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Periodico di idee, informazione e cultura del Collegio IPASVI di Roma ISSN 2037-4364 N°2 Anno XXI - N. 2 - aprile/giugno 2011 - Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro. Poste italiane SpA - Spedizione in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in. L. 27/02/2004 n°46) art.1. comma2. DCB Roma EDITORIALE Scommessa vinta Ed è solo l’inizio... FOCUS Lo Scientific Annual Report del Centro di Eccellenza CONTRIBUTI La comunicazione efficace verso i pazienti stranieri Abbiamo fatto... CENTRO!

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Periodico di idee, informazione e cultura del Collegio IPASVI di Roma

ISSN 2037-4364

N°2

Anno XXI - N. 2 - aprile/giugno 2011 - Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro. Poste italiane SpA - Spedizione in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in. L. 27/02/2004 n°46) art.1. comma2. DCB Roma

EDITORIALEScommessa vintaEd è solo l’inizio...

FOCUSLo Scientific Annual Report

del Centro di Eccellenza

CONTRIBUTILa comunicazione efficace

verso i pazienti stranieri

Abbiamo fatto...CENTRO!

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Organo Ufficiale di Stampa del Collegio IPASVI di RomaAnno XXI - N. 2 - APRILE-GIUGNO 2011Rivista Trimestrale registrata al Tribunale di Roma n. 90 del 09/02/1990

Direzione - Redazione - AmministrazioneViale Giulio Cesare, 78 - 00192 ROMATel. 06.37511597 - Fax 06.45437034

Direttore responsabileGennaro Rocco

Segreteria di redazioneNicola Barbato, Stefano Casciato, Mario Esposito, Matilde Napolano, Carlo Turci

Comitato di redazioneAngela Basile, Bertilla Cipolloni, Rodolfo Cotichini, Stefano Di Carlo,Gianfranco Del Ferraro, Maurizio Fiorda, Natascia Mazzitelli,Francesca Premoselli, Maria Grazia Proietti, Angelina Palumbo,Ausilia M.L. Pulimeno, Alessandro Stievano, Marco Tosini

StampaArtigrafiche Boccia SpAVia Tiberio Claudio Felice, 7 - 84131 Salernoe-mail: [email protected] grafico: EDS RomaFoto: Mario Esposito; Fotolia

Finito di stampare: giugno 2011

Tiratura: 28.000 copie

Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: Poste Italiane S.p.A.Spedizione in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in. L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Roma

“Infermiere Oggi” pubblica articoli inediti di interesse infermieristico, previa ap-provazione del Comitato di Redazione. L’articolo è sotto la responsabilità dell’Au-tore o degli Autori, che devono dichiarare: nome, cognome, qualifica professionale,ente di appartenenza, recapito postale e telefonico. Il contenuto non riflette ne-cessariamente le opinioni del Comitato di Redazione e dei Consigli Direttivi.Quando il contenuto esprime o può coinvolgere la responsabilità di un Ente, oquando gli Autori parlano a suo nome, dovrà essere fornita anche l’autorizzazionedei rispettivi responsabili.Il testo deve essere il più conciso possibile, compatibilmente con la chiarezza diesposizione. Le bozze verranno corrette in redazione. I lavori non richiesti e nonpubblicati non verranno restituiti.Le citazioni bibliografiche devono essere strettamente pertinenti e riferirsi a tuttigli Autori citati nel testo.Le citazioni da periodici devono comprendere: il cognome e l’iniziale del nome del-l’Autore o dei primi due Autori, nel caso di più di due Autori, verrà indicato il nomedel primo, seguito da “et al”; il titolo originale dell’articolo, il titolo del periodico;l’anno di pubblicazione, il numero del volume, il numero della pagina iniziale.Le citazioni di libri comprendono: il cognome e l’iniziale del nome degli Autori, iltitolo del libro (eventualmente il numero del volume e della pagina, se la citazionesi riferisce ad un passo particolare), l’editore, il luogo e l’anno di pubblicazione.Gli Autori che desiderano la riserva di un certo numero di copie del numero con-tenente il loro articolo, devono farne richiesta esplicita al momento dell’invio deltesto.Tutto il materiale deve essere spedito o recapitato al Collegio IPASVI di Roma, VialeGiulio Cesare, 78 - 00192 Roma.

S O M M A R I OEDITORIALE

1 Scommessa vinta. Ed è solo l’inizio...di Gennaro Rocco

CONTRIBUTI3 Il paradigma olistico della salute

in un’antropologia integrale della personadi Gennaro Rocco, Alessandro Stievano

7 La comunicazione efficace verso i pazienti stranieridi Elisa Ancilotti

12 Può un’immagine sostituire mille parole?di Eduardo Mazza

16 La rasatura in neurochirurgia pediatrica: mito o realtà?di Paola Leonardi, Gina Capacchione, Beatrice Bocchini, Pasquina Monni, Lidia Muscheri, Paolo Frassanito

20 Indagine qualitativa sul vissuto delle donneaffette da alopecia post-chemioterapiadi Magdalena Cerei, Teresa Compagnone,Antonella Ghione

26 Indagine conoscitiva sulla soddisfazione degli infermieri in un ospedale romanodi Barbara Di Donato

FOCUS 33 REPORT ANNUALE DELLE ATTIVITÀ DEL CENTRO DI ECCELLENZA

PER LA CULTURA E LA RICERCA INFERMIERISTICA

DICONO DI NOI56 Polemiche sterili per “nascondere”

il ruolo decisivo dell’infermiere

LETTO PER VOI 59 Infermieri e ricerca scientifica

Guida alla pubblicazione sulle riviste internazionali

L’AVVOCATO DICE 60 Il “Collegato” e le modifiche all’organizzazione

del lavoro infermieristico

INFERMIERI IN RETE63 I servizi online del Collegio Ipasvi di Roma

64 LA VIGNETTA DEL MESE

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Poco più di un anno fa gli infermieri di Roma, attraverso il Colle-gio Ipasvi, davano vita ad una straordinaria iniziativa: l’istituzionedi un “Centro di eccellenza per la cultura e la ricerca infermieri-stica”: un progetto unico in Europa per tipologia, finalità e strut-tura.Le aspettative erano tante e così pure le preoccupazioni. In Italia gli investimenti sulla ricerca sono scarsi e, a nostro av-viso, mal gestiti: invece che valorizzare le idee, l’innovazione el’originalità dei disegni e dei progetti di ricerca, spesso si conti-nuano ad assegnare fondi a “personaggi autorevoli” soprattuttoper il ruolo di privilegio che essi occupano. Eravamo convinti allora e lo siamo ancora più oggi, che una pro-fessione intellettuale, alla pari elle altre professioni che storica-mente tali vengono riconosciute, deve potersi misurare anche perla produzione scientifica, per l’innovazione e per la ricerca che rea-lizza e che mette a disposizione di tutti.Il Centro ha tra gli altri obiettivi quello di promuovere e sostenerela ricerca nel campo infermieristico in tutti gli ambiti e settori incui l’infermiere opera e cioè nell’assistenza, nella clinica, nell’or-ganizzazione, nella formazione ecc. A un anno dall’avvio era tempo di valutazioni, di esami,di verifica.È quello che abbiamo fatto nei giorni scorsi in due importanti ini-ziative che ci hanno visto coinvolti in attività di valutazione daparte del board scientifico internazionale del Centro e della no-stra comunità professionale.Non si trattava certamente di un traguardo ma una tappa impor-tante del progetto che la comunità professionale romana hascelto per lanciare ancora una volta il cuore oltre l’ostacolo. È un po’ come aver superato il primo esame, il più difficile e sof-ferto, che però sa darti slancio per andare avanti. A testa alta.Il workshop con cui il Centro ha fatto il suo debutto sulla scenadella ricerca infermieristica internazionale ha consegnato a tuttinoi la sicurezza di una rotta precisa da seguire, una linea rigorosasulla quale sviluppare la gran mole di lavoro avviata.La collaborazione entusiasta di tantissimi colleghi, delle univer-sità, degli enti sanitari e delle associazioni professionali coinvolte

nel progetto ha prodotto in pochi mesi risultati tangibili che,dopo un’opportuna sosta ai box per la verifica della macchina, pro-mettono esiti di sicura rilevanza scientifica già nel prossimo au-tunno, con la conclusione dei primi studi e la loro presentazione.Il bilancio della due-giorni di Roma, con il conforto di un eccellenteboard scientifico internazionale e con le attestazioni delle auto-rità accademiche intervenute, è davvero positivo e incoraggiante.Un momento straordinario per verificare, con l’obiettività assicu-rata dai maggiori esperti mondiali, il nostro piano per sperimen-tare un sistema in grado di certificare le competenze dei profes-sionisti sanitari e di migliorarne le performance in campoassistenziale. È questa la nuova frontiera che ci siamo dati, la sfida che sta ap-passionando centinaia di colleghi a Roma, in Italia e all’estero.Il confronto approfondito sui progetti avviati che ha segnato laprima giornata del workshop ci ha permesso di rilevare alcune cri-ticità, correggerle e mettere a fuoco più nitidamente gli obiettividelle singole ricerche. Il Comitato Scientifico del Centro ha svolto in pieno il suo ruolo,esaminando con un piglio autorevole quanto severo l’attivitàsvolta e quella pianificata dai vari gruppi di lavoro.Ci siamo sottoposti ben volentieri ad una vera e propria “valuta-zione” da parte dei nostri riferimenti scientifici internazionali, deinostri garanti e dei consulenti del Centro. Lo abbiamo fatto con l’umiltà che deve sempre ispirare chi si im-pegna nella ricerca, per non rischiare che questa si riveli fine ase stessa o che i suoi risultati non possano essere acquisiti uni-versalmente dalla comunità professionale.Ne abbiamo tratto grandi benefici, individuando i necessari cor-rettivi per le attività avviate.Siamo così nelle condizioni di affinare gli strumenti di ricerca emigliorare il lavoro grazie alle preziose indicazioni fornite da pro-tagonisti assoluti della ricerca infermieristica mondiale comeDyanne Alfonso, Ann Gallagher e Linda Mayberry.Attraverso il loro contributo diretto, il Centro di Eccellenza ha giàcentrato il suo primo obiettivo: aprirsi ad un circuito internazio-

Scommessa vintaEd è solo l’inizio...di Gennaro Rocco

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nale di interscambio e collaborazioni di alto livello scientifico perarricchire la sua attività di studio e produrre presto risultati ap-plicabili alla pratica professionale quotidiana.Con la conferenza il Centro ha offerto le sue credenziali al grandepubblico, illustrando ufficialmente il piano di lavoro e i dati rac-colti nella prima fase delle ricerche. La presentazione del primoAnnual Report (che Infermiere Oggi tratta diffusamente in questonumero con il resoconto del workshop e la pubblicazione di tuttele schede dei progetti di ricerca avviati) ha confermato ciò che,con un pizzico di umana presunzione, ci aspettavamo di sentiredagli esperti e dalle autorità intervenute: la via imboccata èquella giusta; quindi, avanti tutta!I nostri assistiti si aspettano molto da noi e ci pongono ogni giornola sfida di un’assistenza di elevata qualità. Di più: pretendono si-curezza. E anche noi infermieri ne abbiamo un grande bisogno,alla luce di un contenzioso giudiziario crescente che spesso cichiama in causa per responsabilità certamente non nostre, ascri-vibili piuttosto alla disorganizzazione dei servizi, alla mancanza dipersonale, all’inadeguatezza delle strutture e dei mezzi.

Soffiando sulla sua prima candelina, l’esperienza del Centro di Ec-cellenza per la Cultura e la Ricerca Infermieristica indica che pos-siamo puntare fiduciosi all’obiettivo, verso l’acquisizione di cono-scenze e competenze specifiche che ci consentano di coniugareal meglio qualità e sicurezza, per il nostro bene e per quello deinostri pazienti.Sapersi misurare è la capacità che sfida ogni giorno la nostra pro-fessionalità. Cogliere il frutto del confronto, scambiare espe-rienze, accettare le verifiche e ampliare il raggio dei contatti èoggi fondamentale per affermarci come professionisti moderni,al passo con i tempi, in continua formazione. Ed è il modo più con-creto per migliorare il livello di affidabilità percepito dai cittadiniche assistiamo.Il segnale lanciato dal Centro di Eccellenza al mondo politico chegoverna la sanità è proprio questo: un messaggio di impegno to-tale della comunità infermieristica nel solco dell’affidabilità delleprestazioni assistenziali, per accrescere la fiducia dei cittadini escommettere sul proprio futuro professionale.

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Il paradigma olistico della salute in un’antropologia integrale della personadi Gennaro Rocco, Alessandro Stievano

L’L’approccio globale, che colloca le per-sone al centro dei mondi vitali di cui sonoprotagonisti, diventa basilare se si enfa-tizza quell’approccio alla salute che mettein risalto il paradigma bio-psico-sociale espirituale come paradigma di riferimentodi salute della persona (Oms 1978). In un recente editoriale anonymous di Lan-cet (2009)1 si preconizza che tale quadroconcettuale incorpori altre due dimen-sioni:

1. il rispetto planetario della biodiver-sità, in quanto le persone sono in co-stante interazione con l’ambiente,proprio per quella unità di interscam-bio che esiste fra l’essere umano el’ambiente che lo circonda;

2. il rispetto dell’energia delle cose: ilmondo vivente dipende da una rela-zione favorevole con il mondo inani-mato.

La salute, secondo schemi di complessitàsociale propri del terzo millennio, si po-trebbe definire come: “... una condizionedi armonioso equilibrio fisico, funzionalee psicologico dell’individuo dinamica-mente integrato nel suo ambiente natu-rale e sociale” (Cozzi, Nigris 1996), oppureper parafrasare Gadamer (1994): “... comeun sentirsi, un esserci, un essere nelmondo, un essere insieme agli altri uo-mini ed essere occupati attivamente daicompiti e gioiosamente dai compiti parti-colari della vita”. Tale approccio sistemico mette in risaltosia l’uomo come essere bio-psico-socio-spirituale, sia l’ambiente di riferimentoin cui è inserito, sia la sua relazionalità,sia il suo grado di adattamento e la suaresilienza rispetto all’ambiente socio-geo-

grafico che lo circonda. In effetti salute e malattia2 si vengonoa costituire come una dualità ambi-gua, ibrida, dai confini incerti, mobili,riconfigurati senza soluzione di continuità,che variano nel tempo e nello spazio in ac-cordo al contesto.La stessa definizione di salute dell’Oms(che richiama aspetti patologici) è da in-tendersi non nel senso di un mistero, di unfunzionamento armonico e equilibrato delcorpo (Gadamer 1994), ma nel senso dellasua rappresentazione negativa: la malat-tia. Già Maturo (2007), in maniera critica,porta a conoscenza delle dimensioni dellasalute e dei vari approcci a essa attra-verso la malattia; ma è Gadamer che ci ri-corda che la malattia ha un certo “pri-mato metodologico”, nel senso cheattraverso di essa impariamo cosa è la sa-lute (Gadamer 1994: 117).Il normale e il patologico così come con-figurati nel saggio di Georges Canguil-hem (1998), parlano della salute non solo

come uno “stato di completo benesserefisico, psichico e sociale”, ma anche comela capacità di adattarsi all’ambiente circo-stante. L’opera di Canguilhem3 epistemologo emedico, maestro e amico di Michel Fou-cault, rappresenta un contributo di grandeinteresse per la filosofia della scienza sa-nitaria4 e nelle conclusioni alla sua opera,difatti, l’autore riafferma l’antitesi rispettoalla medicina positivistica, secondo cui lacomprensione del patologico si dà nellasola variazione quantitativa, nello scartodai valori medi della distribuzione stati-stica dei parametri biologici (intervallo dinormalità).Diversamente, per Canguilhem, quello che

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ha valore è la capacità di adattarsi al pro-prio ambiente. La salute è vista come unprocesso che varia rispetto alle aspetta-tive della persona ed è concetto personaledi ogni essere umano. Pertanto la salute non è definita dalmedico ma dalla persona, in accordoai suoi bisogni percepiti: toccherà almedico aiutarla a percepirli.Un punto indicato da Sen su Lancet (2008)come particolarmente rilevante è il riferi-mento alla “capacità di adattamento”5,ergo alla prospettiva evoluzionistica del-l’uomo rispetto al contesto e alla salutenon più come entità fissa, ma dipendentedall’ambiente, dalle preferenze delle sin-gole persone, dalle diverse circostanze eopportunità: la salute definita dal pazientein relazione alle sue capacità funzionali.Una tale visione richiama apertamente laquestione dell’assistenza centrata sullapersona - concetto caro all’infermieristica- ripresa anche dall’ultimo World HealthReport (2008) e sempre più evocata in ri-ferimento a una riorganizzazione6 dei ser-vizi sanitari che sappia compiersi nelpieno rispetto dei diritti e della dignitàdell’uomo. In ragione dell’unità bio-psico-socio-spiri-tuale7 dell’uomo, la teoria olistica del-l’azione di un filosofo svedese come Len-nart Nordenfelt (1995) enfatizza che lapersona è sana se è in grado di fun-zionare secondo le sue aspettative,nel suo contesto sociale.Per Nordenfelt (1995: 254), è bene tenereseparati salute e felicità8. La salute deve essere definita “... comeuno stato di cose che tende a condurre aun certo grado di felicità”. In tal modo, si riconosce una certa utopiadella teoria del completo benessere bio-psico-sociale dell’Oms (1978) e si ricono-sce come la salute relativa sia da prefe-rirsi alla salute perfetta, il sentimentosoggettivo della persona, quindi, prevale. Presentando il paradigma olistico dellasalute come espressione di una visioneche considera l’uomo un’unità è MariaTeresa Russo (2004) che sottolinea: “...la vita fisica non è un assoluto né costi-tuisce l’orizzonte totalizzante della vitadella persona: essa è una componenteessenziale, ma non esaustiva. Il valoredella vita della persona, pertanto, noncoincide con la vita fisica, ossia i valori

corporei non coincidono sempre con i va-lori morali”. Non bisogna dimenticare che l’antropolo-gia integrale della salute considera la sa-lute come fine penultimo, essa è determi-nata e limitata dal significato della vitastessa e si trova in quel progetto di vitabuona “... che ciascuno si propone di rea-lizzare, per il quale la salute è condizionenecessaria, ma non indispensabile”(Sgreccia 2008: 255). Parafrasando Laín Entralgo (1985) la sa-lute è la “… capacità di realizzare con ilminimo fastidio, con il minimo danno e, sefosse possibile, con un certo benessere egodimento, i progetti vitali”. La salute è determinata dall’antropo-logia integrale della persona per cuisarà subordinata a ciò che per la per-sona rappresenta l’autentico bene.Nell’antropologia integrale della personaumana il concetto salute - il bene salute -non si radicalizza, né medicalizzando l’esi-stenza che altrimenti sarebbe sempre piùdelineata da situazioni di malattia e pre-malattia (disease mongering)9 né ottimiz-zando indefinitamente la qualità e la du-rata della vita. Ne sono espressione le concettualizza-zioni sulla salute di Russo (2004), dove lasalute (2004: 183) è: “... quella condizionedi equilibrio dinamico, per cui un sog-getto, inserito in un determinato contestonaturale e sociale, ha le capacità di rea-lizzare i propri rapporti e progetti vitali inmodo adeguato. In questa prospettiva,una situazione che riduca la capacità dilavoro, come la maternità, non è una ma-lattia, poiché non annulla la capacità di unprogetto vitale più ampio, mentre unacondizione di denutrizione generalizzata,che rende incapace di assolvere i propricompiti, non può essere tollerata comenormale, per quanto diffusa possa esserein una determinata zona geografica”.Anche il significato della parola armonia ri-manda alle definizioni di salute dell’Omsche si sono evolute nel tempo, e che ven-gono testimoniate dall’Organizzazione, nel1986, che parla di salute come “un pro-cesso di costruzione” in cui è la personastessa che definisce cosa sia “salute”.La salute, dunque, è una lotta controtutto quello che avversa l’armonianell’uomo.Tendere verso l’armonia è lottare per

avere e aumentare la vita, e la salute èproprio la maniera unica per conservare eaumentare la vita. Guardando che classe di armonia siaquella che domanda la salute, vediamoche si tratta di fatti concreti, che realizza-no continuamente l’armonia in tensione,in pratica che fanno aumentare quella cheormai si ha, e correggono i difetti di disar-monia esistenti. Infatti si tende verso una “quadrupla” ar-monia:

1. fisica (biologica); 2. psichica, in cui l’uomo cerca l’armonia

della psiche e consiste nella propriaauto-trasparenza e guida cosciente dise stessi verso un fine degno e ca-pace, specie quando le malattie fisi-che s’intensificano, oppure quandofattori estrinseci, fisici o affettivi mi-nano la persona. Intelletto, volontà,sentimenti, impulsi vitali sono tutti inperfetta armonia.La salute è un processo, è capacità edisposizione a vivere in forma auto-noma, solidale con gli altri e con ca-pacità per l’allegria e la gioia;

3. sociale, dove s’intende l’armonia delvivere bene con gli altri, la personaumana deve essere concepita sia inaccezione individuale (deriva dell’-homo economicus)10 che in quella so-ciale, quindi l’armonia sociale è l’ar-monia di stare con gli altri ecomprende sia l’armonia familiare chel’amicizia, ma anche altri generi dirappresentazione tanto politici,quanto economici, scientifici e cultu-rali. Qui possiamo anche parlare diarmonia ambientale in senso mode-rato;

4. spirituale, in cui la salute spirituale èintesa come il grado di unificazionetotale umana.La persona si unifica quando ha unobiettivo vitale al quale tende in tota-lità. La salute spirituale coordina, per cosìdire, la salute fisica, psichica e so-ciale, in quanto le dirige tutte e treverso quest’obiettivo vitale. Se la persona si è dimenticata l’inter-rogativo antropologico (qual è l’uomoche sono veramente) ha perso la pro-pria spiritualità11.Questa salute spiri-tuale non è in contrasto con la salute

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fisica, psichica e sociale, ma oltre aunificarle, come si è detto, nell’adem-pimento della propria missione, leprolunga fino a frontiere inimmagina-bili.

Traslando il discorso sulla concettualizza-zione della salute nel nursing e nel suofondamento ontologico, cioè nella rela-zione infermiere-paziente, si può affer-mare che, se l’applicazione del processodi nursing (che mira ad identificare la na-tura dei bisogni di assistenza in ottica og-gettiva e costituisce il momento di co-co-struzione epistemologica del nursing) nonsi riconfigura come un processo di sco-perta desiderosa dei bisogni dell’altro (percercare di aiutarlo a riacquistare la sua in-

dipendenza e a ricollocarsi nel suo mondovitale nel miglior modo possibile), non riu-scirà mai a diventare il metodo principedell’assistenza. Inoltre, essendo un me-todo scientifico rigoroso con un’azione afeedback12, sebbene costituisca, da ormaimolti anni, il metodo insegnato agli infer-mieri per effettuare un’assistenza ade-guata e di qualità, se non si situa storica-mente e culturalmente “... non ha ragionedi esistere a meno che non metta le radiciper la vita delle persone” (Collière 1992).Per questo motivo, già da molti anni, al-cuni teorici, come Rosemarie Rizzo Parse,considerano come il vero fondamento epi-stemologico dell’assistenza infermieri-stica sia il processo infermiere-persona,

inteso in ottica ermeneutica e dialogica,all’interno del quale si esprime il più pro-fondo rispetto per la dignità dell’altro in unfondamento assiologico che vede la vul-nerabilità ed il rispetto per la dignità,come condizione costitutiva della persona.La relazione infermiere-paziente, al-lora, in una visione antropologicacentrata sulla persona (che guarda ladignità umana come fondamento dell’as-sistenza), deve svolgersi in un contestoculturale dove il concetto di salute - mezzosimbolico di interscambio societario - as-sume aspetti ben diversi dalla sem-plice assenza di patologia o dalla suaapplicabilità solamente nei confronti delsingolo individuo, oppure dalla separa-

NOTE1 Si veda: Anonymous. What is health? The ability to adapt. Lancet 2009; 373: 781.2 Nell’originario significato di Twaddle, (1994) ripreso dalla tesi dottorale del 1968abbiamo:

la disease: è la malattia interpretata prettamente dal modello bio-medicocome malfunzionamento organicistico e fisiologico; l’illness: è la malattia interpretata, l’esperienza personale dei sintomi e dellasofferenza, il senso di disagio, di sentimenti individuali e di percezioni che puòportare quel particolare stato di salute o disposizione verso il mondo;la sickness: invece, è la malattia come viene compresa all’interno di ungruppo in relazione alle forze macrosociali (economiche, politiche, istituzio-nali) e alle rappresentazioni simboliche (Cozzi, Nigris 1996). La sickness è an-che il processo attraverso il quale i comportamenti culturali nell’ambito dellamalattia ricevono significato sociale, si pensi all’esempio dell’AIDS o delle ma-lattie veneree o dell’alcolismo.

3 Canguilhem nell’opera “Il normale e il patologico”, dibattendo con numerosiesempi la tesi di Rudolf Virchow e Claude Bernard secondo cui vi è una sostan-ziale continuità tra normale e patologico (tesi positivistica, in base alla quale ledifferenze sono essenzialmente di quantità e non di qualità), insiste invece sul-l'esperienza esistenziale di malattia. Pur ammettendo una continuità nei valori as-sunti da specifici parametri biologici, Canguilhem enfatizza come la malattiaconsista nella perdita dell’autonomia dall’ambiente, che è invece caratteristica pri-maria del vivente: “La frontiera tra il normale e il patologico è imprecisa per in-dividui diversi considerati simultaneamente, ma è estremamente precisa per unsolo e medesimo individuo considerato successivamente”. Questa semplice affer-mazione è, in realtà, di grande utilità per affrontare l’eterno dilemma della medi-cina, stretta tra la produzione di conoscenze oggettive, desunte dallo studioquantitativo di popolazioni, e la necessità di prendere decisioni sul singolo indi-viduo nell’ambito di interpretazione della malattia per quella specifica persona.

4 Non utilizziamo il termine filosofia della medicina per negare una relazione tra me-dicina e filosofia, che poi Edmund Pellegrino ha enfatizzato sapientemente comefilosofia e medicina, filosofia nella medicina e filosofia della medicina (Sgreccia2008: 270), ma per enfatizzare le filosofie delle scienze sanitarie tra cui l’infermie-ristica che d’altronde come disciplina specifica già possiede alcune riviste dedi-cate al tema come Nursing Philosophy, Nursing Inquiry o Nursing Science Quar-terly.

5 Nella teoria infermieristica di Suor Callista Roy si concettualizza la persona in ma-niera olistica, in continuo interscambio con l’ambiente. La costante interazione conl’ambiente porta a dei cambiamenti, a cui l’individuo risponde con meccanismi diadattamento regolatori e cognitivi. Per un approfondimento di tale teoria elabo-rata nel 1976 si veda:

http://www.bc.edu/schools/son/faculty/theorist/Roy_Adaptati on_Model.html.Accesso il 20/04/2011 ore 10,00.

6 Molte dimensioni del clima etico interpersonale nelle organizzazioni sanitarie (Pe-ter, Macfarlane, O’Brien-Pallas 2004; Corley et al. 2005; Malloy et al. 2009) sonoassociate al mancato rispetto della dignità e avvalorano il rapporto che esiste traun clima etico organizzativo, dove sono presenti interazioni caratterizzate troppospesso da: scortesia, indifferenza, scarsa considerazione, mancato riconosci-mento, disprezzo, oggettivazione dell’altro, restrizione dell’autonomia professio-nale, deresponsabilizzazione, denigrazione verbale, discriminazione, ed il distressmorale infermieristico (Corley 2002; Corley et al. 2005).

7 “...Il paradigma bio-psico-sociale sviluppatosi nell’ambito dell’epidemiologia,della medicina sociale si fonda su un impianto pluricausale, pluridimensionale eolistico che cerca di ricomporre la scissione cartesiana res cogitans-res ex-tensa trovando la sua espressione più compiuta nel modello medico di Engel(1977) della Harvard Medical School, che cerca di integrare nella biomedicina ele-

menti di provenienza psicologica, sociologica, ...”. (Giarelli 2003: 112, aggiuntocommento in grassetto). Tale paradigma ha conosciuto un ampio successo e pos-siamo affermare che ha provocato uno spostamento di interesse dall’approcciobiomedico, che è considerato, anche se solo teoreticamente, in alcuni paesi, or-mai superato.In effetti, per completare il quadro dobbiamo accennare anche al paradigmaneo-scientista prodotto dal convergere di alcune scienze naturali: biologia mole-colare, genetica, fisica, che rispecchia la dominanza sanitario industriale che ca-ratterizza l’inizio del terzo millennio. In tale contesto grande rilevanza assumono:i trapianti, la microchirurgia, la telemedicina, etc. (Giarelli 2003). Molto interes-sante a proposito è il commento di Giarelli (2003: 114) su tale paradigma: “Il pa-radigma genico è, in fondo, l’ultima versione di quell’ottimismo positivistico ot-tocentesco, ancora in parte diffuso, fiducioso nelle possibilità illimitate offertedallo sviluppo scientifico e tecnologico medico di risolvere definitivamente i pro-blemi di salute: accentuando fino alle sue estreme conseguenze il carattere ma-nipolatorio già proprio del sistema sanitario fondato sulla biomedicina nei con-fronti dell’organismo umano, esso considera il corpo come un oggettoperfettamente manipolabile e ricreabile secondo l’intenzionalità umana. Il che rea-lizzerebbe anche l’altro sogno positivistico: quello di rendere la natura ormai per-fettamente asservita e dominata grazie ai progressi della tecnica”.

8 Per felicità si intende ”... un’emozione dovuta alla consapevolezza che le propriecondizioni di vita sono quelle che si desiderano” [Nordenfelt (1995), op.cit. inSgreccia 2008: 251]. Per Maria Teresa Russo (2004: 27) “... l’equazione benesserefelicità è estremamente ingannevole; si sposta l’attenzione dall’aristotelica vitabuona, fondata sulla pratica delle virtù, alla buona vita, che si colloca tra l’edo-nismo ed il salutismo e finisce per confondere i fini con i mezzi”.

9 Si veda a tal proposito: http://saluteinternazionale.info/2010/06/ disease-monge-ring-una-malattia-per-ogni-pillola/, oppure, Maturo A., Conrad P. (2009), La me-dicalizzazione della vita, «Salute e Società», a.VIII, n. 2, FrancoAngeli, Milano.

10 “....L’homo economicus (il termine richiama quello di homo sapiens) cerca sem-pre di ottenere il massimo benessere (vantaggio) per se stesso, a partire dalle in-formazioni a sua disposizione, siano esse naturali o istituzionali, e dalla sua per-sonale capacità di raggiungere certi obiettivi. Il modello è stato formalizzato inalcune scienze sociali, particolarmente nell’economia.L’homo economicus basa le sue scelte sulla valutazione della sua personale "fun-zione d’utilità". Egli è inoltre amorale, in quanto ignora qualsiasi valore sociale,o vi aderisce solo se vi intravede il proprio tornaconto. Alcuni, comunque, riten-gono che una tale ipotesi circa gli uomini sia non solo irrealistica, ma anche im-morale”.Tratto da http://it.wikipedia.org/wiki/Homo_EconomicusAccesso il 09/09/2010 ore 18,00.

11 Per Maria Teresa Russo (2004: 14) “...l’uomo possiede la capacità di stupirsi edinterrogarsi sul senso delle cose, il desiderio della bellezza, la percezione di qual-cosa di misterioso e di sacro attestano che l’uomo possiede un principio spiri-tuale che lo decentra dai suoi bisogni più immediati e lo apre al futuro, agli al-tri, .....”.

12 “..Il concetto di feedback o retroazione, introdotto da Wiener (1966, 1968); costi-tuisce l’elemento fondamentale di differenziazione dei modelli cibernetici daquelli meccanicistici classici (il cui prototipo è rappresentato dai congegni ad oro-logeria di Cartesio), esso dà origine ad un anello di retroazione (feedback loop)che costituisce una disposizione circolare di elementi connessi causalmente, incui una causa iniziale si propaga lungo le connessioni dell’anello, così che ognielemento agisce sul successivo, finché l’ultimo propaga di nuovo l’effetto al primoelemento del ciclo...Il meccanismo di feedback loop produce, quindi, una condi-zione di omeostasi, di autoregolazione che permette al sistema di mantenersi inuno stato di equilibrio dinamico”. (Giarelli 2003: 119).

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zione tra la sfera biofisica (bio-medica) equella psico-sociale-spirituale.L’infermiere, nella società complessa,assume un ruolo ancor più rilevantenel promuovere la centralità dell’assi-stenza alla persona senza discrimi-nazioni sociali ed economiche, comeperaltro ribadito dal Codice Deontologicoinfermieristico del 2009 dove, all’articolo 4,Capo I, si afferma che: “L'infermiere prestaassistenza secondo principi di equità egiustizia, tenendo conto dei valori etici,religiosi e culturali, nonché del genere edelle condizioni sociali della persona”; e alCapo II, punto 10, riguardo alle scelte eco-nomiche allocative, in una sanità, pur-troppo sempre troppo costretta nell’effi-

cienza, si afferma che: “L'infermiere con-tribuisce a rendere eque le scelte alloca-tive, anche attraverso l'uso ottimale dellerisorse disponibili”.In tale contesto, il valore aggiunto dellaprofessionalità infermieristica si esprimecon delle competenze in campo etico-so-ciale ed educativo, come ricordato dalCapo III del nuovo Codice Deontologico in-fermieristico e in particolare, dall’articolo11, dove si specifica che: “L'infermiere fonda il proprio operato suconoscenze validate e aggiorna saperi ecompetenze attraverso la formazione per-manente, la riflessione critica sull'espe-rienza e la ricerca. Progetta, svolge e par-tecipa ad attività di formazione.

Promuove, attiva e partecipa alla ricercae cura la diffusione dei risultati”. Chi lavora a stretto contatto con gli assi-stiti deve sviluppare quel ruolo di cataliz-zatore empatico di tutti gli interventi sa-nitari e ha un ruolo importante nel-l’educazione e nella promozione della sa-lute, come, peraltro, è già affermato chia-ramente tra le competenze specifichedell’infermiere.

AUTORI:Gennaro Rocco, direttore Centro di Formazione“Padre Luigi Monti”, Idi-Irccs di Roma;Alessandro Stievano, dottore magistrale inScienze Infermieristiche ed Ostetriche, IpasviRoma.

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BIBLIOGRAFIA

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La comunicazione efficaceverso i pazienti stranieri di Elisa Ancilotti

OINTRODUZIONEOggi, gli infermieri e gli altri professioni-sti della salute si trovano, sempre piùspesso, ad offrire assistenza a personeprovenienti da tutto il mondo e la pro-spettiva è che, in futuro, dovremmoallargare le nostre conoscenze ad unavisione varia e dinamica, preparandoci arispondere ai bisogni di salute che unasocietà multietnica richiede. La terapia dialitica sostitutiva determi-na grossi cambiamenti nella vita di unapersona e, per questo, ansie e paurelegate alla difficoltà di programmare ilproprio futuro, alla perdita del ruolosociale, familiare e lavorativo, allamorte, alla dipendenza dalla macchina,alla perdita di una parte del corpo edella sua funzione sono argomentiall’ordine del giorno. La persona straniera spesso è privadelle relazioni parentali di riferimento,non conosce la lingua, è poco consape-vole del diritto alla salute ed è inserita inun contesto sociale spesso sfavorevole.La componente comunicativa è unabase fondamentale della nostraprofessione e la relazione infermiere-assistito, in dialisi, diviene stretta, fre-quente, duratura e coinvolgente: taleaspetto diviene ancora più importantequando di fronte ci si trova stranieri condiverse abitudini, credenze, idee e vis-suti.Un coordinatore infermieristicotransculturale competente devesaper adeguare le politiche digestione, le decisioni e le azioni inmodo da rispettare valori culturali,convinzioni e stili di vita delle per-sone, mentre persegue gli scopi diun’istituzione o di un servizio. L’obiettivo deve essere sempre quello direndere i servizi più umani, capaci diempatia, dialogo, rispetto per la dignità

dell’altro e, soprattutto, incentrati suireali bisogni delle persone che vi afferi-scono per garantire a tutti i cittadini, aldi là delle caratteristiche culturali esociali, una risposta congruente alle sin-gole necessità e produrre conoscenzesulla salute. Somministrando, quindi, un questiona-rio conoscitivo, tradotto in lingua per gliassistiti stranieri che, a marzo 2009,risultavano in trattamento dialiticosostitutivo - o erano in procinto di inizia-re la dialisi - ho rilevato il bisogno edu-

cativo, ipotizzando un progetto per faci-litare l’inserimento del paziente stranie-ro nel centro, mediante l’elaborazione diun opuscolo informativo tradotto in seilingue diverse, scelte in base alle nazio-nalità più rappresentate nel circondarioEmpolese Valdelsa e Valdarno (dati del-l’anno 2005, 2006 e 2007 ricavati sulsito del Centro Interculturale di Empoli esul sito della provincia di Pisa).Alla fine si è optato per: inglese, france-se, cinese, arabo, romeno e albanese.

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MATERIALI E METODI Il metodo utilizzato per migliorare lacomunicazione e renderla efficace neiconfronti dei pazienti stranieri afferential Centro Dialisi di San Miniato puòessere così schematizzato:1. individuazione dei pazienti stranieri in

dialisi e di quelli in procinto di inizia-re il trattamento a marzo 2009;

2. somministrazione del questionarioconoscitivo in lingua;

3. elaborazione dei dati del questionario;4. rilevazione del bisogno educativo e

ipotesi di progetto;5. costruzione di un opuscolo informati-

vo e traduzione in sei lingue diverseper rispondere alle principali doman-de dei pazienti.

RISULTATI Dall’analisi dei dati relativi al questiona-rio conoscitivo somministrato ai pazienti

stranieri (Tabella 1), è emerso che:• Il 50% dei pazienti è donna e l’altro

50% uomo, con una media di 54-55anni;

• il 50% è separato;• l’87,5% ha figli;• il 43% non ha titolo di studio (solo il

29% ha conseguito il diploma di scuo-la media superiore);

• l’87,5% è in Italia da più di dieci anni,ma vive principalmente da solo o conparenti e amici;

• il 50% dichiara di sapere l’italianoabbastanza bene;

• il 50% ha avuto la diagnosi di malat-tia renale, in Italia, dopo alcuni anniche vi risiedevano;

• il 100% dei pazienti dichiara di averricevuto spiegazioni esaurienti sullamalattia, ma il 37,5% afferma di nonaver capito a pieno ciò che venivadetto e il 62,5% non ha compreso asufficienza le spiegazioni;

• il 75% dichiara di aver ricevuto spie-gazioni sullo stile di vita da adottare,il 25%, però, afferma il contrario;

• Il 50% dei pazienti ha reagito positiva-mente alla diagnosi, il 37,5% ha rea-gito con moderata preoccupazione, il37,5% con molta preoccupazione;

• Il 57,14% dichiara di aver provatopreoccupazione per le eventuali riper-cussioni sul lavoro, la famiglia e lavita sociale;

• l’87,5% attualmente, esegue terapiadialitica;

• il 57,5% ha riscontrato poca ripercus-sione sulla vita sociale, il 42,86% hariscontrato molta ripercussione sullavita familiare, l’85,71% ha notatoripercussioni sul lavoro (spesso si èstanchi e poco produttivi);

• il 57,14% ha dovuto cercarsi un altrolavoro dopo l’inizio della terapia diali-tica;

• l’87,5% spera di essere sottopostopresto a trapianto renale.

Le domande del questionario indicativeper la rilevazione del bisogno educativosul paziente straniero in dialisi sonoquelle che vanno dall'XI alla XXIV.Gli assistiti intervistati sostengono diaver ricevuto sufficienti informazionisulla malattia e sulla successiva tera-pia, ma hanno avuto difficoltà nel capire

Tabella 1. Risultati del questionario per i pazienti stranieri in cura al Centro Dialisi di San Miniato e per quelli che devono cominciare la terapia

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quello che veniva detto. Molti hanno provato “moderata” o“molta preoccupazione” per il futuro difronte alla diagnosi, per le eventualiripercussioni sulla famiglia, sul lavoro esulla vita sociale. Quelli già in trattamento dialitico riferi-scono di aver riscontrato molte ripercus-sioni sulla vita familiare, e in tanti han-no avuto problemi sul lavoro, specie acausa della stanchezza e della difficoltàad essere produttivi come in passato.Alcuni hanno dovuto cercarsi un altrolavoro che si adattasse alle esigenzelegate alla malattia.Si evidenzia, quindi, la necessità dimigliorare il percorso di accoglienza indialisi dei pazienti stranieri, avvalendosidel supporto di uno strumento semplicee comprensibile (pagine significativedell’opuscolo informativo in italiano.Figura1) che orienti le persone al primocontatto col nostro Centro Dialisi.Nasce da questo bisogno rilevato unaipotesi di progetto educativo.

CONCLUSIONI L’ipotesi di progetto educativo prevede:

Obiettivo generaleIl paziente straniero riceve un’assisten-za adeguata, tenendo conto delle diver-sità culturali da parte del personale delCentro Dialisi.

Obiettivo specificoIl paziente straniero comprende cosasono l’insufficienza renale e la dialisi;quali sono le possibilità di trattamentoin modo da poter scegliere insieme alpersonale medico e infermieristico; rice-ve le risposte alle più frequenti doman-de circa la possibilità di lavorare e con-tinuare ad avere relazioni familiari esociali.Comprende, inoltre, i consigli sui com-portamenti da adottare prima e durantela terapia dialitica e lo stile di vita checomporta, per affrontare, nel modo piùsereno possibile, le problematiche chesi possono presentare. Questo, grazie all’utilizzo di un opuscolosemplice, tradotto in sei lingue e conl’aiuto dei professionisti che, adeguata-mente formati e informati, favorisconol’esposizione di vissuti, emozioni e ulte-

riori dubbi da parte della persona.DestinatariI pazienti stranieri che devono entrare indialisi.TempiDue incontri di due ore ciascuno.Attori• Il paziente;• un infermiere della peritoneale o del-

l’extracorporea (possibilmente, en-trambi al primo incontro);

• il medico;• il mediatore culturale.ContenutiPrimo incontro• Conoscenze generali sulla malattia;• conoscenze sul significato di emodia-

lisi e dialisi peritoneale, sottolinean-do svantaggi e vantaggi di entrambe;

• nozioni semplici sul trapianto renale esulla possibilità di essere messi inlista trapianto prima di iniziare la dia-lisi.

Secondo incontro• Conoscenze sui comportamenti da

adottare prima e durante la seduta;• conoscenze essenziali per gestire la

peritoneale;• informazioni sulle modalità di adde-

stramento teorico/pratico e sui con-trolli domiciliari periodici e ambulato-riali;

• informazioni sulla disponibilità delmedico e dell’infermiere per chiari-menti vari;

• risposte ai più frequenti interrogatividel paziente;

• conoscenza della possibilità, conl’emodialisi, di poter stabilire col per-sonale un orario che gli permetta dilavorare e con la peritoneale di poteradeguare gli scambi in base alle pro-prie esigenze.

Metodi di apprendimentoColloquio informale.Risorse• Opuscolo tradotto nella lingua madre

del paziente (pagine significative infigura 2);

• mediatore culturale.Criteri di valutazione e indicatoriA tre mesi dall’inizio del trattamentosostitutivo, è stato somministrato il que-stionario conoscitivo già utilizzato per larilevazione del Gap educativo ai nuovipazienti stranieri. Ed è emerso che:

• il 100% di loro sostiene di aver rice-vuto esaurienti informazioni da partedel personale sulla malattia, il tratta-mento e gli stili di vita prima di inizia-re la dialisi;

• il 95% dichiara di aver realmentecompreso tali informazioni;.

• il 90% non ha provato preoccupazioneo ne ha provata poca per il futuro;

• l’80% non ha notato ripercussioni sullavoro, sulla famiglia e sulle relazionisociali, riuscendo a gestire il tempo,recuperando e mantenendo le energienecessarie per una soddisfacentequalità della vita.

Il ruolo del coordinatore infermieristico,in un’ottica manageriale, prevede anchela necessità di garantire efficaci edappropriati processi di innovazioneorganizzativa nelle specifiche realtàlocali, facendo attenzione soprattuttoalla domanda rivolta dai pazienti. È proprio sulla domanda di una colletti-vità che sta evolvendo verso una dimen-sione sempre più multietnica che ilSistema sanitario nazionale dovrà adat-tare la propria offerta.Diventa quindi importante acquisirecompetenze, per fornire un’assistenzapersonalizzata e congruente in talsenso.Il coordinatore infermieristico deve“adattare” il servizio alla persona che lorichiede, permettendo all’infermiere dimodulare l’intervento professionale infunzione dei bisogni specifici, siano essidi natura sociale, psicologica, biologicae culturale della persona che ha di fron-te, nel rispetto della sua alterità. In futuro, i professionisti della salutedovranno lavorare sempre più inqualità di “facilitatori”, ascoltatori atti-vi degli assistiti in un mondo globale - ein crescita -, assumendo il ruolo diguida, al fine di rendere l’assisten-za efficace, efficiente e congruentealle diversità culturali in cui è possi-bile imbattersi.

AUTORE:Elisa Ancilotti, collaboratore sanitario espertoinfermiere presso l' U.O. di Emodialisi di SanMiniato (PI), master di I livello per le funzionidi Coordinamento nell'Area Infermieristicapresso l'università degli studi di Firenze.

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Figura 1. Pagine 1, 11 e 15 dell’opuscolo informativo tradotto in: albanese, romeno, francese, cinese, arabo e inglese

Alcune pagine significative dell’opuscolo informativo elaborato in italiano

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BIBLIOGRAFIA

IN PILLOLE

Malattie croniche: un nuovo “killer globale”L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) lancia un nuovo allarme sulle malattie croniche che registrano dati in costante aumento.Preoccupante il trend di cardiopatie, ictus, malattie polmonari croniche, tumori e diabete, che rappresentano ormai una vera emergenza, spe-cie nei Paesi in via di sviluppo. Il direttore generale dell’Oms, Margaret Chan, ha illustrato i dati del primo Rapporto mondiale dell’Agenzia: ogni anno, 36 milioni di perso-ne muoiono a causa di patologie croniche.“Si tratta di un nemico mortale, in allarmante aumento - ha spiegato la Chan - e per alcuni Paesi non è esagerato descrivere la situazionecome una catastrofe, soprattutto per le economie nazionali”.E se l’80% dei decessi si concentra in Paesi a basso e medio reddito, il direttore generale dell’Oms sottolinea: “Le malattie croniche nontrasmissibili sferrano un doppio colpo allo sviluppo, causando miliardi di dollari di perdite per il reddito nazionale, e spingono milioni di per-sone sotto la soglia di povertà ogni anno. Molti dei decessi potrebbero essere evitati semplicemente rinforzando le misure di prevenzione,come le norme anti-tabacco, ma anche spingendo le popolazioni verso un’alimentazione più sana, un’attività fisica regolare e riducendo l’usodegli alcolici. Questo, migliorando l’accesso ai farmaci e alle cure mediche essenziali”. Il Rapporto fornisce anche consigli e raccomandazioni Stato per Stato, con particolare attenzione a quelli più colpiti. Le malattie cardiovascolari rappresentano il primo killer con 17 milioni di morti l’anno, seguite dal cancro (7,6 milioni), dalle malattie respi-ratorie (4,2 milioni), e dal diabete (1,3 milioni).

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LPuò una immagine sostituire mille parole?di Eduardo Mazza

ABSTRACTLa rappresentazione grafica del corpoumano ha svolto in medicina, nel corso deisecoli, un ruolo molto importante per ladiagnostica, per l’insegnamento di tecni-che e approcci terapeutici e per la memo-rizzazione della pratica medica. L’evoluzione tecnologica ci consente oggidi osservare ciò che solitamente è invisi-bile o nascosto e di accertare l’esistenzao meno di una patologia. Un flusso inces-sante di immagini, difficile da filtrare ocontrollare, ci investe nel nostro quoti-diano, rendendo spesso più chiaro e im-mediato un concetto scritto che privo di in-tonazione vocale potrebbe non essereefficace.Purtroppo, alla diffusione ed all’utilizzosempre più frequente di strumenti di dia-gnostica per immagini a scopo diagno-stico, terapeutico e didattico, non è corri-sposto un eguale interesse nell’impiego diimmagini non diagnostiche per comuni-care un messaggio.Eppure, anche in ambito sanitario, l’imma-gine se sapientemente costruita nel ri-spetto dei parametri di chiarezza, coe-renza, personalizzazione e accuratezzagrafica può essere utile per influenzarel’operatore sanitario ed il paziente a ese-guire correttamente determinate terapie,procedure e comportamenti.

INTRODUZIONEIl potere delle immagini è indubbiamentesuperiore al linguaggio scritto e parlato,perchè trasmette messaggi tra emittentee destinatario che non sono filtrati dallacondivisione di regole sintattiche; ed ècerto che siamo ormai inconsciamentespinti ad utilizzare tutte le nostre abilità dicomprensione e decodificazione dei mes-saggi col risultato di essere divenuti unaspecie particolare, capace di compren-dere e interpretare le immagini in ma-

niera universale ed ereditaria.L’immagine ha infatti il dono della comu-nicazione immediata ed è in grado di su-scitare profonde emozioni nell’osserva-tore stimolando l’interpretazione anchese, affinchè produca gli effetti desideratie trasmetta chiaramente ciò che vuolecomunicare, è fondamentale che non ven-gano trascurati tutti i fondamenti delleteorie sul colore, delle tecniche di rap-presentazione ma soprattutto delle teoriesulla percezione e sui meccanismi con cuiil nostro cervello cattura il messaggio e lointerpreta.Un messaggio visivo può essere sintetiz-zato in una sola immagine o associarsi apiù immagini in contemporanea, per for-nire la sintesi di un avvenimento, per con-vincere l’osservatore e per condizionarneil pensiero o il comportamento ed è quindiindispensabile che chi osserva non as-suma un atteggiamento di accettazionepassiva, bensì un atteggiamento critico eselettivo.Le immagini del corpo umano gene-rano sempre una enorme quantità diemozioni e pensieri, ci fanno avvertiresentimenti di interesse, curiosità, meravi-glia e anche disgusto e hanno quindi unenorme potere di comunicazione. L’evolu-zione tecnologica con la scoperta alla finedel XIX secolo dei raggi X (Rx) e successi-vamente delle altre metodologie diagno-stiche (Ecografia, Tac, Rm, Pet), ha ovvia-mente notevolmente modificato l’os-servazione del nostro corpo e di conse-guenza anche la didattica anatomica, seb-bene i vecchi “gloriosi” testi illustrati dianatomia, integrati dalle nuove immagini,vengono ancora stampati e consultati. Nella pratica clinica ed assistenziale unamaggiore diffusione di un metodo di co-municazione visiva può certamente avereoggi un ruolo di indiscutibile importanza,non soltanto per consentire di ottenere

benefici in termini di sicurezza in ambitolavorativo per il personale medico e assi-stenzialistico, ma per acquisire una piùprofonda e condivisa conoscenza dellapatologia e della terapia che contribuiscaal miglioramento dei parametri di salute ebenessere del paziente.L’arte della comunicazione in ambitosanitario non è indubbiamente semplicema è un processo complesso e deli-cato nel quale a ogni stadio qualcosa puòrisultare errata, rendendo la comunica-zione confusa e pericolosamente menoefficace e talvolta quindi, si potrebbeobiettare che l’uso del linguaggio verbaleè preferibile per la complessità dei ter-mini, delle patologie e del percorso tera-peutico (ma è altrettanto vero che ancheil linguaggio, per quanto ricco ed artico-lato, può apparire astratto e impersonaleed essere facilmente comprensibile solo asoggetti altamente specializzati con il ri-schio di non essere quindi correttamenteinterpretato).Soprattutto nei casi più delicati e difficilida gestire, l’impiego appropriato di im-magini, appositamente progettate con lacollaborazione di tutte le figure profes-sionali interessate per la trasmissione diuno specifico messaggio, può rivelarsimolto utile proprio perché la necessità diuna corretta ed effettiva informazione èimperativa in medicina anche senza chesia necessario conoscere la corretta termi-nologia. La videoproiezione di immagini (slide) è ilmetodo attualmente più semplice, effi-cace e frequentemente utilizzato per lacomunicazione visiva, ma in ambito scien-tifico talvolta è consigliato procedere allaschematizzazione ed alla graficizzazione diconcetti elaborati; l’Uval-Med” (UniversalVisual Associative Language for Medi-cine) è un sistema internazionale il cuiimpiego viene consigliato per facilitare la

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elaborazione comune di modelli mentalicorretti non soltanto per la didattica maanche nel lavoro di equipe e nelle situa-zioni più complesse, dove è spesso neces-sario prendere delle decisioni immediate(Figura 1 e Figura 2).Ovviamente, affinchè questo metodo ri-sulti utile e pienamente efficace le infor-mazioni graficizzate devono essere orga-nizzate, soprattutto in quei casi in cui essevengono utilizzate non in associazione main sostituzione del linguaggio scritto oparlato, secondo un preciso ordine di let-tura che consenta una chiara decodifica-zione del messaggio. Questo sistema uti-lizza, infatti, delle figure composte daicone non standardizzate, definite di voltain volta secondo necessità, e una simbo-logia appropriata formata da icone “primi-tive” che simboleggiano esplicitamentel’oggetto dell’argomento nella forma espesso anche nel colore, (come nel casodel cuore o del cervello), o simboli rappre-sentati metaforicamente, (per esempiouna mano che stringe un bicchiere colmoper simboleggiare l’alcolismo). Concettinuovi o complessi sono espressi dalla as-

sociazione di più icone primitive, dallaevidenziazione in grassetto della icona odalla connessione mediante l’utilizzo dilinee e frecce; le soluzioni diagnostiche eterapeutiche proposte o suggerite dallaletteratura vengono visualizzate in unaarea diversa del disegno come in prospet-tiva e se necessario con i dati di riferi-mento a margine. In casi più semplici e piùfrequenti - e quando la comunicazionescritta, non accompagnata dalle infles-sioni della voce e dalla espressività delcorpo, può generare una certa ambiguitànella comprensione del messaggio - èpossibile ovviare a questi inconvenienti ri-correndo a forme ormai comuni di paralin-guaggio meno complesse da elaborare.L’uso di emoticon per esempio, cioè la ri-produzione stilizzata di quelle espressionifacciali umane che si manifestano in pre-senza di una emozione, associato ad untesto scritto o a una immagine, è uno deisistemi più curiosi e simpatici che ha giàrivoluzionato il modo attuale di comuni-care non direttamente, mediando con ef-ficacia uno scambio di comunicazione ine-spressivo e diventando un utile strumento

di comunicazione che consente di tra-smettere con immediatezza emozioni edumore con la stessa efficacia con cui il lin-guaggio del corpo esalta la comunica-zione verbale face to face.

OBIETTIVIQuesto lavoro si propone di verificare seè possibile sintetizzare e graficizzare al-cuni contenuti, anche complessi, delle li-nee guida e delle procedure più comune-mente adottate in ambito ospedaliero esanitario affinchè risultino più semplicida comprendere, ricordare e applicare peril miglioramento della sicurezza e dellaqualità dell’assistenza.

MATERIALI E METODINella scelta indubbiamente ardua di indi-viduare quale tra gli strumenti di governoclinico, linee guida, procedure, protocolliutilizzati oggi per definire e controllare glistandard assistenziali e la qualità dell’as-sistenza erogata prendere in esame perverificare la possibilità di sintetizzare egraficizzare le informazioni in essi conte-nute affinchè risultino più chiare ed espli-cite, si è deciso di focalizzare l’attenzionesu uno degli argomenti attualmente dimaggior interesse ospedaliero: la pre-venzione dell’insorgenza di una in-fezione chirurgica.Le infezioni del sito chirurgico (Ssi) conti-nuano infatti a rappresentare in tutto ilmondo una complicanza frequente delpost operatorio con elevato impatto cli-nico ed economico. Secondo il National Nosocomial Infec-tions Surveillance System (NNISS) le Ssicostituiscono il 14-16% di tutte le infezioninosocomiali e il 77% dei decessi nei pa-zienti chirurgici è correlato all’infezione. InItalia una indagine abbastanza recente diprevalenza effettuata nell’ospedale Moli-nette di Torino ha calcolato che le infezionichirurgiche oscillano addirittura tra il 15%e il 25% del totale, anche se studi effet-tuati da altri presidi ospedalieri regionalihanno rilevato percentuali minori.Il processo di guarigione di una ferita chi-rurgica è un processo attivo che necessitadi condizioni ottimali sia esterne che in-terne alla ferita perché possa risultare ef-ficace. Queste condizioni possono variarein funzione della sede, del tipo e dellaprofondità della ferita e dei fattori patolo-Figure 1 e 2. Esempi di rappresentazione in Uval-Med

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gici associati. La molteplicità dei fattori concorrenti (Ta-bella 1) rende effettivamente difficile pre-vedere quale ferita diverrà infetta. Pro-prio per questo è importante avere unabuona conoscenza dei fattori di rischio le-gati all’ambiente chirurgico e adottarecorrettamente i protocolli e le procedure diprovata efficacia per la prevenzione e ilcontenimento di eventuali complicanze.Le linee guida per la Prevenzione dellaInfezione della Ferita Chirurgica del Cen-ter for Disease Control di Atlanta (Cdc1999) e del National Institute for Healthand Clinical Excellence (Nhs 2008) forni-scono utili raccomandazioni, finalizzate al

contenimento del rischio, formulate sullabase di chiara e provata evidenza scienti-fica e applicabilità.Le indicazioni contenute in queste lineeguida sono state sintetizzate e utilizzateper la redazione delle tavole grafiche illu-strative il “protocollo per la preparazionedel sito dell’incisione e il corretto con-trollo della ferita chirurgica in reparto perla prevenzione della insorgenza di una in-fezione”. Le tavole si riferiscono solo alle fasi pre epost operatorie di assistenza del pazientenella Unità operativa (Uo) di chirurgia poi-ché per la fase operatoria dovrà essere se-guito lo specifico protocollo per il per-

corso intraoperatorio e il mantenimentodel campo sterile.La metodologia scelta per la trasmissioneimmediata, chiara e univoca del messag-gio è l’associazione di emoticon, appropia-tamente selezionati e modificati, a unbreve testo di richiamo della corretta pro-cedura o del comportamento da seguire.Particolare attenzione è stata usata nellascelta del font e del colore poiché si è de-ciso di utilizzare una campitura rossa perevidenziare alcune fasi particolarmentedelicate del procedimento, nelle qualiomissione o negligenza possono incre-mentare considerevolmente il livello di ri-schio. Il risultato è illustrato in Figura 3.

CONCLUSIONILe indicazioni contenute negli elaboratidel Cdc e del Nhs sul corretto trattamentodella ferita chirurgica per la prevenzionedell’insorgenza di una infezione nel postoperatorio sono state facilmente sintetiz-zate e graficizzate senza compromettentiomissioni.La molteplicità e la disponibilità dei di-versi metodi di trasmissione per immaginici consente di poter scegliere di volta involta il modo migliore e più efficace di co-municare.L’osservatore può conseguire l’immediatapercezione del messaggio trasmesso an-che con la sola osservazione degli ele-menti grafici, che richiamano efficace-mente ad un corretto comportamento,senza che sia necessario ricorrere alla let-tura del materiale fornito dalla aziendaospedaliera non sempre facilmente repe-

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LA FERITA CHIRURGICA... COME TRATTARLA

Controllo e trattamento delleinfezioni già presenti al momentodel ricovero

Doccia o bagno con saponiantisettici almeno la seraprecedente l’intervento chirurgico

Tricotomia solo nell’area diintervento (2 ore prima) con rasoioelettrico con testina monouso

Profilassi antibiotica solo seprescritta.

Controllare il Prontuario per dosi etempi di somministrazione

Pulire il sito dell’incisione e le zone circostanti con soluzioneantisettica, con movimenti circolari

Controllo dei drenaggi, del cateterevescicale e del catetere venoso

Proteggere dopo l’intervento unaincisione che è statadefinitivamente chiusa con

medicazione sterile per 24-48 ore;seguire le indicazioni delprotocollo per la medicazione della ferita chirurgica

Lavare le mani con agenteantisettico prima e dopo la medicazione e in ogni contatto con la ferita chirurgica

Informare il paziente sul migliortrattamento della feritae sulla necessità di comunicare eventuali sintomi di infezione

Tabella 2. Fattori concorrenti all’insorgenza di un’infezione del sito chirurgico

Figura 3. Il risultato dell’uso di emoticon

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ribile in reparto. Il ricorso ad una metodo-logia grafica ci consente indubbiamente diottimizzare i tempi di comunicazione delmessaggio, risulta più comprensibile edefficace nella didattica, facilita le deci-sioni di gruppo e contribuisce, soprattuttoin sanità, non soltanto a una significativariduzione del rischio ma al miglioramentodei parametri di qualità dell’assistenza.La semplicità di lettura delle infor-

mazioni stimola il coinvolgimento delsoggetto interessato a un processo che loriguarda personalmente, consentendoglidi comprendere l’importanza dell’applica-zione di tecniche, procedure e terapie fa-vorendone la collaborazione. I pannellipossono essere facilmente riprodotti perqualsiasi tematica ed opportunamentecollocati all’interno delle Uo per consen-tire una rapida ed agevole consultazione in

qualunque fase del processo assistenziale.

AUTORE:Eduardo Mazza, infermiere presso il Policli-nico universitario “Agostino Gemelli” di Roma,master di I livello in Management Infermieri-stico per le Funzioni di Coordinamento, corso diperfezionamento in Programmazione, Organiz-zazione e Gestione delle Aziende e dei ServiziSanitari.

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LABSTRACTLa tricotomia pre-operatoria è una proce-dura utilizzata tradizionalmente nella pre-parazione degli interventi neurochirurgici,così come in altre operazioni di chirurgiagenerale o specialistica, per prevenire leinfezioni post-operatorie della ferita chi-rurgica. L’utilità della procedura è stata messa indiscussione da alcuni lavori che ne hannodescritto la limitata influenza nel dimi-nuire l’incidenza delle infezioni post-ope-ratorie: tali lavori, tuttavia, hanno avuto unlimitato impatto sulla pratica clinica, tantoche la tricotomia continua ad essere pra-ticata nella maggior parte dei Centri.Nel presente studio, condotto su unapopolazione di bambini candidati ad un in-tervento neurochirurgico cranico, è stataanalizzata l’incidenza delle infezioni dellaferita chirurgica in soggetti operati senzarasatura o in soggetti i cui capelli sonostati solo accorciati con rasoio elettrico,secondo un protocollo che prevedeva l’im-piego di shampoo pre-operatori, intra-ope-ratori e post-operatori. I risultati ottenuti (specificatamente,l’assenza di un aumento di infezioni) con-fermano che l’uso della tricotomia inneurochirurgia pediatrica, col suo altoimpatto emotivo, può essere abbando-nato.

Parole-chiave: tricotomia, rasatura, cra-niotomia, shampoo, neurochirurgia pedia-trica.

INTRODUZIONELa tricotomia è una pratica largamenteutilizzata nella preparazione di un inter-vento, allo scopo di ottenere una miglioresterilizzazione del sito chirurgico. In parti-colare, la procedura è stata raccoman-

data in neurochirurgia, tanto da diventaredi routine, per la convinzione che la pre-senza dei capelli renda difficile un’ade-guata disinfezione dello scalpo e compli-chi, al contempo, l’esecuzione dell’inci-sione chirurgica e la successiva suturaalla fine dell’operazione. La presenza dei capelli è stata anche con-siderata un fattore negativo per la correttaesecuzione delle medicazioni post-opera-torie, con la conseguente assunzione di unmaggior rischio infettivo anche nei giornisuccessivi all’intervento. In particolare, per quanto riguarda il ri-schio infettivo, già alcuni lavori pubbli-cati all’inizio degli anni ’90 hanno messoin discussione il valore della tricotomia,specialmente se eseguita il giorno primadell’intervento, nella prevenzione di un’in-fezione chirurgica. A dispetto di tali lavori, la rasatura pre-operatoria del cuoio capelluto, eseguitacon rasoio o lametta subito prima dell’in-tervento o il giorno precedente allo stesso,ha continuato a rappresentare una faseimportante della preparazione all’inter-vento del paziente neurochirurgico. Solo in tempi più recenti l’impatto psico-logico della tricotomia dello scalpo è statopreso in considerazione, anche se limita-tamente a pochi Centri. Ancora più raramente si è considerato ilvantaggio emotivo di evitare tale mano-vra nel bambino, nella convinzione gene-ralizzata che la popolazione pediatrica ri-sentisse in maniera trascurabile di taleprocedura, così da non giustificare il mag-giore rischio di infezione post-operatoriacomunemente associato alla presenzadei capelli. In questo lavoro riportiamo i risultati diuno studio prospettico su bambini sotto-posti a intervento neurochirurgico senza

rasatura preventiva dello scalpo, o con ilsemplice accorciamento con rasoio elet-trico, indirizzato specificatamente a valu-tare l’incidenza di infezioni chirurgiche,rispetto all’incidenza osservata nei bam-bini operati con la tradizionale rasaturacon lametta.

MATERIALI E METODI Per lo studio dell’incidenza di infezionidella ferita chirurgica senza rasatura delloscalpo sono stati considerati 517 bambinisottoposti, consecutivamente, ad un to-tale di 575 procedure neurochirurgichepresso l’Unità Operativa di NeurochirurgiaPediatrica del Policlinico “Gemelli”, uni-versità Cattolica del Sacro Cuore-Roma,nel periodo agosto 2009-luglio 2010. L’incidenza di infezioni della ferita chirur-gica, rilevata nel periodo di studio, è stataconfrontata con quella osservata nella po-polazione operata nel periodo agosto2008-luglio 2009 presso la stessa UnitàOperativa (qui tutti i pazienti sono stati

La rasatura in neurochirurgia pediatrica: mito o realtà?di Paola Leonardi, Gina Capacchione, Beatrice Bocchini, Pasquina Monni, Lidia Muscheri, Paolo Frassanito

Figura 1

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sottoposti a tricotomia con rasoio elet-trico seguita da tricotomia con lametta). I bambini presi in considerazione per ilpresente studio sono stati preparati all’in-tervento con tricotomia mediante rasoioelettrico se di età inferiore ai quattro anni,seguita, la sera precedente ed il mattinoprima dell’operazione, da uno shampooantisettico a base di soluzione schiumo-gena di Clorexidina al 4% (bambini tra idue ed i quattro anni), o della meno irri-tante soluzione di Saugella attiva (perbambini di età inferiore ai due anni).I bambini di età superiore ai quattro anninon sono stati sottoposti a tricotomia, mapreparati all’intervento con il solo sham-poo la sera antecedente e il mattino primadell’intervento con soluzione schiumo-gena di Clorexidina al 4%. Lo shampoo è stato eseguito di regola dalpersonale infermieristico, più raramente,quello pre-operatorio dai genitori o daglistessi pazienti, qualora in grado di coope-rare, precedentemente informati sulle mo-dalità e la durata dello stesso. (Figura 1).In sala operatoria tutti i bambini sono statisottoposti ad ulteriore shampoo, immedia-tamente prima della disinfezione del sitochirurgico, con gli stessi agenti disinfet-tanti già descritti in precedenza. (Figura 2). Al termine della procedura chirurgica edella sutura della ferita con punti non rias-sorbibili antibioticati (Monocryl plus), èstato eseguito un nuovo shampoo con lestesse modalità dei precedenti da parte delchirurgo, prima dell’applicazione del ben-daggio di protezione della ferita chirurgica.

Nel periodo post-operatorio, la prima me-dicazione della ferita chirurgica è stataeseguita a distanza di 48 ore dall’inter-vento (in tale occasione, si è provvedutoalla rimozione del drenaggio sottocuta-neo e/o intracranico, ove presente, ed al-l’esecuzione di un ulteriore shampoo). Durante la successiva degenza, lo sham-poo antisettico, eseguito dal personaleinfermieristico, è stato ripetuto ogni quat-tro giorni. È stato pure consigliato ai fami-liari di ripetere la procedura dopo la dimis-sione a domicilio, suggerendo di eseguireuno shampoo antisettico con quell’inter-vallo fino alla caduta dei punti.Per gli shampoo post-operatori si è optatoper l’uso di una soluzione schiumogena abase di Iodopovidone al 10%, conside-rato più idoneo della Clorexidina per disin-fettare ferite chirurgiche. Al termine diogni shampoo, i capelli sono risciacquaticon acqua sterile e asciugati con asciuga-capelli. Negli shampoo post-operatori si èavuta l’accortezza di coprire, con unagarza sterile, la ferita durante la fase diasciugatura dei capelli e, una volta asciu-gati, si è provveduto a disinfettare la feritachirurgica con soluzione acquosa a base diIodopovidone al 10%, coprendo la feritacon garze sterili e benda elastica ed evi-tando l’uso di medicazioni adesive.

RISULTATINel periodo di studio sono stati operati284 pazienti di età superiore ai quattroanni, a cui sono state eseguite 314 proce-dure neurochirurgiche a livello cranico.

In questo gruppo si sono osservate quat-tro infezioni (1,4% per paziente, 1,27%per procedura); in due di questi si è obiet-tivato al controllo ambulatoriale solo unaminima deiscenza dello strato cutaneosuperficiale (risoltasi con medicazionegiornaliera della ferita, senza la sommini-strazione di antibiotici sistemici o locali). Tuttavia, anche questi due casi sono staticonsiderati come complicazione infettivadella ferita chirurgica. Nello stesso periodo sono stati operati233 pazienti di età inferiore ai quattroanni in cui sono state eseguite 261 proce-dure neurochirurgiche a livello cranico:tra questi si sono osservate tre infezioni(1,28% per paziente, 1,1% per procedura). Sommando i due gruppi nel periodo inesame sono stati operati: 517 pazienti,con 575 procedure chirurgiche ed un tassodi infezione della ferita pari a 1,35% perpaziente e 1,21% per procedura. Nel gruppo di controllo (dell’anno prece-dente) costituito da 508 pazienti sottopo-sti ad un totale di 561 procedure eranostate osservate sei infezioni della ferita,con un’incidenza, quindi, dell’1,18% perpaziente e 1,06% per procedura. Confrontando i gruppi esaminati, non sonostate osservate variazioni dell’incidenza diinfezioni della ferita chirurgica statistica-mente significative (p=0.79, Fisher exacttest two-tailed), con valori, in entrambe lesituazioni, ben inferiori al 2%. (Tabella 1).

DISCUSSIONEI risultati ottenuti confermano che loshampoo antisettico è un’opzione si-cura nella preparazione all’inter-vento neurochirurgico, anche nellapopolazione pediatrica, associata adun tasso di infezione estremamentebasso.Tale risultato può essere spiegato dalfatto che l’uso ripetuto di shampoo a basedi Clorexidina nel periodo pre-operatorioriduce quasi a zero la flora batterica resi-dente e, di conseguenza, il rischio di con-taminazione della ferita chirurgica, comegià osservato alla fine degli anni ‘80 delloscorso secolo (Leclair e Winston 1988).Il nostro studio si aggiunge, quindi, ad al-tre esperienze che non hanno individuatoreali benefici in termini di rischio infettivonella rasatura con lametta, tali da giusti-ficare la continuazione dell’uso della trico-Figura 2

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tomia pre-operatoria in neurochirurgia,così come in altri ambiti chirurgici (Tannere Woodings et al, 2008). In particolare l’interesse di questo studioè nella conferma della praticabilità di unapreparazione pre-chirurgica medianteshampoo prima e dopo l’intervento, in as-senza della “classica” tricotomia con ra-soio, anche in una popolazione, comequella pediatrica, tradizionalmente consi-derata a maggiore rischio di infezionedella ferita chirurgica. Il beneficio, in termini psicologici, per ilbambino più grande e l’adolescente, conla possibilità di un rapido reinserimentosociale dopo le dimissioni dall’ospedale,è evidente e dimostrato anche dall’altoapprezzamento da parte dei pazienti e deiloro familiari. Il minor impatto psicologico ha significatoanche una più facile accettazione dell’in-tervento chirurgico e si è tradotto in un mi-gliore recupero e una più breve ospedaliz-zazione. (Figura 3). La procedura, tuttavia, ha degli svantaggi:pur richiedendo una minima fase di ap-prendimento, la corretta esecuzione dei ri-petuti shampoo da parte del personaleinfermieristico e degli stessi chirurghi ri-chiede una convinta adesione a un proto-collo che comporta un maggior carico dilavoro nelle fasi pre e post-intervento e unallungamento dei tempi operatori.Tale limite si è rilevato maggiore nelle si-tuazioni in cui il paziente ha dovuto esserericoverato in altri reparti, specie nelle fasipost-operatorie. Il successo del protocollo comporta, in-fatti, la necessità di assicurarsi la coope-razione di équipe infermieristiche e medi-che di strutture che, solo temporanea-mente, vengono chiamate in gioco nel-l’assistenza post-operatoria. Allo stesso modo i familiari dei pazientidevono essere adeguatamente educatialla gestione post-operatoria della feritachirurgica a domicilio. Infatti, nella nostra esperienza, ben trecasi su quattro d’infezione della ferita chi-rurgica in bambini non tricotomizzati pos-sono essere dipesi da una relativa, insuf-ficiente attenzione da parte dei genitoriche non hanno rilevato la più minima dei-scenza dei piani cutanei superficiali, evi-denziata, invece, in occasione del con-trollo ambulatoriale della ferita.

L’aumento del carico di lavoro del perso-nale infermieristico determinato dai nu-merosi shampoo richiesti dall’attuale pro-tocollo pone l’esigenza di verificare serisultati soddisfacenti, analoghi a quelli ri-scontrati nel presente studio, possano es-sere ottenuti anche riducendo il numerodegli shampoo post-operatori. L’ipotesi che ci riproponiamo di verificarenell’immediato futuro è rafforzata da unostudio-pilota secondo cui gli shampoopost-operatori potrebbero, addirittura, nonessere necessari (Ireland e Carlino et al.2007).

CONCLUSIONI L’utilità di una tricotomia pre-chirurgicanella preparazione agli interventi neuro-chirurgici cranici non è giustificata da unareale evidenza. Nella nostra esperienza in neurochirurgiapediatrica, ripetuti shampoo pre-opera-tori e post-operatori si sono dimostrati al-trettanto efficaci della tricotomia nell’as-sicurare un’adeguata disinfezione del sitochirurgico.

Questo tipo di approccio richiede prepara-zione e disponibilità del personale infer-mieristico di Reparto e di Sala operatoriaper il relativo aumento del carico di lavoro. Va verificato se questo relativo aumentopossa essere, almeno in parte, ridotto,attraverso una semplificazione della pro-cedura che preveda la riduzione del nu-mero degli shampoo post-operatori. Inol-tre, anche i familiari del paziente devonoessere educati alla gestione post-chirur-gica della ferita chirurgica.

AUTORI:Paola Leonardi, Coordinatore Unità Operativadi Neurochirurgia Pediatrica Policlinico “Ge-melli”, Roma;Gina Capacchione, infermiere; Bocchini Bea-trice, infermiere;Pasquina Monni, strumentista Policlinico “Ge-melli”, Roma;Lidia Muscheri, coordinatore Unità OperativaTerapia Intensiva Pediatrica, Policlinico “Ge-melli”; Paolo Frassanito, medico specializzandonell’Unità Operativa di Neurochirurgia Pedia-trica, Policlinico “Gemelli”, Roma.

Figura 3

Tabella 1 Confronto fra pazienti sottoposti ad interventi chirurgici senza rasaturadello scalpo

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BIBLIOGRAFIA

IN PILLOLE

Tumori: un inibitore made in ItalyUn gruppo di ricercatori del San Raffaele di Milano, coordinato da Michele De Palma e Luigi Naldini, ha annunciato di aver messo a puntoun inibitore in grado di ridurre, in modo efficace, la formazione di vasi sanguigni che alimentano le masse tumorali, ritardando o addiritturabloccando la crescita della neoplasia.Secondo lo studio pubblicato dalla rivista internazionale Cancer Cell, l’angiopoietina-2 (Ang2), una molecola prodotta dai tumori, rappresen-ta un potente stimolo alla formazione di vasi sanguigni in diversi tipi di tumore sperimentale.I ricercatori hanno, perciò, rilevato che l’attività pro-angiogenica dell'Ang2 può essere bloccata efficacemente con un nuovo inibitore speci-fico sviluppato da AstraZeneca: si è infatti osservato che l’inibizione dell'Ang2 riduce la formazione dei vasi tumorali e di conseguenza ritar-da e, in alcuni casi, arresta la crescita dei tumori.“L’importanza della scoperta - spiega De Palma - sta nell’aver dimostrato che l’inibizione dell’Ang2 non induce resistenza al trattamento,anche a seguito di trattamenti prolungati nel tempo, o in tumori che normalmente sviluppano resistenza, limitando così le metastasi”. La nuova ricerca dimostra che l’inibizione selettiva di Ang2 può fornire, perciò, una doppia arma contro il cancro: inibire i vasi sanguigni e,al contempo, indebolire l’attività di particolari cellule (Tem) che ne promuovono la formazione. Questo risultato si traduce nell’inibizione alungo termine dei tumori sperimentali e delle loro metastasi a siti distanti.Va sottolineato, infine, che ora vanno valutati davvero gli effetti dell'inibizione di Ang2 nei pazienti.

IN PILLOLE

Insediato il nuovo Comitato scientifico dell’Asp-LazioLunedì 30 maggio si è insediato il nuovo Comitato scientifico dell’Agenzia di Sanità Pubblica del Lazio (Asp). Su proposta unanime del Cda,presieduto da Lucio D’Ubaldo, Domenico Gramazio è stato eletto per acclamazione presidente.I primi progetti su cui saranno chiamati ad esprimersi gli esperti saranno: ipotesi di integrazione del patrimonio scientifico bibliotecario dellediverse strutture universitarie, ospedaliere e di ricerca della Regione Lazio; ipotesi di analisi epidemiologico-sanitaria dei dati relativi ai cer-tificati medici on-line in possesso dell’Inps.Composto da dodici esperti di discipline e aree scientifiche differenti, il Comitato Scientifico è strutturato come supporto e organo di consu-lenza tecnica alle attività annuali di Laziosanità-Asp.I componenti non percepiscono alcun compenso per la loro funzione. Oltre al presidente Gramazio, senatore e attuale componente del Cda,fa parte di diritto del Comitato (in quanto ex presidente) Enrico Garaci, presidente dell'Istituto Superiore di Sanità.

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Indagine qualitativa sul vissuto delle donne affette da alopecia post-chemioterapiadi Magdalena Cerei, Teresa Compagnone, Antonella Ghione

LABSTRACTLa chemioterapia che segue l’insorgere elo sviluppo della malattia oncologica mo-difica il funzionamento complessivo delcorpo, ne altera l’immagine precedentealla malattia (oltre alla perdita di capelli,innumerevoli effetti collaterali associatial trattamento).Le conseguenze psicologiche dovute allemodificazioni dell’aspetto fisico, specienelle donne, sono spesso sottostimatedal personale sanitario, ma il cambia-mento fisico è vissuto, dai pazienti di en-trambi i sessi, come uno stigma rispettoalla società, il segno inequivocabile chesi sta vivendo una malattia grave e letale.Scopo del presente studio è quello dianalizzare e descrivere il vissuto delledonne affette da alopecia, come effettocollaterale della chemio.L’indagine qualitativa, di tipo fenomeno-logico, è stata effettuata su un campionepropositivo di 11 pazienti-donna afferential day hospital oncologico dell’ospedale“G.B.Grassi di Ostia”. I dati sono stati raccolti attraverso un’in-tervista semi-strutturata scritta di ottodomande aperte. Dallo studio emerge che la caduta deicapelli non è solo un fatto trauma-tico, come lo descrive la maggior partedelle pazienti, ma anche un eventoche ha profonde implicazioni sia a li-vello personale e dei rapporti di coppia,che a livello sociale, essendo - i ca-pelli - parte integrante dell’immagine cor-porea che si dà di sé all’esterno, ergo unmezzo che facilita la comunicazione.La perdita dei capelli viene vissuta dalledonne come una minaccia alla propriaidentità e femminilità e porta allo svi-

luppo di sentimenti di rabbia, insicurezza,insoddisfazione e, talvolta, alla perditadell’autostima, che si manifesta con at-teggiamenti di isolamento sul piano so-ciale, senso di vergogna e chiusura versose stessi e gli altri. Tre metafore, tra le altre, rappresentanobene questo vissuto: “senza capelli seinuda”; “i capelli parlano”; “un esseresenza sesso”.I capelli sono stati, da sempre, simbolo dibellezza e femminilità. E, anche, segno disalute. L’alopecia colpisce l’immagineideale di se stessi: non riconoscersiuguali a prima confonde le radici dell’io,provocando paura di essere allontanati,angoscia e disperazione. Una sottovalutazione di questi disturbipuò comportare la cronicizzazione dei sin-tomi, specialmente se subentrano eventistressanti legati all’andamento della ma-lattia. L’alleanza terapeutica con l’infermierepuò facilitare la riorganizzazione del pa-ziente come “persona nuova”.

Parole-chiave: alopecia, immagine cor-porea, chemioterapia, infermieri, qualitàdella vita.

INTRODUZIONEIl cancro rappresenta, oggi, una dellemaggiori cause di morte nel mondo.Per poter sconfiggere questa patologia(presente, più che altro, nei Paesi svilup-pati), sono state messe in atto diverse te-rapie, frutto dei grossi lavori di ricerca at-tuati negli ultimi decenni (chirurgia,radioterapia, chemioterapia). La chemioterapia sfrutta la sensibilitàspecifica dei singoli tumori a determi-

nate sostanze, e per ogni paziente, vienestudiata una miscela personalizzata dipiù farmaci. Quasi sempre in questo “cocktail su mi-sura” sono presenti uno o più inibitoridella mitosi, per ostacolare la prolifera-zione cellulare: sono questi i responsabilidella alopecia che affligge i pazienti sot-toposti a chemioterapia. Il cancro, nonostante i progressi in ambitooncologico, rappresenta ancora oggi unasfida all’onnipotenza della scienza, abi-tuata a controllare la natura ed evoca,nei malati, angosce legate alla percezionedell’imminente superamento dell’antago-nismo vita/morte, alla loro riunificazioneche blocca l’idea di futuro e, con essa,ogni fantasia capace di superare, con pro-getti di vita, l’ansia ingenerata.Molti pazienti hanno difficoltà di adatta-mento alle nuove condizioni fisiche impo-ste dal cancro e alle conseguenze psico-logiche e sociali che ne derivano.Gli stati di disagio possono essere ricor-renti e intensi, compromettere la com-pliance del paziente e mettere in crisil’identità psicofisica dell’individuo.Le conseguenze psicologiche dovute allemodificazioni dell’aspetto fisico, comead esempio la perdita dei capelli, specienelle donne, sono spesso sottostimatedal personale sanitario. Il cambiamento fisico è vissuto daipazienti di entrambi i sessi come unostigma rispetto alla società, il segnoinequivocabile che si sta vivendouna malattia grave e letale.Le alterazioni dell’immagine corporeasono caratterizzate dal conflitto tra l’im-magine corporea originale della personae le variazioni causate dalla patologia o

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dal relativo trattamento.Il sintomo psicologico più rilevante dellealterazioni dell’immagine corporea è l’of-fesa narcisistica del sé fisico e può por-tare a disturbi dell’autostima, tendenza atrascurarsi sul piano fisico, isolamento,alterazioni di carattere sessuale.Quando si ha a che fare con una gravemodificazione dello schema corporeocome ad esempio la perdita dei capelli inun paziente neoplastico (che ha già unequilibrio psichico fragile), l’immagine disé subisce un grosso danno, perché èstato un cambiamento “brusco” che com-porterà cambiamenti nella sua vita di re-lazione, nel sentirsi donna (o uomo), ac-cettata o respinta dalla vita di coppia,sociale, lavorativa.I capelli hanno da sempre simbolizzatosupremazia, distinzione, libertà e immor-talità: la loro caduta ingenera sensazionidi perdita di forza, di debolezza, di degra-dazione e di vergogna.E se i capelli non ci sono più? Allora, è come se ci fosse una regres-sione ad una condizione (tipo quella in-fantile) in cui non si sono ancora ben dif-ferenziati i due ruoli, con i diritti ed i

poteri che essi comportano. La perdita dei capelli può essere,pertanto, inconsciamente vissuta dalmaschio come perdita di virilità ocastrazione, e dalla donna come per-dita di femminilità.Nella rappresentazione dell’immaginecorporea, i capelli hanno un ruolo prima-rio: ognuno di noi ha un’immagine di sestesso che proietta nel mondo esterno. Il modo di vestire, gesticolare, parlare eanche di acconciare, tagliare o pettinarei capelli rappresenta un “codice” di co-municazione tra le persone. L’essere umano deve stabilire, di conti-nuo, un equilibrio dinamico tra le spintee i bisogni derivanti dalla propria perso-nalità e le “richieste” della società.Quando l’immagine di sé entra in crisiper il diradamento o la perdita totale deicapelli è possibile che ciò produca unostato di sofferenza che appartiene aquanti, per età, ambiente di vita o la-voro, per interessi o per status, hanno“bisogno” dei capelli. Si tratta di un bisogno che viene dal pro-fondo del proprio io: soddisfarlo, permettedi sentirsi “uguale”, nella “diversità”.

Gli effetti psicologici negativi correlatialla caduta dei capelli interessano tutti imalati di cancro, a prescindere dal sessoe dall’età, ma è evidente che a risentirnedi più sono soprattutto le donne ed i gio-vani, mentre gli uomini non presentanograndi problemi a mostrarsi calvi (senzadimenticare che, in generale, la calviziemaschile è socialmente più accettabile).Per stabilire l’influenza dell’alopecia sul-l’immagine corporea sono stati effettuatidiversi studi, a partire dal 1979 (Wagner& Bye).I primi studi, simili fra loro, pur definendocome disturbante l’alopecia da chemiote-rapia, non riuscirono a confermare un’as-sociazione negativa tra alopecia ed im-magine corporea, mentre in tempi piùrecenti (Frank & Stromborg, 1984), è statodimostrato che l’alopecia può influenzarel’immagine corporea. L’autostima, di cui l’immagine corporea èuna delle componenti, non è stata stu-diata in relazione all’alopecia, ma si èvisto come quest’ultima possa variare inpazienti con esperienza di caduta dei ca-pelli post-terapia antitumorale: visto chele modificazioni dell’immagine corporea

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possono influire sull’autostima, si puòragionevolmente concludere che l’alope-cia può influire sull’autostima.L’obiettivo di questo studio è analizzare edescrivere il vissuto delle donne affetteda alopecia, come effetto collateraledella chemioterapia, valutando se taleesperienza porti a un disturbo dell’imma-gine corporea, e in tal caso, capire qualisiano gli interventi infermieristici da met-tere in atto per aiutare la paziente ad ac-cettarsi nella nuova condizione e per riac-quistare la stima di sé.

MATERIALI E METODILa metodologia utilizzata per questo stu-dio è quella della ricerca qualitativa ditipo fenomenologico. Il campionamento è stato di tipo proposi-tivo su 11 pazienti, nel rispetto di questicriteri di inclusione: “donne in cura conchemioterapici”; “che presentano o han-no avuto alopecia”; “con età massima di70 anni” e “che hanno dato il loro con-senso”.L’ambito della ricerca ed il reclutamentoè stato il day hospital dell’ospedale“G.B.Grassi” di Ostia, su base volontaria.Lo strumento per la raccolta dati è stataun’intervista semi-strutturata di otto do-mande aperte. (Figura n.1).Le domande che andavano a indagaresul vissuto delle pazienti sono state pro-poste insieme a una nota informativa ri-guardante lo scopo dello studio e il con-senso informato. Tutte le pazienti che hanno acconsentitoa partecipare sono state informate sultrattamento dei dati (mantenendo l’ano-nimato) e che questi sarebbero stati uti-lizzati solo ai fini della ricerca. Inoltre, è stato ricordato che la partecipa-zione allo studio è volontaria e che lepartecipanti potevano ritirarsi in qual-siasi momento. I dati sono stati raccolti dal 15 maggio al20 luglio 2010, durante un periodo di ti-rocinio clinico appositamente program-mato.A tutti i soggetti è stato garantito il com-pleto rispetto della privacy durante il col-loquio e nella gestione dei dati (Legge196/93). Per quanto riguarda i rischi, essi sonominimi e, comunque, riconducibili al fattoche l’intervista contiene domande che

potrebbero richiamare alla mente situa-zioni spiacevoli; mentre i benefici sonoindividuabili nella comprensione, daparte dei professionisti, del vissuto dellapaziente che presenta un disturbo del-l’immagine corporea.Prima di cominciare a reclutare i parteci-panti è stata richiesta l’autorizzazione,sia al Direttore Sanitario della strutturasopra indicata, sia al responsabile infer-mieristico.

RISULTATI Le interviste sono state analizzate se-condo il metodo Colaizzi che prevede lalettura, ripetuta più volte, di tutte le inter-viste, l’analisi dei dati e l’estrazione ditutte le affermazioni significative e deiprincipali temi emersi.Per facilitare la comprensione e miglio-rare la visualizzazione dei risultati, è statoscelto di raccogliere tutti i dati in tabelleche comprendono le affermazioni signifi-cative emerse, i temi principali e i titolimetaforici che, secondo l’autore, rappre-sentano bene il vissuto in esame. La tabella 1 riporta tutte le metaforeidentificate, mentre quelle seguenti ri-portano le affermazioni significate, iltema emerso e la metafora che ne rap-presenta il titolo. Nella tabella 2 viene evidenziato il rap-porto tra i capelli e l’identità, mentrenella tabella 3 l’importanza del ruolo deicapelli nella comunicazione e nella vitasociale. La tabella 4 mette in evidenza la correla-zione tra perdita dei capelli, femminilità

e sessualità, ma anche rischio di altera-zione dell’immagine corporea. Nella tabella 5 vengono esplicitate lemodalità con cui la famiglia aiuta le pa-zienti a superare questi momenti. Infine, nella tabella 6 emerge il ruolo dialleati degli infermieri che, in questa si-tuazione di lotta contro la malattia e isuoi effetti devastanti, si trovano a im-personare.

DISCUSSIONEDallo studio emerge che la caduta deicapelli non è solo un evento traumatico,come lo descrive la maggior parte dellepazienti, ma anche un evento che ha pro-fonde implicazioni, sia a livello perso-nale e dei rapporti di coppia, sia a livellosociale, essendo - i capelli - parte inte-grante dell’immagine corporea e l’imma-gine positiva di sé un mezzo che facilitala comunicazione.“La mia vita sociale è totalmente cam-biata”;“ho evitato le persone per la pauradi non essere oggetto della loro compas-sione”: sono solo alcune delle afferma-zioni delle pazienti.I capelli sono stati, da sempre, simbolo dibellezza e di salute ed è evidente che laloro perdita è associabile a uno stato fi-sico precario e che una donna senza ca-pelli non si sente più sensuale.Da ciò derivano anche le varie proble-matiche all’interno della coppia: il nonsentirsi più attraente porta inevitabil-mente a un calo del desiderio sessuale e,con esso, il sentirsi donna.L’identità dell’io corporeo subisce

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Tabella 1. Metafore identificate dal ricercatore

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aggressioni sia sotto il profilo fun-zionale che simbolico: il corpo tra-sformato è come perduto. Ritrovarese stessi sembra difficile e irrag-giungibile. L’alopecia colpisce l’imma-gine ideale che si ha di sé.Non riconoscersi uguali a prima confondele radici dell’io, provocando paura di es-sere allontanati dalla società: “… perdiuna parte della tua femminilità, ti sentiindifesa, nuda”; “ho sentito che perdonon solo i capelli ma anche una parte dime stessa”.La perdita dei capelli viene vissuta dalledonne come una minaccia alla propriaidentità e femminilità e porta allo svi-luppo di sentimenti di rabbia, insicurezza,insoddisfazione e, a volte, alla perditadell’autostima: “mi sono sentita un es-sere senza sesso ed in condizione di in-feriorità”. Questo si manifesta con at-teggiamenti di isolamento sul pianosociale, senso di vergogna e chiusuraverso se stessi e gli altri: “…perdi unaparte importante della tua femminilità, tisenti indifesa, nuda, ti manca qualcosa eio mi vergognavo a farmi vedere, perchénon mi sentivo più femminile”.L’unico luogo di rifugio rimane la famigliae il posto di cura, dove le pazienti si sen-tono protette e capite, dove riescono acondividere le loro emozioni senza sentirsigiudicate: “in famiglia non mi sono maivergognata perché loro mi sono stati sem-pre vicino, facendomi sentire protetta”.Anche in questo contesto, però, le pa-zienti esprimono la necessità di ricevere,oltre alle informazioni di cui si dichia-rano abbastanza soddisfatte, anche unsupporto psicologico adeguato. Infatti, dalle risposte prese in esame ri-sulta che le pazienti, malgrado sappianodegli effetti collaterali della chemio, da-vanti all’evento alopecia si trovanospesso impreparate e impaurite.Le strutture che ospitano tale tipo di pa-zienti, per effettuare la chemioterapianon hanno sempre a disposizione i mezziorganizzativi necessari per offrire un sup-porto psicologico continuo e le strategiemesse in atto per evitare o camuffare laperdita dei capelli.Ciò dimostra che, anche se l’alopeciapost-chemioterapia non è un evento raro,esso viene vissuto quasi sempre come undramma e che, spesso, esso viene sotto-

SENZA CAPELLI SEI “NUDA”

La maggior parte delle pazienti considerano la capigliaturacome una parte importante della propria identità

1. “Ho cominciato a vedermi brutta nel momento in cui i capelli sono caduti completa-mente”

2. “Nella nostra società l’immagine è molto importante”3. “... Perdi una parte della tua femminilità, ti senti indifesa, nuda”4. “... Ho sentito che perdevo non solo i capelli ma anche una parte di me stessa”5. “L’essere donna per me è svanito...”6. “Come posso descrivere la perdita dei capelli, se non come un dramma”7. “... Non ci sono parole per descrivere quello che si prova nel vedere i propri capelli, il

simbolo della femminilità, cadere ciocche a ciocche e lasciarti calva, quasi indifesa. Ècome se mi mancasse un arto, una parte vitale di me”

Tabella 2. Perdita dei capelli ed effetti sulla propria identità

I CAPELLI PARLANO

I capelli giocano un ruolo importante nella comunicazione sociale

1. “La mia vita sociale è cambiata totalmente”2. “Ho evitato le persone per paura di essere oggetto della loro compassione3. “All’inizio rifiutavo di parlare con tutti”4. “Mi sentivo osservata in continuazione e mi infastidivo per questo”5. “Quando ero in mezzo ad altre persone portavo sempre la testa coperta (...) perché

avevo vergogna di mostrarmi senza capelli”

Tabella 3. Ruolo dei capelli nella comunicazione sociale

UN ESSERE SENZA SESSO

Le modifiche che subiscono i capelli a causa della chemioterapia,portano il soggetto a rischio di alterazione dell’immagine corporea

1. “Non riuscivo a guardarmi, non mi riconoscevo, non riuscivo ad accettare me stessariflessa nello specchio”

2. “Non sono mai riuscita ad accettare il mio nuovo aspetto”3. “L’essere donna per me era svanito, ho perso la mia femminilità, la sensualità e la

fiducia in me stessa”4. “L’immagine di me stessa è totalmente cambiata, davanti allo specchio vedevo

un’altra persona, spaventata ed insicura”5. “Mi sono sentita un essere senza sesso ed in condizione di inferiorità”6. “Guardandomi allo specchio non mi riconoscevo più”7. “... Non mi sono sentita per niente pronta ad accettare tutti i cambiamenti che il mio

corpo ha subito in seguito alla chemioterapia”8. “Non riuscivo a guardarmi allo specchio, non volevo più uscire di casa e nemmeno

volevo parlare con qualcuno”9. “Mi sono sentita molto male, dopo aver subito l’asportazione dei due seni, anche que-

sto colpo alla mia femminilità è stato molto traumatico”10. “... È stato un evento devastante, brutto e traumatico. Ho sentito perdere non solo i

capelli ma una parte di me stessa”11. “... Perdi una parte importante della tua femminilità, ti senti indifesa, nuda, ti manca

qualcosa. Io mi vergognavo a farmi vedere, perché non mi sentivo più femminile”

Tabella 4. Perdita dei capelli e alterazione dell’immagine corporea

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valutato dal personale sanitario.L’infermiere rimane la figura di rife-rimento per la paziente che sta vi-vendo quest’esperienza, e per quantorisulta dallo studio, è colui che mette inatto tutti i metodi a sua disposizione percreare un clima di serenità intorno allapaziente, ma non per risolvere il pro-blema che, la maggior parte delle volte,viene evitato. Una delle affermazioni di una pazienteintervistata richiama proprio questoaspetto: “gli infermieri sono stati moltocarini e premurosi con tutti noi, loro pro-vano sempre a sdrammatizzare ed io loapprezzo molto, ma a volte i probleminon si risolvono da soli, bisogna affron-tarli. Il fatto di non parlarne non è unasoluzione” ; “hanno provato a darmitutto il supporto psicologico necessa-rio”. Non è semplice in situazioni cosìcomplesse rivestire il ruolo di infermiereche, pur non essendo uno psicologo, sitrova, molte volte, a dover affrontare e ri-solvere problemi che nascono da conte-sti particolari, carichi di emozioni e sen-timenti. L’alleanza terapeutica con l’infermierepuò facilitare la riorganizzazione del pa-ziente come persona nuova. Ciò che fa scatenare di più la paura è lareazione negativa degli altri nei loro con-fronti e non tanto il timore vero di rima-nere senza capelli: “Gli infermieri sonosempre stati cordiali e premurosi(…), mi sono stati molto utili anchenel darmi consigli su come affron-tare quel che mi stava accadendo”.Ecco che, per evitare imbarazzo, in modopiù o meno consapevole, compaiono sen-timenti di solitudine ed insicurezza: il ma-

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L’AMORE È LA NOSTRA FORZA

La famiglia rappresenta, per le pazienti, la principale fonte di sostegno e di sicurezza

1. “In famiglia non mi sono mai vergognata perché loro mi sono stati sempre vicino e mihanno fatto sentire protetta”

2. “... Mi sono isolata, accettando accanto a me solo i parenti e gli amici più stretti”3. “... In seguito ho goduto dell’appoggio del personale sanitario e soprattutto della mia

famiglia e sono riuscita a superare questo brutto momento”4. “I miei famigliari (...) mi sono stati sempre vicino, sostenendomi nel mio percorso”5. “Soltanto l’amore verso i miei figli mi ha dato la forza per andare avanti”

Tabella 5. Rapporti con i familiari

COMBATTIAMO INSIEME

La persona malata ha bisogno di aiuto qualificato per affrontarequest’esperienza, trovando vantaggi nella cura e limitando i disagi. L’infermiere rimane una figura centrale dell’assistenza ed un punto di riferimento costante per il paziente

1. “Gli infermieri sono stati molto carini e premurosi con tutti noi, loro provavano semprea sdrammatizzare ed io lo apprezzo molto ma, a volte, i problemi non si risolvono dasoli, bisogna affrontarli”

2. “Gli infermieri sono sempre stati cordiali e premurosi (...), mi sono stati molto utilianche nel darmi tanti consigli su come affrontare quello che mi stava accadendo”

3. “Il personale infermieristico è stato attento alla mia persona, al mio stato d’animo ed è riuscito a distrarmi con sorrisi, discorsi piacevoli e tanta professionalità”

4. “Gli infermieri sono stati sempre umani e carinissimi”5. “Gli infermieri sono stati tutti molto gentili e nessuno ha mai fatto commenti su questa

mia condizione”6. “Hanno provato a darmi tutto il supporto psicologico necessario”7. “... Mi hanno sostenuto e sono riusciti a darmi conforto e sicurezza quando stavamo

insieme... Sono dei bravissimi psicologi”8. “Sono tutte persone molto gentili che hanno saputo farmi ridere pure in momenti duri”9. “Gli infermieri mi sono stati sempre vicini, e mi hanno dato sempre conforto; hanno

sempre scherzato, incoraggiandomi e dicendomi che era una situazione temporanea.Mi riempivano di complimenti ogni volta che ci vedevamo”

10. “Sono straordinari, gli infermieri. Loro mi fanno i complimenti e io riesco anche ascherzarci sopra”

Tabella 6. Il ruolo dell’infermiere nella gestione del paziente con alopecia da chemio

DOMANDE PER L’INTERVISTA SEMI-STRUTTURATA

1. La chemioterapia è un valido trattamento nella cura contro il cancro, che può avere degli effetti collaterali come: nausea, vomito, perditadell’appetito, perdita o aumento di peso, caduta dei capelli.Mi può dire come le informazioni avute riguardo questi effetti l’hanno resaconsapevole diquesta evenienza?

2. Lei ha vissuto l’esperienza della perdita dei capelli come conseguenza della terapia che sta seguendo. Come può descrivere questo even-to?

3. Come è cambiata la sua percezione di sé, del suo “essere donna“ dopo la perdita dei capelli?4. Quali difficoltà ha avuto ad accettarsi?5. Che impatto ha avuto questa esperienza sul rapporto di coppia? (Come è cambiato il rapporto con il suo corpo, anche nei confronti del suo

compagno? Ha mai avuto paura di non piacergli?)6. Mi può descrivere cosa è cambiato nella vita sociale e come ha vissuto i rapporti interpersonali, durante il periodo di caduta dei capelli?7. Mi può parlare delle strategie che ha messo in atto per convivere con questo problema?8. In rapporto a questa esperienza, come ha vissuto la relazione con gli infermieri?

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lato di cancro, segnato da cicatrici visibili- e invisibili -, chiede di essere ricono-sciuto come persona e non come corpomutilato. Noi, “gli altri”, possiamo starli accanto,affinché sia meno solo nel difficile com-pito di elaborare e accettare la perdita diuna parte di sé molto importante e affin-ché possa mantenere l’integrità del pro-prio io per ridefinire i suoi vecchi ruoli oper assumerne di nuovi. A volte, è proprio la caduta dei capelliche rende più forte la consapevolezzadella malattia, in quanto segno inconfu-tabile della diagnosi di cancro.Nella maggior parte dei casi, si verifica ilgraduale raggiungimento di una nuovacondizione di equilibrio; in altri, l’adatta-mento non si realizza, complicandosi conla comparsa di sintomi indicativi di unasofferenza psicologica.Una sottovalutazione di questi disturbipuò comportare, perciò, ad una croniciz-zazione dei sintomi, specie se subentranoeventi stressanti legati all’andamentodella malattia. In tal senso, la maggior parte delle pa-zienti affermano che riescono ad accet-tare la nuova condizione solo nella spe-ranza che tutto ciò sia utile ai fini dellaguarigione. È, quindi, importante, per chi assiste que-sti pazienti, conoscere i significati indivi-duali e relazionali del sintomo alopecia,dei meccanismi di adattamento fisiolo-gico e degli elementi che possono tra-sformare uno stato transitorio di soffe-renza psicologica con finalità adattiva auno stato più radicato di patologia psico-logica.

LIMITI DELLA RICERCAVista la delicatezza dell’argomento, lamancanza di spazi adeguati per poter as-sicurare la privacy delle pazienti e unacerta reticenza nel personale, è statascelta la somministrazione di un’intervi-sta semi-strutturata scritta anziché regi-strata (com’era stato ipotizzato in fase diprogettazione).Malgrado questa limitazione, molte pa-zienti erano restie alla compilazione del-l’intervista, benché fosse stato loro assi-curato che nessuno dei dati personalisarebbe comparso nello studio.Sicuramente, l’argomento trattato suscitadelle forti emozioni, non facili da affron-tare per questa particolare tipologia dipazienti, ma si tratta di un argomentoche merita di essere analizzato.

CONCLUSIONII capelli giocano un ruolo importante nel-l’impatto visivo e nelle interazioni socio-sessuali delle persone, con importantifunzioni comunicative, come essere sim-bolo di cultura e di religione. Per le pazienti affette da cancro, l’alope-cia indotta da chemioterapia rimane unodegli effetti collaterali a più alto impatto:la sua comparsa può avere parecchie im-plicazioni psico-sociali dovute, in largaparte, alle modifiche dell’immagine cor-porea che essa provoca.L’infermiere deve essere a conoscenzadel rischio della caduta dei capelli comeeffetto collaterale della chemioterapia edell’impatto che questo evento può averesulla qualità di vita delle pazienti.In questo modo, è pronto per poter prepa-rare la persona a vivere quest’esperienza.

L’infermiere può aiutare la paziente for-nendo le giuste informazioni per evitarel’insorgenza di ansie o paure ingiustifi-cate e per poter scegliere le strategieadeguate alla situazione. L’infermiere gioca un ruolo fonda-mentale nei confronti della personache deve imparare a convivere conl’alopecia, fornendo una corretta in-formazione, insegnando al pazientea prendersi cura di sé per minimizzarel’impatto e ad accettare la comparsa del-l’alopecia.Questi interventi possono essere d’aiutoper passare attraverso questa espe-rienza, potenzialmente devastante, man-tenendo una buona qualità di vita e unconservato senso di benessere.Il lavoro svolto, benché relativo a un cam-pione ristretto, nel suo piccolo, fornisceun contributo tutto infermieristico all’ana-lisi e alla comprensione del fenomeno. Le informazioni ottenute possono avere,in ogni caso, una buona valenza per laprofessione e aiutare gli infermieri a su-perare quel senso di impotenza che ilmalato oncologico, in genere, suscita.

AUTORI:Magdalena Cerei, laureata in Infermieristicaall’università di Tor Vergata, sede di Ostia; Teresa Compagnone, professore a contrattoMed 45, corso di laurea in Infermieristica,università di Tor Vergata, Roma; Antonella Ghione, professore a contratto M-Psi/01, corso di laurea in Infermieristica, uni-versità di Tor Vergata, Roma, sede di Ostia.

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Indagine conoscitivasulla soddisfazione degli infermieriin un ospedale romanodi Barbara Di Donato

LABSTRACTLa soddisfazione lavorativa ed il benes-sere psico-fisico degli operatori sanitariesercitano un ruolo importante nella qua-lità delle cure fornite ai pazienti. L’obiettivo del presente studio è quello divalutare, attraverso il metodo quantita-tivo, il grado di soddisfazione lavorativadegli infermieri dell’ospedale Fatebene-fratelli di Roma, stabilendo la relazionetra la job satisfaction, sia con la forma-zione che con la possibilità di avanza-mento di carriera.Concepito per aiutare gli infermieri e i co-ordinatori ad aumentare la loro atten-zione sui vari fattori che possono modifi-care positivamente il proprio agireprofessionale, l’elaborato è finalizzato asostenere anche i dirigenti infermieri, leassociazioni professionali e/o le commis-sioni istituzionali, con particolare atten-zione ai responsabili del Fatebenefratellie a quanti sono interessati a migliorare laqualità dei servizi, la soddisfazione deipropri dipendenti e a sviluppare l’elabo-razione delle proprie strategie per la ge-stione del personale. L’articolo cerca di offrire un significativocontributo di sintesi statistica sul realequadro di percezione del lavoro da partedel personale infermieristico, cercandodi estrapolare quali sono i fattori, nellagestione del personale, che i dirigentidevono cercare di esaltare al massimoper ottenere una buona performance emotivazione da parte dei propri dipen-denti.

Parole chiave: job satisfaction (soddi-sfazione lavorativa); motivation (motiva-zione); professional development (svi-

luppo professionale); formation (forma-zione); rewarding system (sistema pre-miante) e management (gestione).

INTRODUZIONELa soddisfazione lavorativa si riferi-sce a come gli infermieri si percepi-scono nei confronti della loro vita la-vorativa.La motivazione influenza certamente laperformance, sebbene quest’ultima di-penda soprattutto dalla struttura e dal-l’ambiente organizzativo. Gli ambienti di qualità rispondono ai bi-sogni e agli obiettivi degli infermieri eaiutano i pazienti. Ciò si realizza nell’ambito di un contestosocio-economico dove il livello di qua-lità è determinato dall’organizzazione incui la cura è dispensata. La misurazione della soddisfazione rap-presenta la conditio sine qua non e serveper trattare eventuali criticità organizza-tive.Difatti, la conoscenza degli aspetti lavo-rativi meno soddisfacenti può condurregli amministratori, con una maggior co-gnizione di causa, a sviluppare e imple-mentare strategie efficaci per migliorarela soddisfazione del personale e il livellodi performance organizzativa, in un’otticapiù generale di miglioramento continuodella qualità assistenziale.Tuttavia, non è semplice analizzare lasoddisfazione del personale nella sua to-talità, poiché basata su una strutturamultidimensionale complessa. La letteratura evidenzia che la soddisfa-zione lavorativa dipende da una varietàdi fattori enucleabili nelle seguenti cate-gorie:

• condizioni socio-demografiche(età, sesso, etnia, locazione, istruzione,stato civile e familiare, supporto so-ciale e familiare…) e personali(full/part time, anzianità di servizio…);

• caratteristiche del lavoro (autono-mia, livello di responsabilità, chiarezzadel ruolo e degli obiettivi/compiti dilavoro, conflitti di ruolo…);

• caratteristiche organizzative e am-biente di lavoro (clima organizzativo,formazione, carico di lavoro, supervi-sione, stili di leadership, relazione ecomunicazione con i leader, supporto,riconoscimento e apprezzamenti deimanager, imparzialità delle valutazioni,orari e programmi di lavoro, sicurezzasul lavoro, disponibilità delle risor-se/attrezzature, flusso di informazioni,processi di qualità, burocrazia…);

• relazioni interpersonali e feedback(relazioni con i colleghi, utenti e fami-liari, coesione nel gruppo di lavoro, ri-conoscimento degli utenti/familiari…);

• retribuzione e possibilità di car-riera (ricompense, indennità, incentivinon economici, promozioni…).

Tuttavia, esistono realtà che sostengonol’eccellenza e hanno il potere di attrarree mantenere al lavoro gli infermieri. Questi sono quelli comunemente denomi-nati: “ambienti favorevoli all’esercizioprofessionale”? Numerosi sono gli elementi che atte-stano i loro effetti positivi sulla soddisfa-zione dell’infermiere, sui risultati per ipazienti e, ancora, sull’innovazione esono documentati da prove sostanziali.(Tabella 1).Alcune strutture sanitarie accolgono la“sfida del magnetismo”, nata negli

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Stati Uniti nel 1980, come sinonimo di ec-cellenza clinica e gestionale dell’assi-stenza, a cui consegue successo nel re-clutamento e nella capacità di trattenerelo staff.L’American Academy of Nursing ha docu-mentato i primi studi su questo feno-meno a partire dal 1983: da quanto finoad ora riportato in letteratura, questiospedali garantiscono outcome migliori,minor rischio di mortalità, migliore qua-lità delle cure, minor numero di eventi av-versi, maggior soddisfazione degli utentie più alto tasso di soddisfazione lavora-tiva negli infermieri.

La Joint Commission on the Accredita-tion of Healthcare Organizations, settoreprivato no profit degli Stati Uniti (Com-missione mista che gestisce programmivolontari di accreditamento dell’assi-stenza sanitaria per gli ospedali e orga-nizzazioni), nasce nel 1951 e in uno deisuoi documenti “Strategies for Addres-sing the Evolving Nursing Crisis” del 2002,propone le seguenti raccomandazioni:a) creare culture organizzative attrattive,

affinché le strutture assumano le ca-ratteristiche dei “magnet hospital”, ca-paci di sviluppare empowerment epieno rispetto dello staff infermieri-stico;

b) rafforzare le strutture che si occupanodella formazione infermieristica accre-scendo il supporto all’orientamento eall’educazione continua e creando op-portunità di carriera basate sui livelli diformazione ed esperienza;

c) attivare sistemi d’incentivazione eco-nomica per lo sviluppo e il riconosci-mento del contributo dell’infermieri-stica.

La gestione delle risorse infermieristi-che, all’interno di un’azienda ospedaliera,

dà luogo ad una serie di dinamiche orga-nizzative complesse. La direzione è quindi importante inquanto dà il tono dell’organizzazione. I direttori portano la visione dell’organiz-zazione per obiettivi e un programma det-tagliato per raggiungerli. È loro la re-sponsabilità di assicurarsi che sul luogodi lavoro siano presenti la motivazione,gli strumenti, le conoscenze e le abilitànecessarie per raggiungere gli obiettivi.Le direzioni del personale, nelle aziendedi grandi dimensioni, possono svolgeredue funzioni:• la funzione di controllo: amministra-

zione del personale, rapporti sindacali,vigilanza;

• la funzione di sviluppo: selezione,inserimento, sviluppo carriere, forma-zione, manutenzione del clima e deisistemi premianti).

Le prime hanno il compito di preservarela vita organizzativa da comportamenti in-dividuali sociali e sindacali ritenuti nonconformi agli interessi dell’organizza-zione. Esse partono, perciò, dalla pregiudizialelogica che percepisce gli attori sociali

• Politiche innovative focalizzate sulreclutamento e sul mantenimento;

• strategie per la formazione continuae la promozione;

• compensi adeguati;• programmi di riconoscimento di qua-

lifiche;• materiali e forniture sufficienti;• ambiente di lavoro sicuro.

Tabella 1. Da cosa sono caratterizzatigli ambienti favorevoli alla praticaprofessionale

L’Ospedale Fatebenefratelli di Roma

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dell’organizzazione come eventuali agentidivergenti e disturbanti da governare pre-scrittivamente e normativamente.Le seconde, invece, hanno il mandato distimolare le potenzialità in termini dicompetenze ed attitudini degli attori or-ganizzativi, dal momento della loro sele-zione in ingresso e per tutto il periododella loro presenza nell’organizzazione. Tali funzioni partono da una pregiudizialelogica positiva che vede negli individuiuna risorsa strategica da sviluppare,personalizzando il più possibile illoro percorso di carriera alla ricercadel miglior connubio tra il ruolo rico-perto e le competenze ed attitudinipersonali. La presenza di una Direzione del Perso-nale dimensionata prevalentemente sullefunzioni di controllo, quindi, vissuta pre-minentemente come una “minaccia” da-gli attori organizzativi, non costituisce unriferimento significativo al quale rivol-gersi, ma rinforza solo la catena gerar-chica e, con essa, il blocco delle comuni-cazioni “orizzontali” e trasparenti. Al contrario, la presenza di una Dire-zione del Personale matura e dimen-sionata (risorse ed organico dedicato)sia in termini di funzioni storiche di con-trollo, sia, e soprattutto, rispetto alle fun-zioni di sviluppo, può favorire una dina-mica gestione del lavoro. Anche la logica di base e le procedureche improntano il sistema premiante diun’organizzazione può rappresentare unfattore facilitante i comportamenti vir-tuosi o viziosi dei suoi abitanti.Il sistema di regole che in un’azienda go-verna le attribuzioni di premi e sanzionimateriali o immateriali rappresenta unpotentissimo fattore in grado di influen-zare in modo diffuso e pervadente la cul-tura di base dell’intera organizzazione.I sistemi organizzativi che premiano ilraggiungimento degli obiettivi, le compe-tenze, l’appartenenza critica, la traspa-renza relazionale, la collaborazione digruppo, la capacità negoziale, etc. facili-teranno ambienti lavorativi, i climi so-ciali saranno prevalentemente positivi edorientati agli obiettivi, l’appartenenza allatribù combacerà con l’appartenenza aisuccessi aziendali. I sistemi organizzativi che premiano l’ob-bedienza alle procedure, la presenza sul

luogo del lavoro, la fedeltà acritica, l’ob-bedienza alla gerarchia, l’anzianità di ser-vizio, la furbizia relazionale promuove-ranno ambienti lavorativi nei quali ilcopione organizzativo rappresenterà unabuccia formale, più o meno resistente, aldi sotto della quale si muoverà la so-stanza di un copione tribale potente-mente ispirato da conflitti, alleanze, ves-sazioni, personalismi, che poco hanno ache fare con gli obiettivi aziendali.

MATERIALI E METODIPer questo studio, la ricerca è stata con-dotta tramite varie banche dati, quali:Chinal, Medline, Ilisi.I fenomeni indagati possono essere rap-presentati così: – qual è la soddisfazione reale degli in-

fermieri? – Quali sono le variabili che incidono di

più su questo aspetto? – La formazione di base e quella continua

sono un fattore rilevante per l’incre-mento motivazionale degli infermieri?

– La soddisfazione del lavoro è determi-nata dalla promozione e dalla possibi-lità di carriera?

Lo studio fa parte di un gruppo di lavorosulla “job satisfaction”, composto da vari

studenti del corso di laurea specialisticain Scienze Infermieristiche ed Ostetricheche hanno effettuato la stessa indaginein altre aziende ospedaliere, nello stessoperiodo, con lo stesso strumento di rac-colta dati, per cercare di avere una vi-sione reale più ampia dell’argomento inquestione.Nel presente studio è stato utilizzato unquestionario anonimo, come strumento diraccolta dati, distribuito a 127 infermieridel Fatebenefratelli, compresi nelle setteUo scelte in maniera random. (Tabella 2). Il questionario, composto da 205 item, èun’aggregazione di sei strumenti diversi,contrassegnati, per ogni sezione, da unalettera dell’alfabeto (dalla A alla F) per fa-cilitare la creazione del database e la ge-stione delle informazioni. La sezione A. Sono state prese in consi-derazione una parte socio-anagrafica (co-stituita da 38 item) e la sezione C, Job sa-tisfaction survey di Spector (Jss, de-nominata così dallo studio originale).La sezione C-Jss è uno strumento multi-mediale, originariamente sviluppato peril settore dei servizi sociali, composto dasottoscale di quattro item, ognuna riferitaa nove aspetti della job satisfaction: retri-buzione, promozione, supervisione, si-stema premiante, premi di base, proce-

REPARTO n. totaleinfermieri

n. questionaridistribuiti

n. questionaricompleti

ritirati

n. questionariincompleti

ritirati

NEUROLOGIA/SPDC 24 20 15 5

MEDICINA/B.O. 24 19 12 7

UROLOGIA 13 9 7 2

ONCOLOGIA 20 18 16 2

ORTOPEDIA 13 10 10 0

EMODIALISI 9 7 4 3

CHIRURGIA 24 20 14 6

TOTALE 127 103 78 25

Tabella 2. Dati di distribuzione e raccolta dei questionari

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dure operative, colleghi, natura del la-voro e comunicazione.Per ogni item, vi è una scelta di rispostatra “fortemente in disaccordo” a “moltod’accordo”: sei scelte in tutto, con cui ipartecipanti hanno risposto.

RISULTATILa compilazione dei questionari è avve-nuta per il 17,9% in Chirurgia; il 5,1% inEmodialisi; il 15,4% in Medicina/Bo; il19,2% in Neurologia/Spdc; il 20,5% inOncologia; il 12,8% in Ortopedia e il 9 %in Urologia. Il campione è risultato prevalentementefemminile (64,1%); l’età media della po-polazione in esame è di 38,83 anni (range23-59). Confrontando la job satisfaction con l’età

si è riscontrato che il 92% degli intervi-stati che rientrano nella fascia di età 23-34 anni è soddisfatto, così come l’80%degli infermieri che rientrano nel range35-44 anni, mentre tra i 45-59 anni soloil 77% è gratificato dal proprio lavoro.(Tabella 3).Durante l’analisi dei dati, si è riscontratauna media di 13,92 anni di carriera pro-fessionale e una moda di meno di unanno di permanenza nello stesso reparto.Gli intervistati che hanno tra uno e 14anni di carriera professionale si riten-gono maggiormente soddisfatti sul la-voro per l’85%. (Tabella 4).Indagando sul valore della formazione inrelazione alla soddisfazione sul lavoro, siè appurato che oltre la metà degli inter-vistati (56%) è in possesso del diploma

da infermiere della scuola regionale, mache sono risultati più soddisfatti gli infer-mieri in possesso di laurea universitariadi I livello con l’89%. (Tabella 5).La possibilità di soddisfare l’obbligo dipartecipare ai corsi Ecm è positiva per il37,2% dei dipendenti infermieri del cam-pione.Per quanto riguarda il grado di soddisfa-zione lavorativa globale percepita da tuttii 78 intervistati, l’83,3% è “completa-mente soddisfatto” e gratificato dell’atti-vità svolta contro l’insoddisfazione del16,7%.Dall’analisi delle risposte riguardanti ilfattore “promozione” è emerso che:l’89,8% degli intervistati riferisce cheesiste una scarsa possibilità di promo-zione pur per chi lavora bene ed è, quindi,sorta un’alta insoddisfazione da parte delpersonale infermieristico in merito alleeffettive possibilità di carriera (75,7%).Invece, le risposte riguardanti il fattore“sistema premiante”, hanno riportato cheil 77% degli intervistati sono insoddi-sfatti delle indennità che ricevono e cheper l’87,1% delle persone esistono bene-fici contrattuali che dovrebbero essereassegnati ai dipendenti, ma non sonoconcessi. In ultimo, dall’analisi degli item riguar-danti il fattore “premi di base” è emersoche per il 50% degli intervistati il lavorosvolto non è apprezzato e che per l’84%degli infermieri il proprio impegno non èricompensato secondo le aspettative.

DISCUSSIONEDai risultati possiamo affermare che ilcampione esprime livelli di job satisfac-tion generale positiva, in quanto l’83,3%delle persone intervistate si è detta so-stanzialmente “soddisfatta” del propriolavoro, con una percentuale d’insoddi-sfazione del 16,7%. Questi risultati sono molto simili a quelliosservati in uno studio internazionalecondotto su 43mila infermieri di cinquePaesi diversi (Stati Uniti, Canada, Inghil-terra, Scozia e Germania) dove si è dimo-strato un tasso d’insoddisfazione oscil-lante tra il 17% e il 40%.Possiamo giustificare l’elevato grado disoddisfazione ottenuto in questo studio,considerando il fatto che possa esseredeterminata da una popolazione compo-

Età 23-34 Età 35-44 Età 45-59 Totale

soddisfatto 24 24 17 65

non soddisfatto 2 6 5 13

TOTALE 26 30 22 78

1-14 annidi carriera

professionale

15-30 annidi carriera

professionaleTotale

soddisfatto 51 14 65

non soddisfatto 10 3 13

TOTALE 61 17 78

DiplomaRegionale Laurea I livello Totale

soddisfatto 34 31 65

non soddisfatto 9 4 13

TOTALE 43 35 78

Tabella 3. I dati del confronto fra la job satisfaction e l’età degli intervistati

Tabella 3. I dati del confronto fra la job satisfaction e l’età degli intervistati

Tabella 3. I dati del confronto fra la job satisfaction e l’età degli intervistati

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sta soprattutto da persone giovani, conun’anzianità di servizio non eccessiva-mente elevata (media = 13,92 anni) e unapermanenza nello stesso reparto moltobassa (moda = tre anni). La letteratura, infatti, dice che,spesso, il cambiamento dell’UnitàOperativa, condotto in maniera ragio-nata, dopo qualche anno, genera, neldipendente infermiere, molta più mo-tivazione e gratificazione.L’uomo ha bisogno di trovare stimolinuovi da soddisfare, nuovi scopi da per-seguire, che lo porteranno a non fossiliz-zare il proprio pensiero, evitando di ca-dere nel burn-out. Nei dati riguardanti il titolo di studio, sipuò osservare una soddisfazione mag-giore riscontrata tra gli infermieri in pos-sesso di laurea universitaria (89%), ri-spetto agli operatori in possesso didiploma regionale (79%) che, nel cam-pione, sono risultati più della metà (56%).Ciò, forse, perché maggior cultura portaa ottenere più elasticità mentale e,quindi, ad aver meno resistenze versoproblemi economici e organizzativi cheostacolano il cambiamento a livello ope-rativo, portando insoddisfazione lavora-tiva.Nonostante l’elevato grado di soddisfa-zione emerso, sono state riscontrate purecarenze nei fattori che sono ritenuti in let-teratura aspetti prettamente motivazio-nali dell’attività lavorativa. In merito alla formazione è stata, infatti,riscontrata una percentuale molto bassadi infermieri che hanno la possibilità dipartecipare all’Ecm (altro fattore signifi-cativo per elevare il livello di motivazionedei dipendenti, oltre a migliorarne la pra-tica e ampliare le loro conoscenze, abilitàe capacità di giudizio).

Tenuto conto di quanto sinora osservato,è stata condotta un’ulteriore analisi, voltaa indagare il rapporto esistente tra sod-disfazione dei lavoratori per la propriaoccupazione e la promozione o avanza-mento di carriera (altro elemento fonda-mentale, in letteratura, per la job sati-sfaction). Dall’analisi dei dati, si può osservareun’evidente e totale insoddisfazione daparte degli infermieri sulla possibilità dipromozione e di avanzamento di carriera,dovuta, da quanto emerge dai risultati, dauna mancanza di strumenti operativi attia promuovere il personale competentenell’organizzazione dell’azienda ospeda-liera. Alcune grandi organizzazioni intrapren-dono progetti di “Compensation mana-gement”, mirati ad identificare l’insiemedi azioni che influenzano i comportamentiindividuali affinché contribuiscano al rag-giungimento degli scopi aziendali e con-testualmente alla soddisfazione dellapersona stessa. Si tratta di uno degli aspetti del Total Re-wards, in Italia noto come Sistema Pre-miante, che punta all’identificazione, insenso generale, dei riconoscimenti nonsolo economici per generare la motiva-zione delle persone all’interno dell’orga-nizzazione e, soprattutto, per incentivarei comportamenti più produttivi, elimi-nando quelli ostili.Nella definizione del sistema premianteoccorre stabilire: che cosa, come e chipremiare. All’interno dell’organizzazione, la defini-zione di questi parametri è estremamentedelicata, visto che il riconoscimento attri-buito ad alcune funzioni (e non ad altre)rischia di far nascere attriti tra le diversecomponenti aziendali.

Nell’ambito delle aziende sanitarie, il po-tere decisionale della direzione rispettoal sistema premiante è fortemente condi-zionato sia dalla legislazione del lavoroche dalla contrattazione collettiva.

CONCLUSIONIIl presente studio cerca di offrire informa-zioni volte al miglioramento continuo del-l’assistenza, focalizzando la valutazionesui livelli di soddisfazione lavorativa deidipendenti e allo studio di alcune varia-bili (formazione e promozione) sostenutedalla letteratura come rilevanti fattorimotivazionali.L’indagine condotta cerca, quindi, di rap-presentare un nuovo modo di concepirela professione infermieristica, perchépensare alla gestione del personale solocome una mera “amministrazione” nu-merica delle risorse non può che essereuna visione limitativa. Si auspica, quindi, di progredire versouna gestione del lavoro inteso in chiavequalitativa, pensando agli esiti conse-guiti dalle risorse, piuttosto che alla solagestione dei turni di servizio. L’emancipazione del sistema di incentiva-zione e l’implementazione della clinicalgovernance che, nello specifico, dovreb-bero essere applicate dall’amministra-zione dell’ospedale Fatebenefratelli, ri-spondendo, così, alla carenza riscontratadi due variabili motivazionali - la promo-zione e la formazione - che porterebberoal raggiungimento di livelli totali di sod-disfazione lavorativa da parte dei dipen-denti.

AUTORE:Barbara Di Donato, dottore magistrale inScienze Infermieristiche, infermiera Uo Spcd,ospedale Fatebenefratelli, Roma.

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L'8 marzo scorso, al policlinico Gemelli, è stata presentata l’ottavaedizione del rapporto Osservasalute, un’analisi critica sulla qua-lità dell’assistenza sanitaria nazionale e regionale in Italia. Oltre 500 pagine, frutto del lavoro di 203 ricercatori dei maggioriistituti di ricerca italiani.Tra le regioni, il Lazio, sottoposto anche al piano di rientro, è l’unicache ha ridotto la spesa sanitaria, ma, al 2009, registra un disavanzopro capite di 244 euro, maggiore di tutte le altre.Nel 2007, il rapporto spesa/Pil è stato pari al 6,38% (media ita-liana, 6,59%).Fra il 2002 ed il 2009, la popolazione media per Asl è aumentatamolto; nel 2007, il Lazio presenta, per 1000 abitanti, un tasso dipersonale medico ed odontoiatrico del Ssn di 1,74 unità e del 3,75di personale infermieristico (media nazionale, 1,80 per il primo e4,45 per il secondo).Il tasso standardizzato complessivo di dimissioni ospedaliere è paria 198 per 1000 abitanti nel 2008: in regime ordinario, 131,2 dimis-sioni e 66,7 in quello di day hospital.Confermata un’eccessiva tendenza all’ospedalizzazione, nonché ilconsumo di antidepressivi, pari a 33,12 dosi al dì per 1000 abitanti.La popolazione, sempre in aumento, ha un tasso di fecondità to-tale (cioè, il numero medio di figli per donna) di 1,42 e l’età me-dia, al parto, è di 31,9 anni.Vivono da soli, il 15,4% dei maschi e del 39,3% delle donne, dai65 anni in su, per un totale del 29, 2% di persone (media nazionale,

27,8%). La mortalità complessiva dal primo anno di vita in poi èpari a 91,2 per 10mila abitanti tra i maschi (media nazionale,89,8) e di 55,9 tra le donne.Tra le cause, le malattie del sistema circolatorio, malattie ische-miche del cuore con un valore pari a 16,84 per 10mila per i maschicontro una valore nazionale di 15,04, mentre il tasso di mortalitàfemminile per le stesse malattie è, invece, del 10,12 (media na-zionale 8,56) ed i tumori.Persistono stili di vita errati, specie l’abitudine al fumo: il Lazio de-tiene la minor percentuale italiana di non fumatori, mentre quelladei fumatori è del 23,3% della popolazione dai 14 anni in su.I consumatori di alcol sono il 68,4% dei cittadini. La percentualedi quelli nella fascia 11/18 anni è del 16,8% fra i maschi e l’11,8%fra le femmine e del 15,6% dei primi e del 4,4% delle secondenella fascia 19/64 anni. È in sovrappeso il 34,4% dei cittadini (obeso, il 9%); fra i bambini,tra gli 8-9 anni, è obeso il 10,7%, in sovrappeso, il 24,6%.Lo sport è praticato dal 23,2% della popolazione dai 3 anni in sue rispetto alle abitudini alimentari, in media, vengono consumatecinque porzioni di frutta e verdura dal 6,1% dai cittadini (media na-zionale, 5,7%) ogni giorno.Nelle città, per 41 giorni l’anno, si supera il limite delle concen-trazioni medie giornaliere delle polveri fini.

Tiziana Mercurio

RAPPORTO OSSERVASALUTEIl Lazio riduce la spesa sanitaria, ma è la regione col maggior disavanzo

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Collegio Provinciale IPASVI di Roma

focusfocusfocusReport annuale delle attività

del Centro di Eccellenza per la Cultura e la Ricerca Infermieristica

CENTRO DI ECCELLENZAPER LA CULTURA E LA RICERCA INFERMIERISTICA

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Due giorni probabilmente non bastano araccontare un anno di lavoro. Ma la densitàdel confronto con il board internazionale edel workshop presso il ministero della Sa-lute il 19 e il 20 maggio scorsi hanno benedato il senso del valore scientifico e profes-sionale del Centro di Eccellenza per la Ri-cerca e la Cultura Infermieristica.Giovedì 19 maggio, all'hotel Leonardo, sisono finalmente ritrovati attorno a un ta-

volo tutti i protagonisti delle attività delcentro: ricercatori, professori universitari,consulenti, advisor, e naturalmente tantiinfermieri del Collegio Ipasvi di Roma. Non si è trattato di un'auto incensazione,ma di uno schietto confronto sullo stato diavanzamento dei progetti di ricerca, perraccogliere il meglio di quanto seminato egettare le basi per l'attività dell'imme-diato futuro.

Preziosissime, sotto questo aspetto, leraccomandazioni del board internazionale,guidato dalla professoressa Dyanne Af-fonso (presidente onorario del Centro diEccellenza) e composto dai professoriAnn Gallagher (Surrey University), Mar-tin Johnson (University of Salford, Man-chester), Linda Mayberry (New YorkUniversity), Souraya Sidani (RyersonUniversity), Roger Watson (University ofSheffield). "Il vostro lavoro è prezioso e stimolanteperché si spinge in ambiti di ricerca maiesplorati prima, soprattutto dal punto divista della scienza infermieristica. ed èproprio questo gap culturale che pianpiano stiamo colmando la nostra forza, ilbiglietto da visita con cui dobbiamo pre-sentarci all’esterno e con le istituzioni,per meglio comunicare il nostro peso spe-cifico”, ha spiegato la Affonso.Convinta della bontà e della rilevanza dellavoro fatto dal centro anche la professo-ressa Linda Mayberry: "La forza e la no-vità per il panorama italiano risiede nellamobilitazione di reti di conoscenza tra re-altà diverse e magari distanti, sia con-cettualmente che geograficamente. Èquesto il valore aggiunto di un Centro diEccellenza rispetto ad un centro di ricercauniversitario”.L'attenzione della professoressa Ann Gal-lagher è stata tutta per gli aspetti eticidelle attività di studio intraprese. A par-tire dalla terminologia da usare, dal con-siderare partecipanti e non soggetti pas-sivi gli infermieri e i cittadini coinvolti:"In Gran Bretagna siamo molto sensibili aquesti aspetti, alla garanzia di riserva-tezza dei dati raccolti, così come dellaloro messa in sicurezza. In questo modo,chi ha collaborato continuerà a farlo consempre più piacere e partecipazione".L'incontro del 19 ha riservato ai presenti

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IL 19 E 20 MAGGIO SI SONO TENUTI WORKSHOP CON IL BOARD INTERNAZIONALE

Due giorni per raccontareil lavoro di un anno

Il presidente Rocco illustra lo Scientific Annual Report

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anche un'anticipazione dei primi risultatidi due tra i progetti portanti dell'attivitàdel centro del 2011. Il consigliere Ipasvi Carlo Turci ha par-lato della ricerca multicentrica sul benes-sere organizzativo degli infermieri diRoma e provincia; dall'università di Ge-nova, Loredana Sasso e AnnamariaBagnasco hanno invece relazionato sultema della sicurezza nell'area dell'emer-genza. In particolare, sono stati indagati irequisiti quali-quantitativi della comunica-zione a supporto della diminuzione del ri-schio di errore.Il giorno successivo, il prestigioso audito-rium della nuova sede del ministero dellasalute all'Eur ha ospitato il workshop in-ternazionale intitolato: “Progetti di ricercaper l'innovazione”. A moderare il dibattito,il giornalista Rai Luciano Onder.Dopo la presentazione ufficiale dell'An-nual Scientific Report, a cura del presi-dente Ipasvi e direttore del Centro, Gen-naro Rocco, l'intera sessione mattutinaè stata utilizzata per dare evidenza ai se-dici progetti già in fase completamento.“Ciò che presentiamo oggi – ha spiegatoRocco – è il naturale, anche se non scon-

tato, risultato di tantissime riunioni, di in-numerevoli esperienze di confronto conrealtà diverse dalla nostra, di un inces-sante lavoro da parte di un gruppo affia-tato di infermieri, docenti, professionistidi vari settori, che hanno tutti creduto dasubito nell’ambizioso progetto di creareper la prima volta in Italia un Centro di ri-cerca in ambito infermieristico e non me-dico o solo universitario”.Ecco i titoli (per i dettagli di ciascun pro-getto, vedi le schede contenute in questofocus):Polo per l’istruzione- Studio e realizzazione di un sistema diclassificazione e consultazione delle tesidi laurea.- Costruzione di un modello per la valuta-zione del core competence infermieristiconell'esame di abilitazione professionale.Polo per la ricerca- Progetto di ricerca multicentrica sul Be-nessere organizzativo degli infermieri inservizio presso le Aziende sanitarie diRoma e Provincia.- La sicurezza nell’area dell’emergenza: irequisiti quali/quantitativi della comuni-cazione a supporto della diminuzione del

rischio di errore e della qualità delle cure.- Il rispetto dell’etica della dignità nei rap-porti interprofessionali. Un’analisi multi-centrica Italia-Gran Bretagna.- La continuità assistenziale nella croni-cità: definizione dei bisogni educativi deipazienti e dei caregiver per la riduzionedei riaccessi impropri e l’aumento del-l'adesione al trattamento.- Studio descrittivo dei servizi di Cure pal-liative e terapie del dolore in Italia finaliz-zato ad individuare le forme attivate e at-tivabili di riduzione della sofferenza allafine della vita.- Qualità di vita nelle famiglie italianecolpite da stroke.- Ascoltare il silenzio. il vissuto delledonne vittime di violenza che si rivolgonoalle strutture sanitarie.- Individuazione di uno strumento finaliz-zato alla riduzione degli errori da sommi-nistrazione di farmaci attraverso un abbi-gliamento dedicato e una cartellonisticadi “non disturbo".Polo per la formazione dei ricercatori- Infermieri clinici e ricerca infermieri-stica.- Corso di formazione teorico-pratica inMetodologia della ricerca Infermieristica.- Corso di alta formazione in Metodologiadella ricerca scientifica nell’Infermieri-stica.- Bibliografia e ricerca bibliografica nelleScienze infermieristiche: teoria e prassiper le procedure tecniche di ricerca e ac-cesso alle risorse.- Migliorare la pratica clinica a partiredai risultati della ricerca scientifica.Polo della pratica clinica- Miglioramento della pratica assisten-ziale attraverso l’utilizzo di infermieri cli-nici esperti in Evidence Based Practice.

Sono stati molto graditi anche i saluti isti-tuzionali, ad opera di personalità da sem-pre sensibili al lavoro svolto dagli infer-mieri. Sul palco si sono succeduti ildirettore generale delle risorse umane eprofessioni sanitarie del ministero dellaSalute, Giovanni Leonardi; l’ex mini-stro della Salute e membro del comitatodei garanti del Centro, Elio Guzzanti; ilpresidente del corso di laurea in Infer-mieristica dell’università di Tor Vergata,

Il presidente del corso di laureain Infermieristica di Tor Vergata,

Augusto PanàIl professore Elio Guzzanti,

membro del comitato dei garanti

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Augusto Panà.Spazio poi, nel pomeriggio, alla presenta-zione dei nuovi progetti finanziati perl'anno in corso, tutti partiti rispettando itempi stabiliti:- la responsabilità educativa nei percorsi

clinico assistenziali dei pazientiin stoma terapia: formazione sulcampo all’utilizzo della scheda didiagnosi;- autovalutare lo sviluppo corecompetence “in progress”, il bi-lancio di competenza: formazionesul campo;

- ricerca multicentrica sullapresa in carico del paziente nelpercorso perioperatorio;- installazione presso le Aziendesanitarie di Unità di nursing riskmanagement;- linee di indirizzo per il migliora-mento dell’integrazione tra infer-mieri stranieri provenienti dal-l’area sud-americana e figureprofessionali socio-sanitarie;

- rights and duties in health care: Nurses’Rights;- self care nel paziente con scompensocardiaco;- metodologia della ricerca infermieristica(blended on line);

- bibliografia e ricerca bibliografica nelleScienze infermieristiche: teoria e prassiper le procedure tecniche di ricerca e ac-cesso alle risorse;- corso di inglese generico;- corso di inglese per la ricerca bibliora-fica;- evidence-cased practice: produttori eutenti di evidenze;- revisione sistematica della letteratura emeta-analisi.“Il prossimo appuntamento internazionaledel centro è per il mese di novembre – haannunciato in chiusura la vice presidentedel Collegio Ipasvi di Roma e del Centro diEccellenza, Maria Ausilia Pulimeno -quando una conferenza internazionalesarà l’occasione per presentare i risultatidelle ricerche svolte, con il chiaro intentodi cambiare a poco a poco il modo di la-vorare sul territorio per garantire più sa-lute al cittadino, facendo dell’Italia unPaese leader a livello europeo della ri-cerca infermieristica”.

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Il direttore generale del ministero della Salute,Giovanni Leonardi

I preziosi consigli del board internazionale

“Il vostro lavoro è prezioso e stimolanteperché si spinge in ambiti di ricerca maiesplorati prima da altri infermieri euro-pei”.

Dyanne Affonso

“La mobilitazione di reti di conoscenza trarealtà diverse rappresenta il valore ag-giunto di un Centro di Eccellenza rispettoad un centro di ricerca universitario”

Linda Mayberry

“Bisogna fare sempre molta attenzioneagli aspetti etici della ricerca: in questomodo, chi ha collaborato continuerà afarlo con sempre più piacere e partecipa-zione”.

Ann Gallagher

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Grande spazio sui media all’iniziativa

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La presentazione dello Scientific An-nual Report del Centro di Eccellenza perla Ricerca e la Cultura Infermieristicanon ha lasciato indifferente la stampanazionale di settore.Il 19 maggio, proprio in concomitanzacon il primo dei due incontri dedicati adillustrare le attività del Centro, il“Sole24-Sanità” ha dedicato un ampioservizio di due pagine all’evento. Il gior-nalista Paolo Del Bufalo ha riportato ipunti salienti di ciascun progetto partitonel 2010, tratteggiando con dovizia diparticolari le ricerche in corso e quellepronte per partire. “Nursing: caccia all’eccellenza”, il ti-tolo scelto per l’articolo.Quasi in contemporanea, un’altra rivistaspecializzata, “Panorama della Sanità”,sul numero 19 del 16 maggio, avevaanticipato i contenuti dei workshop in-ternazionali con una lunga intervista alpresidente del Collegio Ipasvi di Roma,Gennaro Rocco, ad opera del direttoredella testata, Corrado De Rossi Re.

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Il contestoL’infermieristica Italiana è stata protago-nista in questi anni di un processo di cre-scita e di sviluppo senza uguali inEuropa: da professione ancillare e social-mente poco riconosciuta, a professioneintellettuale con pari dignità di ruolo e distatus rispetto a tutte le altre professionisanitarie. Un processo di maturazionefrutto di sfide coraggiose, di tanti sa-crifici, di investimenti culturali e che haavuto il suo incipit con il trasferimentodella formazione dalle scuole profes-sionali all’università. Anche il sistemasanitario del nostro paese è di fronte asfide decisive per il futuro. Esigenze cre-scenti, costi costantemente in crescita,aspettative sempre più alte da parte dei

cittadini, disponibilità di tecnologiesempre più sofisticate, un andamentodemografico ed epidemiologico caratte-rizzati dall’invecchiamento della popola-zione e dalle pluripatologie e quindi dallacronicità. Per garantire anche per il futuro il mante-nimento del Servizio sanitario basatocome oggi è, sul solidarismo, sull’equitàe sull’universalità, vanno pensati nuovimodelli organizzativi, ridisegnate le retidei servizi e le modalità di erogazionedegli stessi. Tutti i professionisti sanitari sonochiamati a dare il loro contributo con-vinto e fattivo per mantenere alti glistandard di qualità che la nostra sanità,riconosciuta tra le migliori del mondo,

comunque assicura. Anche noi infermierivogliano fare la nostra parte! E lo fac-ciamo in un contesto certamente non fa-vorevole, determinato soprattutto dallacronica carenza di professionisti: siamoancora tra gli ultimi paesi dell’area Ocseper il rapporto infermieri/abitanti. Ciò no-nostante non solo continuiamo a ga-rantire la funzionalità dei servizi masiamo anche animati da una forte moti-vazione e voglia di fare per migliorare lenostre performance professionali e perottimizzare la qualità delle prestazioniche le nostre strutture erogano. E lo te-stimoniamo con i fatti: migliaia di infer-mieri ogni anno frequentano corsi postlaurea (Master di I e di II livello, Laureamagistrale, Dottorati di ricerca). Tuttisono pienamente coinvolti nei corsi diEducazione continua in medicina. Accet-tiamo e sfruttiamo appieno le straordi-narie opportunità che la tecnologia cimette a disposizione sia nelle biotecno-logie che nella formazione e nella ri-cerca.

Le motivazioniIn questo scenario complesso, dinamicoe caratterizzato dalla continua ricerca diun modello ottimale di organizzazioneispirata all’efficienza, all’efficacia e so-prattutto alla sostenibilità, si collocaquesta nuova iniziativa promossa dalConsiglio direttivo del Collegio Ipasvi diRoma: la creazione di un “Centro di Ec-cellenza per la Cultura e la RicercaInfermieristica”. Un’iniziativa corag-giosa, unica nel suo genere, che agiscein tutti gli ambiti in cui l’infermiereopera: l’assistenza, la clinica, la forma-zione, l’organizzazione e il management.Quindi, la ricerca.All’inizio certamente ci aspettavamo daiColleghi più direttamente coinvolti un

CENTRO DI ECCELLENZA PER LA CULTURA E LA RICERCA INFERMIERISTICA

Presentazione del primoAnnual Scientific Report

Il presidente Gennaro Rocco presenta lo Scientific Annual Report

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grande impegno. Non immaginavamoallora però che, nel breve volgere dipochi mesi, quell’impegno si sarebbe tra-sformato in entusiasmo e che il progettoattirasse così tanta attenzione e parteci-pazione. Un sasso nello stagno che hacontribuito a svelare una spiccata pro-pensione dell’infermiere alla cono-scenza, alla speculazione scientifica, allariflessione critica.

Gli obiettiviTra gli obiettivi del Centro di eccellenzavi sono quelli di promuovere e sostenerela ricerca infermieristica e di mettere adisposizione dell’intera comunità profes-sionale, in modo semplice e immediato,il meglio della letteratura scientifica edell’Ebn internazionale, le migliaia di te-state di riviste e pubblicazioni speciali-stiche, le principali banche dati d’inte-resse infermieristico, gli indici di lette-ratura scientifica più qualificati.Un servizio d’eccellenza offerto a chi vuolfare della ricerca e dell’evidenza scien-tifica l’investimento culturale della suavita.

La struttura e le collaborazioniIn linea con le positive esperienze ma-turate in questi anni soprattutto negliStati Uniti, il Centro di Eccellenza si èdotato di speciali organismi di indirizzo everifica delle sue attività in grado di con-ferire piene garanzie di tipo etico, deon-tologico e scientifico al lavoro svolto.Una volta ultimata la sua messa aregime, potrà fornire risultati di straordi-naria importanza per l’intero ambito in-fermieristico. Consentirà di definire eadottare nella pratica quotidiana modellidi riferimento che integrano scoperta,applicazione e didattica. Attraverso il Centro, che continua a ri-cevere consensi ed adesioni da tutto ilmondo, gli infermieri italiani hanno a di-sposizione un vademecum speciale peraffermarsi come professionisti “eccel-lenti”. Potranno contribuire a disegnarela riforma della formazione infermieri-stica, effettuare ricerche multicentrichee interdisciplinari, formare i nuovi infer-mieri-ricercatori, creare laboratori di ri-cerca infermieristica, organizzare gli stu-

denti in gruppi di ricerca, costituire co-mitati di infermieri clinici esperti perl’analisi e la revisione degli standard del-l’assistenza infermieristica, sostenere efavorire la messa in rete delle attività diricerca delle Associazioni/Società scien-tifiche professionali, sviluppare aree tra-sversali alla pratica clinica e molto altroancora. Uno strumento efficace, in-somma, per lanciarsi dritti nel futuro del-l’assistenza, acquisendo competenze estrategie altrimenti non disponibili.

Gli aspetti di metodoUna struttura così complessa e articolatanon poteva esimersi dal dotarsi di unabase organizzativa, determinando unmetodo, basato sui criteri di efficienza edi funzionalità.Il punto di partenza è stato naturalmenteindividuato nel Sistema organizzativoche governa le attività del Collegio, Entecertificato da tre anni tramite un Orga-nismo accreditato. Su questa piatta-forma si sono innestate le attività di ge-stione dei Progetti.Le fasi di gestione sono essenzialmentericonducibili al metodo PDCA di Deming(Plan, Do, Check, Act) applicato a: • individuazione delle linee di indirizzo; • proposte progettuali;• attuazione dei progetti approvati;• audit in progress e riallineamento della

pianificazione;• acquisizione e diffusione dei risultati.A una prima analisi potrebbe apparirestridente l’applicazione di un metodo“meccanicistico” a dei programmi scien-tifici dove il perseguimento della cono-scenza attraverso rigorosi metodi e stru-menti validati dalla comunità scientificadi riferimento, sembra essere l’unicotarget.Ma possiamo affermare (e questa è lanostra sfida metodologica) che, senza unmetodo di governo, anche il più validodei progetti di ricerca, raggiunta la vali-dazione di risultati ambiziosi, fa fatica adimostrare che la realizzazione sia av-venuta con il migliore utilizzo delle ri-sorse. Per questo motivo in tempi di ri-sorse definite come quelli attuali, consi-deriamo una corretta gestione delle ri-sorse un dovere etico dal quale la ricerca

scientifica non può esimersi.I programmi di ricerca già avviati pro-cedono speditamente grazie alla collabo-razione fattiva di tanti infermieri, delleuniversità italiane e straniere, dei molte-plici enti coinvolti e di tantissimi giovani.Ad un anno dalla sua fondazione, ilCentro di Eccellenza per la Cultura e laRicerca Infermieristica ha avviato ben 16progetti, dei quali questa pubblicazioneoffre una sintetica documentazione. Si èavvertita la necessità di fare il puntosugli studi in corso, di registrare la com-plessa rete di relazioni scientifiche inter-nazionali e di pianificare al meglio laConferenza internazionale nel corso dellaquale, nel prossimo autunno, sarannopresentati i risultati conclusivi delleprime ricerche. Da qui la pubblicazione dell’AnnualScientific Report che registra lo stato deiprogrammi, ne analizza la metodologiaorganizzativa e mette a fuoco le risul-tanze degli studi fin qui condotti.La sua presentazione ha offerto a tuttinoi un’utile occasione di analisi e di con-fronto con alcuni dei principali protago-nisti della best practice infermieristicainternazionale, alla presenza di insignistudiosi, autorità del mondo politico, ac-cademico e professionale.

ConclusioniIl lavoro sin qui fatto è certamente tantoe l’entusiasmo con cui tanti infermierihanno aderito ai diversi progetti cispinge ad andare avanti con determina-zione, consapevoli che una disciplina simantiene viva solo se è capace di inno-varsi, di evolversi, di esplorare nuove co-noscenze. Noi lo facciamo ispirandoci aivalori etici e deontologici che da semprecaratterizzano la nostra professione.

Gennaro RoccoPresidente del Collegio Ipasvi di Roma

e Direttore del Centro di Eccellenzaper la Cultura e la Ricerca Infermieristica

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Ad appena un anno dalla loro approvazio-ne da parte del Consiglio direttivo delCollegio Ipasvi di Roma, i progetti delCentro di Eccellenza per la Cultura e laRicerca Infermieristica iniziano a dare iprimi frutti. Il Centro è già pienamenteoperativo e vede una straordinaria quan-tità di energie al lavoro, grazie anche alcoinvolgimento di università italiane estraniere, personalità del mondo scientifi-co e culturale, ricercatori, rappresentantidelle istituzioni, una rete di consulenti atrecentosessanta gradi.Il Report presentato al workshop interna-zionale del 19 e 20 maggio ha dato contodi tutte le attività intraprese nel 2010 e visi può leggere, in controluce, il pianod’azione per l’anno presente e quelli futu-ri.

I progetti partiti per primi hanno messoinsieme un gran numero di soggetti,diventando il paradigma per declinare glistudi nel settore delle Scienze infermieri-stiche in Italia oggi.In particolare, la “Ricerca multicentri-ca sul benessere organizzativo degliinfermieri in servizio presso leAziende sanitarie di Roma e provin-cia” ha registrato la diffusione e la rac-colta di ben 4.750 questionari e 34 corsidi formazione accreditati Ecm itinerantinelle Aziende sanitarie della RegioneLazio. Attraverso questo strumento diindagine, si mira a diffondere il concettodi salute organizzativa nell’ambito dellestrutture sanitarie, creando una rete diamministrazioni interessate allo sviluppoe all’approfondimento delle tematiche

riguardanti il benessere dei lavoratori. È stato possibile così misurare anche irischi psicosociali riguardanti le variabililegate al clima organizzativo e agli stili diconvivenza sociale all’interno di Asl, clini-che e ospedali, allo scopo di sensibilizza-re i dirigenti dell’Area assistenziale e tec-nica sull’importanza del clima organizzati-vo come substrato di miglioramento dellasoddisfazione degli infermieri e delle per-sone assistite. Il progetto “La sicurezza nell’area del-l’emergenza: i requisiti quali-quanti-tativi della comunicazione a suppor-to della diminuzione del rischio dierrore e della qualità delle cure” ha,invece, coinvolto circa 100 professionistidi tre grandi aziende sanitarie romane esono state raccolti ben 900 questionari. La comunicazione ed i processi decisiona-li sono, infatti, tra le principali attività delpersonale di emergenza. Studi dimostra-no che l’89% del tempo di attività dimedici e infermieri nell’emergenza èdedicato ad attività di comunicazione, dicui la maggioranza caratterizzato dacomunicazione verbale, ma anche comu-nicazioni telefoniche, note scritte, infor-matiche. L’obiettivo del progetto è ridurre il rischiodi errore e di near miss nella comunica-zione tra operatori sanitari, attraversol’identificazione di format comunicativiatti a ridurre le memory failure e agaranzia della safety e della security dipazienti ed operatori.La comunicazione virtuosa come antidotocontro la cattiva sanità contraddistingueanche il progetto “Individuazione diuno strumento finalizzato alla ridu-zione degli errori da somministrazio-ne di farmaci attraverso un abbiglia-mento dedicato e una cartellonisticadi non disturbo”. Farà certamente parlare di sé anche ilprogetto “Ascoltare il silenzio” (sulvissuto delle donne vittime di violenzache si rivolgono alle strutture sanitarie).

La dottoressa Annamaria Bagnasco presenta la ricerca sulla

sicurezza nell’area dell’emergenza

I progetti avviati nel primo anno di attività

Il totem grafico con il logo del Centro,a simulare i pilastri rappresentati

dai Poli

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Attraverso un certosino lavoro di ascoltoe di indagine sul campo, si è aperto unprezioso spazio di dialogo tra le donne vit-time di violenza e la comunità professio-nale infermieristica, non solo per racco-gliere più dettagliatamente il loro vissutoe la loro percezione dell’assistenza rice-vuta, ma anche per restituirgli dignità,riconoscendo i loro bisogni all’interno delsistema sanitario. Pionieristico e molto attuale anche lo“Studio descrittivo dei servizi di curepalliative e terapie del dolore inItalia”, finalizzato a individuare le formeattivate - e attivabili - di riduzione dellasofferenza nel fine vita: tematica moltopresente nel nuovo Codice Deontologicodella Federazione nazionale CollegiIpasvi.Altri dati fondamentali per leggere megliola realtà in cui oggi l’infermiere esercitala propria professione stanno scaturendodal progetto “Qualità della vita nellafamiglie italiani colpite da casi distroke” rappresenta la seconda causa di

morte nel mondo e la principale causa didisabilità nella popolazione adulta. Un evento che non interessa solo ilpaziente colpito ma anche la sua famigliae, all’interno di essa, il caregiver, figura alcentro anche del progetto: “La continui-tà assistenziale nella cronicità: defi-nizione dei bisogni educativi deipazienti e dei caregiver per la ridu-zione dei riaccessi impropri e l’au-mento della adesione al trattamen-to”.La vocazione internazionale del Centro èribadita con forza da progetti come l'ana-lisi multicentrica, tra Italia e GranBretagna, sul “Il rispetto dell’eticadella dignità nei rapporti interprofes-sionali”. Alcune ricerche si sono rivolte più specifi-camente al mondo infermieristico: è ilcaso della “Costruzione di un modelloper la valutazione del core compe-tence infermieristico nell’esame diabilitazione professionale” o dello“Studio e realizzazione di un sistema

di valutazione e consultazione delletesi di laurea”, volto a creare un archi-vio informatico mai sperimentato prima. Su questa falsariga anche i progettiavviati dal Polo Formazione deiRicercatori. Il primo, “Metodologia della ricercainfermieristica”, è rivolto agli infermie-ri docenti nei corsi di laurea inInfermieristica (25 partecipanti), affinchéacquisiscano competenze da spendere aloro volta in favore della formazione allaricerca scientifica dei giovani infermieri. Il corso di formazione teorico-pratica, arti-colato in cinque moduli, si è concluso nelmese di febbraio 2011. Per consentire, nelprossimo futuro, una fruizione più ampia ilCentro di Eccellenza sta progettando unaformazione mista, residenziale e on line.Il secondo, “Bibliografia e ricercabibliografica nelle scienze infermie-ristiche”, è un corso gratuito, che sinte-tizza le esperienze di anni del gruppo dilavoro sulla biblioteca e l’indicizzazionedella letteratura infermieristica. Ha avutoun buon successo per i due corsi previstinel 2010 e, a grande richiesta, sono statepreviste ben altre cinque edizioni nel2011. Nell’ambito delle finalità del III Polo per laFormazione dei Ricercatori, nel 2010 sonostate realizzate 5 edizioni del corso basedi inglese scientifico (94 partecipanti), 4edizioni del corso di 2° livello (78 parteci-panti) e 2 edizioni del corso di 3° livello(40 partecipanti).Il 2010 ha visto l'inizio delle attività anchedel Polo della Pratica clinica, quello forsepiù ambizioso in quanto ha l’obiettivo dimigliorare la pratica clinica infermieristi-ca e di incoraggiare gli infermieri a realiz-zare tale miglioramento attraverso lariflessione critica sull’esperienza e l’ap-plicazione nella pratica dei risultati dellaricerca scientifica. Il primo progetto parti-to è: “Miglioramento della praticaassistenziale attraverso l’utilizzo diinfermieri clinici esperti in EvidenceBased Practice”, che coinvolgeràAziende sanitarie romane impegnatenelle aree della disabilità (neurologia,geriatria, reumatologia) e delle malattiecardiovascolari.

Il consigliere Carlo Turci presenta la ricerca sul benessere organizzativo

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Costruzione di un modello per lavalutazione del core competenceinfermieristico nell’esamedi abilitazione professionale

Obiettivi generaliSviluppo di un modello sperimentale per lavalutazione del core competence nella lau-rea triennale per la definizione di linee-guida all’esame di abilitazione.

Obiettivi specifici• Definire il core competence infermieri-

stico di base ed essenziale;• definire il modello concettuale di valu-

tazione del core competence infermieri-stico

• fornire gli strumenti di valutazione delcore competence infermieristico nel-l’esame di abilitazione.

Indicatori• Esiste un modello concettuale del core

competence infermieristico di base; • esistono criteri oggettivi di valutazione

del core competence infermieristico;• esiste il modello operativo per la condu-

zione dell’esame.

Disegno dello studioEsiste la volontà di individuare un modelloconcettuale per la valutazione del corecompetence infermieristico nel momentodell’abilitazione professionale.Il modello prevede una revisione attenta escrupolosa della bibliografia di riferimentonazionale e internazionale che permetteràdi focalizzare gli elementi che lo caratte-rizzano.Di seguito, sarà posta l’attenzione su ciòche viene oggi fatto e sulla validità delleesperienze fino ad ora utilizzate codifi-cando ciò che può essere valido all’in-terno del modello.Verrà studiata un modalità operativa dieffettuazione della valutazione del corecompetence infermieristico individuato,

utilizzando schede e griglie di osserva-zione capaci di evidenziare lacune o situa-zioni critiche del modello.In fase di sperimentazione, saranno indivi-duate quattro sedi di diversi atenei univer-sitari per applicare il modello.

ProcedureModello di riferimento.

Risultati attesi• Far assumere al core competence in-

fermieristico una fisionomia più chiara;• modificare l’attuale esame di abilita-

zione, fornendo un modello di riferi-mento scientifico, validato e accredi-tato;

• elaborare lo strumento chiaro, compren-sibile, facile ed esaustivo;

• definire linee-guida per tutte le univer-sità e valutare l’impatto.

RilevanzaIl progetto fornirà gli strumenti per unamaggiore credibilità professionale nel mo-mento dell’esame di abilitazione garan-tendo un esame oggettivo e riferibile alcore competence di base dell’infermieregenerale.

COORDINATORE PROGETTOMaria Ausilia Pulimeno

Studio e realizzazione di un sistemadi classificazione e consultazionedelle tesi di laurea

Obiettivi generaliLa necessità di consentire una rapida mo-dalità di consultazione e valutazione delletesi prodotte dagli studenti dei corsi dilaurea, di laurea specialistica e dei dotto-rati di ricerca ci ha indotti a proporre,come obiettivo del Polo Formativo, l’elabo-razione di un sistema di classificazione econsultazione e delle tesi infermieristichequale risorsa informativa non solo di per-

corsi e risultati accademici, ma anche dellivello di conoscenza raggiunto in specificisettori infermieristici. Obiettivi specifici• Definire un sistema di classificazione

delle tesi secondo criteri che consen-tano di analizzarne le caratteristiche ge-nerali, i metodi, i contenuti e i risultati;elaborare un sistema di archiviazione econsultazione informatica.

Indicatori• Esiste un sistema di classificazione

delle tesi; • esiste un software utilizzabile in rete

per l’archiviazione e la consultazioneinformatica.

Disegno dello studioRevisione di letteratura; combinazione diesperienze nazionali ed internazionali conparere degli esperti; sperimentazione delsistema di classificazione e consultazionesu campione rappresentativo di tesi.

ProcedureIl progetto si articola in cinque fasi:1. Revisione della letteratura relativa ai

sistemi di classificazione delle tesi uti-lizzate in letteratura. La revisione saràbasata su seguenti criteri (scelta deglistudi: quali pubblicazioni, quali anni equali tipi di studi; criteri di inclusione edesclusione degli studi; strategia di ri-cerca delle informazioni; valutazione

La vice presidente Ipasvi Roma,Maria Ausilia Pulimeno

POLO PER L’ISTRUZIONE(Comitato direttivo: Ausilia Pulimeno, Angela Basile,Maria Grazia De Marinis)

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Ascoltare il silenzio.Il vissuto delle donne vittimedi violenza che si rivolgonoalle strutture sanitarie

Obiettivi generali Si vuole aprire uno spazio di dialogo tra ledonne vittime di violenza che hanno avutobisogno di ricorrere alle strutture sanitariee la comunità professionale infermieri-stica, con la finalità non solo di racco-gliere più dettagliatamente il loro vissutoe la loro percezione dell’assistenza rice-vuta ma anche di restituire loro la dignitànel riconoscimento dei loro bisogni, neldare testimonianze delle aspettative edelle necessità deluse così come dellebuone pratiche e delle azioni appropriate,allo scopo di raccogliere elementi di cam-biamento e miglioramento per una pienaassunzione di responsabilità da parte dellacomunità professionale infermieristica, maanche dell’intero sistema di servizi sani-tari.

Obiettivi specifici • Raccogliere informazioni sulle espe-

rienze concrete vissute dalle donne vit-time di violenza durante il loro percorsonelle strutture sanitarie, soprattutto perquanto riguarda il riconoscere, l’acco-gliere, l’entrare in relazione, l’assistere,il supportare e il tutelare da partedegli/lle operatori/trici sanitari/e coin-volti/e;

• definire un’ipotesi di fabbisogno, di bi-lancio delle competenze relazionali (so-prattutto a livello infermieristico), orga-nizzative e strutturali necessarie emancanti, evidenziando punti di forza ecriticità;

• fornire alle donne vittime di violenzauno strumento di espressione e diascolto da parte della professione infer-mieristica e degli operatori coinvolti neipercorsi sanitari vissuti durante la loroesperienza di bisogno;

• disseminare i risultati allo scopo di inci-dere sui processi di miglioramento con-tinuo dell’assistenza alle donne vittimedi violenza e di presa in carico respon-sabile da parte del personale infermie-ristico.

Indicatori• Le modalità di svolgimento della ricerca

(processo, strumenti, somministrazionee raccolta, elaborazione e rendiconta-zione, disseminazioni) rispondono aiprincipi deontologici del Codice deonto-logico Ipasvi e ai principi etici di rispettodella salute della persona, della sua di-gnità, della riservatezza;

• il project team produce i resoconti initinere e consuntivi previsti dal dia-gramma di Gantt;

• la quantità di strumenti di ricerca com-pilati raccolti raggiunge il 75% deglistrumenti distribuiti dalle responsabilidei Cav;

• i tempi fissati nel diagramma di Ganttsono rispettati con uno scarto massimodi un mese dalle scadenze previste;

• la redazione di articoli (per editoria webe cartacei) e della pubblicazione edito-riale è effettuata nei tempi previsti daldiagramma di Gantt, con uno scartomassimo di un mese;

• i risultati della ricerca sono presentatialmeno ad un congresso/convegno en-tro un anno dalla chiusura della ricerca,con uno scarto massimo di un mese.

Disegno dello studioLa ricerca di tipo qualitativo si sviluppa apartire da un quadro teorico vicino alla fe-nomenologia e all’ermeneutica, principal-

della qualità metodologica e comple-tezza delle informazioni di ogni studio;elaborazione dei risultati e proposta deicriteri per la classificazione delle tesi);

2. consensus conference con esperti per lavalutazione e l’integrazione dei criteriproposti;

3. definizione di un database;4. creazione di un software dedicato, uti-

lizzabile in rete;5. sperimentazione del sistema di classifi-

cazione, di archiviazione e consulta-zione su un campione rappresentativo ditesi.

Risultati attesi• Disponibilità di criteri per la classifica-

zione delle tesi;• definizione di un data base per l’archi-

viazione delle tesi; • utilizzabilità del software dedicato, da

parte delle università per l’archiviazionee la rapida consultazione delle tesi dilaurea infermieristiche.

RilevanzaLa possibilità di accedere in maniera ve-loce e selettiva alla produzione delle tesifacilita la formulazione di interessanti giu-dizi su contenuti, metodi e risultati dei la-vori finali degli studenti, sulla congruenza

delle tesi con gli obiettivi formativi deicorsi e sulla futura produzione di tesi neisuccessivi livelli formativi (master, laureamagistrale, dottorati di ricerca). Con una completa disponibilità di datisulla produzione scientifica (del mondoaccademico come di quello sanitario), saràpossibile effettuare numerose e coordi-nate analisi che valuteranno lo sviluppodella ricerca clinica e della formazione inItalia.

COORDINATORE PROGETTOMaria Ausilia Pulimeno

POLO PER LA RICERCA(Comitato direttivo. Gennaro Rocco, Carlo Turci,Rosaria Alvaro)

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mente correlato alla “Metodologia auto-biografica” e alla sua declinazione nel-l’ambito della salute quale la “Medicinanarrativa”.La strategia è quella di cogliere l’oggettodi studio nel contesto stesso dove essoappare come fenomeno, cercando adesempio di far sì che i soggetti coinvoltiesprimano essi stessi e alla loro manierail senso dell’esperienza oggetto di studio.Il ricercatore si fa interprete di questeespressioni, traducendo e categorizzandoi contenuti, il più possibile fedelmente e inmaniera metodologicamente rigorosa, auso del dibattito scientifico e culturale.Nello stesso tempo, si dà valore e spazioal discorso originale così come espressodai soggetti della ricerca. Nel campo della ricerca sanitaria sullaviolenza contro le donne, l’approccio qua-litativo vuole dare testimonianza del puntodi vista della vittima nei confronti dei suoibisogni di salute e di come ad essi siadata risposta. Dare parola alle dirette interessate riescea rendere conto della complessità e della

globalità bio-psico-sociale dei bisogni im-plicati. Proprio per evitare il rischio di di-spersione, l’area di indagine è per questocircoscritta a poche domande specifiche diinteresse infermieristico: “Come vivonole donne vittime di violenza i percorsi sa-nitari?”; “Qual è la percezione dell’atteg-giamento nei loro confronti da parte delpersonale infermieristico e sanitario?”.L’approccio qualitativo, inoltre, risulta ap-propriato per studiare in modo intensivoun numero abbastanza ristretto di casi (ledonne ospiti dei Centri Anti-violenza ri-spetto all’insieme delle donne vittime diviolenza), una tipologia particolare di vit-time di violenza (donne che hanno sceltodi intraprendere un percorso di uscita daldisagio rispetto al totale delle donne chesceglie di non denunciare né di riconver-tire la propria vita), ma che risulta moltoappropriato rispetto al focus della ricerca(donne capaci di prendere la parola, di au-todeterminazione). Inoltre, la caratteristica dell’approccioqualitativo è di esplicitare il soggetto ricer-catore non come elemento neutro, ma

come forza implicata con le sue apparte-nenze sociali, i valori, gli interessi, le espe-rienze. È un punto di forza importante nelmomento in cui si vogliono evidenziare di-mensioni della questione che siano rile-vanti per la professione infermieristicastessa.Il grado di generalizzabilità delle risultanzeè inversamente proporzionale alla capa-cità del materiale raccolto di generare in-terrogativi, di mettere in discussione i pa-radigmi della professionalità, di suscitareemozione e apprendimento. Proprio in ragione del fatto che la ricercavuole essere anche un momento di resti-tuzione dell’ascolto e dell’accoglienza alledonne vittime di violenza (e quindi il par-tecipare stesso alla ricerca è già un mo-mento di rivalsa rispetto alla situazioneoriginaria) e uno stimolo per un cambia-mento nella professionalità del personaleinfermieristico, la ricerca può essere con-siderata appartenente alla tipologia dellaricerca-azione, una strategia finalizzataanche nel suo processo stesso a trovaresoluzione a un problema in maniera parte-cipata tra soggetti ricercatori e soggetticoinvolti nella ricerca.La “Metodologia autobiografica” pone alcentro dell’attenzione l’attitudine degli es-seri umani a raccontare, a raccontarsi e acostruire, così, la propria identità e il pro-prio senso esistenziale. La “Medicina narrativa” ne declina gliaspetti nell’ambito delle esperienze di ma-lattia e di cura. La chiave di volta è nel prendersi curadelle storie di malattie e restituire ai sog-getti coinvolti il diritto alla propria autobio-grafia.

ProcedureIl dispositivo è definito e validato a livellometodologico, deontologico ed etico.La somministrazione è effettuata dalle re-sponsabili dei Centri Anti-violenza, cheselezionano il campione, scegliendo lepartecipanti in base all’appropriatezza nonsolo rispetto allo stato di salute psico-fi-sica ed esistenziale.Il gruppo di ricerca raccoglie e studia ilmateriale autobiografico secondo le meto-dologie qualitative di analisi dei testi.

Barbara Riegel, professoressa di Nursing - University of Pennsylvania

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Il materiale autobiografico è reso pubbli-cabile con un’opera di editing che rispettii requisiti letterari, deontologici, di pri-vacy e di tutela medico-legale.

Risultati attesi• Raccolta pubblicabile di storie di cura,

vissuti e percezioni di donne vittime diviolenza che hanno contattato strutturesanitarie, utilizzabili per la riflessione ela formazione di competenze organiz-zative, relazionali ed emozionali;

• risultanze aggregate di tipo qualitativosulla qualità dei percorsi assistenziali esull’atteggiamento del personale infer-mieristico e sanitario;

• avvio di relazione istituzionale tra il Col-legio Ipasvi e le associazioni di tutela edi accoglienza delle donne vittime diviolenza.

RilevanzaData la diffusione del fenomeno della vio-lenza, già da tempo è stato chiesto, sia alivello nazionale che internazionale, alleprofessioni sanitarie coinvolte di promuo-vere un miglioramento della capacità di ri-conoscimento del fenomeno, di acco-glienza, di ascolto, di supporto che vadaoltre la mera esecuzione di gesti tecnici. La ricerca intende costituire un punto dipartenza in tal senso e, al contempo, darevisibilità all’intenzione della professioneinfermieristica di assumersi una responsa-bilità nel contrasto ai fenomeni di violenzae nella risposta ai bisogni di salute daessi generati.

COORDINATORE PROGETTOMassimo Greco

Progetto di ricerca multicentricasul Benessere Organizzativodegli infermieri in servizio pressole Aziende sanitarie di Romae Provincia

Obiettivi generali• Diffondere il concetto di salute orga-

nizzativa nell’ambito delle strutture sa-nitarie di Roma e Provincia;

• creare una rete di amministrazioni sani-tarie interessate allo sviluppo e all’ap-profondimento delle tematiche riguar-danti il benessere organizzativo;

• misurare i rischi psicosociali riguardantile variabili legate al clima organizzativoe agli stili di convivenza sociale;

• portare a conoscenza le Direzioni azien-dali dei risultati ottenuti in relazione aifattori organizzativi di benessere e ma-lessere.

Obiettivi specifici• Sensibilizzare i Dirigenti dell’Area Assi-

stenziale e Tecnica delle strutture sani-tarie di Roma e Provincia sull’impor-tanza del clima organizzativo comesubstrato di miglioramento della soddi-sfazione degli infermieri e delle personeassistite;

• presentare lo strumento di indagine va-lidato nel “Progetto Magellano” (exCantieri Pa) ai Dirigenti dell’Area Assi-stenziale e Tecnica e ai referenti azien-dali individuati;

• realizzare le giornate formative itine-ranti, con attribuzione dei crediti Ecm,presso le Aziende partecipanti, rivolto aiDirigenti infermieristici, ai referentiaziendali, nonché a tutti gli infermieri in-teressati;

• misurare la percezione dell’infermierenell’area dell’ascolto e delle relazionicon i superiori e con i colleghi nel luogolavorativo;

• misurare la percezione dell’infermierenell’area dell’equità e della valorizza-zione.

Indicatori• Numero dei Dirigenti Infermieristici pre-

senti nella riunione di convocazione perla presentazione del Progetto/N. totale

dei Dirigenti Infermieristici * 100 (> 5%);• numero delle Strutture Sanitarie di

Roma e Provincia aderenti al Proget-to/N. delle Strutture Sanitarie di Romae Provincia totali * 100 (> 3%).

Disegno dello studioIl modello di ricerca sul benessere organiz-zativo, elaborato dal Dipartimento dellaFunzione pubblica, in collaborazione con laFacoltà di Psicologia 2 di Roma “La Sa-pienza”, si riferisce ad una ricerca-inter-vento.Questo tipo di analisi viene utilizzataquando, oltre a conoscere determinati pro-cessi e fenomeni, si intende anche inter-venire sugli stessi. La ricerca è uno strumento che consente diraccogliere numerose ed importanti infor-mazioni sulle dimensioni del benessere edel malessere organizzativo ed è ancheuno “strumento di ascolto” che permettedi far emergere la “percezione” che i di-pendenti hanno della propria amministra-zione. Quando si parla di percezione ci si riferisceall’immagine soggettiva che i dipendentihanno dell’ente, pertanto la fotografia chela ricerca darà dell’amministrazione saràquella filtrata attraverso gli occhi dei di-pendenti che vi lavorano. È dunque fondamentale, per il buon esitodella ricerca, far comprendere ai propridipendenti l’importanza della loro parteci-pazione al progetto di innovazione chel’amministrazione ha inteso intraprendere.

ProcedureIl percorso di ricerca intervento prevede laseguente procedura:1. la preparazione dell’indagine;2. la realizzazione dell’indagine;3. la comunicazione dei risultati;4. eventuale pianificazione degli inter-

venti.

Risultati attesiL’indagine ha l’obiettivo di raggiungere al-meno il 10% degli iscritti del Collegio Ipa-svi di Roma, cioè circa 2.800 infermieri.

RilevanzaIniziativa strategica che produce un alto ri-

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torno di immagine, oltre ad essere utile, inprospettiva, per gli infermieri e i cittadini,per diversi motivi: è la prima ricerca delgenere in Italia su una popolazione di pro-fessionisti, utilizzando lo strumento delDipartimento della Funzione Pubblica. È uno strumento validato per raccoglieredati attendibili sulla percezione lavorativadegli infermieri, con possibilità di con-fronti incrociati.E, di sicuro, avrà un impatto positivo sugliinfermieri iscritti che vedono il Collegiointeressarsi al loro benessere psico-fisico.

COORDINATORI PROGETTOMaria Grazia ProiettiCarlo Turci

Il rispetto dell’etica della dignitànei rapporti interprofessionali.Un’analisi multicentricaItalia-Gran Bretagna

Obiettivi generaliTale progetto si inquadra nell’ambito diuna iniziativa strategica, che potrebbe pro-durre un alto ritorno di immagine per laprofessione infermieristica e per l’imple-mentazione di setting assistenziali eticiche migliorano la qualità dell’assistenzaper il paziente e producono meno turnover infermieristico e minor possibilità diabbandonare la professione e per una mi-nore sofferenza morale infermieristica le-gata al mancato rispetto della dignità pro-fessionale. Tale progetto potrebbe avere un impattopositivo sugli infermieri iscritti che vedonoil Collegio Ipasvi di Roma ed il Centro diEccellenza interessarsi al loro benesseremorale e alla loro possibilità di esserepienamente rispettati come professioni-sti nella loro dignità sociale.La pubblicazione di un articolo di ricerca suimportante rivista internazionale di nur-sing e possibilità di continuare lo studio inaltri paesi con pubblicazione dei risultati alivello paneuropeo.

Indicatori• Evidenziare indicatori di rispetto o man-

cato rispetto della dignità professionale

infermieristica;• evidenziare gli indicatori caratterizzanti

un buono od un cattivo clima organizza-tivo etico.

Disegno dello studioTale progetto può essere sviluppato comeuno studio qualitativo multicentrico checoinvolge infermieri operanti in realtà sa-nitarie pubbliche o private della Gran Bre-tagna che possono essere reclutati coicorsi di specializzazione che si tengononelle università di Hertfordshire e di Sur-rey. Il Focus Group è un metodo di ricerca qua-litativo tipicamente usato per esplorareesperienze, significati, credenze e valorirelativi ad un determinato tema (21, 22) edorienta verso un fattenta conoscenza deiprocessi che sono alla base di particolarieventi.

Procedure1. Trascrizione

Il primo livello di analisi prevede la tra-scrizione integrale e dettagliata del-l’audioregistrazione. I nastri verrannotrascritti entro 2-3 settimane dal com-pletamento del Focus Group. Una seconda persona (estranea allostudio) revisionerà i nastri e leggerà latrascrizione allo scopo di controllarequalsiasi discrepanza da correggere.

2. Codificazione L’analisi di secondo livello consistenella codificazione delle trascrizioni everrà svolta da due ricercatori separatie indipendenti che identificheranno idati più comuni/frequenti che captanol'argomento di discussione dei membridel Focus Group lavoreranno per codifi-care indipendentemente i dati su appo-siti fogli di lavoro. Al termine, il team di codificatori dovràincontrarsi per confrontare i codici otte-nuti e fonderli in una nuovo foglio di la-voro che dovrà ottenere il 90% di ac-cordo sul numero complessivo deicodici elaborati.

3. CategorizzazioneL’analisi di terzo livello serve a deli-neare le categorie allo scopo d’identifi-care il contesto di ciò che i codici (pa-

role) significano, compresi i bisogni, lepreoccupazioni, i problemi, le barriere,gli attributi, le dimensioni e altre carat-teristiche dei codici.

Verrà elaborato un foglio di lavoro di cate-gorie finale simile a quello usato nellafase di codificazione. Successivamente,per ogni categoria si creerà una griglia: aogni categoria (tabella) corrisponderannoalcuni codici (colonne); le righe della ta-bella corrisponderanno agli interventi deisingoli partecipanti al gruppo e all’internodi ogni casella verrà riportato il segmentodella discussione appartenente al singoloindividuo e codificato all’interno del rela-tivo codice. 4. Consistenza interna

Nel quarto livello si definirà la consi-stenza del processo analitico. Un revi-sore indipendente confronterà i fogli dilavoro di codici e categorie con le tra-scrizioni originali per determinare laconsistenza interna. Questo revisore valuterà la correttezzadei fogli di lavoro finali, apportando, làdove necessario, le opportune varia-zioni.

5. Analisi tematica L’analisi di V livello genererà i temi fi-nali che potranno essere usati per ge-nerare ipotesi da valutare in future ri-cerche.

Il coordinatore del progettoIl rispetto dell’etica della dignità

nei rapporti interprofessionali,Alessandro Stievano

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6. Validità I temi scaturiti dall’analisi di V livellosaranno condivisi con gli stakeholdersattraverso forum comunitari cheavranno la specifica finalità di ottenerela convalida dei risultati finali dei FocusGroup.I temi saranno condivisi con gli stake-holders attraverso una consensus con-ference con la specifica finalità di otte-nere la convalida dei risultati finali.

Risultati attesiTale iniziativa strategica, mira a garantirel’implementazione di setting assistenzialietici che migliorano la qualità dell’assi-stenza per il paziente e producono menoturn over infermieristico, distress morale eburn out e minor possibilità di abbando-nare la professione. Tutto ciò contribuirà a una minore soffe-renza morale infermieristica con un mi-nore moral burden e residue, legato almancato rispetto della dignità professio-nale.Si potranno, altresì, evidenziare aspettiimportanti da promuovere per il potenzia-mento della dignità inter e intraprofessio-nale negli ambienti di lavoro. Inoltre, l’impatto positivo di tale iniziativaunita alla precedente del 2009 portata atermine in alcune realtà sanitarie italianedi Roma e Provincia, permetterà di evi-denziare in Italia e in Gran Bretagna i fat-tori che diminuiscono o aumentano la di-gnità professionale anche su basecomparativa tenendo bene in mente l’im-patto socio-storico situato delle due espe-rienze. Tale progetto potrebbe avere un impattopositivo sugli infermieri iscritti che vedonoil Collegio Ipasvi di Roma ed il Centro diEccellenza interessarsi al loro benesseremorale e alla loro possibilità di esserepienamente rispettati come professioni-sti nella loro dignità sociale.

COORDINATORE PROGETTOAlessandro Stievano

La continuità assistenzialenella cronicità: definizionedei bisogni educativi dei pazientie dei caregiver per la riduzionedei riaccessi impropri e l’aumentodell’adesione al trattamento

Obiettivi generali Ampliare la documentazione assistenziale-educativa infermieristica per garantireun’adeguata compliance del paziente e delcaregiver.

Obiettivi specifici• Stimare i bisogni educativi del paziente

con diabete mellito cronico;• standardizzare la diagnostica dei bisogni

educativi del paziente e dei caregiver; • fornire uno strumento di rilevazione del

bisogno educativo del paziente con dia-bete mellito cronico;

• fornire tracciabilità del percorso edu-cativo messo in opera dall’infermiere edocumentarne le ricadute;

• divulgare risultati scientifici a supportodella qualità della documentazione edu-cativa e della qualità delle cure.

Indicatori• Le modalità di svolgimento della ricerca

(processo, strumenti, somministrazionee raccolta, elaborazione e rendiconta-zione, disseminazioni) rispondono aiprincipi deontologici del Codice deonto-logico Ipasvi e ai principi etici di rispettodella salute della persona, della sua di-gnità, della riservatezza;

• il project team resoconti in itinere e con-suntivi previsti dal diagramma di Gantt;

• la quantità di strumenti di ricerca compi-lati raccolti raggiunge il 75% degli stru-menti distribuiti;

• i tempi fissati nel diagramma di Ganttsono rispettati con uno scarto massimodi un mese dalle scadenze previste;

• la redazione di articoli (per editoria Webe cartacei) e della pubblicazione edito-riale è effettuata nei tempi previsti daldiagramma di Gantt;

• i risultati della ricerca sono presentatialmeno ad un congresso/convegno en-tro un anno dalla chiusura della ricerca;

• le spese effettuate per il progetto nonsuperano quelle previste.

Disegno dello studioStudio prospettico, sperimentale, qualita-tivo randomizzato.

ProcedureProcedure di assessment educativo.

Risultati attesiAmpliamento della documentazione di ac-certamento assistenziale educativo al finedi aumentare l’adesione al trattamentostabilito e l’autogestione della cronicitàdel paziente e dei caregiver.

RilevanzaUno strumento di diagnosi educativa per-mette di valutare i livelli di compliance delpaziente e presenta una ricaduta in ter-mini di qualità delle prestazioni erogate.

COORDINATORE PROGETTOAnnamaria Bagnasco

La sicurezza nell’areadell’emergenza: i requisitiquali/quantitativi dellacomunicazione a supportodella diminuzione del rischiodi errore e della qualità delle cure

Obiettivi generali• Ridurre il rischio di errore e di near mis-

ses nella comunicazione operatori sani-tari;

• standardizzare la comunicazione effi-cace tra gli operatori nell’area del-l’emergenza attraverso l’utilizzo di stru-menti validati.

Obiettivi specifici• Stimare le skills comunicative per la si-

curezza nell’ambito dell’emergenza;• fornire uno strumento di monitoraggio

dei requisiti quali/quantitativi della co-municazione;

• definire un’ipotesi di bisogno formativosulle competenze relazionali (nell’areadell’emergenza) ed analizzarlo attra-verso strumenti di misurazione dellecompetenze;

• divulgare risultati scientifici a supportodella sicurezza del cittadino e della qua-lità delle cure.

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IndicatoriLe modalità di svolgimento della ricerca(processo, strumenti, somministrazione eraccolta, elaborazione e rendicontazione,disseminazioni) rispondono ai principi de-ontologici del Codice deontologico Ipasvie ai principi etici di rispetto della salutedella persona, della sua dignità, della ri-servatezza.

Disegno dello studioStudio osservazionale.

ProcedureProcedure di e per la comunicazione effi-cace.

Risultati attesiIdentificazione di format comunicativi atti aridurre le memory failure e a garanzia dellasafety e security di pazienti ed operatori.

RilevanzaIntroduzione di strumenti quali check listcomunicative, a seguito dell’identificazionedi azioni correttive sulla sicurezza nella co-municazione, prevede la riorganizzazionedelle attività clinico assistenziali attraversola degli strumenti per la misurazione deglioutcome specifici della formazione conti-nua sulla sicurezza della comunicazionenell’area dell’emergenza/urgenza.

COORDINATORE PROGETTOAnnamaria Bagnasco

Qualità di vita nelle famiglie italianecolpite da stroke

Obiettivo generaleL’obiettivo generale che lo studio si pro-pone è quello di eseguire uno studio longi-

tudinale sulla Qdv del paziente e del care-giver dal momento della dimissione dalleUnità di Riabilitazione (Ur) fino ad un annodopo.

Obiettivi specifici• Valutare la Qdv del paziente e del care-

giver al momento della dimissione dal-l’Ur e 3, 6, 9 e 12 mesi dopo;

• valutare se esiste una correlazione tra laQdv del paziente e la Qdv del caregivere come questa correlazione si modificanel corso di un anno dopo lo stroke;

• valutare quali variabili sono in grado dipredire la Qdv del paziente e del care-giver. Le variabili che verranno conside-rate nel paziente saranno: aspetti sociodemografici, disabilità, gravità dell’ic-tus, depressione, mutualità con il care-giver, comorbidità, stato di salute, uti-lizzo di supporti formali e informali perl’assistenza. Le variabili che verrannoconsiderate nel caregiver saranno:aspetti socio-demografici, burden, an-sia, depressione, stress, mutualità conil paziente, capacità di coping;

• descrivere e confrontare con una meto-dologia qualitativa (fenomenologia) ilvissuto del caregiver e del paziente af-fetto da stroke al momento della dimis-sione dall’Ur e 3, 6, 9 e 12 mesi dopo.

IndicatoriGli indicatori di verifica riguardanti il pro-getto saranno rappresentati da prodotti diprocesso e di risultato. Gli indicatori di processo saranno:• report epidemiologico sull’incidenza e

prevalenza dello stroke in Italia e nelmondo;

• revisione bibliografica sulla Qdv dei pa-zienti e dei caregiver affetti da stroke;

• revisione bibliografica sugli strumentiutilizzabili nello studio;

• report di sintesi sugli incontri che ver-ranno effettuati dal Project Team “ri-stretto” e “allargato”;

• documento di “mappatura” delle strut-ture laziali di riabilitazione e di assi-stenza domiciliare che potrebbero es-sere coinvolte nello studio;

• protocollo dello studio.Gli indicatori di risultato saranno:Fo

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La professoressa Sasso, esperta del Polo per la Ricerca

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• report scientifico sui dati preliminaridello studio;

• report scientifici intermedi;• report scientifico finale.

Disegno dello studioIl disegno che verrà seguito sarà di tipolongitudinale. Le variabili indagate sul pa-ziente e sul caregiver verranno misurate atempo “0” e 3, 6, 9, e 12 mesi dopo.

ProcedureI pazienti ed i caregiver verranno arruolatial momento della dimissione dalle Ur. In questa fase verranno somministrati tuttigli strumenti valutativi sia sul paziente siasul caregiver. In questa occasione avràluogo anche un’intervista aperta con il pa-ziente ed il caregiver al fine di raccoglierecon il metodo fenomenologico, il “vissuto”relativo allo stroke. Successivamente, i pazienti e i caregiververranno contattati 3, 6, 9 e 12 mesi dopo,al fine di ri-somministrare le scale valuta-tive (tranne i questionari socio demografici)e rieseguire l’intervista fenomenologica.

Risultati attesiDal presente studio ci si aspetta di otte-nere i seguenti risultati:• conoscenza dei livelli di Qdv dei caregi-

ver e dei pazienti con ictus a tempo 0 e3, 6, 9 e 12 mesi;

• conoscenza delle variabili che si corre-lano e sono in grado di predire la Qdv deicaregiver e dei pazienti dopo ictus;

• conoscenza dei vissuti relativi all’eventostroke sia nel paziente che nel caregivere come questi vissuti si modificano neltempo.

RilevanzaIn Italia, non è mai stato effettuato uno stu-dio sulla Qdv del caregiver e del pazientedopo ictus. La letteratura internazionale (soprattuttonordamericana) dimostra, invece, che lostroke sconvolge profondamente la vitadel paziente e del caregiver, ma con unadeguato supporto materiale e psicolo-gico, entrambi riescono addirittura a daresignificato a quest’esperienza. Questo studio permetterà di avere una pa-noramica generale sulla vita dei caregivere dei pazienti nel primo anno dopo l’ictuse sarà importante per le seguenti ragioni: • permetterà di far emergere problemati-

che “nascoste” vissute nel post ictus;• permetterà di avere dati utili per indiriz-

zare le cure infermieristiche verso i pa-zienti ed i relativi caregiver;

• permetterà di avere dati scientifici per

sensibilizzare le istituzioni alle proble-matiche del post ictus.

Il presente studio avrà anche delle rica-dute relative all’immagine professionaledegli infermieri e degli Organi che li rappre-sentano poiché fornirà dati utili anche adaltri professionisti e ai gestori dei servizi sa-nitari.

COORDINATORE PROGETTOErcole Vellone

Individuazione di uno strumentofinalizzato alla riduzione degli errorida somministrazione di farmaciattraverso un abbigliamento dedicato e una cartellonisticadi “non disturbo”

Obiettivi generaliL’obiettivo generale del presente studio èquello di ridurre il numero di distrazioni econseguentemente il numero di errori chesi verificano durante la somministrazionedei farmaci.

Obiettivi specifici• Valutare la tipologia di distrazione (chi e

perché) a cui viene sottoposto l’infer-miere durante la somministrazione dei

Il presidente Rocco con le professoresse Affonso e Mayberry

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farmaci;• valutare l’efficacia di un abbigliamento

ad hoc accompagnato da una cartelloni-stica di “non disturbo” sull’incidenza didistrazioni;

• valutare la correlazione tra diminuzionedi distrazioni durante la somministra-zione dei farmaci e diminuzione deglierrori.

Indicatori• Numero dei Dirigenti Infermieristici pre-

senti nella riunione di convocazione perla presentazione del Progetto/numeroinvitati *100 (< 10%);

• numero delle Strutture Sanitarie diRoma e provincia aderenti alProgetto/numero dei partecipanti all’in-contro informativo *100 (< 10%);

• numero degli osservatori partecipantiall’evento formativo;

• numero di griglie di osservazione compi-lati;

• numero strutture che consolidano l’espe-rienza/strutture partecipanti *100 (<10%);

• numero gruppi sperimentali; • numero gruppi di controllo.

Disegno dello studioRicerca sperimentale quantitativa. Studio

osservazionale diretto alla scoperta di re-lazioni e causa/effetto che portano alla ri-duzione di errori nella fase di sommini-strazione attraverso un abbigliamentodedicato ed alla presenza di una cartello-nistica di “non disturbo”. ProcedureTutto il percorso del progetto, dalla suaideazione al suo completamento, è suddi-viso per fasi.Incontro tra i ricercatori per:• scrivere il progetto;• creare una griglia di osservazione;• creare un questionario, i cui elementi

vertono su pareri e sensazioni personaliriguardanti alcuni aspetti caratteristicidel processo terapeutico;

• sperimentazione griglia osservazione equestionari;

• validazione strumento.Identificazione delle strutture per pro-porre la collaborazione alla ricerca:creare una mappa con evidenziati i criteridi esclusione/inclusione (nursing team,usoscheda di terapia, orari...);identificare il campione sperimentale e dicontrollo in ogni struttura.Convocazione dei dirigenti e referentiper: presentazione ricerca, descrizione de-gli strumenti, rilevazione delle aspettative.Percorso informativo sulla gestione

degli strumenti di ricerca ai referenti:griglia di osservazione; questionario.Visita personale dei ricercatoripresso le Uo: consegna questionari e gri-glie.Monitorizzazione relativa alla compi-lazione dei questionari e griglie di os-servazione ed eventuale rilevamentoproblemi di varia natura: contattare ci-clicamente le Uo per monitorare il buon an-damento dei lavori e per evidenziare even-tuali problemi e naturalmente cercare dirisolverli.Ritiro questionari e griglie di osserva-zione, conteggio, decodificazione edinserimento dati: rispondenza. Elaborazione dati specifici per ogniUo e complessivi.Studio dati e formulazione ipotesi:strategie per il cambiamento e il migliora-mento.Convegno e pubblicazione.

Risultati attesi Le informazioni obiettive ricavate dall’os-servazione diretta si riveleranno preziosinella progettazione di possibili soluzionial problema degli errori di somministra-zione da distrazione con danno dei pazientinon intenzionale. Questa ricerca, per essere sostenibile, ri-

La platea del workshop presso il ministero della SaluteFoto

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chiederà conoscenze locali e coinvolgi-mento del personale.

RilevanzaIndividuare la frequenza di possibili distra-zioni durante ogni singolo atto di sommini-strazione per degente oltre un livello diaccettabilità data dalla sola interazionedel degente coinvolto al momento dellasomministrazione. Altre possibili distrazioni possono poten-zialmente distogliere l’operatore nel rag-giungimento della giusta concentrazionea favore di possibili condizioni di rischio dierrore terapeutico. La rilevazione di una media delle distra-zioni giornaliere diviso la frequenza totaledelle prestazioni terapeutiche effettuatein un determinato periodo di osservazione,evidenzia la sensibilità della distrazionerilevata. Lo specifico indicatore in percentile eviden-zia il margine di rischio di errore oltre la so-glia di accettabilità.

COORDINATORE PROGETTOCarlo Turci

Nodol – Studio descrittivo dei servizidi Cure palliative e terapie del dolore in Italia finalizzato ad individuare le forme attivatee attivabili di riduzione della sofferenza alla fine della vita

Obiettivi generaliProdurre una visione dei problemi sanitaridi tipo infermieristico, spendibile anchecon mass media e istituzioni pubbliche eprivate al fine di creare una nuova vesteper i dirigenti infermieri e esprimere pub-blicamente la loro competenza manage-riale. Intervistando i dirigenti sarà possibile: • porre un maggior interesse sull’aspetto

dell’assistenza ai malati sofferenti incure palliative;

• far riscontrare ai dirigenti della profes-sione la loro responsabilità e compe-tenza relativamente alle dimensioni del

fine vita;• dimostrare l’importanza del manage-

ment infermieristico per la qualità del-l’assistenza;

• fornire alla società scientifica e ai citta-dini un punto di vista infermieristico ita-liano sulle Cure palliative.

Obiettivi specificiAttraverso l’osservatorio degli infermieridirigenti sarà possibile descrivere le carat-teristiche dei servizi di Cure palliative edel controllo del dolore in Italia.Sarà possibile tracciare una linea di demar-cazione sullo stato dell’arte rispetto allaconoscenza e allo sviluppo dell’assistenzanel fine vita.Indicatori• numero dei dirigenti intervistati;• numero di infermieri formati nell’ambito

delle Cure palliative;• presenza di servizi preposti alle cure pal-

liative sia in forma di rete di Cure pallia-

tive, che di servizi di hospice;• descrizione delle tipologie organizzative;• applicazione di linee guida per il con-

trollo del dolore;• presenza e funzionamento di altre strut-

ture in rete con le cure palliative: terapieantalgiche,

• assistenza domiciliare, gruppi di cureprimarie, ambulatori, day hospital.

Disegno dello studioLo studio prevede di svolgere interviste te-lefoniche o di persona ai dirigenti delleprofessioni sanitarie; i focus dell’intervistaindagheranno: l’organizzazione delle curepalliative; l’organizzazione del controllo deldolore; il fine vita.

COORDINATORE PROGETTOCesarina Prandi

Mari Kangasniemi - University of Eastern Finland, Department of Nursing Science

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Bibliografia e ricerca bibliograficanelle Scienze Infermieristiche: teoria e prassi per le proceduretecniche di ricerca e accessoalle risorse

Obiettivi generali Fornire gli strumenti teorici e pratici per laricerca bibliografica nell’ambito della pro-duzione scientifica infermieristica nazio-nale e internazionale.

Obiettivi specificiAl termine del corso, i discenti dovrannoessere in grado di effettuare in modoautonomo una ricerca bibliografica nel-l’infermieristica, per la progettazione diuna ricerca empirica o per migliorare lapratica clinica a partire dai risultati dellaricerca scientifica.

Indicatori• Numero di partecipanti a ciascuna edi-

zione del corso: 25 (minimo 20);• frequenza media alle lezioni: 100% (mi-

nimo 90%);• produzione di un resoconto per ogni edi-

zione: 6;• produzione di 4 repertori bibliografici per

ogni edizione: 24; • rapporto spese effettuate per il pro-

getto/spese previste.

DestinatariAmpia accessibilità: 6 edizioni nel 2010.Accreditamento Ecm.Gratuità della partecipazione al corso.Sede del corso: Collegio Ipasvi di Roma,presso il quale è acquisito l’hardware e ilsoftware necessario.

Risultati attesiUn più diffuso interesse per la ricercainfermieristica finalizzato alla miglior pra-tica clinica, con più ampie capacità diaccesso alle fonti bibliografiche e di ana-

lisi critica della letteratura in funzione diuna revisione esperta che possa esseredisseminata nella pratica clinica. Tale aumentato interesse si può verifica-re con i seguenti indicatori:• aumento dell’appropriatezza degli

accessi in biblioteca;• aumento degli accessi alla biblioteca

digitale del Collegio Ipasvi di Roma;• aumento degli accessi alle banche dati

biomediche;• aumento dell’uso dei vocabolari con-

trollati (appropriatezza delle interroga-zioni);

• riduzione dei tempi di permanenza inbiblioteca.

COORDINATORI PROGETTOMaria Grazia ProiettiCarlo Turci

Corso di formazione teorico-praticain “Metodologia della ricercaInfermieristica”

Obiettivi generali Fornire gli strumenti teorici e pratici perdescrivere e spiegare i fenomeni riguar-danti la clinica infermieristica.

La responsabile del Polo Formazione, Maria Grazia Proietti

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POLO PER LA FORMAZIONE DEI RICERCATORI(Comitato direttivo: Maria Grazia Proietti, Mario Esposito, Loredana Sasso)

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Obiettivi specificiAl termine del corso, i discenti dovrannoessere in grado di progettare in modoautonomo una ricerca empirica nel campodell’assistenza infermieristica, di proce-dere alla rilevazione dei dati, di elaborar-li e di predisporre un rapporto finale.

Indicatori– numero di partecipanti al corso di for-

mazione: 24 (minimo 20);– frequenza media alle lezioni: 100%

(minimo 90%);– produzione di resoconti in itinere e

consuntivi agli step previsti: 5(1/modulo);

– rispetto dei tempi previsti nel diagram-ma di Gantt;

– pubblicazione di uno o più articoli; – presentazione dei risultati della ricerca

in una conferenza entro un anno dallachiusura del corso, a cura del ComitatoScientifico e dei partecipanti;

– rapporto spese effettuate per il proget-to/spese previste.

Destinatari– Selezione dei partecipanti in base ad

una prova di ammissione, che verte,oltre che sui titoli, sulla conoscenzadell’inglese, dell’epidemiologia e della

statistica. (Per la prima edizio-ne del corso si intende tutta-via privilegiare la partecipa-zione di infermieri docenti neicorsi di laurea in Infermieri-stica, affinché possano, a lorovolta, trasmettere agli studen-ti le competenze metodologi-che);

– accreditamento Ecm;– gratuità della partecipazione

al corso;– sede del corso: Collegio Ipasvi

di Roma, presso il quale èacquisito l’hardware e il soft-ware necessario.

Risultati attesiCostituzione di un team di ricerca che svi-luppi le competenze acquisite nel corsoper:– produrre nuovi corsi di formazione e

parteciparvi come tutor;– sviluppare nuovi progetti di ricerca;– produrre materiale e documentazione

infermieristica validata scientificamen-te e fruibile immediatamente dai colle-ghi iscritti al collegio Ipasvi di Roma.

– Sviluppo di un “sistema di rete” per laraccolta dei dati nella ricerca infermie-ristica, analisi sul campo dei fenomeni

correlati alla assistenza infermieristi-ca, verifica delle ricadute nella clinicadella ricerca infermieristica;

– supporto scientifico sulle buone prati-che nella clinica attraverso il contribu-to di ricerche comparative;

– sviluppo di una risorsa strategica per lacompetitività culturale della professio-ne infermieristica.

COORDINATORI PROGETTOMaria Grazia ProiettiMario Esposito

Il board internazionale, il vice direttore Mario Esposito, e i rappresentanti dell’Università Tor Vergata

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Il vice direttore del Polo Formazione,Mario Esposito

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Miglioramento della praticaassistenziale attraverso l’utilizzodi infermieri clinici espertiin Evidence Based Practice

Obiettivi generaliInnovare la pratica clinica infermieristicaattraverso la promozione della pratica ri-flessiva e translazionale.

Obiettivi specifici 1. individuare i contesti territoriali e di

pratica clinica in cui avviare il progettoattraverso il coinvolgimento dei diri-genti dei servizi infermieristici e delledirezioni generali delle Asl-policliniciuniversitari e delle associazioni profes-sionali italiane;

2. identificare gli infermieri clinici espertiin grado di guidare la revisione dellapratica clinica negli ambiti di pratica

considerati prioritari, selezionati sullabase di criteri stabiliti;

3. omogeneizzare le competenze degli in-fermieri clinici esperti individuati ancheattraverso attività formative (ad es. sul-l’Ebn);

4. costituire il comitato dei clinical nurseleader;

5. costituire i nuclei operativi nei contestiindividuati a opera dei clinical nurseleader;

6. creare una rete di collegamento con iCentri nazionali e internazionali Ebn,con le associazioni professionali ita-liane e internazionali;

7. individuare due, tre problemi di praticaclinica prioritari nelle varie aree clini-che individuate e verificare l’esistenzadi evidenze scientifiche a supporto deicambiamenti;

8. formare i gruppi operativi (task force lo-

cale) sui problemi di pratica clinica sucui è necessario operare il cambia-mento;

9. verificare l’applicazione dei cambia-menti e valutare l’efficacia degli inter-venti proposti;

10. rivedere e/o creare gli standard dipratica clinica relativi alla aree indivi-duate;

11. organizzare iniziative che diffondanole esperienze di miglioramento dellapratica clinica, anche attraverso lapresentazione degli aspetti deontolo-gici, legali, di strategia sanitaria, etc.

Indicatori� Individuazione di almeno tre Asl da coin-

volgere nel progetto, dopo un’attentaanalisi dei contesti territoriali e delle re-altà interessate al progetto stesso;

� scelta delle aree cliniche in cui avviarein maniera prioritaria i progetti di miglio-ramento (ad es. area delle disabilità cheinclude geriatria, neurologia, reumatolo-gia, ortopedia, area cardiologica);

� individuazione dei requisiti che i nurseleader devono possedere per parteci-pare al progetto (esperienza clinica con-solidata nell’area prescelta, qualità equantità di esperienza professionale, co-noscenza della lingua inglese, percorsidi formazione specifica nell’area di pra-tica clinica, di qualità di leadership, etc.);

� selezione dei clinical nurse leader, coin-volgendo i dirigenti dei servizi infermie-ristici delle Asl-Ao-policlinici universi-tari e le associazioni professionali;

� organizzazione di incontri con i nurseleader per illustrare il progetto;

� organizzazione di corsi sull’Ebn base eavanzato con la collaborazione dei cen-tri Ebn nazionali internazionali;

� organizzazione di incontri con i nurseleader;

� creazione di un network dei clinical nurseleader e degli esperti in Ebn che hannocontribuito alla loro formazione;

� organizzazione di incontri con gli infer-mieri dei reparti interessati;

� organizzazione di eventi formativi perl’aggiornamento degli infermieri;

� cambiamento dei protocolli assistenzialidi reparto relativamente ai problemi in-

POLO PER LA PRATICA CLINICA(Comitato direttivo: Stefano Casciato, Nicola Barbato,Maria Matarese)

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La platea durante la presentazione dello Scientific Annual Report,con il direttore del Polo per la Pratica Clinica Stefano Casciato

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dividuati;� miglioramento degli esiti sui pazienti.

Disegno dello studioIl progetto sarà svolto sotto forma di ri-cerca-azione che permetterà di valutarel’efficacia del progetto pianificato nelle va-rie fasi costitutive. La prima fase prevede l’individuazione e laformazione delle figure degli infermieri cli-nici esperti in Ebp, la seconda fase la rica-duta sull’assistenza della presenza nelleunità operative selezionate di infermieriesperti in Ebp.

ProcedureIl progetto si basa principalmente sullaformazione di un gruppo di infermieriesperti clinici con elevate capacità di lea-dership che costituiranno a loro volta dei

gruppi operativi (task force) costituiti da in-fermieri clinici, che applicheranno le stra-tegie di implementazione della evidencebased practice prima citate. La loro presenza capillare nel contesti cli-nici permetterà anche di individuare qualiproblemi di pratica clinica non hanno an-cora una soluzione efficace e darà indica-zione ai ricercatori sui possibili campi diindagine.Risultati attesiSaranno formati 20 infermieri ClinicalNurse Leader, con competenze avanzate inEbn, capaci di costituire una task force ingrado di innovare la pratica clinica infer-mieristica, nelle Aziende sanitarie indivi-duate.

RilevanzaAttualmente, l’uso dei risultati della ri-

cerca nella pratica è un problema di rile-vanza a livello sia delle organizzazioni sa-nitarie che dei professionisti sanitari.Si ritiene, infatti, che l’efficace uso dei ri-sultati della ricerca nella pratica clinicamigliorerà la qualità e il rapporto costi-ef-ficacia dell’assistenza sanitaria.L’introduzione nelle realtà cliniche italianedi figure esperte che possono fungere da“intermediari” tra ricerca e applicazionedei risultati della ricerca potrebbe rilevarsiun modello efficace riproponibile anche inaltri contesti di pratica.

COORDINATORI PROGETTOStefano CasciatoNicola BarbatoMaria Matarese

Il presidente Rocco e la vice presidente Pulimeno al tavolo con il board internazionale

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L’inverno 2011 ha lasciato un’ulteriore preoccupazionealla comunità professionale infermieristica. È il famige-rato virus influenzale AH1N1 a far paura e, tra gli ope-

ratori sanitari, si moltiplicano i casi di contagio. I media ne approfittano per fare clamore. A Napoli accade l’irreparabile: muore il collega FrancescoFusco. Quotidiani e tv se ne occupano diffusamente e all’inizio di feb-braio l’allarme è ancora molto alto. Il Corriere del Mezzogiorno (2/2/2011) titola: “In dieci sottoosservazione - Dopo la morte dell’infermiere al Policlinico in

Campania scattal’allarme”. Nel

servizio si legge: “Sono almeno dieci i casi accertati di AH1N1in Campania, sei le vittime, e il numero sembra destinato a sali-re. Dopo l’ultimo drammatico episodio, quello che ha portato aldecesso di un infermiere nella struttura di Odontoiatria alSecondo Policlinico, altri pazienti sono attualmente ricoveratinelle terapie intensive dei principali ospedali della regione”. Il Messaggero (3/2/2011) rilancia l’allarme dall’Abruzzo:“Influenza suina: infermiere ricoverato”. E spiega: “Un infermie-

re aquilano è stato ricoveratoall’ospedale di Macerata perché

affetto dal virus AH1N1, la cosiddetta ‘influenza suina’. M.P. èarrivato all’ospedale San Salvatore con i sintomi tipici dellamalattia. I medici del Pronto soccorso hanno optato per un rico-vero precauzionale per prevenire le eventuali complicanze”.Poi, come ogni anno, con l’arrivo della bella stagione l’allarmeinfluenzale si spegne, come pure la sua eco mediatica.Un’attenzione storicamente piuttosto rara alle questioni interneal mondo infermieristico la riserva il quotidiano economicoItalia Oggi (4/2/2011) occupandosi dell’imminente rinnovo dei

vertici della cassa previdenziale degliinfermieri italiani. Il titolo: “Elezioni

Enpapi, gli infermieri al voto dal 14”. Finalmente, anche in que-sto campo i media cominciano a riconoscere alla comunitàinfermieristica pari dignità rispetto ad altre professioni intellet-tuali. Così, a far notizia non saranno più soltanto le casse previden-ziali di architetti, avvocati, medici e commercialisti!Mentre il Lazio è alle prese con la difficile ristrutturazione di unsistema sanitario schiacciato da un debito spaventoso, la vici-na Toscana si smarca dalla linea “taglia-tutto” e offre un termi-ne di paragone interessante sulla strategia da seguire per rie-

quilibrare conti e servizi.Ad annunciarlo, l’assessore regionale alla Salute, DanielaScaramuccia, in visita nelle strutture sanitarie di Pistoia. IlTirreno (4/4/2011) titola: “Meno medici e più infermieri”.

Nel servizio: “Riuscire a risparmiaresenza tagliare, incrementando la qua-

lità delle prestazioni senza licenziare nessuno e senza togliereservizi ai cittadini - spiega l’assessore - Tagli sui finanziamenti aparte, c’è una legge nazionale che vincola le Regioni e la Toscanaè fuori da questi parametri. Intendiamoci, non sto dicendo cheverranno mandati a casa lavoratori, ma ci sarà un criterio diver-so e più ponderato sulle assunzioni in base alle necessità effet-tive e un riequilibrio delle professioni. In linea generale, questopuò tradursi in più assunzioni fra infermieri e Oss e meno fra imedici”.La progressiva chiusura di diversi piccoli ospedali ha di fattoridotto, specie nelle province del Lazio, la rete dei Pronto soc-corso.Contestualmente, complici le lunghe attese ai pochi punti diPrimo soccorso rimasti operativi, si registra un’escalation degliepisodi di violenza contro il personale sanitario.

Il Messaggero (22/2/2011) riferi-sce di un caso del genere a Formia

e scrive: “A soqquadro la sala d’attesa del Pronto soccorso del-l’ospedale Dono Svizzero di Formia. Stanco di aspettare danneg-gia il Pronto soccorso: arrestato”. Altro episodio a Viterbo, riferito da Il Tempo (5/3/2011):

“Minaccia infermiera con un coltel-lo”: “Un equipaggio delle Volanti è

dovuto intervenire l’altra sera presso la struttura sanitaria chetratta le problematiche dell’alcolismo, ospitata a Villa Rosa, doveun giovane ricoverato stava dando in escandescenze. Il giovaneha minacciato un’infermiera con un coltello a serramanico digrosse dimensioni”. Rispetto al tema della sicurezza, è, però, emergenza intutt’Italia. Gli infermieri delle Molinette di Torino protestano e chiedono lavigilanza fissa del presidio. La Stampa (26/4/2011) titola: "Troppe aggressioni al Pronto

soccorso". Nell’articolo si legge:“Giorno e notte in prima linea, in

Pronto soccorso alle Molinette si combatte non soltanto per farfronte alle emergenze.In un documento pronto per la Direzione, gli infermieri denuncia-

Polemiche sterili per “nascondere”il ruolo decisivo dell’infermiere

DICONO NOIdi

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no le ‘ripetute aggressioni e violenze da parte di pazienti’. E chie-dono una vigilanza fissa, 24 ore su 24, ‘come in altri ospedali delPiemonte, mentre oggi i nostri sorveglianti sono in servizio sol-tanto dalle 18 alle 6, e anche il posto di polizia all’ingresso delDea ha ridotto l’orario rispetto al passato’”.E il quotidiano economico Italia Oggi (28/2/2011) racconta del-

l’ultima iniziativa nata in Lombardiaproprio per evitare che le proteste dei

pazienti si trasformino in vere e proprie aggressioni al persona-le sanitario. Il titolo è: “Comporre le liti in corsia”.Il servizio spiega: “Negli ospedali lombardi arriva il conciliatoredegli errori in corsia. Le incomprensioni, i malintesi e i conflittiche oppongono quotidianamente camici bianchi e malati eranotroppi. E così dalla Regione arriva l’ultimo stratagemma contro le4 mila denunce cautelative e richieste di risarcimento danni chesi contano in un anno per presunti sbagli di diagnosi o di tratta-mento. Del resto i numeri parlano da soli: solo nel 2008, inLombardia, sono state avviate in media sei cause al giorno con-tro ospedali, quasi tre volte i numeri di dieci anni fa.È proprio a partire da questi numeri che il Pirellone ha deciso diinvestire sul professionista che dovrà mediare con i pazienti efamiliari. Il tutto è scritto sul piano di formazione della Regioneper i professionisti del sistema sanitario nazionale, dove compa-iono 20 giornate dedicate all’ascolto e alla mediazione dei con-flitti negli ospedali”.Troppo pochi i Pronto soccorso rimasti e ancor meno gli infer-mieri in servizio. Ciociaria Oggi (23/2/2011) rilancia per l’ennesima volta lostato di perenne emergenza che si vive negli ospedali della

Regione per la carenza di infermieri. Un caso fa scalpore. Accade adAnagni, dove l’assenza dal lavoro di

un solo infermiere finisce per scatenare il caos. Il quotidianolocale titola: “Emergenza infermieri. Disposto l’accorpamentodelle Unità operative di Urologia e Chirurgia”.Nel servizio si legge: “Due reparti accorpati, cinque pazienticostretti a rinviare l’intervento previsto per ieri mattina, un unicoe costante disagio. È questo il bilancio della decisione assuntaieri mattina dal direttore sanitario del Polo A della Asl diFrosinone per fronteggiare l’ormai perenne emergenza infermie-ri: tanto è ridotto all’osso il personale in forze all’ospedale diAnagni, che basta un imprevisto per far saltare l’equilibrio su cuisi regge la struttura.Un infermiere, coinvolto in un incidente, si è infatti visto costret-to a saltare il lavoro. La sua assenza ha costretto la Direzionesanitaria ad accorpare i reparti di Chirurgia e Urologia.Quest’ultima unità operativa è stata costretta a sua volta a rin-viare la seduta operatoria prevista. Cinque pazienti si sono visti rinviare a data da destinarsi gli inter-venti programmati, mentre sono facilmente immaginabili altridisagi anche per l’Unità operativa di Chirurgia, che dovrà fare iconti con una ridotta disponibilità di posti letto”.Italia Oggi (2/3/2011) allarga il raggio a livello nazionale e tira

le somme degli infermieri che mancano all’appello: “Infermieri,ne servono 37mila”. Si legge nell’arti-colo: “Le strutture sanitarie hanno biso-

gno di almeno 37 mila professionisti. Ma il sistema formativosarà in grado di formarne circa 28 mila. Ad essere ottimisti.Perché dal prossimo anno accademico alla consueta avara pro-grammazione per la formazione delle future leve delle 22 areesanitarie, si aggiungeranno gli effetti della riforma universitariache porteranno a un’ulteriore riduzione dei posti messi a disposi-zione dagli atenei.E questa la fotografia scattata dalle categorie sanitari e dalleregioni ai fini della rilevazione del fabbisogno di professionisti,inviata al Ministero della Salute”.Nel giorno in cui si celebra la festa della donna, le agenzie distampa rilanciano i risultati dell’VIII edizione del dossier

Osservasalute presentato al PoliclinicoGemelli. I media nazionali si tuffano soprattutto su due

aspetti, entrambi dolorosi per gli infermieri. L’agenzia di stam-pa Omniroma (8/3/2011) è fra le prime a battere il dispaccio:

“Numero infermieri sotto media”. La veli-na spiega: “Il Lazio è nella media naziona-

le per il numero di medici e odontoiatri, mentre scarseggiano gliinfermieri. Nel 2007 la regione presenta un tasso di personalemedico e odontoiatrico del Ssn di 1,74 unità per 1.000 abitanti,(contro la media nazionale di 1,80 per 1.000). Il personale infer-mieristico è invece pari a 3,75 per 1.000 abitanti, contro un valo-re medio nazionale di 4,45”. Il secondo lancio è ancor più doloroso: “Ospedali, laziali più

insoddisfatti della media su assistenza”.Omniroma riferisce: “Gli abitanti del

Lazio sono più insoddisfatti dell’assistenza infermieristica e delvitto degli ospedali rispetto alla media italiana. Nel biennio2007-2009 il 13,9% degli abitanti del Lazio che sono stati ricove-rati si sono dichiarati poco o per nulla soddisfatti dell’assistenzainfermieristica (contro un valore medio nazionale di 11,7%).Per quanto riguarda il vitto dell’ospedale il 33,3% si è dichiaratopoco o per nulla soddisfatto, contro il valore medio nazionale del26,5%. In merito all’assistenza medica avuta durante il ricoveroospedaliero, l’8% degli intervistati si è dichiarato poco o perniente soddisfatto, contro un valore medio nazionale di insoddi-sfazione pari alla media 7,9%”.

Merita una menzione speciale il servizio pubbli-cato dal quotidiano Avvenire (15/3/2011) sullacarenza di infermieri e sul loro ruolo. Il titolo:“Protesta degli infermieri: senza di noi niente

futuro”. Si legge: “Sono come un fiume carsico che scorre sot-terraneo: c’è sempre ma lo si nota solo quando emerge, quandosale alla ribalta per un breve tratto. L’invisibilità è il destino degliinfermieri e della loro professione, relegati al mondo dell’indi-stinto dal ruolo gregario che da sempre viene loro attribuito, con-dannati a non avere a livello sociale la stima che meriterebbero:tutti ricordano il nome del medico che li ha curati, chi sa elenca-

DICONO NOIdi

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re quelli degli infermieri che lo accudivano in reparto? Eppuresono questi professionisti - da anni, il lavoro richiede una laurea- che rendono accettabile la vita del paziente ospedalizzato, chelo accudiscono nei bisogni quotidiani mettendo le loro mani alservizio di chi è incapace di compiere gesti banali in salute mainarrivabili nella malattia.Gli infermieri con passione e compassione sono a fianco delmalato: non lo curano, se ne prendono cura. Confinati a fare daspalla ai medici - laureati ben più illustri nell’immaginario collet-tivo - dovrebbero esserne a tutti gli effetti partner alla pari, nelrispetto delle competenze di ciascuno.Non è cosi. Anzi, le cose sono andate via via peggiorando nelcorso degli ultimi anni: per rispondere all’ormai cronica carenzadi infermieri, le amministrazioni ospedaliere hanno introdottonelle corsie figure non professionali - operatori socio-sanitari eoperatori tecnico-assistenziali, spesso con istruzioni disomoge-nee - che non sono in grado di rispondere ai complessi bisognidei pazienti. Perché non sono infermieri ma - basta un camicebianco - come tali vengono percepiti dagli utenti. E la confusioneimpera”.Non è un “pesce d’aprile” quello che va in onda sul canale digi-

tale della tv nazionale dedicato all’infor-mazione Rai News 24 (1/4/2011). Finalmente, gli infermieri in primo piano

nell’etere mediatico. A parlarne c'è il presidente del CollegioIpasvi di Roma Gennaro Rocco, ospite della trasmissione scien-tifica “Ippocrate”. Il tema è quello della centralità del paziente e della rivoluzionein corso nel Ssn vista dagli infermieri, fra speranze e diffidenza.Il conduttore, Gerardo D’Amico, chiede: “Come sta cambiandola sanità italiana?”. Risponde il presidente: “In alcune regioni cisono sperimentazioni molto interessanti: non più il medico alcentro del sistema ma un ruolo nuovo per gli infermieri”.Domanda: “Chi va al Pronto soccorso e ha il codice bianco e cheoggi deve attendere ore e ore, in queste regioni che succede?”.Risposta: “Oggi il cittadino arriva al pronto soccorso e si mettein lista d’attesa. I codici più gravi passano prima. L’infermiere chelo accoglie fa subito il trattamento, ma poi il paziente deve atten-dere per la visita del medico.Considerando che, dati statistici alla mano, i medici non rimetto-no mai in discussione quanto già fatto dall’infermiere in fase diprima accoglienza, si sperimenta oggi il fatto che l’infermierepossa completare il ciclo dell’accoglienza e, se è il caso, dimet-tere direttamente il paziente”. Il conduttore incalza l’ospite: “Vi siete messi molto in discussio-ne da quando avete accettato la sfida universitaria…”.

“Sì - risponde Gennaro Rocco - è stata la nostra grande scom-messa. Oggi il problema è gestire e assistere le persone neltempo e gli infermieri sono le figure specificamente formate perfarlo. Sono professionisti di alto livello, specializzati e molto benformati. Abbiamo investito molto nella ricerca, nonostante unoscenario italiano che storicamente ha dedicato poco a questoambito. Stiamo facendo un grandissimo investimento sulla ricer-ca per l’assistenza alla persona. Ci onora constatare che ciò chefacciamo in Italia sia all’avanguardia a livello mondiale”.Il presidente Rocco è chiamato in causa anche dal periodico

romano che si occupa di inchiestesul sociale La Vera Cronaca

(16/4/2011).E a proposito delle misure da mettere in campo per arginarel’emergenza infermieristica, spiega: “Per colmare il gap biso-gnerebbe intanto investire di più nell’offerta formativa, ancorainsufficiente rispetto a ciò che servirebbe. In Italia mediamenteogni anno vengono chiesti da regioni e ordini professionali circa20mila nuovi ingressi nella formazione ma poi, nella pratica, ilsistema riesce a mettere a bando non più di 16mila posti. Insostanza, non solo non riusciamo a recuperare quello che cimanca, ma a volte nemmeno andiamo a compensare il turnover”.Una “chicca” da La Repubblica per chiudere questa rassegna.

Paolo Cornaglia Ferraris scrive nellasua rubrica “Camici e Pigiami”

(1/2/2011) una significativa riflessione intitolata: “Il mestieredell’infermiere tra stereotipi e opportunità”.Si legge: “Meno del 10% di chi ha affrontato i test per entrare inMedicina è stato ammesso. Non è bastato l’altissimo voto didiploma, né la preparazione. I quiz non tengono conto delladisposizione alla relazione di cura, ma considerano ‘cultura’ unamemoria da ‘Chi vuol essere milionario’. Si scartano così ottimifuturi medici. I figli dei ricchi vanno all’estero, gli altri si rasse-gnano, o tentano ancora, invecchiando.La pletora di medici laureati negli anni ‘80 grazie alla liberalizza-zione del post ‘68 ha fatto storia e ne vediamo i cattivi risultati.La rigida selezione di ora ne darà altri, che valuteremo. Nel frat-tempo mancano infermieri e le Asl li importano dall’estero.Perché chi ha passione per curare i malati non studia Scienzeinfermieristiche? Il salario non è più una ragione, visto che ungiovane medico guadagna poco e raggiunge un salario dignitosodopo i quarant’anni. La seconda ragione è sociale. L’infermieraresta, nella coscienza collettiva, ‘ancella’ del medico. Non è così,ma gli scartati dai test non lo sanno”.

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Le evoluzioni recenti nel campodella formazione infermieristica,la nascita dei dottorati di ricerca,

la necessità di rendere “visibili” i per-corsi dell’Infermieristica italiana a li-vello internazionale, hanno determinatouna nuova e più consapevole atten-zione degli infermieri alla ricerca e allepubblicazioni scientifiche.Questo testo si propone come una“guida” chiara e semplice per chidesidera scrivere un lavoro scientificoda destinare alla pubblicazione su unarivista internazionale, e si propone an-che come valido supporto metodo-logico per progettare, organizzare,preparare e pubblicare correttamenteun manoscritto su una rivista inter-nazionale, una tesi, una presentazioneorale o un poster. Diviso in quattro sezioni, il primo capi-tolo è dedicato allo stile “scientifico” ele principali linee-guida internazionalisugli aspetti etici, legali, organizzativi e redazionali delle pubbli-cazioni. Il secondo descrive, in modo semplice, come costruire un lavoroscientifico “passo dopo passo”. Il terzo capitolo illustra il processo di pubblicazione, la cuiconoscenza consente all’autore di ridurre sensibilmente i tempi.

Il quarto spiega, con esempi pratici,come evitare gli errori più ricorrentinella preparazione di un lavoro scien-tifico in lingua inglese e le modalità percorreggerli.Il testo nasce con l’intento di stimolareed incoraggiare i professionisti italiania rendere “visibile”, attraverso le pub-blicazioni, anche alla comunità scien-tifica internazionale il prezioso contri-buto che essi offrono, ogni giorno, aicittadini ed a confrontarsi con il fattoche: “... il rifiuto di una pubblicazionenon è un fallimento, ma l’inizio dellaprossima submission...”.Scrivere e pubblicare è una grande grat-ificazione perché sapere che le proprieidee vengono accolte e possono influen-zare altre persone è un modo per en-trare in contatto con loro e creare retiinfinite di collaborazione e confronto.Nonché, al contempo, è una grande re-sponsabilità: questo libro vuole fornire

un contributo a portarla a compimento.

Pubblicare nella letteratura scientifica internazionaleLoredana Sasso, Giuseppe Aleo

Prefazione di Roger WatsonMcGraw-Hill (136 pagine, 22 euro)

Infermieri e ricerca scientificaGuida alla pubblicazione sulle riviste internazionali

LETTO VOIper

IN PILLOLE

Un naso elettronico svela-tumoriUno speciale “naso elettronico” capace di riconoscere alcune forme neoplastiche è stato testato da un gruppo di ricerca dell'Israel Instituteof Technology. Lo studio è stato condotto su un gruppo di 82 soggetti, di cui 24 con cancro al polmone, 22 con tumore al cavo orale e collo e 36 soggettisani: il naso elettronico è riuscito a riconoscere entrambi i gruppi di malati e ciò è stato possibile grazie alla rintracciabilità di alcune mole-cole appartenenti al tumore e che si ritrovano anche nell’alito.Nell’articolo pubblicato sul British Journal of Cancer, gli autori hanno spiegato che, considerati i buoni risultati ottenuti finora, passerannopresto a studiare: “un gruppo di pazienti più grande perché attualmente c’è un grande bisogno di avere a disposizione nuovi semplici testdiagnostici per le forme di cancro che aggrediscono il collo e la testa”.

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Il “Collegato” e le modifiche all’organizzazionedel lavoro infermieristico

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L’AVVOCATO dice

Nel precedente numero avevamo proseguito nell’analizza-re gli interventi del cosiddetto “Collegato lavoro” aven-ti un impatto più o meno diretto sulla disciplina del lavo-

ro infermieristico.Avevamo così esaminato le novità introdotte con riferimentoall’aspettativa, alle misure atte a garantire pari opportunità,benessere di chi lavora e assenza di discriminazioni nelle ammi-nistrazioni pubbliche, all’età pensionabile dei dirigenti medicidel Servizio sanitario nazionale, alla disciplina in materia di per-messi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione digravità.L’articolo si chiudeva con un rapido cenno alla nuova regola-mentazione in materia di cure sanitarie all’estero, approvatadal Parlamento europeo. Proseguiamo, dunque, concludendo il nostro excursus sul“Collegato lavoro”, sempre con esclusivo riferimento allenorme aventi impatto sul lavoro infermieristico.

CERTIFICATI DI MALATTIA (ART. 25)L’art. 25 del Collegato prevede che, a decorrere dal 1 gennaio2010, in tutti i casi di assenza per malattia dei dipendenti didatori di lavoro privati, per il rilascio e la trasmissione dell’atte-stazione di malattia, la certificazione medica è inviata all’Inps,via mail, direttamente dal medico curante.Pertanto, con l’entrata a regime di questa norma, il lavoratoreavente diritto all’indennità di malattia a carico dell’Inps non èpiù tenuto a trasmettere all’Inps il certificato di malattia, ecce-zion fatta per i casi di impossibilità di invio telematico. Ulteriore novità della quale il lavoratore privato dovrà tenerconto è che, in caso di assenza per malattia protratta per unperiodo superiore a dieci giorni e, in ogni caso, dopo il secondoevento di malattia nell’anno solare, l’assenza viene giustificataesclusivamente mediante certificazione medica rilasciata dauna struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionatocon il Servizio sanitario nazionale.

CERTIFICAZIONE DEL CONTRATTO DI LAVORO(ART. 30)

L’art. 30, operativo in tutti i comparti pubblici e nel lavoro priva-to, interviene in materia di certificazione dei contratti di lavoro,controllo dei giudici, clausole generali dei contratti di lavoro ecriteri di valutazione del giudice in merito alle motivazioni deilicenziamenti.La procedura volontaria di certificazione dei contratti di lavoro,introdotta dal D. Lgs. 276/03 al fine di ridurre il ricorso alle vie

giudiziarie nelle cause di lavoro attraverso una precisa qualifica-zione della tipologia contrattuale, viene ora modificata nel sensodi un ampliamento delle possibilità di ricorrere alla stessa. La novità, infatti, consiste nel fatto che sarà certificato non piùesclusivamente l’inquadramento, ma il contratto nella sua inte-rezza, e quindi anche tutte le singole clausole relative al rappor-to di lavoro, e viene altresì ampliata la platea dei contratti peri quali è possibile richiedere la certificazione. I criteri di apprezzamento in sede di giudizio non potranno poipiù discostarsi dalla valutazione che le parti hanno espresso suicontratti in sede di certificazione: il giudice, cioè, non potrà piùsindacare le scelte operate dalle parti al momento dell’instau-razione del rapporto di lavoro. Il Legislatore estende poi le logiche sin qui esaminate alle clau-sole generali dei contratti (anche non certificati): in tutti i casiin cui, pertanto, il giudice è chiamato ad applicare, ad esempio,norme in tema di instaurazione del rapporto di lavoro, eserciziodei poteri datoriali, trasferimento di azienda e recesso, il suocontrollo sarà limitato all’accertamento del presupposto dilegittimità e non potrà essere esteso al sindacato di meritosulle valutazioni tecniche, organizzative, produttive, che compe-tono esclusivamente al datore di lavoro. La logica sopra descritta viene estesa anche al tema dei licen-ziamenti: nel valutare le motivazioni poste a base del licenzia-mento, il giudice terrà infatti conto delle tipizzazioni di giustacausa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi dilavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresen-tativi ovvero nei contratti individuali di lavoro ove stipulati insede di certificazione.

CONCILIAZIONE E ARBITRATO (ART. 31)Il “Collegato lavoro” riscrive poi gli articoli da 410 a 412-quaterc.p.c., modificando sostanzialmente per la risoluzione dei con-flitti di lavoro. In concreto, tuttavia, negli anni tale risultato non sembrerebbeesser stato raggiunto. L’unica ipotesi in cui l’esperimento del tentativo di conciliazio-ne rimane obbligatorio si ha nei casi in cui la controversia haper oggetto contratti di lavoro precedentemente certificati, indi-pendentemente dall’oggetto del contendere.Lo stesso art. 31, inoltre, rispetto alla previgente disciplina inmateria di arbitrato, che prevedeva che le parti, nel caso in cuiil tentativo di conciliazione non fosse riuscito o comunque nefosse decorso il termine per l’espletamento, potessero deferireai collegi arbitrali, qualora previsti dai contratti collettivi, la

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L’AVVOCATO dicerisoluzione della controversia di lavoro, amplia le ipotesi diricorso a tale strumento deflattivo.Ciò al fine di favorire la risoluzione delle controversie di lavoroin sede stragiudiziale, evitando di ricorrere al Tribunale in fun-zione di Giudice del Lavoro. In qualunque momento del tentativo di conciliazione, o al suotermine in caso di mancata riuscita, le parti possono, di comu-ne accordo, affidare alla stessa commissione di conciliazione ilmandato a risolvere, in via arbitrale, la controversia. Viene,inoltre, modificato l’art. 2113 c.c., prevedendo che le rinunce ele transazioni concordate tramite conciliazione ed arbitrato(anche in sede sindacale) sono pienamente valide.

DECADENZE E DISPOSIZIONI IN MATERIADI CONTRATTO DI LAVORO

A TEMPO DETERMINATO (ART. 32)L’impugnazione del licenziamento con qualsiasi atto scritto,anche extragiudiziale, purché idoneo a rendere nota la volontàdel lavoratore deve essere ora proposta, a pena di decadenza,entro 60 giorni dalla comunicazione del licenziamento o deimotivi, ma è inefficace se entro i successivi 270 giorni nonviene depositato il ricorso nella cancelleria del Tribunale com-petente o non viene data comunicazione alla controparte dellarichiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato.Tuttavia, nel caso in cui la conciliazione o l’arbitrato non abbia-no esito positivo, il ricorso deve essere presentato entro 60giorni dal rifiuto o mancato accordo. Questa norma si applica nei casi di: licenziamento invalido,ossia nullo o inefficace, compreso quindi il licenziamento ver-

bale; recesso del committente nei rapporti co.co.co e co.co.pro.;trasferimento; cessione di contratto ex art 2112 c.c.; contratti atermine, nei casi di contratti in corso, impugnativa della legitti-mità del termine o della proroga e azione di nullità del termine. Nel caso in cui sia riconosciuta la conversione a tempo indeter-minato di un contratto a termine, il lavoratore ha diritto al rico-noscimento di una indennità onnicomprensiva nella misura daun minimo di 2,5 ad un massimo di 12 mensilità. Si assiste dunque ad uno stravolgimento del diritto del lavoro,sia per quanto riguarda i tempi dell’azione giudiziaria, sia perquanto riguarda l’estensione dei 60 giorni di impugnativa altre-sì ai contratti a tempo determinato. La nuova disciplina è estesa inoltre ai casi di licenziamentonullo o inefficace (come ad esempio il licenziamento verbale).Si assiste, infine, ad una forte limitazione dell’eventuale risar-cimento.

MODIFICA ALL’ART. 11 DEL D. LGS.23 APRILE 2004, N. 124 (ART. 38)

Il D. Lgs.124/04, in tema di razionalizzazione delle funzioniispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro, si occupa,all’art. 11, di conciliazione monocratica, prevedendo che nelleipotesi di richieste di intervento ispettivo alla Direzione provin-ciale del Lavoro dalle quali emergano elementi per una soluzio-ne conciliativa della controversia, la Direzione provinciale delLavoro territorialmente competente può, mediante un propriofunzionario, anche con qualifica ispettiva, avviare il tentativo diconciliazione sulle questioni segnalate. Il “Collegato lavoro” interviene sul punto, disponendo che il ver-bale stilato dal funzionario della Direzione provinciale delLavoro a seguito dell’esito della conciliazione monocraticadiventa esecutivo con decreto del giudice competente, su istan-za della parte interessata.

CONTRIBUZIONE FIGURATIVA (ART. 40)E DISPOSIZIONI IN MATERIA DI

CONTRIBUZIONE FIGURATIVA PER PERIODIDI MALATTIA (ART. 45)

Gli articoli 40 e 45 intervengono in materia di contribuzione figu-rativa: con l’art. 40 si modificano i criteri di calcolo della retribu-zione per i periodi riconosciuti figurativamente, ai fini previden-ziali, con riferimento all’anzianità contributiva successiva al31.12.04; con l’art. 45 si prevedono disposizioni particolari inmateria di contribuzione figurativa per i periodi di malattia.Il valore retributivo da attribuire per ciascuna settimana aiperiodi riconosciuti figurativamente per gli eventi previsti dalledisposizioni in vigore e verificatisi nel corso del rapporto dilavoro, è pari all’importo della normale retribuzione che sareb-be spettata al lavoratore, in caso di prestazione lavorativa, nelmese in cui si colloca l’evento. Inoltre, non si applica il limite di 22 mesi al periodo massimo dimalattia accreditabile durante la vita lavorativa per i soggetti

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L’AVVOCATO dice

IN PILLOLE

Lampade abbronzanti: arrivano le regoleDopo più di vent’anni dall’approvazione della legge 1/90, sono state definite le schede tecniche relative alle apparecchiature per l’utilizzoestetico, tra cui le lampade abbronzanti. In particolare, il provvedimento stabilisce le tipologie delle apparecchiature idonee e quelle vietate. I lettini solari, ad esempio, dovrannoavere un sistema di irradiazione a norma da 0,3 W/m2: quindi, se le vecchie lampade assicuravano un’esposizione sei/sette volte maggio-re rispetto a quella del sole, ora, con le nuove macchine, tale esposizione è equiparata, per cui 15 minuti di lampada devono corrisponderea 15 minuti di esposizione al sole. Inoltre, la scheda tecnico-informativa del decreto fissa tutta una serie di regole e divieti, fra cui: l’utilizzo delle apparecchiature abbronzan-ti è vietato ai minori di 18 anni, alle donne in gravidanza, alle persone che soffrono o hanno sofferto di neoplasie della pelle, ai soggetti chenon si abbronzano o che si scottano facilmente al sole.L’utilizzo delle apparecchiature è, inoltre, esclusivo per fini estetici e non terapeutici e, si ricorda che, dopo la prima applicazione, occorreattendere 48 ore prima di effettuarne un'altra e non devono trascorrere meno di 24 ore tra l’una e l’altra. Nel nuovo regolamento ci sono anche alcune avvertenze: l’esposizione al sole successiva al trattamento abbronzante nello stesso giorno èpericolosa; l’uso di apparecchiature abbronzanti (Uv) deve essere riservato a personale adeguatamente formato e con specifica preparazio-ne teorico-pratica, in grado di condurre un corretto utilizzo delle apparecchiature stesse e valutare le condizioni della cute dei soggetti.

che, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trovinonell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasiattività lavorativa, che hanno conseguito tale inabilità a segui-to di infortunio sul lavoro.

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI COLLABORAZIONICOORDINATE E CONTINUATIVE

(ARTT. 48, COMMA 7, E 50)Il comma 7 dell’art. 48 interviene in materia di collaborazionicoordinate e continuative definendo, limitatamente alle presta-zioni rese nell’ambito di servizi di cura ed assistenza alla perso-na, un limite orario alla durata del rapporto per essere conside-rato collaborazione occasionale.Con tale modifica, per rapporti di collaborazione occasionale siintendono quei rapporti di collaborazione coordinata e continua-tiva con lo stesso committente, di durata complessiva, nel corsodell’anno solare, non superiore a trenta giorni, ovvero, nell’am-bito di servizi di cura ed assistenza alla persona, non superiorea 240 ore, con compenso non superiore a cinquemila euro.

L’art. 50, poi, dispone che il datore di lavoro, salvo il caso dellesentenze passate in giudicato, è tenuto solo a indennizzare eco-nomicamente il lavoratore con rapporto di collaborazione conti-nuativa con una cifra compresa tra un minimo di due mensilitàe mezzo e un massimo di sei. Questo, qualora il lavoratore puravendo vinto il ricorso per il riconoscimento per via giudiziariala natura di lavoro subordinato non abbia ancora avuto la sen-tenza passata in giudicato. Ciò vale anche nel caso in cui il datore di lavoro abbia ulterior-mente offerto, dopo la data di entrata in vigore della legge inesame, l’assunzione a tempo indeterminato per mansioni equi-valenti a quelle svolte durante il rapporto di lavoro precedente-mente in essere. Si introduce, pertanto, per legge una sanatoria a favore di queidatori di lavoro che hanno impropriamente usato contratti dilavoro somministrato al posto dei contratto di lavoro a tempodeterminato.

Avv. Alessandro Cuggiani

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I servizi online del Collegio Ipasvi di Roma

INFERMIERI RETEin

Approfittiamo dell’angolo riserva-to a questa rubrica per un “fuoriprogramma” richiesto da molti

iscritti, e motivato dalle numeroseemail di richiesta informazioni e sup-porto pervenute, per sottolineare alcuniaspetti tecnici dei servizi online delCollegio.

Pec – posta elettronica certificataIl Collegio Ipasvi di Roma offre a tutti ipropri iscritti la possibilità di otteneregratuitamente il proprio indirizzo diposta elettronica certificata (Pec) consuffisso @pec.ipasvi.roma.it attraversola pagina dedicata sul sito, con il linksempre ben visibile. In homepage, cisono tutte le indicazioni per poterlarichiedere ed attivare immediatamente. Le informazioni neces-sarie per poterla attivare a costo zero con il Collegio sono ilnumero di iscrizione all’albo ed il codice fiscale. Le due informa-zioni importanti da sottolineare sono: la Pec, al momento dellaricezione dei documenti via posta elettronica personale, èimmediatamente attiva, anche se ancora non sono stati spe-diti via fax gli allegati ricevuti; la seconda è che la Pec sotto-scritta con il Collegio di Roma, attraverso la nostra procedura,è gratis ed a completo carico del Collegio anche neglianni successivi. Quindi l’iscritto non dovrà versare alcun con-tributo, in quanto è a carico del collegio anche il rinnovo a sca-denza dell’anno solare.

Certificati on line e Biblioteca digitaleSono i due servizi con accesso diretto dal sito internet delCollegio. Il primo serve a richiedere direttamente a casa pro-pria, e senza spese, un certificato di iscrizione all’Albo di Roma;il secondo ad accedere alle più prestigiose Banche Dati di let-teratura scientifica internazionale. Hanno in comune, se così si può dire, le modalità di accesso.

Per entrambi, si necessita della richiesta di accesso, che sieffettua online direttamente da entrambi i servizi, ma una voltafatto per uno, è valido per entrambi; il sistema richiederà ivostri dati per poter verificare l’identità del richiedente, perpoter poi successivamente spedire via posta ordinaria una let-tera con il Pin personale, che permetterà l’accesso successivo(da effettuarsi dalla stessa pagina di partenza). Il tempo stima-to per l’arrivo della lettera presso il domicilio dell’iscritto è diqualche giorno: se in circa dieci giorni l’iscritto non ha ricevutoil proprio Pin, può inoltrare richiesta di supporto alla [email protected] per la verifica della spedizione o l’inol-tro allo staff tecnico.

l prossimo numero riprenderà come di consueto, con la secon-da parte delle applicazioni per dispositivi mobile (Android).

A cura di Fabrizio Tallaritawebmaster del Collegio Ipasvi di Roma

[email protected]

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LA VIGNETTA MESEdel

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NORME EDITORIALIQuali regole seguire per pubblicare un articolo su “Infermiere Oggi”

“Infermiere Oggi” pubblica articoli inediti di interesse infermieristico, previa approvazione del Comitato di Redazione. L’articolo è sottola responsabilità dell’autore o degli autori, che devono dichiarare: nome, cognome, qualifica professionale, ente di appartenenza, reca-pito postale e telefonico. Il contenuto non riflette necessariamente le opinioni del Comitato di Redazione e dei Consigli direttivi.Gli articoli devono essere strutturati secondo il seguente schema: 1) riassunto/abstract; 2) introduzione; 3) materiali e metodi; 4) risul-tati; 5) eventuali discussioni; 6) conclusioni; 7) bibliografia.

CITAZIONI BIBLIOGRAFICHELa bibliografia dovrà essere redatta secondo le norme riportate nel Vancouver Style (consultabili al sito internethttp://www.icmje.org).Il vantaggio dell’uso del Vancouver Style è nel fatto che la lettura di un testo non interrotto dalla citazione risulta più facile e scorre-vole. Solitamente, i rimandi alla bibliografia sono affidati a numeri posti ad esponente (es. parola2 ) che rimandano alla bibliografiariportata alla fine dell’elaborato. Il Vancouver Style prevede:– iniziali dei nomi degli autori senza punto, inserite dopo il cognome;– iniziale maiuscola solo per la prima parola del titolo del lavoro citati;– in caso di un numero di autori superiori a sei, può essere inserita la dicitura et al.

CITAZIONI DA INTERNETPer citare un articolo su una rivista on line, è bene riportare: cognome, nome. “Titolo Articolo.” Titolo Rivista. Volume: fascicolo (anno).Indirizzo internet completo (con ultima data di accesso). Per un documento unico disponibile in rete: Titolo Principale del Documento. Eventuale versione. Data pubblicazione/copyright o dataultima revisione. Indirizzo internet completo (data di accesso).

FIGURE E TABELLELe figure e le tabelle devono essere scelte secondo criteri di chiarezza e semplicità; saranno numerate progressivamente in cifre arabee saranno accompagnante da brevi ma esaurienti didascalie. Nel testo deve essere chiaramente indicata la posizione d’inserimento.Diagrammi e illustrazioni dovranno essere sottoposti alla redazione in veste grafica accurata, tale da permetterne la riproduzionesenza modificazioni.

ABBREVIAZIONI, ACRONIMI E MAIUSCOLELimitarsi alle abbreviazioni più note:ad es. per “ad esempio”n. per “numero”p./pp. per “pagina/pagine”vol./voll. per “volume/volumi”et al. per indicare altri autori dopo il sesto nelle bibliografie.

L’acronimo è un genere particolare di abbreviazione. La prima volta che si incontra un acronimo in un testo è sempre necessario citareper esteso tutti i termini della locuzione, facendoli seguire dall’acronimo tra parentesi - ad es. Associazione Raffredati d’Italia (Ari).Evidentemente, ciò non vale per sigle oramai entrate nell’uso comune, come tv, Usa, Aids, Fiat, Cgil, Ecm. Gli acronimi non conter-ranno mai punti – ad es. Usa e non U.S.A.

DATE E NUMERILe date vanno sempre scritte per esteso, per evitare incomprensioni nella lettura. Ad es. lunedì 28 luglio 2006 e 1° gennaio (non Igennaio o 1 gennaio). I giorni e i mesi hanno sempre la prima lettera minuscola. I numeri da uno a dieci vanno scritti in lettere (tranne che nelle date!). Per tutti gli altri, l’importante è separare sempre con un puntoi gruppi di tre cifre. Per le grosse cifre “tonde”, usare “mila”, “milioni” e “miliardi” invece di “000”, “000.000”, “000.000.000”.

PAROLE STRANIERELe parole straniere vanno sempre indicate in corsivo, soprattutto se non sono ancora entrate nell’uso comune italiano. Se si decidedi usare un termine straniero, è bene ricordare che non si declina mai (ad es. i computer e non i computers).

MODALITÀ E TERMINI PER L’INVIO DEI LAVORIGli autori che desiderano la riserva di un certo numero di copie del numero contenente il loro articolo, devono farne richiesta esplici-ta al momento dell’invio del testo.Tutto il materiale (una copia in formato elettronico, una copia in formato cartaceo) deve essere spedito o recapitato al Collegio Ipasvidi Roma, viale Giulio Cesare, 78 - 00192 Roma.

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