ACP NR. 2019 re port - ACP ti da il benvenuto...Birmania, con poco siamo riusciti a fare molto....

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re port ACP NR. 01 2019 parole chiare. azioni forti. Partecipa al nostro prossimo Congresso Nazionale! Segna la data: 11-13 ottobre 2019 ad Anagni (FR) Per informazioni: Tel. +39 011 297 58 08 I [email protected] IRAQ Provvisorio definitivo BIRMANIA Il futuro della Birmania ITALIA Cubus VITA: un piccolo villaggio di speranza SIBERIA Nel nulla

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reportACPNR.01 2019

parole chiare.azioni forti.

Partecipa al nostro prossimo Congresso Nazionale!Segna la data: 11-13 ottobre 2019 ad Anagni (FR)Per informazioni: Tel. +39 011 297 58 08 I [email protected]

IRAQ Provvisorio definitivo BIRMANIA Il futuro della Birmania ITALIA Cubus VITA: un piccolo villaggio di speranzaSIBERIA Nel nulla

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2 Editoriale

3 IraqProvvisorio definitivo

4 BirmaniaIl futuro della Birmania

6 Italia - TorinoCubus VITA: un piccolo villaggio di speranza

7 ItaliaCreare una rete di fundraising efficace

8 SiberiaNel nulla

10 Sri LankaPerla graffiata

12 NepalUna seconda possibilità

13 ACP - valori e obiettiviChi siamo, che cosa facciamo

14 ACP - novitàDove operiamo, come aiutarci

15 Le nostre iniziativeIncontri, viaggi, attività

16 SiriaL‘avvenimento dell’anno

Indice Editoriale

In copertinaC’è per meun futuro? Ragazza in uncampo profughiin Iraq.

Cara amica e caro amico,da pochi giorni abbiamo salutato il vecchio anno dando il “benvenuto” al 2019. Lo abbiamo fatto con il cuore colmo di gratitudine e di gioia per ciò che di buono Gesù ha compiuto in mezzo a noi nei dodici mesi trascorsi. Ma il pensiero è andato anche a te, che continui a sostenere le nostre attività con entusiasmo. Per questo desidero dirti “grazie”, perché il tuo aiuto è davvero prezioso per coloro che, insieme, possiamo raggiungere.

In questo primo numero di ACP Report raccontere-mo del lavoro svolto da un gruppo di missionari in un campo profughi in Kurdistan e dei rischi che hanno corso durante il loro soggiorno. Rifletteremo sul futu-ro della Birmania e sulle contraddizioni che caratteriz-zano questo Paese. Presenteremo l’incredibile viaggio attraverso la Siberia a bordo di un mezzo speciale. Un viaggio che ci ha permesso di raggiungere uno sper-duto villaggio di ottanta persone, nel quale un quarto di loro ha ricevuto Gesù.

Infine, metteremo a fuoco la situazione dello Sri Lanka, una “perla graffiata” dove ACP si occupa di donne, disabili e formazione di guide spirituali. Il numero si concluderà con la testimonianza di un pastore del Nepal, che nelle sue debolezze ha visto manifestarsi la gloria di Dio, e con il messaggio di speranza che ci arriva dalla città di Kobane, in Siria, dove molti curdi musulmani si stanno convertendo a Cristo.

Nell’augurarti buona lettura, prego che il nostro Signore benedica abbondantemente la tua vita, la tua famiglia e la tua chiesa di appartenenza. Che pace e grazia siano sopra tutti noi! Ricordandoci che si prospetta un nuovo anno di lavoro per far conoscere l’amore di Dio nel mondo e il Suo meraviglioso Vangelo. Contiamo dunque su di te anche in questo 2019!

Paul SchaferVice Presidente ACP

2 ACPREPORT

EDITORIALE

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Provvisorio definitivo

«Sono solo le sette del mattino ma ci svegliamo in un bagno di sudore: nel container è saltata la corrente e l’aria condizionata è spenta già da diverse ore. Sembra di essere in una sauna. Buongiorno Kurdistan!»

Non è una meta turistica Un team di credenti svizzeri - due donne e quattro uomini - ha scelto di intrapren-dere un viaggio missionario con ACP nel nord dell’Iraq. L’obiettivo è di dare una mano per due settimane alle nostre collaboratrici presenti in un campo profughi allestito nella regione del Kurdistan. «Coloro che ci ospitano sono muniti di kalashnikov - racconta Dean, uno del gruppo -. La zona è pericolosa e l’Iraq non è proprio la tipica meta turistica. Il motivo per cui rinun-ciamo al nostro letto morbido, alla doccia e a un clima piacevole per venire in un posto come questo?». Una domanda che il missionario ha rivolto per prima cosa a se stesso, così poi da rispondere ai tanti che gli avreb-bero chiesto del viaggio. «Siamo qui per raccontare l’a-more di nostro Padre, ma soprattutto per dimostrarlo concretamente. E questo è molto più semplice di quan-to si possa pensare». Le giornate dei nostri volontari sono scandite dagli incontri con le persone del luogo: vanno a trovarle, bevono il tè che viene offerto loro - una irrinunciabile usanza locale -, insegnano l’inglese e, soprattutto, ascoltano i loro interlocutori, con le loro storie dolorose e i drammi di una vita difficile.

Cuori aperti Tutti nel campo sanno che i nuovi arrivati sono cristiani. I nostri collaboratori sono stati auto-rizzati a parlare apertamente della loro fede, e loro non si risparmiano. Hanno iniziato uno studio biblico dedicato ai rifugiati: ogni sera leggono pubblicamente alcuni passi dalla Bibbia in inglese e, grazie ad alcuni traduttori, anche in sorani, uno dei dialetti parlati dai curdi. Nel corso degli incontri si spiega, si discute e si argomenta, e chi lo desidera può ricevere una Bib-bia. «Incontriamo cuori aperti, e ringraziamo Dio per questo!» Così l’amore di Dio raggiunge un popolo che, come gli ebrei prima del 1948, vive da secoli senza un proprio Stato.

Dean Mazenauer Volontario, corrispondente ACP Joëlle Räss Pubbliche relazioni

Un gruppo di credenti svizzeri ha trascorso un periodo in un campo profughi non lontano dalla città di Arbil, in Kurdistan: un importante momento di testimonianza e di so-stegno per rifugiati che, in certi casi, sono ospitati nel centro da 25 anni

Patria temporanea Il nostro team lavora in un cam-po profughi sicuro, situato vicino la città di Arbil. Gli abitanti sono curdi iraniani che, per motivi politici, sono scappati in Iraq. Di solito un campo di quel genere è una soluzione temporanea, di passaggio, da dove tor-nare a casa appena possibile, oppure può rappresen-tare una tappa per proseguire verso un’altra meta. In quel caso, però, non è così: alcune famiglie abitano nel comprensorio da 25 anni. «Ci rendiamo conto di quanto siamo privilegiati - ammette Dean -. Qui le persone sono come noi, ma la loro realtà è drammaticamente diversa dalla nostra». Una differenza resa ancora più evidente quando sul campo, da sempre considerato sicuro, improvvisamente piovono alcuni missili.

«No video: real bombs!», grida uno dei negozianti prendendo Dean per il braccio. Quando si sente il boato, il missionario è al mercato, intento a comprare dei limoni: l’aria vibra, la paura e lo spavento perva-dono le facce delle persone. Subito si alza una colonna di fumo. Qualche secondo dopo si avverte un secondo boato: a quel punto appare chiaro che il campo è nel mirino dell’artiglieria iraniana. «Appena cinque minuti prima dell’esplosione erava-mo proprio nel posto dov’è caduto il primo missile: siamo salvi per un soffio». Impossibile non ripensare al rischio corso. Poco dopo, il nostro team viene accompagnato a piedi fuori dal campo insieme ad altri residenti. Nel fare questo, molti riflettono sulla propria condizione: «Fino a stamattina eravamo dei “semplici” missionari, adesso sappiamo cosa signifi-chi essere dei rifugiati».

Vista la situazione di pericolo, in particolare per gli stranieri, su consiglio del capo progetto il team anticipa il rientro in Svizzera. I profughi, invece, rimangono nel centro. Loro non hanno un posto sicuro che li aspetta.

«Solamente cinque mi-nuti prima eravamo lì dov’è scoppiato il primo mis-sile: siamo salvi per un soffio»

Cadono bombeI “rifugi” scarseggiano al di fuori degli accampamenti.

3ACPREPORT

IRAQ

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Viaggiando per la Birmania ci siamo subito resi conto che esistono grandi differenze tra ricchi e poveri, tra istruiti e analfabeti, tra privilegiati e non. Ci sono forti disuguaglianze anche tra le varie tribù e chi non è di religione bud-dista ha grandi difficoltà. Le persone che non rientrano nei canoni stabiliti dal governo non ricevono aiuto. I progetti di ACP fanno esattamente il contrario. Aprono nuove prospettive, portano speranza e trasmettono una nuova vita: qui, oggi e per l’eternità. Noi investiamo affinché la Birmania possa avere un futuro migliore.

La disciplina, la fede cristiana e un buon rendimento scolastico sono i valori che vengono trasmessi all’interno dell’orfa-notrofio. Anche il gioco e il divertimen-to hanno un ruolo importante. Ad ogni bambino viene assegnato un compito a servizio di tutta la comunità; inoltre, i più grandi seguono e sostengono i più piccoli nella quotidianità all’interno degli appar-tamenti in cui vivono. In questo modo la struttura è capace di andare avanti con poco personale e allo stesso tempo con tanto amore. Raggiungendo e mantenen-do certi risultati scolastici, ogni bimbo ha la possibilità di studiare. Un’opportunità che cambia la loro vita e che i birmani “normali” possono soltanto sognare.

Dal 2000 ACP gestisce un orfanotrofio per 170 bambini a Myitkyina, città nel nord della Birma-nia, che si trova al centro dello Stato di Kachin, area politicamente instabile. In questa struttura i bambini trovano un rifugio sicuro e amorevole.

Il futuro della Birmania

Dalla crisi di Rohingya all’incessante guerra civi-le: negli ultimi tempi non arrivano buone notizie dalla Birmania. I progetti di ACP però influenzano positivamente la popola-zione, portando a cam-biamenti durevoli

Brigitte Frei Membro del comitato CH (testo) Patrik Frei (Foto)

4 ACPREPORT

BIRMANIA

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È meraviglioso notare come, grazie alla tua offerta e all’im-menso lavoro dei collaboratori in Birmania, con poco siamo riusciti a fare molto. Grazie per il tuo sostegno!

Il futuro dei giovani della Birmania è senza prospettiva. Per combattere questo problema ACP importa Bibbie in inglese: vengono usate come libri di testo, ma soprattutto per diffonde-re preziosi semi spirituali.

Il governo birmano promuove la dipendenza da droghe all’interno di alcuni gruppi etnici, un’inizia-tiva che mira a tenere sotto controllo le minoranze “scomode”. Nella clinica di riabilitazione di ACP, a Mandalay, ai tossicodipendenti e alle persone con problemi psichici viene data la possibilità di voltare pagina e di cominciare una nuova vita.

Nel centro di formazione GIFT, nella Mini-stry Bible School a Mandalay, ACP forma pastori, guide spirituali ed evangelisti. Molti sono attivi nelle proprie tribù, dove possono immediatamente mettere in pra-tica ciò che hanno imparato.

La Birmania è influenzata dal buddismo. L’evan-gelizzazione e la distribuzione di Bibbie nelle lingue locali sono severamente vietate.

Già oltre 100.000 Bibbie bilingue sono state tra-sportate in Birmania e perfino distribuite nel Paese.

I non cristiani accettano le Bibbie gratis molto volentieri. Le testimonianze che parlano di vite trasformate sono di grande conforto e incorag-giamento.

In un centro penitenziario per giovani e bambini con dei trascorsi criminali, ACP è riuscita a di-stribuire ad ognuno almeno una Bibbia.

Ancora non ha compiuto 10 anni, eppure è già un criminale. Preghiamo che i giovani birmani, come questo bambino, possano trovare Gesù e con Lui una speranza per il futuro.

Il futuro della Birmania5ACPREPORT

BIRMANIA

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Cinque sono state montate a dicembre, altre tre a gennaio. ACP lancia a Torino il progetto Cubus VITA, una sperimentazione che se darà buoni frutti, potrà essere replicata in altre città o servirà in caso di calamità naturali. Sono otto casette in legno allestite allo scopo di ospitare i senzatetto. Stavolta, però, non si tratta di rifugiati, ma per lo più di italiani.In collaborazione con l’associazione Remar, che da anni lavora nell’assistenza ai senza fissa dimora e dispone di uno spazio adatto ad accogliere queste casette, ACP ha tirato su in poche ore un piccolo villaggio prefabbricato.

Il materiale è arrivato a no-vembre, mentre tra dicembre e gennaio sono state allestite le otto costruzioni. Due di que-ste sono già state arredate con letti, mobili e riscaldamento e hanno cominciato ad ospi-tare i primi inquilini. Questa opportunità rappresenta una boccata d’ossigeno per chi è in difficoltà. Le persone sono ospitate qui temporaneamente

Cristoforo Gautschi Direttore ACP

e durante quel periodo le aiutiamo a trovare un allog-gio e un lavoro e a reinserirsi nella società. E diamo loro del pane spirituale: possono infatti conoscere la speranza in Gesù Cristo.

Ogni casetta può accogliere fino a dieci persone, an-che se per ora si preferisce ospitarne 5-6 per unità. Per portare avanti questo progetto abbiamo bisogno di trovare delle opere che lo prendano a cuore e che possano contribuire alle spese e all’assistenza dei senzatetto.

A Torino un progetto pilota per accogliere i senzatetto e reinserirli nella società

Cubus VITA:un piccolo villaggio di speranza

Otto casette in legno Possono accogliere fino a 10 persone e sono state dotate di letti, mobili e riscaldamento.

6 ACPREPORT

ITALIA - TORINO

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Creare una rete di

fundraising efficace

In certe zone d’Italia il tasso di disoccupazione sfiora il 23%, mentre i soggetti in stato di povertà assoluta sono 4 milioni 742mila (dati Istat 2016). Dunque le sfide sono numerose e di grande portata. ACP non può affrontarle tutte, ma ha deciso di attivarsi per fare la sua parte su alcune questioni focali.

Dove interveniamo ACP interviene in queste aree: raccolta alimentare, di materiale didat-tico e indumenti; posti letto temporanei; cen-tri di aggregazione e di formazione polivalenti per la formazione e la ricerca di occupazione; doposcuola; centri di accoglienza e molto altro. Puoi richiederci le schede di presenta-zione dei progetti in corso.

Quanto costa Il budget per tutti questi inter-venti è di circa 450.000 €/anno, tutti destinati all’operatività sul campo (Torino, Como, Roma, Parma, Napoli, Catania). Per raccogliere questi fondi abbiamo bisogno di una capillare organizzazione di fundraiser, uomini e donne che hanno a cuore l’aiuto umanitario.

Giancarlo Farina Presidente ACP

ACP Italia vuole sviluppare una rete capillare di raccolta fondi per mettere in atto un programma di aiuto e sostegno economico-sociale ai bisognosi.

Cosa fa un fundraiser Deve sviluppare, nei propri contatti, una cultura filantropica: la donazione non dev’essere vista come un’elemosina, ma come il frutto di uno scambio volontario tra soggetti che condividono un medesimo obiettivo.Vogliamo portare avanti una nostra raccolta fondi con obiettivi definiti, visibilità e percezione da parte dell’ambiente esterno, competenza professionale del personale, chiarezza dei bisogni economici. I nostri collaboratori devono individuare i potenziali donatori, coinvolgerli nell’organizzazione, misurare le azioni che si svolgono e fornire dei report delle attività svolte.

Garantire il futuro Il reperimento di risorse finanziarie garantirà la sostenibilità dell’associazione nel tempo e ne promuoverà lo sviluppo costante e i suoi molteplici piani di azione. In ACP ho la funzione di “Fundraising manager”. Mi occupo di sviluppare gli obiettivi e il

piano per la raccolta fondi, in accordo con la mission dell’organizzazione; di identificare il target dei potenziali donatori; di redigere la campagna di raccolta fondi, pianificando e gestendo azioni di marketing e comunicazio-ne; di organizzare eventi; di sviluppare colla-borazioni con altre organizzazioni e istituzioni.

Vuoi collaborare? Abbiamo bisogno di una rete di collaboratori, che siano un ponte tra aziende, professionisti, imprenditori e chiun-que abbia a cuore l’aiuto umanitario.Se desideri collaborare con ACP, non ha importanza se non hai esperienza, prov-

vederemo noi alla formazione e alla guida in questo avvincente servizio.

Cosa serve Entusiasmo e desiderio di aiutare le persone nei loro bisogni, compresi quelli spirituali. Contattami, sarò onorato di presentarti in maniera più organica questo progetto. Se ti senti chiamato in quest’area di solidarietà, ma anche di annuncio del Vangelo, non esitare a rispondere a questo invito. Ti aspetto.

«In certe zone d’Italia il tasso di di-soccupazio-ne sfiora il 23%, mentre i soggetti in stato di po-vertà assolu-ta sono più di 4 milioni»

Accetti questa sfida? Scrivi subito un email a [email protected] con il soggetto FUNDRAISING! Tanti progetti umanitari per aiutare i bisognosi stanno aspettando fondi che tu puoi aiutarci a trovare!

7ACPREPORT

ITALIA

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Nel nulla

Nercha è uno dei tre villaggi nei quali vivono i Tofa-lari. Si tratta di un popolo ridotto a 500 persone, che risiede in una zona confinante tra Cina e Mongolia, chiamata Tofalaria.

Estremamente distante Nercha è facile da raggiun-gere solamente con l’elicottero e con il bel tempo. Ci siamo riusciti anche con un fuoristrada, però in inver-no, passando sui fiumi ghiacciati. Stavolta abbiamo provato ad arrivarci nel mese di giugno, utilizzando il nostro veicolo speciale e un team di cinque persone.Da Angarsk sono “solo” 800 km. I primi 400 km sono abbastanza facili da percorrere. Ma ad un certo punto, il percorso finisce improvvisamente in un bosco. Per continuare non ci sono più strade, nessuna cartina, nessun GPS. In alcuni punti il terreno presenta una pendenza del 45%, in altri si arriva fino a 3.000 metri di altezza. Sebbene sia estate, c’è ancora la neve. Fatichiamo a procedere anche con il nostro veicolo speciale a tre assi. Quel che rimane da fare è scen-dere, ridurre la pressione delle gomme e provare a ripartire.

Prima della presunta fine Più volte crediamo di tro-varci a pochi passi dall’arrivo. Il nostro senso dell’o-rientamento è venuto meno. Dopo aver percorso 100 km in mezzo al bosco, siamo di fronte a un bivio. Cosa fare? Andare a destra, a sinistra o dritto? Possiamo

Andreas Berglesow Collaboratore ACP

Angarsk si trova su tutte le cartine, Nercha invece no. Nonostante ciò, un team di ACP si è direzionato nel nulla, per trovare la Nercha nascosta

solo sognare di avere una cartina o un sistema di navigazione, e discutiamo senza concludere niente. Nessuno sa dove andare. Solo Dio. Allora ci mettia-

mo a pregare, chiediamo e aspettiamo una risposta. A quel punto prendiamo la strada a sinistra. Quando qualche ora dopo arriveremo alla meta, Alexander, il nostro missionario del posto, ci dirà che prima di noi in molti non avevano raggiunto Nercha, rimanendo bloccati in mezzo alla taiga dopo aver perso la rotta.

Ma tutto questo lo sapremo soltanto più tardi. Nel frattempo è già l’1,30 di notte. Continuiamo a seguire un fiume, con le gomme che per metà sono sott’ac-qua. Il nostro “fedele compagno” ci dimostra che non solo sa arrampicarsi, ma anche nuotare. Dopo una curva, il guidatore frena improvvisamente. Il fiume ha eroso la sponda e fatto scivolare il nostro veicolo in una massa fangosa, che sembra rendere impossibile il proseguimento del viaggio. Il buio, la pioggia, la stanchezza e l’incertezza sulla strada da percorrere ci lasciano senza forze. Io esco dalla macchina, cammino nelle tenebre e mi arrampico sulla collina di fango. Scopro che circa 100 metri più in là il fiume è di nuovo libero. Ci adoperiamo per l’unica soluzione possibile: manovrare il veicolo dal fiume e oltrepassare il rilievo. Abbiamo paura, ma l’operazione funziona e il viaggio continua. Finché non rimaniamo bloccati in un’altra zona fangosa. Tutte e sei le gomme sembrano impazzite, come d’altronde cominciamo ad esserlo anche noi. Uscire da que-sta sorta di pozzanghera di fango è possibile solo tramite una carrucola. Con la corda legata intorno a un albero, riusciamo a tirarci fuori dalla buca. Ma un altro ostacolo è dietro l’angolo: arriva 15 minuti dopo. Si tratta di un fiume molto più grande, con una forte corrente. Intanto è l’1,50. Osiamo entrare nell’acqua e la corrente sembra spingerci via. Ma grazie a Dio, raggiungiamo sani e salvi l’altra sponda. E proseguia-mo. Dopo pochi minuti, all’1,58, una luce ci abbaglia. Neanche il tempo di esultare che la luce si spegne. Sono esattamente le 2 di notte.

Il “mostro” adatto alla Siberia L’unica cosa che non riesce a fare è volare. Per il resto, sa avanzare sopra pietre e bastoni, riesce a muoversi in mezzo al fango e, in casi estremi, sa anche nuotare

8 ACPREPORT

SIBERIA

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Alla fine del viaggio e delle nostre forze Cosa succede? Dove è andata a finire la luce? Un pensie-ro attraversa la mia mente: ogni notte, alle 2, viene spento il generatore diesel del villaggio. Se fossimo arrivati soltanto due minuti più tardi, ci sarebbe sfug-gito quel lampo di luce e, di conseguenza, l’accesso al villaggio. Il timing di Dio è perfetto! Dietro di noi abbiamo centinaia di chilometri di bosco e di fatica: non avremmo mai immaginato di poter affrontare tutte quelle sfide e quegli ostacoli. E alla fine siamo pure arrivati puntuali per vedere quel breve lampo di luce e la nostra meta finale. In ogni caso, non ci

saremmo mai arrischiati di dormire per strada, per via della minaccia degli orsi. Percorriamo gli ultimi 500 metri di strada e finalmente entriamo nel villaggio. Non arriviamo con le bandiere issate al vento perché siamo sfiniti; ma, allo stesso tempo, siamo grati a Dio per l’aiuto che ci ha dato.Alexander ci saluta. Anche lui è solleva-to da un grande peso: conosce i rischi di quel viaggio ed era tutta la giornata che ci aspettava con grande preoccupa-

zione. Grazie al suo telefono satellitare aveva saputo della nostra partenza, che era avvenuta 30 ore prima!

Da cinque anni il nostro missionario abita a Nercha con la moglie e i nove figli. Nel villaggio vivono circa 80 persone, tra cui molti bambini, e vanno avanti con

quello che offre la taiga. Cacciano e mangiano frutti selvatici. Se non ci sono imprevisti, due volte al mese un elicottero porta dei beni materiali. Ma in quel luogo non vedevano una macchina da quattro anni. La gioia di averci lì non è soltanto negli occhi di Alexan-der. Tutto il villaggio ci raggiunge. Le persone desi-derano sapere cosa abbiamo da raccontare. E sono curiose di conoscere la Buona Notizia di Gesù. Circa 20 persone decidono di seguire Cristo. Il numero di cristiani in questo piccolo posto aumenta. Il nostro team promette di tornare a Nercha la prossima esta-te, per rimanere più a lungo e offrire un programma speciale per i bambini. Nel salutarci siamo commossi e scende qualche lacrima. Alexander e suo figlio di sette anni ci accompagnano fino alla montagna, da dove ricominciamo il nostro viaggio di ritorno. Loro sono a piedi e armati, per proteggersi dagli animali selvatici.

Minimizzare il rischio Quando facciamo viaggi in posti così sperduti, di solito partiamo con due veicoli per motivi di sicurezza. Stavolta, però, abbiamo potuto usare solo un mezzo, perché di quelli a tre assi multifunzionali ne possediamo soltanto uno. Sebbene sia molto efficiente, spesso siamo arrivati al limite. Eravamo consapevoli del rischio di partire senza un veicolo di accompagnamento, ma l’abbia-mo fatto lo stesso, perché ci teniamo davvero tanto a presentare Gesù, anche a persone che non lo conoscono.

«Possiamo solo sognare di avere una cartina o un sistema di navigazione, e discutiamo senza conclu-dere niente»

Tramite un’offerta puoi aiutarci a comprare uno di questi veicoli speciali per i nostri collaboratori temerari in Siberia. Ci sono ancora tanti villaggi “nel nulla” da visitare, di quelli che non sono trovabili su nessuna cartina, ma che sono presenti nel cuore di Dio.

9ACPREPORT

SIBERIA

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Perlagraffiata

Le città e i villaggi sono invasi da cartelloni enormi, pie-ni di pubblicità, che coprono tutta l’architettura di quei posti. Paesaggi di per sé affascinanti come le pianta-gioni di tè vengono spudoratamente coperti da muri di cartelloni di dimensioni giganti. L’isola sembra abusata dalla civiltà.

La situazione dopo la guerra Ma è logorata anche da 30 anni di conflitto continuo tra il sud singalese e il nord tamil, che si è concluso soltanto nove anni fa grazie un drastico intervento militare. È incredibile come molti edifici gravemente danneggiati, ad esempio le chiese, siano stati ricostruiti. I provvedimenti di ricostruzione non possono però riempire i vuoti lasciati nelle famiglie colpite dalla guerra, né possono curare le ferite dell’a-nima e altre conseguenze, come la povertà e la miseria. «La guerra si è portata via mio marito e i miei tre figli!», esclama una signora vicino alla figlia sedicenne, l’unica sopravvissuta. Il conflitto ha invecchiato molto l’aspet-to fisico della donna, che ancora vive in un’abitazione

Andreas Rossel Pubbliche Relazioni I Multimedia

Sri Lanka. Circondata dalle onde del mare, tra campi di tè e giun-gla, con una flora e una fauna rigogliose. È la perla dell’Oceano Indiano? Un tempo sì, oggi meno

provvisoria. La sua situazione è simile a quella di centi-naia di persone colpite dalla guerra.

Quattro religioni universali in un piccolo Paese Lo Sri Lanka è il fulcro di quattro religioni universali. La mag-gioranza singalese (pari a circa il 70% della popola-zione) è propensa al buddismo; i tamil nel nord e nelle piantagioni di tè del sud sono inclini all’induismo; altre minoranze sono devote all’islam e al cattolicesimo. Tutte queste religioni convivono in maniera più o meno pacifica. Esistono anche piccole chiese cristiane, molto attive, che però vengono perseguitate, soprattutto dai buddisti. Sebbene solitamente siano considerati pacifici, ci sono monaci fanatici che abusano del loro potere e che cercano di bloccare le iniziative cristiane.

ACP è attiva in questo contesto da poco tempo, in coo-perazione con un’organizzazione missionaria di Ban-gkok. L’impegno si rivolge ai seguenti ambiti: scuola per disabili; lavoro tra le donne; formazione di discepoli e di guide spirituali; mobilitazione di preghiera; evangeliz-zazione nelle Maldive.

Filmare e sparire I proprietari delle piantagioni di tè non vogliono che le condizioni di lavoro dei loro lavoratori diventino pubbliche

10 ACPREPORT

SRI LANKA

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Formazione di discepoli e di guide spirituali Il metodo di insegnamento si basa su semplici illustrazioni Power Point e oggi è ampiamente utilizzato in tutta l’Asia. In Sri Lanka è servito a

mettere le basi per una rinascita spiritua-le (sotto). Il metodo viene persino usato nelle pericolose Mal-dive musulmane, dove la presenza cristiana è molto bassa e dove gli stranieri che vanno ad evangelizzare devo-no essere formati per questo lavoro particolar-mente rischioso.

Lavoro tra le donne Si pianifica un’iniziativa di preghiera interdenomina-zionale e con il coinvolgimento di diverse chiese. L’incremento delle diver-se religioni può essere affrontato soltanto con la preghiera.

Scuola per i disabili ACP finanzia per metà una scuola con circa 60 disabili che hanno problemi fisici e psichici. La struttura si trova nelle vicinanze della capitale. I ragazzi sono in grado di potersi integra-re bene nella società. La terapia musicale è sempre un momento speciale per loro: alle ore di insegna-mento segue un’esibizione dove fanno finta di suonare in una rock band, con tutti gli strumenti necessari (il nostro partner, nonché marito della direttrice, era il bassista della più famosa rock band dello Sri Lanka).

Persecuzione La costruzione di questa chiesa è ferma da quattro anni, perché uno dei monaci-guida del tempio buddi-sta locale semina terrore ogni volta

che cominciano i lavori. Se la gente del paese non l’avesse accusata di voler evangelizzare il popolo, la chiesa vincerebbe la causa da-vanti al tribunale. Nel frattempo, il primo ministro dello Sri Lanka, che è a favore dei cristiani, è alla ricerca di una soluzione saggia per risolvere la questione.

Mobilitazione nazionale di preghiera Si piani-fica un’iniziativa di preghiera interdenominazio-nale e con il coinvolgimento di diverse chiese. L’incremento delle diverse religioni può essere affrontato soltanto con la preghiera.

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SRI LANKA

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Sì, desideroaiutare ACP come:

Ambasciatore di ACP

Intercessore di ACP

Volontario in missioni a breve termine di ACP in Italia all’estero

Promotore di ACP su Facebook

Nome

Indirizzo

CAP/Città

Tel.

E-mail

Note

Si prega di inviare le informazioni via e-mail, fax o telefonicamente.Informazioni e iscrizioni: Silvia Gatto

Tel. 011 297 5808 | [email protected]

Il Grande Mandato affidato da Gesù ai suoi discepoli prima di salire in cielo è stato tramandato di generazione in generazione fino a giungere a te e a me. Noi, oggi, siamo chiamati a rispondere alla chiamata met-tendo in pratica questo comandamento.

workshop evangelizzazione

«Preparati! Dai, vieni!», insistono gli amici. Che aggiungono: «Mica ti vorrai perdere l’occasione di gustare un piatto di selvaggina?». La tentazione è forte e Dinesh*, pastore di una chiesa partner di ACP in Nepal, non sa davvero che cosa fare.

Una tentazione irresistibile Quella mattina sua moglie gli aveva chiesto di accompagnarla al mercato, ma lui era rimasto a casa. A sorpresa, poco dopo, i suoi amici passano a trovarlo, tentando ancora una volta di convincerlo ad andare a una battuta di caccia con loro. Dinesh sa che il bracconaggio è proibito e viene punito severamente: finora ha sempre resistito alle loro insistenze, ma oggi la tentazione di portare a casa un cervo - o anche solo un coniglio - è troppo forte. E, per tranquillizzare la propria coscienza, pensa al volto sorpreso della moglie quando, la sera, avrebbe visto una cesta piena di selvaggina.

Alla fine Dinesh cede e si prepara. Il gruppo, compo-sto da una ventina di amici, arriva nella giungla e si disperde. Dinesh si apposta in compagnia di alcuni fratelli per aspettare la preda. Passano due ore senza che accada qualcosa.

Con le mani nel sacco Improvvisamente un membro del gruppo sobbalza: un paio di

metri più in là intra-vede alcune persone in uniforme. Allora gli amici cercano di scappare senza far rumore, ma vengono individuati e inseguiti dalle forze dell’ordi-ne. Dinesh è l’unico ad essere catturato. Viene portato via come se fosse un pericoloso criminale. Durante il percorso verso la stazione di polizia ripensa alle vicende delle ultime ore. Come ha potuto prende-re una decisione così avventata? Perché non è andato al mercato con sua moglie, come aveva pianificato?Seguono interrogatori, verbali e, pochi giorni dopo, l’u-dienza. Non rivela l’identità dei suoi compagni, e così è l’unico a pagare. La sentenza è dura: quattro mesi di carcere e una multa di un importo pari a uno stipendio annuale. Sua moglie versa lacrime amare. Ancora una volta Dinesh si rammarica per il suo errore.

Arrivato in carcere, sente i cancelli chiudersi dietro di lui: è una sensazione angosciante. Si ritrova in una cella sovraffollata: il caldo è soffocante, l’aria rende il respiro pesante e provoca quasi la nausea. Duran-te la notte centinaia di zanzare assalgono lui e i suoi compagni di sventura. Nella cella, infatti, non ci sono zanzariere né ventilatori: questo per evitare che i dete-nuti siano tentati di utilizzarli per provare a suicidarsi.

Dietro le sbarre Dinesh ha tanto tempo per pensare, per pentirsi e per vergognarsi di se stesso. Il senso di colpa è altissimo, sia verso la moglie sia nei confronti della chiesa che cura. A poco a poco, però, esce dal vortice dei pensieri che lo tengono ancorato al passato e riprende a dedicarsi al suo vero mestiere: non quello di bracconiere, ma di pescatore di uomini.

Nella sua cella nasce una chiesa, che cresce giorno dopo giorno. Ebbene sì, Pietro non è stato l’unico a ricevere una seconda possibilità.

Una secondapossibilità

NN Collaboratore in Asia

La tentazione di una battuta di caccia illegale porta Dinesh in carcere. Il senso di colpa è schiacciante, ma con il passa-re del tempo l’uomo ritrova la sua chia-mata. E la cella si trasforma, giorno dopo giorno, in una piccola chiesa

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ACP: valori e obiettivi

ACP sta per Azione per i cristiani perseguitati. La spinta iniziale per la sua fondazione fu data dalla situazione dei cristiani perseguitati dietro la cortina di ferro. Investiamo nelle persone, lavoriamo in collaborazione con partner locali competenti, affidabili e lungimiranti in quattro continenti. Il lavoro di ACP ha tre punti focali.

1. ACP assiste i cristiani perseguitatiDiamo loro una voce e aiuto pratico: con coraggio con determinazione con efficacia

2. ACP aiuta i bisognosiForniamo aiuti umanitari adeguati al bisogno: con tempestività con efficienza senza burocrazia

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Natale in Sudan Molto pro-

babilmente sono mancati i

regali di Natale per questo

ragazzo sud-sudanese

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Nel 2014 la città di Kobane, località al confine tra Siria e Iraq, è diventata tristemente nota ai media interna-zionali per essere diventata un campo di battaglia tra la coalizione guidata dalle forze curde, da un lato, e i soldati dello stato islamico, dall’altro. L’assalto dell’I-sis e le successive vicende hanno costretto gli abitanti alla fuga e ridotto in macerie gli edifici situati nelle aree più strategiche, fino alla vittoria curda che ha costretto alla ritirata i guerriglieri islamici. Oggi, dopo il ritorno di parte degli abitanti, la località sta ripren-dendo lentamente vita grazie alla collaborazione tra le diverse anime.

La presenza cristiana In questa cornice lo scorso 13 settembre la comunità cristiana ha inaugurato un nuovo edificio di culto: per la città si è trattato di un avvenimento storico, che giunge a più di un secolo dalla demolizione dell’ultima chiesa cristiana e a 25 anni dall’ultima celebrazione pubblica. «Abbiamo aperto questa nuova chiesa con l’aiuto di Dio e grazie alla disponibilità delle autorità di Kobane», ha ricordato il responsabile della comunità nel corso dell’inaugura-zione. ACP ha sostenuto e seguito passo dopo passo la costruzione della struttura.

La chiave per la libertà Durante l’evento è stato os-servato un minuto di silenzio per le vittime della guer-ra. «L’inaugurazione di questa chiesa è il risultato della resistenza di Kobane – è stato sottolineato nel corso

Sacha Ernst Progetti per i rifugiati

L‘avvenimento dell’anno

Dopo anni di feroci battaglie che l’hanno ridotta in macerie, la cittadina siriana di Kobane torna lentamente a vivere. A settembre la popolazione si è stretta attor-no alla comunità cristiana per festeggiare l’inaugurazione della prima chiesa, che segna il ritorno in città del culto cristiano a 25 anni dall’ultima celebrazione pubblica

parole chiare.azioni forti.

16 ACPREPORT

SIRIA

della cerimonia inaugurale -. Centinaia di combatten-ti, non solo curdi, hanno perso la vita per difenderla, perché questa città è la chiave per la libertà nel Vicino Oriente. Grazie a loro, la comunità e la vita pubblica cittadina sono rinate».

Testimonianze cristiane In passato a Kobane erano presenti diverse chiese. Dal 1915, però, cominciarono a stabilirsi in città molti rifugiati armeni che sfuggi-vano al genocidio messo in atto nella loro regione. Lì avevano subìto forti pressioni per una loro conversione all’islam, tanto che nel corso del Novecento il loro gra-duale arrivo a Kobane provocò la quasi totale scom-parsa della testimonianza cristiana nella cittadina. Quasi un secolo dopo, nel 2014, è avvenuto qualcosa di diametralmente opposto, proprio durante gli attacchi dell’Isis: molti curdi musulmani si sono convertiti al cristianesimo e hanno perseverato nella loro fede, nonostante gli estremisti li abbiano più volte minacciati di morte. A Kobane oggi vivono circa 300 cristiani.

«Qui a Kobane tutte le religioni, i gruppi etnici e le diverse nazionalità presenti dovrebbero convivere pa-cificamente, pregare insieme e aiutarsi a vicenda», ha dichiarato un politico locale nel corso della cerimonia.

In occasione dell’inaugurazione, otto ex musulmani hanno testimoniato la loro conversione al cristianesi-mo ricevendo il battesimo: se in Siria la situazione per i cristiani rimane critica, l’apertura della nuova chiesa a Kobane è un barlume di speranza per il Paese.