodo intercorrente tra la co-

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Il Sole 24 ORE 5. Durata, sospensione e cessazione del contratto

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municazione di recesso e la naturale scadenza del pattuito periodo di prova.

Un’altra posizione è di ammettere la possibilità per ciascuna delle parti di recedere in qualunque momento senza preavviso e senza dover addurre particolari motivazioni.

Un’ulteriore corrente dottrinale afferma addi-rittura che non risulterebbe necessaria un’espressa pattuizione relativa alla possibilità di recesso in tronco nel corso del periodo di prova, posto che la stessa deriverebbe automaticamente dall’essen-za stessa della clausola.

Per la giurisprudenza infine (Cassazione 22 gennaio 1991, n. 544) è legittima la clausola del patto di prova così come la facoltà riconosciuta ad entrambe le parti di recedere in tronco dal rapporto in qualunque momento nel corso della prova. La facoltà di recesso in tronco in qualun-que momento discenderebbe naturalmente dalla

legittimità del patto. Inoltre tale patto è piena-mente valido – purché il periodo destinato alla ef-fettuazione dell’esperimento sia limitato al tempo necessario e sufficiente per consentire alle parti di compiere tale valutazione – e la relativa clausola, che prevede a favore di entrambe le parti la facoltà di recedere dal contratto senza l’obbligo di pre-avviso o di pagamento dell’indennità sostitutiva, non ha carattere vessatorio e non richiede per-tanto specifica approvazione per iscritto, a norma dell’art. 1341 cod. proc. civ.

In conclusione il periodo di prova dovrebbe es-sere inteso come una fase preliminare del contrat-to nella quale le parti, intendendo sperimentare reciprocamente il rapporto di collaborazione, non avrebbero ancora assunto le obbligazioni connesse alla risoluzione del contratto, che assumerebbe un carattere di stabilità solo una volta trascorso posi-tivamente il periodo di prova.

Periodo di prova

Patto di prova Modalità di cessazione

Aec 16 febbraio 2009Divieto di inserimento in caso di rinnovo Non previste

Aec 20 marzo 2002 e 30 luglio 21014Solo nel contratto a tempo deter-mianto Non previste

Aec 22 febbraio 2001Legittimo solo se di durata non superiore a 3 mesi Non previste

Cass. 22 gennaio 1991, n. 544Legittimo purché la durata sia ra-gionevole rispetto alla finalità

In qualunque momento senza preavviso

5.8 Clausola risolutiva espressa

Nella normativa generale della risoluzione per inadempimento del contratto (artt. 1453 e ss. c.c.) è inserita la previsione di cui all’art. 1456 c.c., che disciplina la clausola risolutiva espressa, ovvero una pattuizione che consente ad entrambe le parti, oppure ad una sola di esse, di risolvere contratto con effetto immediato nel caso in cui l’altra parte si renda inadempiente ad una o più

obbligazioni, che devono essere indicate con pre-cisione nella clausola stessa.

Infatti i contraenti possono convenire espres-samente che il contratto (a tempo indeterminato o determinato) si risolva nel caso che una deter-minata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite.

In questo caso, la risoluzione si verifica diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

44 Febbraio 2015

intende valersi della clausola risolutiva (art. 1456 c.c.).

In sostanza le parti concordemente attribui-scono particolare rilevanza a determinate obbli-gazioni, la cui violazione consente alla parte che subisce l’inadempimento di porre termine al rap-porto con effetto immediato, dal momento in cui la dichiarazione di volersi avvalere della clausola giunge a conoscenza della parte inadempiente.

Per costante ed uniforme orientamento giuri-sprudenziale è legittimo inserire clausole di que-sto tipo in un contratto di agenzia.

Questa clausola, di norma inserita a favore del solo preponente consente di porre termine al rap-porto con effetto immediato indipendentemente dalla gravità dell’inadempimento, senza dover corrispondere alcuna indennità di mancato preav-viso o risarcimento del danno.

In caso di controversia il giudice che fosse in-vestito della relativa controversia dovrebbe infatti limitarsi:

● ad accertare l’esistenza dell’inadempimento; ● ad accertare l’imputabilità dello stesso, quanto

meno a titolo di colpa all’agente; ● e a prescindere totalmente dalla gravità dell’i-

nadempimento stesso. Difatti la gravità si pre-sume per il solo fatto dell’inserimento dell’ob-bligazione nella clausola e non è suscettibile di prova contraria.Inoltre, in ordine all’imputabilità dell’inadem-

pimento, va sottolineato che il meccanismo della clausola risolutiva espressa stabilisce un’inversio-ne dell’onere della prova con la conseguenza che sarà il soggetto inadempiente a dover dimostrare la sua assenza di colpa, altrimenti oggetto di una presunzione semplice.

Tuttavia la giurisprudenza ritiene che il giudi-ce, chiamato a decidere in ordine alla spettanza dell’indennità sostitutiva del preavviso, nonostan-te la clausola risolutiva espressa, debba sempre va-lutare se sussista in concreto un inadempimento dell’agente che integri una giusta causa di recesso secondo l’inderogabile disposto dell’art. 2119 c.c. (Cass. 10934/2011).

Redazione della clausola

Per garantire la validità della clausola dovrà tuttavia prestarsi attenzione alla sua redazione ed in particolare sarà opportuno:

● indicare con precisione le obbligazioni con-trattuali ritenute rilevanti dalle parti;

● evitare il generico riferimento a tutte le obbli-gazioni derivanti dal contratto (clausola questa che è ritenuta priva di efficacia);

● indicare, per quanto possibile, un numero cir-coscritto di obbligazioni.La clausola risolutiva espressa non è conside-

rata come vessatoria e dunque non necessita di essere posta in doppia sottoscrizione al fine di ga-rantirne la validità.

Adempimenti

Per l’operare del meccanismo risolutorio non sono necessarie particolari formalità essendo suf-ficiente la comunicazione da parte del soggetto non inadempiente dell’intenzione di volersi valere della clausola.

Indennità di fine rapporto

Nel caso in cui un contratto di agenzia cessi con effetto immediato in relazione all’operare di una clausola risolutiva espressa, va comunque va-lutata l’eventuale esistenza del diritto dell’agente all’indennità di fine rapporto, che non può quindi escludersi aprioristicamente. Difatti, l’art. 1751 c.c. consente al preponente di risolvere il rapporto senza il pagamento di alcuna indennità, ma so-lo nel caso in cui la risoluzione sia giustificata da un inadempimento dell’agente così grave da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto.

In relazione a questa norma, per poter esclu-dere il diritto dell’agente all’indennità dovrebbe valutarsi quindi la gravità dell’inadempimento, gravità che è invece del tutto ininfluente in rela-zione all’operatività della clausola risolutiva.

Ciò comporta l’ipotetica possibilità di un legit-timo recesso in tronco, con il diritto però dell’a-

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Il Sole 24 ORE 5. Durata, sospensione e cessazione del contratto

45Febbraio 2015

gente all’indennità di fine rapporto, da ritenersi esclusa solo nel caso in cui l’agente abbia com-messo un inadempimento particolarmente grave.

Il testo della Direttiva comunitaria 86/653 sembrerebbe consentire una diversa interpretazio-necon l’esclusione automatica del diritto all’in-dennità.

Infatti per tale norma l’indennità non è dovu-ta quando il preponente risolve il contratto per un inadempimento che giustifica la risoluzione immediata del rapporto; quando l’agente recede dal contratto per ragioni non imputabili al prepo-nente o non riferibili a circostanze oggettive (età o malattia); infine quando l’agente cede ad un terzo i diritti e gli obblighi derivanti dal contratto,.

Non vi sono peraltro precedenti giurispruden-ziali specifici sul punto e dunque, considerando che l’art. 1751 c.c. è una norma imperativa, la

valutazione della gravità dell’inadempimento ap-pare necessaria.

5.9 Sospensione del contratto

di agenzia

La sospensione del contratto è disciplinata dal-la sola contrattazione collettiva, mentre il Codice civile (art. 1747 c.c.) si limita a prevedere l’ipo-tesi in cui l’agente non è in grado di svolgere la propria attività, stabilendo a suo carico l’onere di informarne immediatamente il preponente. In mancanza l’agente sarà responsabile per il ri-sarcimento dei danni che potranno derivarne al preponente.

Le cause di sospensione sono la malattia, l’in-fortunio, la gravidanza e il puerperio dell’agente e (per il solo Aec 16.2.2009) l’adozione.

Sospensione del contratto

Aec 20 marzo 2002

e 30 luglio 2014

(Industria)

Sono previste due ipotesi di sospensione, rispettivamente in caso di malattia ed

infortunio (art. 12) ed in caso di gravidanza e puerperio (art. 13) dell’agente.

Malattia e infortunio: la malattia o l’infortunio debbono essere tali da impedire all’agente lo svolgimento del mandato. In tale ipotesi, a richiesta della preponen-

te o dell’agente, il contratto resterà sospeso per un periodo massimo di 6 mesi nell’anno solare, decorrente dall’inizio della malattia o dall’infortunio.

Maternità: anche in caso di gravidanza e puerperio, su richiesta dell’agente, il contratto resterà sospeso per un periodo di 12 mesi, all’interno del quale dovrà inserirsi la data del parto. I 12 mesi per le adozioni e l’affidamento si calcolano dall’ingresso del minore in famiglia. In caso di interruzione di gravidanza la sospen-sione è pari a 5 mesi.Nel periodo di sospensione, come già accennato, il preponente non potrà risolvere il contratto, mentre avrà la facoltà di sostituire l’agente nell’esercizio del mandato, con onere per l’agente di consentire al preponente o al nuovo incaricato di avvaler-si dell’organizzazione dell’agenzia.

Diritti e obblighi durante la sospensione: non dovranno derivarne oneri per l’a-gente, che tuttavia non avrà diritto a compensi per gli affari promossi e conclusi nel corso del periodo di sospensione a meno che gli stessi non possano comunque considerarsi attribuibili all’agente in funzione dell’attività promozionale in prece-denza svolta. È fatta salva la possibilità per le parti di accordarsi in maniera più favorevole all’agente in ordine al diritto alle provvigioni.A favore degli agenti operanti in forma individuale o in qualità di soci illimitata-mente responsabili di società di persone aventi per oggetto esclusivo o prevalente l’esercizio dell’attività di agenzia, verrà stipulata dalla fondazione Enasarco una polizza assicurativa a copertura dei rischi derivanti da infortunio e ricovero.

– continua –

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

46 Febbraio 2015

– segue – Sospensione del contratto

Aec 16 febbraio

2009 (Commercio)

Sono previste disposizioni analoghe a quelle dell’Aec industria salvo per la durata del periodo di sospensione in caso di gravidanza e puerperio, che può arrivare sino a 12 mesi. È poi parificata alla gravidanza ed al puerperio anche l’adozione, precisandosi che nel periodo di 12 mesi deve essere compresa la data di effettivo ingresso del minore nella famiglia.Infine è contemplata un’altra ipotesi di sospensione, per un periodo massimo di 5 mesi, a richiesta dell’agente, in caso di interruzione della gravidanza.

Sospensione

Motivazione Aec Industria 20.3.2002

e 30.7.2014

Aec Commercio 16.2.2009

Malattia 6 mesi 6 mesi

Infortunio 6 mesi 6 mesi

Gravidanza e puerperio 12 mesi 12 mesi

Adozione — 12 mesi

Interruzione gravidanza — 5 mesi

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Il Sole 24 ORE 6. Indennità di fine rapporto

47Febbraio 2015

6. Indennità

di fine rapporto

di Pietro Gremigni

Nell’esame del contratto di agenzia, il tema dell’indennità di fine rapporto ed in particolare quello dei suoi criteri di quantificazione è una delle problematiche di maggior interesse, stante il suo impatto sull’economia del rapporto.

Il diritto dell’agente ad un trattamento di fi-ne rapporto distingue il contratto di agenzia da altri contratti di distribuzione, quali ad esempio il franchising e la concessione di vendita dove al momento della cessazione del rapporto, quanto meno in applicazione del diritto italiano, nulla è dovuto al franchisee o al concessionario di vendita.

Nella quantificazione dell’indennità di fine rapporto sussiste una situazione di indubbia in-certezza, in quanto due sono i criteri seguiti dalla giurisprudenza, e più precisamente quello stabi-lito dagli Aec di diritto comune e quello previsto dalla legge ossia dall’art. 1751 c.c., che portano a risultati estremamente diversi dal punto di vista economico.

Un contributo significativo per la soluzione del problema è stato apportato dalla pronuncia della Corte di Giustizia 23 marzo 2006 emessa a seguito dell’ordinanza di rinvio pregiudiziale del-la Corte di Cassazione dell’ottobre 2004, che ha affrontato il problema della compatibilità con la Direttiva comunitaria 86/653 dei criteri di quan-tificazione così come previsti dalla contrattazione collettiva italiana e più precisamente dall’Aec del 27 novembre 1992 settore commercio.

L’orientamento emerso, sia da parte della Commissione europea era nel senso dell’incom-patibilità dell’Aec del 1992 con il contenuto della direttiva.

Anche la sentenza 23 marzo 2006 della Cor-

te di Giustizia si è espressa per l’incompatibilità dell’Aec del 1992 con il contenuto della direttiva.

Prima di esaminare gli effetti della sentenza della Corte di Giustizia e la successiva evoluzione giurisprudenziale italiana si impone un’analisi più generale della disciplina dell’indennità di fine rap-porto in diritto italiano.

In materia di indennità di fine rapporto la Corte di giustizia è intervenuta in alcuni casi sta-bilendo criteri di diretta applicazione negli stati ue.

6.1 Disciplina del Codice civile

L’indennità di fine rapporto è regolata, nel Co-dice civile, dall’art. 1751 c.c., che ha subito no-tevoli cambiamenti in esecuzione della Direttiva comunitaria 86/653.

Le difformità dell’art. 1751 c.c. ed in generale del D.Lgs. 303/1991 rispetto al testo della diretti-va sono state rilevate dagli organi comunitari, che nel 1996 hanno avviato una procedura di infra-zione nei confronti dell’Italia. È quindi divenuto necessario un secondo intervento legislativo per sanare il contrasto, al fine di armonizzare la nor-mativa italiana con le disposizioni dettate in sede comunitaria.

A questo scopo è stato emesso il D.Lgs. 65/1999 che, tra le altre variazioni apportate, ha modificato l’art. 1751 c.c. risolvendo però solo in parte i problemi emersi a seguito del primo inter-vento di adeguamento.

La Corte di giustizia (sent. 9 novembre 2000) ha precisato i limiti territoriali di applicabilità del-

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

48 Febbraio 2015

la Direttiva 86/653, giungendo a qualificare gli artt. 17 e 18 della direttiva quali norme di appli-cazione necessaria ogniqualvolta l’attività dell’a-gente sia svolta all’interno del territorio di uno degli Stati membri, e ciò indipendentemente dal fatto che il contratto internazionale di agenzia sia sottoposto, per espressa clausola contrattuale, al diritto di un Paese terzo che deroghi alle predette disposizioni della direttiva.

La predetta applicazione «necessaria» supera quindi il principio generale di libertà delle parti nella determinazione della legge applicabile ad un contratto internazionale di agenzia.

All’atto della cessazione del rapporto (a tem-po indeterminato o determinato), il preponente è tenuto a corrispondere all’agente un’indennità se ricorrono le seguenti condizioni:1) l’agente ha procurato nuovi clienti al prepo-

nente o ha sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceve an-cora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti;

2) il pagamento di tale indennità è equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in par-ticolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.L’indennità è dovuta anche se il rapporto cessa

per morte dell’agente e in questo verrà liquidata agli eredi, e la sua concessione non priva comun-que l’agente del diritto all’eventuale risarcimento dei danni. Ciò non significa tuttavia che la sem-plice cessazione del rapporto possa far sorgere il diritto dell’agente al risarcimento del danno. Al contrario, la precisazione contenuta nell’art. 1751 c.c. è tesa esclusivamente ad evitare che il pagamento dell’indennità di fine rapporto pos-sa considerarsi onnicomprensivo di qualunque potenziale richiesta dell’agente. Pertanto, al fine di affermare l’esistenza del diritto dell’agente al risarcimento del danno, sarà comunque necessa-rio che ne sussistano i requisiti dal punto di vista generale. Quindi la semplice cessazione del rap-porto non sarà di per sé sufficiente a generare il diritto al risarcimento, mentre risulterà necessario riscontrare la presenza di elementi ulteriori, qua-li ad esempio un precedente comportamento del preponente che possa aver determinato l’agente a

sostenere investimenti consistenti contando sulla prosecuzione del rapporto (Cass. 10 aprile 2008, n. 9426).

L’indennità di fine rapporto non è dovuta:1) quando il preponente risolve il contratto per

un’inadempienza imputabile all’agente, la quale, per la sua gravità non consenta la prose-cuzione anche provvisoria del rapporto;

2) quando l’agente recede dal contratto, a meno che il recesso sia giustificato da circostanze at-tribuibili al preponente o da circostanze attri-buibili all’agente, quali età, infermità o malat-tia, per le quali non può più essergli ragione-volmente chiesta la prosecuzione dell’attività;

3) quando, ai sensi di un accordo con il prepo-nente, l’agente cede ad un terzo i diritti e gli obblighi che ha in virtù del contratto d’agen-zia.L’importo dell’indennità non può superare una

cifra equivalente ad un’indennità annua calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla me-dia del periodo in questione.

L’assenza di un preciso meccanismo di quan-tificazione è senza dubbio il problema di maggior rilievo nella disciplina dell’indennità di fine rap-porto e la fonte primaria di tutti i problemi di compatibilità tra art. 1751 c.c. e contrattazione collettiva.

L’art. 1751 c.c. infatti, non prevede i criteri di calcolo della stessa, ma esclusivamente il suo limi-te massimo.

Tuttavia il giudice italiano, al fine di indivi-duare i criteri di quantificazione dell’indennità, ha la possibilità (e l’obbligo) di interpretare l’art. 1751 c.c. tenendo presente il testo della diretti-va comunitaria, e può quindi utilizzare i criteri dell’apporto o sviluppo di clientela, dei vantaggi sostanziali per il preponente e della rispondenza ad equità della corresponsione non solo per sta-bilire l’esistenza del diritto, ma altresì per la sua quantificazione.

Spetta dunque alla giurisprudenza il compi-to di elaborare validi criteri di quantificazione dell’indennità, basati:

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Il Sole 24 ORE 6. Indennità di fine rapporto

49Febbraio 2015

● sulla misura dell’apporto di clientela; ● sulla rispondenza ad equità della corresponsio-

ne,criteri la cui esistenza dovrebbe essere oggetto di accertamento nel singolo caso concreto sulla base delle risultanze probatorie, il cui onere appare gra-vare esclusivamente sull’agente.

L’agente decade dal diritto all’indennità pre-vista dal presente articolo se, nel termine di un anno dallo scioglimento del rapporto, omette di comunicare al preponente l’intenzione di far vale-re i propri diritti.

Non sono previste formalità particolari, tut-tavia entro il predetto termine annuale l’agente dovrà comunicare al preponente l’intenzione di

far valere i propri diritti. La predetta comunica-zione non presuppone l’instaurazione di un vero e proprio giudizio, essendo sufficiente l’invio di una raccomandata AR.

Le disposizioni precedenti sono inderogabili a svantaggio dell’agente e non sarà quindi possibile prevedere nei singoli contratti disposizioni meno favorevoli per l’agente rispetto a quelle dell’art. 1751 c.c. Eventuali clausole contrattuali in con-trasto con l’art. 1751 c.c. saranno quindi prive di efficacia ed affette da nullità, in quanto in contra-sto con norma imperativa.

Le indennità di fine rapporto dovute agli agen-ti costituiscono credito privilegiato sui beni mobi-li del preponente. Rinviamo al Cap. 4.

Indennità ex art. 1751 c.c.

Requisiti necessari Casi in cui l’indennità non è dovuta Limite massimoTermine

decadenza

Cessazione del con-tratto

Risoluzione del preponente per grave inadempimento dell’agente

1 anno di retribuzioni sulla media degli ulti-mi 5 anni o dell’intero contratto se di durata inferiore

1 annoApporto e sviluppo di clientela con vantaggi per il preponente

Recesso agente, salvo se dovuto a: ● circostanze attribuibili al prepo-

nente; ● età, infermità, malattia

Equità, tenuto conto di tutte le circostanze

Cessione del contratto previo accordo del preponente

6.2 Disciplina negli Aec

Nel 1992 le associazioni di categoria, all’indo-mani dell’entrata in vigore del D.Lgs. 303/1991 di attuazione della Direttiva 86/653, hanno ten-tato di individuare idonei criteri di quantificazio-ne dell’indennità di fine rapporto in applicazione dell’art. 1751 c.c. basandosi sull’apparente assen-za nel testo della norma di un concreto criterio di quantificazione.

Sono stati quindi emessi i cosiddetti «accordi ponte» del 30 ottobre 1992 per il settore industria e del 27 novembre 1992 per il settore commercio che di fatto hanno fatto coincidere il trattamento

di fine rapporto accantonato presso il fondo Firr dell’Enasarco con il concetto di equità ed hanno previsto un’indennità aggiuntiva esattamente cor-rispondente alla previgente indennità suppletiva di clientela.

Nonostante la palese inadeguatezza dei criteri di quantificazione contenuti negli Aec del 1992, la giurisprudenza italiana di merito e di legitti-mità si è in passato orientata in maggioranza per l’applicabilità degli accordi economici del 1992 quale ordinario criterio di quantificazione dell’in-dennità di fine rapporto. Il predetto orientamen-to è rimasto inalterato anche dopo l’emissione del D.Lgs. 65/1999.

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

50 Febbraio 2015

Una parte minoritaria della giurisprudenza ha tentato di uniformarsi alla direttiva valutando l’apporto e lo sviluppo di clientela e la risponden-za ad equità della corresponsione sia per il sorgere sia per la quantificazione del diritto, senza tutta-via riuscire ad affermare un criterio alternativo di quantificazione.

Nel 2002 le associazioni di categoria, anche a seguito del proliferare di vertenze e della perdu-rante esistenza di dibattiti in dottrina ed in giu-risprudenza sui corretti criteri da adottarsi per la quantificazione del’indennità di fine rapporto, si sono accordate per la sostituzione degli Aec vigen-ti con nuovi accordi di rinnovo.

Sono stati quindi emessi: ● l’Aec settore Industria di rinnovo del 20 marzo

2002 e 30 luglio 2014; ● l’Aec settore Commercio di rinnovo del 26

febbraio 2002.

Aec Industria

Si prevede che una parte dell’indennità venga accantonata presso il «Fondo per la risoluzione del rapporto» gestito dall’Enasarco, che riconoscerà ai preponenti un interesse sull’ammontare delle somme versate.

L’indennità è costituita da due emolumenti: ● l’indennità di risoluzione del rapporto; ● l’indennità di clientela (suddivisa in due parti); ● l’indennità meritocratica.

Nell’Aec Industria l’indennità di risoluzione del rapporto:

● viene riconosciuta indipendentemente dall’in-cremento di clientela;

● risponde ad un criterio equitativo; ● deve essere accantonata presso il fondo Firr

dell’Enasarco ed è uguale al passato; ● è riconosciuta in ogni ipotesi di cessazione del

contratto, salvo in tre casi specifici (presenti anche nell’Aec settore commercio) e più preci-samente se il rapporto è risolto dal preponente per:

– appropriazione indebita di somme di perti-nenza del preponente;

– concorrenza sleale; – violazione dell’obbligo di svolgere la pro-

pria attività in favore di un unico prepo-nente.

Nei predetti casi specifici l’indennità accan-tonata presso il Fondo istituito all’Enasarco non verrà corrisposta all’agente, ma restituita al pre-ponente.

Il secondo compenso previsto dall’Aec Indu-stria è l’indennità suppletiva di clientela, collegata all’incremento della clientela e suddivisa in due parti, e più precisamente:a. l’una da calcolarsi, come per il passato, sull’am-

montare globale delle provvigioni e delle altre somme corrisposte o comunque dovute all’a-gente fino alla cessazione del rapporto in ap-plicazione delle seguenti aliquote:

– 3% sull’ammontare globale delle provvi-gioni e delle altre somme dovute nell’intero rapporto;

– 0,5% aggiuntivo a partire dal quarto sulle provvigioni maturate nel limite massimo annuo di e 45.000,00;

– un ulteriore 0,5% aggiuntivo a partire dal settimo anno, sulle provvigioni maturate nel limite massimo annuo di e 45.000,00.

b. la seconda condizionata al riscontro, al mo-mento della cessazione del rapporto, dell’esi-stenza di nuova clientela apportata dall’agen-te (cui viene parificato il sensibile sviluppo di quella esistente). Per la quantificazione di questa seconda parte è previsto un meccani-smo preciso decisamente complesso, costituito dall’applicazione di una percentuale variabile dall’1 al 7% al valore annuo dell’incremento delle provvigioni riscontrato. Tale secondo importo non potrà infatti essere superiore alla differenza tra la somma delle prime due inden-nità (Firr e prima parte dell’indennità supple-tiva sub A) ed limite massimo del 1751 c.c.La somma delle prime due indennità potrà in-

vece risultare superiore al limite dell’art. 1751 c.c. (nel medesimo senso dispone la dichiarazione a verbale dei capi I e II dell’art. 12 dell’Aec settore Commercio).

L’indennità suppletiva di clientela (nella sua

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Il Sole 24 ORE 6. Indennità di fine rapporto

51Febbraio 2015

duplice componente) è esclusa nell’ipotesi in cui il contratto si sciolga per un fatto imputabile all’a-gente o rappresentante; non vengono considerate tali le dimissioni dovute ad invalidità permanente e totale o successive al conseguimento della pen-sione di vecchiaia, purché tali eventi si verifichi-no dopo che il rapporto sia durato da almeno un anno.

Il calcolo dell’incremento, nella cui determi-nazione va considerato il volume complessivo dei guadagni e di ogni altro compenso, è costi-tuito dalla differenza tra i guadagni complessivi risultanti nell’ultimo anno (ultime quattro liqui-dazioni trimestrali) e quelli nel primo anno (pri-me quattro liquidazioni trimestrali) di durata del contratto, rivalutati secondo gli indici Istat per i crediti di lavoro.

Per contratti di durata superiore ai 5 anni i calcoli per l’individuazione dell’incremento e del tasso verranno effettuati sulla base dei primi e de-gli ultimi 2 anni (se superiori a 10 anni dei primi e degli ultimi 3 anni).

Una volta individuato l’incremento realizzato dall’agente, va individuato il tasso reale dell’in-cremento annuo finale, che verrà determinato commisurando percentualmente all’importo riva-lutato dei guadagni del primo anno l’incremento realizzato.

Sulla base del tasso reale dell’incremento si applicherà al valore annuo dell’incremento un’ali-quota compresa tra l’1 ed il 7% al fine di stabilire l’importo dovuto per la seconda parte dell’inden-nità di clientela, in applicazione della seguente tabella.

In alternativa è consentito alle parti di accor-darsi per prendere come base per il calcolo di cui sopra non i guadagni dell’agente, ma il fatturato dallo stesso realizzato.

Un’ulteriore complicazione è costituita dal fatto che il raffronto tra dati iniziali e finali deve essere effettuato in maniera omogenea,con la con-seguenza che eventuali variazioni intervenute nel corso del rapporto in relazione alle provvigioni, alla zona od alle aliquote provvigionali debbono essere neutralizzate.

All’atto della cessazione del contratto di agen-zia e rappresentanza commerciale (anche a tempo determinato), sarà corrisposta direttamente dalla ditta preponente all’agente o rappresentante, una indennità meritocratica alle condizioni indicate di seguito.

Tale indennità verrà erogata qualora, alla ces-sazione del contratto, l’agente o rappresentante abbia apportato al preponente un sensibile incre-mento della clientela e/o del giro d’affari, in modo da procurare al preponente, anche dopo la cessa-

Calcolo seconda parte indennità suppletiva di clientela ex Aec 20 marzo 2002 – Industria

Tasso di incremento Aliquota da applicare all’incremento annuo

inferiore al 100% 1%

superiore al 100% 2%

superiore al 150% 3%

superiore al 200% 4%

superiore al 250% 5%

superiore al 300% 6%

superiore al 350% 7%

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

52 Febbraio 2015

zione del contratto, sostanziali vantaggi. Il trat-tamento di cui al presente capo III non è dovuto se il contratto si scioglie per un fatto imputabile all’agente o rappresentante.

L’indennità meritocratica è così calcolata (art. 1, Aec Industria):1) si individua il valore dell’incremento della

clientela e/o del giro d’affari prendendo in considerazione il volume complessivo dei gua-dagni provvigionali e di ogni altro compenso percepito dall’agente o rappresentante di com-mercio.

2) si individua il «periodo di prognosi», come da tabella in calce al presente articolo, in base alla tipologia di agente o rappresentante ed alla du-rata del rapporto, stimando così la durata del periodo nel corso del quale la ditta preponente continuerà a trarre vantaggi dall’attività svolta dall’agente o rappresentante

3) si determina il «tasso di migrazione» della clientela, come da tabella in calce al presente articolo, in base alla tipologia di agente o rap-presentante ed alla durata del rapporto con-trattuale;

4) si sottrae, per il primo anno del periodo di prognosi il citato tasso di migrazione dal valore dell’incremento di cui al punto 1.

5) si diminuisce forfetariamente l’importo otte-nuto di una percentuale variabile pari:

– al 10% per i contratti di agenzia di durata inferiore o uguale a 5 anni;

– al 15% per i contratti di agenzia di durata superiore a 5 anni ed inferiore o uguale a 10 anni;

– al 20% per i contratti di agenzia di durata superiore a 10 anni.

6) si confronta l’indennità meritocratica calcolata in base ai precedenti punti con il valore mas-simo dell’indennità previsto dal terzo comma dell’art. 1751 Codice civile, vale a dire la me-dia annua delle provvigioni negli ultimi 5 an-ni di durata del rapporto, oppure nel periodo lavorato se la durata del rapporto è stata in-feriore a 5 anni. Qualora l’importo calcolato ecceda il tetto massimo l’indennità sarà pari a quest’ultimo;

7) si detrae dall’indennità meritocratica ottenuta l’indennità di risoluzione del rapporto e l’in-dennità di clientela In base ai criteri generali dettati dalla Corte

di Giustizia Ue con sentenza del 23 marzo 2006, sono stai posti alcuni paletti per considerare legit-time le previsioni degli Aec rispetto alla normativa italiana e comunitaria.

La sentenza della Corte ha in primo luogo confermato che, in linea generale, l’indennità di fine rapporto così come prevista dall’art. 17, n. 2 della direttiva non può essere sostituita da un’indennità determinata secondo criteri diversi rispetto a quelli contenuti (e cioè l’apporto e lo sviluppo di clientela da parte dell’agente con so-stanziali vantaggi per il preponente anche dopo la cessazione del rapporto e la rispondenza ad equità della corresponsione).

Per applicare criteri diversi rispetto a quelli previsti dall’art. 17, n. 2 è necessario che la loro applicazione garantisca all’agente, in ogni caso, un’indennità pari e/o superiore rispetto a quella che risulterebbe dall’applicazione della direttiva.

I criteri di calcolo degli Aec citati, non essendo in grado di garantire quanto richiesto dalla Corte di Giustizia, non possono pertanto considerarsi in linea con la direttiva.

Gli Stati membri restano liberi di esercitare il loro potere discrezionale, anche con riferimento al ruolo da attribuire al criterio di equità.

Conseguenza diretta di questa pronuncia della Corte di Giustizia avrebbe potuto essere la decla-ratoria di inefficacia delle previsioni contenute nella contrattazione collettiva in tema di quantifi-cazione dell’indennità di fine rapporto.

Tuttavia, la giurisprudenza italiana, dopo al-cune iniziali non significative pronunce di giudici di merito, che hanno ritenuto perfettamente le-citi ed ammissibili i criteri degli Aec, si è invece orientata in maniera diversa, considerando i crite-ri di quantificazione degli Aec come una sorta di trattamento minimo, ferma restando la possibili-tà per l’agente, una volta dimostrata la ricorrenza delle condizioni di cui all’art. 17 della Direttiva, di richiedere la liquidazione in via equitativa di un importo superiore.

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Il Sole 24 ORE 6. Indennità di fine rapporto

53Febbraio 2015

A seguito della pronuncia della Corte di Giu-stizia del 23 marzo 2006, sono state emesse due sentenze della Corte di Cassazione dell’ottobre 2006, confermate da successive pronunce del marzo, aprile e luglio 2007, del gennaio, febbraio e settembre 2008 e del giugno 2009, che hanno radicalmente cambiato il precedente orientamen-to giurisprudenziale in tema di quantificazio-ne dell’indennità di fine rapporto. In ogni caso l’indennità di cessazione del rapporto di agenzia compensa l’agente per l’incremento patrimoniale

che la sua attività reca al preponente sviluppando l’avviamento dell’impresa, con la conseguenza che tale condizione deve considerarsi sussistente, ed è quindi dovuta l’indennità, in quanto lo sviluppo dell’avviamento e la protrazione dei vantaggi per il preponente, anche dopo la cessazione del rap-porto agenzia, sono «in re ipsa», mentre resta irri-levante la circostanza che i vantaggi derivanti dai contratti in questione non possano essere ricevuti dal preponente per suo fatto volontario come per avvenuta cessione di azienda (Cass. 7567/2014).

Corte di Giustizia 23 marzo 2006 in sintesi

L’indennità di fine rapporto ex art. 17, n. 2 della direttiva ha carattere imperativo

Sono ammessi criteri diversi rispetto a quelli dell’art. 17, n. 2, a condizione che garantiscano all’agente, in ogni ipotesi di cessazione del contratto, un trattamento uguale o più favorevole

I criteri di calcolo dell’Aec del 1992 non sono in linea con la direttiva, salvo prevederne il cumulo con i criteri dell’art. 17 della direttiva

Per individuare i criteri di quantificazione dell’indennità gli Stati, nell’ambito dei principi dell’art. 17 della direttiva, possono agire con discrezionalità anche in relazione al ruolo dell’equità

Principali criteri dettati dalla Cassazione

– continua –

Quantificazione

indennità

Ciascuna delle parti, nel rispetto dell’onere della prova, fornisce al giudice gli elementi di calcolo opportuni per consentirgli di stabilire se applica-re l’art. 1751 c.c. o viceversa l’Aec.Nel valutare la rispondenza ad equità della cor-responsione, così come prevista dall’art. 1751 c.c., il giudice avrà la possibilità di apprezzare ragioni attributive dell’indennità non contrattual-mente previste.

Cass. 3 ottobre 2006, n. 21301

I criteri di calcolo della contrattazione collettiva costituirebbero quindi una sorta di minimo ga-rantito per l’agente, salvaguardandone dunque la validità.

Cass. 3 ottobre 2006, n. 21309

Derogabilità

della disciplina

legale

La disciplina dettata dall’art. 1751 c.c. può esse-re oggetto di deroga, anche da parte della con-trattazione collettiva, ma solo in senso migliora-tivo e laddove l’agente eccepisca la nullità del

Cass. 3 ottobre 2006, n. 21301

Cass. 22 settembre 2008, n.

23966

Cass. 1° giugno 2009, n. 12724

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

54 Febbraio 2015

Aec settore Commercio

L’elemento di novità più rilevante dell’Aec set-tore Commercio 16.2.2009 è senz’altro costituito dalla disciplina dell’indennità di fine rapporto, modificata in maniera sostanziale nei criteri di quantificazione della cosiddetta indennità meri-tocratica, nella valutazione unitaria dei contratti di agenzia indipendentemente dal regime di du-rata ed altresì nella riduzione delle ipotesi nelle quali l’indennità di risoluzione accantonata presso il fondo Firr non è dovuta all’agente.

L’indennità di fine rapporto è scomposta in tre differenti emolumenti:a) l’indennità di risoluzione del rapporto, rico-

nosciuta e accantonata di anno in anno pres-so il fondo Firr dell’Enasarco, prescindendo dall’incremento della clientela e del fatturato e definita come rispondente «principalmente al criterio dell’equità»;

b) l’indennità suppletiva di clientela, anch’essa indipendente dall’incremento della clientela e del fatturato e rispondente all’equità;

c) l’indennità meritocratica, definita come ri-spondente all’art. 1751 c.c. nella parte in cui prevede lo sviluppo del fatturato e/o l’acquisi-zione di nuova clientela.Sono state invece ridotte le tre ipotesi, intro-

dotte dall’Aec del 2002, nelle quali l’indennità non deve essere riconosciuta, limitandole ad una

– segue – Principali criteri dettati dalla Cassazione

contratto individuale poiché recettizio dell’Aec, andrà effettuato un raffronto tra art. 1751 ed Aec riferendosi al singolo caso concreto.Sull’agente grava l’onere di dimostrare, effet-tuando dettagliati calcoli comparativi, quale sia la soluzione più favorevole, mentre il preponente avrà l’onere di dimostrare il contrario.Se la verifica dell’equità del trattamento fosse negativa il giudice deve, in mancanza di una specifica disciplina collettiva, riconoscere all’a-gente il differenziale necessario per riportarla ad equità.

Equità

Il criterio dell’equità, quale parametro per quanti-ficare l’indennità di fine rapporto, pur sul presup-posto dell’esistenza di vantaggi per il preponen-te, impone al giudice, sia per stabilire l’esistenza del diritto all’indennità, sia per la sua quantifica-zione, di valutare tutte le circostanze del caso concreto.

Cass. 3 ottobre 2006, n. 21309

Validità

degli Aec

La difformità degli Aec ai criteri della Corte di Giustizia Ue non determina l’invalidità degli Aec per contrarietà con una norma imperativa, ma piuttosto rende necessaria una verifica sul ca-so concreto, da effettuarsi da parte del giudice. Il giudice deve discrezionalmente verificare se l’indennità calcolata sulla base dei criteri della contrattazione collettiva possa considerarsi o meno equa.

Cass. 19 febbraio 2008, n. 4056.

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Il Sole 24 ORE 6. Indennità di fine rapporto

55Febbraio 2015

soltanto, costituita dallo scioglimento del rappor-to effettuato dal preponente a causa di un’indebita ritenzione di somme da parte dell’agente. È que-sto quindi l’unico caso in cui l’indennità di riso-luzione del rapporto accantonata presso il fondo Firr, e da corrispondersi direttamente per quanto attiene all’ultimo anno, non è dovuta all’agente e può essere richiesta in restituzione da parte del preponente.

I massimali del Firr sono pari a: ● � 18.600,00 per gli agenti plurimandatari; ● � 12.400,00 per i monomandatari.

L’indennità suppletiva di clientela è prevista a prescindere che si tratti rapporto a tempo de-terminato o indeterminato, risultando dovuta in tutte le ipotesi di scioglimento del contratto di agenzia.

Tale trattamento non è dovuto se il contratto si scioglie per un fatto imputabile all’agente o rap-presentante. Non si considerano fatti imputabili all’agente o rappresentante le dimissioni: dovute ad accertati gravi inadempimenti del preponen-te; conseguenti ad invalidità permanente e totale; dovute ad infermità e/o malattia che non con-sentano la prosecuzione del rapporto; successive al conseguimento della pensione di vecchiaia o vecchiaia anticipata Enasarco; successive al conse-guimento della pensione di vecchiaia o anzianità Inps; sempreché i citati eventi si verifichino dopo che il rapporto sia durato almeno un anno.

I criteri di quantificazione prevedono che, se il contratto si scioglie a iniziativa del preponente per fatto non imputabile all’agente, sarà corrisposta in aggiunta all’indennità di risoluzione un’indennità suppletiva di clientela da calcolarsi sull’ammonta-re globale delle provvigioni per le quali è sorto il diritto al pagamento per tutta la durata del rap-porto, anche se le somme non sono state intera-mente corrisposte al momento della cessazione.

Per gli affari conclusi successivamente all’1.1.1989, l’indennità è calcolata come segue:a) 3% sulle provvigioni maturate nei primi 3 an-

ni di durata del contratto;b) 3,5% sulle provvigioni maturate dal quarto al

sesto anno compiuto;c) 4% sulle provvigioni maturate negli anni suc-

cessivi.La norma precisa altresì che saranno conside-

rate anche le somme corrisposte a titolo di rim-borso o concorso spese e premio.

Resta peraltro il fatto che la cessazione del con-tratto a termine non avviene di norma ad inizia-tiva di una delle parti, ma in funzione della mera scadenza del termine e dunque il riferimento all’i-niziativa della casa mandante per fatto non im-putabile all’agente, mantenuto inalterato nell’Aec del 16 febbraio 2009, potrebbe determinare qual-che problema di carattere interpretativo.

Lo spirito della norma è quello di riconoscere all’agente, oltre ai primi due emolumenti e sem-pre nel limite massimo di cui all’art. 1751 c.c., un ulteriore importo a condizione che risultino soddisfati i requisiti dell’apporto e sviluppo di clientela e dell’esistenza di vantaggi sostanziali per il preponente.

L’indennità meritocratica non è altresì dovuta nei seguenti casi:1. quando l’agente recede dal contratto, a meno

che il recesso sia giustificato da circostanze at-tribuibili al preponente o da circostanze attri-buibili all’agente, quali età, infermità o malat-tia, per le quali non può più essergli ragione-volmente chiesta la prosecuzione dell’attività;

2. quando, ai sensi di un accordo con il prepo-nente, l’agente cede ad un terzo i diritti e gli obblighi che ha in virtù del contratto d’agenzia.Dal punto di vista pratico viene preso in consi-

derazione un valore iniziale, pari al fatturato della zona o dei clienti affidati all’agente all’inizio del rapporto ed un valore finale, pari al fatturato di zona al termine del rapporto.

Il parametro fondamentale per determinare il fatturato è costituito dal volume di fatturato, ovvero dal volume delle vendite effettuate dal preponente nella zona o per la clientela affidata all’agente.

Per la determinazione dell’incremento su base percentuale verranno posti a confronto il fattu-rato iniziale e quello finale da determinarsi come segue, in funzione della durata del rapporto (Aec 2010).

Il valore iniziale andrà attualizzato con l’appli-

Page 57: Agenti&Rappresentanti IlSole24Ore

Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

56 Febbraio 2015

cazione dei coefficienti di rivalutazione Istat per i crediti di lavoro.

L’indennità meritocratica sarà pari alla diffe-renza tra il risultato dell’applicazione al caso con-

creto delle diverse ipotesi indicate nella seguente tabella, e quanto dovuto all’agente per le prime due componenti dell’indennità (indennità di riso-luzione e indennità suppletiva di clientela).

Indennità meritocratica

Durata del rapporto Valore iniziale Valore finale

Per il primo anno di durata del rapporto

media del fatturato dei primi 3 mesi

media del fatturato degli ultimi 3 mesi

Per il secondo anno di durata del rapporto

media annua del volume del fattu-rato dei primi 2 trimestri

media annua del volume del fattu-rato degli ultimi 2 trimestri

Per il terzo anno di durata del rap-porto

media annua del volume del fattu-rato dei primi 3 trimestri

media annua del volume del fattu-rato degli ultimi 3 trimestri

Dall’inizio del quarto anno al com-pimento del sesto anno di durata del rapporto

media annua del volume del fattu-rato dei primi 8 trimestri

media annua del volume del fattu-rato degli ultimi 8 trimestri

Dall’inizio del settimo anno al compimento del nono anno di du-rata del rapporto

media annua del volume del fattu-rato dei primi 12 trimestri

media annua del volume del fattu-rato degli ultimi 12 trimestri

Dall’inizio del decimo anno al compimento del dodicesimo anno di durata del rapporto

media annua del volume del fattu-rato dei primi 16 trimestri

media annua del volume del fattu-rato degli ultimi 16 trimestri

Oltre il dodicesimo anno di durata del rapporto

media annua del volume del fattu-rato dei primi 20 trimestri

media annua del volume del fattu-rato degli ultimi 20 trimestri

Indennità meritocratica – Determinazione

Durata incremento fatturato% di indennità rispetto al limite

max ex art. 1751 c.c.

fino a 12 mesi

da 0 a 5%da 5 a 30%da 30 a 60%da 60 a 150%oltre 150%

—25%30%40%

100%

da 12 a 24 mesi

fino a 30%da 30 a 60%da 60 a 150%oltre 150%

30%35%40%

100%

– continua –

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Il Sole 24 ORE 6. Indennità di fine rapporto

57Febbraio 2015

– segue – Indennità meritocratica – Determinazione

Durata incremento fatturato% di indennità rispetto al limite

max ex art. 1751 c.c.

da 24 a 36 mesi

fino a 30%da 30 a 60%da 60 a 150%oltre 150%

35%40%45%

100%

da 36 a 48 mesi

fino a 30%da 30 a 60%da 60 a 150%oltre 150%

40%45%50%100%

da 48 a 60 mesi

fino a 30%da 30 a 60%da 60 a 150%oltre 150%

45%50%55%100%

da 60 mesi in avanti

fino a 30%da 30 a 60%da 60 a 150%oltre 150%

50%55%60%100%

Pertanto, dall’importo risultante dall’applica-zione dei criteri di calcolo sopra precisati, andrà dedotto quanto già riconosciuto e/o accantonato a titolo di Firr e indennità suppletiva di clientela.

Fermo restando che l’operatività delle nuove modalità di calcolo dell’indennità meritocratica dovrà essere oggetto di verifica, sembra certo che la stessa dovrebbe risultare di importo certamente superiore rispetto al passato e che, quanto meno laddove l’apporto e lo sviluppo della clientela sia-no particolarmente significativi, il risultato finale dovrebbe costituire una risposta concreta al fine di cercare di risolvere il contenzioso derivante dai dibattiti sorti in dottrina ed in giurisprudenza in ordine ai criteri di quantificazione dell’indennità di fine rapporto.

L’Aec Commercio all’art. 12, nella dichiarazio-ne a verbale n. 1, precisa che il riconoscimento dell’indennità suppletiva di clientela e dell’inden-nità meritocratica è comunque subordinato al ri-spetto di quanto segue:a) che la corresponsione dei relativi importi ven-

ga effettuata entro 30 giorni dalla cessazione

del rapporto, presso la Commissione di conci-liazione competente per territorio;

b) che contestualmente al pagamento venga sot-toscritto un verbale di conciliazione sindacale, al fine di evitarne l’impugnativa ex art. 2113 c.c., con successivo deposito presso la Dtl ter-ritorialmente competente ex artt. 410 e 411 c.p.c.In altri termini, non appare possibile per l’a-

gente ottenere il pagamento in tempi rapidi e agi-re per ottenere la differenza tra il limite massimo dell’art. 1751 c.c., e quanto risultante dai nuovi criteri di quantificazione introdotti.

La clausola dell’Aec non distingue le caratteri-stiche dell’agente che, come è noto, qualora svol-ga la sua attività in maniera non prevalentemen-te personale, non è vincolato al rispetto dell’art. 2113 c.c., con la conseguente non impugnabilità di eventuali accordi nel termine di 6 mesi dal-la cessazione del rapporto e/o dalla conclusione dell’accordo, qualora successivo alla stessa.

Le finalità della duplice condizione sono co-stituite da un lato dall’esigenza di garantire la

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

58 Febbraio 2015

Indennità di fine rapporto ex Aec 16.2.2009

Indennità di risoluzione FirrIndennità suppletiva

di clientelaIndennità meritocratica

Non dovuta in caso di indebita ritenzione di somme da parte dell’agente

● pagamento entro 30 gg. dalla cessazione del contratto

● contestuale verbale di conci-liazione sindacale

● pagamento entro 30 gg. dalla cessazione del contratto

● contestuale verbale di conci-liazione sindacale

celerità di definizione e dall’altro dalla necessi-tà di definire qualunque potenziale contenzioso derivante dalla quantificazione dell’indennità, rendendo non più impugnabili gli accordi già raggiunti.

Resta qualche perplessità sull’aver condizio-

nato il riconoscimento delle indennità al rispetto delle predette condizioni, posto che l’eventuale disaccordo di una delle parti sembrerebbe suscet-tibile di vanificare gli sforzi effettuati in termini di riduzione del contenzioso, rischiando di rendere inapplicabili le modifiche apportate.

6.3 Clausole contrattuali

Dal punto di vista contrattuale è possibile adottare alcune cautele di carattere contrattuale che possono consentire di facilitare, al momento della cessazione del rapporto, la verifica dell’esi-stenza dei criteri previsti nella direttiva comunita-ria, per evitare che le clausole contrattuali siano in contrasto con i principi generali.

In altri termini, pur non inserendo una meto-dologia di calcolo è possibile e direi anche con-sigliabile porre in essere alcuni accorgimenti, tra i quali posso indicare in via esemplificativa i se-guenti:

● allegare al contratto un tabulato di riferimento relativo alla zona assegnata, alla clientela esi-stente ed alla fatturazione dell’ultimo anno;

● effettuare una costante e continua attività di monitoraggio, che consenta di ricostruire age-

volmente l’evoluzione della zona, della clien-tela assegnata così come l’eventuale possibile comparazione con altre zone e/o con l’evolu-zione di mercato nazionale e internazionale;

● classificare e archiviare dati relativi all’attività promozionale svolta in zona dal preponente così come a qualunque ulteriore aspetto del rapporto di collaborazione che sia in grado di influenzare la valutazione dell’apporto e dello sviluppo di clientela durante la collaborazione.Oltre a ciò è certamente necessario accumulare

nel corso del rapporto il maggior numero possibile di informazioni relative allo svolgimento dell’atti-vità da parte dell’agente e del preponente ed allo sviluppo della collaborazione, per essere in grado di effettuare una corretta valutazione del rischio causa in relazione alla cessazione del rapporto e condurre al meglio la fase negoziale e l’eventuale successivo contenzioso.

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Il Sole 24 ORE 7. Patto di non concorrenza

59Febbraio 2015

7. Patto di non concorrenza

dopo la cessazione

del rapporto

di Pietro Gremigni

Il patto di non concorrenza dopo la cessazione del contratto di agenzia può definirsi come una sorta di estensione temporale del vincolo di esclu-siva a carico dell’agente.

È di fatto previsto a favore del solo preponente e tende a limitare l’attività dell’ormai ex agente nella zona e per la clientela allo stesso affidata in costanza di rapporto per evitare che il passaggio ad un altro preponente vanifichi i vantaggi deri-vanti dall’attività promozionale svolta.

La disciplina normativa del patto di non con-correnza è contenuta nell’art. 1751-bis c.c., intro-dotta dal D.Lgs. 303/1991 e dalla L. 422/2000.

Prima dell’emissione del D.Lgs. 303/1991 la clausola, pur presente nella prassi contrattuale, non era disciplinata espressamente né dalle dispo-sizioni del Codice civile dedicate all’agenzia (artt. 1742-1753 c.c.) né dalla contrattazione collettiva.

Per regolare il patto si faceva ricorso al disposto dell’art. 2596 c.c. che, dettato in linea generale per le limitazioni contrattuali alla concorrenza, stabiliva:

● la prova scritta del patto; ● la necessità che il patto fosse circoscritto ad

una determinata zona; ● una durata non superiore a 5 anni.

In caso di mancata previsione di un termine,

o qualora lo stesso fosse stato previsto con una durata superiore a 5 anni, il patto doveva ritenersi valido per la durata di un quinquennio.

Era invece pacificamente esclusa l’applicabilità della disciplina del patto di non concorrenza di cui all’art. 2125 c.c. in tema di rapporto di lavoro subordinato, stante l’impossibilità di applicazione analogica.

7.1 Validità del patto

L’art. 1751-bis, prevede tre condizioni per la validità del patto di non concorrenza e più pre-cisamente:

● che sia redatto per iscritto, così inserendo la forma scritta tra i requisiti di validità della clausola;

● che riguardi la medesima zona, clientela e ge-nere di beni o servizi per i quali era stato con-cluso il contratto di agenzia;

● che abbia una durata non superiore ai due an-ni successivi all’estinzione del contrattoSolo la mancanza di forma scritta determina

tuttavia la nullità del patto, posto che l’ambito di operatività e la durata sono espressamente previ-ste dall’art. 1751-bis c.c. che può quindi integrare eventuali clausole contrattuali difformi.

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

60 Febbraio 2015

7.2 Indennità a favore dell’agente

Prima dell’emissione della legge Comunitaria 2000 non era previsto alcun compenso quale cor-rispettivo per l’assunzione dell’obbligo da parte dell’agente.

L’art. 23 della legge Comunitaria 2000 (L. 29.12.2000, n. 422), con decorrenza dall’1.6.2001 ha introdotto la previsione del diritto dell’agen-te ad un’indennità in relazione all’assunzione dell’obbligo di non concorrenza dopo la cessazio-ne del rapporto.

Il diritto all’indennità tuttavia non si applica a tutti i rapporti di agenzia, ma esclusivamente alle seguenti tipologie di agenti:

● agenti che esercitano la propria attività in for-ma individuale;

● società di persone; ● società di capitali con unico socio;

È prevista altresì l’applicazione alle società di capitali costituite esclusivamente o prevalente-mente da agenti commerciali, se ciò è stabilito dagli accordi nazionali di categoria (il solo Aec settore commercio contempla le S.r.l. con due o più soci).

Pertanto, nei contratti di agenzia conclusi con società di capitali (ad eccezione delle S.r.l. qua-lora il rapporto sia disciplinato dagli Aec settore commercio) potranno essere inserite clausole di non concorrenza dopo la cessazione del rapporto, senza che l’agente possa effettuare alcuna richiesta a titolo di indennità.

Il diritto dell’agente all’indennità, da corri-spondersi in occasione della cessazione del rap-

porto, è collegato alla mera accettazione del patto e non all’adempimento dell’obbligo di non con-correnza contenuto.

Secondo la previsione normativa, il diritto all’indennità sorge infatti in favore dell’agente al momento dell’accettazione del patto.

Il preponente quindi, al momento della ces-sazione del contratto, dovrà anzitutto pagare l’indennità e solo successivamente verificare che l’obbligazione contenuta nel patto risulti regolar-mente adempiuta.

Natura dell’indennità

Prima di indicare i criteri di quantificazione, la norma precisa che la natura dell’indennità è non provvigionale. Da questa precisazione sembra de-rivare l’impossibilità di considerare legittimo l’in-serimento della voce indennità come una quota della percentuale provvigionale complessivamente riconosciuta all’agente per lo svolgimento dell’at-tività, sia tramite una clausola generale (che con-sideri compresa nella provvigione già riconosciuta anche l’indennità), sia con la scomposizione della provvigione e con la correlativa indicazione di una apposita percentuale.

È quindi certamente opportuno inserire nel contratto una differente forma di determinazione dell’indennità per il patto di non concorrenza do-po la cessazione del rapporto, senza effettuare un riferimento diretto ad una percentuale del valore dell’affare di volta in volta promosso, concluso e regolarmente eseguito.

Va detto peraltro in proposito che, anche lad-dove nel corso del rapporto sia stato riconosciuto

Requisiti del patto di non concorrenza dopo la cessazione del contratto ex art. 1751-bis c.c.

Forma Contenuto Durata

Scritta Stessa zona, clientela e genere di beni e ser-vizi oggetto del contratto Non superiore a 2 anni

A pena di nullità Integrazione automatica di eventuali clauso-le difformi

Integrazione automatica di even-tuali clausole difformi

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Il Sole 24 ORE 7. Patto di non concorrenza

61Febbraio 2015

all’agente un importo su base percentuale a titolo di indennità per il patto di non concorrenza, all’e-ventuale declaratoria di illegittimità del pagamen-to potrebbe seguire una richiesta del preponente di restituzione di quanto indebitamente corrispo-sto, a titolo di indebito oggettivo.

7.3 Diritto di opzione

Nella prassi contrattuale si riscontrano sovente patti di non concorrenza dopo la cessazione del rapporto con la previsione di un diritto di op-zione in favore del preponente che, al momento della cessazione del contratto, potrà decidere se avvalersi del patto o viceversa liberare l’agente dall’obbligo senza dover corrispondere quindi al-cuna indennità.

L’utilità della pattuizione è di indubbia evi-denza posto che, anche considerando l’entità dell’indennità da riconoscere, risulta estrema-mente difficile per il preponente essere in grado di prevedere sin dal momento della conclusione del contratto se al momento della cessazione sussiste-rà o meno un interesse a vincolare l’agente allo svolgimento di attività in concorrenza nelle zone e/o con la clientela allo stesso assegnata.

Questa soluzione, che ha trovato in parte il conforto della giurisprudenza di merito (Trib. Pistoia 31 luglio 2008), potrebbe tuttavia risul-

tare in contrasto con le indicate caratteristiche del diritto all’indennità, che sorge appunto non con il corretto adempimento dell’obbligazione da parte dell’agente, ma con la semplice accettazione del patto. Pertanto, la semplice dichiarazione del preponente di liberazione dell’agente senza il suo consenso espresso potrebbe essere ritenuta insuffi-ciente a far venir meno il diritto all’indennità. Di opposto avviso Trib. Ravenna 24 aprile 2009, n. 275: la rinuncia unilaterale del preponente al vin-colo derivante dal patto di non concorrenza dopo la cessazione del contratto non produrrebbe effet-ti liberatori nei confronti dell’agente in mancanza di consenso di quest’ultimo.

In quest’ultimo caso però si tratta di rinuncia unilaterale del preponente e non di opzione che sarebbe già inserita nella pattuizione originaria e dunque potrebbe altresì sostenersi che l’obbli-gazione sia dall’origine condizionata all’effettivo esercizio del diritto di opzione e che pertanto l’ac-cettazione dell’agente diventi efficace solo per l’i-potesi in cui il preponente decida effettivamente di esercitare il suo diritto di opzione.

La questione resta in ogni caso delicata, an-che se certamente, laddove si ritenga di inserire il patto di non concorrenza dopo la cessazione del rapporto, l’inserimento dell’opzione appare co-munque opportuno.

Limiti soggettivi al diritto all’indennità

Caratteristiche dell’agente Diritto all’indennità

Forma individuale Sì

Società di persone Sì

Società di capitali con socio unico Sì

Società di capitali costituite esclusivamente o prevalentemente da agenti

Solo se previsto dagli accordi nazionali di categoria (Aec Commercio contempla S.r.l. con 2 o + soci)

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

62 Febbraio 2015

7.4 Criteri di quantificazione

dell’indennità

L’art. 1751-bis c.c. fissa i tre seguenti parame-tri generali ai quali va commisurata l’indennità:

● la durata del patto (ribadendo il limite di due anni dopo la cessazione del contratto);

● la natura del contratto di agenzia; ● l’indennità di fine rapporto.

Durata del patto

Il primo criterio attiene, com’è ovvio, alla du-rata del patto alla quale è evidentemente commi-surato il sacrificio dell’agente nella limitazione alla sua libertà di iniziativa economica. Non ne-cessariamente tuttavia all’aumento della durata dovrà corrispondere un esponenziale aumento dell’indennità.

L’Aec settore Industria 20.3.2002, ad esempio, prevede il riconoscimento di un importo superio-re nel primo anno di durata del patto e di minor rilevanza nell’eventuale secondo anno, così impli-citamente qualificando come più gravoso per l’a-gente l’obbligo collegato al primo anno successivo alla cessazione del rapporto, quando i contatti con la clientela e la zona di riferimento sono certa-mente più intensi.

Natura del contratto

Il secondo elemento da considerare e cioè la natura del contratto presenta qualche perplessità interpretativa e pare doversi riferire all’esistenza o meno di un obbligo a carico dell’agente di svolge-re attività in favore di un unico preponente (mo-nomandato).

Indennità di fine rapporto

Da ultimo il riferimento all’indennità di fine rapporto avrebbe potuto comportare una indiret-ta limitazione dell’importo riconoscibile a titolo di indennità per il patto di non concorrenza al-la differenza tra quanto in concreto riconosciuto a titolo di indennità di fine rapporto ed il limi-

te massimo di un’annualità di provvigioni sulla media degli ultimi 5 anni o dell’intero rapporto se inferiore al quinquennio, così come previsto dall’art. 1751 c.c.

Quest’ipotesi interpretativa, certamente ragio-nevole ed in linea con le previsioni della Direttiva 86/653 è stata tuttavia completamente disattesa dalla contrattazione collettiva di diritto comune che ha fissato importi estremamente elevati, che nel loro ammontare massimo possono raggiunge-re un’annualità di provvigioni sulla media di quel-le riconosciute negli ultimi 5 anni del contratto o nell’intero rapporto, se di durata inferiore (v. dopo).

Il corrispettivo da riconoscere all’agente a ti-tolo di indennità per il patto di non concorrenza è quindi in linea generale estremamente oneroso, così ponendo in discussione l’opportunità stessa di inserire la relativa obbligazione nel singolo con-tratto.

Accordo tra le parti

L’art. 1751-bis c.c. stabilisce quale principale criterio di quantificazione dell’indennità l’accor-do tra le parti.

Agente e preponente dovranno quindi stabilire di volta in volta quale sia l’importo da riconoscere all’agente a titolo di indennità per il patto di non concorrenza, basandosi sui tre parametri anzidetti (durata del patto, natura del contratto e indennità di fine rapporto) e tenendo conto degli accordi economici nazionali di categoria. Questo richia-mo espresso della contrattazione collettiva, tenuto conto delle successive previsioni dalla stessa adot-tate, ha di fatto assegnato agli Aec di diritto co-mune la concretaquantificazione dell’indennità.

7.5 Determinazione giudiziale

Sempre l’art. 1751-bis c.c. ha inoltre previsto un ulteriore criterio alternativo laddove le parti non raggiungano un accordo.

In tale ipotesi l’indennità verrà stabilita dal giudice in via equitativa, anche tenendo presenti quattro elementi:

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Il Sole 24 ORE 7. Patto di non concorrenza

63Febbraio 2015

1) la media dei compensi dell’agente nel corso del rapporto e la loro incidenza sul fatturato com-plessivo dell’agente nello stesso periodo;

2) le cause di cessazione del contratto;3) l’ampiezza della zona affidata all’agente;4) il fatto che l’agente sia o meno monomandata-

rio (elemento peraltro già implicitamente pre-visto nel n. 1).L’intervento giudiziale in via equitativa è an-

corato ad elementi di valutazione estremamente generali, con la conseguenza che viene lasciato al giudice un ampio margine di discrezionalità, che se dovrebbe consentire di considerare tutte le pos-sibili varianti, non depone in favore della creazio-

ne di orientamenti giurisprudenziali uniformi.Gli Aec di diritto comune hanno introdotto, a

partire dal 2002, precisi criteri di quantificazione minimi riconoscendo all’agente importi estrema-mente rilevanti e così riducendo da un lato l’u-tilizzo della pattuizione e dall’altro limitando il ruolo del giudice nella quantificazione dell’inden-nità. Difatti ogniqualvolta il contratto di agenzia risulti regolato, direttamente o indirettamente, dagli accordi economici di diritto comune, i crite-ri di quantificazione contenuti risulteranno appli-cabili e risulteranno assimilabili ad uno specifico accordo intervenuto tra le parti.

7.6 Inadempimento

La violazione da parte dell’agente del patto di non concorrenza dopo la cessazione del rap-porto costituisce un inadempimento certamente grave, che potrà consentire al preponente di agire nei suoi confronti per ottenere il risarcimento del danno.

Tuttavia, la stessa disciplina del patto ha carat-teristiche che non depongono in favore di un’effi-cace operatività dello stesso ed appare improntata ad un netto favore per l’agente. Difatti, l’onerosa indennità, così come inderogabilmente quantifi-cata dagli Aec di diritto comune, deve essere cor-

risposta al momento della cessazione del rapporto e dunque prima dell’effettivo adempimento da parte dell’agente.

Non essendo consentito riconoscere il corri-spettivo durante o alla fine dell’obbligo, il prepo-nente rischia di dover corrispondere prima l’in-dennità, per poi chiederla in restituzione in caso di inadempimento.

Per contro se l’agente richiede alla ditta man-dante la corretta remunerazione del patto e non riceve risposta, è svincolato dall’obbligo di non concorrenza, (art. 1460 c.c), senza essere tenuto al pagamento di penali per inadempimento. D’al-tra parte, l’agente sarà tenuto alla restituzione al-

Criteri di quantificazione dell’indennità

Criteri Caratteristiche Parametri

Contrattazione delle parti Principale

● Durata del patto; ● natura del contratto; ● indennità di fine rapporto; ● tenendo conto degli Aec.

Quantificazione da parte del giudice

Alternativo in caso di mancato accordo

tra le parti

● In via equitativa; ● media corrispettivi riscossi e incidenza sul volu-

me di fatturato dell’agente; ● cause di cessazione; ● ampiezza zona; ● monomandato.

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

64 Febbraio 2015

la ditta mandante dell’indennità già percepita in dipendenza del patto e non conforme al requisito normativo.

È consigliabile inserire una penale in caso di inadempimento, avendo l’accortezza di precisare che è fatto salvo l’eventuale ulteriore risarcimen-to del danno, ad evitare che la penale sia ritenuta onnicomprensiva.

Il vero problema in caso di inadempimento è in realtà costituito dalla effettiva recuperabilità dell’indennità erogata e dell’eventuale risarcimen-to del danno.

Sussiste inoltre un non irrilevante onere pro-batorio a carico del preponente, che dovrà essere in grado di dimostrare in giudizio la violazione del patto da parte dell’agente, sulla base di dati certi e possibilmente documentali, non sempre facil-mente reperibili. È certamente possibile ricorrere anche alla prova per testimoni che può presentare tuttavia non pochi elementi di opinabilità.

È infine possibile cercare di ottenere in via d’urgenza un provvedimento di inibitoria della prosecuzione dell’attività dell’agente con la ditta concorrente.

In passato la giurisprudenza ha ritenuto am-missibile la richiesta a condizione che non fosse prevista alcuna clausola penale e che fosse dimo-strato il mero inadempimento da parte dell’agen-te, che costituirebbe in sé il periculum in mora, senza che il preponente sia tenuto alla dimostra-zione dell’ulteriore danno subito (Cass. 21 giugno 1995, n. 6976; Trib. Vercelli 12 luglio 2006; Trib. Milano (Ord.) 23 maggio 2003 e Trib. Ferrara 9 settembre 2002).

Gli Aec di rinnovo del 2002 (art. 7, Aec 26

febbraio 2002 settore Commercio, art. 14, Aec 20 marzo 2002 settore Industria), anche in relazione al rinvio contenuto nel II comma dell’art. 1751-bis c.c., hanno disciplinato in maniera estre-mamente dettagliata i criteri di quantificazione dell’indennità.

L’art. 14 dell’Aec Industria 20 marzo 2002 set-tore Industria precisa che il diritto all’indennità è riconosciuto agli agenti operanti in forma:

● individuale; ● di società di persone; ● di società di capitali con un unico socio.

Calcolo indennità

La base di calcolo dell’indennità è costituita dalla media annua delle provvigioni spettanti all’a-gente negli ultimi 5 anni di durata del contratto o nell’intero rapporto, se di durata inferiore.

È stato quindi utilizzato il medesimo criterio di calcolo utilizzato dall’art. 1751 c.c. per la de-terminazione del limite massimo dell’indennità di fine rapporto. Restano esclusi dal conteggio i compensi in forma non provvigionale riconosciu-ti per attività di coordinamento.

L’Aec settore Industria fissa inoltre i seguenti importi minimi dovuti all’agente per l’intera du-rata biennale del patto di non concorrenza. Gli importi sono determinati in funzione di due va-riabili:

● la durata del rapporto e ● l’esistenza o meno dell’obbligo dell’agente di

svolgere la propria attività in favore di un uni-co preponente:

Importi minimi indennità per patto di durata biennale

Durata del contratto Agente monomandatario Agente plrurimandatario

Fino a 5 anni 8 mesi della media annua 6 mesi della media annua

Oltre 5 e fino a 10 anni 10 mesi della media annua 8 mesi della media annua

Oltre 10 anni 1 annualità media di provvigioni 10 mesi della media annua

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Il Sole 24 ORE 7. Patto di non concorrenza

65Febbraio 2015

L’agente plurimandatario per il quale il rap-porto cessato rappresenti almeno l’80% delle pro-prie provvigioni nel periodo di riferimento viene considerato come un monomandatario.

Per ottenere tale equiparazione l’agente dovrà, al momento della cessazione del rapporto, esibire scritture contabili valide ai fini fiscali dalle quali risulti il totale delle provvigioni percepite in cia-scuno degli anni di riferimento

Se il patto è inferiore a due anni l’ammontare dell’indennità viene ridotto in rapporto alla dura-ta effettiva sulla base di un parametro del:

● 40% per il primo anno; ● 60% per il secondo anno.

Violazione del patto

Il solo Aec settore Industria si occupa dell’ipo-tesi di violazione del patto di non concorrenza da parte dell’agente prevedendo:

● la restituzione di quanto già percepito; ● l’obbligo per l’agente di corrispondere una pe-

nale, la cui entità non potrà essere superiore al 50% dell’indennità prevista quale corrispetti-vo per l’assunzione dell’obbligo. Nella redazione del contratto è opportuno far

salvo l’eventuale ulteriore risarcimento del danno, ad evitare che l’importo della penale, la cui entità incontra il limite previsto dall’Aec, risulti di fatto inferiore rispetto al danno in effetti subito dal pre-ponente. In assenza della riserva espressa non sarà possibile agire per l’eventuale risarcimento ulteriore.

Dal punto di vista del campo di applicazione l’Aec settore Commercio (art. 7 dell’Aec 26 feb-braio 2002, ribadito nell’art. 7 dell’Aec 16 feb-braio 2009) limita il diritto all’indennità a favore degli agenti operanti in forma:

● individuale; ● società di persone; ● società di capitali con un unico socio; ● S.r.l. con due o più soci.

Determinazione indennità

L’indennità va commisurata al valore di base (media annua delle provvigioni degli ultimi 5 an-

ni, o dell’intero rapporto se di durata inferiore) diviso per 24 e corrisposto in ragione di tanti ven-tiquattresimi quanti sono i mesi del patto di non concorrenza.

Per gli agenti plurimandatari il contratto de-ve rappresentare almeno l’80% delle provvigioni percepite in ciascuno dei due anni antecedenti la cessazione del rapporto. Per ottenere tale equipa-razione, alla fine del rapporto l’agente dovrà esi-bire le scritture contabili dalle quali risultino gli anni di riferimento. Per i plurimandatari la base di calcolo è ridotta del 20% ed il valore ottenuto e riconosciuto al 50% sino a 5 anni di durata, al 75% tra 5 e 10 anni ed al 100% oltre i 10. La nota a verbale dell’art. 7 dell’Aec settore Commercio precisa che l’applicabilità dell’articolo decorre re-troattivamente a partire dal 1° giugno 2001.

Per gli agenti monomandatari l’importo viene riconosciuto per intero se il contratto sia superio-re a 5 anni, mentre in caso contrario all’85%.

Pagamento inderogabile in unica soluzione

Il rinnovo del 2009 ha aggiunto una precisa-zione in ordine all’inderogabilità del pagamento in unica soluzione alla fine del rapporto, peraltro ribadendo in parte quanto già previsto nell’art. 1751-bis c.c., ma introducendo altresì un elemen-to nuovo rispetto a quanto previsto nel Codice civile e cioè l’unicità del pagamento.

Questa particolarità potrebbe infatti determi-nare l’illegittimità delle clausole contrattuali che prevedono il pagamento dell’indennità nel corso del rapporto, sia come quota della provvigione, sia quale compenso forfettario (non legato quindi ad una percentuale sul valore dell’affare). Va tutta-via rilevato che anche in questo caso, come già ho osservato per il riconoscimento dell’indennità in forma provvigionale, il preponente, a seguito della declaratoria di illegittimità della clausola contrat-tuale, potrebbe richiedere la restituzione di quanto già corrisposto, a titolo di indebito oggettivo.

Previsione nel corso del rapporto

Una specifica clausola dell’Aec Commercio

Page 67: Agenti&Rappresentanti IlSole24Ore

Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

66 Febbraio 2015

regola il momento in cui il patto di non concor-renza, dopo la cessazione del rapporto, può essere concordato con l’agente. Il patto potrà infatti es-sere concordato solo al momento dell’inizio del rapporto di agenzia.

Divieto di variazione unilaterale

È esclusa ogni possibilità di variazione unilate-rale delle intese raggiunte in relazione al patto di

non concorrenza.Trattasi di una precisazione che crea qualche

problema interpretativo, posto che non è del tut-to chiaro se l’esclusione si riferisca a variazioni unilaterali di accordi raggiunti o piuttosto al di-vieto di inserire nel patto stesso la facoltà di ap-portare modifiche unilaterali, quali potrebbero essere ad esempio i patti di opzione e/o le facoltà di rinuncia al patto sulla base di dichiarazioni unilaterali.

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Il Sole 24 ORE 8. Previdenza Enasarco

67Febbraio 2015

8. Previdenza Enasarco

di Pietro Gremigni

L’Enasarco nasce nel 1938 su impulso delle or-ganizzazioni sindacali e delle case mandanti che ne prevedono l’istituzione nell’Aec 30 giugno 1938. Successivamente, con il regio decreto 6 giungo 1939, n. 1305 acquisisce la qualifica di Ente di diritto pubblico autonomo, ancorché sottoposto al controllo del Ministero del Lavoro, e con la fi-nalità di fornire assistenza sociale, formazione e istruzione professionale in favore della categoria degli agenti di commercio.

Le funzioni dell’Ente, così come le norme rela-tive alla gestione dei contributi dovuti dalle ditte preponenti e dagli agenti, venivano fissate nel re-golamento, approvato con delibera del Cda del 26 marzo 1953, e con conseguente D.M. 2 maggio 1953.

Seguivano varie modifiche del regolamento e successivamente la legge 2 febbraio 1973, n. 12 ribadiva natura e compiti dell’Ente in favore degli agenti di commercio e più precisamente:

● erogazione delle pensioni; ● formazione e qualificazione professionale; ● assistenza sociale; ● gestione dell’indennità di scioglimento del

contratto di agenzia.La legge del 1973 veniva successivamente mo-

dificata in più occasioni e nel 1996 l’Enasarco ve-niva privatizzato trasformandosi in Fondazione.

8.1 Fondazione Enasarco

Nel novembre 1996, con delibere del Cda n. 226 e 227 l’Enasarco si trasformava da Ente pub-blico in Fondazione, in applicazione del D.Lgs.

30 giugno 1994, n. 509.Restavano tuttavia sostanzialmente immutate

attività e finalità, così come le tre gestioni separate relative rispettivamente a:

● fondo previdenza; ● Firr (fondo indennità risoluzione rapporto); ● prestazioni integrative di previdenza.

La Fondazione è dotata di personalità giuridica di diritto privato, incaricata di pubbliche funzioni ex art. 38 della Costituzione, con autonomia ge-stionale, amministrativa e contabile, ed è gestita, sotto il controllo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, da un Consiglio di ammini-strazione rappresentativo delle associazioni sinda-cali degli agenti di commercio e delle Organiz-zazioni delle preponenti firmatarie degli accordi economici collettivi.

Una volta perfezionata la trasformazione in Fondazione, il Cda ha deliberato l’approvazione di un nuovo regolamento delle attività istituziona-li, approvato dal Ministero il 24 settembre 1998, successivamente modificato ed infine sostituito integralmente con delibera del Cda 95/2010, ap-provata dal Ministero del lavoro il 19 luglio 2011 con decorrenza dal 1 gennaio 2012.

Il regolamento del 2004 ha poi subito un’ul-teriore modifica con delibera del Cda 19.2.2004.

L’art. 1 del regolamento prevede quale attivi-tà istituzionale, l’erogazione agli agenti di cui agli artt. 1742 e 1752 del Codice civile della pensione di vecchiaia, invalidità, inabilità e superstiti inte-grativa di quella prevista dalla L. 22 luglio 1966, n. 613 che disciplina la previdenza obbligatoria dei soggetti impegnati nel settore terziario.

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

68 Febbraio 2015

Obbligo di iscrizione

Sono obbligatoriamente iscritti alla Fondazio-ne tutti gli agenti di commercio che operino sul territorio nazionale in nome e per conto di pre-ponenti italiani o di preponenti stranieri che ab-biano la sede o una qualsiasi dipendenza in Italia. L’obbligo di iscrizione riguarda sia gli agenti ope-ranti individualmente sia quelli operanti in forma societaria o comunque associata, qualunque sia la configurazione giuridica assunta. Anche i collabo-ratori delle società di mediazione creditizia sono tenuti ad iscriversi all’Enasarco (Min. Lavoro nota 25.3.2014).

Nei casi diversi da quelli indicati l’Enasarco può autorizzare l’agente che lo abbia richiesto ad iscriversi alla Fondazione medesima. In tal caso l’agente è ammesso al versamento, a suo esclusivo carico, del contributo previsto.

Il regolamento prevede l’estensione dell’ob-bligo di iscrizione ai preponenti stranieri privi di sede o dipendenza in Italia, che utilizzino agenti sul territorio italiano. Come già accennato, è fatta salva l’operatività di convenzioni internaziona-li sulla doppia contribuzione con la conseguen-za che, qualora il preponente straniero abbia già aperto una posizione previdenziale per l’agente nel proprio Paese all’estero, non dovrà duplicarla in Italia. Tuttavia, l’obbligo introdotto rappresen-ta un’assoluta novità e le formalità da adempiere destano non poche perplessità sulla sua effettiva legittimità

L’inizio e la cessazione di ciascun rapporto di agenzia da svolgersi in tutto o in parte sul territo-rio italiano devono essere comunicati all’Enasarco nel termine di 30 giorni nelle forme previste dalla Fondazione, che prevedono la gestione on line dei mandati di agenzia.

I preponenti, previa registrazione e abilitazio-ne ai servizi riservati, possono segnalare l’inizio e la cessazione di contratti di agenzia dal sito della Fondazione seguendo un’apposita procedura e so-stituendo a tutti gli effetti la compilazione e l’in-vio di modelli cartacei.

I dati da fornire sono i seguenti:a) data di inizio o cessazione;

b) cognome, nome, data e luogo di nascita, indi-rizzo e codice fiscale;

c) se l’agente sia mono o plurimandatario;d) ulteriori informazioni ritenute necessarie dalla

FondazionePer agli agenti operanti in forma associativa,

il preponente dovrà indicare, oltre ai dati previsti per le persone fisiche (così come sopra precisati da a) ad e), la sede, la denominazione o ragione sociale, la data di costituzione ed i numeri di iscri-zione al registro imprese ed alla Camera di com-mercio.

Vanno altresì indicati i dati dei soci illimitata-mente responsabili e la ripartizione in quote dei contributi. La ripartizione va confermata con una specifica dichiarazione, sottoscritta da tutti i soci illimitatamente responsabili.

8.2 Contributi obbligatori

I contributi previdenziali, i massimali e mini-mali, così come le modalità di pagamento sono espressamente disciplinate dal regolamento (artt. 4, 5, 6 e 7), che li pone a carico dell’agente e del preponente nella misura della metà per ciascuno (art. 4.2), precisando tuttavia che il preponente è responsabile del pagamento dei contribuiti anche per la parte a carico dell’agente.

È quindi prevista la responsabilità esclusiva del preponente nei confronti della Fondazione, a fronte della quale viene di norma applicata al-la fonte una ritenuta per contributi previdenziali sulle provvigioni corrisposte. In mancanza di trat-tenuta resta ferma la facoltà di regresso nei con-fronti dell’agente, qualora quest’ultimo non con-tribuisca nella quota allo stesso spettante.

Ammontare

Il contributo previdenziale obbligatorio, da calcolarsi su tutte le somme dovute all’agente a qualsiasi titolo in dipendenza del rapporto di agenzia anche se non ancora liquidate, compresi acconti e premi, è dal 2020 del 17% di cui il 14% destinato al calcolo delle prestazioni previdenziali ed il rimanente 3% destinato al ramo previdenza

Page 70: Agenti&Rappresentanti IlSole24Ore

Il Sole 24 ORE 8. Previdenza Enasarco

69Febbraio 2015

a titolo di solidarietà. Il contributo è dovuto per gli agenti che ope-

rino in forma individuale e per quelli che operino in forma societaria o associata. Il contributo è a

carico del preponente e dell’agente in misura pa-ritetica.

Ecco le aliquote contributive applicate dal 2013 in poi.

Aliquote contributive

2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020

Aliquota comples-siva 13,75% 14,20% 14,65% 15,10% 15,55% 16% 16,50% 17%

Aliquota previden-ziale 12,50% 12,50% 12,50% 12,50% 12,55% 13,00% 13,50% 14%

Aliquota solidarietà 1,25% 1,70% 2,15% 2,60% 3,00% 3,00% 3,00% 3%

In caso di rapporti di agenzia con agenti ope-ranti in forma societaria o associata che implichi la responsabilità illimitata di uno o più soci, il contributo è suddiviso tra i soci illimitatamente responsabili in misura corrispondente alla quota di partecipazione societaria di ciascuno.

Il contributo è dovuto dal 2015, per ciascun rapporto di agenzia, nel limite inderogabile del massimale provvigionale annuo di:

● � 37.500,00 per l’agente monomandatario;

● � 25.000,00 per ciascun rapporto di agenzia dell’agente plurimandatario. Il massimale provvigionale annuo non è frazio-

nabile e il preponente è tenuto a comunicare per ciascun agente l’ammontare di tutte le provvigio-ni liquidate, anche nel caso di superamento dei massimali provvigionali.

Il predetto massimale è così incrementato ne-gli anni successivi.

Massimale

2012 2013 2014 2015

Monomandatario 30.000 32.500 35.000 37.500

Plurimandatario 20.000 22.000 23.000 25.000

Sono inoltre previsti i seguenti contributi mi-nimi annui, rivalutati ogni due anni:

● � 800,00 per il preponente di agenti mono-mandatari;

● � 400,00 per ciascun preponente degli agenti plurimandatari.Il contributo minimo annuo è frazionabile in

quote trimestrali cumulate per i singoli trimestri,

a condizione che in uno di essi siano maturate provvigioni.

Laddove l’inizio o la cessazione del rapporto avvenga nel corso dell’anno, il minimo di contri-buzione è frazionato in quote trimestrali ed è ver-sato per tutti i trimestri di durata del rapporto. La differenza tra il minimale contributivo ed i con-tributi effettivamente maturati è a carico integrale

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

70 Febbraio 2015

Pagamento

Il pagamento dei contributi deve necessaria-mente essere preceduto dall’invio alla Fondazio-ne per via telematica o attraverso altro strumento informatico di una distinta di versamento conte-nente i seguenti elementi:a) dati del preponente: denominazione o ragione

sociale, codice fiscale e numero di posizione assegnato dalla Fondazione;

b) periodo al quale si riferiscono i contributi;c) fondo al quale si riferiscono i contributi;d) dati anagrafici e codice fiscale di ciascun agen-

te;e) ammontare delle provvigioni e importo con-

tributivo per ciascun agente (per agenti ope-ranti in forma associativa va indicato l’impor-to complessivo delle provvigioni della società e la quota di contributi attribuita a ciascuno dei soci illimitatamente responsabili in base a quanto risultante dalla dichiarazione;

f ) modalità di effettuazione del versamento;g) firma del preponente, anche elettronica, lad-

dove consentito dal Cda della Fondazione;h) eventuali ulteriori necessarie informazioni così

come stabilite dal Cda della Fondazione.Per gli agenti che operino in forma associativa

oltre a ragione e denominazione sociale, vanno in-dicati i dati anagrafici ed il codice fiscale dei soci illimitatamente responsabili e la quota contributi-

va da attribuirsi a ciascuno, come previsto dall’art. 3 (commi 1 e 4), che prevede l’allegazione di una dichiarazione sottoscritta da tutti i soci illimita-tamente responsabili a conferma dell’attribuzione delle rispettive quote di contribuzione.

Il versamento dei contributi va effettuato tra-mite Rid bancario è accorpato su base trimestrale alle seguenti scadenze:

● 1° gennaio – 31 marzo; ● 1° aprile – 30 giugno; ● 1° luglio – 30 settembre; ● 1° ottobre – 31 dicembre)

e deve essere effettuato entro il giorno 20 del secondo mese successivo alla scadenza del trime-stre di riferimento e quindi entro:

● 20 febbraio ● 20 maggio ● 20 agosto ● 20 novembre.

8.3 Contributi facoltativi

Al solo fine di incrementare il montante con-tributivo è data facoltà all’agente che abbia alme-no un rapporto di agenzia in essere di versare, a suo esclusivo carico, un contributo annuo facolta-tivo ulteriore rispetto a quello obbligatorio. La fa-coltà è riconosciuta all’iscritto antecedentemente al 1° gennaio 2004 al solo fine di incrementare la

del preponente. I preponenti che si avvalgano di agenti costituiti sotto forma di società per azioni o società a responsabilità limitata sono tenuti al pa-

gamento di un contributo posto esclusivamente a loro carico e determinato sulla base della seguente tabella.

Agenti S.p.a. o S.r.l. – Contributo

Provvigioni annue Aliquota contributiva 2014 Aliquota contributiva 2015

fino ad � 13.000.000,00 3,20% 3,60%

da � 13.000.000,01 ad � 20.000.000,00 1,60% 1,80%

da � 20.000.000,01 ad � 26.000.000,00 0,80% 0,90%

oltre � 26.000.000,01 0,30% 0,40%

Page 72: Agenti&Rappresentanti IlSole24Ore

Il Sole 24 ORE 8. Previdenza Enasarco

71Febbraio 2015

quota di pensione calcolata dal 1° gennaio 2004.

8.4 Contributi volontari

Gli agenti che cessino, temporaneamente o definitivamente, l’attività e che non siano tito-lari di pensione di invalidità, inabilità o rendita contributiva, possono chiedere di essere ammessi al versamento di un contributo volontario a lo-ro esclusivo carico, qualora vantino, all’atto della cessazione dell’attività, un’anzianità contributiva pari ad almeno cinque anni di cui almeno tre nel quinquennio precedente la cessazione dell’attività stessa.

Il contributo, è all’aliquota vigente applicata alla media delle provvigioni liquidate negli ulti-mi tre anni di contribuzione obbligatoria, anche non consecutivi. Il contributo volontario non può comunque essere inferiore all’ammontare del mi-nimale contributivo previsto per il monomanda-tario.

L’agente può chiedere di versare volontaria-mente i contributi omessi o evasi da imprese

preponenti dichiarate fallite o sottoposte ad altra procedura concorsuale, comprovando, con appo-sita documentazione, la sussistenza dell’obbligo di versamento della contribuzione omessa o evasa ed il relativo ammontare.

8.5 Firr

Una delle tre gestioni separate della Fondazio-ne Enasarco è costituita dal Firr (Fondo indennità di risoluzione del rapporto) nel quale vengono ac-cantonati di anno in anno da parte dei preponenti gli importi previsti dalla contrattazione colletti-va per una delle tre componenti dell’indennità di fine rapporto e cioè l’indennità di risoluzione del rapporto. I preponenti sono infatti tenuti ad effettuare annualmente i versamenti di quanto previsto a questo titolo dalla contrattazione col-lettiva: in particolare l’indennità va accantonata nel fondo Firr applicando le aliquote stabilite dagli Aec a tutte le somme corrisposte all’agente nell’anno solare precedente a titolo di provvigio-ne. L’ammontare è pari a quanto indicato nella Tabella successiva.

I versamenti debbono essere effettuati entro il 31 marzo successivo all’anno solare di riferimento (1 gennaio – 31 dicembre).

Ai fini del riconoscimento all’agente degli im-porti accantonati presso il Firr, è sufficiente che la Fondazione riceva la documentazione attestante la data di cessazione del rapporto.

Come già precisato nel capitolo 11, gli Aec del 2002 prevedono solo 3 ipotesi nelle quali l’inden-nità accantonata presso il fondo Firr non verrà ri-

conosciuta all’agente e più precisamente laddove il contratto venga risolto dal preponente per:

● appropriazione indebita da parte dell’agente di somme del preponente;

● concorrenza sleale; ● violazione dell’obbligo di monomandato.

L’Aec 16 febbraio 2009 (settore commercio) ha ridotto ad un’unica ipotesi il mancato rico-noscimento del Firr, qualora lo scioglimento del

Scaglioni annui (provvigioni)

Con esclusiva Senza esclusiva Aliquota

Fino a � 12.400,00 Fino a � 6.200,00 4%

Da � 12.400,01 a � 18.600,00 Da � 6.200,01 a � 9.300,00 2%

Oltre � 18.600,00 Oltre � 9.300,00 1%

Page 73: Agenti&Rappresentanti IlSole24Ore

Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

72 Febbraio 2015

rapporto avvenga ad iniziativa della casa mandan-te a causa della ritenzione indebita di somme di spettanza della stessa.

In queste ipotesi l’indennità accantonata non verrà versata all’agente, ma restituita al preponen-te secondo le modalità indicate nei regolamenti allegati agli Aec di settore.

Per il preponente l’obbligo di accantonamen-to cessa alla data di scioglimento del contratto di agenzia. Le somme non versate a tale data sono corrisposte direttamente all’agente da parte del preponente (operando la ritenuta d’acconto del 20%).

CODICE FISCALE FRIZZERA

CODICE DEL PROCESSO

TRIBUTARIO

a cura di Ernesto Maria Ruffini

Il Codice del processo tributario, contenente sia la normativa fiscale che il Codice di procedura civile, completa la linea dei Codici Fiscali Frizzera: uno stru-mento essenziale per il professionista che si accinge ad affrontare una controversia di natura tributaria. La normativa sul processo tributario correlata at-traverso puntuali rimandi alle norme della procedura civile applicabili. Aggiornato con le novità del proces-so telematico (D.M. 1 201 ), le misure per sempli-ficare il procedimento esecutivo (D.L. 1 2 201 ), la Legge di Stabilità 2015.

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Page 74: Agenti&Rappresentanti IlSole24Ore

Il Sole 24 ORE 9. Contabilità

73Febbraio 2015

9. Contabilità

di Mario Jannaccone

9.1 Registri contabili obbligatori

Gli agenti e rappresentanti di commercio sono obbligati alla tenuta delle scritture contabili. L’ob-bligo riguarda:

● società di capitali (S.r.l.; S.p.A.; S.a.p.a.); ● società di persone (S.n.c., S.a.s.); ● ditte individuali.

Scritture contabili obbligatorie

secondo il codice civile

L’art. 2214 c.c. prevede le seguenti scritture obbligatorie:

● libro giornale; ● libro degli inventari; ● altre scritture contabili «richieste dalla natura e

dalle dimensioni dell’impresa» (scritture ausiliarie).Il contribuente è inoltre tenuto a conservare

ordinatamente per ciascun affare:a) originali delle lettere, dei telegrammi e delle

fatture ricevute;b) copie delle lettere, dei telegrammi e delle fat-

ture spedite.

Registri obbligatori per le società

di capitali

Le società di capitali con mandato di agenzia, oltre ai registri contabili sopra indicati, devono te-nere i sotto indicati libri sociali.

In particolare, la S.r.l. deve tenere: ● il libro delle decisioni dei soci; ● il libro delle decisioni degli amministratori;

● il libro delle decisioni del collegio sindacale o del revisore, nominati ai sensi dell’art. 2477 c.c.I libri sopra citati, prima di essere utilizzati,

vanno numerati progressivamente in ogni pagina e bollati in ogni foglio secondo quanto disposto dall’art. 2215 c.c.

Libri obbligatori secondo la disciplina

del lavoro

Registro degli infortuni: serve per annotare in ordine cronologico gli infortuni sul lavoro. Deve essere intestato all’azienda e prima di essere messo in uso, deve essere vidimato dall’organo preposto. In tale registro devono essere annotati: nome, co-gnome, qualifica professionale dell’infortunato, cause dell’infortunio, data di abbandono e data di ripresa del lavoro;

Il D.L. 112/2008 conv. con modif. con L. 113/2008 in vigore dal 25.6.2008 ha soppresso il libro matricola, il libro paga e il libro delle pre-senze ed ha istituito il libro unico del lavoro. Il procedimento di introduzione del libro unico del lavoro prevede che dal 18.8.2008 siano abrogati il libro matricola e il registro d’impresa (che in ogni caso dovranno essere conservati per 5 anni dall’ultima registrazione).

9.2 Contabilità semplificata

I regimi contabili e fiscali attualmente in vigo-re sono, di seguito, indicati:

● contabilità semplificata; ● contabilità ordinaria;

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

74 Febbraio 2015

● nuovo regime dei minimi.Il D.L. 70/2011, conv. con modif. dalla L.

106/2011, dal 14.5.2011, ha aumentato il limi-te annuo dei ricavi, il cui mancato superamento consente la tenuta della contabilità semplificata. Fino al 13.5.2011 i limiti erano di � 309.874,14 per le prestazioni di servizi (ora � 400.000 e di � 516.456,90 (ora � 700.000) per le altre atti-vità. Il regime di contabilità semplificata è utiliz-zabile dalle imprese individuali e dalle imprese collettive esercitate da società di persone e assi-milate che nel periodo d’imposta di riferimen-to abbiano conseguito ricavi non superiori a � 400.000 (� 309.874,14 fino al 13.5.2011) per le imprese aventi ad oggetto prestazioni di servizi o a � 700.000 (� 516.456,90 fino al 13.5.2011) per le imprese aventi ad oggetto altre attività. Dall’1.1.2008 i professionisti che soddisfano de-terminati requisiti possono avvalersi del regime dei contribuenti minimi (art. 1, co. da 96 a 117, L. 244/2007 [CFF ➋ 6195]).

Per la verifica del limite di ricavi relativi alle prestazioni di servizi per mantenere la conta-bilità semplificata, sono considerate tali (D.M. 17.1.1992 [CFF ➊ 1131]):

● quelle dipendenti da contratti d’opera, appal-to, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbliga-zioni di fare, di non fare e di permettere;

● le concessioni di beni in locazione, affitto, no-leggio e simili;

● le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d’autore, quelle relative ad invenzioni industriali, modelli, disegni, processi, formule e simili e quelle relative a marchi e insegne, e le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti o beni similari ai precedenti;

● i prestiti di denaro e di titoli non rappresen-tativi di merci, comprese le operazioni finan-ziarie mediante la negoziazione, anche a titolo di cessione pro soluto, di crediti, cambiali o assegni.

● le somministrazioni di alimenti e bevande; ● le cessioni di contratti di ogni tipo e oggetto; ● le assegnazioni ai soci fatte a qualsiasi titolo da

società di ogni tipo e oggetto nonché le asse-

gnazioni e le analoghe operazioni fatte da altri enti privati o pubblici, compresi i consorzi e le associazioni o altre organizzazioni senza per-sonalità giuridica quando hanno per oggetto cessioni, concessioni o licenze di cui ai numeri 2, 3 e 6;

● le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d’autore effettuate dagli autori e loro eredi o legatari, tranne quelle relative ai dise-gni ed alle opere dell’architettura, arte cinema-tografica e alle opere di ogni genere utilizzate dalle imprese a fini di pubblicità commerciale;

● i prestiti obbligazionari o le relative prestazioni di mandato e mediazione;

● le cessioni dei contratti che hanno per oggetto cessioni di denaro o crediti in denaro, aziende o rami di azienda (anche conferiti) e terreni non suscettibili di utilizzazione edificatoria;

● le prestazioni di mandato e di mediazione re-lative ai diritti d’autore, tranne i diritti concer-nenti opere di cui al numero 8, e le prestazioni relative alla protezione dei diritti d’autore di ogni genere, comprese quelle di intermediazio-ne nella riscossione dei proventi;

● le prestazioni dei commissionari relative ai passaggi dal committente al commissionario;

● le prestazioni rese o ricevute dai mandatari senza rappresentanza (anche nei rapporti tra il mandante ed il mandatario).Anche le imprese minori in contabilità sempli-

ficata determinano il reddito in via analitica sot-traendo dai componenti positivi di reddito i costi e le spese consentiti dalle norme fiscali.

Per le imprese minori, salvo opzione per il re-gime ordinario di tassazione, il reddito si determi-na sottraendo dai ricavi (calcolati per competen-za economica e non sulla base della registrazione Iva) i costi sostenuti e ammessi in deduzione dalla normativa fiscale, con alcune limitazioni rispetto alle imprese in contabilità ordinaria (ad es. sono indeducibili gli accantonamenti, con la sola ecce-zione dell’accantonamento relativo al trattamento di fine rapporto per i dipendenti). Quasi tutte le norme previste per le imprese in contabilità ordi-naria sono, quindi, applicabili.

La contabilità da adottare è quella semplifica-

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Il Sole 24 ORE 9. Contabilità

75Febbraio 2015

ta, cioè quella da tenere ai fini Iva con le necessa-rie integrazioni.

Ai fini della deducibilità degli ammortamen-ti, le annotazioni relative possono essere eseguite, anziché nell’apposito registro, nel registro degli acquisti, entro il termine di presentazione della dichiarazione (art. 2, co. 1, D.P.R. 695/1996 [CFF

➊ 1554b]). Dall’1.1.2002 tali scritture possono non essere tenute purché il contribuente, qualora ri-chiesto dall’Amministrazione, fornisca in forma sistematica i dati previsti dal registro dei beni am-mortizzabili.

In presenza di dipendenti, è obbligatoria la te-nuta del libro unico del lavoro, del libro paga e del registro degli infortuni.

Registri contabili

L’agente o rappresentante di commercio deve tenere i seguenti registri:

● registro delle fatture di acquisto ai fini Iva; ● registro delle fatture emesse ai fini Iva; ● registro dei beni ammortizzabili (se l’azien-

da dispone di beni strumentali). I soggetti in contabilità semplificata possono non tenere il registro dei beni ammortizzabili, a condizione che, in caso di richiesta dell’Amministrazione finanziaria, vengano forniti in forma sistema-tica gli stessi dati che avrebbero dovuto essere indicati nei registri stessi, per es.: l’anno di ac-quisizione, il costo originario, il fondo di am-mortamento, ecc. (art. 13, D.P.R. 7.12.2001, n. 435 [CFF ➋ 6736]).

Registrazioni obbligatorie ai fini Iva

Nei registri obbligatori ai fini Iva vanno ripor-tati tutti i costi, ricavi e altre operazioni, non sog-gette ad Iva, che concorrono alla determinazione del reddito di esercizio.

Tali operazioni: ● vanno registrate nel termine di 60 giorni a de-

correre dalla data di effettuazione delle opera-zioni stesse;

● vanno annotate cronologicamente;

● vanno riportate secondo le modalità dell’art. 2219 c.c.: senza spazi in bianco, senza inter-linee, senza trasporti a margine e senza fare abrasioni (in presenza di qualche cancellazione questa va fatta in modo tale che le parole can-cellate risultino leggibili).Le operazioni non soggette a registrazione agli

effetti dell’Iva, se di competenza dell’esercizio, vanno separatamente annotate nei registri Iva con le modalità e nei termini stabiliti per le operazioni soggette a registrazione (art. 18, D.P.R. 600/1973 [CFF ➋ 6318]).

Esempi di operazioni non soggette a registra-zione Iva:

● note di accredito senza Iva; ● interessi bancari attivi; ● costi del personale (retribuzioni, contributi di

previdenza); ● onere assicurativo; ● canone di affitto del locale; ● ricevute fiscali per vitto.

Le annotazioni per il calcolo del reddito da assoggettare ad imposte dirette (D.M. 2.5.1989 [CFF ➋ 6439]) devono essere effettuate entro il ter-mine per la presentazione della dichiarazione dei redditi. I componenti positivi o negativi di redditi che rilevano ai fini delle imposte dirette riguar-dano le operazioni che non risultano dai registri tenuti ai fini Iva in quanto:

● non costituiscono cessioni di beni; ● non costituiscono prestazioni di servizi; ● non concorrono alla formazione del reddito

imponibile secondo la normativa Iva vigente.

Annotazioni rilevanti ai fini

della determinazione del reddito

L’annotazione rispetta le stesse norme fiscali adottate dalle imprese in contabilità ordinaria e riguarda:

● ratei e risconti; ● fatture da emettere e da ricevere; ● plusvalenze; ● sopravvenienze attive; ● minusvalenze;

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

76 Febbraio 2015

● sopravvenienze passive; ● perdite di beni strumentali; ● compensi spettanti agli amministratori delle

società in nome collettivo e in accomandita semplice e partecipazioni agli utili delle stesse società spettanti ai predetti soggetti;

● compensi ai dipendenti e agli associati in par-tecipazione;

● oneri di utilità sociale; ● ammortamenti dei beni materiali e immateria-

li (annotazione facoltativa); ● accantonamenti di quiescenza e previdenza; ● spese relative a più esercizi; ● altre operazioni rilevanti ai fini della determi-

nazione del reddito di impresa.

Formazione del reddito e principio

di competenza

L’art. 109, co. 1, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5209] adotta come criterio generale nella determinazione del reddito d’impresa il principio di competenza dei ricavi e delle spese e di ogni altro componen-te positivo o negativo di reddito. I componenti positivi e negativi di reddito concorrono alla for-mazione del reddito imponibile ai fini dell’impo-sta sui redditi nell’esercizio d’imposta in cui sono stati conseguiti, a prescindere dal momento in cui è avvenuta la relativa movimentazione finanziaria.

Le prestazioni di servizio si considerano con-seguite e le spese di acquisizione di servizi si con-siderano sostenute alla data in cui sono state ulti-mate. Le spese per acquisto di beni si considerano sostenute alla data della consegna o della spedizio-ne per i beni mobili o della stipulazione dell’atto per i beni immobili.

Quote di ammortamento: i contribuenti in contabilità semplificata possono non tenere il li-bro dei beni ammortizzabili, qualora i relativi dati siano forniti su richiesta dell’Amministrazione fi-nanziaria.

Spese per prestazioni di lavoro dipendente: possono essere registrate globalmente entro il ter-mine previsto per la presentazione della dichiara-zione dei redditi a condizione che tali spese, se erogate, risultino dalla contabilità sul lavoro.

La deducibilità ai fini Irpef è ammessa solo se: ● risultano regolarmente annotate nella contabi-

lità obbligatoria ai fini della legislazione spe-ciale del lavoro;

● sono state pagate le somme dovute ai lavora-tori dipendenti (principio di cassa). La C.M. 19.2.1997, n. 45/E ha affermato come ciò rap-presenti una deroga rispetto al principio gene-rale di competenza per la determinazione del reddito di impresa. Qualora, infatti, nel perio-do d’imposta la rilevazione della spesa non sia seguita da effettiva erogazione delle somme dovute, la spesa stessa non è deducibile ai fini della determinazione del reddito d’impresa.Contributi ad associazioni di categoria e sinda-

cati: ai sensi dell’art. 99, co. 3, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5199], sono deducibili nell’esercizio in cui sono pagati nell’ammontare dovuto in base a deli-bera dell’associazione.

Imposte deducibili: ai sensi dell’art. 99, co. 1, D.P.R. 917/1986, sono deducibili nell’esercizio di pagamento, e non per competenza, le imposte e tasse non rientranti tra quelle indeducibili. Sono ad esempio deducibili l’imposta di registro, le tas-se di concessione governativa, la pubblicità, ecc.

9.3 Registri ai fini Iva

È richiesta la tenuta di due registri distinti, uno per le fatture emesse (in alternativa è possi-bile tenere il bollettario a madre e figlia che funge da blocco fatture e da libro per annotare le stesse) ed uno per le fatture di acquisto.

Su di essi vanno registrati gli estremi dei da-ti contenuti nei documenti Iva emessi o ricevu-ti (fatture, note di accredito, note di addebito), nonché le liquidazioni ed i versamenti o i rimbor-si Iva periodici (da riportare sul libro delle fatture emesse).

Registro delle fatture di acquisto

Art. 25, D.P.R. 633/1972

È obbligatorio per tutti i soggetti che svolgono un’attività d’impresa o arte o professione per po-ter effettuare la detrazione dell’Iva. Sono esonerati

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Il Sole 24 ORE 9. Contabilità

77Febbraio 2015

da yale obbligo i contribuenti minimi, nonché i soggetti ammessi ak regime delle nuove attività.

Il contribuente deve numerare in ordine pro-gressivo le fatture e le bollette doganali, relative ai beni o servizi acquistati o importati, nell’esercizio dell’attività di agenzia. Sono comprese le autofat-ture.

Ai fini della registrazione va riportato: ● data della fattura (o autofattura) o della bollet-

ta doganale; ● numero progressivo attribuito; ● ditta, denominazione o ragione sociale del ce-

dente del bene o prestatore di servizi, ovvero nome e cognome se non si tratta di imprese, società o enti;

● ammontare imponibile distinto per aliquota; ● ammontare dell’imposta distinto per aliquota.

Per le fatture relative a operazioni non imponi-bili o esenti occorre indicare:

● ammontare delle operazioni non imponibili o esenti;

● titolo di inapplicabilità dell’imposta e ● norma relativa.

È possibile effettuare delle rettifiche mediante variazioni da riportare nel registro degli acquisti.

Ai sensi dell’art. 18, D.P.R. 600/1973 [CFF ➋

6318] è possibile annotare anche le operazioni non soggette ai fini Iva: retribuzioni, premi di assicu-razione, altri costi sostenuti.

Registro delle fatture emesse

Art. 23, D.P.R. 633/1972

Il contribuente deve annotare entro 15 giorni dalla data di emissione le fatture emesse, nell’or-dine della loro numerazione e con riferimento alla data di emissione, indicando per ciascuna:

● numero progressivo attribuito; ● data di emissione; ● ditta, denominazione o ragione sociale del

committente del servizio, ovvero nome e co-gnome se non si tratta di impresa, società o ente;

● ammontare imponibile (distinto per aliquota); ● ammontare dell’imposta (distinto per aliquo-

ta).Per le fatture relative ad operazioni non impo-

nibili o esenti occorre indicare: ● ammontare delle operazioni non imponibili o

esenti; ● titolo di inapplicabilità dell’imposta e ● norma relativa.

Con il Decreto Sviluppo è stato innalzato da euro 154,90 ad euro 300 l’importo delle fattu-re emesse e ricevute per le quali la registrazione ai fini Iva può essere effettuata, anziché singolar-mente, con l’annotazione di un unico documento riepilogativo mensile. Con il D.L. Sviluppo vie-ne estesa anche alle autofatture emesse a norma dell’art. 17, co. 2, D.P.R. 633/1972.

È possibile effettuare delle rettifiche mediante variazioni da riportare nel registro delle vendite.

Ai sensi dell’art. 11, co. 1, D.P.R. 7.12.2001, n. 435, i contribuenti (siano essi «mensili» o «tri-mestrali»), a decorrere dalle liquidazioni relative al 2002, non sono più tenuti ad annotare gli ele-menti necessari per il calcolo dell’imposta in ap-posita sezione dei registri delle fatture emesse o dei corrispettivi.

Per quanto riguarda il versamento dell’impo-sta relativa ai periodi di liquidazione, non sarà più necessario effettuare l’annotazione dei relativi estremi sui registri delle fatture emesse o dei cor-rispettivi.

Registro dei beni ammortizzabili

A partire dal 21.2.1997 per i contribuenti in contabilità semplificata non è più obbligatorio il registro dei beni ammortizzabili, purché le rela-tive annotazioni vengano effettuate entro il ter-mine della dichiarazione dei redditi sui registri Iva acquisti (art. 2, co. 1, D.P.R. 695/1996 [CFF

➊ 1554b]).Per effetto degli artt. 12 e 13 del D.P.R.

7.12.2001, n. 435 [CFF ➋ 6735 – 6736], che intro-ducono alcune semplificazioni in relazione alla te-nuta, da parte delle imprese, dei registri Iva e del registro dei beni ammortizzabili, non sono state modificate le disposizioni già esistenti in mate-ria di tenuta dei registri Iva e cespiti, ma è stata

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

78 Febbraio 2015

introdotta la possibilità (e non l’obbligo) di non tenere, a determinate condizioni, i registri stessi.

L’art. 16, D.P.R. 600/1973 [CFF ➋ 6316] disci-plina le modalità di tenuta del registro dei beni ammortizzabili.

Devono essere indicati:a) per ciascun immobile;b) per ciascun bene mobile;c) per ciascun bene mobile iscritto in pubblici re-

gistri (autoveicoli, natanti, aeromobili);d) per ciascuna categoria omogenea, se diversa dai

beni indicati alle lettere a) e b) (mobili compu-ters, ecc.), distinta per anno di riferimento e coefficiente;i seguenti dati:

● anno di acquisizione; ● costo originario. È ricavabile, solitamente, dal-

la fattura di acquisto ed è comprensivo di even-tuali oneri accessori (ad es. le spese di trasporto o di installazione, le tasse pagate per l’acquisto di un immobile). Il costo è al lordo dell’Iva se questa è indetraibile (acquisto autovettura);

● rivalutazioni e svalutazioni; ● fondo ammortamento nella misura raggiunta

al termine del periodo di imposta precedente; ● coefficiente di ammortamento effettivamente

praticato nel periodo di imposta; ● quota annuale di ammortamento; ● eliminazioni dal processo produttivo (dismis-

sioni del bene per vendita, obsolescenza, ecc.); ● costi di manutenzione, riparazione, ammo-

dernamento e trasformazione che non sono immediatamente deducibili. Vanno iscritti in voci separate del registro dei beni ammortizza-bili a seconda dell’anno di formazione;

● beni gratuitamente devolvibili. Va distinta-mente indicata la quota annua che affluisce al fondo di ammortamento finanziario;

● minor ammontare, distintamente indicato nei registri dei beni ammortizzabili, qualora le quote di ammortamento annuali risultino inferiori alla metà di quelle derivanti dall’ap-plicazione dei coefficienti prefissati.N.B.: a norma dell’art. 13, D.P.R. 7.12.2001,

n. 435, i contribuenti in contabilità semplificata

hanno la facoltà di non tenere il registro dei beni ammortizzabili, a condizione di fornire in forma sistematica, a seguito di richiesta dell’Ammini-strazione finanziaria, gli stessi dati che devono essere normalmente riportati sul libro dei cespiti ai sensi dell’art. 16, D.P.R. 600/1973 [CFF ➋ 6316]. Da evidenziare, in proposito, che a differenza dei soggetti in contabilità ordinaria, i contribuenti in contabilità semplificata non sono obbligati in ca-so di mancata tenuta del registro dei beni ammor-tizzabili, a effettuare le relative annotazioni in altri libri o registri, fatta salva la necessità (comunque facoltativa) di tenere memoria extracontabile dei dati sia al fine di una più agevole determinazione degli ammortamenti (e delle eventuali plusvalen-ze o minusvalenze conseguenti a cessioni) sia per essere in grado, se richiesti, di fornire i dati stessi all’Amministrazione finanziaria.

In base a quanto previsto dall’art. 65, T.U.I.R. [CFF ➋ 5165], gli immobili strumentali (per natu-ra e/o per destinazione) dell’impresa si conside-rano ad essa relativi per i soggetti in contabilità semplificata solo se annotati nel registro dei beni ammortizzabili, è da intendersi valida anche per i beni che vengono, invece, indicati nel registro degli acquisti.

Il registro dei beni ammortizzabili, se tenuto, va compilato entro il termine previsto per la pre-sentazione della dichiarazione dei redditi.

Il registro non è più soggetto a bollatura. Ba-sta la numerazione progressiva delle pagine che lo compongono (art. 8, L. 18.10.2001, n. 383).

9.4 Contabilità ordinaria

Per la tenuta della contabilità ordinaria, l’im-prenditore commerciale (persona fisica o società) deve predisporre i libri obbligatori ed effettuare le registrazioni come previsto dagli artt. da 13 a 22, D.P.R. 600/1973 [CFF ➋ 6313 – 6322], recanti dispo-sizioni in materia di accertamento delle imposte sui redditi e in materia di Iva.

Il regime di contabilità ordinaria è obbligato-rio per i soggetti che rientrano nelle seguenti ca-tegorie:

● società ed enti commerciali soggetti ad Ires.

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Il Sole 24 ORE 9. Contabilità

79Febbraio 2015

Infatti per le società di capitali ed altri enti che svolgono attività commerciale, la contabilità ordinaria è obbligatoria indipendentemente dal volume di ricavi;

● imprese individuali e società di persone che hanno conseguito, nel periodo d’imposta pre-cedente, ai sensi dell’art. 85, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5185], ricavi superiori a:

– � 400.000 (� 309.874,14 fino al 13.5.2011), se esercitano attività di servizi;

– � 700.000 (� 516.456,90 fino al 13.5.2011) se esercitano altre attività.

Si può trattare, in particolare, di: – persone fisiche esercenti attività commer-

ciali (ditte individuali); – società in nome collettivo; – società in accomandita semplice; – società di fatto esercenti attività commer-

ciali ai sensi dell’art. 55, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5155];

– società di armamento; ● imprese individuali e società di persone che

hanno optato per il regime ordinario.Le norme per la determinazione del reddito

d’impresa dei soggetti in regime ordinario sono contenute nella sezione I del capo II (Ires).

Non sono obbligati alla tenuta della contabili-tà ordinaria, se non per opzione, le società di per-sone e le ditte individuali i cui ricavi non superino i limiti prefissati.

Opzione per la contabilità ordinaria

La scelta va effettuata: ● nella dichiarazione annuale Iva relativa all’an-

no precedente; ● nella dichiarazione di inizio attività.

L’opzione ha effetto fino a revoca e comunque per almeno 3 anni per la scelta dei regimi di de-terminazione dell’Iva e per almeno 1 anno per la scelta dei regimi contabili.

L’art. 1, D.P.R. 10.11.1997, n. 442 [CFF ➋ 6996]

modifica la disciplina delle opzioni per i regimi contabili: non è più prevista l’opzione preventiva in quanto sia l’opzione che la revoca di regimi di

determinazione dell’imposta o di regimi contabili si desumono:

● dal comportamento concludente del contri-buente (vale a dire dal comportamento tenuto in concreto) o,

● dalle modalità di tenuta delle scritture conta-bili.La validità dell’opzione (o della revoca) è su-

bordinata alla concreta attuazione sin dall’inizio dell’attività o dell’anno.

Registri contabili

Il regime di contabilità ordinaria prevede la te-nuta di una serie di registri contabili.

Registri obbligatori ai fini Iva. Sono: ● il registro delle fatture di acquisto e ● il registro delle fatture emesse.

Libro giornale – Art. 2216 c.c. Il libro giorna-le riporta cronologicamente le operazioni relative all’esercizio di impresa (registrazione analitica).

La tenuta della contabilità ordinaria implica la registrazione delle operazioni economiche e delle movimentazioni finanziarie. Il metodo utilizzato per la registrazione contabile è quello della partita doppia.

Libri giornali sezionali. È consentito tenere libri giornali sezionali per la medesima azienda purché le operazioni vengano poi riassunte su un libro giornale riepilogativo. I registri Iva possono considerarsi libri sezionali relativamente agli ac-quisti e alle fatture emesse.

Libro degli inventari

Art. 2217 c.c. – Art. 15, D.P.R. 600/1973

L’inventario è obbligatorio per l’esercente atti-vità di impresa in regime di contabilità ordinaria.

Va redatto all’inizio dell’esercizio dell’attività di impresa e successivamente ogni anno.

Redazione annuale. La redazione annuale de-ve:

● avvenire, comunque, entro 3 mesi dal termi-ne per la presentazione della dichiarazione dei redditi ai fini delle imposte dirette (art. 15,

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

80 Febbraio 2015

D.P.R. 600/1973); ● chiudersi con il bilancio (stato patrimoniale) e

con il conto economico e con la nota integra-tiva (per i bilanci U.E.);

● essere sottoscritto dal contribuente.

Facoltà di tenuta dei registri Iva

e dei beni ammortizzabili

Dall’1.1.2002, alla luce degli artt. 12 e 13, D.P.R. 7.12.2001, n. 435 [CFF ➊ 1742], che intro-ducono alcune semplificazioni in relazione alla te-nuta, da parte delle imprese, dei registri Iva e del registro dei beni ammortizzabili, non sono state modificate le disposizioni già esistenti in mate-ria di tenuta dei registri Iva e cespiti, ma è stata introdotta la possibilità (e non l’obbligo) di non tenere, a determinate condizioni, i registri stessi.

In particolare, le imprese in contabilità ordina-ria, nell’ipotesi di tenuta dei libri previsti dall’art. 2214 del Codice civile (libro giornale e degli in-ventari) possono non tenere i registri Iva ed il re-gistro dei beni ammortizzabili a condizione che:

● le registrazioni siano effettuate nel libro gior-nale nei termini previsti ai fini dell’Iva, per i relativi registri, e nel termine stabilito per la presentazione della dichiarazione dei redditi per il registro dei beni ammortizzabili;

● su richiesta dell’Amministrazione finanziaria siano forniti gli stessi dati che sarebbe stato necessario annotare nei registri per i quali il contribuente si è avvalso della facoltà prevista dalla nuova normativa.Pertanto le annotazioni effettuate sui registri

civilistici sono equivalenti a quelle previste nei registri Iva e nei registri dei beni ammortizzabili.

Bilancio europeo (U.E.)

È obbligatorio, attualmente, per tutte le socie-tà di capitali e si compone di:

● stato patrimoniale; ● conto economico; ● nota integrativa.

L’imprenditore individuale, secondo la nor-

mativa fiscale, è tenuto a redigere e conservare il bilancio composto dallo stato patrimoniale e dal conto economico, relativo al periodo d’imposta. Qualora i ricavi, i costi e gli altri elementi necessa-ri alla determinazione del reddito di impresa non risultino dal bilancio, questi vanno indicati in un apposito prospetto.

La più rilevante novità introdotta dalla rifor-ma del diritto societario attuata con il D.Lgs. 17.1.2003, n. 6 (in vigore dall’1.1.2004), in merito alla disciplina del bilancio d’esercizio, ri-guarda la soppressione del co. 2 dell’art. 2426 c.c. «Criteri di valutazione» nonché la modifica del n. 14) dell’art. 2427 c.c. «Contenuto della nota in-tegrativa».

A seguito di tali modifiche, i criteri di reda-zione del bilancio d’esercizio vengono svincolati dalla normativa fiscale.

Altre novità sono costituite dall’introduzione di nuove voci nella nota integrativa e dalla revisio-ne del bilancio semplificato di cui all’art. 2435-bis c.c.

Struttura dello stato patrimoniale

e del conto economico

Ai sensi dell’art. 2423-ter c.c. vengono dettati i principi generali da seguire per la predisposizio-ne dello schema di bilancio, definito dalle norme civilistiche.

Voci dello stato patrimoniale (art. 2424 c.c.) e del conto economico (art. 2425 c.c.): nello stato patrimoniale e nel conto economico vanno iscrit-te separatamente, e nell’ordine indicato, le voci previste dagli articoli 2424 e 2425 c.c.

Suddivisione: le voci dello stato patrimoniale e del conto economico sono suddivise in:

● classi: sono individuate da lettere maiuscole (A, B, C, D, ecc.);

● sottoclassi: sono individuate da numeri roma-ni (I, II, III, ecc.);

● voci: sono individuate da numeri arabi (1, 2, 3, 4, ecc.);

● sottovoci: sono individuate da lettere minu-scole (a, b, c, ecc.).

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Il Sole 24 ORE 9. Contabilità

81Febbraio 2015

N.B.: sia le classi che le sottoclassi non posso-no essere modificate, mentre le voci e le sottovoci possono essere ulteriormente suddivise, e vanno adattate a seconda delle caratteristiche dell’attivi-tà esercitata. Non è possibile, peraltro, procedere all’eliminazione della voce complessiva e dell’im-porto corrispondente.

Ulteriori distinzioni sono possibili solo se fi-nalizzate alla chiarezza del bilancio o se rilevanti.

È possibile, viceversa, raggruppare le voci solo nel caso in cui il raggruppamento, a causa del loro importo:

● sia irrilevante secondo l’art. 2423 c.c. o ● favorisca la chiarezza di bilancio. In questo ul-

timo caso la nota integrativa dovrà riportare in maniera distinta le voci oggetto di raggruppa-mento.

Bilancio in forma abbreviata

L’art. 2435-bis c.c. prevede la facoltà di redi-gere il bilancio in forma abbreviata per le società per azioni (non quotate) e quelle a responsabilità limitata che nel primo esercizio o, successivamen-te, per due esercizi consecutivi, non abbiano supe-rato due dei seguenti limiti:

● totale attivo dello Stato patrimoniale non su-periore ad � 4.400.000;

● ricavi delle vendite e delle prestazioni non oltre � 8.800.000;

● 50 dipendenti occupati in media durante l’e-sercizio (la media si calcola in base alla media giornaliera).Per lo stato patrimoniale, il conto economico

e la nota integrativa sono previste le seguenti sem-plificazioni.

Stato patrimoniale. Sono comprese solo le vo-ci contrassegnate nell’art. 2424 c.c. con le lette-re maiuscole e con i numeri romani. Le voci A e D dell’attivo possono essere comprese nella voce C.II; la voce E del passivo può essere compresa nella voce D. Dalle voci B I e B II dell’attivo van-no detratti in forma esplicita gli ammortamenti e svalutazioni; nelle voci C II dell’attivo e D del passivo devono essere separatamente indicati i cre-diti e i debiti esigibili oltre l’esercizio successivo.

Conto economico. Va riportato quanto indica-to dall’art. 2425 c.c. a pag. prec.

Nota integrativa. Vanno omesse le indicazioni relative al numero 10) dell’art. 2426 c.c. e dai nu-meri 2), 3), 7), 9), 10), 12), 13), 14), 15), 16) e 17) dell’art. 2427 c.c.

Scritture ausiliarie di contabilità

Art. 14, co. 1, Lett. c), D.P.R. 600/1973

Nelle scritture ausiliarie vanno registrati gli elementi patrimoniali e reddituali, raggruppati in categorie omogenee, in modo da consentire di desumere chiaramente e distintamente i compo-nenti positivi e negativi che concorrono alla de-terminazione del reddito.

Altre scritture

I soggetti che seguono il regime ordinario di contabilità devono inoltre tenere:

● scritture ausiliarie di magazzino quando pro-ducono o commerciano beni e quando ricor-rono le condizioni di cui all’ultimo comma del citato art. 14, D.P.R. 600/1973;

● libri sociali prescritti dal Codice civile quando sono costituiti sotto forma di società di capi-tali.

Prima nota

Nella contabilità generale occorre seguire gior-nalmente e in ordine cronologico tutti i movi-menti contabili che riguardano le fatture emesse, le fatture ricevute, gli incassi e i pagamenti. A tal scopo è utile, ma non obbligatorio, annotare que-sti fatti amministrativi provvisoriamente in una prima nota i cui dati verranno poi riportati nel libro giornale obbligatorio.

9.5 Nuovo regime dei minimi

La Legge di Stabilità per il 2015 ( L. 23.12.2014, n. 190) all’art. 1, co. da 54 a 89, ha introdotto il «nuovo regime dei minimi» per le persone fisiche che esercitano attività d’impresa,

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

82 Febbraio 2015

arte o professioni in forma individuale. Il nuovo regime (naturale per i contribuenti in possesso dei relativi requisiti) entra in vigore dal 1° gennaio 2015 e si sostanzia nella determinazione forfetaria del reddito, che viene poi tassato con un’imposta unica del 15% , che sostituirà Irpef, le addiziona-li regionali e comunali e Irap. Tra i vantaggi che derivano dall’adesione al nuovo regime, nessuna ritenuta d’acconto da applicare ed esonero dal versamento dell’Iva e dai principali adempimenti, come ad esempio, l’obbligo di registrazione e di tenuta delle scritture contabili. Chi esercita atti-vità d’impresa può scegliere di non essere assog-gettato alla contribuzione previdenziale minima, calcolando i contributi sulla base del reddito di-chiarato.

Dal 2015, all’avvio di una nuova piccola im-presa o attività professionale è comunque possi-bile accedere al nuovo regime dei minimi diret-tamente al momento della richiesta di apertura della partita Iva.

L’Agenzia delle Entrate, con Comunicato Stampa 31.12.2014, ha chiarito che fino all’ap-provazione e pubblicazione del modello aggiorna-to della dichiarazione di inizio attività, per fruire del nuovo regime dei minimi basterà barrare la casella prevista per l’adesione al precedente «Regi-me fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità, previsto dall’art. 27, co. 1 e 2, D.L. 98/201».

Reddito imponibile e tassazione

Il reddito imponibile è determinato applican-do all’ammontare dei ricavi o dei compensi per-cepiti un coefficiente di redditività, diversificato a seconda del codice Ateco che contraddistingue l’attività esercitata, Sul reddito imponibile si ap-plica un’imposta sostitutiva pari al 15%.

Per favorire l’avvio di nuove attività, per l’anno in cui la stessa è iniziata e per i due successivi, il reddito determinato forfetariamente è ridotto di un terzo, a condizione che:

● il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti l’inizio, attività d’impresa, arti o professioni, anche in forma associata o fa-

miliare; ● l’attività da esercitare non costituisca, in nes-

sun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l’attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’eser-cizio di arti o professioni;

● qualora venga proseguita un’attività svolta in precedenza da altro soggetto l’ammontare dei relativi ricavi e compensi, realizzati nel periodo d’imposta precedente quello di riconoscimen-to del beneficio, non sia superiore ai limiti che, a seconda dell’attività, consentono l’accesso al regime.

Chi può accedere al nuovo regime

Possono accedere al nuovo regime le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o profes-sioni, se contemporaneamente nell’anno prece-dente:

● hanno conseguito ricavi ovvero percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a determinati limiti, differenziati a seconda del codice Ateco che contraddistingue l’attività;

● hanno sostenuto spese per un ammontare non superiore a 5.000 euro lordi, per lavoro acces-sorio, dipendente o per collaboratori (com-prese le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati;

● il costo complessivo, al lordo degli ammor-tamenti, dei beni strumentali alla chiusura dell’esercizio non superava 20.000 euro, con-siderando: per per i beni in locazione finan-ziaria, il costo sostenuto dal concedente; per i beni in locazione, noleggio e comodato, il loro valore normale (art. 9 del Tuir); per i beni uti-lizzati promiscuamente, il 50%. Nel conteggio non rientrano i beni di costo unitario non su-periore a � 516,46 e i beni immobili, in qual-siasi modo acquistati, utilizzati per l’esercizio dell’impresa, dell’arte o della professione;

● eventuali redditi di lavoro dipendente posse-duti non devono essere superiori a quelli d’im-presa, arte o professione, a meno che il rappor-to di lavoro sia cessato o la somma delle due

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Il Sole 24 ORE 9. Contabilità

83Febbraio 2015

tipologie di reddito non ecceda � 20.000. Ai fini dell’individuazione del limite dei ricavi

e dei compensi per l’accesso al regime: ● non rilevano i ricavi e i compensi derivanti

dall’adeguamento agli studi di settore e ai pa-rametri;

● nel caso di esercizio contemporaneo di attivi-tà contraddistinte da differenti codici Ateco, si assume il limite più elevato dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate.

Esclusioni dal nuovo regime

Sono esclusi dal nuovo regime agevolato, a prescindere dal possesso dei requisiti di accesso, i contribuenti che:

● si avvalgono di regimi speciali ai fini Iva o di regimi forfetari di determinazione di reddito;

● non risiedono in Italia, ad eccezione di quelli che sono residenti in un altro Stato della Ue o in uno Stato aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo che assicura un adeguato scambio di informazioni e producono in Italia almeno il 75% del loro reddito complessivo;

● in via esclusiva o prevalente, effettuano cessio-ni di fabbricati o porzioni di fabbricati, di ter-reni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi;

● oltre ad esercitare attività d’impresa, arti o pro-fessioni, partecipano anche in società di perso-ne o S.r.l. trasparenti.

Abrogazione dei vecchi regimi agevolati

Con l’introduzione del nuovo regime sono stati abrogati: il regime per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo (art. 13, L. 388/2000); il regime contabile agevolato per gli ex minimi (art. 27, co. 3, D.L. 98/2011); il re-gime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria gio-vanile e lavoratori in mobilità (art. 27, co. 1 e 2, D.L. 98/2011).

Tuttavia, i contribuenti che nel 2014 se ne so-no avvalsi, applicheranno il nuovo regime, se in possesso dei relativi requisiti, salva opzione per l’applicazione del’Iva e delle Imposte sui redditi nei modi ordinari.

Coloro che nel 2014 si sono avvalsi del regime fiscale agevolato per le nuove iniziative imprendi-toriali e di lavoro autonomo o del regime di van-taggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità possono applicare, se in possesso dei re-quisiti previsti dalla legge, la prevista riduzione ad 1/3 al reddito forfetario per i soli periodi d’impo-sta che residuano al completamento del triennio agevolato.

I contribuenti che nel 2014 si sono avvalsi del regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità possono conti-nuare ad avvalersene per il periodo che residua al raggiungimento del quinquennio agevolato e co-munque fino al compimento del trentacinquesi-mo anno di età.

9.6 Tenuta e conservazione

delle scritture contabili

Secondo l’art. 2219 c.c., le scritture contabili devono essere tenute secondo le norme di un’or-dinata contabilità:

● senza spazi in bianco; ● senza interlinee; ● senza trasporti in margine; ● senza abrasioni e, se è necessaria qualche can-

cellazione, questa deve eseguirsi in modo che le parole cancellate siano leggibili.

Tenuta della contabilità con sistemi

meccanografici

L’art. 7, co. 4-ter, L. 489/1994, di conversio-ne del D.L. 357/1994 [CFF ➋ 5547] ha apportato significative modifiche alla precedente disciplina della tenuta della contabilità a mezzo di sistemi meccanografici.

Viene stabilito il principio che le scritture si considerano regolarmente tenute anche in assenza di trascrizione su supporto cartaceo, quando siano aggiornate sul supporto magnetico, purché:

● si tratti di scritture relative all’anno di imposta in corso;

● sia effettuata la stampa a richiesta e in presenza dei verificatori.

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

84 Febbraio 2015

Le scritture si considerano aggiornate sul sup-porto magnetico se effettuate entro il termine di 60 giorni.

Ai fini Iva le modalità di aggiornamento del-le scritture contabili devono consentire il rispetto dei termini previsti per le liquidazioni periodiche (mensili o trimestrali). Rimane fisso il termine di aggiornamento di 60 giorni sia ai fini Iva che delle imposte dirette per la stampa dei registri relativi alle scritture dell’ultimo periodo.

Conservazione delle scritture contabili

L’art. 2220 c.c. dispone che le scritture con-tabili vanno conservate per almeno 10 anni dal-la data dell’ultima registrazione. In presenza di accertamenti relativi al corrispondente periodo d’imposta devono essere conservate fino a quando non siano stati definiti, anche oltre il termine dei 10 anni dalla data dell’ultima registrazione. L’Au-torità adita in sede di contenzioso può peraltro limitare l’obbligo di conservazione alle scritture rilevanti per la risoluzione della controversia in corso. Sempre per 10 anni vanno conservati, or-dinatamente, per ciascun affare, gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevuti e le copie delle lettere e dei telegrammi spediti e delle fatture emesse.

L’art. 2220 c.c., come modificato dall’art. 7-bis, co. 4, D.L. 357/1994, conv. con modif. dalla L. 489/1994, prevede che documenti e scritture pos-sano essere conservati su supporti di immagini, purché le registrazioni corrispondano ai docu-menti e possano in ogni momento essere rese leg-gibili dal soggetto che utilizza tali supporti (per le imprese che svolgono attività di gestione di acque-dotti e di distribuzione di acqua potabile vedi R.M. 13.6.2003, n. 134/E). Il D.M. 23.1.2004 [CFF ➋

6772 – 6777] stabilisce le modalità di assolvimento degli obblighi fiscali relativi ai documenti infor-matici (archiviazione elettronica dei documenti fiscali e loro esibizione in forma cartacea in caso di verifiche; necessità della firma digitale per sigillare elettronicamente gli archivi ottici contabili).

Le disposizioni del D.M. si applicano a tutte le scritture e documenti rilevanti ai fini delle di-sposizioni tributarie (tranne quelli rilevanti per il

settore doganale, le accise e le imposte di consu-mo – si veda anche la C.M. 25.1.2005, n. 5/D).

Con riferimento all’utilizzo di registri sostitu-tivi delle scritture ausiliarie di magazzino e del re-gistro della movimentazione dei beni in deposito vedi R.M. 30.7.2003, n. 162/E. I supporti ma-gnetici, ecc., devono essere conservati (a norma dell’art. 10-quinquies, D.L. 69/1989, conv. con modif. dalla L. 154/1989) fino a quando i dati contabili in essi contenuti non siano stati stampa-ti sui libri e registri previsti dalle vigenti norme.

Termini per l’accertamento

ai fini delle imposte sui redditi

Art. 43, D.P.R. 600/1973

L’accertamento va notificato, a pena di decadenza (per le dichiarazioni presentate dall’1.1.1999):

● entro il 31 dicembre del quarto anno successi-vo a quello in cui è stata presentata la dichia-razione;

● entro il 31 dicembre del quinto anno suc-cessivo a quello in cui avrebbe dovuto essere presentata la dichiarazione, in caso di omessa presentazione ovvero presentazione nulla della dichiarazione.

Luogo di conservazione delle scritture

contabili

Il luogo dove devono essere tenuti i registri contabili deve essere segnalato nella dichiarazio-ne di inizio attività da presentare all’Ufficio Iva (e nelle successive dichiarazioni di variazione dei dati). Qualora il contribuente dichiari che le scrit-ture contabili sono tenute presso altri soggetti (ad es. commercialista) deve esibire un’attestazione predisposta dai soggetti medesimi (deposita-ri delle scritture) riportante il luogo in cui esse sono conservate e la specificazione delle scritture contabili in loro possesso (art. 52, co. 10, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 252]).

Se in sede di verifica l’attestazione non viene esibita e se il soggetto che l’ha rilasciata si oppo-ne all’accesso o non esibisce in tutto o in parte le

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Il Sole 24 ORE 9. Contabilità

85Febbraio 2015

scritture, si applicano le disposizioni previste nel caso di rifiuto di esibizione delle scritture contabi-li (art. 52, co. 5, D.P.R. 633/1972).

Mancata esibizione dell’attestazione

La R.M. 21.4.1986, n. 355676 dispone che non comporta il ricorso all’accertamento indutti-vo la sola mancata esibizione dell’attestazione da

parte di terzi.

Registrazione cronologica

delle operazioni

Le operazioni contabili vanno registrate in or-dine cronologico. Per determinare qual è il mo-mento in cui effettuare la registrazione, occorre considerare i seguenti termini:

Termini per le registrazioni

Termine di registrazione Tipologia delle operazioni Riferimenti normativi

OO entro 15 giorni dall’emissione (in presenza di contabilità ma-nuale)

provvigioni (fatture emesse) art. 23, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 223]

OO entro il termine per la liquida-

zione periodica mensile o tri-mestrale in cui viene esercitato il diritto alla detrazione. Il diritto può essere esercitato, al più tar-di, non oltre il secondo anno suc-cessivo a quello in cui l’imposta è divenuta esigibile per il fornitore (di norma si fa riferimento all’an-no di emissione della fattura)

fatture di acquisto (soggette Iva) artt. 19 e 25, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 219 e 225]

Nota: la liquidazione Iva avviene con cadenza mensile (entro il 16 di ogni mese successivo a quello di ri-ferimento). È possibile optare per la liquidazione Iva trimestrale in presen-za di volume d’affari non superiore a � 309,87 (£ 600.000); tale opzione comporta una maggiorazione pari all’1%

OO entro lo stesso termine previsto per la registrazione delle fattu-

re di acquisto. Le spese non Iva vanno riportate separatamente nel registro Iva degli acquisti

spese non soggette Iva (paga dei dipendenti, contributi, ecc.) per sog-getti in contabilità semplificata

art. 18, D.P.R. 600/1973 [CFF ➋ 6318]

OO entro 60 giorni. La registrazione va effettuata nel libro giornale

spese non soggette Iva (paga dei dipendenti, contributi, ecc.) per sog-getti in contabilità ordinaria

art. 22, co. 1, D.P.R. 600/1973 [CFF ➋ 6322]

OO entro 60 giorni (stampa registri vidimati)

scritture contabili tenute tramite macchine elettroniche

art. 22, co. 1, D.P.R. 600/1973 [CFF ➋ 6322]

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

86 Febbraio 2015

9.7 Fatturazione elettronica

Dalla data di entrata in vigore dell’apposito D.M., l’emissione, la trasmissione, la conservazio-ne e l’archiviazione delle fatture emesse nei con-fronti delle Amministrazioni e degli enti pubblici devono essere effettuate solo in forma elettronica (art. 1, co. 209, 210, L. 244/2007). Al riguardo il D.M. 7.3.2008 ha individuato nell’Agenzia delle Entrate il gestore del sistema di interscambio della fatturazione elettronica nei confronti della pub-blica Amministrazione.

Con D.M. n. 55 del 3.4.2013, entrato in vi-gore il 6.6.2013, è stata fissata la decorrenza degli obblighi di utilizzo della fatturazione elettroni-ca nei rapporti economici con la Pubblica Am-ministrazione ai sensi della L. 244/2007, art. 1,

commi da 209 a 214. In ottemperanza a tale di-sposizione, questa Amministrazione, a decorrere dal 6.6.2014, non può più accettare fatture che non siano trasmesse in forma elettronica secondo il formato di cui all’allegato A «Formato della fat-tura elettronica» del citato D.M. 55/2013. La fat-turazione elettronica è obbligatoria dal 6.6.2014 nei confronti dei Ministeri, Agenzie fiscali ed enti previdenziali individuati nell’elenco annuale pub-blicato dall’Istat, che non potranno più accettare fatture in formato cartaceo (Comunicato Ag. En-trate 6.12.2013).

L’art. 1, co. 209, L. 23.12.2014, n. 190 (Legge di Stabilità 2015) ha anticipato dal 6.6.2015 al 31.3.2015 l’obbligo di utilizzo della fattura elet-tronica nei confronti di tutte le altre pubbliche Amministrazioni e delle Amministrazioni locali.

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Il Sole 24 ORE 10. Imposta sul valore aggiunto (Iva)

87Febbraio 2015

10. Imposta sul valore

aggiunto (Iva)

di Mario Jannaccone

L’Iva è sostanzialmente un’imposta sui consu-mi che si applica solo sul valore aggiunto nei vari passaggi di beni e servizi.

L’Iva è un’imposta a pagamenti frazionati, perché ciascun operatore economico addebita al successivo (o al consumatore finale ma, in questo caso, mediante l’inclusione dell’Iva nel prezzo al pubblico) l’imposta dovuta, ma versa allo Stato solo la differenza tra l’imposta sulle provvigioni e quella pagata ai fornitori sugli acquisti.

Un’operazione è soggetta ad Iva al realizzarsi congiunto di tre presupposti:a) oggettivo: deve trattarsi di cessioni di beni o di

prestazioni di servizi;b) soggettivo: tali operazioni devono essere effet-

tuate nell’esercizio di imprese;c) territoriale: le operazioni di cui alla lettera a)

devono essere effettuate nel territorio dello Stato.

Importazioni e operazioni intracomunitarie

Per le importazioni non è rilevante alcun re-quisito. Le importazioni sono sempre soggette ad Iva, anche se effettuate da un privato. Le operazio-ni intracomunitarie seguono invece regole specifi-che, previste in via transitoria dagli artt. 36 – 60, D.L. 331/1993, convertito con L. 427/1993 [CFF

➋ 1257 – 1281].

Prestazioni di servizi e Iva

L’art. 1, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 201] qualifica come imponibili Iva tutte le prestazioni di servizi

«effettuate (...) nell’esercizio di imprese».Il successivo art. 4 [CFF ➊ 204] considera effet-

tuate nell’esercizio di imprese, purché rientrino nell’attività esercitata:

● le prestazioni di servizi rese da persone fisiche che svolgono per professione abituale, ancor-ché non esclusiva, l’attività di intermediazione commerciale (art. 2195 c.c.), anche se non or-ganizzata in forma d’impresa;

● le prestazioni di servizi rese da società di per-sone in nome collettivo e in accomandita sem-plice;

● le prestazioni di servizi rese da società di ca-pitali a responsabilità limitata, per azioni e in accomandita per azioni.Per tali soggetti esiste il requisito soggettivo

dell’imposta.I soggetti passivi sono assoggettati all’Iva se

le operazioni da essi compiute rientrano nell’e-sercizio dell’attività (requisito oggettivo) e se so-no compiute nel territorio dello Stato (requisito territoriale). Dal 1993 occorre però tener conto anche delle operazioni che vengono poste in esse-re all’interno dell’Unione Europea (Ue), definite operazioni intracomunitarie.

La sussistenza del requisito soggettivo di imposta deve essere rilevata avuto riguardo a circostanze ten-denti ad acclarare in modo univoco l’esistenza dei pre-supposti di fatto della abitualità e della professionalità (...) in ordine a tali valutazioni assume rilievo oltre la condotta obiettiva del soggetto, che comporti una con-tinuità e reiterazione di atti concorrenti all’esercizio di fatto di una determinata attività, anche l’elemento volitivo interno del committente, nel senso che anche da esso possono trarsi utili elementi di valutazione in

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

88 Febbraio 2015

ordine alla durevolezza ed alla professionalità dell’at-tività svolta dalla controparte, elementi questi che fanno assurgere ad attività di impresa una serie di singoli atti economici».

Cessione di beni e prestazione di servizi

Anche se l’aliquota ordinaria dell’Iva (attual-mente del 20%) è uguale sia per i corrispettivi delle «cessioni di beni» che per quelli delle «pre-stazioni di servizi», e le eccezioni (applicazione di aliquote inferiori o superiori) riguardano entram-be le fattispecie, ai fini dell’applicazione di altre norme fondamentali che regolano l’imposta è indispensabile distinguere e separare nettamente, appunto, le operazioni di vendita di beni mobi-li e immobili da quelle che hanno come oggetto prestazioni di servizi (contratti d’opera, d’appalto, ecc.).

Le ragioni che impongono una particolare at-tenzione quando si deve stabilire se una data ope-razione debba essere inquadrata nell’ambito della normativa prevista per le «cessioni», o in quella che riguarda le «prestazioni», sono essenzialmente due:

● la prima ragione, di carattere generale, è che le «cessioni» (salvo le espresse e circostanziate de-roghe) devono essere assoggettate ad Iva anche quando non sono effettuate a titolo oneroso, mentre le «prestazioni» sono assoggettate ad Iva solo quando sono «rese contro corrispet-tivo» (art. 3, co. 1, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊

203]). Le prestazioni a titolo gratuito non sono imponibili, anche se – come già precisato – si deve tener conto delle eccezioni e delle dero-ghe specifiche;

● la seconda ragione è quella che riguarda i dif-ferenti termini stabiliti per la fatturazione delle operazioni di «cessione» e di «prestazione».Salvo le espresse esclusioni e deroghe, le «ces-

sioni» s’intendono effettuate, se riguardano beni mobili, nel momento della consegna o spedizio-ne (art. 6, co. 1, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 206]), mentre le «prestazioni di servizi» si considerano effettuate «all’atto del pagamento del corrispetti-vo» (art. 6, co. 3, D.P.R. 633/1972).

Di conseguenza, la fattura relativa a cessioni di beni mobili deve essere emessa «al momento dell’effettuazione dell’operazione», o – se la con-segna o spedizione viene effettuata utilizzando un documento di trasporto – entro il giorno 15 del mese successivo a quello della consegna o spedi-zione (art. 21, co. 4, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 221]), mentre le fatture relative a prestazioni di servizi possono essere emesse anche solo nel momento dell’incasso del corrispettivo della prestazione me-desima.

Classificazione delle operazioni

In base ai requisiti in precedenza illustrati, le operazioni si possono così classificare:a) Operazioni imponibili: sono operazioni sulle

quali si calcola l’Iva con le aliquote previste dalla legge; rientrano in questa categoria di operazioni le provvigioni percepite dagli agen-ti e rappresentanti di commercio a fronte di:

– prestazioni di servizi effettuate nei confron-ti del committente;

– cessioni di beni relativi all’attività e di be-ni strumentali (arredamenti, attrezzature, ecc.);

– destinazione di beni, per i quali sia stata de-tratta l’Iva all’atto dell’acquisto, al consu-mo personale o familiare dell’imprenditore o a finalità estranee all’attività, anche alla cessazione dell’attività.

b) Operazioni non imponibili: le operazioni non imponibili sono costituite da esportazioni, ser-vizi internazionali e cessioni intracomunitari di beni.

c) Operazioni esenti: rientrano in questa ca-tegoria di operazioni quelle tassativamente elencate dalla legge sulle quali non si applica l’Iva, ma comunque sono obbligatori gli altri adempimenti Iva. L’art. 10, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 210] elenca tutta una serie di operazioni esenti, contraddistinte da un numero. Fra le operazioni che possono interessare gli agenti e rappresentanti si ricordano:

– operazioni relative a concessione di crediti e finanziamenti;

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Il Sole 24 ORE 10. Imposta sul valore aggiunto (Iva)

89Febbraio 2015

– operazioni relative a dilazioni di pagamen-to;

– operazioni relative assicurazioni; – locazioni non finanziarie e affitti; – operazioni relative a valute estere aventi

corso legale; – operazioni relative alla riscossione di tribu-

ti; – cessioni che hanno per oggetto beni acqui-

stati o importati senza il diritto alla detra-zione totale Iva.

Sulla fattura emessa in esenzione di Iva va ap-plicata una marca da bollo da � 1,81, qualora l’importo superi � 77,47.

d) Operazioni escluse: sono operazioni per le quali manca almeno uno dei requisiti richie-sti (oggetto, soggetto, territorio) o che sono considerate tali per espressa disposizione di legge. Le operazioni escluse dal campo Iva non devono sottostare agli adempimenti richiesti dalla legge (fatturazione, registrazione, ecc.) per le operazioni in regime Iva e comportano (dall’1.1.1998) l’indetraibilità dell’Iva relativa.Tali importi vanno riportati sulle fatture se queste vengono emesse in relazione a opera-zioni imponibili o esenti. A fianco verrà segna-lato che si tratta di importo fuori campo Iva, ai sensi dell’art. 15, co. 1, D.P.R. 633/1972 [CFF

➊ 215].Si riportano di seguito le principali operazioni escluse che interessano gli agenti o rappresen-tanti di commercio:

– somme dovute a titolo di interessi moratori o di penalità per ritardi o altre irregolarità nell’adempimento degli obblighi del ces-sionario o del committente (art. 15, co. 1, n. 1), D.P.R. 633/1972);

– somme dovute a titolo di anticipazioni fat-te in nome e per conto della controparte, purché regolarmente documentate (art. 15, co. 1, n. 3), D.P.R. 633/1972).

– valore normale dei beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono in conformi-tà alle originarie condizioni contrattuali, tranne quelli la cui cessione è soggetta ad aliquota più elevata;

– importo degli imballaggi e dei recipienti,

quando ne sia stata espressamente pattuita la resa;

– somme dovute a titolo di rivalsa dell’impo-sta sul valore aggiunto.

Sui documenti relativi ad operazioni non sog-gette ad Iva va applicata una marca da bollo da � 1,81 (£ 2.500), qualora l’importo superi � 77,47.Ai sensi dell’art. 15, co. 2, D.P.R. 633/1972

non si computano, in diminuzione dell’ammon-tare imponibile, le somme addebitate al cedente o prestatore a titolo di penalità per ritardi o altre irregolarità nell’esecuzione del contratto.

10.1 Territorialità

L’art. 8, Legge comunitaria 15.12.2011, n. 217 ha apportato una serie di modifiche agli artt. 7, 7-bis e 7- septies, D.P.R. 633/1972. La C.M. 29.7.2011, n. 37 dell’Agenzia delle Entrate for-nisce chiarimenti in merito alla corretta inter-pretazione in base alle indicazioni contenute nel Regolamento di esecuzione (Ue) n. 282/2011, re-cante disposizioni di applicazione della Direttiva 2006/112/Ce, relativa al sistema comune dell’Iva. La circolare precisa la tematica della territoriali-tà e della soggettività passiva e gli adempimenti connessi all’estensione del regime del reverse char-ge (status del soggetto passivo del committente, prestazioni di servizi relativi ad immobili, reverse charge e autofatturazione, stabile organizzazione all’estero di un soggetto italiano, lavorazioni con-nesse al perfezionamento passivo).

Il Regolamento Ue n. 282/2011, in vigore dal 12.4.2011 e applicabile dall’1.7.2011, mira a garantire un’applicazione del sistema dell’Iva più conforme all’obiettivo del mercato interno qua-lora si verifichino divergenze nell’applicazione incompatibili con il corretto funzionamento del mercato interno, attraverso disposizioni di esecu-zione della Direttiva 2006/112/Ce in particola-re in materia di soggetti passivi, cessioni di beni e prestazioni di servizi, e luogo delle operazioni imponibili. Il D.Lgs. 11.2.2010, n. 18, che dà at-tuazione alla Direttiva 12.2.2008, n. 8/Ce (Diret-tiva servizi), riscrive tutte le norme concernenti la territorialità delle prestazioni di servizi, fissando

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

90 Febbraio 2015

una diversa norma generale di tassazione in vigore dall’1.1.2010, alla Direttiva 12.2.2008, n. 9/Ce che stabilisce la nuova procedura per i rimborsi dell’imposta ai soggetti passivi stabiliti in uno Sta-to membro diverso da quello del rimborso e alla Direttiva 16.12.2008, n. 117/Ce sulla lotta alle frodi fiscali connesse alle operazioni intracomu-nitarie.

Si veda anche la C.M. 28/E/2011 relativa a re-verse charge per le prestazioni di servizi e territoria-lità Iva per le prestazioni di deposito merci.

Con la riscrittura della territorialità, il decreto attuativo varato dal Governo prevede alcune de-roghe per particolari tipologie di prestazioni che sono tassate nel luogo dove queste sono state ese-guite.

Sono state riscritte le disposizioni dell’art. 7, co. 3 e 4, D.P.R. 633/1972 e introdotti i nuovi artt. 7-ter (precedente co. 3), contenente la nuova regola di territorialità dei servizi generici, 7-qua-ter, 7-quinquies, 7-sexies e 7-septies (precedente co. 4), riferiti a particolari tipologie di servizi. Le disposizioni di cui all’art. 7-sexies, co. 1 si applica-no alle operazioni effettuate dall’1.1.2013.

Come chiarito anche dalla C.M. 31.12.2009, n. 58/E, sono previste le disposizioni che seguo-no:

● modifica della regola generale del luogo di tas-sazione dei servizi resi a soggetti passivi per i quali si passa dal criterio della tassazione nel-lo Stato del prestatore al criterio di tassazione nello Stato del committente. É confermata, quale regola generale, quella della tassazione nello Stato del prestatore per le prestazioni rese a soggetti privati;

● conferma di alcune deroghe già esistenti (che comportano l’applicazione degli stessi criteri di tassazione per le prestazioni rese sia a sog-getti passivi che a soggetti privati) riguardanti:

– le prestazioni di servizi relativi ad immobili; – le prestazioni di servizi culturali, artistici,

sportivi, scientifici, educativi, ricreativi e simili;

– le prestazioni di trasporto passeggeri; ● introduzione di nuove deroghe per le presta-

zioni rese sia a soggetti passivi che a soggetti

privati, con riferimento alle prestazioni di ri-storazione e catering, nonché alla locazione a breve termine di mezzi di trasporto;

● conservazione di alcune deroghe vigenti, limi-tatamente ai servizi resi a soggetti privati, ri-guardanti le prestazioni di servizi:

– di intermediazione; – di trasporto di beni; – relative a beni mobili materiali; – di telecomunicazione, tele-radiodiffusione

e servizi resi tramite mezzi elettronici; ● introduzione di una regola particolare per le

locazioni a lungo termine di mezzi di traspor-to, rese a soggetti privati;

● ampliamento della definizione di soggetto pas-sivo ai fini della individuazione della territo-rialità delle prestazioni di servizi, in base alla quale sono considerati tali anche:

– gli enti non commerciali (art. 4, co. 4, D.P.R. 633/1972) anche quando agiscono nell’ambito dell’attività istituzionale;

– gli enti che non svolgono alcuna attività commerciale, ma che risultano già identi-ficati ai fini Iva;

● generalizzazione del principio in base al qua-le il committente nazionale soggetto passivo provvede agli obblighi contabili e di assolvi-mento dell’imposta per le prestazioni di servizi a lui rese da un soggetto passivo non residente e territorialmente rilevanti in Italia.

Territorio dello Stato

La nuova versione dell’art. 7, lett. a), D.P.R. 633/1972 definisce il «territorio dello Stato» co-me «territorio della Repubblica italiana, con esclu-sione dei comuni di Livigno e di Campione d’Italia e delle acque italiane del lago di Lugano».

Nel concetto di territorio rientrano lo spazio terrestre compreso negli attuali confini, il sopras-suolo ed il sottosuolo in corrispondenza del confi-ne terrestre e delle cosiddette «acque territoriali».

La C.M. 22.7.2009, n. 38/E precisa che per «acque territoriali» si devono intendere quelle comprese nel limite delle 12 miglia marine dalla costa.

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Il Sole 24 ORE 10. Imposta sul valore aggiunto (Iva)

91Febbraio 2015

Il territorio dello Stato corrisponde a quello soggetto alla sua sovranità con le sole esclusioni appena richiamate. Restano fuori dal concetto di Stato il territorio della Repubblica di San Marino e lo Stato della Città del Vaticano, in quanto ter-ritori esteri.

I punti franchi (zone portuali che compren-dono moli, banchine, capannoni, edifici e spec-chi d’acqua, rimangono esclusi) esistenti presso i porti, nonostante siano territori extradoganali, ai fini Iva sono considerati a tutti gli effetti territorio dello Stato (R.M. 4.1.1996, n. 3/E).

Le ambasciate fanno parte del territorio dello Stato accreditante, il quale trova soltanto un li-mite all’esercizio della propria potestà coercitiva, per cui ai fini Iva, le ambasciate italiane site all’e-stero non sono considerate territorio dello Stato italiano (R.M. 26.7.1985, n. 355378), mentre le ambasciate straniere in Italia sono considerate ter-ritorio dello Stato italiano.

Territorio della Comunità

S’intende il territorio corrispondente al campo di applicazione del Trattato istitutivo della Co-munità economica europea con alcune esclusioni come da art. 7, lett. b), D.P.R. 633/1972.

Luogo di effettuazione e soggetti passivi

Ai fini dell’applicazione delle disposizioni re-lative al luogo di effettuazione delle prestazioni di servizi, si considerano soggetti passivi (Direttiva 2006/112/Ce) per le prestazioni di servizi ad essi rese: il soggetto passivo domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente che non abbia stabilito il domicilio all’estero, ovvero una stabile organiz-zazione nel territorio dello Stato di soggetto do-miciliato e residente all’estero limitatamente alle operazioni da esse rese o ricevute. Per i soggetti diversi dalle persone fisiche si considera domicilio il luogo in cui si trova la sede legale e, residenza, quello in cui si trova la sede effettiva.

L’art. 11, D.L. 25.9.2009, n. 135 contenente disposizioni per l’attuazione di obblighi comuni-tari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia Ue prevede che in assenza di stabile orga-

nizzazione gli obblighi e i diritti Iva, in relazione ad operazioni effettuate in Italia da soggetti non residenti, siano adempiuti ed esercitati mediante identificazione diretta o rappresentante fiscale; diversamente in presenza di stabile organizzazio-ne sono adempiuti ed esercitati da quest’ultima (nuovo art. 17, co. 2, D.P.R. 633/1972).

Cessioni di beni

Il criterio nella determinazione della territoria-lità relativamente alla cessione di beni è il luogo di esistenza fisica dei beni stessi, vale a dire il luogo dove questi si trovano al momento della cessione. Se i beni sono ubicati o si trovano nel territorio dello Stato la cessione è territorialmente rilevan-te, diversamente l’operazione è fuori campo Iva. Questo vale sia per gli immobili che per i beni mobili. Per quest’ultimi devono essere nazionali, comunitari o vincolati al regime della temporanea importazione. I beni e le merci che esistono in territorio italiano, introdotti da altri Stati o ter-ritori non comunitari devono avere una propria destinazione doganale attribuita dagli Uffici: la presentazione del bene all’Ufficio doganale e il deposito della dichiarazione tramite il Dau (do-cumento amministrativo unico).

Sussiste la territorialità per la cessione di be-ni, spediti da un altro Stato membro, installati o assemblati nel territorio dello Stato da parte del fornitore o per suo conto.

Sono soggette ad Iva in Italia le cessioni di beni nei confronti di passeggeri nazionali ed esteri nel corso di un trasporto intracomunitario a mezzo di navi, aeromobili o treni, se il trasporto ha inizio in Italia.

La cessione di beni nel corso della parte di trasporto di passeggeri effettuate all’interno della Comunità, si considerano effettuate nel territorio dello Stato se tale è il luogo di partenza del tra-sporto.

Prestazioni di servizi

(art. 7-ter, D.P.R. 633/1972)

A decorrere dall’1.1.2010 sono cambiate le re-gole Iva per la tassazione dei servizi internaziona-

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

92 Febbraio 2015

li (si vedano la Direttiva 2008/8/Ce, 12.2.2008 e la C.M. 58/E/2009). La Direttiva 2008/8/Ce modifica i criteri di territorialità delle prestazio-ni di servizi previsti dalla Direttiva 2006/112/Ce. Dall’1.1.2010 le prestazioni di servizi generiche rese a soggetti passivi si considerano territorial-mente rilevanti nel territorio dello Stato se rese a soggetti passivi stabiliti in Italia (criterio del luogo del committente); diversamente, le prestazioni di servizi generiche rese a soggetti privati o a soggetti passivi per uso personale o per quello dei propri dipendenti sono imponibili nel territorio dello Stato se forniti da soggetti passivi stabiliti in Italia (criterio del luogo del prestatore).

Si fa presente che le modifiche apportate dalla Direttiva 2008/8/Ce riguardano le prestazioni di servizio cosiddette business to business (B2B), ov-vero i servizi resi tra soggetti passivi identificati ai fini Iva. Restano di fatto invariati i criteri di tassa-zione delle prestazioni business to consumer (B2C).

Con riferimento alle operazioni effettuate dal 17.3.2012, Legge comunitaria 15.12.2011, n. 217, le prestazioni di servizi ex art. 7-ter, D.P.R. 633/1972, rese da un soggetto passivo non resi-dente ad un soggetto passivo residente, e le pre-stazioni di servizi diverse da quelle ex artt. 7-qua-ter e 7-quinquies, D.P.R. 633/1972, rese da un soggetto passivo residente ad un soggetto passivo non residente, si considerano effettuate nel mo-mento della loro ultimazione o, se aventi carattere periodico o continuativo, alla data di maturazione dei corrispettivi. Se le prestazioni sono effettua-te in modo continuativo in un periodo superiore all’anno e non comportano pagamenti nello stes-so periodo, si considerano effettuate al termine di ogni anno solare fino alla loro ultimazione (nuovo art. 6, co. 6, D.P.R. 633/1972).

Con riferimento alle operazioni effettuate dal 17.3.2012, in caso di prestazioni di servizi ex art. 7-ter, D.P.R. 633/1972 rese da un soggetto passivo Ue, il committente deve adempiere agli obblighi di fatturazione e registrazione ai sensi degli artt. 46 e 47, D.L. 331/1993, conv. con modif. dalla L. 427/1993 (nuovo art. 17, co. 2, ultimo periodo, D.P.R. 633/1972). In altri termini, è prevista l’in-tegrazione della fattura del fornitore di servizi co-munitari in luogo dell’emissione dell’autofattura.

Secondo la R.M. 1.6.2010, n. 48/E gli opera-tori stabiliti in Italia, che rendono prestazioni di servizi non soggetti ad imposta, nuovo art. 7-ter, D.P.R. 633/1972, nei confronti di committenti soggetti passivi stabiliti nel territorio di un altro Stato membro Ue, devono emettere fattura con l’indicazione che si tratta di operazione non sog-getta ad Iva con il richiamo della relativa norma. Tale fattura, la cui emissione è prevista esclusiva-mente con fini di controllo, va inserita nell’elenco riepilogativo delle prestazioni rese (Modello In-trastat) in ambito comunitario.

In deroga a quanto stabilito dall’art. 7-ter, co. 1, si considerano effettuate in Italia le prestazioni di servizi relativi a beni immobili, perizie, presta-zioni d’agenzia, fornitura di alloggio nei settori alberghieri o analoghi, la concessione di diritti di utilizzazione di beni immobili e le prestazioni dei lavori immobiliari quando l’immobile è situato nel territorio dello Stato (art. 7-quater, co. 1, lett. a), D.P.R. 633/1972).

Si considerano territorialmente rilevanti in Italia se rese a committenti non soggetti passivi le prestazioni di intermediazione in nome e per conto del cliente quando le operazioni in oggetto si considerano effettuate in Italia (art. 7-sexies, co. 1, lett. a), D.P.R. 633/1972). La territorialità non sarà più regolata da un criterio speciale ma bensì da un criterio generale che identifica il luogo di tassazione in cui è stabilito il committente.

10.2 Fatturazione

Le operazioni degli agenti o rappresentanti di commercio sono soggette a fatturazione e sono di due tipi:1) prestazione di servizio relativa all’attività di

agenzia;2) cessione di beni: si tratta ad esempio di beni

strumentali rivenduti usati (mobili, macchi-ne di ufficio, autovetture, ecc.). Sono soggetti ad Iva solo i beni ceduti che, in precedenza, sono stati acquistati nell’esercizio dell’attivi-tà imprenditoriale con diritto alla detrazione totale dell’Iva; non rientrano nell’ambito di applicazione dell’Iva i beni ceduti di proprietà personale.

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Il Sole 24 ORE 10. Imposta sul valore aggiunto (Iva)

93Febbraio 2015

Ai sensi dell’art. 6, co. 3, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 206], le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo (anche di eventuali acconti). Pertanto, l’agente di commercio non ha l’obbligo di emettere la fattura prima dell’incasso delle provvigioni.

Se le prestazioni sono di carattere periodico e continuativo si considerano effettuate nel mese successivo a quello in cui sono rese.

L’emissione di un documento, denominato no-ta, non soggetto alla normativa Iva, con l’elenca-zione delle prestazioni eseguite e i relativi importi, prima dell’effettivo pagamento delle provvigioni, non è irregolare ai fini fiscali e non determina il momento di effettuazione dell’operazione. Tale documento, che non deve riportare tutti i dati ri-chiesti dall’art. 21, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 221], costituisce valida richiesta di quanto dovuto dalla mandante con la possibilità di avvalersene in sede di giudizio. In calce al documento è consigliabile apporre la dicitura: «Il presente documento non co-stituisce fattura ai fini Iva; la fattura verrà emessa il giorno della riscossione dell’importo sopraindicato, cui vanno aggiunte � ............ per Iva».

In relazione alle provvigioni corrisposte si ap-plicano, senza deroghe o esclusioni, le norme Iva previste per le «prestazioni di servizi» e soprat-tutto quelle contenute nell’art. 6, co. 3, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 206] secondo le quali le prestazio-ni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo. Pertanto, l’assogget-tabilità all’Iva delle provvigioni da parte dell’agen-te (e cioè il momento in cui l’agente deve emettere la sua fattura) non deriva dalla maturazione della provvigione, ma dalla corresponsione di una data somma (relativa a provvigioni maturate o meno) da parte della casa mandante. La prassi consoli-data prevede d’altronde che l’agente emetta la sua fattura contestualmente (o in un momento im-mediatamente precedente) all’incasso delle prov-vigioni maturate, o quando richiede un anticipo sulle stesse.

A carico dell’impresa mandante resta comun-que l’obbligo di sostituirsi all’agente per l’emissio-ne della cosiddetta «autofattura» qualora l’agente stesso, entro 4 mesi dal ricevimento della prov-vigione, non provveda ad emettere la sua fattura

(art. 6, co. 8, D.Lgs. 18.12.1997, n. 471 [CFF ➊

1621]). L’autofattura va presentata all’ufficio com-petente entro il trentesimo giorno successivo.

L’aliquota Iva è quella ordinaria, attualmente nella misura del 22% e deve essere applicata non solo sull’ammontare delle provvigioni vere e pro-prie percepite, ma anche su somme introitate ad altro titolo. Si deve infatti fare riferimento all’art. 13, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 213], là dove viene previsto che l’imposta si applica sull’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al prestatore di servizi in base a contratto, compresi gli oneri e le spese inerenti alla sua esecuzione, e i debiti o altri oneri verso terzi accollati al cessionario o al committente.

Anche nel caso in cui la casa mandante dovesse rimborsare all’agente talune spese da lui sostenute nel corso dello svolgimento del suo lavoro (spese di trasferta, vitto, alloggio, trasporto, ecc.), le spe-se stesse dovranno essere regolarmente fatturate e non considerate come rimborsi.

Si deve in sostanza ribadire che qualunque somma eventualmente erogata a titolo di rimbor-so dalla casa mandante, dovrà essere assoggettata ad Iva, così come a contribuzione Enasarco ed a ritenuta d’acconto, come se si trattasse di una nor-male provvigione.

Si ricorda che a decorrere dal 17.9.2011 l’a-liquota Iva è aumentata dal 20% al 21%. L’au-mento dell’aliquota Iva dal 21% al 22% decorre dalll’1.10.2013.

Restano escluse dall’Iva, ex art. 15, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 215], le somme che la casa man-dante rimborsa all’agente in quanto riguardano «anticipi» fatti da quest’ultimo alla casa per ac-quisti effettuati per nome e conto della casa man-dante.

La condizione per la non assoggettabilità all’I-va è data dalla documentazione di queste spese fatte per nome e conto della casa mandante. In altre parole, le fatture dei fornitori dovranno es-sere intestate direttamente alla casa mandante e questi documenti dovranno essere fatti pervenire dall’agente alla casa mandante stessa unitamente alla sua nota di addebito. Sovente accade che que-ste spese effettuate per nome e per conto della casa

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

94 Febbraio 2015

mandante vengano richieste a rimborso dall’agen-te in un momento in cui non sono ancora ma-turate provvigioni. Ciò non toglie che l’agente possa richiedere alla casa mandante il rimborso di queste spese con l’emissione della sopraindicata nota di addebito esclusa da Iva. Sono esclusi dalla base imponibile anche gli interessi moratori e le penalità ed indennità connesse alla cessazione del rapporto di agenzia (indennità per mancato pre-avviso, indennità clientela).

Sempre in relazione alla base imponibile da as-soggettare ad imposta, l’agente dovrà considerare come imponibili anche le prestazioni accessorie, mentre, per contro, non potrà diminuire la base imponibile delle somme eventualmente addebita-tegli per penalità dalla casa mandante.

Autoconsumo e prestazioni

a titolo gratuito

Ai sensi dell’art. 2 e dell’art. 3, co. 3, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 202 – 203] rilevano ai fini Iva:

● le prestazioni di servizi destinate ad uso per-sonale o familiare dell’imprenditore (autocon-sumo);

● le prestazioni di servizi a titolo gratuito per altre finalità estranee all’esercizio dell’impresa,sempre che:

– l’imposta afferente agli acquisti di beni e servizi relativa alla loro esecuzione sia de-traibi-le;

– la prestazione sia di valore superiore a � 25,82.

Soggettività di imposta – Esercizio

di impresa (art. 4, D.P.R. 633/1972)

È assoggettabile ad Iva l’attività d’impresa svol-ta con i requisiti della professionalità ed abitualità ancorché non esclusiva, anche se non organizzata in forma d’impresa.

Società di persone e di capitali: si considerano sempre effettuate nell’esercizio di impresa le cessio-ni di beni e le prestazioni di servizi effettuate dalle società in nome collettivo e accomandita semplice e dalle società di capitali (società per azioni, socie-

tà a responsabilità limitata, società in accoman-dita per azioni). Con l’art. 11, D.Lgs. 2.9.1997, n. 313 [CFF ➊ 1587] è stata introdotta una deroga a quanto sopra, in base alla quale non rilevano ai fini Iva le attività poste in essere dalle società di ogni genere, finalizzate al mero godimento di determinati beni o servizi. A questo proposito la C.M. 328/E/1998 parla di unità immobiliari ad uso abitativo, di aeromobili da turismo, di altri mezzi di trasporto a uso privato, di unità da dipor-to, di complessi ricreativi o sportivi, quando tali attività sono esercitate dalle società la cui parteci-pazione personale o familiare è gratuita o in cam-bio di un corrispettivo inferiore al valore normale.

Ditte individuali: i devono distinguere le ces-sioni di beni e le prestazioni di servizi che rientrano nell’esercizio di impresa rispetto a quelle che ven-gono destinate ad uso «privato» (autoconsumo).

Base imponibile

(art. 13, D.P.R. 633/1972)

La base imponibile, su cui calcolare l’Iva, è da-ta dall’ammontare complessivo delle provvigioni dovute all’agente di commercio, secondo le con-dizioni contrattuali, compresi:

● eventuali oneri e spese relative all’esecuzione della prestazione;

● debiti ed altri oneri verso terzi accollati al com-mittente della prestazione.

Formazione del reddito imponibile

Con la riformulazione del comma 4 dell’art. 1748 c.c., ordinariamente, dal punto di vista fi-scale la provvigione concorre a formare il reddito dell’agente nell’esercizio di competenza nel quale la ditta mandante ha dato luogo (o avrebbe do-vuto dare luogo) all’esecuzione della prestazione (consegna o spedizione della merce) prevista dal contratto con il cliente, ai sensi dell’art. 109, co. 2, lett. a), D.P.R. 22.12.1986, n. 917 [CFF ➋ 5209].

Art. 109, D.P.R. 917/1986: «1. I ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme del presente capo non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell’e-

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Il Sole 24 ORE 10. Imposta sul valore aggiunto (Iva)

95Febbraio 2015

sercizio di competenza; tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare, concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni.

2. Ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza:a) i corrispettivi delle cessioni si considerano consegui-

ti, e le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, alla data della consegna o spedizione per i beni mobili e della stipulazione dell’atto per gli immobili [...]».

Determinazione del valore normale

(art. 14, D.P.R. 633/1972)

Per la determinazione della base imponibile si fa riferimento al «valore normale» della prestazione di servizio. Per valore normale si intende il prezzo o il corrispettivo mediamente praticato per servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza e si determina facendo riferimento, in quanto possibile, alle tariffe fissate di impresa.

Somme escluse dalla base imponibile

(art. 15, D.P.R. 633/1972)

Non concorrono alla formazione della base imponibile i seguenti valori:

● somme a titolo di interessi di mora o di pena-lità dovute per ritardi o altre irregolarità negli adempimenti degli obblighi da parte del com-mittente;

● somme a titolo di rimborsi per le anticipazioni fatte in nome e per conto della ditta mandante, purché siano state regolarmente documentate. Occorre che i documenti di spesa siano inte-stati oltre che all’agente che anticipa la spesa, anche alla casa mandante in nome e per conto della quale la spesa è stata sostenuta. Al contra-rio concorrono alla formazione della base im-ponibile importi riconosciuti forfetariamente a titolo di spese o non documentati;

● somme dovute a titolo di rivalsa dell’Iva.Infine non si può tenere conto, in diminuzio-

ne dell’ammontare imponibile, delle somme ad-

debitate al prestatore a titolo di: ● penalità per ritardi o ● altre irregolarità nell’esecuzione del contratto.

Emissione della fattura

L’agente di commercio che effettua la prestazio-ne deve emettere una fattura per ciascuna opera-zione imponibile (art. 21, co. 1, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 221]). La fattura è considerata «emessa» al momento della consegna o della spedizione della fattura. Deve essere emessa in duplice esemplare dall’agente di commercio ed uno degli esemplari deve essere consegnato o spedito all’altra parte.

10.3 Effettuazione delle operazioni

ed esigibilità dell’Iva

Rappresenta il momento a partire dal quale l’operazione, verificati i requisiti oggettivo, sog-gettivo e territoriale, assume rilevanza ai fini Iva.

In sostanza l’effettuazione rappresenta l’istante a partire dal quale incombono gli adempimenti previsti dal sistema Iva (fatturazione, registrazio-ne, ecc.).

Se anteriormente al verificarsi degli eventi in-dicati nella tabella riportata sotto viene emessa fattura o viene pagato il corrispettivo, l’operazio-ne si considera effettuata al momento di fattura-zione o pagamento.

Fatturazione anticipata

La fattura può essere emessa anticipatamente e indipendentemente dal momento di consegna, stipulazione o pagamento; in tal caso il momento di effettuazione dell’operazione viene a coincide-re con la data di emissione della fattura. Tale cri-terio non vale per le assegnazioni in proprietà di abitazioni fatte ai soci dalle cooperative edilizie a proprietà divisa.

Pagamento anticipato – Acconti

In caso di pagamento totale o parziale in via anticipata l’operazione si considera effettuata, li-

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

96 Febbraio 2015

mitatamente all’importo pagato, alla data del pa-gamento ad eccezione del caso di assegnazioni in proprietà di abitazioni fatte ai soci dalle coopera-tive edilizie a proprietà divisa (art. 6, co. 2, lett. d-bis) [CFF ➊ 206]).

Perciò, gli acconti versati prima della cessione dei beni (o prima o durante la prestazione) devo-no essere fatturati all’atto dell’incasso.

In ossequio a un consolidato indirizzo espresso dalla stessa giurisprudenza di legittimità, la Cassa-zione, con sentenza 19.3.2007, n. 6487, confer-ma che nel caso di cessione di immobili, ai sensi dell’art. 6, co. 1 e 4, D.P.R. 26.10.1972, n. 633, il presupposto impositivo si realizza al momento del loro passaggio di proprietà.

Nel caso di versamento di un anticipo del prez-zo in previsione degli effetti reali, l’operazione si considera effettuata alla data del pagamento, ma solo limitatamente a quanto versato.

Di conseguenza, nell’ipotesi di un contratto preliminare di compravendita immobiliare, il ri-lascio di cambiali comporta l’obbligo di fattura-zione per il prenditore solo per la parte di impor-to per cui è attuale l’obbligo di pagamento e non per quella rispetto alla quale il debitore abbia solo promesso il pagamento, vale a dire per quella rela-tiva a cambiali non ancora scadute.

Esigibilità dell’Iva

È il momento nel quale l’Iva diviene un credi-to per l’Erario; da tale istante, inoltre, è consentito l’esercizio del diritto alla detrazione. In pratica con l’introduzione del concetto di esigibilità dell’im-posta, viene formalmente distinto il momento in cui sorge l’obbligazione tributaria (= esigibilità) da quello in cui sorge l’obbligo di adempiere a tutti gli obblighi Iva previsti dalla normativa Iva (= effettuazione).

Il momento di esigibilità coincide con il mo-mento di effettuazione delle operazioni salvo le eccezioni.

Regime Iva per cassa

Il regime Iva per cassa, introdotto dall’art. 32-

bis, D.L. 83/2012, consente all’imprenditore o al lavoratore autonomo posticipare il versamento dell’Iva sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi, dal momento di effettuazione dell’opera-zione a quello dell’incasso. Allo stesso modo, il di-ritto a detrarre l’Iva sui beni e sui servizi acquistati nasce al momento del pagamento dei corrispettivi ai fornitori. L’imposta diventa comunque esigibile dopo un anno dall’effettuazione dell’operazione, a meno che, prima del decorso di questo termine, il cessionario o committente sia stato assoggetta-to a procedure concorsuali. Allo stesso modo l’Iva sugli acquisti può essere detratta, trascorso un an-no dal momento in cui l’operazione si considera effettuata ,

Per il fornitore di beni o prestatore di servizi che non abbia scelto il regime Iva per cassa, il di-ritto alla detrazione segue le regole ordinarie. L’I-va, in questo caso, è detraibile a decorrere dal mo-mento in cui l’operazione si considera effettuata, indipendentemente dal pagamento.

Il regime dell’Iva per cassa può essere applicato alle operazioni effettuate dall’1.12.2012. Possono accedere a tale regime i contribuenti che:

● esercitano attività d’impresa, arti o professioni; ● hanno realizzato nell’anno precedente (o, nel

caso di avvio dell’attività, prevedono di realiz-zare) un volume d’affari non superiore a due milioni di euro;

● effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi imponibili nel territorio dello Stato nei confronti di cessionari o committenti che, a loro volta, operano nell’esercizio di impresa, arti o professioni.

Fatturazione nei confronti

degli enti pubblici: novità dall’1.1.2015

L’art. 1, co. 629, lett. b), della Legge di Stabilità per il 2015 (L. 190/2014), ha introdotto il nuovo art. 17-ter nel D.P.R. 633/1972, il quale prevede una speciale modalità di versamento dell’Iva chia-mata « split payment». In base a questo meccani-smo, a decorrere dall’1.1.2015 per le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confron-ti degli enti pubblici l’Iva viene versata all’Erario

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Il Sole 24 ORE 10. Imposta sul valore aggiunto (Iva)

97Febbraio 2015

dagli stessi enti. Pertanto, l’ente pubblico, a fronte della cessione o della prestazione ricevuta, eroga il solo corrispettivo al netto dell’Iva, versando l’im-posta direttamente all’Erario (il meccanismo non si applica al professionista che emette una fattura per prestazione di servizi assoggettata a ritenuta d’acconto a titolo di imposta sul reddito) secondo modalità e termini che saranno stabiliti da un de-creto ministeriale.

Per espressa previsione di legge tale nuovo meccanismo trova applicazione per le fatture emesse nei confronti di enti pubblici (Stato, orga-ni dello Stato anche se aventi personalità giuridi-ca, Camere di commercio, istituti universitari, Asl ed enti ospedalieri, enti pubblici di ricovero e cura con prevalente carattere scientifico, di assistenza e beneficenza e di previdenza).

In particolare, il fornitore beni/servizi emette fattura all’ente pubblico con addebito di Iva. In fattura va evidenziato che l’Iva è versata dall’en-te pubblico ai sensi dell’art. 17-ter del D.P.R. 633/1972.

Pagamento

Il momento impositivo coincide per: ● le cambiali (pro-soluto o solvendo), con il lo-

ro rilascio (R.M. 14.3.1981, n. 330541); sono escluse quelle «non cedibili in via ordinaria» per le quali vale l’incasso (R.M. 29.3.1983, n. 352856);

● gli assegni bancari, con il momento del loro incasso o girata, non della loro consegna (C.T. di 1° grado di Belluno, 17.11.1988, n. 2331);

● il c/c postale, con la comunicazione al cre-ditore dell’avvenuto accreditamento (R.M. 25.1.1978, n. 363519); regola analoga va-le per i mandati e gli accreditamenti (C.M. 5.8.1994, n. 134/E).

Caparra confirmatoria

Ha funzione risarcitoria (e non funzione di acconto) per eventuali successive inadempienze del contraente e non è soggetta ad Iva. Qualora le parti si accordino per scomputare la caparra

del prezzo pattuito, la stessa va assoggettata ad Iva (R.M. 19.5.1977, n. 411673). Nella prassi commerciale si usa versare una caparra confirma-toria (non soggetta ad Iva), che, in caso di esatto adempimento, è considerata acconto (imponibile – CTC, 3.10.2000, n. 5559).

Caparra penitenziale

Costituisce una somma predeterminata che è pattuita come risarcimento nel caso di recesso dal contratto di una delle parti. La somma non as-sume quindi la qualifica di corrispettivo di servi-zio. Pertanto va considerata esclusa dal campo di applicazione dell’Iva (Circ. Isp. Comp. di Roma 21.11.1987, n. 18/12929).

Operazioni esenti

In presenza di sole operazioni esenti è con-cesso all’agente di commercio di non provvede-re alla fatturazione e registrazione relativa, previa preventiva comunicazione all’ufficio Iva in sede di dichiarazione annuale o di inizio attività; rimane l’obbligo di registrazione delle fatture di acquisto e delle operazioni imponibili.

Contenuto della provvigione

La provvigione spetta all’agente o rappresen-tante di commercio per gli affari andati a buon fine e viene determinata, di norma, in misura per-centuale. Essa è comprensiva di:

● compensi spettanti per l’attività svolta; ● eventuali rimborsi spese forfettarie; ● eventuali sovrapprezzi a favore dell’agente dati

dalla differenza tra prezzo fissato dalla man-dante e prezzo finale di vendita all’acquirente;

● bonus, premi di produzione; ● compensi in natura (viaggi premio, omaggi,

ecc.) determinati in base al valore normale; ● altri compensi relativi all’attività esercitata.

Solitamente in fattura viene indicata, pur non costituendo un obbligo, la contribuzione Enasar-co per la quota a carico dell’agente o rappresen-tante di commercio (6,75%).

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

98 Febbraio 2015

Provvigioni attive pluriennali

Sono imputate nell’esercizio secondo il princi-pio della competenza.

10.4 Indennità di fine rapporto

del contratto di agenzia e Iva

Indennità sostitutiva di preavviso

L’indennità di preavviso va conteggiata su tutte le somme erogate in dipendenza del contratto di agenzia. Vanno considerate, oltre alle provvigioni maturate (per regolare esecuzione del contratto, comprendendo le provvigioni non effettivamen-te incassate nell’esercizio), anche quelle a titolo di rimborso o concorso spese, i premi, il minimo garantito.

L’indennità sostitutiva di preavviso, trattando-si di indennizzo finanziario per mancato guada-gno, ha natura di carattere risarcitorio ed è esclusa ai fini Iva ex art. 2, co. 3, lett. a), D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 202].

Ai fini delle imposte dirette, tale indennità co-stituisce:

● per la ditta individuale, reddito soggetto a tassazione separata. La ditta mandante dovrà operare la ritenuta di acconto Irpef del 20% da versarsi al concessionario della riscossione entro il 16 del mese successivo alla correspon-sione; dovrà inoltre rilasciare all’agente o rap-presentante di commercio, entro il 15 marzo dell’anno successivo una certificazione che ri-porti:

● l’importo corrisposto a titolo di indennità al lordo della ritenuta;

● l’ammontare della ritenuta; ● il totale netto corrisposto.

La ditta preponente dovrà provvedere alla compilazione della dichiarazione dei sostituti d’imposta – Mod. 770/2004 semplificato – ri-quadro relativo alle comunicazioni dati certifi-cazioni, lavoro autonomo, provvigioni e red-diti diversi;

● per la società, reddito di impresa. Nessuna ri-tenuta andrà quindi operata.

Indennità per la risoluzione del rapporto

(F.I.R.R.)

Il F.I.R.R. compete all’agente con contratto a tempo indeterminato ed è a totale carico della dit-ta mandante. La base imponibile su cui calcolare il F.I.R.R. è costituita dal monte provvigionale più tutto ciò che è stato liquidato durante l’anno all’agente stesso.

L’indennità per la risoluzione del rapporto è esclusa ai fini Iva ex art. 2, co. 3, lett. a), D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 202].

Indennità suppletiva di clientela

L’importo su cui calcolare l’indennità suppleti-va di clientela è costituito dal totale provvigionale più tutto ciò che è stato liquidato durante l’anno all’agente stesso a titolo di rimborso o concorso spese. L’indennità suppletiva di clientela, è esclusa ai fini Iva ex art. 2, co. 3, lett. a), D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 202].

La Direzione regionale delle Entrate della Lombardia con nota n. 55585/95 ha accolto la tesi della non applicabilità dell’Iva all’indennità suppletiva di clientela, data la natura risarcitoria dell’indennizzo, non essendo correlata ad una prestazione di servizio e quindi fuori dal campo di applicazione dell’Iva per mancanza del requi-sito oggettivo.

Rimborso spese

Ai sensi dell’art. 1748, co. 7 c.c., l’agente non ha diritto al rimborso delle spese di agenzia.

Peraltro, gli A.E.C. ammettono il rimborso per prevista pattuizione tra ditta mandante e agente o rappresentante di commercio. Il rimborso non può essere determinato in forma percentuale.

Rimborso spese soggette ai fini Iva. Al riguar-do si evidenzia che, ai sensi dell’art. 13, co. 1, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 213], la base imponibile per la cessione di beni e le prestazioni di servizi è costituita dall’ammontare complessivo di ciò che è dovuto al cedente o prestatore, quale contropre-stazione della cessione o prestazione compresi gli

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Il Sole 24 ORE 10. Imposta sul valore aggiunto (Iva)

99Febbraio 2015

oneri e le spese inerenti all’esecuzione posti a ca-rico dell’acquirente del bene o del committente del servizio.

Sono comprese le spese effettuate imputabili all’agente che, anche se fatte per conto della ditta mandante, non risultino regolarmente documen-tate (ad es. importo forfetario riconosciuto dalla mandante per rimborso indennità chilometriche). Tali rimborsi, che risultano dalla fattura intestata all’agenzia, concorrono alla formazione del volu-me di affari da assoggettare all’Iva, alla ritenuta Irpef e al contributo Enasarco assieme alle prov-vigioni.

Anticipazioni fatte non soggette ai fini Iva. Ai sensi dell’art. 15, co. 1, n. 3), D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 215] non concorrono a formare la base im-ponibile Iva le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, purché regolarmente documentate (si trattano di sole movimentazioni finanziarie i cui costi rientrano nelle spese aziendali della man-dante).

Non sono soggette alla ritenuta Irpef e al con-tributo Enasarco.

Non sono soggette a Iva ad esempio: ● le spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute

dall’agente intestate alla ditta mandante per la quale la spesa è stata anticipata (oppure inte-state all’agente seguite dalla dicitura «in nome e per conto di ......»);

● nel caso di agenzia con deposito, il concorso spese per l’affitto di un locale adibito a deposi-to intestato alla mandante.

Fatturazione su incarico (autofattura)

La R.M. 11.11.1992, n. 441006 riconosce alla ditta mandante la possibilità di emettere di-rettamente la fattura delle provvigioni per conto dell’agente di commercio se:

● l’affidamento della fatturazione avviene dietro incarico da parte dell’agente;

● viene data comunicazione dell’affidamento all’ufficio Iva competente.La fattura andrà emessa dalla ditta mandan-

te, in luogo dell’agente e per suo conto, all’atto

del pagamento della provvigione con separata numerazione rispetto alle fatture relative alla pro-pria attività. Tale fattura, riportante la dicitura «Il presente documento viene emesso in nome e per conto dell’agente, dietro lettera di affidamento dell’incari-co», va registrata nel libro degli acquisti e copia sarà inviata all’agente.

Se la mandante non ha provveduto ad emet-tere fattura in nome e per conto dell’agente en-tro 4 mesi (120 giorni) dalla data di effettuazio-ne dell’operazione, ai sensi dell’art. 41, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 241], può nei 30 giorni successivi regolarizzare l’operazione all’ufficio Iva (presen-tando un documento in duplice esemplare conte-nente le indicazioni prescritte dall’art. 21, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 221]) versando l’imposta dovuta.

La revoca della fatturazione su incarico va co-municata all’ufficio Iva competente per zona.

Fatture emesse dal rappresentante

per conto della mandante

Con C.M. 23.2.1973, n. 522693 è concesso al rappresentante di commercio con mandato di emettere fatture di vendita per conto della man-dante. Tali fatture vanno:

● numerate progressivamente con numerazione distinta per ciascuna ditta;

● registrate nel libro delle fatture emesse in ap-positi registri sezionali.Mensilmente l’agente provvederà ad inviare al-

le case mandanti degli estratti, numerati e bollati, dei citati registri, con il riporto degli estremi delle fatture tali da permettere a ciascuna ditta di effet-tuare le liquidazioni periodiche e la dichiarazione annuale Iva.

10.5 Autofattura

Con il termine autofattura si deve intendere il documento che il contribuente Iva deve emettere nei confronti di se stesso, sostituendosi al cedente del bene o al prestatore di servizi.

L’autofattura è obbligatoria nei casi che seguo-no.

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

100 Febbraio 2015

L’autofattura può essere effettuata dall’agente o rappresentante di commercio per irregolare o mancata emissione della fattura da parte del for-nitore. Se l’agente o rappresentante ha acquistato beni o servizi senza che sia stata emessa fattura (o emessa irregolarmente), è soggetto a sanzione amministrativa del 100% dell’imposta, con un minimo di � 258.

Il committente acquirente può comunque re-golarizzare la posizione come di seguito descritto:a) mancato ricevimento della fattura: se non ha

ricevuto la fattura entro 4 mesi dalla data di effettuazione dell’operazione, può presentare al competente Ufficio dell’Agenzia delle En-trate, previo pagamento dell’imposta, entro il trentesimo giorno successivo, un documento integrativo, in duplice esemplare, dal quale risultino le indicazioni prescritte dall’art. 21, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 221];

b) ricevimento di fattura irregolare: se ha ricevuto una fattura irregolare, presenta all’ufficio com-petente, entro il 30esimo giorno successivo alla registrazione, un documento (autofattu-ra), in duplice esemplare, dal quale risultino le indicazioni prescritte dall’art. 21, D.P.R. 633/1972. L’acquirente deve, contemporane-amente, versare, utilizzando il modello F24 (cod. tributo 9399), la relativa imposta even-tualmente dovuta, se trattasi di operazioni im-ponibile e allegare copia del versamento.Ad avvenuta regolarizzazione, un esempla-

re del documento, viene restituito dall’ufficio al contribuente che dovrà registrarlo ai sensi dell’art. 25, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 225] come qualsiasi al-tra fattura di acquisto, provvedendo a recuperare, sulla prima liquidazione Iva periodica successiva, l’imposta versata all’ufficio anziché al fornitore.

10.6 Cessione di beni

L’agente o rappresentante di commercio che vende o dà in permuta un bene strumentale usato, deve emettere fattura. La cessione di beni ammor-tizzabili non concorre a formare il volume d’affari dell’agente o rappresentante. La cessione dell’au-tovettura dell’agente si configura come operazio-ne imponibile Iva, alla quale applicare l’aliquota

ordinaria del 21%, se l’Iva sull’acquisto era com-pletamente detraibile.

La rivendita di autovetture acquistate senza poter detrarre totalmente la relativa imposta per effetto dei limiti soggettivi e oggettivi alla detra-zione è considerata cessione esente da Iva (art. 10, n. 27-quinquies, D.P.R. 633/1972).

È da evidenziare, inoltre, che alla rivendita di autovetture usate si applica il «regime del margi-ne» (art. 36, D.L. 41/1995) se effettuata da sog-getti che non hanno potuto detrarre l’Iva ex art. 19, co. 2, D.P.R. 633/1972; tale regime si appli-ca anche nel caso gli automezzi acquistati siano in regime di esenzione per effetto dell’art. 10, n. 27-quinquies, D.P.R. 633/1972.

L’agente o rappresentante che cede attrezzature e beni strumentali (ad es. mobili d’ufficio, compu-ter, ecc.) con Iva detratta totalmente al momento dell’acquisto, deve di regola fatturarli. In fattura si dovranno indicare i beni ceduti assoggettando ad Iva (con aliquota del 21%) il corrispettivo della vendita. Se, invece, l’agente o rappresentante cede beni acquistati senza diritto alla detrazione tota-le dell’Iva, deve emettere regolare fattura recante l’indicazione dei beni venduti, il corrispettivo del-la vendita e la norma che prevede l’esenzione da Iva (art. 10, n. 27-quinquies, D.P.R. 633/1972).

Registrazioni delle fatture emesse

L’agente o rappresentante deve annotare entro 15 giorni le fatture emesse, nell’ordine della loro numerazione e con riferimento alla data della loro emissione, nell’apposito registro.

Per ciascuna fattura vanno indicati: ● numero progressivo; ● data di emissione; ● ammontare imponibile e ammontare dell’im-

posta distinti per aliquota; ● ditta, denominazione o ragione sociale del ces-

sionario del bene o del committente del ser-vizio, ovvero, in presenza di autofattura, del cedente o del prestatore.Se l’altro contraente non è un’impresa, società

o ente, vanno riportati, al posto della ditta, deno-minazione o ragione sociale, il nome e cognome.

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Il Sole 24 ORE 10. Imposta sul valore aggiunto (Iva)

101Febbraio 2015

Per le fatture relative ad operazioni non impo-nibili o esenti va indicato, al posto dell’ammonta-re dell’imposta, il titolo di inapplicabilità dell’Iva e la relativa norma.

10.7 Iva sugli acquisti

Nell’esercizio dell’attività di agenzia gli acqui-sti devono essere documentati da fatture, bolle doganali di importazione o altri documenti Iva ed annotati nel registro degli acquisti. Tali documen-ti vanno numerati progressivamente e conservati per 10 anni (ed oltre, nel caso di accertamenti an-cora in corso di definizione).

Per beneficiare della detrazione d’imposta oc-corre annotare le fatture di acquisto entro il ter-mine della liquidazione periodica (entro 60 giorni se l’agente utilizza macchine elettrocontabili o si avvale di un centro elaborazione dati). La regi-strazione tardiva non fa venir meno la detraibilità dell’imposta.

La detrazione è consentita fino al secondo an-no successivo a quello in cui si verifica l’esigibilità dell’imposta.

L’Iva sugli acquisti è naturalmente detraibile solo quando riguarda acquisti inerenti all’attività svolta.

L’Iva addebitata dai fornitori nelle fatture ri-cevute per acquisti e spese è detraibile nelle liqui-dazioni periodiche Iva. Il contribuente la consi-dererà credito nei confronti dell’Erario che andrà confrontato (e detratto) con il debito di Iva adde-bitata ai clienti su fatture emesse. Naturalmente la detraibilità dell’Iva è concessa ai contribuenti soggetti agli obblighi Iva e tenuti quindi alla con-tabilità ed alla emissione di fattura.

In presenza di fatture, bollette doganali relative ad acquisti ed importazioni per le quali ricorrono i presupposti di indetraibilità non sussiste l’obbli-go di annotazione dei relativi documenti (art. 6, D.P.R. 695/1996 [CFF ➊ 1554f]).

Prestazioni che esulano

dall’applicabilità dell’Iva

Sono quelle previste nell’ipotesi che l’agente o il rappresentante di commercio:

1) si avvalga di prestazioni occasionali o di presta-zioni di collaborazione coordinata e continua-tiva fornitagli da privati;

2) acquisti o permuti da privati beni mobili o immobili (ad es. acquisto di un’autovettura usata); in tal caso dovrà farsi rilasciare una semplice ricevuta attestante il pagamento del corrispettivo.

Aliquote

vengono di seguito esposte alcune aliquote che interessano gli acquisti degli agenti o rappresen-tanti di commercio utilizzati dagli stessi:

● 4% per libri e riviste. L’imposta relativa all’ac-quisto è indetraibile e pertanto la fattura viene richiesta ai soli fini delle imposte dirette. Per tale scopo, nel caso di abbonamento è suffi-ciente la ricevuta del versamento su conto cor-rente postale;

● 10% per prestazioni di alberghi e ristoranti non di lusso;

● 10% per prestazioni di trasporto pubblico. So-no esenti Iva i trasporti a mezzo taxi;

● 22% per: cancelleria e stampati, mobili e mac-chine di ufficio, autovetture, apparecchiature fotocinematografiche e fonografiche, benzina e gasolio, banche dati su supporto magnetico.

10.8 Detraibilità dell’Iva

La detrazione Iva: ● è ammessa solo se i beni o servizi acquistati o

importati sono soggetti ad imposta; ● non è ammessa per l’acquisto o importazione

di beni afferenti operazioni esenti o escluse dall’applicazione dell’Iva.Ai sensi dell’art. 19, co. 1, D.P.R. 633/1972

[CFF ➊ 219], l’imposta dovuta si determina detra-endo dall’ammontare dell’imposta relativa alle operazioni effettuate quello dell’imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa relativamente a beni acquistati o importati nell’esercizio dell’attività di impresa.

La detrazione è ammessa se: ● la spesa sostenuta è inerente all’attività d’im-

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

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presa, in relazione anche ad attività occasiona-li purché effettuate nell’ambito dell’esercizio d’impresa;

● l’importo dell’imposta viene esposto separata-mente in fattura a titolo di rivalsa;

● il contribuente sia in possesso della fattura di acquisto, bolletta doganale, fattura di acquisto intracomunitaria, autofattura, ecc.Per le novità relative all’esigibilità differi-

ta dell’Iva («Iva per cassa») introdotte dal D.L. 185/2008, conv. con L. 2/2009, attuato con il D.M. 26.3.2009, in vigore dal 28.4.2009, si veda a pag. 221.

Il diritto alla detrazione per i beni acquistati o importati sorge nel momento in cui l’impo-sta diventa esigibile ai sensi dell’art. 6, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 206] e può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo an-no successivo a quello in cui il diritto medesimo è sorto. Il contribuente, all’atto della registrazio-ne, ha la possibilità di valutare il periodo (mese o trimestre) in cui eseguire la detrazione d’imposta.

Se un bene è stato acquistato, ad esempio, il 25 gennaio 1999, il contribuente ha possibilità di registrare la fattura di acquisto entro l’anno 2001,

termine massimo per operare la detrazione.Il diritto alla detrazione è esercitabile entro il

termine massimo del secondo anno successivo a quello in cui il diritto medesimo è sorto, alle stes-se condizioni vigenti alla sua data di formazione.

Se, ad esempio, nel 2007 è stata acquistata un’autovettura, l’agente di commercio può regi-strare l’acquisto nella dichiarazione Iva del 2009. La detraibilità rimane valida anche se, nel frat-tempo, fosse subentrata una norma che avesse soppresso la detraibilità Iva sulle auto.

L’Iva può essere detratta parzialmente limita-tamente alla parte imputabile relativa all’esercizio d’impresa per i soggetti che effettuano contempo-raneamente:

● attività imponibili e ● attività esenti o escluse e/o ● impieghi di beni per uso personale o familiare

ovvero per finalità estranee all’esercizio di im-presa.Si rimanda al capitolo relativo al pro-rata per

le operazioni esenti.Di seguito si riporta la misura della detraibili-

tà in base alla tipologia di operazioni (imponibili, esenti e/o escluse).

Misura della detraibilità

Tipologia di operazioni Misura della detraibilità

imponibili ● detraibilità totale

imponibili + esenti ● pro-rata di detraibilità

imponibili + escluse ● indetraibilità per acquisti non soggetti Iva

prelievo beni ad uso personale ● indetraibilità

Detrazione per beni e servizi utilizzati

promiscuamente in operazioni

imponibili ed escluse

La C.M. 24.12.1997, n. 328/E afferma che la detrazione non è ammessa per la quota imputa-bile alle operazioni fuori campo Iva e la determi-nazione dell’ammontare indetraibile è lasciata alla scelta da parte del contribuente con il vincolo che

i criteri adottati siano oggettivi e coerenti con la natura dei beni e dei servizi acquistati: «ad esem-pio può affermarsi che, ai fini della ripartizione delle spese di riscaldamento di un fabbricato utilizzato sia per l’attività imponibile sia per un’attività esclusa, un criterio oggettivo e coerente può essere costituito dal-la cubatura dei rispettivi locali». Stessa modalità va applicata in presenza di beni o servizi acquistati e utilizzati promiscuamente per attività di impresa

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Il Sole 24 ORE 10. Imposta sul valore aggiunto (Iva)

103Febbraio 2015

e per fini personali (o comunque estranei all’eser-cizio dell’attività).

Al momento dell’acquisto il contribuente deve valutare in che misura:

● è impiegato il servizio o bene in operazioni im-ponibili;

● è impiegato il servizio o bene in operazioni escluse o rientranti nella sfera personale o fa-miliare dell’imprenditore.Se, ad esempio, l’agente o rappresentante di

commercio utilizza un’autovettura sia per lavoro che per fini personali, un criterio di determina-zione sarà quello di considerare il rapporto tra i giorni di lavoro nell’anno e quelli extralavorativi (come può essere il sabato e la domenica). Qualo-ra l’agente o rappresentante abbia già recuperato interamente l’Iva, al momento dell’acquisto può effettuare una rettifica alla detrazione di imposta in sede di dichiarazione annuale, riducendone l’ammontare per la parte indetraibile.

Detraibilità dell’imprenditore individuale

per spese di luce, gas e telefono

Si analizza qui di seguito il trattamento ai fini Iva delle spese relative a gas, luce e telefono per un imprenditore individuale che abbia la sede della propria attività nell’abitazione.

problema: spesso accade che imprenditori individuali stabiliscano la sede dell’attività nella propria residenza destinando appositi spazi allo svolgimento dell’attività imprenditoriale.

La questione che si pone è la seguente: in quale misura sono detraibili ai fini Iva le spese relative a gas, luce e telefono, all’utilizzo di fotocopiatrice e computer?

Inquadramento ai fini dell’imposizione fisca-le indiretta (Iva): per inquadrare correttamente la fattispecie è utile riportare quanto prevede la legislazione Iva in tema di detrazione dopo le mo-difiche apportate dall’art. 11, D.Lgs. 2.9.1997, n. 313 [CFF ➊ 1587] attuativo dei principi della VI Direttiva CEE 17.5.1977, n. 77/388, e successive modificazioni (revisione della soggettività passiva d’imposta e riordino della disciplina delle detra-zioni Iva).

L’art. 17 della VI Direttiva CEE dispone che la detrazione dell’Iva spetta nella misura in cui i beni ed i servizi acquistati e/o importati sono impiegati per realizzare operazioni soggette ad imposta o a queste assimilate (servizi internazionali, esporta-zioni, ecc.).

Ne deriva che la detrazione non spetta per beni e servizi utilizzati per operazioni esenti e per ope-razioni escluse dal campo di applicazione dell’Iva.

Con l’obiettivo di adeguare la normativa inter-na a quella di derivazione comunitaria, il Governo ha ottenuto la delega, con l’art. 3, co. 66, lett. b), L. 23.12.1996, n. 662 [CFF ➊ 1557] di procedere al riordino della disciplina delle detrazioni Iva.

Il citato D.Lgs. 313/1997 è, pertanto, l’attua-zione di tale delega.

Normativa sulle detrazioni

È contenuta nel D.P.R. 26.10.1972, n. 633 e si presenta con la seguente struttura:

● l’art. 19 [CFF ➊ 219] tratta delle norme generali sulla detrazione;

● l’art. 19-bis [CFF ➊ 219a] tratta della percentuale di detrazione;

● l’art. 19-bis1 [CFF ➊ 219A] tratta della esclusione o riduzione della detrazione per alcuni beni e servizi, ossia dei limiti oggettivi alla detrazione;

● l’art. 19-bis2 [CFF ➊ 219B] tratta della rettifica della detrazione.Ai fini della nostra analisi esaminiamo l’art.

19, D.P.R. 633/1972.L’art. 19, co. 1, primo periodo, D.P.R.

633/1972 dispone testualmente: «Per la determi-nazione dell’imposta dovuta a norma del primo com-ma dell’articolo 17 o dell’eccedenza di cui al secondo comma dell’articolo 30, è detraibile dall’ammontare dell’imposta relativa alle operazioni effettuate, quel-lo dell’imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione».

Il co. 4 del sopraccitato articolo prevede che: «Per i beni ed i servizi in parte utilizzati per ope-razioni non soggette all’imposta la detrazione non è

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104 Febbraio 2015

ammessa per la quota imputabile a tali utilizzazioni e l’ammontare indetraibile è determinato secondo cri-teri oggettivi, coerenti con la natura dei beni e servizi acquistati. Gli stessi criteri si applicano per determi-nare la quota di imposta indetraibile relativa ai beni e servizi in parte utilizzati per fini privati o comunque estranei all’esercizio dell’impresa, arte e professione».

In sostanza le nuove disposizioni legano, più strettamente della normativa previgente, il dirit-to alla detrazione dell’imposta con la natura delle operazioni nelle quali vengono impiegati i beni ed i servizi acquistati e/o importati dall’impren-ditore.

Se il co. 1 dell’art. 19, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊

219] riconosce un diritto di detrazione generalizza-to per tutti i beni e servizi acquistati nell’esercizio d’impresa, arte o professione, tale diritto viene poi ridimensionato dalle disposizioni dettate dal co. 2 del medesimo articolo. Tale comma stabilisce che il diritto alla detrazione dell’imposta non com-pete relativamente ai beni ed ai servizi che ven-gono utilizzati per realizzare operazioni esenti o comunque non soggette ad imposta.

Va ribadito che l’adozione del criterio della detrazione Iva sin dal momento dell’acquisto dei beni e servizi, ovvero senza attendere la loro effet-tiva utilizzazione nell’attività, è effettuata in base al criterio dell’afferenza, ossia alla destinazione dei beni e dei servizi ad essere utilizzati in operazioni che danno luogo a detrazione.

Tale modo di operare porta con sé, ai sensi dell’art. 19-bis2, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 219B] che, se i beni ed i servizi medesimi verranno poi impie-gati per realizzare operazioni che conferiscono il diritto a detrarre un importo maggiore o minore rispetto a quello detratto inizialmente, il contri-buente procederà alle necessarie rettifiche. Atteso il carattere, sopra descritto, di immediatezza della detrazione, il criterio di ripartizione previsto nel co. 4 del riformulato art. 19, D.P.R. 633/1972 è quello della imputazione specifica, nel senso che il contribuente, sin dal momento dell’acquisto, deve individuare con criteri oggettivi, coeren-ti con la natura del bene o del servizio, quanta parte del bene o del servizio sarà effettivamente utilizzata per operazioni imponibili e quanta per quelle escluse (C.M. 24.12.1997, n. 328/E della

Direzione Centrale Affari Giuridici e Conten-zioso Tributario, parte prima, cap. III, par. 3.2).

Iva relativa ad acquisti promiscui

La lettura di queste disposizioni non fa altro che ribadire che la detrazione dell’Iva relativa ad acquisti promiscui, vale a dire destinati in parte all’attività imprenditoriale ed in parte a fini estra-nei all’attività stessa, va fatta adoperando criteri oggettivi.

Non vengono dettate regole specifiche: spetta all’operatore economico la scelta del criterio più appropriato alle diverse situazioni compatibil-mente con la natura dei beni e servizi in oggetto.

Ci spieghiamo con un esempio. Se l’imprendi-tore ha in casa per la propria attività una fotoco-piatrice, l’Iva relativa all’acquisto di fogli da foto-copiare è detraibile in quanto si prevede dall’ori-gine la loro destinazione per l’attività d’impresa.

Se però vengono fatte fotocopie anche per uso personale, la parte di Iva relativa all’acquisto dei fogli utilizzati per uso personale è indetraibile.

Questo avviene, lo ripetiamo, perché il co. 4 dell’art. 19, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 219] individua un criterio di indetraibilità dell’Iva per destinazio-ne degli acquisti. In altre parole, la condizione per ottenere la detrazione è che i beni o servizi acqui-stati o importati siano inerenti all’attività del sog-getto passivo; in tale ambito la detrazione spetta solo per l’Iva su acquisti destinati all’effettuazione di operazioni imponibili ad esse assimilate.

È da stabilire, ai fini della detrazione, il tratta-mento applicabile agli acquisti di beni e di servi-zi utilizzati promiscuamente e cioè impiegati per realizzare sia operazioni imponibili sia operazioni escluse dal campo Iva. Per tali beni e servizi spetta una detrazione parziale rapportata all’entità del loro impiego nelle operazioni soggette ad imposta (art. 19, co. 4, D.P.R. 633/1972).

Infatti la suddetta C.M. 24.12.1997, n. 328/E specifica che il criterio della valutazione prospet-tica in sede d’acquisto dei beni e dei servizi vale anche per gli acquisti utilizzati promiscuamente in operazioni imponibili ed in operazioni escluse.

In altre parole la normativa dispone sia per gli

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Il Sole 24 ORE 10. Imposta sul valore aggiunto (Iva)

105Febbraio 2015

acquisti che l’imprenditore fa agendo come tale, sia per eventuali loro utilizzi estranei all’attività imprenditoriale.

Al contrario, quale trattamento prevede la nor-mativa fiscale per acquisti fatti dall’imprenditore in qualità di soggetto privato, ma destinati in un secondo momento alla propria attività imprendi-toriale?

Questo interrogativo porta a chiederci quale trattamento sia da riservare alle utenze domesti-che intestate al soggetto persona fisica il quale è imprenditore ed ha stabilito la sede dell’attività nella propria residenza.

Il problema dal punto di vista dell’Iva è presto risolto. Se l’utenza è intestata all’imprenditore non come tale ma come persona fisica privata, in base ai princìpi sopra ricordati (inerenza e destinazione del bene o del servizio), tali acquisti non sono ine-renti e come tali l’Iva relativa non è detraibile. Al riguardo, per le utenze, il Ministero delle Finanze, durante Telefisco del gennaio 1998, ha precisato che la detraibilità dell’Iva è legata all’esistenza di un contratto stipulato a fini professionali.

È, invece, discusso se l’utenza intestata all’im-prenditore quale persona fisica abbia valenza ai fini reddituali. In via prudenziale, non risulta consigliabile detrarre tali spese a causa della man-cata inerenza all’attività d’impresa. Appare più corretto, per l’imprenditore, stipulare il contratto uso affari per le utenze e, come abbiamo sopra discusso, detrarre l’Iva secondo i criteri oggettivi stabiliti per gli acquisti promiscui e dedursi, ai fi-ni reddituali, i costi sulla base di criteri oggettivi secondo i principi generali. Alla luce dei princì-pi normativi dell’ordinamento tributario, queste sembrano essere le soluzioni da seguire.

Determinazione del pro-rata

per le operazioni esenti

L’art. 19, co. 5, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 219] prevede che il soggetto esercitante attività che dà

luogo ad operazioni sia imponibili sia esenti ex art. 10, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 210] ha diritto al-la detrazione d’imposta spettante in misura pro-porzionale alle operazioni che danno diritto alla detrazione. Il pro-rata si applica a tutta l’imposta assolta sugli acquisti.

Quindi: ● il contribuente che esegue solo prestazioni

esenti non può detrarre l’Iva pagata sugli ac-quisti;

● per il contribuente che esegue sia prestazioni esenti che prestazioni assoggettate ad Iva, an-drà calcolata una proporzione (o pro-rata) tra operazioni imponibili per le quali è ammessa la detrazione Iva sugli acquisti al numeratore e operazioni imponibili aumentate delle opera-zioni esenti al denominatore.L’attuale pro-rata è di detraibilità e non di in-

detraibilità dell’imposta come nel passato.La C.M. 24.12.1997, n. 328/E afferma che

ciò non dà luogo all’applicazione del pro-rata (ad es. interessi addebitati per dilazione di pagamento delle provvigioni). In tal caso si utilizza, ai fini del-la determinazione dell’imposta detraibile, il crite-rio generale dell’utilizzazione specifica dei beni e dei servizi, con indetraibilità dell’imposta relativa a beni e servizi impiegati nelle operazioni esenti.

In corso d’anno la detrazione è calcolata ap-plicando la percentuale di detrazione dell’anno precedente, salvo conguaglio a fine anno.

Per i soggetti che iniziano l’attività la percen-tuale di detrazione è calcolata mediante presun-zione, salvo conguaglio a fine anno.

La percentuale di detraibilità dell’imposta si ottiene dal rapporto tra ammontare delle opera-zioni che danno diritto alla detrazione (nume-ratore) e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell’anno (denomina-tore). La percentuale va arrotondata all’unità su-periore o inferiore a seconda che la parte decimale sia maggiore o minore dello 0,50 per cento.

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Esempio di calcolo del pro-rata

operazioni imponibili � 4.183,3 con Iva 22% = � 920,32 (Iva a debito)operazioni esenti � 1.859,24acquisti e spese � 929,62 con Iva 22% = � 204,51 (Iva a credito)

Il pro-rata di detraibilità è così determinato:

� 4.183,3x 100 = 69,230%

� 6.042,55

Nota bene: la percentuale di detrazione deve essere un numero intero ed è, quindi, previsto l’arrotondamento all’unità inferiore se la parte decimale non è superiore a 0,500 o all’unità superiore se la parte decimale supera i 5 decimi. Pertanto, nel caso ipotizzato, si dovrà effettuare l’arrotondamento alla cifra inferiore, cioè al 69%.

� 204,51 x 69% = � 141,11Pertanto, nella liquidazione periodica si ha:Iva a debito � 920,32 –Iva a credito � 141,11Iva da versare � 779,21

Cellulari

A partire dall’1.1.2008, l’Iva è detraibile se-condo le regole ordinarie e la detrazione potrebbe essere anche integrale, purché il bene sia inerente.

10.9 Autovetture

L’agente o rappresentante di commercio, ai sensi dell’art. 19-bis1, co. 1, lett. c), D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 219A], recupera totalmente l’Iva assolta sull’acquisto dell’autovettura. Seguono la stessa sorte dell’automezzo cui si riferiscono, l’I-va relativa alle spese di impiego, manutenzione e riparazione, carburanti e lubrificanti e spese per pedaggi autostradali, ecc.

Per i veicoli utilizzati dagli agenti o rappresen-tanti di commercio valgono le regole di caratte-re generale in materia di diritto alla detrazione dell’Iva, che prevedono il diritto alla detrazione in base al principio di inerenza e quindi nella misura in cui possono dimostrare di utilizzarla per l’eser-cizio dell’attività.

In caso di utilizzo dell’autovettura anche per finalità personali o familiari, l’agente (o il rappre-sentante) di commercio può già, in sede di acqui-

sto, effettuare una valutazione prospettica dell’au-tomezzo e detrarre solo in parte l’imposta, ovvero, se ha provveduto al recupero totale di questa, do-vrà operare in sede di dichiarazione annuale, ai sensi dell’art. 19-bis2, D.P.R. 633/1972, la rettifi-ca della detrazione inizialmente operata.

Utilizzo promiscuo dell’autovettura

L’art. 19, co. 4, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 219] prevede la detrazione parziale nel caso di acquisto di una macchina destinata in parte ad uso lavora-tivo, in parte ad uso privato o familiare. La quota di detraibilità viene determinata secondo un crite-rio di uso oggettivo del bene. Nel momento in cui si manifesta il diritto alla detrazione dell’imposta pagata per l’acquisizione dell’autovettura, pertan-to, l’agente o rappresentante di commercio dovrà effettuare una «valutazione prospettica», al fine di determinare in quale misura l’impiego stesso si collegherà ad operazioni soggette all’Iva (o ad esse assimilate ai fini della detrazione) e in quale misura invece, ad operazioni escluse dal campo di applicazione dell’imposta (ad es. l’uso privato), in modo da calcolare in definitiva la quota d’imposta detraibile. Per l’agente o rappresentante di com-mercio potrebbe essere calcolata la parte di utiliz-

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Il Sole 24 ORE 10. Imposta sul valore aggiunto (Iva)

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zo personale tenendo in considerazione i giorni non lavorativi (due su sette) al fine di calcolare poi la quota di Iva effettivamente detraibile.

Si ricorda che l’importo dell’Iva indetraibile per l’utilizzo della macchina ai fini privati va de-terminato tenendo in considerazione oltre al co-sto del mezzo anche le spese di carburante, lubri-ficante, ricambi e manutenzioni, ecc. per la parte imputabile all’uso personale.

Autovetture di lusso

In base a quanto disposto dall’art. 6, co. 7, L. 13.5.1999, n. 133 è stata soppressa la lett. d) della Tabella B allegata al D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 553], grazie al quale l’agente o rappresentante di com-mercio a decorrere dal 18.5.1999 può dedurre, senza alcun limite, l’Iva anche sull’acquisto delle cd. automobili di «lusso», con cilindrata superiore a 2000 cc se a benzina ovvero a 2500 cc se diesel. La detrazione è estesa anche alle spese sostenute per manutenzione, riparazione e carburanti.

Successiva vendita dell’autoveicolo

Se l’Iva non è stata detratta totalmente all’atto dell’acquisto dell’automobile, al momento della successiva cessione l’agente o rappresentante deve:

● emettere una fattura esente Iva ai sensi dell’art. 10, co. 1, punto 27-quinquies, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 210];

● registrarla nel libro delle fatture emesse; ● riportarla in sede di dichiarazione annuale Iva.

Trattandosi di vendita di un bene ammortizza-bile non va calcolato il pro-rata relativo alle ope-razioni esenti.

Classificazione degli autoveicoli

Il Ministero dei Trasporti e della Navigazione, con D.M. 4.8.1998 (pubblicato sul S.O. n. 147 alla G.U. 31.8.1998, n. 202), nell’adeguarsi alla Direttiva Comunitaria 6.2.1998, n. 98/14/CE, relativa all’omologazione dei veicoli, ha modifica-to la classificazione dei veicoli, determinandone anche in Italia due sole categorie: quelli destinati

al trasporto di persone (individuati dalla lettera M1) e quelli adibiti al trasporto di merci (indi-viduati dalla lettera N). Per effetto della citata direttiva comunitaria, i codici che individuano le carrozzerie delle autovetture (della categoria M1), indicati sulla carta di circolazione sono i seguenti:

Al fine di chiarire i numerosi dubbi origina-ti dal recepimento della Direttiva n. 98/14/CE, operato con il citato D.M. 4.8.1998, il Ministero dei Trasporti e della Navigazione/Dipartimen-to dei trasporti terrestri, con C.M. 14.12.1999, n. 1927/FP3, ha liberalizzato definitivamente il trasporto di merci in conto proprio sulle normali autovetture. Utilizzando i veicoli classificati come autovetture è possibile trasportare bagagli e og-getti vari anche per finalità di commercio (ad es. campionario dell’agente o rappresentante di com-mercio), in modo analogo a quanto può avvenire nel caso di utilizzo di un automezzo preceden-temente classificato dalla Motorizzazione Civile come «uso promiscuo» cioè, per il trasporto di persone e cose. Di seguito si riportano in sintesi i punti salienti della citata circolare. Viene in primo luogo precisato che:1) la categoria di veicoli per uso promiscuo, estra-

nea alla cultura comunitaria in materia, non ha mai avuto proprie peculiari connotazioni, dovendosi considerare una specie del genere «categoria M1 (veicoli destinati al trasporto di persone, aventi al massimo 8 posti a sedere oltre al sedile del conducente), da cui non dif-feriva se non per una semplice classificazione amministrativa che, peraltro, avveniva a sem-plice richiesta degli interessati, per i veicoli di categoria M1, nuovi di fabbrica o già imma-tricolati;

2) il Ministero dei Trasporti e della Navigazione cui compete stabilire le caratteristiche costrut-tive dei veicoli in relazione alle destinazioni o agli usi cui gli stessi possono essere adibiti, a suo tempo ha ritenuto idonei dal punto di vi-sta tecnico, i veicoli di categoria M1 anche al trasporto di cose. Ed è infatti in funzione di ciò che i veicoli per trasporto promiscuo ve-nivano classificati tali senza necessità di alcun adattamento o allestimento e di conseguenza, come detto, con semplice operazione ammini-

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108 Febbraio 2015

strativa e senza visita e prova (C.M. 1.7.1986, n. 122/86);

3) al fine di utilizzare veicoli di categoria M1 an-che per il trasporto di merci, non ostano nor-me relative al trasporto di cose in conto pro-prio (art. 83, co. 2, Codice della Strada) o in conto terzi, fatto salvo in quest’ultima ipotesi l’obbligo di iscrizione all’albo.Alla luce di quanto sopra esposto viene, quin-

di, chiarito che, a seguito del recepimento della Direttiva comunitaria citata, gli autoveicoli per trasporto promiscuo di cui all’art. 54, co. 1, lett. c), Codice della Strada, vengono assorbiti nelle «autovetture» di cui alla lett. a) del medesimo art. 54, co. 1, e pertanto i trasporti sinora effettuati con gli «autoveicoli per il trasporto promiscuo» possono ora legittimamente effettuarsi con le «au-tovetture» con le medesime modalità, nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 164 Codice della Strada.

N.B.: l’indicazione AF non identifica gli au-toveicoli destinati al trasporto promiscuo di cui all’art. 54, co. 1, lett. c), Codice della Strada, così come precedentemente individuati; infatti la lo-cuzione «ad uso promiscuo» è solo una traduzione impropria del termine inglese multi purpose e del termine francese à usage multiple, che individuano in realtà i cosiddetti veicoli monovolume o mul-tiuso (Circolare n. 300/A del 27.7.1999 del Mi-nistero dell’Interno).

10.10 Scheda carburanti

La scheda carburanti, relativa all’acquisto di carburante per autotrazione (benzina, miscela di carburante e lubrificante, gasolio, gas metano, Gpl) effettuato presso gli impianti di distribuzio-ne da soggetti titolari di partita Iva, è documento sostitutivo della fattura.

Il D.P.R. 10.11.1997, n. 444 [CFF ➊ 1608] ha approvato il regolamento concernente la semplifi-cazione delle annotazioni da apporre sulla scheda carburanti. A norma dell’art. 7 del provvedimento [CFF ➊ 1614] le nuove regole hanno avuto effetto dal 1° marzo 1998.

La nuova disciplina prevede alcuni casi di

esclusione dall’applicazione della scheda carbu-rante (con conseguente obbligo di fatturazione). Fra questi si ricorda l’esclusione per:

● acquisti di carburanti per autotrazione non ef-fettuati presso distributori;

● acquisti di carburante effettuati presso gli impianti di distribuzione, ma non destinati all’autotrazione (ad es. gli acquisti destinati a motori fissi) o acquisti per i quali questa de-stinazione non può essere constatata all’atto dell’acquisto stesso;

● acquisti di carburanti per i quali sia impossibi-le la certificazione per mancanza del persona-le addetto al distributore (ad es. rifornimento effettuato dopo l’orario di chiusura attraverso impianti self service);

● acquisti di carburanti per effetto di contrat-ti di «netting». Tale contratto ha per oggetto l’obbligo assunto dal gestore verso la propria compagnia petrolifera di effettuare una som-ministrazione di carburante direttamente all’u-tente che utilizza apposite carte di credito per il pagamento; ai fini fiscali, la somministrazio-ne è fatturata al medesimo utente della compa-gnia petrolifera alla quale il gestore rifattura l’o-perazione effettuata nei confronti del cliente.Il rifornimento di carburante per autotrazio-

ne mediante scheda magnetica presso distributori stradali convenzionati, può essere documentato con fattura (R.M. 4.7.1996, n. 106/E).

Per ottenere la fattura possono essere utilizzati i buoni di consegna emessi da talune attrezzature automatiche da inviare ai gestori dei distributori.

Il D.P.R. 444/1997 in oggetto prevede: ● l’istituzione di nuovo modello di scheda car-

burante; ● una scheda carburante mensile o trimestrale; ● l’annotazione da parte del distributore della

data e dell’ammontare del carburante riforni-to;

● l’annotazione da parte dell’agente o rappresen-tante di commercio, prima della registrazione, del n° dei chilometri che viene rilevato a fine mese o trimestre.Per detrarre l’Iva assolta sui carburanti, l’agen-

te o rappresentante di commercio deve utilizzare

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una scheda carburante conforme al modello alle-gato al D.P.R. 10.11.1997, n. 444. La scheda deve essere istituita per ogni veicolo a motore utilizzato nell’esercizio d’impresa che risulti intestato alla ditta individuale o alla società di agenzia o che sia posseduto a titolo di leasing, noleggio, comodato o altro titolo (tale titolo deve essere regolarmente documentato).

Per ciascun veicolo utilizzato nell’esercizio d’impresa può essere utilizzata una scheda con ca-denza mensile o trimestrale. La scelta fra il perio-do mensile o trimestrale può essere fatta da ogni soggetto interessato indipendentemente dal regi-me mensile o trimestrale di versamento dell’Iva ed inoltre non richiede l’esercizio di alcuna opzione, né l’invio di alcuna comunicazione agli Uffici fi-nanziari.

Contenuto della scheda carburante

mensile o trimestrale

L’agente o rappresentante di commercio deve indicare:

● cognome e nome, ditta, denominazione o ra-gione sociale;

● domicilio fiscale; ● partita Iva; ● estremi di individuazione del veicolo (casa co-

struttrice, modello, targa e numero di telaio o altri estremi identificativi del veicolo apposti dall’impresa costruttrice). Per la sua compi-lazione è consentito l’utilizzo di un apposito timbro.Vanno, inoltre, indicati i Km risultanti alla fi-

ne del mese o del trimestre.Il gestore dell’impianto di distribuzione deve

annotare: ● data di rifornimento; ● prezzo del carburante Iva inclusa; ● dati identificativi dell’esercente l’impianto (de-

nominazione o ragione sociale, ovvero ditta o cognome e nome se persona fisica), anche me-diante timbro;

● luogo ove è ubicato l’impianto; ● firma di convalida, anche a mezzo timbro.

Non è più obbligatoria: ● l’indicazione del numero progressivo dell’an-

notazione; ● il tipo del carburante erogato; ● la quantità del carburante erogato.

La scheda carburanti va numerata progressiva-mente seguendo l’ordine attribuito alle fatture di acquisto.

L’ammontare complessivo delle operazioni annotate sulla scheda carburanti andrà riporta-to nel registro degli acquisti entro il termine per il versamento dell’Iva periodica (art. 25, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 225]).

Nel registro si riportano: ● periodo (mese o trimestre); ● veicolo al quale è riferita la scheda carburanti

(al posto della data fattura, ditta e ragione so-ciale del cedente);

● numero della stessa scheda; ● ammontare dell’imponibile e dell’Iva.

L’agente di commercio, intestatario del veico-lo, prima della registrazione deve annotare sulla scheda carburanti il numero di chilometri rile-vabile, alla fine del mese o del trimestre, dall’ap-posito dispositivo contachilometri esistente nel veicolo. Vanno rilevati i chilometri che risultano e non quelli effettivamente percorsi nello stesso periodo.

La scheda va conservata per dieci anni dalla data dell’ultima registrazione e comunque fino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo d’imposta.

La non indicazione sulla scheda carburanti del numero di targa del veicolo e del numero di par-tita Iva del titolare dell’autovettura che acquista il carburante non consente di detrarre l’Iva sull’ac-quisto di carburante (Comm. Trib. Centr. – Sez. XII decisione 23.2.1996, n. 1377).

10.11 Indetraibilità dell’Iva

L’Iva pagata sull’acquisto di determinati beni non può essere portata in detrazione dell’Iva; in caso di cessione dei suddetti beni il valore degli stessi non è imponibile ai fini Iva. L’Iva indetrai-bile sugli acquisti viene trattata contabilmente alla

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110 Febbraio 2015

stregua di un costo. Quindi: ● se il bene non è ammortizzabile, il costo del

bene comprensivo di Iva verrà portato a fine anno in diminuzione delle entrate derivanti dall’attività di impresa (sempreché detto costo sia deducibile ai fini della determinazione del reddito d’impresa);

● se il bene è ammortizzabile, sul costo del bene comprensivo di Iva verranno calcolate annual-mente le quote di ammortamento.

Registrazione delle operazioni

Rimangono valide le norme che disciplinano le registrazioni di tali operazioni che andranno annotate nel registro delle fatture di acquisto. Per ciascuna fattura il contribuente deve indicare:

● la data di emissione (indicata dal fornitore sul-la fattura stessa);

● il numero progressivo attribuito (da riportare successivamente sull’originale del documento da annotare);

● la denominazione del fornitore; ● per le fatture relative a operazioni imponibili,

l’ammontare imponibile, distinto per aliquota applicabile, e l’imposta relativa; per le fatture relative a operazioni non imponibili o esenti, il titolo di inapplicabilità e la relativa norma.

Spese per albergo, ristorante, bar

Il co. 28-bis, art. 83, D.L. 25.6.2008, n. 112, conv. con modif. L. 6.8.2008, n. 133 ha abrogato il regime di indetraibilità dell’Iva relativa alle pre-stazioni alberghiere e alle somministrazioni di alimenti e bevande previsto dall’art. 19-bis1, lett. e), D.P.R. 633/1972. La modifica non riguarda i costi per vitto e alloggio quando sono qualificati come spese di rappresentanza, che, pertanto, con-tinuano ad essere indetraibili (ex art. 19-bis1, co. 1, lett. h), D.P.R. 633/1972).

A partire dall’1.9.2008, l’Iva relativa alle pre-stazioni alberghiere e alle somministrazioni di ali-menti e bevande diviene integralmente detraibi-le (si vedano, inoltre, le C.M. 53/E/2008, C.M. 3.3.2009, n. 6/E e C.M. 19.5.2010, n. 25/E).

In base alla previgente disciplina l’Iva relativa alle prestazioni alberghiere e alle somministrazioni di alimenti e bevande ovunque effettuate è sem-pre indetraibile (anche per gli agenti e rappresen-tanti di commercio) salvo i casi di prestazioni di mensa aziendale e servizi sostitutivi (vedi sotto e a pag. seg.), di prestazioni rese da terzi ad azien-de alberghiere e di prestazioni oggetto dell’attività propria dell’impresa e, a partire dall’1.1.2007, di somministrazioni di alimenti e bevande inerenti alla partecipazione a convegni, congressi e simi-li, erogate nei giorni di svolgimento di tali even-ti (art. 19-bis1, co. 1, lett. e), D.P.R. 633/1972 [CFF ➊ 219A] come modif. dall’art. 1, co. 304, L. 27.12.2006, n. 296).

La detrazione dell’Iva sulle prestazioni in esa-me presuppone il possesso della fattura, la quale, pertanto deve essere richiesta, non oltre il mo-mento di effettuazione delle stesse, considerato che le prestazioni alberghiere e le somministrazio-ni di alimenti e bevande sono menzionate tra le operazioni per le quali l’emissione del documento è obbligatoria solo su richiesta del cliente (art. 22, co. 1, n. 2, D.P.R. 633/1972).

Si ricorda, inoltre, che ai fini della detrazione è fondamentale l’inerenza della spesa alberghiera o di ristorazione con lo svolgimento dell’attività d’impresa.

Spese di rappresentanza

Il regime Iva relativo alle spese di rappresen-tanza è disciplinato dall’art. 19-bis, co. 1, lett. b), D.P.R. 633/1972, in base al quale non è ammessa in detrazione l’Iva relativa alle spese di rappre-sentanza, come definite ai fini delle imposte sui redditi, tranne quelle sostenute per l’acquisto di beni di costo unitario non superiore ad � 25,82.

10.12 Variazioni dell’imponibile

e dell’imposta

Variazioni in aumento

(art. 26, co. 2, D.P.R. 633/1972)

Tutte le volte che successivamente all’emissio-ne della fattura o alla sua registrazione l’ammon-

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Il Sole 24 ORE 10. Imposta sul valore aggiunto (Iva)

111Febbraio 2015

tare imponibile di un’operazione o quello della relativa imposta aumentano per qualsiasi motivo (compresa la rettifica di inesattezze), il cedente del bene o il prestatore di servizio dovrà emettere una fattura integrativa (nota di addebito) nei confron-ti del cessionario o committente. Detta fattura an-drà registrata, dal primo, sul registro delle fatture emesse e, dal secondo, sul registro degli acquisti.

Variazioni in diminuzione

(art. 26, co. 2, D.P.R. 633/1972)

Se un’operazione, per la quale sia stata emessa la fattura ed eseguita la registrazione, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile o quello della relativa imposta in con-seguenza di:

1) dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili;

2) applicazione di abbuoni o sconti previsti con-trattualmente;

3) inesattezze della fatturazione,il cedente del bene o il prestatore di servizi ha diritto di portare in detrazione l’imposta corri-spondente alla variazione in diminuzione (nota di accredito) registrandola o in negativo sul registro delle fatture emesse o in positivo sul registro degli acquisti. Il cessionario o committente, che abbia già registrato l’operazione, deve registrare la varia-zione o in negativo sul registro degli acquisti o in positivo sul registro delle fatture emesse, salvo il suo diritto alla restituzione dell’importo o mag-gior importo pagato al cedente o prestatore a tito-lo di rivalsa. Se gli eventi di cui al punto 1) e 2) si verificano per sopravvenuto accordo fra le parti, la rettifica può essere compiuta entro un anno (365 giorni) dall’effettuazione dell’operazione. Lo stes-so termine vale per l’ipotesi di cui al punto 3).

10.13 Perdite involontarie di beni

L’art. 16 del D.P.R. 435/2001 prevede che per superare la presunzione di cessione, prevista dall’art. 1, co. 1, D.P.R. 441/1997 [CFF ➊ 1596], la perdita dei beni dovuta ad eventi fortuiti, ac-cidentali o comunque indipendenti dalla volontà del soggetto, va provata mediante:

● idonea documentazione fornita da un organo della Pubblica Amministrazione,

● o, in mancanza: ● dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà

(art. 47, D.P.R. 445/2000 [CFF ➊ 2956a]) resa entro 30 giorni dal verificarsi dell’evento o dal-la data in cui se ne ha conoscenza,

● dalle quali risulti il valore complessivo dei beni perduti.In caso di richiesta dell’Amministrazione finan-

ziaria, il contribuente deve comunque fornire sia la stessa dichiarazione sia i criteri ed elementi in base ai quali il predetto valore è stato determinato.

10.14 Versamenti periodici dell’Iva

I versamenti periodici relativamente all’I-va vanno effettuati utilizzando il modello F 24, esclusivamente in via telematica, anche avvalen-dosi di intermediari abilitati.

I termini di versamento variano a seconda del tipo di contribuente. E’, pertanto, necessario di-stinguere tra:

● contribuente mensile: la liquidazione e il ver-samento dell’eventuale Iva debito va effettuata entro il giorno 16 del mese successivo;

● contribuente trimestrale: la liquidazione ed il versamento vanno effettuati entro il giorno 16 del mese successivo a ciascuno dei tre trimestri

Nota bene

L’emissione della fattura coincide con la consegna o spedizione della medesima alla controparte. Pertanto, in presenza di indicazioni inesatte circa l’imposta o imponibile antecedentemente alla consegna o spedizione, la fattura può essere annullata e sostituita con un’altra corretta.

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

112 Febbraio 2015

solari (16 maggio, 16 agosto e 16 novembre).Il versamento relativo all’ultimo trimestre va

effettuato in sede di conguaglio annuale entro il 16 marzo dell’anno successivo, salvo la possibilità di usufruire dei maggiori termini previsti per il versamento delle imposte dovute in base alla di-chiarazione (modello Unico).

In caso di versamento trimestrale l’eventuale debito di Iva deve essere maggiorato dell’1% a titolo di interesse. Si ricorda che la liquidazione trimestrale può essere scelta dai contribuenti che nell’anno solare precedente hanno realizzato un volume d’affari non superiore a:

● 400.000 euro per i lavoratori autonomi e per le imprese che hanno come oggetto della pro-pria attività la prestazione di servizi;

● 700.000 euro per le imprese che esercitano al-tre attività.L’opzione che deve essere eseguita in sede di

inizio dell’attività e comunicata alla prima dichia-razione annuale Iva da presentarsi successivamen-te alla scelta operata, ha effetto dall’anno in cui è stata esercitata e fino a revoca, salvo il superamen-to del limite sopra indicato.

Si ricorda, inoltre, che se il contribuente è tenuto alla presentazione del Modello Unico, il versamen-to dell’Iva può essere differito alla scadenza prevista per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione. Va, però, tenuto presente che se il contribuente decide di versare l’Iva in sede di versa-mento per Unico, dovrà applicare la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse per ogni mese o frazione di mese successivo al 16 marzo.

10.15 Versamento di acconto dell’Iva

I contribuenti obbligati agli adempimenti di liquidazione e versamento periodico, entro il 27.12 di ciascun anno hanno l’obbligo di versare l’acconto nella misura dell’88% dell’Iva relativa all’ultimo periodo (trimestre o mese dell’anno precedente).

Metodi di calcolo dell’acconto

Per determinare la base di riferimento per il

calcolo dell’acconto possono essere applicati, in alternativa, uno dei seguenti metodi:1) metodo storico: l’acconto è pari all’88% del

versamento dovuto relativamente all’ultimo mese o trimestre dell’anno precedente (sempre al lordo dell’acconto Iva precedente);

2) metodo previsionale: l’acconto è pari all’88% dell’Iva che si prevede di dover versare per il mese di dicembre dell’anno in corso (contri-buenti mensili) o in sede di dichiarazione an-nuale (contribuenti trimestrali);

3) metodo delle operazioni effettuate: l’acconto può essere pari al 100% dell’importo risultan-te effettuando entro il 27.12 un’apposita liqui-dazione Iva considerando:

– l’Iva a debito risultante dalla somma del-le operazioni registrate o da registrare o da annotare dall’1.12 al 20.12 per i mensili o dall’1.10 al 20.12 per i trimestrali (compre-si gli acquisti intracomunitari) e delle ope-razioni effettuate dall’1.11 al 20.12 anche se non sono state emesse e/o registrate le relative fatture (comprese quelle intraco-munitarie);

– l’Iva a credito risultante da acquisti e im-portazioni registrati dall’1.12 al 20.12 per i contribuenti mensili o dall’1.10 al 20.12 per i trimestrali e dagli acquisti intracomu-nitari computati a debito;

4) contribuenti mensili: se affidano la contabilità a terzi possono determinare l’acconto in misu-ra pari al 66% dell’Iva dovuta per la liquida-zione per il mese di dicembre. Qualora l’importo da versare risulti inferiore a

103,29 euro non si effettua alcun versamento in acconto.

Variazione della periodicità

di liquidazione

Occorre seguire le seguenti regole: ● variazione da trimestrale a mensile: il parame-

tro su cui calcolare l’88% dovuto a titolo di ac-conto è costituito da 1/3 dell’imposta a debito risultante dalla dichiarazione annuale relativa all’anno precedente;

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Il Sole 24 ORE 10. Imposta sul valore aggiunto (Iva)

113Febbraio 2015

● variazione da mensile a trimestrale: l’acconto dell’88% va calcolato sulla base dei versamenti effettuati negli ultimi tre mesi dell’anno prece-dente (ottobre-dicembre).

Modalità di versamento e sanzioni

Non è dovuta la maggiorazione dell’1% a tito-lo di interesse per i contribuenti trimestrali.

Il versamento va effettuato utilizzando il mod. F24 telematico. L’acconto Iva non può essere rateiz-zato. I codici tributo da utilizzare per il versamento dell’acconto sono i seguenti: 6013 per i contribuenti mensili e 6035 per i contribuenti trimestrali.

In caso di omesso, insufficiente o tardivo ver-samento di acconto si applica una sanzione pe-cuniaria del 30% dell’importo non versato, con possibilità di avvalersi del ravvedimento operoso.

10.16 Comunicazione annuale dei dati Iva

I contribuenti Iva, entro il mese di febbraio di ciascun anno, devono presentare la comunicazione annuale dei dati Iva relativi all’anno precedente.

La comunicazione viene utilizzata dall’Am-ministrazione finanziaria per eseguire nei termi-ni previsti dalla normativa comunitaria il calcolo delle risorse proprie che ciascun Stato membro deve versare.

Con la comunicazione annuale dei dati Iva il contribuente non procede alla definitiva determi-nazione dell’Iva dovuta, che avviene invece attra-verso la dichiarazione annuale.

Sono esclusi dall’adempimento: ● i contribuenti che presentano la dichiarazione

Iva, in forma autonoma, entro il mese di feb-braio;

● i contribuenti che per l’anno precedente han-no registrato esclusivamente operazioni esenti;

● le persone fisiche che nell’anno d’imposta cui si riferisce la comunicazione hanno realizza-to un volume d’affari uguale o inferiore a � 25.000 euro, anche se tenuto a presentare la dichiarazione annuale;

● i soggetti sottoposti a procedure concorsuali.

10.17 Dichiarazione Iva annuale

La dichiarazione annuale Iva rappresenta il ri-epilogo delle operazioni rilevanti ai fini Iva effet-tuate nel corso dell’anno precedente a quello di presentazione e determina la liquidazione defini-tiva del debito o del credito Iva.

Con riferimento alla dichiarazione Iva 2015 il relativo periodo d’imposta è l’anno solare 2014.

Il modello di dichiarazione Iva base è una ver-sione semplificata del modello di dichiarazione annuale Iva e può essere utilizzato, in alternativa al predetto modello, sia dai contribuenti tenuti a comprendere la dichiarazione annuale Iva nel Modello Unico sia dai contribuenti che presenta-no la dichiarazione annuale Iva in forma autono-ma. Con riferimento alla dichiarazione Iva base 2015 il relativo periodo d’imposta è l’anno 2014.

Le modalità ed i termini per la presentazione del modello Iva base 2015 sono gli stessi previsti per la presentazione del modello di dichiarazione annuale Iva 2015 (sia in forma unificata che in forma autonoma).

Modalità di versamento dell’imposta

Il contribuente è tenuto ad effettuare il versa-mento dell’imposta dovuta a seguito della dichia-razione annuale tramite il modello di pagamento F24, obbligatoriamente in via telematica.

L’art. 3, D.P.R. 16.4.2003, n. 126 [CFF ➊ 1755a] ha stabilito che dall’1.1.2003 l’Iva a debito o a credito risultante dalla dichiarazione annuale Iva non è, rispettivamente, dovuta o rimborsabile se di importo pari o inferiore ad � 10,33.

L’Iva dovuta in base alla dichiarazione annuale autonoma deve essere versata entro il 16 marzo di ciascun anno.

Se il termine di versamento scade di sabato o di giorno festivo, può essere fatto il primo gior-no lavorativo successivo. Questo termine riguarda sia i contribuenti tenuti alla presentazione della dichiarazione Iva in forma autonoma, sia quelli che presentano la dichiarazione Iva con il modello Unico.

Per i contribuenti obbligati alla presentazione

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

114 Febbraio 2015

della dichiarazione Iva unificata è possibile versa-re il saldo Iva entro i termini previsti per i ver-samenti del Mod. Unico, con la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse, per ogni mese o frazione di mese successivo al 16 marzo. I contri-buenti possono avvalersi della facoltà di rateizzare il versamento del saldo Iva, anche nell’ipotesi di dichiarazione unificata, con inizio della rateizza-zione a decorrere dal 16 marzo.

10.18 Obbligo di presentazione

telematica dei modelli F24

Per effetto dell’art. 11, co. 2, D.L. 24.4.2014, n. 66 conv. con modif. dalla L. 23.6.2014, n. 89, a decorrere dall’1.10.2014:a) i modelli F24 a saldo zero possono essere pre-

sentati esclusivamente utilizzando i servizi «F24 web» o «F24 online» dell’Agenzia delle Entrate, attraverso i canali telematici Fisconli-ne o Entratel, oppure per il tramite di un in-termediario abilitato che può trasmettere te-lematicamente le deleghe F»24 in nome e per conto degli assistiti, avvalendosi del servizio «F24 cumulativo», disciplinato da apposita convenzione con l’Agenzia delle Entrate e del servizio F24 addebito unico» di cui al Provve-dimento del Direttore dell’Agenzia delle En-trate del 21.6.2007;

b) i modelli F24 contenenti crediti utilizzati in compensazione, con saldo finale maggiore di zero, oppure i modelli F24 con saldo superiore a 1.000,00 euro (a prescindere dalla presenza di crediti utilizzati in compensazione) possono essere presentati esclusivamente per via tele-matica, mediante i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, oppu-re mediante i servizi internet banking messi a disposizione dagli intermediari della riscossio-ne convenzionati con l’Agenzia delle Entrate (banche, Poste italiane e Agenti della riscossio-ne, prestatori di servizi di pagamento).I non titolari di partita Iva possono conti-

nuare a versare le somme di importo totale pa-ri o superiore a 1.000,00 euro, senza utilizzo di crediti in compensazione, presso gli sportelli degli intermediari della riscossione convenziona-

ti con l’Agenzia (Banche, Poste Italiane e agenti della riscossione).

La presentazione del modello F24 in forma cartacea è, inoltre, ammessa in questi casi:

● F24 precompilati dall’ente impositore (ad esempio Agenzia delle Entrate, Comuni, ecc.), con saldo finale superiore a 1.000,00 euro, a condizione che non siano indicati crediti in compensazione;

● utilizzo di crediti d’imposta fruibili in com-pensazione esclusivamente presso gli agenti della riscossione.Infine, tenuto conto che per numerosi contri-

buenti non titolari di partita Iva sono in corso, per il corrente anno, versamenti rateali di tributi, contributi e altre entrate tramite modello F24 car-taceo, sarà possibile continuare ad effettuare i ver-samenti delle rate successive utilizzando la stessa modalità, fino al 31.12.2014, anche per importi superiori a 1.000,00 euro e/o utilizzando crediti in compensazione, oppure se il saldo del modello è paria a zero.

Questi obblighi (introdotti dal D.L. 66/2014) si aggiungono a quelli già vigenti in materia di pagamenti con F24. In particolare, i soggetti ti-tolari di partita Iva restano obbligati ad utilizzare:

● modalità di pagamento esclusivamente tele-matiche per il versamento di imposte, contri-buti e premi, nonché delle entrate spettanti agli enti e alle casse previdenziali;

● esclusivamente i servizi telematici messi a di-sposizione dall’Agenzia delle Entrate, per ef-fettuare la compensazione, tramite modello F24, del credito Iva annuale o relativo a pe-riodi inferiori all’anno, per importi superiori a 5.000,00 euro annui.Pertanto, i titolari di partita Iva sono tenuti a

utilizzare esclusivamente le modalità telematiche messe a disposizione dall’Agenzia delle Entrate per la presentazione del modello F24 in tutti i casi di delega con saldo finale pari a zero, ferma restando la possibilità di utilizzare anche i servizi telematici resi disponibili dagli intermediari della riscossione convenzionati per la presentazione del modello F24 con saldo maggiore di zero.

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Il Sole 24 ORE 11. Imposte sui redditi

115Febbraio 2015

11. Imposte sui redditi

di Mario Jannaccone

Il reddito dell’agente e rappresentante di com-mercio è fiscalmente reddito di impresa.

I principi fondamentali che disciplinano la determinazione del reddito di impresa sono quel-li stabiliti dagli artt. 64 e 109, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5164 e 5209] che qui di seguito tratteremo.

È opportuno ricordare che l’agente o rappre-sentante di commercio ha la possibilità di sce-

gliere la forma giuridica d’impresa che ritiene più confacente alle caratteristiche della sua attività. Nella scelta assume importanza fondamentale la responsabilità che grava sull’agente o rappresen-tante.

Di seguito vengono elencate le diverse forme giuridiche d’impresa con la relativa responsabilità in capo all’agente o rappresentante di commercio.

Forme d’impresa

TIPOLOGIA di IMPRESA RESPONSABILITÀ

Ditta individualeResponsabilità illimitata con il proprio patrimonio perso-nale

Società di persone in nome collettivo (S.n.c.)

Responsabilità illimitata e solidale dei soci con il proprio patrimonio personale

Società di persone in accomandita sem-

plice (S.a.s.)

● Responsabilità illimitata e solidale dei soci accoman-

datari (amministratori della società) con il proprio patri-monio personale

● responsabilità limitata alla sola quota di partecipazione del capitale per i soci accomandanti

Società di capitali: società a responsabilità limitata e società per azioni (S.r.l. e S.p.A.)

Responsabilità limitata alla sola quota di partecipazione del capitale per i soci

Di solito l’agente o rappresentante di commer-cio esercita la propria attività sotto forma di ditta individuale o di società in accomandita semplice

oppure di società di capitali a responsabilità limi-tata.

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

116 Febbraio 2015

11.1 Principali componenti positivi

di reddito

Ricavi

Costituiscono ricavi i corrispettivi (al netto di Iva) ricevuti dall’impresa per la cessione di beni o servizi al cui commercio o produzione essa è rivolta, o per la cessione di materie prime o di semilavorati e di altri «beni-merce» (quali, salvo eccezioni, azioni e obbligazioni). Sono inoltre considerati ricavi:

● i risarcimenti (anche assicurativi) per la perdita dei beni indicati sopra;

● i contributi, in denaro o in natura, spettanti sotto qualsiasi denominazione in base a con-tratto;

● i contributi in conto esercizio spettan-ti per legge, erogati da qualunque soggetto (dall’1.1.1996, anche diverso dallo Stato o da altri enti pubblici).Tipologia di beni la cui cessione costituisce

ricavo: secondo la lett. b) dell’art. 85, D.P.R. 917/1986 deve trattarsi di beni mobili. La cessio-ne di beni immobili costituisce presupposto per il realizzo di plusvalenze. Un’eccezione è rappre-sentata dalle imprese edili per le quali i proventi derivanti dalla vendita dei fabbricati costituisco-no ricavi (art. 85, lett. a), D.P.R. 917/1986); tali fabbricati non sono produttivi di reddito catastale e, fino a quando restano in possesso dell’impre-sa edile, costitui-scono una voce del magazzino (R.M. 23.6.1977, n. 9/1050). La cessione di beni immateriali (es. marchio) costituisce presuppo-sto per il realizzo di ricavi solo se questa rientra nell’esercizio dell’attività dell’impresa (R.M. 10.8.1991, n. 9/611).

Per l’individuazione dell’oggetto dell’attività si fa riferimento allo statuto sociale o, in subor-dine, all’attività effettivamente svolta (RR.MM. 12.1.1979, n. 9/553 e 12.7.1982, n. 9/1730).

Indennità e risarcimenti, anche in forma assi-curativa, danno luogo a ricavi quelle riferite a beni

la cui cessione costituirebbe ricavo.

Contributi

Sono considerati ricavi i contributi in denaro o in natura concessi in base a contratti (natura di corrispettivo). I contributi erogati in conto eserci-zio secondo norma di legge (non in base a contrat-to), costituiscono anch’essi ricavi (art. 85, co. 1, lett. h), D.P.R. 917/1986; vedi anche Circ. Asso-nime 10.5.1996, n. 50). I contributi in c/esercizio (che costituiscono ricavi) hanno la funzione di ab-battere i costi di esercizio, mentre quelli in c/capi-tale (che danno luogo a sopravvenienze – vedi art. 88 [CFF ➋ 5188]) rappresentano un arricchimento patrimoniale dell’impresa (R.M. 13.6.1984, n. 9/1616). I contributi accordati per l’acquisizione dei beni in leasing costituiscono contributi in c/esercizio e vanno imputati in proporzione ai ca-noni pagati nei vari esercizi (R.M. 28.12.1994, n. 56 e Circ. Assonime 27.5.1999, n. 46).

Sconti, abbuoni, premi

Non si considerano come costi ma si sottrag-gono direttamente ai ricavi.

Ricavi da cessioni senza corrispettivo

Si considera ricavo il valore normale dei beni descritti sopra destinati al consumo personale o familiare dell’imprenditore o assegnati ai soci o a finalità estranee all’impresa. Non realizza ricavi la prestazione gratuita di servizi.

Destinazione a finalità estranee

e autoconsumo

Costituiscono presupposto per il realizzo di ricavi, qualora abbiano per oggetto beni la cui cessione dà origine a ricavi. In questo caso il cor-rispettivo è dato dal valore normale del bene au-toconsumato o destinato a finalità estranee (vedi C.M. 22.9.1980, n. 32/9).

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Il Sole 24 ORE 11. Imposte sui redditi

117Febbraio 2015

11.2 Principi di competenza,

certezza, determinabilità e inerenza

I ricavi, i costi e le spese, qualora non sia di-versamente stabilito, devono essere considera-ti secondo il principio di competenza se la loro esistenza è certa e se sono determinabili nel loro ammontare: in caso contrario vanno considerati al verificarsi delle suddette condizioni.

Principio di competenza

Ricavi, costi e gli altri componenti positivi e negativi concorrono a formare il reddito nell’eser-cizio di competenza. La R.M. 2.6.1998, n. 52/E precisa che il principio di competenza deve essere inteso nel senso che i costi seguono i ricavi e non viceversa. Stabilito l’esercizio di competenza dei ricavi i costi relativi sono deducibili nello stesso esercizio anche se sostenuti in esercizi precedenti o anche nel caso in cui siano stati sostenuti succes-sivamente in correlazione con gli esercizi in cui si producono i ricavi.

Eccezione al principio di competenza è la non certezza e determinabilità dei componenti positivi e negativi di reddito; al verificarsi di tali situazioni l’imputazione avviene nell’esercizio in cui sia rica-vi che costi sono certi e determinabili.

La deducibilità di costi ed oneri è ammessa nell’esercizio di competenza se i costi e gli oneri:

● sono inerenti all’attività da cui derivano i ri-cavi;

● sono certi nell’esistenza ed esattamente deter-minabili nell’ammontare;

● sono imputati al conto economico (ricavi e proventi concorrono al reddito anche se non imputati); i costi non imputati sono deducibili se ciò è previsto per legge o se sono stati im-putati a conti economici di esercizi precedenti;

● qualora esistano anche ricavi esenti, i costi e gli oneri che non sono suscettibili di imputazione specifica sono deducibili solo parzialmente in base alla formula del pro-rata.Ai fini della determinazione dell’esercizio di

competenza i ricavi e costi si considerano conse-guiti e sostenuti:

● alla data di consegna o spedizione, per le ces-sioni di beni mobili;

● alla data di stipulazione dell’atto o, se diverso, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto re-ale, per le cessioni di beni immobili;

● alla data di ultimazione della prestazione, per le prestazioni di servizi e le spese di acquisizio-ne di servizi.

Principio di certezza e determinabilità

Ricavi e costi vanno determinati in modo obiettivo, cioè quantificati in modo oggettivo, e devono essere documentati.

Principio di inerenza

La deducibilità dei costi e degli oneri è am-messa se:

● i costi sono stati sostenuti nell’attività di im-presa e

● si riferiscono ad attività da cui derivano rica-vi o altri proventi che concorrono a formare il reddito.Le eccezioni a quanto sopra riguardano:

a) le spese e i componenti negativi diversi da quelli di cui al punto successivo, per i quali il requisito dell’inerenza va stimato a mezzo del pro-rata (rapporto) tra i ricavi e i proventi che concorrono a formare il reddito imponibile o che ne sono esclusi e quelli complessivi;

b) gli interessi passivi, gli oneri fiscali e di utilità sociale di cui agli artt. 96, 99 e 100, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5196, 5199 e 5200] per i quali il requisito dell’inerenza non è richiesto (avendo proprie regole particolari di deducibilità sono esclusi anche dall’applicazione del pro-rata).

Imputazione a conto economico

Spese e componenti negativi sono deducibili se sono imputati al conto economico. Si consi-derano imputati al conto economico se vengono inseriti nelle scritture contabili e hanno concorso

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

118 Febbraio 2015

alla determinazione del reddito di esercizio, anche se non specificamente evidenziati.

Le spese e i componenti negativi non sono, invece, ammessi in deduzione se non risultano es-sere imputati al conto economico.

I ricavi e gli altri proventi in genere concor-rono a formare il reddito anche se non risultano imputati al conto economico.

Sono deducibili le spese e i componenti nega-tivi non imputati a conto economico se:

● risultano essere deducibili per disposizioni di legge;

● risultano imputati al conto economico di un esercizio precedente.I ricavi e gli altri proventi, anche se non impu-

tati al conto economico, concorrono alla forma-zione del reddito.

Competenza fiscale delle provvigioni

Chiarimenti importanti sono stati forniti dall’Agenzia delle Entrate sulle regole di tassazio-ne del reddito degli agenti di commercio e delle case mandanti.

La R.M. 8 agosto 2005, n. 115/E si sofferma sull’individuazione dell’esercizio di imputazione della provvigione, secondo le regole della compe-tenza, dopo le modifiche apportate all’art. 1748 del Codice civile dal D.Lgs. 15 febbraio 1999, n. 65.

L’individuazione dell’esercizio in cui le provvi-gioni devono concorrere (come ricavo dell’agente o come costo della casa mandante) a formare il reddito di impresa ha dato origine a taluni dubbi interpretativi nel (diffuso) caso di contratti che stabiliscono che la provvigione spetti all’agente al momento dell’incasso del credito da parte della casa mandante (cosiddette «provvigioni sull’incas-sato»). Secondo una parte della dottrina, infatti, la certezza del componente reddituale si avrebbe solamente a quest’ultima data con la conseguenza di dover spostare al relativo esercizio (se diverso da quello di maturazione della provvigione) la deduzione dell’onere o la tassazione del provento. Secondo altra tesi, il requisito fiscale di esistenza certa, da intendersi in termini relativi e non di

definitività assoluta, è già realizzato alla data in cui l’agente conclude la propria prestazione con il perfezionamento della vendita da parte della casa mandante.

Sulla questione è intervenuta l’Agenzia delle Entrate con la R.M. 115/E/2005, emanata a se-guito di interpello di un agente di commercio che chiedeva di conoscere in quale anno dovesse sot-toporre ad imposizione le provvigioni conseguite, in presenza di un contratto contenente la descritta clausola «sull’incassato».

Le Entrate affermano che il provento per l’a-gente e l’onere per il preponente sono da intender-si fiscalmente rilevanti già alla data di ultimazione della prestazione da parte dell’intermediario, non dovendosi invece attendere la data dell’incasso della fornitura procurata.

Le conclusioni della risoluzione, in linea di massima condivisibili, meritano un approfondi-mento in particolare con riguardo alla corretta applicazione, in capo alle imprese mandanti, del principio di correlazione costi-ricavi, che le En-trate paiono non tenere in giusta considerazione.

Per il corretto inquadramento fiscale dell’im-putazione temporale delle provvigioni degli agen-ti e rappresentanti di commercio, è necessario ri-chiamare, come sottolinea la R.M. 115/E/2005, le norme civilistiche che regolano il diritto dell’a-gente al compenso per gli affari procurati.

Tali norme (contenute nei diversi commi dell’art. 1748 c.c.) sono state profondamente mo-dificate a seguito della riforma introdotta (in ap-plicazione delle direttive comunitarie) dal D.Lgs 15 febbraio 1999, n. 65 e possono essere così ri-assunte:

● primo comma: l’agente ha diritto alla provvi-gione «(...) quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento».

● quarto comma: «Salvo che sia diversamente pat-tuito, la provvigione spetta all’agente dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione (...)»; sono fatte salve diverse pattuizioni, ma, inderoga-bilmente, la spettanza della provvigione non può essere ritardata oltre il momento in cui il cliente del preponente ha pagato la fornitura

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Il Sole 24 ORE 11. Imposte sui redditi

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(o, se la fornitura non è stata eseguita, in cui avrebbe dovuto pagarla in base alla condizioni contrattuali);

● quinto comma: la provvigione spetta (seppur in misura ridotta secondo gli usi) anche qualo-ra il preponente e il terzo si accordino per non dare esecuzione al contratto;

● sesto comma: nessuna provvigione spetta nell’ipotesi in cui il contratto tra il terzo e il preponente non venga eseguito per cause non imputabili al preponente.Le riportate disposizioni civilistiche dovreb-

bero a nostro avviso interpretarsi nel senso che il diritto dell’agente alla provvigione si ha per ogni affare concluso con il suo intervento, ma anche che la relativa maturazione («la provvigione spetta dal momento in cui (...)») è rinviata al perfeziona-mento della vendita sottostante, ovvero, qualora questa non si perfezioni per cause imputabili an-che alla preponente, al momento in cui quest’ul-tima avrebbe dovuto eseguire la prestazione: la maturazione della provvigione può essere pro-crastinata dal contratto fino al momento in cui il cliente finale dell’impresa mandante ha pagato la fornitura.

La R.M. 115/E/2005, riferita come detto ad un contratto di agenzia in cui era presente quest’ultima previsione, fornisce una lettura in parte differente delle norme del Codice.

Secondo le Entrate, il credito dell’agente per la provvigione matura, in ogni caso, a far tempo dalla conclusione dell’affare promosso dall’agen-te stesso, mentre è solo l’esigibilità di tale credito (comunque già esistente) che può essere differita sino alla data in cui il cliente della preponente ha provveduto al pagamento.

Il diritto di credito dell’agente, precisa anco-ra la R.M. 115/E/2005, sorto al momento della conclusione del contratto promosso, non è su-bordinato alla effettiva esecuzione delle parti, in quanto, ai sensi del quinto comma del citato art. 1748 c.c., la provvigione, benché spettante in mi-sura ridotta, non viene meno anche in presenza di sopravvenuto accordo tra le parti, volto a non dare esecuzione, in tutto o in parte, al contratto.

La R.M. 115/E/2005 prosegue ricordando

correttamente che, ai fini fiscali, il ricavo dell’a-gente, e così pure il costo della preponente, va im-putato nell’anno «di competenza», che coincide con quello in cui l’agente ha ultimato la presta-zione, come indicato dall’art. 109, comma 2, lett. b), Tuir [CFF ➋ 5209].

L’ultimazione si ha, nella particolare lettura che l’Agenzia delle Entrate fa delle norme civilisti-che, quando il contratto procacciato dall’agente è «concluso», essendo irrilevante il momento in cui le parti (casa mandante e cliente di questa) danno esecuzione allo stesso.

Alla conclusione del contratto, risultano inol-tre verificati, secondo le Entrate, i due ulteriori requisiti richiesti per l’imputazione a periodo dei componenti reddituali: certezza e determinabilità oggettiva. L’esistenza certa del ricavo dell’agente, in particolare, non richiede affatto, nei contratti di agenzia con provvigioni spettanti solo sull’in-cassato, il pagamento della fornitura, essendo tale fatto rilevante solo in termini finanziari, poiché, come ricordato al paragrafo precedente, il credito dell’agente è sorto sin dal momento in cui il con-tratto è concluso.

Le stesse regole vanno utilizzate, prosegue la risoluzione, per stabilire quando la provvigione passiva è deducibile da parte della preponente: non si deve dunque attendere, per dedurre l’o-nere (come invece sostenuto in talune verifiche dell’Amministrazione finanziaria), il pagamento da parte del cliente.

L’aver legato, come fa la R.M. 115/E/2005, la maturazione, sia civilistica che fiscale, della prov-vigione alla conclusione del contratto promosso dall’intermediario, senza alcun rapporto con le prestazioni delle parti (preponente e terzo clien-te), impone un approfondimento in merito a due aspetti:

● il momento in cui il contratto procurato dall’a-gente può dirsi realmente concluso, anche nei suoi riflessi contabili e fiscali;

● il ruolo che assume per la preponente – sempre in termini contabili e fiscali – il principio di competenza economica, inteso come correla-zione tra costi e ricavi.Riferendoci ai più diffusi casi di agenti di

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

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aziende industriali o commerciali, i quali raccol-gono, presso i clienti di queste, ordini di acquisto di beni mobili, l’impostazione delle Entrate, che come detto si fonda esclusivamente sulla «conclu-sione del contratto», può generare dubbi interpre-tativi laddove l’ordine di acquisto effettuato un dato anno si traduca in una vendita effettiva, con la consegna o spedizione della merce ordinata, so-lo in quello successivo.

In queste situazioni, che sono del tutto nor-mali in determinati settori (si pensi, ad esempio, alle industrie di abbigliamento i cui agenti rac-colgono generalmente gli ordini dei negozi diversi mesi prima delle vendite, ovvero alle imprese che producono macchinari complessi, assemblati solo in presenza di ordini di acquisto), occorre stabilire se:

● l’agente deve, o meno, far concorrere al reddi-to la provvigione già al momento dell’ordine confermato e dunque prima ancora di cono-scere se il cliente avrà effettivamente acquistato il bene richiesto;

● la preponente può (o deve) imputare contabil-mente, e dedurre fiscalmente, la provvigione in un esercizio anteriore a quello di iscrizione in bilancio e di tassazione del correlato ricavo della vendita.Sul primo punto, è necessario esaminare il

concetto civile di «conclusione dell’affare», ed in particolare stabilire quando la compravendita di cose mobili, promossa dall’intermediario, si per-fezioni.

I contratti di vendita di cose mobili non ri-chiedono generalmente particolari requisiti di forma, ben potendosi concludere con un semplice ordine (anche verbale) del cliente basato sui listini della ditta fornitrice, indicante tutte le condizioni della proposta di vendita; non va però dimentica-to che se, come di norma accade per le imprese in-dustriali, la cosa acquistata non è specificamente individuata nel contratto, trattandosi di prodotti determinati solo nel genere, la proprietà si trasfe-risce esclusivamente all’atto della individuazione fatta d’accordo tra le parti, individuazione che la legge presume avvenga mediante la spedizione, cioè l’affidamento al vettore (art. 1378 c.c.).

Questo è anche il momento in cui, conven-

zionalmente, la vendita si intende realizzata in termini contabili (potendo il cedente iscrivere il ricavo) e fiscali (concorrendo il ricavo al reddito dell’impresa venditrice).

Nella descritta fattispecie, gli effetti reali del contratto di compravendita che l’agente ha pro-curato, e così i riflessi patrimoniali dello stesso nei bilanci delle parti interessate si hanno solo a se-guito della consegna o spedizione dei beni, sicché solo da tale data il contratto può dirsi veramente perfezionato sotto ogni aspetto. Fino alla stessa data, a nostro avviso, l’ordine raccolto dall’agen-te, e così il contratto che esso rappresenta, non può dirsi ancora del tutto «concluso», mancando-ne l’efficacia traslativa, rinviata alla consegna, e il conseguente impatto contabile. Inoltre, qualora il cliente non ritirasse la merce, o comunque revo-casse l’ordine per cause non imputabili al ceden-te, e non vi fosse dunque il ricavo da parte della preponente, all’agente non spetterebbe alcuna provvigione, secondo quanto indicato nel quin-to comma dell’art. 1748 c.c.; alla data dell’ordi-ne, dunque, la certezza della provvigione è lungi dall’essere realizzata.

In merito al secondo punto, e cioè alla rile-vanza del costo per la preponente, si è da sempre ritenuto che la provvigione passiva debba essere contabilizzata, concorrendo altresì alla formazio-ne del reddito di impresa, nel medesimo esercizio in cui si rileva il ricavo sottostante.

Il caso delle provvigioni è infatti uno di quelli in cui più tipicamente il principio di competen-za economica si traduce nella cosiddetta regola di correlazione costi-ricavi. Il documento contabile n. 11 prevede che la competenza dei componenti reddituali debba essere stabilita mediante:

● preventiva individuazione dell’esercizio di competenza dei ricavi; e, conseguentemente,

● imputazione dei costi per correlazione con i ricavi di competenza.Rientra tra le ipotesi di diretta e specifica corre-

lazione, come affermato dal medesimo principio contabile, il caso delle provvigioni passive, le quali devono senz’altro essere contabilizzate nell’eserci-zio in cui la società ha conseguito i ricavi realizzati dalle vendite.

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Il Sole 24 ORE 11. Imposte sui redditi

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Anche in termini fiscali, la dottrina (si veda la norma dell’A.D.C. n. 132/1997) e l’Amministra-zione finanziaria (si veda la R.M. 22 ottobre 1981, n. 9/2940, sui costi per urbanizzazione di aree già cedute) hanno confermato che, in situazioni di specifica e diretta correlazione, il costo può e deve essere dedotto nello stesso anno di imposta in cui viene imputato e tassato il ricavo corrispondente. Con specifico riferimento alle provvigioni degli agenti, il principio è stato tra l’altro affermato nella risposta ministeriale del 13 gennaio 1992 ad interrogazione parlamentare, in cui si legge che «(...) la correlazione fra costi e ricavi dell’esercizio co-stituisce un corollario fondamentale del principio di competenza (...)».

Le affermazioni della R.M. 115/E/2005 pa-iono certamente da condividere nel punto in cui affermano che, ai fini della imposizione del red-dito di impresa, sia dell’agente (ricavo) che della preponente (costo), anche nei contratti di agen-zia con clausola di spettanza «sull’incassato», non assume rilevanza il momento di pagamento della fornitura da parte del cliente, essendo la provvi-gione già certa al momento del perfezionamento della vendita promossa dall’agente.

L’ulteriore affermazione ministeriale sulla ma-turazione fiscale della provvigione alla data di «conclusione del contratto» dovrebbe invece, sulla base delle considerazioni svolte al precedente pa-ragrafo, essere integrata dall’analisi del momento in cui il contratto deve intendersi effettivamente perfezionato, nei suoi aspetti contabili e fiscali, nonché dalle regole di correlazione costi-ricavi.

Per le case mandanti, in particolare, laddove la vendita sia realizzata (con la consegna o spedizio-ne) in un esercizio (ad esempio 2010) successivo a quello (ad esempio 2009) in cui l’accordo con il cliente è stato concluso a seguito dell’intervento dell’agente, non pare possibile, né corretta, una deduzione anticipata della provvigione, la quale dovrà essere rilevata e imputata al reddito solo nell’anno del ricavo.

Nello stesso senso, è da ritenere che la media-zione sostenuta su una vendita immobiliare, pur se il diritto alla provvigione sorge al momento del-la sottoscrizione del contratto preliminare, possa essere rilevata e dedotta dall’impresa venditrice

solo nell’anno in cui avviene la stipula del rogito di compravendita avente effetti reali (che origina il ricavo delle cessioni di beni immobili).

Anche per gli agenti, la tradizionale regola pratica di imputazione della provvigione attiva nell’anno in cui la casa mandante ha conseguito il proprio ricavo pare sicuramente più chiara e uni-voca del richiamo alla «conclusione del contratto» contenuto nella recente risoluzione, tenuto conto del fatto che, in genere, la definitiva efficacia reale della vendita si ha proprio con la consegna o spe-dizione dei beni e dunque con la maturazione del ricavo della mandante.

Successivamente, la stessa Agenzia delle En-trate con la risoluzione n. 91/E del 12.7.2006 ha precisato che al fine di individuare correttamen-te il principio di competenza fiscale di cui all’art. 109, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5209], non si può prescindere dal concetto di correlazione civilisti-co-contabile tra produzione del reddito e costi correlati.

Pertanto, le provvigioni passive, corrisposte dall’impresa preponente in dipendenza di un contratto di agenzia, sono di competenza del me-desimo esercizio in cui rilevano i ricavi per cui le medesime provvigioni sono dovute. Se il periodo d’imposta nel quale avviene la consegna dei beni da parte della preponente è successivo a quello di stipulazione del contratto, le provvigioni passive vanno imputate nel periodo d’imposta nel qua-le viene effettivamente eseguita la consegna degli stessi, in correlazione ai ricavi derivanti dalla con-segna.

Provvigioni restituite

Qualora, successivamente alla riscossione delle provvigioni da parte dell’agente, il contratto non venga eseguito per cause non imputabili alla ditta mandante, l’agente medesimo è tenuto a restituire le provvigioni riscosse.

Ai fini contabili, a fronte di una sopravvenien-za passiva a rettifica del ricavo precedentemente contabilizzato la ditta preponente dovrà rilevare una sopravvenienza attiva costituita dall’ammon-tare della provvigione riconosciuta all’agente.

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

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Sia la sopravvenienza passiva che la sopravve-nienza attiva concorrono alla formazione del red-dito imponibile della mandante.

Redditi esclusi dal reddito d’impresa

Non concorrono alla formazione del reddito d’impresa le indennità di cessazione del rapporto di agenzia di persone fisiche, in quanto conside-rate redditi di lavoro autonomo (art. 53, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5153]); tali indennità, se sono percepite da società, non possono godere della tassazione separata e concorrono a formare il red-dito d’impresa.

Sono inoltre esclusi dal reddito d’impresa: ● i redditi esenti da imposta; ● i proventi per i quali si è optato per la tassazio-

ne separata; ● i redditi assoggettati a ritenuta definitiva o im-

posta sostitutiva.

Plusvalenze patrimoniali

Il maggior valore (dedotti eventuali oneri ac-cessori) dei beni relativi all’impresa (esclusi i «beni merce» di cui agli artt. 57 e 85, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5157 e 5185]), rispetto all’ultimo valore fiscal-mente riconosciuto, diventa componente positivo al momento del realizzo se:1) realizzato mediante cessioni a titolo oneroso;2) realizzato mediante risarcimento (anche in

forma assicurativa) di beni persi o danneggiati;3) i beni sono destinati a finalità estranee all’im-

presa o assegnati ai soci.Se si verifica il presupposto per il realizzo di plu-

svalenze, il valore relativo si ottiene con i seguenti metodi (art. 86, co. 2 e 3, D.P.R. 917/1986):

● caso 1) = (corrispettivo – oneri accessori) – co-sto non ammortizzato

● caso 2) = (indennizzo – oneri accessori) – costo non ammortizzato (*)

(*) Se il danno è solo parziale il valore va cal-colato in proporzione alla parte danneggiata.

● caso 3) = valore normale – costo non ammor-tizzato

● caso di permute verso beni ammortizzabili = eventuale conguaglio in denaroLe plusvalenze realizzate dalle imprese per ces-

sioni a titolo oneroso o per risarcimenti (esclusi gli altri casi – es.: art. 87, plusvalenze esenti) vanno imputate integralmente all’esercizio di realizzo; se relative a beni posseduti per un periodo di almeno 3 anni, possono essere rateizzate, a scelta del con-tribuente, in quote costanti nell’esercizio stesso e in quelli successivi, non oltre il 4°. Per le società sportive professionistiche, dal periodo d’imposta in corso al 31.12.2001 il tempo di possesso mini-mo per poter rateizzare la plusvalenza è di 1 anno (art. 9, co. 21, L. 28.12.2001, n. 448). La scelta deve risultare dalla dichiarazione dei redditi; se questa non è presentata, la plusvalenza concorre a formare il reddito per l’intero ammontare nell’e-sercizio in cui è stata realizzata.

Sopravvenienze attive

Sono i ricavi o proventi conseguiti a fronte di spese, perdite od oneri dedotti o passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi o per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi e le sopravvenute in-sussistenze di spese, perdite ed oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi.

Cessione del contratto di leasing

Il valore normale del bene (normalmente il prezzo di mercato) diminuito del valore attualiz-zato dai canoni ancora da pagare e del prezzo di ri-scatto è considerato sopravvenienza attiva (C.M. 3.5.1996, n. 108/E). La cessione del contratto di leasing nell’ambito della cessione di aziende non costituisce presupposto per la realizzazione di so-pravvenienze.

Rimborsi spese

Ai fini del trattamento in capo all’agente oc-corre distinguere i rimborsi di spese sostenute dall’agente in via di mera anticipazione, stretta-mente riferibili all’impresa preponente, dai re-stanti rimborsi spese. Il fatto che la generalità dei

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Il Sole 24 ORE 11. Imposte sui redditi

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rimborsi spese debba concorrere alla formazione del reddito dell’agente è diretta conseguenza della qualificazione del reddito in capo all’agente quale reddito d’impresa.

Tutto ciò che l’agente percepisce, anche a tito-lo di rimborso spese, costituisce provvigione.

Non concorrono, invece, alla formazione del reddito dell’agente i rimborsi di spese anticipate per conto della ditta preponente, risultanti da do-cumenti intestati alla stessa ditta.

Tali spese, infatti, devono essere valutate esclu-sivamente sotto il profilo finanziario, quali antici-pazioni versate dall’agente nell’interesse esclusivo del preponente e, come tali, qualificabili come spese aziendali del preponente stesso. Si tratta, in altri termini, di un’ipotesi di rimborso che non produce effetti reddituali in capo all’agente.

In tale ipotesi, nella contabilità dell’agente i conti relativi a tali movimenti sono puramente di natura numeraria. Le spese in esame, quindi, sono qualificabili come costi aziendali del preponente e non possono essere considerate come parte del corrispettivo (provvigione) spettante all’agente.

Indennità sostitutiva del preavviso

È dovuta all’agente in sostituzione del preav-viso ed ha, pertanto, natura risarcitoria. Essa è soggetta a tassazione separata. Tale indennità è equiparata ai redditi di lavoro autonomo ai sensi dell’art. 53, co. 2, lett. e), D.P.R. 917/1986 [CFF ➋

5153] ed è pertanto soggetta alla ritenuta del 20%. Tale indennità è assoggettata a contribuzione Enasarco, sia che l’agente operi come ditta indivi-duale o come società di persone.

La tassazione separata è applicabile solo alle persone fisiche ed è sempre esclusa per le società di persone e di capitali.

Indennità per cessazione di rapporto

di agenzia (F.i.r.r.)

Si distingue tra indennità spettanti a persone fisiche e indennità spettanti a società di persone ovvero a società di capitali.

Indennità spettanti a persone fisiche: le inden-

nità per la cessazione del rapporto di agenzia per-cepite dalle persone fisiche non concorrono alla formazione del reddito d’impresa, ma costituisco-no reddito di lavoro autonomo.

Tale reddito è assoggettato a tassazione sepa-rata, salva la facoltà, per l’agente, di optare per la tassazione ordinaria in sede di dichiarazione dei redditi. Il soggetto che eroga l’indennità è tenuto ad applicare la ritenuta d’acconto del 20% ai sensi dell’art. 25, co. 1, D.P.R. 600/1973 [CFF ➋ 6325].

Indennità spettanti a società di persone: a seguito della modifica dell’art. 56, co. 3, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5153], introdotta con la riforma fiscale (D.Lgs 12.12.2003, n. 344), le indennità in argomento rientrano tra i redditi da assogget-tare a tassazione separata in capo al singolo socio nell’anno di percezione, con possibilità di scelta per la tassazione ordinaria.

L’Agenzia delle Entrate, con la R.M. 29.7.2005 n. 105/E, ha precisato che «l’art. 25, primo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973, richiamando le indenni-tà per cessazione di rapporti di agenzia assoggettate a tassazione separata ai sensi dell’art. 16 (attualmente art. 17), comma 1, lettera d), del TUIR, senza alcu-na distinzione, assoggetta a ritenuta sia le indennità dovute a persone fisiche sia quelle corrisposte a società di persone».

L’Agenzia ha precisato anche su quale ammon-tare dell’indennità vada calcolata la ritenuta stessa.

Considerando, infatti, che la modifica nor-mativa introdotta dalla riforma fiscale è entrata in vigore dall’1.1.2004, se le indennità matura-te al 31.12.2003 hanno già concorso a formare il reddito d’impresa, dette somme saranno escluse dall’applicazione della ritenuta alla fonte. «Al fine di adempiere correttamente agli obblighi del sostituto d’imposta», conclude la risoluzione n. 105/E, «sarà cura, pertanto, del sostituto stesso, prima di procedere alla corresponsione dell’indennità in argomento, di richiedere alla società di persone interessata il rilascio di apposita dichiarazione dalla quale risulti che dette indennità sono state già effettivamente computate per competenza ai fini del calcolo del reddito d’impresa».

Indennità spettanti a società di capitali: la disciplina applicabile a tali soggetti non ha su-bito modifiche per effetto della riforma fiscale: le indennità percepite dalle società di capitali

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

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concorrono alla formazione del reddito d’im-presa in base al principio di competenza e non sono soggette a ritenuta d’acconto all’atto del-la percezione.

Nel caso in cui la società di capitali opti per il regime della trasparenza fiscale di cui all’art. 116, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5226], le indennità in og-getto vengono imputate ai soci «per competenza». Ancorché, di fatto, con l’opzione per la trasparen-za fiscale le società di capitali possano essere equi-parate alle società di persone, si ritiene che non si possa applicare la tassazione separata consideran-do la specifica indicazione delle sole persone fisi-che e delle società di persone contenuta nell’art. 17, co. 1, lett. d), D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5117].

Indennità suppletiva di clientela

Ha natura risarcitoria, pertanto non è soggetta al contributo Enasarco e viene tassata, per l’agente persona fisica, in maniera separata (con ritenuta del 20% – codice tributo 1042). L’agente ha la possibilità di optare per la tassazione ordinaria in-dicandolo in dichiarazione dei redditi.

11.3 Principali componenti negativi

di reddito

Spese per prestazioni di lavoro

dipendente

Sono comprese tra i costi deducibili, oltre alle retribuzioni e ai relativi oneri sociali, anche le libe-ralità a favore dei lavoratori, salvo i limiti indicati di seguito. Non sono deducibili (dall’esercizio in corso al 2.3.1989) i canoni di locazione e leasing e le spese relative al funzionamento di strutture ricettive, escluse le mense destinate a tutti i di-pendenti e gli alloggi per i dipendenti in trasferta.

Fabbricati in uso ai dipendenti

I canoni di locazione anche finanziaria e le spese di manutenzione sono deducibili per un importo non superiore a quello che costituisce reddito in natura per il dipendente.

Dall’1.1.2001 i canoni di locazione (anche finanziaria) e le spese di manutenzione relativi a fabbricati dati in uso a dipendenti che abbiano trasferito la loro residenza nel Comune in cui pre-stano l’attività sono interamente deducibili nel periodo d’imposta in cui si è verificato il trasfe-rimento e nei due seguenti (art. 95, co. 2, D.P.R. 917/1986). Questa disposizione si applica anche nel caso di dipendenti stranieri (R.M. 3.7.2002, n. 214/E).

Servizi di mensa

Sono deducibili quelli erogati a favore della «generalità» dei dipendenti e collaboratori coor-dinati e continuativi (o intere categorie di essi). Non sono, invece, deducibili i costi per tale ser-vizio se erogato solo per alcuni di essi. Alle stesse condizioni sono integralmente deducibili anche i costi per servizi sostitutivi di mensa (es. buoni pasto) o le indennità sostitutive, ecc.

Erogazioni liberali

Sono deducibili dal reddito d’impresa le ero-gazioni ai dipendenti effettuate in natura o in de-naro.

Rimborsi per trasferte

I rimborsi analitici di spese di vitto e alloggio per trasferte fuori dal Comune della sede di la-voro dei dipendenti e dei collaboratori coordina-ti e continuativi (compresi gli amministratori e i sindaci delle società) sono deducibili per importo giornaliero non superiore a � 180,76 (� 258,23 per trasferte all’estero). Per la verifica del limite giornaliero si deve tener conto anche del costo specifico dell’eventuale alloggio fornito dal dato-re di lavoro gratuitamente; tale costo è deducibile solo per i giorni di effettiva trasferta.

Le spese per l’uso dell’autoveicolo, privato o noleggiato (non aziendale), utilizzato per la tra-sferta, sono deducibili nel limite del costo chilo-metrico (secondo le tariffe Aci) o delle tariffe di autonoleggio (predisposte dal Ministero) relative

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Il Sole 24 ORE 11. Imposte sui redditi

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ad autoveicoli fino a 17 cv fiscali (20 se diesel). Il rimborso dei biglietti di viaggio (ricevuta taxi,

biglietto treno, ecc.) è sempre interamente dedu-cibile (C.M. 16.7.1998, n. 188/E).

Rimborsi ai dipendenti per trasferte fuori dal comune di lavoro (1)

Spesa Deducibilità

Vitto e alloggio� 180,76 al giorno se sostenuta in Italia� 258,23 al giorno se sostenuta all’estero

Indennità chilometriche per auto proprie Secondo le tariffe Aci per autoveicoli fino a 17 cv fisca-li (o 20 cv fiscali se diesel)

Indennità chilometriche con autonoleggio Secondo le tariffe approvate dal Ministero per autovei-coli fino a 17 cv fiscali (o 20 cv fiscali se diesel)

Altre spese e anticipazioni documentate a «piè di lista» Senza limiti

(1) Norme applicabili anche ai collaboratori coordinati e continuativi (ora lavoratori «a progetto»).

Prestazioni a dipendenti

Per istruzione, ricreazione, beneficenza, culto o assistenza sociale (art. 100 [CFF ➋ 5200]): sono deducibili nel limite del 5 per mille delle spese complessive per il personale dipendente.

Fringe benefit

Dall’1.1.1998 è previsto che il criterio di de-terminazione dei compensi in natura, diversi da buoni pasto, autoveicoli, prestiti e abitazioni sia costituito dal valore normale (art. 51, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5151]).

Per autoveicoli, servizio di mensa e buoni pa-sto, abitazioni concesse ai dipendenti, nonché prestiti, si applicano i criteri fissati dall’art. 51, co. 3 e 4, D.P.R. 917/1986.

Auto aziendali – Fringe benefit

La L. 3.8.2007, n. 127 di conversione del D.L. 81/2007 prevede che dal periodo d’impo-sta in corso al 27.6.2007 sia riportato al 30% (anziché il 50%) dell’importo corrispondente

ad una percorrenza media annua di 15.000 km calcolata sulla base del costo desumibile dalle Tabelle Aci, l’importo convenzionale del benefit da tassare in busta paga per le auto assegnate ai dipendenti.

Deducibilità auto

La L. 28.6.2012, n. 92, contenente la Riforma del mercato del lavoro (cd. «riforma Fornero»), modificando l’art. 164, D.P.R. 917/1986, preve-de la riduzione dal 40% al 27,5% delle spese e degli altri componenti negativi (quote di ammor-tamenti, canoni di leasing, noleggio, assicurazio-ne, carburante, spese di manutenzione, pedaggi, ecc.) relativi alle autovetture, agli autocaravan, ai ciclomotori e ai motocicli che non sono utilizzati esclusivamente come beni strumentali all’attività d’impresa. Tali disposizioni si applicano a parti-re dal 2013 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare. Inoltre, anche per i veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta, la deducibi-lità passa dal 90% al 70%.

Resta invariata la percentuale di deducibilità per gli agenti e rappresentanti di commercio, fis-sata nella misura dell’80%.

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

126 Febbraio 2015

Compensi a favore dell’imprenditore

(imprese individuali)

Sono in ogni caso indeducibili. Sono indedu-cibili, indipendentemente dal fatto che siano a carico o meno, i compensi riconosciuti a coniuge e ascendenti, a figli, affidati o affiliati minori o permanentemente inabili e a familiari partecipan-ti all’impresa familiare (art. 60, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5160]). L’indeducibilità opera anche nel caso di associazione in partecipazione in cui l’appor-to del familiare associato è costituito da lavoro (Cass. 17.7.2000, n. 9417). La R.M. 27.5.2002, n. 158/E precisa che detta indeducibilità è appli-cabile solo ed esclusivamente alle imprese indivi-duali e non alle società.

Compensi di lavoro dipendente a soci

Quelli corrisposti a soci di S.n.c., S.a.s., S.d.f. (Società di fatto), S.p.a., S.a.p.a., S.r.l. sono dedu-cibili se i percettori risultano dipendenti iscritti a libro paga o amministratori per i quali è ricono-sciuta la qualifica di dipendente.

Compensi agli amministratori di società

ed enti di cui all’art. 72, co. 1

Sono deducibili nella misura erogata nell’e-sercizio in base al criterio di cassa allargato (si considerano percepiti nell’anno i compensi ero-gati fino al 12.1 di quello successivo) in quan-to dall’1.1.2001 per i redditi di collaborazio-ne coordinata continuativa vale tale principio. Dall’1.1.2001 tali compensi sono generalmente assimilabili ai redditi di lavoro dipendente. L’Am-ministrazione finanziaria può sindacare l’importo dei compensi degli amministratori se sproporzio-nati ai ricavi (Cass. 10.11.2000 – 30.10.2001, n. 13478/01). La Cass. 2.12.2008, n. 28595 pre-cisa che l’Amministrazione finanziaria, allo sta-to attuale della legislazione, non può valutare la congruità dei compensi corrisposti agli ammini-stratori delle società di persone e, di conseguenza, tali compensi sono deducibili come costi ai sensi dell’art. 62 (ora 95), D.P.R. 22.12.1986, n. 917. La norma citata, infatti, non richiama un parame-

tro da utilizzare per valutare l’entità dei compensi in parola e, per tale motivo, l’interprete non può che prendere atto di tale modifica normativa e «concludere per l’inesistenza del potere di verificare la congruità delle somme date ad un amministratore di società a titolo di compensi per l’attività svolta».

Partecipazione agli utili

Le partecipazioni agli utili spettanti ai lavora-tori dipendenti e agli associati in partecipazione sono deducibili in base al criterio di competenza indipendentemente dall’imputazione a conto eco-nomico. Per le partecipazioni non previste dallo Statuto, l’esercizio di competenza è quello di ap-provazione della delibera di attribuzione (R.M. 30.7.1976, n. 8/930 e 8.7.1976, n. 9/1095).

Con effetto dal periodo d’imposta in corso al 31.12.1993, le partecipazioni agli utili e i com-pensi in misura variabile spettanti agli ammini-stratori e a promotori e soci fondatori sono dedu-cibili per cassa, anche se non sono stati imputati a conto economico. È fatto salvo quanto disposto dall’art. 109, co. 9, lett. b), D.P.R. 917/1986.

Interessi passivi

La Finanziaria 2008 (L. 244/2007) rivoluzio-na la disciplina della deducibilità degli interessi passivi. In particolare:

● viene introdotta una norma generale applica-bile ai soli soggetti Ires, che prende il posto del cd. pro-rata generale di indeducibilità (conte-nuto nel vecchio art. 96, D.P.R. 917/1986). La nuova disposizione non si applica alle banche e agli altri soggetti finanziari (ex art. 1, D.Lgs. 87/1992) – fatta eccezione per le cd. holding industriali;

● vengono abrogati l’art. 97, D.P.R. 917/1986 relativo alla indeducibilità della quota di in-teressi passivi ricollegabili al possesso di parte-cipazioni esenti (cd. pro-rata patrimoniale) e l’art. 98, D.P.R. 917/1986relativo al contrasto della sottocapitalizzazione generata da finan-ziamenti erogati/garantiti da soci qualificati (cd. thin capitalization) (art. 1, co. 33, lett. l), L. 244/2007);

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Il Sole 24 ORE 11. Imposte sui redditi

127Febbraio 2015

● con la nuova impostazione la società dovrà semplicemente verificare annualmente la «con-gruità» del costo dell’indebitamento rispetto al risultato operativo lordo della gestione carat-teristica; se gli interessi passivi (al netto, tut-tavia, degli interessi attivi) maturati nell’anno superano il 30% del risultato lordo del conto economico, l’eccedenza degli interessi è rinvia-ta agli esercizi successivi.L’art. 61, D.P.R. 917/1986, così come modifi-

cato dalla L. 244/2007, stabilisce che gli interessi passivi inerenti all’esercizio d’impresa sono dedu-cibili per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e altri proventi che con-corrono a formare il reddito d’impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi o proventi.

La L. 244/2007 corregge le norme sugli inte-ressi passivi delle imprese Irpef (ditte individuali e società di persone) per precisare che non si ap-plicano le regole delle società di capitali di cui al nuovo art. 96, D.P.R. 917/1986.

Precisato anche che, per le stesse imprese, non trova neppure applicazione la nuova norma (art. 101, D.P.R. 917/1986) sul riporto di perdite asse-gnate da partecipazioni in società di persone.

L’art. 1, co. 33, lett. i), L. 244/2007 ha in-trodotto, a partire dal 2008, nuove regole per la deduzione degli interessi passivi delle società di capitali, con l’abrogazione della thin cap (art. 98, Tuir) e del pro rata patrimoniale (art. 97, D.P.R. 917/1986).

Il limite di deducibilità, che si applica agli in-teressi passivi che eccedono quelli attivi dell’eser-cizio, è pari al 30% del Risultato operativo lordo (Rol), costituito dalla differenza tra Valore e Costi della produzione (voci A-B del conto economico) aumentata degli ammortamenti e dei canoni di leasing dei beni strumentali.

Eventuale eccedenza rispetto alla soglia: inde-ducibile nell’esercizio, con riporto in avanti senza limite temporale e recupero (variazione in dimi-nuzione) nei limiti della differenza positiva tra 30% del Rol di ciascun esercizio e oneri finanziari (in presenza, cioè, di un 30% del Rol che è più alto degli interessi netti dell’anno).

Dal 2010, scatta il riporto in avanti anche del Rol inutilizzato. In pratica, se in un dato anno il 30% del Rol supera gli interessi, la differenza vie-ne portata in aumento della soglia di deducibilità di anni successivi. Per gli esercizi 2008 e 2009, la soglia di deducibilità è aumentata rispettivamente di � 10.000 e � 5.000.

Norme particolari per l’utilizzo delle ecceden-ze nel consolidato fiscale (calcoli sulla base dei dati di tutte le società) e nelle fusioni societarie (riporto delle eccedenze con i vincoli previsti per le perdite).

La disposizione non si applica alle banche, alle assicurazioni e alle società finanziarie (escluse le holding di gruppi industriali), nonché ad alcune società operanti nei lavori pubblici (società con-sortili, project financing, ecc.).

Interessi esclusi dal test del Rol (e dunque or-dinariamente deducibili): oneri capitalizzati sul costo dei beni ammortizzabili secondo corrette regole contabili, nonché quelli iscritti nelle rima-nenze di immobili in costruzione per la vendita (art. 110, lett. b), D.P.R. 917/1986). Per ulteriori chiarimenti si veda la C.M. 21.4.2009, n. 19/E e la C.M. 22.7.2009, n. 37/E.

Gli interessi passivi portati ad incremento del costo degli immobili patrimonio rientrano nell’ambito di applicazione della disciplina di cui all’art. 96, D.P.R. 917/1986, in quanto la loro patrimonializzazione è priva di rilevanza fiscale (C.M. 18.6.2008, n. 47/E).

Oneri fiscali e contributivi

Le imposte sui redditi e quelle per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa, sono indedu-cibili. Le altre imposte sono deducibili nell’eser-cizio in cui avviene il pagamento; la sospensione o il differimento dei termini di versamento delle imposte deducibili per calamità pubbliche non fa venir meno la loro deducibilità, solo se prevista dalla legge (art. 11, L. 28/1999 [CFF ➋ 5731]; Cass. 25.6.2001, n. 8659; C.M. 14.5.2002, n. 42/E; R.M. 5.6.2003, n. 124).

L’Iva indetraibile costituisce un onere deduci-bile dal reddito di impresa o di lavoro autonomo

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

128 Febbraio 2015

(R.M. 19.1.1980, n. 9/869).1. Indetraibilità oggettiva: l’Iva si aggiunge al co-

sto di acquisto del bene/servizio cui si riferisce. In particolare per i beni strumentali viene ca-pitalizzata, confluendo nel valore del cespite e concorrendo all’eventuale ammortamento; per le merci viene inclusa nei costi di acquisto e, quindi, eventualmente, nella base di valuta-zione delle rimanenze; per le spese generali e i servizi viene dedotta integralmente o parzial-mente in base ai principi degli artt. 96 e 109, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5196, 5209]. Trattamen-to analogo riguarda l’Iva indetraibile a seguito

dell’opzione per l’esonero dagli adempimenti contabili (art. 36-bis, D.P.R. 633/1972 [CFF ➊

236a]) nonché per effetto di un pro-rata di in-detraibilità pari al 100% (C.M. 30.5.1995, n. 154/E).

2. Indetraibilità soggettiva dovuta ad un pro-rata parziale (minore del 100%): l’Iva indetraibile costituisce costo generale, deducibile ai sensi e nei limiti indicati dall’art. 109, co. 5, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5209]. Tuttavia se l’Iva è relati-va ad un unico bene acquistato, l’Iva può esse-re imputata direttamente come onere accesso-rio di tale bene (C.M. 15.5.1997, n. 137/E).

Rimborsi ai dipendenti per trasferte fuori dal comune di lavoro (1)

TRATTAMENTO dell’IVA NON DETRATTA

INDETRAIBILITÀ OGGETTIVA

(tipo di bene/servizio acquistato)

● Beni strumentali

● Merci

● Spese generali/servizi

● l’imposta deve essere capitalizzata

● inclusa nel costo di acquisto e nella valutazione delle ri-manenze

● inserita nel costo e dedotta con gli stessi criteri

INDETRAIBILITÀ SOGGETTIVA

● Pro-rata parziale

● Pro-rata totale

● Dispensa dagli adempim. contabili

● considerata costo generale (1)

} vedi Indetraibilità oggettiva

(1) Se l’indetraibilità riguarda un singolo bene strumentale, può essere imputata direttamente al suo costo come onere accessorio.

Le imposte non definitivamente accertate se deducibili possono essere dedotte come accan-tonamento (escluse le imprese minori) per l’am-montare dichiarato, o per quello accertato o risul-tante da decisioni delle Commissioni Tributarie.

Non sono deducibili gli accantonamenti per sanzioni amministrative (C.T.C. 7.8.1990, n. 4394 e 21.3.1994, n. 784).

Le sanzioni amministrative irrogate dall’An-titrust sono indeducibili, in quanto non inerenti l’attività d’impresa (R.M. 12.6.2001, n. 89/E); di avviso opposto: Assoc. dott. commerc. di Milano 9.4.1999, n. 138; Circ. Assonime 24.5.2000, n.

39 e CTP Milano 4.4.2001, n. 370. Rimane pos-sibile, però, pagare la sanzione e presentare istan-za di rimborso al competente Ufficio delle Entra-te. Anche le sanzioni pecuniarie irrogate dalla Ue e altri organismi sono indeducibili in quanto non inerenti l’attività d’impresa essendo una conse-guenza di un illecito commesso dal contribuente (C.M. 17.5.2000, n. 98/E, p.to 9.2.6. e C.T.C. 21.3.1994, n. 784).

I contributi sindacali e di categoria sono dedu-cibili se formalmente deliberati dall’associazione di categoria; sono, perciò, escluse le liberalità. Si applica il criterio di cassa. Sono deducibili anche

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Il Sole 24 ORE 11. Imposte sui redditi

129Febbraio 2015

i contributi delle cooperative ai fondi di promo-zione e sviluppo previsti dall’art. 11, co. 4, L. 59/1992 [CFF ➋ 8173b].

Le imposte di consumo e doganali: sono de-ducibili per competenza, in quanto sono da con-siderarsi quali oneri accessori di diretta impu-tazione di cui all’art. 110, co. 1, lett. b), D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5210] per i quali non è possibile esercitare il diritto di rivalsa (Cassaz. 28.9.2001, n. 12119/01).

Minusvalenze patrimoniali –

Sopravvenienze passive – Perdite

Sono componenti negativi di reddito se deri-vano da:

● cessioni di beni strumentali, ecc. ad un valore inferiore a quello residuo da ammortizzare;

● indennizzi inferiori al valore residuo in caso di perdita o danneggiamento dei beni strumentali;

● cessioni di immobilizzazioni finanziarie (titoli o quote) ad un prezzo inferiore all’ultimo va-lore fiscalmente riconosciuto.

Beni che danno luogo a minusvalenze

Sono i beni relativi all’impresa e i beni diversi da quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa. La cessione di terreni di aziende agricole condotte da società di capitali (S.r.l., S.p.a., S.a.p.a.) genera minusvalenze/plu-svalenze e non ricavi (R.M. 4.3.1987, n. 9/593). Analoga regola vale dal periodo d’imposta succes-sivo a quello in corso alla data del 31.12.1996 per le S.n.c. e S.a.s. Aeromobili da turismo, navi e im-barcazioni da diporto acquistati dal 2.3.1989 non concorrono alla formazione del reddito salvo il ca-so in cui siano destinati all’utilizzo esclusivo stru-mentale o (dall’esercizio in corso al 31.12.1997) siano assegnati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo (art. 17, co. 1 e 2, L. 449/1997).

Non sono deducibili le minusvalenze realizzate in caso di assegnazione ai soci o destinazione ex-traimprenditoriale.

La minusvalenza deducibile si ottiene dalla dif-ferenza tra il corrispettivo pattuito o indennizzo

ottenuto (al netto degli oneri di diretta imputa-zione) e il costo non ammortizzato (anche con ammortamento ridotto inferiore a quello minimo fiscalmente ammesso – Cass. 1.4.1996, n. 2992). Per i beni con deducibilità parziale la relativa mi-nusvalenza rileva in base al rapporto tra ammor-tamento fiscalmente ammesso e quello effettivo (art. 164, co. 2, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5264]).

Perdite, sopravvenienze passive

Si considerano tali: ● il mancato conseguimento di ricavi, ecc. già

imputati al Conto Economico in precedenti esercizi;

● gli oneri o maggiori oneri relativi a ricavi già precedentemente contabilizzati;

● l’eliminazione parziale o totale di attività già iscritte nello Stato Patrimoniale in precedenti esercizi (es. perdite su crediti). Tali perdite de-vono risultare da elementi certi e precisi.Per i beni con deducibilità parziale l’eventuale

sopravvenienza passiva o perdita ad essi relativa rileva in base al rapporto tra ammortamento fi-scalmente dedotto e quello civilistico (art. 164, co. 2, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5264]).

Per le società di capitali che posseggono quote di S.n.c. e S.a.s., le relative perdite possono es-sere utilizzate solo per compensarle con redditi prodotti dalla medesima società partecipata nei 5 anni successivi.

I versamenti dei soci in conto capitale o a fon-do perduto, sia in denaro che in natura, a favore di S.n.c. o di S.a.s. e la rinuncia ai crediti non so-no deducibili dal reddito dei soci ma si aggiungo-no al costo della partecipazione (per la società tali somme non costituiscono sopravvenienze attive).

Per i prestiti da terzi: si presume la maturazio-ne dell’interesse legale e la sua corresponsione in ciascun periodo di imposta salvo prova contraria in forma scritta.

Versamenti dei soci (in conto capitale

o a fondo perduto, ecc.) a società,

enti, consorzi

Non si presumono interessi per i versamenti

Page 131: Agenti&Rappresentanti IlSole24Ore

Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

130 Febbraio 2015

effettuati quando dal bilancio risulta la natura di-versa del mutuo (e del finanziamento) delle som-me versate.

Perdite su crediti

Sono deducibili quando risultano da elementi certi e precisi, e in ogni caso quando il debitore è assoggettato a procedure concorsuali (sentenza di fallimento, decreto di ammissione al concorda-to preventivo o all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese, provvedimento che ordina la liquidazione coatta) nell’esercizio di inizio della procedura o nei successivi.

Per le procedure iniziate prima dell’esercizio successivo a quello in corso al 31.12.1987 tali per-dite sono obbligatoriamente deducibili in 5 quote costanti a partire da quest’ultimo esercizio; per quelle iniziate successivamente si deve procedere alla deduzione integrale della perdita eccedente il fondo rischi su crediti nell’anno di imputazione (C.M. 18.5.1990, n. 15/9/536). Va considerato che la perdita su crediti va imputata al fondo ri-schi su crediti o alle precedenti svalutazioni cre-diti dedotte ai fini fiscali, fino a quando esiste la capienza, e solo per la parte eccedente il Conto economico. Secondo la R.M. 23.1.2009, n. 16/E una situazione di temporanea illiquidità, ancor-ché seguita da un pignoramento infruttuoso, non è sufficiente a legittimare la deduzione del credito non incassato.

Perdite su crediti esteri derivanti

da procedure concorsuali

Ai fini della deducibilità delle perdite, il credi-tore nazionale deve dimostrare che la perdita su crediti è definitiva, facendo ricorso alle dichiara-zioni di insolvenza dei debitori stranieri emesse dall’Istituto per i servizi assicurativi del commer-cio estero o, in mancanza, agli strumenti giuridici previsti nel Paese extra-Ue di residenza del debi-tore (C.M. 10.5.2002, n. 39/E).

Il debitore si considera assoggettato a procedu-ra concorsuale dalla data della sentenza dichiarati-va del fallimento o del provvedimento che ordina

la liquidazione coatta amministrativa o del decre-to di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto che dispone la procedu-ra di amministrazione straordinaria delle grandi aziende in crisi.

Fondi quiescenza e previdenza

dei lavoratori dipendenti

È deducibile la parte maturata in ciascun eser-cizio; dall’1.1.2001 sono deducibili esclusivamen-te:

● le quote di trattamento di fine rapporto (art. 2120 c.c.) maturate nell’esercizio;

● gli eventuali accantonamenti riferibili a conti individuali di assistenza e previdenza imputa-bili ai singoli dipendenti (cosiddetti fondi in-terni previsti dall’art. 2117 c.c. – art. 1, co. 1, lett. f ), D.Lgs. 18.2.2000, n. 47).Il maggior accantonamento per adeguamento

del fondo a sopravvenute modifiche normative e retributive può essere dedotto nell’esercizio dal quale hanno effetto tali modifiche o per quote co-stanti nell’esercizio stesso e nei 2 successivi.

Fondo T.f.r.

L’importo da accantonare è pari a 1/13,5 della retribuzione annua, comprensiva di tutte le som-me corrisposte.

Il Fondo va rivalutato annualmente in base all’art. 2120 del c.c.

Fondi pensione complementari

Fino al 31.12.2000 i contributi versati dal da-tore di lavoro ai fondi pensione integrativi diver-si dalle quote di Tfr erano deducibili dal reddito d’impresa per un importo, per ciascun dipen-dente, fino al 2% della retribuzione annua presa a base per il calcolo del Tfr con un massimo di � 1.291,14 (£ 2,5 milioni), purché fosse previsto un pari versamento a carico del Tfr del lavoratore (art. 13, co. 2, D.Lgs. 124/1993 [CFF ➋ 5509]).

La C.M. 26.6.2006, n. 25/E fornisce chiari-menti in merito al trattamento Irpef delle eroga-zioni pensionistiche rese dai fondi integrativi de-

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Il Sole 24 ORE 11. Imposte sui redditi

131Febbraio 2015

gli istituti di previdenza di cui alla L. 20.3.1975, n. 70, relativamente alla parte di trattamento ma-turato entro il 31.12.2000. Per maggiore detta-glio si veda la succitata circolare dell’Agenzia delle Entrate.

Indennità per fine rapporto

di collaborazione coordinata

e continuativa, di rapporto di agenzia

di persone fisiche, di attività di sportivi

professionisti

Sono ammessi gli accantonamenti annuali come per il lavoro dipendente (purché l’obbligo risulti da atto anteriore all’inizio del rapporto di lavoro).

In particolare, l’accantonamento ai fondi per indennità di cessazione del rapporto di agenzia, riconosciuta agli agenti e rappresentanti di com-mercio in caso di scioglimento anticipato del con-tratto per iniziativa della società, è deducibile solo nell’esercizio in cui l’indennità stessa viene con-cretamente corrisposta (C.M. 6.7.2007, n. 42/E).

Indennità di fine mandato – Deducibilità

dell’accantonamento

Gli accantonamenti per il trattamento di fine mandato (cd. T.F.M.) degli amministratori di so-cietà possono essere dedotti dal reddito d’impresa della stessa società in base al principio di compe-tenza ai sensi dell’art. 105, D.P.R. 917/1986 so-lo se il diritto a tale indennità risulta da un atto avente data certa anteriore all’inizio del rappor-to di collaborazione tra amministratore e società (R.M. 22.5.2008, n. 211/E).

Tassazione delle rivalutazioni

Dall’1.1.2001 le rivalutazioni annuali del T.F.R. sono soggette ad imposta sostitutiva dell’11% (art. 11, D.Lgs. 47/2000 [CFF ➋ 5810] e art. 8, co. 3, D.Lgs. 168/2001); tale imposta va imputata a diminuzione del fondo T.F.R. e deve essere versata dal sostituto d’imposta (CC.MM. 20.3.2001, n. 29/E e 6.8.2001, n. 78/E) entro il:

● 16.2 come saldo dell’imposta calcolata sulle ri-valutazioni relative al T.F.R. maturato al 31.12 dell’anno precedente (cod. trib. 1713);

● 16.12 come acconto sulle rivalutazioni al T.F.R. maturate nell’anno; tale acconto è cal-colato sul 90% delle rivalutazioni maturate nell’anno solare precedente (metodo storico) o su quelle presuntivamente maturate nell’anno stesso (metodo previsionale) (cod. trib. 1712).Il pagamento dell’imposta sostitutiva avviene

mediante F24; è possibile compensare il tributo con il credito d’imposta derivante dall’anticipo delle imposte sul T.F.R. (vedi a pag. prec.).

Svalutazioni e accantonamenti

per rischi su crediti

Sono deducibili svalutazioni e accantonamenti per rischi per lo 0,50% del valore nominale dei crediti derivanti da cessioni e prestazioni che pro-ducono ricavi e non coperti da garanzia assicura-tiva, risultanti dal bilancio a fine esercizio, fino a quando il totale delle svalutazioni e degli accan-tonamenti raggiunge il 5% del valore normale di tali crediti risultanti in bilancio a fine esercizio.

La R.M. 30.3.1999, n. 57/E precisa che l’u-tilizzo dell’accantonamento per rischi su crediti per rettificare il valore del credito a seguito delle modifiche dei criteri di rilevazione dei medesimi, è soggetto a tassazione.

Interessi di mora

Per i contratti stipulati dopo l’8.8.2002, il D.Lgs. 9.10.2002, n. 231, in vigore dal 7.11.2002, ha previsto l’applicazione automatica degli inte-ressi di mora nel caso di mancato pagamento del debito alla scadenza. Il decreto ha altresì stabilito la data in cui iniziano a decorrere gli interessi di mora, nel caso in cui non sia contrattualmente stabilita la scadenza di pagamento. L’applicazione di tale norma si era rivelata particolarmente diffi-coltosa per le imprese, soprattutto tenendo conto della possibilità di recuperare effettivamente gli interessi di mora maturati e della conseguente necessità di contabilizzare le rinunce a crediti di problematica deducibilità. Il problema viene ora

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

132 Febbraio 2015

risolto dal co. 7 dell’art. 109, che prevede l’im-ponibilità degli interessi di mora nell’esercizio in cui sono incassati e la loro deducibilità dal reddito nell’esercizio in cui sono pagati. L’art. 4, co. 1, lett. i), D.Lgs. 12.12.2003, n. 344 consente che il criterio di cassa si applichi fin dall’esercizio in corso all’8.8.2002, fatti comunque salvi i com-portamenti conformi alla precedente normativa del D.P.R. 917/1986 ante riforma.

11.4 Ammortamenti, leasing e altri

costi pluriennali

Il D.M. 31.12.1988 [CFF ➋ 5400 – 5425] ha ap-provato i coefficienti di ammortamento delle immobilizzazioni materiali con effetto a partire dagli ammortamenti sui beni che hanno avuto inizio a decorrere dal primo periodo d’imposta successivo al 31.12.1988 (per gli esercizi solari dall’1.1.1989).

Immobilizzi materiali

(art. 102, D.P.R. 917/1986)

Sono costituiti da immobili, impianti, macchi-nari, attrezzature, mobili ecc. utilizzati nell’eserci-zio di impresa o arte e professione. I terreni, come tutti i beni la cui utilità non è limitata nel tempo (art. 2426, n. 2, c.c.), non sono ammortizzabili.

Le quote di ammortamento dei beni sono de-ducibili a partire dall’esercizio di entrata in fun-zione del bene, nella misura massima specificata nella tabella di cui al D.M. 31.12.1988 (ridotta al 50% per il 1° esercizio, esclusi artisti e profes-sionisti).

L’ammortamento si calcola con coefficienti non superiori a quelli previsti dall’apposito de-creto (dal D.M. 31.12.1988 per i beni entrati in funzione dall’1.1.1989; dal D.M. 29.10.1974 per i beni entrati in funzione fino al 31.12.1988), ridotti alla metà per il primo anno di ammorta-mento.

La quota di ammortamento si calcola sul costo del bene, comprensivo degli oneri accessori di di-retta imputazione; se il bene è realizzato in econo-mia il costo è calcolato con esclusione delle spese

generali e con inclusione degli interessi passivi se specificamente sostenuti fino al momento di en-trata in funzione (art. 110, D.P.R. 917/1986 [CFF

➋ 5210]); sono escluse da tale valore eventuali riva-lutazioni operate dal periodo d’imposta in corso al 31.12.1997 con l’eccezione di quelle che per legge non concorrono a formare reddito (art. 110, co. 1, lett. c): vedi rivalutazione ex artt. 10-16, L. 342/2000 [CFF ➋ 5831 – 5837] ed ex art. 3, co. 1, 2 e 3, L. 448/2001.

Norme applicabili: ● (1987 e precedenti) per gli ammortamen-

ti relativi a periodi di imposta chiusi prima dell’1.1.1988 si applicano le norme del D.P.R. 29.9.1973, n. 597;

● (1988) per gli ammortamenti relativi al pe-riodo di imposta in corso all’1.1.1988 si ap-plicano le norme del D.P.R. 917/1986 per i nuovi beni ammortizzabili, e quelle del D.P.R. 29.9.1973, n. 597 per i beni già in ammorta-mento in esercizi precedenti per le imprese in contabilità ordinaria;

● (1989 e seguenti) per gli ammortamenti ini-ziati dopo l’1.1.1989 si applicano in qualsiasi tipo di impresa le norme previste dal D.P.R. 917/1986, mentre per gli ammortamenti ini-ziati in anni precedenti si conserva il criterio allora in vigore; è inoltre ridotta la misura dell’ammortamento anticipato (al massimo pari ad 1 volta quello ordinario).Coefficienti:

● (1988 e precedenti) per gli ammortamenti ini-ziati precedentemente all’1.1.1989 si applica-no i coefficienti previsti dal D.M. 29.10.1974;

● (1989 e seguenti) per gli ammortamenti inizia-ti dall’1.1.1989 si applicano i coefficienti pre-visti dal D.M. 31.12.1988 [CFF ➋ 5400 – 5425].L’impresa che utilizza beni previsti nel D.M.

31.12.1988 solo per altra categoria di imprese (gruppo di attività) applica i coefficienti indica-ti per quest’ultima purché le condizioni di im-piego e usura del bene siano le stesse (RR.MM. 22.3.1980, n. 9/74 e 9.2.1985, n. 9/1285 e Cass. 12.5.1995, n. 5241).

L’art. 102, D.P.R. 22.12.1986, n. 917 [CFF ➋

5202] disciplina l’ammortamento delle immobiliz-

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Il Sole 24 ORE 11. Imposte sui redditi

133Febbraio 2015

zazioni materiali e stabilisce che le quote di am-mortamento siano deducibili soltanto per i beni strumentali all’esercizio dell’impresa ed in misura non superiore a quella risultante dall’applicazio-ne, al costo dei beni, dei coefficienti stabiliti con D.M. 31.12.1988, per il settore produttivo in cui opera il soggetto possessore (anche locatore o comodante). Considerato che le quote deducibili del costo del bene strumentale rappresentano un valore medio, non assume alcuna rilevanza il fatto che lo stesso bene sia temporaneamente impie-gato in un settore economico diverso, rispetto a quello di appartenenza, in forza di un contratto di locazione o comodato. Gli immobili appartenen-ti, nella fattispecie in esame, a società immobiliari possono essere distinti in:

● non strumentali per natura: l’immobile loca-to da una società immobiliare non può essere considerato strumentale all’attività imprendi-toriale, costituendo piuttosto l’oggetto dell’at-tività medesima. Nessuna quota di ammor-tamento e nessun altro componente negativo relativo al bene locato potranno essere dedotti dalla società (art. 90, co. 2, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5190]);

● strumentali per natura (ai sensi dell’art. 43, co. 2, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5143]): il coefficien-te di ammortamento fissato per tali immobili di proprietà di società immobiliari è stabilito nel D.M. 31.12.1988, Tabella allegata, nella sezione «Attività non precedentemente speci-ficate», punto 2). Il coefficiente è determinato nella misura del 3% ed è applicabile a prescin-dere dall’effettivo utilizzo del bene in quanto è considerato strumentale per natura. Non è rilevante il fatto che la società utilizzatrice del bene operi in un diverso settore di attività (R.M. 9.4.2004, n. 56/E).

Esercizio di durata diversa da 12 mesi

La quota di ammortamento deducibile deve essere ragguagliata all’anno considerando il valore per tanti dodicesimi quanti sono i mesi di dura-ta effettiva dell’esercizio (art. 110, co. 5, D.P.R. 917/1986).

Costo non superiore a � 516,46

(Iva esclusa) dei beni strumentali

Per le imprese, anche in contabilità semplifi-cata, e per gli artisti e professionisti è consentita la deduzione integrale della spesa nell’esercizio in cui è stata sostenuta (pagata per i professionisti).

Beni rivalutati

Dall’esercizio in corso al 31.12.1997, il valo-re ammortizzabile dei beni rivalutati va assunto al netto delle rivalutazioni stesse salvo quelle che per legge non formano imponibile. In corrispon-denza le plusvalenze da rivalutazione non sono imponibili (art. 21, commi 3, 4, lett. a), n. 2, e 5, L. 449/1997). Vedi, però, rivalutazione ex L. 342/2000 ed ex L. 448/2001.

Beni acquistati con contributi

Dall’esercizio in corso all’1.1.1998 il costo ammortizzabile dei beni va assunto al netto dei contributi in c/impianti (art. 21, co. 4, lett. a), n. 1, L. 449/1997).

Eliminazione degli ammortamenti

anticipati

L’art. 1, co. 33, L. 244/2007 (Finanziaria 2008) modifica le norme sulla deduzione degli ammortamenti.

In particolare, la norma prevede l’abrogazio-ne del co. 3 dell’art. 102, D.P.R. 917/1986, che consentiva fino al 2007, lo stanziamento di am-mortamenti anticipati (raddoppio dell’aliquota ordinaria nei primi 3 esercizi) e accelerati (aliquo-te maggiorate per un più intenso utilizzo rispetto alla media del settore).

Non sono previste decorrenze differenziate per i soggetti Ires e Irpef. Per tutti i contribuen-ti, quindi, il divieto di ammortamenti anticipati e accelerati parte dall’esercizio successivo a quello in corso al 31.12.2007 e riguarda anche i beni en-trati in funzione in anni precedenti.

Viene, inoltre, previsto che, per i beni nuovi acquisiti ed entrati in funzione nel 2008, in attesa

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

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dell’aggiornamento della tabella dei coefficienti di ammortamento, non si applica la riduzione a metà del coefficiente prevista dall’art. 102, co. 2, D.P.R. 917/1986, per il primo esercizio di am-mortamento. Tale disposizione, che non riguarda le autovetture aziendali di cui alla lett. b) dell’art. 164 (che già non potevano fruire dell’ammorta-mento anticipato), può essere applicata anche de-ducendo in dichiarazione le eventuali quote non imputate a conto economico.

L’imputazione, nel 2008, di quote intere di ammortamento si applica ai beni nuovi acquisiti ed entrati in funzione in tale esercizio.

La norma, in effetti, non riguarda i beni ac-quistati nel 2007, il cui ammortamento sia stato rinviato all’anno successivo, in quanto entrati in funzione solo dall’1.1.2008. Per questi beni, co-me pure per quelli acquistati usati nel 2008, il primo anno di ammortamento subirà ancora la riduzione al 50% del coefficiente tabellare.

Ammortamento ridotto

In base alla R.M. 22.4.2005, n. 51/E, il con-tribuente può applicare coefficienti di ammor-tamento anche inferiori alla metà delle aliquote massime stabilite dal D.M. 31.12.1988 tanto ai beni nuovi, quanto a quelli vecchi per i quali in passato erano già state calcolate quote di am-mortamento. La successiva R.M. 17.6.2005, n. 75/E ha però chiarito che non è possibile cal-colare discrezionalmente gli ammortamenti fi-scali in misura diversa da quella degli ammor-tamenti civilistici; infatti, trova applicazione il criterio che prevede la derivazione del reddito imponibile dal risultato del Conto economico di cui all’art. 83, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5183]. La mancata osservanza di questo criterio ha ef-fetti nell’esercizio successivo, in quanto non è possibile dedurre il minore ammontare (rispet-to a quello civilistico) degli ammortamenti non dedotti attraverso variazioni in diminuzione. In caso di applicazione di aliquote di ammortamen-to inferiori rispetto a quelli previsti da D.M. di approvazione delle aliquote stesse (ma non infe-riori a quelle applicate ai fini civilistici), è possi-bile recuperare, negli esercizi successivi, tutte le

quote di ammortamento non dedotte per appli-cazione di coefficienti ridotti, pur nel rispetto dell’aliquota massima fiscalmente ammessa. La previgente disciplina, invece, non consentiva di recuperare, in caso di riduzione dei coefficienti superiore al 50%, la parte di ammortamento in-feriore alla metà della quota ordinaria, salvo che tale riduzione non corrispondesse ad un effettiva minore utilizzazione del bene rispetto alla media di settore. N.B.: la R.M. 22.11.2001, n. 187/E ha precisato che non è possibile applicare l’am-mortamento ridotto quando l’allungamento della vita utile dei beni strumentali è dovuto al più elevato livello di manutenzione svolto dalla società e non da un’effettiva minore utilizzazio-ne.

Cessione – Eliminazione cespiti

In caso di eliminazione di beni (per distru-zione, obsolescenza, guasti, ecc.) non ancora to-talmente ammortizzati, il costo residuo è total-mente deducibile nell’esercizio (Cass. sentenza 27.3 – 21.10.1998, n. 10412). La differenza tra il ricavato della cessione e il valore residuo da am-mortizzare, se positiva costituisce plusvalenza, se negativa minusvalenza anche se è stato operato un ammortamento inferiore a quello minimo fiscal-mente ammesso (vedi C.M. 23.7.1998, n. 193/E per le procedure di distruzione dei beni strumen-tali; Cass. sentenza 1.4.1996, n. 2992 per la ces-sione onerosa).

Secondo l’Amministrazione finanziaria è pos-sibile imputare le quote di ammortamento pro-quota anche per la frazione dell’esercizio in cui i beni siano stati dismessi o ceduti o, in alternativa non imputare tali quote a condizione che il crite-rio adottato sia applicato uniformemente per tutti i beni dismessi o ceduti (R.M. 12.2.2002, n. 41/E).

Terreni

Possono avere natura strumentale solo se ven-gono finalizzati a partecipare a un processo pro-duttivo e sottratti alla destinazione naturale (es. depositi di materiale edile – R.M. 16.2.1982, n. 7/1579). Generalmente non sono ammortizzabi-li perché non soggetti a deperimento o consumo

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Il Sole 24 ORE 11. Imposte sui redditi

135Febbraio 2015

(C.M. 10.4.1991, n. 11). È previsto, però, il co-efficiente di ammortamento dell’1% per alcuni terreni (ad es. terreni adibiti a piste, moli, auto-strade, ecc.) relativi alle industrie dei trasporti e delle comunicazioni.

Relativamente ai terreni acquisiti in leasing, la R.M. 23.2.2004, n. 19/E stabilisce che i relativi canoni di locazione non siano deducibili. È però deducibile la quota parte costituita dagli interessi passivi impliciti relativi al contratto di leasing per l’acquisizione di un terreno, così come gli interessi passivi relativi ad un finanziamento esterno per l’acquisto di un terreno strumentale.

Prefabbricati

Se hanno un grado di usura inferiore alle strut-ture murarie tradizionali, si possono ammortizza-re con lo stesso coefficiente previsto per queste ultime (R.M. 17.10.1975, n. 9/50056).

Beni mobili ad uso promiscuo

I costi di acquisto, le quote di ammortamento, i canoni di leasing e le spese di impiego relativi a beni (esclusi gli autoveicoli deducibili al 100%) utilizzati promiscuamente per l’esercizio d’impre-sa e per scopi personali sono deducibili al 50% (art. 64, co. 2, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5164]).

Beni concessi in comodato

Secondo la R.M. 16.5.2008, n. 196/E le quote di ammortamento stanziate annualmente e relati-ve a beni concessi in comodato sono fiscalmente deducibili in capo al soggetto comodante solo se sussistono i requisiti dell’inerenza del costo (art. 109, co. 5, D.P.R. 917/1986) e della strumentali-tà del bene (art. 102, co. 1, D.P.R. 917/1986) ri-spetto all’attività d’impresa esercitata dallo stesso comodante. Si precisa che in caso di risoluzione anticipata o di cessazione naturale del contratto di comodato, la quota di ammortamento deducibi-le nel periodo d’imposta della risoluzione o della cessazione deve essere ragguagliata ai giorni che intercorrono tra l’inizio del periodo d’imposta e la data di risoluzione o cessazione.

Spese di manutenzione, riparazione,

trasformazione

Se non sono portate ad incremento del costo dei beni, tali spese (anche se sostenute grazie a ri-sarcimenti assicurativi a seguito di eventi alluvio-nali – R.M. 14.9.2007, n. 251/E) relative a beni di proprietà sono deducibili nei seguenti limiti:

● 5% del costo di tutti i beni materiali ammor-tizzabili quale risulta dall’apposito registro all’inizio dell’esercizio. Dal periodo in corso al 31.12.1997 per gli autoveicoli aziendali (a deducibilità limitata) va assunto il costo fiscal-mente deducibile (C.M. 10.2.1997, n. 48/E);

● per i beni ceduti nel corso dell’esercizio tali spese sono deducibili per il cedente e per l’ac-quirente proporzionalmente alla durata del possesso. Per l’acquirente il 5% va calcolato sul costo di acquisizione;

● per le imprese di nuova costituzione, 5% di tale costo alla fine del primo esercizio.La differenza tra dette spese e il limite del 5%

è deducibile in quote costanti nei 5 esercizi suc-cessivi (indipendentemente dall’eventuale aliena-zione del bene – R.M. 20.9.1980, n. 9/826). Per specifici settori produttivi possono essere stabiliti, con decreto, diversi criteri e modalità di dedu-zione. Per esempio per il settore estrattivo è stato fissato il limite del 15% dal D.M. 9.5.1989 e per alcune lavorazioni siderurgiche (fonderie) l’11% dal D.M. 13.10.1994. Per i beni rivalutati in ba-se alle L. 408/1990 e L. 413/1991, l’importo ri-valutato poteva essere considerato, per il calcolo della quota deducibile, dall’esercizio successivo a quello di rivalutazione; per quelli rivalutati in base agli artt. 10-14, L. 342/2000 [CFF ➋ 5831 – 5835] e art. 3, co. 1, 2 e 3, L. 448/2001 si conside-rano, invece, i valori rivalutabili fin dall’esercizio stesso di rivalutazione. Qualora tali spese, invece, siano imputate ad incremento del costo del bene, l’ammortamento va calcolato (anche ai fini fiscali) sull’intero valore incrementato (C.M. 17.5.2000, n. 98/E, p.to 1.1.3.).

L’art. 3, co. 16-quater, D.L. 16/2012, conv. con modif. dalla L. 44/2012, modificando l’art. 102, co. 6, D.P.R. 917/1986, dispone che a par-tire dal periodo d’imposta in corso al 29.4.2012

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

136 Febbraio 2015

le spese di manutenzione, riparazione, ammoder-namento e trasformazione – non imputate in bi-lancio, ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono – divengono deducibili nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni stru-mentali risultanti dal registro dei beni ammortiz-zabili all’inizio dell’esercizio, senza considerare le operazioni di acquisto e cessione successivamente intervenute.

Fabbricati strumentali

Ai fini del calcolo delle quote di ammortamen-to deducibili, il costo dei fabbricati strumentali va assunto, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 4.7.2006, al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne co-stituiscono pertinenza. Il costo delle aree è pari al maggior valore tra quello esposto in bilancio nell’anno di acquisto e quello corrispondente al 20% (30% per i fabbricati industriali) del costo complessivo. La norma, introdotta dall’art. 36, co. 7, D.L. 223/2006, e modificata dall’art. 2, co. 18, L. 286/2006 (Collegato alla Finanziaria 2007), si applica ai fabbricati strumentali per de-stinazione e per natura ai sensi dell’art. 43, com-mi 1 e 2, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5143]; ne sono esclusi gli impianti e i macchinari anche se infissi al suolo, ad eccezione del caso in cui tali impianti e macchinari costituiscano un’unità immobiliare iscrivibile al Catasto urbano (C.M. 19.1.2007, n. 1/E). La norma si applica anche ai fabbricati strumentali acquisiti in leasing, limitatamente alla quota capitale del canone (art. 36, co. 7-bis, D.L. 223/2006, introdotto dal D.L. 262/2006), non-ché nei confronti del proprietario dell’immobile in caso di contratti di locazione operativa o di co-modato (calcolando il valore ammortizzabile del fabbricato in base al concreto utilizzo da parte del conduttore o del comodatario – R.M. 20.9.2007, n. 256/E). La norma non si applica invece nel ca-so in cui il fabbricato strumentale insista su un terreno in relazione al quale sussiste un diritto di superficie a tempo determinato (R.M. 5.7.2007, n. 157/E; R.M. 27.7.2007, n. 192/E); il costo so-stenuto per l’acquisto del diritto di superficie a tempo indeterminato è invece fiscalmente inde-

ducibile, poiché tale acquisto è assimilabile all’ac-quisto in proprietà del terreno.

La norma trova applicazione, sempre dal pe-riodo d’imposta in corso al 4.7.2006, anche alle quote di ammortamento e ai canoni di leasing relativi a fabbricati acquistati o acquisiti in pe-riodi d’imposta precedenti; non è previsto però il recupero a tassazione di quote di ammortamen-to fiscalmente già dedotte in precedenti esercizi e che, in base alla nuova disciplina, risulterebbe-ro fiscalmente non deducibili. Ai sensi del D.L. 3.8.2007, n. 118, in vigore dal 4.8.2007, per cia-scun immobile strumentale le quote di ammorta-mento dedotte nei periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 4.7.2006 calcolate sul costo complessivo sono riferite proporzionalmente al costo dell’area e al costo del fabbricato; il citato decreto non è stato convertito in legge ed è de-caduto (vedi Comunicato Min. Giustizia pubbli-cato in Gazzetta Ufficiale 4.10.2007, n. 231). La norma interpretativa del D.L. 118/20007 è stata riproposta dalla Finanziaria 2008 con l’art. 1, co. 81, secondo cui per ciascun immobile strumenta-le le quote di ammortamento dedotte nei periodi d’imposta precedenti al periodo d’imposta in cor-so al 4.7.2006 calcolate sul costo complessivo so-no riferite proporzionalmente al costo dell’area e al costo del fabbricato. L’Agenzia delle Entrate ha fornito numerosi chiarimenti in merito allo scor-poro del valore del terreno nella C.M. 1/E/2007 e nella C.M. 16.2.2007, n. 11/E; in tali interventi, in particolare, l’Agenzia ha affermato che:

● la norma sull’indeducibilità del valore del ter-reno trova applicazione anche alle singole uni-tà immobiliari presenti all’interno di un fab-bricato, vale a dire anche agli immobili non definiti «cielo-terra» per i quali i principi con-tabili internazionali non richiedono la separata indicazione in bilancio del valore del terreno;

● il confronto tra il valore dell’area (comprensivo anche dell’imposta di registro direttamente ri-feribile alla sua acquisizione) indicato in bilan-cio e quello determinato forfetariamente viene meno nel caso in cui l’area sia stata oggetto di autonomo acquisto in epoca antecedente rispetto alla successiva costruzione del fabbri-cato. La disposizione trova applicazione anche

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Il Sole 24 ORE 11. Imposte sui redditi

137Febbraio 2015

per gli acquisiti effettuati nei periodi d’impo-sta precedenti a quello in corso al 4.7.2006;

● la determinazione del valore dell’area deve esse-re effettuata una sola volta considerando i dati esposti nel bilancio relativo all’anno di acqui-sto o all’ultimo bilancio approvato prima del 4.7.2006. Tale valore non deve essere influenza-to da spese incrementative o rivalutazioni;

● relativamente ai fabbricati acquistati in leasing è indeducibile, in relazione al terreno, la sola quota capitale (20% o 30% della quota stessa) mentre rimane pienamente deducibile la quo-ta interessi. In caso di autonomo acquisto, da parte di una società di leasing, di un’area edi-ficabile per la costruzione di un fabbricato, la società utilizzatrice deve determinare la quota capitale riferibile al terreno (indeducibile) ap-plicando alla quota capitale complessiva la per-centuale derivante dal rapporto tra il costo del terreno e il costo complessivo sostenuto dalla società di leasing (R.M. 8.8.2007, n. 211/E);

● la cessione dell’area comprensiva di fabbricato genera un’unica plusvalenza (o minusvalenza) pari alla differenza tra il corrispettivo pagato e il costo fiscalmente riconosciuto dell’area (non ammortizzabile) comprensiva di fabbricato. Lo scorporo del valore del terreno ha la sola fi-nalità di non consentire la deduzione dell’am-mortamento del terreno;

● l’indeducibilità del valore del terreno riduce l’ammontare del plafond del 5% del valore complessivo dei beni ammortizzabili cui com-misurare l’importo delle spese di manutenzio-ne, ammodernamento, riparazione e trasfor-mazione deducibili;

● nel caso di immobili dati in locazione, anche finanziaria, o in comodato, la percentuale da applicare ai fini della determinazione forfetaria del valore dell’area (20% o 30%) deve essere fissata in base al concreto utilizzo dell’immo-bile da parte dell’utilizzatore. La qualificazione del fabbricato (industriale o meno) non può essere successivamente modificata nel caso di un diverso utilizzo, neppure a seguito di varia-zione catastale della destinazione d’uso.

Manutenzioni e riparazioni su beni

di terzi

Non si applica il limite di deducibilità del 5% di cui sopra alle spese di manutenzione, ripara-zione, ecc. relative a beni di proprietà di terzi (es. posseduti in leasing); tali spese sono integralmen-te deducibili.

I compensi periodici a terzi per manutenzione sono deducibili nell’esercizio di competenza (sen-za limite).

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138 Febbraio 2015

Leasing

L’art. 4-bis, D.L. 16/2012, ha modificato le regole di deducibilità dei canoni di leasing dal reddito d’impresa e di lavoro autonomo, elimi-nando il vincolo della durata minima contrattua-le. Pertanto, per i contratti stipulati dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge (dal 29.4.2012) i canoni saranno deducibili senza alcun vincolo di durata minima, per un periodo non inferiore al periodo di ammortamento previ-sto ai fini fiscali, stabilito dal D.M. 31.12.1988 in relazione all’attività esercitata.

Nel caso di leasing immobiliare la deduzione è ammessa per un periodo, rispettivamente, non inferiore a 11 anni ovvero pari almeno a 18 anni.

Per i beni a deducibilità limitata di cui all’art. 164, co. 1, lett. b), D.P.R. 917/1986, la deduci-bilità dei canoni di leasing è ammessa per un pe-riodo di ammortamento corrispondente al coeffi-ciente di cui al citato Decreto Ministeriale.

Una società utilizza rimorchiatori in virtù di contratti di locazione a «scafo nudo», con opzione di acquisto e di vendita al termine dei contratti stessi, creando una «struttura finanziaria» di di-

Auto aziendali – Costi deducibili

SPESE

ART. 164, D.P.R. 917/1986dal periodo d’imposta in corso al 27.6.2007 l

Auto, autoveicoli, autocaravan, motocili e ciclomotori di

lusso e non

Altri veicoli (es. autocarri)

non di professionisti o agenti

o rappresentantidi professionisti di agenti

o rappresentantidi chiunque (1)

Ammortament i ,

leasing (2) 40% (3) 40% (3) 80% (4) 100% senza limiti

Locazione (2) 40% (5) 40% (5) 80% (5) 100% senza limiti

Impiego 40% 40% 80% 100%

Manutenzione 40% 40% 80% 100%

Riparazioni 40% 40% 80% 100%

Custodia 40% 40% 80% 100%

Immatricolazione 40% 40% 80% 100%

Bollo e assicuraz. 40% 40% 80% 100%

Note:● Per i periodi di imposta precedenti al 2006, vedi pag. 186, G.P.F. 2/2006. In relazione al periodo d’imposta in corso al 3.10.2006, le

percentuali di deducibilità sopra esposte sono ridotte al 20% per le imprese e al 30% per i professionisti.(1) Il requisito della strumentalità nel caso di autocarri (art. 54, lett. d), Codice della Strada) è implicito nel tipo di immatricolazione; sono

esclusi da tale automatica presunzione i rappresentanti.(2) Nel caso di contratti di leasing, locazione o noleggio con durata inferiore all’anno il limite indicato va ragguagliato ad anno.(3) di massimo � 18.075,99 per auto, autoveicoli, autocaravan di lusso e non; di � 4.131,66 per motocicli di lusso e non; di � 2.065,83

per ciclomotori di lusso e non.(4) di massimo � 25.822,84 per auto, autoveicoli, autocaravan di lusso e non; di � 4.131,66 per motocicli di lusso e non; di � 2.065,83

per ciclomotori di lusso e non.(5) di massimo � 3.615,20 per auto, autoveicoli, autocaravan di lusso e non; di � 774,69 per motocicli di lusso e non; di � 413,17 per

ciclomotori di lusso e non.

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Il Sole 24 ORE 11. Imposte sui redditi

139Febbraio 2015

ritto spagnolo assimilabile ad una locazione con clausola di trasferimento della proprietà vinco-lante per entrambe le parti contrattuali. L’Agen-zia delle Entrate precisa con la R.M. 9.1.2009, n. 11/E che la società può iscrivere i rimorchiatori tra le immobilizzazioni materiali e, di conseguen-za, può avviare la procedura di ammortamento fin dalla data di consegna degli stessi (art. 109, co. 2, D.P.R. 22.12.1986, n. 917), facendo riferimento al costo effettivamente sostenuto, senza attendere il formale trasferimento della proprietà dei rimor-chiatori stessi.

Qualora la società di leasing abbia stipulato un contratto di leasing relativo ad un immobile di cui non è proprietaria, ma promissoria acquiren-te, prima del 4.12.2005, al leasing stesso trova ap-plicazione la precedente normativa, che consente all’impresa utilizzatrice di dedurre i canoni a patto che il contratto abbia una durata non inferiore a 8 anni (C.M. 13.2.2006, n. 6/E).

Per le imprese che subentrano, in virtù della cessione di un contratto di leasing, nella veste di utilizzatrici di beni mobili o immobili assunti in leasing, la durata del periodo di ammortamento (elemento fondamentale per la deducibilità dei canoni) continua ad essere determinata facendo riferimento al settore di appartenenza del soggetto che ha ceduto il contratto (C.M. 13.3.2006, n. 10/E). Relativamente al costo sostenuto per il su-bentro di una società immobiliare in un contratto di leasing immobiliare, tale costo va sospeso, e si può ammortizzare dal periodo d’imposta in cui il diritto di riscatto dell’immobile sarà esercitato; se tale diritto non viene esercitato, il costo per il su-bentro è totalmente deducibile nel periodo d’im-posta in cui è certa l’insorgenza dell’insussisten-za del valore già iscritto nell’attivo patrimoniale (R.M. 8.8.2007, n. 212/E).

Lease-back

È composto da due distinti negozi: compra-vendita (A vende a B un bene) e leasing (B con-cede ad A in locazione finanziaria lo stesso bene). È stata riconosciuta la possibilità per l’impresa concedente di dedurre le quote di ammortamen-to del bene e per quella utilizzatrice di dedurre

i canoni di leasing, nonché di ammortizzare il prezzo di riscatto eventualmente pagato (Cass. sentenze 28.7.2000, n. 9944, 7.5.1998, n. 4612 e 28.10.1995, n. 11276; delibera Secit 7.6.1999, n. 55), purché le operazioni non siano illecite e fraudolente (C.M. 30.11.2000, n. 218/E). Situa-zioni anomale che possono rilevare un intento elusivo sono per esempio (Circ. D.R.E. Lombar-dia 24.5.2000, n. 20): debiti preesistenti o con-testuali alla vendita tra cedente e cessionario del bene concesso in leasing; bene che rimane nella disponibilità della società di leasing; elevato tasso d’interesse; assenza di interesse del venditore/uti-lizzatore ad usare il bene ottenuto in leasing.

La R.M. 25.8.2009, n. 237/E ha chiarito che la cessione dell’area sottostante un fabbricato, nell’ambito di un’operazione di lease back, genera plusvalenza tassabile anche se successivamente il costo non sarà ammesso in deduzione per la socie-tà locatrice. Secondo la C.M. 16.2.2007, n. 11/E la cessione dell’area comprensiva di fabbricato dà luogo ad una plusvalenza data dalla differenza fra il corrispettivo pagato ed il costo fiscalmente rico-nosciuto dell’area comprensiva di fabbricato.

In base a quanto disposto dall’art. 36, co. 7, 7-bis e 8, D.L. 223/2006, conv. con modif. con L. 248/2006 è necessario scorporare il valore del terreno da quello del fabbricato per quantificare la quota (riferibile al fabbricato) che può essere ammortizzata e non anche ai fini della relativa plusvalenza da cessione.

Valore di riscatto

È integralmente deducibile in un unico eserci-zio se il prezzo non supera � 516,46. Altrimenti il valore di riscatto va ammortizzato nel numero di anni previsto dalla legge per il relativo bene.

Indeducibilità ai fini Ires e Irap

dei canoni di leasing azionario

Non sono deducibili, ai sensi dell’art. 102, co. 7, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5202], ai fini Ires e Irap, i canoni di un leasing azionario. L’Agenzia delle Entrate, con la R.M. 10.5.2004, n. 69, giunge a tale conclusione dopo aver considerato che:

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

140 Febbraio 2015

● la deducibilità dei canoni di locazione finan-ziaria presuppone l’effettiva ammortizzabilità del bene concesso in godimento;

● non è ammesso l’ammortamento fiscale del costo sostenuto per l’acquisto di azioni, ai sen-si dell’art. 2426, c.c., in quanto non soggette a logorio fisico o a obsolescenza.

Aeromobili, navi e imbarcazioni

da diporto (a partire dall’1.1.1989)

Non sono deducibili le quote di ammorta-mento, i canoni di locazione anche finanziaria o di noleggio e le spese di impiego e manutenzio-ne (e dall’esercizio in corso al 31.12.1993 anche quelle di custodia e riparazione) relative ad aero-mobili da turismo, navi e imbarcazioni da dipor-to, salvo il caso in cui questi siano destinati ad utilizzo esclusivamente strumentale o siano dati in uso promiscuo ai dipendenti (art. 164, co. 1, lett. b-bis), D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5264], come modif. dall’art. 7, co. 25, D.L. 262/2006).

Autovetture

Ai sensi dell’art. 15-bis, L. 127/2007, in vigore dal 18.8.2007, di conversione del D.L. 81/2007, dal periodo d’imposta in corso al 27.6.2007 tutti i costi relativi ad autovetture (compresi autocara-van), motocicli e ciclomotori aziendali di imprese o di professionisti sono deducibili nella misura del 40% (e non più, rispettivamente, nella misura dello 0% e del 25%). Tale percentuale rimane pari all’80% per agenti e rappresentanti di commer-cio. In relazione ai costi di acquisto ed ai canoni di locazione o di leasing, la deducibilità opera solo fino a determinati limiti. In relazione al periodo d’imposta in corso al 3.10.2006, la suddetta per-centuale di deducibilità è ridotta al 20% per le imprese e al 30% per i professionisti. I maggiori importi deducibili per il periodo d’imposta 2006, rispetto a quelli dedotti in base alla disciplina di cui all’art. 2, co. 71, D.L. 262/2006 (che prevede-va l’indeducibilità per le imprese – salvo che per i veicoli strumentali – e la deducibilità limitata al 25% per i professionisti), possono essere recupe-rati in deduzione nel periodo d’imposta in corso

al 27.6.2007 e di essi si può tener conto ai fini del versamento della seconda o unica rata di acconto relativa a tale periodo. Ai fini del calcolo dell’ac-conto Irpef, Ires e Irap relativo al periodo d’im-posta successivo al quello in corso al 3.10.2006, il contribuente può continuare ad applicare le di-sposizioni vigenti prima di quella di cui al citato art. 2, co. 71, D.L. 262/2006.

Sono deducibili al 100%, senza limiti di costo (dall’esercizio 1997 sia per le imprese individuali che per le società), le spese relative ai veicoli:

● utilizzati come esclusivamente strumenta-li all’attività (= veicoli senza i quali non può essere esercitata l’attività dell’impresa, es. auto delle imprese di noleggio o delle scuole guida ma non auto utilizzate da un’impresa commer-ciale per visitare i clienti – C.M. 13.2.1997, n. 37/E). Sono deducibili al 40% (20% per il 2006) i costi relativi alle autovetture che, pur essendo qualificabili come esclusivamente strumentali, sono acquisite da una società me-diante contratti di noleggio a lungo termine e assegnate ai dipendenti non solo per lo svol-gimento dell’attività lavorativa, ma utilizzate anche al di fuori dell’orario di lavoro (R.M. 22.8.2007, n. 231/E);

● adibiti ad uso pubblico; ● indicati alle seguenti lettere dell’art. 54 del

Codice della Strada: b) autobus (con più di 9 posti), d) autocarri, e) trattori stradali, f) auto-veicoli per trasporti specifici, g) autoveicoli ad uso speciale (es. businesscar, cioè autoveicolo omologato «uso ufficio»), h) autotreni, i) au-toarticolati, l) autosnodati, n) mezzi d’opera.L’art. 102, co. 3, secondo per., D.P.R.

917/1986 [CFF ➋ 5202], come modificato dall’art. 36, co. 5, D.L. 223/2006, esclude l’ammorta-mento anticipato per i beni di cui all’art. 164, co. 1, lett. b), D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5264], vale a dire per le autovetture e gli autocaravan di cui alle lett. a) ed m) dell’art. 54, D.Lgs. 285/1992 (Nuovo C.d.S.), nonché per i ciclomotori e i mo-tocicli, non destinati ad essere utilizzati esclusiva-mente come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa. L’esclusione trova applicazione dal periodo di imposta in corso al 4.7.2006. La nor-ma si applica ai soggetti Ires, nonché ai titolari di

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Il Sole 24 ORE 11. Imposte sui redditi

141Febbraio 2015

reddito di impresa ai fini Irpef; dal punto di vista oggettivo, anche ai beni acquistati in precedenti periodi di imposta. Non è pertanto possibile pro-seguire l’ammortamento anticipato iniziato nel periodo d’imposta precedente in relazione a tali beni (C.M. 28/E/2006). In seguito alle variazioni apportate al citato art. 164 dal D.L. 262/2006, l’esclusione ha valore, nella pratica, solo per agen-ti e rappresentanti di commercio.

Ai sensi dell’art. 102, co. 7, D.P.R. 917/1986, come modif. dall’art. 36, co. 6-bis, D.L. 223/2006, per poter dedurre i canoni di leasing aventi ad oggetto autovetture e mezzi di traspor-to a deducibilità limitata (art. 164, co. 1, lett. b), D.P.R. 917/1986), il contratto di locazione finan-ziaria deve avere una durata non inferiore al perio-do di ammortamento corrispondente all’applica-zione delle aliquote di cui al D.M. 31.12.1998 al costo del bene (pari a 4 anni), e non la metà del periodo di ammortamento, come in precedenza stabilito. La citata disciplina trova applicazione ai contratti stipulati a decorrere dal 12.8.2006 (data di entrata in vigore della L. 11.8.2006, n. 248, di conversione del citato decreto legge). Per effetto delle modifiche dell’art. 164, D.P.R. 917/1986 apportate dal D.L. 81/2007, conv. con modif. dalla L. 127/2007, dal periodo d’imposta in corso al 27.6.2007, i canoni di leasing di autovetture sono deducibili nella misura del 40% sia per le imprese che per i professionisti. Tale percentuale rimane pari all’80% per agenti e rappresentanti di commercio. In relazione al periodo d’imposta in corso al 3.10.2006, la suddetta percentuale di deducibilità è ridotta al 20% per le imprese e al 30% per i professionisti.

Dall’esercizio in corso al 31.12.1997 sono esclusi dai limiti di deducibilità gli autoveicoli per il trasporto promiscuo di persone e cose (art. 54, lett. c), D.Lgs. 30.4.1992, n. 285 - Nuovo Codi-ce Stradale). I costi possono essere dedotti senza limiti purché tali veicoli siano oggettivamente ed effettivamente destinati al trasporto promiscuo di persone e cose (non è sufficiente l’immatri-colazione); vedi, però, di seguito. Il coefficiente di ammortamento previsto è pari al 25% (R.M. 29.7.1999, n. 129/E).

Con il Provv. Ag. Entrate 6.12.2006 sono stati

individuati i veicoli che, a prescindere dalla cate-goria di omologazione, risultano da adattamenti che non ne impediscono l’utilizzo per il traspor-to privato di persone, ai sensi dell’art. 35, co. 11, D.L. 4.7.2006, n. 223, conv. con modif. dalla L. 4.8.2006, n. 248 [CFF ➋ 6136]. Si tratta di quei vei-coli che, anche se immatricolati o reimmatricolati come N1, hanno un codice di carrozzeria F0, quat-tro o più posti e il rapporto tra la potenza del moto-re (Pt) (espressa in Kw) e la portata del veicolo (P), ottenuta quale differenza tra la massa complessiva (Mc) e la tara (T) (espressa in tonnellate), è uguale o superiore a 180. La formula da utilizzare per la determinazione del valore di riferimento è: I = Pt : (Mc – T) > 180. Tali veicoli devono essere as-soggettati al regime proprio degli autoveicoli di cui all’art. 164, co. 1, lett. b), D.P.R. 917/1986 [CFF ➋

5264], con conseguente indeducibilità (salvo che si tratti di veicoli strumentali).

Auto assegnate ai dipendenti

La deducibilità dei costi relativi varia in base all’utilizzo:a) esclusivamente personale: l’impresa può de-

durre solo un costo pari al compenso in na-tura (determinato in base al valore normale del bene); tale utilizzo deve risultare da idonea documentazione (es. clausola nel contratto di lavoro – C.M. 10.2.1998, n. 48/E);

b) promiscuo: dal periodo d’imposta in corso al 26.7.2007, le imprese possono dedurre al 90% (65% per il periodo in corso al 3.10.2006), senza alcun limite di costo dell’auto, i costi in caso di assegnazione di auto ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta. In caso di assegnazione al dipendente per meno della metà del periodo d’imposta, le imprese possono dedurre i costi relativi all’auto (effet-tivamente sostenuti) quali costi del personale nel limite dell’importo che concorre alla for-mazione del reddito del lavoratore dipendente (fringe benefit); i costi eccedenti il fringe benefit, invece, sono deducibili al 40% (20% per il pe-riodo d’imposta in corso al 3.10.2006);

c) esclusivamente aziendale: si applicano le rego-le generali.

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

142 Febbraio 2015

La percentuale di deducibilità (90%) delle spe-se inerenti agli autoveicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti si applica sull’intero ammontare dei costi riportati in bilanci e non al netto di quanto imputato a titolo di fringe benefit in capo al di-pendente. Inoltre, la plusvalenza conseguente alla cessione di un autoveicolo riscattato a seguito di leasing rileva fiscalmente in misura pari al rappor-to tra canoni dedotti e canoni complessivamente dovuti.

Auto assegnate agli amministratori

In caso di assegnazione di un’autovettura all’amministratore di una società, le spese ecce-denti il fringe benefit sono deducibili nella mi-sura del 40% a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 27.6.2007, e del 20% per il periodo d’imposta in corso al 3.10.2006, fermo restando la deduzione di un importo pari al fringe benefit come spesa per prestazione di lavoro, sempreché tali spese siano state effettivamente sostenute. Nel caso in cui un dipendente rivesta, per lo stesso pe-riodo d’imposta, anche la carica di amministrato-re, e che tale ufficio rientri nei compiti istituzio-nali compresi nell’attività di lavoro dipendente, ai fini della deduzione dei costi dei veicoli da parte delle imprese trova applicazione, ricorrendone la condizione temporale dell’assegnazione per la maggior parte del periodo d’imposta, il limite del 90% (65% per il 2006) di cui all’art. 164, co. 1, lett. b-bis), D.P.R. 917/1986.

Telefoni portatili e radiotelefoni

Quote di ammortamento, canoni di locazio-ne/noleggio e leasing, spese di impiego e ma-nutenzione sono deducibili all’80% (50% fino al periodo d’imposta in corso al 31.12.2006). Dall’1.1.2000 gli oneri relativi ad impianti di telefonia fissa installati sui veicoli adibiti al tra-sporto di merci (cosiddetti telefoni veicolari) sono deducibili al 100% da parte dell’impresa di tra-sporto (art. 102, co. 9, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋

5202]); tali telefoni non devono essere suscettibili di diverso utilizzo (C.M. 29.12.1999, n. 247/E) anche attraverso particolari accorgimenti tecnici

(es. disabilitazione alle telefonate esterne alla so-cietà – Nota D.R.E. Liguria 25.2.1999, n. 8448). Dall’1.1.2002 le quote di ammortamento, cano-ni di locazione (anche finanziaria), noleggio e le spese di impiego e manutenzione relativi a cellu-lari veicolari installati su veicoli per il trasporto di merci da parte di imprese di trasporto sono integralmente deducibili con il limite di un so-lo cellulare per ciascun veicolo (art. 15, co. 2, L. 448/2001).

Con riferimento al caso di una società che è chiamata ad operare in qualità di mandatario senza rappresentanza per l’acquisto di servizi di telefonia in nome proprio e per conto delle so-cietà del gruppo cui appartiene, l’Agenzia precisa, con la R.M. 21.7.2008, n. 309/E, che la società mandataria, non essendo gravata del costo rela-tivo alle spese telefoniche sostenute nell’interesse delle altre società del proprio gruppo, non subisce la limitazione alla deducibilità prevista dall’art. 102, u.c., D.P.R. 917/1986, che invece troverà applicazione in capo alle società mandanti. Infat-ti, nel mandato all’acquisto trova applicazione la regola secondo la quale il mandante è il soggetto che sopporta effettivamente il costo di acquisto solo provvisoriamente sostenuto dal mandatario; solamente per il mandante, quindi, tale costo co-stituisce un componente negativo che può essere portato in deduzione dal reddito d’impresa.

Secondo la R.M. 24.7.2008, n. 320/E nel caso di apparecchiature terminali che non possono es-sere utilizzate, per le loro caratteristiche tecniche, per finalità diverse da quelle esclusivamente im-prenditoriali (nel caso di specie, linee telefoniche dedicate, tecnologicamente non accessibili dall’e-sterno, impiegate in via esclusiva per la trasmissio-ne alle banche clienti della società contribuente dei dati necessari per l’erogazione dei servizi bancari), i relativi costi sono deducibili secondo le ordinarie regole in materia di determinazione del reddito d’impresa. Tali apparecchiature, infatti, non rien-trano nel campo di applicazione dell’art. 102, co. 9, D.P.R. 22.12.1986, n. 917 – che limita all’80% la deducibilità dei costi relativi ad apparecchiature terminali, per i servizi di comunicazione elettro-nica ad uso pubblico – perché non sussiste alcuna possibilità di utilizzarle differentemente rispetto

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Il Sole 24 ORE 11. Imposte sui redditi

143Febbraio 2015

alle finalità imprenditoriali. In tal caso, quindi, i componenti negativi relativi alle apparecchiature saranno deducibili in base ai criteri generali, in quanto prevale il principio di inerenza rispetto alla norma antievasiva di cui all’art. 102, co. 9, D.P.R. 917/1986, la cui applicazione, in ipotesi come queste, presenterebbe profili di irrazionalità non giustificabili.

Sono deducibili nella misura dell’80% solo le spese sostenute per l’acquisto di modem o rou-ter Adsl (e per l’eventuale acquisto del software specifico); i costi relativi al computer sono in-vece deducibili secondo i criteri ordinari (R.M. 17.5.2007, n. 104/E).

Beni immobili ad uso promiscuo

È deducibile il 50% della rendita catastale per quelli di proprietà o del canone di affitto o di le-asing purché non si disponga di altro immobile adibito esclusivamente all’esercizio di impresa.

Spese relative a più esercizi

Sono costituite da spese per studi, ricerche, pubblicità, propaganda, (dal 2.3.1989) rappre-sentanza, di impianto, ecc. I costi di organizzazio-ne aziendale la cui utilità futura è incerta possono essere integralmente dedotti anziché capitalizzati (Principio contabile n. 24 e Nota D.R.E. Lom-bardia 20.4.1999).

Spese relative a studi e ricerche

Sono deducibili integralmente nell’esercizio in cui sono sostenute oppure: al 50% in tale eserci-zio e nel seguente; al 33% nell’esercizio e nei due seguenti; al 25% nell’esercizio e nei tre seguenti; al 20% nell’esercizio e nei quattro seguenti.

Le quote di ammortamento dei beni acquisiti per effetto di tali spese sono calcolate sulla base del loro costo diminuito delle eventuali deduzioni già effettuate.

Spese di pubblicità e propaganda

Sono deducibili per intero nell’esercizio in cui

sono sostenute o in quote costanti di 1/5 in ta-le esercizio e nei 4 successivi. Dal 2002 le spese di pubblicità sostenute da aziende farmaceutiche attraverso convegni e congressi sono deducibili al 20%, purché l’azienda abbia ottenuto la prescritta autorizzazione ministeriale alla partecipazione al convegno (art. 2, co. 5 e 6, L. 448/2001).

Le spese di pubblicità sono spese finalizzate a diffondere il nome e l’immagine dei prodotti dell’impresa e quindi ad incrementarne la vendita.

Le spese sostenute da una società per orga-nizzare spettacoli circensi e cene a buffet a favore dei potenziali clienti nell’ambito di una manife-stazione fieristica sono qualificabili come spese di pubblicità, in quanto sono inerenti all’attività d’impresa ed hanno finalità promozionali della produzione specifica dell’azienda e della sua im-magine (R.M. 2.10.2002, n. 316/E).

Spese di sponsorizzazione

Rientrano fra le spese di pubblicità. In base al contratto di sponsorizzazione l’impresa sponso-rizzatrice versa una somma in denaro o fornisce una prestazione in natura per ottenere dal sogget-to sponsorizzato (es. squadra di calcio) l’impegno a pubblicizzare il prodotto, il marchio, i servizi o comunque l’attività dell’impresa stessa (R.M. 17.6.1992, n. 9/204). Normalmente consistono in prestazioni continuate e periodiche, per cui il relativo costo va iscritto per quote di competenza (art. 109, co. 2, lett. b) [CFF ➋ 5209]) eventualmen-te da ripartire in 5 esercizi (Associaz. dott. comm. di Milano, n. 143). Le somme erogate per il finan-ziamento di un progetto umanitario costituiscono un costo interamente deducibile dal reddito d’im-presa, a condizione che le stesse siano state soste-nute in dipendenza di un particolare contratto di sponsorizzazione e siano direttamente connesse alla particolare attività pubblicitaria in concreto esercitata (Ris. Ag. Entrate 14.11.2002, n. 356).

Spese di rappresentanza

Dall’1.1.2008, per espressa previsione dell’art. 1, co. 33, lett. p), L. 244/2007 le spese di rappre-sentanza, con decorrenza dal periodo d’imposta

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

144 Febbraio 2015

in corso al 31.12.2007 e dunque dal 2008 per i soggetti che hanno l’esercizio sociale coincidente con l’anno solare, sono deducibili non più limita-tamente ad 1/3 e non più per quote costanti ma, per intero, nel periodo di sostenimento, se rispon-denti ai requisiti di inerenza e congruità stabiliti con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanza. In sostanza, il nuovo decreto dovrà in-dividuare i requisiti di inerenza e congruità anche in funzione della natura e della destinazione del-le spese di rappresentanza, del volume dei ricavi, dell’attività caratteristica dell’impresa e dell’attivi-tà internazionale dell’impresa.

Il D.M. 19.11.2008 stabilisce i nuovi criteri di individuazione e i limiti di deducibilità delle spese di rappresentanza in attuazione dell’art. 108, co. 2, D.P.R. 917/1986, applicabili alle spese soste-nute dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2007 (2008 per gli esercizi solari). Si considerano inerenti, se sostenute e documen-tate, le spese per erogazioni gratuite di beni e ser-vizi, effettuate per fini promozionali o di pubbli-che relazioni il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione di generare benefici economici o il cui sostenimento sia coerente con pratiche commerciali di settore. Costituiscono, comunque, spese di rappresentanza: le spese per viaggi turistici in occasione dei quali siano pro-grammate e svolte significative attività promozio-nali dei beni o servizi la cui produzione o il cui scambio costituisce oggetto dell’attività caratteri-stica dell’impresa; le spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati per ricorrenze aziendali o festività; le spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento orga-nizzati per l’inaugurazione di nuove sedi, uffici o stabilimenti dell’impresa; le spese per feste, rice-vimenti e altri eventi di intrattenimento organiz-zati per mostre, fiere, ed eventi simili in cui sono esposti i beni e servizi prodotti dall’impresa; ogni altra spesa per beni e servizi distribuiti o erogati gratuitamente, compresi i contributi erogati gra-tuitamente per convegni, seminari e manifestazio-ni simili il cui sostenimento risponda ai criteri di inerenza.

Le suddette spese, deducibili nel periodo d’im-posta di sostenimento, sono calcolate sull’ammon-

tare di ricavi e proventi della gestione caratteristi-ca dell’impresa come risultano dalla dichiarazione dei redditi relativa allo stesso periodo d’imposta, in misura pari a:

● 1,3% dei ricavi e proventi fino a � 10 milioni; ● 0,5% dei ricavi e proventi per la parte ecceden-

te � 10 milioni e fino a � 50 milioni; ● 0,1% dei ricavi e proventi per la parte ecceden-

te � 50 milioni.Per il calcolo dell’importo deducibile non si

considerano le spese relative a beni devoluti gra-tuitamente di valore unitario non superiore a � 50, che sono interamente deducibili.

La C.M. 13.7.2009, n. 34/E fornisce i seguen-ti chiarimenti in merito alla deducibilità delle spe-se di rappresentanza dal reddito d’impresa.

Requisiti delle spese di rappresentanza: i re-quisiti che caratterizzano le spese di rappresentan-za sono la gratuità, le finalità promozionali o di pubbliche relazioni, la ragionevolezza e la coeren-za con le pratiche commerciali di settore.

Limite di congruità: qualora la somma soste-nuta nell’esercizio per le spese di rappresentanza non superi il limite di congruità fissato dal D.M. 19.11.2008, la differenza non può incrementare il plafond di deducibilità del periodo d’imposta successivo.

Spese di rappresentanza sostenute da imprese organizzatrici: le spese sostenute da imprese or-ganizzatrici di eventi (ad es. fiere e mostre) per l’ospitalità di personalità del settore, che possono costituire un richiamo per la manifestazione, so-no considerati costi pertinenti all’organizzazione e, quindi, interamente deducibili.

Documentazione richiesta: ai fini della dedu-zione delle spese di rappresentanza, la documen-tazione richiesta, a pena di decadenza dal diritto alla deduzione medesima, deve dimostrare la cor-relazione esistente tra la spesa sostenuta a favore dei clienti (anche potenziali) e la loro partecipa-zione all’evento promozionale.

Regolarizzazione Iva: i contribuenti che, in at-tesa del D.M. 19.11.2008, avevano detratto l’Iva relativa alle spese per le quali il citato D.M. non ha più consentito tale detrazione, hanno la possi-bilità di conguagliare detta detrazione in sede di

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Il Sole 24 ORE 11. Imposte sui redditi

145Febbraio 2015

dichiarazione annuale Iva, senza applicazione di interessi e sanzioni.

Variazioni in dichiarazione dei redditi: atteso che le spese di rappresentanza sono deducibili nel limite previsto solo nel periodo d’imposta in cui sono state sostenute, in sede di dichiarazione dei redditi va effettuata una variazione in aumento di importo pari al totale delle spese contabilizzate nel conto economico dell’esercizio e una varia-zione in diminuzione di importo pari alle spese ammesse in deduzione.

Omaggi

La Finanziaria 2008 (art. 1, co. 33, lett. p), L. 244/2007) eleva da � 25,82 ad � 50 il limite di deducibilità delle spese relative a beni distribuiti gratuitamente. Il valore di � 50 va considerato unitariamente e con riferimento alle singole com-ponenti. Non sono comunque spese di rappresen-tanza gli omaggi ricevuti contestualmente all’ac-quisto di una certa quantità di beni o servizi (si tratta di sconti in natura).

Altre spese relative a più esercizi

Le altre spese relative a più esercizi (impian-to e ampliamento escluso il valore di avviamen-to, studi e ricerche, spese di pubblicità con effetti per più esercizi) diverse da quelle indicate ai punti precedenti sono deducibili nei limiti della quota imputabile a ciascun esercizio.

Le spese relative a più esercizi su immobili non di proprietà ma inerenti all’esercizio d’impresa (es.: ristrutturazione o manutenzione straordina-ria su un immobile condotto in leasing, locazione, ecc.) sono deducibili nel limite della quota impu-tabile a ciascun esercizio (art. 108, co. 3, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5208], C.M. 27.5.1994, n. 73/E).

Le spese relative a più esercizi di cui all’art. 108, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5208] e quelle di impianto, sostenute da imprese di nuova costituzione, sono deducibili, secondo le regole soprariportate, solo a partire dall’esercizio in cui si conseguono i primi ricavi.

Le spese di locazione sostenute anteriormente

al conseguimento dei primi ricavi non rappresen-tano costi pluriennali e vanno imputate all’eserci-zio di sostenimento (R.M. 19.5.1983, n. 9/131).

Costi generali deducibili

Anche sui costi generali (cioè quelli non di-rettamente imputabili ad un tipo di prodotto o processo produttivo) si applicano regole analoghe a quelle degli interessi passivi.

In primo luogo i costi generali non sono dedu-cibili per un ammontare pari agli interessi attivi e proventi esenti maturati dal 19.9.1992 che ecce-dono gli interessi passivi (norma in vigore dall’e-sercizio in corso al 19.9.1992, per effetto dell’art. 13-bis, D.L. 384/1992, conv. con L. 438/1992). Il pro-rata (= rapporto) di indeducibilità previsto anche per gli interessi passivi si applica ai costi ge-nerali eccedenti, ma senza tenere conto tra i ricavi esenti dei redditi derivanti dai titoli esenti e quote di fondi comuni mobiliari chiusi per la parte che ha già neutralizzato interessi passivi e/o spese ge-nerali. Non rientrano tra i costi generali gli one-ri tributari e contributivi (art. 99 [CFF ➋ 5199]) e quelli di utilità sociale (art. 100 [CFF ➋ 5200]).

Per individuare correttamente l’esercizio fisca-le di competenza dei ricavi e dei costi derivanti dall’attivazione di servizi telefonici è necessario avere riguardo alla data di ultimazione della pre-stazione, ai sensi del co. 2, lett. b), dell’art. 109, D.P.R. 917/1986.

In particolare, tali costi, essendo direttamente correlati ai ricavi che derivano da tali prestazio-ni, sono deducibili nel medesimo periodo d’im-posta in cui rilevano, dal punto di vista fiscale, i ricavi relativi all’attivazione delle linee telefoniche (R.M. 9.8.2007, n. 217/E).

Prestazioni alberghiere e di somministra-

zione di alimenti e bevande

Dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2008 (2009 per gli esercizi solari) tali spese sono deducibili, ai fini del reddito d’im-presa, nella misura del 75% (nuovo art. 109, co. 5, D.P.R. 917/1986) e, ai fini del reddito di lavoro

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

146 Febbraio 2015

autonomo, sempre nella misura del 75% e, co-munque, per un importo totale non superiore al 2% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta (nuovo art. 54, co. 5, D.P.R. 917/1986).

L’Agenzia delle Entrate, con la C.M. 5.9.2008, n. 53/E, fornisce chiarimenti in merito alla de-traibilità Iva e alla deducibilità dei costi relativi a prestazioni alberghiere e di ristorazione con ri-ferimento alle novità introdotte dall’art. 83, co. 28-bis – 28-quater, D.L. 112/2008, conv. dalla L. 133/2008.

Si ricorda che la nuova disciplina Iva si applica alle prestazioni effettuate dall’1.9.2008, mentre la nuova disciplina ai fini delle imposte dirette si ap-plica dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2008 (2009 per gli esercizi solari), anche se i nuovi limiti di deducibilità rilevano per il calcolo degli acconti dovuti per il 2009.

Con riferimento sia al reddito di lavoro auto-nomo (art. 54, co. 5, D.P.R. 917/1986) che al red-dito d’impresa (art. 109, co. 5, D.P.R. 917/1986), il limite di deducibilità pari al 75% (e in ogni caso per un importo non superiore al 2% dei compensi percepiti relativamente al reddito di lavoro auto-nomo) trova applicazione anche nel caso in cui tali costi si configurino come spese di rappresen-tanza.

Tuttavia, con riferimento al reddito di lavoro autonomo, se i costi sono assimilabili alle spese di rappresentanza devono rispettare anche l’ulte-riore condizione di deducibilità nei limiti dell’1% dei compensi percepiti, mentre con riferimento al reddito d’impresa, gli stessi costi devono essere deducibili in base ai criteri di cui all’art. 108, co. 2, D.P.R. 917/1986, vale a dire inerenza e con-gruità.

Il limite di deducibilità del 75% non si applica alle spese di vitto e alloggio sostenute dal com-mittente per conto del professionista e da questi addebitate in fattura e a quelle sostenute dal da-tore di lavoro per le trasferte dei dipendenti o dei co.co.co.

La C.M. 3.3.2009, n. 6/E ha precisato che la deduzione è, invece, integrale per le spese delle mense aziendali, a prescindere dalle modalità di gestione delle mense stesse: gestioni dirette (inter-

ne o in appalto), sulla base di convenzioni con ri-storanti o mediante l’utilizzo dei ticket restaurant. La deduzione è piena anche per le spese sostenu-te dai tour operator e dalle agenzie di viaggi per l’acquisto di prestazioni alberghiere e di sommini-strazione di alimenti e bevande destinate ai propri clienti finali.

Secondo la R.M. 31.3.2009, n. 84/E nel caso in cui il contribuente abbia deciso di non detrarre l’Iva relativa a prestazioni alberghiere e di ristora-zione, pur in possesso di fattura o di un documen-to in cui la stessa non risulti indicata, non può de-durre ai fini Ires e Irap tale imposta non detratta.

La R.M. 18.8.2009, n. 225/E precisa che so-no deducibili nel limite del 75% come previsto dall’art. 109, co. 5, D.P.R. 917/1986, le spese per ospitalità alberghiera e di ristorazione, sostenute da una società a favore dei propri clienti, pur rap-presentando, unitamente al costo del personale, circa il 10% del valore della produzione.

Contributi previdenziali Inps ed Enasarco

Se effettivamente versati nell’anno, sono dedu-cibili in sede di dichiarazione dei redditi dal red-dito complessivo (e non quindi dal reddito d’im-presa) ai sensi dell’art. 10, co. 1, lett. e), D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5110].

I contributi Enasarco sono versati in ottem-peranza a disposizioni di legge e, di conseguenza, vanno indicati quali contributi previdenziali e as-sistenziali obbligatori nella sezione II (oneri dedu-cibili dal reddito complessivo) del quadro RP del modello Unico – Persone fisiche.

Ai fini contabili, in regime di contabilità ordi-naria, per il rilevamento dei contributi Enasarco si ritiene corretto lo storno al conto «Prelievi del titolare»

11.5 Studi di settore

Gli studi di settore, elaborati mediante anali-si economiche e tecniche statistico-matematiche, consentono di stimare i ricavi o i compensi che possono essere attribuiti al contribuente. Indi-viduato, a tal fine, le relazioni esistenti tra le va-

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Il Sole 24 ORE 11. Imposte sui redditi

147Febbraio 2015

riabili strutturali e contabili delle imprese e dei lavoratori autonomi con riferimento a settore economico di appartenenza, ai processi produttivi utilizzati, all’organizzazione, ai prodotti e servizi oggetto dell’attività, alla localizzazione geografi-ca e agli altri elementi significativi (ad esempio area di vendita, andamento della domanda, livel-lo dei prezzi, concorrenza, ecc.). Gli studi settore sono utilizzati dal contribuente per verificare, in fase dichiarativa, il posizionamento rispetto alla

congruità (il contribuente è congruo se i ricavi o i compensi dichiarati sono uguali o superiori a quelli stimati dallo studio, tenuto conto delle risultanze derivanti dall’applicazione degli indica-tori di normalità economica) e alla coerenza (la coerenza misura il comportamento del contri-buente rispetto ai valori indicatori economici pre-determinati, per ciascuna attività, dallo studio di settore), e dall’Amministrazione finanziare quale ausilio all’attività di controllo.

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148 Febbraio 2015

12. Ritenute d’acconto

sulle provvigioni

di Mario Jannaccone

12.1 Soggetti obbligati ed esclusi

dall’effettuazione della ritenuta

Innanzitutto è da evidenziare che il sostitu-to d’imposta è colui che la normativa tributaria sostituisce al soggetto passivo nei rapporti con l’Amministrazione finanziaria. L’art. 64, co. 1, D.P.R. 600/1973, definisce sostituto d’imposta «chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamenti imposte in luogo di altri, per fatti o situa-zioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto».

L’art. 25-bis, co. 1, D.P.R. 600/1973 indivi-dua i soggetti, elencati nell’art. 23, co. 1, D.P.R. 600/1973, obbligati ad effettuare la ritenuta a ti-tolo di acconto dell’Irpef o dell’Ires, all’atto del pagamento delle provvigioni all’agente o rappre-sentante di commercio:

● società ed enti di cui all’art. 73, co. 1, D.P.R. 917/1986. Si tratta di:

– società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, so-cietà cooperative e società di mutua assicu-razione residenti in Italia;

– enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti in Italia, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;

– enti pubblici e privati diversi dalle socie-tà, residenti in Italia, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;

– società ed enti di ogni tipo, con o senza per-sonalità giuridica, non residenti in Italia;

● società ed associazioni di cui all’art. 5, D.P.R. 917/1986. Si tratta di:

– società semplici, in nome collettivo e in ac-comandita semplice residenti in Italia;

– società di armamento, società di fatto ed associazioni senza personalità giuridica co-stituite tra persone fisiche per l’esercizio di arti e professioni;

● persone fisiche che esercitano attività d’impre-sa o di lavoro autonomo.Sono escluse dall’effettuare la ritenuta le im-

prese agricole per le provvigioni corrisposte ad agenti di prodotti agricoli.

La ritenuta a titolo di acconto si applica sulle provvigioni per le prestazioni anche occasionali relative a rapporti di commissione, agenzia, me-diazione, rappresentanza di commercio, procac-ciamento di affari. Non sono da ricomprendere nell’ambito di applicazione della ritenuta le prov-vigioni percepite a fronte di un’attività svolta per conto terzi ma che non rientra fra le attività spe-cifiche relative ai rapporti sopra elencati. È il caso, ad esempio, dei compensi percepiti dall’agente in diretta e specifica relazione all’attività di deposita-rio (C.M. 10.6.1983, n. 24/8/845).

Sono esclusi dalla ritenuta i seguenti soggetti: ● agenti e concessionari di pubblicità. Si tratta di

agenzie di pubblicità «a servizio completo» che svolgono attività di assistenza e consulenza di progettazione, amministrazione di campagne complete di pubblicità per conto terzi, consu-lenza di marketing, assistenza nell’acquisto di spazi o tempi pubblicitari, assistenza e consu-lenza nella creazione di pubblicità e nella ge-stione del budget;

● agenzie di viaggio e turistiche; ● rivenditori autorizzati di documenti di viaggio

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Il Sole 24 ORE 12. Ritenute d’acconto sulle provvigioni

149Febbraio 2015

relativi ai trasporti di persone; ● soggetti che esercitano attività di distribuzione

di pellicole cinematografiche; ● agenti di assicurazione per le prestazioni rese

direttamente alle imprese di assicurazione (so-no invece soggetti alla ritenuta gli agenti che effettuano prestazioni a favore di altri agenti e quindi non direttamente alle imprese di assi-curazione);

● mediatori di assicurazione per i loro rapporti con le imprese di assicurazione e con gli agenti generali delle imprese di assicurazione pubbli-che o delle loro controllate che rendono pre-stazioni direttamente alle imprese di assicura-zione in regime di reciproca esclusiva;

– aziende ed istituti di credito e società fi-nanziarie e di locazione finanziaria per le prestazioni rese nell’esercizio delle attività di collocamento e di compravendita di titoli, di valute, nonché di raccolta e di finanziamento;

– agenti raccomandatari e mediatori maritti-mi. Si tratta di intermediari che promuo-vono e concludono contratti di trasporto e altre attività proprie dei due settori quali l’assistenza al comandante nei confronti delle autorità locali o di terzi, la ricezione o consegna delle merci, le operazioni di im-barco e sbarco dei passeggeri, l’acquisizione di noli, la conclusione di contratti di tra-sporto per merci e passeggeri con rilascio dei relativi documenti;

– mediatori aerei; – agenti e commissionari di imprese petroli-

fere per le prestazioni ad esse rese diretta-mente;

– mediatori e rappresentanti di produttori agricoli ed ittici e di imprese esercenti la pesca marittima;

– commissionari che operano nei mercati or-toflorofrutticoli, ittici e di bestiame;

– consorzi e cooperative tra imprese agricole, commerciali ed artigiane non aventi finali-tà di lucro.

12.2 Base imponibile

La ritenuta di acconto si applica sulla provvi-

gione, al netto di Iva e al lordo della trattenuta Enasarco, costituita dai compensi che sono stati percepiti a titolo di:

● provvigione; ● eventuale sopraprezzo (derivante dall’ecceden-

za tra il prezzo della merce fissato dalla man-dante e quello di vendita ottenuto dall’agente);

● somma percepita dall’agente o rappresentante di commercio nel caso in cui la mandante con-cluda direttamente affari nella zona di esclusi-va dell’agente o rappresentante;

● corrispettivi o proventi in natura. La valuta-zione va fatta in base al valore normale per la cui determinazione si fa riferimento a listini e tariffe del soggetto che ha fornito i beni, mer-curiali e listini delle Camere di Commercio; tariffe professionali;

● ogni altro compenso relativo all’attività presta-ta, tra cui rimborsi spese ad esclusione di quelli anticipati per conto della mandante.

12.3 Misura della ritenuta d’acconto

A partire dall’1.1.2001, l’aliquota della ritenu-ta è pari al 23% e va operata:

● sul 50% dell’ammontare delle provvigioni; ● sul 20% dell’ammontare delle provvigioni

qualora l’agente o rappresentante dichiari alla casa mandante di avvalersi in via continuativa dell’opera di dipendenti o di terzi.

12.4 Comunicazione della ritenuta

ridotta: novità

Il D.Lgs. 21.11.2014, n. 175 (decreto sempli-ficazioni fiscali), in vigore dal 13.12.2014, ha in-trodotto, per agenti e rappresentanti di commer-cio, la validità pluriennale della comunicazione presentata per la richiesta della ritenuta d’accon-to ridotta, prevista dall’art. 25-bis, co. 2, D.P.R. 600/1973 per l’utilizzo, in via continuativa, di personale dipendente o di terzi. Prima del D.Lgs. 175/2014, per poter fruire di tale beneficio, gli agenti e rappresentanti di commercio dovevano spedire alla casa mandante (tramite raccomandata con ricevuta di ritorno), entro il 31 dicembre di

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

150 Febbraio 2015

ciascun anno solare ed aveva valore per l’anno suc-cessivo (entro il 31.12.2013 per il 2014). Dall’en-trata in vigore della nuova disposizione normati-va, la comunicazione può essere inviata una sola volta e può avere validità pluriennale fino a revoca o fino alla perdita dei requisiti che consentono l’applicazione dell’aliquota ridotta. Si consente la trasmissione anche tramite posta elettronica cer-tificata (Pec) della predetta comunicazione, che dovrà contenere i seguenti elementi:

● data;

● dati identificativi dell’agente o rappresentante; ● attestazione di avvalersi in via continuativa di

dipendenti o di terzi; ● sottoscrizione del dichiarante.

La nuova normativa, infine, prevede che in caso di omissione della comunicazione relativa alla perdita dei requisiti viene irrogata la sanzione amministrativa da un minimo di � 258 ad un massimo di � 2.065.

Si veda di seguito un fac-simile di comunica-zione da inviare alla casa mandante.

12.5 Riduzione delle base imponibile

al 20%

In base a quanto stabilito dal D.M. 16.4.1983, in relazione alla riduzione al 20% della base impo-nibile su cui calcolare la ritenuta, si considerano:

● dipendenti, i soggetti che prestano nell’im-presa la loro attività lavorativa, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione dell’agente;

● terzi collaboratori: – i soggetti che, senza vincoli di subordina-

zione, collaborano con l’agente quali gli agenti, i subagenti, i mediatori, i procac-ciatori di affari, i produttori e altre figure similari;

– i collaboratori dell’impresa familiare impie-gati nell’esercizio dell’attività commerciale dell’agente;

– gli associati delle associazioni in partecipa-zione quando il loro apporto è costituito esclusivamente dalla prestazione di lavoro.

Il requisito della continuità sussiste qualora l’agente o il rappresentante si avvalga, per la pre-

Fac-simile di dichiarazione per l’applicazione della ritenuta ridotta

Spett.le Ditta ...........................................................................................................................................................

Il sottoscritto ................................................... nato a ................................ il .................................. residente a .......................................... in Via ................................................... n. ......., codice fiscale .............................., partita Iva .................... iscrizione Registro Imprese n. ............., REA C.C.I.A.A. di ............................. n .........................., PEC n. ............................

Dichiara

sotto la propria responsabilità, con la presente, che per lo svolgimento della propria attività di ............................................. si avvale dell’opera di dipendenti e/o di collaboratori familiari esterni.Pertanto, chiede l’applicazione della ritenuta d’acconto sul 20% dell’imponibile delle provvigioni spettanti-Inoltre, dichiara che qualora le suddette condizioni venissero a mutare, ne darà comunicazione tempestivamen-te.

Luogo e data Firma ................................................... ...................................................

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Il Sole 24 ORE 12. Ritenute d’acconto sulle provvigioni

151Febbraio 2015

valente parte dell’anno, dei suddetti dipendenti o terzi, anche se non sono le stesse persone, oppu-re, se gli stessi si avvalgono dei soli terzi, quando abbiano sostenuto, nel periodo d’imposta prece-dente, costi per provvigioni in misura superiore al 30% dell’ammontare complessivo delle provvi-gioni dagli stessi percepite e imputabili al periodo.

In caso di prestazioni occasionali per attività le cui provvigioni sono soggette a ritenuta di accon-to, il percipiente la provvigione deve presentare la dichiarazione suddetta non oltre il termine in cui, per disposizioni normative, accordi contrattuali o usi, le operazioni dalle quali conseguono le prov-vigioni da assoggettare a ritenuta si considerano concluse. Tuttavia, tenuto conto dell’occasionalità della prestazione, la minore ritenuta sulle prov-vigioni potrà essere applicata anche se la relativa dichiarazione, presentata successivamente alla conclusione dell’operazione, perviene al sostituto d’imposta prima del pagamento delle provvigioni.

12.6 Momento di effettuazione

della ritenuta e modalità

di versamento

La ritenuta va operata all’atto del pagamento della provvigione secondo il principio di cassa. L’importo va versato entro il giorno 16 del mese successivo a quello di pagamento del compenso utilizzando il nuovo modello di pagamento uni-ficato F24 (in euro) presso qualsiasi agente della riscossione, sportello bancario o agenzia postale.

Si ricorda che sono assoggettati alla ritenuta anche gli acconti e le anticipazioni della provvi-gione stessa, anche se gli stessi, in base al principio di competenza, non sono da ricomprendere tra i componenti positivi che concorrono alla determi-nazione del reddito di impresa nel periodo di im-posta in cui vengono percepiti. Infatti, in base al principio di competenza, per la contabilizzazione delle provvigioni, a fine esercizio andranno ripor-tati a bilancio gli eventuali risconti attivi e passivi derivanti rispettivamente da:

● provvigioni non maturate (o comunque non ancora imputabili all’esercizio) e già liquidate in tutto o in parte (anticipi di provvigioni);

● provvigioni già maturate (e comunque impu-tabili all’esercizio) non ancora liquidate (o non ancora fatturate all’agente).Il codice tributo da utilizzare per il versamento

è: 1038 – Provvigioni per rapporti di commissio-ne, di agenzia, di mediazione e di rappresentanza di commercio.

Se l’agente o rappresentante di commercio, in seguito ad accordi contrattuali, trattiene diretta-mente la propria provvigione sulle somme da lui riscosse per conto della mandante, deve rimettere alla preponente l’importo corrispondente della ritenuta. Pertanto, il conteggio e la liquidazione della ritenuta va effettuato ad opera dell’agente o rappresentante che ha percepito la provvigione. La ritenuta va versata entro il giorno 16 del me-se successivo a quello in cui è stata trattenuta la provvigione.

In caso di errori nella determinazione dell’im-porto della ritenuta effettuata dall’agente o rap-presentante la casa mandante può tenerne conto effettuando la compensazione con i successivi versamenti. Tuttavia non è più possibile effettuare la predetta compensazione oltre il mese di marzo dell’anno successivo a quello in cui sono state trat-tenute le provvigioni dall’agente o rappresentante (art. 25-bis, co. 4, D.P.R. 600/1973).

12.7 Certificazione delle ritenute

Il soggetto che ha operato le ritenute (cd. sosti-tuto di imposta) deve rilasciare al percettore della provvigione (cd. sostituito di imposta) entro il 28 febbraio dell’anno successivo a quello in cui sono state effettuate le ritenute, un’apposita certifica-zione, per la quale non esiste uno specifico model-lo ministeriale, da cui risultino:

● l’ammontare delle somme corrisposte; ● l’indicazione della relativa causale; ● l’ammontare delle ritenute operate.

La certificazione non deve essere allegata alla dichiarazione dei redditi del soggetto che ha per-cepito le provvigioni, in quanto l’Amministrazio-ne finanziaria può desumere i dati dalla dichia-razione del sostituto di imposta. Ai sensi degli artt. 3 e 5, D.P.R. 600/1973, permane comunque

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Il Sole 24 OREAgenti e rappresentanti

152 Febbraio 2015

l’obbligo in capo al contribuente della sua con-servazione ed esibizione su richiesta della stessa Amministrazione finanziaria.

12.8 Scomputo per competenza

della ritenuta d’acconto

Ai sensi dell’art. 25-bis, co. 3, D.P.R. 600/1973, la ritenuta d’acconto sulle provvigioni è scomputata dall’imposta Irpef o Ires relativa al periodo di imposta di competenza a condizione che tale ritenuta sia già stata operata al momen-to della presentazione della dichiarazione annuale Mod. Unico.

Lo scomputo «per competenza» può essere effettuato solo dal percipiente che esercita per professione abituale, ancorché non esclusiva, una delle attività commerciali da cui deriva la corre-sponsione delle provvigioni soggette a ritenuta. Pertanto, il percipiente può scomputare per com-petenza le ritenute relative alle provvigioni impu-tabili al periodo di imposta precedente percepite nel periodo intercorrente tra la chiusura di tale periodo di imposta e il termine di scadenza per la presentazione della dichiarazione dei redditi affe-rente il periodo medesimo.

Le ritenute d’acconto vanno scomputate uni-camente per cassa (nel periodo, cioè, in cui è stata percepita la provvigione) in presenza di contri-buenti che esercitano attività occasionali.

In caso di ritenuta d’acconto operata succes-sivamente alla presentazione della dichiarazione annuale, la ritenuta d’acconto sarà scomputata dall’imposta Irpef o Ires relativa al periodo nel quale è stata operata. A titolo esemplificativo, con riferimento alle provvigioni di competenza del pe-riodo d’imposta 2013, si avrà che:

● le ritenute sulle provvigioni erogate nel 2013 sono scomputabili dall’imposta relativa ai red-diti del 2013;

● le ritenute sulle provvigioni erogate nel 2014 entro il termine di presentazione della dichia-

razione dei redditi dell’anno 2013, sono scom-putabili dall’imposta relativa ai redditi dell’an-no 2013;

● le ritenute sulle provvigioni erogate nel 2014 dopo che sia stata presentata la dichiarazione relativa ai redditi dell’anno 2013, si scompu-tano dall’imposta relativa ai redditi dell’anno 2014.Per i soggetti Ires il cui periodo d’imposta non

coincide con l’anno solare, le ritenute di acconto sono scomputate secondo i criteri sopra esposti, tenuto conto dei diversi termini in cui i soggetti stessi presentano la dichiarazione dei redditi.

L’Agenzia delle Entrate, con la R.M. 19.3.2009, n. 68/E, chiarisce i dubbi avanzati da numerosi contribuenti, sulla possibilità di scom-putare dall’Irpef le ritenute sui redditi d’impresa e di lavoro autonomo subite, in assenza della certi-ficazione rilasciata dal sostituto d’imposta.

In caso di controllo formale delle dichiarazio-ni dei redditi ex art. 36-ter, D.P.R. 600/1973, gli Uffici dell’Agenzia Entrate possono escludere in tutto o in parte lo scomputo delle ritenute d’ac-conto non risultanti, tra l’altro, dalle certifica-zioni richieste ai contribuenti. Nei casi in cui il contribuente non abbia ricevuto, nei termini di legge, dal sostituto d’imposta la certificazione del-le ritenute effettivamente subite, il contribuente medesimo per poter scomputare le ritenute può esibire la fattura e la relativa documentazione, proveniente da banche o altri intermediari finan-ziari che attesti l’importo effettivamente percepi-to, al netto della ritenuta, così come risulta dalla predetta fattura.

Nel caso in cui la fattura e la documentazione siano prodotte in sede di controllo formale delle dichiarazioni dei redditi, alle stesse andrà allegata una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, in cui il contribuente dichiari, sotto la propria re-sponsabilità, che la documentazione presentata è relativa esclusivamente alla fattura contabilizzata e che a fronte della stessa non vi sono stati altri pagamenti da parte del sostituto d’imposta.