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a cura degli allievi 1ª - 2ª - 3ª sez. O.I.R.M. S.M.S. “Peyron-Fermi” TORINO coordinamento prof.ssa Maria Aliberti

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TORINO coordinamento prof.ssa Maria Aliberti

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Premessa: come è nata l'idea

Il tema del progetto è stato scelto come proposta didattica condivisa di tutte le sezioni di scuola in ospedale del Piemonte e per aderire ad un progetto della SMS “Peyron-Fermi” di Torino. Il progetto si è svolto interamente durante l’anno scolastico 2008/2009. Il lavoro è il risultato di una rielaborazione seguita ad un lavoro di ricerca e di collage di notizie raccolte dai diversi allievi che ha comportato la lettura di diversi articoli, con una ricaduta in termini di sensibilizzazione sul tema. Si è parlato di acqua ad ampio raggio, a proposito di: arte, attualità, biologia, curiosità, musica, poesia, spettacoli, scienze, storia,

tecnologia, chimica… e ancora altro.

L’acqua è stata esaminata come: risorsa, fonte di energia, elemento da non

sprecare, oro blu per il quale si combatte, molecola speciale per le sue proprietà chimiche e biologiche, elemento presente in altri pianeti, bene da non inquinare ecc. In sintesi, è stata approfondita, a vari livelli, la conoscenza dell'elemento acqua,

come fonte preziosa di vita per il nostro organismo e il nostro pianeta. L’attività didattica è stata sia di tipo tradizionale sia di osservazione e laboratorio ed ha coinvolto un gruppo trasversale di studenti particolarmente motivati. La tipologia dei materiali che ha costituito la fonte del lavoro degli studenti (libri, riviste, internet) ha portato a seguire la seguente modalità di lavoro:

1. gli studenti si sono liberamente documentati sulla tematica da trattare 2. il lavoro è stato diviso in due momenti: il primo di analisi consistente nella

lettura dei testi e nella loro schedatura; il secondo di sintesi consistente nella stesura delle relazioni.

Oltre la lezione frontale, è stato possibile svolgere piccole attività laboratoriali e multimediali anche grazie alla preziosa collaborazione del Museo Regionale di Scienze di Torino. L’attività di laboratorio è stata proposta per avviare gli alunni ad un processo di costruzione delle conoscenze e di sviluppo di competenze e abilità che difficilmente potrebbero essere acquisite mediante una didattica rigida sia rispetto agli stili di apprendimento sia rispetto ai metodi di lavoro. Nel percorso naturalistico, il tema trattato è stato il paesaggio naturale, in particolare la fauna ittica dei vari fiumi e come si sia sviluppata comparando quattro ecosistemi fluviali: il Po, il Danubio, il Nilo e il Rio delle Amazzoni. Gli alunni, dopo aver seguito il laboratorio si sono impegnati, oltre che nella costruzione di schede didattiche specifiche sull’acqua, anche nella costruzione di una piccola raccolta di alcune specie botaniche e animali della zona Nizza Mille Fonti. Tutto questo non solo per conoscere la flora e la fauna di questo tratto ma anche e soprattutto per apprezzarne la bellezza. Gli alunni, attraverso discussione e presentazione di materiale elaborato ad hoc e riadattato, sono stati stimolati a riflettere su alcuni aspetti legati agli argomenti trattati. Contemporaneamente alcuni alunni sono stati coinvolti nella realizzazione di una serie di esperimenti allo scopo di far osservare direttamente alcune delle proprietà dell’acqua.

Maria Aliberti

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PERCORSO NATURALISTICO “Comparazione fra ecosistemi fluviali di paesi diversi”

A.S. 2008/2009

COMPARAZIONE FRA 4 ECOSISTEMI FLUVIALI : 1° Il Po a Torino 2° Il Nilo a Khartum- Il Cairo 3° Il Danubio a Galati 4° Il Volta a Kate Krachi Ricerca sui 4 fiumi e sulle 4 città corrispondenti Distribuzione dell’acqua sulla Terra :

• IDROSFERA significato ciclo dell’acqua acqua marina acqua continentale Laghi Ghiacciai Corsi d’acqua Acque sotterranee

FIUME

Velocità Portata Foce

Meandri Delta Letto fluviale Bacino idrografico

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• ECOSISTEMA DI ACQUA DOLCE : Definizione CHIUSO APERTO Lago Stagno Palude FIUME Caratteristiche La vita nel suo tratto: SUPERIORE (con disegno dalla sorgente alla fonte) MEDIO INFERIORE Flora Fauna (Schede delle specie legate al tratto interessato) La cui vita dipende da FATTORI ABIOTICI Salinità Trasparenza Profondità Temperatura Velocità della corrente Natura del terreno

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VASCOLARI NON VASCOLARI senza semi

TRACHEOFITE

ALGHE

PTERIDOFITE SPERMATOFITE BRIOFITE

FELCI EQUISETI MUSCHI EPATICHE

LICOPODI

GIMNOSPERME ANGIOSPERME

MONOCOTILEDONI DICOTILEDONI

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Le PIANTE sono organismi pluricellulari, eucarioti e autotrofi fotosintetici. Derivano da antenati acquatici ( alghe ), e per potersi adattare alle nuove condizioni ambientali hanno subito delle drastiche modificazioni. Infatti per contrastare l’eccessiva perdita di acqua attraverso l’evaporazione dal corpo, le sue parti aeree sono ricoperte da una sostanza cerosa: cuticola. Gli scambi gassosi sono,però, assicurati da piccole aperture dette stomi. Per quanto riguarda il supporto questo vieni affidato a tessuti specializzati presenti nelle radici, nel fusto e nelle foglie. Le radici oltre al sostegno, tramite il loro ancoraggio, servono anche per l’assorbimento di acqua e di elementi chimici dal suolo. Il fusto e le foglie oltre al sostegno sono importanti nell’assunzione di elementi chimici dall’aria. Nelle piante è presente un SISTEMA VASCOLARE, un sistema di canali che permette il trasporto di acqua ed elementi chimici dalle radici al fusto e alle foglie (XILEMA), ed il trasporto di zuccheri dalle foglie alle altre parti della pianta ( FLOEMA). Nelle piante i gameti vengono prodotti in strutture cellulari dette GAMETANGI, per evitare la disidratazione dei gameti e dell’embrione. Le BRIOFITE sono piante prive di sistema vascolare, ma provviste di cuticola e di gametangi. Sono piante anfibie poiché svolgono la loro vita sia in ambiente acquatico che terrestre. Il corpo delle briofite è detto TALLO: la parte aerea verde,formata da strutture che ricordano le foglie ed il fusto, sta ancorata al terreno tramite RIZOIDI. L’assorbimento dell’acqua e dei sali minerali avviene tramite tutto il corpo, mentre la fotosintesi viene svolta dal tallo detto anche GAMETOFITO APLOIDE, poiché produce gameti. La fecondazione avviene quando uno spermio flagellato nuotando nell’acqua raggiunge il gamete femminile che si trova dentro il gametangio femminile (archegonio). Dalla fusione dei due gameti si ottiene uno SPOROFITO APLOIDE, che rimane attaccato, tramite un piede, al gametofito, mentre alla sua estremità superiore si forma una capsula con dentro delle spore, che si sono formate per meiosi. Quando la capsula è matura libera le spore. Se il terreno è abbastanza umido la spora aploide germina , dando luogo al gametofita aploide, che poi si differenzierà in maschile e femminile. ALTERNANZA DI GENERAZIONI

Nel ciclo vitale delle piante si alternano individui diploidi, SPOROFITI, ed individui aploidi, GAMETOFITI. I gametofiti, maschile e femminile, producono gameti per mitosi, che fondendosi daranno luogo ad uno zigote diploide. Lo zigote diploide si dividerà per mitosi e diventerà uno SPOROFITA diploide, che a sua volte tramite meiosi produrrà delle spore aploidi. La spora aploide tramite divisioni mitotiche darà luogo ad un gametofita aploide completando il ciclo vitale. L’alternanza di generazione ha il vantaggio di fornire alla pianta due diverse modalità di riproduzione, generando una gran quantità di discendenti: gli zigoti e le spore.

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ACERO DI MONTE

Nome latino Acer pseudoplatanus

Famiglia Aceracee

Origini Europa e Asia

Habitat Preferisce terreni freschi e profondi, vive nei boschi della media, bassa montagna insieme al faggio,frassino maggiore, sorbo degli uccellatori, acero riccio; grandi piante si trovano nei pascoli e presso ai casolari. Di rapida crescita viene abbattuto a 60 anni, benché possa vivere fino a 200. E' specie frugale, rustica, resiste al freddo e non presenta particolari esigenze per tipo di terreno. Cresce anche in posizioni in ombra.

Tronco Diritto e con chioma ampia e densa, ha una corteccia grigia con sfumature rossastre che si sfoglia in grandi placche a maturità. È facile da lavorare e non si deforma. Si estrae la linfa intaccando il tronco per produrre fermentati alcolici.

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Foglie Sono grandi (10-20 cm), a lobi appuntiti e dentati, si differenzi da quella dell'Acero riccio per la lamina fogliare con incisioni tra i lobi più profonde e per il picciolo molto lungo (5-15 cm).

Fiori Sono verdognoli in infiorescenze pannocchie pendenti. Compaiono da aprile a giugno.

Frutti

Sono samare doppie con ali a 90° lunghe 3-6 cm, riunite in grappoli. I frutti dell'Acero di monte sono samare con ali più chiuse rispetto a quelle dell'Acero riccio.

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Usi Il legno è ricercato per la fabbricazione di mobili e rivestimenti di pregio, viene usato per produrre impiallicciature, utensili e come legna da ardere, è impiegato anche nelle alberature stradali e nei parchi di città tollerando abbastanza bene l'inquinamento atmosferico. Letteratura e leggende

L'acero in poesia

Sono più miti le mattine

Sono più miti le mattine

E più scure diventano le noci

E le bacche hanno un viso più rotondo

La rosa non è più nella città.

L’acero indossa una sciarpa più gaia

E la campagna una gonna scarlatta

Ed anch’io, per non essere antiquata

Mi metterò un gioiello.

Emily Dickinson

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ACERO NEGUNDO

Nome latino: Acer negundus

Famiglia: Aceraceae

Origini: America settentrionale È stato importato in Italia nel secolo XVII. Cresce molto rapidamente, ha una chioma cespugliosa, disordinata, verde chiaro e può raggiungere i 15 m.

Habitat

Resiste alla siccità e alle gelate e viene piantato nei parchi per mascherare muri o edifici, ma può diventare infestante perché dissemina abbondantemente. E’ una pianta utilizzata prevalentemente per scopi ornamentali nei parchi , nei giardini e per alberature stradali.

Tronco È stretto, si ramifica fin dalla base, la corteccia, in principio verde oliva, liscia, poi ispessita, brunastra, screpolata in piccole placche rettangolari con sfumature rossicce. I rametti più giovani sono verdi, poi diventano bruni.

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Foglie Sono opposte, decidue, imparipennate con tre foglioline ovoidali, appuntite con il margine irregolarmente seghettato. Le foglie di colore verde chiaro diventano gialle in autunno. Esistono molte varietà di foglie. La pagina superiore della foglia è di colore verde scuro mentre quella inferiore è rivestita da un verde molto più chiaro con venature e margini giallastri.

Fiori Sono unisessuali raggruppati in infiorescenze. I fiori maschili sono verdognoli riuniti in fascetti penduli con antere rossastre, i femminili sono in grappoli penduli di colore giallastro. La fioritura è in aprile-maggio.

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Frutti

Doppie samare con semi oblunghi e ali brevi, ricurve divaricate ad angolo acuto.

Usi

Come la maggior parte degli aceri, il Negundo ha una linfa da cui, in primavera, si può ottenere lo zucchero. Da essa si può estrarre una sostanza zuccherina detta sciroppo d'acero. Il legno, leggero, tenero e bianco crema, ha scarso valore commerciale, perché l’albero non cresce molto ed è disponibile soltanto in pezzature piccole. Le foglie d’acero sono un ottimo foraggio per gli erbivori, poiché sono ricche di sostanze minerali, vitamine e azoto.

Letteratura

"Già sorgeva il cavallo fatto di travi d’acero: allora più che mai

i nembi risuonavano per tutto il vasto cielo" Eneide, Virgilio

"Veglierà sulla Russia celeste lo acero ritto su un piede.

So che tu sei grandissimo amico di chi bacia la pioggia dei tigli,

anche perché, aero antico, a me nel capo somigli”.

Acero antico, Esenin

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ACERO RICCIO

Nome latino Acer platanoides L.

Famiglia Aceraceae

Origini Europa

Habitat Altezza sino a 20 m. Pianta spontanea in molti boschi di latifoglie umidi e riparati. Distinguibile dall' acero saccarino per la foglia a lobi meno incisi e le samare che formano un angolo di quasi 180°. La ramificazione del tronco è regolare e la chioma è uniforme, densa e leggermente ad ombrello. E' spesso coltivato a scopo ornamentale in varietà a fogliame intensamente colorato(rosso porpora).

Tronco è eretto e ramificato nella parte medio – alta. Possiede corteccia grigiastra e abbastanza liscia, almeno nelle piante più giovani. Il legno , bianco avorio, è poco durabile e facile da lavorare. Le radici sono estese ed adatte ad ancorarsi fra i massi.

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Foglie

Opposte, ampie, palmate a 5 lobi poco profondi ma finemente appuntiti. Se si spezzano i piccioli esce una linfa lattiginosa.

Fiori Sono ermafroditi o unisessuali maschili,Giallo crema in corimbi eretti prima della fogliazione (marzo/aprile).

Frutti

Samare ad ali divergenti di 160°

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Usi

L’acero riccio cresce sia in pianura, sia nei boschi montani fino a 1300 metri, sia in terreni umidi e ricchi di nutrienti. Si trova spesso nei giardini o lungo i viali nelle città per la sua resistenza allo smog, per la crescita abbastanza rapida e per le numerose varietà con foglie variegate o purpuree. I fiori precoci costituiscono un importante alimento per le api all’inizio della primavera. L’utilizzo del legno nell’industria del mobile, anche se di buona qualità, è limitata dalle dimensioni non adeguate delle piante.

Letteratura e leggende

Nella mitologia classica, era l'albero del dio della paura, Fobos. Questo accostamento era probabilmente dovuto al colore rosso sangue che le foglie prendono in autunno. Per questo motivo il contatto con l'acero era evitato dagli antichi Romani e Greci, i quali gli preferivano il platano, dalle foglie simili. Questa caratteristica negativa fa si che l'acero non sia molto citato negli antichi libri. In alcune regioni della Francia e della Germania si dice che le cicogne usassero mettere dei piccoli rami di acero nei nidi per tenere lontano i pipistrelli, ritenuti colpevoli di danneggiare le uove. Un bell'esempio di come un elemento naturale ritenuto "negativo" fosse utile per bilanciare un altro elemento, il pipistrello, anch'esso ritenuto funesto. La foglia dell'acero, anche se di un'altra specie (l'acero saccarino), fa parte della bandiera del Canada: segno della sua enorme importanza in questo paese, dove fitte foreste di questo albero producono il caratteristico "succo d'acero". Sembra che Leonardo Da Vinci abbia ideato le ali rotanti e portanti osservando la caduta delle samare di un acero campestre. Inoltre si dice che Sikorskij abbia inventato l’elicottero osservando cadere un seme di acero. Una curiosità: nel comune di Lizzano Belvedere (Bologna) c’è la frazione denominata “Madonna dell’acero”: In questo luogo esiste un antico Santuario, costruito nel 1500 sul posto, secondo la leggenda, dove la Madonna apparve su un acero, salvando due pastorelli da una bufera e ridonando a uno di loro l’uso della parola. Secondo la tradizione degli antiche Druidi, indovini e sacerdoti, ogni persona è protetta da un albero particolare e perciò secondo l'oroscopo celtico i nati dal 14 al 23 ottobre e dall’ 11 al 20 aprile sono protetti dall’acero. Poesia sull'acero

L'estate è finita

Più miti sono ora le mattine,

le noci si colorano di scuro;

più rotonda è la guancia delle bacche,

la rosa ha lasciato la città.

L’acero sfoggia sciarpe più festose,

ed il prato si veste di scarlatto -

Per paura di essere fuori moda,

voglio mettermi un ciondolo.

(EmilY Dickinson)

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BAGOLARO

Nome latino Celtis australis L.

Famiglia Ulmacee

Origini area mediterranea, dalla Spagna al Caucaso e all’Asia occidentale, sino all’Africa settentrionale diffuso anche nelle regioni sudorientali degli Stati Uniti e lungo le sponde del Mississippi

Habitat L’albero può raggiungere i trenta metri. La sua crescita è lenta, ma può raggiungere i 250-300 anni di vita. Cresce spontaneamente nelle zone mediterranee. Boschi di latifoglie, anche in luoghi sassosi e aridi, con terreno calcareo. Si associa facilmente a Olmo, Carpino, Nocciolo, Frassino, Orniello, Quercia e Acero.

Tronco Dritto con lo suo spessore aumenta alla base. La corteccia è lucida e liscia, di color grigio cenere e su di essa, con l’andare del tempo, si formano crepe.

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Le radici sono molto ramificate e robuste e in grado di penetrare nelle fessure delle rocce. Il legno è compatto, duro ed elastico con una buona resistenza meccanica.

Foglie

Sono piccole, alterne, seghettate per tutto il margine e hanno una forma ovale, lanceolata, con l’apice appuntito. Sono leggermente asimmetriche ed hanno un breve picciolo. La parte superiore è di colore verde scuro e ruvida al tatto, sotto sono più chiare e leggermente pelose. I rami sono numerosi e dritti, quelli secondari sono piccoli e ricadenti. Le gemme sono brune, affusolate, piccole e aderenti al ramo.

Fiori Possono essere a gruppi o solitari, sono piccoli e poco vistosi. Esistono fiori solo maschili e fiori ermafroditi (maschili e femminili), che hanno anche il pistillo. Questi ultimi hanno un lungo peduncolo e sono formati da un involucro verdognolo, che racchiude da 4 a 5 stami (parte femminile) con due stigmi lunghi e divaricati. Sono ricercati dalle api.

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Frutti

Drupe peduncolate, maturano in autunno: sono palline nerastre, grosse come piselli, attaccate al ramo con un lungo picciolo. All’inizio assumono un colore giallo-verde, diventeranno poi violacee. Hanno una polpa morbida, leggermente dolce, racchiudono un seme. Gli uccelli ne sono ghiotti. Rimangono appesi alla pianta anche dopo la caduta delle foglie. I semi sono duri, tondi e rugosi.

Usi

Il suo legno omogeneo, opaco era utilizzato per costruire remi e alcune parti del carro. Dai rami giovani si ricavano i manici delle fruste. Sono state inoltre trovate proprietà medicamentose delle foglie: essiccate e preparate in forma di decotto, vi si attribuiscono buone proprietà astringenti, lenitive e rinfrescanti, addirittura curative per leggeri disturbi dell’apparato intestinale e antidiarroiche. Il decotto un tempo era utilizzato anche per sciacqui e gargarismi contro le infiammazioni della bocca, delle gengive e della gola. Un tempo quest'albero era piantato per poter catturare gli uccelli attirati dai frutti. I grossi semi duri, servivano a fabbricare rosari.

Letteratura e leggende Il nome comune di bagolaro deriva dal piccolo frutto nerastro (“bagola” o bacca, dalla radice celtica bag-), o forse dal richiamo onomatopeico al chiacchiericcio della moltitudine di uccelli che ne preferiscono la vasta chioma per radunarsi nelle sere di fine estate. Tra i tanti nomi del bagolaro c’è quello di “arcidiavolo”. Alcune leggende popolari raccontano infatti che Lucifero in persona, nella caduta dal Paradiso di biblica memoria, stringesse tra gli artigli proprio un ramo di bagolaro, il quale proliferò sulla terra conservando però traccia della diabolica origine nella curiosa forma delle foglie, appuntite e ricurve come artigli. Viene chiamato "Spaccasassi", perché possiede radici così robuste da raggiungere grandi profondità, capaci di penetrare nelle fessure delle rocce, sgretolando massi di notevoli dimensioni. Ma ha anche un nome più dolce e gentile: "Albero dei rosari". Infatti i suoi semi erano utilizzati per costruire il rosario.

A l'ombra di un perlaro (antico nome del bagolaro, n.d.r.) su la rivera d'un corrente fiume

donna m'accese di suo vago lume... Madrigale trecentesco

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FRASSINO

Nome latino Fraxinus excelsior L.

Famiglia Oleaceae

Fraxinus e' un termine latino di etimologia incerta: forse deriva dal latino "fragor" traducibile in schianto, fracasso che testimonia l'antico legame presente in Grecia tra questa pianta e Poseidone, in origine dio dei sismi e poi sovrano delle acque; potrebbe anche derivare dal greco "frasso" che significa difendo, assiepo poiché albero considerato adatto a formare siepi. Excelsior e' un vocabolo latino che significa eccelso, grande a ricordare il suo sviluppo in altezza

Origini Europa e Asia.

Habitat Specie non molto longeva che può raggiungere e talvolta superare l'età di 150 anni. Cresce dal mare sino a circa 1500 m di altezza e si trova dalla Spagna al Caucaso e dalla Scandinavia sino all'Italia centrale e la Grecia. Preferisce suoli fertili, ricchi d'acqua e sopporta anche sommersioni abbastanza intense. Da giovane tollera l'ombra ma poi per accrescersi richiede piena luce ed un clima temperato, è infatti sensibile alle gelate tardive. In questi ultimi anni, nelle nostre zone il frassino si sta diffondendo spontaneamente negli ambienti ad esso favorevoli, dove in passato le quotidiane pratiche agricole e forestali ostacolavano efficacemente la sua affermazione.

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Tronco

Diritto e poco ramificato; la chioma è ampia. espanso o slanciato e può arrivare fino a 30-40 m. La corteccia è liscia e grigio-chiara, invecchiando diventa grigio-bruna e finemente fessurata. Ha radici fittonanti da giovani poi diventano fascicolate. Le

radici sono fittonanti ma con molte radici superficiali allungate.

Foglie

Opposte, caduche, imparipennate, cioè composte da 3-7 paia di foglioline lanceolate e da una fogliolina apicale, di colore verde chiaro e con margine seghettato.

Fiori Unisessuali, poco vistosi perché senza petali, portati da differenti esemplari o ermafroditi che formano grappoli prodotti tra marzo e aprile, prima della comparsa delle foglie.

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Fiore maschile Fiore femminile

Frutti

Sono samare lanceolato-lineari che a maturità hanno colore bruno

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Usi Il frassino ha un legno duro, di color bianco-giallastro, con riflessi lucidi, di facile lavorazione poiché si può curvare a vapore. È resistente ed elastico utilizzato per fabbricare parti di carri agricoli (ruote e stanghe), manici di attrezzi ed utensili (ad esempio picconi, mazze, asce e martelli), sci sino alla fine degli anni '30 e scale a pioli di piccole o medie dimensioni. Più raramente era impiegato per produrre mobili, taglieri da cucina, cunei da usare in alternativa a quelli di acciaio, travetti, zoccoli e chiodi da falegnameria e carpenteria. Occasionalmente su qualche albero si praticava il ceduo a sgamollo: a settembre erano tagliati i rami più bassi della chioma per ottenere la frasca (la rama), cioè i rami dell'anno con le loro foglie, che costituivano un alimento integrativo per capre, pecore e conigli. All'occorrenza la legna di frassino era usata anche per scaldarsi. Anche oggi il frassino dà un legno di pregio, utilizzato per produrre manici di attrezzi ed utensili vari e mobili impiallacciati o di legno massiccio. Per necessità o per ignoranza, abbastanza frequentemente il legname di questa specie è usato come combustibile. Il frassino è inoltre un albero apprezzato a scopo ornamentale. Nell’antichità i Romani e i Greci utilizzavano il legno di frassino per costruire le loro lance da guerra. Dalla corteccia si otteneva un decotto per curare le affezioni epatiche e dalla cenere un estratto contro la scabbia. Le foglie erano usate per l’alimentazione del bestiame. Le foglie sono regolatrici dell’intestino; è accertata l’utilità come aiutante nella cura della gotta, del reumatismo articolare acuto, dell’artrite e dei calcoli renali. L’azione lassativa è leggera ma sicura. Gli estratti si ricavano dalle foglie (per uso esterno), dalla corteccia e dai frutti (per uso interno). La moderna fitoterapia ha ridato valore ai passati usi medicamentosi dell'albero poiché le foglie e la corteccia contengono sostanze con proprietà antinfiammatorie, antireumatiche, antiartritiche e diuretiche come ad esempio i glucosidi frassino e frassinina aventi azione antiartritica.

Letteratura e leggende

Il frassino appartiene al gruppo degli "alberi cosmici", oggetto di particolare venerazione. Nella mitologia scandinava l'Albero del mondo che sosteneva e rigenerava l'universo era il frassino Yggdrasil, che con la sua chioma si innalzava sino al cielo e con le radici giungeva al cuore della terra, dove si trovavano il regno dei Giganti e l'inferno. Nei suoi pressi si trovava la sorgente miracolosa Mímir, fonte di saggezza e acume, a cui attingeva il dio supremo Odino. In Grecia il frassino era consacrato a Poseidone ed inoltre si riteneva fosse abitato dalle ninfe Melíadi. Secondo Esiodo dal frassino discendeva la stirpe degli uomini di bronzo, "spaventosa e violenta". Frassino e bronzo erano simboli di durezza e non a caso le armi dei greci erano di bronzo ed avevano manici di frassino. I Celti consideravano il frassino simbolo di rinascita e fonte di guarigioni miracolose. Come conseguenza di questa credenza, sino al principio dell'800 nella contea inglese di Selborne si usava far passare entro un tronco cavo di un vecchio frassino cimato, prima dell'alba, i bambini nudi per guarirli dall'ernia. Oppure si praticava un taglio longitudinale in un giovane frassino e poi all'alba si faceva passare più volte nella fenditura il bambino malato.

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Concluso il rituale si richiudeva il taglio con dell'argilla e si legava il tronco. Il bambino guariva dall'ernia solo se l'albero cicatrizzava la ferita subita. Chi beneficiava della guarigione vegliava affinché l'albero non fosse tagliato poiché si riteneva che la vita del bimbo fosse legata a quella della pianta guaritrice. Dioscoride riferisce che il frassino aveva anche potenti effetti medicamentosi contro i morsi dei serpenti. Il succo delle sue foglie bevuto o applicato sulla ferita era ritenuto un efficace rimedio. Addirittura Plinio scrive che "i frassini hanno un tale potere che i serpenti non ne sfiorano l'ombra e ne fuggono lontano". La pratica di utilizzare foglie di frassino come rimedio per i morsi dei serpenti si e' protratta in alcune campagne sino all'inizio dei '900. Un dato che la dice lunga sulle fama di "guaritore" dell'albero, le cui foglie erano inoltre utilizzate nella medicina popolare per curare reumatismi, artrite e gotta. Nel Medioevo i più superstiziosi ritenevano che per allontanare gli spiriti maligni da una stanza bisognava bruciarvi della legna di frassino.

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PIOPPO BIANCO

Nome latino Populus alba

Famiglia Salicacee

Origini dell'Europa, del Nord Africa e dell'Asia occidentale. In Italia si incontra facilmente lungo le rive dei corsi d'acqua e dei laghi. Il nome allude al colore chiaro della corteccia, differente da quella nerastra del Pioppo nero.

Habitat

Il Pioppo bianco è un albero molto vasto, che copre l'Europa centro-meridionale, l'Asia occidentale ed il Nord Africa. E' una specie a rapido accrescimento, legata a terreni fertili, ben arati e sufficientemente umidi. Non tollera suoli compatti e a lungo sommersi. Si trova fino ai 1500 m di altitudine in esemplari isolati o in gruppi, ma vive bene anche assieme ad altre specie, soprattutto salici e ontani. E' un albero che può raggiungere i 30 metri di altezza, con la chioma globosa, il tronco eretto e sinuoso con corteccia bianco-grigia, liscia a solchi larghi, neri.

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Tronco Eretto sinuoso, rami orizzontali con corteccia biancastra e liscia. Le radici sono molte estese anche se non tanto profonde

Foglie

Sono verde intenso e lisce nella pagina superiore, grigie e pelose di sotto, ovate, con margine dentato, o palmato-lobate con 5 lobi.

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Fiori I fiori maschili del Pioppo bianco, in amenti prima porporini e poi gialli, compaiono in febbraio-marzo.

Frutti

I frutti sono piccole capsule, glabre, coniche, contenenti molti semi provvisti di peli lunghi cotonosi.

Usi Spesso è utilizzata nei parchi e lungo i viali per l'aspetto decorativo della sua chioma. Il legno biancastro e tenero ha qualità mediocri e scarsi impieghi, soprattutto per cassette da imballaggio, fiammiferi (essendo un cattivo combustibile, brucia lentamente), zoccoli e per l'industria della carta. Ha accrescimento molto rapido ed è poco longevo; le piante maschili hanno chioma maggiormente piramidale e dal colore più verde (maggior tenore in clorofilla); quelle femminili hanno, invece, la chioma maggiormente espansa; dall’infuso di corteccia si ottiene un rimedio per i dolori muscolari ed articolari (contiene precursori dell’acido salicilico).

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Letteratura e leggende

Il nome latino della pianta (Populus) deriverebbe dal brusio delle foglie mosse dal vento, simile al mormorio delle folle radunate nelle piazze. Per questa caratteristica, è stato chiamato anche dagli Indiani "L'Albero che sussurra". Secondo una leggenda greca, la corteccia dell'albero era nera fino a che Ercole non ne fece una ghirlanda da indossare in battaglia contro Cerbero (guardiano dell'Aldilà ). Il sudore dell'eroe schiarì i rami della ghirlanda che diede poi il suo colore biancastro alla corteccia del Pioppo. Un'altra leggenda racconta che un giorno Fetonte, figlio del sole, trovando il carro del padre incustodito, se ne appropriò per guidarlo nel cielo. Ma avvicinandosi alla terra causò molti incendi nei boschi. L'ira di Giove fu tale, che per punirlo gli scagliò contro un fulmine. Fetonte, colpito, cadde nel fiume e le sue sorelle, le Eliadi, piansero lungamente per il dolore. Giove allora, mosso a compassione, le trasformò in Pioppi che mise lungo l'argine del fiume. Tuttora in primavera dalle gemme dei Pioppi cadono goccioline di resina che simboleggiano le lacrime delle Eliadi e lo stormire delle foglie ricorda i loro lamenti. Questa pianta da sempre rappresenta la vita nella morte, una volta oltrepassata la soglia fatale. Un esempio del significato simbolico si può ritrovare nelle tombe delle popolazioni sumeriche (4000 a.C.), dove si sono trovate delle acconciature con foglie di pioppo bianco dorate. Un’antica tradizione vuole che davanti alla tomba di un Zeus cretese crescesse un pioppo bianco, come simbolo di resurrezione. Il pioppo bianco “Leukè” personificava la vita che sfugge alla morte, anche se ciò significava abbandonare la forma umana per un'altra non umana. Omero nell'Iliade cita il pioppo bianco come “acheronteo”, ovvero rappresentativo dell'omonimo fiume dell'afflizione. Una credenza bretone fa corrispondere le foglie bianche del pioppo bianco con le anime dei bambini morti, promesse alla resurrezione. Se il pioppo bianco é l'albero della resurrezione, il pioppo nero ha un significato opposto. Una leggenda narra, che il pioppo fu scelto dai soldati per la costruzione della croce di Gesù. L'albero ne fu orgoglioso e drizzò i suoi rami. Il Signore lo maledì e condannò le sue foglie a tremare in eterno ad ogni soffio di vento. Le api raccolgono una specie di gomma che viene prodotta dalle gemme del pioppo per produrre la propoli che ha funzione battericida, batteriostatica, antinfiammatoria e cicatrizzante.

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QUERCIA

Nome latino Quercus robur

Nome Comune Farnia

Famiglia Fagaceae

Origini Europa, Caucaso

Habitat Ha bisogno di terreno profondo che può essere più o meno ricco di sali, sabbioso o argilloso, ma comunque sempre piuttosto umido. Esige temperature estive elevate mentre è tollerante nei confronti del gelo invernale. Frequente nella Europa centrale dove forma dei boschi, è diffusa in tutta l’Europa fino al Caucaso. La Farnia è una pianta tipica della Pianura Padana ed è diffusa in Italia, soprattutto nelle regioni settentrionali dove cresce dal mare alla zona montana. Forma boschi da sola o mista ad altre specie. È un albero alto circa fino a 35 metri con esemplari che possono raggiungere anche i 40 metri. È una pianta molto longeva che raggiunge e supera i 500 anni. La chioma è irregolarmente ovale, globosa e molto ampia, con macchie dense di foglie che si interrompono, lasciando penetrare la luce. E’ per questo motivo che nei boschi di farnie cresce sempre un sottobosco, ricco di arbusti.

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Tronco

È robusto e ramoso e alla base si allarga come per rafforzare la pianta; i rami con il passare del tempo diventano sempre più massicci, nodosi e contorti. La corteccia è grigio-verde e liscia da giovane, spessa, solcata, con lunghe fessure longitudinali da vecchia. Sui rametti, sulle foglie o sulle gemme delle querce può capitare di trovare delle galle, cioè escrescenze di aspetto legnoso che hanno forme diverse: a sfera, a cappellino, a stella. Le galle sono reazioni che la pianta ha quando viene punta da certi insetti.

Foglie Sono semplici, con profilo obovato, lobate di 10 cm circa, a superficie ondulata, strette alla base con due orecchiette; hanno un picciolo brevissimo (0,5 – 1 cm); l’inserzione è alterna. Sono coriacee e di consistenza pergamenacea, da giovani sono pubescenti, poi la superficie superiore diventa glabra mentre quella inferiore rimane coperta da piccoli peli stellati.

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Fiori Sono separati ma sulla stessa pianta; quelli maschili sono inseriti su amenti penduli, hanno un involucro diviso in 5 lobi lineari e 8 stami con antere giallo-brune; i fiori femminili, 2-5, sono anch’essi inseriti su un peduncolo pendulo e sono formati da numerose brattee che avvolgono l’ovario.

Fiore femminile e fiore maschile

Frutti

E’un achenio detto ghianda, ovale, racchiuso alla base delle brattee del fiore che, accrescendosi, formano una coppetta, detta cupola. Le ghiande sono riunite in gruppetti da due a quattro, hanno un lungo peduncolo da 2 a 4 cm di lunghezza (da cui il nome di peduncolata); quando matura da verde diventa marrone e cade a terra.

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Usi La quercia viene anche usata come ornamento nei giardini. Il legno della farnia è molto pregiato, di colore bruno chiaro, duro e leggero, noto con il nome di Rovere di Slovenia. E’ un legno forte, durevole, facilmente sagomabile. Spesso confuso con quello di rovere, veniva usato molto nelle costruzioni delle navi da pesca e, soprattutto con il legno di alcune varietà, per costruire botti dove conservare i distillati alcolici; solo in botti di questo tipo il Cognac assume il caratteristico bouquet. La Pianura Padana, per esempio, ospitava molti secoli fa immense foreste di farnie, gradualmente abbattute per farne legname da costruzione. Il legno è utilizzato per mobili di pregio, per produrre carbone di qualità e come combustibile. Nella corteccia c’è il tannino utilizzato per conciare pelli. Le ghiande sono un ottimo alimento per i suini. In epoca medievale i contadini allevavano in modo massiccio i suini; i servi avevano permesso di portarli a pascolare nei boschi del feudatario dove potevano cibarsi delle ghiande cadute al suolo. Questo uso era tanto importante che si arrivò a valutare il valore di un bosco in base al numero di suini che riusciva a nutrire. Ancora oggi con le ghiande tostate e macinate si prepara un surrogato del caffè. Le galle, ridotte in polvere, sono usate per le ferite e le bruciature perchè cicatrizzanti. Con le foglie si prepara una specie di the astringente efficace per le infiammazioni delle vie urinarie. E’ molto utile per gargarismi nelle infiammazioni della bocca e della gola, contro gli avvelenamenti da sostanze vegetali.

Letteratura e leggende Nei miti e nelle tradizioni la quercia dava l’idea di forza. Il termine Quercus deriva dall’antico celtico "kaer quer"=bell'albero; robur significa " forza " perché questo albero è difficile da abbattere senza strumenti adeguati. Robin Hood, ad esempio, viveva nella foresta di Sherwood, una foresta formata da querce che ricopre ancora oggi gran parte della contea di Nottingham. I Druidi per ottenere l’acqua lustrale raccoglievano il vischio sotto le fronde delle querce con un falcetto d’oro. I Greci e i Romani consideravano la quercia sacra: Zeus aveva la quercia come simbolo accanto al fulmine e all’aquila. Inoltre si dice che Zeus abbia sposato Era in un querceto. Si narra che la prua dell’Argo, la nave degli Argonauti, fosse fatta con un pezzo di quercia sacra tagliata dalla dea Atena. Il colle di Roma, il Campidoglio, consacrato a Giove, pare fosse ricoperto di querceti.

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La quercia in poesia

LA QUERCIA CADUTA

Dov’era l’ombra, or sè la quercia spande

morta, ne più coi turbini tenzona.

La gente dice: Or vedo: era pur grande!

Pendono qua e là dalla corona

i nidetti della primavera.

Dice la gente: Or vedo: era pur buona!

Ognuno loda, ognuno taglia. A sera

ognuno col suo grave fascio va.

Nell’aria, un pianto ........... d'una capinera

che cerca il nido che non troverà.

Giovanni Pascoli

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SALICE BIANCO

Nome latino Salix alba

Famiglia Salicaceae

Origini Cretacico, Europa, Asia settentrionale, Africa

Il nome deriva forse dal celtico “sal lis” presso l’acqua, amante dell’acqua; alba è riferito alla pagina inferiore della foglia che è molto chiara.

Habitat.

È diffuso in tutta l’Europa centromeridionale, soprattutto lungo le sponde non coltivate dei fiumi e dei laghi, vive su terreni ricchi di sale e di calcare, anche dove sono soggetti a periodi di sommersioni; si spingono dalla pianura fino a 1000 metri di altitudine. Sebbene alcune specie siano diffuse anche nelle pianure dell’America settentrionale e nelle regioni tropicali, in linea generale i salici preferiscono zone con clima fresco e temperato. È un albero con chioma larga e irregolarmente divisa. I rami giovani, di colore rosso bruno, sono sottili, flessibili, ma non fragili. Il legno è giallastro di grana fine. È alto fino a 25 metri, con chioma larga e tondeggiante.

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Tronco Dritto con corteccia grigio scura e screpolata nel tronco, grigia o verdognola nei rami giovani.

Foglie

Decidue, semplici, lanceolate, pagina inferiore bianco-grigiastra per la presenza di una fitta peluria.

Fiori Pianta dioica, infiorescenze rappresentate da amenti : di colore giallastro quelli maschili, più corti e verdastri quelli femminili, fioritura nei mesi primaverili all' inizio della fogliazione

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Frutti

Capsule con numerosi semi cotonosi.

Usi Nell'antica Grecia la corteccia del salice veniva utilizzata per le sue proprietà febbrifughe grazie alla presenza in esse del glucoside salicina usato anche come antimalarico. Le foglie sono usate come foraggio. per gli ovini. Questa pianta è coltivata per i vimini e le pertiche, utilizzati per lavori di intreccio e palería. Il legno ha impiego soprattutto per cassette e imballaggi e nell'industria cartaria. Il carbone, di buona qualità, viene utilizzato per la produzione del "carboncino da disegno”. Attualmente è largamente coltivata la varietà Safix alba tristis , come pianta ornamentale, per il portamento "piangente". Anche questa specie, come tutti i salici, è molto tollerante nei confronti dei vento e dell'inquinamento atmosferico. Utilizzato fin dall’antichità per la produzione di stuoie e cestini, si utilizzavano i rami giovani ottenuti da alberi capitozzati. La capitozzatura era una pratica di fondamentale importanza nell’economia agricola perché consentiva la produzione e l’uso di palerie per manici di attrezzi agricoli e di legna per alimentare i forni per il pane. Nei tronchi capitozzati, spesso caratterizzati da cavità provocate da funghi patogeni, è possibile trovare rifugio piccoli mammiferi per il letargo invernale e uccelli per la nidificazione. I rami venivano anche utilizzati un tempo per legare gli innesti. Il legno leggero ma robusto viene impiegato in svariati modi nei lavori di piccola carpenteria, nella produzione di cellulosa e nella fabbricazione di giocattoli per bambini. Inoltre dal legno di salice si ricava un carbone vegetale che fornisce una delle polveri migliori per la fabbricazione di esplosivi. I contadini piantavano numerosi salici attorno alle fattorie per fornire nettare primaverile alle api, per utilizzarne i rami, per preparare decotti di foglie, con i quali attenuavano malattie dell’apparato respiratorio. Le proprietà del salice erano già conosciute da Ippocrate che nel 400 a.C. consigliava infusi di corteccia di salice per le doglie del parto e come analgesico. Nel XII sec. Si consigliavano infusi di foglie e fiori per favorire la regolarità del ciclo mestruale. Il principio attivo, l’acido salicilico, è però irritante ma F. Hoffmann della Bayer lo ha reso utilizzabile alla fine del 1800 con un processo di acetilazione ottenendo l’acido acetilsalicilico, noto come aspirina. La droga si ricava dalla corteccia dei rami che si raccoglie in ottobre-novembre, dalle foglie che vanno raccolte in piena estate e dai fiori raccolti durante la fioritura. La corteccia si essicca all’ombra e si conserva in sacchetti di carta o tela, ha proprietà antireumatiche, sedative e contro la febbre.

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Letteratura e leggende Furono tra i primi alberi a colonizzare l’Italia dopo l’era glaciale. In oriente ha un simbolismo positivo, rappresentando l’immortalità, l’eternità e la spiritualità. Per questo motivo il suo legno è utilizzato per le statue, le colonne e gli elementi dell’architettura sacra. In occidente, invece, ha un significato negativo ispirato dai suoi rami che cadono al suolo, perciò è chiamato il salice piangente; i viali degli inferi nella mitologia greca, sono costeggiati da salici e pioppi, alberi che rivestono un significato analogo essendo entrambi collegati al lutto. Gli zingari di Romania celebravano l’arrivo della primavera il 23 aprile, festa di S. Giorgio; il giorno prima della festa un giovane salice veniva tagliato, decorato con foglie e ghirlande e piantato in paese. Le donne incinte deponevano una loro veste ai piedi dell’albero: se il giorno seguente vi trovavano sopra una foglia caduta avrebbero avuto un parto felice. In alcuni paesi del nord i rami del salice vengono usati al posto dell’ulivo: si fanno benedire per la Pasqua e poi vengono conservati e seccati. Nelle campagne delle Fiandre al salice vengono attribuite proprietà "miracolose". Basta recarsi di buon mattino presso un vecchio salice, fare tre nodi in uno dei suoi rami e dire" Buongiorno, vecchio mio, ti cedo il mio….. raffreddore!". Bisogna poi darsela a gambe senza voltarsi indietro.

La leggenda del salice

Gesù saliva verso il Calvario, portando sulle spalle piagate la croce pesante.

Sangue e sudore scendevano a rigare il volto santo coronato di spine.

Vicino a Lui camminava la Madre, insieme ad altre pie donne.

Gli uccellini, al passaggio della triste processione, si rifugiavano, impauriti, tra i

rami degli alberi.

Ad un tratto - Gesù stramazzò al suolo. Due soldatacci, armati di frusta, si

precipitarono su di Lui, allontanando la Madre, che tentava di rialzarlo "Su,

muoviti! E tu, donna, stàttene da parte."

Gesù tentò di rialzarsi, ma la croce troppo pesante glielo impedì.

Era caduto ai piedi di un salice ...Cercò inutilmente di aggrapparsi al tronco. Allora l'albero pietoso

chinò fino a terra i suoi rami lunghi e sottili perché potesse, afferrandosi ad essi, rialzarsi con minor

fatica. Quando Gesù riprese il faticoso cammino, l'albero rimase coi rami pendenti verso terra: perciò

fu chiamato «Salice Piangente ».

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Il salice nella poesia

Alle fronde del salice

E come potevamo noi cantare

con il piede straniero sopra il cuore,

fra i morti abbandonati nelle piazze

sull’erba dura di ghiaccio,

al lamento d’agnello dei fanciulli,

all’urlo nero della madre

che andava incontro al figlio

crocefisso sul palo del telegrafo?

Alle fronde dei salici, per voto,

anche le nostre cetre erano appese,

oscillavano lievi al triste vento

S. Quasimodo

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SICOMORO

Nome latino Ficus sycomorus

Famiglia Moraceae

Origini

Habitat Il sicomoro cresce fino ad un'altezza di 20 metri, e raggiunge i 6 metri di larghezza, con una chioma ampia e tondeggiante. È un albero d’alto fusto sempreverde, molto comune in Medio Oriente e in alcune regioni dell’Africa tropicale e del Sudafrica

Tronco La corteccia va dal verde-giallo all'arancione.

Foglie

Sono ampie e a forma ovale, di colore verde scuro e consistenza coriacea.

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Fiori Quello che comunemente viene ritenuto il frutto è in realtà una grossa infiorescenza carnosa piriforme (siconio), all'interno della quale sono racchiusi i fiori unisessuali, piccolissimi; una piccola apertura apicale, detta ostiolo, consente l'entrata degli imenotteri pronubi; i veri frutti, che si sviluppano all'interno dell'infiorescenza, sono dei piccoli acheni.

Frutti

Inizialmente gialli e rossi a maturità raggiunta, sono siconi commestibili e si sviluppano sui rami in densi grappoli; possono raggiungere i 5 cm di diametro.

Usi Rappresenta una notevole risorsa per la fauna e per le popolazioni locali. I frutti e le foglie hanno un notevole valore nutritivo e possono essere essiccati e conservati. Ricercati da uccelli e mammiferi, sono raccolti dall’uomo per la propria alimentazione e come cibo per il bestiame. Le foglie sono usate per il trattamento dell’ittero e del veleno di serpente; il latice che si ricava incidendo la corteccia è un rimedio contro la dissenteria e la tigna, la tosse e le infezioni della gola. L’albero ha un ruolo importante nel miglioramento della qualità del suolo e nel suo consolidamento; impiegato già nell’antico Egitto come pianta da ombra e da legno (ad esempio, per la realizzazione di sarcofagi), è un ottimo posto di nidificazione per gli uccelli e un rifugio per altre specie animali. Il suo legno, di colore chiaro, si lavora con facilità.

Letteratura e leggende L’albero ha una funzione cerimoniale nei rituali di diverse tribù africane. Nella mitologia egizia il sicomoro era albero consacrato alla dea Hathor, detta anche la "Signora del sicomoro”. Era considerato simbolo di immortalità. Nel Vangelo secondo Luca (19,1-10), è nominato un sicomoro nella città di Gerico. Un abitante di Gerico, un certo Zaccheo, essendo basso di statura, per vedere Gesù salì su un sicomoro.

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SPINO DI GIUDA

Nome latino: Gleditsia triacanthos L.

Nome volgare: Spino di Giuda, Acacia spinosa

Famiglia: Leguminosae

Origini: Nord-America

Fu introdotto e coltivato in Italia nel XVIII secolo. Venne utilizzato per la creazione di siepi o come elemento di alberate suburbane anche per la produzione di legname. Si trova coltivata anche la varietà priva di spine.

Habitat

Coltivata nelle siepi e nei giardini, spontanea nelle aree antropizzate Lo Spino di Giuda non e' una specie autoctona, ma si é adattata in modo ottimale alle condizioni climatiche della Piemonte. Introdotta come specie ornamentale, e' ora diffusa su tutto il territorio regionale ad altitudini inferiori ai 500 metri. Albero alto fino a 25m e più. Cresce in qualunque tipo di terreno adattandosi anche ai terreni poveri. Ha una vita breve ma crescita veloce. Una sua debolezza è la fragilità dei rami per cui è meglio piantarlo in luoghi a riparo dal vento. Ama gli spazi aperti.

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Tronco

dritto, slanciato, irto di spine (come i rami) di colore rosso-bruno, lunghe fino a 5-7cm le maggiori, spesso accompagnate alla base da due spine più brevi e divergenti, ovvero ramificate e riunite a mazzetti. Rami giovani lucidi, bruno chiari, a decorso un po' zigzagante.

Foglie: alterne, pennate, con foglioline in numero pari o anche dispari (7-16 coppie), lanceolato - allungate,

sessili, si assottigliano verso l’apice.

Fiori

Ermafroditi raccolti in una infiorescenza a grappolo pendulo all’ascella delle foglie, lunga 8-10 cm e di colore verde-giallastro; i fiori unisessuali maschili molto piccoli sono riuniti in infiorescenze di colore giallastro e lunghe 4-7 cm, mentre quelle femminili sono di minori dimensioni. La fioritura avviene in Maggio-Giugno.

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Frutti

Sono legumi lunghi circa 24-25 cm., larghi 3 cm. di colore bruno-rossastro scuro, lucidi, grandi, racchiudenti parecchi semi assai duri e con una polpa dolciastra. I semi, che cadono in inverno, possono essere posti nel terreno sia in autunno sia in primavera, dopo un periodo di ammollo di qualche ora in acqua tiepida. Essendo le piantine sensibili al freddo, conviene fare la semina in un vaso.

Usi Il legno, duro, compatto e pesante, si usa in falegnameria ed in carpenteria, resiste bene all'umidità ed è un combustibile di ottima qualità. Le fronde giovani, cioè tenere, vengono appetite dal bestiame. Soprattutto in forma arbustiva, questa essenza legnosa si rivela un efficace raffrenatore di terreni instabili.

Curiosità

Esistono varietà da giardino prive delle spine e dei lunghi legumi, che a molti non piacciono perché possono sembrare dei "serpenti"!

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INVERTEBRATI VERTEBRATI

PORIFERI PESCI

CELENTERATI ANFIBI

PLATELMINTI RETTILI

NEMATODI UCCELLI

ANELLIDI MAMMIFERI

MOLLUSCHI

ECHINODERMI

ARTROPODI

ARACNIDI CROSTACEI

MIRIAPODI INSETTI

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AIRONE CENERINO

Nome comune Airone cenerino

Nome scientifico Ardea cinera

Famiglia Ardeidea

Ordine Ciconiiformes

Classe Aves Uccelli

Habitat E' una specie diffusa in tutta l'Europa centrale fino alle isole Britanniche e in parte della penisola Scandinava e nell'Europa sud-orientale fino alla Grecia. In Italia á sedentario, migratore regolare, parzialmente svernante; è ben diffuso nella Padania occidentale (Piemonte, Lombardia).

Caratteristiche

Si distingue dagli altri aironi per le grandi dimensioni, le parti superiori grigie, il collo e la testa bianchi con una striscia nera dall'occhio alla punta della lunga cresta. Rimane immobile per lungo tempo nell'acqua o nelle vicinanze, con il lungo collo teso o con la testa affondata nelle spalle. Il volo è potente con lenti e profondi battiti d'ala. Il becco è giallastro, lungo e affilato, le zampe grandi e brunastre, ma entrambi diventano di colore rossastro in primavera. Il volo è potente, con lenti e profondi battiti di ala. L'apertura alare, nei maschi adulti, in alcuni casi può raggiungere 2 m. di ampiezza. In volo tiene la testa arretrata tra le spalle, come a formare una "S" e le zampe estese. Frequenta stagni, risaie, prati allagati, canali, fiumi, laghi, e coste marine. Nidifica in colonie con altri aironi (garzaie), predilige costruire il nido su alberi alti, ad almeno 25 m di altezza. Anche se vi sono casi in cui i nidi sono posti su alberi più bassi o nei canneti. Il suo areale di nidificazione è il più settentrionale tra quello degli Aironi Europei, quindi alcune popolazioni sono soggette ad un elevato tasso di mortalità negli inverni più rigidi. Comunque è riscontrato che, in questo caso, la specie ha forti capacità di recupero nella consistenza numerica, tanto da diventare l'airone più diffuso nelle aree nord occidentali europee.

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Dimensione

Ha una lunghezza di 90-98 cm, un peso di 2kg

Comportamento

Le uova, deposte dalla metà di marzo, sono 4 - 5 per nido e la cova dura circa 25 giorni. I giovani sono nutriti nel nido per circa 50 giorni

Alimentazione Si nutre di pesci, rane, girini, bisce d'acqua e invertebrati, in minor misura anche di piccoli mammiferi.

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CORMORANO

Nome comune Cormorano Nome scientifico Phalacrocorax carbo

Famiglia Falacrocoracidi (Phalacrocoracidae) Ordine Pelecaniformi (Pelecaniformes) Classe Uccelli (Aves)

Habitat

Coste, lagune, estuari, spesso anche laghi e fiumi dell’ Europa, Asia centrale e meridionale, Africa, Australia, America nord orientale.

Caratteristiche

Ha un corpo slanciato e voluminoso. Il collo è lungo e il petto è prominente. Il becco è forte, lungo e chiaro con la parte inferiore gialla. Le zampe sono palmate per facilitare lo spostamento nell’ acqua. Il piumaggio è bruno con sfumature chiare sotto la gola, che aumentano durante il periodo riproduttivo. Nella parte superiore le ali hanno pennellate bronzee. In volo ha un lento e potente battito di ali. Complessivamente il cormorano misura 80-100 cm e ha un’apertura alare di 130-160 cm.

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Abitudini Di solito evita le acque troppo profonde e raramente si allontana troppo dalle coste, favorendo i laghi, le lagune, i delta, gli estuari, gli ampi e lenti fiumi. Il cormorano può migrare totalmente, parzialmente e allontanarsi definitivamente dall’area di origine in base alla popolazione, alla disponibilità di cibo e alle condizioni climatiche. Tranne che nel periodo riproduttivo vive in gruppi numerosi, in funzione anche delle disponibilità di cibo. Nel periodo degli amori i maschi richiamano l’attenzione della femmina verso l’area di nidificazione gonfiando le ali, allungando il collo e il becco verso l’alto ed inarcando il collo verso la coda. A volte, vicino al nido emettono dei suoni. Tra marzo ed aprile sono deposte 3-4 uova in un nido costruito con i ramoscelli in zone abitualmente riparate. Le colonie di nidificazione possono essere formate da 2000 coppie, ma spesso sono più piccole e frammentate e si trovano lungo le coste, l’entroterra, su scogliere o su alberi. La schiusa avviene dopo un’incubazione di 4 settimane: la cova inizia prima che tutte le uova siano deposte e quindi la schiusa delle uova avviene in tempi diversi. I piccoli cormorani diventano indipendenti dopo circa cinquanta di giorni.

Alimentazione

è carnivoro e si nutre principalmente di pesce, sia d'acqua dolce che d'acqua salata. La sua presenza in Italia, massiccia da circa vent'anni, sta cambiando radicalmente la fauna acquatica dei nostri fiumi portandola addirittura all'estinzione

Curiosità

In molte zone il cormorano è perseguitato per la sua predilezione per il pesce. In un giorno ne inghiotte elevate quantità, circa il 15% del peso corporeo.

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FOLAGA

Nome comune Fologa

Nome scientifico Fulica atra

Famiglia Rallidi (Rallidae) Ordine Gruiformi (Gruiformes) Classe Uccelli (Aves)

Habitat

Vive negli stagni con canneti ai margini, nei laghi, fiumi, zone palustri e lagune dell’Asia, Africa nord occidentale, Australia. È presente in quasi tutta l'Europa ad eccezione del nord della Russia e Scandinavia centro-nord. Caratteristiche

Il piumaggio della folaga è nero con una placca bianca sopra il becco, anch’esso bianco. Gli occhi sono rosso chiaro; le zampe grigio-verdi, lunghe e le dita hanno membrane per poter camminare sulla vegetazione acquatica. Discreta tuffatrice, è in grado di resistere sott'acqua anche per mezzo minuto, "remando" con le ali. Il maschio e la femmina non si differenziano molto tra loro. Nel primo periodo i pulcini presentano un vivace piumaggio arancio, che ben presto cambia in quello dell’adulto, anche se per il primo anno è più chiaro senza placca bianca sopra il becco. Questi uccelli trascorrono molto tempo in acqua e per facilitare il nuoto le dita sono fornite di una membrana. Abitudini

La folaga trascorre molto tempo a tuffarsi, non oltrepassando però i 2 m di profondità. Sott’acqua strappa le erbe di cui si nutre e poi fuoriesce in superficie velocemente, si alimenta anche di insetti, molluschi e lombrichi. In acqua la folaga nuota velocemente, ma anche a terra si sposta con passo sicuro.

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Qualche difficoltà presenta nel volo, tanto è che, in caso di pericolo, preferisce allontanarsi correndo e solo se non ha altra alternativa vola. Conduce una vita piuttosto solitaria, anche se per lunghi spostamenti, per l’inverno o quando le risorse alimentari devono essere messe in comune, diventa socievole e si riunisce in gruppi. Nella stagione riproduttiva entrambi i sessi diventano aggressivi. Determinata l’area il maschio allestisce una serie di abbozzi di nido che sono sfoggiati alla femmina. Nel momento in cui la compagna ha espresso la propria preferenza, il partner fornisce il materiale per la costruzione che è terminata dalla femmina. Quando la coppia si è stabilizzata produce un canto particolare per segnalare la propria presenza. Il nido è costruito vicino l’acqua e a volte galleggia attaccato a canne. Le uova, da 6 a 12, vengono deposte in maggio e per venti giorni circa incubate da entrambi i genitori. Al termine di questo periodo il pulcino, grazie alla dura placca posta sopra il becco, rompe il guscio ed esce dall’uovo e il giorno successivo è in grado di lasciare il nido. I pulcini sono molto vulnerabili ai predatori e alle condizioni meteorologiche, infatti solo la metà della nidiata sopravvive al primo periodo di vita. Per far fronte a ciò, i genitori iniziano una seconda covata appena conclusa la prima: in questi giorni la femmina è impegnata nella cova, mentre il maschio procaccia cibo per tutta la famiglia.

Alimentazione In ordine di importanza: pesci, anfibi, rettili, pulcini di uccelli, alghe, insetti e larve.

Curiosità

Il pulcino uscito per primo dall’uovo aiuta i fratelli e le sorelle a sgusciare a loro volta. Comunicano tra loro battendo con il becco: sia chi è nell’uovo sia chi è fuori.

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GALLINELLA D’ACQUA

Nome comune Gallinella d’acqua

Nome scientifico Gallinula chloropus

Famiglia Rallidi (Rallidae) Ordine Gruiformi (Gruiformes) Classe Uccelli (Aves) Habitat

Paludi, stagni con vegetazione acquatica abbondante e alta, anche tra la vegetazione densa lungo i fiumi. In tutto il mondo tranne che ai Poli e in Australia.

Caratteristiche

Ha una coda corta e appuntita ed un becco protuberante. L’estremità del becco è giallo e parte la rimanente è rossa, così come lo scudo che si estende sopra di esso; anche le zampe sono gialle. Il piumaggio degli adulti è prevalentemente nero con delle pennellate di bianco sui contorni delle ali e sul sottocoda. La livrea dei giovani è marrone con del bianco sul sottocoda e sul sottocollo, il becco è marrone-giallastro; già nel primo inverno i giovani hanno un piumaggio simile a quello dei genitori, anche se con del bianco più esteso, il becco è uguale a quello degli adulti.

Abitudini

La gallinella d’acqua è una discreta nuotatrice e si è adattata a vivere nei più diversi ambienti umidi tollerando piogge, venti e umidità, ma non sopportando le temperature rigide. Questo uccello conduce una vita solitaria, ma anche in coppia o in gruppi familiari. Solitamente è monogamo per il periodo riproduttivo. Il maschio sfoggia un comportamento estremamente territoriale, combattendo con i rivali a colpi di zampe fino a ferirsi, talvolta gravemente. Il nido, costruito con ramoscelli, radici e ricoperto di erba, si trova sulla vegetazione emersa, oppure a terra, ma vicino all’acqua. In primavera-estate vengono deposte di solito da 5 a 9 uova incubate per una ventina di giorni. Entrambi i genitori si occupano della crescita dei piccoli che diventano indipendenti a circa 6 settimane e spesso aiutano gli adulti a crescere la nidiata successiva.

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Alimentazione.

È onnivora. Mangia ovunque: mentre nuota, mentre cammina sulle piante galleggianti o a terra. In acqua immerge il capo con il corpo posto verticalmente

cibandosi di insetti e di pianticelle, anche se raramente nuota sott’acqua. A terra si alimenta, oltre che di insetti, anche di frutti, semi e piante. Raramente si nutre di conchiglie e di uova di uccelli. Curiosità

Ogni spostamento della gallinella d’acqua è accompagnata da un accenno del capo piuttosto curioso.

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GARZETTA COMUNE

Nome comune Garzetta comune

Nome scientifico Egretta garzetta

Famiglia Ardeidi

Ordine Ciconiformi

Classe Aves Uccelli

Habitat È presente in quasi tutto il bacino del Mediterraneo, dell’Africa, dell’Asia meridionale, dell’Australia e dell’Indonesia. Vive prevalentemente in ambienti acquitrinosi, canali, stagni e fiumi. Caratteristiche

È lunga circa 55-65 cm, il suo peso varia da 350 a 650 g ed ha un'apertura alare di 85-95 cm. Il piumaggio è totalmente bianco, il becco è lungo e nero, come le zampe, mentre i piedi sono giallastri. L'iride è gialla. In abito nuziale sviluppa alcune penne ornamentali molto lunghe sulla nuca, alla base del collo e sul mantello. Non esiste una caratteristica evidente che differenzia i due sessi. Emette un verso gracchiante e ripetuto. In volo la garzetta ha la sagoma tipica degli Aironi con la testa retratta tra le spalle, il collo piegato a Z e le ali battute lentamente. Il corteggiamento avviene da fine marzo a fine aprile. Le uova, blu-verdastre, in media 4, sono covate per circa 20 giorni. Nidifica in colonie miste insieme ad altre specie, costruendo grandi nidi tra i cespugli più alti o fra i rami dei salici e dei pioppi. I pulcini rimangono nel nido per circa 30 giorni. Aiutandosi con le lunghe zampe e sfruttando la rapidità e la precisione dei suoi colpi di becco, caccia le sue piccole prede in acque basse. Spesso la si può osservare in piccoli gruppi o insieme ad altri aironi.

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Alimentazione Si nutre di piccoli vertebrati come pesciolini, anfibi e rettili e invertebrati come crostacei, molluschi ed insetti che cattura con colpi precisi del becco o inseguendoli con i lunghi trampoli in acque basse.

Curiosità

In passato veniva cacciata dall'uomo per impadronirsi delle lunghe penne scapolari usate a scopo ornamentale.

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GERMANO REALE

Maschio Femmina

Nome comune: GERMANO REALE

Nome scientifico: Anas platyrhynchos Famiglia: Anatidi (Anatidae) Ordine: Anseriformi (Anseriformes) Classe: Uccelli (Aves)

Habitat Popola tutto l’emisfero settentrionale, in Italia nidifica dappertutto e si vede maggiormente in inverno e nei mesi di ottobre, novembre febbraio e marzo; il suo habitat sono acque ferme ricche di vegetazione.

Caratteristiche

Il maschio ha la testa verde con riflessi metallici e alla base del collo ha un anello di colore bianco; il corpo è grigio tranne nella zona vicino al collo che è rosso bruno; le penne caudali sono bianche e nere; sull’ala ha una banda blu e due strisce bianche; i piedi, come tutti gli acquatici, sono palmati e di colore arancio; il becco è giallo pallido; la femmina è colore nocciola; nel periodo successivo alla muta i maschi e la femmina hanno colori più spenti rispetto a quelli che mantengono il resto delle stagioni; i giovani invece hanno i colori della femmina.

Dimensione

Il maschio misura circa 60 cm. e la femmina circa 50 cm. Vola con la testa e il collo protesi in avanti, con battiti d'ali poco ampi ma rapidi.

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Comportamento

Nidifica sulla terra ferma vicino l’acqua; si accoppia da marzo a maggio e i maschi si contendono spesso la stessa femmina; la femmina costruisce il nido con foglie ed erba, imbottendolo di piume; depone da 7 a 12 uova di colore verdastro che cova per un mese; i piccoli lasciano il nido appena nati e incominciano a volare dopo un paio di mesi.

Il maschio cambia compagna ogni anno. La ricerca del compagno comincia ad agosto prima della stagione di allevamento. Dopo l'inizio del periodo di incubazione, il maschio lascia la femmina e si unisce ad uno stormo di maschi. Il maschio come richiamo emette un calmo yeeb, nel corteggiamento emette una sorta di fefev-fefev-fefev. La femmina usa spesso un qua qua qua rumoroso, se mentre sta covando si assenta e viene raggiunta da dei maschi, emette un verso caratteristico que èh-èh-èh che sta ad indicare che è indisponibile ad accoppiarsi; per difendere i piccoli da predatori o intrusi si agita sbattendo le ali e scagliandosi addosso.

Dopo il periodo di allevamento, i germani formano dei grandi stormi e migrano dalle alte latitudini verso le zone meridionali più calde dove si stabiliscono e si nutrono fino all'inizio della nuova stagione d'allevamento. Alcuni germani possono scegliere di restare durante l'inverno nelle zone in cui il cibo e il riparo sono abbondanti: questi andranno a formare le popolazioni residenti. In Italia è migratore, svernante e parzialmente sedentario.

Se una femmina si sente minacciata finge di essere ferita per allontanare la possibile minaccia dai suoi pulcini.

Alimentazione

Si nutre di piante acquatiche insetti, vermi, lumache, larve e molluschi.

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MORIGLIONE

Nome volgare Moriglione

Nome scientifico Aythya ferina

Famiglia Anatidi

Ordine Anseriformi

Classe Aves (Uccelli)

Habitat e Area di Distribuzione

Frequenta laghi, grandi stagni, bacini, estuari e in genere specchi d'acqua aperti con fondali di media profondità; di rado sosta in mare. Specie distribuita come nidificante in Europa centro-orientale, Isole Britanniche, parte della Penisola Scandinava, Asia centrale. Migratore ed erratico, i quartieri di svernamento interessano soprattutto l'Europa occidentale e l'intero bacino del Mediterraneo, l' Africa a sud del Sahara e l'Asia meridionale. In Italia è presente in alcune aree nord-orientali da settembre a metà aprile. La stagione riproduttiva inizia in aprile. Il nido viene preparato in prossimità dell'acqua su un cumulo di steli, giunchi e canne, ben nascosto tra la fitta vegetazione; la femmina vi depone 6-12 uova, che cova per 24-26 giorni. I pulcini, accuditi dalla madre, diventano indipendenti all'età di 7-8 settimane. La deposizione avviene una volta all' anno. Descrizione

II Moriglione ha dimensioni medio-grandi, forme abbastanza tozze, becco lungo circa quanto la testa, ali non lunghe, coda breve e arrotondata. Il maschio ha il capo nocciola scuro brillante, il dorso grigio chiaro e il petto nero. Il piumaggio del maschio è completo da fine settembre a luglio. La femmina è brunastra scura con guance, gola e base del becco più chiare. Ambedue i sessi hanno la banda alare grigiastra, il becco nero con striscia azzurrognola mediana, più opaca nella femmina, e le zampe grigie. In volo, visto da sotto, il maschio è riconoscibile per la testa castana, il petto nero, l'addome bianco, il sottocoda nero e le ali bianco-grigiastre; la femmina appare più bruna, senza netti contrasti di colore.

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Abitudini Di indole abbastanza socievole, conduce vita gregaria e durante le migrazioni si riunisce in branchi numerosi. Come tutte le anatre tuffatrici si alza in volo con fatica, strisciando obliquamente sulla superficie dell'acqua, ma in quota possiede un volo rapido. Durante i piccoli spostamenti i piccoli branchi volano in formazione compatta, mentre sulle lunghe distanze i branchi assumono una formazione a V. E' un ottimo nuotatore e quando viene disturbato preferisce allontanarsi a nuoto invece che prendere il volo. È abilissima nel nuoto sott'acqua ed è capace di percorrere lunghi tratti in immersione. Sul terreno si posa di rado, sebbene cammini con disinvoltura. Preferisce recarsi in pastura al mattino ed alla sera.

ALIMENTAZIONE Si ciba principalmente di sostanze vegetali (piante acquatiche, semi, erba, ecc.), ma anche di molluschi, crostacei, insetti, vermi, anfibi, piccoli pesci. Dimensioni Lunghezza: 39/41 cm Peso: 800/1250 gr Ala: 21/22 cm Apertura alare: 68/75 cm Becco: 50 mm Tarso: 35 mm Coda: 52 mm

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NITTICORA

Nome comune: Nitticora Nome scientifico: Nycticorax nycticorax Famiglia: Ardeidi (Ardeidae) Ordine: Ciconiformi (Ciconiiformes) Classe: Uccelli (Aves)

Habitat

Vive presso le acque dolci, dove la profondità non è elevata di tutto il mondo, tranne Indocina e Oceania.

Caratteristiche

Il becco lungo ed appuntito è scuro e prosegue con del piumaggio grigio scuro sino all’occhio. La livrea è bianca sul capo ed in cima ha un ciuffo di penne nere che si allunga all’indietro; il petto e le ali sono grigie; sulle spalle ci sono due fasce parallele nere che durante il volo si uniscono al piumaggio nero del capo. Il giovane ha un piumaggio marrone-grigiastro con pennellate chiare. Già nel secondo inverno la livrea della giovane nitticora è simile a quella dell’adulto, anche se i colori sono meno nitidi e contrastanti. La nitticora è lunga 58-65 cm, ha un’apertura alare di 105-112 cm e pesa 500-800 g. Il maschio è più grande della femmina. Batte lentamente le ali, con la testa piegata indietro e le zampe distese. Il volo è potente e regolare. Quando vola durante i giorni freddi ritrae le zampe per conservare il calore.

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Abitudini

Ha abitudini soprattutto crepuscolari e notturne, tranne che nel periodo di cura ai nidiacei. Spesso il giorno lo trascorre appollaiata tra i rami degli alberi nascosta tra le foglie. Ha colonizzato zone caldo-temperate e subtropicali, soprattutto regioni con climi continentali secchi. Di solito si alimenta al limite degli specchi d’acqua (come laghi, lagune, paludi, fiumi,…), oppure in aree momentaneamente secche, ma soggette a periodiche inondazioni (come risaie e fossati). Per questa varietà di ambienti, la nitticora è in grado di camminare, di guadare i corsi d’acqua, di arrampicarsi e, talvolta, di nuotare. Vola velocemente solitamente a basse quote, ma si porta ad alta quota durante le migrazioni. In luglio-agosto i giovani si disperdono (ossia si allontanano dall’area natale) in tutte le direzioni. Ad eccezioni delle popolazioni più meridionali, le rimanenti popolazioni europee trascorrono l’inverno nel continente africano, per fare poi ritorno in primavera. Nelle ore crepuscolari la nitticora cattura, all’interno di ogni personale territorio, anfibi, pesci ed insetti. L’attività riproduttiva corrisponde ad una fase di aggregazione, spesso anche con altri appartenenti alla medesima famiglia. In primavera sono deposte le uova su nidi posti tra gli alberi, ad altezze variabili tra qualche metro sino ad una cinquantina. Su uno stesso albero vi possono essere 20-30 nidi, e non necessariamente di nitticora, ma anche di altri Ardeidi. La costruzione del nido, un insieme disordinato di ramoscelli, è avviata dal maschio e completata dalla femmina. Le uova blu - verdastre sono incubate per circa 3 settimane, e i giovani sono indipendenti nell’arco di 40-50 giorni.

Curiosità

La nitticora costruisce il nido sugli alberi in prossimità di nidi realizzati da altri Aldeidi.

Alimentazione

Si ciba di anfibi, soprattutto rane, pesci e insetti.

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ECOSISTEMA DI ACQUA DOLCE

FIUME Il fiume è un ambiente facile da osservare che può essere analizzato nelle sue diverse parti da quando nasce a quando si butta nel mare. È un corso d’acqua che scorre maggiormente in superficie ma può essere anche sotterraneo; può essere alimentato dalle piogge, dalle nevi o ghiacciai o dalle falde idriche sotterranee.

Il PO a Torino

Il fiume dalla sorgente alla foce

Il punto in cui il fiume nasce è la sorgente. Durante il suo percorso verso il mare/lago, si possono unire al fiume altri corsi d'acqua, che rappresentano i suoi affluenti. Il punto in cui il fiume sbocca nel mare o lago è la sua foce. Il fiume di regola ha una pendenza maggiore nei primi tratti dopo la sorgente, e man mano che si scende la pendenza diminuisce, così come la velocità. Questo andamento si chiamo profilo del fiume. Esiste un profilo ideale, il profilo d'equilibrio, che rappresenta la situazione nella quale non c'è né erosione né sedimentazione per tutta la lunghezza del fiume. Se il profilo reale è diverso da quello d'equilibrio, nei tratti in cui il primo è più alto del secondo si ha erosione, viceversa ha luogo la sedimentazione. La forza delle acque è tale da erodere la roccia e trascinare con sé detriti di varie dimensioni: pietre, vegetali, fango, sabbia... Dopo aver superato i pendii più ripidi, il fiume comincia a depositare detriti sempre più piccoli e, una volta arrivato in pianura, lascia solo sabbia, fango e materiale molto piccolo. La quantità d'acqua che scorre in un fiume si misura con la portata, cioè il volume d'acqua che passa attraverso una sezione trasversale del fiume nell'unità di tempo e nella maggior parte dei casi si possono riconoscere tre situazioni:

1. magra, nei periodi più secchi, quando nel fiume scorre poca acqua; 2. morbida, nei periodi umidi, in cui nel fiume scorre abbondante acqua;

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3. piena, quando scorre una quantità di acqua tale da inondare aree che normalmente sono asciutte.

Considerando una sezione trasversale del fiume, è possibile individuare 1. il letto: il terreno sul quale l'acqua scorre 2. l'alveo: la parte della sezione trasversale occupata dal flusso dell'acqua 3. gli argini: non sempre presenti, sono due rilievi del terreno paralleli

all'alveo, possono essere naturali o artificiali 4. la valle o la pianura alluvionale: il territorio nel quale il fiume scorre. La

valle è un'incisione a forma di V, originata dall'erosione del fiume e delle precipitazioni, per questo la pendenza dei versanti è maggiore quanto è maggiore la compattezza del terreno; la pianura alluvionale è una pianura formata dai sedimenti depositati gli uni sugli altri dalle piene del fiume

5. la riva destra e la riva sinistra: guardando nel senso della direzione di scorrimento.

Il bacino di un fiume, infine, comprende tutta l'area nella quale l'acqua delle precipitazioni si raccoglie, tramite scorrimento e affluenti, nel fiume stesso. La foce

La foce può essere di tre tipi: 1. Una foce semplice: un solo ramo 2. La foce a delta si forma quando la corrente del mare (poco profondo) è così

debole che non riesce a portar via i detriti trasportati dal fiume, le sabbie si depositano e impediscono alle acque di arrivare al mare. Le acque del fiume si dividono allora in due o più rami prendendo una caratteristica forma triangolare (Po, Danubio, Nilo e Mississippi)

3. La foce ad estuario si forma quando la forza del mare è così violenta che spazza subito via i detriti del fiume. Il mare col tempo allarga sempre di più la foce e abbassa il letto del fiume e le sue sponde si allargano ad imbuto (Senna e Tamigi).

Dalla sorgente alla foce in un fiume possiamo distinguere tre tratti, ognuno caratterizzato da una propria vita:

1. tratto superiore: qui il fiume scorre in montagna ed è un ruscello; l’acqua, in continuo movimento, è limpida e scende velocemente perché il terreno ha una forte pendenza. Man mano che scende verso il basso, il ruscello si ingrossa e diventa torrente e la sua velocità diminuisce perché è minore la pendenza del terreno. L’acqua è fredda perché proviene dallo scioglimento dei ghiacciai o da alte quote. In questo tratto troviamo: alghe, felci, muschi, licheni, ontani, larve di tricotteri, effimere, plecotteri, trote, temoli, merlo acquaiolo

2. tratto medio: siamo in pianura dove l’acqua scorre sempre più lenta perché il corso del fiume si allarga. In questo tratto è possibile trovare ampie curve chiamati meandri; se sono presenti sbarramenti naturali che il fiume non riesce a sfondare, deposita il materiale che trasporta, isola la curva e forma una lanca. Le acque sono stagnanti. In questo tratto troviamo: piante erbacee, salici, pioppi, barbo, cavedano, gamberetti di acqua dolce, martin pescatore aironi

3. tratto inferiore: in questa zona si può trovare sia acqua salata sia acqua dolce originando acque salmastre. Questa fase crea depositi molto importanti perché possono modificare il profilo della zona in cui si immette. In questo tratto troviamo: canneti, giunchi di palude, tife, carpe, tinche, lucci, spinarelli, anguille, orate, spigole, granchi e gamberi di fiume, svasso maggiore, airone cinerino e ratti d’acqua.

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IL FIUME PO

Il Po è uno dei fiumi dell'Italia settentrionale; la sua lunghezza di 652 km lo rende il fiume più lungo dell’Italia, con il bacino più esteso e con la massima portata alla foce. Nasce in Piemonte, bagna quattro capoluoghi di provincia (Torino, Piacenza, Cremona e Ferrara), segna il confine tra Lombardia ed Emilia-Romagna, tra Emilia-Romagna e Veneto. Sfocia nel mar Adriatico in un grande delta con 6 rami. Per la maggior parte del suo percorso il Po scorre in territorio pianeggiante, chiamato pianura o Valle Padana. Per la sua posizione geografica, la sua lunghezza, il suo bacino e gli eventi storici, sociali ed economici, il Po è il corso fluviale italiano più importante. Il Po era chiamato dai Greci Eridanós, in latino Eridanus e in italiano letterario Eridano. In origine, questo nome indicava un fiume mitico che sfociava nell'Oceano e solo dopo venne identificato con il Po. Importanza

Attraversa gran parte dell'Italia settentrionale, da ovest verso est percorrendo tutta la Pianura Padana. Sulle sue rive oltre ad abitare tante persone, sono concentrate oltre un terzo delle industrie e della produzione agricola italiana e più della metà del patrimonio zootecnico. Questo rende il Po e il suo bacino una zona importante per l'intera economia italiana ed una delle aree europee con la più alta concentrazione di popolazione, industrie e attività commerciali. Corso del fiume

La sua sorgente si trova in Piemonte in provincia di Cuneo sulle Alpi Cozie e precisamente in Località Pian del Re ai piedi del Monviso, sotto un grosso masso con la targa che ne indica l'origine. Insieme ad altri numerosi sorgenti, inizia a scorrere impetuoso verso valle.

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Sbocca in pianura arricchendosi di affluenti fino a Torino dove è un corso d'acqua notevole con un ampio letto e una portata media.

Procedendo verso est, arriva nella piana Vercellese dove si arricchisce dell'apporto di importanti affluenti come Dora Baltea e Sesia. Piegando verso sud, continua poi a bagnare il Monferrato in provincia di Alessandria e segna il confine tra Piemonte e Lombardia. Dopo la confluenza del Tanaro entra in territorio lombardo scorrendo in provincia di Pavia dove riceve le acque del Ticino diventando così navigabile anche da grosse imbarcazioni sino alla foce. Il PO continua a scorrere bagnando città importanti come Piacenza e Cremona, ricevendo contributi dagli affluenti alpini Adda, Oglio e Mincio e moltissimi altri fiumi minori provenienti dall'Appennino che ne accrescono la portata. Nella zona di Ferrara il fiume scorre "pensile" sul confine tra Veneto ed Emilia-Romagna, nella regione storica del Polesine. Qui il fiume inizia il suo ampio delta, dividendosi in 5 rami principali (Po di Maestra, Po della Pila, Po delle Tolle, Po di Gnocca e Po di Goro) e 14 bocche; un altro ramo secondario (il Po di Volano) che attraversa la città di Ferrara, è ora inattivo. Finalmente il grande fiume sfocia nel Mar Adriatico. Il delta del Po, per la sua grande valenza ambientale, è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.

Fauna ittica

Il Po ed i suoi affluenti presentano una fauna ittica di alto interesse biogeografico ed ecologico. Purtroppo a partire dalla seconda metà del secolo scorso sono state introdotte molte specie ittiche alloctone che hanno inquinato questa straordinaria biodiversità.

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CARATTERISTICHE CHIMICO-FISICHE LE ACQUE MINERALI

CLASSIFICAZIONE DELLE ACQUE NATURALI IL CICLO DELL’ACQUA

ACQUE PER USI INDUSTRIALI

INQUINAMETO DELLE ACQUE

ACQUE DI RIFIUTO

DISSALAZIONE DELL’ACQUA

L’ACQUA E LA VITA

COMPOSIZIONE

PURIFICAZIONE DELL’ACQUA

L’ACQUA

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L’ACQUA

Composto chimico formato da idrogeno e ossigeno che si combinano nella proporzione di due ad uno, per dar luogo a una sostanza che, in natura, si trova allo stato solido (ghiaccio, neve), liquido e aeriforme (vapore). La formula H2O si riscontra soltanto allo stato di vapore.

IL CICLO DELL’ACQUA

Il ciclo ideologico rappresenta l’insieme di tutti i fenomeni legati all’acqua nel suo naturale movimento sulla superficie terrestre. Nel termine ciclo è insita l'idea di un meccanismo di ricircolo. Ad ogni ciclo la molecola d’acqua viene sottoposta ad almeno due cambiamenti di stato: da vapore a liquido o solido e nuovamente a vapore. Tutti i processi di formazione e di trasporto del vapore sono attivati dall’energia solare. L'acqua evapora, sotto l'azione della radiazione solare, a partire dal terreno, dalla vegetazione e dagli specchi d'acqua, per poi essere trasportata, sotto forma di nubi di vapor d'acqua, dal movimento dell'atmosfera. Le nubi, in particolari condizioni di temperatura e pressione, tendono quindi a ricondensarsi precipitando nuovamente al suolo o sugli specchi d'acqua sotto forma di piccole goccioline d'acqua o cristalli di neve. Se la precipitazione è solida tenderà ad accumularsi sulla superficie, se invece la precipitazione è liquida i suoli possono trattenere temporaneamente tutta o parte della precipitazione. L'acqua infiltrata al suolo verrà in parte richiamata dalle radici delle piante e rilasciata in atmosfera sotto forma di traspirazione, in parte drenata dal terreno, ed in parte andrà a ricaricare le falde sottostanti.

CARATTERISTICHE FISICO-CHIMICHE

L’acqua è un liquido inodore, insapore, incolore. Ognuno dei due atomi di idrogeno presenta una parziale carica positiva e quello di ossigeno una parziale carica negativa. Ne consegue che ogni atomo di idrogeno nell’acqua può essere attratto dall’ossigeno di una molecola vicina. L’acqua fonde a 0°C e bolle a 100°C.

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Allo stato solido, quindi sotto forma di ghiaccio, questo elemento è meno denso rispetto a quando si trova allo stato liquido e, oltretutto, rimane in superficie (l’aumento di volume dell’acqua congelando è di circa l’8%). Quando il ghiaccio comincia a fondere, la rottura dei legami idrogeno comporta la contrazione dell’acqua, fenomeno che si manifesta tra 0 e 4 oC; a 4 oC l’acqua presenta la sua densità massima. Come altri liquidi, può esistere in condizione di soprafusione, cioè può trovarsi allo stato liquido anche a una temperatura minore del punto di fusione, e può essere raffreddata fino a -25 °C senza congelare. L'acqua soprafusa è fortemente instabile dal punto di vista fisico. Le proprietà dell'acqua vengono spesso sfruttate per tarare strumenti di misura della temperatura, del volume e della massa. Ottimo solvente, l’acqua reagisce con i metalli alcalini a freddo, con altri a caldo; si combina con gli ossidi formando gli idrossidi e con le anidridi per dare acidi. La sua presenza è indispensabile in molte reazioni.

CLASSIFICAZIONE DELLE ACQUE NATURALI

La composizione chimica di queste acque dipende dai terreni da cui provengono: sono acide, se contengono acidi umici, acido carbonico, borico, solfidrico eccetera; dure, per la presenza di sali di calcio e magnesio. La durezza ha molta importanza per gli usi industriali: in base a essa le acque si classificano in dolci, dure e durissime. Un terreno speciale è il mare che contiene in media il 3.5% di sali, di cui la maggioranza è costituita dal cloruro di sodio.

LE ACQUE MINERALI

Le acque minerali in commercio si differenziano per diverse caratteristiche. Per saperle basta saper leggere e interpretare l’etichetta. Il dato più importante da osservare è il residuo fisso a 180°. Questo indica la qualità di sali minerali che rimangono sul fondo di un recipiente quando si scalda l’acqua a 180°, facendola evaporare. In base al loro contenuti di sali, le acque si dividono in “minimamente minerali”, “oligominerali”, “medio minerali” e “minerali”. Meno sali contiene più l’acqua è leggera e quindi adatta ad un uso quotidiano come acqua da tavola. Un acqua a basso contenuto di NA+ favorisce la diuresi. Più l’acqua è priva di sali più è leggera e diuretica e facilita il processo d depurazione dell’organismo. Se invece il residuo fisso supera i 1.500 mg per litro l’acqua è “medicamentosa” e il suo usa va subordinato al parere medico. Le acque minerali si differenziano anche in base al gusto: a)acque minerali gassate o medio gassate, che si presentano con effervescenza naturale o per addizionamento di gas; b) acque minerali piatte, cioè non effervescenti né contenenti gas.

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ACQUE PER USI INDUSTRIALI

A seconda degli impieghi, devono possedere requisiti fisico-chimici particolari.

ACQUE DI RIFIUTO

Sono quelle provenienti dallo scarico di abitazioni, officine, industrie. Le acque nere o luride contenenti deiezioni umane di solito sono mescolate a quelle bianche; non possono essere immesse direttamente nei corsi d’acqua, ma devono essere depurate ricorrendo all’azione di batteri che agiscono soltanto in presenza di aria.

L’ACQUA E LA VITA

L'acqua costituisce una frazione compresa tra il 50 e il 90 % del peso corporeo degli organismi viventi, Il protoplasma cellulare, in cui l'acqua rappresenta l'elemento disperdente; grassi, carboidrati, proteine, sali e altre sostanze chimiche vengono disciolte e trasportate in soluzione acquosa. L’acqua è presente in tutte le sostanze esistenti in natura sulla crosta terrestre ed è il composto predominante di qualsiasi tipo di materia vivente. Sulla terra essa è presente in tre stati in quantità di 45.000 miliardi di metri cubi di cui 3.000.000 mc. sono rappresentati da acqua dolce. La quantità complessiva d’acqua presente non varia. È la sostanza che in maggiore quantità entra ed esce dal corpo dell’uomo: un uomo adulto assume circa 3 litri di acqua al giorno attraverso i cibi, l’acqua bevuta, è parte di esse deriva dalle reazioni metaboliche che si svolgono nell’organismo. L’acqua raramente scende al disotto del 50% del peso di un organismo, se ciò succede deve reintegrare l’acqua al suo interno al più presto. L'acqua nel nostro corpo si trova così distribuita:

• acqua intracellulare, rappresenta il 40% • acqua extracellulare, circa il 20% • acqua plasmatica • acqua interstiziale e linfa • acqua del tessuto connettivo e osseo • liquidi transcellulari, prodotti dalle ghiandole esocrine e dalle mucose .

L'acqua non è ugualmente distribuita in tutti i tessuti. Con l'avanzare dell'età il tenore idrico dell'organismo diminuisce per colpa dell’abbassamento della capacità di ritenzione degli stessi tessuti. Il volume dei liquidi varia anche al contenuto dei grassi: gli obesi hanno un minor contenuto d'acqua rispetto ai magri; l'organismo femminile ne contiene meno rispetto a quello maschile. Quando l'acqua introdotta e quella che si forma nell'organismo equivale in quantità a quella eliminata (urine, sudore, polmoni e pelle), l'individuo è in equilibrio idrico.

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Le vie di eliminazione sono rappresentate da urine, feci, il sudore e l'aria espirata. Se l'equilibrio è alterato si manifestano i sintomi di un'intossicazione da acqua, se le entrate superano le uscite, o di una disidratazione nel caso opposto. L'intossicazione è caratterizzata da: disfunzioni gastrointestinali, debolezza muscolare, irregolarità del battito cardiaco, disorientamento anche fino al coma. Più grave e più comune è invece la disidratazione i cui sintomi sono: secchezza orale, aumento dell'emoconcentrazione, astenia, cefalea, irritabilità, insonnia, difficoltà di concentrazione per arrivare ad ipertermia, astenia profonda e collasso. L’acqua può essere però anche considerata un potenziale veicolo di malattie. Le malattie più comuni sono: tifo, colera, salmonellosi ed epatite. Esistono tre forme di epatite fra queste solo la prima, la A può essere trasmessa attraverso l’acqua. In situazioni di carenza di acqua è frequente il rischi di epidemie di queste malattie. Il controllo delle infezioni delle malattie trasmissibili con l’acqua si basa sull’adozione di semplici misure igieniche e su un efficace smaltimento dei liquami fecali. Un aumento dell’attenzione agli aspetti della salute e della forma fisica hanno contribuito all’incremento dei consumi di acque imbottigliate dal commercio. Carenza di igiene, ma anche carenze idriche per alcune zone del paese, hanno fatto si che un numero sempre maggiore di cittadini si rivolgesse alla acque minerali per le loro caratteristiche fondamentali: purezza batteriologica e proprietà salutari. Una funzione d’uso particolare è soddisfatta dalle acque salutistiche consumate per specifici problemi di dieta o curativo-terapeutici.

COMPOSIZIONE

Poiché l'acqua ha un elevato potere solvente, raramente può essere trovata in natura allo stato puro. L'acqua discioglie le sostanze minerali presenti nelle rocce e nel suolo, arricchendosi di composti chimici. L'acqua di superficie spesso contiene sostanze inquinanti di origine industriale, agricola e domestica. Nell'acqua potabile sono normalmente presenti quantità rilevanti di fluoruri. Nell'acqua marina, oltre al cloruro di sodio, sono contenuti numerosi altri sali. Il continuo apporto d'acqua dolce, nei mari e negli oceani, viene equilibrato dal processo di evaporazione che mantiene pressoché costante la concentrazione dei sali.

PURIFICAZIONE DELL’ACQUA

Per le acque destinate all'uso domestico o industriale si rendono necessari processi di purificazione e potabilizzazione. Le sostanze in sospensione vengono generalmente eliminate mediante vagliatura o sedimentazione. L'odore e il gusto sgradevoli possono essere ridotti usando sostanze assorbenti, mentre l'aggiunta di cloro e l'irraggiamento selettivo contribuiscono a ridurre l'eventuale carica batterica. I trattamenti di potabilizzazione consistono in:

• correzioni, attraverso la sedimentazione, la filtrazione e l’addolcimento. Quando l’acqua contiene una quantità significativa di calcio e di magnesio, è denominata acqua pura. L’addolcimento

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dell’acqua è una tecnica che favorisce la rimozione degli ioni di calcio e di magnesio.

• disinfezioni, consiste nella distruzione di tutti i microrganismi, essa avviene mediante l’aggiunta di sostanze battericide quali il cloro e l’ozono.

DISSALAZIONE DELL’ACQUA

Nelle zone aride o semiaride, sono stati sviluppati diversi metodi per ricavare a un costo accettabile acqua dolce dall'acqua di mare o dalle acque salmastre. Le tecniche più usate, l'evaporazione a effetto multiplo, la distillazione per compressione di vapore e l'evaporazione istantanea, si basano sull'evaporazione dell'acqua e sulla successiva condensazione del vapore ottenuto. Il terzo metodo, che è il più usato, consiste nell'immettere acqua di mare riscaldata in serbatoi in forte depressione, in cui essa vaporizza quasi immediatamente. Il vapore viene estratto e condensato, producendo acqua dissalata. Un altro metodo consiste nel congelare l'acqua di mare: i cristalli di ghiaccio vengono separati dall'acqua satura di cloruro di sodio, lavati dal sale e sciolti in modo da ottenere acqua dolce. Il problema principale della dissalazione delle acque è costituito dai costi. Ricordiamo che l’acqua è potabile se contiene meno di 500 parti per milione (ppm) di sali.

INQUINAMENTO DELLE ACQUE

La contaminazione dell’acqua è causata dall’immissione di sostanze quali prodotti chimici e scarichi industriali e urbani, che ne alterano la qualità compromettendone gli abituali usi. I principali inquinanti idrici sono: le acque di scarico, i fertilizzanti e tutte le sostanze che favoriscono una crescita eccessiva di alghe e piante acquatiche, i pesticidi e sostanze chimiche organiche, il petrolio e i suoi derivati, metalli, sali minerali e composti chimici inorganici; sabbie e detriti, sostanze o scorie radioattive. Le sostanze contaminanti contenute nell’acqua inquinata possono provocare innumerevoli danni alla salute dell’uomo e all’equilibrio degli ecosistemi. Tra gli inquinanti più nocivi per l’uomo vi sono alcuni metalli pesanti, come il mercurio, l’arsenico, il piombo e il cromo. Gli ecosistemi lacustri sono particolarmente sensibili all’inquinamento. L’eccessivo apporto di fertilizzanti dilavati dai terreni agricoli può avviare un processo di eutrofizzazione (crescita smodata della flora acquatica che consumano l’ossigeno disciolto nell’acqua). Sul fondo del bacino si accumulano sedimenti di varia natura e nelle acque avvengono reazioni chimiche che mutano l’equilibrio e la composizione dell’ecosistema. Un’altra fonte di inquinamento idrico è costituita dalle cosiddette piogge acide, che hanno già provocato la scomparsa di ogni forma di vita. Finora l’obiettivo primario dei programmi di smaltimento degli scarichi urbani è stato quello di ridurre la concentrazione delle sostanze inquinanti e dannose.

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Da qualche tempo, tuttavia, una maggiore attenzione viene rivolta anche al delicato problema del trattamento e dello smaltimento dei fanghi che si producono nei processi di depurazione. Gli scarichi industriali contengono una grande varietà di inquinanti. Il loro impatto sull’ambiente è complesso: le sostanze tossiche rinforzano reciprocamente i propri effetti dannosi e quindi il danno complessivo risulta maggiore della somma dei singoli effetti. La concentrazione di inquinanti può essere ridotta limitandone la produzione all’origine. I fertilizzanti chimici e i liquami prodotti dagli allevamenti sono ricchi di sostanze organiche che vanno a riversarsi nelle falde acquifere o nei corpi idrici superficiali. Spesso i liquami di origine animale vengono scaricati a volte direttamente sul terreno e da qui sono trasportati dall’acqua piovana nei fiumi, nei laghi e nelle falde sotterranee. In questo caso, per limitare l’impatto degli inquinanti si possono adottare semplici soluzioni, come l’uso di bacini di decantazione o di vasche per la depurazione dei liquami.