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Argomentazione e informazione (m) (6) 36 ore (II modulo di Argomentazione, informazione e semiotica multimediale) 2009/2010 prof. F.L. Marcolungo L’esame scritto consisterà in un certo numero di domande a risposta breve (e quindi non a scelta multipla), che richiederanno una sufficiente precisione di linguaggio. Prima dell’esame, lo studente dovrà effettuare e inviare via mail al docente una esercitazione scritta (vedi sotto). Programma con riferimento alle pagine del testo del corso (Boniolo-Vidali, Modelli per ragionare, Bruno Mondadori 2002): pp. 1-21 (a metà); 25-26; 30 (a metà)-36; 44-79 (in alto);

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Argomentazione e informazione (m) (6) 36 ore

(II modulo di Argomentazione, informazione e semiotica

multimediale)2009/2010

prof. F.L. Marcolungo

L’esame scritto consisterà in un certo numero di domande a risposta breve (e quindi non a scelta multipla), che richiederanno una sufficiente precisione di linguaggio.Prima dell’esame, lo studente dovrà effettuare e inviare via mail al docente una esercitazione scritta (vedi sotto).

Programma con riferimento alle pagine del testo del corso (Boniolo-Vidali, Modelli per ragionare, Bruno Mondadori 2002):pp. 1-21 (a metà); 25-26; 30 (a metà)-36; 44-79 (in alto); 85 (a metà)-126; 143 (a metà)-147; 156-159.

Come esercitazione scritta (max sei pagine in tutto; cartelle di 2500

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battute), lo studente è tenuto a inviare via mail la presentazione di almeno due spot o prodotti multimediali accessibili sul web.Ogni presentazione di due/massimo tre pagine avrà le seguenti caratteristiche:all’inizio va messo l’indirizzo web del filmato che esaminate (youtube o altro).Poi va esaminata in dettaglio la struttura narrativa (argomentativa); vanno suddivise le scene (timeline), evidenziati i media utilizzati (parlato, musica, immagini, sequenze) mettendo in luce le diverse figure retoriche o argomentative utilizzate; occorre quindi dire in che senso le diverse strumentazioni e i diversi media concorrono al risultato.La presentazione va fatta in word senza riprodurre il filmato, che deve invece essere rintracciabile sul web; ma l’analisi fatta non deve essere puramente astratta, ma fare riferimento al filmato e alla sua articolazione interna.

Avvertenza: gli appunti sono stati preparati nel corso delle lezioni e

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comprendono solo alcuni dei temi trattati.

Funzione proposizionale:L’enunciato “Socrate è mortale” si può considerare come composto di due parti:l’argomento (x è Socrate) ela funzione (x è mortale): di x si predica che è mortale: fxLa funzione satura o completa l’argomento.

Quantificazione degli enunciati:quantificatore universale: quantificatore esistenziale:

Una funzione proposizionale può avere un predicato (predicati unari o monadici) oppure una relazione (predicati diadici, triadici, ecc.): Giovanni è fratello di Franco, Giuseppe e Carlo.

L’enunciato monadico può essere espresso nel seguente modo:(x)fx enunciato quantificato universale: a tutti gli x spetta la funzione f: tutti gli x sono f

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(x)fx enunciato quantificato esistenziale: a un x spetta la funzione f: esiste un x che possiede la funzione fIntroduzione della negazione

(x)fxtutti sono europei

(x)fx non tutti sono

europei =esiste un non

europeo

(x)fxtutti sono non

europei = nessuno è europeo =

non esiste un europeo

(x)fxesiste un europeo

(x)fxnon esiste un

europeo = nessuno è

europeo = tutti sono non europei

(x)fxesiste un non

europeo =non tutti sono

europei

Regola dello scambio dei quantificatori: applicato a un predicato equivale alla negazione del applicato alla negazione dello stesso predicato;

A univ. aff. E univ. neg.(x)fx

=(x)fx

(x)fx=

(x)fx

I partic. aff. O partic. neg.(x)fx

=(x)fx

(x)fx=

(x)fx

A e E sono contrari, I e O subcontrari

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A e O, E e I tra loro sono contraddittoriI e O sono subcontrariA e I subalterni, come E e O

Due contrari possono essere entrambi falsi, anche se non possono essere entrambi veri;due contraddittori sono invece senz’altro l’uno vero e l’altro falso.I subcontrari non si escludono a vicenda.

I quattro enunciati categorici aristotelici:A = enunciato universale affermativoE = enunciato universale negativoI = enunciato particolare affermativoO = enunciato particolare negativo

DISTRIBUZIONE : un termine è distribuito quando si prendono in considerazione tutti gli elementi dell’insieme a cui si riferisceENUNCIATO Soggetto Predicato

A“Tutti i greci sono europei”

Distribuito(si prendono in considerazione tutti i greci)

Non distribuito(ci sono europei che non sono greci)

E“Nessun

Distribuito(si prendono

Distribuito(si escludono i

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greco è europeo”

in considerazione tutti i greci)

greci da tutto l’insieme degli europei)

I“Qualche greco è europeo”

Non distribuito(si prendono in considerazione solo alcuni greci)

Non distribuito(ci sono europei che non sono greci)

O“Qualche greco non è europeo”

Non distribuito(si prendono in considerazione solo alcuni greci)

Distribuito(si escludono quei greci di cui parlo da tutto l’insieme degli europei)

QUADRATO LOGICO

Enunciati contraddittori:uno dei due è vero, l’altro falsoEsempi: A (“Tutti i greci sono europei”) e O (“qualche greco non è europeo”)

E (“Nessun greco è europeo”) e I (“qualche greco è europeo”)

Con riferimento al MTT, basta anche un solo caso contrario per contraddire,

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ossia per falsificare un enunciato universale affermativo o negativo.

Enunciati contrari:non possono essere entrambi veri, ma possono essere entrambi falsi

Esempi:A (“Tutti i greci sono europei”) e E (“Nessun greco è europeo”) Con riferimento alla possibilità che siano entrambi falsi, posso dire che non è sicuro che esistano dei greci.

Enunciati subcontrarinon possono essere entrambi falsi, ma possono essere entrambi veri

Esempi:I (“qualche greco è europeo”) e O (“qualche greco non è europeo”)Infatti qualche greco è o europeo o non europeo (principio del terzo escluso), ma può anche darsi che siano veri entrambi (prendiamo l’esempio: I “qualche greco è filosofo” e O “qualche greco non è filosofo”)

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Enunciati subalterni:quelli che sono ricavati come caso particolare rispetto agli enunciati universali, e quindi sono entrambi veri o entrambi falsi

Esempi: I (“qualche greco è europeo”) deriva da A (“Tutti i greci sono europei”); se questo è vero, allora anche l’enunciato I è vero

O (“qualche greco non è europeo”) deriva da E (“Nessun greco è europeo” oppure “Tutti i greci non sono europei”); se questo è vero, allora anche l’enunciato O è vero

Una volta chiarito il quadrato logico e le relazioni tra enunciati contraddittori, contrari, subcontrari e subalterni, possiamo controllare come si trovano gli enunciati corrispondenti e a partire da enunciati veri o falsi, se siano senz’altro veri o falsi gli enunciati corrispondenti o se siano indeterminati, ossia non si possa sapere se sono veri o falsi.

A = V E = F I = V O = F

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Se A è vero, allora senz’altro il suo contraddittorio (O) è falso, così come il suo contrario (E), mentre il subalterno (I) è vero. Esempio: se “tutti i greci sono europei”, allora è falso che “qualche greco non sia europeo” così come che “tutti i greci non sono europei”, mentre è vero che “qualche greco è europeo”.

E = V A = F I = F O = VSe E è vero, allora senz’altro il suo contraddittorio (I) è falso, così come il suo contrario (A), mentre il subalterno (O) è vero. Esempio: se “nessun greco è europeo”, allora è falso che “qualche greco sia europeo” così come che “tutti i greci sono europei”, mentre è vero che “qualche greco non è europeo”.

I = V A indt E = F O indtSe I è vero, allora senz’altro il suo contraddittorio (E) è falso, mentre il suo subcontrario (O) e quello di cui è subalterno (A) è indeterminato. Esempio: se “qualche greco è europeo”, allora è falso che “nessun greco sia europeo”, mentre è indeterminato che “qualche greco non

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sia europeo” e che “tutti i greci siano europei”.Altro esempio: se “qualche italiano è imbroglione”, allora è falso che “nessun italiano sia imbroglione”, mentre è indeterminato se “qualche italiano non sia imbroglione” oppure se “tutti gli italiani siano imbroglioni”.

O = V A = F E indt I indtSe O è vero, allora senz’altro il suo contraddittorio (A) è falso, mentre il suo subcontrario (I) e quello di cui è subalterno (E) è indeterminato. Esempio: se “qualche greco non è europeo”, allora è falso che “tutti i greci siano europei”, mentre è indeterminato che “qualche greco sia europeo” e che “nessun greco sia europeo”.Altro esempio: se “qualche italiano non è imbroglione”, allora è falso che “tutti gli italiani siano imbroglioni”, mentre è indeterminato se “qualche italiano sia imbroglione” oppure se “nessun italiano sia imbroglione”.

In modo analogo avviene con gli enunciati falsi.

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A = F E indt I indt O = VSe A è falso, allora senz’altro il suo contraddittorio (O) è vero, mentre il suo contrario (E) e il subalterno (I) è indeterminato. Esempio: se è falso che “tutti i greci siano europei”, allora è vero che “qualche greco non è europeo”, mentre è indeterminato che “nessun greco sia europeo” e che “qualche greco sia europeo”.Altro esempio: se è falso che “tutti gli italiani siano imbroglioni”, allora è vero che “qualche italiano non è imbroglione”, mentre è indeterminato che “nessun italiano sia imbroglione” e che “qualche italiano sia imbroglione”.

E = F A indt I = V O indtSe E è falso, allora senz’altro il suo contraddittorio (I) è vero, mentre il suo contrario (A) e il subalterno (O) è indeterminato. Esempio: se è falso che “nessun greco sia europeo”, allora è vero che “qualche greco è europeo”, mentre è indeterminato che “tutti i greci siano europei” e che “qualche greco non sia europeo”.Altro esempio: se è falso che “nessun italiano sia imbroglione”, allora è vero che “qualche italiano è imbroglione”, mentre è indeterminato che “tutti gli

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italiani siano imbroglioni” e che “qualche italiano non sia imbroglione”.

I = F A = F E = V O = VSe I è falso, allora senz’altro il suo contraddittorio (E) è vero, così come il suo subcontrario (O), mentre l’enunciato di cui è subalterno (A) è falso. Esempio: se è falso che “qualche greco sia europeo”, allora è vero che “nessun greco sia europeo” così come che “qualche greco non è europeo”, mentre è falso che “tutti i greci siano europei”.Altro esempio: se è falso che “qualche italiano sia imbroglione”, allora è vero che “tutti gli italiani non sono imbroglioni” e che “qualche italiano non è imbroglione”, mentre è falso che “tutti gli italiani siano imbroglioni”.

O = F A = V E = F I = VSe O è falso, allora senz’altro il suo contraddittorio (A) è vero, così come il suo subcontrario (I), mentre l’enunciato di cui è subalterno (E) è falso. Esempio: se è falso che “qualche greco non sia europeo”, allora è vero che “tutti i greci siano europei” così come che “qualche greco è europeo”,

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mentre è falso che “nessun greco sia europeo”.Altro esempio: se è falso che “qualche italiano non sia imbroglione”, allora è vero che “tutti gli italiani sono imbroglioni” e che “qualche italiano è imbroglione”, mentre è falso che “nessun italiano sia imbroglione”.

FIGURE DEL SILLOGISMOsillogismo vuol dire “insieme (syn) di loghismòi”, o di “lògoi”: ossia un insieme di proposizioni o asserti: di solito si distingue l’asserto come proposizione in senso materiale, studiata dal punto di vista grammaticale o sintattico; la proposizione nel suo significato è studiata sia dalla sintassi e quindi dalla logica, sia dalla semantica (scienza dei segni, delle parole, studia che cosa significano dal punto di vista del significato (lingua) e del referente o denotazione empirica).

Il sillogismo è l’insieme di almeno tre proposizioni, delle quali due sono le premesse, e la terza è la conclusione. Tutti gli uomini sono mortali (premessa maggiore), Socrate è uomo (premessa

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minore), Socrate è mortale (conclusione). Il segreto del sillogismo è che nelle due premesse vi sia un termine che le collega (termine medio, uomo), il quale deve essere assunto nello stesso significato (Nel cielo c’è la costellazione del cane, i cani abbaiano, nel cielo qualcuno abbaia: sillogismo errato perché il termine medio ha due significati diversi).In logica bisogna distinguere tra verità delle premesse e della conclusione e correttezza dei ragionamenti. C’è un’unica regola che mi può assicurare che la conclusione sia vera: occorre che le premesse siano vere entrambe e che il ragionamento sia corretto.Esempio di premesse vere e di ragionamento scorretto: un professore chiede: ieri pioveva e avevo l’ombrello, oggi c’è il sole e non ho l’ombrello, quanti anni ho? Uno studente risponde: Lei ha quarant’anni, perché io ho un fratello che è mezzo matto, e ha vent’anni, quindi ... Lei che è matto del tutto, avrà quarant’anni.Da premesse false, o da premesse una vera e una falsa, si ricava in modo corretto sia una conclusione vera che una conclusione falsa.

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Io sono certo solo che da premesse vere con un ragionamento corretto ricavo conclusioni vere.

Il sillogismo della forma classica può essere espresso nella formula di implicazione materiale: se..., allora...:P Q, P = QP Q = Q P : Vero quando sia P che Q sono veriP v Q = Q v P : Vero quando almeno uno dei due è veroP Q = se e solo se P, allora Q : condizione necessaria e sufficiente.

kSpesso accade che una condizione necessaria venga scambiata come sufficiente, o comunque che un’implicazione materiale venga scambiata come necessaria e reciproca.

FIGURE del sillogismo

I figura t.medio sogg. p. maggiore e pred. p. minoreTutti gli uomini sono mortali, Socrate è uomo; Socrate è mortale

II figura t. medio pred. mag. e min.

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Nessun cane è un felino; Tutti i gatti sono felini; nessun gatto è un cane

III figura t. medio sogg. mag. e min.Qualche animale è feroce; tutti gli animali sono esseri viventi; qualche essere vivente è feroce

IV figura t. medio pred. magg. e sogg. minore: Qualche europeo è cristiano, tutti i cristiani credono in Dio, qualche credente in Dio è europeo

Regole di validità dei sillogismi:1) devono esserci solo tre termini;2) i termini maggiore e minore devono essere distribuiti in modo uguale nelle premesse;3) il termine medio non deve essere presente nella conclusione e 4) deve essere distribuito in almeno una delle due premesse;5) da due premesse negative non segue alcuna conclusione; 6) da due premesse affermative segue una conclusione affermativa;7) da due premesse particolari non segue alcuna conclusione; 8) la conclusione segue sempre la parte più limitativa, peggiorativa, delle premesse.

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sillogismi indeboliti:invece che l’universale affermativa o negativa, si conclude con la particolare subalterna

Tutti i pesci vivono nell’acqua;tutte le trote sono pesci;quindi tutte le trote (indebolito: qualche trota) vivono nell’acqua

Gli enunciati singolari non sono enunciati particolari, ma dal punto di vista logico-aristotelico possono essere considerati come universali: Socrate è uomo; nella logica di Frege: tutti coloro (argomento) che hanno la proprietà (funzione) di essere Socrate sono anche uomini (funzione) x (fS fU) (esiste qualcuno che assolve alla funzione Socrate e insieme a quella di essere uomo)

IIa figura:qualche australiano sa l’italianoqualche inglese sa l’italiano

IIIa figura:Socrate è filosofoSocrate è calvoQualche calvo è filosofo

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Sillogismo disgiuntivo: A Bqui abbiamo l’aut aut: o questo o quello non indifferentemente, ma alternativamente:quest’oggi o ho guadagnato o ci ho perso; non ho guadagnato, quindi ci ho perso

sillogismo ipotetico puro: Se Callia è calvo, allora Callia non usa il pettina; Se Callia non usa il pettina allora non lo compra; Se Callia è calvo allora non compra il pettine.

sillogismo ipotetico misto: una delle due premesse è un’affermazione (o negazione), ossia non è ipotetica:Se Callia è calvo, allora Callia non usa il pettine; ma Callia è calvo, quindi non usa il pettine (modus ponendo ponens MPP)

Se Callia è calvo, allora non usa il pettine; ma Callia usa il pettine, e allora vuol dire che non è calvo (modus tollendo tollens MTT)

Entimema: dal greco enthys, dentro: il discorso tiene nascoste alcune cose: o

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la premessa maggiore, o la minore, o anche la conclusione: dal punto di vista retorico l’entimema è all’ordine del giorno.Callia è buono, quindi va amato: si nasconde o si dà per scontato che le persone buone vadano amate; manca la maggioreTutti i greci sono liberi, quindi tutti gli ateniesi sono liberi (manca la minore: tutti gli ateniesi sono greci)Nessun governatore onesto si lascia corrompere; ma c’è qualcuno al governo che si è lasciato corrompere (manca la conclusione: qualcuno al governo non è onesto)

Sillogismo congiuntivo: Tutti gli ateniesi sono greci, Callia e Cleone sono ateniesi, quindi Callia e Cleone sono greci: potevo fare due sillogismi distinti.

polisillogismo: una catena di sillogismi, in cui la conclusione del primo diventa premessa maggiore del successivo;posso abbreviarlo e allora avrò un SORITE, ossia una catena di sillogismi e di entimemi, dove non vengono ovviamente esplicitati tutti i passaggi.

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nota notae est nota rei ipsiusla nota della nota è nota della cosa stessa: Socrate è filosofo, ma un filosofo ragiona, Socrate ragiona

p q,p,q MPP

p q,- q,- p MTT

[(p q) p] q MPP[(p q) - q] - p MTT

RAA riduzione all’assurdo: dimostrazione indiretta: parto dal contrario di quello che voglio dimostrare e ricavo delle conseguenze contraddittorie e quindi dimostro per assurdo che la proposizione contraria non è vera:due rette parallele ad una retta, sono parallele tra loro; supponiamo che non lo siano, allora si incontreranno in un punto; ma così ci saranno due parallele ad una retta che passano per un punto solo, e questo va contro il V postulato:

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per un punto esterno ad una retta data, passa una e una sola parallela.Su che fa forza la RAA? anzitutto sul principio di non contraddizione: parto dall’ipotesi contraddittoria rispetto a quella che voglio dimostrare; poi sul principio del terzo escluso: elimata una, resta l’altra ipotesi; non ce n’è una terza.

LOGICA MODALEcapitolo 5

Il valore della copula, ossia del verbo essere o di qualsiasi altro connettivo, fa sì che il valore dell’enunciato cambi:un conto dire: è morto (di fatto), forse è morto (dubitativo), potrebbe esser morto (possibilità), oppure: da quel che è successo, doveva per forza morire (necessità di fatto, non una necessità logica)

implicazione stretta, ossia quella in cui il rapporto tra antecedente e conseguente è necessario, si adopera il segno :p qper indicare la possibilità si adopera il segno :

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pper indicare la necessità il segno oppure: - – p (p q) = - (p - q) p = - – p

Necessario p = - – p

Impossibile – p = - p

Possibile– – p = p

Contingente– p = – p

Necessario e contingente sono contraddittori; così come possibile e impossibile.

necessità di fatto: non si può cambiare quello che è accaduto, anche se quello che è accaduto è contingente, ossia poteva essere diverso;necessità di un’argomentazione:necessità logica

possibile: logicamente, ossia non contraddittorio; di fatto, ossia se ci sono le condizioni per raggiungere il risultato.

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contingente: è possibile che sia così e anche altrimenti; p - p

sensu composito e sensu diviso:è possibile che Socrate sia in piedi oppure sia seduto: qui io prendo le due affermazioni insieme con la disgiuntiva, e il discorso è vero. Naturalmente, quando invece che “oppure” dico: “e” sia seduto; detto così il discorso è falso: perché sarebbe come dire: “è possibile che Socrate sia insieme in piedi e seduto” (in sensu composito); mentre dovrei dirlo in modo diviso: è possibile che Socrate sia in piedi e è possibile che Socrate sia seduto, oppure Socrate è in piedi ed insieme è possibile che sia seduto. (x)(fx - fx): errato: in sensu composito(x)(fx (- fx)): giusto: in sensu diviso(x)( fx (- fx)): giusto, ma c’è qualcuno che può essere seduto e può essere in piedi

Capitolo 7 Gli argomenti

7.1 Gli argomenti deduttivi

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La classificazione degli argomenti tiene anzitutto conto della differenza tra dimostrazioni e argomentazioni: ci sono argomentazioni che si servono della deduzione al pari delle dimostrazioni, ma partendo da premesse discutibili o comunque non evidenti, portano a conclusioni altrettanto discutibili o passibili comunque di riesame.Questo accade negli argomenti deduttivi, dove il carattere argomentativo nasce dalla natura delle premesse di partenza.

Argomenti pseudo-deduttivi: hanno l’apparenza di essere deduttivi, ossia di avere una rigorosa forma logica, mentre invece non è così.

Pseudo-identità Una definizione presuppone tutto un contesto e quindi può far sembrare identici i discorsi, mentre non lo sono: uomo non comprende tutti gli esseri razionali: uno potrebbe dire: ci sono anche uomini non del tutto razionali, oppure ci sono segni di razionalità anche negli animali.

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La razionalità è condizione sufficiente ma non necessaria per dire che qualcuno è uomo: è uomo anche il matto o il bambino.Si parte sempre nelle discussioni da definizioni, che servono per carpire il consenso: possono essere naturalmente anche tacite: l’identità rischia di funzionare in modo implicito.Identità perfetta è solo quella delle tautologie: quelli che non sono sposati sono scapoli.

Incompatibilità Un’argomentazione opposta che fa leva sul sillogismo disgiuntivo: o questo, o quello, non c’è via di mezzo. Nella realtà ci sono infinite gradazioni: tu o sei coraggioso, o sei codardo; forse è vero che in certe circostanze posso essere coraggioso, in altre codardo, oppure che ci sia una via di mezzo.L’errore è quello di generalizzare, di non ammettere eccezioni, ecc.Di solito cerco il consenso sulla denuncia di qualcosa di negativo, e poi, sulla base dell’incompatibilità tra due posizioni, chiedo che uno accetti la posizione opposta.

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Pseudo-contraddizione Quando io individuo un elemento che potrebbe essere in contrasto con quello che uno afferma, senza però esserlo davvero.Per esempio, posso mettere a confronto delle affermazioni estrapolandole dal contesto: non posso pensare che uno sia in contraddizione solo perché prendo due frasi e le metto insieme: bisogna vedere quando e perché uno ha detto qualcosa.

Ritorsione Tu dici una cosa, ma poi concludi in un altro modo: io ti faccio vedere che sulla base di quello che dici, dovresti concludere diversamente, perché tu stesso vai contro quello che avevi detto prima: ritorco contro l’altro quello che lui stesso dice.Quando dobbiamo convincere, ci appigliamo a tutto e cerchiamo di far valere quello che uno aveva detto.

Dilemma Di fronte a un problema, avrò due possibili soluzioni; comunque io le prenda, troverò la soluzione a me più favorevole. Il dilemma può essere risolto introducendo delle distinzioni: il

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patto tra Protagora e il suo allievo riguardava l’aver vinto una causa: quella che Protagora adesso intenta al suo allievo è una causa diversa dalla prima causa: e quindi di per sé se Euatlo non ha mai vinto una causa, e questa è la prima, allora ci troveremmo in una contraddizione: la vince o la perde? in realtà il patto riguardava l’aver vinto una causa, ossia una causa distinta da questa.Il dilemma va sciolto, ossia occorre vedere se effettivamente sta insieme.Supponiamo che Euatlo abbia vinto in precedenza, allora Protagora ha ragione nel pretendere di essere pagato, ma ha torto per la motivazione che adesso propone: mi deve pagare per questa causa; anche Euatlo ha torto perché anche lui pretende di non pagare sulla base di questa causa, e non del fatto che prima ne ha vinto un’altra.

Autofagia Vietato vietare, bisogna essere spontanei, sono costretto ad essere libero, tutte espressioni che si contraddicono almeno se prese in senso letterale.

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Pseudotransitività A implica B, B implica C, ecc.: se A > B, e B > C, anche A > C:non si può dare per scontato il discorso al di fuori dell’ambito matematico: ‘gli amici degli amici sono miei amici’, non è detto che sia così, perché non c’è una transitività nel rapporto di amicizia. Nei ragionamenti non c’è un legame seriale di rapporto tra i singoli momenti del discorso.

Tutto e parte Dal punto di vista deduttivo, dal tutto si passa alla parte; in modo corrispondente, dal punto di vista induttivo, si opera viceversa.Passando dal tutto alla parte, bisogna vedere se la parte è ricompresa pienamente nel tutto, o se per caso deborda rispetto al tutto: l’uomo è parte della natura, ma non totalmente parte della natura, perché va oltre la natura.Non è detto che quello che si fa verso una parte, equivalga a farlo per il tutto. Io posso essere generoso verso qualcuno, ma non verso tutti, e quello che è giusto verso qualcuno, può non esserlo verso tutti.

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Ad humanitatem Il mio discorso si rivolge ad un consenso universale: tutti tendono ad essere felici, e quindi anche tu, ecc. Di per sé ogni generalizzazione va giustificata: ossia un’affermazione generale non comprende di per sé che anche i singoli rientrino in quell’affermazione: occorre controllarlo.

Compensazione Un’argomentazione che cerca di far leva sul fatto che “un colpo al cerchio, e un colpo alla botte”, ossia azioni che sembrano contrarie in realtà si compensano: per raggiungere un equilibrio, devo ammettere qualcosa che solo in apparenza è il contrario.

7.3 Gli argomenti a priori

EssenzaUn’argomentazione che fa leva su alcuni dati che sono conosciuti ad entrambi gli interlocutori; e quindi se c’è una costante, ossia un’essenza delle cose che rimane uguale anche se le situazioni cambiano, posso

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argomentare che anche adesso mi trovo di fronte alla stessa situazione.

Il termine essenza, natura, carattere ecc. è un termine positivo: ossia indica una norma, un modello al quale posso poi riferire i casi che sto esaminando. Introducendo questi termini, io accuso gli altri di essere fuori della norma, oppure di rientrare nella norma anche se non lo vogliono.

Uso indica quello che è conforme alla natura di qualcosa: la forza fisica può servire al bene come al male: se incidentalmente qualcuno stringendo una mano la stritola, non è necessario che uno si tagli la mano per evitare il pericolo.L’abuso non toglie l’uso: se qualcuno esagera, non per questo devo elimanare la possibilità stessa dell’errore.

DirezioneIl problema del senso ossia del verso delle cose, ossia la direzione verso cui andiamo. Dietro c’è il presupposto che come sono andate le cose ieri, così andranno domani; che siamo sempre su una strada che non sappiamo dove

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andrà a finire e tuttavia conosciamo per averla percorso fino ad ora. E’ l’idea del finalismo: un fine nelle cose e nei nostri comportamenti.Simile a questo argomento è l’antico adagio latino: principiis obsta, resisti agli inizi di una cosa, perché quando finalmente penserai di porvi rimedio, sarà troppo tardi.

PropagazioneUna pianta cattiva, se non viene estirpata, rischia di invadere tutto il giardino; c’è una consequenzialità che va al di là delle nostre intenzioni: occorre saper prevedere il futuro. Max Weber diceva che il politico deve essere lungimirante.

SuperamentoLe situazioni andranno pure avanti secondo quella direzione, quella brutta piega che hanno preso, però alla fine si accorgeranno e gli eccessi di oggi potranno servire per il domani.

Regola di giustiziaAnche i comportamenti più difformi devono rispettare almeno alcune regole, e alla fine ci deve essere equanimità, ossia devo anch’io

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rispettare certe regole anche se vorrei fare il contrario.Le eccezioni di per sé ci sono sempre, ed è anche giusto prevedere certe eccezioni: il massimo del diritto è il massimo dell’ingiustizia. Non si possono trattare tutti alla stessa maniera, occorre tener conto che non tutti sono eguali, non tutti sono nelle stesse condizioni.

A fortioriPrendo un esempio che naturalmente trova il mio interlocutore d’accordo; poi dico: hai fatto cento, cosa ti costa fare ottanta?

ComplementaritàQuesto che tu mi neghi, non è che l’altra faccia della medaglia di quello su cui eri d’accordo; non c’è nulla al mondo che sia del tutto buono, ma è sempre mescolato a qualcosa di cattivo: non ci sono rose senza spine.Non c’è fede, che non sia legata ad un dubbio, ad una incertezza: le due cose vanno insieme.

Riduzione al superioreRinvio per farmi accettare a un argomento che vale più in generale:

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ossia chiedo che uno mi creda sulla base di un discorso più vasto o più importante rispetto al quale quello che dico non è che una conseguenza o un’applicazione.

EtimologiaLa parola vuol dire questo, quindi se tu usi questa parola dovresti essere d’accordo su quello che l’etimologia indica da sempre. Ovvio che in questo caso deve essere effettivamente così, ossia che quella parola voglia dire effettivamente quello che le attribuisco.

FacileIl mio discorso vale più del tuo, perché è più semplice, più chiaro, lo capisce anche un bambino.Naturalmente il problema è di vedere se ad essere complicata è la realtà, non il mio discorso, ossia se la situazione non richieda un’argomentazione più sofisticata, più complicata, di quella che mi verrebbe facile da dire.Il criterio della maggiore semplicità non è sempre attendibile.Già gli antichi dicevano che bisogna stare attenti a complicare i discorsi

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anche se si ha ragione, perché si rischia, naturalmente con le persone comuni, di sembrare sofistici e poco credibili, di fronte a chi dice il contrario ma in modo più semplice e immediato.

7.4 Gli argomenti a posteriori

Induzione Va evitato di confondere l’induzione con una sorta di applicazione che ci fa passare dal caso particolare alla legge universale, nel senso che l’induzione non mi dà mai l’universale in senso proprio, ma mi dà una certa generalizzazione.Ecco perché qui viene ricordata nell’ambito delle argomentazioni: la conclusione è solo probabile, inoltre è al di là, oltre i dati delle premesse.L’induzione completa non è un’induzione, perché è la somma dei casi particolari.La vera induzione è anzitutto l’induzione da un solo caso: in questo modo generalizzo le caratteristiche di questo caso a tutti i casi simili. Questo è simile all’esempio: un caso particolare che aiuta a capire delle caratteristiche più generali.

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L’induzione per enumerazione semplice prende in esame i singoli casi uno ad uno e procede a trovare quello che hanno in comune.

Induzione per eliminazione: un’induzione complessa che si serve di strumenti particolari: ossiatavole di presenza, di assenza, dei gradi, e poi l’esperimento cruciale. Bacone, Mill

L’induzione cerca di ricavare dall’esperienza delle notizie che mi possono servire in altri casi simili.Nell’argomentazione devo semplificare la vita mia e altrui mediante dei processi che siano intuitivamente comprensibili e allora mi servo dell’induzione ossia dei mille casi particolari che mi possono venire in mente (esempi)

Condizioni necessarie e condizioni sufficienti: spesso nei discorsi si cambiano le une per le altre: è vero che non posso andare a Roma se non ho le scarpe; tuttavia non è sufficiente per andare a Roma avere le scarpe.

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Post hoc = dopo di questo; allora quello che segue dovrebbe essere l’effetto di quello che c’era prima: se c’è una novità, devo spiegarla con i dati che avevo a disposizione, con quello che doveva esserci prima che accadesse.Non si può dire post hoc ergo propter hoc = dopo di questo e quindi a causa di questo. Quindi è sbagliato dal punto di vista logico ricavare la causa dalla semplice precedenza temporale.

In genere nella comunicazione multimediale, cioè quando si uniscono messaggi, suoni, figure, ecc. io non posso che suggerire con l’immagine una successione per indurre lo spettatore ad interpretarla in senso causale.Esempio: trucchi cinematografici; sequenza delle immagini che suggeriscono un rapporto causale tutto da dimostrare (visione di un prodotto; la contentezza di chi l’ha comperato)

A contrario (p. 85): certe volte basta per principio dire il contrario di quello che uno dice per far perdere di credibilità tutto un discorso. Una

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generalizzazione viene colpita al cuore quando posso far vedere dei casi contrari.

Ad consequentiam: mostro dove si fa a finire con determinate affermazioni: e dalle conseguenze porto ad un giudizio positivo o negativo su quello che sto dicendo.

Spreco: non si può buttar via la fatica fatta; tutte le volte che non riesco a vedere un risultato, e tuttavia sono lì lì per ottenerlo.

Superfluo: ci sono degli elementi che sono inutili ai fini causali, ossia per ottenere un determinato risultato. Di solito capita che uno parla, dice tante cose e non conclude nulla: perché perdi tanto tempo per convincermi, quando non cogli il punto essenziale?

Argomenti strutturali: certi indovinelli di psicologia fanno leva sulla somiglianza di struttura di determinate figure.Tutti ragioniamo mediante figure (Gestalt, immagini che hanno un senso) che ci permettono di ricostruire le cose.

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Analogia è appunto una somiglianza di rapporti, oppure può espressa tramite metafore, ossia analogie condensate.Metafora = traslato = trasporre, trasferisco il rapporto da un piano all’altro.

Paragone: cerco di far accettare quello che dico, facendo vedere l’uguaglianza di rapporto con altre situazioni.

Doppia gerarchia: nei paragoni si fanno anche i confronti sulla base del rapporto diverso che si può istituire tra gli elementi in gioco.

Pragmatica: nel linguaggio il discorso non vale solo per quello che dice, ma anche per quello che induce a fare; non è mai puramente teorico, astratto, ma ha delle implicazioni concrete, e soprattutto dal punto di vista dell’agire.

Ad hominem (si distingue dal discorso ad personam, perché quest’ultimo è un falso argomento): ad hominem vuol dire che io ad un certo punto uso la seconda persona singolare o plurale: ossia invito chi mi ascolta ad un

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determinato comportamento e quindi lo sollecito a far mente locale come se il discorso lo riguardasse direttamente.

modello: l’esempio a cui devo guardare: è ovvio che uno può rispondere: io sono io e non lui; il modello serve perché fa vedere in concreto quello che altrimenti rimarrebbe astratto: così io capisco come si dovrebbe fare.

esempio:illustrazione: prendo un elenco di persone che possono illustrare, illuminare il discorso che ho fatto

autorità: quando si tratta di fare, ossia di operare, bisogna rimboccarsi le maniche: ossia bisogna scendere con i piedi per terra e allora se c’è qualcuno che ha già fatto, che può dirmi come fare, tanto meglio. Quando voglio convincere, presento qualche personalità che parli a nome mio: interviste ai diversi scienziati, uomini politici, pensatori, ecc.

Sacrificio: ha a che fare con la credibilità di chi parla: se uno è disposto a pagare di persona sarà

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certamente più credibile di chi fa i discorsi a vanvera.

Ridicolo: la battuta di spirito. Un’argomentazione è tanto più efficace, quanto più riesce a smontare tutto un discorso con una battuta, ossia inducendo al ridicolo.L’umorismo in genere nasce da un contrasto unito ad una somiglianza.

8. Gli argomenti fallaci

8.1 Nella definizione: quando si pone la domanda si possono usare termini che sono più o meno appropriati.1. una definizione è troppo larga quando andrebbe bene anche per definire qualcosa d’altro.2. troppo stretta quando chiede troppo, ossia esclude anche quello che dovrebbe comprendere.Quando si discute si adoperano concetti, categorie, definizioni e si rischia di girare a vuoto se non si raggiunge il punto.3. Definizione oscura: quando qualcuno vuol intimorire l’interlocutore piazza una definizione in latino: spiega

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le cose oscure con qualcosa di ancora più oscuro, obscurum per obscurius4. def. circolari: accade come rafforzativo ma non spiega nulla: il leone è il leone, ma cos’è un leone?5. def. autocontraddittoria: più difficile da accorgersi tuttavia quando il discorso è complesso.7. anfibolia: un discorso che può essere letto da due parti. Quando si fanno dei discorsi, si rischia sempre di far capire una cosa diversa solo perché non si rispettano certe regole, oppure non si mettono le virgole.8. accento: un espediente tipico del linguaggio parlato, ma che è presente anche nello scritto (ossia nell’enfasi che si mette su una determinata parola).9. linguaggio pregiudizievole: quando si fa capire un giudizio senza dirlo espressamente: ci sono termini connotati negativamente.

8.2 Fallacie di spiegazioneLa ricerca della causa può indurre in errori:1. Explanans ad hoc=la spiegazione non è una spiegazione perché in fondo si torna nella spiegazione a invocare lo stesso caso particolare (ad hoc)

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2. Assenza di explanandum=assenza di qualcosa da spiegare, ossia si cerca una spiegazione per qualcosa che non chiede spiegazione oppure non è vero3. Explanandum minato=ciò che si vuol spiegare è già limitato nel suo significato: secondo il tale, gli scapoli...4. Explanans inverificabile=la spiegazione è per principio inverificabile, cioè non è una spiegazione

8.3 Fallacie sillogistiche: qui si mettono in luce le fallacie relative al mancato rispetto delle regole del sillogismo o del MPP o del MTT

8.4 Fallacie pseudo-deduttive1.falsa disgiunzione: o A o B, ma non B, quindi A: nascono problemi quando si ragiona su situazioni che non si conoscono, o su argomenti dei quali non si sono esaminate le diverse possibilità.2. dall’ignoranza, sia in negativo come in positivo: non puoi dimostrare questo e quindi quello che dici non è vero; non puoi rispondermi nulla, quindi quello che dico è vero;3. doppia domanda: hai finito di comportati così?

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4. domanda complessa: chiedo di per sé due cose diverse e le lego insieme e pretendo che uno mi dica di sì a tutte e due

8.5 Fallacie a priori8.5.1 da un genere all’altro: si fa un discorso e si invoca una analogia con qualcosa che appartiene a un genere diverso8.5.2 l’accidente: una regola può benissimo prevedere delle eccezioni: non è detto che debba essere comunque rispettata in tutti i casi. Occorre poi vedere se queste eccezioni sono applicabili al caso particolare8.5.3 falsa etimologia è un modo per millantare credito: devi accettare quello che dico, perché, come vedi, la parola stessa che usi vuol dire proprio questo.Eludere significa togliere il discorso, mentre invece vuol dire giocare con le parole.

8.6 Fallacie a posteriori8.6.1. Fallacie induttive: generalizzazioni indebite, da un caso particolare oppure da un insieme di casi alla totalità degli individui di una classe, da un esempio non

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rappresentativo, da un esempio contrario o comunque estremo, da una controevidenza (tutto sembra dire che le cose vanno in un certo modo, ma si può dire sulla base di una controevidenza che questi casi sono stati delle eccezioni), oppure sulla base dell’esclusione dei casi contrari al discorso che voglio fare.

8.6.2. Fallacie causalihoc post hoc, ergo propter hoc (questo dopo di questo e quindi a causa di questo), effetti congiunti, irrelevanza causale, causa complessa (ogni evento è dovuto a più cause, bisogna stabilire quali sono quelle necessarie e quali quelle sufficienti o determinanti), inversione causale (si scambia la causa con l’effetto), oppure un discorso basato sulle conseguenze (che magari non ci sono: andando avanti così, chissà dove arriviamo...).

8.7. Fallacie strutturali: la falsa analogia tra Stato e azienda

9 I para-argomentisembrano argomentare, ma in realtà o non aggiungono nulla di nuovo dal punto di vista logico (logicamente

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irrilevanti) oppure non portano motivazioni nuove rispetto a quello che si dovrebbe argomentare (razionalmente irrilevanti).

9.1Logicamente irrilevante è ripetere nella motivazione quello che si è detto nelle premesse (petizione di principio): Dato che non sto mentendo, allora sto dicendo la verità.Oppure rinviare continuamente a spiegazioni ulteriori, senza mai arrivarne a capo (regresso all’infinito).

9.2 Razionalmente irrilevanti:

ad baculum (bastone): ti conviene scrivere sul giornale che le cose sono andate così, altrimenti l’editore ti licenzia; la minaccia di un pericolo (ad baculum) non argomenta se non a livello di paure e di attenzioni di convenienza, non certamente sul piano della verità di quello che si dice o si dovrebbe dire.

Ad verecundiam (vergogna): se dici certe cose, o se ti comporti in un certo modo, dovresti vergognarti.

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Assomiglia all’argomento prammatico di autorità, ma fa leva sulla vergogna che uno dovrebbe provare se non segue quello che l’autorità in questione.L’argomento può sfociare anche nella diceria: si fa appello non a un’autorità precisa, ma all’opinione pubblica, a quello che dicono gli altri, per indurre a non mettersi nemmeno in testa di sostenere un’opinione diversa.

Ad misericordiam (compassione): mette avanti gli sforzi compiuti per ottenere un certo “risultato”, senza accorgersi che il problema è appunto di vedere se c’è il “risultato” oppure abbiamo sprecato fatica inutilmente.

Ad judicium (opinione): ci si richiama all’opinione (sondaggi) o a quello che si dice per indurre un certo comportamento: adesso vinceranno questi, tanto vale salire prima possibile sul carro dei vincitori. L’opinione non è razionalmente rilevante, anche se lo può essere dal punto di vista degli interessi.

Ad populum (appellarsi al sentire del popolo): se siamo italiani, dovremmo

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ragionare in un certo modo, dobbiamo tifare per la nazionale. L’argomento non è valido dal punto di vista razionale, ma tutt’al più da quello emotivo.

Ad personam 1 (si prende di mira la persona dell’interlocutore in modo diretto): ognuno di noi ha le sue opinioni, ma anche i suoi difetti.Tu puoi anche dirmi di non pagare le tasse, proprio tu che ne paghi tante (ironico): so già in partenza quello che vuoi dirmi e quindi... non ti ascolto.Ad personam 2 (si prende di mira un insieme di circostanze, o una categoria, per far capire che il discorso che ci viene presentato non ha valore): tu vieni a dirmi che occorre correre almeno mezz’ora al giorno, tanto so già che appartieni agli istruttori delle palestre e quindi hai interesse a farmi fare allenamento.Ad personam 3 (tu quoque) (anche tu vieni a dirmi queste cose, quando sei il primo a non osservarle, oppure sei proprio quello che ha sempre detto il contrario): quando uno non ha argomenti, cerca di attaccare l’avversario ai fianchi, senza entrare così però nel merito del discorso.

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10. Guida all’analisi dialettica e retorica

Spesso la retorica è stata dimenticata, almeno a partire dal pensiero moderno in poi, perché si è privilegiato il modello della dimostrazione scientifica.Cicerone diceva che filosofia (dialettica) e retorica sono legate insieme: questa affermazioni ci ricordano l’importanza dell’argomentazione.

10.1 La struttura argomentativa: occorre servirsi del metodo dell’eliminazione e della traduzione: l’eliminazione serve per trovare lo scheletro, l’ossatura di un determinato discorso; la traduzione serve per dare un nome ai diversi passaggi e quindi serve per capire il loro significato.

Entimemi: i sillogismi che nascondono una o due premesse. Le premesse nascoste vanno evidenziate e discusse; troppo spesso si danno per scontate, e quindi se ci si mette su un determinato

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piano, si rischia di accettare quello che mai avremmo accettato.Spesso gli entimemi racchiudono dei luoghi comuni (premesse accettate dai più), ma basta trovarsi in un ambiente diverso o con altre persone e allora quei luoghi comuni non funzionano.Inoltre nelle argomentazioni spesso abbiamo solo una conclusione probabile, fondata su un ragionamento induttivo: il modus ponens mi dice che data una relazione (se... allora...) posso avere una certa conclusione, ma questa conclusione non è necessaria, o per lo meno non è l’unica.

10.2 Analisi della struttura retoricaFrancesco Bacone sottolinea che occorre abbandonare la retorica per fondare la nuova scienza (metodo induttivo, ecc.).

Ad Herennium:la retorica serve per persuadere: l’oratore deve convincere l’uditorio;lo stesso fa il politico, il pubblicitario, ecc.infotainment = information + entertainment.inventio, dispositio, elocutio, memoria, pronuntiatio:

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1) inventio (invenzione, trovare gli argomenti: richiede l’ingegno, la capacità di farsi venire in mente qualcosa: qualcosa di vero o meglio di verosimile)2) dispositio (disporli, metterli in un certo ordine) (dispositio loci, ricostruzione di una scena specifica)3) elocutio (come esprimerli, dirli)4) memoria (come ricordarli)5) pronuntiatio (come tenere l’impostazione della voce e i gesti corrispondenti per attirare l’attenzione)

l’invenzione dipende dalla nostra esperienza, dalla nostra sensibilità, per cui mettendoci nelle diverse situazioni riusciamo ad essere più convincenti: situazioni possono essere dette anche topoi, luoghi. I luoghi comuni sono legati al verosimile, più che al vero.Gli argomenti possono essere elencati, esemplificati, ecc.: basta trovarli. Luoghi comuni (che appartengono a tutti) o luoghi propri (che appartengono solo ad una certa categoria).Non basta appellarsi ai luoghi comuni, occorre avere una certa competenza per convincere su determinati

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argomenti. È questo il ruolo dei luoghi propri, che richiedono un linguaggio specifico.

La ricerca degli argomenti passa attraverso delle regole, tra le quali anche la compositio loci, ossia l’ambientazione di un determinato fatto che devo spiegare. Quis, quid, ubi, quibus auxiliis, cur, quomodo, quandoChi, che cosa, dove, con quali aiuti, perché, in che modo e quandoLe cosiddette 5 W Who, What, When, Where, WhyL’invenzione degli argomenti nasce da una problematizzazione di ciò che voglio dire: ossia mi chiedo che cosa si aspetta il mio uditore e se quello che dico è sufficiente per convincerlo, per esprimere il mio discorso.

Alla fine di pagina 123: la dispositio.Come devo organizzare il discorso: ovvio che all’inizio devo suscitare l’attenzione (exordium) (Voi vi domanderete che cosa ho da dirvi? niente e tutto...); poi devo fare un resoconto del problema o della situazione (narratio, racconto, devo ambientare il problema: ricostruisco

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tutta una situazione, spiego, ecc.); quindi suddivido le difficoltà e i passaggi del ragionamento (divisio) (vi dirò: 1, questo; 2, quello; ecc.); poi dico le mie ragioni (confirmatio), quindi confuto le opinioni contrarie (confutatio) e quindi traggo la conclusione (conclusio, epilogo) (payoff).Le suddivisioni della retorica antica si ritrovano anche nel linguaggio dei giornali e della pubblicità: c’è sempre un inizio (titolo, headline), c’è un’argomentazione, c’è una conclusione (payoff).

Elocutio: il modo di dire i discorsi è importante per essere convincenti: l’eleganza, l’interesse di un ragionamento nascono anche dal modo con cui viene espresso.Tropi: modi di dire: traslati: metonimia, sineddoche, metafora, ironia, perifrasi...

Figure (retoriche) di parole (ossia fondate su una parola e sul suo uso) e figure di pensiero (fondate su alcuni modelli di ragionamento): le prime giocano sulla parola e senza quella parola perdono di significato; le

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seconde possono essere espresse diversamente, con altre parole, senza perdere il loro peso.

11.6 PubblicitàGhost (Deep Night)In alto a destra: la boccetta del profumo con il nome della ditta (Ghost): a forma di luna, questo è il titolo, punto di attenzione; c’è un alone luminoso e la luce della luna rischiara la donna che sembra in estasi lasciandosi illuminare da quel profumo; sotto, in grande, il nome della ditta e del profumo e sotto ancora la battuta finale “the fragrance of love”.Bisogna capire la metafora (profumo = luna) (luna = donna), l’atteggiamento ripropone l’estasi di santa Teresa d’Avila nella scultura del Bernini.Se vuoi provare queste sensazioni, devi comperare quel profumo.

Struttura della pubblicità:prosopopea (impersonificazione, far parlare gli oggetti come fossero persone): il flacone di profumo ha la forma della luna, è la luna (la impersonifica) ed esercita l’influsso della luna;

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l’espressione della donna indica un’estasi, perché richiama la posa di santa Teresa d’Avila nella scultura del Bernini: come la santa è colpita dai raggi della gloria divina, così la donna è colpita dai raggi che vengono dalla luna/profumo (transverberazione, trafitta da quei raggi che l’attraversano);l’argomentazione si serve così di una allegoria: come i raggi della luna influiscono sulla crescita e sulla donna, così il profumo ha in sé un potere straordinario.Qui abbiamo la struttura di un sillogismo, che parte da un luogo comune: l’influsso della luna nella vita sulla terra, e conclude esaltando le capacità del profumo che si vuol vendere.Ma si parte anche da un argomento dell’essenza: c’è dentro di noi un bisogno, una necessità, che deve essere soddisfatta.Poi c’è una generalizzazione, per lo più indebita: dall’esempio particolare, si passa ad una affermazione universale: tutti possono sperimentare gli stessi effetti. Ecc.

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12. Come si argomenta e come si discute

di-verbium, dia e poi verbum-parola,come dialogo, dia e poi logos: il diverbio è una discussione in cui si rischia di venire alle mani.Discussione con un uditorio che deve essere convinto: e quindi i due interlocutori cercano di esporre i problemi con proprietà e nel modo più efficace.

1) status quaestionis = lo stato del problema: oggi discutiamo di... abbiamo tra noi...

la domandachiarimento dei termini che si adoperanoimportanza del problemapossibili soluzionienunciazione della tesi (della posizione) che si intende difendere

2) argomentazione per difendere la propria posizione: un discorso complesso nel quale possono entrare tutti i modelli di argomentazione che abbiamo visto.

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Controargomentare significa rifare il discorso cercando di vedere i punti deboli: il problema è un altro, forse ti esprimevi male, le tue argomentazioni sono irrilevanti, non sono a tema, ecc.

Alcuni appunti daGiovanna Cosenza, Semiotica dei nuovi media (Laterza, Roma-Bari 2008)

1.3 Media e nuovi media

capitolo terzousabilità

ergonomia = regole, leggi (nomos) che regolano la fatica del lavoro (ergon): come si opera concretamente:1) come utilizzare le armi, ossia come devono essere costruite per essere utilizzate senza problemi; qualsiasi arnese, per servire ad un certo mestiere, deve essere costruito in un certo modo.2) come organizzare gli ambienti di lavoro per ottenere il migliore risultatoC’è anche una ergonomia cognitiva, ossia uno studio di come funzionanodal punto di vista psicologico i processi cognitivi.

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Problem-solvingHci (Human Computer Interaction): interazione uomo-macchina.Come costruire un prodotto multimediale in modo che rispetti i proccessi psicologici con cui apprendiamo.A partire dagli anni 80: il computer cessa di essere uno strumento per pochi (informatici), e diventa uno strumento per tutti (pc, personal computer, ossia un computer che può essere utilizzato da chiunque); occore un software (programma operativo) che sia gestibile da tutti.ISO :1) efficacia (lo strumento deve essere in grado di prevedere le diverse situazioni del suo uso ed essere fornito di indicazioni precise) (ottiene lo scopo per cui è costruito)2) efficienza (il rapporto qualità-prezzo, fatica sprecata o risorse investite e risultato)3) soddisfazione (l’aspetto soggettivo dell’utente nei confronti del prodotto)

Jakob Nielsen codifica negli anni 90 i criteri di usabilità del Web: non abbiamo più a che fare solo con

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strumenti particolari (come funziona questa lavatrice o questo videoregistratore), ma anche con lo spazio web che è senza confini.

3.2 l’importanza dei modelli mentaliDonald Norman (collaboratore di Nielsen) indica tra modelli:1) modello dell’utente2) modello progettuale3) modello del sistemaOccorre fare attenzione sia ai tempi e allo sforzo necessari per eseguire un programma (golfo dell’esecuzione) sia alle difficoltà di rendersi conto poi di quel che si è eseguito (golfo della valutazione).L’ideale per Norman sarebbe che il modello dell’utente corrispondesse al modello progettuale.Ma, si osserva, l’utente non ha bisogno di conoscere gli aspetti tecnici per costruire il sito web, oppure il computer; così come dal punto vista del progetto, non tutti sono interessati ad avere presente lo scopo di chi l’ha costruito; tanto meno l’architettura del sistema.Anche un modello dell’utente carente rispetto a quello del sistema o anche di

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quello di chi progetta può essere utile allo scopo.

Alan Cooper: il modello mentale dell’utente: che cosa l’utente si aspetta quando è di fronte al computer o al web: chi progetta deve immaginare cosa passerà per la mente dell’utente.Ma quale utente?L’utento modello non è l’utente esperto, ma si va da chi sa poco o quasi niente a chi sa invece muoversi per conto suo.Un’interfaccia è usabile, nella misura in cui permette anche a chi sa poco di arrangiarsi, senza bisogno di essere un esperto.Il modello manifesto del programma dovrebbe rivolgersi all’utente modello del sistema.Aver presenti i modelli dell’utente permette di studiare una strategia comunicativa.Noi non abbiamo a che fare con l’utente singolo, concreto, che può avere infinite difficoltà, ma con il modello dell’utente medio e cerco di immaginarmi cosa potrebbe capire.L’obiettivo è di farsi capire, non viceversa.

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3.3 Strategia narrativaUna sequenza deve rendere leggibili i diversi passaggi: l’utente segue il discorso ed è condotto man mano a capire.Per Greimas oltre al soggetto e all’oggetto occorre tener presente l’aiutante (ciò che aiuta a raggiungere lo scopo), l’oppositore (l’ostacolo o il problema da risolvere), il destinante (chi intende dire qualcosa) e il destinatario (colui al quale il destinante si rivolge).Lo schema narrativo canonico parte da un progetto e sviluppa un’azione sulla quale alla fine chi parla controlla se ha raggiunto lo scopo che si prefissava.Il percorso narrativo si caratterizza per un programma di base al quale si aggiungono percorsi secondari (i programmi d’uso).Quello che vale per un esame a posteriori dell’usabilità di un percorso narrativo, deve valere anche a priori, ossia in fase di progettazione di un prodotto multimediale: bisogna immaginare le interazioni tra software e utenti e descriverle come storie.Di qui il concetto di sceneggiatura comune (Eco): si costruisce il discorso

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a partire dai luoghi comuni, individuando dei percorsi tipici, senza dover esplicitare sempre i presupposti.Ci sono sempre delle assunzioni implicite, che vanno tenute presenti in fase di progettazione: il problema del frame ossia della cornice che permette la comprensione.

Dopo la progettazione (momento a priori), che si serve di modelli per capire come può essere percepito un messaggio, occorre anche una verifica a posteriori (sondaggi, riscontri oggettivi).Così ci si può accorgere se il programma è usabile oppure no.Quando organizzo un prodotto multimediale mi domando:per chi? (l’utente modello a cui mi rivolgo)per cosa? (a cosa serve quel software) per quale contesto? (ossia qual è l’ambiente al quale è destinato, quali sono i presupposti di fondo di un determinato contesto)

3.4 L’usabilità dei siti webNielsen: Web Usability e Homepage Usability

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A suo avviso i siti web rischiano di dimenticare che non è l’abbondanza di elementi multimediali che può far cambiare l’importanza di un sito, quanto piuttosto la funzionalità con cui è costruito: chiarezza, linearità, semplicità, ecc.Evitare l’eccesso di design, ossia di tutto quello che può fuorviare o ostacolare l’utilizzo.

Tuttavia occorre ricordare che il Web ha esigenze diverse rispetto all’usabilità di un software: l’immagine è fondamentale per dare il marchio di una ditta, per propagandare un prodotto, ecc.

Il volume Web Usability di Nielsen rispondeva all’esigenza però di mettere ordine nella costruzione dei siti web: il proliferare della multimedialità creava difficoltà di lettura dei siti. Quando viene pubblicato Homepage Usability la situazione è già migliorata.

Ergonomia della leggibilitàOccorre quindi unire insieme la standardizzazione dei processi (sul web si vede di tutto, nel modo con cui

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sono costruiti i siti), e insieme anche una certa creatività.Alcune regole di massima:1) differenza tra i colori del testo e quelli dello sfondo, in modo da creare un forte contrasto (meglio nero su bianco, che bianco su nero)2) meglio uno sfondo a tinta unita che una grafica di sfondo3) il carattere deve avere una certa grandezza4) il testo non deve essere in movimento, ma fisso5) è più facile leggere qualcosa che è allineato a sinistra, in modo da avere un punto di riferimento costante6) meglio un carattere senza grazie7) meglio il testo normale che non il tutto maiuscoloMeglio un testo breve e chiaro.

La critica delle metaforestandardizzazione delle metafore, ossia fare in modo che queste immagini siano immediatamente leggibili, perché codificate per indicare qualcosa: il carrello della spesa che indica nei siti che cosa si intende comprare.Le metafore presenti sul web derivano

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1) dalla nostra esperienza dello spazio e del movimento nello spazio: siti, cioè luoghi dove fermarsi, da visitare; l’homepage è la casa; la mappa, i portali, l’ingresso principale; la navigazione, la bussola, ecc.2) dal mondo dei libri: pagine, indici, sfogliare le pagine (browser), segnalibri (bookmarks), titoli e sottotitoli3) dal mondo della televisione: canali tematici e canali generalisti (i portali), ecc.

Gli standard del WebPerché sono necessari alcuni standard: anzitutto per ragioni ergonomiche.Occorre un’architettura del sito che sia leggibile: il nostro occhio va dall’alto verso il basso, da sinistra a destra.Ecco allora la fascia orrizontale in alto e la fascia verticale a sinistra; inoltre di maggiore importanza l’angolo in alto a sinistra e il punto centrale in alto, proprio perché immediatamente visibili.Nielsen propone una statistica degli strumenti di navigazione:1) sulla barra orizzontale, gli strumenti di navigazione fissi

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2) a sinistra in verticale, quelli variabili (link di navigazione)3) in alto a sinistra il link per tornare alla homepage (di solito il marchio o il logo)4) a destra in verticale è possibile un’ulteriore barra di navigazione (approfondimenti speciali)5) i contenuti più importanti subito sotto la barra orizzontale al centro

Altri standard sono rappresentati da 1) colore azzurro per i link ancora da visitare, che diventano rosso/violetto quando la pagina è già stata vista; in ogni pagina2) ulteriori link per una navigazione secondaria rispetto a quella principale a seconda degli interessi3) l’indicazione della struttura del sito e del percorso svolto: nella barra del browser la sequenza delle pagine fino alla pagina attualeCfr. www.webstandards.org

I limiti dell’ingegneria dell’usabilitàIl Web viene concepito dai sostenitori dell’usabilità anzitutto come strumento di informazione, che deve essere aggiornato e presentare contenuti precisi: un sistema informativo

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universale. Questo scambio di informazioni sarebbe come una grande biblioteca di tutte le biblioteche del mondo.Ma il Web è molto di più di un sistema informativo, soprattutto con l’ingresso della multimedialità, che ha ampliato le funzionalità del web come spazio di azione e interazione. Accanto ai criteri dell’usabilità, diventano importanti ad esempio le strategie della comunicazione, con chiaro riferimento anche al marketing e alle nuove possibilità di comunicazione interpersonale.

Il Web come spazio di azioneIl Web presenta dei percorsi narrativi, che coinvolgono l’utente. L’esplorazione di queste possibilità (il browser Explorer della Microsoft) consente nuovi spazi all’utente. Qui l’usabilità non è più riferita solo a un software specifico, ma all’organizzazione stessa dei contenuti sul Web.La progettazione di un sito richiede quindi che ci domandiamo sempre 1) per chi? 2) per che cosa? 3) per quale contesto?

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Ogni sito si serve del software, ma per presentare dei contenuti in forma di ipertesto, in modo da renderli leggibili (percorribili); qui diventa importante pensare al lettore modello, in grado di leggere il sito e di utilizzarlo nel modo migliore.La domanda ulteriore, che specifica per chi viene costruito il sito, deve così poi rifarsi anche alle strategie di marketing, dato che a seconda degli interessi, ci sono diversi tipi di utente modello.Invece che offrire solo pochi contenuti, chiari e precisi, come vogliono gli usabilisti sulla base delle esigenze dell’utente modello standard, si possono organizzare i contenuti in vista di diversi modelli di utente, tra i quali si possono indicare ad esempio almeno quattro tipologie:1) gli esploratori: sono utenti esperti e curiosi, che si lasciano attrarre dalle novità e coltivano molteplici interessi;2) i sonnambuli: si servono del Web in modo automatico, ripetitivo, e di fronte a qualsiasi difficoltà lasciano;3) i bighelloni: sono guidati da un interesse ludico, più che da vera curiosità come gli esploratori;

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4) i professionisti, invece, si servono del Web per scopi precisi e organizzano le loro ricerche in modo esperto e consapevole.Ad utenti un po’ esploratori e un po’ bighelloni si rivolgono siti come Yugop.com o Notwist.com

Le ulteriori domande ‘perché cosa?’ e ‘per quale contesto’ implicano che il sito web venga pensato sulla base delle azioni che si intendono rendere possibili (acquisto, informazione, rapporto con l’utente di determinati servizi, ecc.) il che comporta anche l’individuazione di percorsi narrativi specifici a seconda degli interessi: costruzione di una struttura intertestuale.

I generi webIl concetto di genere letterario serve per chiarire la specificità di determinati testi; lo stesso concetto può servire per una classificazione dei siti: più che una classificazione precisa, si tratta di una griglia interpretativa, che consente di riunire in determinati generi i vari siti a seconda che si occupino di marketing, di presentazione di testi, di rapporti con

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gli utenti da parte delle istituzioni pubbliche, ecc.I portali generalisti ad esempio rispondono alle tre domande rivolgendosi all’utente modello, organizzando i contenuti così da permettere una varietà di azioni, inserendo azioni specifiche a seconda degli interessi dell’utente.

4. IPERTESTIPrime definizioni di ipertesto: Ted Nelson 1965: un testo che permette al lettore di scegliere, attraverso i diversi links, di fronte ad uno schermo interattivo.Non solo testi verbali, ma anche immagini, suoni, animazioni.L’ipertesto doveva fornire l’intelaiatura di tutti i documenti scritti del mondo, il sistema letterario della grande biblioteca (Alessandria d’Egitto).Il progetto Xanadu (www.xanadu.com): si propone di superare alcuni difetti del Web. Il Web ha una struttura unidirezionale e i links non sono garantiti nel tempo (vengono tolte le pagine relative), e nessuno può cambiare i diversi contenuti o inserirli, così come non sono garantiti i diritti d’autore.L’ipertesto, dopo le varie riflessioni sia dal punto di vista tecnico, sia dal punto di vista umanistico, si può considerare come una forma di scrittura e/o lettura non sequenziale.Per questo è importante l’uso del computer, per superare il carattere lineare dei testi scritti.

4.2 Sequenzialità e non sequenzialitàNello strutturalismo (Saussure) si sottolinea che nel linguaggio c’è comunque una linearità: sul piano del significante, nel tempo, quando pronunciamo i nostri discorsi; nello spazio, quando li scriviamo. Un’ulteriore sequenzialità è data dall’organizzazione del testo a stampa, che è un testo rilegato, un volume (il rotolo da svolgere) che è diventato un codex: il paratesto del libro è dato dalla successione di copertina, frontespizio, indice, capitoli, ecc.

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Sul piano dei contenuti, abbiamo una struttura logica ora narrativa, descrittiva, logica, cronologica, ecc.: la dispositio di cui parlava l’antica retorica.Ma non sempre chi scrive, lo fa in modo sequenziale: butta giù appunti, scene, note, osservazioni e poi le riunisce e dà loro un ordine; ci sono poi testi che non nascono in modo sequenziale come le enciclopedie o i dizionari, ma anche i giornali, le riviste, ecc.Sul piano temporale, ogni scrittura si sviluppa nel tempo e quindi segue inevitabilmente una certa sequenzialità. Su questo piano anche l’ipertesto è pur sempre consequenziale.La lettura può essere sequenziale quando necessariamente devo leggere prima una cosa e poi un’altra, ma posso anche trasgredire questa sequenzialità andando a leggere subito chi è l’assassino in un romanzo giallo; oppure ci sono anche testi che prevedono una lettura non sequenziale (dizionari, riviste, elenchi telefonici).Questo riferimento alla non sequenzialità non è tuttavia sufficiente a caratterizzare gli ipertesti: la vera natura dell’ipertesto si rivela là dove si tratta di un testo che non si limita ad essere fruibile anche di fronte ad uno schermo interattivo, ma che si può usufruire solo grazie ad uno schermo interattivo. Ossia un testo in cui la non sequenzialità è garantita dalla natura digitale del testo che permette diverse possibilità di lettura.

4.3 L’ipertesto come forma dell’espressioneLa differenza tra testi a stampa e testi digitali è anzitutto data dal fatto che noi non percepiamo lo spazio in cui è scritto l’ipertesto, se non attraverso l’interfaccia utente. Nei testi digitali noi possiamo così percepire quello che accade solo a livello di risultato e non di struttura dell’hardware o del software.Nell’ipertesto la presenza di link accresce questo divario, perché la presenza di link strutturali o di link associativi consente di ripercorrere il cammino (sfogliare o navigare) in modo diverso rispetto al testo a stampa.Nell’ipertesto digitale è l’autore empirico che progetta il tipo, il numero e l’ordine delle possibili azioni di sfogliamento, che possono essere date da:link strutturali, organizzati con una certa architettura;link associativi, che possono essere presenti nei diversi contenuti dell’ipertesto e rimandano a specifici percorsi;linkografie, che rinviano ad altri testi alternativi sullo stesso argomento.

4.4 Le forme dello spazio logico

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La struttura lineare prevede che non si possa passare al nodo successivo (n+1) se non attraverso il precedente (n): come quando si seguono le istruzioni passo dopo passo per un determinato lavoro.La struttura a griglia prevede invece che vi siano collegamenti che permettono l’incrocio tra due sequenze, collegando ad esempio i fatti storici sia per il luogo dove avvengono, sia per il tempo (la data) che può accomunarli. Gli ipertesti a griglia presuppongono una conoscenza sistematica della materia che permette collegamenti lineari secondo criteri diversi.La struttura ad albero (aciclica) segue le varie diramazioni degli argomenti, senza che si debba ricollegarsi poi con altri punti che si collocano allo stesso livello. In genere i siti sono strutture ad albero, dove si cerca di dare un orientamente mantenendo nella barra principale il riferimento alla homepage e alle diramazioni fondamentali dal tronco. Nella struttura ad albero proseguendo non si passa una seconda volta sullo stesso nodo, ma si va avanti.La struttura a rete (ciclica) prevede invece che si possano creare o ritrovare diversi collegamenti a vari livelli e si possa ritornare su nodi dove si è già stati. Il Web è una rete di ipertesti che permette una navigazione interna trasversale attraverso i link associativi interni; ogni sito è inoltre connesso con altri attraverso una reticolo di link esterni.Il limite della struttura a rete è il disorientamento che l’utente può percepire; la struttura a rete privilegia l’utente bighellone o anche quello esploratore.Di fatto le diverse forme di struttura si presentano mescolate insieme a seconda dei casi.

4.5. Una definizione di ipertesto e i suoi limitiUn ipertesto è comunque:1) un testo digitale e più spesso sincretico2) composto di più nodi3) organizzato attraverso link4) con una struttura che determina il modo con cui l’utente/lettore può sfogliarlo5) una struttura che è progettata da chi vuole enunciare o proporre determinati contenuti.Ci sono però non solo link di navigazione, ma anche di attivazione (che avviano altri programmi: video, musica, o altro); inoltre si pensa quasi che le parti (nodi) siano unità discrete e che la navigazione sia discontinua: ci sono ipertesti che invece vedono un integrarsi continuo di applicativi: videogiochi o altro, in cui la sequenza viene alle volte predeterminata in modo probabilistico (l’utente non sa

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come reagirà l’altro giocatore, rappresentato in questo caso dal software).

5. LE NUOVE FORME DI COMUNICAZIONE INTERPERSONALE

5.1. Prima la comunicazione, poi le tecnologie

Internet non è solo il Web, come modello informativo oppure come broadcasting, come comunicazione uno a molti, in cui i molti non sono in grado di interagire tra loro.Internet è anche un modo di comunicazione tra individui uno ad uno, oppure a molti, ma con possibilità di interazioni: mail, mailing list, newsgroup, forum, chat, blog, ecc.Ci sono poi forme di intranet aziendali, di condivisione di lavori e idee, di notizie di prima mano quasi in diretta, ecc.

Importante è non lasciarsi guidare solo dalla tecnologia, come se l’elemento tecnico fosse l’unico importante. La comunicazione dei nuovi media ha aspetti che vanno al di là dell’aspetto tecnologico; non può valere solo una sorta di determinismo tecnologico: ci sono ragioni più profonde, di carattere semiotico, che possono far capire cosa accomuna le diverse forme di comunicazione.j

La struttura semiotica del dialogo prototipico (ossia ideale, nelle sue caratteristiche essenziali) dovrebbe essere il punto di riferimento rispetto al quale le diverse tecnologie figurano come variabili.Non basta ad esempio distinguere sulla base delle caratteristiche tecniche tra comunicazione sincrona (chat, instant messanger) o asincrona (mail, mailing list, ecc.).

La vera novità introdotta dall’informatica non è tanto tecnologica, quanto strutturale, perché le nuove tecnologie che annullano la distanza di spazio sono usate anche da chi si trova nello stesso luogo, così come forme tecnologiche che permettono di superare le distanze temporali sono adoperate anche da chi è in contatto nello stesso momento.

5.2. Le distanze nella comunicazione mediata dalle tecnologie

Ogni comunicazione legata alla tecnologia rimane caratterizzata dalla distanza nello spazio fisico e dalla mancanza di accesso percettivo tra chi si mette in contatto (con alcune eccezioni, videocamera, videotelefono, ecc.)

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Ma occorre distinguere tra distanza reale e percezione della distanza, o effetto di distanza nella comunicazione.Ci si serve dei nuovi mezzi per colmare le distanze reali, ma alle volte li si usa anche tra chi è vicino dal punto di vista spaziale.Ci sono mail che assomigliano in tutto alle lettere che una volta si spedivano per posta, ci sono mail che invece assomigliano molto a dei messaggi brevi, magari mail spedite a chi sta accanto nello stesso ufficio...Così per gli SMS, dove l’istantaneità prevale senza differenze tra chi è lontano o chi è vicino: la distanza spaziale viene annullata.

In una parola: le nuove tecnologie ci hanno reso indipendenti dalle reali distanze fisiche.Prevale in questo un criterio di economia: quanto più uno strumento si rivela economico in termini di costi, tanto più ci permette un utilizzo che annulla l’effetto di distanza.Nel campo dell’utilizzo del telefono, ci si trova ad esempio legati al costo della telefonata (anche se vi sono mezzi per abbattere tale costo: ad es. Skype, ecc.).Nella telefonata però l’effetto di distanza diminuisce perché la voce aiuta a capire meglio di un testo scritto lo stato d’animo di chi parla, lascia percepire se uno è sincero o meno, ecc.

Tra le nuove tecnologie, diverso è il caso di chi è collegato ad una rete, utilizza il PC, ecc.: tutto questo ha un costo. Mentre è più economico (in parte) l’utilizzo del cellulare e l’invio di un SMS; inoltre la brevità di un SMS permette di scrivere con maggiore velocità, con abbreviazioni e linguaggi più immediati, meno legati alla scrittura.Sembra quindi che l’economia dei nuovi mezzi di comunicazione dia un senso di maggiore facilità rispetto alla scrittura (prendere carta e penna...).

5.3. I tempi della comunicazione a distanzaLa tecnologia è tanto più economica, quanto più veloce è il contatto che rende possibile. Il modello del dialogo è quello dell’essere faccia a faccia, il che consente di controllare tutti gli aspetti della comunicazione (visivo, emozionale, ecc.).Al telefono mancano ad esempio tutti questi aspetti.

La comunicazione scritta di solito lascia un tempo tra il momento della sua formulazione e il momento della lettura. Le nuove tecnologie possono permettere di azzerare questo tempo, questo scarto temporale.

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Potremmo dire che nell’ordine la posta tradizionale è più lenta di una mail, la mail più lenta di una chat, una chat più lenta di un SMS.

La rapidità però dipende più dalle relazioni interpersonali che dagli strumenti tecnologici; anche ad una mail si può rispondere a distanza di tempi simili a quelli delle lettere tradizionali, o anche un SMS può trovare risposta solo dopo diverso tempo, anche se ci si aspetta che la risposta sia immediata.

In genere la velocità delle comunicazioni crea una sorta di euforia, per cui siamo sempre più veloci e concitati nelle nostre comunicazioni.

5.4. Velocemente, quasi continuamente

La velocità di connessione varia a seconda degli strumenti: c’è chi accede a internet con il modem e in modo saltuario, chi è sempre connesso.Il cellulare permette meglio di sentirsi sempre collegati, dando l’idea di una comunicazione continua.

Ci sono certamente aspetti adolescenziali nell’uso delle nuove tecnologie, una sorta di nevrosi ossessiva, un bisogno di continuità comunicativa.

In questo anche chi è connesso costantemente a Internet percepisce la stessa frenesia che qualcuno ha con il cellulare: continuo scambio di SMS o altro; in Internet mail, chat, ecc. si unisco all’uso di SMS e altre forme di comunicazione immediata.Quanto più comunque si accresce la concitazione e la velocità delle comunicazioni, tanto più prevalgono alcune caratteristiche ricorrenti: espressioni gergali, dialettali, faccine e quant’altro.

Tutto questo sta a testimoniare che le nuove tecnologie non sostituiscono la comunicazione faccia a faccia, ma piuttosto forniscono nuovi strumenti per allargarne le possibilità. Le nuove tecnologie si integrano progressivamente e cambiano le modalità di quello che rimane il modello prototipico del dialogo faccia a faccia.

6. Linee guida per l’analisi dei siti web

Non tutti gli aspetti rilevati sono utilizzabili per tutti i siti web, per i quali può essere interessante sottolineare alle

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volte gli aspetti visivi, altre volte il rapporto tra enunciati e immagini, altre volte l’utente modello al quale si rivolgono. Gli aspetti che vengono indicati servono come prontuario (checklist) per esaminare in modo analitico i singoli siti web.

6.1 Spazio del paratesto e dei contenutiUna prima dimensione è data dalla strumentazione che è presente nel singolo sito (il sistema di sfogliamento e i diversi link), rispetto ai contenuti che vengono presentati. Spesso con la grafica innovativa di diversi siti i due aspetti tendono a confondersi (ossia non appaiono subito chiari i contenuti, rispetto alle modalità di navigazione); si tratta però di domande diverse: per la navigazione (il paratesto) ci chiediamo dove sono? da dove vengo? dove vado?, mentre sul piano dei contenuti mi chiedo: di che cosa si tratta?

6.2 Il sito come testo sincreticoOgni sito appare come testo sincretico anzitutto (1) perché unisce aspetti visivi e uditivi, (2) perché simula anche strumenti comunicativi tradizionali.Nel paratesto c’è anzitutto il sistema della lingua (1) che si ritrova nelle barre di navigazione e sui pulsanti (inglese, italiano, o altro), il sistema delle convenzioni visive (2) che indicano lo stato dei vari pulsanti (link attivi o inattivi) in modo da permettere l’intervento dell’utente, il sistema della convenzioni visive (3) che indicano invece la natura dei diversi pulsanti e quindi i diversi programmi che possono attivare, il sistema delle convenzioni acustiche (4) che chiariscono alcuni contenuti o passaggi, o accompagnano determinate mosse dell’utente.Si devono distinguere poi le metafore standardizzate (tipiche del Web) e quelle che si richiamano a contesti quotidiani opportunamente simulati (la prima pagina di un giornale, un indice, ecc.).Sono all’opera diversi aspetti studiati dalla semiotica visiva, oppure dalla semiotica del cinema o degli audiovisivi, della televisione, della musica o della pubblicità.Nell’analisi della lingua, sarà importante valutare l’efficacia e la chiarezza dell’espressione in italiano o in inglese, dato che ogni lingua ha le sue precise convenzioni linguistiche.

6.3 Analizzare ciò che si saOgni comunicazione e ogni testo presuppone dietro di sé una enciclopedia, ossia può essere compreso dall’utente nella misura in cui si ricollega a un insieme di conoscenze preliminari.

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Questo può riguardare le diverse convenzioni web già assestate, ossia riconoscibili immediatamente dall’utente, ma anche il genere web al quale appartiene un determinato sito.Per comprendere le caratteristiche di un genere web, occorre confrontare diversi siti che si occupano di determinati argomenti, così da confrontare la struttura e la leggibilità dei diversi siti. Ci possiamo interessare di siti relativi a determinati prodotti alimentari, così come di siti museali, oppure istituzionali, artistici, ecc.

6.4 I lettori-utenti modelloCi possiamo chiedere anche a chi si rivolge un determinato sito, ossia qual è l’utente modello che il sito si prefigura. In particolare ci possiamo chiedere quali sono le conoscenze di base che presuppone o mira a costruire nell’utente.Vanno individuate le caratteristiche del target di riferimento (differenze di genere, età, razza, grado di istruzione, professione, ecc.): non tutte le caratteristiche saranno utili, ma in alcuni casi saranno determinanti per classificare un determinato sito e individuare la sua strategia comunicativa.

6.5 Azioni, storie, desideriLe domande: per che cosa? per quale contesto? sono importanti per individuare la trama narrativa di un determinato sito, così da fornire la griglia di lettura e scoprire i valori profondi e i desideri che muovono l’utente nell’utilizzo di un sito.Ci possiamo chiedere: quali valori il sito già presuppone nell’utente, quali intende promuovere? Il confronto tra i valori e desideri che hanno portato all’elaborazione del sito con i valori e desideri dell’utente concreto ci permetterà di valutare l’efficacia della comunicazione.

6.6 Le strategie enunciativeNel sito si ritrovano le tracce che fanno capire la differenza tra l’autore modello e l’autore concreto che ha elaborato il sito. L’immagine coordinata dell’autore concreto spesso non emerge dal sito, ossia non è rintracciabile dai testi che vengono proposti. Spesso questo accade nelle aziende private, che non riescono a essere comunicative sul proprio sito, ma spesso questo accade anche nei siti istituzionali, che non sono abituate a pensare la comunicazione in termini di immagine coordinata (multimediale).L’analisi delle strategie enunciative aiuta a capire anche il modo con cui viene pensata la relazione tra l’autore modello del sito e l’utente modello del medesimo sito: una sorta di

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contratto enunciazionale, che caratterizza la strategia di comunicazione adottata.Si va dalla massima distanza (il sito che si propone come fonte di informazione autoritativa o di indicare precise regole), fino a una sorta di complicità, in cui il sito cerca di accattivare l’utente (utilizzo della seconda persona, verbi all’imperativo, inquadrature dirette della telecamera).

6.7 Il sito come spazio visivoDa ultimo si cerca di ricordare l’aspetto della grafica, spesso sopravvalutato nell’analisi dei singoli siti; la grafica e le immagini possono fare dimenticare la struttura argomentativa del sito e soprattutto inducono a valutazioni legate solo al “mi piace” “non mi piace”.Vanno valutati i testi dal punto di vista della loro organizzazione concettuale (livello eidetico), dei colori utilizzati (livello cromatico), degli spazi utilizzati (livello topologico).

6.8 La coerenza del sitoL’analisi di un sito web porta poi a chiarire i diversi collegamenti per precisare alcune costanti che lo rendono leggibile (isotopie semantiche: elementi che ritornano in luoghi precisi e che permettono di ricostruire la trama narrativa di un determinato testo).L’isotopia può essere figurativa, ossia legate a elementi visivi o uditivi che si ripresentano, oppure tematica, ossia legata a concetti astratti o comunque a contenuti che si ricollegano tra di loro.La ricerca delle isotopie è legata alla peculiarità dei mezzi utilizzati e dei percorsi narrativi utilizzati, alla grafica e agli aspetti figurativi del sito.L’immagine complessiva del sito dovrebbe permettere di percepire il legame tra le diverse componenti e l’efficacia del sito nel portare a compimento la propria strategia comunicativa.

7. Il Web 2.0

Una definizione di Web 2.0 (Wikipedia)

7.1 Il Web come spazio di interazioni

La dimensione gravitazionale (software e dati in rete e non più sul proprio pc).

Condivisione di file e risorse: creazione di comunità virtuali.

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Superamento del broadcasting (modello client/server) e creazione di comunicazioni interpersonali peer to peer.Superamento della comunicazione asimmetrica (up/down) e non reversibile, per concretizzare dei ruoli interscambiabili e paritetici.

Una circolarità di domanda e offerta dettata da una sorta di mercato, che si serve delle nuove strategie comunicative.

Il Web 2.0 è inteso come uno spazio di interazioni, che accrescono non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche qualitativo.Al di là dell’euforia con cui spesso si trattano questi argomenti, occorre procedere a un’analisi più circostanziata. Spesso l’azienda proprietaria del sito interferisce con gli utenti in modo più o meno diretto.

Alcuni esempi: Youtube, Flickr, Second Life

7.2 La democrazia (?) di Google

7.3 L’intelligenza collettiva

http://www.youtube.com/watch?v=Am3Z-ObNr0U