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92 Guida agli edifici sacri della Maremma LA VIABILITÀ IN PROVINCIA DI GROSSETO FRA L ’ETÀ ROMANA E IL MEDIOEVO Carlo Citter LA VIABILITÀ ROMANA L’area oggi delimitata dalla provincia di Grosseto fu attraversata da una fitta rete di strade costruite per lo più fra III e II secolo a.C., di cui le principali erano: l’Aurelia (Vetus e Nova e Aemilia Scauri) e, nel sovane- se, la Clodia. Le fonti documentarie per la ricostruzione della viabilità romana principale sono: la Cosmografia dell’Anonimo Ravennate, la Geografia di Guidone (che indicheremo da ora in poi rispettivamente AR e GG, edite in Schnetz a cura di, 1940); la Tabula Peutingeriana (da ora TP edita in Miller 1916) e l’Itinerarium Antonini Imperatoris (da ora IA in Cuntz 1929). Ai fini della ricostruzione della viabilità tardorepubblicana non pos- sono essere usate AR e GG che sono invece, rispettivamente, una fonte bizantina e del pieno Medioevo, che registrano le modifiche all’assetto tradizionale a seguito delle vicende belliche del VI secolo. La viabilità romana è stata oggetto di studi di diverso spessore scien- tifico, talora ai limiti della fantasia, più spesso del tutto privi di un ri- scontro topografico. È chiaro, infatti, che la sola ricostruzione ideale di tracciati, svincolata da ogni verifica sulla natura geografica dei territori che attraversavano, è comprensibile solo in assenza di un’archeologia del paesaggio. L’AURELIA Cominciamo con i tracciati dell’Aurelia. Ho già trattato altrove il pro- blema della sinossi delle proposte che la ricca letteratura sull’argomento offre e rimando senz’altro a quel contributo per tutti i dettagli. In sin- tesi ripropongo qui quella che mi sembra la soluzione più coerente, formulata da Coarelli (1988): – l’Aurelia Vetus costruita fra 259 e 241 a.C. da Roma a Pisa con tracciato costiero; – l’Aurelia Nova costruita nel 200 o 144 a.C. da Pisa a Luni; – l’Aemilia Scauri costruita fra 115 e 109 a.C. con un nuovo traccia- to, interno, da Roma a Luni. La differenza fra i due tracciati era già stata proposta da Lamboglia (1937) per il tratto ligure, poi dalla Sordi (1971) per il tratto Vada- Pisa. Alle stesse conclusioni era arrivata la De Rossi (1968) per il tratto Roma Montalto di Castro. Dunque, su base archeologica, è dimostra- bile l’esistenza di due strade, talora unite in un unico tracciato, talora separate anche se a breve distanza, che da Roma, via Civitavecchia e

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LA VIABILITÀ IN PROVINCIA DI GROSSETO FRAL’ETÀ ROMANA E IL MEDIOEVO

Carlo Citter

LA VIABILITÀ ROMANA

L’area oggi delimitata dalla provincia di Grosseto fu attraversata da unafitta rete di strade costruite per lo più fra III e II secolo a.C., di cui leprincipali erano: l’Aurelia (Vetus e Nova e Aemilia Scauri) e, nel sovane-se, la Clodia.

Le fonti documentarie per la ricostruzione della viabilità romanaprincipale sono: la Cosmografia dell’Anonimo Ravennate, la Geografiadi Guidone (che indicheremo da ora in poi rispettivamente AR e GG,edite in Schnetz a cura di, 1940); la Tabula Peutingeriana (da ora TPedita in Miller 1916) e l’Itinerarium Antonini Imperatoris (da ora IAin Cuntz 1929).

Ai fini della ricostruzione della viabilità tardorepubblicana non pos-sono essere usate AR e GG che sono invece, rispettivamente, una fontebizantina e del pieno Medioevo, che registrano le modifiche all’assettotradizionale a seguito delle vicende belliche del VI secolo.

La viabilità romana è stata oggetto di studi di diverso spessore scien-tifico, talora ai limiti della fantasia, più spesso del tutto privi di un ri-scontro topografico. È chiaro, infatti, che la sola ricostruzione ideale ditracciati, svincolata da ogni verifica sulla natura geografica dei territoriche attraversavano, è comprensibile solo in assenza di un’archeologiadel paesaggio.

L’AURELIA

Cominciamo con i tracciati dell’Aurelia. Ho già trattato altrove il pro-blema della sinossi delle proposte che la ricca letteratura sull’argomentooffre e rimando senz’altro a quel contributo per tutti i dettagli. In sin-tesi ripropongo qui quella che mi sembra la soluzione più coerente,formulata da Coarelli (1988):

– l’Aurelia Vetus costruita fra 259 e 241 a.C. da Roma a Pisa contracciato costiero;

– l’Aurelia Nova costruita nel 200 o 144 a.C. da Pisa a Luni;– l’Aemilia Scauri costruita fra 115 e 109 a.C. con un nuovo traccia-

to, interno, da Roma a Luni.

La differenza fra i due tracciati era già stata proposta da Lamboglia(1937) per il tratto ligure, poi dalla Sordi (1971) per il tratto Vada-Pisa. Alle stesse conclusioni era arrivata la De Rossi (1968) per il trattoRoma Montalto di Castro. Dunque, su base archeologica, è dimostra-bile l’esistenza di due strade, talora unite in un unico tracciato, taloraseparate anche se a breve distanza, che da Roma, via Civitavecchia e

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Cosa arrivavano a Pisa. Sembra giocoforza ascrivere l’evidenza topogra-fica all’Aurelia e in particolare la proposta di Coarelli consente di spie-gare questa dualità. Ciò mostra, pertanto, l’inconsistenza delle vecchiericostruzioni, come quella di Miller, che non possedevano ancora que-sti dati.

In aggiunta a questa ricostruzione ho proposto che le fonti itinerarierispecchino la dualità topografica. In particolare che IA proponga iltracciato interno della Aemilia Scauri, mentre TP quello costierodell’Aurelia Vetus.

Ciò è dimostrato da numerosi elementi. In sintesi:

– il numero delle mansiones riportate da IA fra Roma e Luni è di 18contro le 34 di TP, che corrisponde bene all’idea di procedere il piùpossibile in linea retta evitando i trafficati punti di sosta costieri. E nonsarà un caso che la TP riporti soste che possiamo ubicare con esattezzasulla costa, che non vengono invece riportate da IA.

– ogni volta che IA non riporta una mansio segnalata da TP abbia-mo l’evidenza topografica di un tracciato interno che evita la costa. Eall’opposto quando le due fonti riportano lo stesso punto, come aCosa, abbiamo l’evidenza di due tracciati che si ricongiungono;

– i due cippi miliari dell’Aemilia Scauri, quello di Volta di Rote fraCosa e Talamone, che segna 91 miglia da Roma e quello di Rimizzanoa sud di Pisa, che segna 188 miglia. Entrambi sono stati rinvenuti suipercorsi interni. La distanza dei due punti da Roma, calcolata sul trac-ciato interno, la Scauri, è rispettivamente di 93 e 189 miglia dunquecifre molto vicine a quelle segnate.

Vediamo ora brevemente il tratto fra Cosa e Follonica che qui inte-ressa particolarmente. In primo luogo i dati archeologici, quindi unasinossi degli itinerari e le ubicazioni dei punti di sosta.

– La ricognizione di superficie, l’aerofotointerpretazione e, come ab-biamo già detto, fonti degli inizi del secolo XIX relative a ritrovamentidi basolati hanno permesso di individuare i resti materiali di una stra-

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distanza distanzamansio IA localitàmansio TP

cosa cosam Ansedonia

Bengodi

Alberese

TP - GrossetoIA - San Martino

fattoria il lupo

Bagni di Gavorrano

Vignale

Torre Saline

Salebrone

Manliana

ad lacumAprilem

albinia fl.

telamone

hasta fl.

umbro fl.

saleborna

maniliana

populonio

I

VIIII

IIII

VIII

VIIII XXIIrealeXXIX

XII

VIIII

XII Populonium

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da che, senza interruzioni, da Cosa-Ansedonia, talora con sdoppiamen-to (l’Aemilia Scauri) arriva fino all’ultima ansa dell’Ombrone e da qui,varcato il fiume, presenta una biforcazione: verso Grosseto-Roselle everso Castiglione della Pescaia.

– Come vedremo più avanti, il ricongiungimento e la separazionedei due percorsi si accorda perfettamente con la lettura degli itinerari.L’unico elemento di cui ancora mancano dati archeologici inequivoca-bili (ma c’è un significativo toponimo “Fosso Migliarino”) è la presenzadi un duplice percorso lungo le opposte sponde dell’Ombrone fra Al-berese e Grosseto. Del resto la presenza di un lago presso Alberese puòaver contribuito a cancellare le tracce di questa strada. L’opinione co-mune che individua l’Aurelia vetus nella strada sicuramente basolatarinvenuta sul tombolo costiero fra l’Ombrone e Castiglione della Pe-scaia contrasta con l’impianto generale che funziona da Roma a Luni.L’Aurelia vetus è una conseguenza dell’inizio del processo di romanizza-zione, difficile quindi che fosse realizzata marginalizzando le città diRoselle e Vetulonia.

– Elementi sicuri dei ponti sull’Albegna, sull’Osa e sull’Ombronesono stati segnalati a più riprese.

– Elementi sicuri anche per le stazioni di posta di Telamon, Albiniae Hasta, mentre qualche incertezza permane ancora su Succosa, che co-munque va collocata presso la città antica (una rassegna in Citter1995).

Le ricerche archeologiche hanno permesso la sicura ubicazione dellemansiones di Albinia fluvius, Telamone e Hasta per le quali rimando allabibliografia già citata: si tratta di siti di una certa consistenza, semprein stretta relazione topografica con sorgenti e, nel caso di Hasta, è pre-sente anche un piccolo balneum. Le distanze riportate da TP concorda-no con l’evidenza topografica.

Arrivati al ponte sull’Ombrone cominciano invece i problemi, per-ché i dati sono più labili.

Cominciamo con elencarli in sintesi:

– oltrepassato l’Ombrone dopo il cosiddetto Ponte del Diavolo, untratto stradale costeggia il meandro fino al podere San Mamiliano dovesi biforca: un tratto lungo circa 50 metri si dirige verso Grosseto, l’al-tro, appena accennato, ma chiaro, verso il tombolo costiero e quindiCastiglione della Pescaia. Che non si tratti di una strada lorenese èchiaro dal fatto che il passaggio moderno, mediante barca, era sul latoopposto del meandro e così è stato fino agli anni ’30. La chiesa di SanMamiliano, perfettamente allineata sulla strada nell’ultimo tratto visi-bile, è citata nel XII secolo come S. Mamiliani de tumulo e riesce diffi-cile credere che gli Aldobrandeschi, o qualcuno prima di loro, potesse-ro averla costruita.

– lavori agricoli durante gli anni ’50 subito a nord dell’ultimomeandro dell’Ombrone, lungo la riva destra, al podere Salcino (e il to-

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ponimo è significativo) hanno portato alla luce grossi basoli di pietra diMoscona che non possono essere considerati come parte del paleosuo-lo, poiché la zona è tutta frutto di colmate alluvionali;

– lungo il tombolo costiero la letteratura riporta numerose testimo-nianze di una strada basolata che sul posto viene ancora definita rialtodel diavolo, evidentemente perché costruita su aggere;

– c’è l’evidenza archeologica di un grande abitato ai piedi del colledi Castiglione della Pescaia, presso l’accesso al Prile;

– le già citate testimonianze a San Mamiliano unite alle tracce di duevie basolate nella pianura a nord di Grosseto ben distinte, fra la riva in-terna del Prile e le colline di Roselle e Vetulonia, depongono a favoredella ripetizione del sistema dei due tracciati anche in questa zona. Unopiù interno, la Scauri, con evidenze a Casoni del Terzo, Il Serratone, Li-scheti, Il Lupo fino a casa Il Grilli; uno più esterno, la Vetus, poteva se-guire in parte l’andamento della centuriazione di Roselle dirigendosinella zona di Rugginosa, dove sono stati trovati a più riprese tratti distrada basolata, senza dimenticare che presso Poggetti Vecchi era il portomedievale detto allo Stagno e poi Chiavano, forse uno dei porti internia servizio della città di Roselle. Da qui verso Pietre Bianche, Le Quer-ciolaie dove sono altri resti di basolato. È fin troppo evidente che, co-steggiando il fosso Sestica, si arriva a L’Incrociata di cui parleremo me-glio più avanti, passando per Buriano, Vetulonia e Badia Vecchia, la pri-ma sede dell’abbazia di Sestinga.

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mare Tirreno

Vetulonia

Roselle

Grosseto

Le Querciolaie

Casoni delTerzo

San Mamiliano

Dati archeologicirelativi a stradebasolate nell’areadel Prile

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Fin qui l’evidenza archeologica. Gli itinerari, secondo la nuova inter-pretazione, ci dicono che l’Aurelia Vetus dopo Hasta-Alberese arrivava auna mansio presso il fiume Ombrone, mentre l’Aemilia Scauri, distac-catasi verosimilmente dopo Cosa e comunque senza toccare né Telamo-na né Hasta, raggiunge la vetus a Salebrone-Saleborna toccando primaun Ad Lacum Aprilem.

I dati topografici dimostrano che vi sono due percorsi fra Albegna eOsa e che quello interno evita i punti suddetti. Proprio lungo il traccia-to interno, a Volta di Rote, è il cippo miliario che ricorda l’AemiliaScauri.

Il vero nocciolo del problema è, invece, l’ubicazione di Salebrone. Laletteratura propone una vasta gamma di soluzioni, praticamente tuttequelle possibili, perché non considera che le fonti e l’evidenza topogra-fica parlano di due strade. Se volessimo seguire la tradizione, da cui sidiscosta Radke, alla luce delle nuove acquisizioni, dovremmo conclu-dere che:

– l’Aemilia Scauri, evita Hasta-Alberese e Ponte del Diavolo – con-sueta ubicazione di Umbro – poiché IA non cita nessuna delle duemansiones;

– quindi varcherebbe l’Ombrone in un altro punto, ma poi raggiun-gerebbe ugualmente Castiglione della Pescaia, tradizionale ubicazionedi Salebrone-Saleborna, perché sia IA che TP la riportano, ricongiun-gendosi sul Tombolo, previa sosta in un Ad Lacum Aprilem. Osservia-mo poi che la distanza di Salebrone da Umbro in TP e da Ad LacumAprilem in IA è identica, 12 miglia.

L’ipotesi risulta un po’ troppo complicata anche sotto il profilo to-pografico. Rimarrebbe poi da spiegare perché tutte le antiche città ven-gono servite dal tracciato costiero che invece eviterebbe del tutto rap-porti con Roselle e Vetulonia. Da Ponte del Diavolo, presunta Umbro,a Roselle sono almeno 16 chilometri, mentre da Castiglione della Pe-scaia, presunta Salebrone, sono almeno 18 chilometri, situazione chenon ha confronto in nessun altro punto fra Roma e Luni.

In base agli elementi prodotti, è evidente che il sistema dei due trac-ciati prosegue anche nel rosellano.

Superato l’Ombrone l’Aurelia Vetus si dirigeva dunque verso Rosel-le. Contando nove miglia da Hasta arriviamo nel centro storico diGrosseto. È bene comunque ricordare che gli scavi finora condotti nonhanno fornito dati di una presenza stabile di età romana riferibile aduna mansio.

L’Aemilia Scauri invece, si ricongiungeva alla Vetus dopo Telamona perdistaccarsene prima di Hasta, evitando quindi sia questa che la focedell’Ombrone e Umbro per dirigersi verso Grosseto direttamente. Que-sto intervento consentiva di evitare numerosi punti di traffico intensoper proseguire verso nord, costeggiando la riva sinistra del laghetto di Al-berese, le colline di Grancia, nelle cui vicinanze poteva attraversare l’Om-brone (un tracciato più interno spiega meglio anche la presenza del ca-

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strum di Poggio Cavolo, l’unico della linea costiera che risultava a unacerta distanza dalla viabilità romana principale). Da qui arrivava al gran-de complesso di San Martino le cui fasi di vita vanno dal II secolo a.C. alV-VI d.C. Le due strade dunque sarebbero sulle opposte sponde del fiu-me, quasi parallele. Questa situazione è identica a quella rinvenuta intutti i tratti del percorso da Roma a Luni, dove l’intenso traffico gravi-tante sui porti rendeva necessaria una bretella per chi doveva fare lunghitragitti, riservando la Vetus al traffico locale. Un abitato di questo tipopuò essere sorto sulla mansio di Ad Lacum Aprilem e sviluppatosi in se-guito. Il problema del nome, poiché il sito non si trova sulla riva delgolfo, è risolvibile pensando che il Prile è comunque l’elemento geografi-co dominante di tutta la pianura e che ad significa “presso”. Non dimen-tichiamo, poi, che le variazioni di corso dell’Ombrone e i “bassi” fra Pog-getti Vecchi e Le Galere potrebbe aver reso ancora più urgente il secondointervento che corre invece sempre su “alti”.

La distanza fra Cosa e il fiume Ombrone è di XXIII miglia, quindiquella riportata da IA per il tratto Cosa-Ad Lacum Aprilem (XXII) an-drebbe comunque corretta almeno in un XXV, mentre Cosa-Umbro è di29 (XXIX). La villa di San Martino si trova a circa 29 miglia da Cosa.Poiché l’elenco delle mansiones che seguono in TP e IA, con le relativedistanze, coincidono in entrambi i casi (vedi tabella sopra riportata),possiamo correggere il XXII di IA con un XXIX. Questa è una correzio-ne dettata da considerazioni di carattere geografico e archeologico. Ri-mane tuttavia il problema di capire la genesi di tale errore.

Da Umbro-Grosseto e da San Martino-Ad Lacum Aprilem la Via Au-relia Vetus e l’Aemilia Scauri procedevano in direzione nord ovest quasiparallele, per convergere, dopo XII miglia, Salebrone, da ubicare all’in-terno, presso il Bruna.

La zona de Il Lupo, detto nel Medioevo “L’Incrociata”, perché nodoviario importantissimo, sembra la posizione più plausibile.

L’Aurelia Vetus e l’Aemilia Scauri proseguivano unite verso nord ove-st, in direzione di Gavorrano e Scarlino, scorrendo in una vallata checostituisce una direzione obbligatoria come a sud fra i colli dell’Uccelli-na e Monte Cornuto.

La mansio di Maniliana può essere collocata nei pressi di Bagno diGavorrano, a VIIII miglia da Salebrone, seguendo il tracciato della fer-rovia attuale.

La mansio di Populonium, posta a XII miglia dalla precedente, dove-va essere situata presso Vignale (poco oltre il confine di provincia), inlocalità Il Mosaico.

Qui è un grande sito romano che non possiamo interpretare comesemplice villa essendo un’area di almeno 16 ettari ad altissima densitàdi reperti e con frequentazione fino al VII secolo. Circa tre chilometria più a sud (fosso di Valmaggiore), il Paolozzi trovò un tratto di selciatoromano (ringrazio il dottor Paolucci per la segnalazione). Di diversa in-terpretazione Cucini 1985 (sito 235). La tradizionale identificazione di

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Venturina con la statio di Populonium era dettata più da osservazionisulla configurazione geografica e stradale attuale, tralasciando del tuttole indicazioni delle fonti.

LA CLODIA

La Via Clodia, costruita nella prima metà del III secolo a.C., interes-sa solo marginalmente la provincia di Grosseto, nel territorio sovanese.A differenza dell’Aurelia era più adibita al traffico locale, che alle lun-ghe percorrenze.

La sua sistemazione definitiva avvenne probabilmente nel corso del IIsecolo, cioè dopo la deduzione della colonia a Saturnia che era anche ilcapolinea. Quindi qui interessa solo il tratto finale della Clodia, da Tu-scania a Saturnia. Del tutto priva di fondamento risulta l’identificazionedi Saturnia con Vulci o il prolungamento della strada fino a Roselle.

Poiché i due estremi, Saturnia e Tuscania, sono noti, il problema erasempre stato quello di posizionare la mansio di Materno, nome anticoche non ha lasciato tracce evidenti nella toponomastica locale. Il sito

L’Aurelia Vetus el’Aemilia Scauri

fra Cosa eFollonica

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era certamente importante e risulta documentato per tutto l’alto Me-dioevo (Kurze-Citter 1995). Le posizioni degli studiosi sono state lepiù varie, ma senza tenere conto delle indicazioni di TP. Alcuni anni fa(Gazzetti 1985) è stato proposto un tracciato per la Clodia che uscitada Tuscania prosegue verso Canino in direzione nord ovest. Da lì perCastellardo, la villa de La Selvicciola e Castro. La via doveva evitare lacittà, perché non è citata da TP, ma è ovvio che vi era un collegamen-to. Il tracciato principale prevedeva un ampio arco intorno a PoggioLucio, l’attraversamento del Fiora presso Castel dell’Aquila, e da lì ver-so Saturnia. Si presume che la Clodia, come del resto tutte le vie roma-ne, potesse avere diverticoli e tracciati secondari. In particolare è pro-babile che dopo Castro vi fosse un secondo tracciato che prevedeva unampio giro intorno alla Selva del Lamone.

Si è detto che il posizionamento di Materno ha suscitato un ampio di-battito, che credo di aver risolto in una recente analisi del problema ubi-candolo alla villa romana de La Selvicciola presso Canino.

Resti del tratto finale della Clodia sono venuti alla luce in più mo-menti presso Saturnia.

VIABILITÀ MINORE

Le fonti itinerarie ci informano solo sulle strade più importanti, ma è ar-cheologicamente dimostrato che in Età romana vi era una fitta rete ditracciati, talora anche lastricati, che consentivano facili collegamenti fra imunicipia e i loro territori. Talora queste direttrici ricalcano antichi per-corsi preromani. La via che conduceva da Vulci a Chiusi passando perSovana e le pendici dell’Amiata era forse in uso già nelle ultime fasi dellapreistoria. È dunque tema per una monografia lo studio della cosiddettaviabilità romana minore e soprattutto i suoi rapporti con le preesistenze

La Via Clodia daTuscania aSaturnia

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etrusche. Qui credo sia interessante fare il punto sulla situazione pren-dendo alcune zone campione meglio studiate: la pianura grossetana el’area fra Albegna e Fiora.

Certamente dopo la costruzione dell’Aurelia Vetus fu realizzato an-che il tratto che univa l’Ombrone a Follonica, per consentire un piùagile collegamento fra i porti della costa e per facilitare il traffico dilunga percorrenza verso la Gallia.

Resti di questo tracciato sul tombolo furono segnalati già dal Repet-ti e ancora prima dal Targioni Tozzetti. La strada doveva correre lungoun aggere ed era basolata. Il sopralluogo non ha consentito di reperiredati materiali in questo senso, ma stando a precedenti segnalazioni do-veva essere un po’ più a monte di quella attuale, distanza che aumenta-va verso Pingrossino, con circa un chilometro di differenza, e che dimi-nuiva verso Castiglione, a Canova. A Castiglione della Pescaia era unaltro ponte che una carta del XVIII secolo riporta con il consueto to-ponimo di ponte del Diavolo.

Lungo le rive settentrionali e occidentali del Prile correva un altroimportante asse viario che univa il porto di Castiglione della Pescaia aVetulonia costeggiando l’area di Isola Clodia.

Parallelamente all’Aurelia una serie di strade minori collegavano icentri abitati. Possiamo accennare brevemente a due diverticoli moltoimportanti riportati da TP: uno parte da Maniliana verso Aquae Popu-loniae e l’altro da Vada verso Aquae Volaterranae. In mezzo a questi dueinsediamenti, che la simbologia del cartografo indica di una certa con-sistenza, è posto un lago. I due centri sono di particolare importanzaperché rappresentati con il simbolo grafico del complesso di edifici

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Viabilità romanatrasversale fra

Massa Marittimae Gavorrano

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aperti all’interno. Si può forse identificare il lago con quello dell’Accesache sta fra Ribolla (forse Aquae Populoniae) da un lato, e Massa Marit-tima (Aquae Volaterranae) dall’altro. Vi è una via interna che collegaCecina con Massa. E proprio nella valle sottostante il castello medieva-le una recente ricognizione ha riesaminato un sito di vaste proporzioni,con abbondanza di acqua e con sedimentazione che va dalla preistoriaal Medioevo (con il significativo nome di Massa Vecchia).

Anche Ribolla presenta sorgenti di acque termominerali che posso-no giustificare l’appellativo di aquae. Tuttavia si tratta solo di un’ipotesiche necessita di ulteriori approfondimenti, i quali esulano dalle finalitàdi questa ricerca.

La fattoria Il Lupo, dove abbiamo posizionato Salebrone, era un im-portante nodo viario: qui convergevano, per dividersi subito i due ramidell’Aurelia Vetus e dell’Aemilia Scauri. Inoltre un’altra strada si dirigevaverso Selvello e l’interno e un raccordo permetteva di raggiungere Ve-tulonia. Un modesto tracciato viario romano può essere riconosciutodall’allineamento di alcuni siti dalla porta est di Roselle. Si tratta diuna via con andamento nord-sud che dalla città conduceva all’Ombro-ne presso Istia. Qui si collegava con la direttrice trasversale fluviale-ter-restre che via Ombrone e Orcia portava a Chiusi già in Età etrusca. DaUmbro-Grosseto si partiva una strada verso Roselle come testimonia unimpianto termale depredato nel secolo scorso a Bagno Roselle. Un se-

Viabilità minorein Età romanafra Albegna eFiora

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condo diverticolo per Roselle doveva essere all’altezza di Casoni delTerzo, essendo la distanza dalla città proprio di 3 miglia e possiamodunque ragionevolmente supporre un allacciamento con l’AemiliaScauri utilizzabile da coloro che viaggiavano in direzione sud, versoRoma, mentre quello precedente da Grosseto poteva essere più como-damente usato da coloro che viaggiavano sulla Vetus.

Un altro diverticolo dell’Aurelia era situato nei pressi della mansio diTelamona, forse in connessione con il porto romano. Correva lungo untombolo costiero (in tutto simile a quelli del lago Prile e del padule diScarlino) fino almeno alla località Madonna delle Grazie, dove era uncentro abitato di notevole importanza. Da qui proseguiva in direzionenord, costeggiando i rilievi collinari dell’Uccellina e quindi il limiteovest del golfo di Talamone. Questa strada doveva ricongiungersiall’Aurelia Vetus poco prima di Hasta.

Passiamo ora alla valle dell’Albegna dove i dati archeologici, sonoinequivocabili.

Da Saturnia, oltre alla Clodia, partiva una seconda strada, di cuisono state rinvenute tracce fuori Fontebuia, che sembra proprio diri-gersi verso il fiume. Non è sicuro il punto in cui la via vi si affiancava,ma certo un altro tratto è stato rinvenuto poco oltre Marsiliana, in lo-calità Banditella. La ricognizione della valle dell’Albegna ha consentitodi ricostruirne il tracciato fino alle pendici del colle di Cosa.

Ancora da Saturnia partivano due tracciati: uno verso l’Amiata e l’al-tro verso Murci. Questo doveva essere il tratto iniziale del collegamen-to con Roselle, via Trasubbie. Dato che Saturnia e Roselle sono cittàetrusche sembra possiamo concludere che i Romani monumentalizza-rono un tracciato preesistente.

Dall’abitato di Sant’Angelo presso il Chiarone (Ad Novas) partivauna strada per Pescia Fiorentina, vero e proprio nodo viario. Da qui unramo si dirigeva verso Vulci, un altro proseguiva verso nord giungendoa La Campigliola, altro nodo importante. Qui infatti arrivava un’altrastrada da Vulci e da qui verso nord ovest per ricongiungersi alla stradaSaturnia-Cosa in località La Sgrilla, verso nord in direzione Manciano,ed è verosimile che proseguisse per ricongiungersi alla Clodia a metàstrada fra il Fiora e Saturnia. Non è escluso che alcune di queste stradefossero già in uso in Età etrusca, per consentire un veloce collegamentofra Vulci e il suo entroterra.

Vedremo più avanti la “singolare” coincidenza della disposizione deicastelli medievali sui tracciati viari che abbiamo appena descritto.

Anche l’area sovanese presenta una fitta rete viaria etrusco romana, eanche in questa zona la posizione degli abitati medievali offre interes-santi spunti di riflessione. Certo, la particolare configurazione geologi-ca, il tufo, crea strette e incassate vallecole che obbligano il transito en-tro margini piuttosto stretti, pertanto qui la conservazione degli assiviari è più evidente. Sovana era certamente un punto di transito delladirettrice che univa Vulci con Chiusi e vi sono indizi che questo colle-gamento fosse attivo anche nell’Alto Medioevo.

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A Sovana giungeva anche una strada che partiva da Tuscania viaPiansano, lago di Mezzano, Pitigliano.

LA VIABILITÀ MEDIEVALE

Il problema della viabilità medievale in provincia di Grosseto non haricevuto ancora un’attenzione specifica da parte degli archeologi, quin-di non disponiamo di elementi paragonabili a quelli presentati perl’Età romana.

Le uniche indicazioni che possiamo utilizzare vengono dall’analisidella maglia insediativa del pieno Medioevo. È infatti dimostrabile che icastelli e i complessi monastici si dispongono su direttrici che spessocoincidono con le strade romane. In tal caso mi sembra che si possa ra-gionevolmente supporre la continuità d’uso dei tracciati antichi.

Più avanzati invece gli studi sulla documentazione scritta che qui pre-senterò in estrema sintesi (rimando a Prisco 1994 per i dettagli). In basealle fonti è possibile ricostruire una fitta rete di direttrici che mettevanoin comunicazione tutte le zone della Maremma lungo la fascia costiera everso l’interno. Il limite di questo tipo di informazioni è però di ordinetopografico: prima della cartografia moderna, più o meno esatta, le fon-ti si limitano a fornire indicazioni sui punti di partenza e di arrivo diuna strada e talora su eventuali incroci. La ricostruzione sul terreno,pertanto, si basa su osservazioni geografiche e sul buon senso. In presen-za di indicazioni documentarie di strade lungo una direttrice dove c’èevidenza archeologica di una strada romana, ho optato per una ugua-glianza dei tracciati.

In altri casi le informazioni sono indirette e si riferiscono al traspor-to di merci e bestiame da una curtis a un’altra. È ovvio che queste tran-sazioni dovevano essere fatte su strada, e quindi possiamo ipotizzare,anche se con una maggiore cautela, l’esistenza di assi di collegamento.

La prima informazione diretta di una strada in area maremmana nelMedioevo è della fine dell’VIII secolo e si riferisce a un tratto di via pu-blica presso Vetulonia.

LE DIRETTRICI COSTIERE

Il dato che emerge dall’analisi della documentazione scritta operatoda Prisco è la perfetta aderenza della viabilità medievale lungo la co-sta ai tracciati dell’Aurelia Vetus e dell’Aemilia Scauri che ho propostosulla base di altre fonti. Se ai documenti scritti aggiungiamo le osser-vazioni topografiche dell’ubicazione di castelli, pievi e abbazie il qua-dro è ancora più chiaro. Cominciamo con ordine da Cosa-Ansedoniaverso nord. Il tracciato fra Ansedonia e l’Ombrone, lo abbiamo visto,era in ottimo stato di conservazione ancora nel XIX secolo quando fucostruita la nuova strada regia orbetellana. Fra Talamone e Collec-chio una fonte medievale cita una silice di Vergilio e una di Merlino.Ovvero una conferma della presenza di due strade basolate, l’AureliaVetus e l’Aemilia Scauri. Ma ancora prima, la costruzione nel 1307

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della via senese per Talamone, che evita il lago di Alberese, sembra instretta relazione all’impaludamento di un tracciato più a ovest, citatoancora nel XV secolo come carraria. Oltrepassato il fiume, sia arriva-va a Caliano e da qui alla fine del XIII secolo si poteva giungere a Gros-seto per mezzo di una via publica, che è sicuramente parte della stradanota nel XV secolo come via vecchia che andava a foce di mare. È abba-stanza evidente che il passaggio dell’Ombrone, la vicinanza alla foce e,verosimilmente, a un approdo, la possibilità di dirigersi sia sul tomboloche verso Grosseto-Roselle, hanno reso la zona di La Trappola-San Ma-miliano un punto strategico di primo piano in ogni tempo. Non stupi-sce, pertanto, che una nuova interpretazione del documento dell’803voglia ubicarvi Caliano: l’interesse longobardo lucchese per questa zonaandrebbe a costituire una linea continua lungo il corso inferioredell’Ombrone che da La Trappola va a Grosseto, Istia d’Ombrone e

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La viabilitàmedievale costiera

da Cosa-Ansedonia

all’Ombrone

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Campagnatico. Da Caliano si poteva proseguire lungo il tombolo peruna via carraria fino a Castiglione della Pescaia dove era un traghet-to (locho dicto barcha). La strada romana doveva essere ancora in suofino alla costruzione della nuova via dei cavalleggeri che univa le torricostiere fra XVI e XVII secolo e del resto il persistere di toponimi“ponte” e “rialto del diavolo” suggerisce che il tracciato fosse ancoraben visibile nel Medioevo.

La strada romana era perfettamente visibile anche più a nord verso ilpadule di Scarlino dove è attestata una silice.

Ma oltre ai dati documentari vi sono elementi di natura archeologi-ca, seppure indiretti.

I Bizantini non fortificavano a caso, ma seguivano sempre la viabilitàlungo la quale potevano verificarsi le incursioni di gruppi consistenti. In

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La rete costiera dicastra bizantini

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questo caso si trattava anche di presidiare una serie di porti. Come risultaevidente dalla tavola seguente, l’allineamento di fortificazioni segue i traccia-ti dell’Aurelia Vetus e dell’Aemilia Scauri. L’unica anomalia appariva PoggioCavolo, decisamente un po’ lontano dalla vetus, ma aver proposto un trac-ciato per la Scauri che costeggia a est il lago di Alberese e i colli di Grancia,ripropone con forza la centralità di questo punto che si raccorda da un latoalla torre circolare di Santa Maria Alborense e dall’altro a Roselle stessa, senon addirittura all’altra torre circolare di Moscona (cfr. Citter 1993).

Dopo un vuoto di alcuni secoli, motivato come sempre da assenzadi ricerche specifiche, la costruzione dei tre grandi monasteri marem-mani (Santa Maria Alborense, San Pancrazio al Fango e San Bartolo-meo di Sestinga) sembra in evidente relazione alla continuità d’uso deipercorsi viari costieri. È naturale che un monastero non ha una relazio-ne di contiguità topografica con un tracciato, ma la scelta in tutti e tre icasi è caduta su località dove erano preesistenze etrusco-romane e di fa-cile controllo della viabilità.

Santa Maria Alborense sta a metà strada fra l’Ombrone e l’Osa inposizione chiaramente dominante sia la costa, sia la valletta fra i collidell’Uccellina e monte Cornuto.

San Bartolomeo di Sestinga fu edificata su una collinetta che domi-na il tratto terminale della Vetus prima di Salebrone-Il Lupo. Qui eraveramente un nodo viario molto importante sia in Età romana, comeabbiamo visto, sia nel Medioevo.

San Pancrazio al Fango, infine, fu edificata su un’isoletta che si affac-cia da un lato sulla parte navigabile del Prile, dall’altro sulla strada etru-sco-romana, ma certamente anche medievale, che univa Castiglionedella Pescaia a Vetulonia via Macchiascandona.

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La viabilitàcostiera medievale

dall’Ombrone aCastiglione della

Pescaia

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LE DIRETTRICI INTERNE

Per questo aspetto occorre fare ulteriori suddivisioni, dal momento chele indicazioni sono molte. Ho optato per una rozza divisione geografica.Di volta in volta ricorderò i punti di sutura fra la viabilità costiera equella trasversale. È comunque facilmente dimostrabile che dal centrodei possedimenti longobardi lucchesi nel Cornino presso Monteroton-do Marittimo si poteva giungere a Sovana seguendo più di un percorso.

Fra Cornino, Vetulonia e Roccastrada

La viabilità medievale nella parte alta della provincia di Grosseto gravi-ta intorno a due poli evidenti: da un lato il waldus regis e dall’altrol’area di Salebrone-Il Lupo.

La creazione di un’area a più marcata presenza longobarda nell’altaVal di Cornia con la chiesa di San Regolo e i centri abitati di CastiglionBernardi, Bagnoregio e Paterno, per rimanere nella provincia di Gros-seto, rese necessaria una viabilità ad hoc sia in senso longitudinale, chetrasversale. Purtroppo in questa zona non abbiamo ancora dati archeo-logici sulle strade romane, pertanto ci manca il termine di paragone,che invece abbiamo per altre aree. Non sappiamo se la via publica checongiungeva San Regolo con Vetulonia insistesse su un tracciato piùantico. Certo questa strada riuniva molti dei possedimenti lucchesi. Sudi essa troviamo infatti Tricasi, Montebamboli, Marsiliana, Pastorale,Valpiana e quindi la corte di San Frediano di Lacchise (il lago dell’Ac-cesa) da cui ci si immetteva sulla vecchia Aurelia per Vetulonia.

È inoltre certo che un collegamento doveva esistere fra San Rego-lo e il monastero di San Pietro a Monteverdi, punto terminale di unasse che corre parallelo alla costa, ma a una certa distanza, e che co-stituisce la via della penetrazione longobarda lucchese in Maritima.

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Viabilitàtrasversale fraSan Regolo eL’Accesa

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In senso trasversale era il collegamento San Regolo-Monterotondovia Paterno, ma la strada principale era quella che attraverso Paganico eRocchette Pannocchieschi, seguendo il corso del torrente Milia, giun-geva a Prata e da qui a Tatti, raccordandosi quindi alla viabilità dellaparte alta del Prile.

La viabilità nel triangolo Vetulonia-Montepescali-Montemassi sipresenta, a una prima occhiata, come una vera e propria ragnatela. Ilpunto nodale è certamente l’area de l’Incrociata dove erano la pieve diMorrano, il Cahagio Subperitulo, il villaggio di Ranoclagia, per non par-lare dell’abbazia di Sestinga.

La Via Aurelia Vetus era forse interamente ripresa, fra Grosseto e Sa-lebrone, dalla via che va a Buriano che passava per il portum stagni e, at-traversato il Sovata, proseguiva in direzione nord avendo sulla sua sini-stra la curtis poi castello di Buriano, la curtis poi castello di Colonna-Vetulonia, le due abbazie di Sestinga e il castello di San Michele. A IlLupo si incrociava con la via del vadum de Yschia o ad balneum Calvel-larum che forse riprende gran parte del tracciato dell’Aemilia Scauricon la ovvia deviazione nel suo tratto iniziale verso il nuovo polo diGrosseto dalla primitiva mansio presso San Martino che infatti non re-stituisce materiali posteriori al VII secolo d.C. se non qualche fram-mento sporadico di maiolica arcaica.

Da L’incrociata una via publica passava sotto Vetulonia nei pressi delCasale Episcopi e seguendo i corsi del Rigo prima e dell’Alma poi, arriva-

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Viabilitàtrasversale

nell’areavetuloniese

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va a congiungersi con il raccordo costiero a Pian d’Alma, cioè alle spalledel porto romano. Pur non essendovi prove inequivocabili di un traccia-to viario romano lungo questa direttrice, mi sembra piuttosto evidenteche il porto alla foce dell’Alma e Castiglione della Pescaia siano i due re-ferenti per Vetulonia e il suo territorio.

Ancora da L’Incrociata partiva un’altra importante strada che ricalcaquella etrusco-romana per il Selvello, la via di lupo inpiso. Passando perMorrano-Poggetti Lepri, la via attraversava e costeggiava il Bruna, pas-sava per la silva tabbianese, raggiungeva la pieve di Tabbiano, dove arri-vava anche da nord una silice che cominciava alla pieve di Caminino, epoi il monastero di Giugnano. Da qui si poteva proseguire per Rocca-strada e Torniella e quindi entrare in provincia di Siena, oppure piegarea est per la via ad crucem agello che andava a finire all’abbazia di SanLorenzo al Lanzo.

Un’altra importante strada, di cui parleremo più avanti e che nel suotratto rosellano si chiamava via d’Archi, dal castello di Dotale (PoggioCastellaccio) alla confluenza fra Trasubbie e Ombrone, passando per

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Viabilitàtrasversalemedievale nelGrossetano

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Stertignano e Batignano, viaggiava nella pianura di Montepescali paral-lela, ma più a nord, della via del vadum de Yschia per ricongiungersialla Scauri sopra Giuncarico. Vedremo che questa è forse una delle piùantiche direttrici trasversali maremmane.

La via del vadum de Yschia ha una biforcazione a sud di Braccagni: ilramo occidentale segue per Il Lupo, il ramo orientale costeggia il colledi Montepescali fino a Giugnano, chiamandosi via de muriccenghi.

Ciò che emerge con chiarezza da questa descrizione, è che la viabi-lità romana si è mantenuta sostanzialmente inalterata. Anzi, potremmodire che i tratti di cui non abbiamo l’evidenza archeologica potrebberoessere solo dei vuoti nella documentazione. La centralità di Salebronenella viabilità fra rosellano e vetuloniese, con la presenza di ben cinqueassi che da lì partono, viene confermata e arricchita nel Medioevo, giàa partire dall’Età longobarda.

La convergenza, più volte notata, fra interessi lucchesi e chiusini inquesta zona, ha la sua motivazione primaria nel controllo di un nodoviario strategico. La coincidenza di strade romane e altomedievali misembra autorizzi a ritenere che in buona parte il selciato antico fosseancora visibile e utilizzabile.

Annotiamo infine un ultimo tracciato che sempre da L’Incrociata se-guiva il Bruna, dirigendosi poi verso Tatti e Prata. Questa strada è dettaantiqua et carraria e non va quindi escluso che si tratti di un percorsoromano di collegamento fra la Val di Cornia e la valle del Bruna.

L’area grossetana

Attraverso la valle dell’Ombrone e dei suoi affluenti, oggi ridotti allo sta-to di fossi, era possibile raggiungere praticamente tutti i castelli della Ma-remma medievale. Vediamo in breve i principali tracciati documentati,tralasciando quelli costieri di cui abbiamo già discusso.

Una via correva lungo l’Ombrone da Caliano (La Trappola) versoGrosseto, Istia d’Ombrone, Campagnatico e Pian Colombaio fino allaconfluenza con l’Orcia. Vedremo che la presenza della pieve vecchia diCampagnatico sul tracciato è un indizio che conferma l’uso altome-dievale della direttrice che univa il Chiusino al Rosellano.

Molto importante era anche la direttrice che seguiva il corso del Tra-subbie. Da Cana (Lusciano) si arriva al castello di Dotale, che era an-che un importante punto di guado. Quindi si proseguiva per Istiad’Ombrone e Roselle verosimilmente lungo l’antica strada etrusco-ro-mana. Da Istia di nuovo verso Grosseto lungo la strata que itur adGrossito che abbiamo già visto.

L’Ombrone poteva essere raggiunto anche da Pereta (Tocciano), se-guendo il corso del Maiano fino a Istia d’Ombrone, oppure seguendoun altro tracciato che permette di ricongiungersi all’Aurelia Vetus pres-so Alberese (Hasta) seguendo verosimilmente per La Capitana, Mon-tiano, Cupi tratto indicato dal Catasto del 1823 come via di Montiano.

Una via infine, la via d’Archi, passava a nord di Roselle, toccandomarginalmente la pianura del Prile.

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Il suo tracciato, ricostruibile in maniera abbastanza precisa, consenteun rapido collegamento fra il guado dell’Ombrone al castello di Dotalecon la valletta a nord di Giuncarico, passaggio obbligato per accedereal Populoniese. Pur essendo attestata nel Medioevo è verosimile chefosse parte di un antico tracciato che metteva in collegamento Sovanae Saturnia con Vetulonia e Populonia passando lungo il Trasubbie equindi presso il castello del Cotone.

Al termine di questa rapida rassegna sembra piuttosto evidentecome Grosseto sia uno di quei nodi stradali rilevanti, forse già dall’Etàromana. Non possiamo quindi che concordare con Prisco quando notache la presenza di una pieve di Santa Maria a Grosseto ai primi dell’XIsecolo, ma di certo costruita già da alcuni decenni, è in perfetta sinto-nia con le funzioni di crocevia assunte dal centro in Età carolingia.

FRA ALBEGNA E FIORA

Come abbiamo visto per l’Età romana la zona compresa fra i due fiumiera attraversata da una fitta rete stradale di cui oggi abbiamo alcuni ele-menti, ma certamente non ultimativi.

Nel Medioevo la rete rimase sostanzialmente inalterata, anche se for-se era mutata la gerarchia interna.

Viabilitàtrasversalemedievale fraAlbegna e Fiora

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Durante la guerra fra bizantini e longobardi, infatti, l’Anonimo Ra-vennate riporta una selezione dei tracciata ai fini della difesa e il per-corso interno fra Sant’Angelo-Ad Novas e Saturnia venne preferito allavia tradizionale che da Cosa passava per Marsiliana costeggiando l’Al-begna per dirigersi a Saturnia dopo aver toccato anche Montemerano.

Ciò che conta è che nel pieno Medioevo, quando il paesaggio deicastelli è formato, su quella strada troviamo Ansedonia, Scerpena,Montemerano Saturnia, mentre Manciano è un po’ più discosto.

Sempre da Cosa-Ansedonia la via che portava a Marsiliana viene ci-tata in una serie di confinazioni dei primi del XVI secolo con il signifi-cativo nome di strada antiqua et saxosa.

Da Marsiliana partiva una strada dritta che attraversava l’Albegna eprocedeva verso Manciano. A Poggio Sassineri era un importante in-crocio che nello stesso documento citato prima viene definito incrocia-ta di due vie antique. La strada che incrociava correva più o meno pa-rallela al fiume e dirigeva verso la foce. Non sembra inverosimile veder-vi una strada romana che segue più o meno l’andamento dellacenturiazione di Cosa permettendo un collegamento fra il porto allafoce dell’Albegna e il retroterra agricolo.

Notiamo al margine che su uno dei tracciati della Clodia sta il ca-stello di Scarceta.

Nel Medioevo era ancora certamente in uso la strada, forse già etru-sca, che congiungeva Vulci a Marsiliana via Capalbio. Il documento diconfinazioni che abbiamo citato poc’anzi definisce questa strada stratel-la romana.

La zona de La Campigliola, dove sorge il castello di Scerpena, con-ferma il suo ruolo di nodo viario perché anche nel Medioevo, ricalcan-do i tracciati romani, erano attivi i collegamenti fra Capalbio e Pitiglia-no da un lato e Vulci e Manciano dall’altro.

Dovendo trarre qualche conclusione dai dati che ho presentato cre-do che emergano due punti con maggiore chiarezza.

Il primo è che la viabilità romana, nel suo complesso, rimane in usoper tutto il Medioevo e oltre. L’assenza di ricerche specifiche sulla via-bilità romana in molte aree può essere la causa del vuoto che le cartemostrano. Questo non implica in maniera automatica la persistenzadel sistema di punti di sosta e strade. Tuttavia in alcuni casi sulle opresso le stazioni di posta sorgono siti medievali di una certa rilevanza.

Il secondo è capire se la conservazione è frutto di una scelta o se in-vece intervengono altri motivi.

Spesso, infatti, la strada era costretta da elementi geografici a seguireun certo percorso e questo può averne favorito la continuità indipen-dentemente dagli eventi storici. In questo caso rientrano le direttricilungo i corsi fluviali e nelle strette vallate.

Altrove abbiamo visto che vi fu, è vero, una selezione dei tracciati,cioè un cambio di gerarchia, ma sempre all’interno di una rete già co-struita. In provincia di Grosseto non sembra essersi verificato quel

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cambiamento sensibile che invece possiamo registrare per la Via Fran-cigena rispetto alla Cassia. La conservazione era spesso favorita dallapresenza di lunghi tratti di basolato come fra Cosa e l’Ombrone.

Infine notiamo che alcuni nodi come Grosseto e L’Incrociata man-tengono il loro ruolo per tutto il Medioevo e sembrano catalizzare laviabilità e l’insediamento.

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