9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema...

59
Si tratta di un sistema fisico eterogeneo (composizione varia localmente) composto da due fasi immiscibili tra loro. La fase interna (o dispersa) è suddivisa sottoforma di particelle fini o goccioline in una seconda fase detta fase continua o disperdente o esterna. Il grado di dispersione è funzione della dimensione delle particelle disperse e del numero di particelle per unità di massa. Il materiale disperso può avere dimensioni variabili e si individuano 2 classi: dispersioni colloidali: particelle di diametro tra 1 nm e 0,5 µm, dispersioni grossolane: particelle di diametro maggiore di 0,5 µm. Se la dispersione è a livello molecolare (con diametro inferiore a 1 nm) si hanno soluzioni vere e proprie, in questo caso si ha un sistema omogeneo. Fase interna Fase esterna SISTEMI DISPERSI

Transcript of 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema...

Page 1: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Si tratta di un sistema fisico eterogeneo (composizione varia localmente) composto da due fasi immiscibili tra loro.

La fase interna (o dispersa) è suddivisa sottoforma di particelle fini o goccioline in una seconda fase detta fase continua o disperdente o esterna.

Il grado di dispersione è funzione della dimensione delle particelle disperse e del numero di particelle per unità di massa.

Il materiale disperso può avere dimensioni variabili e si individuano 2 classi:

•dispersioni colloidali: particelle di diametro tra 1 nm e 0,5 µm,

•dispersioni grossolane: particelle di diametro maggiore di 0,5 µm.

Se la dispersione è a livello molecolare (condiametro inferiore a 1 nm) si hanno soluzioni vere e proprie, in questo caso si ha un sistema omogeneo.

Fase interna

Fase esterna

SISTEMI DISPERSI

Page 2: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Sia la fase dispersa che quella disperdente possono essere solide, liquide o gassose:

•Dispersioni nei gas

•Gas-liquido (nuvole, nebbia)

•Gas-solido (fumi)

•Dispersioni nei solidi

•Solido-solido (soluzioni solide, es. alcuni minerali)

•Solido-liquido (emulsione solida, es. burro)

•Solido-gas (schiuma solida)

•Dispersioni nei liquidi

•Liquido-solido (sospensioni, disp. coll. es. vernici)

•Liquido-liquido (emulsioni, es. latte)

•Liquido-gas (schiume, schiuma da barba)

Page 3: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Caratteristica peculiare dei sistemi dispersi è la presenza di una regione di confine tra le due fasi, detta interfaccia, che nel caso delle emulsioni riguarda due liquidi immiscibili, nel caso delle sospensioni un solido e un liquido. Esiste sempre una interfaccia liquido/aria nei liquidi puri.

Un’interfaccia ha composizione e proprietà diverse da quelle delle due fasi (variazione di densità) e può influenzare notevolmente le proprietà del sistema che ètermodinamicamente instabile proprio per l’elevata energia associata alla superficie della fase dispersa.

Fase interna

Fase esterna

Interfaccia liquido-aria

Interfaccia liquido-liquido

Page 4: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

TENSIONE SUPERFICIALE

Tra le molecole di una qualsiasi sostanza esistono forze di attrazione (forze di coesione). Nel recipiente, il liquido in esso contenuto è costituito da molecole che, in media, sono distribuite simmetricamente attorno a ciascuna altra molecola, sicché le forze applicate hanno risultante nulle.

Per le molecole che si trovano in superficie la situazione è diversa: poiché esiste solo l'interazione con le molecole poste nello strato sottostante, la risultante delle forze è diversa da zero ed è diretta verso l'interno del liquido. E' chiaro che le molecole che costituiscono lo strato superficiale del liquido sono attirate verso l'interno e tendono così ad occupare la minima superficie possibile; il risultato di questa attrazione è che la superficie di un liquido si comporta come una membrana elastica in tensione e la tensione a cui è sottoposta, prende il nome di tensione superficiale.

Interfaccia liquido/aria

Molecole del liquido

Page 5: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

I pond skaters, gli insetti pattinatori, come le idrometre e i gerridi, sfruttano la tensione superficiale per pattinare sull'acqua senza affondare: possono così spostarsi sull'acqua, e cibarsi di quegli insetti che vi rimangono invischiati dalle forze di tensione superficiale.

I gerridi sono degli insetti che si possono trovare nei laghi, nelle paludi e sulle rive dei fiumi. Questi insetti trascorrono tutta la loro vita sulla superficie dell’acqua e camminano sull'acqua stessa muovendosi a scatti per mezzo di fitti peli che possiedono sulle estremitàdelle lunghe zampette posteriori. I peli superficiali sono infatti ricoperti di oli, sostanze idrofobe che respingono l'acqua e permettono alla parte terminale delle zampe di non forare la membrana superficiale dell'acqua.

Page 6: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Nel caso di interfaccia liquido-liquido o liquido-solido il termine tensione superficiale viene sostituto dal termine tensione interfacciale.Generalmente la tensione interfacciale tra due liquidi è minore delle rispettive tensioni superficiali poiché le forze di attrazione all’interfaccia sono moderate dalle molecole dei due liquidi coinvolte.

Page 7: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Le molecole che si trovano all’interfaccia di un liquido o di un solido sono in uno stato di maggiore energia nei confronti di quelle che si trovano nell'interno della massa, e pertanto, volendo incrementare l'area della superficie libera di una sostanza liquida o solida, vale a dire per aumentare il numero di molecole superficiali, è necessario compiere un lavoro.

Questo lavoro serve appunto per fornire alle molecole che si trovano all'interno della fase condensata, l'energia che esse posseggono in superficie. Il lavoro richiesto per incrementare di una unità l'area della superficie di separazione fra due liquidi immiscibili, oppure fra un liquido e un solido, oppure fra un solido e un gas, è detta tensione interfacciale.

La tensione superficiale (o interfacciale) è quindi il lavoro necessario per aumentare la superficie del liquido di una quantità unitaria ed è misurata in :

J/m2= N*m/m2= N/m (o Dyne/cm nel sistema CGS)

la tensione superficiale ha quindi le dimensioni di una forza divisa per una lunghezza, e questo fatto trova la sua giustificazione se si tiene conto che a causa dello stato tensionato della loro superficie, i liquidi si comportano come se fossero ricoperti da una pellicola elastica. Questa pellicola elastica contraendo la loro superficie libera, tende a fare assumere a quest'ultima una forma e curvatura tali che essa abbia la minima estensione superficiale.

Page 8: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Nei sistemi dispersi la tensione interfacciale fa sì che le due fasi tendano a disporsi in maniera tale da minimizzare l’area interfacciale.

la fase dispersa tenderà ad aggregarsi e formare un unico ammasso sferico (a parità di volume la sfera ha la minore area superficiale).

Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile e le due fasi tendono a separarsi per ridurre l’interfaccia.

Tensione interfacciale

Page 9: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Il valore di tensione superficiale interfacciale dipende:

•Natura (struttura chimica) delle sostanze che costituiscono le due fasi.

Maggiore è l’affinità chimica ( e la possibilità di generare forze attrattive) delle due specie minore è la tensione interfacciale.

•Temperatura

La tensione superficiale diminuisce all'aumentare della temperatura (legge di Eötvös)

•Presenza di molecole che si dispongono all’interfaccia (tensioattivi).

Molecole con buona affinità per entrambe la fasi si inseriscono all’interfaccia abbassando la tensione interfacciale e favorendo la stabilità del sistema.

Page 10: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

TENSIOATTIVI

I tensioattivi (o surfattanti) sono sostanze che hanno la capacità di abbassare la tensione superficiale di un liquido, agevolando la bagnabilità delle superfici o la miscibilità tra liquidi diversi. Da un punto di vista chimico sono tutte sostanze caratterizzate da una struttura "ambivalente"che comprende:

•una parte lipofila (catena idrocarburica) in grado di interagire con sostanze oleose;

•una parte idrofila (testa polare) che conferisce al tensioattivo solubilità in acqua.

Convenzionalmente una molecola di tensioattivo viene schematizzata da una "testa" idrofila a cui èlegata una "coda" idrofoba

Page 11: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Le bolle di sapone

Rappresentano l’esempio più evidente di come agisce un tensioattivo.

La tensione superficiale dell'acqua saponata è molto più bassa di quella dell’acqua pura in quanto i detersivi contenendo tensioattivi abbassano la tensione superficiale dell'acqua, rendendola circa un terzo di quella pura e le molecole tenderanno ad allontanarsi formando una pellicola elastica capace di gonfiarsi con l'aria. Le lamine d'acqua saponata sono formate da tre strati, i cui due strati esterni sono formati di molecole di tensioattivo e lo strato interno è formato da acqua saponata. Questi strati di molecole tensioattive sono molto elastici e sopportano elevate deformazioni senza rompersi, non solo, ma rallentano l'evaporazione del film d'acqua e prolungano la vita delle lamine e delle bolle.

Page 12: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Tensioattivi in soluzione

La disposizione delle molecole di tensioattivi all’interno di una sistema acquoso è di tipo concentrazione dipendente. A bassa concentrazione si dispongono all’interfaccia aria-acqua o aria-contenitore, con la parte idrofila diretta verso l’acqua e a quella idrofoba verso l’aria. In questa fase le molecole di tensioattivo sono disperse a livello molecolare e si parla di tensioattivi in forma unimerica.

Man mano che la concentrazione aumenta, le interfaccie iniziano ad essere sempre più“affollate”, fino a che si arriva al punto in le molecole di tensioattivo formano degli aggregati sferici chiamati micelle, caratterizzati da parete esterna idrofila ed una interna idrofoba. La concentrazione a cui ciò avviene è definita concentrazione micellare critica.

Forma unimerica Forma micellare

Page 13: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

L’effetto che hanno i tensioattivi sulle varie proprietà delle soluzioni/sistemi dispersi è in relazione con il loro stato di aggregazione. Alcuni effetti saranno in relazione con lo stato unimerico, ossia con il numero di molecole posizionate all’interfaccia, altri con lo stato micellare.

Gli effetti legati allo stato unimerico varieranno fortemente con la concentrazione del tensioattivo al di sotto della CMC (come la tensione superficiale), mentre quelli legati allo stato micellare varieranno fortemente con la concentrazione del tensioattivo al di sopra della CMC (come l’effetto solubilizzante).

Page 14: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Ogni tensioattivo ha uno specifico valore di CMC, in relazione alla temperatura ed alla presenza di soluti o cosolventi.

SDS

I tensioattivi non ionici (come il C10E5) mostrano una variazione monotonica della CMC in funzione della temperatura (all’aumentare della temperatura la CMC decresce)

Page 15: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

In soluzione diluita i tensioattivi esistono come unimeri o micelle sferiche, in relazione alla struttura chimica, concentrazione, temperatura, e presenza di altri soluti o cosolventi.

Tuttavia, quando la concentrazione aumenta, le micelle formate da alcuni tensioattivi tendono ad assumere forma cilindrica e poi a generare mesofasi (liquidi cristallini), caratterizzate dalla formazioni di aggregati molto più grandi e di forma regolare. I tensioattivi che generano mesofasi mostrano sempre elevata solubilità nel solvente.

Esistono numerosissimi tipi di mesofasi, in relazione alla concentrazione e struttura chimica del tensioattivo e della temperatura:

Page 16: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile
Page 17: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Cenni storici

I primi tensioattivi della storia furono i saponi. Chimicamente, essi sono sali alcalini di acidi grassi, cioè costituiti da una base forte (soda o potassa caustica) e da un acido debole (acido grasso).

I primi saponi furono prodotti utilizzando grasso e lisciva (ottenuta facendo bollire le ceneri in acqua, il carbonato di calcio delle ceneri viene in parte convertito in sodio e idrossido di calcio)

Attualmente il sapone naturale può essere facilmente ottenuto trattando un grasso (animale o vegetale) con soda caustica NaOH o potassa caustica KOH, secondo la reazione di saponificazione.

Page 18: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Meccanismo d’azione dei saponi

I saponi e i detersivi sono formati da molecole che hanno una testa idrofila, che quindi resta nell'acqua ed una coda idrofoba, che ama le sostanze grasse e rifugge l'acqua. A causa della loro coda idrofoba, una parte delle molecole di detersivo si raccoglie alla superficie dell'acqua formando uno strato monomolecolare, ne abbassa la tensione superficiale e ne facilita la penetrazione nei tessuti da lavare. All'interno dell'acqua, le molecole di detersivo si raccolgono in micelle e membrane, piccoli aggregati di molecole, unite per la coda idrofoba. Quando incontrano sporcizia, queste molecole circondano le particelle e vi inseriscono la loro coda. Le teste idrofile attirano lo sporco verso l'acqua e contribuiscono insieme con l'agitazione del liquido a staccarlo dal substrato. La corona di teste idrofile veicola le particelle di sporco nell'acqua, dove finiscono in sospensione per poi venire sciacquate via.

Page 19: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Classificazione dei tensioattivi

I tensioattivi possono essere classificati in in base alle proprietà ioniche della testa polare idrofila in:

•Anionici,

•Cationici,

•Neutri,

•Anfionici (zwitterionici);

Page 20: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Tensioattivi anionici

I tensioattivi anionici sono molecole la cui testa polare è carica negativamente (es. saponi, saponi di ammine, solfati di alcoli superiori, solforati). In campo farmaceutico sono in genere utilizzati per uso esterno.

Sono incompatibili con gli acidi, con i tensioattivi cationici e con tutti quei cationi con cui formano sali insolubili.

I più comuni tensioattivi anionici sono:

• I saponi alcalini (di Na o K), alcalini terrosi (di Ca) o di ammine.

•Esteri solforici

Preparati per reazione dell’acido solforico con alcoli grassi (AES) o oli.

Largamente usati come detergenti anche se sempre meno per quelli ad uso umano (saponi, shampoos e bagnoschiuma), poiché un po’ irritanti.

Il più famoso della serie è lo SDS, il sodio lauril solfato (o sodio dodecil solfato).

R-COO─ (K+, Na+, Ca++, NH4+)

Page 21: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

• Derivati solfonici

Possiedono sempre il gruppo solfonico (a differenza del groppo solforico, lo S è attaccato direttamente al carbonio), che si lega direttamente al carbonio della catena idrocarburica. I solfonati sono molto utilizzati come detergenti; per contro, hanno l'inconveniente di essere molto aggressivi ed irritanti.

R-SO3─ M+

Il groppo R può essere una catena alchilica (alchil-sulfonati) o alchil-arilica (alchil-aril-sulfonati).

Page 22: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Tensioattivi cationici

I tensioattivi anionici sono molecole la cui testa polare è carica positivamente, sono costituiti quasi esclusivamente da composti di ammonio qunaternari. Il loro impiego principale è come batteridi o batteriostatici (benzalconio cloruro o cetrimide).

Benzalconio cloruro

Page 23: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Tensioattivi zwitterionici

I tensioattivi anfionici sono molecole la che presentano sia gruppi carichi positivamenteche gruppi carichi negativamente. La principale caratteristica è che si comportano come tensioattivi anionici o cationici a secondo del pH della soluzioni in cui sono contenuti. A pH uguale al punto isoelelettrico mostrano entrambe le cariche.

Sono solubili in acqua, presentando un minimo di solubilità al punto isolelettrico. Mostrano ottima compatibilità con le altre classi di tensioattivi.

Essendo poco irritanti sono utilizzati nella formulazione di prodotti cosmetici e per la cura della persona.

Tra i tensioattivi più comuni ci sono gli N-alchil-amino-propionati e vari prodotti naturali quali lecitine, caseina e gelatina.

lecitina

Page 24: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Tensioattivi non ionici

I tensioattivi anfionici sono molecole non presentano gruppi carichi. la parte idrofila si compone di molecole neutre solubili in acqua. Sono largamente impiegati come emulsionanti in quanto sono insensibili alle variazioni di pH ed alla presenza di elettroliti.

A seconda del bilanciamento delle porzioni idrofile e lipofile, sono classificati in:

•Tensioattivi neutri lipofili

•Alcool etossilati

Sono esteri di acidi grassi e polialcoli, come ad esempio i mono-gliceridi o i di-gliceridi. I polialcoli impiegati sono in genere la glicerina o il glicol etilenico o propilenico. Possono essere semisintetici (parziale idrolisi dei trigliceridi) o sintetici.

Glicerin monostearato

Acido stearico

Glic

erin

a

Page 25: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

•Esteri del sorbitano

Sono esteri parziali del sorbitano, un polialcool ottenuto per disidratazione del sorbitolo, con acidi grassi. Gli esteri del sorbitano sono spesso chiamti con il nome coomerciale del prodotto più diffuso, Span®.

È importante dire che con il termine sorbitano non si indica un unico composto, ma una serie di prodotti tutti derivati dal sorbitolo che differiscono per la grandezza del ciclo e la posizione degli OH.

In funzione del tipo di acido grasso e dei gruppi OH esterificati si ottengono diversi tipi di span, indetificati da un numero specifico.

Esterificato con acidi grassi

1-4 sorbitano

Page 26: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

•Tensioattivi neutri idrofili

•Esteri dei poli-etilen-glicoli (PEG)

Si ottengono esterificando i poli-etilen-glicoli (PEG) con acidi grassi. Le caratteristiche del tensioattivo sono in relazione con la lunghezza della catena polimerica del PEG e da quella dell’acido grasso. Prendono il nome commerciale di PEG-N-alchil name, dove

N: numero di unità di PEG

Alchil name: nome dell’acido grasso corrispondente.

Così, ad esempio, il PEG-8-staerato è costituito da PEG 400 (ha 8 unita) ed acido stearico.

Altri nomi commerciali sono Polyoxyl.

Usato prevalentemente in cosmetica e prodotti per la cura della persona.

PEG

Page 27: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

•Polisorbati

Si ottengono dagli span esterificando i gruppi ossidrilici liberi con ossido di etilene. In questo modo si ottengono degli span più idrofili. Prendono il nome di Tween® e sono caratterizzati da un numero che ne identifica il tipo esatto.

Page 28: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Altri tensioattivi

In questa sezione vengono riportate alcune classi di tensioattivi che non possono essere divisi in maniera netta in funzione della carica (all’interno di ogni classe possono esserci specifiche strutture chimiche cariche o non). Nella maggior parte dei casi sono tensioattivi neutri.

•Copolimeri a blocchi

Un copolimero è una macromolecola la cui catena polimerica contiene monomeri di due o piùspecie differenti. In un copolimero a blocchi, tutti i monomeri di un tipo e quelli dell'altro sono raggruppati in due blocchi distinti ma uniti ad un estremo. Un copolimero a blocchi può essere pensato come due o più omopolimeri uniti alle estremità.

Se abbiamo due blocchi, A e B, il copolimero a blocchi avrà una struttura:

A-A-A-A-B-B-B-B

I copolimeri a blocchi sono in genere costituiti da 2 o 3 blocchi, anche se altre configurazioni sono possibile.

Un copolimero a blocchi avrà proprietà tensiattive se i blocchi che lo costituiscono hanno affinità per l’acqua differenti. Così avremo sempre:

• Blocco idrofilo (in genere PEG)

• Blocco lipofilo o meno idrofilo (se ne possono usano diversi, come il poli-propilen glicole PPO, polialattide, ecc.)

Page 29: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Tra i copolimeri a blocchi con azione tensiattiva quelli più comunemente utilizzati sono i polossameri, costituiti da due blocchi di PEG (definiti anche PEO) con nel mezzo un blocco di PPO.

Le caratteristiche specifiche dei polossameri saranno dipendenti dalla lunghezza delle catene dei vari blocchi (n e m)

PEO PEOPPO

In acqua si posizionano all’interfaccia liquido-aria

acquaaria

Page 30: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

•Tensioattivi derivati da carboidrati

Sono ottenuti legando catene idrofobiche ai gruppi idrossilici di mono e poli saccaridi (esterificazione con acidi grassi o eterificazione con alcooli grassi).

La classe più interessante sono gli alchil-poliglucosidi (APG), ottenuti dal glucosio e dagli alcool grassi. Gli APG sono costituiti da una catena polisaccaridica ottenuta dalla polimerizzazione del glucosio in cui è inserita la catena alchilica.

Gli APG sono una classe relativamente nuova (sono prodotti su scala industriale solo dagli anni 90’) e particolarmente interessante poiché sono “environmentally friendly”(biodegradabili), inoltre non sono tossici ne irritanti, abbinando al tutto un buon potere tensioattivo.

Page 31: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Bilancio idrofilico-lipofilico (HLB)

L’HLB è un parametro che definisce il grado di idrofilicità o di lipofilicità di in un tensioattivo.

Esistono vari approcci per determinare l’HLB, tuttavia, quello più comunemente utilizzato èquello descritto da Griffin (ATLAS POWDER COMPANY) nel 1949:

totale

idrofilaporzione

PMPM

HLB −⋅= 20

Poiché il rapporto tra i pesi molecolari della porzione idrofila e della molecola intera varia tra 0 (solo parte idrofoba) ed 1 (solo parte idrofila), ne consegue che l’HLB di Griffin varia tra 0 e 20:

•HLB=0 molecola totalmente idrofobica

•HLB<10 tensioattivo prevalentemente lipofilo

•HLB>10 tensioattivo prevalentemente idrofilo

•HLB=20 molecola totalmente idrofila

Questo calcolo del valore di HLB è stato sviluppato per i tensioattivi non ionici.

Page 32: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Ad esempio, il valore HLB del PEG-8-stearato si calcola:

La parte idrofila è costituita dal peg 400 (8 unità monomeriche) e dal C=O dell’acido stearico, per un peso molecolare di 397.

Il peso molecolare totale è 397 (parte idrofila) + 239 (parte lipofila), per un totale di 636.

397/636=0.62 (62 % idrofilo) per un HLB pari a 0.62*20= 12

Parte idrofila Parte lipofila

Page 33: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Il classificazione HLB permette di definire l’utilizzo dei tensioattivi:

•HLB tra 4-8 : Agenti anti-schiuma

•HLB tra 7-11 : Emulsionanti W/O

•HLB tra 11-14 : Agenti bagnanti

•HLB tra 12-16 : Emulsionanti O/W

•HLB tra 12-15 : Detergenti

•HLB > di 16 : Agenti solubilizzanti

Potassium oleateSolubilizing Agents20

Sodium oleateSolubilizing Agents18

Polyoxyethylene lauryl ether (Brij 35)Solubilizing Agents17

Polyoxyethylene sorbitan monolaurate (Tween20)

Emulsifying Agent O/W ; Detergents: SolubilizingAgents16

Polyoxyethylene sorbitan mono-oleate(Tween80)

Emulsifying Agents O/W ; Detergents15

Polyethylene glycol 400 monolaurateEmulsifying Agents O/W ; Detergents13

Triethanolamine oleateEmulsifying Agents O/W12

Polyoxyethylene monostearate (Myrj 45)Emulsifying Agents O/W11

Polyethylene lauryl ether(Brij 30)

Emulsifying Agent O/W; Wetting and SpreadingAgents9

Sorbitan monolaurate (Span 20)

Emulsifying Agent W/O; Wetting and SpreadingAgents8

Glyceryl MonostearateEmulsifying Agent W/O5

Sorbitan mono-oleate (Span 80)Emulsifying Agent W/O4

Glyceryl distearateAntifoaming Agent3

Oleic AcidAntifoaming Agent1

EXAMPLEUSEHLB VALUE

Page 34: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

I sistemi colloidali rappresentano un sistema intermedio tra soluzioni e sospensioni vere e proprie, caratterizzato da una fase dispersa con taglia particellare compresa tra 1 nm e 0,5 mm. Dal punto di vista fisico la fase dispersa può essere costituita da particelle o goccioline di taglia nanometrica, aggregati molecolari o polimeri e macromolecole solvatate.

Sulla base dell’interazione delle particelle della fase dispersa con le molecole del mezzo disperdente i sistemi colloidali possono essere classificati in tre gruppi:

SISTEMI COLLOIDALI

1) colloidi liofobi (o idrofobi se il solvente è l’acqua):

• Hanno scarsa affinità e attrazione per il mezzo disperdente.

• Non presentano un rivestimento di solvente attorno alla particella.

•La viscosità delle dispersioni acquose di questi colloidi è solo di poco superiore a quella dell'acqua, anche perché in genere la quantità di solido sospesa non va oltre il 3-5%.

•La dispersione colloidale è meno stabile e più sensibile alla presenza di elettroliti.

•Le particelle colloidali hanno una carica elettrica responsabile della loro stabilità in quanto provoca una repulsione elettrostatica capace di impedire l'avvicinamento di due particelle oltre certi limiti.

•Sono per la maggior parte composti inorganici (oro, argento, ioduro, zolfo..).

Page 35: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

2) Colloidi liofili (idrofili o idrocolloidi se il solvente è l’acqua).

•Le particelle disperse presentano affinità con il solvente e formano dispersioni colloidali detti sol con relativa facilità.

•Questi sistemi presentano caratteristiche simili a quelle delle vere soluzioni.

•Risultano molto stabili.

•Le loro proprietà dipendono dall’attrazione tra fase dispersa e disperdente che porta alla solvatazione (le particelle si circondano di uno strato di molecole solvente).

•Quando la concentrazione del colloide raggiunge un certo valore si possono formare delle strutture reticolari dette geli.

•Vengono chiamate anche soluzioni colloidali reversibili perché per sottrazione della fase acquosa danno origine ad un residuo solido detto Xerogel dal quale è possibile ricostituire la soluzione originaria per semplice aggiunta di acqua.

•Sono generalmente costituiti da dispersioni di macromolecole e polimeri (gomma, amido, proteine, polimeri sintetici, ecc.), la maggior parte delle quali sono molecole organiche (derivati della cellulosa, del polivilalcool, di molte gomme naturali…).

Page 36: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

3) colloidi di associazione:

Sono molecole amfifiliche, come i tensioattivi. Quando sono presenti in un mezzo liquido a basse concentrazioni tendono ad esistere separatamente ed in genere posizionati alle interfacce (liquido-aria). All’aumentare della concentrazione formano degli aggregati costituiti da più molecole dette micelle. La concentrazione alla quale si formano è dettaconcentrazione micellare critica (CMC). Il numero di molecole che si aggregano per dare la micella è detto “numero di aggregazione”. Le strutture delle micelle possono avere diverse forme: sferiche, cilindriche, lamellari e discoidali. Nei solventi polari in genere la parte idrofobica e lipofilica si orienta all’interno di una sfera, mentre la parte idrofilica si orienta all’esterno. In solventi apolari l’orientamento è inverso.

Come per i sol liofili, la formazione dei colloidi di associazione è spontanea, purchè si raggiunga la CMC. I colloidi di associazione si suddividono in anionici, cationici, non ionici e anfoteri. Una importante proprietà è la capacità delle micelle di aumentare la solubilità di molecole insolubili nel mezzo disperdente usato. Ad esempio, in sistemi acquosi, un soluto non polare si potrebbe localizzare nel nucleo centrale idrocarburico, mentre un soluto polare sarà adsorbito sulla superficie della micella.

Page 37: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Nei sistemi colloidali possono essere identificate delle caratteristiche peculiari quali:

ADSORBIMENTO

Le particelle di dimensioni colloidali possiedono un’area superficiale enorme ed ad essa si deve il fenomeno dell’adsorbimento.

Per adsorbimento si intende la concentrazione e l’accumulo di un gas, di un liquido o di un solido sulla superficie di un liquido o di un solido con cui è a contatto (interfaccia).

Sostanza che adsorbe = adsorbente Sostanza adsorbita = adsorbato

L’adsorbimento è un fenomeno di superficie che non deve essere confuso con l’assorbimento che è un processo di penetrazione e mescolamento molecolare.

Page 38: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Tyndall effect is seen here using a laser pointer. The glass on the left contains 5 ppm of HVAC colloidal silver and the one on the right isfrom the tap after the bubbles have settled out. Fairly large particle size was used for this demonstation so it could be caught by the camera in broad daylight.

AcquaSoluzione colloidale di argento in acqua

EFFETTO TYNDAL

Nei colloidi, in maniera particolarmente marcata per quelli liofobi, si osserva l'effetto Tyndall. E’ un fenomeno di dispersione della luce dovuto alla presenza di particelle di dimensioni comparabili a quelle delle lunghezza d’onda della luce incidente. Questo effetto èevidente per un osservatore disposto perpendicolarmente alla direzione del fascio luminoso; al contrario, un raggio luminoso è invisibile, qualunque sia la posizione dell'osservatore, se passa attraverso una soluzione vera e propria o un liquido puro in quanto il diametro medio delle particelle è minore della lunghezza d'onda dei raggi luminosi. Un fascio luminoso che attraversa con una certa angolazione una dispersione colloidale, può essere seguito ad occhio nudo grazie alla diffrazione della luce da parte delle particelle disperse.

Page 39: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

COACERVAZIONE

La coacervazione è un processo fisico di separazione di fase tipico dei sistemi colloidali liofili. In seguito all’aggiunta di un terzo componente o la variazione di parametri fisici in sistema colloidale si formano due fasi distinte, una ricca di polimero (coacervato) e l’altra costituita prevalentemente da solvente. Continuando ad applicare le condizioni che determinano la coacervazione si ha completa separazione di fase e precipitazione del colloide.

La coacervazione può avvenire tramite 3 meccanismi:

1.Desolvatazione del polimero (in sistemi binari o ternari);

2.Repulsione tra 2 diversi polimeri disciolti in un solvente comune (sistema ternario);

3.Interazioni tra un polimero poliionico con contro-ioni (o con un polimero di carica opposta);

In ogni caso la coacervazione è sempre una diretta conseguenza del cambiamento delle interazioni colloide-colloide e colloide-solvente. Ogni evento che riduce o elimina il guscio di solvatazione del colloide favorisce le interazioni polimeriche inter ed intracatenae conseguentemente la coacervazione.

La coacervazione rappresenta la tecnica utilizzata agli albori della microincapsulazione. I primi processi erano condotti principalmente con gelatina. Costituisce ancora uno degli approcci microincapsulativi più comuni a livello industriale specie utilizzando etilcellulosa (garantisce la preparazione di microcapsule a rilascio controllato) come polimero.

Page 40: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

PROPRIETÀ ELETTRICHE DELLE INTERFACCE

Le particelle colloidali presentano delle cariche elettrica superficiali responsabili della loro stabilità in quanto provoca una repulsione elettrostatica capace di impedire l'avvicinamento di due particelle oltre certi limiti.

La presenza di carica elettrica è facilmente dimostrabile attraverso degli esperimento di elettroforesi, dove il passaggio di corrente continua attraverso la dispersione colloidale provoca la migrazione delle particelle verso il catodo (polo positivo ) o l’anodo, a seconda della carica del colloide.

L’origine della carica è dovuto a:

•Adsorbimento sulla superficie di dei colloidi liofobi di specie ioniche presenti in soluzione.

•Ionizzazione di gruppi chimici ( soprattutto carbossili) sulla superficie dei colloidi liofili.

•Differenza della costante dielettrica tra il mezzo disperdente e la sostanza dispersa.

Page 41: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

La carica superficiale dei colloidi fa sì che intorno alla particella si formi uno strato molto ricco di ioni di segno opposto che si muove con la particella stessa. (strato di Stern) Intorno allo strato di Stern si forma un secondo strato (strato diffuso) costituito da ioni di entrambi i segni, ma con una predominanza degli ioni che costituiscono anche lo strato di Stern.Tale predominanza è più marcata nei pressi dello strato di Stern e va poi a sfumare verso la fine del secondo strato.

Ioni

adsorbiti

SlippingplaneInfatti, la fine di questo ultimo è rappresentata

dal punto in cui vi è perfetto equilibrio tra i due ioni di carica opposta (elettroneutralità). Da quel punto in poi, allontanandoci dalla superficie della particella tale equilibrio verràovviamente mantenuto.

Lo strato diffuso può essere diviso in due parti, lo strato più interno (strato fisso, ricco delle cariche dello strato di Stern) che rimane sempre legato allo strato di Stern e lo strato più esterno che invece non è legato al colloide (strato mobile). Il punto si separazione è chiamato piano di scivolamento (slipping plane), poiché se si applica una forza tangenziale solo lo strato interno si muoverà con il colloide.

Page 42: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Poiché alla fine dello strato diffuso si ritorna alla elettroneutralità (soluzione in bulk), si genera una differenza di potenziale tra i vari strati e la soluzione in bulk:

•Potenziale di superficie: Differenza di potenziale tra la superficie del colloide ed il solvente in bulk.

•Potenziale di Stern: Differenza di potenziale tra la strato di Stern ed il solvente in bulk.

•Potenziale zeta: Differenza di potenziale tra la lo slipping plane dello strato diffuso ed il solvente in bulk.

Page 43: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

La presenza e la grandezza di una carica sulle particelle colloidali costituiscono un fattore importante per la stabilità dei sistemi colloidali.

Il potenziale zeta è una misura della forza repulsiva tra le particelle ed un indice della stabilità dei colloidiQuando il potenziale zeta scende al di sotto di 25mV, il sistema diventa instabile e le particelle cominciano ad aggregarsi poiché cominciano a prevalere le forze attrattive che entrano in azione quando due particelle, nel loro movimento Browniano, vengono a trovarsi sufficientemente vicine.

Page 44: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Colloidi liofili:

Contrariamente a quanto avviene per i colloidi idrofobi, al valore di pH o di aggiunta di elettroliti che danno una velocità elettroforetica nulla (per es. al valore del punto isoelettrico nel caso delle proteine), non si ha flocculazione e poi precipitazione del colloide idrofilo. Ciò dipende dal fatto che essi possiedono una notevole stabilità in fase acquosa proprio a causa dei gruppi funzionali polari o delle cariche nette possedute che formano con numerose molecole d'acqua forti legami idrogeno. Così si crea intorno alla macromolecola un poderoso strato di solvatazione che gli garantisce stabilità. Ecco perché solo quantità molto elevate di elettroliti riescono a destabilizzarli. Per ottenere la flocculazione o la precipitazione di un colloide idrofilo, occorre sottoporre il sistema a determinate condizioni sperimentali capaci di ridurre drasticamente lo strato di idratazione intorno alla molecola del colloide idrofilo, come ad esempio:

•Aggiunta di tannini.

•Aggiunta di alcoli o fenoli.

•Aggiunta di un grande eccesso di elettroliti.

•Aumento della temperatura.

SISTEMI COLLOIDALI: STABILITA’

Page 45: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Colloidi liofobi:

Sono termodinamicamente instabili. Solo la presenza di carica sulla superficie delle particelle (aggiunta di elettrolita) riesce a stabilizzare il sistema (repulsione che impedisce la coagulazione).

La teoria DLVO descrive la stabilità dei colloidi. Questa teoria presuppone che le interazioni tra le particelle colloidali in una dispersione sono dovute alla risultante tra la repulsione elettrostatica (VR) e l’attrazione di tipo London o van der Waals (i due parametri sono additivi):

Page 46: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

P= Minimo primarioS= Minimo secondarioB= Massimo primarioR= Distanza tra le particella

Minimo secondario (responsabile della flocculazione elevato volume di sedimentazione ma risospendibile). Le particelle possono aggregarsi, entrare in intimo contatto:

Quando due particelle in mezzo acquoso si avvicinano appena dopo la zona delle forze repulsive dovute al doppio strato esiste una regione di deboli forze attrattive

Minimo primario (formazione di legami e di un aggregato stabile detto “ CAKE”).

Una barriera repulsiva (dovuta al potenziale zeta) separa il minimo secondario dal minimo primario: nel grafico è rappresentato dal massimo primario (la grandezza della forza repulsiva determina se un sistema flocculato rimarrà tale).

Page 47: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Giocando opportunamente con concentrazione ioniche e valenze degli ioni, si può variare lo spessore del doppio strato e bilanciare le forze di repulsione (colombiane) e di attrazione di Van der Waals in modo da creare un minimo secondario dove le particelle si attraggono ma restano ad una certa distanza tra loro (non c’e intimo contatto).

P= Minimo primarioS= Minimo secondarioB= Massimo primarioR= Mistanza tra le particella

Page 48: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Colloidi protettori

La stabilità dei colloidi liofobi può essere migliorata anche per aggiunta di colloidi idrofili.

Il meccanismo di questa azione protettrice si spiega con la ricopertura dei colloidi liofobi con uno strato di colloide idrofilo. L'insieme acquisisce allora le proprietà di quest'ultimo, in particolare l’affinità per il solvente e quindi la stabilità.

Tale effetto viene quantificato attraverso la determinazione del numero d'oro. Esso rappresenta la quantità minima (espressa in mg) di colloide idrofilo che è necessario aggiungere a 10ml di una dispersione colloidale d'oro (conc. 0,05-0,06g/l) per impedirne la flocculazione al seguito dell' aggiunta di 1ml di NaCl al 10%.

Page 49: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

I colloidi sono sempre stati impiegati in campo farmaceutico, tuttavia, con lo sviluppo delle nanotecnolgie, il loro utilizzo sta acquisendo sempre maggior interesse.

È utile ricordare che tutti i polimeri e le macromolecole in soluzione generano dei sistemi colloidali e non soluzioni.

I colloidi sono utilizzati per :

•Preparazione dei sostituti sintetici del plasma sanguigno. Il colloide più usato per questo scopo è il PVP.

•Sali colloidali di cloruro di argento e di alluminio sono utilizzati come antibatterici.

• Eccipienti per la preparazione di emulsioni, sospensione e gel (i colloidi idrofili hanno tutti proprietà viscosizzante, in relazione alla concentrazione) o per la preparazione di pseudosciroppi.

• Per la preparazione delle soluzione di rivestimento per i solidi orali.

• Aumentare solubilità, stabilità di principi attivi in preparazioni acquose ed oleose.

• Ottenere un rilascio modificato selettivo dei principi attivi, specie per via endovenosa, intramuscolo, oculare o nasale (liposomi, nanoparticelle, micelle, microemulsioni ).

SISTEMI COLLOIDALI: APPLICAZIONI FARMACEUTICHE

Page 50: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Tra i colloidi più comunemente utilizzati ci sono:

•Derivati della cellulosa (Metil-cellulosa, Idrossietil-cellulosa, Idrossipropil-cellulosa, Idrossipropil-metil-cellulosa, Carbossimetil-cellulosa).

•Gomme (Gomma arabica, Gomma adragante, Gomma guar, Gomma xantana)

•Acido alginico ed alginato di sodio

•Pectina

•Amido

•Agar-agar

•Chitosani

•Carragenani

•Proteine (Gelatina, Albumina)

•Polivinilpirrolidoni (PVP)

•Carbossipolimetili (Carbopol)

Page 51: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

CN O

CH CH2 (n)

Così come per tutti i polimeri, un peso molecolare preciso della molecola non può essere stabilito, essendo la polvere costituita da una miscela di catene polimeriche a lunghezza diversa.Si preferisce distinguere i vari tipi di PVP in base alla viscosità.Esistono due tipi di PVP: K e C. La serie K èdestinata alla formulazione di forme orali mentre la serie C è destinata alla forme iniettabili.Dal punto di vista tossicologico, il polimero èassolutamente innocuo, indipendentemente dalla via di somministrazione.Usato per: •preparare idrogeli,•prep. di soluzioni leganti per granulazioni ad umido,•rivestimenti filmogeni gastrosolubili.

POLIVINIL PIRROLIDONE (PVP)

Page 52: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

CH2 CH

COOH

Si tratta di un polimero dell'acido acrilico,reticolato con polialchenil alcoli o glicol divinilico o anche non reticolaro. L'elevata percentuale di gruppi carbossilici liberi permette alle molecole di rigonfiarsi e solubilizzarsi in acqua. Neutralizzando con una base solubile in acqua tali gruppi carbossilici, si ottiene un rigonfiamento molto piùelevato, con un considerevole aumento della viscositàdel sistema. Esistono diversi tipi di carbopol, a seconda della lunghezza delle catene polimeriche e del grado di reticolazione, aventi proprietàreologiche e di addensamento diverse.Per raggiungere la viscosità massima e mantenerla costante, la molecola deve srotolarsi completamente. Questo avviene mediante neutralizzazione del polimero con una base che ionizza i gruppi carbossilici generando cariche negative lungo la catena del polimero.

CARBOSSIPOLIMETILENE (CARBOPOL)

Page 53: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

E' un polimero formato da unità di D-glucosioesistente in due diverse forme: amilosio (20%), amilopectina (80%); tali percentuali possono variare anche consistentemente in base alla provenienza dell'amido.L'amido è insolubile in acqua fredda e si rigonfia solo lentamente in essa. Ciò dipende dal fatto che gli ossidrili di cui il polimero è provvisto, sono normalmente impegnati in legami idrogeno intra o intermolecolari.Aumentando la temperatura e conferendo dunque energia al sistema, le molecole cominciano via via a vibrare più vigorosamente, rompendo tali legami idrogeno e permettendo agli ossidrili di interagire con le molecole di acqua: si va gradualmente verso una fase di solvatazione con conseguente gelatinizzazione.Esistono amidi chimicamente modificati.

AMIDO

Page 54: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Ottenuta per estrazione dalla parte interna della buccia degli agrumi o dalla polpa delle mele, è un polisaccaride costituito dal ripetersi di unità di acido D-galatturonico unite tra loro da legami a 1-4, con i gruppi carbossilici parzialmente esterificati con metili.Esistono pertanto diversi tipi di pectina in base alla percentuale di esterificazione.E' moderatamente solubile in acqua (1:20) con la quale forma soluzioni colloidali viscose mentre è insolubile in etanolo e solventi organici in genere.Le pectine si insolubilizzano formando dei gel a determinate condizioni sperimentali:•pH 2-3,5•Presenza di soluti idrofili (saccarosio)Per riscaldamento e successivo raffreddamento si forma un gel che mantiene le sue caratteristiche perfino se riscaldato a quasi 100°C.Ciò avviene poiché a pH acido i gruppi carbossilici si trovano in forma indissociata, mentre l'elevata quantità di zucchero impedisce agli ossidrili del polimero di interagire con l'acqua, competendo con essi per la formazione di legami idrogeno con l'acqua stessa.In questo modo, gli ossidrili del polimero formano legami idrogeno intermolecolari (tra catene polimeriche diverse) con formazione di un reticolo solido tridimensionale.

PECTINA

Page 55: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Tale gomma è l'essudato essiccato che fuoriesce naturalmente o per incisione dal fusto o dai rami, da alcune specie di acacia del Senegal o del Sudan.E' costituita da sali di calcio magnesio e potassio dell'acido arabico, polisaccaride piuttosto complesso costituito da L-arabinosio, L-ramnosio, D-galattosio ed acido D-glucuronico.La presenza di tale polimero in soluzione non provoca un notevole aumento della viscosità.Per ottenere consistenti aumenti di viscositàbisogna arrivare a concentrazioni di oltre il 50%.

E' l'essudato che fuoriesce naturalmente o per incisione da alcune specie di Astragalus.Anche la gomma adragante, come quasi tutte le gomme, ha una struttura chimica complessa, costituita da unitàdi acido D-galatturonico, L-fucosio, D-galattosio, D-xilosio e L-arabinosioHa un buon potere addensante, decisamente superiore a quello della gomma arabica.

Gomma arabica Gomma adragante

Page 56: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

E' costituita da uno scheletro lineare di unità di mannosio unite da legami b 1-4, al quale si uniscono, ogni due unità, singole unità di galattosio tramite legami a 1-6.E' solubile in acqua dando soluzioni molto viscose già con una concentrazione dell'1%.

La struttura consiste in uno scheletro di cellulosa con attaccati gruppi oligosaccaridici.E' prontamente solubile in acqua sia calda che fredda e produce soluzioni molto viscose a basse concentrazioni, che si comportano come fluidi pseudoplastici.I cambiamenti di pH hanno solo un debole effetto sulla viscosità stessa.

Gomma Guar Gomma Xantana

Page 57: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Estratto da un particolare tipo di muschio irlandese, ècostituito da una complessa miscela di almeno 5 distinti diversi polimeri designati con k, l, m, i, n.Le proprietà di questi polimeri dipendono dal tipo di catione associato al solfato che esterifica alcuni degli ossidrili delle singole unità di galattosio: il sale di potassio forma un gel piuttosto rigido, mentre, quando il catione è il sodio, il polimero è solubile anche in acqua fredda e non gelifica.Il carragenano commerciale è una miscela di k (60%, gelificante) e l (40%, non gelificante).Il polimero è stabile a pH superiori a 7, si degrada lentamente a pH tra 5 e 7, si degrada velocemente a pH inferiore a 5.

CARRAGENANO

Page 58: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Il chitosano (poli N-deacetilglucosamina) è un polimero ottenuto industrialmente a partire dalla chitina naturale ottenuta dai granchi o gamberi di mare, per deacetilazione (idrolisi in ambiente alcalino) dei gruppi ammidici.E' insolubile in acqua ma solubile in ambiente acido anche diluito. E' insolubile nei solventi organici.Esiste in commercio in diversi gradi di purezza e peso molecolare medio e, di conseguenza, diverse viscosità.

CHITOSANO

Page 59: 9. Sistemi dispersi - Portale Docentidocenti.unicam.it/tmp/3605.pdf · Per sua natura ogni sistema disperso in cui le due fasi sono omogeneamente mescolate è potenzialmente instabile

Esiste in commercio come albumina d'uovo (scaglie o polvere gialla) o come albumina umana in soluzione sterile ed apirogena.Insolubile in etanolo, solventi organici ed oli.Solubile in acqua tiepida (40°C) rigonfiandosi dapprima e sciogliendosi poi, formando un liquido neutro e un po' torbido dal quale coagula e precipita per riscaldamento a 65-70° o più.

Proteina purificata ottenuta per parziale idrolisi o acida (gelatina tipo A) o basica (gelatina tipo B) del collagene animale.Solubile in acqua calda/tiepida, in glicerolo ed acido acetico.In acqua fredda la gelatina si rigonfia, si ammorbidisce e gradualmente assorbe un quantitativo d'acqua pari a 5-10 volte il suo peso.Per riscaldamento la sostanza forma una soluzione colloidale che raffreddando da' origine ad un gel piuttosto stabile.La gelatina pura di tipo A ha un punto isoelettrico variabile tra 6,3 e 9,2.; la gelatina di tipo B tra 4,7 e 5,2.

ALBUMINA GELATINA