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ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI VERONA ANNO ACCADEMICO 2011/2012 DIPLOMA ACCADEMICO DI PRIMO LIVELLO IN PROGETTAZIONE ARTISTICA PER L’IMPRESA (DESIGN) TESI SCRITTOGRAFICA Il progetto del colore nell’edilizia scolastica PROGETTO Color design degli interni nell’asilo del carcere di Bollate Relatore tesi: Prof. Massimo Caiazzo Relatore progetto: Prof. Sotirios Papadopoulos Diplomando: Fabrizio Ferras

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ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI VERONA

ANNO ACCADEMICO 2011/2012

DIPLOMA ACCADEMICO DI PRIMO LIVELLOIN

PROGETTAZIONE ARTISTICA PER L’IMPRESA (DESIGN)

TESI SCRITTOGRAFICA

Il progetto del colorenell’edilizia scolastica

PROGETTO

Color design degli interninell’asilo del carcere di Bollate

Relatore tesi:Prof. Massimo CaiazzoRelatore progetto:Prof. Sotirios Papadopoulos

Diplomando:Fabrizio Ferras

Forse l’ideale di un mondo egua-litario non passa dall’abolizione di tutte le frontiere, ma dal loro riconoscimento.

Marc Augé

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INDICE

Prefazione 9

PARTE PRIMA: Tesi scrittografica 13

1 SCUOLA 15

1.1 Definizione e sviluppo del concetto di scuola 17

- Significato comune 17

1.2 Il sistema scolastico italiano 19

- Leggi sulla scuola 31

- Riforme 32

- La costituzione dedica alcuni articoli alla scuola 32

2 L’EDILIZIA SCOLASTICA 35

2.1 L’asilo nell’esperienza italiana: abitare il nido 37

2.2 Scuola Nuova 43

2.3 Le normative vigenti 48

- Lo stato attuale delle strutture 52

- Le risorse finanziarie sull’edilizia scolastica 53

- Interventi straordinari del Governo 54

- Salute e sicurezza nelle scuole: lo stato di applicazione

del D. Lgs 626/94 54

- La formazione, l’informazione e la partecipazione 55

- Le risorse per la sicurezza D. Lgs 626/94 55

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- Gli infortuni 55

2.4 L’edificio scolastico: il frutto di un lavoro

multidisciplinare 63

2.5 Uno sguardo oltre confine 69

- Hellerup: la scuola senza banchi 69

3 IL COLORE NELLA PROGETTAZIONE 77

3.1 Metodologia progettuale 80

3.2 Locali di ristoro 84

3.3 Gli ambienti dell’industria 86

3.4 Le strutture ospedaliere 89

- Ospedali psichiatrici e centri di salute mentale 92

3.5 Gli uffici 95

3.6 Gli esterni 97

3.7 Le scuole 99

PARTE SECONDA: Progetto 109

4 ANALISI DEL CONTESTO 111

4.1 Il contesto urbano 114

4.2 Il contesto architettonico 117

- Il carcere di Bollate 117

- L’asilo del carcere di Bollate 120

5 PROGETTO ESECUTIVO 123

5.1 Analisi strutturale 127

- Zona riposo 129

- Cucina 133

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- Deposito/ripostiglio 135

- Bagni 136

- Pranzo/attività, gioco, angolo lettura 137

- Giocospazio 144

Conclusioni 151

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Prefazione

Dedico questa tesi di laurea a tutti coloro che, arrivati ad una certa età, non hanno il coraggio di rimettersi a studiare, e vorrei dire loro che con impegno e un po’ di coraggio, si può fare. Non demordete!

“Settembre, ricomincia la scuo-la e riaprono le cartolerie. Per me questo evento ha sem-pre segnato uno dei momenti più importanti dell’anno. A differenza di tanti altri bam-bini, non vedevo l’ora che fos-se Settembre proprio perché si andava in cartoleria, entrando così in un mondo fatto d’infiniti oggetti interessanti, ma soprat-tutto di colori, di ogni tipo e for-ma.Sin dal primo anno di scuola della mia vita questa emozio-ne mi ha solleticato fantasie, e nel corso degli anni non mi ha mai abbandonato. Ancora oggi quando entro dentro una carto-leria resto affascinato dalla mol-titudine di oggetti e colori che mi circonda, a tal punto che mi prende il desiderio di possedere tutto, ma in realtà è il colore a possedermi, a sedurmi. Forse è questo uno dei motivi principali che mi ha portato a iscrivermi all’università all’età di trentotto anni, per rientrare in cartoleria!”

Non vorrei essere apparso poco serio, ma nella mia memoria il primo approccio emozionale al mondo del colore risale proprio al primo ingresso in cartoleria, ne fui sedotto e lo sono tuttora, ed è grazie alla stesura di que-sta tesi che ho messo a fuoco il “quando”, poi non saprei spie-gare bene “perché” il mondo del colore mi affascina.

Durante questi tre anni di uni-versità, in parallelo al mio corso di studi ho frequentato e con-cluso con entusiasmo tutti e quattro i seminari necessari per conseguire il titolo di Color Con-sulting/Color Designer, presso IACC “Associazione Internazio-nale dei Progettisti/Consulenti del Colore”, della quale Massi-mo Caiazzo, mio docente uni-versitario, è presidente.

“Dobbiamo imparare a sentire il colore, dobbiamo sviluppare la capacità di analizzare cosa suc-cede con i colori dentro gli esse-ri umani”…

Così diceva Edda Mally, presi-dente europeo di IACC, nel di-scorso introduttivo in occasione del primo seminario (Gennaio 2011). Da tutto questo, grazie all’aiuto dei miei docenti universitari e relatori di tesi Massimo Caiazzo e Sotirios Papadopoulos, è sca-turita l’idea di svolgere la tesi sul tema del colore in ambito progettuale e, nello specifico, sugli effetti del colore nell’inte-

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rior design delle scuole. Dopo una ricerca che ha pro-dotto più di qualche delusione, finalmente abbiamo trovato il luogo adatto sul quale elabora-re il progetto di tesi:

L’asilo del carcere di Bollate (MI).

Con l’ausilio delle competen-ze apprese durante il corso triennale di Design sperimen-tale “Progettazione Artistica per l’Impresa” dell’Accademia di Belle Arti di Verona G.B. Ci-gnaroli, conoscenze grazie alle quali ora sono in grado di utiliz-zare i più sofisticati software di progettazione unitamente alle nozioni umanistiche e teoriche legate al mondo del design, svi-lupperò questa tesi affinando l’ambito progettuale con le tec-niche e la metodologia apprese nel corso biennale IACC. Questo elaborato diverrà la summa di tutti gli studi e le ri-cerche svolte in questi ultimi quattro anni.Nella prima parte, la tesi scritto-grafica, inizieremo parlando del sistema scolastico nelle varie sfaccettature e problematiche che il tema mette in luce, per poi passare a focalizzare l’atten-zione nello specifico sull’edilizia scolastica, riportando alcuni esempi, e chiuderemo facendo una panoramica sul tema del colore nella progettazione, con un occhio di riguardo ai progetti cromatici d’interni nelle scuole. Nella seconda e ultima parte, relativa alla tesi progettuale,

apriremo facendo un breve pas-saggio conoscitivo sul territorio di Bollate, proseguiremo par-lando del carcere fino ad arri-vare al cuore del progetto, dove svilupperemo il clima cromatico dell’asilo.Durante la stesura di questa tesi abbiamo visto che viene data molta importanza al con-testo ambientale, che deve es-sere “allestito” appositamente per poter accogliere e invoglia-re il bambino alla sua naturale propensione allo sviluppo. Al-lora abbiamo analizzato varie ipotesi progettuali con l’intento di favorire l’apprendimento, che unite ai concetti esplorati han-no trovato la sintesi materiale in Giocospazio:un pavimento speciale che di-viene parte integrante dell’am-biente, significativamente pre-sente sotto i nostri piedi.

Vorrei ringraziare tutte le per-sone che in questo periodo mi sono state vicino, sostenendomi con pazienza, infondendomi co-raggio, a cominciare dalla mia famiglia, in modo particolare Jolanda e Vittorio, Ennio, Giu-seppe, Don Gigi, Bruno, i miei amici e colleghi Alessia e Alex, e infine i miei docenti relatori di tesi.

Grazie. Buona lettura.

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DIPLOMA ACCADEMICO DI PRIMO LIVELLO

IN

PROGETTAZIONE ARTISTICA PER L’IMPRESA (DESIGN)

TESI SCRITTOGRAFICA

IL PROGETTO DEL COLORENELL’EDILIZIA SCOLASTICA

ANNO ACCADEMICO 2011/2012

Diplomando:

Fabrizio Ferras

Relatore tesi:

Prof. Massimo Caiazzo

ACCADEMIA DI BELLE ARTIDI VERONA

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1 SCUOLA

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In questo primo capitolo spie-gheremo, in maniera relativa-mente sintetica, qual è stato il percorso italiano anche a livello legislativo per regolare l’anda-mento e le strutture adibite a garantire un servizio scolastico. Dagli argomenti soprattutto le-gislativi, che sembrano aver toc-cato molto aspetti gestionali e logistici del complesso “scuola”, faremo emergere invece come sembrano essere stati carenti nel porre attenzione per regola-re le dinamiche e la gestione del colore soprattutto per quanto riguarda l’Interior Design nelle strutture pubbliche.

1.1 Definizione e svilup-po del concetto di scuola

Significato comune

Questo percorso iniziale vuole mettere in luce principalmente come sia stata studiata e rego-lata la scuola innanzitutto da un punto di vista dei contenuti, del servizio che tale struttura deve garantire e del percorso neces-sario affinché questo sia garan-tito. Nella concezione diffusa e comune di scuola e nelle prime leggi in merito l’attenzione si è focalizzata maggiormente su due aspetti essenziali, che si è ritenuto giusto dover porre sot-to legislazione: il “pacchetto” dei contenuti da trasmettere e il percorso scola-stico, sia per stabilire i soggetti al quale esso è rivolto, sia per regolare come esso dev’essere strutturato. Il carattere specifico del model-lo educativo scolastico è la sua formalità, che viene data da cinque aspetti principali. In pri-mo luogo, la scuola si propone dichiaratamente di trasmettere secondo un programma preciso quei saperi considerati legittimi e validi dal contesto sociocul-turale in cui essa si colloca. In secondo luogo, attraverso pro-cedure formalizzate seleziona insegnanti, strutture, materiali e mezzi idonei alla realizzazio-ne del programma stabilito. In terzo luogo, individua ed espli-cita obiettivi di apprendimento standardizzati per vari livelli di

raffigurazione della scuola nell’antica Grecia

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competenza, e si fa garante del raggiungimento dei diversi li-velli da parte degli studenti tra-mite una certificazione ufficiale, che corrisponde a diversi titoli di studio. In quarto luogo, con-sente ai propri utenti l’accesso ai diversi livelli scolastici previo superamento dei livelli prece-denti. Infine, è dotata di un si-stema di regole dichiarate per la gestione dei diversi aspetti che consentono il suo funzionamen-to (rapporti di gerarchia tra le varie figure che operano al suo interno, gestione amministrati-va, allestimento delle strutture ecc.). Vedremo quindi che fin dalla definizione di scuola l’attenzio-ne si è focalizzata su quello che potremmo chiamare lo “spirito della scuola” nell’accezione He-geliana senza porre alcun tipo di attenzione sulla “struttura fi-sica”. E nel momento in cui si è deciso di regolare questo servi-zio anche da un punto di vista legislativo l’attenzione è rima-sta aggrappata ancora a que-gli stessi fulcri di interesse (che non sembrano essersi evoluti in maniera così seria e necessa-ria come dovrebbe essere, vista l’importanza di un luogo depu-tato al Sapere). Vedremo poi che anche quando si è iniziato a definire le norme sull’edilizia scolastica, la gestio-ne e la coscienza dell’uso del colore vengono purtroppo anco-ra legate in maniera eccessiva a un discorso di “buon gusto”, senza che vi siano norme speci-fiche che le regolino.

Per capire meglio, vediamo cosa si intende generalmente per scuola:“Istituzione sociale, pubblica o privata, preposta all’istruzione, quale trasmissione del patrimo-nio di conoscenze proprio della cultura d’appartenenza, o alla trasmissione di una formazione specifica in una determinata di-sciplina, arte, tecnica, professio-ne, mediante un’attività didatti-ca organizzata secondo regole condivise. Al di là delle differen-ze, pur notevoli tra paese e pa-ese, l’elemento che accomuna tutte le forme di scuola e quindi l’elemento universale è che in esse la formazione e il consoli-damento dei saperi avvengono attraverso la strutturazione for-male delle prestazioni richieste agli allievi, mediante l’indicazio-ne di obiettivi di apprendimen-to, di mezzi adeguati per realiz-zarli, di un sistema di incentivi e disincentivi diretto a valutarne positivamente o negativamente il raggiungimento con eventuali conseguenti prassi sanzionato-rie. Altro elemento comune a tutte le forme di scuola è che in esse il giovane affronta sin dall’inizio la complessità del-la vita sociale: ciò consente di assumere consapevolezza dei contenuti di ruolo adulti, pre-parando all’esercizio sostanzia-le della cittadinanza. In questo senso, la scuola è un’agenzia di socializzazione secondaria, in cui si acquisiscono pratiche di comportamento adeguate alla costruzione del vivere sociale, sia entro relazioni asimmetri-

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che, focalizzate sulla dimensio-ne dell’autorità dell’insegnante, sia entro interazioni paritarie, definite da meccanismi di com-petizione o cooperazione con il gruppo dei compagni.” (Enciclo-pedia Treccani, 2008).

1.2 Il sistema scolastico italiano

Brevemente, per quanto ri-guarda la storia del concetto di scuola, faremo un breve excur-sus partendo dalle origini. Le più antiche civiltà orientali co-noscono solo una scuola sacer-dotale, che ha finalità religiose. È soltanto in Grecia (già nel 6° e ancor più nel 5° sec. a.C.) che la scuola diventa strumento di un’educazione liberale. Ad Ate-ne l’organizzazione scolastica assume un notevole grado di specificazione e articolazione. I giovani erano guidati (dal setti-mo al diciottesimo anno) prima dal grammatista (che insegna-va a leggere e scrivere e a far di calcolo), poi dal citarista (che insegnava a suonare la cetra e li indirizzava all’apprendimento

“Scuola di Atene”, affresco di Raffaello Sanzio, 1510-11

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della poesia melica) e dal pe-dotriba (che presiedeva all’e-ducazione fisica). Nella secon-da metà del 5° sec., per opera dei sofisti, si presenta l’ideale della paideia, della formazione mediante la cultura. Si determi-nano quindi, nell’ambito dell’e-ducazione superiore, indirizzi diversi, l’uno rivolto prevalente-mente alla formazione filosofica e politica (quello di Platone), l’altro a quella retorica (quello di Isocrate); essi preannuncia-no la costituzione, che si realiz-zerà solo in epoca alessandrina, di istituti di alta cultura para-gonabili alle università. In età ellenistica si diffonde la scuola pubblica; la scuola è fisicamen-te individuabile in un solo edifi-cio (il ginnasio).A Roma, per il prevalere dell’in-teresse pratico-politico, l’educa-zione rimane a lungo nell’ambi-to familiare e con destinazione eminentemente pratica. Una vera e propria scuola pubblica si sviluppa solo sotto l’influsso greco, a cominciare dal 3° - 2° secolo. Le nozioni elementari erano impartite dai ludimagistri o litteratores, e la varia cultu-ra dai grammatici nelle scuola di grammatica; in un secondo tempo si costituirono le più ele-vate scuola di retorica. Nel Medioevo le istituzioni edu-cative avevano principalmente finalità morali e religiose. Tro-viamo, al principio del 6° sec., scuole parrocchiali, scuole cat-tedrali (per la preparazione alla vita ecclesiastica) e scuole claustrali o cenobiali. Notevole

fu l’impulso che impresse alle istituzioni educative Carloma-gno al principio del 9° sec., ma si trattò di un’opera destinata a vanificarsi già nel 10° secolo. In seguito, tuttavia, con il fiorire della vita sociale ed economica, non tardò a farsi sentire pres-so i ceti più abbienti il bisogno di una scuola che obbedisse a finalità mondane e non più reli-giose ed ecclesiastiche. Si assi-ste così a una fioritura di scuole private delle quali la Chiesa tut-tavia conserva un controllo, ma con l’affermarsi specialmente nei comuni italiani dello spirito laico, dovette rispondere sem-pre più all’esigenza di dare ai figli della borghesia la prepara-zione necessaria alla vita prati-ca e agli affari. Di conseguenza si moltiplicarono da principio le scuole private laiche e successi-vamente, nel 14° sec., le vere e proprie scuole comunali (con o senza latino o con poco latino) diffuse in tutti i centri di intensa vita economica e politica.L’Umanesimo contribuì al pro-cesso di laicizzazione della scuo-la. Sorsero numerose scuole che si ispiravano alle istituzioni di Guarino Veronese e di Vit-torino da Feltre, e si diffuse in modo particolare il tipo di scuo-la-convitto o scuola-famiglia. Tali strutture, fino al 19° sec., nei paesi non interessati dalla Riforma, rimasero sotto il con-trollo ecclesiastico. In Italia l’in-dirizzo scolastico prevalente si mantenne su basi umanistiche. Tutta la scuola secondaria era rappresentata da collegi e licei

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fondati da ordini religiosi: il cor-so di studi era ordinato (e tale restò, senza sostanziali muta-menti, fino al 1859) in 6 classi, numerate a rovescio, secondo il sistema tedesco. In Germania il ginnasio fu poi profondamente riformato dal movimento neou-manistico: si introdusse l’inse-gnamento obbligatorio del greco e si diede più spazio agli inse-gnamenti moderni e scientifici; in Italia con la legge Casati del 1859 si costituì il liceo-ginnasio in 8 anni, fondendo l’organismo tradizionale italiano con quello del ginnasio tedesco.L’offensiva contro l’indirizzo umanistico della scuola, a favo-re di quello realistico (tecnico-scientifico), era cominciata dal 17° sec., condotta da varie parti (da Comenio, dai protorealisti, dagli oratoriani ecc.), parten-do da premesse anche diver-sissime. Si fece quindi posto gradatamente, nei programmi d’insegnamento, alla geogra-fia, alle scienze naturali, alla fisica, alla storia moderna, alle lingue moderne; ma le esigen-ze della nuova scienza e del-la tecnica non poterono trovar soddisfazione nei vecchi sche-mi scolastici. Così in Inghilter-ra, per influenza di J. Milton, e poi in America, sorsero dopo il 1662 le accademie, che pur non escludendo le lingue classiche davano largo spazio alle disci-pline realistiche.L’ordinamento della scuola ita-liana rimase sostanzialmente, per parecchi decenni ancora, quello delineato dalla legge Ca-

sati del 1859, nonostante modi-fiche parziali apportate con leg-gi successive. Una vasta riforma di strutture e di ordinamenti fu attuata solo nel 1923-24 a ope-ra del filosofo G. Gentile, chia-mato da Mussolini a far parte del suo primo governo; con una serie di provvedimenti, Gentile (che si avvalse della collabora-zione di G. Lombardo Radice e di E. Codignola) diede un’orga-nica disciplina sullo stato giuri-dico e il trattamento economico e di carriera dei maestri, degli insegnanti e dei presidi, con cui mirò soprattutto a rinvigorire l’autorità morale e disciplinare dei capi di istituto e a riquali-ficare la figura dell’insegnante e la funzione docente. Con altri regi decreti pose mano alla ri-organizzazione amministrativa, che prevedeva, tra l’altro, una nuova normativa dei rapporti tra Stato ed enti locali in mate-ria scolastica. Il maggiore impegno fu tuttavia messo nella riforma degli or-dinamenti e dei programmi. Al riordinamento della scuola pri-maria provvide il r.d. 2185/1° ottobre 1923: al grado prepara-torio, della durata di 3 anni, se-guiva la scuola elementare vera e propria, distinta in un grado inferiore di 3 anni e in un gra-do superiore di 2 anni; dopo il corso elementare poteva segui-re un corso integrativo di avvia-mento professionale destinato al completamento dell’obbligo scolastico. L’istruzione secon-daria, con r.d. 1054/6 maggio 1923, fu differenziata secondo

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le diverse finalità formative at-tribuite ai singoli istituti: era privilegiato il ginnasio-liceo che doveva continuare a costi-tuire «il vivaio principale delle classi superiori della nazione», come Gentile stesso dichiarò; si frequentava il liceo scientifi-co, dopo il quale si poteva ac-cedere alle facoltà scientifiche; con il nuovo istituto magistrale, di 7 anni, si voleva assicurare anche ai futuri maestri una for-mazione generale umanistica e filosofica più che specificamen-te tecnico-pedagogica; l’istituto tecnico veniva riordinato in 8 anni, e articolato nelle due se-zioni di commercio-ragioneria e di agrimensura; infine, si istitu-

iva la scuola complementare, considerata come un più mo-desto tipo di scuola media infe-riore, destinata ai ceti popolari cittadini. Tra i punti caratteriz-zanti della riforma (in gran par-te discendenti dalla visione spiritualistica e aristocratica che Gentile aveva della scuo-la) sono da ascrivere: il rilancio della scuola privata; l’introdu-zione dell’esame di Stato con lo scopo di porre sullo stesso pia-no gli alunni dell’una e dell’altra scuola; l’accentuazione delle fi-nalità formative su quella me-ramente informativa; l’introdu-zione dell’insegnamento della religione cattolica nella scuola elementare e la prevalenza ac-

scuola professionale di ebanisteria a Lissone, (MB) 1922

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cordata alla cultura umanistico-letteraria nella scuola media. L’intento conservatore del-la riforma del 1923 risultava dall’espresso proposito di con-tenimento della scolarità, dall’a-dozione di un rigido sistema di selezione interna, dall’accen-tuata separazione tra scuola de-stinate alla formazione dei ceti dirigenti e scuola con specifici compiti professionali, dalla so-pravvalutazione formativa delle discipline letterarie rispetto a quelle scientifiche e tecniche, e dallo scarso collegamento delle strutture scolastiche con le esi-genze sociali ed economiche del paese. Pur con tali limiti, la riforma Gentile rivela una delle più ele-vate concezioni moderne della scuola e dell’unità del sapere di cui l’istruzione deve farsi trami-te. Negli anni successivi la rifor-ma del 1923 fu variamente ri-toccata, in parte elusa in alcuni suoi punti significativi o resa più rispondente agli scopi del regi-me. Nel dopoguerra, segnatamente dai primi anni 1950, i processi

di istruzione in molti paesi han-no avuto uno sviluppo inusitato e hanno richiesto la definizione di politiche di intervento ad am-pio spettro. Il primo problema postosi all’at-tenzione di tutti i governi è sta-to quello dell’analfabetismo. In Italia, l’ampia gamma di ini-ziative di scuola popolare, nel giro di un ventennio, dal 1951 al 1971, ha fatto scendere dal 13% al 5% l’incidenza del nu-mero di analfabeti sulla popola-zione di età superiore ai 6 anni. Sono stati poi realizzati corsi sperimentali di scuola media e di scuola secondaria superio-re per lavoratori (popolare). Il tasso di analfabetismo regi-strato nel censimento del 2001 era dell’1,5%. In altre zone del mondo, grazie agli sforzi fatti da molti governi nonché all’a-iuto e all’assistenza forniti da organismi internazionali, il tas-so di analfabetismo è sceso dal 32,9% del 1970 (quando sono iniziate le rilevazioni dell’UNE-SCO) al 16% negli anni 2000-06. A questo proposito, si sono distinti per la loro efficacia i programmi di alfabetizzazione messi in atto in India e in Cina. Oggi il fenomeno dell’analfabe-tismo, benché quasi del tutto superato nei paesi di più avan-zate condizioni economiche e sociali, rimane ancora consi-stente in altre aree geografiche e continuerà a richiedere misu-re finanziarie e organizzative di ampia portata, nel quadro co-munque di più organiche politi-che sociali a sostegno delle po-

tipica classe degli anni ‘50

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polazioni più deboli e degli strati emarginati. Con più diretto riferimento all’i-struzione nelle sedi educative istituzionali, le tradizionali strut-ture scolastiche, nell’anteguer-ra quasi ovunque caratterizzate da limitate capacità espansive, sono state investite, a partire dal 1950, dal fenomeno della scolarizzazione di massa. Si è trattato di un evento di larghe proporzioni prodottosi natural-mente, nei paesi industrializzati o in via di industrializzazione, per effetto di una serie di fat-tori concomitanti, che vanno dall’accresciuto tenore di vita della popolazione all’incremen-to delle leve demografiche, dal-lo sviluppo crescente dei set-tori produttivi dell’industria e del commercio ai conseguenti bisogni formativi di nuovi stra-ti sociali, indotti a lasciare il lavoro agricolo e ad affrontare processi di migrazione interna, di inurbamento, di qualificazio-ne culturale e professionale. La scolarizzazione di tali strati so-ciali, iniziata nel corso degli anni 1950 e proseguita negli anni 1960-70, ha riguardato inizial-mente i primi livelli dell’istruzio-ne formale e successivamente via via anche i gradi superiori degli studi. Di fronte all’espansione della domanda di formazione, realiz-zatasi in termini non solo di au-mento del numero di scolariz-zati ma anche di allungamento dei tempi individuali di fruizione dell’istruzione, si è posto ovvia-mente il problema di un vasto

adeguamento delle strutture scolastiche e formative, del re-perimento del personale neces-sario, della destinazione di forti risorse finanziarie. Lo sforzo finanziario sostenuto non sempre è riuscito a corri-spondere ai bisogni, persino nei paesi più progrediti. L’altro fattore di particolare ri-lievo conseguente allo sviluppo della scolarità ha riguardato il personale docente. La program-mazione del fabbisogno in que-sto settore non è stata dovun-que tempestiva e adeguata. In una prima fase si è dovuto prov-vedere al reclutamento di per-sonale non di ruolo, non sempre qualificato ed esperto. In un se-condo tempo si è cercato di at-tuare dei programmi nazionali, regionali o locali di formazione e aggiornamento in collegamento con le istituzioni universitarie o con specifici centri di ricerca educativa. In Italia vennero isti-tuiti nel 1974 gli Istituti Regio-nali di Ricerca, Sperimentazio-ne e Aggiornamento Educativi (IRRSAE), nonché la Biblioteca di documentazione pedagogica con sede a Firenze e il Centro europeo dell’educazione con sede a Frascati. Le iniziative di aggiornamen-to hanno certamente contribu-ito alla diffusione delle nuove pratiche educative e promosso una più diffusa qualificazione tecnico-didattica del personale insegnante. Non hanno potuto, invece, migliorare la prepara-zione culturale disciplinare, che rimase in gran parte affidata

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alla formazione universitaria la quale, per effetto delle accre-sciute dimensioni degli atenei e per le trasformazioni che ha su-bito l’università tradizionale, è apparsa talvolta meno incisiva e provveduta di quella assicurata in passato dai corsi accademici. Proprio nella fase di maggiore espansione dei sistemi di istru-zione, si è aperta una crisi di lunga durata che ha coinvolto le componenti essenziali del mon-do educativo: gli atteggiamen-ti e le attese giovanili, il ruolo professionale degli insegnan-ti, la stessa funzione educativa della scuola. La contestazione studentesca, diffusasi dalla metà degli anni 1960 negli Stati Uniti, poi in Europa, in Giappone e in altri paesi, ha evidenziato dramma-ticamente uno stato di disagio giovanile che si è riflesso princi-palmente nelle istituzioni scola-stiche ma che ha tratto motivo anche dalla crisi educativa delle famiglie e dalle divisioni interne del mondo politico. Il movimen-to è valso anche a individuare alcune forme di autoritarismo annidatesi nelle strutture edu-cative, nonché a denunciare l’ur-genza di profondi rinnovamenti per aprire la scuola ai proble-mi e alle esigenze della nuova realtà delle società complesse. Largo peso ha avuto, nella con-testazione studentesca, l’orien-tamento volto a improntare l’a-zione delle istituzioni educative alle istanze egualitarie di socia-lizzazione, di orientamento e di partecipazione.

In aderenza al criterio della pro-mozione delle pari opportunità formative si sono messi in can-tiere nuovi servizi e si è cerca-to di arricchire la gamma del-le offerte formative. Sono stati attuati notevoli interventi orga-nizzativi e finanziari per dare concretezza al diritto allo stu-dio, specie con riguardo ai pri-mi gradi dell’istruzione (gratuità dei corsi, borse di studio, ser-vizi mensa, doposcuola ecc.); si è provveduto ad allungare i tempi-scuola e a prevedere for-me di assistenza agli studenti per l’espletamento dei compiti didattici; si sono previste forme d’integrazione di alunni con di-sabilità nelle normali strutture scolastiche; si è curata l’orga-nizzazione di servizi e strutture per attività integrative, spor-tive, culturali; si è provveduto a sviluppare i servizi di orien-tamento scolastico e professio-nale. Gli stessi curricoli scolastici hanno risentito del nuovo clima ideologico, aprendosi alle solle-citazioni dell’ambiente e parti-colarmente alle esigenze del

contestazione studentesca del ‘68

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mondo giovanile, migliorando le tecniche d’insegnamento e del lavoro didattico, proporzionan-do i criteri di verifica dell’ap-prendimento e di valutazione alle potenzialità reali degli alun-ni. Non sempre, naturalmente, e non dovunque, tali misure han-no trovato le condizioni adatte per dispiegarsi o per riuscire proficue. Sono venute affioran-do riserve e perplessità circa l’efficacia dell’istruzione impar-tita dalla scuola, a partire dalla metà degli anni 1980, in mol-ti ambienti nazionali, specie là dove l’intervento educativo è risultato troppo sbilanciato sul versante della semplificazione delle procedure didattiche, e si è lasciato invece sullo sfondo l’impegno relativo ai contenuti basilari dell’istruzione, alla pa-dronanza delle strutture cono-scitive e operative dei diversi saperi, alla formazione specifica dei corsi di studio. Alla necessità, sottolineata da più parti, di abbandonare le spinte sessantottesche giudica-te negativamente, e di riscopri-re l’efficacia dei metodi tradizio-

nali, si è andato sostituendo, a partire dalla fine del secolo, il bisogno di conciliare le esigenze innovative della scuola attuale con la necessità di un’istruzio-ne centrata sull’apprendimento sistematico delle strutture di base del sapere. Al di là dell’analisi dei singoli or-dinamenti, è opportuno indica-re le principali linee di tendenza affermatesi negli ultimi decenni del 20° sec. riguardo ai diffe-renti livelli di istruzione. Per quanto concerne la scuola pre-primaria o materna, la ri-cerca psicopedagogica contem-poranea è riuscita a individuare in essa uno dei fattori più effica-ci per combattere le situazioni di svantaggio socioculturale che condizionano la prosecuzione degli studi. Condizioni ambien-tali come il lavoro femminile e il carattere mononucleare delle famiglie servirono a incremen-tare sensibilmente la domanda di asili nido e scuole materne. Quest’ultime, da luoghi pre-valentemente di custodia e di assistenza, si configurarono progressivamente come isti-tuti di educazione con proprie modalità. L’obiettivo comune è di garantire l’armonico svilup-po fisico, affettivo e intellettivo mediante giochi e altre attivi-tà suffragate da un’aggiornata esperienza pedagogica ma non irrigidita in schemi formalizzati di comportamento.La scuola primaria e quella se-condaria di primo grado rappre-sentano una fascia d’istruzione in forte espansione, favorite in

studenti protestano guidati da Cesare Zavattini a Venezia, 1968

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ciò da una vasta politica di so-stegno espressasi in varie for-me: localizzazione capillare delle istituzioni, interventi di diritto allo studio, allargamento dei piani di studio, innovazioni nell’insegnamento, ecc. L’ordi-namento della scuola primaria, di durata varia tra i 4 e i 6 anni, non presenta novità sostanzia-li riguardo sia alla struttura dei corsi che ai suoi obiettivi, che mirano a promuovere l’armoni-co sviluppo dei bambini, a cura-re la formazione morale, a fare acquisire nozioni elementari in campo linguistico, matematico-scientifico, artistico-espressivo. La scuola secondaria di primo grado, invece, è stata per lo più rivista negli ordinamenti e nelle finalità per renderla comune a tutti gli scolari, specie là dove è stata oggetto di riforme incisive (in Italia nel 1962 e 1977, nei Paesi Bassi nel 1968, in Svezia e Norvegia nel 1969, in Gran Bretagna dal 1965 al 1976, in Francia nel 1975).L’istruzione secondaria di se-condo grado è il settore scola-stico che ha fatto registrare le maggiori divergenze di vedute, anche perché in esse si accen-tuano le differenze di tradizione culturale e politica dei singoli paesi. In generale, la prospettiva più raccomandabile sembra quella volta a promuovere una forma-zione secondaria di buon livello attraverso corsi lunghi, ciascu-no centrato su una grande area del sapere, tale da consentire gli approfondimenti necessari e

la padronanza dei saperi studia-ti.Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, la spesa pubbli-ca per il sistema scolastico ha subito un progressivo aumen-to nel corso degli ultimi anni, passando dai 49.422 milioni di euro del 1996 ai 57.136 del 2006 (valori reali). La spesa per studente in rapporto al PIL procapite si colloca nel 2004 al 26,6% nella scuola primaria, a fronte di una media dei paesi europei pari al 21,7%, mentre nella scuola secondaria il rap-porto è del 28,3% contro una media europea del 26,5%. An-che la popolazione scolastica ha subito un progressivo aumento, sebbene nel breve periodo si sia registrato un calo. Nella scuola dell’infanzia gli alunni sono pas-sati da 1.578.000 nel 1996 a 1.653.000 nel 2006. In quest’ul-timo anno, però, è emerso un calo complessivo dello 0,6% sul dato dell’anno precedente, con punte del 2,8% nel Mezzogior-no d’Italia. Per quanto riguarda la scuola primaria e seconda-ria, gli alunni nel 1996 erano 7.311.000, mentre nel 2006 il dato si attestava su 7.279.000. In calo anche il dato delle scuole private dove a fronte di 423.000 alunni frequentanti nel 1996 si passava ai 398.000 del 2006. In forte aumento il numero degli alunni stranieri che passavano dai 59.389 del 1996 ai 501.420 del 2006.Il numero dei docenti è aumen-tato progressivamente dal 1998 al 2006, passando da 791.000

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a 852.000 insegnanti; dal 2008 però è diminuito rapidamente per effetto del Piano Program-matico di cui all’art. 64 del d.l. 112/2008, convertito dalla l. 133/2008 (Riforma Gelmini).Il Piano prevedeva una ridu-zione di organico nell’ordine di 87.400 insegnanti in tre anni. Per raggiungere tale cifra, per l’anno scolastico 2011-12 è sta-ta prevista la decurtazione di 19.700 cattedre. La riduzione del personale docente disposta dal Piano programmatico sta avvenendo tramite una serie di misure che hanno determinato la cancellazione del sistema dei moduli nella scuola primaria e la riconduzione a 18 ore delle cattedre delle secondarie, con relativa cancellazione delle ore a disposizione e delle compre-senze. A ciò va aggiunta la riduzione del numero delle ore di lezione, introdotta nella scuola secon-daria di primo grado per effetto dell’entrata a regime della ri-forma introdotta con il d. legisl. 59/2004, che ha confermato l’attuale ordinamento sostan-ziale, ma ha diminuito il peso del quadro orario delle disci-pline, in ciò determinando una ulteriore riduzione del numero delle cattedre in organico. È stata varata una riforma de-gli assetti ordinamentali delle scuole secondarie superiori. La riforma doveva andare a regime già dal 2009, ma è stata riman-data al 2011. Il nuovo assetto prevede 6 tipologie di licei: arti-stico (6 indirizzi: arti figurative;

grafica; architettura e ambien-te; design; audiovisivo, multi-media; scenografia); classico; linguistico; musicale e coreuti-co (con 2 sezioni, una musica-le e una coreutica); scientifico; delle scienze umane. Gli istituti tecnici nel nuovo impianto sono compresi in 2 settori e si artico-lano in 11 indirizzi. Per il settore economico: am-ministrazione, finanza e mar-keting; turismo. Per il settore tecnologico: meccanica, mec-catronica ed energia; trasporti e logistica; elettronica ed elet-trotecnica; informatica e tele-comunicazioni; grafica e comu-nicazione; chimica, materiali e biotecnologie; tessile, abbi-gliamento e moda; agraria e agroindustria; costruzioni, am-biente e territorio. Tutti i vecchi indirizzi dell’istru-zione tecnica sono compresi nei nuovi. Il monte ore è di 1056 ore an-nue, corrispondente a 32 ore settimanali (contro le prece-denti 35-36) ed è articolato in un’area di istruzione generale comune e un’area di indirizzo. Nel gennaio del 2011 è entrata

giovani protestano contro la riforma Gelmini, 2009

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in vigore la legge 240/10 di ri-forma del sistema universitario. Anche in questo caso l’obiettivo è stato ridurre i costi razionaliz-zando le risorse; l’accorpamen-to e la cancellazione dei corsi di laurea, il blocco delle assunzio-ni e i numerosi tagli hanno sca-tenato la protesta di studenti, professori e ricercatori che sul finire del 2010 hanno occupato atenei e monumenti cittadini.Sono state introdotte anche al-cune novità nelle condizioni di lavoro del personale scolastico. La l. 15/2009 (legge Brunetta) e il relativo d. legisl. di attua-zione 150/2009 hanno parzial-mente rilegificato le materie del rapporto di lavoro, tradizional-mente devolute alla contratta-zione collettiva. In particolare è stata sottrat-ta al tavolo negoziale la mate-ria delle assenze per malattia e delle sanzioni disciplinari, con l’introduzione di penalizzazioni retributive per chi si assenta dal lavoro e forti riduzioni del regi-me contrattuale delle tutele. È prevista inoltre l’introduzione di meccanismi retributivi pre-miali. Nel primo decennio del 2000 la situazione internazionale, nelle sue linee generali, ha eviden-ziato una stasi degli impulsi in-novativi che avevano caratteriz-zato gli anni 1970 e 1980. Un intervento di rilievo ha riguar-dato l’introduzione dell’autono-mia organizzativa e didattica delle singole istituzioni scolasti-che, giustificata con la necessi-tà di accrescere l’efficienza e la

reattività delle istituzioni diret-tamente interessate, nonché di tenere conto anche delle spe-cifiche esigenze dell’ambiente locale (in Italia, prevista dal le-gislatore nel 1997, è divenuta operativa dal settembre 2000).La fiducia nelle riforme oggi-giorno sembra essersi attenua-ta, nonostante gli sforzi com-piuti nei decenni precedenti per rinnovare i percorsi di studio, i curricoli, le didattiche ecc., es-sendo forse subentrato un cer-to disincanto circa l’efficacia di innovazioni patrocinate da una pedagogia che negli ultimi tempi è apparsa molto poco disposta a fermare l’attenzione sui con-tenuti basilari dell’istruzione, sui saperi trasmessi dalla scuola e sulla loro progressiva specifi-cazione, e invece assai sensibile ai messaggi delle molte educa-zioni e ai processi riguardanti la formazione generale (intesa come l’apprendere di tutto un po’), la parificazione dei percor-si di studio, la non selettività, la comunicazione, socializzazione, creatività e spontaneità degli allievi. Anche sulla base delle prime e sia pure incerte misurazioni in-ternazionali, interessate ai li-velli di effettiva preparazione conseguita a scuola dai giova-ni, si è potuto constatare che una parte consistente di co-storo, pur avendo conseguito il diploma di scuola secondaria superiore, mostra di non aver raggiunto di fatto livelli di pre-parazione adeguati persino nel-le competenze di base. E ciò

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rappresenta, naturalmente, un fattore di preoccupazione per i governi, anche in relazione alle ripercussioni che un tale deficit formativo finisce per avere su-gli studi superiori e universitari, per non dire sulle prospettive di rinnovamento dei quadri neces-sari alla ricerca scientifica e tec-nologica, alle professioni supe-riori, alla dirigenza economica e amministrativa.Il problema che si poneva già tra la fine degli anni 1980 e i primi anni 1990 (quello cioè di trova-re un nuovo punto di equilibrio fra le esigenze socioeducative diffuse e quelle dell’impegno sui contenuti forti dell’istruzione) non è stato risolto, anzi le solu-

zioni prospettate in alcuni paesi sono apparse ancor più orienta-te verso la semplificazione dei percorsi di studio, la riduzione dei saperi da trasmettere, la facilitazione dei passaggi e dei criteri di valutazione di merito. La necessità di sostenere lo svi-luppo delle economie nella fase di accelerazione imposta dalle più avanzate tecnologie e dai processi di globalizzazione dei mercati ha indotto oggi a dare centralità allo sfondo socioeco-nomico dei processi di forma-zione e ad allargare anche i suoi tradizionali campi di riferimen-to. L’attenzione dei governi nazio-nali e degli organismi interna-

protesta in piazza, ottobre 2012

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zionali intorno al nesso, sem-pre più evidente, tra le ca-pacità innovative del sistema economico e la disponibilità di consistenti risorse umane qua-lificate sembra indirizzarsi non più solo verso la formazione dei giovani (e quindi l’istruzione in senso proprio, compresa quella universitaria), ma anche ver-so l’incremento generalizzato della formazione professionale, scientifica e, in senso lato, cul-turale della popolazione adulta, persino di quella non inserita in attività produttive.È evidente che una buona for-mazione è un investimento utile per il benessere degli individui e della società. Ma l’allargamento di prospetti-va si è imposto, già nei paesi a economia avanzata, in conside-razione del pericolo che infran-ge sempre più consistenti grup-pi di popolazione adulta, che rischia di rimanere emarginata nel nuovo tessuto sociale lar-gamente coinvolto nei processi di riconversione dei modelli di produzione e di riorganizzazio-ne del lavoro, nell’informatiz-zazione dei servizi sociali, negli stessi sistemi di comunicazione collettiva. Di fronte a tali feno-meni, infatti, c’è il rischio di una alfabetizzazione insufficiente per anziani che si sono fermati all’istruzione di base acquisita in anni giovanili e non più rinnova-ta, incrementata, aggiornata, e di un livello di istruzione non più adeguato per quella percentua-le della popolazione che non ha conseguito il livello di istruzione

secondaria superiore, conside-rata ormai la soglia indispensa-bile per essere parte attiva nella nuova realtà sociale. In questo scenario, le politiche educative si sono indirizzate verso l’ampliamento e la diver-sificazione del ventaglio dell’of-ferta formativa, agendo in più direzioni e cercando di definire interventi più flessibili o meno formalizzati dell’istruzione tra-dizionale. Al di là delle pur ne-cessarie strategie da mettere a punto, colmare i gap riscontrati nella popolazione adulta non è facile, e molto dipende dalla di-sponibilità di risorse da investi-re e soprattutto dalle condizioni di partenza delle diverse realtà nazionali. Di seguito sono riportate le tap-pe principali nell’evoluzione le-gislativa italiana in merito alla scuola.

Leggi sulla scuola

• 1859 legge Casati: obbligo di frequenza di due anni, istituzio-ne di scuole superiori (ginnasio-liceo, scuole tecniche, scuola normale). La legge non fu molto rispettata a causa della povertà.

• 1877 legge Coppino: obbligo scolastico fino a nove anni d’e-tà.

• 1923 legge Gentile: obbli-go fino a quattordici anni d’e-tà. Razionalizzò il sistema delle scuole superiori:- licei per la classe diligente;

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- scuole tecniche per sbocchi al lavoro.

Riforme

• 1939 istituzione della scuola media inferiore.• 1962 unificazione della scuola media inferiore.• 1969 modifica esame di ma-turità, accesso all’università con tutti i tipi di diplomi di scuola superiore.• 1999 legge Moratti: obbligo di nove anni e si prevede l’esten-sione dell’obbligo fino a dodici anni.

La Costituzione dedica alcu-ni articoli alla scuola

• Art. 33: l’insegnamento è li-bero e la repubblica istituisce scuole statali per tutti. Gli alun-ni delle scuole private hanno gli stessi diritti e doveri di quelli delle scuole statali.

• Art. 34: tutti hanno diritto allo studio e i primi otto anni sono obbligatori e gratuiti. La repub-blica aiuta mediante borse di studio coloro che vogliono acce-dere a gradi superiori ma non ne hanno la possibilità.

Nei primi anni 70 con la rivolta studentesca c’era il desiderio di cambiare e attuare nuove rifor-me; così si è arrivati all’istituzio-ne di assemblee studentesche. Nel 2001 il governo Berlusconi, sospendeva la riforma dei cicli,

promossa dall’ex ministro della pubblica istruzione Luigi Ber-linguer, lasciando spazio alla riforma della scuola proposta dal ministro Letizia Moratti. Con tale riforma viene prevista una scuola dell’infanzia di durata triennale, non obbligatoria.

L’istruzione vera e propria è di-visa in due cicli:

• un primo ciclo di otto anni, comprendente la scuola prima-ria (5 anni) e la scuola seconda-ria di primo grado (3 anni). Alla scuola dell’infanzia e alla scuo-la primaria possono iscriversi i bambini di 2 e 5 anni che com-piano 3 o 6 anni entro il 28 feb-braio del primo anno di scuola. Nella scuola primaria sono pre-viste: l’introduzione della lin-gua inglese, dell’informatica, progettazione di piani di studio personalizzati, compilazioni di un portfolio delle competenze individuali ai fini dell’orienta-mento e della valutazione degli allievi. • Un secondo ciclo (seconda-ria di secondo grado) di 5 anni strutturato secondo due percor-si paralleli: a) licei, con otto in-dirizzi; b) la formazione profes-sionale.

In questa prima tranche ab-biamo indagato un po’ di storia per capire come siamo arrivati al sistema scolastico odierno, mentre nel prossimo capitolo ci addentreremo nel campo dell’e-dilizia scolastica.

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2 L’EDILIZIA SCOLASTICA

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Dopo l’aver osservato quanto siano stati trattati gli argomen-ti riguardanti la gestione della didattica e dell’iter scolastico, vorrei che fosse evidente e per-cepito come necessario un pas-saggio che cercherò di mettere in luce. Il raggiungimento di certi obiet-tivi che sono stati tanto presi in considerazione negli anni pas-sati e dei quali abbiamo am-piamente parlato nel capitolo precedente non possono pre-scindere dalla struttura fisica nel quale tale servizio viene for-nito. Per capire l’importanza e l’in-fluenza che l’ambiente riveste nello sviluppo del bambino af-finché riesca a raggiungere e sviluppare al meglio le “compe-tenze individuali” è necessario che riponiamo maggior sensibi-lità all’ambiente che lo circonda. A tal proposito ho ritenuto im-portante riprendere alcuni concetti introdotti nelle scuo-le attive e a mio parere non esaustivamente sviluppati, ma prima di arrivare a questa ana-lisi cerchiamo di capire le tap-pe principali nell’evoluzione del servizio “asilo” e nella struttura “asilo”.

2.1 L’asilo nell’espe-rienza italiana: abitare il nido

Il nido nasce nel 1971 come servizio pubblico, grazie ad una legge (la 1044) che lo istituisce per “provvedere alla tempora-nea custodia del bambino per facilitare l’ingresso della donna nel mondo del lavoro”. Si dava importanza alla figura femmi-nile e si lasciavano in secondo piano i bisogni del bambino. La legge ha consentito l’affer-marsi sul territorio nazionale di una rete di asili nido comunali che è cresciuta negli anni, con le pur dovute differenze regio-nali. Affida la gestione dei nidi ai comuni e la loro programma-zione nel territorio alle regioni, favorendo la nascita di servizi più vicini ai bisogni degli utenti.I primi nidi comunali sono nati a Reggio Emilia, Modena e Pi-stoia. Queste città hanno crea-to nuovi modelli educativi. Dal 1981 si inizia così ad avere una

disegno fatto dai bambini di una scuola materna

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nuova immagine del bambino, attivo fin dalla nascita, capace di stabilire relazioni significative con figure diverse da quelle fa-miliari e con i coetanei.Inizialmente i comuni posse-devano quasi tutta la gestione dei servizi, che pesavano eco-nomicamente sulle casse comu-nali. Solo recentemente i priva-ti hanno iniziato a mettersi “in proprio” o per conto dell’ente locale. Il nido è un servizio che sostie-ne i bambini come soggetti au-tonomi e che li aiuta nel loro sviluppo. Nella legge 285/1997 si dà la disposizione per promuovere diritti e opportunità per l’infan-zia e l’adolescenza, riconoscen-do innanzitutto i bambini come soggetti sociali autonomi e non come oggetti di tutela e prote-zione. Per i più piccoli, la nor-mativa riconosce il loro diritto al gioco, ad avere amici, a svilup-pare le loro potenzialità. Attraverso i finanziamenti ga-rantiti dalla legge agli enti locali, sono state realizzate nuove ti-pologie di servizi che si sono af-fiancati al nido. Sono stati stan-

ziati soldi per ulteriori servizi, come abbiamo visto all’inizio, anche se cifre molto contenute, ma purtroppo non ci si è rivolto a specialisti, psicologi della per-cezione o designer specializzati che studino e progettino la ge-stione del colore. Gli spazi parlano, e ciò significa che oltre a linguaggi di tipo ver-bale e non verbale, corporeo del-le educatrici, anche il contesto spaziale manda messaggi co-municativi (questo concetto ver-rà trattato approfonditamente nel paragrafo successivo, ove ci addentreremo nel metodo mon-tessoriano). L’ambiente quindi si presenta come una sorta di contenitore che comprende più spazi, tempi, attività e relazio-ni. Anche gli odori, i rumori e i silenzi fanno parte dell’ambien-te. Lo spazio nella sua totalità deve essere accogliente, caldo, gradevole, aperto a vari tipi di entrata, comprendente svaria-ti spazi con situazioni diverse, anche familiari. Cosicché da un lato i bambini possono ritrovare alcune caratteristiche della loro casa, sentendo meno la man-canza e il distacco dall’ambiente

asilo nido Rodari, Reggio Emilia

scuola dell’infanzia e asilo nido di Nonantola, (MO)

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familiare, e dall’altro, essendo le novità uno stimolo alla cre-scita, si confronteranno con ca-ratteristiche ambientali diverse. Il tempo è la categoria che si coniuga con gli spazi. L’abitare un certo spazio è col-legato al tempo che noi tra-scorriamo al suo interno ed alle attività che vi svolgiamo. Og-getti e materiali costituiscono il contesto spaziale delle sezioni. Gli spazi sezione sono impor-tanti per sostenere la costru-zione dell’identità dei bambini, attraverso l’analisi delle somi-glianze e differenze (rispetto ai pari) costruiscono la loro identi-tà. L’allontanamento dall’adulto diventa avvicinamento ad altri corpi dei pari. La sezione è quella stanza che ospita per la maggior parte del tempo i bambini sia picco-li che medi, dove fanno molte delle loro esperienze. Nei nidi più qualificati dal punto di vista architettonico ci sono spazi co-muni e spazi speciali, mentre in quelli più piccoli ci può essere una sola sezione, per questo si chiamano “micro nidi”. Le sezio-ni hanno una funzione di acco-glienza più estesa nel tempo,

che necessita di una particola-re cura nell’allestimento degli spazi. I nidi più recenti sono co-struiti con sezioni non lineari (di tipo cubico o rettangolare), ma con una struttura a L, a S. I nidi da costruire vengono appaltati a tecnici che ne stabiliscono le strutture (quelli di Reggio Emi-lia sono quasi tutti caratterizzati da uno spazio rotondeggiante centrale chiamata “la piazza”).All’interno delle sezioni si costi-tuiscono delle zone (o angoli) molto importanti, perché carat-terizzano un modo per rispetta-re i momenti di privacy. Questi spazi garantiscono al bambino che non è in mezzo alla “folla”,

esempio di “Piazza” nella scuola dell’infanzia

arredi nella scuola dell’infanzia

bambini che usano materiale didattico

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nel caso in cui volesse stare un momento tranquillo da solo.

Le Sezioni devono essere:

• gradevoli;• accoglienti;• con arredi, materiali (giocat-toli) adeguati che costituiscono il contesto spaziale delle sezio-ni;• non devono essere troppo “piene” perché il troppo si nota dalla sensazione di “soffoca-mento”.

In un nido che dispone di una sola sezione, sono importanti degli spazi polivalenti. Occorre avere arredi mobili che delimi-tano zone, chiudono spazi, e questo non è obbligatorio solo nella sezione ma anche in un

largo corridoio, in un salone.Inoltre, nella sezione sono im-portanti le pareti, che possono raccontare e dare ordine alle esperienze, documentare la vita dei bambini, ricordare momen-ti speciali attraverso le foto dei “cartelloni” (es. feste di com-pleanno, il primo giorno di nido, immagini della vita in famiglia e delle vacanze). La documentazione deve esse-re collocata in basso affinché i bambini possano utilizzarla ai fini di memorizzare tutto ciò che accade e dar valore a quello che fanno all’interno del nido. In ogni sezione è importante che ci sia un grande quaderno, che diventa il diario di gruppo nel quale ogni giorno si annotano gli eventi più significativi riferiti al gruppo o ai singoli bambini,

tipica parete che documenta le attività della scuola dell’infanzia

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e dev’essere messo a disposi-zione dei genitori perché pos-sano consultarlo e condividere le esperienze della giornata del loro bambino. Gli spazi comu-ni sono usati da tutti i bambini, dalle educatrici e dai genitori.Voglio sottolineare questo con-cetto delle “pareti documen-tate”, perché lo riprenderemo nella parte relativa alla tesi pro-gettuale.

Ma ora proseguiamo il no-stro percorso definendo alcuni esempi di spazi comuni: • l’atrio (o ingresso), ovvero il primo ambiente conosciuto da tutti, da dove partono i percorsi verso altre zone e territori del nido. Rappresenta l’interfaccia/transizione tra esterno e interno dove i genitori lasciano i loro fi-gli. Alcuni nidi non fanno entrare i genitori nell’atrio, ma hanno a disposizione un “pre-atrio”, per-ché non vogliono, per ragioni di pulizia, che questi ultimi entrino all’interno dell’atrio;

• il salone (o sala d’ingresso) è un punto di raccolta dove pos-sono essere svolte le assemblee per i genitori. Poi vi sono zone create apposta per insegnare qualcosa di parti-colare ai bambini, quindi sem-pre tutto rivolto all’educazione, ad esempio:

• stanza della psicomotricita’, che può essere comune perché ci vanno tutti ma può essere

anche speciale perché costrui-ta per un obiettivo particolare, quello del movimento e dell’e-ducazione corporea;

• sala dell’atelier, ovvero sala riservata ai bambini più grandi inerente l’attività plasticomani-poloattiva, zona dove non c’è il patema di dover pulire sempre appena si finisce, bisogna solo che ci sia un lavandino dove po-tersi lavare le mani. È conside-rata una zona speciale perché è creata apposta per incentivare la creatività dei bambini.

Vi sono poi spazi esterni che possono essere giardini o cortili. Esistono anche i “Cortili D’In-verno”, creati apposta per i pa-esi del nord nei quali viene buio presto, per cui hanno bisogno di un cortile (che generalmente dovrebbe essere esterno) all’in-terno della struttura dove poter piantare delle piante, allevare dei piccoli animali e dove poter anche giocare. In conseguenza a questa notevole esigenza le-gata alle condizioni ambientali, è importante che le educatrici dei paesi del nord si relazionino direttamente con gli architetti per fare in modo che questi ul-timi costruiscano la struttura in base alle loro esperienze. E’ importante che ci sia anche uno spazio che favorisca il be-nessere dell’educatore, attra-verso gli arredi come sedie che consentono di prendere in brac-cio un bambino con agio, un ta-volo dove poter scrivere le os-servazioni durante la giornata,

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un divano che favorisca le soste dei genitori, soprattutto duran-te il periodo dell’inserimento. Inoltre ci dev’essere uno spazio dove gli educatori conservano il materiale utile per la riflessio-ne, dove tenere i colloqui con i genitori, avere scambi con i col-leghi. In questa stanza è possi-bile archiviare materiali di docu-mentazioni utili per consentire negli anni di costruire una storia del nido. Non è da trascurare la quali-tà degli accessori come tende, tappeti e cuscini, che devono aumentare la gradevolezza di tutto l’ambiente. La stessa professionalità e com-petenza adoperata sino ad ora per definire i parametri basilari sui quali “confezionare” un ade-guato “ambiente asilo”, dovreb-

be essere impiegata anche nella gestione degli spazi architetto-nici e delle stanze dal punto di vista cromatico. Ma vediamo come mai l’ambien-te è così importante, andando a sondare le origini dei principi che stanno alla base della con-formazione attuale dell’ecosi-stema asilo.

esempio di parete decorata nella scuola dell’in-fanzia di Accadia, (FG)

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2.2 Scuola nuova

L’espressione indica il rinnova-mento dei metodi d’insegna-mento e dell’organizzazione scolastica che, dalla fine del 19° sec., si è venuto svolgendo nei paesi occidentali; esso riguarda istituzioni che tendono a pro-muovere, nella pratica educa-tiva, la libertà e la spontaneità del soggetto. Gli esperimenti di scuola nuova più notevoli sono: quelli di C. Reddie e J.H. Badley in Inghil-terra; A. Manjón in Spagna; E. Demolins, R. Cousinet, C. Frei-net in Francia; O. Decroly in Belgio; M. Boschetti Alberti in Svizzera (che ha avuto, nell’In-stitut J. J. Rousseau a Ginevra e nell’università della stessa cit-tà i maggiori centri nel mondo di studi di metodologia e psi-cologia al servizio delle nuo-ve realizzazioni educative); E. Lietz, G. Wyneken, P. Geheeb, G. Kerschensteiner in Germa-nia; J. Dewey, W.H. Kilpatrick, C.W. Washburne, E. Parkhurst negli USA; M. Montessori, R. e C. Agazzi, L. e A. Franchetti, G. Pizzigoni in Italia, dove i prin-cipi della scuola attiva furono accolti, con notevole indipen-denza e impronta nettamente idealistica, dalla rivista L’Educa-zione Nazionale, creata e diret-ta (1919-33) da G. Lombardo Radice. Dopo la seconda guerra mon-diale sorsero in Italia diverse “città dei ragazzi” che speri-mentarono metodi attivi.

Il nuovo metodo, da una parte dà grande importanza al gioco e al lavoro, dall’altra ricorre ai dati della psicologia sperimen-tale ai fini dell’orientamento professionale e della costituzio-ne della scuola su misura. Ritengo necessario a tal pro-posito prendere in considera-zione il metodo montessoriano per due motivi principalmente: il primo per l’importanza attri-buita al contesto come mezzo che deve essere “allestito” ap-positamente per poter accoglie-re e invogliare il bambino alla sua naturale propensione allo sviluppo; e il secondo per la sua attenzione attribuita al colore. Il fondamento del metodo mon-tessoriano risiede innanzitutto nell’ambiente, non solo inteso come struttura materiale, ma comprensivo anche degli stru-menti che permettono al bam-bino di soddisfare il suo bisogno di ordine e lavoro, per svilup-pare i sensi e soprattutto per favorire la conquista dell’au-tonomia, e nell’educatrice, che dev’essere umile, rispettosa del progressivo sviluppo del bambi-no e rigorosa nella registrazio-ne dei comportamenti che vede manifestarsi. Il compito dell’educatrice, co-erentemente alla concezione anti-inibitoria, è di mostrare l’uso corretto degli strumen-ti a disposizione dei bambini e successivamente osservare ac-curatamente ogni singolo com-portamento. La casa dei bambini è stata fon-data perché l’ambiente

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dell’adulto non è l’ambiente di vita del bambino e non perché i genitori lavorano e non possono tenere i propri figli. La causa è il comportamento impreparato e quindi sovente nocivo dell’a-dulto verso il bambino, che in-vece dovrebbe essere simile a quello di un educatore della scuola montessoriana. È neces-sario quindi che l’adulto non in-tervenga in modo direttivo con divieti, suggestioni e imposizio-ni, ma lasci che il bambino si sviluppi correttamente seguen-do le linee naturali della propria energia vitale. “L’ambiente deve essere ricco di motivi di interesse che si pre-stano a diverse attività e invita-no il bambino a condurre le pro-prie esperienze”… “L’educazione è un processo naturale effettua-to dal bambino, e non è acquisi-

ta attraverso l’ascolto di parole, ma attraverso le esperienze del bambino nell’ambiente”. “Chi si propone di aiutare lo sviluppo psichico del bambino deve par-tire dal fatto che la mente as-sorbente del bambino si orien-ta sull’ambiente, soprattutto nei primi anni di vita, quindi si devono prendere speciali pre-cauzioni affinché l’ambiente of-fra interesse e attrattive verso questa mente che deve nutrir-sene per la propria costruzio-ne” (Montessori, M. Il segreto dell’infanzia). Molte potrebbero essere le cita-zioni per far capire il pensiero di questa donna al suo tempo così rivoluzionaria, ma permettete-mi di dire non solo al suo tempo. Oggigiorno la stessa sensibilità dovremmo averla nell’ambiente in generale, ma dobbiamo fare

nella pagina a fianco, ritratto di Maria Montes-sori; sotto, tavolette montessoriane dei colori

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un passo ulteriore e considerare l’ambiente in tutte i suoi aspet-ti, che comprendono anche la gestione del colore, sia esso per arredi fissi come per le pareti ed anche per gli arredi mobili. La Montessori ha attribuito alla conoscenza colore poi un’im-portanza alla pari dello studio dei numeri e delle forme. Infat-ti, Nel metodo Montessori verso i 2-3 anni di età si può iniziare a proporre lo studio del colore attraverso esercizi di appaia-mento. Verso i quattro anni si propongono gli esercizi di gra-dazione e verso i cinque le sfu-mature.In origine, le tavolette montes-soriane dei colori erano realiz-zate in legno rivestito di stoffa. Sono basate su due concetti principali: appaiamento, ovvero si sparpagliano le spolette sul tavolo o su un tappeto gioco, se ne sceglie una e si cerca la spo-letta di colore uguale; e siste-

mazione, riponendo le coppie in ordine verticale. Si impara dunque il nome dei colori, ripe-tendolo insieme ad un adulto, le gradazioni (si mettono in ordine sparso le tavolette con le gra-dazioni di un colore e le si rior-dinano in orizzontale, partendo da sinistra a destra, iniziando dalla tonalità più scura). Sca-tole diverse con richieste diver-se, in relazione all’età, per non sottovalutare l’importanza della gestione del colore. “Si deve ini-ziare il procedimento da pochis-simi stimoli in contrasto tra loro, per poi stabilire una quantità di oggetti simili in una gradazione differenziata sempre più fine e impercettibile. Così per esem-pio, trattandosi di riconoscere delle differenze tattili, si comin-cerà con due sole superfici, una perfettamente liscia, e l’altra molto ruvida; [...] per i colori, si sceglieranno le tinte più vivaci e contrastanti, come rosso e gial-

bambino che gioca con materiale didattico fina-lizzato alla conoscenza delle forme e dei colori

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lo [...]. Per dare un’idea anco-ra più completa delle differenze è bene mescolare ai forti con-trasti le identità [...] ponendo doppie serie di oggetti; così per esempio: trovare in un miscu-glio di appaiamenti, ove tutti gli oggetti sono confusamente ag-grappati, le cose uguali, a due a due; [...] due oggetti del mede-simo colore giallo e due oggetti dell’identica tinta rossa. [...]” (M. Montessori, La scoperta del bambino).

esempio attuale di tavolette montessoriane dei colori

tavolette montessoriane dei coloririvestite di stoffa

M. Montessori ebbe l’onore dei grandi di comparire sulle banconote della Lira

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2.3 Le normative vigenti

“Decreto Ministeriale 18 dicem-bre 1975 (in SO alla GU 2 feb-braio 1976 n. 29).Norme tecniche aggiornate re-lative all’edilizia scolastica, ivi compresi gli indici di funzio-nalità didattica, edilizia ed ur-banistica, da osservarsi nella esecuzione di opere di edilizia scolastica.Le presenti norme tecniche so-stituiscono tutte quelle prece-dentemente emanate anche sotto forma di circolari e par-zialmente le riproducono. Sono state introdotte nel testo le modifiche apportate con d.m. 13 settembre 1977 (G.U. 13 dicembre 1977 n. 338). A de-correre dalla data di entrata in vigore della Legge 11 gennaio 1996, n. 23 ‘Norme per l’edilizia scolastica’ non si applicano più le norme del presente decreto salvo quanto previsto al comma 3 dell’art. 5 della legge indicata.[Il Ministro per i lavori pubblici di concerto con il Ministro per la pubblica istruzione]”

Tali norme sono state ben svi-scerate in quarantaquattro pa-gine attraverso cinque punti fondamentali, dove nei primi quattro si parla di Norme tecni-che, mentre nel quinto ed ulti-mo si trattano le Norme relative alle condizioni di abitabilità, ar-gomento su cui verte il senso di questa tesi.Per ovvie ragioni non riportere-mo tutto per intero il testo della

normativa, ma cercheremo di mettere in evidenza i punti sa-lienti che più riguardano il no-stro ambito. Partendo dal punto 1.1 Localiz-zazione della scuola, proseguen-do poi troviamo 1.2 Dimensioni della scuola, e 3.1 Caratteristi-che degli spazi relativi all’utilità pedagogica. Qui ci soffermiamo un attimo per evidenziare quanto viene esplicitamente sottolineato di seguito, ovvero che nella scuo-la materna gli ambienti devono essere chiaramente leggibili, “…laddove l’unità pedagogica è costituita dalla sezione, e dove tutte le attività assumono una funzione eminentemente edu-cativa e globale, concentra-ta nella unità stessa, gli spazi principali destinati all’unità deb-bono essere suddivisi al fine di favorire: - attività ordinate (attività che gli scolari svolgono a tavolino o su bancone); - attività libere (di carattere motorio o ludico o di carattere complementare, ecc.); - attività pratiche (indossare o togliersi gli indumenti, piccole operazioni di toletta personale, uso dei servizi, mensa, ecc.”).Proseguendo attraverso i punti fondamentali della normativa troviamo il punto 3.9 Caratte-ristiche degli spazi per i servizi igienico-sanitari e per gli spo-gliatoi, dove troviamo ancora una volta qualcosa che riguar-da la scuola materna, “le latrine debbono: - essere separate per sesso, sal-

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vo che per la scuola materna;- essere costituite da box, le cui pareti divisorie siano alte, salvo che per la scuola materna”.Nel punto 4 vengono spiegate le Norme relative all’arredamento ed alle attrezzature. Ho trovato interessante quanto viene det-to riguardante l’arredamento dell’unità pedagogica al punto 4.1.2:“Allo scopo di evitare gli effetti di abbagliamento per riflessione le superfici di lavoro dovranno rispondere alla norma di cui al punto 5.2.4”. Tra il punto 4 e il 5 vi sono dodi-ci tabelle descrittive con misure e quant’altro, utile al corretto sviluppo dell’edificio scolastico.

Dal punto 5 in avanti si parla di Norme relative alle condizioni di abitabilità.Al punto 5.1 troviamo Condizio-ni acustiche, ed è finalmente al punto 5.2 “Condizioni dell’illu-minazione e del colore” che si affronta l’argomento colore.Di seguito viene riportato l’inte-ro punto: “5.2.1 L’illuminazione naturale e artificiale degli spazi e dei locali della scuola deve essere tale da assicurare agli alunni il massi-mo del conforto visivo; pertanto deve avere i seguenti requisiti: I) livello d’illuminazione ade-guato; II) equilibrio delle luminanze; III) protezione dai fenomeni di

Parlamento Italiano, sullo sfondo la bandiera Italiana e dell’Unione Europea

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abbagliamento; IV) prevalenza della componen-te diretta su quella diffusa so-prattutto nel caso di illumina-zione artificiale”.Al punto 5.2.2 abbiamo Livello di illuminamento ed equilibrio di luminanze.I valori minimi dei livelli di illu-minamento naturale ed artifi-ciale sono esposti all’interno di una tabella descrittiva.Il punto 5.2 prosegue con altre specifiche ben dettagliate, ma se avete notato al di là del titolo dove viene menzionata la pa-rola colore, poi all’interno della norma si parla principalmente di luce e illuminazione. Certo, c’è una stretta relazione tra luce e colore, ma ciò che intendo dire è che specificatamente non vi è nulla di scritto sui canoni da seguire al fine di compiere un corretto progetto cromatico, o quantomeno per non ricadere in errori progettuali imbarazzanti che, talvolta, popolano gli inter-ni dei nostri edifici scolastici, il più delle volte frutto della con-vinzione di aver fatto un buon progetto.

A questo proposito abbiamo ri-portato un esempio nelle figure 1-2.Come avrete notato, pensando di far bene è stato usato que-sto colore rosa che risulta es-sere però troppo saturo e quin-di iperstimolante. Per questo è importante rivolgersi a persone competenti in materia, ma fin-chè non verranno stilate nor-mative ad hoc si continuerà a passare da un ecesso all’altro.

La normativa si conclude al pun-to 5.7 Norme finali e transitorie.

Con la Legge 11 gennaio 1996, n. 23 (in GU n. 15 -Serie gene-rale- del 19 gennaio 1996) sulle Norme per l’edilizia scolastica, attraverso la stesura di dodici articoli si vanno a definire i se-guenti concetti descritti all’Arti-colo 1:

Art. 1 - Finalità

• Le strutture edilizie costitui-scono elemento fondamentale e integrante del sistema scolasti-

fig. 2 - interno della scuola dell’infanzia a Cardano al Campo, (VA)

fig. 1 - primo piano della scuola dell’infanzia a Cardano al Campo, (VA)

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co. Obiettivo della presente leg-ge è assicurare a tali strutture uno sviluppo qualitativo e una collocazione sul territorio ade-guati alla costante evoluzione delle dinamiche formative, cul-turali, economiche e sociali.

• La programmazione degli in-terventi per le finalità di cui al comma 1 deve garantire:

a) il soddisfacimento del fabbi-sogno immediato di aule, ridu-cendo gli indici di carenza delle diverse regioni entro la media nazionale;

b) la riqualificazione del patri-monio esistente, in particolare di quello avente valore storico-monumentale;

c) l’adeguamento alle norme vi-genti in materia di agibilità, si-curezza e igiene;

d) l’adeguamento delle strutture edilizie alle esigenze della scuo-la, ai processi di riforma degli ordinamenti e dei programmi, all’innovazione didattica e alla sperimentazione;

e) una equilibrata organizzazio-ne territoriale del sistema sco-lastico, anche con riferimento agli andamenti demografici;

f) la disponibilità da parte di ogni scuola di palestre e im-pianti sportivi di base;

g) la piena utilizzazione delle strutture scolastiche da parte

della collettività.

Iniziando ad avere sempre più un occhio di riguardo verso ciò che avviene in Europa, all’Art. 6 si spiega che viene istituito l’Osservatorio per l’edilizia sco-lastica presso il Ministero della pubblica istruzione. All’Art. 7 indicano che Il Ministero della pubblica istruzione realizza e cura l’aggiornamento, nell’am-bito del proprio sistema infor-mativo e con la collaborazione degli enti locali interessati, di un’anagrafe nazionale dell’edili-zia scolastica diretta ad accerta-re la consistenza, la situazione e la funzionalità del patrimonio edilizio scolastico.

Nonostante i tentativi svolti sino ad ora per mettere a norma gli edifici scolastici del sistema ita-liano, ancora oggi ci ritroviamo piuttosto indietro nell’adegua-mento degli edifici. Da un arti-colo tratto dal sito Educazione & Scuola si legge quanto segue:

“Prorogato al 30 giugno 2006 il termine per la messa a norma degli edifici scolastici. Ma qual è la situazione di strutture e in-fortuni nelle scuole italiane? Le 10.798 scuole statali sono dislocate in 41.328 edifici, com-prese le sedi staccate, le succur-sali ecc., ove studiano e lavora-no oltre 10 milioni di persone.Come si sa, ai sensi dell’art 15 della legge 265/1999, i proprie-tari degli immobili, comuni e province, dovevano mettere a norma gli edifici scolastici entro

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il 31 dicembre 2004; mentre la medesima legge prescrive che gli obblighi sulla sicurezza posti a carico dei Dirigenti scolastici, in qualità di datori di lavoro, do-vevano essere completati entro il 31 dicembre del 2000.Per effetto di un ulteriore inter-vento legislativo (art. 9 del DL 266/2004) la data di scadenza della messa a norma degli edi-fici scolastici è stata prorogata al 31 dicembre 2005 per le sole opere di edilizia già program-mate e finanziate dalle Regioni”.

Lo stato attuale delle strut-ture

• Il 57% degli istituti non pos-siede il certificato di agibilità statica;

• il 36,10% non ha gli impianti elettrici a norma;

• il 29,67% ha barriere archi-tettoniche;

• il 57,4% degli edifici scolastici è privo del certificato di agibilità sanitaria;

• il 90% ha ingressi che non di-spongono di standard di sicu-rezza adeguati;

• il 91% non ha l’ingresso facili-tato per disabili;

• nel 70% dei casi non esistono gradini antiscivolo;

• solo nel 36% è stata installata la chiusura antipanico;

• in 1 scuola su 5 le vie di fuga non sono adeguatamente se-gnalate;

• solo 1 scuola su 3 possiede scale di sicurezza;

• il 73,21% delle scuole non è in possesso del certificato di pre-venzione incendi.

Dati sulla Manutenzione degli edifici scolastici:

• il 33,12% degli edifici necessi-ta di interventi di manutenzione urgente;

• il 53,14% degli edifici ha go-duto nell’ultimo quinquennio di manutenzione straordinaria.

L’età degli edifici scolastici:

• il 3,31% è stato costruito pri-ma del 1900;

• il 17,61% è stato costruito tra il 1900 e il 1940;

• il 28,05% è stato costruito tra il 1940 e il 1996;

disegno rappresentativo fatto da un bambino

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• il 45,92% è stato costruito tra il 1965 e il 1990;

• il 5,11% è stato costruito tra il 1990 e il 2002.

Altre condizioni degli edifici sco-lastici:

• l’11% degli istituti sono collo-cati in strutture nate con altre destinazioni d’uso;

• l’8,30% degli edifici scolastici sono in affitto;

• il 33,71% degli edifici si trova-no in zone con rischio sismico;

• il 16,38% degli istituti vi sono strutture con amianto;

• nel 3,33% degli istituti vi è il sospetto della presenza di amianto;

• l’8,93% ha subito bonifiche da amianto negli ultimi due anni;

• nello 0,22% è stata riscontra-ta la presenza di strutture con radon;

• il 15,72 degli istituti sono ubi-cati vicino alle antenne emit-tenti radio televisione;

• il 6,05% si trova in prossimità di elettrodotti ad alta tensione e bassa sezione;

• il 12,90% sono in prossimità di aree industriali;

• l’1,83% si trova vicino struttu-

re militari;

• l’1,21% sono vicino ad aero-porti.

(Nota: elaborazione FLC Cgil su dati MIUR e Lega Ambiente)

Le risorse finanziarie sull’e-dilizia scolastica

La competenza in materia di fornitura, costruzione, manu-tenzione ordinaria e straordina-ria (compresi l’adeguamento e la messa a norma) degli edifici adibiti ad uso scolastico, non-ché le forniture (acqua, luce, gas, telefono, riscaldamento) con i relativi impianti e le spe-se dell’arredamento, in segui-to alla legge-quadro sull’edili-zia scolastica (L. 23/93 ovvero legge Masini) viene attribuita a Province e Comuni.Al fine di migliorare l’edilizia scolastica sul piano nazionale, questa legge comprende una partecipazione attiva dello Sta-to attraverso l’assegnazione alle Regioni di appositi finan-

simboli di Legge e Giustizia

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ziamenti, che vengono attribuiti attraverso piani triennali di pro-grammazione erogati sotto for-ma di mutui accendibili presso la Cassa DD.PP. con totale am-mortamento a carico dello Sta-to.

Dalla L. 23/96 sono stati stan-ziati:

• primo triennio 1996 -1998 complessivi 1.569 milioni di vecchie lire di cui 456 miliardi per la prima annualità, 522 mi-liardi per la seconda annualità; 591 milardi per la terza annua-lità;

• secondo triennio 1999/2001 complessivi 1.395 miliardi di vecchie lire di cui 385 miliardi per la prima annualità, 398 mi-liardi per la seconda annualità e 612 miliardi per la terza an-nualità;

• nel 2002 non sono state stan-ziate risorse;

• nel Terzo triennio 2003/2005 sono stati stanziati complessi-vi 461.916.248 euro di cui per 112.600.641 euro per il 2003 e 348.915.607 euro per il 2004; per l’anno 2005 non è previsto alcun finanziamento.

Interventi straordinari del Governo

Nell’art. 80 della l. 289/2002 era previsto che all’interno de-gli 8.000 miliardi di euro per

le infrastrutture almeno il 10% fosse destinato all’edilizia scola-stica nelle zone colpite da cala-mità naturali. Due piani straor-dinari relativi alle zone sismiche avrebbero dovuto far fronte all’emergenza nel Molise con una somma di circa 474 milioni di euro. Di questi finanziamenti le scuole del Molise ancora non vedono un euro, perché tutto è ancora bloccato.

Salute e sicurezza nelle scuole: lo stato di applica-zione del D.Lgs 626/94

Per quanto riguarda l’attività di prevenzione e protezione pos-siamo rilevare quanto segue:

• il 7,45% delle scuole non ha predisposto il documento di va-lutazione dei rischi;

• l’8,50% delle scuole non ha predisposto il piano di evacua-zione dei rischi;

• il 17,23% delle scuole non ha il servizio di prevenzione e pro-tezione;

• nel 12% circa delle scuole non è stato designato il responsabi-le del servizio di prevenzione;

• nel 15% delle scuole non sono stati designati gli addetti all’an-tincendio;

• nel 20% circa delle scuole non vi sono gli addetti al pronto soc-corso;

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• nel 13% delle scuole non è presente il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

(Nota: elaborazione FLC CGIL su dati MIUR)

La formazione, l’informazio-ne e la partecipazione

• Il 44,76 delle scuole non ha provveduto alla formazione de-gli RLS;

• il 25,40% delle scuole non ha provveduto alla formazione del responsabile del SPP;

• il 33,28% delle scuole non ha formato gli addetti all’antincen-dio;

• il 32,14% delle scuole non ha formato gli addetti al pronto soccorso;

• il 42% circa delle scuole non ha provveduto all’informazione ai lavoratori e agli studenti;

• il 52% delle scuole non ha provveduto alla formazione dei lavoratori e degli alunni;

• nel 23% delle scuole non è stato consultato il RLS in occa-sione della predisposizione del documento di valutazione dei rischi e sugli altri adempimenti.

(Nota: elaborazione FLC CGIL su dati MIUR)

Le risorse per la sicurezza D.Lgs 626/94

Per far fronte alle attività rela-tive alla sicurezza (formazione figure sensibili, formazione per-sonale e docenti, informazione ecc.) sono previsti, a carico del bilancio del MIUR, annualmen-te a partire dal 2002 e fino al 2004 l’equivalente di 40 miliardi di vecchie lire.Tale risorse sono risultate es-sere largamente insufficienti, come vedremo nei dati a segui-re.

Gli infortuni

Sono la cartina al tornasole di questo autentico disastro.

Gli infortuni degli alunni:

• nel 1999 vennero denunciati all’INAIL 79.168 casi;

• nel 2000 i casi denunciati sono stati 82.281;

• nel 2001 gli infortuni denun-

tipico esempio di infortunio

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ciati sono saliti addirittura a 89.176;

• nel 2002 gli infortuni denun-ciati sono 88.682;

• nel 2003 gli infortuni denun-ciati sono 88.581;

• nel 2004 gli infortuni censiti sono 90.570.

Gli infortuni degli insegnanti:

• nel 1999 sono stati denunciati 4.393 casi;

• nel 2000 i casi denunciati sono stati 4.988;

• nel 2001 i casi sono stati 5.978;

• nel 2003 i casi sono stati 5.209;

• nel 2004 i casi sono stati 5.290.

(Nota: elaborazione FLC CGIL su dati INAIL)

Degli infortuni sopra ricordati alcuni sono risultati gravi e han-no determinato invalidità per-manenti o sono stati mortali, eppure oltre il 20% delle scuole non ha ancora attivato il servi-zio di prevenzione e protezione, il servizio antincendio e il servi-zio di primo soccorso.

“Bocciata l’edilizia scolastica italiana, è vecchia e ha proble-mi di sicurezza”

Questo è il titolo allarmante in apertura del rapporto di Le-gambiente del 10 Novembre dalla XIII edizione di Ecosiste-ma Scuola 2012, sulla qualità delle strutture e dei servizi della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado di 96 capoluoghi di provincia. Ho ritenuto importante riporta-re parte dell’articolo in questio-ne:“Roma, 10 Novembre (Adnkro-nos). Un’edilizia scolastica vec-chia e con problemi di sicurez-za. Tante le emergenze irrisolte, poche le eccellenze. La messa a norma delle scuole resta il tallo-ne d’Achille numero uno: quasi la metà degli edifici scolastici non possiede le certificazioni di agibilità, più del 65% non ha il certificato di prevenzione incen-di e il 36% degli edifici ha biso-gno d’interventi di manutenzio-ne urgenti. Senza contare che il 32,42% delle strutture si trova

crollo di calcinacci all’interno di una scuola ele-mentare a Castello di Godego, (TV) 2009

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in aree a rischio sismico e un 10,67% in aree ad alto rischio idrogeologico”.Gli unici passi avanti fatti dalle scuole riguardano la sostenibili-tà e il monitoraggio dell’amian-to, ma purtroppo l’edilizia scola-stica italiana fatica a migliorare anche a causa del freno agli in-vestimenti generato dal Patto di Stabilità.Circa il 60% dei 7.139 edifi-ci scolastici di competenza dei comuni capoluogo di provincia presi in esame è stato costruito prima del 1974, anno dell’en-trata in vigore della normativa antisismica, mentre solo il 7% negli ultimi 20 anni, ma i nuo-vi edifici non sono costruiti se-condo le tecniche sostenibili e innovative. Solo l’8,22% risulta costruito con criteri antisismici e lo 0,47% secondo criteri della bioedilizia. Segnale positivo, invece, nel monitoraggio sull’amianto. Nel 2011 sono stati 92,31% i comu-ni che hanno effettuato controlli e aumentato le bonifiche. Bassa l’attenzione per il radon, moni-

torato solo dal 32,5% delle am-ministrazioni, e per le fonti d’inquinamento ambientale esterne (elettrodotti, emittenti radio televisive, antenne dei cel-lulari). Solo il 5,19% dei comuni monitorano le scuole vicino ad elettrodotti (12%), il 14,29% delle amministrazioni controlla-no quelle in prossimità di anten-ne cellulari (16,36%). L’11,36% degli edifici si trova, invece, a meno di un km da fonti di inqui-namento acustico, mentre sono solo il 2,32% quelli che si trova-no vicino a emittenti radio tele-visive. Sul fronte delle certifica-zioni, positivi i dati relativi alle porte antipanico (90,68%), alle prove di evacuazione (97,92%) e agli impianti elettrici a norma (82,38%).Negli ultimi due anni vi è sta-to un calo degli investimenti in tutta Italia, con una contrazione in media di 40 milioni di euro per la manutenzione straordi-naria per edificio scolastico.Il 42,93% delle scuole del Sud e il 47,61% nelle Isole necessita-no di interventi di manutenzio-

slogan di protesta contro la precarietà degli edifici scolastici

58

ne urgenti, maggiori di 10 punti percentuali della media nazio-nale; mentre le regioni del Nord e del Centro, rispettivamen-te con il 28,97% e il 24,79%, sono sotto la media nazionale. A pesare, sono anche gli inve-stimenti medi per la manuten-zione straordinaria (per singo-lo edificio): 40.958,35 euro al nord, 29.065,89 euro al sud. Per la manutenzione ordinaria nel settentrione si registra una me-dia di investimento di 9.872,15 euro per singolo edificio contro i 4.501,12 euro del sud. Dal 2008 ad oggi hanno regi-strato una diminuzione del 50% degli investimenti in manuten-zione straordinaria e ordinaria anche regioni solitamente vir-tuose come Piemonte ed Emilia Romagna.

Nonostante vi sia una maggiore necessità d’interventi di manu-tenzione straordinaria la situa-zione peggiora ulteriormente al Sud, dove la media degli inve-stimenti è inferiore a quella na-zionale. La fragilità del territorio meridionale con il 14,25% delle scuole situate in aree a elevato rischio idrogeologico, il 63,06% in aree a rischio sismico e il 12,36% in aree a rischio vulca-nico, grava sull’intera situazio-ne nazionale.Qualche dato positivo si rac-coglie, è in crescita la raccolta differenziata: la carta raggiun-ge l’83,84%, quella delle pile ha raggiunto il 49,30%, con ol-tre 15 punti percentuali sopra il valore della passata edizione (33,90%); plastica 71,51%, or-ganico 54,37%, alluminio

studenti protestano in piazza dopo la morte di un 17enne al liceo Darwin di Rivoli, (TO)

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51,77%, toner 53,90% e vetro 63,42%. Dati negativi si registrano nell’utilizzo dell’acqua di rubi-netto nelle mense scolastiche 62,93%, con otto punti percen-tuali sotto il dato degli ultimi due anni, ma sale la percentua-le media di prodotti biologici nei pasti, che si attesta al 56,29% contro il 52,38% dello scorso anno, e riscontriamo esiti posi-tivi anche nell’utilizzo dei pasti interamente biologici nelle men-se (5,95%). Aumentano le cuci-ne interne alle scuole (29,29%) rispetto al 21,53% del 2010. Per quanto concerne la mobilità urbana e la sicurezza, aumen-tano le transenne parapedonali (13,52%) e la presenza di ‘’non-ni vigili’’ (21%), mentre sono pochi gli istituti all’interno di isole pedonali, meno dell’1%, le scuole in zone a traffico limita-to sono il 4,42% e quelle dov’è in vigore l’obbligo dei 30 km/h sono appena il 7,08%. Giardini o aree verdi nelle zone antistanti le scuole (62,89%) sono in con-tinuo calo, con quasi 12 punti percentuali in meno rispetto a due anni fa (74,27%), invece in crescita troviamo le piste cicla-bili vicino agli istituti (10,48%). Poche le strutture dedicate allo sport, di cui sono provviste solo il 52,60% degli istituti.Sono in lieve aumento i dati sull’utilizzo di fonti rinnovabi-li (12,40%) contro l’11,56% del 2010, seppure ci sia un lie-ve calo (60,58%) rispetto allo scorso anno (65,98%) riguardo l’uso dell’illuminazione a bas-

so consumo. Tra le regioni che spiccano per l’utilizzo delle fon-ti rinnovabili ci sono Abruzzo (18,31%), Sardegna (23,38%), Toscana (18,03%) e Vene-to (28,05%). Fanalino di coda Basilicata e Molise, i cui comu-ni capoluogo dichiarano di non avere edifici scolastici che utiliz-zano fonti di energia pulita.A guidare la classifica regionale per merito sono Emilia Roma-gna e Piemonte, Trentino AltoA-dige e Toscana. Si riconfermano in testa alla graduatoria nazio-nale le città capoluogo del cen-tro nord, dove al primo posto svetta Trento, seguita da Pia-cenza, Verbania, Prato, Parma, Reggio Emilia, Pordenone, Asti, Forlì (nuova entata) e Terni. Anche quest’anno Napoli risul-ta prima tra le grandi città del sud, mentre Cagliari è la prima tra quelle delle isole. Salgono in graduatoria Milano (42° posto), Bologna (54°), Bari (67°), Pa-lermo (87°); è fuori dalla classi-fica Roma, che anche quest’an-no presenta dati incompleti.

Quattro le eccellenze segnalate da Ecosistema Scuola: l’asilo nido di Gaiole in Chian-ti (Si), l’ecoscuola primaria di Scarmagno, i servizi scolastici sostenibili a km ed emissioni zero avviati da diverse scuole piacentine, l’opera di riqualifi-cazione della scuola primaria statale Anna Frank parte del co-mune di Giaveno.

Per concludere, visto i dati rac-colti dobbiamo constatare pur-

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troppo che l’attuale situazione dell’edilizia scolastica italiana è ancora carente rispetto alla media dei paesi europei e in-ternazionali più evoluti, ma il fatto che si sta osservando e ci si pone il problema determina innanzitutto che lo si riconosce come tale, il che significa che a carte scoperte ora non si può più far finta di niente. Abbiamo preso coscienza del fatto che il nostro paese ha il dovere di fare il possibile per dare agli italiani un servizio di tutto rispetto. Ovviamente, senza ricadere in false illusioni, è certo che l’adeguamento agli standard più evoluti comporta l’impiego di risorse che, visto la crisi finanziaria che da un paio d’anni attanaglia il mondo inte-ro, anche nel nostro paese scar-seggiano. In questo particolare periodo storico è necessario armarsi di molta pazienza per vedere risultati in larga scala, ma non demordiamo e forti dei pochi esempi di eccellenza che anche il nostro paese comincia

a produrre, andiamo avanti con perseveranza e sano ottimismo.Da poco è nato “Chicchi di Sole” uno dei primi asili “passivi” d’I-talia, situato nel comune di Ga-iole in Chianti, in provincia di Siena. Con “edificio passivo” si inten-de una struttura autosufficien-te ed eco-sostenibile, un asilo all’avanguardia, funzionale e a misura di bambino. Il nuovo edificio è stato inau-gurato nel Settembre 2012 e può ospitare fino a centoventi bambini, divisi in quattro aule. Considerate anche le aree verdi esterne, l’asilo ha una superfi-cie complessiva di 9500 me-tri quadri. Nella struttura sono presenti spazi collettivi in legno e una mensa molto grande. L’architetto che ha progettato illocale ha dichiarato: “La scuola di Gaiole è stata realizzata inte-ramente in legno per consentire il massimo risparmio di ener-gia”. È stato infatti grazie alle sue caratteristiche di bassi con-sumi che l’asilo ha ricevuto fi-

ecoscuola elementare di Scarmagno, (TO)

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amministrazioni pubbliche, vo-gliono costruire con un occhioattento all’ambiente e al rispar-mio energetico. Le caratteristiche progettua-li della scuola, infatti, sono tali da classificare l’edificio nella ca-tegoria “edificio passivo”, ossia con un fabbisogno annuale infe-riore a 15 KWh a metro quadro.L’asilo è dotato di un sistemadi frangisole in legno progettato perché abbia la massima pene-trazione del sole nel periodo au-tunno-inverno e la schermatura nel periodo di primavera-inizio estate, così da avere caldo in inverno e fresco in estate.Il sindaco di Gaiole ha orgo-gliosamente dichiarato: “E’ con grande soddisfazione che oggi consegniamo ai cittadini questa

nanziamenti dalla Regione e dal Monte dei Paschi di Siena per un costo totale di 2.100.000 euro.Sin dall’inizio dei lavori, nel 2010, ha suscitato grande inte-resse tra gli esperti del settore, rappresentando un buon mo-dello per quanti, anche nelle

“Chicchi di sole”, asilo nido di Gaiole in Chianti, (SI)

classificazione energetica degli edifici

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struttura di così grande valore per le caratteristiche e le oppor-tunità che porta con sé. Si tratta dell’ultimo tassello, a oggi il più importante, di un progetto di sviluppo territoria-le pensato qualche anno fa. Un percorso in cui lo sviluppo so-ciale, economico e urbanistico del nostro territorio si coniuga all’ambiente e alla sua tutela. Da amministratori pensiamo di dover essere da esempio per la comunità anche attraverso le opere pubbliche che portiamo avanti, certi che possano rap-presentare lo stile di vita che ci caratterizza, incentrato su prin-cipi fondamentali: la sicurezza,

l’educazione, la tutela per l’am-biente e l’energia pulita. A nome dell’amministrazione comunale ringrazio tutti coloroche con impegno e con il loro lavoro hanno permesso la re-alizzazione di una scuola che nel luglio 2009 era ancora un progetto su carta e che oggi si è concretizzata in un perfetto connubio tra il rispetto del terri-torio e la sua evoluzione tecno-logica“.

Al giorno d’oggi non possiamo più costruire nuovi edifici sen-za seguire urgenti e oramai ob-bligatorie linee guida al fine di garantire un minor consumo

esempio di architettura moderna con frangisole in legno

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possibile di risorse ed energia, nonché la salvaguardia del pa-trimonio energetico attuale, ed è per questo motivo che ho ri-tenuto necessario approfondi-re il tema della bioarchitettura, che scopriremo proseguendo il nostro viaggio nel capitolo che segue.

2.4 L’edificio scolasti-co: il frutto di un lavoro multidisciplinare

Quale può essere il senso del progetto di una scuola? Con quale atteggiamento la cultura progettuale dovrebbe accostar-si ad un tema così impegnativo come quello dell’edificio scola-stico?Sebbene la domanda sia difficile e impegnativa, è possibile avere alcune indicazioni rilevanti, re-stando consapevoli che proget-tare una scuola è un processo lungo e complesso. Guardando al passato possiamo apprendere delle lezioni impor-tanti dall’esperienza di Hertz-berger, che ha mostrato come progettare in funzione della psi-cologia dell’utente, del bambi-no, del ragazzo.

scuola Montessori di Delft, Herman Hertzberger

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Anche l’architetto/progettista è un insegnante, perché lascia sul territorio dei segni che de-vono durare nel tempo e da cui i giovani devono apprendere. L’architettura scolastica divie-ne un testo, è qualcosa che ti permette di apprendere la real-tà, e la concezione degli spazi interna a questa architettura è fondamentale per capire cos’è il comfort, cos’è la funzionalità, tutti elementi che in architettu-re concettualmente povere por- tano ad esperienze povere:le anonime ‘scatolette’, che ne-gli anni ’70 erano di cemento e oggi sono di vetro, ma resta-no comunque strutture dove si perde la complessità spaziale.Oppure potremmo citare l’espe-rienza dell’architetto Carmassi, che in Italia ha fatto una vera

e propria teoria dell’edificio sco-lastico, sia insegnando a tener conto delle sue caratteristiche peculiari legate allo speciale profilo di utenza cui è destinato, sia spingendo a valorizzarne la valenza simbolica, la vocazione di edificio pubblico destinato a durare nel tempo e ad assume-

scuola Montessori di Hertzberger, Delft

atrio della scuola Montessori di Delft

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re un ruolo nei confronti del contesto urbano.E’ di fondamentale importanza l’ascolto delle esigenze pedago-giche. Il pedagogista può darele linee guida, delle indicazioni necessarie per non uscire dal seminato, per sapere come ar-ticolare gli spazi in relazione ai metodi educativi. Anche se nel-la pratica molti progettisti ri-cevono indicazioni sull’edificio da costruire, si confrontano poi con la normativa, e l’architettoresta pur sempre un interprete e non un esecutore asettico di indicazioni che vengono dalla ri-cerca scientifica. Non è sufficiente che l’architet-to metta a disposizione le sue interpretazioni in fase prelimi-nare e poi le metta a verifica: il progetto si realizza in un conti-nuo interscambio di conoscen-ze. Nelle migliori esperienze il dialogo con pedagogisti e inse-gnanti prosegue durante tutta la progettazione. Edificare una scuola è un processo di confron-to continuo, che può proseguire persino nella gestione e nella manutenzione successiva.Purtroppo è difficile che questo accada ma, in ogni caso, dal progetto non deve scaturire un oggetto assoluto, chiuso, sui cui non si discute più.Come la didattica, dove si rea-lizzano continue verifiche, spe-rimentazioni e cambiamenti, anche l’edificio pubblico dev’es-sere una struttura dinamica che ha bisogno di mutare spesso nel tempo, non deve rimanere lì a simboleggiare un evento come

fosse una scultura, ma richie-dere continue modifiche in rela-zione a quello che si fa, continui aggiustamenti. In questo senso si può dire che la scuola è una struttura vivente. Sovente oggigiorno si rincorro-no le riviste di architettura e a volte non si riesce a distinguere un edificio scolastico dalla hall di ingresso di un albergo o di un aeroporto. A qualcuno piacerà, ma credo che non sia il giusto approccio progettuale.Bisogna evitare sia l’eccesso di personalizzazione, che porta alla perdita di flessibilità e alla incapacità di evolvere l’edificio scolastico, che l’eccesso di ra-zionalizzazione, l’impoverimen-to funzionalista che conduce alla spersonalizzazione e quindi alla banalità dell’edificio, all’as-senza di complessità.Ci dovremmo muovere in modo da evitare questi due eccessi e riprendere le grandi lezioni del passato: quella di Hertzberger, l’edificio scolastico come educa-zione, e quella di Carmassi o De Carlo che fanno riferimento alla riscoperta delle tipologie fonda-

Herman Hertzberger, disegni di studio e taccuini di viaggio

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mentali del passato e alla loro riconoscibilità in termini di edifi-cio pubblico, di istituzione bella e non autoritaria.In tutto questo ambito che ruo-lo ha la bioarchitettura? Rap-presenta davvero una risposta in grado di cambiare la proget-tazione della scuola? Se è più costosa, perché si dovrebbe at-tuare?L’edificio pubblico dovrebbe es-sere sempre un modello quan-do nella società nascono nuove esigenze, che oggi sono quelle del risparmio energetico, dell’u-tilizzazione di energie non con-venzionali, della riduzione del prelievo di materie prime. Tutta l’edilizia pubblica dovreb-be essere in bioarchitettura, che oggigiorno è un’esigenza indispensabile. Non tra qualche secolo, ma tra

pochi anni avremo da affrontare una crisi ecologica ed energeti-ca molto stringente e impegna-tiva, e non possiamo più pensa-re che gli edifici pubblici abbiano standard di consumi energetici come quelli degli anni settanta, persino quelli che rispettavano le leggi di allora oggi sarebbero tutti da rivedere.

immagine evocativa del risparmio energetico

si deve progettare secondo i canoni del rispar-mio energertico

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Oggi è necessario parlare di edifici in grado di autoprodursi l’energia con pannelli solari ter-mici o pannelli fotovoltaici, de-purare e riutilizzare l’acqua di scarico, recuperare l’acqua pio-vana.Sicuramente costano di più, senza ombra di dubbio, ma l’e-voluzione della società va verso qualità sempre superiori, che richiedono un costo apparen-temente maggiore rispetto ad una situazione precedente.Certo spenderemmo meno, ma non avremmo guadagnato nul-la nei termini di quella qualità che oggi riteniamo prioritaria se dovessimo costruire con gli standard di sicurezza o con le normative antisismiche degli anni ‘60. Non possiamo confrontare edifi-ci convenzionali, energivori, con architetture evolute che tenta-no di rispondere positivamente alla crisi ambientale, semmai dovremmo mettere a confronto le varie tipologie di edificio eco-logico, alcune più costose, altre meno. L’edificio amministra-to dalla collettività può e deve permettersi queste strategie, se vengono elaborate all’interno di una politica di lungimiranza, e ciò che si può garantire, in cam-bio di un maggiore investimen-to in qualità, è un risparmio nel futuro, tale da permettere di recuperare anche tutto il costo supplementare. È un investi-mento che può avere tempi di ritorno di oltre 10 anni. Tra tutte le strategie di rispar-mio energetico esistono anche

quelle low cost, cioè a basso costo. Edifici come quelli del Centro di educazione ambienta-le Panta Rei realizzati cioè con tecniche addirittura antichissi-me, rinnovate oggi, potrebbero costituire un esempio non solo per l’edilizia rurale, ma anche per contesti residenziali urbani.Parecchie di queste strategie, sperimentate molto bene nella Germania contemporanea, per-mettono di ottenere un’edilizia a basso costo con prestazionistraordinarie, senza imporre costi aggiuntivi legati all’impie-go di nuovi materiali e impianti.Il risparmio energetico, soprat-tutto per le nuove costruzioni, inizia con le cosiddette tecniche passive, che sfruttando parti-colari accorgimenti consentono forti risparmi con costi aggiun-tivi minimi o assenti. In questo modo si ottengono edifici che non producono energia ma la risparmiano.

ecosostenibilità e risparmio energetico vuol dire anche salvaguardare denaro

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Si può fare tanto ma bisogna avere le idee chiare su cosa fare. Quando le risorse sono limita-te conviene concentrarsi sulle tecnologie a basso costo e sulla passività dell’edificio. Ad esem-pio un aumento di isolamento termico, oltre quanto prescritto dalle normative, comporterebbe dei risparmi energetici in grado di ammortizzare l’aggravio di costo nel giro di 2 o 3 anni, an-che mantenendo gli stessi im-pianti. Laddove invece ci sono delle risorse più abbondanti è possibile pensare per il futuro e quindi a un edificio che sia in grado di essere abbastanza au-tonomo dalle reti energetiche,

dalla rete idrica, fattore di cui nel prossimo futuro dovremo sicuramente tenere conto, al-trimenti tra qualche anno sare-mo costretti a riconvertire molti di questi edifici. Tutta l’edilizia pubblica dovrebbe essere l’a-pripista di queste esperienze, come lo è sempre stato nella storia dell’architettura. L’edificio collettivo, dalla chiesa alla basi-lica, al foro romano, è sempre stato un modello architettonico, e anche la scuola dovrebbe re-cuperare questa significatività. Gli insegnanti dovrebbero es-sere consapevoli che non stan-no in un edificio qualunque, ma sono in una struttura che può

Centro di Educazione Ambientale Panta Rei, Perugia

particolare interno del centro Panta Rei

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diventare un modello, trasmet-tendo questo valore agli alunni. Ma perché a questo punto non porre la medesima sensibili-tà e la stessa attenzione nella gestione del colore? Le norma-tive vigenti sulla progettazione cromatica sia negli interni che negli esterni di edifici pubbli-ci, nello specifico delle scuole, sino ad oggi non sembrano es-sere state molto esaustive, anzi potremmo dire che l’argomento non è stato considerato. Possia-mo solo sperare che nel tempo ricada l’attenzione anche sul tema colore, e si predispongano le basi sulle quali costruire nor-mative ad hoc.

2.5 Uno sguardo alle scuole oltre confine

Hellerup: la scuola senza banchi

Nel 2003 nasce come propostaavanguardista e innovativa questa scuola, progettata con la partecipazione di esperti e de-gli stessi utenti del servizio sco-lastico, architetti, pedagogisti, rappresentanti delle istituzioni locali, ma anche dirigenti sco-lastici, docenti e famiglie, con il preciso scopo di realizzare un nuovo spazio di apprendimento per gli alunni del comune di Hel-

Hellerup: grande ingresso senza aule della scuola

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lerup che dovranno frequentare la Folkeskole (scuola a ciclo uni-co che accoglie alunni dai 6 ai 16 anni). Costruita a un passo dal mare (dalle finestre si può vedere il porto industriale di Copenaghen), la struttura ha pre-so forma e si è materialmentecondensata secondo le parole chiave collaborare e individua-lizzare. Soffermiamoci sul nuo-vo ambiente di apprendimento, che vede gli alunni al centro dello spazio liberando la scuola dai retaggi del modello tradizio-nale della scuola di massa. Que-sto concetto non giunge nuovo, infatti ne abbiamo ampiamente parlato precedentemente nel capitolo della Scuola Nuova, e più nello specifico nell’illustra-zione del metodo Montessori, che si basa appunto sul deside-rio spontaneo che il bambino ha di imparare infondendo in lui la voglia di continuare ad appren-dere lungo tutto l’arco della vita.

A Hellerup non c’è posto per il banco, inteso come tavolo su cui scrivere e leggere soltan-to per costruire saperi di breve durata, che si disperdono dopo le interrogazioni; non c’è l’aula-classe, intesa come un microco-smo chiuso, fatto di convenzioni e meccanismi consolidati. Grandi spazi aperti personaliz-zabili con arredi flessibili utiliz-zabili per creare ambienti per il lavoro di gruppo o individua-lizzato e per la condivisione tra gruppi diversi della stessa “classe” permettono al model-lo educativo di prendere forma, grazie ad una serie ripetuta di workshop partecipativi in cui intervengono tutti gli “attori” coinvolti. Già, perché la clas-se resta, intesa come gruppo di alunni della stessa età, ma lavora in contaminazione con i gruppi di età contigui. I docenti specializzati nell’insegnamento delle discipline sono affianca-ti dalla figura del pedagogista. Si cerca in questo modo di os-servare e valutare le fasi dello sviluppo dell’alunno per predi-sporre un’azione educativa e di-dattica adeguata.A scuola ci si sente come a casa. All’interno la struttura è fatta di “case” dove gruppi di alunni di tre “classi” di età vicine condivi-dono una casa che ha aree per il relax con grandi cuscini, tavoli e zone per il lavoro individuale e di gruppo e persino una propria cucina. Si tratta di una struttura a incastro che combina le “case” degli alunni con macroaree uni-che di riferimento e aree riser-

postazione computer in spazio aperto, luogo d’incontro di allievi di età diverse, Hellerup

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vate ai docenti e alla loro attivi-tà di progettazione e condivisio-ne. Nell’ottica della presenza e vicinanza costante, l’area riser-vata ai pedagogisti e ai docenti è contigua agli spazi in cui lavo-rano gli alunni, ed è sapiente-mente dotata degli strumenti di lavoro necessari ai docenti. Lo spazio dell’intera struttura è al servizio della didattica.Accanto alle case in cui trova-no dimora più gruppi classe esi-stono degli spazi unici per tutti gli alunni come il Kulturium, un grande atelier a disposizione di alunni e docenti, e poi aree la-boratoriali (l’Opus come atelier

musicale, il laboratorio con at-trezzature e strumentazioni specialistiche o il Naturium per le lezioni di fisica, chimica e bio-logia), e infine l’Universum, che è l’area della conoscenza, dove gli alunni possono attingere a fonti informative di ogni tipo: biblioteca, Internet e altre ri-sorse che possono risultare utili per il percorso di studio. I com-puter sono sistemati in gruppi formati da 4 o 5 unità. L’arreda-mento modulare serve a creare contesti diversi e appropriati e si puo’ allestire per esempio un piccolo teatro o un finto set di uno studio televisivo, perché lo

Hellerup, enorme spazio interno usato anche per grandi incontri, eventi teatrali ed altro

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spazio è organizzato per essere aperto e modificato in qualsiasi momento.Tutti gli spazi sono flessibili: c’è una grande scala che attraversa in verticale i piani della scuola che, di fatto, non funge sem- plicemente da scala, ma viene considerata parte dello spazio abitabile dove i ragazzi possono incontrarsi, sedersi, confrontar-si con i compagni e con i docen-ti. I bambini si muovono libe-ramente su e giù per la scuola, bevono l’acqua dal rubinetto del lavandino, studiano in coppia seduti sulle scale o aiutano il

cuoco a preparare la tavola, e non mancano quelli che si spo-stano a bordo di uno skateboard o di un monopattino. Eppure non c’è caos, non c’è confusio-ne. La sensazione insomma è di essere in un unico grande ap-partamento, nel quale vive una grande famiglia. Ma dietro a questa organizza-zione che ci mostra degli aspetti per certi versi “affascinanti” ci sono ragioni e strategia peda-gogiche che giustificano un tale equilibrio, sia sul piano educati-vo che su quello sociale.Tutto tiene fede alle parole chiave del modello pedagogico-didattico Individualizzazione e Collaborazione. Il docente di-scute con l’alunno degli obietti-vi da raggiungere, dei progressi fatti e di come continuare in un percorso di crescita continua, cosicché ciascun alunno ha il proprio piano di studi che vie-ne aggiornato continuamente di comune accordo tra docente e ragazzo. Gli alunni maturano un proprio portfolio che rac-coglie i lavori fatti costruendo

una delle biblioteche distribuite sui tre piani per gruppi di età, Hellerup

paraventi flessibili per dividere gli spazi visti dall’interno, Hellerup

paraventi flessibili per dividere gli spazi visti dall’esterno, Hellerup

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passo dopo passo il percorso di avanzamento di ciascuno. Ogni mattina il docente si riunisce con il suo gruppo di alunni nel-la “home-base” per circa venti minuti per riepilogare lo stato di avanzamento e concorda-re le attività da svolgere nelle ore successive, ma i momen-ti di spiegazione frontale non sono omnicomprensivi. Dopo il momento di plenaria i ragazzi escono dall’esagono e cerca-no un’area ad hoc per svolgere le attività previste. Al termine dell’anno l’obiettivo trasversale dei docenti è che gli alunni sap-piano lavorare sia autonoma-mente da soli, che assieme ai compagni.

Hellerup è da considerarsi un ottimo esempio di modello edu-cativo, in cui confluiscono prin-cipi maturati nel corso dei se-coli attualizzati alle richieste del mondo contemporaneo:storia, pedagogia e scienza rac-chiuse in un unico contenitore.Vogliamo concludere questo passaggio con le tre immagini illustrate qui a fianco, perchè trovo che siano il sunto di tutta l’ideologia che sta dietro a que-sto progetto.L’istruzione, supportata da un ambiente adeguato e da perso-nale competente, se impartita nel modo corretto favorisce la socializzazione, e insieme si può puntare a costruire un mondo migliore. Utopia ? Frasi sconta-te? Diciamo che al nord Europa ci credono, e i numeri gli danno ragione.

Di fatto, da qualche decennio a questa parte forniscono vali-di esempi non solo per quanto riguarda l’istruzione, ma anche sul tema della vita sociale, e per restare nel nostro ambito anche nel campo del design.

potpourri di immagini della scuola di Hellerup che sintetizzano alcuni dei principi base

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3 IL COLORE NELLE PRINCIPALI TIPOLOGIE ABITATIVE

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Come abbiamo potuto appren-dere nel corso del capitolo pre-cedente, in Italia fino ad oggi non è stato ancora studiato adeguatamente il rapporto fra colore degli interni e benessere ambientale, forse perché ci si è concentrati maggiormente ver-so la colorazione degli esterni visto il grande patrimonio dei centri storici, campo in cui sia-mo addirittura all’avanguardia per quanto riguarda i piani ur-banistici del colore. Viceversa, negli Usa non avendo un patri-monio tale di centri storici, si è approfondito molto lo studio del colore nell’architettura degli in-terni.Franke Mahnke, presidente dell’Associazione internazionale dei progettisti e consulenti del colore, personaggio di spicco internazionale e tra i più im-portanti consulenti del colo-re americani, ha scritto quello che si può ritenere ancora oggi il manuale che ogni progetti-sta del colore dovrebbe segui-re per svolgere correttamente questo mestiere: “Il colore nel-la progettazione”, prezioso ma-noscritto frutto di un ventennio di ricerca in cui F. Mahnke si è dedicato allo studio costante dell’interazione tra l’uomo e il suo ambiente, mantenendo l’at-tenzione ai diversi modi di re-agire dell’essere umano da un

punto di vista fisiologico e psi-cologico in relazione alla luce e al colore. In esso sono contenuti i concet-ti fondamentali che ogni pro-gettista del colore dovrebbe conoscere per affrontare l’uso del colore nelle diverse tipolo-gie edilizie, al fine di progettare in modo corretto il colore degli interni.Di seguito osserveremo bre-vemente alcune tra le più fre-quenti tipologie abitative, e per ognuna di esse cercheremo di tracciare le basi sulle quali muo-versi per affrontare un corretto progetto cromatico d’interni. Ma prima ci soffermeremo un momento sui criteri da seguire per sviluppare in modo corretto il progetto cromatico di un edi-ficio.

colori caldi e freddi in un dipinto astratto

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3.1 Metodologia proget-tuale

L’approccio progettuale parte da un’analisi scientifica tesa ad individuare per ogni ambiente/stanza le caratteristiche neces-sarie a sviluppare il corretto progetto cromatico. A monte di quest’analisi è importante porsi due domande:- quali sono i miei obiettivi fon-damentali per questo tipo di ambiente?- in che modo posso raggiun-gere tali obiettivi con un certo margine di precisione? Grazie alla stesura e compi-lazione della Carta Semantica Differenziale, più comunemente Profilo di Polarità Ambientale, riusciremo a capire quali sono i

colori necessari a tale ambien-te, al fine di conferire innanzi-tutto benessere alle persone che vi stazioneranno, nonché compensare le attività che ivi verranno svolte. Non esistono “ricette cromatiche” adattabi-li ad ogni tipo di ambiente, ma sicuramente possiamo dare dei validi suggerimenti nella scelta del colore dominante, ovvero quel dato colore che in un luogo riveste grande importanza nel creare una certa atmosfera ge-nerale.In alcuni casi, un valido meto-do che da un lato può essere di grande aiuto nello stabilire gli obiettivi della progettazione e dall’altro farà sentire il cliente ol’utente direttamente coinvolto nelle scelte, può essere esami-nare il profilo di polarità proprio

esempio di mazzetta colori, molto usate per la scelta del colore

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insieme a loro, così da capire anche ciò che ritengono più im-portante nel loro ambiente.Si può ricorrere alla compila-zione del profilo di polarità non solo prima di intervenire su di un ambiente, ma anche per analizzare ambienti preesistenti ed eventuali problemi a cui por-re rimedio, l’importante è ave-re sempre presenti le tre regole fondamentali a cui la progetta-zione del colore deve attenersi, ricordandosi che il colore:1) fa da supporto alla funzione di un edificio e alle sue attività che devono svolgersi al suo in-terno e al suo esterno;2) deve evitare tanto iperstimo-lazioni quanto ipostimolazioni;3) non deve creare effetti emo-tivi o fisiologici di tipo negativo.Ad ogni spazio architettonico non un colore bensì il suo co-lore. Di seguito viene mostrato un documento “Profilo di Polarità tipo”, in cui sono stati inseriti svariati aggettivi che possono adattarsi a situazioni diverse. È opportuno stilare tale docu-mento ad hoc per ogni ambien-te che si intende affrontare.Come potrete notare, vi sono degli aggettivi descrittivi da un lato del documento e al lato op-posto il rispettivo contrario, nel mezzo una linea divide i due ambiti ed ha valore zero, poi a seconda che ci si sposta verso un lato piuttosto che l’altro si esprime il grado di preferenza. Nel caso per esempio del pri-mo aggettivo ‘accogliente’, se metteremo un segno sotto la

casella 1 significa che l’ambien-te che stiamo analizzando alla fine del progetto dovrà risultare anche accogliente, se mettere-mo un segno sotto il valore 2 il nostro ambiente dovrà essere abbastanza accogliente, sotto il valore 3 significa che dev’esse-re assolutamente accogliente. Viceversa, se ci spostiamo dal lato opposto per ipotesi appo-nendo il nostro segno sotto il valore 2, vorrà dire che il nostro ambiente dovrà risultare abba-stanza inospitale; quest’ultima possibilità potrebbe sembrare alquanto improbabile, a meno che lo scopo di quel dato am-biente non sia di respingere le persone al fine di farle sostare meno tempo possibile.A questo punto, con questo do-cumento prezioso alla mano, non resta che individuare l’in-sieme di colori corretto per esprimere al meglio le carat-teristiche emerse nel profilo di polarità.Potrebbe sembrare azzardato pensare che il colore può, attra-verso le sue infinite sfumature, donare certe sensazioni piut-tosto che altre, ma è scientifi-camente provato che il colore influenza il sistema percettivo dell’essere umano. In realtà non stiamo scoprendo niente di nuovo: il regno ani-male è pieno di esempi di esseri che sfruttano il colore per co-municare, per mimetismo, per difesa, per amoreggiare e via dicendo. Anche il mondo vegetale attra-verso il colore manda segnali,

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PROFILO DI POLARITA’ AMBIENTALETIPO

ambiente x

3 2 1 0 1 2 3accoglientearmonicorassicuranteadeguatoincoraggiantecordialestimolanteraffinatoelegantepulitoincombentecalmanteluminosovivaceinteressantedinamicoseriofantasiosocostosomodernoprotettivosemplicecaldoordinatoconfortevolefamiliarefunzionaletecnologico

inospitaledisarmonico

preoccupanteinadeguato

scoraggianteostile

noiosogrossolano

ordinariosporco

sfuggenteeccitante

buiospento

insignificantestaticofrivolopiatto

economicofuori tempodispersivo

complessofreddo

disordinatoscomodo

sconosciutoinefficiente

non tecnologico

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tali che si presentano nella vita quotidiana degli esseri umani.

richiama l’attenzione di insetti e perché no, insieme a tutto il creato regala sensazioni stu-pende a noi esseri umani che, spesso, facciamo da spettatori inermi davanti allo spettacolo della natura.I grafici, i pubblicitari, gli ope-ratori della moda e gli addetti al marketing oramai non sono nuovi a queste conoscenze, e da qualche tempo le sfruttano principalmente a scopi commer-ciali, ma i progettisti dovrebbe-ro utilizzare il colore anche per favorire unicamente il benes-sere dell’essere umano, in ogni ambiente e per ogni attività che egli svolge, fino a diventare una vera e propria mission.Nel capitolo che segue analizze-remo alcune tra le principali si-tuazioni architettonico-ambien-

in alto, abbinamento di colori nella moda;sopra, esempio di grafica per le olimpiadi 2012

nella pagina a fianco, Profilo di Polarità Tipo;sotto, Camaleonte

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3.2 locali di ristoro

Il colore induce associazioni di idee soggettive legate agli odori, per esempio gli odori acri sono correlati a certe tinte comprese tra il marrone e il violetto, men-tre associazioni olfattive piace-voli sono stimolate dal rosa, dal giallo pallido, dal colore lavanda e dal verde. Gli odori aspri sem-brano essere collegati in modo particolare con il giallo e il giallo

-verde, invece quelli dolci al rosso e al rosa. Il colore del cibo e l’odore sono pertanto due fattori correlati con la stimolazione dell’appe-tito, unitamente alle condizioni ambientali in cui una persona si trova quando mangia. Perciò non è soltanto il cibo a dover apparire gradevole alla vista, ma è l’atmosfera generale del luogo che deve essere sufficien-temente invitante da far sì che ci si possa accostare all’alimen-

altro esempio di studio grafico fatto per le olimpiadi del 2012

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to con desiderio.Sono stati effettuati studi di tipo psicologico su ciò che stimola l’appetito e sul colore, da cui è emerso che il violetto, il fucsia, il color senape, le tonalità smorte e il grigio sono poco stimolan-ti per l’appetito, mentre i rossi caldi, gli arancioni, i gialli caldi, i gialli deboli e i verdi brillanti ri-sultano gradevoli e accattivan-ti. Il turchese e il verde acqua, apparentemente non adatti per associazioni sensoriali positive con gli alimenti, possono essere utilizzati con un certo successo come colori di fondo per la pre-sentazione dei cibi.Quante volte la nostra scelta del ristorante è stata influenzata dal fattore illuminazione? Quan-te volte ci siamo detti “non mi piace perché è troppo luminoso, c’è una luce troppo bianca”?

Viceversa, “c’è troppo buio e non vedo quello che mangio”? Il locale dev’essere luminoso al punto giusto, e l’impianto di luci deve illuminare bene la super-ficie del tavolo ma non andare oltre quello spazio, perché nella progettazione di un ristorante l’illuminazione è tanto impor-tante quanto il colore. Sebbene nell’ambiente della ristorazione non si possano suggerire speci-fiche scelte cromatiche, tuttavia è giusto tenere conto di quali siano le tinte che risultano più gradevoli all’appetito.Il colore può dare un valore e un’espressione al locale, e in-sieme all’arredo incide in larga misura sulla particolare sensa-zione che il luogo desidera evo-care, sia essa quella di un luogo elegante, casalingo, rustico o allegro. Anche i coperti, i tes-

esempio di sala ristorante con prevalenza di un clima cromatico freddo

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suti e i piatti, dovrebbero armo-nizzarsi in tonalità analoghe e complementari, evitando ovvia-mente quelle tinte che non sti-molano l’appetito.A differenza dei ristoranti, Bar e Caffé possono essere anche vivaci, sempre che le tinte non risultino troppo intense o ag-gressive, perché mediamente si trascorre meno tempo che al ristorante. Per concludere, in tutti i locali adibiti a ristorazione si consiglia una luce calda, perché miglio-ra il colorito della carnagione e crea un ambiente famigliare, favorendo quella sensazione di calore che induce a rilassarsi.

3.3 Gli ambienti dell’in-dustria

La ricerca ha evidenziato che un ambiente di lavoro inadeguato può causare monotonia e noia, che conducono a loro volta a perdita di motivazione, inte-razioni sociali di tipo negativo e sensazioni di affaticamento, tutte conseguenze che hanno inevitabili ripercussioni anche sulla produzione industriale sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Per trovare il giusto equilibrio di colori dobbiamo considerare la natura del lavoro svolto, l’il-luminazione esistente, il tipo di macchinari impiegati, le dimen-sioni dell’impianto, le persone coinvolte e così via, tutti ele-menti che rendono impossibile offrire un sistema cromatico

sala ristorante con un buon equilibrio cromatico

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e interviene contro lo stress e l’eventuale senso di frustrazio-ne. La selezione di colori appro-priati determina un aumento dell’efficienza lavorativa, favo-risce maggior sicurezza per il lavoratore sollevando il morale per le migliori condizioni am-bientali. Inoltre, donando un maggior senso dell’ordine mi-gliora l’orientamento all’interno della struttura.Oggigiorno abbiamo ritmi pro-duttivi più veloci rispetto al pas-sato, il che comporta un mag-gior esercizio degli occhi che causa affaticamento visivo e di-sturbi alla vista. Le cause sono da ricercarsi nell’illuminazione sbagliata, nei cambi repentini di luce e penombra e nel man-

standardizzato e valido per tut-ti. Un colore idoneo protegge gli occhi e il benessere fisiologico generale, migliora la percezione

cartelli con i principali colori delle segnalazioni

in evidenza, i pulsanti di comando sempre di colore rosso

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tenere per periodi prolungati lo sguardo fisso senza poter eser-citare la vista a distanza. Le superfici circostanti devo-no favorire il riposo della vista tramite colori gradevoli e con riflesso del 30-55%, e le pa-reti che ospitano delle finestre devono essere dipinte in colori chiari.I piani di lavoro dovrebbero es-sere in tinte opache allo scopo di evitare l’effetto del riverbero, di un colore che aiuta ad ave-re un buon contrasto cromati-co tra la superficie di lavoro e l’oggetto che viene esaminato o assemblato. Se le parti da as-semblare sono all’incirca dello stesso colore del piano, è bene che la superficie di lavoro sia

del colore complementare, con la giusta percentuale di riflesso e di saturazione. Le parti pericolose dei macchi-nari devono essere ben eviden-ti, perché le apparecchiature esistono per servire l’uomo e non per arrecare danno. Di norma, gli impianti industria-li devono avere colori che favo-riscono il loro funzionamento, migliorando la percezione vi-siva delle parti maggiormente coinvolte nelle operazioni che la macchina deve svolgere. Ci sono colori che, grazie pro-prio alle loro caratteristiche pe-culiari, sono divenuti nel tempo “codici identificativi”, come il rosso che indica gli interruttori e i comandi di un macchinario,

i colori nell’industria

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le attrezzature antincendio e i contenitori di sostanze tossiche o pericolose. Il giallo suggerisce di adottare la necessaria caute-la e indica l’eventualità di rischi fisici, mentre l’arancione segna-la pericolo ed è usato per quelle parti del macchinario che pos-sono in qualche modo compor-tare dei rischi per l’operatore.Il bianco è il colore usato per indicare bidoni e cassonetti per la spazzatura o anche rubinet-ti di acqua potabile; il blu mo-stra quadri di controllo elettrici e aree dell’impianto in ripara-zione; infine, il verde è il colore fondamentale nelle indicazioni relative alla sicurezza dell’am-biente di lavoro e compare sulle postazioni di pronto soccorso.Nei locali di pausa dal lavoro e nelle mense è importante che il colore e l’illuminazione siano in contrasto con il resto dello stabilimento, favorendo un mo-mento di rilassatezza e spensie-ratezza nei lavoratori. Corridoi e scale non dovrebbero esse-re troppo scuri ma piuttosto di colori rasserenanti, utili a offri-re un valido aiuto per l’orienta-mento all’interno della fabbrica. Nei bagni andrebbero evitati i colori scuri, e dovrebbero co-municare una sensazione di igiene e pulizia.Gli spogliatoi sono forse il primo luogo in cui il lavoratore approc-cia nell‘ambiente di lavoro, e se avranno una buona illuminazio-ne con armadietti colorati in to-nalità armoniche, predisporran-no positivamente il lavoratore ad iniziare la giornata.

3.4 Le strutture ospeda-liere

La medicina psicosomatica ha evidenziato gli stretti legami esistenti tra la reazione fisica del paziente a cure mediche o chi-rurgiche e il suo atteggiamento emotivo, per questo le struttu-re sanitarie devono favorire il processo di guarigione creando un ambiente che contribuisce al benessere psicologico e fisiolo-gico dell’ammalato. Gli ospedali nel complesso am-bientale sono edifici piuttosto eterogenei, dove si dovrebbe trovare il meglio del servizio medico e infermieristico. In generale un ospedale non deve comunicare distacco, inac-cessibilità o gelido formalismo, e qui subentra l’obiettivo della progettazione che deve punta-re a minimizzare il più possibi-le l’aspetto istituzionale senza rendere la struttura eccessiva-mente informale, perché questo potrebbe indurre un certo scet-ticismo verso il livello professio-nale dei servizi offerti.

ingresso di ospedale dall’aspetto informale

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Un progetto cromatico adegua-to degli interni di un ospedale può ottimizzare l’ergonomia vi-siva, favorendo l’orientamento e fornendo informazioni su aree specifiche di lavoro. Nelle camere di degenza il colo-re deve facilitare il processo di guarigione proteggendo il be-nessere fisiologico e psicologico del paziente, senza interferire nella procedura di diagnosi vi-siva dei medici, nell’attività chi-rurgica e nei servizi di tipo tera-peutico o riabilitativo. Quando si interviene in strut-ture già esistenti è opportuno stilare un profilo di polarità per individuare eventuali problemi ambientali come l’iperstimola-

zione, segnali di tipo sensorialein eccesso o in conflitto tra loro, senso di monotonia, orienta-mento insufficiente, tinta sba-gliata dal punto di vista del-la psicologia del colore, ecc. E’ fondamentale conoscere in modo approfondito la funzione svolta in ogni zona diversa della struttura ospedaliera. Per nuove strutture occorre co-noscere il disegno architettoni-co, il tipo di luce proposta e na-turalmente tutte le funzioni chesi svolgono in ogni area dell’o-spedale. Escluso l’esterno, l’a-trio d’ingresso e l’accettazione esercitano la prima impressione che pazienti e visitatori ricavano

corridoio con progetto cromatico

corridoio d’ospedale con assenza di cromatismi

camera d’ospedale priva di armonia cromatica

camera d’ospedale cromaticamente bilanciata

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dalla struttura, e dal punto di vista della psicologia del colore dovrebbero trasmettere un sen-so di tranquillità emotiva, calore umano e cordialità.I corridoi rappresentano una parte preponderante della su-perficie occupata in ospedale, contribuendo di conseguenza in larga misura all’impressione ambientale generale al punto che l’atmosfera di un reparto dipende in grande parte dal co-lore usato nel suo corridoio. In ogni caso, tutti i corridoi devono risultare piacevoli allo sguardo e riflettere un’atmosfera di cal-ma.Per ridurre l’ansia nelle sale d’attesa facendo sembrare che il tempo scorra più velocemente è opportuno introdurre elementi d’interesse, accessori come im-magini astratte, in modo che le persone si concentrino sull’am-biente esterno e non sul loro mondo interiore. La stanza del paziente deve es-sere comoda, tranquilla e ras-serenante, se possibile anche allegra, e poiché i pazienti stan-no spesso proni il soffitto può

essere colorato, ma con colori tenui così da non apparire né fastidiosi né pesanti, escluden-do in assoluto il verde dato che questo colore dona all’incarna-to un tono spiacevole. Anche la parete posta alle spalle dell’am-malato non dovrebbe avere tin-te molto sature, perché potreb bero alterare il colore della pelle del paziente depistando le dia-gnosi visive dei medici. Se l’ambiente è monotono il pa-ziente si richiuderà in se stesso rivolgendosi al proprio mondo interiore, creando così una si-tuazione emotiva che agirà ne-gaivamente sulle sue condizioni

guardiola in reparto d’ospedale sala d’attesa vivace e colorata

atmosfera colorata in un reparto d’ospedale

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psicologiche. Anche gli elemen-ti che rientrano nel design di uno spazio interno sono fattori progettuali importanti da con-siderare, non soltanto il colo-re. Ogni reparto può avere una particolare atmosfera cromatica predominante, ma è meglio non creare mai un’intera area con tinte solo calde o solo fredde. Ci sono differenze sostanzia-li tra i vari reparti che è bene non dimenticare mai, i colori che possono andare bene per la maternità non sarebbero adatti nel reparto di terapia intensiva, e viceversa, ma una cosa li ac-comuna tutti: la guardiola deve potersi sempre distinguere vi-sivamente perché è un punto chiave nella gestione del traffi-co ospedaliero. La progettazio-ne delle luci e dei colori nelle aree adibite ai pasti, siano esse destinate ai pazienti o agli ospi-ti, dovrebbe differire da quella delle altre zone dell’ospedale. Nei pavimenti è meglio essere cauti ovunque, evitando un ec-cesso di motivi ornamentali che potrebbero confondere la vista, mantenendoli più scuri delle pa-reti per dare senso di stabilità.

Ospedali psichiatrici e centri di salute mentale

Queste strutture meritano un approfondimento particolare perché si devono adottare mi-sure e criteri differenti rispetto ai comuni ospedali, come “di-versi” sono i pazienti che le po-polano. Contrariamente a quanto spes-so accade, negli ospedali psi-chiatrici e nei centri di salute mentale l’obiettivo della proget-tazione dev’essere più che mai eliminare quanto il loro caratte-re istituzionale. Il programma terapeutico e l’ambiente devono contribuire a ridurre l’angoscia dei pazienti, per cui il progettista ha il compi-to di creare un clima cromatico adatto perché la luce e il colo-re possano agire positivamente sul comportamento del pazien-te e sull’interazione sociale, for-nendo sostegno psicologico al processo di guarigione.Le persone ricoverate in que-ste strutture sono soggette ad allucinazioni e l’ambiente circo-

reparto con atmosfera dominante in verde

visitatori osservano quadri artistici realizzati dai pazienti con problemi mentali

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stante non deve né generarle né favorirne in qualche modo il persistere, perciò bisogna evita-re sia iperstimolazioni che ipo-stimolazioni. In fasi acute della malattia mentale, colori molto carichi in un locale potrebbero dare ai pazienti la sensazione di schiacciare il loro sistema sen-soriale. L’ambiente dà sempre dei segnali, e questi devono es-sere chiari e fornire un’informa-zione precisa che il progettista deve imparare a mettere in pra-tica, cercando di creare quanto più possibile l’atmosfera di una “casa ideale”. Sono da evitare motivi orna-mentali come griglie e simili, scacchiere, linee, soprattutto sui pavimenti, perché possono indurre illusioni ottiche. Per quanto concerne le stanze

dei pazienti, gli ambulatori e i corridoi, è raccomandabile se-guire le indicazioni di carattere generale riportate a proposito delle altre strutture sanitarie, salvo che per le stanze in cui i pazienti svolgono attività tera-peutiche, dove i colori dovreb-bero essere selezionati secondo la funzione specifica.

persona depressa

atrio di reparto psichiatrico

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Le stanze d’isolamento non do-vrebbero apparire punitive. Il paziente deve potersi ritrovare in uno spazio invitante e acco-gliente, con un arredamento es-senziale e sicuro per l’incolumi-tà dell’ammalato, che comunica l’impressione di rifugio e prote-zione. Nelle strutture psichiatri-che, visto la varietà di malattie trattate, il progettista ha il com-pito di creare ambienti adeguati almeno per i principali gruppi di malattie, come la schizofrenia,

le psicosi maniaco-depressive, l’epilessia, che sono curate in modo diverso e hanno bisogno di colori e stimoli differenti.

maschere teatrali che rappresentano la schizofrenia

“Soft Construction”, olio su tela di S. Dalì, pittore che dipinse anche la paranoia

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3.5 Gli uffici

Attualmente nel campo del “fattore umano” ci sono buo-ni consulenti che danno ottimi consigli per formare ambienti ufficio funzionali, forse perché i dirigenti d’azienda hanno capito che il rendimento del personale è in relazione con l’ambiente di lavoro. Le attenzioni sono rivolte prin-cipalmente verso un’efficiente pianificazione dello spazio, il controllo dei livelli acustici, l’il-luminazione e la temperatura ambientale; senza alcun riferi-mento al colore ci si preoccupa soprattutto dei fattori ergono-mici. Invece sarebbe ottimale che l’esperto in fattori umani e lo specialista del colore collabo-rassero insieme al fine di cre-are ambienti ufficio globalmen-te bilanciati, tenendo presente innanzitutto che ci vuole una corretta illuminazione in quali-tà e quantità adeguate al tipo di mansione svolta, e poi un arre-do ergonomico che facilita il la-voro e l’interazione tra i dipen-denti. Lampade a pieno spettro (con un alto indice di restituzio-ne del colore CRI), favoriscono una buona visibilità e donano effetti fisiologici positivi. Di con-seguenza il rapporto tra luce e colore rientra nella sfera di competenza del progettista. Il continuo adattamento a forti cambi di luminosità, una pro-lungata immobilità dello sguar-do e sforzi costanti di accomo-damento, affatica velocemente

gli occhi causando tensione, nausea, cefalee e altri disturbi. Generalmente, la visione do-vrebbe essere mantenuta su toni medi evitando il riverbero che nasce da una forte lumino-sità riflessa da superfici lucide. I tavoli da lavoro in legno vanno bene dato che favoriscono un riflesso di luce piuttosto diffuso, altrimenti le superfici dei tavoli da lavoro dovrebbero avere un colore neutro che non distrae e che mantiene un buon equi-librio di luminosità tra il bianco e il nero, ad esempio un grigio caldo con circa il 30 per cento di luce riflessa. E’ buona norma quindi raccomandare pareti e superfici di lavoro opache.Le fonti luminose andrebbero sempre opportunamente scher-mate, salvo laddove c’è bisogno di una grande quantità di luce per qualche attività particolare; in questo caso si possono met-tere fonti luminose specifiche.Purtroppo l’attenzione dei pro-gettisti va spesso allo stile e alla moda piuttosto che al buon senso pratico-funzionale, tra-

tavolo d’ufficio con superficie troppo lucida e riflettente

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ambiente adeguato e conforte-vole potrebbe aiutare ad alle-viare tutti questi disagi. Volevo spendere una parola in più sul lavoro d’ufficio svolto a video, giacché spesso per ragio-ni di studio e lavoro mi ritrovo per molte ore davanti al moni-tor del computer. I livelli di luminosità di locali che ospitano dei videoterminali do-vrebbero essere più bassi che negli altri uffici tradizionali. Quando si guarda lo schermo di un computer, vi si riflettono come in uno specchio le luci del sistema d’illuminazione circo-stante, il che crea a video una diminuzione di contrasto e una minore visibilità dei caratteri che compaiono sullo schermo. Gli occhi degli esseri umani sono stati creati per la lontananza invece il videoterminale esige

scurando quanto abbiamo detto finora. Fornire una certa ricchezza di informazioni sensoriali può aiu-tare molto la distensione dell’in-dividuo. Spaziare in diverse direzioni avendo in tal modo esperienze visive sempre diver-se ha per gli occhi un effetto ri-posante, ma ci sono situazioni in cui l’impiegato non ha alcuna possibilità di spingere lo sguar-do in lontananza per “staccare”. Nel classico ufficio open-space ad esempio le sezioni potreb-bero essere contraddistinte da colori diversi, offrendo agli im-piegati un senso d’individualità.Per di più negli uffici frequen-temente la capacità di concen-trazione non è favorita, a causa del rumore dovuto ai telefoni che squillano e alle voci in sot-tofondo, a maggior ragione un

ufficio con arredo moderno e scarso apporto cromatico

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un’intensa concentrazione degli occhi a una distanza ravvicina-ta, ma fissare da vicino causa un affaticamento degli occhi che procura molti dei disturbi alla vista degli operatori video. I muscoli esterni dell’occhio de-vono lavorare insieme per man-tenere gli occhi fissi sullo stesso carattere, mentre i muscoli in-terni devono contrarsi per com-primere il cristallino. C’è bisogno del rilassamento ottico, che avviene portando lo sguardo in lontananza ad alme-no 4,5 metri. Questo riguarda tutti gli operatori la cui capacità visiva è confinata entro distan-ze molti brevi. Nei locali adibiti strettamente all’uso di videoterminali la scel-ta del colore è relativamente libera, dato che l’attenzione è focalizzata sul video e i livelli di luce sono bassi, ma per eli-minare il riflesso delle pareti è bene dare una mano di vernice opaca o spenta, evitando sem-pre vernici lucide o semilucide. Infine, per agevolare il lavoro, i videoterminali andrebbero col-locati dove la luce dell’ambiente risulta più bassa.

3.6 Gli esterni

Faremo anche un breve passag-gio per evidenziare alcuni con-cetti importanti nella realizza-zione di progetti cromatici degli esterni, seppure non sempre siano in relazione col clima cro-matico degli interni.La forma raggiunge l’occhio umano innanzitutto attraver-so il colore, e questo si avver-te specie nell’architettura degli esterni, anche se la tavolozza dei colori spesso non è usata in modo ampio, anzi, camminando per le strade si avverte un forte senso di ripetizione nelle scelte cromatiche della facciata. Il colore può far apparire gli edi-fici proporzionati o distorti, sti-molanti o monotoni, gradevoli o opprimenti, ma principalmente dovrebbe permettere che si ar-monizzino tra loro e con l’am-biente che li circonda.Le persone non sono così in-consapevoli come si crede: re-centi ricerche condotte in que-sto campo hanno evidenziato come l’assenza di colore generi reazioni negative, inversamen-te l’aggiunta del colore a spazi esterni ottiene valutazioni più positive. La maggior parte della gente ritiene che colori allegri possano far sentire allegri an-che loro. Dai grandi maestri dell’architet-tura arrivano diverse concezio-ni, che dividono in due grandi ambiti: l’architettura deve con-fondersi con l’ambiente o distin-guersi da esso?

postazione terminale video di spalle alla finestra

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Secondo Le Corbusier il colore può aiutare a creare una precisa sensazione spaziale, all’opposto Frank Lloyd Wright utilizzava solo materiali naturali perché ri-teneva che l’architettura doves-se confondersi con l’ambiente.

Cape Town, Sudafrica

Ad ogni modo, un buon pro-getto architettonico deve tener conto dell’ambiente circostante che, insieme al clima, influenza da sempre le scelte cromatiche.

Grecia

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3.7 Le scuole

Per terminare questa prima parte, propriamente la tesi scrittografica, in quest’ultimo paragrafo ci addentreremo nel-la progettazione cromatica del-le scuole, introducendo così la seconda parte che riguarderà invece la tesi progettuale, che troverà il culmine al raggiungi-mento del progetto cromatico dell’asilo del carcere di Bollate.Oggigiorno, per ragioni di bilan-cio, la pianificazione degli in-terni della struttura scolastica è lasciata agli amministratori, insegnanti e responsabili della manutenzione, a causa del ta-glio delle spese, senza soddisfa-re i contribuenti, che invece esi-gono un aumento di efficienzanelle scuole.

Così abbiamo uno scenario che alle volte favorisce esiti a dir poco disastrosi, dove ci sono gli addetti alla manutenzione che per ragioni pratiche preferisco-no mettere meno colori possibi-li, e gli insegnanti che scelgono i colori in base ai loro gusti, per altro suscettibili all’umore della giornata. La questione è tutt’al-tro che spiritosa, e non si può di certo prendere l’argomento in modo superficiale.

simpatica vignetta che illustra la situazione attuale della scuola

caso emblematico di aula scolastica priva di progetto cromatico

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La scuola ha un ruolo importan-tissimo, perché attraverso l’e-ducazione prepara il bambino a inserirsi nella società. Molti casi d’irritabilità, nervosismo e pro-blemi di tipo comportamentale possono attribuirsi direttamen-te a condizioni ambientali sba-gliate, in cui luce e colore sono stati pianificati alquanto som-mariamente. La scelta di colori appropriati è importante innanzitutto per pro-teggere la vista, e poi per creare un’ambientazione che favorisca l’applicazione allo studio e mi-gliori la salute fisica e mentale. Occorre creare all’interno della scuola un clima favorevole che comunichi un senso di protezio-ne, cosicché i bambini possono stare tranquilli e sentirsi sicuri, e questo vale sia per i più picco-li, che lasciano per la prima vol-

ta la sicurezza della loro casaper andare a scuola, sia per gli adolescenti, che si trovano pre-sto a dover affrontare le sfide dell’età adulta.Dati statistici forniti da svariati test dei colori eseguiti dal Prof. Heinrich Frieling, dell’Istituto di psicologia del colore, hanno mostrato che nell’accettare o nel rifiutare determinati colori si riflette, come in uno specchio, il progressivo sviluppo del bambi-no verso l’età adulta.Frieling ha scoperto che i bam-bini di età compresa tra i 5 e gli 8 anni rifiutavano il colore nero, bianco e marrone scuro e mostravano preferenza per il rosso, l’arancione, il giallo e il violetto. Verso i 9-10 anni ai colori respinti si aggiungevano il verde pastello e il blu, mentre quelli preferiti erano sempre il

vignetta che rappresenta l’agitazione e l’irrequietezza dei bambini in classe

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aula scolastica con un clima cromatico equilibrato

sala adibita ai giochi con esagerata predominanza del colore verde

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ficati sia i colori sia l’illuminazio ne (con luce a pieno spettro). Nelle scuole in cui furono adot-tati cambiamenti di colore, fu utilizzato un giallo chiaro dalle tonalità calde per le tre pareti che i bambini potevano vedere, e un blu chiaro per la parete di fondo e per gli elementi verticali dei banchi. In ogni classe furono messe lavagne blu e moquette di un colore caldo grigio-dorato, tan-to nelle aule quanto negli uffici amministrativi della scuola, e i risultati furono i seguenti:

• fu misurata più volte la pres-sione arteriosa ai bambini e ri-sultò che gli alunni “meno stres-sati” erano quelli della scuola in cui erano state apportate modi-fiche di illuminazione e di colo-re;• le modifiche di luce e di colore offrirono un miglioramento del rendimento scolastico e dei va-lori di Q.I.;• la scelta di colori psicodinamici ridusse la media degli incidenti causati da comportamenti van-dalici, aggressività ed esagera-ta esuberanza infantile.

rosso, l’arancione e il verde-blu. Tra gli 11 e i 12 anni aumenta il rifiuto di colori acromatici (nero, bianco e grigio), e subentrano tra le preferenze il verde oliva, il violetto e il lilla. Un cambiamento avviene con i ragazzi di età tra i 13 e i 14 anni, le quali preferenze vanno al blu, blu oltremare e arancio-ne. Come già visto nel paragrafo in cui si parlava delle strutture psichiatriche, i colori più graditi non sempre sono adatti alla pit-tura d’interni e vanno modificati tenendo conto anche di altri fat-tori, come l’ergonomia visiva.Il dottor Harry Wohlfarth ha condotto in Canada degli studisugli effetti della luce e del co-lore in ambienti scolastici, in particolare in quattro scuole elementari, che hanno prodotto risultati interessanti che ripor-tiamo di seguito. Una scuola subì soltanto del-le modifiche nell’illuminazio-ne, un’altra solo nei colori, una scuola non ebbe cambiamenti di sorta per tenerla come riferi-mento e rimase con i colori pre-senti (grigio, arancione, mar-rone scuro e bianco panna), e infine nell’ultima vennero modi-

atti di vandalismo

bambina annoiata

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Un’altra ricerca simile alla pre-cedente fu condotta dalla dot-toressa Ellen Grangaard, per la sua tesi di dottorato presso l’Associazione internazionale dei consulenti e progettisti del colore (IACC), sugli effetti del colore e della luce su un gruppo di alunni di scuola elementare selezionati.Furono installate luci a pieno spettro con contenuto bilancia-to di radiazione UV, venne cam-biato in blu il colore delle aule che in origine era bianco, e gran parte degli elementi di disturbo visivo vennero rimossi. I risul-tati non tardarono ad arrivare: ci fu una riduzione dei compor-tamenti distruttivi e un miglio-ramento del rendimento scola-stico.Gli esiti positivi ottenuti sono da

attribuire all’eliminazione di quei colori che offrivano pochis-simi effetti favorevoli, nonché all’installazione di luci a pieno spettro e anche all’eliminazione degli elementi di disturbo visi-vo, ma con questo ribadiamo che non esistono “ricette” adat-tabili a ogni situazione.Ci sono differenze nella proget-tazione cromatica tra le scuole elementari e gli asili, e le scuole medie o gli istituti d’istruzione secondaria. In questi ultimi, con un’atmosfera più delicata crea-ta da tinte tenui e/o più fredde come il beige, il verde chiaro, il verde pallido e il verdazzurro, si rafforza la capacità di concen-trazione. Di solito gli studenti sono rivolti tutti nella stessa direzione, per cui è di particolare utilità far sì

spettro di luce visibile

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che la parete frontale sia di un colore diverso da quello delle pareti laterali e di fondo. Lo sco-po è sia quello di dirigere l’at-tenzione dei ragazzi su ciò che hanno davanti sia quello di far riposare gli occhi degli studenti quando questi alzano lo sguar-do del banco, offrendo loro un efficace contrasto cromatico tra pareti, lavagna, materiale didattico e insegnante stesso. La parete frontale può essere dipinta in tonalità intermedie di verde o di blu, mentre le pa-reti laterali e di spalle possono essere color arenaria, marrone chiaro o beige.Per i laboratori di applicazioni tecniche si consiglia il verde pal-lido o il marrone chiaro, invece tinte luminose come l’arancione e il giallo chiaro sono adatte per le esercitazioni di economia do-mestica. Nelle sale di lettura il verde pal-lido o il verde chiaro infondono tranquillità, migliorando la con-centrazione.Nei corridoi e negli atri gli sche-mi cromatici dovrebbero eserci-tare una certa forza d’attrazio-ne, e conferire alla scuola una propria personalità. A questo proposito sono particolarmente appropriati quelli che contengo-no colori complementari, e nel caso di una scuola multipiano ogni corridoio può essere colo-rato con tinte diverse.Douglas Kleiber e altri colleghi della Cornell University han-no fatto una ricerca utilizzando lampade a pieno spettro con ra-diazione UV equilibrata, del tipo

Vita-Lite, e hanno dimostrato che l’affaticamento generale di-minuiva, mentre migliorava la capacità visiva. Pure altri ricer-catori hanno dimostrato che con luci a pieno spettro si è ottenu-ta una riduzione nell’iperattività dei bambini di due classi di pri-ma elementare. A questo pun-to possiamo solo raccomandare un’illuminazione a pieno spettro almeno nelle aule e nelle sale di lettura, escludendo per ragioni economiche di comprendere i corridoi e le zone di solo pas-saggio.Terminiamo questo lungo viag-gio, iniziato esponendo le ori-gini della scuola e passato at-traverso la situazione attuale dell’edilizia scolastica, parlan-do dei bambini più piccoli, che sono per natura i più estroversi, ai quali dedicheremo le nostre attenzioni in modo particolare nella seconda parte della tesi, perché sono i diretti interessati del nostro progetto. Prima di tutto è sbagliato pen-sare che appendere alle pareti qualche disegno possa ridurre la monotonia di un’aula, soddi-

disegni appesi alle pareti per rompere la monotonia del bianco

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sfacendo il bisogno che i bam-bini hanno di colore e di gradi diversi di luminosità e intensità cromatica. Per supportare la loro natura particolarmente estroversa e piena d’energia, c’è bisogno di un clima cromatico fatto di co-lori vivaci e caldi, che nel frat-tempo moderano il nervosismo, eventuale ansia e tensione. Colori possibili sono il giallo-arancione pallido, il salmone chiaro, il corallo, il color pesca e il giallo tenue caldo. Tra i colori di contorno è consigliabile inse-rire tinte con opposti valori di temperatura.

Bene, con questo è tutto, chiu-diamo la prima parte, prendia-mo un bel respiro e, una volta caricata energia nuova, adden-triamoci nella seconda parte, dove indagheremo Il Progetto.

sopra, scuola materna con un buon assetto cromatico; sotto, immagine evocativa

scuola elementare con progetto cromatico equilibrato

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DIPLOMA ACCADEMICO DI PRIMO LIVELLO

IN

PROGETTAZIONE ARTISTICA PER L’IMPRESA (DESIGN)

PROGETTO

COLOR DESIGN DEGLI INTERNINELL’ASILO DEL CARCERE

DI BOLLATE

ANNO ACCADEMICO 2011/2012

Relatore progetto:

Prof. Sotirios Papadopoulos

ACCADEMIA DI BELLE ARTIDI VERONA

Diplomando:

Fabrizio Ferras

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4 ANALISI DEL CONTESTO

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Entriamo ora nel cuore del pro-getto, che per la sua complessi-tà rappresenta un ottimo esem-pio per affrontare il tema della progettazione cromatica degli interni abitativi. L’asilo del carcere di Bollate, nel suo insieme, comprende svariate tipologie di ambienti domestici e quindi ci consen-te di indagare quelle aree che frequentemente troviamo nella maggior parte delle situazioni abitative. All’interno dell’asilo vi è un’area ristoro, una zona adibita alla preparazione dei pasti o più semplicemente cuci-na, una dispensa, un’area gioco compresa e adiacente alla zona ristoro, un’area dedicata al ripo-so, un angolo lettura, due bagni, uno per gli adulti con accesso ai disabili e uno per i bambini, uno spogliatoio e tre stanze adibite a deposito passeggini, giochi e ripostiglio.Come avete potuto notare, af-fronteremo situazioni facilmen-te reperibili nella maggior par-te delle nostre case, e quindi qualcuno potrebbe azzardarsi a dire che allora basta seguire le medesime regole qui applicate e potremmo avere il nostro bel progetto cromatico “fai da te” degli interni delle nostre case. In realtà non è proprio così. E allora cos’è che fa la diffe-renza? Quali sono gli elementi

chiave che ci permettono di in-dividuare e differenziare i cro-matismi dei nostri interni abita-tivi?La risposta è molto più semplice di quanto si immagini: stiamo parlando degli utenti fi-nali che utilizzeranno quel dato ambiente, stiamo parlando del-le attività che vi si svolgeran-no all’interno, della tipologia di persone che vivranno dentro quella stanza, casa, ufficio, e via dicendo. Di seguito, dopo una breve ana-lisi del contesto urbano del ter-ritorio di Bollate e dell’ambito sociale-architettonico del car-cere, affronteremo tutti gli am-bienti compresi nell’asilo.

stemma comunale di Bollate

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4.1 Il contesto urbano: Bollate

Bollate è un comune italiano in provincia di Milano, nella zona nord ovest a circa 12 Km dal centro del capoluogo, di cui è provincia. Con 36.304 abitanti (novembre 2012), è uno degli 11 comuni nell’area del Parco delle Groane. La natura del sot-tosuolo del comune di Bollate è rappresentata dalla caratteriz-zazione di tre zone principali: ghiaiosa, sabbiosa-argillosa e argillosa.L’origine del nome è incerta: alcuni individuano nella “beo-la”, l’antico nome celtico della betulla, la radice di “Bollate”, secondo una chiara allusione ai vasti boschi di betulle della zona; altri fanno risalire il topo-nimo al termine di derivazione latina bola o bula, che indicava le pozze d’acqua, essendo Bol-late sulla linea delle risorgive presenti in gran numero sul ter-ritorio bollatese. Tra il V e il VII secolo d.C. divenne una delle Pievi più importanti della pro-vincia settentrionale milanese.

Al 1039 risale il primo e più an-tico documento che cita il topo-nimo Bollate (o meglio Bolate), una pergamena che riguarda una donazione di terreno del garbagnatese da parte di un prete alla Chiesa prepositurale di San Martino, da allora e an-cora oggi patrono della città.Nel corso del medioevo la vita degli abitanti si svolgeva in pre-valenza nei campi che circonda-vano il borgo, difeso da mura e torrioni. I laboriosi contadini di Bollate si dedicavano alla col-tivazione della vite, di frumen-to, miglio, segale, orzo, avena, fave, ciliegie, lino, rape, fagioli, ceci, lenticchie, ma anche alla produzione del miele e all’alle-vamento di bovini e cavalli, pe-core e asini. Nei primi decenni del Seicento Bollate assunse la sua attuale fisionomia, con Vil-la Arconati, una residenza di campagna che sorge nella parte settentrionale del territorio bol-latese, che ancora oggi river-bera un antico splendore. Nella biblioteca della villa trovano po-sto anche numerosi appunti di Leonardo da Vinci, compreso il Codice Atlantico. Il XVIII secolo e le riforme dell’e-tà di Maria Teresa d’Austria si fecero sentire anche a Bollate, e di conseguenza la vita quoti-diana e l’attività agricola degli abitanti venne riorganizzata. La corte, e su tutto il territorio bol-latese se ne contavano parec-chie, divenne progressivamente il centro della vita sociale, il luo-go privilegiato della socialità, dove si svolgevano le feste e si

cartolina d’epoca di Bollate

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celebravano le ricorrenze re-ligiose di una vita quotidiana i cui ritmi erano ancora scanditi dalla semina e dal raccolto, ma anche dal santo patrono e dai compatroni. Questa dimensione della socia-lità era percepibile sino a po-chi decenni fa, almeno sino agli anni Cinquanta quando a Bolla-te si completò l’offensiva dell’in-dustrializzazione incominciata all’indomani dell’unificazione nazionale (1861), che fece della cittadina la meta di una vasta immigrazione. La lenta e pro-gressiva metamorfosi del vec-chio borgo agricolo portò, sul fi-nire dell’Ottocento, alla nascita delle prime industrie, grazie ai finanziamenti stranieri e allo

sviluppo delle ferrovie che re-sero più facili i collegamenti, prima lenti e radi, con il capo-luogo; e anche Bollate venne raggiunta dalle linee telefoniche e dalla illuminazione elettrica. Nel 1917 una terribile inonda-zione distrusse le corti e le stal-le, e fu tra le due grandi guer-re mondiali del XX Secolo che la vita cittadina fu devastata da episodi di grande violenza, an-cora incisi nella memoria del-le persone più anziane. Nello stesso periodo nacque l’attua-le ospedale “Caduti Bollatesi”, costruito con il lascito di don Luigi Uboldi, e venne approva-to lo stemma comunale a righe bianco-rosse, sovrastato da una grossa lettera “B”.

Villa Arconati, Bollate

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Negli anni novanta, per effetto della massiccia urbanizzazione (oltre 700000 m2 di edificazio-ni residenziali), c’è stato un im-portante aumento della popola-zione. Gli abitanti del comune, prima della separazione di Ba-ranzate, erano arrivati a 50000. La frazione di Baranzate è stata eretta comune autonomo con legge regionale 22 maggio 2004 n. 13 in vigore dall’8/06/2004.Bollate oggi è considerata una città, che se da un lato si è tro-vata a gestire i problemi de-rivanti dagli incalzanti ritmi dell’industrializzazione e con-testualmente dalle necessità di accogliere sempre più massicci flussi migratori, dall’altro ha as-sistito al lento e progressivo de-clino delle “corti” e della civiltà rurale. Questa profonda mutazione economica e territoriale, ricca di significativi e profondi risvolti nei ritmi e nei tempi della vita quotidiana, ha portato a una simultanea trasformazione del tessuto e dell’organizzazione sociale che hanno caratterizza-to la storia di Bollate per alme-no tre secoli. Per effetto della mutazione ge-nerata dalla società postindu-striale il volto della città, non più distinguibile dalla metropoli della quale può essere consi-derata una propaggine nord-occidentale, era cambiato ra-dicalmente, ma ai giorni nostri Bollate sta vivendo un’ulteriore e profonda trasformazione, ap-pena percepita ma non a fondo indagata.

mercatino rionale di Bollate

parco Martin Luther King, Bollate

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4.2 Il contesto architet-tonico

Il carcere di Bollate

Bollate non è semplicemente un carcere deputato alla sola custodia dei detenuti, bensì un vero e proprio progetto di rein-serimento sociale. La Seconda Casa di Reclusio-ne di Milano è stata inaugura-ta nel dicembre del 2000 come Istituto a custodia attenuata per detenuti comuni (secondo il disposto dell’art. 115 del dpr 231\2000). La politica dell’Am-ministrazione penitenziaria dei circuiti penitenziari differenzia-ti prevede per ogni tipologia di detenuto una risposta punitiva differente, bilanciando l’aspet-to punitivo e quello rieducativo della pena, prevedendo la cu-stodia attenuata per tossicodi-

pendenti e, per detenuti comuni non pericolosi socialmente, l’e-secuzione penale esterna (lavo-ro all’esterno e misure alterna-tive alla detenzione). I presupposti del progetto ver-tono nel recupero dell’identità del recluso. La selezione dei de-tenuti da ammettere al proget-to consente di proporre loro un tipo di pena che lasci libertà di movimento e di organizzazio-ne della propria giornata; per esempio, insieme agli operatori partecipano all’organizzazione della vita carceraria, decidono autonomamente quali eventi organizzare, quali attività cultu-rali e sportive si possono fare. I delegati dei vari reparti accol-gono i compagni appena arriva-ti, collaborando con la direzio-ne per discutere dei problemi di convivenza che si trovano ad affrontare. Nel tempo si è infu-sa la cultura del “peer support”,

vista dell’ingresso del carcere di Bollate dopo l’intervento di riqualificazione cromatica

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valido aiuto per alleviare le con-seguenze della carenza di ope-ratori di sostegno. Con la su-pervisione e il monitoraggio di giuristi volontari, i detenuti più esperti assistono i loro compa-gni in difficoltà fornendo loro consulenza legale gratuita. Condividere l’organizzazione con gli enti pubblici e del privato sociale è uno dei primi obiettivi del progetto. Da qualche anno sono stati istituiti tavoli di lavo-ro “orizzontali” per l’organizza-zione delle attività lavorative, scolastiche e terapeutiche, che funzionano egregiamente. In conformità a valutazioni le-gate alla possibilità di sviluppo sul mercato esterno dell’attività proposta, è decisa da commis-sioni che rappresentano il mon-do dell’impresa profit e non, la

destinazione d’uso di ogni spa-zio all’interno dell’area lavorati-va. Ogni tre mesi tutte le realtà che operano a qualunque titolo nel carcere si riuniscono per un confronto operativo generale sullo stato del progetto e sulle difficoltà di ogni singolo settore operativo.Dal Comune e dalla Regione sono finanziati progetti per la costituzione di reti operative esterne che si occupino di tro-vare possibilità di lavoro all’e-sterno, contribuendo all’attua-zione di una delle ambizioni del progetto: la decarcerizzazione, che porta molti detenuti a la-vorare all’esterno, favorendo la possibilità di cedere progressi-vamente la gestione delle at-tività di somministrazione alle cooperative dei detenuti che si

interno della serra della Cooperativa Sociale Cascina Bollate

119

sono costituite in questi quattro anni di lavoro. Su iniziativa di un piccolo grup-po di detenuti, dal 2008 all’in-terno del Carcere di Bollate è nato un Circolo Filatelico più volte pubblicizzato attraver-so gli organi di stampa, tanto da generare scambi epistola-ri e collezionistici con persone sul territorio, aiutando così gli ‘esterni’ a superare i luoghi co-muni che riguardano una real-tà così complessa quale il car-cere. Il successo dell’iniziativa ha permesso che la Direzione accettasse la proposta del pre-sidente del Circolo Intramur Sante Merlini di realizzare la Prima Mostra Filatelica all’inter-no dell’Istituto, avvenuta con successo di pubblico nei giorni 25-26-27 novembre 2010. Accanto alla mostra filatelica furono esposti i lavori artigia-nali di maggior rilievo prodotti nei vari laboratori dell’Istituto (vetro, cuoio, sartoria, serre). L’ultimo giorno della mostra per chiudere l’evento è stato realiz-zato un concerto, grazie ad un gruppo di cantanti che hanno preso contatto con la Direzio-ne per portare all’interno la loro musica ma anche il loro mot-to: “dare vita agli anni per dare anni alla vita”. Il carcere di Bollate non è nuovo a eventi fuori dal comune: per la prima volta in Europa, nel 2008 fu realizzato l’intervento di riqualificazione cromatica con il progetto no-profit “Colore al carcere di Bollate”, condotto dal Prof. Massino Caiazzo, Designer,

Colour Consultant e Vicepresi-dente per l’Italia del Comitato Internazionale dello IACC (In-ternational Association of Color Consultants). All’esterno della casa di reclusione dominava la struttura massiccia rivestita di cemento, rafforzando l’idea di una fortificazione ed evocando inevitabilmente il concetto di carcere come luogo di pena e non di riabilitazione, una vera e propria gabbia insomma. Intervenendo sulla facciata con effetti policromi sono riusciti ad attenuare la durezza dell’inte-ra struttura, ottenendo un mi-glioramento della qualità della vita degli agenti della polizia penitenziaria, dei reclusi e degli operatori. Il nuovo look colorato ha por-tato benefici reali soprattutto ai bambini ma anche a tutti quelli che, recandosi a far visita ai de-tenuti, subiscono ingiustamente il carcere come luogo di depri-vazione sensoriale. Grazie all’illuminazione ottenu-ta con speciali fluorescenze che

particolare dell’intervento cromatico

120

diffondono una luce molto simi-le a quella solare, gli interni del-la struttura hanno assunto un contesto più “naturale” e quindi vivibile.

L’asilo del carcere di Bollate

Nel territorio di Bollate sono comprese cinque scuole dell’in-fanzia comunali e quattro pri-vate, alle quali si aggiungerà l’asilo nido dentro il carcere. Pensato inizialmente solo per i bambini degli agenti peniten-ziari in servizio nella struttura, poi la destinazione d’uso è sta-ta allargata anche ai figli delle famiglie del territorio, favoren-do l’integrazione della casa di reclusione nel tessuto sociale. Il progetto è stato appoggiato da Palazzo Marino, che ha stan-ziato 150mila euro di contribu-to straordinario, ai quali si sono aggiunti 86mila euro da parte di Palazzo Isimbardi e 50mila euro dall’Ente di assistenza del per-sonale penitenziario. Contributi necessari giacché il carcere di Bollate non ha scopo di lucro e quindi non ha proventi legati a un regime di impresa. L’inter-vento costerà in tutto 380mila euro e prevede anche la realiz-zazione di un centro sportivo e di un campo scuola estivo. Ma il carcere alle porte di Milano non sarà il primo a ospitare un asilo nido: lo scorso anno nel-la casa circondariale di Opera, il carcere più grande d’Italia, era partito un progetto simile destinato a quindici bambini,

anch’essi figli degli agenti pe-nitenziari e delle famiglie del quartiere. A Settembre 2011 è entrato in funzione, e poiché l’i-niziativa si sta replicando, pos-siamo dire che è stata accolta con successo dalla cittadinanza. Il progetto di Bollate, elabora-to a titolo gratuito dallo studio Brioschi Sviluppo Immobiliare, è stato suddiviso in due lotti: il primo, attualmente in fase di completamento, prevede la re-alizzazione della struttura in cui verranno ospitati l’asilo azien-dale e la sala fitness, entrambi aperti sia al personale peniten-ziario che ai cittadini sempre nell’ottica di un maggiore inse-rimento della casa circondaria-le nel territorio. Nella seconda tranche dei lavori, dopo aver ul-timato l’asilo, sarà realizzato un campo di calcetto, un punto di ristoro e un giardino. L’asilo sarà destinato a 30 bam-bini fino ai tre anni di età. La facciata del nido sarà realiz-zata dalla Fondazione Olivetti, mentre gli interni saranno ver-niciati da un’equipe di esperti sempre su progetto realizzato gratuitamente dall’artista e de-signer Massimo Caiazzo.

121

122

123

5 PROGETTO ESECUTIVO

124

125

La struttura si presenta ben ar-ticolata nei suoi spazi e gode di una buona illuminazione, grazie alle numerose finestre che la circondano. Per i piccoli il nido è il primo vero distacco dalla madre che a quell’età è il genitore di rife-rimento, quindi per cominciare abbiamo pensato all’ambienta-zione necessaria per accoglierli e rendere stimolante l’ingresso con un colore chiaro e piuttosto caldo, come l’arancio.Una volta entrati nella struttura è importante aiutare i bambini

a muoversi negli ambienti, per-ciò potrebbe essere funzionale differenziare le diverse aree con colori distinti, oltre che alle pa-reti anche sulle porte, di modo che essi imparino a riconoscere le zone di loro competenza.Le aree di servizio, come la cu-cina e i depositi, sono annes-se alla zona dedicata ai piccoli, pertanto è consigliato avere il pavimento di un colore diverso.Non dimentichiamo che gli spa-zi grandi disorientano noi adul-ti, proviamo a pensare cosa di-venta una stanza grande come la zona pranzo/gioco per un bambino. L’altezza del soffitto in quelle zone potrebbe essere più bassa, ma senza interveni-re materialmente sulla struttura possiamo, intervenendo solo

render dell’ingresso dell’asilo del carcere di Bollate

126

con il colore, renderlo più pre-sente: aumentando la satura-zione e diminuendo la luminosi-tà aiutiamo, a livello percettivo, ad avere la sensazione che il soffitto sia più basso, e quindi anche la stanza appare più pic-cola.

Negli esempi qui sotto, pur nei limiti dati da un’immagine vir-tuale, potete constatare quan-to abbiamo detto finora, no-tando subito la differenza fra i due ambienti. Naturalmente dal vivo la percezione è ancora più consistente.

esempio con soffitto colorato

pianta dell’asilo di Bollate

esempio con soffitto bianco

127

5.1 Analisi strutturale

Come spiegato in precedenza, faremo prima un’analisi di tut-ti gli ambienti interni dell’asilo, stilando Il Profilo di Polarità per le tre zone più importanti:

- la grande sala da pranzo, che comprende la zona destinata al gioco e l’angolo lettura;

- la cucina;

- l’area adibita al riposo.

Sulla base della pianta architet-tonica gentilmente fornitami dal Prof. Massimo Caiazzo, abbiamo sviluppato il render della strut-tura dell’asilo, e grazie ai vari profili di polarità studiati per ognuna delle tre zone sopraci-tate, siamo riusciti a progettare la corretta “vestizione cromati-ca” dell’ambiente.

Naturalmente non possiamo dissociare il colore dal materiale che lo rappresenta. Un esempio per tutti è il le-gno che, grazie proprio alle sue texture naturali, dona sfumatu-re e sensazioni visive particola-ri che risulterebbero differenti se vedessimo lo stesso colore riprodotto da un altro tipo di supporto. Anche un colore dato su di una parete tirata liscia a gesso avrà una resa diversa che se fosse stato posato su una finitura a malta grezza.Il colore può rivelare, nascon-dere, mimetizzare la materia sottostante, o addirittura esal-tarla.Bene, con tutte queste giuste e doverose considerazioni ora entriamo nel cuore del proget-to, iniziando il nostro percorso analizzando la carta semantica differenziale della zona riposo.

estrusione della pianta

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PROFILO DI POLARITA’ AMBIENTALE

ZONA RIPOSO

3 2 1 0 1 2 3accoglientearmonicorassicuranteadeguatoincoraggiantecordialestimolanteraffinatoelegantepulitoincombentecalmanteluminosovivaceinteressantedinamicoseriofantasiosocostosomodernoprotettivosemplicecaldoordinatoconfortevolefamiliarefunzionalesilenzioso

inospitaledisarmonico

preoccupanteinadeguato

scoraggianteostile

noiosogrossolano

ordinariosporco

sfuggenteeccitante

buiospento

insignificantestaticofrivolopiatto

economicofuori tempodispersivo

complessofreddo

disordinatoscomodo

sconosciutoinefficienterumoroso

X X X X

X X

X X

X X

XX

X X X X

X X X X

X X

X X

X X X

X

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Zona riposo

Dal Profilo di Polarità Ambien-tale della zona riposo spiccano caratteristiche quali confortevo-le, calmante e silenzioso, poi in secondo piano troviamo ordina-to, armonico, familiare, pulito e via dicendo. Di conseguenza, tenendo conto delle principali specifiche emer-se, abbiamo sviluppato il corret-to clima cromatico della stanza.Iniziando dalle pareti, un colore tendente al verde oliva è risul-tato ottimale, perché aiuta ad attutire la sensazione di rumo-rosità. Il pavimento, in tinta le-gno simile al rovere sbiancato, trasmette un senso di ambiente familiare come solo il legno sa dare. In PVC con un’innovati-va posa ad incastro, perché più facile da pulire e meno duro al contatto della ceramica, il pa-vimento ha anche proprietà fo-noassorbenti ed è resistente ai frequenti passaggi, consideran-do il transito di passeggini e

carrozzine. La porta d’ingresso e quella che conduce al bagno sono blu cobalto chiaro.La struttura dei lettini/culle è stata pensata con due tipologie di legno colore chiaro, ad esem-pio faggio e rovere, per creare qualche contrasto. Oltre al fat-to che il legno dona un senso di calore familiare, è anche meno freddo e più morbido al tatto ri-spetto alla plastica e al metallo.Su tutte le pareti laterali vi è una spalletta alta un metro, uti-le a fornire un senso d’orizzonte a misura di bambino, diminuen-do la percezione d’altezza della stanza che si aggira intorno ai tre metri, come da misure stan-dard (minimo sono 2.70 metri). Chiaramente sono misure tara-te sulla statura media della per-sona adulta, non di certo sulla statura di un bambino di due anni. La spalletta è di legno color ci-liegio chiaro, in considerazione anche degli altri materiali e co-lori usati.

vista dell’estrusione dall’alto: posizione della zona riposo

130

campionatura colori della zona riposo

131

Volendo promuovere unitarie-tà e uguaglianza tra i sessi sino in tenera età, abbiamo evita-to di usare nella zona riposo il classico colore rosa e azzurro (come invece accade spesso per consuetudine nelle came-rette e nelle nursery), perché il rosa saturo in realtà è un colore troppo stimolante per una stan-za adibita al riposo. Sicché, per eventuali coperte la decisione è andata al blu chiaro, decorato a scacchi grandi o altri motivi, mentre le lenzuola sono bianche con decorazioni arancio o verdi. Il soffitto è sempre idropittura lavabile di colore blu/violetto desaturato con molto bianco, che insieme agli altri colori con-tribuisce a creare un ambiente che trasmette calma, tranquilli-

tà, unite a comfort e familiarità. Una volta individuato il giusto clima cromatico, si passa alla Campionatura Colori attraver-so la loro ripartizione in base al “peso” che hanno nell’ambien-te. Come peso si intende la me-dia tra la tinta vera e propria, la sua saturazione e il grado di luminosità in combinazione con la percentuale che rappresenta nella stanza considerata. Si può fare prendendo un foglio A4, suddividendolo in base alle pro-porzioni che ogni colore occupa (date dal calcolo del peso). Alle volte può capitare che un colore, seppure presente in net-ta minoranza rispetto ad altri, abbia un peso maggiore dato dalla sua forte tonalità e satu-razione.

render della zona riposo

132

PROFILO DI POLARITA’ AMBIENTALE

CUCINA

3 2 1 0 1 2 3accoglientearmonicorassicuranteadeguatoincoraggiantecordialestimolanteraffinatoelegantepulitoincombentecalmanteluminosovivaceinteressantedinamicoseriofantasiosocostosomodernoprotettivosemplicecaldoordinatoconfortevolefamiliarefunzionalesilenzioso

inospitaledisarmonico

preoccupanteinadeguato

scoraggianteostile

noiosogrossolano

ordinariosporco

sfuggenteeccitante

buiospento

insignificantestaticofrivolopiatto

economicofuori tempodispersivocomplesso

freddodisordinato

scomodosconosciutoinefficienterumoroso

X X

XX

X X

X X X

X X X

X X

XX

X X

X X

X X

XXX

XX

X

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Cucina

La zona preparazione/riscalda-mento pasti è confinante con la zona pranzo/attività. Osservan-do il profilo di polarità si nota-no subito differenze sostanziali rispetto al documento riguar-dante la zona riposo. Qui spic-cano funzionalità, adeguatez-za, dinamicità, ordine, pulizia e comfort, tutte caratteristiche importanti per l’ambiente desti-nato ad uso cucina. In secondo luogo abbiamo stimolante, ar-monico, moderno e luminoso. A proposito della luminosità, è da notare che in questa stanza grazie alla porta e alle due fine-stre la luce non manca, e que-sto ci permette di avere tonalità

leggermente più cariche, come del resto nella zona adibita al riposo che, avendo ben quattro finestre, ha un buon apporto di luce naturale, ma dovendo fa-vorire il riposo abbiamo scelto un verde oliva abbastanza sa-turo, così da smorzare la luce e favorire un clima cromatico più adatto a una stanza da letto.Ritornando alla cucina, le por-te sono color avorio, mentre i piani da lavoro sono ottimali in due tonalità opache di materia-le composito ad alta resistenza (come ad esempio il GRANITEK, lega tra resina e polvere di gra-nito), di colore tendente al ver-de chiaro dove si lavora la carne e il pesce per favorire un con-trasto distensivo agli occhi, e

render della cucina

134

grigio caldo per gli altri piani la-voro, con un indice di riflessione intorno al 30%, un colore che non distrae e non fa sforzare la vista. Il tutto in contrasto con l’arancione delle antine in lami-

nato dei mobili e dei vari com-plementi d’arredo, che donano senso di benessere al personale che opera in cucina.Il pavimento fa parte della ca-tegoria dei pavimenti industriali

campionatura colori della cucina

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antiscivolo (antislip) in cerami-ca gres porcellanato spessorato e vetro, ed è specifico per cu-cine di ristoranti, mense, gela-terie, macelli e ambienti adibiti alla preparazione dei pasti. Ab-biamo scelto il blu perché diffi-cilmente si trovano pietanze di questo colore (quindi è favorita l’evidenza di residui alimentari), con posa a scacchiera alternata in grigio chiaro per dare un po’ di movimento e demarcare net-tamente la zona rendendola di-versa rispetto all’area dei bimbi. Il soffitto è idropittura lavabile di colore tendente al beige, in questo caso con una punta di giallo divenendo così più faci-le da mantenere con i fumi e i vapori che tendono a scurire e ingiallire precocemente gli into-naci delle cucine. Le pareti sono color albicocca desaturato, ot-timo sia per mitigare l’ingialli-mento dovuto ai fumi della cot-tura delle pietanze sia per avere un buon clima cromatico grade-vole e vivace, senza per questo risultare eccessivo o iperstimo-lante, con le due colonne poste agli angoli ovest della cucina di colore terra d’ombra naturale, per creare contrasti cromati-ci e geometrici rompendo così la monotonia. In cucina non è necessario avere la spalletta ad altezza un metro perché non è un ambiente adatto alla circo-lazione dei bambini, per tutti i pericoli cui possono incorrere.Come avrete notato nei render non abbiamo inserito comple-menti d’arredo, prima di tutto perché avrebbero camuffato

l’ambiente rendendo difficolto-sa la valutazione del clima cro-matico, e poi perché fanno par-te delle possibili “varianti”, non essendo elementi fissi come le pareti, il pavimento o il soffitto. Nella Campionatura Colori inve-ce sono compresi anche even-tuali complementi d’arredo in abbinamento, intesi sempre proporzionalmente al contesto esistente.

Deposito/ripostiglio

La dispensa, il ripostiglio e i vari depositi sono zone di transito, quindi non richiedono alcuno studio approfondito e, di conse-guenza, non serve fare il pro-filo di polarità ambientale. Da notare subito che queste stan-ze non hanno finestre e quindi hanno bisogno di luce, ma piut-tosto di usare il semplice bianco che si sporcherebbe facilmente, abbiamo scelto per le pareti e i soffitti lo stesso colore usato nel soffitto della cucina, anche perché facilita la manutenzio-ne successiva. Eventuali scaffali sono di colore grigio in materia-le plastico, perché meno rumo-rosi rispetto a quelli metallici. Questo tipo di scelte ottimizza-no i costi, ed è sempre meglio adottarle laddove è possibile. Il pavimento, in PVC color ro-vere chiaro, antiscivolo, è un’ot-tima soluzione per la pulizia di liquidi senza problemi. Le porte sono color avorio come in cuci-na, per evidenziare tutta la zona come area off limits ai bambini.

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Bagni

Dal lungo corridoio che fian-cheggia la zona riposo, pas-sando dallo spogliatoio si arriva al bagno del personale. Anche qui, non c’è bisogno di stilare un profilo di polarità ad hoc, comunque qualche consiglio lo possiamo dare: adotteremo per le pareti dello spogliatoio un co-lore vivace tra il rosa e l’aran-cio, considerando che non ci si trascorre molto tempo al suo interno. Come abbiamo visto nel capitolo precedente quando si parlava degli spogliatoi dei la-voratori nell’industria, è buona norma adoperare colori energici che danno un po’ di tono, per trasmettere la carica necessaria ad affrontare la giornata lavora-

tiva. I pavimenti dello spoglia-toio e del bagno sono sempre in PVC come per gran parte del-la struttura, naturalmente per i motivi già elencati, oltre al fat-to che se manteniamo lo stesso pavimento abbattiamo i costi di realizzazione e ristrutturazione futura. Nelle pareti del bagno, come oggigiorno spesso accade, fino ad altezza cm 180 ci sono pia-strelle in ceramica. In questo caso, la scelta è ricaduta sul medio formato rettangolare per dare un tocco estetico contem-poraneo, in tonalità bicolore rosso e giallo ocra sempre per dare tono e allegria, perché an-che nel bagno non ci si trascor-re molto tempo e quindi si può osare un po’ di più.

vista del bagno dalla zona riposo

137

Pranzo/attività, gioco, an-golo lettura

Volutamente abbiamo tenu-to quest’ambiente per ultimo, perché oltre ad aver sviluppato il clima cromatico delle pareti abbiamo elaborato un ulterio-re progetto: “Giocospazio”, che vedremo più avanti.Poiché l’area si presente open-space, a maggior ragione siamo dovuti intervenire suddividen-do gli spazi attraverso l’uso del colore, tranne che per il soffit-to dove abbiamo mantenuto lo stesso beige chiaro in tutta l’a-rea. Sebbene si tratta di un’u-nica grande stanza è stato ne-cessario sviluppare due profili di polarità, che sono risultati ov-viamente differenti.

E’ importante inoltre rispettare le misure ergonomiche affinché il servizio sia agibile anche ai di-sabili.Al bagno dei bambini ci si ar-riva solo dall’interno della zona riposo, passando per un picco-lo antibagno adibito al cambio pannolini, dove avremo la spal-letta di legno come nella came-ra e alle pareti un color salmone chiaro. Il pavimento è sempre lo stesso della camera sia per l’antibagno che per il bagno, ma in quest’ultimo avremo alle pareti piastrelle quadrate di pic-colo formato multicolore, solo fino ad altezza un metro per le ragioni già spiegate, mentre le pareti laterali sono bianche con una punta di giallo, e quella di fondo color salmone chiaro.

render del bagno dei bambini

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PROFILO DI POLARITA’ AMBIENTALE

ANGOLO LETTURA

3 2 1 0 1 2 3accoglientearmonicorassicuranteadeguatoincoraggiantecordialestimolanteraffinatoelegantepulitoincombentecalmanteluminosovivaceinteressantedinamicoseriofantasiosocostosomodernoprotettivosemplicecaldoordinatoconfortevolefamiliarefunzionalesilenzioso

inospitaledisarmonico

preoccupanteinadeguato

scoraggianteostile

noiosogrossolano

ordinariosporco

sfuggenteeccitante

buiospento

insignificantestaticofrivolopiatto

economicofuori tempodispersivo

complessofreddo

disordinatoscomodo

sconosciutoinefficienterumoroso

X X X X X

X X

X X

X X

X X X

X X

X X

X X

X X

X X

X X X

X

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PROFILO DI POLARITA’ AMBIENTALE

PRANZO/GIOCO/ATTIVITA’

3 2 1 0 1 2 3accoglientearmonicorassicuranteadeguatoincoraggiantecordialestimolanteraffinatoelegantepulitoincombentecalmanteluminosovivaceinteressantedinamicoseriofantasiosocostosomodernoprotettivosemplicecaldoordinatoconfortevolefamiliarefunzionalesilenzioso

inospitaledisarmonico

preoccupanteinadeguato

scoraggianteostile

noiosogrossolano

ordinariosporco

sfuggenteeccitante

buiospento

insignificantestaticofrivolopiatto

economicofuori tempodispersivo

complessofreddo

disordinatoscomodo

sconosciutoinefficienterumoroso

X X X

XX

XX

X X

X X X

X X

XX

X X

X X X

X X

X X X

X X

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campionatura colori dell’angolo lettura

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campionatura colori dell’area pranzo/gioco, attività manuali

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Partendo dall’area destinata alla lettura, volendo creare una zona relax abbiamo immaginato un angolo che in qualche modo evocasse la natura, che facesse viaggiare con la mente, e quin-di le pareti sono di colore verde nella parte bassa fino ad altezza un metro, ad effetto erba,

mentre la parte alta è azzurro cielo, il tutto per favorire rilas-samento e distensione mentale. I materassini sono color celeste chiaro, le coperte rosso/arancio a scacchi grandi con quadrati colorati verdi e panna, in con-trasto coi toni più freddi delle pareti. Da notare il particolare del vetro nella tramezza che di-vide la zona openspace con l’in-gresso: anche qui, fino ad altez-za un metro il vetro è colorato ad effetto acqua, con sfumatu-re in azzurro-violetta. L’angolo lettura può essere un momento dove si lavora con la fantasia, in libertà, quindi abbiamo ipo-tizzato che potesse essere cir-condato da qualche giocattolo, come potete vedere nell’imma-gine illustrativa qui sotto.

inquadratura dell’angolo lettura

primo piano dell’angolo lettura con lettino e giocattoli

143

ridosso di questo spazio è di co-lore giallo chiaro, perché da mol-ta luce e stimola la creatività. Per entrambe le pareti ci sono piccoli contrasti di color albicoc-ca chiaro, lo stesso usato nella cucina, per esempio nella corni-ce e nel riquadro delle porte. La parete dove ci sono le finestre ha fino ad altezza un metro la stessa spalletta che troviamo nella zona riposo, mentre nel-la parte alta abbiamo tenuto lo stesso colore beige del soffitto, leggermente più chiaro. Prima di tutto perché le pareti con finestre sono da tenere più chiare per ridurre il forte con-trasto che si ha dalla luce en-trante, e poi perché nel nostro caso abbiamo voluto dirottare esplicitamente l’attenzione

Nella zona destinata al pranzo e altre attività manuali, che si trova all’angolo opposto dell’a-rea lettura, abbiamo scelto per le due pareti di fondo idropittura lavabile in arancio desaturato.Nella parte centrale dell’am-biente openspace si svolge il gioco simbolico, e la parete a

area pranzo/gioco e attività manuali

particolare della parete gialla dell’area gioco simbolico con possibili porte color avorio

144

verso l’interno della struttura, quindi verso la parete gialla e arancio dell’area gioco/attività. Abbiamo immaginato anche un eventuale arredo per questa zona: alcuni oggetti in legno dello stes-so colore dei lettini della zona riposo, altri in materiale plasti-co con colori vivaci in contrasto coi toni pastello delle pareti, e infine delle sedie multicolore in materiale plastico ultraleggero.

Giocospazio

Come forse avete già notato dalle immagini dei render pre-cedenti, in tutta l’area openspa-ce compreso il corridoio, quindi nella zona destinata al transito e permanenza dei bambini, si trovano sul pavimento in ordine sparso tutti i numeri e le letteredell’alfabeto.

Ma facciamo un passo indietro e vediamo come siamo arrivati a questo.Durante la stesura della tesi scrittografica abbiamo fatto una panoramica sul tema dell’edu-cazione, soffermandoci in modo particolare sul metodo montes-soriano. In sintesi, viene data importanza al contesto ambien-tale, che deve essere “allestito” appositamente per poter acco-

vista dall’alto della struttura: da notare i pavi-menti

area pranzo/gioco senza pavimento Giocospazio

145

gliere e invogliare il bambino alla sua naturale propensione allo sviluppo, stimolando la fan-tasia e la creatività. Allora abbiamo immaginato di disegnare qualcosa sul pavi-mento, ma non con l’intenzione di fare solo un mero esercizio decorativo come si vede in al-cuni asili, bensì qualcosa che favorisse l’apprendimento. All’inizio si pensava a un grande albero per sensibilizzare i piccoli al tema della natura, i cui rami

potessero in qualche modo di-venire indicazioni di percorso e qualcosa legato all’educazione. Poi abbiamo indagato vari giochi e siamo approdati al gioco della Peta, molto vecchio, giunto fino a noi grazie ai nostri nonni. Si tratta di disegnare per ter-ra delle figure per poi saltarci dentro con un solo piede sen-za pestare sui segni, dopo aver raccolto un sassolino lanciato successivamente sui numeri iscritti.

pavimento decorato in scuola materna

pavimento decorato scuola S. Cesario

schema classico del gioco della Peta

ingresso della scuola dell’infanzia S. Cesario, Torino

146

schizzi

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A questo punto abbiamo unito i concetti decidendo di mettere sul pavimento, in ordine sparso, tutte le lettere dell’alfabeto e i numeri: i bambini, camminan-doci sopra tutto il giorno, gio-cando, saltando, senza accor-gersene assimileranno in totale libertà il loro significato, come dimostrato nelle ricerche di Ma-ria Montessori illustrate nel libro “La mente del bambino, Mente assorbente”, e da Jean Piaget, biologo, psicologo ed epistemo-logo svizzero, noto soprattutto per le sue ricerche sullo svilup-po dell’intelligenza nei bambini.Certamente in commercio esi-stono già dei tappeti che ripor-tano numeri e lettere a scopo ludico, ai quali però noi non ci siamo ispirati perché il nostro concetto è ben diverso: Giocospazio non è un accessorio che puoi rimuovere o abbando-nare quando vuoi, è qualcosa di più, è parte integrante dell’am-biente, è qualcosa di materico che resta indelebilmente segna-to sotto i nostri piedi.

Per la sua realizzazione abbia-mo scelto un pavimento in vinile con sistema di posa a incastro,a pressione verticale con mar-tello di gomma, perché non ne-cessita di sottopavimento, non teme l’umidità e ha un’elevata resistenza. Le doghe possono essere sosti-tuite anche centralmente, sen-za rifarsi dal muro fino alle do-ghe da sostituire. Un pavimento per tutte le soluzioni qualitative ed estetiche per utilizzo dome-stico, commerciale e industriale medio. Risolve molte problema-tiche legate alle pavimentazioni in fibra di legno:

posa con incastro “clic” verticale

fase di battitura nella posa

tipico tappeto colorato con lettere

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dilatazioni, giunzioni e sepa-razioni, umidità, semplicità di posa e sostituzioni doghe, la-vaggi e cadute di liquidi.Di seguito, tutte le caratteristi-che del pavimento ad incastro in PVC:

• resistenza totale all’umidità;

• adatto per locali commerciali a traffico molto forte;

• sagome e tagli con un sempli-ce cutter;

• silenzioso al calpestio;

• incastro a pressione verticale;

• non necessita di sottoparquet;

• sostituzione anche delle plan-ce centrali;

• completamente riutilizzabile;

• antistatico;

• antiscivolo;

• pulizia e riversamento di liqui-di senza problemi;

• molte possibilità di finitura.

Da sottolineare che fra i tan-ti pregi è anche riciclabile al 100%. Nel nostro caso si rivela particolarmente adatto perché si presta facilmente allo stam-paggio dei numeri e delle lettere sulle singole doghe, che possia-mo posare a nostro piacimento e, se non siamo soddisfatti del risultato, possiamo rimuovere le singole plance e sostituirle finché non abbiamo raggiunto l’effetto da noi desiderato.Le doghe, aventi spessore 6 mm, hanno lunghezze diverse per avere una posa ad effetto disomogeneo, mentre la lar-ghezza varia dai 18 ai 20 cm. Per non essere troppo invadenti

dettaglio che illustra l’idrorepellenza del PVC

posa con sottofondo di piastrelle

posa con sottofondo in linoleum

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abbiamo scelto colori non esa-geratamente vivaci, poiché gran parte dei giochi e strumenti per bambini presentano già colori vivacissimi, giocando dove pos-sibile con l’abbinamento di co-lori complementari tra il colore della doga e il numero/lettera sovraimpresso.

a fianco, Giocospazio su tinta legno;sotto, Giocospazio colorato

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sbizzarrirsi scrivendoci sopra direttamente con pennarelli all’acqua, le cui tracce sono fa-cili da ripulire. Al termine della giornata le maestre potranno fotografare quanto successo e magari, alla fine dell’anno scolastico, ne ver-rà fuori anche una bella mostra.

Inoltre, sempre nella tesi scrit-tografica, abbiamo visto quanto sono importanti le pareti negli asili, perché possono racconta-re e ordinare le esperienze, do-cumentare la vita dei bambini, ricordare momenti speciali at-traverso foto e disegni. La docu-mentazione deve essere collo-cata in basso affinché i bambini possano utilizzarla ai fini di me-morizzare tutto ciò che accade e dar valore a quanto essi fanno all’interno del nido.Per questo motivo nella zona gioco/attività, invece di mettere la solita spalletta di legno, sotto la parete gialla e quelle aran-cio abbiamo messo grandi pia-strelle in ceramica, sulle quali i bambini potranno attaccare i loro disegni ma, soprattutto,

il render mostra un bambino intento ad esprimersi

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Conclusioni

Questa tesi rappresenta un viaggio attraverso gli anni della mia vita, e credo di poter dire anche quella della maggior par-te delle persone. Tutti iniziano l’attività scolastica intorno ai 2/3 anni di età, a seconda che si frequenti l’asilo nido o meno, e la si prosegue come minimo fino all’adolescenza, poi i più bravi vanno al liceo e gli intre-pidi terminano con l’università, quindi intorno ai 24-25 anni, salvo qualche eccezione…La scuola scandisce passag-gi importanti delle nostre vite: i primi amori, le prime sfide, grandi delusioni e tanto altro ancora, ma sempre insegna qualcosa. Personalmente mi ritengo fortu-nato per aver avuto la possibi-lità di ritornare a studiare a 35 anni; prima di allora, a parte le disponibilità economiche varia-bili, ero costantemente distrat-to dalla vita in se, guidato da un’assoluta curiosità e voglia di esplorare mondi e ambienti dif-ferenti.Tuttavia ho sempre amato la scuola, pertanto non avrei potu-to concludere in altro modo che facendo la tesi di laurea proprio sull’ambiente scolastico. L’aver ripercorso le origini del-la scuola, indagando i vari pas-saggi che ci hanno portato al sistema scolastico attuale, spa-ziando su altri concetti contem-poranei che riguardano l’edu-cazione scolastica, ha fornito le fondamenta sulle quali abbiamo

sviluppato il progetto di riquali-ficazione cromatica degli interni nell’asilo del carcere di Bollate. È abbastanza chiaro quanto sia importante e assolutamente da non sottovalutare l’influenza che ha il colore sulla sfera psico-fisica dell’essere umano, com’è emerso dai numerosi studi ef-fettuati dal Prof. Franke Mahnke e dai test sui colori eseguiti dal Prof. Heinrich Frieling dell’istitu-to di psicologia del colore. Confidiamo quindi che ci sia sempre più attenzione verso il tema cromatico e che le istitu-zioni abbiano la possibilità di contattare progettisti e consu-lenti del colore professionisti, per progettare gli interni delle scuole seguendo i giusti criteri, nel rispetto di tutti coloro che usufruiscono del servizio sco-lastico senza lasciare più alcun dettaglio al caso.

Buona scuola a tutti!

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