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A cura di Donatella Marra Pagina 1 fattura prettamente romanica. Fra le architetture urbane ricordiamo il Palazzo Reale o dei Normanni sede del Parlamento Siciliano e la Fontana Pretoria del 1500 sita in SCUOLA PRIMARIA STATALE di CITTANOVA (RC) Circolo DIDATTICO “ Diomede MARVASI” D.S. Angela Maria COLELLA A cura dell’insegnante Donatella Marra

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fattura prettamente romanica. Fra le architetture urbane ricordiamo il Palazzo Reale o dei

Normanni sede del Parlamento Siciliano e la Fontana Pretoria del 1500 sita in

SCUOLA PRIMARIA STATALE di CITTANOVA (RC)

Circolo DIDATTICO “ Diomede MARVASI” D.S. Angela Maria COLELLA

A cura dell’insegnante Donatella Marra

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La città di Fiuggi è alle pendici dei Monti Ernici, nel cuore della Ciociaria, in Italia centrale. Grazie alla sua favorevole posizione è un punto di partenza ideale per visitare l'Italia. Fiuggi offre al turista l'incanto di un centro medioevale intatto e la suggestione della stazione termale, con le sue fonti naturali di acque famose per i loro benefici effetti. Fiuggi è tra le più importanti località termali in campo nazionale ed internazionale e spesso è sede, grazie alla sua attrezzatura alberghiera, di importanti eventi congressuali e sportivi.

LE TERME Nel 27. d.c. Plinio Il Vecchio scrisse: "Fiugi inter collium Ernicorum acquam saluberrimam ... ". Anche Papa Bonifacio VIII, che era nato in Ciociaria e conosceva bene la fonte e le qualità dell'acqua, ne era un assiduo consumatore. Le lodi

dell'acqua "che rompe la pietra" compaiono anche in alcune lettere scritte da Michelangelo al nipote Lionardo nel 1549. Solo a Fiuggi, dalla sorgente di Bonifacio VIII e da quella della Fonte

Anticolana, sgorga questa particolarissima acqua oligominerale,

l'unica a unire alle proprietà diuretiche la capacità di "sciogliere" ed espellere i

calcoli renali ed a prevenirne la formazione. L'acqua di Fiuggi è particolarmente indicata nella

preparazione degli interventi per la calcolosi urinaria e nel trattamento post-operatorio. Costituisce inoltre un efficace rimedio per le infezioni delle vie urinarie

e, grazie all'azione che svolge sul metabolismo dell'acido urico, impedisce

la formazione della gotta e delle artropatie uratiche. L'Acqua di Fiuggi viene imbottigliata e distribuita in tutta

Italia, ma il modo migliore per godere dei suoi benefici è quello di berla

direttamente alla fonte. Oggi la zona destinata alle terme si sviluppa su

un’area di 94.000 mq. ed è costituita dalla Fonte Bonifacio VIII e dalla Fonte

Anticolana. Dotate di bar e di attrezzature mediche e permettono la cura contemporaneamente di 25.000

persone. Fino dall’ottocento la cura delle acque avveniva alle sorgenti che scaturivano in

località anticamente detta dello

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"Sparagato". Gli amministratori comunali fin da quei tempi si resero conto

dell’importanza delle acque e per non mandarle perdute costruirono in questa contrada un abbeveratoio. Sempre le stesse acque formavano un laghetto

assai pescoso. Nel 1870 vi furono i primi lavori di sistemazione e la prima

copertura della fonte avvenne nel 1890. Il primo stabilimento fu realizzato nel 1905 e inaugurato nel 1911. La Fonte Bonifacio VIII prende il nome dal sommo Pontefice che, insieme al grande Michelangelo

Buonarroti, fu tra i primi a giovare delle miracolose acque. Fu costruita in

elegante stile liberty di cui rimane, oggi, soltanto il suggestivo portale d'ingresso. Negli anni '60, infatti, la struttura interna

fu completamente ristrutturata su progetto dell'architetto Moretti, e si estende in un gioco di spazi aperti e

chiusi, di arditi elementi architettonici di cemento e di lussureggiante vegetazione, attorno alla fonte si estende un parco di

80 ettari.

La Fonte Bonifacio VIII

È il luogo predisposto alla cura vera e propria, quella che va effettuata la

mattina a digiuno. Le sue fontanelle sono sparse a centinaia nelle ampie aree verdi e negli spazi coperti. L'imponente salone centrale consente, grazie ai suoi impianti di riscaldamento, di effettuare la cura

delle acque anche nei mesi invernali. Ma la fonte non è solo un luogo di cura.

Accanto alle fontanelle di mescita e agli ambulatori medici, infatti, c'è un insieme

di strutture pensate per rendere più piacevole il soggiorno degli ospiti: bar, caffè concerto, sale polifunzionali. La Fonte Bonifacio VIII è maggiormente

frequentata nelle ore del mattino. Si attinge acqua dalle numerosissime

fontanelle e si cammina tra gli storici boschi di castagno. Il complesso si espande, tra spazi coperti e non, in

passeggiate protette da numerose volte. La Fonte Bonifcio VIII si trova nel cuore della cittadina, è contornata da 250

alberghi con 15.000 posti letto e da un attrezzato centro commerciale.

LA FONTE ANTICOLANA

Le sorgenti ubicate nella zona detta "Pantano" alimentano la Fonte che si

estende in un parco di 14 ettari. La Fonte Anticolana, denominata anche "fonte nuova" perchè inaugurata negli anni venti, è maggiormente frequentata

durante il pomeriggio ad integrazione della cura del mattino che si svolge

prevalentemente alla fonte Bonifacio VIII. Situata in una posizione incantevole nella

zona a valle della città, immersa nei boschi di castagni, quercie e pini, offre agli ospiti qualche fontanella in meno, ma splendide passeggiate nei giardini e

nei viali alberati del grande parco attrezzato. Tra i cedri argentati, le

sequoie e i fiori di ogni specie, infatti, ci sono i campi da tennis e di bocce, il minigolf, il ping-pong, un parco

attrezzato per bambini e una sala giochi. All' interno del parco si trova il Teatro della Fonte, un palcoscenico che ospita ogni anno importanti spettacoli musicali e manifestazioni culturali di notevole

prestigio.

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Cori ha radici remotissime. La leggenda indica la fondazione alternativamente alle figure di Dardano, Enea e Corace (che le diede il nome), ma le sue origini pre-romane appaiono anche in numerose fonti storiche, che la vedono protagonista in avvenimenti dei tempi della monarchia di Roma (VII e VI secoloa.c.). Cori già a partire dalla fine del VI secolo a.c. rivela una strutturazione urbana, con mura e terrazzamenti in opera poligonale ed importanti aree santuariali. Dal tempo della Guerra Latina (496 a.c.) alla definitiva incorporazione nello Stato Romano (dopo la guerra sociale 90-88 a.c.) Cori mantenne una larga autonomia politica ed amministrativa come città alleata di Roma, tanto che si fregia dell'acronimo SPQC. In questo lungo arco di tempo la città si arricchì di quegli edifici e monumenti (le mura, i templi e il ponte della catena) che attrassero l'attenzione di artisti, letterati ed eruditi sin dal Rinascimento, opere che oggi sono ancora conservate. Frammentari sono i dati che riguardano l'età tardo antica e alto medievale, ma le scarse informazioni dell'epoca medievale (con il probabile saccheggio della città da parte delle truppe di Federico Barbarossa nel 1167) sono compensate dalle testimonianze architettoniche (quartieri medievali e chiesa di Sant'Oliva) che ancora oggi caratterizzano l'abitato. Nelle cronache medievali troviamo sempre Cori alleata con la vicina Velletri, tanto che si difendevano a vicenda dai tentativi d'ingerenza delle Signorie che li circondavano. Ed anche nell'età rinascimentale Cori mantenne larga autonomia come feudo del Senato di Roma, condizione dalla quale fu affrancata nel 1847. Numerosi gli edifici, i palazzi e i monumenti di questo periodo (tra cui spiccano la straordinaria cappella dell'Annunziata e il complesso monastico di Sant'Oliva). Con l'unità d'Italia e la fine dello Stata Pontificio, Cori venne prima annessa alla

provincia di Roma e quindi a quella di Littoria (1934) oggi Latina.

Il Tempio di Ercole

Il Tempio (inizio I secolo a.C.) si trova sull’Acropoli dell’antica Cora, in quella parte della città che oggi è Cori alto, è di ordine dorico, prostilo, tetrastilo.

Il Tempio di Ercole a Cori

Il Tempio di Castore

e Polluce

Situato nella zona del Foro dell’antica Cora. I resti che si ammirano oggi risalgono al restauro avvenuto nel I secolo a.C. dell’antico santuario (V secolo a.C.). Tale restauro ha prodotto un tempio corinzio, esastilo con cella centrale ed ali laterali.

Cinta muraria

Lunga circa 2 km è realizzata in opera poligonale di prima maniera (VI-V secolo a.C.) e restaurata in epoche diverse, un prima volta in opera poligonale di III maniera (IV-III secolo a.C.) ed un successiva volta con un’opera di ricortinatura in opera incerta e l’aggiunta di torri (fine del II secolo a.C.). Lungo il percorso delle mura tre Porte (Romana, Ninfina, Signina) permettevano l’ingresso alla città; erano di tipo sceo. Di esse soltanto Porta Ninfina si era conservata fino ad epoca moderna, ma è stata distrutta durante la seconda guerra

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mondiale. Una copia è stata ricostruita nel 1984 in occasione del Palio dei Rioni di Cori. Sempre in opera poligonale all’interno della cinta muraria sono le tante opere di sostruzione che creano una serie di terrazze che hanno determinato lo sviluppo urbanistico dell’antica Cora; tra le tante, sono notevoli: la sostruzione che sostiene il Foro, attuale zona di via delle Colonne; la sostruzione posta a fronte dell’edificio del Comune in piazza Papa Leone XIII e la sostruzione, davanti l’edificio scolastico "Massari" a sostegno dell’Acropoli.

Ponte romano della

Catena

L'antico manufatto (I secolo a.C.), che consentiva e consente tuttora di attraversare l’omonimo fosso della Catena nei pressi di porta Ninfina; il ponte è ad un solo arco alto circa 20 metri ed è realizzato in opus quadratum, i fianchi sono in pietra mentre la curvatura è di materiale tufaceo.

Pozzo dorico

Grande piazza sottostante l’area del Foro e che poggia su un grande edificio di epoca romana (II secolo a.C.) composto da quattro ambienti ed una cisterna.

Via delle Colonne (Il

Foro)

Corrisponde a quello che fu il Foro dell’antica Cora, piena di reperti archeologici: pezzi di colonne, mosaici, cippi e tratti di mura poligonali.

Via del Porticato (le

Sipportica)

Antica via che correva sopra le mura arcaiche, fu completamente coperta da case e torri a partire dal XII secolo e definitivamente nel XVII secolo. Tradizioni, folklore e manifestazioni

Festa della Madonna del Soccorso: è la festa più importante della città. Essa è dedicata alla lMadonna che nel maggio del 1521 ha soccorso una bambina di tre anni, di nome Oliva, perdutasi durante una tempesta; questa fu ritrovata solo dopo otto giorni e, quando ebbe raccontato la sua storia, tutti i Coresi, con il clero e i magistrati, si recarono in processione sul monte, dove rinvennero un affresco con un' immagine della Vergine in trono che sorregge il braccio del bambino in atto di benedire. La festa incominciata subito a ricordo dell'evento, divenne presto la più importante della città. Da quel lontano 1521, ogni anno, la seconda domenica di maggio si festeggia la Madonna del soccorso con la lunghissima processione che partendo dalla collegiata di Santa Maria della Pietà, attraversando tutta la città, arriva al santuario della Madonna del soccorso. Alla processione, oltre a larghissima parte dei cittadini, partecipano tutto il clero e le autorità del paese, accompagnate da valletti con fasci di ceri, che il sindaco, per deliberazione fatta nel 1531 offre alla Madonna durante la messa solenne. Si è persa invece la tradizionale sacra rappresentazione del miracolo.

Carosello Storico dei Rioni: è il palio di Cori dove i cavalieri dei Rioni della città si sfidano alla corsa all’anello. Storicamente Cori è suddiviso in tre Rioni, corrispondenti alle tre porte cittadine:

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1. Rione di Porta Ninfina, stemma di colore rosso e blu e motto “viribus unitis”;

2. Rione di Porta Romana, stemma di colore giallo e azzurro e motto “per aspera ad astra”;

3. Rione di Porta Signina, stemma di colore giallo e verde e motto “excelsior”;

Il carosello è stato ideato nel 1937 e trae la sua origine dai festeggiamenti che si tenevano in onore della Madonna del soccorso apparsa in Cori nel 1521 e di S. Oliva, patrona della città fin dal XII secolo. La manifestazione si articola in tre momenti salienti: il giuramento dei priori, il palio della Madonna del soccorso ed infine il palio di S. Oliva.

Sbandieratori di Cori: un ruolo di particolare rilevanza ha il folklore della bandiera, vera e propria arte divulgata in Italia e nel mondo. Tre i gruppi: "sbandieratori dei Rioni di Cori", "sbandieratori del leone rampante di Cori" e "sbandieratori delle contrade di Cori". Tutti e tre i gruppi si distinguono per aver portato l’arte della bandiera ed il nome di Cori ovunque in Italia e nel Mondo, permettendo a centinaia di giovani coresi di girare il mondo e conoscere popoli vicini e lontani.

Notizie precise sulle origini di Sermoneta probabilmente non saranno mai trovate; storia e leggenda si intrecciano tra loro e ci parlano dei vari popoli che trovarono in questo territorio un luogo sicuro per vivere; questo ed altri fattori ci impediscono di risalire alle vere originí del nostro paese. I primi documenti sicuri dai quali poter trarre qualche notizia precisa, non li abbiamo che dopo il XII secolo. Dagli scritti che ci ha lasciati Varrone apprendiamo che i primi ad abitare la nostra regione prima dei X sec. a.C. furono probabilmente i Liguri; infatti sono stati trovati dei reperti archeologici

nelle vicinanze di Caracupa e Valvisciolo che confermerebbero questa tesi.

Questi reperti risultano anteriori al V sec. a. C. e quindi si può affermare quasi con certezza che la nostra regione fu una stazione italica, latina e piú probabilmente ausona. Un'altra versione ce la offre lo scrittore latino Plinio il quale nel riportare la relazione di un certo console Muzio scrisse che nel IX sec. a.C. i Lacedemonti, (spartani) ribellandosi al governo di Licurgo abbandonarono la loro patria (Sparta) e si misero in viaggio per il Mediterraneo. Dopo varie peripezie approdarono presso il monte Circeo ed essendo loro piaciute queste zone vi si stabilirono fondando 53 città tra le quali si potrebbe inserire Sermoneta. Con la nascita di Roma (753 a.C.) il re Cluvillo, non vedendo di buon occhio lo sviluppo che la nuova città stava avendo le dichiarò guerra. In questo periodo regnava a Roma Tullio Ostilio che sconfisse i Latini e Cluvillo mori in battaglia. Il suo successore, Mezio Suflerio, cercò inutilmente di riacquistare la libertà per il suo popolo latino e ritirandosi con l'esercito a Ferentino iniziò una guerra che durò 200 anni e segnò la fine dell'impero latino e l'inizio dell'impero romano. Tra le città che combatterono contro Roma, Plinio cita anche Sermoneta, chiamata Sulmo. Si può af fermare che Sermoneta fosse Sulmo leggendo gli scritti di Filippo Cluviale che visse ai tempi dei Cesari, il quale nel parlare delle campagne pontine riporta Sulmo tra Norba (Norma) et Setia (Sezze). Una certa Sulmona è anche citata da Virgilio nel X canto dell'Eneide, nell'episodio della morte di Pallante quando Enea immola agli dei quattro giovani della città. Con molta probabilità la Sulmona di VIrgilio corrisponde alla Sulmo di Plinio e quindi a Sermoneta. Come "Sulmo" "prese parte alla guerra tra Latini e Romani, finita con la vittoria di quest'ultimi e con la relativa nascita dell'Impero. Lo storico Livio ci dice che Sermoneta fu l'ultima a gettare le armi, grazie anche alla posizione strategica che aveva. Tutto ciò le consenti di ricevere l'onore delle armi e soprattutto di

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partecipare attivamente alla vita politica della potente città. E' quasi certo che furono i Romani a cambiare il nome al nostro paese da Sulmo a Sulmoneta, cambiamento dovuto al fatto che essi, prima di combattere questa città, si affidarono alla dea Moneta e quindi dopo la vittoria riportata le aggiunsero questo nome a quello che già aveva. Di questo periodo finalmente abbiamo testimonianze concrete; l'esistenza di ruderi appartenenti ai templi (all'origine pagani) dedicatí a divinità romaniche a una villa che molti ritengono sia appartenuta all'imperatore

Caracalla, il quale avrebbe dato il nome alla località che oggi si chiama Antignana da Antonio il nome dell'imperatore (ipotesi questa molto discussa). Inoltre sono state ritrovate anche alcune lastre con nomi gentileschi ma soprattutto un'uma con incisa una scritta contenente il nome di un patrizio Romano.

Infine risale a questo periodo la costruzione di un tempíetto di cui abbiamo oggi soltanto alcuni resti che in seguito fu trasformato in una chiesa detta S.Emerenziana (meglio nota come S.Potenziana); molto importante è anche la strada consolare che costeggia Sermoneta ed arriva fino a Terracina, questa aumentò ancora di piú la posizione strategica del paese che poteva appunto dominare dall'alto tutti coloro che costretti alla fuga avevano in quella strada un passaggio obbligato.

Il Castello Caetani

verso la metà del secolo XIII gli Annibaldi costruirono una Rocca veramente possente, anche se

inferiore a quella attuale, ma di importanza strategica per la vicinanza con la Via Appia ed il Mar Tirreno.

La corte della Rocca era l'attuale Piazza d'Armi, nel cui centro era stata scavata la cistema, dove l'acqua piovana confluiva dai tetti e dalle terrazze degli edifici. Eleganti bifore omate di colonnine marmoree davano luce ad ambienti

affrescati delicatamente con pitture in gotico, alcune delle quali (restaurate di recente) si possono ancora ammirare.

L'imponente maschio, alto 42 metri ed il maschietto o controtorre, sono unici resti ben conservati della primitiva Rocca degli Annibaldi, alla quale risalgono anche le fondamenta della grande Sala dei Baroni. Nella Corte sorse una chiesa , che fu

denominata di San Pietro in Corte e che fu rasa al suolo al tempo della signoria dei Borgia nel 1500, senza alcun rispetto per le spoglie funebri dei Caetani che vi

erano state tumulate.

Storia dei Castello

Verso la fine del secolo XIII i feudi di Sermoneta e di Bassiano fruttarono agli Annibaldi la somma, notevole all'epoca, di ben 140 mila fiorini d'oro, che furono pagati da Pietro Caetani, nipote di Bonifacío VIII, papa da soli tre anni. L'investitura avvenne nell'ottobre del 1297: il nobile militare di Anagni Catenazio, procuratore dei Caetani, si

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presentò all'ingresso della Rocca di Sermoneta, la cui porta gli venne immediatamente aperta. Catenazio toccò la porta, la chiuse e la riapri, prendendo rituale possesso della Rocca annibaldesca.

I Caetani di Sermoneta provvidero ad ampliare e rinnovare la Rocca con edifici, di cui il piú notevole fu la Sala dei Baroni, detta anche Casa dei Signori, lunga ben 22 metri che è adiacente al Maschio.

Sotto la Signoria di Onorato III Caetani ci fu il momento aureo di Sermoneta: a questo periodo risalgono moltissime

costruzioni che suscitarono l'ammirazione dei contemporanei.

Le lotte tra feudatari erano all'ordine del giorno a quei tempi ed Onorato Il non

veniva meno alle regole. Durante la rivolta degli abitanti di Ninfa, suo feudo, avendo catturato i ribelli, questi uccisero il guardiano. Onorato

stesso li insegui per i terrazzi del castello e li costrinse a gettarsi di sotto. Tra i

ribelli c'era un suddiacono che, in quanto tale, godeva dell'immunità ed Onorato venne scomunicato. Seminudo, con la corda al collo ed una verga in mano, dovette recarsi a Ninfa e farsi battere dallo stesso Arciprete del luogo (dopo aver comunque pagato una fortissima

ammenda).

IL GIARDIN0 DI

NINFA

Il Giardino di Ninfa è un'oasi che ispira misticismo e poesia, posto ai piedi dei monti Lepini, al confine tra il comune di

Sermoneta e Cisterna di Latina. Racchiude un connubio di storia, mito, leggenda, arte. Diverse fonti parlano

delle origini, le più lontane sono quelle di epoca romana, citate da Plinio nel

Naturalis Historia-lib. II cap.95. Parla di un tempietto dove venerare e porgere

doni alle Ninfe. Ninfa è un giardino elencato tra i più belli d'Italia. Nell'area perimetrale sorgeva una città medievale con il castello e la torre (tra i ruderi si trovano anche i resti di

alcune chiese).

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L'Abbazia di Fossanova si trova lungo la strada provinciale per Priverno. Il toponimo "fossa nova", forse collegato a dei lavori di drenaggio e di sistemazione idraulica connessi al fiume Amaseno, è documentato per la prima volta nel secolo XI a proposito della presenza di un monastero benedettino. I monaci lo edificarono nell'area di una ricca villa romana (di cui sono visibili alcuni resti). Intorno al 1134 il papa Innocenzo III concesse il monastero ai frati Cistercensi, che edificarono la chiesa e risanarono la località paludosa. La chiesa, dedicata alla Vergine e a Santo Stefano, fu iniziata nel 1187 e il 10 giugno 1208 Innocenzo III ne consacrò l'altare maggiore. Fossanova raggiunse il suo apice di massimo splendore in tutto il XIII secolo, ma a partire dal secolo successivo comincerà un lento ma inarrestabile declino che si concluderà nell'Ottocento, con la trasformazione del complesso abbaziale in Borgo rurale. È un insigne monumento gotico- cistercense, dal bellissimo e luminoso interno, che riceve la luce dal grande e caratteristico rosone presente sulla facciata (foto 1). Il nucleo principale è costituito dalla Chiesa con il Chiostro, intorno al quale ruotano il Refettorio, la Sala Capitolare e l'infermeria dei monaci. Presso questa chiesa si trova anche la Casa dell'Abate, preso la quale, nel 1274, venne ospitato il santo Tommaso d'Aquino, caduto malato mentre si recava al concilio indetto a Lione, ed in cui morì nel giorno 7 Marzo. Nel giardino interno

dell'abbazia è posta a memoria di questo avvenimento una statua del santo ed è ancora oggi possibile visitare la cella in cui soggiornò e la cappella in cui si ritirava a pregare.

Situata nel territorio di Veroli, sorta nel 1035 sui resti dell'antica città romana di "Cereate Marianae" per merito di quattro sacerdoti, che formarono sul posto una comunità religiosa sotto la regola di San Benedetto. Nel 1151 passò ai cistercensi che la ricostruirono interamente in forme gotiche borgognone e ne fecero un fiorentissimo centro culturale. Decadde invece verso il 1430, per rifiorire con l'accettazione della regola trappista nel 1717. Nel 1864 fu eretta in congregazione autonoma, che nel 1988 contava 19 case religiose con 220 monaci. Il complesso ripete nella distribuzione planimetrica lo schema dell'abbazia di Fossanova, a sua volta derivato dal prototipo borgognone di Fontenay. Sul fianco meridionale della chiesa si apre un chiostro, intorno al quale si dispongono gli edifici conventuali: la sala capitolare, il refettorio, le abitazioni dei monaci. La chiesa, iniziata nel 1203 e consacrata da Onorio III nel 1217, ha la facciata preceduta da un atrio a tre arcate e presenta contrafforti, terminazione a timpano e una rosa. Ricchissimo è il portale mediano. L'interno è tipicamente borgognone e cistercense sia nell'assenza assoluta di decorazione, sia nella pianta a T con quattro cappelle quadrate sui transetti e presbiterio rettangolare, sia nell'alzato d’intenso verticalismo, pilastri a fascio, archi acuti, volte a crociera. L'alta torre-lanterna non sorge sull'incrocio, ma in posizione anomala, sull'ultima campata. Il chiostro, quadrato, ha colonnine e capitelli assai ricchi e variati. Splendido esempio d’architettura gotica primitiva è la sala capitolare, a tre navi su pilastri polistili e volte a crociera costolonate.

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Con Fossanova, Casamari rappresenta un punto d’irradiazione dell'architettura gotica cistercense in tutta l'Italia centro-meridionale.

Da visitare il museo. Sono sistemati in sale appositamente allestite all'interno

del monastero, numerosi reperti archeologici, quali: cippi marmorei, pezzi di pavimento a mosaico, decorazioni in stucco, monete romane, ex-voto in

terracotta, tronchi di statue, vasi fittili, unguentari ed altri oggetti; rinvenuti quasi tutti in loco e le tele che, negli ultimi quattro secoli, erano state

collocate nella chiesa ed il altri locali.

Antica città latina con il nome Tibur, chiamata da Virgilio con il titolo di Tibur Superbum (Eneide, Lib. VII) che tuttora campeggia nello stemma cittadino, si vanta di essere più antica di Roma (1265 a.C.).

L'insediamento arcaico nacque e si fortificò sulla riva sinistra dell'Aniene, dove sorsero l'acropoli e gli edifici antichi (e tornarono poi ad arroccarsi i cittadini tiburtini del Medioevo), avvantaggiandosi della posizione dominante sul guado che

costituiva il percorso più breve per la transumanza delle greggi fra il Tevere e l'Abruzzo, lungo la direttrice che sarebbe poi diventata la via Valeria. Ancor oggi il rione dell'antica acropoli si chiama Castrovetere.

VILLA GREGORIANA Il parco "Villa Gregoriana", ai piedi dell'acropoli, dominato dai due templi del III-II sec. a.C., fu allestito nel 1834 sotto Papa Gregorio XVI, dopo la deviazione dell'Aniene, che portò all'assetto attuale della "grande cascata". La presenza di emergenze archeologiche, vestigia di varie epoche, eccezionali elementi naturali, grotte e scorci panoramici ne fanno un parco di grande valore ambientale, storico e artistico...

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Roma e i suoi numerosi secoli di storia partono ufficialmente nel 753 a.C. sulle pendici del colle Palatino, in un momento in cui gli Etruschi e i coloni greci occupano aree vicine. La tradizione dà a Romolo la paternità del villaggio, tracciato nel perimetro con un aratro.

Nel 509 a.C., fino al 27 a.C. governano le supreme autorità repubblicane che, elette anno dopo anno dai cittadini, fondano le basi del diritto civile.

Roma, da villaggio, diventa in pochi secoli capitale di un impero e, con le guerre puniche, la dominatrice incontrastata del mar Mediterraneo.

L’espansione territoriale e della popolazione necessitano una ridefinizione della "res publica", ovvero dello stato. Le soluzioni suggerite dai diversi uomini influenti che si succedono arrivano, dopo l’assassinio di Cesare (44 a.C.) e il contrasto tra Marco Antonio alleato con Cleopatra da una parte e Ottaviano, nipote di Cesare, dall’altra, a un nuovo regime istituzionale: il principato. Il "princeps" (da "primum caput" o primo cittadino) fonda l’impero in un assetto unificato e pacificato che dura fino al III secolo d.C. ("pax romana"). Durante questi secoli l’impero romano raggiunge il suo splendore.

Con il III secolo d.C., Roma via via perde il ruolo centrale per la vastità e universalità del suo regno, finché Diocleziano separa in due parti l’impero ristrutturando profondamente economia, finanze, politica e burocrazia. Quest’opera garantisce a Roma un secolo di nuova prosperità e il Cristianesimo, autorizzato ufficialmente nel 313 d.C. da Costantino il Grande con l’editto di Milano, contribuisce a sostenere il regime.

In quel periodo Roma contava circa 4 milioni di cittadini (uomini liberi, schiavi esclusi) e l’impero oltre 50 milioni.

Nel IV secolo il baricentro dell’impero si sposta verso oriente, dopo le successive invasioni in Italia di Barbari, Visigoti e Vandali, che arrivano a saccheggiare persino la città di Roma.

Il VI secolo vede la scomparsa dell’impero romano, lasciando alla storia il merito di aver creato e unificato il cosiddetto "mondo civile".

Fori Imperiali

I Fori Imperiali costituiscono una serie di piazze monumentali edificate nel corso di un secolo e mezzo (tra il 46 a.C. e il 113 d.C.) nel cuore della città di Roma dagli imperatori.

Di essi non fa invece parte il Foro Romano, ossia la vecchia piazza repubblicana, la cui prima sistemazione risale all'età regia (VI secolo a.C.) e che era stato per secoli il centro politico, religioso ed economico della città, ma che non ebbe mai un carattere unitario. Sotto Cesare e Augusto, la costruzione della Basilica Giulia e il rifacimento della Basilica Emilia, che delimitavano i lati lunghi della piazza, diedero tuttavia al Foro una certa regolarità.

Foro di Cesare 46 a.C.

Il Foro di Cesare con il tempio di Venere Genitrice

Giulio Cesare decise di costruire una grande piazza a suo nome, che fu inaugurata nel 46 a.C., probabilmente

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ancora incompleta, e fu terminata poi da Augusto.

A differenza del Foro Romano si trattava di un progetto unitario: una piazza con portici sui lati lunghi e con al centro del lato di fondo il tempio dedicato a Venere Genitrice, da cui Giulio Cesare si vantava di discendere attraverso Iulo, il progenitore della gens Iulia, figlio di Enea, a sua volta figlio della dea.

Cesare pagò di tasca propria i terreni sui quali il nuovo monumento doveva sorgere. Inoltre, essendo stato incaricato della ricostruzione della Curia, sede del Senato, dopo la sua distruzione in un incendio, ne fece modificare il tradizionale e rituale orientamento secondo i punti cardinali, in modo che invece si adattasse a quello del nuovo Foro.

La nuova piazza riprendeva il modello dei portici costruiti intorno ai templi che i più importanti ed influenti uomini politici dell'ultimo secolo della Repubblica erano andati edificando nella zona del Circo Flaminio e ne aveva i medesimi scopi di propaganda personale e di ricerca di consenso. La vicinanza al vecchio centro politico ne aumentava tuttavia l'effetto.

Foro di Augusto 2 a.C.

Il Foro di Augusto con il tempio di Marte Ultore

Ottaviano aveva promesso in voto un tempio a Marte Ultore (ossia "Vendicatore") in occasione della battaglia di Filippi del 42 a.C., nella quale egli stesso e Marco Antonio avevano sconfitto gli uccisori di Cesare e dunque vendicato la sua morte. Il tempio venne

effettivamente inaugurato solo dopo 40 anni, nel 2 a.C., inserito in una seconda piazza monumentale: il Foro di Augusto.

Rispetto al Foro di Cesare il nuovo complesso si disponeva ortogonalmente e il tempio di Marte si appoggiava ad un altissimo muro, tuttora conservato che divideva il monumento dal popolare quartiere della Suburra. I portici che sorgevano sui lati lunghi, si aprivano alle spalle in ampie esedre (spazi semicircolari coperti), destinati ad ospitare le attività dei tribunali. Erano, inoltre, arricchiti da statue di personaggi reali e mitologici della storia di Roma e dei membri della famiglia Giulia, con iscrizioni che elencavano le loro imprese, e nelle nicchie centrali i gruppi di Enea e la statua di Romolo.

Anche in questo caso la costruzione del complesso fu legata alla propaganda del nuovo regime e tutta la sua decorazione celebra la nuova età dell'oro che si voleva inaugurata con il principato di Augusto.

Tempio della Pace 75 d.C.

I Fori imperiali al centro ed il foro romano sulla sinistra, da un modellino in scala conservato presso il museo della Civiltà Romana all'EUR.

Sotto l'imperatore Vespasiano venne costruita un'altra grande piazza, separata dal Foro di Augusto e da quello di Cesare dalla via dell'Argileto, che metteva in comunicazione il Foro Romano con la Suburra, e più spostata verso la Velia (in direzione del Colosseo). Questo complesso non fu considerato in origine come uno dei Fori Imperiali, se non in epoca tarda, quando viene citato come "Foro della Pace", ed è infatti conosciuto

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in precedenza con il nome di Tempio della Pace.

Anche la forma era differente: si trattava di un vasto quadrilatero circondato da portici, con il tempio inserito nel portico del lato di fondo. L'area centrale inoltre non era lastricata come una piazza, ma sistemata a giardino, con vasche d'acqua e basamenti per statue, che ne facevano un vero e proprio museo all'aperto.

Il monumento era stato edificato come celebrazione in seguito alla conquista di Gerusalemme durante il regno di Vespasiano. In seguito ad un incendio il complesso venne ricostruito almeno in parte in epoca severiana (inizi del III secolo d.C.): in particolare a quest'epoca risale la Forma Urbis Severiana, la pianta marmorea di Roma antica incisa sulle lastre di marmo che ne rivestivano la parete di uno degli ambienti, giunta parzialmente fino a noi.

Foro di Nerva o Foro Transitorio 98 d.C.

La trabeazione e l'attico delle "Colonnacce" (colonne addossate al muro meridionale) nel Foro di Nerva

Domiziano decise di unificare i complessi precedenti e nell'area irregolare rimasta libera tra il Tempio della Pace e i Fori di Cesare e di Augusto, fece edificare un'altra piazza monumentale che li metteva tutti in comunicazione tra loro.

Lo spazio obbligato, in parte occupato dalla sporgenza di una delle esedre del Foro di Augusto e nel quale doveva essere preservata la funzione di passaggio della via dell' Argileto , lo

costrinsero a ridurre i portici laterali ad una semplice decorazione dei muri perimetrali. Il tempio, dedicato alla dea Minerva (sua protettrice così come era stata protettrice del semidio Eracle) si addossò all'esterno dell'esedra del Foro di Augusto, mentre lo spazio rimanente era utilizzato per un ampio ingresso monumentale (la Porticus Absidata).

La morte di Domiziano in una congiura fece sì che il nuovo complesso, già quasi terminato, fosse inaugurato dal suo successore Nerva e che da questi prendesse il nome di Foro di Nerva. È conosciuto tuttavia anche come Foro Transitorio, a causa della funzione di passaggio che aveva conservato sostituendosi all'Argileto.

Foro di Traiano 112 e 113 d.C

I progetti di Domiziano erano forse stati ancora più ambiziosi e forse già sotto il suo regno si erano iniziati i lavori di sbancamento della sella montuosa che collegava il Campidoglio con il Quirinale e chiudeva la valle dei Fori verso il Campo Marzio, in direzione dell'attuale piazza Venezia, limitando lo spazio a disposizione per ulteriori complessi monumentali.

Il progetto fu ripreso e completato da Traiano con la costruzione di un nuovo complesso a suo nome, realizzato con il bottino delle sue campagne di conquista della Dacia e la cui decorazione celebra le sue vittorie militari.

Già solo i lavori di preparazione furono imponenti: lo sbancamento della sella montuosa, necessario per trovare spazio al nuovo complesso, comportò la ricostruzione del tempio di Venere

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Genitrice e l'aggiunta della cosiddetta Basilica Argentaria nel Foro di Cesare, mentre il taglio operato sulle pendici del Quirinale venne sistemato con la costruzione del complesso in laterizio dei Mercati di Traiano.

La piazza forense era chiusa sul fondo dalla Basilica Ulpia, alle spalle delle quale sorse la Colonna di Traiano. Come nel Foro di Augusto i portici si aprivano sul fondo con delle ampie esedre. Sul lato opposto della Basilica una monumentale facciata faceva da sfondo alla colossale statua equestre dell'imperatore.

L'apertura della strada ha suscitato polemiche in ordine all'inserimento forzoso di una struttura della modernità (una strada automobilistica) in seno ad una delle aree a maggior concentrazione archeologica del mondo; dall'altra parte si ribatte che con la strada è stato realizzato un percorso turistico senza paragone.

Nuovi scavi sono stati realizzati a partire dagli anni '90 in diverse aree precedentemente

lasciate a giardino ai lati della strada, ad opera della Sovraintendenza ai beni culturali del

comune di Roma e della statale Soprintendenza ai beni archeologici di Roma,

e indagini archeologiche sono anche state condotte nei sotterranei degli edifici adiacenti.

CAMPIDOGLIO

La piazza fu progettata da Michelangelo Buonarroti che la disegnò in tutti i particolari, pavimentazione compresa. La sua pianta leggermente trapezoidale, sulla quale Michelangelo allineò i nuovi palazzi, aveva la funzione di espandere la prospettiva verso il fuoco visivo costituito dal Palazzo Senatorio.

Si racconta che la risistemazione della piazza gli fu commissionata dall'allora papa Paolo III, il quale si era vergognato dello stato in cui versava il celebre colle (all'epoca era chiamato anche "colle caprino", in quanto era utilizzato per il pascolo delle capre) dopo il percorso

trionfale organizzato a Roma in onore di Carlo V nel 1536.

Michelangelo riprogettò completamente la piazza, facendola volgere non più verso il Foro Romano ma verso la Basilica di San Pietro, che rappresentava il nuovo centro politico della città. Allo scopo pensò di costruire un nuovo palazzo, detto per questo Palazzo Nuovo per chiudere la prospettiva verso la Chiesa di Santa Maria in Aracoeli, ridisegnò il Palazzo dei Conservatori eliminando tutte le strutture medievali, armonizzandolo con il Palazzo Senatorio a cui aggiunse una doppia scalinata che serviva per accedere al nuovo ingresso, non più rivolto verso i fori ma verso la piazza; il Buonarroti progettò anche la scalinata della Cordonata e la balaustra da cui ci si affaccia alla sottostante piazza d'Aracoeli.

La statua equestre di Marco Aurelio e parte della pavimentazione sulla moneta da cinquanta centesimi.

La statua equestre di Marco Aurelio in bronzo dorato, precedentemente situata in piazza di Porta San Giovanni,venne posizionata al centro da Michelangelo, a cui Paolo III aveva commissionato di studiarne la precisa collocazione ; la statua originale, dopo lungo restauro che ha anche riportato alla luce delle tracce di doratura, è oggi conservata nei Musei Capitolini, mentre sulla piazza è stata messa una sua copia.

I lavori andarono così a rilento che Michelangelo poté vedere il compimento solo della doppia scalinata che serviva per il nuovo accesso al Palazzo Senatorio.

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I lavori furono comunque completati secondo le linee guida del progetto originale e la piazza fu terminata nel XVII secolo, anche se la pavimentazione fu realizzata secondo i disegni originali dell'artista solo nel 1940.

La Cordonata è ornata da diverse opere scultorie: alla base sono poste le statue di due leoni; verso la metà di questa la statua di Cola di Rienzo; in cima alla scalinata si trovano le statue dei dioscuri Castore e Polluce, provenienti da un tempio dei Dioscuri nel Circo Flaminio e due trofei di armi marmorei, detti I Trofei di Mario, provenienti dal ninfeo omonimo di piazza Vittorio.

Il Palazzo Senatorio è oggi la sede del Comune di Roma, mentre i Musei Capitolini, aperti nel 1735 (uno dei musei pubblici più antichi del mondo) sono ospitati negli altri due palazzi, congiunti anche da una galleria sotterranea, la Galleria Lapidaria.

COLOSSEO

Il Colosseo, originariamente conosciuto come Anfiteatro Flavio o semplicemente come Amphitheatrum, è il più famoso anfiteatro romano, ed è situato nel centro della città di Roma. In grado di contenere fino a 50.000 spettatori, è il più grande e importante anfiteatro romano, nonché il più imponente monumento della Roma antica che sia giunto fino a noi.

L'anfiteatro fu edificato su un'area al limite orientale del Foro Romano. La sua costruzione fu iniziata da Vespasiano nel 72 d.C. e fu inaugurato da Tito nell'80 d.C., con ulteriori modifiche apportate durante il regno di Domiziano. Non più in uso dopo il VI secolo, l'enorme struttura venne variamente riutilizzata nei secoli, anche come cava di materiale. Il nome "Colosseo", che deriva dalla vicina statua del Colosso del Dio Sole (adattamento del Colosso di Nerone), si diffuse solo nel medioevo. Ben presto l'edificio divenne simbolo della città imperiale, espressione di un'ideologia in cui la volontà celebrativa giunge a definire modelli per lo svago del popolo. Oggi è un simbolo della città e una delle sue maggiori attrazioni turistiche.

Era usato per gli spettacoli gladiatori e altre manifestazioni pubbliche (spettacoli di caccia, rievocazioni di battaglie famose, e drammi basati sulla mitologia classica). Esprime con chiarezza le concezioni architettoniche e costruttive romane della prima Età imperiale, basate rispettivamente sulla linea curva e avvolgente offerta dalla pianta ellittica e sulla complessità dei sistemi costruttivi. Archi e volte sono concatenati tra loro in un serrato rapporto strutturale.

L'edificio forma un'ellisse di 527 m di circonferenza, con assi che misurano 187,5 m per 156,5 m. L'arena all'interno misura 86 m per 54 m, con una superficie di 3.357 m². L'altezza attuale raggiunge i 48,5 m, ma originariamente arrivava ai 52 m.

Il Colosseo, come tutto il centro storico di Roma, è stato inserito nella lista dei

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Patrimoni dell'umanità dall'UNESCO nel 1980. Nel 2007 il complesso è stato anche inserito fra le Sette meraviglie del mondo moderno nell'ambito di un controverso concorso.

Ostia trae il suo nome da Ostium, bocca

del fiume. E' qui, infatti, che un tempo il

tevere terminava il suo corso prima di

buttarsi nel mar Tirreno, un tempo molto

più vicino. Un'inondazione verificatasi nel

1575, poi, cambiò anche il corso del

fiume sacro ai romani, che da quel

momento si è incurvato verso nord,

spostando il suo corso di circa due

chilometri. La leggenda fa risalire la

fondazione della città, prima colonia dei

romani e primo porto fluviale in Italia, al

quarto re di Roma, il sabino Anco Marzio.

La tradizione non è però suffragata dalle

ricerche archeologiche, che hanno

rilevato una cittadella fortificata, il

castrum, risalente al IV secolo a.C.

In ogni caso, ritrovamenti di materiali

datati all'età del borzo recente e finale

(XIII-X secolo a.C.) nel territorio di Ostia e

dell'attuale Acilia (antica Ficana),

testimoniano come la zona della foce del

Tevere fosse abitata in tempi remoti. E'

certo, comunque, il ruolo di primo piano

che Ostia ha ricoperto nella storia di

Roma dal punto di vista logistico e

militare. Porta del Tevere, per molti

secoli via di comunicazione primaria, e

porta del Tirreno, che ha sempre avuto

un'importanza fondamentale per la

politica commerciale e militare

romana.

E proprio la sua caratteristica di città

commerciale e di raccordo tra

importantissime vie di comunicazione

(Tevere e Tirreno) con la capitale del

mondo antico, ha fatto sì che Ostia,

inizialmente al pari e forse anche più

della stessa Roma, fosse una città

cosmopolita, dove al suo interno

convivevano razze e culture differenti. I

suoi abitanti erano, a seconda della

professione, raggruppati in sodalizi, con

lingue e religioni differenti. Ne sono

testimonianza i templi dedicati oltre che

a divinità locali, a Mitra (persiana), Cibele

(frigia), Iside (egiziana). Recente è anche

la scoperta di una sinagoga. Nel secondo

secolo a.C. si comincio ad edificare fuori

dal castrum, e dopo che Mario la

saccheggiò durante la guerra civile, Ostia

fu dotata da Silla di ampie mura, per

consentire un maggiore e più florido

sviluppo. Il vero porto di Ostia fu quello

costruito da Claudio, nei pressi

dell'attuale aeroporto internazione di

Fiumicino, più tardi ampliato da Traiano

con lo splendido bacino esagonale

scavato nel retroterra. Ostia fu quindi il

centro di smistamento dei beni

commerciali diretti a Roma, e la città

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crebbe in ricchezza e prestigio, fino a

toccare il culmine con la ristrutturazione

urbanistica di Adriano, quando contava

oltre 100000 abitanti. Dopo l'autonomia

amministrativa concessa da Costantino,

Ostia inizia il suo declino, parallelo alla

rovina di Roma, subisce le incursioni dei

Visigoti di Alarico e dopo un

momentaneo risveglio sotto il regno di

Teodorico, le sorti negative di Roma e le

incursioni barbariche portarono al suo

abbandono.

Rimasero soltanto le imponenti rovine,

ben presto interrate. Gregorio IV, nel IX

secolo d.C., costruì un centro abitato,

chiamato Gregoriopoli, nel luogo dove il

Tevere effettuava un ampia curva prima

di gettarsi nel Tirreno. Una posizione

strategicamente molto importante, che

nei secoli successivi porto alla

costruzione della torre cilindrica ad opera

di Martino V e successivamente al

bellissimo castello di Giulio II (XV secolo),

uno dei primi esempi di architettura

militare moderna. Intanto, dell'antica

Ostia, totalmente interrate, si erano

perse le tracce. L'unica costruzione che

rimase sempre visibile fu il Capitolium,

tasformato in ovile e chiamato "la casa

rossa", in virtù dei suoi laterizi.

Gli scavi di Ostia Antica inziarono ad

inizio del 1800, sotto Pio VII,

proseguirono con Pio IX e nel 1909, con

il Vaglieri prima e Paribeni e Calza poi,

iniziarono in maniera continuativa e con

metodo scientifico. Oggi si scava ancora,

ma molto è già stato fatto, e l'antica

Ostia riappare agli occhi del visitatore

moderno. E', probabilmente dopo

Pompei, il miglior esempio di città di

epoca romana giunto fino a noi.

.

Viterbo è una città di 63.499 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia, abitualmente detta Tuscia. Conosciuta in tutto il mondo come la Città dei Papi, è situata al centro della provincia, a ridosso dei Monti Cimini fra il Lago di Vico e quello di Bolsena. Netta la differenza urbanistica fra il centro storico di stampo medioevale e la periferia caratterizzata da palazzi di concezione moderna. Appena fuori del centro di Viterbo ci sono le rinomate Terme dei Papi e la sorgente termale del Bullicame, citata anche da Dante Alighieri nel canto XIV dell'Inferno, [2] che alimenta la grande piscina natatoria della Terme dei Papi e varie "pozze". Altre sorgenti, tutte appartenenti al bacino del Bullicame alimentano altre "pozze" disseminate nella campagna circostante. Nella immediate vicinanze della città c'è la necropoli etrusca di Castel d'Asso e ad appena nove chilometri le rovine della splendidissima civitas Ferento.

Il Palazzo dei Papi

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Loggia del Palazzo dei Papi (dalla Piazza di San Lorenzo) Il centro di Viterbo offre numerosissime oltre che importanti opere d'arte. La più famosa è certo il Palazzo dei Papi, costruito fra il 1255 e il 1266 sul colle di San Lorenzo per proteggere il pontefice, con la celebre loggia formata in un solo lato da sette archi sorretti da esili colonnine binate che si intrecciano formando una elegante trabeazione. Dalla loggia si entra nella grande Sala del Conclave, teatro della famosa elezione di papa Clemente X (vedi sopra). Il Duomo di San Lorenzo

La Cattedrale di San Lorenzo Accanto al Palazzo dei Papi sorge anche il Duomo, dedicato a San Lorenzo. Il Duomo fu eretto nel corso del XII secolo sul terreno ove era sita una piccola chiesa del VII secolo dedicata a San Lorenzo, a sua volta edificata sulle rovine di un tempio pagano dedicato ad Ercole, ma la sua facciata risale solo al 1570, quando fu realizzata su disposizione dell'allora vescovo della diocesi e futuro cardinale Giovanni Francesco Gambara. Il Duomo ha subito notevoli danni durante un bombardamento della città da parte degli alleati nel 1944. Il restauro successivo ha restituito parte della struttura romanica preesistente ai rimaneggiamenti eseguiti durante il periodo barocco. Il campanile trecentesco è formato nella parte alta da strati segnati da doppie bifore e da fasce policrome orizzontali. Lo spazio interno è articolato in tre navate separate da due file di colonne culminanti in eleganti capitelli. Il pavimento è in stile cosmatesco. Nella zona absidale della navata sinistra vi è il sepolcro di papa Clemente IV (†1268) e poco distante è sita una pregevole tavola

del XII secolo raffigurante la Madonna della carbonara di stile bizantino. La leggenda dice che nella chiesa sia stato sepolto anche papa Alessandro IV (†1261), ma che la sua salma sia stata spostata successivamente in luogo segreto, ma sempre nella chiesa, per sottrarla a violazioni da parte dei suoi nemici.

Piazza del Plebiscito e Municipio

Cattedrale di San Lorenzo

La Fontana dei Leoni in piazza delle Erbe

La Fontana Grande nell'omonima piazza

Il lago di Bolsena è un lago dell'Italia centrale formatosi oltre 300.000 anni fa in seguito al collasso calderico di alcuni vulcani appartenenti alla catena dei monti Volsini. Ha una forma ovale, tipica per la sua origine, ha due isole e un fiume emissario. Ha un'area totale di 113,5 km² (quinto in Italia), si trova a 305 m s.l.m., ha una profondità massima di 151 m e una profondità media di 81 m. È considerato il più grande lago d'origine vulcanica d'Europa.Si trova interamente nel territorio della provincia di Viterbo e precisamente nella parte a Nord, detta Alta Tuscia. Per una parte considerevole è lambito dalla strada consolare Cassia, a pochi chilometri dal monte Amiata.

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Le coste

Le coste del lago sono generalmente basse e sabbiose (caratteristica la sabbia di colore nero, residuo degli antichi vulcani) in alcuni tratti anche paludose. Tuttavia la costa non è affatto monotona ma è interrotta spesso da piccole e basse penisole. I promontori veri e propri sono pochi e per la precisione: il Monte Bisenzio, che chiude a ovest i Monti Volsini, il Capo San Bernardino, la penisola di Capodimonte, la punta di Sant'Antonio. Lungo le coste si alternano rive placide e tranquille, ideale per rilassarsi e per pescare, a campi e orti, ricoperti di ulivi, vigne e ortaggi. Dove l'uomo è meno presente si trovano boschi isolati di querce, castagni, salici con estesi canneti che offrono rifugio per i nidi di molti uccelli lacustri. Agli alberi spesso vengono stese ad asciugare le grandi reti dei pescatori, accanto alle loro barche, le stesse da secoli, con remi asimmetrici e il posteriore che funge da timone e viene manovrato stando in piedi. Il turismo e gli insediamenti umani sono più concentrati lungo la costa orientale e meridionale dove sorgono i tre centri rivieraschi (Bolsena; Marta; Capodimonte). La costa settentrionale è la più bassa, mentre quella occidentale è la più selvaggia e solitaria. In questi anni il lago ha conosciuto un'allarmante innalzamento del suo livello che sta erodendo la spiaggia e spesso d'inverno, a causa delle forti piogge, giunge ad allagare i campi e i paesi sulle rive, causando notevoli danni. Soltanto nel 2006 il livello del lago si è avvicinato alle strade rivierasche sterrate, ritornando poi ai livelli consueti, va considerato che avendo un solo emissario, il fiume Marta, controllato da bocchette, per regolare il deflusso delle acque, il livello del lago

può essere gestito senza creare danni alla costa. Per valutare i cambiamenti di livello del lago basta guardare le strutture storiche presenti nei paesi rivieraschi, come il lavatoio presso la spiaggia dei pescatori a Marta, oggi (giugno 2008) al livello di quando è stato costruito decine di anni fa. Un particolare del lago è la presenza delle "sesse", particolari variazioni del livello del lago, particolarmente imprevedibili e inspiegabili. Una sessa ha raggiunto nel 2000 un dislivello di circa 50 cm.

La città di Orvieto fu fondata dagli Etruschi. Per quanto concerne le origini del nome cittadino, ad oggi vi sono varie ipotesi. Si ritiene, tra le varie opzioni, che esso possa derivare da Urbe Vetus, che è traducibile come "città vecchia". Si ipotizza, inoltre, che nei periodi della dominazione etrusca, la città di Orvieto potesse avere una posizione di forte prestigio e chiara importanza. Dopo la fine dell' impero romano, in virtù delle sue caratteristiche di città facilmente difendibile grazie alla sua peculiare morfologia, la rupe di Orvieto vide al proprio interno numerosi insediamenti da parte di popolazioni che ricercavano di un luogo sicuro e protetto da attacchi. Durante l'XI secolo la città di Orvieto divenne Comune. Furono pertanto costruite numerose tra fortificazioni, torri, e palazzi. Le testimonianze della nascita del Comune risalgono all'anno 1137. Papa Adriano IV, che aumentò ben presto l'influenza dello Stato Pontificio sulla città , provocò l'inizio degli scontri, continui, fra le fazioni Guelfe e i Ghibelline. Orvieto si venne gradualmente configurando quale roccaforte guelfa nell'Italia centrale. Questo in particolar modo contro i ripetuti attacchi mossi dai Ghibellini e dagli imperatori Federico I ed Enrico IV. Nel periodo relativo al XIII secolo la città di Orvieto fu protagonista di importanti novità istituzionali, che condussero alla

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nascita del Consiglio Generale dei Quattrocento (nell'anno 1215), fino all'elezione del Capitano del Popolo (nel 1250), alla creazione di un governo formato dagli anziani delle arti, con un priore (nel 1256) e, infine, alla creazione della cosiddetta magistratura dei Signori Sette (nel 1292). Nel 1290, videro inizio i lavori per il famoso duomo cittadino. Nel periodo compreso tra il 1281 ed il 1284, papa Martino IV si stabilì ad Orvieto. Dopo dure e reiterate lotte, i Filippeschi furono costretti ad andarsene, nell'anno 1313. Quindi, Ermanno Monaldeschi della Cervara, che fu primo Signore di Orvieto, guidò i destini della città dal 1334 al 1337. Nell'anno 1354, Orvieto fu annessa allo Stato Pontificio ad opera del Cardinale Albornoz. La città si trovò in tal modo sotto il controllo del Papato e combattè con esiti vittoriosi contro diverse città limitrofe, tra le quali ricordiamo Siena, Viterbo e Perugia, ed ampliò di conseguenza i propri confini ed i domini. Addirittura per un certo periodo di tempo riuscì anche a disporre di uno sbocco sul mare, in seguito all'occupazione dei territori di Orbetello. Con l'inizio dello Scisma d'Occidente, Berardo Monaldeschi della Cervara riuscì a entrare nella città a nome di Papa Clemente VII. All'inizio del 1400 il Comune di Orvieto su sottomesso prima alla signoria di Giovanni Tomacello, poi da quella di Braccio Fortebraccio e infine di Arrigo Monaldeschi della Vipera. Nell'anno 1450 il comune di Orvieto entrò definitivamente a far parte del Papato. Nel 1860 il territorio orvietano viene annesso al Regno d'Italia. La città di Orvieto fu fondata dagli Etruschi. Per quanto concerne le origini del nome cittadino, ad oggi vi sono varie ipotesi. Si ritiene, tra le varie opzioni, che esso possa derivare da Urbe Vetus, che è traducibile come "città vecchia". Si ipotizza, inoltre, che nei periodi della dominazione etrusca, la città di Orvieto potesse avere una posizione di forte prestigio e chiara importanza. Dopo la fine dell' impero romano, in virtù delle sue caratteristiche di città facilmente difendibile grazie alla sua

peculiare morfologia, la rupe di Orvieto vide al proprio interno numerosi insediamenti da parte di popolazioni che ricercavano di un luogo sicuro e protetto da attacchi. Durante l'XI secolo la città di Orvieto divenne Comune. Furono pertanto costruite numerose tra fortificazioni, torri, e palazzi. Le testimonianze della nascita del Comune risalgono all'anno 1137. Papa Adriano IV, che aumentò ben presto l'influenza dello Stato Pontificio sulla città , provocò l'inizio degli scontri, continui, fra le fazioni Guelfe e i Ghibelline. Orvieto si venne gradualmente configurando quale roccaforte guelfa nell'Italia centrale. Questo in particolar modo contro i ripetuti attacchi mossi dai Ghibellini e dagli imperatori Federico I ed Enrico IV. Nel periodo relativo al XIII secolo la città di Orvieto fu protagonista di importanti novità istituzionali, che condussero alla nascita del Consiglio Generale dei Quattrocento (nell'anno 1215), fino all'elezione del Capitano del Popolo (nel 1250), alla creazione di un governo formato dagli anziani delle arti, con un priore (nel 1256) e, infine, alla creazione della cosiddetta magistratura dei Signori Sette (nel 1292). Nel 1290, videro inizio i lavori per il famoso duomo cittadino. Nel periodo compreso tra il 1281 ed il 1284, papa Martino IV si stabilì ad Orvieto. Dopo dure e reiterate lotte, i Filippeschi furono costretti ad andarsene, nell'anno 1313. Quindi, Ermanno Monaldeschi della Cervara, che fu primo Signore di Orvieto, guidò i destini della città dal 1334 al 1337. Nell'anno 1354, Orvieto fu annessa allo Stato Pontificio ad opera del Cardinale Albornoz. La città si trovò in tal modo sotto il controllo del Papato e combattè con esiti vittoriosi contro diverse città limitrofe, tra le quali ricordiamo Siena, Viterbo e Perugia, ed ampliò di conseguenza i propri confini ed i domini. Addirittura per un certo periodo di tempo riuscì anche a disporre di uno sbocco sul mare, in seguito all'occupazione dei territori di Orbetello. Con l'inizio dello Scisma d'Occidente,

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A cura di Donatella Marra Pagina 21

Berardo Monaldeschi della Cervara riuscì a entrare nella città a nome di Papa Clemente VII. All'inizio del 1400 il Comune di Orvieto su sottomesso prima alla signoria di Giovanni Tomacello, poi da quella di Braccio Fortebraccio e infine di Arrigo Monaldeschi della Vipera. Nell'anno 1450 il comune di Orvieto entrò definitivamente a far parte del Papato. Nel 1860 il territorio orvietano viene annesso al Regno d'Italia. La città di Orvieto fu fondata dagli Etruschi. Per quanto concerne le origini del nome cittadino, ad oggi vi sono varie ipotesi. Si ritiene, tra le varie opzioni, che esso possa derivare da Urbe Vetus, che è traducibile come "città vecchia". Si ipotizza, inoltre, che nei periodi della dominazione etrusca, la città di Orvieto potesse avere una posizione di forte prestigio e chiara importanza. Dopo la fine dell' impero romano, in virtù delle sue caratteristiche di città facilmente difendibile grazie alla sua peculiare morfologia, la rupe di Orvieto vide al proprio interno numerosi insediamenti da parte di popolazioni che ricercavano di un luogo sicuro e protetto da attacchi. Durante l'XI secolo la città di Orvieto divenne Comune. Furono pertanto costruite numerose tra fortificazioni, torri, e palazzi. Le testimonianze della nascita del Comune risalgono all'anno 1137. Papa Adriano IV, che aumentò ben presto l'influenza dello Stato Pontificio sulla città , provocò l'inizio degli scontri, continui, fra le fazioni Guelfe e i Ghibelline. Orvieto si venne gradualmente configurando quale roccaforte guelfa nell'Italia centrale. Questo in particolar modo contro i ripetuti attacchi mossi dai Ghibellini e dagli imperatori Federico I ed Enrico IV. Nel periodo relativo al XIII secolo la città di Orvieto fu protagonista di importanti novità istituzionali, che condussero alla nascita del Consiglio Generale dei Quattrocento (nell'anno 1215), fino all'elezione del Capitano del Popolo (nel 1250), alla creazione di un governo formato dagli anziani delle arti, con un priore (nel 1256) e, infine, alla creazione

della cosiddetta magistratura dei Signori Sette (nel 1292). Nel 1290, videro inizio i lavori per il famoso duomo cittadino. Nel periodo compreso tra il 1281 ed il 1284, papa Martino IV si stabilì ad Orvieto. Dopo dure e reiterate lotte, i Filippeschi furono costretti ad andarsene, nell'anno 1313. Quindi, Ermanno Monaldeschi della Cervara, che fu primo Signore di Orvieto, guidò i destini della città dal 1334 al 1337. Nell'anno 1354, Orvieto fu annessa allo Stato Pontificio ad opera del Cardinale Albornoz. La città si trovò in tal modo sotto il controllo del Papato e combattè con esiti vittoriosi contro diverse città limitrofe, tra le quali ricordiamo Siena, Viterbo e Perugia, ed ampliò di conseguenza i propri confini ed i domini. Addirittura per un certo periodo di tempo riuscì anche a disporre di uno sbocco sul mare, in seguito all'occupazione dei territori di Orbetello. Con l'inizio dello Scisma d'Occidente, Berardo Monaldeschi della Cervara riuscì a entrare nella città a nome di Papa Clemente VII. All'inizio del 1400 il Comune di Orvieto su sottomesso prima alla signoria di Giovanni Tomacello, poi da quella di Braccio Fortebraccio e infine di Arrigo Monaldeschi della Vipera. Nell'anno 1450 il comune di Orvieto entrò definitivamente a far parte del Papato. Nel 1860 il territorio orvietano viene annesso al Regno d'Italia.