Adolf Eichmann In questa foto La ricomparsa Majorana...

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D omenica La di Repubblica le tendenze L’ultima moda è la moda online SIMONE MARCHETTI l’incontro Sabrina Ferilli, passione popolare MARIA PIA FUSCO cultura Dispacci dal fronte dell’Italia Unita GIANCARLO DE CATALDO e MASSIMO NOVELLI l’attualità Italians, la carica degli zii d’America FEDERICO RAMPINI LUCA FRAIOLI PHOTOSERVICEELECTA/MONDADORIVINTAGE D a settant’anni è il mistero dei misteri. E ne ha tutti gli ingredienti: l’Italia in camicia nera, la Germania na- zista che vuole l’atomica, uno scienziato geniale che svanisce nel nulla. Anche per questo intorno alla scomparsa di Ettore Majorana si sono esercitati scrittori, poliziotti veri e investigatori improvvisati. Lo hanno cercato cadavere nelle acque del Tirreno, hanno pen- sato di riconoscerlo nei monasteri di mezza Italia, tra i clochard di Palermo, lungo i viali di Buenos Aires. Ora Majorana ricompa- re in una foto. Ed è in posa accanto a uno dei peggiori criminali di guerra tedeschi. Certo, è un’ipotesi, ma assai solida. Perché pog- gia su una verifica eseguita dalla maggiore istituzione italiana in fatto di indagini scientifico-forensi: quell’uomo con gli occhiali scuri accanto ad Adolf Eichmann, in uno scatto datato 1950, po- trebbe davvero essere il fisico siciliano sparito nel 1938. È una giornata di sole al largo della costa argentina. Sul ponte del piroscafo “Giovanna C.”, partito poche settimane prima da Genova, tre uomini vestiti in modo elegante aspettano di poter sbarcare a Buenos Aires. (segue nelle pagine successive) MIRIAM MAFAI Q uando sparì, nel marzo del 1938, dalla nave che da Palermo doveva condurlo a Napoli, Ettore Majora- na era un giovanotto molto magro di media altezza, bruno, il naso forte, la fronte spaziosa. «Aveva», rac- conterà Edoardo Amaldi, «l’aspetto di un saraceno». Apparteneva a una illustre famiglia siciliana, i Majo- rana-Calatabiano, aveva poco più di trent’anni, si era laureato in fisica con una tesi sulla meccanica dei nuclei radioattivi e faceva parte del gruppo ristretto che lavorava a Roma con Enrico Fermi nell’istituto di via Panisperna. Un anno prima, nel 1937, era sta- to nominato professore di fisica teorica a Napoli, legandosi d’a- micizia soltanto con Antonio Carrelli, professore di fisica speri- mentale nella stessa università. Viveva molto riservato e sembra- va malato. Il 25 marzo si imbarcò su una nave della Tirrenia per andare a salutare la famiglia a Palermo, nel viaggio di ritorno sparì. Qualcuno affermò di averlo visto allo sbarco, a Napoli. Al- l’epoca, i quotidiani non usavano dare grande spazio ai fatti di cronaca e la vicenda, dopo pochi giorni, venne dimenticata an- che se del caso pare si fosse interessato lo stesso Mussolini. (segue nelle pagine successive) i sapori Il Chianti, vino da paesaggio LICIA GRANELLO e STEFANIA SANDRELLI Majorana La ricomparsa di DOMENICA 17 OTTOBRE 2010/Numero 297 spettacoli Maripol, il giorno in cui creai Madonna GIUSEPPE VIDETTI Un uomo accanto al criminale nazista Adolf Eichmann In questa foto l’ultimo mistero del ragazzo di via Panisperna Repubblica Nazionale

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DomenicaLa

di Repubblica

le tendenze

L’ultima moda è la moda onlineSIMONE MARCHETTI

l’incontro

Sabrina Ferilli, passione popolareMARIA PIA FUSCO

cultura

Dispacci dal fronte dell’Italia UnitaGIANCARLO DE CATALDO e MASSIMO NOVELLI

l’attualità

Italians, la carica degli zii d’AmericaFEDERICO RAMPINI

LUCA FRAIOLI

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Da settant’anniè il mistero dei misteri. E ne ha tutti gliingredienti: l’Italia in camicia nera, la Germania na-zista che vuole l’atomica, uno scienziato geniale chesvanisce nel nulla. Anche per questo intorno allascomparsa di Ettore Majorana si sono esercitatiscrittori, poliziotti veri e investigatori improvvisati.

Lo hanno cercato cadavere nelle acque del Tirreno, hanno pen-sato di riconoscerlo nei monasteri di mezza Italia, tra i clocharddi Palermo, lungo i viali di Buenos Aires. Ora Majorana ricompa-re in una foto. Ed è in posa accanto a uno dei peggiori criminali diguerra tedeschi. Certo, è un’ipotesi, ma assai solida. Perché pog-gia su una verifica eseguita dalla maggiore istituzione italiana infatto di indagini scientifico-forensi: quell’uomo con gli occhialiscuri accanto ad Adolf Eichmann, in uno scatto datato 1950, po-trebbe davvero essere il fisico siciliano sparito nel 1938.

È una giornata di sole al largo della costa argentina. Sul pontedel piroscafo “Giovanna C.”, partito poche settimane prima daGenova, tre uomini vestiti in modo elegante aspettano di potersbarcare a Buenos Aires.

(segue nelle pagine successive)

MIRIAM MAFAI

Quando sparì, nel marzo del 1938, dalla nave che daPalermo doveva condurlo a Napoli, Ettore Majora-na era un giovanotto molto magro di media altezza,bruno, il naso forte, la fronte spaziosa. «Aveva», rac-conterà Edoardo Amaldi, «l’aspetto di un saraceno».Apparteneva a una illustre famiglia siciliana, i Majo-

rana-Calatabiano, aveva poco più di trent’anni, si era laureato infisica con una tesi sulla meccanica dei nuclei radioattivi e facevaparte del gruppo ristretto che lavorava a Roma con Enrico Ferminell’istituto di via Panisperna. Un anno prima, nel 1937, era sta-to nominato professore di fisica teorica a Napoli, legandosi d’a-micizia soltanto con Antonio Carrelli, professore di fisica speri-mentale nella stessa università. Viveva molto riservato e sembra-va malato. Il 25 marzo si imbarcò su una nave della Tirrenia perandare a salutare la famiglia a Palermo, nel viaggio di ritornosparì. Qualcuno affermò di averlo visto allo sbarco, a Napoli. Al-l’epoca, i quotidiani non usavano dare grande spazio ai fatti dicronaca e la vicenda, dopo pochi giorni, venne dimenticata an-che se del caso pare si fosse interessato lo stesso Mussolini.

(segue nelle pagine successive)

i sapori

Il Chianti, vino da paesaggioLICIA GRANELLO e STEFANIA SANDRELLI

MajoranaLa ricomparsa

di

DOMENICA 17OTTOBRE 2010/Numero 297

spettacoli

Maripol, il giorno in cui creai MadonnaGIUSEPPE VIDETTI

Un uomo accantoal criminale nazistaAdolf EichmannIn questa fotol’ultimo misterodel ragazzodi via Panisperna

Repubblica Nazionale

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32 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 17OTTOBRE 2010

la copertinaGrandi gialli

Nel marzo del ’38 scompariva nel nulla. Ora il fisicoricompare in uno scatto del 1950. È su una navediretta a Buenos Aires.E che sia proprio lui l’uomocon gli occhiali scuri accanto al criminale nazistalo sostiene uno studioso che ha fatto esaminareil documento agli esperti. Da cui giunge la conferma

IL CONFRONTOAccanto a Eichmann

(al centro) c’è un uomo

con gli occhiali scuri. Secondo

il docente di fisica Giorgio Dragoni,

potrebbe essere Ettore Majorana

Ipotesi confermata dagli esperti

che hanno elaborato al computer

le foto del fisico da ragazzo

con quella dell’uomo adulto:

uguali le distanze

tra occhi, naso, bocca e mento

Majorana e Eichmannil segreto in una fotografia

(segue dalla copertina)

Unquarto li fotografa: han-no l’aspetto sereno di chisi sta godendo una cro-ciera. In realtà, almenouno di loro avrebbe di chepreoccuparsi: Adolf Ei-

chmann, uno dei principali esecutorimateriali dell’Olocausto, vive braccatodalla fine della guerra, tra documenti fal-si e cambi di identità. Forse la foto im-mortala il momento in cui pensa di aver-cela fatta: ha lasciato per sempre l’Euro-pa, vede in lontananza Buenos Aires, do-ve potrà costruirsi una nuova vita, dovenessuno verrà a ricordargli che è statol’ufficiale delle SS che ha organizzato iltrasporto ferroviario degli ebrei nei cam-pi di sterminio. Non andrà così. Rintrac-ciato dal cacciatore di nazisti Simon Wie-senthal, sarà catturato in Argentina daagenti segreti israeliani, processato a Ge-rusalemme e condannato a morte. Ed èproprio Wiesenthal, nel suo libro Giusti-zia, non vendetta, a pubblicare la foto diEichmann che assapora dal ponte di unanave la sua seconda vita argentina. Lostesso Wiesenthal però non è in grado didare un nome agli altri due personaggi.

«In quella foto, l’uomo con gli occhialiscuri alla destra di Eichmann potrebbe

essere Ettore Majorana», dice ora Gior-gio Dragoni, ordinario di storia della fisi-ca all’Università di Bologna. Dragoni hadedicato molti anni allo studio delloscienziato siciliano, al suo rapporto conEnrico Fermi e con i colleghi della scuoladi via Panisperna, alla sua scomparsa nelmarzo del 1938 durante il viaggio sul po-stale che collegava Palermo a Napoli, al-le tante ipotesi sulla sua fine. Tormenta-to dai sensi di colpa per aver capito primadi altri le possibili applicazioni militaridella fisica nucleare, Majorana avrebbedeciso di gettarsi in mare o di ritirarsi inun luogo isolato, tagliando i ponti con lasua vita precedente. Oppure qualcunoavrebbe potuto sequestrarlo per sfrutta-re le sue conoscenze.

Ma c’è un’altra ipotesi, meno roman-tica e assai più scomoda: lo scienziato po-trebbe aver deciso liberamente, o perchécostretto, di mettere il suo genio al servi-zio della Germania nazista. «I primi indi-zi», spiega Dragoni, «sono in una letterascritta subito dopo la scomparsa diMajorana da Gilberto Bernardini, al tem-po giovane e brillante fisico, a GiovanniGentile jr, fisico teorico, figlio dell’ex mi-nistro Giovanni». Vi si legge: «Caro Gio-vanni, come puoi immaginare la notiziadi Majorana mi ha dato una vera gioia.Non è molto bello forse, ma in compen-so non è una cosa così tragica come sipensava e ci se ne può rallegrare». «Nel

‘74», continua Dragoni, «intervistai Ber-nardini, allora direttore della ScuolaNormale di Pisa, e gli chiesi un chiari-mento su quelle righe enigmatiche». «Leisa che io conosco la scelta fatta da Majo-rana? Non è una scelta che le farà piace-re», rispose Bernardini. «Ettore si trasferìin Germania per collaborare alle armi delTerzo Reich».

È una rivelazione clamorosa, non sup-portata però da alcun documento. Dra-goni non può pubblicarla, ma la conser-va gelosamente e continua le sue ricer-che. «Coinvolsi un avvocato di Assisi, Ar-cangelo Papi, grande appassionato dellavicenda Majorana», racconta Dragoni:«Fu lui a farmi notare la straordinaria so-miglianza tra il fisico siciliano e l’uomoalla destra di Eichmann nella foto pub-blicata da Wiesenthal». I capelli, la petti-natura, la forma del viso, perfino l’abbi-gliamento ricordano Majorana. Ma la fo-to è stata scattata nel 1950: come si puòfare un confronto con le ultime foto del-lo scienziato che lo ritraggono trenten-ne? Dragoni si rivolge allora alla più pre-stigiosa istituzione italiana in fatto di in-dagini scientifico-forensi. In genere arri-va sulla scena del crimine a rilevare im-pronte, macchie di sangue e tracce didna. Ora ha a che fare con un cold case, un“delitto” che si è consumato tra il 1938 eil 1950. Ma le nuove tecniche di indaginepermettono anche questo: elaborare al

Dopo le leggi razzialiscriveva alla madreda Lipsia:“Nel complessol’operazionedel governo rispondea una necessitàstorica: far postoalla nuovagenerazioneche rischiadi essere soffocata dalla stasieconomica”

computer le foto del giovane Majorana edello sconosciuto alla destra di Eich-mann e metterle a confronto. Tutto tor-na: le distanze tra occhi, naso, bocca,mento sono le stesse nei due individui. Eanche l’altezza dell’uomo sul ponte del-la “Giovanna C.”, ricostruita a partire daquella di Eichmann, coincide con la sta-tura di Majorana. Ai tecnici rimane soloun dubbio sui padiglioni auricolari, ma laqualità della foto argentina non è dellemigliori e c’è un’ombra che potrebbetrarre in inganno. Gli investigatori con-cludono l’indagine con un verdetto, con-fermato anche a Repubblica: «È altamen-te probabile che l’uomo alla destra diAdolf Eichmann sia Ettore Majorana».

Ma perché il fisico siciliano avrebbescelto il nazismo? «Nel 1933 era stato a Li-psia, dove si era fatto molto apprezzareda Werner Heisenberg, uno dei padridella fisica quantistica», risponde Dra-goni. «Al suo rientro in Italia, Ettore pra-ticamente smise di collaborare con Fer-mi e il suo gruppo di ricerca. Anzi, comeha raccontato Oscar D’Agostino e miconfidò Bruno Pontecorvo, due dei “ra-gazzi di via Panisperna”, tra Fermi eMajorana volarono parole grosse. Ma,oltre all’incompatibilità caratteriale conil “Papa” della fisica italiana, ci potrebbeanche essere stata un motivazione ideo-logica: Majorana sin dal suo soggiorno inGermania aveva mostrato di simpatizza-

LUCA FRAIOLI

Repubblica Nazionale

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LA DOMENICA DI REPUBBLICA 33DOMENICA 17OTTOBRE 2010

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IL SUICIDIOIl fisico scomparenel tratto di maretra Palermo e Napoliil 26 marzo 1938Si pensa al suicidioma il cadavere non si trova

LA VIA TEDESCAMajorana ammiravala Germania. Secondoalcuni, come il fisicoGilberto Bernardini(a sinistra), vi sarebbe fuggito per lavorare per il Reich

LA PISTA ARGENTINASecondo studiosicome Tullio Regge (nella foto)e Giorgio Dragoni,Majorana si sarebbecostruito una nuova vitain Argentina

LA TEORIA DI SCIASCIANel ’75 Leonardo Sciascia,in La scomparsadi Majorana, sostenneche il fisico non sarebbemorto, ma avrebbe sceltola clausura in monastero

IL CLOCHARDSecondo alcuni, il fisicosarebbe stato avvistatoa Mazara del Vallo vestitoda barbone. Il procuratorePaolo Borsellino indagòsul caso e smentì l’ipotesi

LA LETTERALa letteradi Gilberto Bernardinia Giovanni Gentilein cui si legge:“Caro Giovanni,come puoiimmaginarela notizia di Majoranami ha dato una veragioia [...] Non è unacosa così tragicacome si pensava”

le ipotesiVia Panispernaverità e bugie

MIRIAM MAFAI

(segue dalla copertina)

Il Duce mise a disposizione una ricom-pensa per chi ne avesse dato notizia, manessuno rispose. Si disse che, forse, il gio-

vane fisico si era ucciso, buttandosi in mare,ma il suo cadavere non venne mai ritrovato.Pare che avesse lasciato una lettera alla ma-dre chiedendole di non vestirsi di nero. E lamadre, infatti, anche dopo la sua scompar-sa, rifiutò sempre di prendere il lutto. SoloAntonio Carrelli, suo collega a Napoli, ne ri-cevette notizia con una lettera nella qualeMajorana gli comunicava di aver preso «unadecisione che era ormai inevitabile. Non vi èin essa», proseguiva Majorana, «un solo gra-nello di egoismo, ma mi rendo conto dellenoie che la mia improvvisa scomparsa potràprocurare a te e agli studenti. Anche per que-sto ti prego di perdonarmi». Pare comunqueche prima di sparire Majorana avesse ritira-to dal suo conto una notevole somma di da-naro e avesse con sé il suo passaporto. Da al-lora molte ipotesi sono state fatte sulla suascomparsa, nessuna è apparsa fino in fondoconvincente.

Molti anni dopo Bruno Pontecorvo, cheall’epoca era stato il più giovane dei “ragaz-zi di via Panisperna”, mi raccontava cheMajorana era considerato tra loro, senza in-certezze, un genio. «Nella scherzosa gerar-chia religiosa del nostro istituto», mi spiega-va, «Enrico Fermi veniva definito il Papa eMajorana portava il titolo di Grande Inqui-sitore. Era l’unico che parlava con Fermi suun piano di assoluta parità e Fermi lo consi-derava il più grande fisico teorico del tempo,lo ammirava e alle volte sembrava persinointimidito davanti a lui». E come spiegava al-lora la sua sparizione? Non se la spiegava, omeglio si chiedeva se Majorana, pur nonpresente il 22 ottobre 1934 nel momentodell’esperimento decisivo realizzato da Fer-mi nella fontana dell’Istituto di via Pani-sperna, non ne avesse tuttavia visto o intui-to qualcosa che lo stesso Fermi non era an-cora riuscito a vedere. «Era la prima reazio-ne a catena e noi non l’avevamo riconosciu-ta», mi raccontava Pontecorvo, «ma forseMajorana aveva capito prima di noi, primadello stesso Fermi, la portata del fenomeno.Forse sentì lo sgomento per il meccanismoche avevamo messo in moto e preferì spari-re pur di non dare seguito a quella ricerche».

Forse Pontecorvo, il fisico che nel 1953 ab-bandonerà l’Inghilterra per andare a viveree lavorare in Urss, non mi ha raccontato tut-ta la verità. È possibile invece che anche luiall’epoca abbia sospettato che Majoranafosse fuggito in Germania, come sembraemergere oggi da più recenti documenti e ri-cerche. Certo è che Majorana nel 1933 si eragià trasferito a Lipsia per frequentare l’Isti-tuto di fisica di Heisenberg, uno dei massimifisici tedeschi già impegnato nella ricercadell’energia atomica. E da lì, alla promulga-zione delle prime leggi razziali, aveva man-dato alla madre alcune lettere nelle qualimanifestava comprensione o simpatia perquelle misure. «Il numero di coloro che tro-veranno posto nell’amministrazione pub-blica e in molte private in seguito all’espul-sione degli ebrei è rilevantissimo», scriveva,«e questo spiega la popolarità della lotta an-tisemita. Negli ambienti universitari l’epu-razione sarà completa entro il mese di otto-bre. In realtà non solo gli ebrei ma anche i co-munisti e in genere gli avversari del regimevengono in gran parte eliminati dalla vita so-ciale[...]. Nel complesso l’operazione del go-verno risponde ad una necessità storica: farposto alla nuova generazione che rischia diessere soffocata dalla stasi economica».

Sulla sparizione di Majorana, in Italia sce-se rapidamente il silenzio. Tanto più com-prensibile, dunque, se il giovane scienziatoaveva scelto davvero di trasferirsi in Germa-nia e di mettersi a disposizione di Heinsen-berg e del gruppo di fisici impegnati an-ch’essi nella ricerca dell’arma atomica, unagara nella quale, fortunatamente, la Germa-nia sarà sconfitta.

rifarsi una vita altrove. Sulla nave c’eranocertamente parecchie persone in fuga,ma non necessariamente coinvolte neicrimini del nazismo». Il contributo diMajorana al Reich, insomma, potrebbeessere stato di carattere esclusivamentescientifico, ancorché al servizio dellaGermania nazista. Era una delle mentipiù brillanti della sua epoca, tra i massi-mi studiosi del nucleo atomico. Quandoi suoi compagni di via Panisperna esulta-no nel 1934 perché pensano di aver crea-to nuovi elementi chimici transuranicibombardando i nuclei di uranio con deineutroni lenti, probabilmente lui è tra iprimi a capire che in realtà hanno otte-nuto un risultato ben più importante: lafissione nucleare. E forse comprende an-che quali implicazioni questo possa ave-re per la creazione di una nuova genera-zione di armi potentissime.

Se l’ipotesi di Giorgio Dragoni verràulteriormente confermata dalle ricer-che che ha intenzione di condurre inGermania e Israele, molte delle teorieformulate finora per spiegare la spari-zione del fisico siciliano saranno defini-tivamente archiviate. E se quell’uomoche ci guarda da dietro un paio di oc-chiali scuri è davvero l’ex ragazzo di viaPanisperna, allora il “giallo Majorana” èsicuramente a una svolta. Anche setutt’altro che risolto.

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re per il nazismo. Lo conferma una sualettera a un altro dei “ragazzi di via Pani-sperna”, il Premio Nobel per la fisicaEmilio Segrè: “... non è concepibile cheun popolo di sessantacinque milioni [laGermania del tempo, ndr] si lasciasseguidare da una minoranza di seicento-mila [gli ebrei, ndr] che dichiarava aper-tamente di voler costituire un popolo asé...”».

«Quella foto», precisa però Dragoni,«ammesso che ritragga Majorana, puòanche essere frutto di un caso, nel sensoche non è detto che i due si conoscesse-ro. In quegli anni tutti coloro che aveva-no avuto in qualche modo a che fare conil Reich cercavano di lasciare l’Europa e

Repubblica Nazionale

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34 LA DOMENICA DI REPUBBLICA

NEW YORK

P hilip Roth e Woody Allenc’insegnano: quando unaminoranza come gli ebreipuò prendersi in giro senza

complessi nella patria del politically cor-rect, è una prova di forza. È quello che ri-vela sugli italoamericani il fenomeno“Guido”, l’appellativo lanciato dal rea-lity-show Jersey Shore di Mtv. È una sor-ta di Grande Fratello, mette in scena ottoventenni italoamericani che sono cari-cature estreme: volgari e maneschi, ma-schi dai petti villosi e catene d’oro, fem-mine ultradotate, abbronzature daspiaggia. Eppure lo storico Robert Viscu-si del Brooklyn College applaude: «“Gui-do” (come vengono chiamati indistinta-mente le italo-macchiette, ndr) è un fe-nomeno interessante. Proprio perchél’ascesa sociale degli italoamericani èuna solida realtà, il potere di questo ap-pellativo va esaminato». Esibire gli ste-reotipi etnici è un fenomeno che vieneda lontano: la senatrice di Brooklyn Dia-ne Savino lo fa risalire al successo di JohnTravolta (alias Tony Manero) ne La feb-bre del sabato sera, anno di grazia 1977.Brillantina, pantaloni aderenti, giaccabianca, un certo modo di corteggiare:poteva essere tragicomico. «Invece pernoi era semplicemente sexy — ricorda laSavino — fu una rivelazione per l’orgo-glio italoamericano», finalmente affran-cato dal modello estetico anglosassone.

Quella è la proto-storia. Da quel mo-mento in poi l’ascesa del potere italoa-mericano è diventata irresistibile, uncrescendo travolgente. Fino alla consa-crazione finale sotto il primo presidenteafroamericano. Curiosamente, conObama non c’è stata una scalata ai postidi potere da parte della élite nera. Se c’èun gruppo che si è impadronito delle le-ve del potere, sono i “nostri”. Quando ilWashington Post ha pubblicato la map-pa dei «ristoranti del potere» nella capi-tale federale ha messo in cima la Tosca diPaolo Sacco, per via dei suoi habitués: ilcapo della Cia Leon Panetta, l’ideologodel partito democratico John Podesta(sempre al tavolo 60). Dopo i vari rimpa-sti che Obama ha compiuto nella suasquadra in vista delle elezioni di novem-bre, molti fedelissimi sono stati costrettia lasciare, ma tutti gli “italo” restano ai lo-ro posti di comando: Janet Napolitano acapo del superministero Homeland Se-curity, Jim Messina vicecapogabinettodel presidente, Thomas Perelli tra gli uo-mini chiave alla Giustizia. Tra una setti-mana si ritroveranno tutti al gala annuodella National Italian American Foun-dation (Niaf), diventata l’associazione“etnica” con la più alta concentrazione

mora. Se provavano a innalzarsi sopraquel livello, scattava una maledizione.Cominciavano a circolare voci su veri opresunti legami familiari con la mafia.Sono le voci che perseguitarono a lungoGeraldine Ferraro, prima candidatadonna alla vicepresidenza con WalterMondale.

Sospetti e veleni etnici infierirono an-che contro Mario Cuomo, protagonistadi una carriera folgorante nel partito de-mocratico negli anni Ottanta e Novanta,

Sopranos addioA dispetto di stereotipi duri a morire, rilanciatianche dalle ultime serie tv, la comunità italoamericanasta conoscendo un’irresistibile ascesa. I suoi rappresentantinon sono più star dei poveri sui ring e sul grande schermoMa primeggiano nel mondo del business e della politica

DOMENICA 17OTTOBRE 2010

di vip al suo interno. Certo, questa po-trebbe essere l’ultima apparizione al ga-la Niaf di Nancy Pelosi in quanto presi-dente della Camera. Ma se la più poten-te donna del partito democratico doves-se perdere quel posto a novembre, sarà acausa di un’ondata di destra che porteràal Senato l’italoamericana Carly Fiorina(ex chief executive diHewlett-Packard).Il potere degli ita-loamericani nonè in discussione.Semmai nellageografia inter-na alla Niaf tor-nerà in auge l’aladestra, dove tro-

neggia il giudicedella Corte su-prema AntoninScalia, tempo-r a n e a m e n t eoscurata dall’a-scesa recente de-gli italo-obamiani.

L’onnipresenza poli-tica dei discendenti di immigrati italianiè una conquista straordinaria, tutt’altroche scontata. Appena una generazionefa gli handicap erano insormontabili. Ileader storici della nostra comunitàd’immigrati sembravano condannati afermarsi a livello locale, dove potevanomobilitare delle enclave di voto etnico.Non a caso le figure più importanti a lun-go furono quelle dei sindaci: Fiorello LaGuardia a New York negli anni a cavallodella Seconda guerra mondiale, GeorgeMoscone a San Francisco, Thomas D’A-lesandro (il padre della Pelosi) a Balti-

sportivi

IERI

OGGI

IERI

OGGI

NuoviItaliansd’

JOE DIMAGGIO(1914-1999)Campione di baseball,era di origini siciliane

ROCKY MARCIANOOvvero Rocco

Francis Marchegiano,pugile (1923 –1969)

PRIMO CARNERA(1906-1967)Pugile, dal Friuli emigranegli Usa nel 1930

GEORGE MOSCONEPrimo cittadino

di San Franciscodal 1976 al 1978

FIORELLO LA GUARDIAÈ stato sindaco

di New York dal 1933 al 1947

JANET NAPOLITANOMinistro

dell’Homeland Security

JOHN ANDRETTIPilota automobilistico,viene da una grandefamiglia di piloti

MICHAEL ANDRETTIFiglio di Mario,

è stato pilota di Formula Uno

GERALDINE FERRAROPrima donna candidata

alla vice presidenza:nel 1984 con Mondale

ANTONIN SCALIAConservatore,

è uno dei giudicidella Corte Suprema

FEDERICO RAMPINI

l’attualità

NANCY PELOSIPresidente

della Cameradegli Stati Uniti

JENNIFER CAPRIATITennista, nell’89

fu la più giovane vincitricedel Roland Garros juniores

America

politici

Repubblica Nazionale

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LA DOMENICA DI REPUBBLICA 35DOMENICA 17OTTOBRE 2010

padre dell’attuale candidato governato-re di New York. In un celebre episodio del1992, Cuomo senior fece aspettare un jetche doveva decollare per il New Ham-pshire: al culmine della popolarità, erasul punto di lanciarsi nella corsa alla no-mination presidenziale. Rinunciò, inpreda a mille dubbi, e da quel momentodivenne per la stampa «l’Amleto del-l’Hudson». La vulnerabilità di un candi-dato italoamericano non fu estranea aquel ritiro. Mario Cuomo aveva subìto

sulla sua pelle troppe discriminazioniper sottovalutare il rischio. Da giovane,pur essendo uno dei più brillanti avvo-cati di New York, si era visto sbattere infaccia la porta di tutti i grandi studi lega-li, per via di quel cognome. L’italianità loaveva perseguitato anche al contrario,come una sorta di obbligo; più volte a

messa gli venne rifiuta-ta la comunione,

per le sue posizio-ni in favore deldiritto di aborto.Oggi molto ècambiato anchenelle identifica-

zioni religiose; èuna non-notizia il

fatto che JanetNapolitano siaprotestante me-todista. AndrewCuomo ricorda

quanto gli stereo-tipi furono doloro-

si per suo padre: «Eraun modello di eleganza, di-

screzione, stile, e gli toccava esibirsi sulpalcoscenico della politica negli stessianni in cui gli italo-americani erano deicafoni o dei banditi mafiosi in tutti i film».Lui, Andrew, non ha questi problemi.Dopo essere passato attraverso un ma-trimonio e un divorzio con Kerry, figlia diBob Kennedy, è stato sdoganato nellacerchia familiare più aristocratica dellapolitica americana.

Per questo prodigioso cambiamentouna parte del merito va a una figura oggial tramonto: Rudolph Giuliani, primaancora di essere il sindaco dell’11 set-

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Da Janet Napolitano, capo dell’Homeland Security,a Sam Palmisano, chief executive Ibm, ecco la mappaaggiornata del potere tricolore negli Usa. Prontoa celebrarsi nelle sfide di midterm e nel gala della Niaf:l’associazione etnica con la più alta concentrazione di vip

artis

ti

managerIERI

OGGI

IERI

OGGI

LEE IACOCCAManager, è l’uomoche ha salvatola Chrysler

AMADEO GIANNINI(1870-1949)Fu tra i fondatoridella Bank of America FRANK JACUZZI

Nel 1907 la famigliasi trasferisce negli Usa e fonda l’azienda

FRANK SINATRA(1915-1998)

“The Voice” è statocantante, attore e impresario

JOHN FANTE(1909-1983)

Scrittore, suo padre Nickera abruzzese

RODOLFO VALENTINORodolfo Guglielmi,era nato nel 1895a Castellaneta (Taranto)

SAMUEL PALMISANOAmministratoredelegato e presidentedell’Ibm

ROBERT MONDAVI(1913-2008)Re del vinonella Napa Valley

tembre, da magistrato fu protagonista diuna formidabile offensiva contro le or-ganizzazioni mafiose di New York. DopoGiuliani un cognome così ha smesso diessere associato con la parte sbagliata,nella guerra tra guardie e ladri. Più in ge-nerale gli italoamericani raccolgono an-che nella politica i frutti di quella formi-dabile «ascesa sociale» evocata dallo sto-rico Viscusi. Un tempo dalle fila della no-stra emigrazione uscivano pugili comePrimo Carnera e Rocky Marciano, cam-pioni di baseball come Joe di Maggio: lestar dei poveri, come lo sono oggi i cam-pioni neri. Adesso è più facile trovare unitaloamericano al vertice dell’Ibm, ilchief executive Sam Palmisano. In Ca-lifornia l’immigrazione tosco-ligure-piemontese aveva già colonizzato il vinocon le famiglie Gallo e Mondavi, la ban-ca con Amadeo Giannini, ma adesso ènell’industria informatica della SiliconValley la massima aggregazione di talen-ti immigrati di prima, seconda e terza ge-nerazione.

Il cinema, sempre un misuratore sen-sibile del costume, ha visto passare lafiaccola dell’italianità dalle mani di Syl-vester Stallone a quelle di personaggi raf-finati e post-moderni come Quentin Ta-rantino e Sofia Coppola. Un altro segna-le indicativo è il cambiamento avvenutonella gastronomia, sempre una dimen-sione importante dell’immagine italia-na. Qui si è passati dalla cucina etnica diLittle Italy a New York e North Beach aSan Francisco, quella dei trucidi “spa-ghetti and meatballs”, alla nouvelle cui-sine mediterranea di grandi chef di gridocome Mario Batali e Lidia Bastianich, al-la testa di un impero fatto di ristoranti dilusso. È grazie a questa evoluzione spet-tacolare, che oggi ci si può permettere diridere davanti ai Guido del reality-showJersey Shore. O addirittura appropriarse-ne come un simbolo positivo. È la sottileoperazione fatta da Carl Paladino, l’av-versario repubblicano di Andrew Cuo-mo nell’elezione a governatore delloStato di New York. In quella sfida tuttagiocata tra italoamericani, Paladino re-cita la parte dell’oriundo vecchio stile: leparolacce, gli insulti ai gay, perfino le mi-nacce di violenza fisica. Non c’è stereoti-po che non gli piaccia, si direbbe: a Cuo-mo lui rimprovera di «non essere un ve-ro italiano». Superata l’èra di The Sopra-nos, il politico che fa il verso ai Guido usala cafoneria per corteggiare i colletti blu,il ceto mediobasso, i frustrati della gran-de crisi. Anche gli italoamericani hannoil loro Tea Party, anti-tasse, anti-Stato eanti-Obama: per farne parte bisogna tin-gersi i capelli, cospargerli di gel, e rimor-chiare in discoteca ragazze più “abbon-danti” di Sophia Loren e Gina Lollobrigi-da negli anni Cinquanta.

CARLY FIORINAEx ceo Hewlett-Packard,è in corsa per il Senato

DON DELILLOScrittore, i suoi genitoriemigrarono da Montagano,Campobasso

LADY GAGAStefani J. A. GermanottaIl padre della popstarè di Palermo

SOFIA COPPOLAFiglia di Francis, ha appena vinto

a Venezia come regista

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36 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 17OTTOBRE 2010

Da una parte le truppe di uno Stato appena nato, dall’altro popoliche aspettavano la terra e la libertà promesse. Sopra le loro teste,un gioco più grande tra il Piemonte, la Chiesa, i Borboni

Dai rapporti conservati negli archivi dello Stato maggiore dell’esercito, la storiadella nostra Vandea: rastrellamenti, massacri, esecuzioni sommarie

CULTURA*

SoldatiBriganti&

«QUESTO solo si ha nel fatto che il Sergente della squa-driglia, sfogando certa sua ira per le fatiche durate inquello inseguimento, si sia fatto zelo nel dimostrarsinella barbarie di mozzare un orecchio al cadavere delDe Angelis», noto come lo Stregone e «in fama di ma-nutengolo di briganti». L’8 settembre del 1864, da Chie-ti, il comandante dell’ottava legione dei carabinieri rea-li informava in questo modo il generale d’armata a ca-po del Dipartimento militare di Napoli, spiegandogliche «in quanto al taglio dell’orecchio l’Autorità Giudi-ziaria non ne avrebbe tenuto alcun conto, quasi che loconsiderasse piuttosto per un atto di inconsideratezzache per altro». Due anni prima, il 17 luglio del 1862, ilmaggiore dei bersaglieri Zacchelli aveva telegrafato in-vece al generale Govone, a Gaeta, per comunicargli che«ieri alle ore 2 p. m. periva nel fiume un soldato di que-sto Distaccamento che si andò a bagnare ad onta d’or-dini in contrario — Non si rinvenne il cadavere».

Si viveva, si combatteva, si moriva e si scriveva cosìnel nostro Mezzogiorno tra la fine del 1860 e il 1870, du-rante gli anni della campagna intrapresa dal nuovo Re-gno d’Italia per reprimere il brigantaggio. Contrasse-

gnata da eccidi efferati, fucilazioni e massacri effettua-ti da tutte e due le parti, fu la nostra Vandea, il nostroVietnam. Ebbe i caratteri pieni di una guerra civile e diclasse che oppose cafoni e «galantuomini», bracciantie latifondisti, così come quelli di una rivolta sociale ori-ginata dalle speranze suscitate dall’impresa di Garibal-di e delle sue camicie rosse, che nei suoi decreti promi-se di distribuire le terre ai contadini; liquidato l’Eserci-to meridionale garibaldino, però, le promesse non ven-nero mantenute dai «piemontesi». La guerra nel Sud funaturalmente anche un tentativo di restaurazionemesso in atto dall’ex re delle Due Sicilie Francesco II:Pio IX e lo Stato della Chiesa soffiavano sul fuoco.

Ancora oggi è sconosciuto il numero delle vittime, inogni caso diverse migliaia. Lo storico Denis Mack Smithsostiene che furono «più numerose di tutti soldati per-si dal regno sabaudo nelle guerre d’indipendenza con-tro l’Austria», circa seimila. Fonti revisioniste, poi, par-lano di almeno 60-70mila morti, o addirittura di 280mi-la.

Da quel decennio di sangue, che a lungo la storiogra-fia descrisse soltanto come un’insorgenza borbonica,il ricercatore torinese Massimo Lunardelli fa riemerge-re i verbali delle lettere, dei telegrammi e delle informa-

tive che gli ufficiali degli oltre centomila militari impie-gati nella repressione inviarono ai loro superiori. Con-servati presso l’Ufficio storico dello Stato maggiore del-l’esercito, i documenti sono stati raccolti nel libroGuardie e ladri. L’Unità d’Italia e la lotta al brigantag-gio (pubblicato da Blu Edizioni). È un libro bello e terri-bile che testimonia, proprio dalla parte dei vincitori, co-me l’unificazione nazionale avvenne solo formalmen-te. All’origine dell’ancora lacerante e irrisolta «questio-ne meridionale», la guerra nel Meridione suscitò già al-lora proteste roventi negli ambienti della sinistra. NinoBixio, in Parlamento, non esitò a definirla «un sistemadi sangue», che il «governo, cominciando da Ricasoli,ha sempre lasciato esercitare». E Garibaldi nel 1868, inuna lettera ad Adelaide Cairoli, scrisse: «Gli oltraggi su-biti dalle popolazioni meridionali sono incommensu-rabili. Ho la coscienza di non aver fatto del male, ma no-nostante ciò non rifarei la via dell’Italia Meridionale te-mendo di essere preso a sassate, essendosi là cagiona-to solo squallore e suscitato solo odio». Ma erano vociisolate. La maggioranza dei soldati spediti in prima li-nea non comprese le ragioni dello scontro fratricida. Ela gente del posto, avvertì il giornalista svizzero MarcMonnier, non capì a sua volta quegli «uomini dai cap-

Dispacci da una guerra sporcaMASSIMO NOVELLI

IL LIBRO

Le lettere e i telegrammiinviati dai soldatiai loro superiori sono statiraccolti da MassimoLunardelli in Guardiee ladri. L’Unità d’Italiae la lotta al brigantaggio(Blu Edizioni, 14 euro),che viene presentato oggialla Castiglia di Saluzzo

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Quei terroni barbarida “abbruciare vivi”

GIANCARLO DE CATALDO

«Tolta la dolcezza del clima e le bellezze naturali, questipaesi sono orrendi in tutto e per tutto: gli abitanti sonogli esseri più sudici che io abbia mai visto; fiacchi, stu-

pidi e per di più con un dialetto che muove a nausea tanto è sdol-cinato...». Così Carlo Nievo, fratello del più celebre Ippolito, scriveal padre nell’inverno del 1860. Lo stesso Nievo che, da Sessa Au-runca, si augurava: «Dal Tronto a qui ove sono, io farei abbruciarevivi tutti gli abitanti; che razza di briganti!». Soltanto un paio d’an-ni dopo, alcuni brillanti alti ufficiali piemontesi si incaricherannodi tradurre in opera il suo auspicio. Spiccheranno, fra costoro, ilgenerale Pinelli, specialista in esecuzioni di massa di briganti o se-dicenti tali; Pietro Fumel, particolarmente appassionato di fintefucilazioni; Gustavo Mazé de la Roche, uso a trucidare i prigionie-ri e a considerare «uno smacco» le (rare) scarcerazioni di evidentivittime di arresti arbitrari. A rileggere le “imprese”, se così si puòdire, dei militari dell’esercito neounitario si viene colti da una cri-si di rigetto per lo stereotipo degli “italiani brava gente”.

A Pontelandolfo e a Casalduni, come notava acutamente lostorico Roberto Martucci nel suo fondamentale L’invenzione

dell’Italia unita, si stava dalle parti del genocidio degli indianid’America, fra un film di Sergio Leone e un’elegia di Tex Wil-ler/Aquila della Notte. Il fatto è che Fumel e compagnia agisco-no, militarmente, su un terreno che, nei primissimi mesi dall’U-nità, è stato arato, sul piano, per così dire, culturale, dall’intelli-ghenzia nordista. I Nievo (anche Ippolito, nel suo diario al se-guito dei Mille, è tutt’altro che tenero coi «terroni»), i Farini, i Vi-sconti-Venosta reputano da subito il Sud, e le sue genti, un’Afri-ca popolata da barbari irredimibili. Gente da colonizzare.L’argomento legato al malgoverno borbonico, in realtà respon-sabile primo del degrado delle campagne, viene presto abban-donato a favore di una lettura in chiave di inferiorità etnica. È, inpresa diretta, la nascita della teoria delle due Italie: l’operosa, eu-ropea celtica gente che s’attesta sin sul Tronto contrapposta aibarbari del meridione. Sarà il sociologo lombrosiano Alfredo Ni-ceforo a conferire dignità scientifica a questa teoria.

Così come si può collocare a quel tempo la prima delle ricorrenti“guerre” fra potere politico e magistratura: con i proconsoli di Rat-tazzi a invocare pene esemplari e i giudici a spaccare il capello inquattro nell’assurda — agli occhi di Torino — pretesa di divideregli innocenti dai colpevoli. È in questo clima che Ottaviano Vi-mercati, il quale da esule aveva combattuto in Algeria, scrive a unamico: «Gli Arabi, che combattevo quindici anni fa, erano un mo-dello di civiltà e di progresso in confronto a queste popolazioni […]non potresti farti un’idea delle barbarie e del vero abbrutimentodei paesani di qui». Per poi concludere, pragmaticamente, chel’annessione del Sud sarebbe bene considerarla un’eredità da ac-cettare col beneficio dell’inventario, e cioè tenendosi la terra e but-tando a mare i terroni. Nasce da qui, da questo fertile humus im-mediatamente disgregante, il surplus di sadismo che sembra, avolte, trasparire dai dispacci in zona d’operazioni?

Intendiamoci: il brigantaggio c’era, e fra i briganti v’erano gen-tiluomini capaci di divorare crudo il cuore di un soldato nemico.Gli agenti provocatori borbonici soffiavano sulla rivolta. E preser-vare l’Unità era, prima che un dovere, una necessità. Ma a cheprezzo? Poche, ma coraggiose, furono le voci di protesta: veniva-no dai soliti mazziniani e socialisti, dalla sinistra di sempre, in-somma. Come sempre votata alla sconfitta, quella sinistra non riu-scì ad arginare massacri e atrocità che, in nome di una terribileRealpolitik, acuirono il solco già esistente fra le due Italie. Ne por-tiamo ancora il segno, non foss’altro perché nessuno ha ancorachiesto perdono per quei morti innocenti.

LA DOMENICA DI REPUBBLICA 37DOMENICA 17OTTOBRE 2010

potti bigi, poveri, freddi, ordinati, parlanti un dialettoquasi francese, troppo diversi dai veementi, rumorosi,gloriosi ed eroici zingari in camicia rossa, desiderosi divivere bene prima di morire», che avevano fatto l’Italiada Quarto al Volturno.

Gli ordini ricevuti da Torino, da Firenze, erano pe-rentori, seppure a un certo punto si chiese di limitare leesecuzioni ai capi delle bande. Il generale Enrico DellaRocca, tuttavia, nelle sue memorie avrebbe rammen-tato che «i miei Comandanti di Distaccamento, veden-do arrivare l’ordine di fucilare soltanto i capi, telegrafa-vano con questa formula: arrestati, armi in mano, nelluogo tale, tre, quattro, cinque capi di briganti. Ed io ri-spondevo: fucilate!». In un combattimento sporco delgenere, i meridionali insorti non potevano certamenteavere pietà per i nemici, «barbaramente scannati» co-me annotò un maggiore dei carabinieri da Napoli. È lostesso che, il 17 novembre 1862, scriveva: «Immensepoi sono le rovine che arreca ovunque il brigantaggio,che oggigiorno sa far bene la guerra colla Fanteria laquale sempre corbella e quando gli viene il destro affa-tica e talvolta piomba su di essa per farne orrendo ma-cello».

LA BATTAGLIAAl centro, lo scontrotra gendarmi e brigantiin una litografiadell’OttocentoNelle foto di pagina,alcuni tra i brigantipiù noti: Carmine Crocco,Giuseppe Schiavonee Michelina De Cesare

I DOCUMENTII verbali dell’Arma dei CarabinieriReali del 1862 sui brigantinel Mezzogiorno d’Italia

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S Madonna

Arrivò a New York dalla Francia a vent’anniStudio 54, musica new wave, l’incontrocon Fiorucci e Warhol, Basquiat e Grace Jones

E infine con Louise Veronica Ciccone. Fu lei a farla bionda, a metterle un crocefissosull’ombelico e a trasformarla così nella “Virgin” più famosa del pianeta. Ora un volumela celebra come art director e stilista.“E se penso a quando l’America mi negò il visto...”

SPETTACOLI

38 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 17OTTOBRE 2010

enzaMaripol avremmo avuto Madonna, ma non lemadonnare. Senza Maripol il crocefisso sarebbe ri-masto appeso alla catenina e non ingigantito,ostentato, dissacrato da una bionda pop singer,Marilyn di fine millennio, che lo lasciava ciondola-re sopra l’ombelico scoperto. «Senza di me Madon-na non sarebbe neanche stata bionda», esclama inun italiano quasi perfetto l’artista francoamericanache aiuta gli artisti a diventare icone pop. «La sceltadell’immagine di Like a virgin(1984) fu travagliata»,ricorda. «I discografici pensavano a una verginemora, labbra rosse, una vampira latina. Le dissi:“Non se ne parla, ti fai chiamare Madonna, chi cre-derà che sei vergine? Semmai dovrai dare l’idea diuna che vuole rifarsi una verginità”». Così nacque ilmito di un’altra Madonna, prepotente e trasgressi-va, seconda per popolarità solo alla Vergine. E fuMaripol Fauque che architettò il look.

«Gli americani sono come agnelli, se sei un tra-

GIUSEPPE VIDETTI

aripol

scinatore ti seguono in massa», dice spavalda Mari-pol, che da sempre vive nel quartiere di NoHo, qua-dratino di Manhattan caro al suo «fratellino» Jean-Michel Basquiat, e il 21 ottobre pubblica Little Red

Riding Hood (Damiani Editore), un volume che il-lustra la sua storia di art director, stilista e produt-trice alla corte di Andy Warhol ed Elio Fiorucci, Gra-ce Jones e Deborah Harry, Elton John e Cher, Ma-donna e Keith Haring. E Marc Jacobs, stilista e di-rettore creativo di Louis Vuitton, che ha partecipa-to alla realizzazione del libro.

Maripol arrivò a New York nel 1976 con il com-pagno Edo Bertoglio, un fotografo svizzero con ilquale avrebbe poi realizzato Downtown 81, un filmsu Basquiat. «Avevo vent’anni. Eravamo partiti conl’idea di restare tre mesi. Già allora ero una zingara,la mia famiglia era sempre vissuta fuori dalla Fran-cia — io sono nata in Marocco — e l’idea di patrianeanche mi sfiorava. Quando scoprii New York misentii una pioniera, tornai a casa a solo dopo novemesi. D’improvviso la vecchia Europa mi sembròpigra e sonnolenta. Insopportabile per una che ave-va conosciuto la travolgente energia creativa diManhattan». Non era più la New York della Factorydi Andy Warhol. Dopo la sbornia dell’underground,la Grande Mela celebrava la sua decadenza a ritmodi disco. Era una metropoli in bancarotta, pericolo-sa, piena di tossicodipendenti e di spacciatori an-che in Union Square. «Una nuova droga, la cocaina,stava conquistando la città e in breve ne avrebbecambiato il ritmo di vita e il beat», conferma Mari-pol. «Ma c’erano anche le più belle feste del mondo,allo Studio 54 e non solo. Per la prima volta divi, ar-tisti, etero, gay, transgender e persone qualunquefacevano baldoria e si rimorchiavano negli stessi lo-cali. Chi l’ha detto che l’abito non fa il monaco? AlloStudio 54 se non indossavi quello giusto non riusci-vi neanche ad entrare. Quando aprì i battenti, nel1977, c’era una stanza in cui Oliviero Toscani scat-tava foto per Vogue Italia. Davanti al suo obiettivo cifinii anch’io, con una gonna di raso nero che mi eroconfezionata per l’occasione».

Intanto un manipolo di artisti ingegnosi comin-ciavano a contrastare la disco con un suono aggres-sivo e disfattista. La new wave newyorchese diTalking Heads e Blondie, James White e WayneCounty non era meno potente del punk inglese deiSex Pistols e dei Clash. La poetessa Patti Smith e il fo-tografo Robert Mapplethorpe crearono una magi-ca sinergia, prima che lei diventasse un’icona rocke lui l’idolo delle gallerie d’arte di SoHo. Nella ferti-le follia che ogni sera albergava in locali come Mudd

donnalache

inventò IL LIBRO

La copertina

di Maripol

Little Red

Riding Hood

Tutte le foto

e i disegni

che illustrano

queste pagine

sono tratte

dal volume

(edizioni

Damiani,

45 euro)

che sarà

in libreria

il 21 ottobre

Repubblica Nazionale

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LA DOMENICA DI REPUBBLICA 39DOMENICA 17OTTOBRE 2010

Club, Club 57, Palladium e Danceteria, Maripol tro-vava ispirazione per le sue aggressioni alla moda.«La svolta arrivò a ventiquattro anni, quando in-contrai Elio Fiorucci. Mi mise in mano un bigliettoaereo per il giro del mondo e mi disse: “Torna condelle idee, inventa collezioni”».

«La prima volta che misi piede nella boutique diFiorucci a New York avevo quindici anni ed erocompletamente pazzo», racconta Marc Jacobs,«ma già conoscevo Maripol. Non era solo una bou-tique, ma un posto dove incontrarsi». Percorsi pa-ralleli che si sarebbero incrociati solo decenni piùtardi quando Jacobs, ormai star della moda, leavrebbe commissionato una serie di accessori damettere in vendita nelle boutique del Village. Nel1981 Maripol incontrò il fotografo Jean-Paul Gou-de che le affidò lo styling del volume fotografico Jun-gle Fever, protagonista Grace Jones. «C’era ancheuna mia foto in cui me la lecco. Gli ho chiesto il per-messo di usarla in questo libro, mi ha risposto che ètroppo scandalosa. Che noia. Stiamo ridiventandopuritani», protesta Maripol. Tra i cimeli che conser-va, c’è la copertina del primo album di Madonnacon la dedica: «Maripol sei il più perverso surroga-to di madre che io abbia mai incontrato». Louise Ve-ronica Ciccone, orfana di madre, era arrivata dalMichigan a New York senza una lira, ma al contra-rio di Maripol con molte aspettative. Non si perde-va una festa al Danceteria e, già intrigata dal ma-schio latino, flirtava con il dj John Jellybean Benitez,mentre la Lower Manhattan postpunk diventava ilteatro dei primi graffitari, Haring e Basquiat, i nuo-vi pupilli di Warhol. Madonna entrò prepotente-mente in scena dalla porta del pop. Era già una divaquando la regista Susan Seidelman la chiamò a in-terpretare il ruolo di protagonista in Cercasi Susandisperatamente (1985). Sul set si scatenò l’inferno.«Madonna sta cambiando completamente la sce-neggiatura», protestò la coprotagonista RosannaArquette. Maripol metteva benzina sul fuoco. «Fuiio che “ordinai” a Madonna di intervenire sulla sce-neggiatura e, soprattutto, sui costumi», precisa. «“Èun’occasione unica”, le dissi, “non puoi sprecarla”.E così tutto il guardaroba, accessori compresi, fu ri-fatto. Madonna è una che ascolta, è intelligente, sadi chi fidarsi».

Il pubblico lo ignorava ma quelli dell’immigra-zione sapevano bene che croci e provocazioni era-no tutta opera di Maripol, e più di una volta le rifiu-tarono il visto d’ingresso. Nel 1986 Andy Warhol laraccomandò al Bureau of Immigration and Natu-ralization con una lettera: «Maripol è una disegna-trice di talento che ormai è parte integrante della

scena artistica e del fashion business di New YorkCity». «Anche Madonna ne inviò una dettagliatissi-ma», aggiunge Maripol, «ma dovetti comunque ri-volgermi a uno studio legale quella volta che nonvolevano farmi rientrare dalle Bahamas. Quandofinalmente riuscii a rimettere piede nel mio studio,scoprii che le collaboratrici mi avevano scippato ditutto, soldi, clienti, idee. Finii in bancarotta e rico-minciai da freelance. Per fortuna arrivò l’esplosio-ne della videomusica a salvarmi il culo».

Oggi la stilista che ha attraversato col suo “Mari-politan style” la New York del Paradise Garage e del

CBGB, della dance fever e degli anni in cui gli amicise ne andavano uno a uno in una malinconica sinfo-nia degli addii (Warhol morì nel 1987, Basquiat nel1988 per overdose, Haring due anni dopo di aids),continua a credere nel potere creativo di Manhat-tan. «Ora New York se la giocano le nuove genera-zioni», conclude. «Io scommetto su mio figlio, LinoMeoli, che è già un dj affermato. Ha vent’anni, bion-do, occhi azzurri come suo padre, che è di origini na-poletane. Bellissimo. Noi abbiamo costruito le fon-damenta, adesso tocca a loro edificarci sopra».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

LE IMMAGINIDa sinistra: i crocefissi e sotto“Pink Madonna”; a lato Maripolcon Keith Haring e Madonna,in basso le due amiche in un autoscattoQui sotto, i bozzetti per Cercasi Susandisperatamente e, a lato, ancoraaccessori per il look di Madonna

“I discografici la volevano mora, una latinacon le labbra rosse. Dissi: non se ne parla”

“Mi dedicò il suo primo album con la frase:sei il mio più perverso surrogato di madre”

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40 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 17OTTOBRE 2010

Rossi superstarPrati e boschi, ulivi e cipressi, e poi vigne e ancora vignea ricamare i profili delle colline tra Siena e FirenzeIl primo disciplinare di questo protagonista dell’enologiaitaliana fu stilato dai Medici nei primi del SettecentoDa allora sono passati tre secoli, ma la sua anima nobilee proletaria continua a sedurre tanto il palato quanto la vista

Un vino-cartolina. Lo guardi(il colore!), lo annusi (fruttirossi e sottobosco), ne gustiun sorso, chiudi gli occhi. Inquel preciso momento ilChianti smette di essere vi-

no e diventa paesaggio, il Chiantishire: sa-liscendi d’erba e boschi, gli ulivi, una pieve,il sole che filtra fra i rami, la virgola di unosterrato disegnata tra i cipressi, il giallo cal-do del casolare poco più in su. E poi vigne,e vigne a ricamare i profili delle colline.

La meraviglia delle colline del Chianti di-stillata in un bicchiere è storia antica. «Peril Chianti è restato determinato e sia. DalloSpedaluzzo fino a Greve; di lì a Panzano,con tutta la Podesteria di Radda, che con-tiene tre terzi, cioè Radda, Gajole e Castel-lina, arrivando fino al confine dello Stato diSiena». Era il 1716, quando Cosimo III de’Medici decise di formulare il primo disci-plinare del Chianti, definendo i confini del-la zona di produzione e annunciando penesevere in caso di contraffazione e trafficoclandestino.

A quel momento, infatti, il Chianti era giàuna star dell’enologia, e nel Centro Italia insuo nome venivano prodotti vini rossi qua-si mai all’altezza dell’originale, e soprattut-to estranei al miracoloso terroir, fatto diumori e odori, piani scoscesi e protezionid’ombra, temperature estreme e zolle be-nedette dal dio dei vini. E acqua, tanta ac-qua, mille rivoli a percorrere le vene dellaterra dei Medici, tanto che l’etimologia piùaccreditata della parola Chianti è identifi-cata nel termine etrusco clante, acqua.Sembra uno scherzo, è il passaporto dieternità per il rosso d’antàn nato sul bilicotra Firenze e Siena: è l’acqua che permettea vigne vecchie e vecchissime di resisterealle estati brucianti e a risvegliarsi dopomesi di freddo da inverno russo. Così, in-curante del clima ruvido e di certe forzatu-re della moda, il Chianti continua a sedur-re in virtù di una piacevolezza che rapisce ipalati semplici e stupisce quelli raffinati.

Un vino di opposti. Negli anni in cui lacucina italiana parlava toscano, finiti i mo-menti più duri del dopoguerra, quando iprodromi del boom economico autorizza-vano le prime timide incursioni al ristoran-te, l’anima proletaria del Chianti era tuttain quella bottiglia impagliata appoggiatasul tavolo. Il fiasco era lì per raddoppiare latentazione della bistecca, carne rossa e ro-busta da gustare senza nessun altro lusso.Eppure, il Chianti è stato sempre anche vi-

no da nobili, come testimoniano oggi letante etichette legate a casati patrizi, chemai ne hanno dismesso la produzione,malgrado il fascino dei nuovi supertuscans.

I pochi guai legati a una produzione sucui per secoli non è tramontato mai il solesono figli delle diatribe fra produttori, innome di marchi da giocarsi a colpi di cartebollate. Per fortuna, la verità del bicchierecontinua a premiare i più bravi. Regalateviqualche giorno di pace, tra passeggiate si-lenziose e buone letture davanti al caminoin una delle strutture che punteggiano lacampagna chiantigiana. Senza aspettarel’ora di cena, godetevi due fette di pro-sciutto e una scheggia di pecorino con unbicchiere di Chianti serio. L’autunno vi ap-parirà dolcissimo.

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LICIA GRANELLO

Chianti

i sapori

Poggibonsi

Colli senesi

Classico

Montespertoli

Rùfina

Montalbano

Colline pisane

Colli fiorentini

Colli aretini

Grevein Chianti

CastelfiorentinoCapannoli

Pontedera

Empoli

FIRENZE

GambassiTerme

Siena

Monteriggioni

Sovicille

Casoled'Elsa

SanGimignano

Montaione

San Miniato

Colledi Val d'Elsa

10 chilometri

TOSCANA

Volterra

Dove il vinodiventòpaesaggio

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LA DOMENICA DI REPUBBLICA 41DOMENICA 17OTTOBRE 2010

itinerariAppassionato cultore di vini e chiantigiano doc,Giovanni Capecchi seleziona il meglio dell’enologia nazionale per gli scaffali dell’enoteca Padovani, a Prato, dove il Chianti regna sovrano

Radda (Si)Appoggiato sull’altura che divide le vallidella Pesa e dell’Arbia, immerso tra boschie uliveti, il bel borgo murato d’impiantomedievale è una perla del turismorurale toscano

DOVE DORMIREPALAZZO SAN NICCOLÒVia Roma 16Tel. 0577-735666Camera doppia da 110 euro colazione inclusa

DOVE MANGIARELA PERLA DEL PALAZZO (con camere)Chiasso dei portici 8Tel. 0577-735640Chiuso giovedì menù da 35 euro

DOVE COMPRAREENOTECA PORCIATTI Piazza 4 NovembreTel. 0577-738055

Gaiole (Si)Proprietari del castello di Brolio,costruito all’inizio del dodicesimo secolo,i baroni Ricasoli hanno battezzatola cultura enologica della zona,dove le vigne si alternano alle pievi

DOVE DORMIRELA FONTE DEL CIECOVia Ricasoli 18Tel. 0577-744028Camera doppia da 80 euro colazione inclusa

DOVE MANGIAREOSTERIA DEL CASTELLOLocalità Madonna a BrolioTel. 0577-730290Chiuso giovedì menù da 40 euro

DOVE COMPRARECANTINA ENOTECA MONTAGNANIVia Baccio Bandinelli 13Tel. 0577-749517

Castellina (Si)Si articola tra la Rocca medievalee via delle Volte – affascinante passaggiocoperto lungo le mura – il borgo di origineetrusca che completa il trio originariodella Lega del Chianti

DOVE DORMIREPALAZZO SQUARCIALUPIVia Ferruccio 22 Tel. 0577-741186

DOVE MANGIAREALBERGACCIO DI CASTELLINAVia Fiorentina 63Tel. 0577-741042Chiuso domenicamenù da 40 euro

DOVE COMPRAREENOTECA DI FONTERUTOLI(con cucina e camere)Via Ottone III 5Località FonterutoliTel. 0577-73571

TerritorioQuella del Chianti è stata la primazona vinicola al mondo delimitata e definita per legge, grazie al bandodel Granduca Cosimo III nel 1716L’ultimo allargamento è del 1996

Chianti Classico 2007 Riecine

da 14 euro

UveSangiovese, e poi Canaiolo nero,Trebbiano, Malvasia, più piccolepercentuali di altri vitigni a bacca rossa,tutti coltivati nelle zone previstedal disciplinare

Chianti classico riserva 2007 I Fabbri

da 18 euro

SottozoneIntorno all’originaria “provincia del Chianti”, si sono sviluppate settearee di produzione: Colli Aretini,Senesi, Fiorentini, Colline Pisane,Rùfina, Montalbano e Montespertoli

Bucerchiale 2007 Selvapiana

da 22 euro

SuperioreRecuperata nel 1996, la menzione si applica al comprensorio del Chiantiescluso il Classico, premiando vinidal disciplinare più rigoroso del Chianti Docg

Superiore 2007 Monastero

da 8 euro

AbbinamentiEtà, uvaggio, zona di produzioneallargano il ventaglio della scelta,dalle zuppe di pesce (colline pisane)alla cacciagione fino alla costata alla Fiorentina, detta bistecca

Classico 2007 Castello di Ama

da 29 euro

La mia vendemmiafesta di voci e colori

STEFANIA SANDRELLI

La cosa che mi piace di più è visitare le vigne, so-prattutto durante la vendemmia, è una festa dicolori, di voci, di profumi, di rumori, c’è un’alle-

gria antica che ritorna ogni anno, da secoli. E mi piacequando a primavera vado con Giovanni a Villa Rosina,una magnifica villa del Seicento, in provincia di Trevi-so, dove Sandro Bottega ha sistemato gli uffici per qua-rantacinque persone, le cantine, la distilleria, tre mu-sei. Acino d’Oro, il nome del nostro vino, è prodotto alCastello di Meleto nel cuore del Chianti a Gaiole: San-dro vuole che lo assaggiamo prima di imbottigliarlo.Ormai credo di aver imparato a distinguere gli aromi ei sapori, mi piace dare il mio parere, sono anni che è na-ta la nostra collaborazione. Tutto è cominciato nel1993, una sera d’autunno davanti ad un camino acce-so. Sandro, amico da sempre di Mario e di GiovanniSoldati, ci fece assaggiare un prosecco che aveva chia-mato Il Vino dei Poeti. Lo trovai fantastico. La passio-ne con cui Sandro parlava del suo lavoro mi affascinò,lo ascoltavo incantata. Perché non facciamo qualcosainsieme? Non ricordo chi di noi lo disse, ma comin-ciammo a parlare di progetti, all’inizio per scherzo poicon più calore.

L’anno dopo nacque Acino d’oro, un Chianti classi-co. Quando ho letto l’etichetta con le nostre firme misono emozionata: Stefania Sandrelli, Giovanni Solda-ti, Sandro Bottega. E mi sono emozionata quando siaAcino d’oro che Acino d’oro riserva, lanciato nel 2005,hanno ottenuto la certificazione del consorzio GalloNero. Intanto dall’abitudine al prosecco sono passataal vino rosso, ho imparato il piacere di bere nel modoe nella quantità giusta. Purtroppo non ho molto tem-po, ma cerco di seguire le infinite iniziative di Sandro.Per il centenario di Mario Soldati ha creato nella LineaMaestri, una bottiglia unica: una grappa chiamataMaestri. Nel tempo gli altri Maestri sono stati: Bernar-do Bertolucci, Ettore Scola e Alberto Sordi.

I prodotti sono tutti biologici: una grappa che nonbrucia la gola distillata con un suo metodo segreto,una grappa per bambini analcolica al cioccolato,grappe di mirtilli per i giovani. Ha addirittura fatto uncatalogo Braille per i non vedenti. E le bottiglie! Solo ve-tro di Murano, lavorato a mano su suoi disegni. Sonostate esposte in vari musei.

Poche sere fa siamo stati a cena con Robert De Niro,amico di Giovanni dai tempi di Novecento quando la-vorava come assistente di Bertolucci. Gli abbiamo re-galato una delle ultime creazioni di Sandro, due botti-glie di Grappa Spray. Lui era incantato, prima dallebottiglie poi dalla grappa spruzzata nel caffè. Abbiamoscherzato sulle varie possibilità di uso.

Non posso dire di essere diventata un’esperta, maquesta collaborazione cominciata per scherzo è di-ventata una cosa importante nella mia vita e in quelladi Giovanni. Mi sento orgogliosa quando i “nostri” vi-ni vincono premi nel mondo. Per me il vino è un donodella natura. Non dimentico mai la bella definizione diMario Soldati, che ho avuto la fortuna di frequentare edi amare. Diceva: “Il vino è la poesia della terra”.

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RiservaLa produzione di Classico invecchiatadue anni, di cui tre mesi in bottigliae con alcolicità superiore ai 12,5°consente di apporre la dizione“Riserva” sull’etichetta

Classico Riserva 2005 Castell’in Villa

da 25 euro

ClassicoEreditato dalla medievale Lega del Chianti, il gallo nero in campodorato identifica il vino prodotto tra Firenze e Siena, intorno a Radda,Gaiole e Castellina

Classico 2008 Badia Coltibuono

da 12 euro

RùfinaLa più piccola delle sottozonecomprende le colline a est di Firenze,intorno al comune di RùfinaLa Valdisieve, terra calcarea, regalaChianti tosti, da invecchiamento

Nipozzano 2007 Frescobaldi

da 13 euro

Repubblica Nazionale

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le tendenzeNuovi negozi

Milioni di persone già lo sanno. Per fare comprare abitie accessori non c’è bisogno di uscire, basta un clic in pausapranzo o un touch in treno sull’iPad. E il gioco è fattoEcco perché da Dolce e Gabbana ad Armani le griffepiù celebri curano sempre più le proprie boutiquevirtuali. Puntando su personalizzazione e velocità

42 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 17OTTOBRE 2010

Otto milioni di visitatori al mese. 717mila ordinieffettuati. Un acquisto ogni 22 secondi. Sono inumeri dello shopping online nei primi sei me-si del 2010 del Gruppo Yoox, l’impero che con-trolla yoox.com e thecorner.com più ventitré si-ti di famosi stilisti internazionali. È la punta del-

l’iceberg di una tendenza planetaria, lo shopping online, chesta rivoluzionando il mondo della moda. Perché, sempre se-condo i dati di Yoox, i problemi di taglie o misura non frenanopiù gli acquisti; gli uomini comprano quanto le donne (su treacquirenti, uno è maschio) e i momenti dedicati alle vetrinevirtuali sono cambiati (la pausa pranzo o l’orario di lavoro inEuropa; il momento dell’aperitivo e la sera tardi negli Stati Uni-ti o in Asia). Non solo: le nuove applicazioni per iPad, iPhone esmartphone hanno consentito a una compratrice belga dispendere ben tremila euro per una giacca firmata. Di conse-guenza, il fashion system ha messo in campo un esercito di ini-ziative col compito di vincere la guerra tra negozi reali e vir-tuali.

Il primo requisito per garantire un’esperienza di lusso è l’in-trattenimento. I cortometraggi visti sui siti prada.com, miu-

miu.com e valentino.com servono per immergere l’acquiren-te in una dimensione di sogno. L’altra carta vincente è la per-sonalizzazione: così, sul sito louisvuitton.com, si possono im-primere le proprie iniziali sulla borsa preferita scegliendo traben diciassette colori diversi. C’è poi l’argomento “heritage”,ovvero l’insieme delle peculiarità che contraddistinguonouna maison. Seguendo questa riscoperta delle origini, su max-

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Acquisti onlinesfida all’ultimo sito

IL TAVOLODwell ha il pianoin massello e gambacentrale metallicaUn’idea Armani CasaLe misure sul sito

IL SETNella linea Diamante

Plus, Gucci proponesolo online il setdi custodie per iPade Blackberry

LA BORSAIn vernice rossacon clip frontale,la tracolla Pradaè l’accessorio cultdel sito. In vari colori

SIMONE MARCHETTI

Shopping!

mara.com oggi si può acquistare il mitico cappotto “101801”,facile da indossare e simbolo del marchio. E su robertocaval-

li.com si ripercorrono i momenti più importanti nella carrieradello stilista in occasione dei suoi quarant’anni di attività. C’èpoi il tentativo di interagire col pubblico, senza filtri, come di-mostrato ultimamente dal nuovo sito gucci.com e dalla relati-va pagina Facebook. Mentre Giorgio Armani ha chiesto ai suoiestimatori di diventare registi e fotografi registrandosi sul sitogiorgioarmani-framesoflife.com, in occasione della riedizio-ne degli occhiali che creò negli anni Ottanta. Dolce&Gabbana,infine, sono stati i primi a credere nel web e a creare swide.com,un magazine online a metà strada tra blog e informazione, percomunicare tutte le iniziative e invogliare allo shopping. Ma lavera rivoluzione è arrivata lo scorso settembre da Londra: po-chi minuti dopo la sfilata di Burberry, sul sito burberry.com sipotevano ordinare gli abiti visti in passerella. Tempi di conse-gna? Un mese e mezzo, ovvero la metà rispetto alle tempisti-che del sistema.

L’operazione ha l’odore di fantascienza, soprattutto se sipensa che marchi come Chanel continuano a non scegliere l’e-commerce e a dirottare i clienti virtuali nelle boutique reali. «Ilvero problema, però, non è scegliere tra Internet e negozi tra-dizionali», dice Andrea Panconesi, deus ex machina di luisa-

viaroma.com, sito di e-commerce italiano di grande successointernazionale. «La scommessa di domani sarà far combacia-re i due ambiti, cercando di capire le rispettive peculiarità. E diavvicinare reale e virtuale fino quasi a farli coincidere».

LA COLLANANastro di gros-graine velluto, catena,perle con ottone:è la Mise en Dior

Sul sito della maison

GLI STIVALISono diventati un mustgli stivali “col fiocco”proposti da ValentinoQui, modello effettopizzo con tacco basso

moda.com

Repubblica Nazionale

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LA DOMENICA DI REPUBBLICA 43DOMENICA 17OTTOBRE 2010

“Ho messo Marc Jacobs su Twittere così si è aperto un mondo”

PARIGI

Èstato il primo a uscire dal consiglio di amministrazione per finire su Twitter. L’uni-co a postare su internet il re del suo impero in ciabatte e con la faccia distrutta. Ro-bert Duffy, amministratore delegato di Marc Jacobs, non va per il sottile. E in fatto

di shopping reale e virtuale si è mosso in anticipo su molti suoi colleghi. L’abbiamo in-contrato a Parigi, per la presentazione di The Men and women of Marc Jacobs, un catalo-go sulla carriera dello stilista più famoso in Usa, con gli scatti di Brian Bowen Smith.

Perché, l’anno scorso, ha scelto di abbandonare i canali istituzionali per usare Twitter?«Tutto è nato per caso. Ho iniziato a “twittare” frasi per amici e parenti. In breve, le per-

sone che mi seguivano sono diventate settantamila. A quel punto, molti sostenevano chenon fossi io a postare i commenti. Così ho fotografato Marc al lavoro, una notte prima del-la sfilata. Il giorno dopo la foto ha fatto il salto dal New York Times a Vogue fino al Wa-shington Post. E il pubblico di Twitter è passato a più di venti milioni di ascoltatori. Pen-so non ci sia bisogno di commenti, ma solo di una riflessione sulla velocità di oggi».

A proposito di velocità. Burberry, dopo l’ultima sfilata, ha tagliato i tempi di produzio-ne consentendo ai clienti di ricevere i capi un mese e mezzo dopo lo show. Che ne pensa?

«Che è un’iniziativa importante e coraggiosa. Ma che non riguarda Marc Jacobs. Ognimaison è una realtà a sé. Noi abbiamo tante linee proprio per assecondare bisogni di-versi. Veloci e lenti. Di una cosa, però, sono convinto: oggi non si deve ragionare per sta-gioni, ma focalizzarsi sul flusso costante di idee creative».

Resta la questione degli acquisti online, in crescita rispetto a quelli dei negozi.«Diciamo che la nostra azienda ha dedicato la linea più giovane e meno dispendiosa

Marc by Marc Jacobs alla missione web. Anche nell’esperienza con Louis Vuitton (di cuiMarc Jacobs è direttore artistico, ndr), abbiamo capito che sono gli accessori-icone, co-me quelli creati con artisti come Stephen Sprouse e Takashi Murakami, ad essere ri-chiesti e venduti in Rete. Per quanto riguarda gli abiti della fascia di lusso, invece, trovoche la realtà della boutique sia ancora un’esperienza importante per i clienti. La scom-messa è renderla più forte, più emozionante e quindi più “reale” di prima. Non bisognafarsi travolgere dalla sbornia virtuale. Non a caso, ultimamente abbiamo aperto a NewYork la prima libreria firmata Marc Jacobs. Ai tempi di Amazon, penso sia un segnale im-

portante. E ovviamente controtendenza».Quali sono, quindi, i requisiti per traghettare il fashion system nel futuro?

«Più che focalizzarsi sulla dicotomia tra shopping reale e virtuale, occorre ca-pire che la moda non riguarda solo i vestiti. Ma il modo di vivere in generale. L’e-sperienza di leggere, informarsi, divertirsi, sognare. Chi riuscirà a rendere este-ticamente bello e desiderabile tutto questo, avrà in mano il successo di domani».

(s.m)

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RALPHLAUREN.COMCorti circuiti: sul sitola griffe lancia il nuovostore di New York

BURBERRY.COMDopo la sfilata gli abitisono acquistabili onlineprima che in boutique

DIOR.COMModa, profumi,accessori, cosmetici:tutto online

MAXMARA.COMHeritage: si puòacquistare ancheil mitico “101801”

LOUISVUITTON.COMPersonalizzazione:online le proprieiniziali sulla borsa

GUCCI.COMNella boutique virtualesi acquistano dagli abitiagli accessori

GIORGIOARMANI.COMIn framesoflife.comgli scatti e i videodei suoi estimatori

PRADA.COMIntrattenimento:sul sito anchei cortometraggi

LA GIACCAIn vellutodoppio petto,la giacca Dolcee GabbanaMolte sorpreseper i clientinel virtualstore

IL CAPPOTTOMolto riccoil sito Max Maraoffre un’ampiagammadi abitida donnae cappottiAnche storici

DOLCEGABBANA.COMOltre all’online storeanche swide.com,tra magazine e blog

LA LANASportivo-chiccon giaccain feltro di lana:l’uomo Burberrydella collezioneProrsum

si mostrasul web

L’ESTROMini abito blucon grafismie grande estroper le scarpecon gambalidiversiUn’ideaVersace

L’ELEGANZAGusto inglese,comfortamericano:così RalphLaurenconquistagli uominianche online

LA SEDUZIONEIl lusso, gli spotle collezioni:il sito LouisVuittonseducele clienti coni suoi modellibon ton

Repubblica Nazionale

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44 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 17OTTOBRE 2010

l’incontroNazionalpopolari L’infanzia vissuta in provincia,

il padre comunista, un fisicoda maggiorata di cui non andavafiera: “Più che ai miei coetaneipiacevo ai loro zii”.Ha fatto il cinema

d’autore ma anchei film di Natale. I calendari,uno spogliarelloper la sua Roma, gli spote le serie tv:“Ma alla fineio sono sempre la stessa,e a chi arriccia il naso

rispondo: questo mestierenon è d’élite, è intrattenimento”

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Il mio peccatoè la perfezione:non ho maispeculato su nienteho sempre fattoquello che mi parevagiusto, lavorocon grande passionee determinazione

soprattutto dal cinema erotico un po’volgare che si faceva negli anni Ottan-ta. Ma lei, figlia di un dirigente del Par-tito comunista italiano che le ha incul-cato, insieme alla passione per la poli-tica, valori come l’onestà e l’integrità,rifiuta. Anche perché del suo fisico nonera particolarmente fiera, soprattuttodurante l’adolescenza a Fiano. «Nonavevo i fidanzatini come le altre ragaz-zine. Il primo fidanzato l’ho avuto pas-sati i vent’anni. Perché ero fuori misu-ra, fuori luogo, avevo le tette, ero ab-bondante. E ho sempre avuto una testamolto riflessiva, non parlavo da teena-ger. Più che ai miei compagni di liceo,piacevo ai loro zii».

In realtà, dice, «neanche adesso pen-so di essere bella. Non mi sono mai pia-ciuta, non perché non stessi bene con ilmio fisico, me lo trovavo addosso, loconstatavo e basta, non lo consideravobellezza. Forse ho cominciato a creder-ci quando ho fatto il calendario, ha avu-to il significato di una celebrazione, unriconoscimento ufficiale. Ma continuoa pensare che non è mai un bel culo a fardire che una donna è bella. Soprattuttonel mio mestiere il consenso passa pri-ma attraverso l’accettazione da partedel pubblico, attraverso il gradimen-to».

Il calendario per il Duemila del men-sile Max — un milione di copie vendu-te — come lo spogliarello nel 2001 per itifosi giallorossi sono alcune delle tan-te scelte contrastanti che rendono par-ticolare la carriera di Sabrina Ferilli. Leinon rinnega nulla, neanche quel «bea-to chi se lo fa» dell’ultima pubblicità incui è protagonista, che per qualcuno èirritante. «Il finale di uno spot deve ri-manere in testa, deve essere d’effetto:lo sono quelli di Gigi Proietti, di ClaudioBisio, di Aldo Giovanni e Giacomo». Enon importa se Luciana Littizzetto neha fatto una perfida, esilarante imita-zione, «perché ho un’enorme stima perlei. E poi sono un personaggio nazio-nalpopolare, mi fa piacere anche lapresa in giro. Non sono permalosa, an-zi sono contenta quando la Reggiani di-ce che con le mie imitazioni si è com-prata casa».

Nazionalpopolare e perfetta, così sidefinisce la Ferilli. Perfetta? «Sono tal-mente perfetta che invidio chi com-mette peccati, il mio peccato è la perfe-zione. Non ho mai speculato su niente,mi sono sempre messa a disposizionedi quello che ho pensato fosse giusto,lavoro con grande passione e determi-nazione». Però sfuma: «Non è che nonho difetti. Cerco di non sbagliare e pernon fare danni mi sono limitata, non hofatto un sacco di cose: è nella perfezio-

ne che sono imperfetta».Perfetti forse sono stati gli inizi della

carriera, cominciata con prudenza, fa-cendosi notare in piccoli ruoli come laservetta de Il volpone di Maurizio Pon-zi o la sfacciata Zaira in parrucca bion-do platino di Americano rosso di Ales-sandro D’Alatri, fino all’ingresso nelmiglior cinema d’autore con Diario diun vizio di Marco Ferreri: è la camerie-ra Luigia, uno dei ritratti più interes-santi e ricchi di contraddizioni dell’u-niverso femminile del regista, esube-rante, spudorata, generosa, amorale.

Poi l’incontro con Paolo Virzì, che leha offerto personaggi intensi come Mi-rella in La bella vita, divisa tra l’affettoper il marito operaio e l’infatuazioneper un vanesio conduttore di tv locale;Marisa, la burina arricchita che vive unmalinconico matrimonio in Ferie d’a-gosto, o la squinternata manager delcall center in Tutta la vita davanti.

Sarà per i guizzi dell’imperfezioneche, tra un film e l’altro, c’è un festival diSanremo (1996) presentato con Pippo

Baudo — «mi è rimasta la memoria diun manicomio, il meccanismo più fol-le che abbia mai conosciuto, l’espe-rienza che mi ha fatto sbarellare più diogni altra» — e una presenza instanca-bile in serie e film televisivi, che la im-pegna tuttora. L’ultimo, Caldo crimi-nale, è andato in onda a fine settembresu Canale 5 e ha avuto l’audience più al-ta della prima serata: un thriller di ErosPuglielli in cui interpreta una disegna-trice di fiabe. Mentre ha appena finitole riprese della seconda serie di Anna ei cinque, con la regia di Franco Amurri.

«Tutte le scelte che faccio sono det-tate dalla passione. Tante cose che hofatto per la tv non sono inferiori al cine-ma. Certo ho fatto anche cose menobelle, forse non avrei dovuto lavorarenei seriali, ho avuto la batosta di Dueimbroglioni e mezzo con Claudio Bisioche non è andato bene. Ma pensare digestire una carriera lunga come la mia,appoggiandosi solo sul cinema e suquello che ritieni eccezionale, credo siaimpossibile. Io ho un carattere pro-rompente, mi piace fare, stare semprein opera, anche rischiando. Nella miavita non ho mai fatto niente per staretranquilla. Ho fatto cinema d’autore eSanremo, la commedia musicale e la tv,la prosa e i film di Natale: non credo chetra le mie coetanee sia così usuale».

Riconosce che «la pluralità delle scel-te non aiuta a essere messa a fuoco dalpubblico, ma io credo che questo sia unmestiere popolare. Non deve esserciuna selezione, tutti gli argomenti sonotrattabili, anche i più scabrosi. Non è unlavoro d’élite, ma di intrattenimento, diforza evocativa. Certo, ci sono perso-naggi che mi sono più cari, ma sonoquella che sono per i film di Virzì, di Fer-reri, dei Taviani, ma anche e per fortu-na per il lavoro con i fratelli Frazzi, Ca-pitani, Pozzessere, Stefano Reali».

Se sul piano professionale la Ferilli èriuscita «almeno nell’ottanta per centodi quello che mi ero prefissata, nella vi-ta sentimentale è stata tutta una sottra-zione. Sono state mie scelte, non pian-go per aver avuto sfiga, ma ho subìto di-verse sconfitte, un matrimonio e un di-vorzio che per fortuna, non essendocifigli, è stato veloce».

Dal 2005, dopo il divorzio dall’im-prenditore Andrea Perone, la Ferilli vi-ve con Flavio Cattaneo. «Ho semprecercato la stabilità, vengo da una fami-glia che mi ha inculcato questa idea. Di-rei che sono nata stabile, anche quan-do la vita mi ha dato le spallate ho cer-cato di restare ferma. E finalmente so-no stata fortunata. Sto con un uomo in-telligente, poco più grande di me. Fla-vio è un ragazzo molto posato, bravo

nel suo mestiere e questo per me è im-portante: non potrei stare con una per-sona che non vive il lavoro con la miastessa serietà e determinazione. Amia-mo le stesse cose, ci piace commentarela lettura dei giornali, discutere proble-mi politici: è il compagno di vita chenon avevo mai avuto, un’intesa che vaoltre l’amore».

Ci sono almeno due argomenti chein un incontro con la Ferilli è impossi-bile trascurare: la Roma e la politica.Quando ne parla, il romanesco si ac-cende e si colora. «Sono stata per la pri-ma volta allo stadio quindici anni fa, miha portato il dottor Garinei con Massi-mo Ghini e Rodolfo Laganà. Me so’ in-namorata e la passione è immutata.Certo, sono tempi neri, ma Totti c’è eRanieri ha detto che dobbiamo staretranquilli. Purtroppo a Roma “tran-quillo” si usa anche con altri significatipoco rassicuranti».

Malgrado bisticci e disappunti, co-me quello con la Belillo a proposito del-la fecondazione assistita — «Diverbiocomposto? Quella si è protetta conl’immunità parlamentare!» — la pas-sione è immutata anche per la politica.«Io sono sempre del Pd, anche in que-sto momentaccio. Che dire? Che c’han-no troppe idee, bisogna averne di me-no, essere più forti, più concentrati, de-ve parlare meno gente e basta con tutte‘ste correnti! Il segretario è Bersani, è luiche deve decidere chi, come, quando eperché. Penso che mai come in questomomento c’è bisogno non di allargare,ma di tornare all’attaccamento territo-riale, ai progetti, alla politica vera, agliideali forti. C’è da stringere il raggio,non c’è da diventare più rosa, dobbia-mo diventa’ più rossi».

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MARIA PIA FUSCO

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Sabrina Ferilli

«S e a vent’anni miopadre non miavesse buttatofuori di casa e non

mi avesse preso un monolocale a Ro-ma, la mia vita sarebbe stata diversa.Perché lui capiva che dei tre figli eroquella più reticente ad andar via e conpiù problemi a staccarmi dalla fami-glia». Ed è così che Sabrina Ferilli lasciòla vita tranquilla a Fiano Romano —dov’è nata nel 1964 — per affrontare lagrande città e conquistare il futuro. Acominciare «dalla Lucente, una ditta dipulizie dove ho lavorato part-time, lamattina rispondevo al telefono. Ci sonorimasta tre anni».

Il futuro era il cinema, «ma non sonodi quelle che “fin da bambina” sognanodi fare l’attrice. Ci ho pensato tardi, giàadolescente, vedendo i film in bianco enero, a Fiano non c’era molta scelta.Qualche volta mio padre mi portava aRoma a vedere le marionette al Pincio,ma il cinema era l’attrattiva principale.Ero pazza di Stanlio e Ollio, di Totò, An-na Magnani, Sophia Loren. Mi piaceva-no anche gli stranieri, ma i miei mitierano gli italiani».

La prima delusione arriva con il ten-tativo fallito di entrare al Centro speri-mentale. Ma Sabrina Ferilli non è unache si arrende facilmente e aggira l’o-stacolo, andando il pomeriggio all’Ac-cademia d’arte drammatica a lezionedi recitazione con Claudia Giannotti.Con il suo fisico prorompente, da mag-giorata di una volta, in netto contrastocon la moda imperante della tagliatrentotto, non le è difficile farsi notare, © RIPRODUZIONE RISERVATA

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