Adolescente e dsa e DSA - Prof... · occasioni di vivere la mia adolescenza, avevo sempre...

150
ADOLESCENTI E DSA Nicoletta Cibinel Psicopedagogista/insegnante di sostegno Specializzata in Psicopatologia dell’apprendimento (Univ PD) Socia Airipa e Cnis - E-mail: [email protected] Master di I Livello in Didattica e psicopedagogia per i DSA Verona, 7 dicembre 2012

Transcript of Adolescente e dsa e DSA - Prof... · occasioni di vivere la mia adolescenza, avevo sempre...

ADOLESCENTI

E DSA

Nicoletta Cibinel

Psicopedagogista/insegnante di sostegno

Specializzata in Psicopatologia dell’apprendimento (Univ PD)

Socia Airipa e Cnis - E-mail: [email protected]

Master di I Livello

in Didattica

e psicopedagogia

per i DSA

Verona,

7 dicembre 2012

% E DSA … In Italia si stima che il 3-5% della popolazione in età

scolare presenti un DSA.

Le diagnosi effettive rilasciate dai Servizi Sanitari Pubblici sono circa l’1%!!!

Questo significa che sono molti i casi di DSA non riconosciuti con conseguenze:

sul percorso scolastico frequenti bocciature, abbandoni scolastici

sulla carriera lavorativa scelte per il futuro basate non su interessi e capacità ma in base alle proprie difficoltà

a livello psicologico

a livello sociale

EVOLUZIONE DEL DISTURBO:

I DSA sono EVOLUTIVI e tendono a migliorare

spontaneamente (Stella et al, 2001, Tressoldi et al 2001, …)

PURTROPPO la fase più acuta del disturbo coincide proprio con il periodo scolastico in cui maggiori sono le richieste sul piano della lettura-scrittura-studio.

Poi i piccoli dislessici crescono …

Le peculiarità legate al disturbo permangono, anche se in maniera del tutto individuale (e quindi imprevedibile!).

NELLA VITA

QUANTO INFLUISCONO I DSA?

Già da bambini influenzano in maniera pesante e condizionano

l’immagine di sé: non è piacevole faticare per fare cose, come leggere e scrivere o far di conto, che al compagno di banco vengono senza troppo impegno.

Se poi non vengono diagnosticati e capiti, si sentono definire “pigri” o “asini” quando invece, ad esempio, il cervello di un dislessico per leggere lavora cinque volte di più di quello di un normolettore.

L’adulto può portarsi dietro alcune difficoltà: la fatica del leggere, a ricordare a memoria le cose, errori ricorrenti nella scrittura, difficoltà a ricordare le tabelline … viene però sostenuto dalla spiccata capacità di “pensiero laterale” comandato dall’emisfero destro, che gli consente di trovare soluzioni anche quando gli altri “annaspano”.

(da rassegna stampa di www.giulemanidaibambini.org)

RIFLESSIONI

SULL’ADOLESCENZA La scuola secondaria è frequentata da studenti

in piena adolescenza!

ADOLESCENZA:

periodo dell’età caratterizzato dal passaggio

dallo stato infantile a quello adulto

dell’individuo.

La “crisi” adolescenziale:

La parola “crisi” viene dal greco e significa “separazione, scelta, giudizio” indica una fase della vita difficile da superare. Questa fase è, infatti, caratterizzata dall’ansia per il futuro, dall’impulsività irruente, dal bisogno di rassicurazione e di libertà.

ADOLESCENTE DALLE MILLE SFACETTATURE:

può apparire TIMIDO, IMBRANATO, RIBELLE, SVOGLIATO, APATICO, VIZIATO, …:

E’ il periodo in cui inizia ad essere sempre più autonomo ed indipendente dalla propria famiglia: gli amici diventano sempre più importanti. Le relazioni col gruppo dei pari diventano più frequenti, intense, significative.

Ambienti più significativi

per un ragazzo adolescente:

AMICI,

FAMIGLIA

LA SCUOLA.

CARATTERISTICHE DELL’ADOLESCENZA:

desiderio di identificarsi come individuo;

bisogno di allontanarsi dal modello genitoriale per

ricercare un proprio modello;

richiesta di autonomia e di indipendenza;

bisogno di confronto e di accettazione del gruppo dei

pari: l’adolescente è molto attento a mostrare una

immagine di sé il più possibile positiva rispetto ai

valori del gruppo dei pari;

identificazione sessuale, vicende affettive molto

coinvolgenti;

irrequietezza, crisi;

difficoltà ad accettare le regole sociali.

È un periodo di grandi slanci: affettivi, ideativi, estetici, così come di isolamento, chiusura in se stessi, grosse delusioni, momenti di tristezza, rabbia e sconforto.

E’ ricerca di se stessi e dell’altro, per soddisfare il proprio bisogno di relazione e di intimità.

L’immagine dell’adolescente maggiormente condivisa dagli studiosi, è quella di soggetti che vivono una fase cruciale e delicata in un complesso di crescita caratterizzato da un elevato grado di indeterminatezza riguardo alla sessualità, alla cognizione, all’identità, alla moralità e alla socialità.

L’indeterminatezza è una caratteristica anche del processo di sviluppo fisico (il corpo subisce cambiamenti improvvisi, l’immagine che lo specchio riflette lascia sbigottiti. La presenza dei peli, la crescita dei seni, la comparsa del ciclo mestruale nelle donne e della barba negli uomini, sono segnali evidenti di crescita e di una maturità sessuale) e della crescita mentale.

TUTTO QUESTO PUÒ RENDERE ANSIOSI DI

FRONTE AGLI ADOLESCENTI.

… E ancora di più

di fronte ad adolescenti con DSA … anche perché

i ragazzi con DSA in adolescenza, non sono

tutti uguali!

L’ADOLESCENTE

CON DSA:

una bella sfida!

(per le famiglie, per

gli insegnanti , per le

istituzioni)!

“COMORBIDITÀ” …

… TRA ADOLESCENZA E DSA

ADOLESCENZA E DSA È necessaria

un’azione pedagogica che metta in

giusta relazione i due aspetti dai quali

emerge un’immagine di sé che influisce e

influirà sull’intera personalità.

Lo studente con DSA è un adolescente come

tutti i suoi coetanei … ma con un problema

specifico che è parte integrante della sua

personalità.

Verso i 12 anni i ragazzi con DSA entrano in

contatto con le problematiche tipiche

dell’adolescenza … ed è anche il periodo in cui

aumentano le richieste a scuola.

LE RINUNCE DEGLI ADOLESCENTI DSA:

DICEVAMO QUALCHE SLIDE FA: … E’ il periodo in

cui inizia ad essere sempre più autonomo ed

indipendente dalla propria famiglia: gli amici

diventano sempre più importanti. Le relazioni

col gruppo dei pari diventano più frequenti,

intense, significative.

Ambienti più significativi per un ragazzo adolescente:

AMICI,

FAMIGLIA

LA SCUOLA.

ADOLESCENTE DSA E GLI AMICI … Da “Una insolita compagna, la dislessia”, di Filippo Barbera:

CAPITOLO 6

“Tutti possono camminare sulla stessa strada,

ciascuno con il suo passo” Relazione Falcucci.

Filippo racconta del suo amore per Silvia “Io perdutamente innamorato, lei completamente disinteressata”. “La mattina andavo a scuola unicamente per il desiderio di vederla”. “Ciò che mi sbalordiva era la mia reazione di fronte a lei: puntualmente arrossivo e mi irrigidivo … caspita, mi sentivo proprio un imbranato!”.

Rezart, l’amico: “Con lui ho imparato a disimpegnarmi in ogni situazione, a rimorchiare le ragazze e ad adularle, compiacerle, … ad essere insomma un po’ più spericolato e qualche volta addirittura mascalzone!”. “Ho capito, frequentandolo, che mi ero perso un sacco di occasioni di vivere la mia adolescenza, avevo sempre trascurato le mie relazioni sociali, lo sport, i divertimenti, proprio perché il mio obiettivo primario era di mettermi al pari con gli altri e superare il mio senso di inadeguatezza e la mia dislessia”:

Per lo studio l’adolescente DSA trascura gli

amici proprio nella fase in cui tenderebbe a

cercarli di più …

DETTA DA LORO:

“Sei sempre a rincorrere qualcosa!”.

“Sono priorità che sei costretto a spostare dopo

l’adolescenza!”.

Sostenere:

identità

e autostima!

ADOLESCENTI CON DSA E LA SCUOLA:

La parola ad alcuni studenti DSA della scuola secondaria di 2^ grado:

Mi sento:

incompreso

indifeso

esposto al confronto continuo

vivo un senso di vergogna

sento il peso di questo “difetto”

mi sento sempre in ansia

vorrei frequentare di più i miei amici

ho dovuto mollare il calcio

ESPERIENZE CHE VIVE FREQUENTEMENTE

IL RAGAZZO DSA:

critica, rifiuto

aumento della frustrazione

la difficoltà ad svolgere in autonomia

“banali” attività scolastiche

la difficoltà ad ottenere una

immagine di sé poco soddisfacente

come studente.

Il ragazzo con DSA sviluppa nel tempo:

un’immagine negativa di sé;

un atteggiamento critico verso scuola e istituzioni.

= TUTTO CIO’ PORTA AD UNA FORTE CADUTA DI AUTOSTIMA

CADUTA DI AUTOSTIMA …

“Giudicarsi negativamente e rifiutarsi provoca uno stato di disagio e sofferenza.

Nel tentativo di evitare qualsiasi esperienza che in qualche modo possa intensificare questo dolore, si corrono meno rischi sociali o professionali, si rinuncia ad incontrare le persone, si limitano le proprie capacità ad aprirsi agli altri, di esprimere la propria sessualità ed il proprio bisogno di affetto, di essere al centro dell’attenzione, di chiedere aiuto e di risolvere

problemi. Per evitare ulteriori

giudizi e autorifiuto si erigono

barriere difensive”.

Giusti “Autostima”)

LE REAZIONI POSSONO ESSERE VARIE:

COMPORTAMENTI EVITANTI

CHIUSURA DEPRESSIVA

ANSIA E REAZIONI PSICOSOMATICHE

Filippo Barbera scrive in “Un’insolita compagna: la dislessia”

“A causa del mio handicap nel leggere e nello scrivere ero spesso il bersaglio prediletto dei loro insulti e delle loro offese. L’imitazione del mio modo zoppicante di leggere erano all’ordine del giorno. In principio me ne restai zitto senza rispondere. Non erano le offese che mi facevano male come bastonate in testa, ma le risate e l’insensibilità dei compagni. Più il tempo passava e più facevo fatica a sopportare le offese, perché continuavano ad aumentare di misura e di intensità.

oATTI DI BULLISMO DA PARTE DEI PARI

“Matteo mi rese la vita particolarmente difficile: era quello

che più mi insultava, si prendeva gioco di me e mi

bersagliava con scherzi pesanti. Ricordo che un giorno,

esasperato e colmo d’ira, gli sferrai un pugno sulla spalla.

La sua risposta fu una spinta accompagnata da una

minaccia: “io e te ci vediamo dopo scuola! È una promessa!

… Matteo comparve e vigliaccamente, con grande violenza,

mi sferrò un pugno dritto allo stomaco che mi mise in

ginocchio. Non riuscivo a respirare. Mi mancava il fiato.

… mi immobilizzarono e, a turno, iniziarono ad

infliggermi una serie di cazzotti. … Quando ritennero che

ne avessi prese abbastanza, mi abbandonarono lungo il

ciglio della strada”.

IPERDEDIZIONE

O RIFIUTO DELL’IMPEGNO SCOLASTICO:

nella scuola secondaria cambia l’impostazione

metodologica e didattica:

predomina la lezione frontale;

aumenta la richiesta sia da un punto di vista

qualitativo che quantitativo;

nei testi aumenta la presenza di lessico specifico;

aumentano le ore dedicate allo studio (a discapito degli

amici, dello sport, …);

più ore a scuola e un maggiore carico di studio a casa.

Filippo Barbera nel suo libro, dopo aver raccontato di Matteo, riferendosi agli esami di terza media aggiunge:

“… capirai in quale condizione mi sono preparato all’esame. Ma il mio orgoglio e la mia determinazione erano più forti di qualsiasi avversità e mi fecero reagire …”.

PROVOCAZIONI COME PUNTI DI FORZA

se negli anni si è coltivata l’autostima e si sono

fatte sperimentare situazioni positive).

“Lo sai quanto sono orgoglioso se mi pongo degli

obiettivi”. … “Ricordo che per l’esame feci una

tesina sulla grande guerra”. … “Gli esami non

furono difficili, ma io ne uscii sconfitto poiché,

nonostante tutto quello che avevo preparato,

nonostante la fatica e l’impegno spesi, non

ottenni il giudizio che speravo.” … “Grazie a Dio

le prove non furono difficili come pensavo. Per

l’orale mi sentivo sicuro, anche perché godevo di

una buona dialettica ed avevo preparato un

ipertesto di cui andavo molto fiero. Ero gasato,

sicuro di far bella figura. Ma la commissione

non me ne diede l’opportunità. Ebbi la

sensazione che gli insegnanti non avessero voglia

di ascoltarmi: mi facevano delle domande e poi

mi bloccavano appena iniziavo la mia

esposizione … Non riuscii mai a finire un

ragionamento … Erano quasi assenti …

Ebbi l’impressione che i giochi fossero già finiti, che tutto fosse già stato deciso e che mi avessero chiamato all’orale solo per dovere di regolamento. Sentivo di subire una profonda ingiustizia. … Il mio colloquio si concluse così, senza un vero e proprio dialogo. D’altra parte per me il giudizio era stato deciso prima. E non è affatto vero che si tiene conto del percorso del triennio, … Tante belle parole, … Il giudizio però fu un pugno nello stomaco: uno striminzito SUFFICIENTE. Solo io e altri due miei compagni avevamo ottenuto questa valutazione. Si tratta di due ragazzi con problemi di condotta che negli anni avevano fatto poco o niente. Due ragazzi a cui la licenza media sarebbe servita solamente a procurarsi un lavoro. Io ero stato messo sullo stesso piano …

ABBANDONO SCOLASTICO

DIFFICOLTÀ DI INSERIMENTO SOCIALE E LAVORATIVO

RISCHIO DI NON CAPIRE COSA STA LORO ACCADENDO: anche perché spesso nemmeno gli adulti lo riconoscono e questo è motivo di sofferenza e grande disagio.

PER LO STUDIO LE ESPERIENZE DA ADOLESCENTE SI SPOSTANO TUTTE IN AVANTI: il ragazzo con DSA sta sempre rincorrendo qualcosa … amici, sport, interessi, vengono sempre dopo lo studio a cui devono dedicare molto più tempo, e quindi dopo l’adolescenza. Identità e autostima DEVONO essere sostenute.

DIFFICOLTÀ PSICOLOGICHE

Sempre Filippo Barbera scrive: “… ripenso alla mia tensione psicologica, al fatto che nessuno mai si era mai accorto di come venivo trattato in classe, alle ingiustizie ed ai soprusi che dovevo sopportare: eppure il coraggio di denunciare Matteo l’avevo avuto! Ma che importa ad un insegnante che non si preoccupa nemmeno della tua preparazione perche sa che tu non potrai mai affrontare un liceo?Anche in questo caso ero stato lasciato solo, non ero stato seguito e consigliato nello studio e nella preparazione finale. A me mancavano delle competenze strumentali, alle quali cercavo di porre rimedio con strategie e soluzioni alternative. Ma nessuno si era mai reso conto dei miei sforzi. …

CONSEGUENZE PSICOLOGICHE

Il ragazzo (ma ancora prima il bambino) con DSA è

probabilmente il primo a vivere la propria difficoltà

senza riuscire a darsi una spiegazione ragionevole.

Nel constatare poi le reazioni dell’ambiente circostante non

potrà che sviluppare un disagio psicologico.

Tutto ciò provoca un aumento d’ansia, di frustrazione

che hanno ripercussioni negative:

sulla propria autostima,

sulla motivazione

e in genere sulla formazione della personalità.

La frustrazione può portare alla rabbia, per poi

sviluppare all’insofferenza fino ad arrivare alla fuga

dal compito. Il disagio che ne consegue può tradursi

in:

COMPORTAMENTI DI TIPO DEPRESSIVO

(atteggiamenti di disinteresse da tutto ciò che può

richiedere impegno, chiusura in se stessi, ritiro,

distrazione, … ).

DISTURBI DI COMPORTAMENTO (comportamenti

“iperattivi” o di disturbo).

PROBLEMATICHE COMPORTAMENALI

Dalla semplice rabbia

(Filippo Barbera, saputo l’esito

finale degli esami di terza media scrive:

“… Il mio cuore era colmo di risentimento e di rabbia e

avrei voluto vendicarmi contro il mondo intero”

… fino ad arrivare ad ADHD, DOP, DC (disturbi del

comportamento con relativa difficoltà nella gestione in

classe).

Chi di voi in classe non ha mai avuto occasione di incontrare un ragazzo che

risponde a qualcuna di queste caratteristiche?

- difficoltà di comportamento

- difficoltà di controllo motorio

- rendimento scolastico non sempre sufficiente

- mancanza di rispetto delle regole

- fatica a mantenere la concentrazione

- distrazione facile

- spesso isolati dai compagni

- Impegno nei giochi poco costante

Ragazzi che …

si guardano in giro e giocherellano

- bisogna richiamare spesso

- si alzano in continuazione

- chiedono spesso di andare in bagno

- hanno mani e piedi spesso in movimento

- hanno il materiale scolastico in

- si dondolano sulla sedia

- provocano l’insegnante e/o i compagni

- faticano a mantenere l’attenzione e tranquillità

- Intraprendono attività pericolose

- Sono imprevedibili

- Aggrediscono verbalmente e/o fisicamente

- Appaiono poco sereni, disturbati da qualcosa che gli “occupa la mente”

DISTURBI DELL’ATTENZIONE E DEL COMPORTAMENTO

ADHD o DDAI (disattenzione/impulsività/iperattività)

DOP (disturbo oppositivo provocatorio)

DC (disturbo della condotta)

E’ importante x l’insegnante osservare attentamente, saper individuare i comportamenti problematici dell’alunno e distinguere:

- quelli tipici del disturbo da deficit di attenzione ed iperattività;

- da quelli che possono essere causati da altre difficoltà, tipiche del processo di crescita del ragazzo.

CIÒ PUÒ ESSERE DI AIUTO ALL’INSEGNANTE PER ORIENTARE IL PROPRIO COMPITO EDUCATIVO.

SINTOMI NUCLEARI DELL’ADHD

1

2

3

DSA + ADHD

1

2

3

4

Il DDAI non scompare ma cambia con l’età! Iperattività ed impulsività si riducono

L’inattenzione e le difficoltà esecutive persistono

EVOLUZIONE DEL DDAI

- in età prescolare (3-6): massimo grado di iperattività, comportamenti aggressivi, crisi di rabbia, litigioso, provocatorio, assenza di paura, condotte pericolose, incidenti, disturbo del sonno.

- in età scolare: comparsa di sintomi cognitivi (disattenzione, impulsività), difficoltà scolastiche, possibile riduzione della iperattività, evitamento di compiti prolungati, comportamento oppositorio-provocatorio.

- importanti i momenti di transizione (ingresso primaria e passaggio scuola secondaria di 1^ grado)

- nell’adolescenza diminuisce soprattutto l’iperattività ma possono subentrare problemi di autostima, umore. Nel 35% dei casi c’è il superamento dei sintomi. Permane il disturbo di attenzione (= difficoltà scolastiche, di organizzazione nella vita quotidiana, …), condotte pericolose, …

nell’età adulta rimangono problemi di disorganizzazione, pianificazione nel lavoro e nella vita quotidiana. Intolleranza alla vita sedentaria, condotte rischiose, rischio di marginalità sociale, bassa autostima, tendenza all’isolamento sociale, vulnerabilità psicologica.

Il rischio di persistenza dei

sintomi dell’ADHD in

adolescenza e nella prima età

adulta è elevato.

RIFLETTIAMO SUL TERMINE

“AUTOREGOLAZIONE”

= incapacità di regolare autonomamente il proprio comportamento, inclusa l’attenzione.

Spesso si da per scontato che cose ripetute molte volte debbano essere assodate. Perciò il ragazzo che non rispetta la regola non la rispetta per scarso impegno.

Spesso i ragazzo ADHD sa, teoricamente, cosa e come dovrebbe fare, ma NON UTILIZZA QUESTA INFORMAZIONE AL MOMENTO GIUSTO.

Non si rende conto cioè che è proprio quella la situazione in cui dovrebbe, ad esempio, aspettare il proprio turno o alzare la mano prima di parlare.

= scarsa abilità di regolare il proprio comportamento in relazione al contesto.

ECCO CHE A SCUOLA SPESSO IL RAGAZZO CON ADHD NON RIESCE A REGOLARE:

• il comportamento motorio (stare seduto, stare fermo, condotte pericolose, …);

• la gestione delle proprie emozioni (scoppi di rabbia, scarsa tolleranza al richiamo, al NO, all’attesa, …);

• la motivazione nell’impegno (che è scarso, anche a causa dei continui insuccessi);

• l’impulsività (è precipitoso, non attende il proprio turno per parlare, non pianifica prima di intervenire, di scrivere, di agire, esposizioni disordinate, sia verbalmente che nella produzione scritta);

• la concentrazione e l’attenzione sostenuta che consente di mantenere l’attenzione per un tempo prolungato (es. la difficoltà a selezionare le informazioni rilevanti in un testo, …);

• l’organizzazione e il controllo dei processi cognitivi (difficoltà nel metodo di lavoro, scarso uso di strategie, o uso poco adeguato);

• la pianificazione e la soluzione dei problemi (difficoltà ad individuare ed attuare un percorso solutivo, …);

• l’autostima (senso di sé come cattivo studente e allo stesso tempo trova gratificazione nel ruolo di bullo)

• il comportamento con gli altri (scarse abilità collaborative, non rispetto delle regole, ..).

COSA PUO’ FARE LA SCUOLA?

OSSERVAZIONI e programmare STRATEGIE DI INTERVENTO con la guida di insegnanti esperti, psicopedagogisti e/o figure di supporto (psicologi).

Circolare MIUR prot. 4089, 15-6-10: Il Ministero ha predisposto un protocollo operativo utile a migliorare l’apprendimento ed il comportamento degli alunni con ADHD.

DISPENSE PER GLI INSEGNANTI DELL’AIDAI

Cosa può fare L’INSEGNANTE …

collabora con FAMIGLIA e SERVIZI.

SONO VANI

GLI SFORZI ISOLATI

Si accorda con tutti gli INSEGNANTI rispetto alle

modalità di intervento.

Solo il DISPENDIO DI NOTEVOLI ENERGIE può portare a risultati concreti.

INIZIAMO AD OSSERVARE …

STRUMENTI GUIDA PER COGLIERE LE SOGLIE DI ATTENZIONE/CRITICITÀ

(CHECKLIST, STRUMENTI DI OSSERVAZIONE, PROVE, …)

•SDQ-I (permette di mettere in evidenza segnali ed indicatori di difficoltà e disagio)

scaricabili liberamente su internet e caricate sulla piattaforma del master.

•SCALE SDA (G-I-B): 18 item (9 sulla disattenzione e 9 sull’iperattività)

•SCOD (I-G): 18 item DDAI, 8 DOP, 16 DC (condotta)

•COM (I-G): per adolescenti. Strumento per la valutazione della compresenza di due o più sindromi nello stesso bambino, particolarmente indicato per valutare sindromi in comorbidità con il DDAI. Si può usare anche per bambini che presentano problematiche emozionali o comportamentali. E’ composto da 30 item e diviso in 6 aree (ansia, depressione, autismo, DOP, DC, …) che indagano le sindromi associate al DDAI.

•IPDDAI E IPDDDAG (I-G): sono scale di osservazione per l’identificazione precoce di bambini a rischio DDAI. 18 item (7 per l’iperattività, 7 disattenzione 4 per fattori di rischio).

SDQ-I permette di mettere in evidenza segnali

ed indicatori di difficoltà e disagio

ALUNNO: X Rilevazione del 9 FEBBRAIO 2011

SINTOMI EMOZIONALI (= disturbo internalizzante – ansia/depressione)

INSEGNANTI

NORMALE

CASO LIMITE

ANOMALO

Italiano

5

Antropologia

5

PROBLEMI DI COMPORTAMENTO (DOP DC)

INSEGNANTI

NORMALE

CASO LIMITE

ANOMALO

Italiano

6

Antropologia

6

IPERATTIVITÀ/DISATTENZIONE (ADHD)

INSEGNANTI

NORMALE

CASO LIMITE

ANOMALO

Italiano

9

Antropologia

9

RAPPORTI PROBLEMATICI (sociali) CON I PARI

INSEGNANTI

NORMALE

CASO LIMITE

ANOMALO

Italiano

5

Antropologia

5

PUNTEGGIO PROSOCIALE (= comportamenti gentili e di aiuto)

INSEGNANTI

NORMALE

CASO LIMITE

ANOMALO

Italiano

2

Antropologia

2

PUNTEGGIO TOTALE SULLE DIFFICOLTÀ

INSEGNANTI

NORMALE

CASO LIMITE

ANOMALO

Italiano

25

Antropologia

25

IMPATTO SUL FUNZIONAMENTO:

LE DIFFICOLTÀ: ita (severe) - antropologia (severe)

1) TURBANO O FANNO SOFFRIRE IL BAMBINO

INSEGNANTI

NORMALE

CASO LIMITE

ANOMALO

Italiano

2

Antropologia

2

2) INTERFERISCONO CON LE AMICIZIE

INSEGNANTI

NORMALE

CASO LIMITE

ANOMALO

Italiano

2

Antropologia

2

3) INTERFERISCONO CON L’APPRENDIMENTO A SCUOLA

INSEGNANTI

NORMALE

CASO LIMITE

ANOMALO

Italiano

2

Antropologia

2

4) HANNO CREATO FORTE DISAGIO A LEI O AGLI ALTRI STUDENTI DELLA CL.

INSEGNANTI

NORMALE

CASO LIMITE

ANOMALO

Italiano

2

Antropologia

2

SDAI: rilevazioni di inizio novembre 2010

Insegnante ITALIANO

ALUNNI

ATTENZION

E

IMPULSIVITA’ E

IPERATTIVITA’

XXX

21

22

Insegnante

MATEMATICA

ALUNNI

ATTENZION

E

IMPULSIVITA’ E

IPERATTIVITA’

NNN

20

15

Insegnante ANTROPOLOGIA

ALUNNI

ATTENZION

E

IMPULSIVITA’ E

IPERATTIVITA’

VVV

11

23

Insegnante INGLESE

ALUNNI

ATTENZION

E

IMPULSIVITA’ E

IPERATTIVITA’

OOO

19

19

Insegnante RELIGIONE

ALUNNI

ATTENZION

E

IMPULSIVITA’ E

IPERATTIVITA’

PPP

12

17

SDA-I 18 item

-9 sulla disattenzione

(dispari)

-9 sull’iperattività

(pari)

Alcune indicazioni tratte dalla Circolare MIUR prot. 4089, 15-6-10: Il Ministero ha predisposto un protocollo operativo utile a migliorare l’apprendimento ed il comportamento degli alunni con ADHD.

Non focalizzarsi sul tempo di esecuzione ma sulla QUALITÀ

DEL LAVORO SVOLTO (anche se può risultare inferiore a quello dei compagni)

UTILIZZARE I PUNTI FORTI ed eludere il più possibile i lati

deboli del ragazzo.

Ad esempio, se dimostra difficoltà di motricità fine ma ha buone abilità linguistiche, può essere utile favorire l’espressione orale, quando è possibile sostituirla a quella scritta.

Cercare di enfatizzare i lati positivi del comportamento (la creatività, l’affettuosità, l’estroversione…).

1) E’ OPPORTUNO evidenziare ed utilizzare

LE RISORSE, I PUNTI FORTI…

E’ UTILE PERTANTO:

Che le consegne siano semplici e brevi.

Accertarsi che l’alunno abbia compreso le istruzioni di un

compito (si può chiedere “cosa devi fare?”).

Far rileggere la consegna chiedendogli di spiegare con

parole proprie cosa deve fare.

2) Molti ERRORI di svolgimento sono dovuti a

SCARSA ATTENZIONE alle consegne.

3) FAVORIRE PROCEDURE DI AUTOCONTROLLO:

- DEL PROPRIO LIVELLO ATTENTIVO;

- PER VERIFICARE L’ESATTEZZA DEL LAVORO SVOLTO.

PROCEDURE POCO ADEGUATE a questo scopo:

- richiamare ad alta voce il bambino

- invitarlo in modo esplicito a stare attento

Sono procedure che possono:

- risultare per lui frustranti

- stigmatizzare ancora di più la sua difficoltà

FAVORIRE STRATEGIE DI AUTOCONTROLLO

DEL PROPRIO LIVELLO ATTENTIVO

INTERVENTI TERAPEUTICI

ADOLESCENZA+

DSA+ADHD

… E IL CALO

DELL’AUTOSTIMA

CICLI DELL’OPINIONE DI SE’ E

DELL’AUTOSTIMA

Vale per tutti, non solo per i ragazzi con DSA!

(tratto da alcune slide di P. Veronese,

reperibili su internet)

Delle opinioni NEGATIVE di se stessi sviluppano aspettative negative che a loro volta incidono sul comportamento che si autolimita che a sua volta mina negativamente l’autostima … e così il ciclo si ripete.

AL CONTRARIO … Delle opinioni

POSITIVE di se

stessi

sviluppano

aspettative

positive che a loro

volta incidono sul

comportamento

(efficace e deciso)

che a sua volta

influenza

positivamente

l’autostima che ne

esce rinforzata… e

così il ciclo si

ripete.

L’AUTOSTIMA:

È POSITIVA QUANDO IL

SOGGETTO:

E’ NEGATIVA QUANDO IL

SOGGETTO:

• si valuta in positivo,

• si sente bene x i suoi punti di

forza

• lavora per migliorare aree di

debolezza

• è in grado di perdonarsi se

manca il bersaglio

NON HA EQUILIBRIO TRA IL SÉ

IDEALE E IL SÉ PERCEPITO

Quindi:

c’è poco di cui andare fieri.

costante minaccia di rifiuto

- manca la capacità di

guardare in positivo.

LE DIMENSIONI

DELL’AUTOSTIMA GLOBALE

(= aree prevalenti di esperienza di vita)

in neretto le aree prevalenti in età evolutiva:

Relazionale: il sé come amico di altri

Emozionale

Valori

Corporea: immagine corporea di sé (aspetto fisico, capacità, …)

Controllo sull’ambiente

Socio/economica

Familiare: come membro della sua famiglia, membro apprezzato che da un contributo, che si sente accolto e rispettato da genitori e fratelli

Successo scolastico: come studente essere bravo quanto basta per raggiungere gli standard modellati da famiglia, compagni e insegnanti

= AUTOSTIMA GLOBALE: se le varie aree sono sufficientemente forti, affronta situazioni nuove con fiducia

Il “DIS” incide e colpisce su una delle aree chiave:

QUELLA SCOLASTICA!

I rimandi scolastici non contribuiscono ad alzare

l’autostima.

La difficoltà a comprendere il disturbo e la sua

origine) intacca l’immagine globale di sé (pensiero

frequente nell’adulto di riferimento: “ma quanto

ci marcia?”).

AUTOSTIMA:

per sopportare la fatica devo vedere dei vantaggi!

Devo sperimentare il successo!

A SCUOLA … L’INSEGNANTE deve considerare che l’essere oppositivo,

provocatorio può essere una reazione a:

Fatica

Ansia

Frustrazione

ai comportamenti e vissuti dei genitori.

IL RAGAZZO CON DSA per affrontare gli apprendimenti

scolastici si sente costretto a dipendere da altri per

l’incapacità, ad esempio, di accedere agilmente al codice

scritto.

L’esposizione a continui insuccessi fa sì che i ragazzi

sviluppino una sorta di “rassegnazione appresa” che si

manifesta in una apatia e mancanza di voglia di riscattarsi.

RAGAZZI CON DSA

A RISCHIO DI DISAGIO SOCIALE

I ragazzi con DSA sono più a rischio di disagio sociale per i

problemi emotivi vissuti. Molto però dipende:

dall’ambiente (scuola, famiglia, contesto sociale, amici) in

cui il ragazzo vive;

dalla personalità del soggetto;

dai messaggi positivi o negativi che riceve.

In Italia non esistono PERCENTUALI DI SUICIDIO IN

RAGAZZI DSA ma spesso tra le motivazioni dei suicidi o

tentativi di suicidio in età scolare VI SONO

RIFERIMENTI ALLA SCUOLA, AGLI INSEGNANTI

E ALLO STUDIO.

LE CONDIZIONI CHE INFLUENZANO

L’APPRENDIMENTO:

I DSA possono rendere un ragazzo più sensibile, fragile, esponendolo a stati depressivi e influendo sui suoi comportamenti.

Le relazioni significative (famiglia, insegnanti, coetanei) hanno un ruolo fondamentale nell’affiancare i soggetti con DSA nel percorso verso l’autonomia e la valorizzazione delle loro abilità.

Si tratta di un lavoro di RETE tra:

famiglia,

Scuola

comunità circostante.

1) LA FAMIGLIA

DELL’ADOLESCENTE

L’aspetto critico dell’adolescenza si può identificare nell’inadeguatezza di quelle che, in precedenza, erano le abituali modalità di comportamento. Ciò riguarda non solo il singolo adolescente, bensì ogni membro della famiglia in relazione ad esso.

La famiglia è parte integrante del processo di crescita dell’adolescente.

Le difficoltà sono legate alla dialettica:

Dipendenza/autonomia,

appartenenza/separazione,

identificazione/differenziazione che, durante il passaggio da una fase di vita all’altra, comporta

LA RINEGOZIAZIONE DEI RUOLI FAMILIARI.

L’adolescente è costretto ad abbandonare i consueti punti di riferimento interni ed esterni, per l’acquisizione di un’identità più funzionale agli inevitabili mutamenti della propria vita.

(Tratto in parte da

alcune slide di Paola

Cavalcaselle. Psicologa-

sez. Varese, reperibili su

internet).

CAMBIA IL RUOLO DEL GENITORE: adattandosi ai

cambiamenti passa da:

cure (fisiche e contenimento)

protezione a rendere autonomi e responsabili per

affrontare la vita adulta.

Fermezza (premio/castigo motivazione esterna) a

contrattazione (motivazione interna).

Come figlio con “dis” : Come genitore

E’ importante che il genitore (e l’insegnante) lavori

sulla consapevolezza dei limiti e sui punti di forza in

quanto:

La consapevolezza dei propri limiti e dei punti di

forza aiuta a costruire una immagine di sé più

sicura.

La consapevolezza di poter influire sugli eventi

della vita ci rende protagonisti del nostro futuro e

meno soggetti a depressione.

Il genitore si interroga …

Quanto mi sento “colpevole”( e

quindi vorrei “riparare”)???

Quanto ho fiducia nel figlio e nelle

sue risorse (e come gliela

trasmetto?)???

Quando gli insegnanti comunicano le difficoltà del figlio ai genitori , questi possono reagire in molti modi:

sentirsi offesi,

Sentirsi feriti

Diventare iperprotettivi, apprensivi, aggressivi, autoritari,

vivere i problemi del figlio con sensi di colpa …

Non è necessario sapere tutto sui DSA!

E’ necessario invece trasmettere fiducia nei ragazzi e nelle loro potenzialità valorizzando le strategie che nel tempo svilupperanno spontaneamente e che andranno supportate.

L’incoraggiamento dei genitori è fondamentale perché a volte il ragazzo con DSA ha il desiderio di provare a fare alcune cose ma non osa perché teme di fallire e di deludere i propri genitori.

I genitori devono diventare alleati e consentire al ragazzo di sperimentare varie strategie per affrontare in autonomia lo studio, la scuola, l’apprendimento in generale.

IL GENITORE NON DEVE CONOSCERE TUTTO SUI DSA

… SPESSO INVECE la famiglia si confronta

quotidianamente con gli insegnanti e le loro richieste

(Stella 2010) e a casa si ritrovano a fare gli

insegnanti dedicando molto tempo per fare i compiti

assieme o al posto dei loro figli.

L’aiuto offerto spesso è di tipo assistenzialistico (leggono,

scrivono per loro …). Nonostante le buone intenzioni ciò

(Berton et al, 2005) aumenta la sfiducia dei ragazzi DSA

rispetto alle proprie capacità e può portare:

al rifiuto dell’aiuto;

all’evitamento del compito;

allo scontro con insegnanti e genitori;

alla dipendenza dall’adulto.

QUALE RUOLO D’AIUTO DEL GENITORE?

Percepire i sentimenti propri e del figlio

Ascoltare empaticamente i bisogni (propri e del figlio)

(Ri)costruire un rapporto di fiducia reciproco e favorire l’autonomia.

Tutto ciò è difficile da mettere in pratica …. anche perché spesso i genitori devono fare i conti con la rabbia, la frustrazione e l’ansia come genitori di un figlio/a adolescente con DSA.

La stretta collaborazione tra scuola e la famiglia può modificare questa situazione e permettere ad ognuno di giocare il proprio ruolo nel rispetto del ragazzo DSA e di un percorso all’insegna dell’autonomia (GIpA, 2004).

Il rapporto di cooperazione tra insegnanti e genitori è una vera e propria risorsa perché crea le condizioni che favoriscono il benessere dell’alunno grazie alla disponibilità e al lavoro reciproco di persone significative per lui che lo circondano e lo incoraggiano.

“IL POMERIGGIO DELLO STUDENTE DISLESSICO

ALLE SUPERIORI: IL RAGAZZO, LA FAMIGLIA, LO

STUDIO, I COMPITI” ALCUNI PASSI TRATTI DA UN ARTICOLO PUBBLICATO

SU INTERNET DELLA PROF.SSA FRASSINETI C. (GENITORE E INSEGNANTE):

IL RAPPORTO TRA GENITORI E RAGAZZO (STUDENTE) DISLESSICO È MOLTO STRETTO.

I genitori, infatti, cominciano ad osservare il comportamento del proprio figlio sin dai primi anni di vita, in quanto, già prima della diagnosi, individuano in lui atteggiamenti diversi dai coetanei.

In seguito, durante la sua crescita, ne notano i continui cambiamenti sia in ambito scolastico (miglioramenti per acquisite strategie, peggioramenti per stanchezza o demotivazione), sia nello stato d’animo (momenti di ansia e di frustrazione, momenti di depressione).

I genitori sono quindi un indispensabile supporto per il ragazzo non solo al momento della comunicazione della diagnosi, ma anche durante tutto il suo iter scolastico.

… è necessario che i genitori seguano corsi di formazione sia specificatamente rivolti a loro, per imparare a gestire e supportare psicologicamente il figlio, sia rivolti agli insegnanti, per apprendere quali possono essere le necessità del figlio in ambito scolastico e poterli aiutare operativamente nei compiti a casa.

I genitori si assumono un impegno quotidiano molto gravoso.

Infatti dal momento in cui il bambino inizia la prima elementare o, al più tardi, subito dopo la diagnosi, devono seguirlo durante l’esecuzione dei compiti a casa per tutto il periodo dei suoi studi.

Ma il loro impegno, sia emotivo che di tempo, è rivolto anche a gratificare il proprio figlio e ad incoraggiarlo sia nelle attività scolastiche che in quelle ludico-ricreative-sportive che, come sappiamo dalle indicazioni di psicologi e neuropsichiatri infantili, sono assolutamente indispensabili per una crescita equilibrata della sua autostima.

Non mancano poi i momenti in cui il ragazzo deve essere sorretto nei non rari momenti di frustrazione e di scoraggiamento, soprattutto quando sfortunatamente non si incontra nella scuola un ambiente accogliente e favorevole.

2) LA SCUOLA …

GLI INSEGNANTI

Precisiamo che l’insegnante NON è:

Uno psicologo.

Un sostituto genitoriale.

Un amico.

MA NON È NEMMENO “SOLO”

UN ESPERTO

DELLA PROPRIA DISCIPLINA!

Un buon insegnante sa che per trasmettere il suo sapere

DEVE conoscere le caratteristiche del suo gruppo classe: età,

bagaglio culturale, interessi, capacità, limiti, …

Nella scuola secondaria non si possono ignorare gli aspetti

comportamentali caratteristici dell’adolescenza.

Gli studenti DSA non riescono ad apprendere allo stesso ritmo

dei loro compagni e non riescono ad apprendere con i metodi di

insegnamento tradizionali. Un atteggiamento di sfiducia da

parte degli insegnanti contribuisce a creare l’idea negativa che

il ragazzo ha di sé.

L’insegnante ha un ruolo fondamentale che deve essere

svolto all’unisono con famiglia e lo stesso ragazzo DSA (lavoro

in RETE!): funge da modello, fornisce lo stimolo per

l’apprendimento.

PER INSEGNARE NON È SUFFICIENTE

CONOSCERE LA PROPRIA DISCIPLINA …

INSEGNANTE CANOTTO, SALVAGENTE O

TRAMPOLINO?

(Peroni, Staffa, Grandi e Berton, 2010)

L’insegnante, a seconda di come si pone con l’alunno

DSA, potrà fungere da:

INSEGNANTE CANOTTO INSEGNANTE

SOSTITUENTE che consente al ragazzo di “navigare”

e di svolgere tutte le attività ma si sostituisce a lui

impedendogli di sperimentare, di “toccare l’acqua” e

quindi di diventare più autonomo.

INSEGNANTE SALVAGENTE INSEGNANTE

ASSISTENZIALE che assiste costantemente lo

studente nello svolgimento delle attività: potrà fare

alcune bracciate ma sempre avvolto dall’adulto.

INSEGNANTE TRAMPOLINO INSEGNANTE

EDUCANTE che da una spinta all’allievo per poter

nuotare in autonomia fornendolo prima degli

strumenti necessari per poter spiccare il salto.

Favorisce e accompagna l’uso del trampolino (=

potenziale del ragazzo) assicurandosi ad esempio che

la piscina sia piena, l’acqua non troppo fredda (=

fornisce strategie, strumenti, compiti e verifiche

adeguati, …).

È un po’ come quando si è piccoli: veniamo presi

per mano finché non riusciamo a camminare da

soli.

EDUCARE = COLTIVARE, FAR CRESCERE

L’insegnante è un educatore che deve coltivare e far crescere l’autonomia del ragazzo considerando i punti di forza di ognuno come elementi centrali per l’apprendimento. L’insegnante si metterà in gioco con diversi stili di apprendimento che alternerà accordandoli ai diversi stili di apprendimento degli alunni..

"Oggi non è che un giorno qualunque

di tutti i giorni che verranno,

ma ciò che farai in tutti i giorni che verranno dipende da quello che farai oggi“

Ernest Hemingway

Gli insegnanti devono saper capire e imparare a comunicare con il ragazzo DSA. Per far questo e per rendere l’esperienza scolastica del ragazzo positiva, devono:

rendere efficace la comunicazione (e per renderla efficace devo conoscere al meglio le caratteristiche del destinatario);

essere informati, attenti;

saper motivare e gratificare i loro studenti.

INTERVENTO

(SOPRATTUTTO IN CASO DI DIAGNOSI TARDIVA)

L’intervento NON deve essere rivolto al recupero delle abilità di base carenti, MA alla loro compensazione e ancora di più alla riduzione del disturbo psicopatologico e alla prevenzione del rischio sociale.

Contenuti dell’intervento:

acquisizione ed uso di strategie di apprendimento autonome;

uso di strumenti dispensativi e compensativi

sostegno alle funzioni cognitive, affettive e sociali

sostegno nella scelta dei percorsi formativi in previsione dell’inserimento lavorativo.

Modalità didattiche specifiche:

valorizzare le competenze integre;

utilizzare in ogni caso anche quelle deficitarie (spingendole fin dove è possibile)

uso stabile di ausili e strumenti compensativi e dispensativi

valutazione differenziata

individuazione degli obiettivi curricolari pienamente raggiungibili

individuazione degli obiettivi minimi per alcune materie (ad esempio per la lingua straniera)

L’INSEGNANTE:

distingua gli aspetti che sono riparabili

da quelli che non lo sono;

modifichi ciò che è trasformabile

e accetti ciò che non lo è.

Il problema può essere affrontato e discusso anche

insieme alla classe (PREVIA AUTORIZZAZIONE DEL

RAGAZZO

non tutti, anzi, pochi, ne parlano volentieri e alcuni di

loro scelgono di non comunicare le proprie difficoltà,

nemmeno all’insegnante).

Condividere il problema con altre persone che si

trovano nella stessa situazione.

Capire e riconoscere il disturbo che lo colpisce.

Riconoscere i propri limiti: non è semplice. NON è

facile pensare ad una attività scolastica per la quale

non sia previsto leggere! … Non riuscire ad eseguire

compiti considerati dai compagni banali porta ad un

senso di inadeguatezza, rabbia, isolamento,

insicurezza, scarsa autostima, incomprensioni, …

Differenziare la percezione che ha di sé come

studente da altre situazioni non scolastiche in cui

emergono altre abilità (sport, musica, ..) che possono

riequilibrare la propria autostima.

PER IL RAGAZZO CON DSA

SAREBBE UTILE:

Scoprire e valorizzare le proprie potenzialità.

Utilizzare “carezze emotive e psicologiche”: un complimento, un incoraggiamento, … che possono mettere il ragazzo in una migliore disposizione d’animo.

Renderlo visibile: dare un nome a questo problema per poterlo riconoscere descrivere. Ciò da un lato aiuta i ragazzi a capire le proprie difficoltà ma dall’altra l’idea di avere un’etichetta fa temere il giudizio degli altri, soprattutto dei propri compagni.

I ragazzi con DSA distinguono:

l’uso pubblico dell’”etichetta DSA”

uso privato dell’etichetta (DSA ok, ma se ne parla solo in famiglia).

Altri non ne parlano: né a scuola né in famiglia.

Da riflessioni di un adolescente

Tratto da slide di Brembati Federica, Donini Roberta.

Da un articolo pubblicato su internet della Prof.ssa Frassineti C. (genitore e insegnante):

“Il pomeriggio dello studente dislessico alle superiori: il ragazzo, la famiglia, lo studio, i compiti”

NB: oggi gli adolescenti crescono con difficoltà ma anche con tante opportunità in più rispetto a ieri che mettono in luce i loro punti di forza che prima rimanevano latenti o erano considerati marginali.

“IL VERO CAMBIAMENTO

È STATO AVERE DAVANTI

QUALCUNO

CHE TI DICEVA

CHE CE LA POTEVI FARE!!!”

QUALI SONO LE CONDIZIONI FAVOREVOLI

E ACCOGLIENTI PER UN RAGAZZO DISLESSICO

IN AMBITO SCOLASTICO?

La prima condizione in assoluto è che gli insegnanti:

siano preparati e formati in materia di dislessia, e in particolare che siano consapevoli che il dislessico ha un diverso stile di apprendimento al quale è necessario adeguarsi.

È necessario poi che gli insegnanti:

siano flessibili e disponibili a mettersi in gioco, empatici e ben disposti nei confronti dei propri alunni con problemi di DSA.

utilizzino una metodologia che coinvolga l’intero gruppo classe, ad esempio, attività di lavoro di gruppo che consentano allo studente DSA di esprimersi in modo competente ed essere riconosciuto positivamente esprimendo la propria creatività;

docenti e dirigente siano disponibili ad instaurare un rapporto scuola-famiglia-ASL paritario e costruttivo dal momento che i genitori sono parte integrante e indispensabile del percorso scolastico del ragazzo con dislessia.

LA SCELTA DELLA SCUOLA

SUPERIORE

Il percorso più logico per un ragazzo dislessico sarebbe

quello di iscriversi ad una scuola superiore dopo aver

attentamente valutato e vagliato le varie proposte,

scegliendo in modo coerente con le inclinazioni e le

attitudini personali.

Il motivo di fondo che dovrebbe spingerli è che

studiare materie che piacciono è di solito meno

faticoso o comunque si è meglio disposti ad affrontarne il

peso e le difficoltà.

CI SONO DISLESSICI CHE FREQUENTANO IL

LICEO O SONO LAUREATI!!!

ESEMPI DI DISLESSICI LAUREATI:

Filippo Barbera:

nato a Vicenza nel 1988, è uno studente universitario laureato in Scienze della Formazione primaria presso l’Università degli studi di Padova. Sognava ed è di diventato un insegnante specializzato nella formazione dei bambini con disturbi specifici dell’apprendimento. Scrive “Un’insolita compagna: la dislessia”, Ed. Veneta. È la sua opera prima. La testimonianza sulla vita di un giovane con disturbi specifici di apprendimento.

L’autore racconta in prima persona, sottoforma di dialogo con l’amata maestra, il proprio percorso di crescita, dall’infanzia all’adolescenza ed oltre. Ricordi, sentimenti e riflessioni si intrecciano nelle pagine profonde ed intense del libro che svela i retroscena del vivere con un disturbo specifico di apprendimento come la dislessia e la disgrafia.

Le difficoltà, le mortificazioni, ma anche la forza di volontà e i successi trovano spazio nel racconto, dove emerge l’efficacia delle soluzioni e delle strategie, anche personali, messe in atto per affrontare con determinazione gli ostacoli di ogni giorno.

Un libro scritto da un dislessico …

IN REALTÀ SPESSO ACCADE …

… che la scuola superiore viene forzatamente scelta non in base ai propri desideri e idee sulle materie e la professione futura, ma in base al fatto che quella scuola:

sembri fornire maggiori garanzie di accoglienza

sembri più facile rispetto ad altre.

Troppi dislessici si iscrivono a una scuola professionale.

Pochissimi si iscrivono ad un liceo.

I pochi che fanno questo tipo di scelta sono quelli che alle medie hanno avuto un’esperienza meno frustrante e/o hanno da sempre una famiglia più supportante.

Attenzione a non cadere nel pregiudizio che

un indirizzo professionale sia più adatto: ad

esempio un istituto alberghiero ha nel suo

curriculum ben due lingue, a volte anche tre!!!

In ogni caso nel momento della scelta il referente

della scuola media deve tenere conto delle reali

potenzialità dell’alunno senza assecondare “sogni

irrealizzabili” della famiglia.

E’ fondamentale raccordarsi con il referente

della scuola superiore di secondo grado scelto.

COMPITO DEGLI INSEGNANTI:

1. È IMPORTANTE CHE:

L’IMPEGNO QUOTIDIANO

DEL POMERIGGIO VENGA RICONOSCIUTO DAGLI INSEGNANTI;

IL RAGAZZO VENGA ADEGUATAMENTE GRATIFICATO.

Questo è un punto nodale e critico nella vita scolastica del dislessico, in quanto se, al contrario, il ragazzo non è adeguatamente sorretto le frustrazioni ripetute, il senso di inadeguatezza e la conseguente demotivazione portano inevitabilmente all’abbandono scolastico che lascia molti segni anche a livello psicologico per il resto dell’esistenza.

DIVERSITÀ DI COMPORTAMENTO TRA

UN DISLESSICO E UN RAGAZZO CHE NON HA

VOGLIA DI STUDIARE:

Lo studente che non studia per mancanza di voglia in genere si aspetta i risultati negativi, … e quindi è felice di abbandonare la scuola appena può.

Il ragazzo dislessico che studia ma magari viene verificato con metodi a lui non adeguati, … fallisce le verifiche pur essendo ben preparato e pertanto non si capacita del fallimento per lui del tutto inatteso e ingiustificato.

La conseguenza diretta è una forte caduta dell’autostima, un disagio psicologico conseguente al fatto che vive l’insuccesso e l’eventuale abbandono scolastico come un fallimento personale, facendosi anche carico del senso di frustrazione e di impotenza che avverte nei genitori.

Molto spesso si colpevolizza per il resto della vita.

2) FAR SCOCCARE LA SCINTILLA DELL’EMOZIONE

NEGLI ALLIEVI

(= lavorare perciò sull’intelligenza emotiva) e saperla

trasformare in METACOGNIZIONE, cioè in

consapevolezza, in piena percezione della realtà.

3) CAMBIARE APPROCCIO:

non concentrarsi solo sul DEFICIT, su

quello che manca all’alunno con DSA, ma

concentrarsi sul POTENZIALE, su quello che

lo studente con DSA possiede e può sviluppare

grazie alle loro particolari peculiarità.

3) I COETANEI

Il rapporto con i coetanei influenza molto l’apprendimento

Il contesto classe dovrebbe essere COOPERANTE, non

GIUDICANTE.

Dovrebbe esserci accettazione per le diversità, intesa come

differenti stili di apprendimento.

E’ fondamentale stabilire delle relazioni positive

all’interno della classe per motivare all’apprendimento,

per favorire la co-costruzione della conoscenza, la

valorizzazione delle diverse esperienze, delle differenze

individuali e per vivere in modo positivo il contesto scuola.

3 TIPOLOGIE DI ADOLESCENTE CON DSA* *TRATTO DA ALCUNE SLIDE PRODOTTE DA TAVAZZANI MONTANI ROSY IN OCCASIONE DI UNA

FORMAZIONE DEI REFERENTI PER LA DISLESSIA

Senza la pretesa di generalizzare (ogni caso è a sé) si possono

DISTINGUERE TRE TIPOLOGIE DI DSA IN ADOLESCENZA:

1) DSA riconosciuto e diagnosticato precocemente (FILIPPO):

nel caso in cui la diagnosi venga effettuata durante i primi anni della scuola primaria il ragazzo con DSA ha raggiunto una accettazione del problema ed consapevole dei suoi limiti, ma anche delle sue potenzialità: è in grado di chiedere il sostegno necessario e se la famiglia e la scuola lo hanno supportato in modo adeguato il suo disturbo di apprendimento rimarrà limitato alle abilità di base di lettura, scrittura, calcolo, …

QUINDI, se diagnosi è precoce:

Nutre dubbi sul proprio futuro

Lotta da anni non sempre con successo

La consapevolezza è d’aiuto

2) DSA riconosciuto e diagnosticato recentemente

(GIULIA):

l’invio avviene tardivamente e in genere avviene perché un

insegnante in particolare se ne prende carico. Questo perché

QUELL’INSEGNANTE ha saputo riconoscere i segnali

prodotti da DSA, non si è limitato ad esprimere un giudizio

senza prima analizzare il tipo di errore e la sua frequenza,

non ha abbandonato il suo sospetto solo perché l’alunno è

giunto a lui dopo aver incontrato già molti colleghi, non evita

la comunicazione non certo semplice con l’alunno DSA.

LA DIAGNOSI rende reale un problema che suscitava

risposte e ipotesi differenti.

QUINDI:

Perde punti di riferimento

Vi è confusione di identità

Alle volte c’è il rifiuto della difficoltà

POSSIBILI REAZIONI degli INSEGNANTI di fronte ad una DIAGNOSI di DSA di un adolescente:

L’insegnante che ha ipotizzato il disturbo può provare SOLLIEVO. Riflette sulle misure compensative e dispensative adeguate. Sa leggere e comprende la diagnosi e sa come affrontare il problema.

L’insegnante che riceve la diagnosi si sente SOLLEVATO perché crede che non sia più un suo problema o degli insegnanti curricolari, ma che riguardi gli insegnanti di sostegno, i tecnici della riabilitazione, gli psicologi, i neuropsichiatri … relegando il DSA all’interno di un ambito esclusivamente clinico.

REAZIONE DELL’ADOLESCENTE che riceve la DIAGNOSI di DSA:

L’adolescente può provare SOLLIEVO … magari temeva una diagnosi peggiore. Finalmente le sue “fatiche” vengono riconosciute e rivendicate. Ora tutti sanno (lui compreso) che non si tratta di negligenza, di poco impegno e di svogliatezza!

L’adolescente prova SOLLIEVO ma … anche ANSIA, INCREDULITÀ, RIFIUTO, TIMORE, PREOCCUPAZIONE, …

LA DIAGNOSI: non agevola l’alunno con DSA ma

lo mette semplicemente in condizione di fare. Gli

consente di avere lo stesso punto di partenza dei

compagni.

Alcuni studi mettono in evidenza come nei DSA

diagnosticati in adolescenza vi sia:

Minore accettazione delle proprie difficoltà.

Maggiore rischio psicopatologico in direzione dissociale.

Malessere persistente di fronte alla lettura (deficitaria

lettura da comprensione e lettura lenta e ricca di

errori).

DSA MAI riconosciuto NÉ diagnosticato (CAMILLA): ce ne sono moltissimi, soprattutto alla secondaria (alunni sfuggiti alle maglie degli screening sempre più frequenti alla Primaria).

PRESTARE ATTENZIONE:

Alle difficoltà specifiche e agli errori ricorrenti;

Non fermarsi di fronte ad atteggiamenti ostili: a volte sono modalità messe in atto per evitare il compito che li metterebbe a disagio di fronte ai compagni (“Meglio reagire e farsi buttare fuori dalla classe che passare per scemo di fronte ai compagni!”)

Affrontare la fatica dell’invio con l’alunno e la sua famiglia NON è facile inviare … Allievo e famiglia possono erigere un muro che è difficile da abbattere se non si riesce a stabilire una alleanza comunicativa che passa dal riconoscere le abilità, i punti di forza per arrivare successivamente alle difficoltà.

ESSERE INSEGNANTI COMPETENTI ED INFORMATI (ACCORDO STATO/REGIONI)

DALLE RACCOMANDAZIONI

CLINICHE SUI DSA …

QUALI DIFFERENZE CI SONO TRA CHI HA

RICEVUTO UNA DIAGNOSI, UN TRATTAMENTO O

PROVVEDIMENTI DI AIUTO E SUPPORTO E CHI

NO?

I dati in letteratura sono molto scarsi. Emergono

comunque elementi che fanno ritenere che la diagnosi

ed eventuali interventi abbiano una ricaduta positiva:

a livello psicologico

di adattamento

.. in misura minore sul disturbo in sé (la cui evoluzione

dipende dal grado di severità del disturbo).

È NECESSARIO TROVARE STRUMENTI E

STRATEGIE CHE VALORIZZINO LE ABILITÀ DEI DSA

Attualmente la tecnologia ha fatto passi da gigante e offre

soluzioni originali e innovative.

Lavagna Interattiva Multimediale (LIM): supporta la spiegazione in classe d è, ove presente, un dinamico e attivo supporto alla spiegazione rispetto alla lavagna di ardesia o al computer legato ad un proiettore.

Strumenti per la memorizzazione: Dall’uso del normale registratore ai mezzi tecnologicamente più avanzati come le penne elettroniche (ad es la Livescribe) che registrano la voce di chi parla mentre si scrive.

Strumenti per organizzare: Molti DSA hanno difficoltà di organizzazione, anche dei propri impegni quotidiani. Da piccoli faticano a memorizzare la sequenza dei mesi dell’anno, i giorni della settimana, … da studenti gestire ed organizzare a scuola la routine dei compiti, delle verifiche, le scadenze e gli impegni diventa difficoltoso.

Utile anche in questo caso la tecnologia: gratuita l’agenda elettronica in internet di Google che può essere visualizzata anche sui cellulari di ultima generazione con possibilità di creare calendari di classe condivisi tra tutti i compagni in cui inserire i compiti per casa, verifiche, impegni programmati, …).

DSA E STRUMENTI COMPENSATIVI

ALCUNE PRECISAZIONI:

Sono strumenti che permettono di compensare difficoltà di esecuzione dei compiti automatici derivanti da una disabilità specifica mettendo il soggetto in condizione di operare più agevolmente (Stella 2001).

Sono anche tutti quelli che rendono più fruttuosa e agevole l’espressione delle proprie potenzialità e tutte quelle strategie didattiche che l’insegnante può mettere in atto per rendere le richieste più idonee ed efficaci all’apprendimento dei propri studenti.

Ad esempio:

Le nostre gambe hanno dei limiti e abbiamo imparato perciò ad usare auto, aerei, treni, … per andare molto più lontano …

A scuola … I primi strumenti compensativi introdotti sono:

PENNE

QUADERNI e LIBRI: sono tutti molto utili per aumentare le possibilità di memorizzare dei concetti, studiare, scambiarsi informazioni. Senza sarebbe molto più difficile.

Questi strumenti sono efficaci per gran parte degli studenti … MA NON per i DSA!

OCCORRE INDIVIDUARE NUOVI STRUMENTI

CHE POSSONO ESSERE USATI IN AFFIANCAMENTO

O IN SOSTITUZIONE A QUELLI GIA’ IN USO.

ESEMPIO:

Se voglio migliorare le abilità dello studente DSA nello svolgere le espressioni NON SERVE fargliene fare 10 perché questo tipo di compito NON E’ EFFICACE PER LUI: ripetere più volte la stessa attività non gli consente di automatizzarla …

Più utile fargli fare una o due espressioni e suggerirgli di crearsi delle tabelle che gli ricordi le regole per risolverle.

GIACOMO CUTRERA (dislessico adulto, 2008) diceva:

“… NON TUTTI HANNO BISOGNO DEGLI STESSI STRUMENTI MA OCCORRE CONOSCERLI PER

POTERLI SCEGLIERE”

Strumenti compensativi e misure dispensative sono dunque soggettivi.

Gli strumenti compensativi sono dei buoni mediatori ma sono sempre dei mezzi che necessitano di un adattamento e di un impegno da parte dell’ambiente, anche da parte dell’insegnante che sono chiamati a non sottovalutare le difficoltà e a valorizzare le abilità (Stella et al 2011).

NON SONO DESTINATI SOLO AGLI ALUNNI DSA, POSSONO INTERESSARE TUTTI: FANNO PARTE DELLA VITA DI CHIUNQUE E SERVONO A DARE AD OGNUNO CIÒ DI CUI HA BISOGNO!

Gli STRUMENTI COMPENSATIVI NON SERVONO A PAREGGIARE I CONTI

SERVONO A METTERE LO STUDENTE IN CONDIZIONE DI FARE E DI RAGGIUNGERE I PROPRI OBIETTIVI.

SONO STRUMENTI AUMENTATIVI: nel senso che ci consentono di portare a termine attività che risulterebbero troppo complesse …

NON ANNULLANO LE DIFFICOLTÀ (=il DSA rimane tale) MA MIGLIORANO IL SUCCESSO NEGLI APPRENDIMENTI.

I RAGAZZI CON DSA A VOLTE NON

VOGLIONO USARE IL COMPUTER:

ALCUNE PRECISAZIONI …

Il COMPUTER è lo strumento tecnologico per eccellenza:

NON è una protesi per disabili.

È uno strumento che consente di operare e consente un controllo attivo dell’apprendimento.

È UNO STRUMENTO CHE FAVORISCE IL PERCORSO VERSO L’AUTONOMIA.

L’EFFICACIA DELLA COMPENSAZIONE, DIPENDE SOPRATTUTTO DA QUELLO CHE I RAGAZZI SANNO FARE E DAGLI STRUMENTI UTILIZZATI.

+ COMPUTER - ALUNNO DSA

Veloce Compensa Mancanza di automatizzazione:

lento nell’esecuzione di compiti legati alla letto

scrittura, di manipolazione del numero

Memoria Compensa Difficoltà di accesso autonomo alle informazioni

contenute in memoria

Reperibilità Compensa Difficoltà di classificazione, ordinamento,

organizzazione sequenziale delle nuove informazioni e

di quelle contenute in memoria

Ordine espositivo, estetica Compensa Soprattutto per i disgrafici produzione di testi illeggibili

e disordinati. Se disortografici pieni zeppi di errori

Riproduce, rielabora, scambia Compensa Produzione di testi inutilizzabili e illeggibili

Consente l’accesso a molte

informazioni

Stimola collegamenti

Stile divergente

Trasmette visivamente le

informazioni (utilizzo del

canale visivo)

Stile visivo

Consentono la gestione orale

delle informazioni attraverso,

ad e., la sintesi vocale

Stile uditivo

Promuovono il fare in quanto

multimediali e interattivi

Stile cinestesico

- COMPUTER + ALUNNO DSA

Applica regole programmate

Non prende iniziative

Esegue comandi

Intelligenza in

norma o

superiore

Consente l’accesso a molte informazioni

Stimola collegamenti

Stile divergente

Trasmette visivamente le informazioni

(utilizzo del canale visivo)

Stile visivo

Consentono la gestione orale delle

informazioni attraverso, ad es., la sintesi

vocale

Stile uditivo

Promuovono il fare in quanto

multimediali e interattivi

Stile cinestesico

STILI DI APPRENDIMENTO

E STILI COGNITIVI DA “STELLA G., GRANDI L., COME LEGGERE LA DISLESSIA E I

DSA, ED GIUNTI, 2011”.

Per meglio capire i nostri ragazzi, non solo con DSA, è bene

cercare di capire come apprendono e come ragionano …

Tutti i bambini possono imparare e sono tra loro diversi (tratto da documento Unesco “Good Pedagogy, 2000): quindi la DIVERSITA’ è un punto di forza e sottolinea l’esistenza di stili di apprendimento diversi basati sulle caratteristiche e peculiarità di ognuno (Stella et al, 2011).

Gardner, 2005, parla di INTELLIGENZE MULTIPLE (= l’esistenza di diversi tipi di intelligenze non misurabili con test rigidi ma composte da differenti modalità cognitive che variano da persona a persona anche in base a fattori culturali o ambientali).

Alla base dell’apprendimento ci sono perciò delle differenze individuali di cui BISOGNA tener conto nell’insegnamento per poter promuovere l’apprendimento nel modo più efficace.

LO STILE DI APPRENDIMENTO

è l’approccio all’apprendimento preferito di una persona, il

suo modo tipico e stabile di percepire, elaborare,

immagazzinare e recuperare le informazioni (Mariano,

2000).

Gli STILI DI APPRENDIMENTO

E STILI COGNITIVI:

sono stati descritti in molti modi; come modalità

sensoriali, come tratti di personalità (stile introverso,

estroverso, cauto, individuale, di gruppo, ..), come modalità

cognitive, …

STILI DI APPRENDIMENTO

STILI COGNITIVI COME MODALITÀ SENSORIALE:

I CANALI SENSORIALI canali di accesso alle informazioni, canali per apprendere.

LO STILE COME MODALITÀ SENSORIALE è quello che ci consente di percepire gli stimoli che provengono dall’esterno.

Prima fase: accesso alle informazioni (INPUT) canali sensoriali usati: visivo/verbale; visivo/non verbale, uditivo; cinestesico.

Seconda fase: elaborazione cognitiva dell’informazione stili cognitivi: globale/analitico; sistematico/intuitivo; verbale/ visuale; impulsivo/riflessivo; dipendente/indipendente; convergente/divergente.

Terza fase: produzione di una risposta (output) utilizzo degli stessi canali sensoriali.

MODELLI TEORICI SUL FUNZIONAMENTO

DEI CANALI SENSORIALI RISPETTO AGLI

STILI DI APPRENDIMENTO NEI SOGGETTI CON DSA

Ci sono diversi modelli teorici che hanno approfondito il

funzionamento dei canali sensoriali rispetto agli stili di

apprendimento.

Di seguito quelli su cui vi è maggior accordo tra gli

studiosi che posseggono le caratteristiche riscontrabili nel

contesto scolastico e che possono essere utilizzati in modo

operativo in classe (Mariani, 1996, 1999, 2000):

CANALE SENSORIALE

E STILE DI

APPRENDIMEMENTO

STRATEGIE UTILIZZABILI

DALL’INSEGNANTE PER

VALORIZZARE LO STILE DI

APPRENDIMENTO

LE PREFERENZE NEI DSA

VISIVO/

VERBALE

Preferenza per la

letto-scrittura.

Impara leggendo.

L’insegnante stimoli gli allievi a:

- Prendere appunti in classe e

a rileggerli a casa;

- Riassumere per iscritto

quanto letto o detto in

classe;

- Prendere nota delle

istruzioni date per svolgere i

compiti;

- Accompagnare grafici,

diagrammi, figure con

spiegazioni scritte;

- Fornire istruzioni o

spiegazioni scritte.

È lo stile con cui i DSA hanno

maggiori difficoltà in quanto

basato sulla letto-scrittura!

Il disturbo in questo caso

condiziona la preferenza dello

stile di apprendimento: il DSA è

costretto a considerare altri stili

che diventano quelli preferiti.

VISIVO/

NON VERBALE

Preferenza per

immagini, disegni,

foto, simboli,

mappe

concettuali, grafici

e diagrammi.

Impara “vedendo”

VISUAL

LEARNING:

apprendimento

che si basa sulla

memoria visiva,

impiega le

immagini per

ricordare e le

memotecniche

immaginative.

L’insegnante stimoli gli allievi a:

- Usare disegni, mappe multimediali in cui

inserire parole chiave, immagini, grafici …

per ricordare i termini o per riassumere il

materiale da studiare;

- Evidenziare le parole chiave con diversi

colori per differenziare i diversi contenuti

e i livelli gerarchici.

- Utilizzare le informazioni date dagli indici

testuali prima di “tuffarsi” nella lettura

del capitolo.

- Creare immagini mentali di ciò che viene

ascoltato/letto: è tecnica efficace per il

recupero dei contenuti

MEMOTECNICHE IMMAGINATIVE:

consistono nella costruzione di immagini

mentali (statiche o dinamiche), legate ai

concetti da memorizzare: tali immagini

rievocano i contenuti del testo letto.

Le informazioni che

passano attraverso il

canale visivo non

verbale solitamente

sono processate in

modo adeguato.

UDITIVO

Privilegia

l’ascolto.

Impara

assistendo

ad una

lezione,

partecipando

a discussioni,

lavorando in

gruppo con i

compagni (=

Impara

ascoltando)

L’insegnante stimoli gli allievi a:

- Prestare molta attenzione alle

spiegazioni in classe;

- Recuperare le conoscenze

pregresse su un det. argomento;

- Richiedere ulteriori spiegazioni;

- Lavorare in coppia con un

compagno o un piccolo gruppo:

- Registrare la lezione a scuola;

- Registrare la propria voce mentre

si ripete a voce alta;

- Trasformare le pagine del libro in

formato audio;

- Usare la sintesi vocale;

- Utilizzare gli audio libri (specie per

i libri di narrativa).

Solitamente le

capacità

uditive sono

buone ma

vanno

allenate ad

esempio

utilizzando la

sintesi vocale,

l’uso degli

audio libri, …

CINESTESICO

Predilige

attività

concrete.

Impara

facendo

esperienza

diretta di un

problema

per capire

ciò di cui si

sta parlando

(= Impara

“toccando”)

L’insegnante stimoli gli allievi a:

- Svolgere prove pratiche, nelle

materie in cui è possibile

trasformare in pratica ciò che

si deve studiare (le possibilità

aumentano negli istituti

professionali);

- Suddividere chiaramente i

momenti di studio da quelli di

pausa;

- Alternare momenti in cui si

sta seduti ad altri in cui ci si

alza;

- Creare mappe, grafici,

diagrammi di ciò che si

studia.

Solitamente le

capacità cinestesiche

sono buone: utile però

allenare lo studente,

quando possibile, a

prendere appunti di

tipo grafico sfruttando

gli indici testuali,

abituarli a spiegare

contenuti attraverso

esempi o esercitazioni

pratiche.

GLI STILI COGNITIVI

“LO STILE COGNITIVO è la modalità di elaborazione

dell’informazione che la persona adotta in modo

prevalente, che permane nel tempo e si generalizza a

compiti diversi” (Boscolo, 1981).

Gli stili cognitivi si riferiscono cioè alla scelta delle

strategie usate per risolvere un compito.

“Le ricerche mostrano come il processamento

dell’informazione avvenga sulla base dello stile cognitivo

della persona” (De Beni et al, 2003).

MODELLI TEORICI SUL FUNZIONAMENTO

DEI CANALI SENSORIALI RISPETTO AGLI

STILI COGNITIVI NEI SOGGETTI CON DSA

Le ricerche hanno messo in

rilievo diverse tipologie di

stili cognitivi: si mettono qui

in evidenza quelli su cui

concorda la maggioranza

degli autori sull’argomento

(Cornoldi, De Beni, Gruppo

MT, 2001).

STILI COGNITIVI

GLOBALE

QUADRO D’INSIEME

L’allievo con stile globale

focalizzerà l’attenzione

sull’aspetto globale per poi

prestare attenzione ai

particolari.

ANALITICO

ATTENZIONE AI SINGOLI

PARTICOLARI

Lo studente percepisce prima il

dettaglio per arrivare in un

secondo momento ad una

visione d’insieme.

STILI COGNITIVI

GLOBALE

STILE MOLTO USATO DAI

SOGGETTI DSA che faticano a

cogliere le informazioni in

sequenza ma riescono a dare una

visione d’insieme.

L’insegnante strategico dovrebbe,

ad esempio:

Focalizzarsi, nelle spiegazioni, su

un’idea generale dell’argomento

definendo la macrostruttura e le

macrorelazioni.

ANALITICO

I SOGGETTI CON DSA CON STILE

ANALITICO FATICANO A COGLIERE

LE INFORMAZIONI IN SEQUENZA.

L’insegnante strategico dovrebbe,

ad esempio:

Nelle spiegazioni dovrebbe partire

dai dettagli e, per ogni singolo

aspetto, declinare un elemento per

volta.

STILI COGNITIVI

GLOBALE

L’alunno DSA:

L’alunno DSA può, grazie ad una

spiegazione di tipo globale,

attivare le conoscenze pregresse

ed appropriarsi del contenuto in

modo più efficace.

ANALITICO

L’alunno DSA:

L’alunno DSA può essere messo in

difficoltà dal processamento delle

informazioni in serie (= può

perdere il filo del discorso).

Può essere utile l’uso di mappe

concettuali per definire aspetti

analitici di un determinato

contenuto.

STILI COGNITIVI

SISTEMATICO

UNA VARIABILE PER VOLTA.

Lo studente procede

gradualmente analizzando le

diverse variabili.

L’insegnante strategico

dovrebbe, ad esempio:

Nelle spiegazioni segue in modo

dettagliato la scaletta degli

argomenti elencati con cura.

INTUITIVO

IPOTESI.

Lo studente formula un’ipotesi e

cerca di confermarla.

L’insegnante strategico dovrebbe,

ad esempio:

nella spiegazione segue a linee

generali la scaletta degli argomenti

che però modifica in base ai

rimandi degli alunni.

STILI COGNITIVI

VERBALE/SCRITTO

RIASSUNTO, ASSOCIAZIONI

VERBALI.

Lo studente predilige il codice

linguistico:

le strategie di apprendimento

saranno prevalentemente

riassunti e associazioni verbali.

VISUALE

LO STUDENTE PREDILIGE LE

CARATTERISTICHE VISUOSPAZIALI

e lavorerà quindi in prevalenza con

IMMAGINI MENTALI, SCHEMI,

RAPPRESENTAZIONI GRAFICHE.

STILE MOLTO USATO DAI

SOGGETTI DSA che adottano

spesso uno stile GLOBALE e

VISIVO piuttosto che VERBALE

(Krupska e Klein, 1995, Morgan e

Klein, 2000).

STILI COGNITIVI

VERBALE/SCRITTO

L’insegnante strategico dovrebbe,

ad esempio:

- Far riferimento al testo scritto

nelle spiegazioni e per ricordare

VISUALE

L’insegnante strategico dovrebbe,

ad esempio:

- Usare, nelle spiegazioni,

immagini, mappe concettuali,

schemi, lavagna, cartelloni e

fare esplicito riferimento a tutti

gli aspetti iconici nel testo.

- Far riferimento, per aiutare a

ricordare, alla pagina come

fosse una fotografia e alle

immagini.

STILI COGNITIVI

VERBALE/SCRITTO

L’alunno DSA:

Sfruttare le spiegazioni orali

utilizzando il canale uditivo in

quanto messo in difficoltà dai

riferimenti al testo scritto.

VISUALE

L’alunno DSA:

L’alunno DSA può sfruttare tutti gli

elementi iconici forniti

dall’insegnante attraverso il canale

visivo non verbale.

STILI COGNITIVI

CONVERGENTE

PROCEDE SECONDO LOGICA.

Lo studente procede secondo

logica sulla base delle

informazioni che si possiedono.

DIVERGENTE

PROCEDE IN MODO CREATIVO.

Lo studente procede in modo

autonomo e creativo generando

così risposte diverse.

STILI COGNITIVI

CONVERGENTE

È solitamente lo stile più

incoraggiato a discapito di quello

divergente (Hildebrand, 1991)

che spesso viene usato da

soggetti dislessici.

Non si valorizzano così:

-flessibilità,

-creatività

in quanto incompatibili col

processo educativo.

DIVERGENTE

Alcuni studi sostengono che i

DSA abbiano un PENSIERO

DIVERGENTE che permetterebbe

di trovare soluzioni più creative ai

problemi (Grenci, Amodio,

Bandello, 2007).

Il film del 2008 diretto da

Aamir Khan “STELLE SULLA

TERRA” mette in evidenza questa

particolarità.

“PENSAVAMO IN MANIERA DIVERSA! … E

TUTTO IL MONDO È RIMASTO A BOCCA

APERTA!”(STELLE SULLA TERRA 2008)

Scienziati: Albert Einstein.

Pittori: Leonardo Da Vinci, Pablo Picasso,

Informatici: Nichosas Negroponte (asso dell’informatica, una delle menti più illuminate di questo secolo. ha costruito un computer per le popolazioni tecnologicamente arretrate, il famoso PC a manovella che costa circa 80 euro). “Sono dislessico e trovo che leggere sia una cosa dura! Non mi piace leggere … L’unica cosa che leggo è la prima pagina del giornale per scannerizzarla al computer, affinché tutti i miei collaboratori la leggano”. da rassegna stampa di www.giulemanidaibambini.org)

Sportivi: giocatore di pallacanestro Magic Johnson . A scuola soffriva per le risatine dei compagni e a tutti voleva dimostrare che poteva fare di meglio, e che era in grado di leggere, nonostante la dislessia. Capì presto il suo punto di forza: era alto e fisicamente portato per la pallacanestro. Diventò così uno dei giocatori più forti di tutti i tempi.

Attori: L’attore di “Fonzie” di Happy Days ha dichiarato: “Fonzie era il mio alter ego. Era tutto quello che volevo essere io, perché, crescendo, non ero per niente figo. Mi sentivo un budino. Forse a causa della dislessia o per la scarsa fiducia in me stesso, ma la mia autostima negli anni dell’adolescenza era davvero sotto le suole. Avevo 31 anni quando mi sono accorto di non essere stupido, ma di soffrire di un disturbo che ha un nome preciso: dislessia”.

Walt Disney

Cantanti come John Lennon

Presidenti: Kennedy

Scrittori come Hans C. Anderson, Agatha Christie, Mark Twain.

DSA E PENSIERO DIVERGENTE

I RAGAZZI CON DSA TENDONO A:

processare le informazioni in modo

globale piuttosto che in sequenza.

pensare in modo visivo piuttosto che

verbale

avere un pensiero divergente che gli

consente di trovare diverse soluzioni in

una data situazione (Land e Jarman,

1992).

Ognuno di noi usa in modo diverso e in percentuali

differenti tutti questi stili, avendo però delle

preferenze specifiche.

Non ci sono stili migliori di altri … sono solo diversi

uno dall’altro.

La scuola ha un ruolo centrale nello stimolare e nel

promuovere l’utilizzo di diversi stili cognitivi avviano

così lo studente al potenziamento di un insegnamento

plurimo.

L’esplorazione dei diversi stili consente allo studente

di trovare quello/i a lui più congeniali: ciò ha riflessi

positivi sulla motivazione e ha come riflesso l’uso di

strategie di apprendimento efficaci.

ULTIMI DELLA CLASSE PRIMI NELLA VITA

A scuola erano dislessici. Avevano problemi a

leggere e scrivere. Eppure sono diventati grandi

imprenditori, artisti e scienziati.

Dalla rassegna stampa di

www.giulemanidaibambini.org

--------------------------------------------------------------------------

R. Feuerstein:

“ Ho fatto un sogno, stavo costruendo una scala lunga,

lunga, che permetteva di raccogliere i frutti più belli,

quelli che per essere sui rami più alti sono anche i più

difficili da raggiungere”.

SCUOLA E ADOLESCENTI

Da un cartellone in

un oratorio

GRAZIE PER

L’ATTENZIONE!