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73 SIRIS-HERAKLEIA: L’ USO DELLACQUA NELLA CITTÀ E NEL TERRITORIO La vicenda coloniale di Siris-Herakleia nasce e si sviluppa su un territorio particolar- mente adatto all’insediamento umano per la presenza di due grandi fiumi quali l’Agri e il Sinni, per la ricchezza di acque e per la fertilità della terra. A fattori così qualificanti si aggiunge la favorevole posizione topografica del lungo terrazzo sulla destra dell’Agri, che diventerà sede dell’acropoli greca (fig. 47). La sua fronte protesa ed elevata sulla piana costiera ionica ha sempre consentito una forte possibilità di controllo del territorio cir- costante 1 . Sul lato opposto all’Agri il lungo e stretto terrazzo è lambito ed isolato dalla piccola valle del Torrente Varatizzo, che dalla sponda destra riceve l’apporto di numero- se risorgive, che avranno grande importanza nella realtà insediativa e nella vita religiosa di Siris-Herakleia. Simili favorevoli condizioni ambientali hanno determinato frequentazioni occupazioni dell’area fin dalla fase recente dell’Eneolitico, come indicano le sepolture della facies di Laterza di contrada Madonnelle (2000 a.C. circa), immediatamente a ovest della stessa acropoli. Ma sullo stesso terrazzo, sia pure in giacitura secondaria nei livelli relativi alle fasi di Siris e di Herakleia, sono stati rinvenuti materiali ceramici riferibili a momenti diversi dell’età del bronzo (XV-X secolo a.C.) e dell’età del ferro, segno di una presenza protostorica sicuramente attiva fino all’imporsi del fenomeno pre-protocoloniale “empo- rico” lungo la fascia costiera ionica. Anche in corrispondenza delle risorgive della sponda destra del Torrente Varatizzo è atte- stata una “stazione” della media età del bronzo sicuramente connessa con la presenza del- l’acqua 2 . Le stesse e altre sorgenti presenti lungo tutto il fronte orientale dei terrazzi di Policoro, dove questi si fondono con la piana costiera, hanno rappresentato fin dalla preistoria recente un forte elemento di richiamo connesso con l’itinerario costiero (trat- turo regio) e con quelli diretti verso l’interno in direzione di S. Maria di Anglona. Si trat- ta di itinerari importanti, sicuramente molto antichi e probabilmente legati a possibili approdi interni alle foci dell’Agri e del Sinni, come potrebbero indicare i rinvenimenti “italo-micenei” di Tursi-Castello e Tursi-Cozzo San Martino. In sostanza si può affermare che la ricchezza di risorse idriche, sia come corsi d’acqua o come risorgive o come falda freatica, in alcune aree quasi superficiale, sembra caratteriz- zare tutto il territorio intorno al centro moderno di Policoro. La presenza dell’acqua sembra determinare la presenza protocoloniale ellenica e conno- tare la fondazione della prima Siris alla foce dell’omonimo fiume (attuale Sinni), da cui la “città” riprende l’antico idronimo locale derivato dalla radice indoeuropea sir, legata etimologicamente allo scorrere delle acque. L’immagine della città detta «simile a Troia» da Licofrone ( Alexandra, 984 sgg.) si riferisce probabilmente alla tradizione di una pre- senza troiana nella Siritide (Strabone, VI, 1, 14), i cui discendenti sarebbero da identifi- care nel sottogruppo enotrio dei Chones, ma anche all’idea di un paesaggio “troiano”, che l’acqua doveva fortemente richiamare 3 . Salvatore Bianco

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SIRIS-HERAKLEIA:L’ USO DELL’ACQUA NELLA CITTÀ E NEL TERRITORIO

La vicenda coloniale di Siris-Herakleia nasce e si sviluppa su un territorio particolar-mente adatto all’insediamento umano per la presenza di due grandi fiumi quali l’Agri eil Sinni, per la ricchezza di acque e per la fertilità della terra. A fattori così qualificanti siaggiunge la favorevole posizione topografica del lungo terrazzo sulla destra dell’Agri, chediventerà sede dell’acropoli greca (fig. 47). La sua fronte protesa ed elevata sulla pianacostiera ionica ha sempre consentito una forte possibilità di controllo del territorio cir-costante1. Sul lato opposto all’Agri il lungo e stretto terrazzo è lambito ed isolato dallapiccola valle del Torrente Varatizzo, che dalla sponda destra riceve l’apporto di numero-se risorgive, che avranno grande importanza nella realtà insediativa e nella vita religiosadi Siris-Herakleia. Simili favorevoli condizioni ambientali hanno determinato frequentazioni occupazionidell’area fin dalla fase recente dell’Eneolitico, come indicano le sepolture della facies diLaterza di contrada Madonnelle (2000 a.C. circa), immediatamente a ovest della stessaacropoli. Ma sullo stesso terrazzo, sia pure in giacitura secondaria nei livelli relativi allefasi di Siris e di Herakleia, sono stati rinvenuti materiali ceramici riferibili a momentidiversi dell’età del bronzo (XV-X secolo a.C.) e dell’età del ferro, segno di una presenzaprotostorica sicuramente attiva fino all’imporsi del fenomeno pre-protocoloniale “empo-rico” lungo la fascia costiera ionica.Anche in corrispondenza delle risorgive della sponda destra del Torrente Varatizzo è atte-stata una “stazione” della media età del bronzo sicuramente connessa con la presenza del-l’acqua2. Le stesse e altre sorgenti presenti lungo tutto il fronte orientale dei terrazzi diPolicoro, dove questi si fondono con la piana costiera, hanno rappresentato fin dallapreistoria recente un forte elemento di richiamo connesso con l’itinerario costiero (trat-turo regio) e con quelli diretti verso l’interno in direzione di S. Maria di Anglona. Si trat-ta di itinerari importanti, sicuramente molto antichi e probabilmente legati a possibiliapprodi interni alle foci dell’Agri e del Sinni, come potrebbero indicare i rinvenimenti“italo-micenei” di Tursi-Castello e Tursi-Cozzo San Martino.In sostanza si può affermare che la ricchezza di risorse idriche, sia come corsi d’acqua ocome risorgive o come falda freatica, in alcune aree quasi superficiale, sembra caratteriz-zare tutto il territorio intorno al centro moderno di Policoro.La presenza dell’acqua sembra determinare la presenza protocoloniale ellenica e conno-tare la fondazione della prima Siris alla foce dell’omonimo fiume (attuale Sinni), da cuila “città” riprende l’antico idronimo locale derivato dalla radice indoeuropea sir, legataetimologicamente allo scorrere delle acque. L’immagine della città detta «simile a Troia»da Licofrone (Alexandra, 984 sgg.) si riferisce probabilmente alla tradizione di una pre-senza troiana nella Siritide (Strabone, VI, 1, 14), i cui discendenti sarebbero da identifi-care nel sottogruppo enotrio dei Chones, ma anche all’idea di un paesaggio “troiano”, chel’acqua doveva fortemente richiamare3.

Salvatore Bianco

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fig. 47. Policoro. Veduta della collina su cui sorge la città antica. Sulla sinistra, la valle del Torrente Varatizzo

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In tale prospettiva anche la fondazione colofonia del VII secolo a.C. di Siris-Polieiondovrebbe essere immaginata come una piccola altura non lontana dal mare e in posizio-ne perifluviale o meglio ancora mesopotamica (tra il Sinni e i suoi rami minori), in un’a-rea segnata probabilmente da ambienti paludosi, attestati tra l’altro da ampi bacini retro-dunari sopravvissuti fino ad epoca moderna e riconoscibili ancora in epoca recente nelladocumentazione aerofotografica4. Anche il santuario “troiano” di Athena Iliaca, f u l c rop o l i t i c o - religioso della fondazione colofonia con ruolo di “c o n f i n e” tra la compositarealtà emporica greca protocoloniale e il mondo indigeno, si connota come luogo sacrof o rtemente segnato dal sorgere sulle acque della foce del Si r i s. La sacralità del luogo,possibile retaggio di un antico luogo di culto indigeno, potrebbe essere stata successi-vamente sancita dal nuovo ruolo emporico-commerciale del sito, quale luogo di incon-t ro tra la variegata realtà protocoloniale greca e quella indigena posto sotto il contro l l odella divinità.La realtà emporico-commerciale pre-protocoloniale lungo la fascia costiera si è detto chepuò risalire indietro nel tempo sulla base dei diversi ritrovamenti “italo-micenei” nel-l’immediato entroterra degli approdi o foci fluviali: orizzonte mitico cui possono risalirela tradizione dell’origine troiana dei Chones o il culto di Athena Iliaca o altri culti con-nessi con Herakles o con l’epos omerico nella Siritide, retaggio di un’antica “memoria” diapporti dalle realtà egeo-orientali. Alcuni episodi o miti sono più chiaramente legati aicorsi fluviali come nel caso dell’Athenaion o di Epeo, il costruttore del cavallo di Troiaarrivato e Lagaria, «presso le sponde del Ciris e le correnti del Cilistano» (Licofrone, vv. 930,946-50) o ancora di Herakles che avrebbe vinto un drago sulle acque del Cilistaro5.Soprattutto il nome del fiume Siris è intimamente legato al santuario di Athena. Ricorre,infatti, nella famosa tabella bronzea elencante i beni di una dea venerata epi Siri (pressoSiris)6. Il fiume e la ricchezza di acque hanno segnato le vicende della colonia ionica seArchiloco di Paro ricorda la prosperità della Siritide amphi Sirios rhoas (intorno alle cor-renti del Siri)7. Ma anche l’insediamento protocoloniale di fase sirita sulla cd. Collina delCastello o acropoli di Policoro è legato alla presenza delle acque e in particolare alla vici-nanza dell’Agri e del Torrente Varatizzo, che hanno sicuramente determinato l’occupa-zione dell’acropoli e del terrazzo di Policoro (fig. 48). L’importanza delle sorgenti delVaratizzo è sottolineata dalla loro valenza sacrale e dall’essere sede di culti connessi conla sfera della fecondità e della fertilità fin dall’inizio della stessa fase sirita.La sorgente più importante, che nella fase eracleota sarà sede del santuario dedicato aDemetra-Kore, sembra essere frequentata almeno dal VII secolo a.C. Scarsi materiali ditipo indigeno attestano pratiche cultuali delle popolazioni locali, le cui espressioni risul-tano comunque poco chiare, anche per il carattere indifferenziato dei materiali e per unconcetto del “sacro” scarsamente segnato in ambito indigeno. A questi si affiancano voti-vi di tipologia ellenica che divengono sempre più numerosi nel corso del VI secolo a.C.e che evidenziano concetti e espressioni cultuali sicuramente più articolate e complesse8.Alla fine del VII secolo rinviano le statuette di tipo subdedalico di divinità femminilestante con alto polos, che si può genericamente identificare con una divinità “madre”, cuirinvia anche la simbologia tardo arcaica della divinità seduta in trono. Di particolareinteresse sono anche diverse tipologie di statuette dai tratti fortemente ionizzanti. Alcunestipi (depositi votivi entro fosse scavate nel terreno) contenevano vasetti minuscoli capo-volti secondo quanto contemplato da rituali di tipo ctonio. I vasetti, che contenevanosicuramente offerte vegetali, erano deposti anche nell’area delle risorgive, in un terreno

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fortemente impregnato di acqua, a conferma del culto legato alla fertilità della terra e aicicli naturali agrari di morte-rinascita.Nell’ambito delle ceramiche arcaiche deposte tra VII-V secolo a.C. sono ben rappresen-tate le produzioni corinzie, ioniche e attiche oltre all’artigianato ceramico locale.Importante attestazione della sacralità del luogo sono anche i frammenti di decorazionearchitettonica fittile comprovanti l’esistenza di qualche piccolo edificio ligneo, sede delculto in età tardo-arcaica9 .Scarsi sono i dati archeologici relativi a un utilizzo delle acque a scopi civili nel corsodella fase sirita. Sicuramente l’approvvigionamento idrico era effettuato direttamentedalle numerose risorgive prossime ai diversi nuclei insediativi. Di particolare rilievo è ilpozzo realizzato in ciottoli e rinvenuto nei cosiddetti Giardini Murati ai piedi dell’acro-poli, ossia in area immediatamente adiacente al Torrente Varatizzo. Il pozzo, contenentemateriale della metà del VII secolo a.C., era situato accanto ai resti di un fondo di capan-na infossato nel terreno, tipologia abitativa di tradizione protostorica ben nota nell’oriz-zonte protocoloniale della Siritide. La struttura, dal diametro esterno ed interno di m.1,65 e m. 1,05, era priva di peristomion (imboccatura) ed era realizzata con un’incami-ciatura interna in ciottoli piuttosto regolare.

fig. 48. Policoro.Hydria a fasce dallanecropoli di Siris

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fig. 49. Policoro. I quartieri abitativi della colonia di Herakleia

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Anche nella chora della colonia ionica la presenza dell’acqua è stata di fondamentaleimportanza nella scelta dei luoghi insediativi. La fattoria di VI sec. a.C. di contrada ValleSorigliano, lungo il tratturo in direzione di S. Maria di Anglona, era situata nelle imme-diate vicinanze di una risorgiva10.Nell’area della vicina necropoli enotria di IX-VIII secolo a.C. di località Conca d’Oro,ai piedi dell’acropoli di S. Maria di Anglona, doveva essere un altro impianto agricoloattestato da scarsi materiali ceramici di VII-VI secolo, da numerose scorie ferrose, da unapiccola fornace e soprattutto da una canaletta in blocchi di arenaria intagliati che con-vogliavano l’acqua di una sorgente all’interno di una vasca rettangolare realizzata conlastre informi di puddinga11.Ma è soprattutto con la fondazione thurino-tarantina di Herakleia del 434-33 a.C. chesi evidenzia il rapporto della nuova città con i fiumi adiacenti (Agri e Sinni) e con ilTorrente Varatizzo (fig. 49). In particolare Strabone riporta la notizia dello sviluppo delporto (epineion) di Herakleia alla foce del Sinni sul luogo dell’antica fondazione sirita.Il geografo sottolinea altresì l’importanza dell’Agri e del Sinni in quanto fiumi naviga-bili (Strabone VI, I, 14).Nel nuovo e complesso piano urbanistico divengono numerose le attestazioni sullediverse funzioni e usi dell’acqua. Nella razionale concezione della polis eracleota sonoelaborati ed applicati sistemi di controllo delle acque, in particolare meteoriche, median-te opportune predisposizioni dell’impianto urbano e l’applicazione di semplici ma effi-caci apparati idraulici, come ben dimostrato da L. Giardino12.La città, come è noto, occupa una superficie perfettamente rettangolare, al cui internoil disegno urbanistico si adatta con soluzioni differenti alla diversa morfologia delle aree.Vi si distinguono tre settori paralleli con orientamento est-ovest: il lungo terrazzo del-l’acropoli o “città alta”, la piccola e stretta valle mediana del Varatizzo e il pianoro della“città bassa”, corrispondente al vasto terrazzo occupato dall’attuale Policoro.Il pianoro dell’acropoli, per la particolare conformazione stretta e allungata, ha consen-tito solo uno schema urbanistico piuttosto semplice basato su un’unica arteria longitu-dinale (plateia), su cui si affacciano con modulo costante i diversi isolati (insulae) scan-diti da assi viari ortogonali (stenopoi). Questi ultimi si aprono solo sul lato sud con fun-zione di accesso ai diversi isolati. Fungevano da vicoli che si interrompevano in corri-spondenza del pendio sud, dove potevano proseguire mediante ipotizzate strutture arampe o gradinate verso la valle del Varatizzo raccordando l’acropoli con la piccola valledei santuari e delle aree sacre. Sul lato nord, data l’estrema vicinanza al pendio, era solouna fila ininterrotta di abitazioni-taberne con accessi obbligati dalla plateia.La stretta e suggestiva valle del Varatizzo conserva nella fase eracleota quella funzionecultuale attestata in età arcaica e legata alla presenza dell’acqua. I santuari di Dioniso edi Demetra si sviluppavano sul pendio destro mediante una sistemazione a terrazzesecondo modelli architettonici e scenografici che dovevano riscontrarsi con medesimieffetti sul pendio opposto con le rampe-gradinate che scendevano dall’acropoli. Il pic-colo corso d’acqua del Varatizzo doveva fungere da cerniera tra i due scenografici e oppo-sti pendii, dove l’acqua del torrente e delle risorgive doveva accentuare con forte sugge-stione la sacralità dei luoghi sottolineata dal piano di abbellimento architettonico edambientale dei pendii della piccola valle.Il vasto e regolare pianoro della “città bassa”, particolarmente idoneo all’insediamento, èdotato di un esemplare disegno urbanistico di assi viari ortogonali perfettamente inscrit-

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to e delimitato dai tre lati della grande fortificazione urbana. Questa, realizzata sui latiest, sud e ovest non protetti naturalmente, presentava paramenti esterni in opera qua-drata e riempimento interno di materiale eterogeneo.Della fortificazione sopravvivono solo un paio di segmenti delle fondazioni, tra cui iltratto ben conservato nell’area antistante il nuovo ufficio postale di Policoro. La struttu-ra era munita di porte di accesso della grande viabilità, di torri di difesa a pianta semi-circolare aggettanti all’esterno della stessa fortificazione, dove doveva correre in paralleloanche un fossato difensivo. Questo probabilmente doveva corrispondere a un piccolocorso d’acqua naturale canalizzato lungo l’asse fortificatorio e probabilmente riconosci-bile nel Fosso Cotino, ancora esistente subito a sud dell’antica linea di fortificazione eormai obliterato all’interno del centro moderno di Policoro. Sul lato interno del trattofortificatorio dell’Ufficio Postale sono ancora conservati in situ i resti di un acciottolatoaccuratamente realizzato, evidentemente al fine di rendere sempre funzionale e pratica-bile l’area a ridosso della fortificazione e delle torri. L’area acciottolata era anche provvi-sta di un sistema di smaltimento delle acque meteoriche, che mediante canalette fittilierano convogliate all’esterno della cinta muraria attraverso appositi varchi ricavati nellastessa struttura. Si eliminavano in tal modo rischi di possibili allagamenti interni a ridos-so delle mura nel caso di precipitazioni particolarmente abbondanti.Ritornando ai quartieri urbani la forte presenza insediativa in alcuni settori dell’acropo-li, come la cosiddetta “Zona A” o “quartiere centrale”, tra IV e II secolo a.C. ha deter-minato continue trasformazioni-rifacimenti dell’assetto delle insulae e dei diversi modu-li abitativi al loro interno, di cui sono prova le tante fasi edilizie attestate archeologica-mente. La consistente presenza demografica e le diffuse attività commerciali e artigiana-li (botteghe, officine di ceramisti e coroplasti con relative fornaci, atelier siderurgico ecc.)richiedevano sicuramente notevoli e continui approvvigionamenti idrici.

Sull’ acropoli sono di estremo interesse lesoluzioni adottate per lo smaltimento delleacque piovane o di quelle derivanti da usicivili. Nel quartiere centrale la plateia, illungo asse longitudinale, con una quotaintenzionalmente inferiore rispetto ai latidel pianoro, raccoglieva le acque meteori-che dagli stenopoi meridionali in leggerapendenza verso di essa e dai relativi isolati.Le acque, confluendo nella plateia ne segui-vano la pendenza verso est fino ad essereconvogliate in una grande ed accurata cloa-ca pavimentata a cielo aperto, situata a cen-tro strada e munita di cordoli laterali (fig.50), che si trasformava in una condotta sot-terranea con sbocco sul pendio nord delterrazzo. La realizzazione di una simileopera di drenaggio, ben visibile ancoraoggi, appare ancora più importante se sipensa che deve essere stata concepita findalla fase iniziale dell’impianto urbano.

fig. 50. Policoro.Herakleia.

La cloaca lungo la plateia della città

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Anche lo stenopos tra le insulae IV e III era provvisto di una stretta cloaca pavimentata,coperta da lastre di pietra, che con leggera pendenza convogliava le acque all’interno diun pozzo nero.Il deflusso delle acque meteoriche in definitiva risultava essere affidato ad un accurato edefficace sistema di pendenze del tessuto stradale, in particolare della plateia e degli steno -poi. Tale sistema appare ben applicato anche nel quartiere ovest dell’acropoli, dove gli ste -nopoi risultano essere, non a caso, alternati sui due lati della plateia. Si tratta di un accor-gimento pratico per ovviare alla notevole pendenza degli stenopoi sull’asse principale eteso ad evitare forti effetti dilavanti nel caso di precipitazioni abbondanti, che si sareb-bero verificati con il confluire delle acque in punti simmetrici della plateia. Questa,mediante la consueta ed intenzionale pendenza, convogliava sempre a cielo aperto leacque verso l’esterno della città, verso la “porta” ovest. L’azione di assorbimento delleacque era comunque svolta anche dai battuti stradali in terra compattata che svolgevanouna notevole funzione drenante.Anche le diverse unità abitative all’interno delle insulae erano dotate di sistemi di smal-timento delle acque (fig. 51). Dai rispettivi cortili centrali scoperti, spesso pavimentati etalora porticati, intorno ai quali si aprivano i diversi ambienti della casa, fuoriusciva

fig. 51. Policoro.Herakleia.Canalizzazioni in terracotta che servivanole unità abitative

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fig. 52. Policoro. Herakleia, necropoli orientale. Hydria a figure rosse con scena ispirata dal mito del principe licio Sarpedonte

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costantemente una canaletta fittile del tipo semplice a tegole ricurve o coppi o del tipoa cassetta, talora con copertura sempre in cotto, che consentiva il deflusso delle acquemeteoriche direttamente sullo stenopos. In qualche caso la canaletta era realizzata in mate-riale litico con copertura di lastre piuttosto regolari. Tale sistema è ben evidente anchenel quartiere occidentale dell’acropoli e in particolare nel complesso modulare di sei abi-tazioni con cortile porticato del II secolo a.C.A differenza del quartiere centrale, dove le insulae sono internamente suddivise da settimurari in lotti uguali di forma quadrata, corrispondenti alle diverse abitazioni, in quel-lo occidentale gli isolati presentano una differente articolazione interna. Dagli stenopoi siaccedeva all’interno delle insulae, dove i diversi moduli abitativi ruotavano intorno a unvasto cortile di probabile uso comunitario e munito di pozzi e cisterne13. Grandi conte-nitori fittili (pithoi e dolia) con funzione di riserva idrica sono ancora interrati e visibiliall’interno dei vasti cortili o delle case, anche in quelle del quartiere centrale. Si trattavadi riserve immediatamente disponibili e probabilmente collegate con le attività com-merciali o artigianali attestate all’interno delle stesse insulae. Per usi più propriamentecivili si poteva sempre contare su acque di migliori qualità prelevabili dalle vicine sor-genti dell’adiacente valle del Varatizzo o dallo stesso torrente, ricca risorsa comune ai duegrandi settori urbani della città. Tra l’altro è noto che nei santuari greci la connotazionesacra delle acque garantiva un’equa distribuzione delle stesse a tutta la cittadinanza ed èpossibile che tale uso fosse in vigore anche nel mondo coloniale14.Nei due quartieri dell’acropoli diverse abitazioni presentano a ridosso dello stenopos pic-coli ambienti di servizio pavimentati (cucina e bagno) collegati con una brevissima con-dotta fittile ad un pozzo nero di scarico ubicato subito all’esterno sullo stesso asse viario.Nelle case con cortile centrale scoperto e pavimentato, del tipo provvisto di porticato odi vero e proprio peristilio, in età ellenistica avanzata il pavimento centrale era margina-to da un cordolo o da un muretto probabilmente destinato a sostenere le colonne delporticato e che comunque determinava una sorta di vasca-impluvium, da cui le acquepotevano essere convogliate all’esterno della casa. Una grande casa di questo tipo delmedio ellenismo è stata individuata ad est dell’attuale ospedale, ossia nell’area medianadella “città bassa”. In un vasto spazio interno era ubicato il cortile centrale pavimentatocon una canaletta fittile di deflusso delle acque. L’acqua era raccolta mediante unavaschetta fittile, che si apriva sulla base del pavimento e da qui convogliata verso l’ester-no. Intorno erano fosse di diverse dimensioni, di cui alcune più profonde destinate acontenere grandi vasi con funzione di riserva idrica. Accanto alla vasca-impluvium erauna struttura circolare del diametro di m. 1,20 pavimentata con frammenti di tegoledisposti di taglio e inglobata all’interno di una struttura muraria. Non è escluso che sipossa trattare di una struttura di abbellimento del vasto cortile interno con possibile manon accertata funzione di fontana. Se così fosse si tratterebbe dell’unico documento diquesto tipo all’interno di Herakleia. Nelle vicinanze, ma all’esterno del vasto cortile, eraun pozzo con peristomion realizzato con ciottoli piatti e larghi dal diametro esterno di m.1,85 ed interno di m.0,95. Al disotto, come elemento di sostegno, era uno strato diframmenti di tegole ben sistemati di piatto per uno spessore di m. 0,40. Il resto del pozzoin profondità era semplicemente ricavato nel terreno di base.Un sistema di drenaggio è stato sempre in funzione nella valle del Varatizzo intorno all’a-rea del santuario di Dioniso-agorà. Si trattava di canalette in lastre litiche con coperturain materiale analogo. Un canale più grande, che doveva raggiungere quasi i due metri di

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fig. 53. Nova Siri. Complesso di Ciglio dei Vagni

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larghezza, sembra essere stato in funzione fino all’età augustea, periodo di abbandonodell’area. Lo spazio santuariale, quasi pianeggiante, doveva presentare talora problemiconnessi con una notevole presenza di acqua, che doveva essere drenata e convogliataverso l’adiacente Varatizzo. Anche il santuario di Demetra (fig. 52), pur trovandosi inuna situazione di pendio, era provvisto di una canaletta di smaltimento di acque meteo-riche o dell’acqua delle stesse risorgive presenti già nella terrazza mediana del santuario.La canaletta in tegole ricurve fiancheggiava la scalinata che dal basso conduceva alla partealta del complesso sacro e ne garantiva probabilmente la funzionalità convogliando leacque verso il basso.Nel santuario elemento centrale del culto e dei riti praticati era sempre l’acqua deller i s o r g i ve, come indicano i numerosi votivi, in part i c o l a re le h ydriai m i n i a t u r i s t i c h edeposte all’interno delle risorgive o nei tanti depositi sacri presenti nel santuario, tra cuiquello costituito da un grande cratere di tipo laconico interrato, privo di fondo e riem-pito con centinaia di vasetti minuscoli, in part i c o l a re h yd r i a i.Ben nota è l’immagine della divinità venerata attraverso l’abbondante produzione coro-plastica. Si tratta di statuette stanti o sedute in trono spesso con i tipici attributi diDemetra (fiaccola e maialino in braccio). Talora la divinità assume l’iconografia di Ko reo di Art e m i s - Bendis, aspetti diversi di una divinità femminile poliedrica connessa conil mondo della fertilità e della fecondità e preposta a riti di passaggio dall’età giova n i l ea l l’età adulta.Anche lo sfruttamento della chora eracleota, basata come è noto su un’intensiva attivitàagricola, prevedeva necessariamente la presenza di sorgenti o di una ricca falda freaticanelle immediate vicinanze delle tante fattorie sorte tra IV e II secolo a.C. e sistematica-mente organizzate. Un esempio è offerto dall’impianto agricolo di località Concio o daquello di Troyli tra Policoro e S. Maria di Anglona in aree ricche di risorse idriche.Doveva trattarsi di impianti agricoli, che per le loro dimensioni, avevano probabilmen-te la funzione di centri di raccolta delle produzioni del territorio circostante, in partico-lare tra III e II secolo a.C. L’impianto di località Troyli era anche munito di un pozzo.Non bisogna, infine, dimenticare l’organizzazione agraria attestata dalle famose tavolebronzee di Herakleia, dove vengono indicate le diverse colture prossime ai corsi fluvialie le tracce delle divisioni agrarie superstiti a testimoniare l’alto livello di sfruttamentoagrario del territorio.La vocazione agraria della chora, emerge anche attraverso le manifestazioni del sacrocome nel caso del piccolo santuario rurale di località Conca d’Oro, non distante daTroyli, dedicato ad Artemis Bendis-Demetra15 o quello di località Piano Sollazzo pressoRotondella, ambedue prossimi a delle sorgenti. Risalta nel primo, a conferma dell’im-portanza dell’agricoltura, la presenza di un ex voto costituito da una lamina in argentostampata in forma di spiga di grano.Anche nei secoli di decadenza della colonia eracleota, tra II e III secolo d.C., la ricchez-za di acque sul territorio ha sempre determinato il sorgere di insediamenti talora con-nessi con lo sviluppo del latifondo. È il caso dell’abitato di Ciglio dei Vagni di Nova Siri(fig. 53), dove la vicinanza del Torrente Toccacielo e di numerose sorgenti ha favorito losviluppo insediativo sul terrazzo prospiciente la piana costiera16. Le stesse sorgenti, tut-tora attive, hanno determinato il nascere di una stazione di sosta (statio) riportata anchenegli Itineraria antichi lungo l’importante ed antica strada di collegamento delle cittàdell’arco ionico, nel punto di incrocio con un tratturo diretto verso l’interno17. Ma in

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Bianco, Siris-Herakleia

particolare hanno determinato il nascere di un vasto e ricco impianto termale pubblico,che nel corso del III secolo d.C. si arricchisce di un apparato pavimentale musivo a con-ferma dell’importanza della struttura. L’impianto era alimentato da una ricca sorgenteche sgorga subito a monte del complesso, all’interno di una piccola vasca. La successio-ne degli ambienti individuati riproponeva il tipico percorso delle terme romane. Da ungrande ambiente scoperto dotato di piscina (natatio) si passava in un primo ambientenon riscaldato (frigidarium), nella cui parete di fondo absidata era collocata una fontanadi acqua fredda. Nel secondo ambiente era una grande vasca con acqua tiepida (tepida -rium) seguito da un ambiente più grande (calidarium) dotato di sistema di riscaldamen-to basato sulla circolazione di aria calda in un’intercapedine sottostante al pavimento.L’impianto termale era completato da un vano circolare (laconicum) destinato ai bagni disudore. La parte superstite delle terme si riferisce solo al complesso meridionale, chedoveva continuare verso nord, dove doveva essere l’ingresso principale.Dopo l’età tardo-antica nel corso dei lunghi e tormentati secoli medievali gli stessi luo-ghi sono stati rioccupati, sia pure in maniera discontinua e con presenze insediative dilui-te e meno diffuse, a conferma dell’importanza della presenza dell’acqua nelle scelte inse-diative e nelle strategie di sfruttamento del territorio.Sulla base di tali motivazioni, nonostante il dissesto e l’abbandono dello stesso dopo lafine della realtà eracleota e sia pure con i rischi derivanti dall’impaludamento della pianacostiera, vengono rioccupati la punta orientale dell’antica acropoli greca di Policoro,dove sorge probabilmente un piccolo insediamento monastico seguito da un primocastrum difensivo nell’area dell’attuale palazzo baronale, il terrazzo dell’attuale centro diScanzano Jonico, le alture retrostanti Policoro come Acinapura, S. Maria di Anglona o ilterrazzo di Ciglio dei Vagni di Nova Siri. La lenta rioccupazione dei terrazzi subcostierinon porterà comunque a una grande rinascita del territorio, che rimarrà ancora per lun-ghi secoli privo di bonifiche e di un efficace sistema di controllo dei bacini idrograficirendendolo sempre più povero e quasi ostile all’insediamento umano18.

Page 14: 74 - old.consiglio.basilicata.it DELLE... · costiera ionica ha sempre consentito una forte possibilità ... e dell’età del ferro, ... Varatizzo è sottolineata dalla loro valenza

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1 S. BIANCO, Siris-Herakleia il territorio, la chora, in OTTO1996, pp.15 ss.2 I diversi rinvenimenti di età protostorica sono citati in S.BIANCO, Aspetti culturali dell’Eneolitico e della prima età delBronzo sulla costa ionica della Basilicata, StAnt 2, Galatina1981, pp. 13-72. ID., Aspetti dell’età del Bronzo e del Ferrosulla costa ionica della Basilicata, in Siris-Polieion, pp. 17-25. B.HÄNSEL, Policoro (Matera). Scavi eseguiti nell’area dell’acro-poli di Eraclea negli anni 1965-1967, NSc XXVII, 1973, Fig.51. Per un quadro più aggiornato delle fasi protostoriche dell’a-rea: S. BIANCO, L’età del Ferro, in Greci Enotri e Lucani,pp.31-50.3 A. MUSTI, Una città simile a Troia, città troiane da Siri aLavinio, ArchCl XXXIII, 1981, pp. 1-26.4 M. GUY, La topographie des territores décrits dans les Tablesd’Heraclée, in Siritide e Metapontino, pp. 261-280.5 QUILICI 1967, pp. 153, 219. Per l’identificazione del Ciri edel Cilistaro vedi nello stesso volume a pp. 109-110.6 M. GUARDUCCI, Epigrafia Greca, I, Roma 1967, pp. 117-118. EAD., NSc XXXIII, 1979, pp. 274-288.7 Archiloco in Ateneo, XII, 523 d.8 B. NEUTSCH, Documenti artistici del santuario di Demetraa Policoro, in Atti Taranto 1981, pp.149-173.9 Un riepilogo dei ritrovamenti con bibliografia precedente è inOTTO 1996, pp.7-220.10 D. ADAMESTEANU, Siris-Il problema topografico, in Atti

Taranto 1981, p. 92.11 S. BIANCO, L’età del Ferro, in Greci, Enotri e Lucani, p. 49.12 Per la storia della città e del suo impianto urbano si veda: L.GIARDINO, L’urbanistica di Herakleia. Una nuova propostadi lettura, in OTTO 1996, con bibliografia pre c e d e n t e ;SCONFIENZA 1996, pp. 49-51.13 S. BIANCO, A. RUSSO, Il museo nazionale della Siritide diPolicoro, (a cura di S. BIANCO), Bari 1999, pp. 47-77. L.GIARDINO, Aspetti e problemi dell’urbanistica di Herakleia,in, Siritide e Metapontino, pp. 171-207. EAD. Architetturadomestica a Herakleia. Considerazioni preliminari, in AA.VV.,Ricerche sulla casa in Magna Grecia e in Sicilia, (a cura di F.D’ANDRIA e K. MANNINO), Atti Colloquio Lecce 1992,Galatina 1996, pp. 133-159.14 G. PANESSA, Risorse idriche dei santuari greci nei loroaspetti giuridici ed economici, ASNP XIII, 1983, pp. 359-387.15 H. SCHLÄGER, U. RÜDIGER, S. Maria d’Anglona (Com.Tursi, Prov. Matera). Scavi nell’anno 1967, NSc XXIII, 1969,pp. 171-197. H. SCHLÄGER, U. RÜDIGER, S. Mariad’Anglona (Matera). Rapporto preliminare sulle due campagnedi scavi negli anni 1965-1966, NSc XXI, 1967, pp. 331-353.16 L. GIARDINO, Cugno dei Vagni, BTCG, VII, Pisa-Roma1989, pp. 4-6.17 H. MILLER, Itineraria Romana, Stuttgart 1916 [Roma1963], pp. 359-361.18 QUILICI 1967, pp. 229.

note