A OGNI MALE IL SUO RIMEDIO Traduzione in italiano · CATERINA: Sei arrivato Piero; te mamma mettiti...

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A OGNI MALE IL SUO RIMEDIO

Commedia brillante in tre atti di Maria Teresa Pazzaglia

Personaggi e interpreti:

PIERO: padre di famiglia ( sui trent’ anni)

CATERINA: sua moglie ( stessa età )

MATILDE: mamma di Caterina

GIOVANNI: babbo di Caterina

BERTA: mamma di Luigi

GIGI: amico di Luigi

PASQUALE: socio di Luigi

FLAVIO: venditore porta a porta

SILVIA: moglie di Flavio

VERONICA: amica di Caterina

DUE TESTIMONI DI GEOVA

IMPIEGATO DI BANCA

PAOLO: vicino di casa ( età matura)

La scena si svolge nel salotto di casa di Luigi e Caterina, ai giorni nostri. L’ arredamento

è attuale, serve un divano, a sinistra, un tavolino con telefono a destra e

un computer, una radio, il resto dell’ arredamento a piacere.

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ATTO PRIMO

( All’ apertura del sipario suona la canzone “ La storia di Serafino” di Adriano Celentano )

E’ in scena Matilde, ha un fazzoletto legato dietro la testa, che le copre la bocca e il naso; ha

in mano un termometro digitale a infrarossi, che misurano la febbre solo appoggiandolo

alla fronte, è stesa sul divano, visibilmente febbricitante.

MATILDE: Boh, che vada bene anche per i grandi questo termometro? Io non ci capisco, non leggo

bene, fammi vedere

( va verso il centro della stanza per leggere meglio; prima legge

sulla scatola, dopo la temperatura)

c’ è scritto “ termometro di-gi- tale a in-fra -ro- ssi” ; cos’ è questa roba, cosa vuol dire?

In-fra-rossi? La mia figlia non poteva comperare

un termometro normale? Ha una paura che il bambino stia male, che ha comperato

un termometro comunista, per essere più sicura che vada su bene la temperatura. Quelli lì

si riscaldano subito, vogliono fare sempre la rivoluzione. Se la mia figlia comperava

un termometro a in-fra-bianchi non andava bene lo stesso? I termometri di una volta erano

pure bianchi, e misuravano bene la febbre. Moh, qui c’ è scritto trentotto e sei,

possibile? Certo che ho un mal di testa che non sto in piedi.

( si siede di nuovo sul divano);

E adesso come farò, non ce la faccio mica ad andare a casa in bicicletta e poi il bambino?

Come farà la Caterina col bambino, che lei deve andare a lavorare? E se questo

termometro va bene solo per i bambini-

piccoli? Valà sarà così, non è possibile che abbia

una febbre così alta. Per fortuna che ho telefonato a Giovanni, che mi venga a

prendere; speriamo che arrivi, è

quasi mezzogiorno.

( scuote il termometro come si faceva con quelli al mercurio ) Misuriamo ancora

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questa febbre ( si mette il termometro in fronte)

ancora trentotto e sei, moh

( scuote ancora il termometro, nel mentre suona il campanello)

Sei te Giovanni? Vieni che la porta è aperta.

( entra Giovanni )

GIOVANNI: Oh, che paura mi hai fatto Matilde, il mio signore, cosa hai fatto? Sei diventata la

Baffala Billa, vuoi spaventare il bambino? Cos’ è quel fazzoletto sulla faccia?

MATILDE: Dì, ho una febbre che mai, non la posso mica attaccare al bambino.

GIOVANNI: Si sarà preso una fatta di una paura da rimanerci secco anche lui a vederti così e poi

piccolo com’ è , ha mangiato almeno?

MATILDE: All’ inizio si è messo a piangere, poi aveva fame ha mangiato tutto il suo latte. Adesso me

Lo cavo.

( si toglie il fazzoletto dal viso)

GIOVANNI: Così mi attacchi la febbre a mè.

MATILDE: Te sei grande, non sei mica un bambino piccolo.

GIOVANNI: Cosa vuol dire, la febbre la posso prendere lo stesso.

MATILDE: Vorrà dire che stanotte dormirai sul divano.

GIOVANNI: O bella, questa poi; ci potresti stare te sul divano, intanto sei sempre davanti alla televisione.

MATILDE: Dai falla corta; a momenti arriva la Caterina e mi porti a casa, che non ce la faccio a

ritornare in bicicletta

GIOVANNI: E a fare da mangiare ce la fai?

MATELDA: Oh, per una volta farai da per tè, ti cuocerai due uova sode; io non mangio.

GIOVANNI: Va pure là, non sei mica per dare i zampetti.

MATILDE: OH, falla poco lunga, mi gira la testa che non sto in piedi, se non sei buono di cuocere

un uovo, puoi fare digiuno, che ogni tanto fa bene e pulisce la pancia e la testa.

( entra Caterina)

CATERINA: Siete qui tutti due?

MATILDE: Sì, senti, questo termometro va bene anche per i grandi o solo per i bambini?

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CATERINA: Va bene per tutti no! E perché?

MATILDE: Guarda lì, fa trentotto e sei, possibile?

CATERINA: ( spaventata) Chi sta male, il bambino?

GIOVANNI: No, è la tua mamma.

MATILDE: Prova te, per vedere se ho fatto bene, se segna bene.

( Caterina prende il termometro e lo mette sulla fronte della madre)

CATERINA: Davvero, trentotto e sette, cresce; valà, va subito a casa mettiti nel letto e prendi

un’ aspirina, poi se domani non stai bene chiama il dottore.

MATILDE: Come fai domani col bambino, che te devi andare a lavorare?

CATERINA: Farò stare a casa Piero, intanto per quello che fa nell’ ufficio.

GIOVANNI: È ancora messo male? Non vende?

CATERINA: Cosa vuoi, con la crisi che c’è le case non si vendono più; paga l’ affitto e non ha più

un soldo da sbattere.

GIOVANNI: Almeno non avesse da pagare l’ affitto, che è caro che non lo sa nessuno.

MATILDE: Vorrebbe che lei gli desse i soldi, ma io le ho detto che fa bene a non dargli

niente, sennò se li mangia tutti.

GIOVANNI: Solo che il poveretto cos’ è che fa, se la crisi non passa non c’ è rimedio.

CATERINA: deve chiudere e trovare un altro lavoro, sennò rimette un sacco di soldi e va a finire

che fallisce.

MATILDE: Te tieni botta, se non vuoi andargli dietro in un fallimento.

( in quel momento entra Piero; Matilde e Giovanni fanno per uscire)

CATERINA: Sei arrivato Piero; te mamma mettiti a letto, che la febbre ti passa prima.

MATILDE: Non sto in piedi, stavolta l’ ho presa grossa, vi saluto.

GIOVANNI: Andiamo valà e speriamo che non ti debba portare all’ ospedale.

MATILDE: Ohi, canta la civetta, andiamo e dammi il braccio che mi gira la testa e ho paura di

fare le scale

( Matilde e Giovanni escono)

CATERINA: La mia mamma ha la febbre, domani bisogna che stai a casa tè col bambino

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PIERO: Io? Devo andare nell’ ufficio, che viene quello della banca per il mutuo che ho chiesto

CATERINA: Cosa vuoi il mutuo, come fai a pagarlo, non lo sai che la banca ti rovina?

PIERO: Se te non mi vuoi dare una mano, come devo fare; te l’ ho chiesto un sacco di volte,

ma te non ci senti; sei la mia moglie, ma di me non te ne importa niente, sei peggio di

quello che regala gli ossi della polenta.

CATERINA: Ne abbiamo parlato già molte volte: vuoi tenere ancora quell’ ufficio in piazza che ti

costa una gran quantità di soldi e con la crisi è un anno che non vendi neanche

un appartamento, che non prendi un soldo, bisognerà che tu lo capisca che devi smettere

di buttare via tutti quei soldi; tra affitto e mutuo della terra che hai comperato, ti

sei mangiato un capitale.

PIERO: Potrebbe essere che venda, c’ è uno che è venuto a chiedere, non si sa mai e poi se

la crisi finisce, quando non ho più l’ ufficio in piazza, cosa faccio?

CATERINA: Quando la crisi finirà ti troverai un altro ufficio; ce ne sono di negozi sfitti!

PIERO: Ma dopo non lo trovo mica più in piazza, quella è la migliore posizione che ci sia.

CATERINA: E intanto regali al padrone duemilacinquecento euro al mese, che lui sta bene e tè vai

in miseria; la tua mamma ti ha dato tutti i soldi che aveva e te sei pieno di debiti come

l’ uovo del giorno.

PIERO: Sono pieno di debiti perché te te ne freghi di me e non vuoi darmi una mano

CATERINA: Se lo facessi sarei piena di debiti anche io e ricordati che sono io adesso a mandare

avanti la baracca.

PIERO: Hai sempre da offendere e da umiliare te.

CATERINA: Io non voglio offendere nessuno, ma sono più di sei mesi che ti dico che devi chiudere

l’ ufficio e cercarti un altro lavoro.

PIERO: Che figura ci faccio davanti alla gente se chiudo, anche il mio socio non è di quell’ idea

e poi che lavoro vuoi che faccia, non si trova niente, non c’ è lavoro per nessuno,

non senti la televisione, che sono tutti disoccupati?

CATERINA: Che ci sia un sacco di gente senza lavoro è vero, ma che figura fai davanti alla gente se

vai in fallimento? Se non riesci a pagare il mutuo? E poi bisogna vedere se la banca te li

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dà, perché io non ci metto la firma e la tua mamma sarebbe meglio che non lo

facesse neanche lei; si è già rovinata abbastanza, che se ha bisogno non ha più un soldo

da sbattere sull’ altro, perché te li ha dati tutti a tè, per fare il mutuo di quella

terra fabbricabile che vi è rimasta sul collo.

PIERO: Abbiamo avuto la sfiga che appena comperata è arrivata la crisi e le case non si fanno più

e più nessuno compera.

CATERINA: E intanto avete il mutuo da pagare e quella terra non la vendete più e non c’ è

nessuna ditta di muratori che la voglia.

PIERO: Non potrai negare che quella è stata sfiga.

CATERINA: Io te l’ avevo detto di non allargarti troppo e non fare debiti, ma non mi hai da retta.

PIERO: Era un momento buono, mi credevo di guadagnare un sacco di soldi e fare la fortuna

della mia famiglia.

CATERINA: Ce n’ è della gente che si fa delle fantasie e poi vanno a ramengo; e adesso basta

fare delle discussioni, dammi una mano ad apparecchiare, che io vado in cucina a

mettere su da mangiare, intanto che il bambino dorme.

( Caterina esce dalla porta della cucina, subito dopo entra Berta, di corsa,

col viso tutto nero di fuliggine, trafelata e impaurita)

BERTA: Piero, Piero, aiuto, vieni di sotto, dammi una mano, mi ha preso fuoco la rola, si è

bruciato tutto, volevo cuocere i peperoni sulla graticola e il cammino ha preso fuoco,

vieni, vieni, che non prenda fuoco la casa!

PIERO: Te sta qui, che vado io di sotto a vedere cosa è successo; Caterina vieni qui con la

mia mamma

( esce, rientra Caterina dalla cucina, trafelata)

CATERINA: Berta cosa è successo? Avete tutta la faccia nera, aspettate che vi dò un bicchiere di

acqua da bere.

( esce e ritorna subito con l’ acqua)

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BERTA: Mi sono presa una fatta di una paura! Povera me, mi è venuto il fuoco in faccia, mi

credevo di morire; volevo fare i peperoni sulla graticola anche per voi. Deve essere che

da quando è morto il mio povero marito non abbiamo più pulito il cammino; cosa vuoi è

un mestiere che non fa più nessuno e poi il mio povero Turin lo faceva da solo, ogni due

anni andava sul tetto e con una scopa lunga puliva tutto il camino.

CATERINA: Bisogna che Piero impari, se lo faceva il suo babbo, lo può fare anche lui.

BERTA: Cosa vuoi, lui ha studiato e lavora con la camicia bianca, non può fare quel lavoro lì.

CATERINA: Anche se ha studiato, quando serve bisogna adattarsi a fare ogni cosa e senza vizi.

BERTA: Non vorrai mica dire che io al mio Piero ho dato i vizi.

CATERINA: Mo insomma, figlio unico di madre vedova, peggio non potrebbe essere.

BERTA: Perché, cosa vuoi dire, non devo volergli bene?

CATERINA: Il troppo guasta dappertutto.

BERTA: Non è mai troppo il bene che una mamma vuole a suo figlio; hai pure un figlio anche

te, non gli vuoi bene?

CATERINA: Sì, ma quando sarà grande farà la sua strada, io non sarò la mamma che tiene sempre

i figli sotto le sue sottane, i figli devono andare per la loro strada e devono fare le

loro esperienze.

BERTA: Te parli così perché ancora sei giovane, ma quando avrai la mia età cambierai, eh!

Aspetta, si fa presto a parlare degli altri, bisogna vedere quando ti capita a te.

CATERINA: Cosa vuol dire, io ragiono così, non sono una mamma chioccia e poi anche la

chioccia, quando i pulcini sono grandi li lascia per la loro strada.

BERTA: Cosa faccio io, non faccio mica niente, stò di sotto da sola, vi ho lasciato

l’ appartamento qui di sopra e non vengo mai a mettere il naso nei vostri affari.

CATERINA: Stavolta l’ avete detta grossa, non mettete mai il naso? Ma se mi criticate sempre, non

vi va mai bene niente di quello che faccio, me ne dite dietro un sacco, perché non dò i

soldi a Piero.

BERTA: Perché te sei cattiva ed egoista, lui passa un momento di difficoltà e te non gli dai

una mano.

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CATERINA: Dovrei fare come voi che gli avete dato tutti i soldi che avevato e adesso siete rimasta

con una mano davanti e una di dietro?

BERTA: Quando riesce a vendere, dopo ti dà indietro i soldi, cosa deve fare, deve pagare il

mutuo alla banca?

CATERINA: Se la banca glie li dà.

BERTA: E allora te non vuoi fare niente per il tuo marito?

CATERINA: Io sono più di sei mesi che gli dico di chiudere l’ ufficio e trovarsi un altro lavoro.

BERTA: Non c’ è lavoro, l’ ha pure cercato in giro, c’ è la crisi e non si trova niente.

CATERINA: Perché vuole fare solo un lavoro da ragioniere, bisogna che si adatti a fare ogni cosa.

BERTA: Io l’ ho fatto studiare da ragioniere, ho fatto dei sacrifici per farlo studiare, perché

faccia un lavoro con la camicia bianca.

CATERINA: Neanche avesse fatto la Bocconi.

BERTA: Lui non ha studiato a stentoni, era bravo a scuola, altrochè, era dei più bravi!

CATERINA: Ho detto Bocconi, no stentoni.

BERTA: Cosa c’ entrano i bocconi, non gli dai neanche da mangiare adesso?

CATERINA: Mangia, mangia, non abbiate paura, che mangia il pane a scrocco.

BERTA: Ci mancava di sentire solo questa, gli cava i bocconi dalla bocca.

CATERINA: Ho detto che non ha fatto l’ università Bocconi.

BERTA: Perché avrebbe dovuto fare l’ università per avere il diritto di mangiare un pezzo di pane?

CATERINA: Non capite mai, volevo dire che se vuole fare solo un lavoro con la camicia

bianca, avrebbe dovuto fare l’ università dove vanno i più bravi d’ Italia, la Bocconi,

dove ha studiato anche il presidente che governa.

BERTA: Adesso non fare l’ esagerata, te sei pure ragioniera e lavori in un ufficio, neanche te

hai fatto l’ università e hai la fortuna di avere un lavoro buono.

CATERINA: Se io dovessi perdere il lavoro mi adatterei a fare qualsiasi cosa.

BERTA: Cosa vuoi che faccia il mio Piero, poverino, ha pure cercato, i lavori non ci sono , te

l’ ho già detto.

CATERINA: Poverino è il gatto scorticato, no il vostro figlio

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( in quel momento rientra Piero, con la camicia bianca sporca di fuliggine, insieme

a Paolo, un anziano- più o meno della stessa età di Berta, vicino di casa)

PAOLO : Berta come state? Ero di fuori e ho visto un fumo; ho dato anche una mano a Piero.

BERTA: Vi ringrazio Paolo, avete visto che roba?

PAOLO: ( ride) Oh, avete una faccia che pare che abbiate fatto la festa dell’ epifania;

state attenta che il bambino se vi vede prende paura.

BERTA: Voi avete sempre voglia di scherzare, invece non c’ è mica da ridere qui

PAOLO: Bè mo, ci vuole anche la befana, senò chi porta i regali ai bambini? E’ vero che al giorno

d’ oggi non si conosce più la quaresima dal carnevale, ma quando eravamo giovani noi

c’ era solo la vecchia che veniva giù dal cammino per portare ai bambini i regali e anche

la cenere e il carbone.

PIERO: Non ci vuole mica molto che ritorni come una volta, mi sa proprio che la cuccagna sia finita

PAOLO: Ci siamo pure fatti grandi anche noi, vorrà dire che si farà come una volta; adesso la

gente mangia e non ha fame, torneranno a mangiare con la fame e vedrai te come la

roba sarà più buona!

BERTA: Quando eravamo piccoli noi la befana portava un mandarino, e che festa era, era

una golosità grande!

PAOLO: E portava anche una melarancia, se c’ erano più fratelli ce n’ era una per tutti, facevano

un po’ per uno.

BERTA: Nelle famiglie dove si stava bene la befana portava una bambola di stoffa alle femmine e

un fucile di legno ai maschi.

PAOLO: Va bene, valà adesso l’ epifania è passata, andate disotto a lavarvi la musaruola

BERTA: Certo che voi con le donne avete la grazia del cane quando mangia l’ aglio

PAOLO: Ma sì, siamo vecchi ormai. Dai, vi è andata bene se non vi siete bruciata, che

quando prende fuoco il camino è una cosa pericolosa molto; una volta c’ erano

gli spazzacamini che passavano a pulire, adesso non c’ è più nessuno che faccia

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questo mestiere.

PIERO: Mamma, ho spento il fuoco, ci ho buttato due, tre secchi di acqua; adesso per un po’

non adoperarlo, poi vediamo se si trova qualcuno che lo pulisca.

CATERINA: Ecco un mestiere che non fa più nessuno, perché non lo fai te?

PIERO: Ti ha dato di volta il cervello? Voi donne avete delle fantasie che non so dove andate

a cercarle.

BERTA: Ci mancherebbe che da ragioniere diventasse spazzacamino, che vergogna, te

l’ immagini quello che direbbe la gente?

CATERINA: La gente direbbe che è uno che ha voglia di lavorare.

PAOLO: ( scherzoso) Pensate Berta, avere in casa il figlio che vi pulisce il camino e non avere

più paura di bruciarsi, non è mica una brutta cosa, anzi non avreste più paura di fare

la musaruola tutta nera.

BERTA: E allora perché l’ avrei fatto studiare? Con tutti i sacrifici che ho fatto per mandarlo a scuola.

CATERINA: Essere istruiti fa sempre bene, a tutti, ma quando c’ è bisogno, bisogna adattarsi a fare

tutti i lavori.

BERTA: Non vedi che si è sporcato la camicia? Come vuoi che faccia a pulire i camini.

CATERINA: Si cava la camicia e si mette la tuta da lavoro.

BERTA: Te vuoi la rovina del mio figlio, lo vuoi mandare a ramengo.

CATERINA: A ramengo mi sembra che ci sia già.

PIERO: Basta, fatela finita; adesso te mamma va di sotto.

BERTA: Sì ci vado, che è meglio, mangerò quello che c’ è nel frigo, da sola, come sempre, una

cipolla e l’ insalata.

PIERO: Dai su mamma, domenica vieni a mangiare con noi, non fare sempre la gnola.

BERTA: Va bene, vi saluto; grazie Piero.

PAOLO: Andiamo che vi accompagno io; ci vediamo a tutti

( Paolo e Berta escono)

PIERO: Certo che te, Caterina, dai sempre su alla mia mamma, potresti stare un pochino zitta,

hai una lingua che taglia e che cuce e vuoi sempre montare su e cantare come un gallo.

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CATERINA: Per te le donne non capiscono niente, devono solo tenere la bocca chiusa, perché

capite solo voi uomini, sei ancora indietro come il somaro di Bastianon, che si era fermato

e non voleva più andare avanti.

PIERO: Le donne devono stare sotto, in famiglia comanda uno, perché il cane con due padroni

morì di fame, non lo sai.

CATERINA: Valà che se in questa casa avessimo da mangiare con te il fuoco sarebbe sempre spento

e mangeremmo l’ anno del mai.

PIERO: Offendi perché sto passando un momento di crisi, ma prima stavamo pure bene.

CATERINA: Io voglio che ti dia una mossa e capisca che non puoi continuare a buttare via i soldi

e rimanere in bolletta come sei.

( si sente da dietro le quinte un pianto di bambino, Caterina esce dalla porta delle

camere e rientra subito dopo con in braccio un piccolo bimbo di pochi mesi, che può

essere un bambolotto)

CATERINA: Il mio cinin bel, ti sei svegliato, hai fame? Adesso la mamma ti prepara il titino. Il

mio piccino bello. Piero tienilo un minuto che gli preparo il latte.

( dà il bambino al marito, il quale passeggia col bimbo in braccio )

PIERO: Cicin, cicn, hai fame? Adesso la mamma scalda il biberon; ci, ci. Il mio omino, si deve

fare grande, deve mangiare molto latte; bel burdel, fat a canel, fat a stupoin, chega luvoin!

( suona il campanello, entra Veronica, è coetanea di Caterina, è vestita in modo

molto eccentrico, colori sfarzosi, occhiali colorati con brillanti, trucco molto

evidente, capelli rosso fuoco o biondo platino,unghie lunghe e di un colore

vistoso, atteggiamento da diva )

CATERINA: ( col biberon in mano entra e vede l’ amica )

Oh Veronica come stai? Che piacere ho di vederti!

PIERO: Io vado di sotto a vedere come sta la mia mamma

( dà il bambino a Caterina; poi esce salutando)

VERONICA: Sto bene e te?

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CATERINA: La mandiamo come si può; mettiti a sedere qui, intanto dò il latte al bambino.

( si siedono sul divano);

racconta, sei tutta sprint.

VERONICA: Ti ho portato questo depliant.

( le dà un foglietto stampato),

sabato faccio l’ inaugurazione del negozio di parrucchiera, vieni ti aspetto.

CATERINA: Sì? E come mai ti metti a lavorare? Non stavi a casa coi tuoi due bambini?

VERONICA: Dì, lo sai la crisi, il mio marito fa il muratore e in questo momento non c’ è lavoro, allora

ho pensato di dargli una mano e di mettermi a lavorare di nuovo.

CATERINA: Anche te hai questo problema, non parlare valà, che anche il mio marito è in pula del tutto.

VERONICA: Per fortuna che te hai un buon lavoro.

CATERINA: Sì, ma io vorrei che si desse una mossa lui e che trovasse un altro lavoro, ma Piero è

un testone che non dà retta. E te come fai col tuo marito?

VERONICA: Adesso mi ha dato una mano a verniciare il negozio che ho preso in affitto; mi ha messo

l’ arredamento, così abbiamo speso poco, perché sennò non avevamo mica i soldi e poi

ogni tanto va a lavorare in campagna e fa quello che trova, anche raccogliere le patate e

i pomodori.

CATERINA: Il mio marito invece vuole solo un lavoro da stare “ con la camicia bianca”, come dice la

sua mamma; io mi arrabbio e stiamo passando un momento brutto, che io non so

se ritornarmene a casa mia coi miei.

VERONICA: Eri tanto innamorata, tieni duro, dai che passerà anche questo momento. Guarda me, lo

sai che mi piace fare la vita bella, andare vestita alla moda, ma per il momento

mi tocca adattarmi con questi vestiti che sono dell’ anno scorso.

CATERINA: Se fosse tutto lì il mio problema, ma Piero dà retta solo alla sua mamma, è un testonaccio

e sta perdendo un sacco di soldi per tenere aperto quell’ ufficio che da un anno

non guadagna più niente.

VERONICA: Abbi pazienza, non lo sai che con gli uomini ce ne vuole proprio tanta? Spesso a loro ci

vuole più tempo per fare i cambiamenti; noi donne invece sappiamo affrontare i

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problemi con più creatività e più fantasia. Guarda me, diciamo che mi sono emancipata,

ho ricominciato a lavorare e adesso faccio due lavori, in casa e nel negozio.

CATERINA: Ma lo sai che hai ragione? Ho letto che le donne hanno aperto un sacco di aziende

nuove, adesso che c’ è la crisi, invece gli uomini neanche una. Proprio come hai fatto te.

VERONICA: Bè, mo, te prova a mettere un uomo a fare quello che facciamo noi, si perde. Le

donne fanno due-tre lavori alla volta, gli uomini più di uno non sono capaci.

CATERINA: ( ridendo) Voglio vedere domani che Piero deve stare a casa col bambino, perché la

mia mamma ha preso la febbre; ci sarà da ridere.

VERONICA: Me lo racconterai, ci faremo un po’ di risate, perché gli uomini si perdono in un bicchiere

di acqua.

CATERINA: E’ anche che le donne sono… come posso dire, sono più brave a trovare delle

soluzioni diverse ai problemi, sono meno rigide; guarda te, hai aperto un negozio, sei

stata pronta al cambiamento e ad affrontare una fase nuova della tua vita.

VERONICA: Quando ci si trova in difficoltà bisogna rimboccarsi le maniche e adattarsi a tutto

per risolvere i problemi. Vuoi che a me non piacesse stare a casa coi miei bambini?

Invece no, ho dovuto ricominciare a lavorare, per aiutare la famiglia e mio marito.

CATERINA: Però, ci lamentiamo, ma noi donne non siamo capaci di stare senza gli uomini, gli

vogliamo bene e gli facciamo anche da mamma.

VERONICA: Ti ricordi quando avevi conosciuto il tuo Piero e come eri innamorata? Se stava un

giorno senza telefonare eri disperata, eri gelosa che mai e avevi paura che avesse

trovato un’ altra donna.

CATERINA: E te col tuo Ciro? Eravamo due sciocche.

VERONICA: No, eravamo innamorate, giovani e con una gran voglia di sposarci.

CATERINA: Ah, l’ abbiamo avuta la baggia, valà.

VERONICA: Ma dì, il mondo è fatto così; ci vogliono gli uomini per farlo andare avanti e le donne

per farlo andare dritto.

CATERINA: Forse hai ragione, speriamo di farcela a farlo andare diritto.

VERONICA: Dai, fatti coraggio che vedrai che passerà anche questo. Oh mi raccomando ti

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aspetto sabato all’ inaugurazione del negozio.

CATERINA: Vedrai che ci sarò, sicuro

VERONICA: Allora ti aspetto, ti saluto, ci vediamo.

( Esce e nello stesso istante rientra Piero)

CATERINA: Io vado a mettere a letto il bambino, te intanto apparecchia la tavola che poi mangiamo.

( esce; Piero tira fuori la tovaglia da un cassetto, mentre la stende suona il campanello;

entra Gigi, l’ amico di Piero. Ha in mano un pallone da calcio; calzoncini e scarpette

da calcio; in testa un berretto con la visiera all’ indietro. Come entra palleggia il

pallone tra le mani e un po’ in terra, mentre parla)

GIGI: Oh, vieni a fare gli allenamenti? Non sei ancora pronto?

PIERO: Mi ero dimenticato; ho avuto dei problemi con la mia mamma, con la mia moglie.

GIGI: Eh, cos’ è la casa dei problemi? Vieni a giocare così non ci pensi.

PIERO: Non lo so mica se la mia moglie mi manda, è piuttosto arrabbiata stasera.

GIGI: Vedi, io non ho la moglie, così non mi arrabbio; cosa avete fatto?

PIERO: E’ per il lavoro che va male…

GIGI: Io faccio prima, non lo cerco neanche.

PIERO: Tu non hai una famiglia da mantenere.

GIGI: Vuole dire che io l’ ho indovinata bene, non ho la moglie, che fa arrabbiare, né il lavoro; io

sto benissimo.

PIERO: Finchè i tuoi ti mantengono.

GIGI: Hanno sessant’ anni, se campano fino a novanta ho ancora trent’ anni da stare bene e

farmi mantenere.

PIERO: Te fai come quelli che chiamano i bamboccioni; bè, fintanto che va, buon per te. Ma il

tuo babbo non dice niente?

GIGI: Il mio babbo ogni tanto sgrida, dice che mi caccia fuori di casa; ma la mia mamma non lo fa,

lei non ha il coraggio e quando il mio babbo sgrida io vado a giocare a pallone, così mi

scordo tutto e mi passa il nervoso.

PIERO: forse hai fatto bene te a non sposarti.

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GIGI: l’ unica è che te hai una donna con te tutte le sere, sempre lì a farti compagnia, io invece la

devo andare a cercare; ma al giorno d’ oggi basta andare in una discoteca che se ne trovano

di donne, tutte quelle che vuoi.

PIERO: Se è per quello l’ hai ancora vinta te, perché a me sono più di sei mesi che…nisba.

GIGI: Cosa vuoi dire, che è come se non fossi sposato?

PIERO: E già, proprio così; Chi non lavora non fa l’ amore, dice e canta, sembra che voglia

prendermi in giro.

GIGI: Allora sto proprio bene io, che non mi sono sposato.

PIERO: lo sai che credevo che tu fossi uno pataca, invece mi sa che te l’ hai strolgata proprio bene a

fare la vita di un papa.

GIGI: Io un pataca? Mi vuoi offendere? Io sono furbo come una volpe.

PIERO: Sì , però a pensarci bene, stai attento a non fare come la civetta che quando è arrivato

l’ inverno è morta di fame.

GIGI: Ciou, non fare mica te come la civetta, che quando canta arriva una disgrazia.

PIERO: No, no, io non voglio portare disgrazia a nessuno, mi basta la mia, che sono nudo e crudo

come un pidocchio e va a finire che mi lascia anche la moglie.

GIGI: E ricordati, prima mi hai detto bamboccione, ma non non mi piace, è meglio dire

antico, anche se sono ancora giovane, io faccio il ragazzo. E adesso dai, vieni sì o no

a giocare?

PIERO: Mi sa proprio che stasera non sia aria buona; vengo domani.

GIGI: Oh, mi raccomando, perché domenica facciamo la partita con quelli di San Mauro; stavolta

li dobbiamo conciare per le feste proprio bene.

PIERO: Vedrai che domani vengo

GIGI: Va bene, ci vediamo. ( esce )

( rientra Caterina)

CATERINA: Il bambino dorme; apparecchiamo che è ora di mangiare. Ho sentito che parlavi, chi era Gigi?

PIERO: Sì voleva che andassi a fare l’ allenamento.

CATERINA: Buono quello, non fa niente tutto il giorno, pensa solo a giocare; per i vagabondi è

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sempre festa. Io non lo so, la sua famiglia non gli dice niente?

PIERO: lo sai che non si trova da lavorare in nessun posto.

CATERINA: Valà che quelli che hanno voglia di lavorare, hanno sempre qualcosa da fare.

PIERO: Fai presto a parlare te, con le parole si fa ogni cosa, ma è coi fatti che è un’ altra cosa.

CATERINA: Hai detto proprio bene, sono i fatti che mancano.

( mentre parlano apparecchiano la tavola)

PIERO: Voi donne vi credete di sapere tutto, voi sì che siete solo buone di chiacchierare; se non

ci fossero gli uomini, il mondo non andrebbe avanti.

CATERINA: Sì, voglio proprio vedere, che voi quando avete un pochino di febbre se non avete

una donna siete belli che morti; non sapete cavare fuori un ragno da un buco; se non

ci fossero le donne, eh!

PIERO: Cosa c’ è da mangiare staserà?

CATERINA: Cipolla e radicchi; bisogna risparmiare in questa casa, visto che siamo in bolletta.

PIERO: Se non te la finisci vado a mangiare di sotto dalla mia mamma.

CATERINA: Ha bruciato tutti i peperoni, anche da lei mi sa che ci sia da mangiare solo cipolla e

radicchi. Piuttosto domani mi raccomando lo sai come devi fare col bambino. Io prima

di andare a lavorare gli do la tetta, poi verso le nove e mezzo si sveglia e gli devi preparare

il biberon.

PIERO: Non lo puoi preparare te prima di andare via?

CATERINA: Non sei buono neanche di preparare un po’ di latte? Se lo faccio prima di andare via

si agghiaccia.

PIERO: Quali sono le dosi?

( Caterina prende il biberon e gli fa vedere)

CATERINA: Cento grammi di acqua tiepida e un misurino di latte in polvere. Stai attento che

l’ acqua non scotti, prima di darlo al bambino devi sentine un pò.

PIERO: ( ridendo) È tanto poco, che se lo sento io non gli rimane più niente.

CATERINA: Non lo devi mica mangiare te! Giù, ne devi sentire un pochino appena con la lingua.

PIERO: Va bene.

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CATERINA: Poi ci sono i panni da stirare, le tue camicie, la mia mamma non li ha stirati.

PIERO: Le camicie? Vuoi che io stiri le camicie? Non sono mica buono, le porterò dalla

mia mamma.

CATERINA: E’ ora invece che impari; se sta male anche la tua mamma come fai, devi imparare se

vuoi portare le camicie per lavorare, sennò ti metti una maglia sgualcita pur che sia.

PIERO: Devo stirare col ferro?

CATERINA: Con cosa dunque; tiri fuori l’ asse e il ferro, lo accendi e impari a stirare le tue camicie.

PIERO: và pure là, che sono messo bene.

( nel frattempo si mettono a tavola, seduti uno di fronte all’ altra)

CATERINA: E poi c’ è la lavatrice da fare.

PIERO: Anche quella? Non la puoi fare te?

CATERINA: Ohi, la tua mamma non ti ha insegnato a fare proprio niente, è ora che impari; se

rimani da solo come fai.

PIERO: Oh, ma oggi è il giorno delle civette, una dietro l’ altra; che sfiga ragazzi, non mi

ricordo una sfiga così da quando sono nato.

CATERINA: Pensa allora alle donne che devono fare il bucato sempre, stirare e pulire la casa; sì che

noi donne abbiamo allora una sfiga come il maiale che mangia per diventare prosciutto;

e noi lavoriamo, lavoriamo per fare belli gli uomini.

PIERO: Le donne si lamentano del brodo grasso; l’ azdoura deve badare alla casa e l’ azdore

agli affari.

CATERINA: Ma siccome che in questa casa gli affari vanno male, bisogna che la donna faccia da

azdora e da azdore.

PIERO: Te hai sempre l’ ultima parola, con te non si può mai dire niente, mi fai passare anche

la voglia di mangiare.

( allontana il piatto e lo mette al centro del tavolo)

CATERINA: Non sono io, sei te che non capisci e non vuoi darmi retta.

PIERO: Va bene, hai finito di dare gli ordini per domattina?

CATERINA: Stai attento a fare la lavatrice, non mettere i panni colorati coi bianchi; per domani

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lava solo i bianchi, ci sono i lenzuoli da lavare, gli asciugamani del bagno e quelli

della cucina.

PIERO: Ciou, proverò, basta che non sgridi; dai cerchiamo di andare un pochino d’ accordo; è da

un sacco di tempo che non stiamo in pace, che non facciamo più l’ amore; dai su fai

la buona.

CATERINA: Non ne ho voglia, se ho dei pensieri e se sono nervosa non ne ho voglia.

PIERO: Il nervoso ti passa se fai la buona con me.

CATERINA: Non me la sento; io voglio un uomo che sia un uomo, che sia quello che tiene su

la famiglia, no che abbia da pensare tutto io.

PIERO: Cercherò ancora se trovo un altro lavoro, vedrai che lo troverò, te lo prometto.

CATERINA: Quando lo vedo ci credo.

PIERO: Dai su, Cati, fai la buona, dai.

CATERINA: Quando la promessa sarà vera, adesso no, non me la sento.

( si chiude il sipario, suona la canzone di Celentano “ Chi non lavora non fa l’ amore” )

FINE I ATTO

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ATTO SECONDO

( Suona la canzone “ IL MUTUO “ di Adriano Celentano )

E’ in scena Piero che ha in mano il ferro da stiro, e si appresta a stirare una camicia; la radio è accesa e

suona la suddetta canzone di Celentano. Finita la musica comincia il notiziario, con una voce di donna:

“ Ciao amici, ben tornati al mio consueto appuntamento. Questa mattina ho una

notizia strabiliante da darvi; un team di scienziati dell’ Università di Los Angeles e di

Madrid ha scoperto che Il cervello femminile è più efficiente di quello maschile, quello…

( Piero, infastidito, ma dopo aver ascoltato meravigliato, tenendo nella mano alzata il

ferro, spegne la radio)

PIERO: Che io debba sentire delle sciocchezze del genere, poi, questa è troppo grossa; le donne

più intelligenti degli uomini! Era una donna che parlava, per forza tiene su il suo genere.

Ma valà, hanno sempre detto che gli uomini sono più intelligenti, guarda i dottori ,

sono quasi tutti maschi, gli scienziati idem; valà che quella giornalista aveva voglia

di scherzare; non si è mai sentita dire una roba del genere. Le donne sono buone a

spazzare la casa, stirare e fare da mangiare; sarà una fatica poi. Adesso le faccio vedere

io alla moglie, oh sì, lei crede che io non sia buono di fare niente. Uh! Per queste

cretinate qui…dunque… vediamo… da dove devo cominciare per stirare questa camicia?

Mi pare o da dietro o da davanti. O forse dalle maniche, boh sarà lo stesso, cominciamo

dal didietro.

( prova maldestramente a stirare, quando suona il campanello; entra il suo socio

Pasquale; Pasquale è un uomo più o meno della stessa età di Piero, ha occhiali, pizzetto,

vestito tipicamente da impiegato, ha un disturbo nervoso, per cui quando si arrabbia o

si emoziona, gli viene il singhiozzo)

PASQUALE: Perché non vieni nell’ ufficio oggi? Oh! Mo guarda lì, ti sei messo a fare i lavori delle donne?

PIERO: Ma no, solo per oggi; ma te l’ ho detto, devo stare a casa a badare il bambino; e poi sta

a sentire, ti devo dire una cosa, io non ho dormito tutta la notte e ho preso la mia

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decisione: la mia famiglia è in crisi e la mia moglie è lì, lì per tornare dalla sua mamma; la

mia mamma ha speso tutti i soldi che aveva ed è rimasta in bolletta del tutto, noi siamo

pieni di debiti come l’ uovo del giorno, quindi, dopo una notte sveglio, io ho deciso di

fare basta, chiudiamo l’ ufficio e non se ne parla più.

PASQUALE: ( ha un attacco di agitazione e comincia a singhiozzare)

Hic, cosa vuoi dire con questo? Hic. Ecco hai visto, mi hai fatto venire il nervoso e mi

ha preso il singhiozzo, hic, non ho neanche dietro la mia medicina, il mio calmante,

adesso come devo fare, hic, a farlo passare, hic.

PIERO: Vuoi un bicchiere di acqua? ( va in cucina e torna con un bicchiere di acqua ) tieni.

PASQUALE: No, hic, l’ acqua non fa niente, hic.

PIERO: Prova, se non hai il tuo calmante.

PASQUALE: Ci proverò, hic, ma lo so già che non fa niente, hic, ( beve) hic, hai visto, io lo so.

PIERO: Allora vado a prendere un sacchetto di carta e te lo metto davanti alla bocca, dicono che fa.

( va in cucina, torna con un sacchetto, tipo quelli del pane e glie lo mette davanti

alla bocca, tenendolo fermo e facendolo respirare dentro al sacchetto; Pasquale

si divincola e cerca di cavarselo)

PASQUALE: Mi vuoi, hic, affogare, mi vuoi ammazzare? Hic, va nel fiume te, hic, te e il tuo rimedio

dei vecchi, hic, di una volta, che non fa niente, hic. Il mio è un tic nervoso, hic, me

l’ ha detto il dottore e ci vuole solo, hic, il calmante. Piuttosto, hic, fai davvero?

Se chiudiamo, hic, l’ ufficio e poi la crisi, hic, finisce, cosa, hic, facciamo, hic; c’ è quel

cinese che sembra, hic, voglia comperare, se chiudiamo va a gambe, hic, all’ aria

’ affare, hic.

PIERO: Sono quattro mesi che quello ci prende in giro e non ha voglia di concludere. Per me te

fai quello che vuoi, io ho deciso, esco dalla società, non pago più l’ affitto dell’ ufficio, che

ho già rovinato abbastanza la mia famiglia. La mia mamma mi ha dato in tutto

sessanta mila euro e si è rovinata per me; ho deciso di fare basta.

PASQUALE: Se la tua moglie ti desse una mano, hic, invece di chiudere, hic, potremmo tirare

avanti ancora, hic, e se poi, hic, la crisi finisce, se il cinese compera, sennò ci va a male

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l’ affare, hic.

PIERO: Sì, sì, sono due anni che andiamo avanti con i sì e con i ma e intanto stiamo per andare

a gambe all’ aria.

PASQUALE: Cos’è questa novità, hic, adesso, stamattina, cosa ti ha preso, hic; se chiudiamo, hic,

che lavoro facciamo?

PIERO: Io ancora non lo so, te fai quello che vuoi; ma, avevi pure pure fatto la domanda alla

posta e ti avevano chiamato a fare il postino, perché non ci sei andato?

PASQUALE: Ciou, mi avevano mandato lassù sulle montagne, nella Val Dell’ Osta, tra le pecore e

gli stambecchi, per una paga da fame e per soli sei mesi; e dopo?

PIERO: Dopo si vedeva; per stare tra le pecore non avevi mica bisogno di una gran quantità di

soldi e poi avresti potuto fare compagnia a… a quel, come si chiama, quello che

ingoia tutto, sì, che si ingozza sempre, quando mangia e quando parla.

PASQUALE: Ma chi, hic, quello che ha perso le elezioni?

PIERO: Sì, che non è entrato in parlamento, allora l’ hanno mandato in castigo, a scontare la

colpa lassù in montagna anche lui, nella val d’ ostriga, ai domiciliari, che se invece

entrava in parlamento era vaccinato.

PASQUALE: Vaccinato, hic, da che cosa? Hic

PIERO: Prendeva l’ immunità, come i bambini piccoli quando gli facciamo le vaccinazioni; se

uno va su in parlamento è vaccinato dalla fame, dalle malattie, dalle disgrazie, non ha

più problemi, è a posto tutta la vita.

PASQUALE: E io, hic, dovevo stare in castigo, hic, con quello lì, hic?

PIERO: Bè, ma potevate giocare a carte, lassù dove c’ è l’ aria frsca e buona, tra le pecore;

potevate giocare a guardie e ladri, nel tempo libero.

PASQUALE: Ciou lo so, hic, che ho sbagliato, hic, a non andarci, hic, mi credevo che la crisi,

hic, passasse, hic; sarà per quest’ altra volta, hic.

PIERO: Sì, voglia di lavorare saltami addosso, lavora te che io non posso, che quest’ altra volta

non ti chiamano più, non c’ è pericolo.

PASQUALE: E che, hic, figura facciamo davanti alla gente, hic, a chiudere così all’ improvviso, hic

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PIERO: Perché ti importa della gente? Non pagano mica loro l’ affitto, non sono mica loro che

sono rimasti in mutande, anzi, soldi e dolori, chi li ha se li tiene. Non lo sai?

PASQUALE: Oggi, hic, non avevi l’ appuntamento con quello della banca, hic, per la domanda

del mutuo? Hic, Vuoi mandare tutto, hic, a gambe all’ aria?

PIERO: Quello, se me lo danno, serve per pagare i debiti e va a capire se lo danno, non ho

mica fiducia io; comunque gli ho telefonato, stamattina l’ impiegato viene qui a casa

a parlare, ma ricordati, che me lo diano o no, io sono deciso a chiudere baracca e burattini.

PASQUALE: Ah, hic, va pure là, hic; è meglio che vada a casa, hic, e vada a prendere il mio calmante

per questo singhiozzo; hic, ti saluto, hic.

( esce; appena è uscito Piero riprende il ferro da stiro e si accorge che lo aveva lasciato

sulla camicia, che nel frattempo si è bruciata)

PIERO: Vacca di una strega, che ti venisse un accidenti, porca boia, guarda quello che ho fatto!

La mia camicia! Che mi venisse un accidenti! E adesso? Ci mancava anche questa, già

che non ho neanche un soldo per comprarne una nuova, boiaccia della miseria! E

adesso cosa dico alla mia moglie? Oh povero me, vanno tutte storte; la Caterina vuole

che impari a stirare, ecco guarda cosa ho combinato; se non davo retta alla mia moglie

e la portavo a stirare dalla mia mamma…è che lei la poveretta, non ha neanche il

tempo, perché va tutti i giorni nelle case degli altri a fare le ore per pagare i debiti che

ho fatto io.

( in quel momento si sente il pianto del bimbo che si è svegliato. Piero va nella

camera accanto e torna col bimbo in braccio)

Il mio bel bambino, hai fatto la nanna eh? Adesso hai fame? Prepariamo il latte, eh?

Il mio cicin, bellino bellino, come il suo babbo.

( fa un po’ di moine al bimbo, passeggiando nella stanza);

Hai gli occhi precisi ai miei e la bocca bella come quella della tua mamma; il mio bel

piccolino, il mio paciottino, piccolino, piccolino, piccino, piccino, bellino, bellino.

Dai prepariamo il latte

( prende il biberon sul tavolo)

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Allora… cosa ha detto la tua mamma? Quanti grammi di acqua? Fino qui?

( segna sul biberon)

Non mi ricordo di preciso, mi pare. Moh, se è poco e hai fame ne facciamo ancora. Bè non

c’ è mica nessun problema. Andiamo in cucina a scaldare l’ acqua.

( esce verso la cucina ; subito dopo suona il campanello, Piero rientra in scena, appoggia

il bambino sul divano, poi ci pensa, intanto risuona il campanello)

Se cade, no qui non va bene. Vengo! Sarà l’ impiegato della banca, proprio adesso

doveva venire;

( mette il bambino in terra, vicino al divano , meglio se c’ è un tappeto e va ad aprire)

Avanti venga, sono qui col bambino

( entrano due persone, che possono essere o due uomini o un uomo e una donna; hanno

delle riviste in mano; sono due testimoni di Geova)

TESTIMONI: buongiorno

PIERO: ( intanto prende in braccio il bambino ) Oltro siete venuti in due a farmi l’ esame?

1 TESTIMONE: Non si preoccupi, è simpatico lei, non facciamo l’ esame, stia tranquillo.

2 TESTIMONE: Noi portiamo solo bene, speranza e coraggio.

PIERO: Caspita, non avevo mai trovato un direttore così buono.

2 TESTIMONE: Non sono direttore, sono solo il responsabile di…

PIERO: Che mi scusi direttore se non parlo un italiano forbito, perché sono abituato a parlare

in dialetto

1 TESTIMONE: lui non parla dialetto, non è romagnolo, però lei parli come vuole, che lui lo

capisce, perché sta qui da più di venti anni.

PIERO: Ciou, lui è una persona forbita, io invece tra la gente comune mi sono abituato a

parlare dialetto.

2 TESTIMONE: Non faccia complimenti, anche noi siamo persone semplici, come tutti.

1 TESTIMONE: Noi vogliamo solo dare una mano alla gente, perché stia bene.

PIERO: Ah sì, sì, vi ringrazio, io ho proprio bisogno, se mi date una mano per mettere a posto

le mie cose; vedo che voi siete proprio generosi.

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1 TESTIMONE: Siamo qui apposta.

2 TESTIMONE: lei ha fede? Crede in Dio?

PIERO: la fiducia ce l’ ho; credo sì al signore, però non vado alla messa tutte le

domeniche; perché è importante? Fa qualcosa? Però a Natale e a Pasqua mi confesso

e faccio la comunione, sempre.

1 TESTIMONE: No, quello non ha importanza, non si preoccupi, che noi le diciamo quello che deve fare.

( in quel momento il bambino comincia a piangere)

PIERO: Mi dovete scusare, ha fame, mettetevi a sedere, che intanto gli vado a prendere il latte.

( ritorna col biberon in mano)

Me lo sono dimenticato sul fuoco e adesso scotta, come devo fare a raffreddarlo?

1 TESTIMONE: Provi a metterlo nel frigo.

PIERO: Non si può mettere la roba calda nel frigo.

1 TESTIMONE: Allora lo metta nella ghiacciaia.

PIERO: Eh, Farò così. ( esce )

2 TESTIMONE: Questo signore non ha la moglie, la madre del bimbo?

1 TESTIMONE: Quando ritorna glie lo domandiamo; certo che il poveretto ha da fare quel che fanno

le donne, è proprio messo male.

2 TESTIMONE: Quando non si seguono le leggi del Signore tutte le cose vanno male, vedi ne

abbiamo un esempio con questo poveretto.

( rientra Piero)

1 TESTIMONE: Senta, mi scusi, lei è un ragazzo padre? Non ha la moglie?

PIERO: Io un ragazzo padre? No, la mia moglie lavora; di solito il bambino lo tiene la mia

suocera, ma ha preso l’ influenza

2 TESTIMONE: Tenere e accudire un bimbo piccolo è un compito della donna, in una famiglia

ognuno deve avere il suo ruolo; l’ uomo comanda e la donna accudisce la casa.

PIERO: Lei sì che ha ragione! Sono proprio d’ accordo; l’ uomo deve tenere i calzoni e la

donna deve dare retta

( il bambino piange, Piero corre in cucina a prendere il biberon )

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1 TESTIMONE: Si vede che in questa casa non c’ è fondamento; povero uomo, si è fatto mettere

sotto dalla moglie.

PIERO: ( rientrando, assaggia il biberon ) Stavolta è un pochino ghiaccio, ma ohi, andrà bene

lo stesso, è tiepido… sì va bene;

( si siede sul divano e dà il biberon al bimbo, mentre

i due testimoni di Geova continuano a guardarlo allibiti)

2 TESTIMONE: Ma in casa sua chi comanda? Lei o la moglie?

PIERO: Ciou, se devo dire la verità, da quando ho dei problemi…

1 TESTIMONE: E’ per quello che a casa sua le cose non vanno bene, in una casa ci vuole solo uno

che comanda, l’ uomo, che è anche più intelligente delle donne; le donne devono

stare sotto e ubbidire.

PIERO: Oltro, voi sì che ragionate bene, anche io lo dico. E pensare che proprio stamattina

alla radio una diceva che le donne sono più intelligenti degli uomini.

1 TESTMONE: La radio, quella non si deve accendere, dicono delle cose che non vanno bene;

bisogna leggere la bibbia.

2 TESTIMONE: lo dice la bibbia che la donna ha il cervello più piccolo dell’ uomo, quindi è

meno intelligente e quindi l’ uomo deve dirigere la casa e la donna ubbidire all’ uomo.

PIERO: Voi mi piacete prorio, anche io la penso come voi; e allora se andiamo d’ accordo, me

li date i soldi?

( i due fanno una faccia allibita; nel frattempo il bimbo ha finito il biberon e Piero sente

un odorino)

Mi dovete scusare, mi dispiace che siate venuti proprio a quest’ ora; bisogna che

vada di là a cambiare il bambino.

( esce col bambino verso le camere)

2 TESTIMONE: Sarà meglio che ce andiamo al più presto, perché questo vuole la carità da noi.

1 TESTIMONE: Non c’ è mica tutto questo qui; secondo me gli manca una rotella.

( Piero ripassa per andare verso la cucina, ha nella mano destra, col braccio teso,

per tenerlo lontano dal viso, il pannolino del bambino e con l’ altra mano si chiude

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il naso per non sentire l’ odore)

PIERO: Mi dovete scusare, vengo subito.

( va in cucina, lascia il pannolino, torna verso le camere da letto)

1 TESTIMONE: In questa famiglia le cose proprio non vanno; gli lasciamo il giornalino e poi ce

ne andiamo.

2 TESTIMONE: Il poveretto! Mi sa che qui ci sia poco da prendere su; però non si sa mai, diciamogli

che torneremo a trovarlo quando avrà meno da fare.

( rientra Piero col bimbo in braccio)

PIERO: Adesso dovrebbe essere a posto, allora ho delle carte da firmare?

1 TESTIMONE: Oh, no, noi non facciamo firmare niente, non si preoccupi.

PIERO: Vi fidate? Voi siete onesti; allora posso stare tranquillo che mi date un mutuo?

1 TESTIMONE: Il Signore non ha bisogno di mutui, lui dà una mano a tutti quelli che hanno bisogno,

dà il mutuo per il paradiso. lo sa che lei è proprio simpatico?

PIERO: Allora sono a posto, mi date i soldi senza firmare le carte e senza mutuo? Mo che

bella roba!

1 TESTIMONE: Veramente noi siamo testimoni di Geova.

PIERO: Ah, lui è di Genova, è per quello che non parla il nostro dialetto. Dicono che quelli

di Genova sono tutti tirchi, ma si vede che non è vero, che non sono tutti precisi.

2 TESTIMONE: Oh, come scherza lei! ( al compagno, dandogli una gomitata e a parte)

andiamo su, che è tardi

1 TESTIMONE: le lasciamo questo giornale da leggere, anzi glie ne do due e quando

ritorneremo faremo ancora una bella chiaccherata. Ci vediamo.

( escono)

PIERO: ( fa per appoggiare i giornalini sul tavolo, ma prima legge il titolo ) La Torre di…

La Torre di… moh! Questo non è mica il nome della mia banca; che giornale è questo?

( sempre col bimbo in braccio, lo sfoglia);

moh! Quei due erano quelli della bibbia! Moh, povero me, che figura ho fatto! Mi

credevo che fossero della banca! Povero me, sono proprio insimunito. Non capisco

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più niente, fa una roba, fa quell’ altra, io non capisco più niente; io non ce la faccio a

fare due cose in una volta, dare da mangiare al bambino e stare a sentire la gente.

Che vergogna, sono stato proprio uno stupido.

( suona il campanello)

Ma chi sarà ancora, qui non c’ è un minuto di pace.

( apre e fa entrare l’ impiegato di banca)

IMPIEGATO: Buongiorno, sono il funzionario della Cassa Rurale, sono venuto per quella domanda

del mutuo.

PIERO: Si accomodi e venga, l’ aspettavo; mi deve scusare se ho il bambino.

IMPIEGATO: Non si preoccupi, facciamo presto, ho da farle delle domande e da scrivere dei fogli; lei

ha solo da rispondere alle mie domande; può tenere il bambino in braccio, perché

scrivo solo io.

PIERO: Dica pure.

IMPIEGATO: ( estrae dalla valigetta dei fogli e la penna)

Dunque, lei ha fatto la domanda per avere cento mila euro di mutuo, vero?

PIERO: Sì.

IMPIEGATO: E perché ha bisogno di soldi?

PIERO: Ecco, io, sono in un momento di crisi, lei lo sa, io faccio il mediatore, vendo le case e

gli appartamenti.

IMPIEGATO: Ah….uhm…ah, uhm e allora cosa ne vuole fare di questi soldi?

PIERO: Non riesco più a pagare l’ affitto dell’ ufficio, le bollette, lei lo sa, c’ è la crisi…

IMPIEGATO: Ah, uhm…uhm, ah; questa casa dove sta di chi è?

PIERO: Della mia mamma.

IMPIEGATO: Uhm…ha; ha una macchina che sia sua?

PIERO: Sì, ho una Panda.

IMPIEGATO: Uhm…ah…è un po’ poco; ha degli altri mutui?

PIERO: ì, io e il mio socio abbiamo comperato una terra fabbricabile, ma è arrivata la crisi e ci

è rimasta lì; paghiamo il mutuo e non riusciamo a venderla, non fabbricano più

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IMPIEGATO: Uhm…ah…e come fa a pagare il mutuo della terra?

PIERO: Quello è un altro problema…

IMPIEGATO: Uhm… ah…uhm ( si striscia le mani nei capelli); La sua moglie lavora?

PIERO: Sì, è impiegata, è lei che porta a casa lo stipendio di questi tempi.

IMPIEGATO: Uhm…ah…uhm e le farebbe la firma di garanzia?

PIERO: Non ne vuole sapere, senò allora non avrei mica domandato il mutuo.

IMPIEGATO: Uhm… ah… ( con una mano si striscia il mento); In banca quanti soldi ha?

PIERO: Questa poi è una bella domanda, se li avessi avuti non li avrei domandati a voi.

IMPIEGATO: Uhm… ah… uhm; La sua mamma le farebbe la firma di garanzia?

PIERO: Io non mi arrischio neanche di chiederglielo, è rimasta in bolletta per me.

IMPIEGATO: uhm… ah…uhm…

PIERO: Allora me lo date il mutuo?

IMPIEGATO: Uhm…ah, non lo so…uhm…adesso parlo col direttore e poi glie lo facciamo sapere.

PIERO: C’ è qualche possibilità o no?

IMPIEGATO: Uhm… ha…boh, Vedremo; qui non è che sia una gran massa da prendere su.

PIERO: Perché siete voi che dovete prendere su, non sono io?

IMPIEGATO: Uhm… ah… Bisogna che ce ne sia per tutti due.

PIERO: Ah, ah, va pure là, ho capito.

IMPIEGATO: Eh… ha…, ciou, uhm…, Glie lo faremo sapere, la saluto.

( esce)

( Piero ha ancora il bimbo in braccio, sulle spalle)

PIERO: Si è addormentato; adesso ti porto nella tua nanna. Intanto prendiamo su

quegli asciugamani in cucina che la tua mamma ha detto che devo fare la lavatrice

( esce verso la cicina e rientra con degli strofinacci e asciugamani in mano, mentre con

l’ altra ha sempre il bimbo in braccio e si dirige verso le camere; è appena uscito,

quando suona il campanello, per cui rientra poco dopo, senza il bimbo, né i panni)

Non si può stare in pace neanche un pochino. Ma cos’è vengono tutti stamattina o è

così tutti i giorni? O solo oggi che sono a casa io?

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( apre la porta, entra Flavio, con in mano dei cataloghi)

FLAVIO: Bu…bu…buongiorno, posso e…entrare?

PIERO: Venga pure avanti, intanto qui oggi c’ è la processione.

FLAVIO: Pe…perché è, l…l…la festa del padrone?

PIERO: Magari fosse la festa del padrone di casa! Si mangerebbero i cappelletti!

FLAVIO: Lei, l…l…ei è il cameriere? N…n…c’è il padrone?

PIERO: Secondo da che parte la vuole vedere, perché qui ormai comanda la mia moglie.

FLAVIO: S…sa, p…perché ieri m…mi sono trovato a p…parlare mezz’ ora, c…con uno c…che

poi d…dopo mi ha detto che e…era il cameriere; lei n…non è il cameriere, v…vero?

PIERO: Secondo lei questa è una casa dove abbiamo il cameriere? Cos’ è la mia moglie la regina?

FLAVIO: ( ride ) e l…lei è i…il rè.

PIERO: Sì, io sono proprio il rè dei coglioni e dei pataca; allora dica, cosa vuole da me?

FLAVIO: Io s…sono u…un venditore po…porta a po…porta de…della porta.

PIERO: Che combinazione, mo vè, quando dicono i casi della vita; lei è un venditore porta a porta

e si chiama Della Porta.

FLAVIO: N…no il mio n…nome è Flavio.

PIERO: ( ride ) Flavio Della Porta.

FLAVIO: N…no, D…Dell’ Uscio.

PIERO: Bè, non fa una gran differenza, detto in italiano o in dialetto, è sempre la stessa

cosa, sempre di porte parliamo.

FLAVIO: V…vedo c…che lei è…è…in…intelligente, voglio p…proprio p…parlare di p…porte.

PIERO: Senta buon uomo, io ho avuto una giornata piena, non ho del tempo da perdere, mi

dica cosa vuole che non ho capito.

FLAVIO: Io s…s…sono u…un v…venditore p…porta a…a porta della porta.

PIERO: Qui facciamo notte e non ci capiamo; che cosa vuole?

FLAVIO: V…v…voglio v…vendere u…una p…porta.

PIERO: E che? Ma da fare che?

FLAVIO: H…h…ho u…un cat…catalogo d…di porte, gl…glielo f…faccio v…vedere; s…

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sembrano n…nuove, c…costano poco, p…perché sono q…quasi n…nuove

PIERO: Mi vuole prendere in giro? Cosa me ne faccio di una porta?

FLAVIO: l…la m…mette nell’ e…entrata; q…queste s…sono p…porte di s…sicurezza, c…con la

doppia m..mandata; c…contro i…i ladri.

PIERO: Stia a sentire, io non ho bisogno di una porta, va bene quella che c’ è, intanto se

qui vengono i ladri non trovano niente da rubare, perché io sono in bolletta nera, pieno

di debiti e senza lavoro; secondo lei mi posso comperare una porta nuova? O

meglio diciamo usata?

FLAVIO: ( si rattrista, si getta seduto sul divano e comincia a piangere)

A..anche lei è m…messo c…come m…me; io s…sono nudo e crudo c…come un p…

pidocchio; a…avevo u…un lav…lavoro, la f…fabbrica h…ha c…chiuso e s…sono

rimasto d…disoccupato; ho t…trovato s…solo q…questo l…lavoro q…qui.

PIERO: Da quando fa questo lavoro?

FLAVIO: Da…da t…tre me…mesi.

PIERO: E quante porte ha venduto?

FLAVIO: N…neanche u…una. ( continua a piangere)

PIERO: Qui siamo nella stessa barca, ti posso dare del tu?

FLAVIO: S…sì

PIERO: E poi lasciamelo dire, ma con questo difetto che hai, mi pare che il lavoro di venditore

non sia proprio fatto per te; non ti offendere.

FLAVIO: l…lo so e poi t…tartaglio p…proprio quando s…sono nervoso o e…emozionato; senò m…

me la cavo a…abbastanza, ce la f…faccio a parlare m…meglio. P…pensa che q…quando

mi s…sono sposato in ch…chiesa mi è v…venuta u…una crisi che non e…ero più buono

di dire il sì d…davanti al p…prete, a…allora la mia m…moglie, ch…che si chiama S…S…

Silvia, mi ha dato u…un c…calcio in …in un ta…tallone, che mi è scappato u…un urlo, ch…

che ho de…detto SI !!!! C…così forte che hanno s…sentito anche f…fuori dalla chiesa.

PIERO: Te dovresti fare un lavoro in cui non ci sia bisogno di parlare.

FLAVIO: T…te l’ ho d…detto p…prima, ero o…operaio; a…anche l…la mia m…moglie me lo d…dice;

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lei d…dice ch…che devo tr…trovare u…un altro l…lavoro; ma cosa f…faccio?

PIERO: Oh, stessa musica, se sapessi la mia moglie! Sgrida sempre, dice che devo trovare un

altro lavoro, non parlare, siamo in una crisi! E poi ci volevamo bene, ma questa crisi ci

ha rovinato anche il matrimonio; pensa che ieri a mia mamma ha preso fuoco il cammino

e la mia moglie ha detto che potrei fare lo spazzacamino; proprio io che ho sempre

lavorato con la camicia bianca.

FLAVIO: E…e la mia m…mi dice s…sempre che p…potrei f…fare il cal…calzolaio, che, ch…che non

si trova più nessuno ch…che lo faccia.

PIERO: Fanno presto a parlare le donne, con le chiacchere si fa tutto quanto, sono i fatti che

ci vogliono. Cosa vuoi che sappiano le donne, loro non capiscono niente, le donne

devono dare retta agli uomini e stare zitte; bisogna trattarle come l’ insalata, che

vuole essere strapazzata, sennò mettono su la cresta e vogliono comandare come i galli

nel pollaio.

FLAVIO: Urca, c…come sei an…antico te, e p…poi hai st…studiato più d…di me. Io in…invece dico

che delle v…volte l…le donne ne sa…sanno una p…più del diavolo; e a…anche sta…

volta m…mi pare che la m…mia m…moglie a…abbia ragione; è che i…io non sono capace

di trovare u…un lavoro che m…mi vada bene.

PIERO: Nel tuo caso la tua moglie ha ragione, il venditore non fa per te; invece a casa mia la

mia moglie non ha ragione per niente.

FLAVIO: P…perché te c…cosa facevi d…di la…lavoro?

PIERO: Io ho una agenzia immobiliare, assieme al mio socio, solo che con questa crisi non si

vende più niente.

FLAVIO: A…allora p…perché la t…tua m…moglie non ha r…ragione che te devi c…cambiare l…lavoro?

PIERO: E cosa faccio poi? Se la crisi finisce, dopo il lavoro ricomincia.

FLAVIO: Sì, è… è v…vero, ma in…intanto cosa f…fai? D…dovrai p…pure m…mantenere la…la

tua f…famiglia?

PIERO: Non lo so più neanche io. Proprio stamattina ho detto al mio socio che io chiudo

l’ ufficio che ci costa un sacco di soldi di affitto; però…però anche io cosa faccio?

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Sono arrivato in fondo al pozzo, non ho più gli occhi per piangere.

FLAVIO: Però, pensaci bene…n…non ti p…piacerebbe fare lo spa…spazzacamino? Sei s…sempre

in giro, a…all’ aria a…perta. Al giorno d’…d’ oggi n…non è p…più c…come u…una v…volta;

si fa c…con l’ as…aspi…rapolvere, io h…ho v…visto è…è…u…un l…lavoro p…pulito.

PIERO: Sei sicuro? Guarda che bisogna calarsi nel camino, sporcarsi tutti di nero, respirare tutta

la cenere.

FLAVIO: No, te n…non l…lo sai; n…non è p…più c…così; m…mettono i s…sacchetti di n…

nailon, n…non la fanno la polvere per niente; hai pure lì il computer, lo sai adoperare?

PIERO: Te ne sei accorto che tartagli di meno adesso?

FLAVIO: ( che ha smasso di piangere) Sì, mi è passato il ner…nervoso; p…però un pochino l…lo

faccio sempre, ma di meno.

PIERO: ( va al tavolino dove c’ è il computer) Bè, e cosa devo cercare nel computer?

FLAVIO: Dicono che lì si si trova tutto, c…cerca la scuola da sp…spazzacamino.

( Piero esegue)

PIERO: Dunque, scuola…vuoi che ci sia una cosa così, secondo me è impossibile, cosa vuoi trovare

la scuola per spazzacamino, non esiste, è una cosa che non sta in piedi.

( intanto guarda il computer)…

Toh! Guarda! Noo! Non è possibile, c’ è , è venuta fuori; ma valà sarà per scherzare

( legge)

“ Corso base per spazzacamini; sono aperte le iscrizioni… ecc a numero chiuso… ecc

il corso ha una durata di sei giorni. La frequenza del corso base è il primo passo per accedere

al percorso di formazione per acquisire il marchio.. ecc, ecc; il corso inizierà tra

quindici giorni a Parma “ .

Ma vè, che si faccia ancora in tempo? Che ci siano ancora

i posti? E poi è a Parma, non è mica lontano, ci si va bene col treno.

FLAVIO: Prova a…a fare l’ iscrizione, fai l…la domanda, vediamo se ci sono i posti.

PIERO: È che costerà, non sarà mica gratis, qui non lo dice.

FLAVIO: g…guarda se c’ è un numero di telefono che gl…gli telefoniamo.

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PIERO: Ciou, prima bisogna essere sicuri, te lo vuoi fare?

FLAVIO: S…se vuoi lo f…facciamo insieme e l…lavoriamo poi in…insieme, intanto è un lavoro

che b…bisogna essere i…in due, uno s…sta sopra il tetto e l’…l’altro sta di sotto.

PIERO: Lo sai che la mia mamma non pulisce il camino da più di dieci anni e anche il nostro

vicino Paolo ha detto che ha bisogno di pulirlo?

FLAVIO: C…certo che forse non si lavorerà tutto l’ anno, p…però intanto meglio che niente.

PIERO: Bè mo, andiamo a lavorare anche negli altri paesi, anche in montagna, che lì tutti hanno

la stufa e il camino.

FLAVIO: lo sai, se sei d…d’ accordo vado a c…casa che lo dico alla mia moglie e le domando se mi

dà una mano per pagare la scuola.

PIERO: Se è per quello anche io bisogna che chieda un mutuo alla mia moglie. Per pagare

l’ affitto dell’ ufficio non mi dà mai niente, non sarà una cosa facile; domandare i soldi a lei

è come togliere il lardo alla gatta.

FLAVIO: Non mi hai detto che t…ti dice sempre che devi t…trovare un altro lavoro? Adesso l’ hai

pure trovato.

PIERO: Forse hai ragione, speriamo.

FLAVIO: ( va verso la porta per uscire ) Allora io adesso vado, ci sentiamo domani eh.

PIERO: Domani sarò ancora a casa, che la mia suocera ha l’ influenza. Ti aspetto qui. Ti saluto

( canticchia allegro delle note di una canzone, o a piacere fischietta,quando

rientra la moglie dal lavoro)

CATERINA: Sei allegro, si vede che ti ha fatto bene stare a casa; come va?

PIERO: Bene, bene, ho delle novità da dirti.

CATERINA: Sì , ma prima apparecchia la tavola che ho fame e intanto vado a vedere il bambino;

come sta? Non ha preso la febbre vero? Ho una paura che la mia mamma glie

l’ abbia attaccata.

PIERO: No, sta bene, ha mangiato e adesso dorme; anzi vedrai che non tarda a svegliarsi e

avrà ancora fame; glie la prepari te la minestrina vero?

( Caterina, mentre lui parlava è uscita verso le camere, per vedere il

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bambino, improvvisamente, si sente un urlo provenire da dietro le quinte )

CATERINA: Ah!!!!!!! Il bambino! Dove è il bambino?

( arriva frenetica, con in mano gli asciugamani che Piero aveva portato da lavare)

Dov’ è il bambino? Nel suo letto non c’è, c’ erano questi panni sporchi

( i due si guardano in faccia, poi Caterina esce di corsa, mentre Piero passeggia

nervoso avanti e indietro)

PIERO: Dove vuoi che sia, è vero che stamattina qui è venuta un sacco di gente, ma mica era

gente che porta via i bambini, li avrei visti, quando sono usciti ero qui…non è possibile.

( rientra Caterina col bambino in braccio)

CATERINA: Era nella cesta dei panni sporchi.

PIERO: Per fortuna che non ho fatto in tempo a fare la lavatrice; io non capisco più niente,

troppe cose da fare tutte in una volta, no, no; non è fatto per me stare a casa a fare

il casalingo, il ragazzo padre.

( si chiude il sipario al suono della canzone “SVALUTATION “ di Adriano Celentano)

FINE SECONDO ATTO

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ATTO TERZO

( mentre si apre il sipario suona la canzone “ LA CUMBA DI CHI CAMBIA”

di Adriano Celentano )

Sono in scena Matilde, con in braccio il bambino, gli canta una filastrocca per farlo dormire, e

Caterina che apparecchia la tavola, perché stanno aspettando il ritorno di Piero e Flavio e

per festeggiare il loro diploma )

MATILDE: Din don, din don

La campena ad Serbadon,

I era in tre chi la suneva

Pan e ven i guadagnava

I guadagnava un bastuncel par andè a Montebel

Din don, din don

E pipon dla pepa dura

L’ ha una faza cla fa pavura

L’ ha un nes fat a rampen

E ven a rubè ste pupen

Din don, din don

Caterina, è arrivato Piroun?

CATERINA: Sì, si è addormentato.

MATELDA: lo porto nel suo lettino.

( esce verso le camere)

( suona il campanello, entra Paolo)

PAVLON: Allora quando arrivano i due scolari? Ci manca molto per la festa?

CATERINA: Il treno non dovrebbe tardare molto; mettetevi a sedere.

( gli offre da sedere)

PAVLON: Sono il primo, non c’ è ancora nessuno?

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CATERINA: Arrivano, non avete apura, intanto facciamo due chiacchere.

( suona il campanello)

PAOLO : Ecco, qualcuno è qui.

( Caterina va ad aprire , entra Veronica)

VERONICA : Sono passata di fretta, perché devo andare nel negozio, oggi è sabato, non posso

arrivare tardi.

CATERINA: Un minuto, metteti a sedere.

( rientra Matelda)

MATILDE: Oh, Caterina come va il negozio? Viene gente?

VERONICA: Sono contenta, non c’ è male, ho aperto che è poco, ancora mi devono conoscere.

MATILDE: Te sei brava, vedrai che farai fortuna.

VERONICA: Vi ringrazio; io ero passata per farvi i complimenti e per dire che la mia mamma ha una

Rola e che il camino non lo pulisce da quasi quindici anni; mi ha detto che Piero vada a

pulirlo. Lo sai Caterina che hai avuto una bella idea a far fare questo lavoro a tuo marito?

Il mio marito è senza lavoro e sto pensando cosa potrebbe fare.

PAOLO: Io ho una bicicletta, che ha una ruota rotta e non si trova più un meccanico che faccia

questo lavoro. Da quando è morto il povero Pioun, nel paese non c’ è più un meccanico

di biciclette.

MATILDE: E pensare che una volta ce n’ erano almeno due –tre; vi ricordate che alla stazione ce

n’ era uno che teneva le biciclette degli studenti che prendevano il treno e se c’ era bisogno

le accomodava anche? Come si chiamava, ve lo ricordate?

PAOLO: Era il povero Gagg; ma cosa volete al giorno d’ oggi la gente va alla stazione con la macchina.

CATERINA: Mica tutti, valà, ce ne sono delle biciclette alla stazione, con quello che costa la benzina

la gente va ancora in bicicletta, eccome!

VERONICA: Già questa è una buona idea, è vero non c’ è più un meccanico che accomodi le

biciclette; bisogna che lo dica al mio marito.

PAOLO: Oh, se è per quello non c’ è più neanche un calzolaio; io ho un paio di scarpe da fagli

la suola, mi tocca andare fuori, perché qui in paese non c’ è più nessuno e pensare che

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una volta ce n’ erano quattro-cinque di calzolai.

VERONICA: E’ che molta gente compera le scarpe cinesi che costano poco e quando sono rotte le

buttano via.

MATILDE: Mica tutti, io una volta le ho comperate quelle cinesi, mi facevano un male nei piedi,

un male! Che le ho dovute buttare via. Mi erano venute due cipolle, grosse che mai, una

per piede.

PAOLO: Cosa camminavate con le cipolle? Chissà che puzza, facevate piangere chi vi stava vicino!

( ride )

MATILDE: Le cipolle dei piedi, quelle tonde.

PAOLO: Bè, sono pure tonde le cipolle; ho capito voi le schiacciavate coi piedi prima di fare il

sugo per i maccheroni.

MATILDE: ma cosa avete capito! Io dico le cipolle che vengono nei piedi

PAOLO: Allora erano molto sporchi quei piedi se ci crescevano anche le cipolle.

MATILDE: Oh, insomma, non capite mai.

PAOLO: Non sono mica sordo io, ci sento bene; e il vostro marito mangiava le cipolle schiacciate

coi piedi? Lo sapeva?

MATELDA: No, non sono mica buone da mangiare quelle.

PAOLO: Per fortuna, perché a me mi farebbero piuttosto schifo.

MATILDE: Io non sono mica cannibala.

PAOLO: Io invece sono un mangiatore di carne, di salsicce fatte sulla rola, di bistecche, le

voglio tenere, mica dure come le suole delle scarpe.

CATERINA: A proposito, stavamo proprio parlando di scarpe.

VERONICA: E di vecchi mestieri e vi dirò che un po’ di idee me le avete date, vi ringrazio. Adesso

bisogna che vada, sennò faccio tardi per aprire il negozio; vi saluto e fate tante

congratulazioni a Pietro.

PAOLO: Te bambina ricordati che chi ha voglia di lavorare, ha sempre qualcosa da fare, per

i vagabondi invece è sempre festa.

VERONICA: Voi parlate bene, però al giorno d’ oggi non è più come una volta.

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PAOLO: Noi abbiamo passato la guerra, i giovani passeranno questa crisi, bisogna solo che si adattino

e sappiano che la festa è finita; bisogna andare avanti e tirarsi su le maniche.

CATERINA: Ci vuole fiducia; dai, vedrai che anche te e il tuo marito troverete il modo per uscirne fuori.

VERONICA: Ti ringrazio, te sei sempre una buona amica. Vi saluto a tutti.

( tutti la salutano, Veronica esce)

MATILDE: Allora è pronto, cosa manca?

CATERINA: La Berta deve portare la ciambella e il babbo è andato a prendere da bere e poi passa

a prendere la moglie di Flavio, la Silvia.

PAOLO: Ciou il bere è la cosa più importante, Giovanni lo deve scegliere buono il vino.

CATERINA: Per me va bene la coca cola.

PAOLO: I nostri vecchi si sono fatti grandi col sangiovese e l’ albana; la morte della ciambella è

un bicchiere di albana; vuoi mettere con tutte quelle robe moderne, che sono

delle brodaglie; l’ albana è fatta con l’ uva e basta, senza sporcherie.

( suona il campanello. Entra Berta; ha in mano un vassoio di ciambella)

BERTA: Ecco la ciambella, quella buona; ci ho messo sopra le palline colorate come piacciono al

mio Piero.

( posa il vassoio, nell’ altra mano ha un fazzoletto da naso, è commossa, quasi piangente,

si asciuga le lacrime)

PAOLO: Cos’è, anche voi avete la cipolla nelle scarpe?

BERTA: ( piange) Eh? Chi io?

PAOLO: Non vedete come piangete?

BERTA: No, io non ho male nei piedi, è la testa.

PAOLO: Da quando non vi lavate più i capelli, per fare crescere la cipolla?

BERTA: Non ho la cipolla, cosa avete capito!

PAOLO: Ohi, le vecchie di una volta i capelli non li lavavano mai, se li pettinavano tutti i giorni con

quei pettinini fitti, fitti, per cavare i pidocchi, se c’ erano, eh! la mia nonna stava un sacco

a pettinarsi; aveva i capelli lunghi e poi dopo si faceva due trecce e le arrotolava dietro l

a testa, per fare la ciocca.

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BERTA: Io non ho i pidocchi e poi i capelli me li lavo ( piagnucola); io sono contenta per il mio figlio,

però a me mi sarebbe piaciuto che avesse fatto un lavoro con la camicia bianca.

CATERINA: Ma sì, la camicia bianca l’ ha bruciata col ferro, adesso si metterà la camicia nera.

PAOLO: Perché ci sono ancora le camicie nere? Ciou allora bisogna stare attenti a parlare,

perché quelli ti danno l’ olio di ricino.

BERTA: ( piagnucolando) Cosa volete che possa parlare, avrà sempre la testa dentro il camino

a respirare la caliggine, la polvere e la cenere, il poverino.

( entrano Giovanni e la Silvia; Silvia porta occhiali da vista con le lenti molto spesse, e

dimostra evidenti difficoltà di vista)

GIOVANNI: Ecco qua ce l’ abbiamo fatta, ho portato da bere.

SILVIA: Io ho comperato un po’ di biscotti.

( con fatica cerca il tavolo per appoggiarvi il vassoio

di biscotti, va a tastoni, date le gravi difficoltà di vista, rovescia qualche bicciere );

Ecco, va bene se li metto qui? Posso dare una mano? Cosa c’ è da preparare?

CATERINA: E’ tutto a posto, mettiti a sedere.

SILVIA: Voglio dare i biscotti

( scarta il vassoio e fa un giro ai presenti per offirli, quando passa davati

a Paolo inciampa, perché Paolo è seduto con le gambe allungate, e

nell’ inciampare barcolla. Paolo la prende alla vita per non farla cadere in terra e lei cade

sulle ginocchia di Paolo)

PAOLO: ( ridendo) Avete visto le donne cadono tutte nelle mie braccia?

SILVIA: Povera me, scusatemi, scusatemi.

( si alza)

PAOLO: Non c’ è mica da chiedere scusa, anzi il piacere è tutto mio.

MATILDE: Ma giù Paolo, che siete ormai vecchio.

PAVLON: Io non sono vecchio e poi non lo sapete che il cuore non invecchia mai?

CATERINA: Il cuore forse no, ma la testa sì, ce ne sono molti che la perdono.

PAOLO: Oh sì, il rè di Francia perdette la testa e anche la regina, con la ghigliottina.

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CATERINA: La testa si può perdere anche quando è ancora attaccata al collo, eccome.

BERTA: Ce ne sono che la perdono per una donna, chi per il gioco, chi per la vecchiaia.

PAOLO: Se io la devo perdere per la vecchiaia, è meglio che sia per una donna, almeno godo.

GIOVANNI: Se è per quello ce ne sono delle donne in questo mondo, avete solo da scegliere.

PAOLO: Bè mo è prorpio quello che sto dicendo.

CATERINA: Basta che non sia per la Silvia

PAOLO: No, state tranquille donne, che mi accontento anche di una più vecchia.

MATILDE: Lo sappiamo, lo sappiamo che Paolo ha una simpatia.

PAOLO : Come lo sapete, se l’ interessata non se ne è ancora accorta.

MATILDE: Non lo so, può essere che aspetti una dichiarazione.

PAOLO: Una dichiarazione? Ci vuole proprio?

CATERINA: Se non volete stare ad aspettare quando sarete nel ricovero.

SILVIA: Allora spicciatevi, se non volete fare notte.

GIOVANNI: Ogni lasciata è persa e poi dopo una certa età hai voglia te, non riesci mica più a farti

pari. Va pure dopo “ alla ricerca del tempo perduto”.

PAOLO: Ho capito, adesso però ho sete, mi puoi dare qualcosa da bere? Non è che ho da patire

la sete per aspettare quei due, vero?

GIOVANNI: Vuoi l’ acqua o devo aprire l’ albana?

PAOLO: Mi vuoi dare l’ acqua schietta? Sta male se beviamo prima che arrivino i festeggiati?

GIOVANNI: Dai, non voglio che tu dica che ti abbiamo fatto patire la sete.

( apre una bottiglia)

SILVIA: Glie lo voglio dare io, che sono la moglie di un festeggiato.

( Giovanni le dà la bottiglia di vino, Paolo è seduto vicino al tavolo e prende un

bicchiere vuoto dal tavolo)

PAOLO: Sì, vieni qui, è sempre un onore farsi servire da una bella donna e giovane.

BERTA: Ma senti lì, quando volete siete capace di essere gentile con le donne.

PAOLO: Cosa credavate che io fossi un zuccone?

BERTA: Ciou di solito siete così cafone.

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PAOLO: Non è vero, io con le donne giovani e belle sono sempre galante.

BERTA: Ah sì, solo con le donne giovani.

PAOLO: Non sarete mica gelosa, ormai voi l’ avete passata quell’ età.

( il dialogo avviene tutto in tono scherzoso)

BERTA: Oh, grazie, ma le galanterie fanno sempre bene, a tutte le donne.

PAOLO: Voi siete nonna, dovete fare la nonna, cosa ne fate delle galanterie?

( Berta, si mette a braccia incrociate, stizzita, Silvia era vicino a Paolo, emozionata , con

la bottiglia in mano) ;

Valà poverina dammi da bere, non stare a sentire i discorsi dei vecchi

( le allunga il bicchiere, poiché è seduto e Silvia in piedi, lo alza quasi all’ altezza della

sua testa, Silvia non vede bene la posizione del bicchiere e versa un po’ di vino sulla

testa di Paolo)

No, no, è qui il bicchiere, no sulla testa.

( Silvia si ferma subito e Paolo la aiuta a versare il vino, mentre gli altri ridono)

SILVIA: Oh, poveretta me, mi dovete scusare, guarda lì cosa ho combinato.

PAOLO: Non è niente poverina, è stata solo una goccia; il vino porta fortuna e poi è sempre

meglio avere il vino in testa che le cipolle nelle scarpe; il vino in testa fa cantare, le

cipolle invece fanno piangere; allegria!

(in quel momento entrano Piero e Flavio; sono vestiti da spazzacamini, come una

volta, calzoni e maglia nera, una corda sulle spalle, uno spazzolone in mano e hanno

la faccia tinta ti nero)

PIERO e: Allegria, allegria, su cantate, siate allegri sono arrivati gli spazzacamini!

FLAVIO: ( iniziano a cantare, facendo passi di danza, come nel film di Mary Poppins e poi con

passi di valzer e cantano la canzone “ Spazzacamino” ; di sottofondo a piacere si

può mettere l’ omonima canzone)

Cam caminì, cam caminì

La sorte è con voi se un bacio vi dò

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Chi un bacio mi dà felice sarà

Tu penserai che lo spazzacamin si trovi

Nel mondo al più basso gradin

Io sto fra la cenere eppure non c’ è

Nessuno quaggiù più felice di me

Cam camini, cam camini.

Allegro e felice pensieri non ho

Cam camini, cam camini

Spazzacamin.

( a questo punto i due appoggiano gli spazzoloni e le corde e prendono per mano le

loro mogli e ballano in coppia)

La sorte è con voi se la mano vi do

Scelgo le spazzole

Proprio a puntin

Con una la canna

Con l’ altra il camin

Là dove il fumo si perde nel ciel

Lo spazzacamino ha il suo mondo più bel.

Tra la terra e le stelle

Di Londra nel cuore

Rischiara la notte

Un vago chiaror.

Cam caminì, cam caminì

Spazzacamin

La mano puoi dar alla felicità

È bello viver per sempre così

Cam caminì, cam caminì

spazzacamin

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( alla fine tutti applaudono, i due abbracciano le loro mogli e salutano tutti; Giovanni riempie

i bicchieri e Berta e Matilde offrono la ciambella;)

PIERO: Abbiamo i diplomi Eh! Ecco sono qui.

( li tira fuori dalla borsa a tracolla che nell’ entrare ha lasciato vicino alla porta)

PAOLO: Buona fortuna ai nuovi spazzacamini e mi raccomando, anche io ho il camino da pulire,

mi prenoto per primo.

BERTA: La prima sono io che sono la mamma e poi dopo quella paura che mi sono presa col fuoco.

GIOVANNI: Dai Berta dicono che non tutti i mali vengono per fare dei danni e stavolta è stato proprio

vero; è servito al tuo figlio per cambiare mestiere.

SILVIA: E il mio marito se non fosse andato a fare il venditore di porte vecchie non avrebbe

mai incontrato Piero.

( suona il campanello, entra Gigi, sempre vestito da calcio e col pallone in mano;

allegramente va verso Flavio e ridendo lo abbraccia e gli dice)

GIGI: Che ti venisse un accidenti, boia a te e a chi ti ha sputato nel sedere; mi hai rovinato!

PIERO: Cosa hai fatto?

GIGI: I miei, quando hanno saputo che sei andato alla scuola da spazzacamino mi hanno

cacciato fuori di casa.

PIERO: E allora dove stai adesso?

GIGI: la mia nonna ha avuto compassione e mi tiene per un po’, è che non ho più la mia televisione

in camera, il mio compiuter, sono disperato.

PIERO: Vorrà dire che hai finito di fare il bamboccione.

GIGI: Io un lavoro l’ ho sempre cercato, anche se non mi davo poi un gran da fare.

PIERO: Diciamo che facevi come quello che di giorno pregava il Signore per trovare un lavoro e

di notte pregava la Madonna per non trovarlo.

GIGI: Ciou, io…stavo bene anche senza fare niente, intanto che i miei mi mantenevano…

GIOVANNI: Valà vieni qua a bere e non prendere la coca cola, ti do il vino che voglio vedere se sei

un uomo.

GIGI: Io non bevo il vino, ho paura di fare la sbornia.

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GIOVANNI: Dai che per un bicchiere non ti ubriachi, al massimo te ne faccio mettere un po’ sulla

testa dalla Silvia.

SILVIA: No, no e basta, io non voglio, dopo poi la sua mamma mi dà la colpa a me se si ubriaca.

GIOVANNI: Cosa sarà mai, così va a cercare un lavoro con allegria, non pensa che deve lavorare e

deve stare su la mattina presto; tieni Silvia daglielo te, che se glie lo metti nella testa

è meglio.

GIGI: Allora facciamo un brindisi per i due che hanno preso il diploma e per me che trovi la

mia strada.

PAOLO: Bene, vino per tutti; allegria!

( tutti bevono)

( suona il campanello, entra Pasquale, che saluta )

PASQUALE: Sono venuto anche io a fare i complimenti.

BERTA: Vieni avanti; Giovanni dagli da bere e dagli la ciambella.

PIERA: Allora te cosa hai deciso di fare con l’ ufficio?

PASQUALE: Anche io ho chiuso baracca e burattini e l’ ho detto al padrone.

PIERO: E lui ha fatto delle storie? Vuole dei mesi di affitto?

PASQUALE: Si è tenuto la caparra ed è anche troppo con tutti i soldi che gli abbiamo dato in questi

anni, valà che sta zittino.

PIERO: Oh, vedo che hai messo su carattere; era ora! E adesso cosa pensi di fare?

PASQUALE: Ho già trovato un lavoro, vado a fare il cameriere in un albergo; mi tocca adattarmi

a lavorare anche il sabato e la domenica, ma dì, quando si ha bisogno non

si può guardarci troppo da fino.

BERTA: Sei stato fortunato! E’ sempre meglio che andare a pulire i camini.

PASQUALE: Cosa vuole signora, ogni lavoro ha delle cose belle e delle cose brutte; io lavorerò anche

le feste, invece di andare in giro a divertirmi e poi ho un padrone cinese che vuole che

si lavori senza neanche prendere fiato, senza riposarsi un minuto, sempre di corsa.

BERTA: Un cinese? Sei sicuro, dici davvero?

CATERINA: bè, non lo sapete, adesso comperano tutto i cinesi, i bar, i ristoranti e anche le fabbriche e

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gli italiani vanno a lavorare sotto padroni stranieri.

PAOLO: Cosa siamo diventati servitori in casa nostra?

PASQUALE: E’ proprio così,dicono pure che il mondo è fatto a scale, chi le scende e chi le sale; noi

una volta andavamo in su, adesso invece andiamo in giù.

BERTA: Si è ribaltato il mondo, va tutto a rovescio.

GIOVANNI: Vorrà dire che bisogna provare ogni cosa; l’ importante è che i giovani sappiano adoperare

la testa e le gambe e ritornino ad andare in su, invece di andare indietro.

MATILDE: Ma come è stato un cambiamento così?

PAOLO: E’ che gli italiani hanno sempre dato contro alla loro casa come il maiale e adesso

andiamo indietro come i gamberi.

GIOVANNI: Dì Matilde sta su, che è ora di andare a casa, dai, spicciati.

MATILDE: Oh, che fretta, hai il fuoco addosso, non stai bene in nessun posto, non puoi stare

fermo invillo.

GIOVANNI: Lo sai che mi aspetta Mangoun, che dobbiamo accomodare quel tino, che da solo non

è capace.

MATILDE: Vengo, vengo.

( si alza, saluta e lei e il marito escono)

PAOLO: Si è fatto tardi, dammi un goccio di vino che poi vado anche io, che voglio andare via con

un po’ di allegria.

BERTA: Bravo Paolo, bisogna mandare via le malinconie e essere allegri stasera.

FLAVIO: ( prende un bicchiere di vino) E c…con questo b…bicchiere di allegria anche noi andiamo via.

PIERO: Già e tutto?

FLAVIO: E’ u…una settimana c…che sono fuori e non sto con la m…mia moglie, che non vedo le

o…ore di andare a casa con lei.

( finisce di bere, poi prende la moglie sottobraccio, salutano ed escono)

PAOLO: Si è fatta ora di andare, voi Berta volete farmi compagnia giù per le scale?

BERTA: ( si alza) Cos’ è stasera questa gentilezza, va a finire che nevica.

PAOLO: Ma se siamo d’ estate; dai vi do il braccio, basta che non abbiate la puzza di cipolla.

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BERTA: Io la puzza di cipolla! Volete sentire la mia bocca?

PAOLO: Sì , ma ve la sento come dico io e quando siamo arrivati giù per le scale, sennò può darsi che

le facciamo tutte a ruzzoloni.

( ridendo escono sottobraccio)

PASQUALE: E io devo andare a lavorare, sennò il mio padrone mi sgrida se faccio tardi.

GIGI: Non è che il cinese ha un posto anche per me?

PIERO: Te! E dopo come fai a fare le partite la sera, guarda che lì si lavora la sera e la notte.

GIGI: Non lo so, ciou per un po, per fare stare zitti i miei; dopo se trovo un altro lavoro cambio.

PIERO: Io dico che se te vai a lavorare nel ristorante, allora fa proprio la neve ad agosto; ti è

venuta davvero la voglia di lavorare? Te eri quello della voglia di lavorare non mi

saltare addosso.

GIGI: Ho capito che quelli che non lavorano vanno in rovina e se anche la mia nonna mi caccia

fuori di casa dove vado a dormire e a mangiare? Meglio di un ristorante non c’è.

PASQUALE: Hai fatto anche la rima, allora vieni con me, che vediamo se c’ è un posto anche per te.

CATERINA: E chissà che lì, con tutte le ragazze che vanno a mangiare o che lavorano lì, che non

trovi anche la morosa, magari cinese.

PIERO: Dicono che a ogni male c’ è il suo rimedio; bisogna che noi, che siamo giovani ci tiriamo su

le maniche e troviamo il rimedio a questa crisi.

GIGI: Allora andiamo a trovare questo lavoro; ci vediamo e auguri a te per il lavoro nuovo.

( Gigi e Pasquale escono)

PIERO: Finalmente, un pochino di pace, ne avevo proprio bisogno; lo sai Caterina, questa

settimana che sono stato lontano da solo ho pensato molto?

CATERINA: E cosa pensavi?

PIERO: Che avevi ragione te, che io dovevo chiudere l’ ufficio e smettere di buttare via dei gran soldi.

CATERINA: Vuole dire che ti ha fatto bene stare lontano da solo; è servito almeno a questo.

PIERO: Un giorno alla radio hanno detto che le donne sono più brave degli uomini a risolvere

i problemi, a superare le difficoltà; io non ci volevo credere, ma adesso mi sono convinto

che è vero.

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CATERINA: Ormai lo sanno tutti, solo te eri rimasto indietro.

PIERO: Ciou, il mio povero babbo mi diceva sempre che le donne sono buone solo a fare

delle chiacchere e che un uomo non deve mai dare i calzoni alla moglie.

CATERINA: E te, anche se sei giovane, credevi più a quei detti di una volta, che alla tua moglie e

alla medicina e alla scienza.

PIERO: Sì, però adesso ho cambiato idea e ho capito che ci sono delle cose di una volta che sono

ancora buone, ma delle cose che non vanno più bene.

CATERINA: E quali sono quelle che vanno ancora bene? Non ce ne sono mica molte ormai.

PIERO: ( la prende per mano e la fa sedere sul divano)

Vieni qui seduta vicino a me; le cose che vanno bene sono ad esempio che bisogna

tenere insieme la famiglia, anche quando ci sono dei problemi, che bisogna trovare

una soluzione ai problemi, e non mandare tutto a gambe all’ aria.

CATERINA: Adesso che ragioni così ho piacere, ma prima non c’ era modo di farti ragionare.

PIERO: E’ vero, però io ti ho sempre voluto bene e voglio stare sempre con te; te stavi per andare

via e per lasciarmi da solo.

CATERINA: Anche io ti voglio bene e se hai voglia di ragionare anche io voglio stare sempre con te.

PIERO: ( la abbraccia e sta per stenderla sul divano, stanno per baciarsi, quando si sente un pianto

di bimbo; Caterina si alza di scatto e si dirige verso le camere, mentre Piero rimane come

un automa nella posizione dell’ abbraccio, col viso in avanti, la bocca con le labbra pure

come per dare un bacio, occhi chiusi, come se non si fosse accorto che la moglie non c’ è

più; è sorridente e felice)

CATERINA: Si è svegliato il bambino!

( esce verso le camere, Piero è immoboile sul divano come detto sopra)

( Si chiude il sipario, suona la canzone “ La coppia più bella del mondo “ di Adriano Celentano)

( FINE DEL TERZO ATTO )

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