5200km in Libia

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1 presentano 5200 KM INTENSI IN LIBIA E 1800 KM RILASSANTI IN TUNISIA diario di viaggio dal 15 dicembre 2007 al 12 gennaio 2008 a cura di Barbara Grillo MORALE: “Il mondo è come un libro e chi non viaggia è come se ne leggesse solo una pagina.” In Libia di pagine ce ne sono tante: è uno di quei libri che ti fa perdere la cognizione dello spazio e del tempo che passa, lo leggi con stupore, ingordigia e gusto, ma soprattutto a tutto gas!! UOMINI E MEZZI (diesel): Alberto Casagrande e Barbara Grillo nel LAND ROVER DEFENDER 110 blu 2500 cc, anno 1987 (il mammuth sherpa) Mauro Casagrande e Jadranka Ostovich nel TOYOTA PICK UP HILUX bianco 2300 cc, anno 1984 (lo scoiattolo goloso: la duna per lui è come la ghianda del film Era Glaciale…) Alessandro Richter, Adriano Giacomin, Andrea Panighel nel TOYOTA HILUX nero 2500 cc, anno 2004 (la pecora nera) Domenico Meghini e Simone Meghini (primi 10 giorni) nel RANGE ROVER blu 2500 cc, anno 1990 (il condor miracolato) Fabio Piccin con la MOTO SUZUKI 350 cc, anno 1992 (il pastore svenduto) LA GUIDA: Tahar e Sahad (il poliziotto) nel TOYOTA PICK UP giallo, 4200 cc, anno 1995 (furia cavallo dell’Africa che conta oltre 400000 chilometri) GEO EXPLORING MONTEREALE VALCELLINA PORDENONE ITALY

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5200 KM INTENSI IN LIBIA E 1800 KM RILASSANTI IN TUNISIA

diario di viaggio dal 15 dicembre 2007 al 12 gennaio 2008

a cura di Barbara Grillo

MORALE: “Il mondo è come un libro e chi non viaggia è come se ne leggesse solo una pagina.” In Libia di pagine ce ne sono tante: è uno di quei libri che ti fa perdere la cognizione dello spazio e del tempo che passa, lo leggi con stupore, ingordigia e gusto, ma soprattutto a tutto gas!! UOMINI E MEZZI (diesel): Alberto Casagrande e Barbara Grillo nel LAND ROVER DEFENDER 110 blu 2500 cc, anno 1987 (il mammuth sherpa) Mauro Casagrande e Jadranka Ostovich nel TOYOTA PICK UP HILUX bianco 2300 cc, anno 1984 (lo scoiattolo goloso: la duna per lui è come la ghianda del film Era Glaciale…) Alessandro Richter, Adriano Giacomin, Andrea Panighel nel TOYOTA HILUX nero 2500 cc, anno 2004 (la pecora nera) Domenico Meghini e Simone Meghini (primi 10 giorni) nel RANGE ROVER blu 2500 cc, anno 1990 (il condor miracolato) Fabio Piccin con la MOTO SUZUKI 350 cc, anno 1992 (il pastore svenduto) LA GUIDA: Tahar e Sahad (il poliziotto) nel TOYOTA PICK UP giallo, 4200 cc, anno 1995 (furia cavallo dell’Africa che conta oltre 400000 chilometri)

GEO EXPLORING

MONTEREALE VALCELLINA PORDENONE ITALY

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PER CHI VUOLE SAPERE IN POCHE RIGHE COME E’ ANDATA Stupendamente bene nonostante gli imprevisti! La Libia possiede uno dei deserti più belli e affascinanti al mondo. Grande varietà di paesaggio che offre sorprese e meraviglie ogni giorno diverse. Colpisce la vastità dei territori e forse è la lunga attesa tra un luogo e l’altro che amplifica il desiderio, lo stupore e la curiosità della visita. Abbiamo visitato il paese di Nalut con il suo singolare granaio fortificato, l’originale città di Ghadames ricca di storia e bene mondiale dell’UNESCO, l’Amada Tinghert con i suoi infiniti sterrati puntellata di coni rossi e verdi, il deserto dell’Ubary con le sue dolci dune, l’Amada Zegher con particolari morfologie rocciose a cuscini e funghi, il fantastico Ouadi Magridhet città di pietra ricca di affascinanti torri rocciose, l’onirico parco dell’Akakus protetto dall’UNESCO che ci ha ospitato sotto un caldo da 45° C, il curioso sito archeologico Ouadi Mathendush con le sue incisioni faunistiche, il mistico vulcano Waw an Namus (= delle zanzare) dai favolosi contrasti di colore, gli affascinanti laghi salati ben rappresentati dal paradisiaco Gabroun, l’interessante sito archeologico romano ben conservato di Leptis Magna… Ce n’è insomma per tutti i gusti, ma non senza problemi. Abbiamo avuto alcuni incidenti meccanici ed uno fisico umano che ci hanno complicato il viaggio, ma che per fortuna si sono risolti bene. L’emozioni negative che si sono ripetute con più frequenza sono state l’ansia, la preoccupazione, il disorientamento: ci siamo persi a turno almeno una ora al giorno e ci siamo sempre felicemente ritrovati, perché gli ambienti si sono rivelati eccezionalmente vasti per la nostra portata e non è stato facile controllare la voglia di correre … E’ stato decisamente adrenalinico scendere due rampe di una duna alta circa duecento metri ai laghi salati: è stata la sensazione più forte in assoluto e l’unica perché non abbiamo potuto farne altre. Lo stesso rapporto con la guida, che ha una jeep rispetto a noi super veloce e scarica, non è sempre stato rosa e fiori, perché non parlando nessuna lingua internazionale, la comprensione reciproca è stata piuttosto impegnativa e difficile con qualche inevitabile momento di tensione. Le uniche parole che Tahar pronunciava erano: “Sì”, “May be” e “In Shallah”, che ci incutevano incertezza e soprattutto se usate in alcuni momenti sono risultate urticanti! Anche tra di noi non sempre è andata benissimo, ma alla fine quello che abbiamo visto ha sepolto ogni rancore e casino.

BREVE PREMESSA

Vista la lunghezza del viaggio e tutto quello che è successo, si è ritenuto opportuno dividere il diario in paragrafi a tema o settori per rendere più piacevole la lettura a seconda dei diversi interessi. I nomi dei paesi cambiano a seconda dell’arabo parlato o delle carte. Noi ci siamo

attenuti alla nostra bibliografia e cartografia. L’avventura comincia!

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INDICE 1) Retroscena: cosa e’ successo prima di partire 2) Perché un viaggio in Libia 3) Cosa portarsi via e brevi consigli 4) Il percorso: 7000 km condensati e very speedy 5) I paesaggi, le piste e le strade in 5200 km di Libia

a) Interventi di chirurgia meccanica: gli incidenti e le rotture b) Quante volte ci siamo persi: l’esperienza con la guida

6) 1800 km rilassanti in Tunisia 7) Le comiche narrabili e indimenticabili 8) Una proposta indecente o quasi: dormire in hotel 9) Campionamenti di acqua di pozzo, oasi e laghi in Libia 10) Non si ringraziano (in ordine disperso) 11) Si ringrazia (in ordine sparso)

RETROSCENA: COSA E’ SUCCESSO PRIMA DI PARTIRE

Chi si è occupato della ideazione e preparazione del viaggio è Alberto. Lui ha scritto ad un po’ di agenzie già in estate ed il primo ed il più serio che ha risposto è stato Tarek della Magoura Agenzia Tilwan (www.tarek-magoura.com) scrivendo anche in un italiano corretto: si è sempre dimostrato molto preciso, disponibile, professionale, chiaro. Alberto gli ha mandato il nostro programma di viaggio e lui lo ha adattato secondo i tempi giusti. A settembre gli ha spedito la fotocopia dei passaporti e documenti delle jeep. Tarek ha risposto mandandogli i moduli da compilare per la frontiera: su questi ti chiedono tutto, compreso nome, cognome, data e luogo di nascita dei propri genitori; noi non avevamo compilato questa parte pensando non fosse necessaria, invece Tarek ci ha fatto notare che era da compilarsi in tutto e per tutto pena il non entrare! Alberto ha allora rispedito le carte. Il 10 novembre, quando pareva tutto bene, l’agente gli scrive dicendo che era obbligatorio di nuovo il timbro bilingue (italiano/arabo) sul passaporto: questa necessità era valida tempo fa, poi è stata tolta ed infine a novembre rimessa. Ha quindi dovuto spedirli tutti a Milano. La cosa era decisamente complicata perché nel gruppo c’era Jadranka extracomunitaria croata e Simone residente a Londra. Da Milano hanno rispedito le carte ad Alberto, perché sul modulo 308 mancava la firma nella parte che delegava l’agenzia milanese a sbrigare questa burocrazia. Il tutto è stato curato dalla nostra agenzia Rapid Tour di Francenigo. Alla fine quasi in esaurimento Alberto ha rispedito a Tarek le copie dei passaporti con i timbri, ma secondo l’agente quello croato non era chiaro e quello londinese non era ben leggibile con il rischio che non entrassero! Jadranka è dovuta andare a Pola e poi a Zagabria per risolvere il problema e Simone ha dovuto presentarsi più volte in consolato suscitando qualche perplessità; quello che è logico per noi europei, non lo è sempre per gli arabi! Per aver i visti Tarek doveva avere tutte le nostre carte una settimana prima della partenza, ma a Milano hanno accettato i passaporti uno alla volta impiegando quasi tre settimane: alla fine gli ultimi sono arrivati ad Alberto pochi giorni prima di partire. Questo continuo rimbalzo di email giornaliero è stato veramente stressante, perché ogni volta c’era una novità, ma se si fa tutto come dice l’agenzia state sicuri che non avrete problemi. Alla fine siamo riusciti a partire, ma nel Land Rover del condottiero (Alberto) si respirava già aria tesa e preoccupata per la buona riuscita del programma.

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PERCHE’ UN VIAGGIO IN LIBIA Dopo molteplici anni di viaggi africani questa volta il Fennec Desert Team (www.fennecdesertteam.it-sito in costruzione) si è unito all’associazione di esplorazione geografica Acheloos GeoExploring (www.acheloos.it) per realizzare obiettivi comuni. Lo scopo era ed è stato quello di compiere una spedizione di conoscenza generale del territorio centrale e Sud-Ovest della Libia, visto che possiede uno dei deserti più affascinanti al mondo. Abbiamo realizzato un album fotografico, un filmato fuoristradistico e un documentario sulle acque di alcuni laghi e di pozzi, alcune delle quali sono state analizzate presso centri di ricerca specializzati. In particolare Fabio e Alberto hanno effettuato una immersione subacquea nel Lago Gabron, cosa mai realizzata da nessuno da quanto ci risulta, portando in superficie risultati inediti. Abbiamo rilevato con le tecniche speleologiche alcune cavità con graffiti e pozzi, quantificando l’opportunità di un futuro ritorno per proseguire e ampliare il lavoro.

COSA PORTARSI VIA E BREVI CONSIGLI Tanta energia sia fisica che mentale. Calma e capacità di adattabilità piuttosto elevata … I trasferimenti sono lunghissimi in termini di tempo e spazio. E’ un viaggio impegnativo, stancante, inteso con numerosi campi liberi. Non è per tutti visto che il grado di igiene nei paesi è molto basso, non al limite dell’accettabile ma del sopportabile. Lo spirito di adattabilità è continuamente messo alla prova: la Libia non è ancora una nazione attrezzata per il turismo, non ci sono molti servizi e quelli presenti sono al limite della sufficienza... Fare una doccia o gasolio sono due binomi che viaggiano insieme visto il bisogno che se ne ha: non tutti i distributori hanno sempre benzina o gasolio, quindi appena ne trovate uno non esitate a far il pieno; le docce sono molto poche e ben apprezzate ovunque ce ne sia la possibilità con le relative condizioni igieniche: sono possibili solo in un paio di campeggi, quindi ciabatte a zeppa e buon bagno! Constatato che la vita libica costa molto poco, piuttosto di fare compere alimentari in Italia, vi consigliamo appena entrati in Libia di fare la spesa nel primo grosso paese dopo la frontiera, Zwara, ben fornito con supermercati e servizi. Di sera, a detta di chi lo ha vissuto, diventa un puttanaio in alcune vie, quindi fateci la spesa e se non siete interessati al casino, magari andate a far il campo fuori! Attenzione ai dromedari durante il giorno soprattutto a Nord e le auto a fari spenti e/o in contromano: ocio che in zona Tripoli guidano come leopardi nella savana! Sorpassi improvvisi e di taglio a destra e sinistra! Mantenetevi a sinistra che così non avete problemi! Attenzione anche ai primi 15 chilometri di strada subito fuori la dogana: l’asfalto è a croste e buche soprattutto sulla corsia di destra! Si procede a zig-zag con il rischio di fare frontali! E’ una sorta di Far West!

IL PERCORSO: 7000 KM CONDENSATI E VERY SPEEDY Tanti chilometri per vedere un meraviglioso lembo della grande Africa: appena a 2500 km circa da Tunisi comincia la vera avventura e solo a questo punto puoi sentirti abbracciare dal vero Sahara che ti dà il suo benvenuto. Abbiamo consumato in Libia circa 1200 litri a macchina di gasolio, dove un litro è pari a 0,083 Euro !! (= 0,150 dinari con un cambio a 1:1,800 dinari); in Tunisia 282 litri (giro lungo) a 0,840 dinari al litro (pari a 0,476 Euro) con un cambio a 1:1,766 dinari. Siamo tornati in Italia con la benzina a 1,405 Euro! Sabato 15 dicembre

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Sacile – Genova traghetto, 450 km Domenica 16 dicembre Tunisi – Kariouane (hotel Tunis), 174 km Lunedì 17 dicembre Kariouane – confine Tunisia/Libia - Ras Jdayr - Nalut (notte in hotel), 647 km Martedì 18 dicembre Nalut – Ghadames (notte in rest house), 337 km Mercoledì 19 dicembre Ghadames – Dirji (campo), 316 km Giovedì 20 dicembre Erg di Ubary (campo), 196 km Venerdì 21 dicembre Erg di Ubary (campo), 161 km Sabato 22 dicembre Al Awaynat –Ghat - Al Awaynat (campeggio), 370 km Domenica 23 dicembre Al Awaynat - Uadi Magridhet (campo), 150 km Lunedì 24 dicembre Al Awaynat - Akakus (Dito) - Akakus (campo), 146 km Martedì 25 dicembre Akakus Arco Fozzigiaren - Thesuinat (campo), 136 km Mercoledì 26 dicembre Akakus Idan del Murzuk (campo), 189 Giovedì 27 dicembre Murzuk -Matendush - Maknousa (campo), 179 km Venerdì 28 dicembre Maknousa – Timissah (campo), 334 km Sabato 29 dicembre Timissah - Waw el Kebir - Waw an Namus (campo), 269 km Domenica 30 dicembre Waw an Namus - Waw el Kebir (campo), 204 km Lunedì 31 dicembre Timissah - Germa - Fjeij (campeggio), 443 km Martedì 01 gennaio Lago Mandara, Ouelmah (campo), 86 km Mercoledì 02 gennaio Lago Gabroun - Fjeij (campeggio), 103 km Giovedì 03 gennaio Fjeij – Gharian (hotel), 824 km Venerdì 04 gennaio Gharian - Leptis Magna - Ras Jdayr – Tunisia Tataouine (hotel Le Gazzelle), 627 km Sabato 05 gennaio Tataouine – oasi Ksar Ghilane, 90 km

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Domenica 06 gennaio Oasi Ksar Ghilane in relax (40 km di gincane sulla sabbia bagnata e dura) Lunedì 07, 08, 09, 10 gennaio Ksar Ghilane – Douz (hotel) – Tozeur - Sbeitla (hotel) – Bizerta (hotel) – Goulette Tunisi, 934 km Sabato 12 gennaio Genova - Sacile, 450 km

I PAESAGGI, LE PISTE E LE STRADE IN 5200 KM DI LIBIA Lunedì 17: Kariouane – confine Tunisia/Libia - Ras Jdayr - Nalut (notte in hotel), 647 km

Dopo la notte a Kariouane all’Hotel Tunis, ci dirigiamo verso il confine. Tutta la strada è addobbata da grappoli di peperoncino e taniche di benzina libica da contrabbando. Intenso traffico e moltissimi camion stracarichi di cereali per la Libia, che con il loro peso e con il contributo delle temperature estive hanno parzialmente fuso e deformato l’asfalto. Arriviamo alle ore 14 in confine. La dogana tunisina ci trattiene solo una ora. Si deve pagare 5 dinari a macchina per le pratiche. Dall’altra parte ci attende un

uomo mandato da Tarek, il titolare della agenzia, che ci consegna subito le targhe già pronte. Qualche grattacapo su come fissarle ci fa perdere tempo. Cambiamo 350 euro (ci basteranno per tutto il viaggio!) nella banca in dogana dopo la sbarra a destra. I primi 15 chilometri che seguono sono pieni di buche e la gente procede a zig-zag per schivarli. Attenzione ai potenziali frontali! Si corre veloci (gli arabi anche troppo!) e tutti i cartelli sono solo in arabo! Troppo tardi per Ghadames e ci dirigiamo a Nalut, dove pernottiamo al Winz Rik Nalut Hotel. MARTEDÌ 18: NALUT – GHADAMES (NOTTE IN REST HOUSE), 337 KM La prima meraviglia libica che visitiamo è il granaio fortificato di Nalut, chiamato anche il castello, che ammiriamo già dall’albergo. Da fuori è diroccato ma dentro è molto suggestivo: Si trova a 650 metri di quota ed era strutturato a sette piani. E’ stato bombardato durante la Seconda Guerra Mondiale. La pista per Ghadames è dritta e infinita. Giunti a Dirji ci fermiamo per uno spuntino. Circa 20 chilometri prima della città si intravede all’orizzonte occidentale il deserto tunisino. Attraversiamo una piana sabkha luccicante di specchietti di gesso. La strada attraversa dei guadi salati, i cui ponti presentano asfalto a croste pericolosi per gli ammortizzatori se si corre senza attenzione.

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Dopo averci portato a vedere l’appartamento, andiamo a visitare la Ghadames vecchia accompagnati dalla simpatica guida Abdu chiamata da Tarek. Parla italiano e ci conduce per più di due ore (poche ma non ne avevamo di più) per 50 dinari tra un vicolo e l’altro ad esplorare questa meraviglia mondiale. La città è divisa in due, una vecchia e una nuova. Quella vecchia è strutturata in sette quartieri, dove parlano quattro lingue (tuareg, berbero, arabo e hansah che è un popolo dell’Africa nera provenite dal Niger). Ha avuto una storia travagliata e diversi passaggi di potere: prima i romani, poi i turchi, gli italiani all’inizio del 1900 ai quali sono subentrati i francesi fino al 1951. Dal 1960 è sotto il regime militare di Gheddafi.

Camminiamo tra un vicolo fresco e l’altro apprezzando la storia e l’inestimabile valore di questo luogo, costruito in questo particolare modo per essere rifugio estivo dai 55° C diurni in estate: ci sono le stanze per i padroni e quelle per gli schiavi con disegni sugli archi. Alcune stanze berbere, residenze tuttora usate, sono addobbate e dipinte con il rosso. Le porte hanno una serie di bottoni con tre colori: il verde colore del paradiso, il giallo colore dei berberi ed il rosso il colore delle donne. Lungo le pareti del corridoio principale alcune panche a diverse altezze erano predisposte per le diverse età: per i più giovani sono corte e basse, per gli anziani lunghe e alte per dormirci. La localizzazione di questa

galleria è stata pensata in modo crescente come le età della vita di un uomo: man mano che ci si dirige verso il cimitero, sono sempre più prossime le panche per i vecchi! Abdu ci fa entrare e uscire da un vicolo all’altro e visitare una delle tante case che era abitata fino a 20 anni fa. Ci dice che la parola Ghadames significherebbe “città del pranzo del giorno dopo”, perché secondo la leggenda Mosè si era fermato in questo luogo e si era dimenticato il piatto; quando è ritornato il giorno dopo, il suo cavallo per caso trovò l’acqua proprio nel punto dove lo aveva lasciato. Abdu ci porta a vistare i giardini e la sorgente, che ora purtroppo consiste solo in un catino con una pozza verdastra di acqua sporca. Un tempo era piena perché era una falda freatica salata proveniente da 10-15 metri di profondità, poi hanno realizzato altri pozzi abbassandone il livello. Ora la città pesca l’acqua dolce da 1000 metri.

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MERCOLEDÌ 19: GHADAMES – DIRJ - (CAMPO N28 50,767 – E10 25,184), 316 KM Dopo aver fatto gasolio a Dirji, perché non c’era a Ghadames, continuiamo lungo una pista dell’Agip lunga 120 km. Sterrati immensi che invitano a correre a tal punto che ci perdiamo per la prima volta ... Dopo esserci trovati più volte, pensiamo sia dovuto al fatto che dobbiamo ancora conoscere i propri tempi e la guida … (da leggersi nel paragrafo dedicato alle perdite). Facciamo campo in mezzo al niente e assaporiamo la pace e il cielo stellato dopo tanto tempo. GIOVEDÌ 20: ERG DI UBARY (CAMPO), 196 KM Notte fredda ma lo scaldasonno in maggiolina ci ha intiepidito. Passiamo per Bir Nazar lungo un bel tratto sterrato infinito. Tutto dritto! A destra e sinistra niente! La pista è decente e quasi tutta liscia con alcuni pezzi di tronchi fossili. Compare la prima sabbia e attacchiamo i mozzi.

Ora l’avventura comincia sul serio! Sostiamo dopo aver disceso un altopiano al riparo dal vento nei pressi di alcuni tronchi fossili grandi come ruote delle jeep! I versanti in arenaria sono coperti parzialmente da falde di sabbia con una sottile crosta superficiale verdognola. Scivoliamo su sterrati misti fino ad entrare in una ampia distesa sabbiosa lucida e liscissima come olio (forse un antico lago salato). Fiancheggiamo grandi cordoni di dune fino ad arrivare in una distesa di coni di diverse dimensioni rossi e a righe bianche tra tavolati con le punte a torretta. Il colore predominante qui è il rosso intenso e cupo. Oltre questa depressione un altro spettacolo di conetti di roccia alterata. Ci inerpichiamo su uno di questi e poi continuiamo a zig-zag tra loro.

La sabbia aumenta e quindi abbassiamo le gomme a 0,8. Un mare di dune si apre davanti a noi. La gente si stende per terra nonostante il vento per gustare chi la prima volta nel deserto, chi il ritorno. Le jeep vanno a tutto gas come navigare su acqua. Iniziano i primi insabbiamenti soprattutto per chi

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è qua per la prima volta. Testiamo la grinta delle macchine; Alberto su una rampa non riesce ad arrivare alla cresta e perde il controllo del Land: troppo carico si sbilancia e a fatica lo manteniamo in pista .. Solo dopo qualche secondo la pendenza ci ritorna favorevole ed evitiamo il ribaltamento... Non è stato un bel momento! Continuiamo cauti e ci facciamo cullare dalle dune fino a trovare un posto per il campo. Cala la notte e uno spettacolo lunare ci sorprende: un alone circolare di umidità impreziosisce il cielo stellato con la Luna al centro! INCREDIBILE! Forse sta piovendo da qualche parte o arriverà pioggia tra qualche giorno, ma la meraviglia che il deserto ci ha regalato ha lasciato il segno. Nel frattempo Mauro, Fabio e Tahar giocano con uno slittino artigianale su e giù per le belle rampe delle dune mangiandosi la sabbia più volte prima di raffinare la tecnica! VENERDÌ 21: ERG DI UBARY - (CAMPO N26 37,837 – E10 12,642), 161 KM Ripartiamo tra le incertezze dopo i vari imprevisti e gravi incidenti (vedi paragrafo dettagliato). Il

deserto di sabbia sta per finire. Una piana salata prelude ai rilievi e alle piste coi sassi. Spettacolare il color marrone, viola, nero che in controluce rende affascinate la piana. Valichiamo in una distesa che ci offre un sorprendente panorama di morfologie rocciose dalla forma a cuscini puff da salotto e grossi coni gelato con tanta panna che straborda! La base di queste morfologie rocciose è molto stretta e strozzata dall’erosione fluviale poi accentuata da quella eolica. Il termoclastismo sta disgregando l’arenaria verde che li costituisce e i cuscini si sfaldano a lastre o a fogli.

SABATO 22: AL AWAYNAT –GHAT - AL AWAYNAT (campeggio), 370 KM Ad Al Awaynat troviamo solo gasolio, ma il Toyota di Tahar consuma benzina, quindi ci tocca andare a Ghat per far rifornimento. Lungo la strada lo spettacolo del costone che fiancheggia a Est tutta la strada da Awaynat per Ghat è fenomenale! E’ una sorta di falesia lineare alta 300 metri più di noi, che taglia alcune centinaia di piccole e grande vallate modellate con una sezione ad U e che rappresentano il confine orientale estremo del paradisiaco Akakus. Sono abbellite da tutta una serie di falde di detrito spettacolari. A Ovest all’orizzonte il confine algerino con le dune. Pochi chilometri prima del paese i campi coltivati staccano con il loro color verde intenso. Di interessante da vedere è il fortino italiano arroccato sopra su tavolato isolato che spazia sulla città antica. Troviamo la benzina e ritorniamo ad Awaynat con il tramonto: i colori al ritorno sono diversi e lo stesso ambiente sembra cambiare. Lungo tutto questo rettilineo troviamo diverse auto ferme con le quattro frecce e le persone inginocchiate a pregare verso la Mecca. Se non lo sai pensi che sia un incidente!

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La sera ormai è calata. Siamo a manetta a 100 km/h e molto distanti tra noi come al solito. Noi col Land ultimi intravediamo un fuocherello all’orizzonte che si avvicina sempre più… Cazzo! E’ un posto di blocco con i bidoni di benza messi di traverso sulla strada! Iniziamo a frenare pensando che forse giochiamo a bowling! Non facciamo strike! Inchiodiamo e ci aprono la via salutandoci! Meno male! Notte in campeggio nelle suggestive capanne. DOMENICA 23: AL AWAYNAT - UADI MAGRIDHET – (CAMPO N25 46,302 – E10 05,108) , 150 KM Partiamo dalle suggestive capanne del campeggio di Awaynat con la meta Oaudi Magridhet tutto verso Ovest. Una ventina di chilometri di asfalto e poi scendiamo in una bella pista con tavolati a destra e a sinistra dune rosse e sotto bianche. Le ruote richiamano sempre voglia di sabbia e appena possiamo giochiamo su e giù per le dune più piccole, che si alternano a tratti sterrati. Arriviamo in un paradiso roccioso di pinnacoli e forme inconsuete a calcarenite grossolana: è l’inizio della zona del Magridhet, una antica vallata fluviale dove il letto ora è occupato dalla sabbia, mentre sulle pareti sono ben visibili le marmitte. Le morfologie sono di origine fluviale ed il vento ne ha e sta esasperando le forme. Appena entrati sulla destra un bel arco (N25 54,134 – E10 03,382) si presenta come una finestra sull’altra parte della vallata.

Alcune macine arredano questa sorta di grande salotto naturale. Poco più avanti su una parete un graffito di un bel rinoceronte (N25 53,980 – E10 02,717) sembra un quadro di un artista. Tutto attorno per terra è disseminato di noduli probabilmente a manganese tubolari di diverse dimensioni. Alcuni sono messi in piedi per attirare l’attenzione. Ci perdiamo più volte perché distratti da tante bellezze sorprendenti della natura. Facciamo pausa pranzo sotto una acacia. Fa caldo più di 40° C. Iniziamo un tratto variegato tra sabbia e roccia. I pinnacoli e le torri, che in controluce sono nere, aumentano sempre più:

siamo nel Magridhet, una affascinante città di roccia con forme strane e ammirevoli. La pista si snoda tra una torretta e l’altra e la guida del fuoristrada è decisamente divertente! La sabbia si è depositata ai piedi di queste forme rocciose come un lenzuolo di raso che avvolge una bella donna! Raggiungiamo il punto più alto (N24 48,729 – E09 56,529) da dove ammirare l’inestimabile panorama: la gente si arrampica sui pinnacoli e la guida si diletta a saltare giù da uno di questi. Fa caldo secco e il sole brucia. Tutto attorno uno spettacolo indescrivibile. Ci sparpagliamo a scoprire questo stupendo luogo relativamente poco conosciuto, perché fino a qualche anno fa era inaccessibile a causa dei problemi di confine con l’Algeria ora risolti. Alberto sparisce con il Land per fare foto e ritorna dopo un bel po’ con profumi di frizione: si

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era impiantato per bene! Ormai il sole sta tramontando e lasciamo il Magridhet per andare a fare campo ai piedi di una grande duna appuntita. Giochiamo a correre sul suo fianco parabolico come fosse una gara Indianapolis! Salgo sul Toyota giallo con Tahar per far un giro e tutto sul cruscotto salta da una parte all’altra! Lui guida con una energia pazzesca e la macchina è un camion! Non si sente nemmeno se è in moto! Quando prende lo slancio pare pronunciare un adrenalinico e felice IUUUHHU umano! LUNEDÌ 24: AL AWAYNAT – AKAKUS (CAMPO N25 20,656; E10 33,481), 146 KM

Arriviamo ad Awaynat e dopo aver salutato Simone che ci lascia per tornare prematuramente in Italia, percorriamo la pista per l’Akakus su un leggero toule ondulè. Il paesaggio inizia a cambiare: siamo nell’Aoius, dove alla sabbia si aggiunge la roccia in rilievi che rappresentano la massima espressione del termoclastismo e alterazione meteorica in fase di disgregazione. La morfologia più curiosa è il cosiddetto Dito, (N25 31,34,340; E10 36,038) una torretta rocciosa isolata a forma di dito. Continuiamo tra una valletta e l’altra navigando sulla sabbia come in un labirinto. Tra sabbia e rocce compare una

carovana di dromedari ad aumentare l’effetto dello spettacolo di questo posto. I colori controluce sono uniformemente neri, ma basta girarsi a favore e si vedono quelli reali con le sfumature! Sembra un paesaggio così magico! Ci fermiamo a visitare alcuni graffiti (N25 22,302; E10 32,483) e li guardiamo quasi scettici sulla loro originalità. Visitiamo il sito di Aouis (N25 21,402 - E10 30,959), che si trova in una grande rientranza con una caverna in fondo, dove hanno trovato cinquanta anni fa una mummia. L’ambiente è talmente grande che non riusciamo a fotografarlo neanche con un buon obiettivo grandangolo! La roccia è sempre arenaria grossolana con grani rotondi di quarzo caratterizzata da stratificazione laminare a discordanza angolare dalla potenza centimetrica. Continuiamo la nostra corsa a bocca aperta sotto un caldo a 45° C e vento fresco che ci brucia il viso. Se ci fermiamo, quando scendiamo dalle auto sembriamo galline che escono dal pollaio che non sanno dove andare! Visitiamo poi gli ultimi due siti della giornata (N25 20,681 - E10 30,868 e N25 19,996 - E10 31,353). MARTEDÌ 25 AKAKUS - ARCO FOZZIGIAREN (CAMPO N24 47,841 - E 10 40,097 ), 136 KM Poco dopo il campo c’è un panettone con una galleria, poi prima di arrivare a Bir Telouaouet (N25 13,700; E10 46,600), dove si paga 1 dinaro per 20 litri di acqua, visitiamo tre siti rupestri (N25 19,629 - E10 32,406, N25 17,229 - E10 34,889, N25 16,025 - E10 35,746). Continuiamo lungo la distesa, a sinistra sabbia, a destra rocce e monti. Visitiamo molti siti contraddistinti da cartelli gialli e man mano che scendiamo verso Sud, aumenta il caldo e

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peggiorano le condizioni della pista sempre più a toulè ondulè. Dopo Bir Minanag predomina un ambiente montuoso sulla sabbia. Nei pressi del cartello Imisigh attraversiamo una lunga galleria naturale scavata nel versante montuoso: ci parcheggiamo all’ombra in fila quattro jeep. Gli strati di arenaria sono decimetrici e sul tetto della grotta lunghi noduli scuri all’esterno e chiara all’interno impreziosiscono questo posticino particolare. A tutto gas si corre sempre più giù fino ad arrivare ad ammirare lo spettacolo dell’Arco: E’ GRANDISSIMO!! E’ immerso e circondato dalla sabbia. Tutti tranne il Land tentano di valicare la grande duna ma nessuno ce la fa! Foto di rito. SPETTACOLO! Andiamo oltre il cordone e iniziamo a visitare tutta una serie di siti di graffiti, uno ricco di ocra rossa e alcuni protetti da muri di paglia a scopo di preservarne la testimonianza con anche cartelli dell’Università di Roma in merito a studi archeologici di 50 anni fa: in alcuni sono state trovate alcune tra le mummie più antiche del Sahara. Uno di questi è abitato da una simpatica specie di lucertola color sabbia molto difficile da individuare, che ha attirato la nostra attenzione. MERCOLEDÌ 26: THESUINAT – OUAN KASA – MESSAK (OUADI ZALAYLAN) (CAMPO N25 15,662; E11 44,236), 189 KM Dopo il litigio con Tahar (vedi paragrafo dettagliato dei rapporti con la guida), speriamo sia un nuovo giorno di aggregazione e non di perdite di vista. Lui ha però la febbre e forse è questo che ha contribuito ad accentuare l’incazzatura. Una cura di paracetamolo lo rimette in sesto. Per entrare a visitare il cuore dell’Akakus nell’Ouadi Teshuinat si deve pagare quasi quattro dinari a testa ad un custode che vive in tenda. Voltando subito a sinistra si entra in una lunga vallata sempre con il fondo sabbioso, che un tempo doveva essere proprio un bel canyon come tutto il resto degli ambienti circostanti: possiede sul versante destro uno stupefacente portale a

più archi inclinati e colonne chiamato Tinkalega (o simili, ognuno qua cambia nome alle cose a seconda dell’arabo che parla), che ricordano le colonne greco-romane con i capitelli e sembrano quasi fatte dall’uomo! Ci addentriamo a piedi e arrampichiamo dentro questo luogo così incredibile, che ci fa riflettere ogni volta di più quanto bello sia questo deserto libico e quanto la natura non finisca mai di sorprendere. Purtroppo dobbiamo ripartire e chi non guida tiene la testa all’indietro fino all’ultimo momento per ammirare tale splendore.

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La giornata è intensamente dedicata alla visita di molti siti rupestri, anche troppo forse. Tra i più interessanti il sito Wan Tghaghit presenta raffigurazioni di levrieri; invece il punto Azaro è contraddistinto dalle incisioni dei due elefanti realistici molto ma molto belli, poi attira la nostra attenzione appena sotto alle pitture, perché la roccia arenacea presenta una esemplare stratificazione centimetrica a diversi colori (bianco, rosa, rosso, ocra) e a discordanza angolare di 20° - 30°, testimonianza delle fasi di crescita di antiche dune, mentre la parete soprastante ha una potenza di oltre venti metri e potrebbe essere anche arrampicabile. Il sito di Takdhalt invece rappresenta alcune aquile e sempre scene di vita quotidiana: visto che il logo della spedizione è proprio una di queste aquile, non possiamo fare a meno di girare un video per Italia1 con le magliette addosso tutte uguali!

Il sito Wan Muhajaj è interessante grazie al pannello dell’Università La Sapienza di Roma, che spiega l’importanza di quel luogo unico in tutto il Nord Africa: nel 1958 è stato trovato il corpo mummificato di un bimbo di tre anni in posizione fetale avvolto in pelle di antilope e risalente a 7000 anni fa. La stessa cosa la troviamo al sito Wan Melol, protetto da un recinto che ci impedisce di curiosare dentro la grotta. Ci fermiamo poi a visitare gli ultimi due siti In Ferdan e Tigmar. Gli studi archeologici su questi luoghi sono iniziati tutti alla fine degli anni ’50 con il Prof. Mori e conosciamo per caso anche un anziano tuareg Amrar Hamdani Khali accampato da sempre in questi luoghi, che aveva a suo tempo aiutato il Professore italiano nelle sue ricerche: ci mostra con orgoglio una bella lancia trovata proprio durante una di quelle battute di zona e per essere fotografato non chiede meno di 5 dinari! Proseguiamo dopo aver firmato il libro dei passaggi in quel luogo e

inizia l’uscita dall’Akakus. Sostiamo per pranzo al pozzo Minanag, dove un bel cane bianco stile levriero (tutti così qua) ci fa compagnia anche se diffidente. Ci dirigiamo a Est e abbandoniamo le rocce e i canyon per ritrovare distese desertiche: siamo nel Ouan Kasa e le dune sono molto alte, quasi montagne. Ci fermiamo a raccogliere sabbia di diversi colori, che compare scavando solo pochi centimetri: sotto quella classica color giallo/arancio c’è con meraviglia la nera e bianca in pochi metri quadrati di area forse testimonianza di antichi laghi. Ovviamente non è una scoperta nostra: tutti i turisti si fermano là ed è pieno di buchi dappertutto! Proseguiamo attraversando la catena del Masak percorrendo una lunga distesa con tante piste. Facciamo campo oltre il passo dopo esserci persi (da leggersi nella parte dedita). Tira un forte vento. Notte umida e fredda.

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GIOVEDÌ 27: MURZUK - MATENDUSH - MAKNOUSA (CAMPO N25 58,494; E12 57,330), 179 KM Mentre smontiamo il campo, Alberto gioca con un piccolo scorpioncino sulla duna, difficili da trovare a questa stagione, che attira la nostra attenzione. Il paesaggio che percorriamo consiste in un ampio sterrato ciottoloso a leggero sali-scendi e a curve. Passiamo vicino a dei pezzi di tronchi fossili curiosamente messi in piedi a cui segue una sorta di radura con cespugli pieni di frutti sferici, tipo piccole zucche rotonde. Alla nostra destra compaiono le dune del grande Murzuk: Tahar ci dice che guardando verso Sud-Est sono 7000 chilometri di sola sabbia! Costeggiamo i cordoni sabbiosi e poi deviamo decisamente a sinistra. Con questa mossa perdiamo il Toyota di Alessandro e lo ritroviamo solo dopo quasi una ora (da leggersi nello spazio dedito alle perdite)… La pista per il sito archeologico Mathendush è veramente molto sassosa e molto scassata, tanto che la percorriamo a neanche 30 km/h. Per visitarlo si devono pagare un paio di dinari a testa e lo si raggiunge a piedi attraversando un Ouadi ora secco, ma quando piove il fiume si alza anche di 3 metri: visti i centinaia di metri di larghezza del letto, la portata deve essere considerevole. Il sito consiste in una lunga parete in arenaria a gradoni riccamente disegnata con stupende e curiose incisioni rupestri di animali selvatici (giraffe, elefanti, leoni, coccodrilli, rinoceronti) che abitavano questi luoghi. Ripercorriamo la stessa pista disastrata dell’andata in direzione delle prime dune del Murzuk. Un lungo recinto ci taglia improvvisamente la strada: delimita i campi coltivati, il cui verde contrasta con la sabbia dei cordoni alla nostra sinistra puntellata da tanti cocomeri, che usiamo poi per giocare a calcio! Facciamo campo. Fa freddo, tanto che durante la notte si forma anche la brina. VENERDÌ 28: MAKNOUSA - TIMISSAH (CAMPO N26 23,984; E15 51,931), 334 KM

Le jeep e anche la moto stentano a partire a causa del freddo. Il Toyota giallo ci mette più di una ora ad accendersi a causa di problema alle puntine. Tahar scalda la calotta e finalmente riparte. Ci aspettano più di 600 km per il vulcano Waw an Naumus. Ci sparpagliamo su e giù per le dolci dune basse e modellate del Murzuk come galline che escono dal pollaio: ormai è il nostro stile! Corriamo scrutando timidamente quel agglomerato di fitti cordoni di sabbia promettendoci che torneremo. Noi con Land restiamo ultimi,

perché ormai il ponte batte ferro su ferro (sono scoppiati i gommini …) ed Alberto è preoccupato per la sua “creatura”: la prossima officina la troveremo solo nella città di Murzuk fra un paio di ore… Dopo una ora di pista, arriviamo sull’asfalto pensando che sia migliore e invece è a tutto a croste e buchi! Il Land sempre un complesso a batteria con i suoi rumori metallici!

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Facciamo gasolio a Tasawah, anche se non serve ma in questi posti è meglio abundare quam deficere! Tutta la strada attraversa palmeti e campi coltivati, il cui color verde intenso stacca dalla monotonia di queste distese dove predomina il nulla. Sostiamo un paio di ore dal meccanico per curare sia il Land che il Toyota di Tahar con l’ennesimo trapianto … (da leggersi nel paragrafo degli incidenti) Fino a Timissah sono circa 300 km e l’asfalto di certo non migliora: prima era a buche, ora è è a croste, poi diventa maculato e a puzzle! Troviamo qualche posto di blocco e contiamo diversi distributori di benzina. Il problema è che non è detto che ci sia il gasolio visto che la maggior parte delle auto qua va a benzina! Facciamo campo in periferia di Timissah tra le basse dune dopo aver attraversato una bella sabkha con grosse croste di gesso e abbellita da palmeti. SABATO 29: TIMISSAH - WAW EL KEBIR - WAW AN NAMUS (CAMPO N24 56,899; E17 42,740), 269 KM A queste longitudini il sole si alza prima e non fa freddo come a Ovest. Usciamo da questo bel posto e percorriamo una lunga distesa sabbiosa omogenea, senza punti di riferimento e liscissima, che induce Alessandro a spingere a tutto gas e sorpassare il capo spedizione Alberto. Il tentativo è vano, perché viene richiamato subito all’ordine! La pista per Waw el Kebir è lunga 150 km ed è pessima: per chissà quale motivo recondito è delimitata da spuntoni di ferro bassi pochi decimetri oppure alti anche un metro, a cui si intervallano copertoni e ruote intere. Il fortissimo toule ondulè è un elemento preponderante su tutto il tragitto e l’effetto shake è notevole! Ogni tanto si riesce ad uscire di pista per aver un momento di sollievo, ma dura sempre poco! Quando si incontra il posto di blocco in mezzo al nulla nel punto N25 33,314 - E16 34,055 si è quasi vicini alla fine di questo infelice tracciato. Il controllo è reso piuttosto tetro da un manichino posto in entrata, vestito con divisa militare ed elmetto americano forato e munito di fucile! Che accoglienza invitante! Ma è solo tutta scena. Ci fanno passare tranquillamente accompagnati dai latrati di quattro cani bianchi. Attraversiamo il desolato e triste ”paese” (è più che altro un luogo militare) di Waw el Kebir, dopo il quale la pista migliora, o meglio è un po’ meno peggio! Da questo punto mancano solo 90 chilometri per il vulcano con tratti di pista a volte lisci e comodi, a volte duri. Improvvisamente un aereo militare di ricognizione ci passa di fianco a bassa quota, molto bassa tanto che prendiamo paura! Il colmo è che appena prima era passato un uccellino e poi ci siamo visti questo enorme oggetto volante irrompere nel nulla di questi posti! Fanno voli di controllo contro l’immigrazione clandestina e non solo… Il paesaggio da semplice distesa solo sabbiosa inizia a cambiare chilometro dopo chilometro, perché si trovano dei pezzi di basalto grigio scuro compatto o poroso con qualche macchietta bianca, data da minerali come la leucite. Alla sabbia si mescola la lava e man mano che ci si avvicina al vulcano il colore nero si fa notare sempre di più. Nella piana a SW del vulcano c’è una sabkha con gesso e croste, il cui colore varia dal rosa con manganese dendritico al rosso mattone. Quando mancano 15 chilometri al vulcano, c’è il tramonto è non si vede proprio bene l’ambiente dove siamo. Pensiamo di essere arrivati, invece scendiamo dentro la bocca di uno secondario, dopo aver passato un posto di blocco che si trova proprio sul bordo. E’ il posto più riparato e azzeccato per un campo, visto che il campeggio nel vulcano Waw an Namus è sconsigliato per la presenza di “feroci” zanzare assetate (il nome stesso Namus significa zanzara)! Fabio si diverte a correre con la moto a oltre 100 km/h sul pendio del vulcano come fosse un circuito ovale Indianapolis! DOMENICA 30: WAW AN NAMUS - WAW EL KEBIR (CAMPO N25 39,454; E16 28,248), 204 KM

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Ci svegliamo presto e fa freddo. Esploriamo in modo caotico la zona circostante, ricca di croste evaporitiche rossastre e cristalli di gesso/salgemma, fino ad intravedere a pochi chilometri di distanza il vulcano protagonista. Attraversiamo la piana SW che si fa sempre più nera man mano che ci avviciniamo. Lo spettacolo con la luce a favore è incantevole: dune barcane basse e sinuose,

tremende per il fuoristrada, di un color nero intenso dato dai granelli di lava, che si trova circoscritta solo nella parte SW, perché è il deposito di una delle ultime eruzioni. Ci fermiamo sulla parte più alta dei quattro chilometri di diametro della bocca del vulcano, che funge quasi da vedetta panoramica sul cratere e i tre laghi salati che lo circondano. Siamo però controluce e riusciamo a renderci conto della meraviglia di questo luogo solo correndo attorno alla bocca e mettendoci a favore del sole: UNO SPETTACOLO MISTICO si svela ai nostri occhi! Il color

nero della lava contrasta con il verde dei palmeti rimanenti e il rossiccio del cratere, culminando tra il verde-azzurro dei laghetti!! La natura è proprio un artista! Mai visto un luogo così incantevole! Scivoliamo dentro la bocca e la sabbia è come sapone … divertente entrarci, ma a tratti è ingannevole e sembra di percorrere il fetch fetch. L’acqua dei laghi è limpidissima e fredda: tra i canneti c’è anche qualche animale che non vuole farsi vedere. Poi facciamo una passeggiata fino in cima al cratere. Il suolo consiste in croste di gesso e lava con alterazioni rosa e gialle con esalazioni solforose, che risuonano vuoto: quelle gialle sono di origine appunto solforosa e confermano il perché ci brucia leggermente la gola durante la salita. Il vento è persistente ed il panorama è impareggiabile: il cratere è collassato su sé stesso e tutto attorno a 360° si ammirano i laghi con il loro color verde e alcuni rosa (quelli più salati di tutti) circondati dalle incrostazioni bianche di sale. Il tutto è immerso nel nero della lava. Il rapporto tra le dimensioni tra le auto e il vulcano solo notevoli! Spulciando tra le incrostazioni alterate del cratere, Alberto trova un esemplare e bellissimo GEODE DI MINERALI A OLIVINE E PIROSSENI!! Da quassù i colori cambiano ora dopo ora e a seconda dei punti di dove ci si trova. Scendiamo alle jeep e tentiamo di uscire dalla bocca, ma l’impresa è problematica: la sabbia è saponosa e molle e affrontare quella pendenza di petto mette il Land così carico a dura prova, finché troviamo il versante giusto e arriviamo in cima. Anche le altre auto stentano e la tecnica corretta è trovare il passaggio giusto a seconda delle capacità delle jeep: il Toyota Pick Up per esempio si trova bene a seguire tutto il bordo come su un circuito ovale fino a prendere lo slancio! Riprendiamo la pista di ieri o quasi, perché per cercare il terreno migliore ci sparpagliamo a perdita d’occhio ed infatti ci perdiamo per più di una ora…!! Passiamo Waw el Kebir e poi il posto di blocco, dove il militare questa volta ci accoglie ben armato, che ci fa deviare incomprensibilmente verso Ovest per poi ritornare sulla tremenda pista di

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ieri a toule ondulè. Facciamo campo ormai col buio con forte vento, perché non ci sembra il caso di affrontare la pista con gli spuntoni di ferro fino a Timissah anche se mancano due ore di strada. LUNEDÌ 31: TIMISSAH - GERMA - FJEIJ (Camping Africa Tour), 443 KM A 15 km da Timissah provenendo dalla pessima pista del vulcano, inizia una distesa sabbiosa con dolci saliscendi di alcuni chilometri percorribile a velocità elevata, ma con notevoli difficoltà in condizioni sfavorevoli di luce: la situazione peggiore è a metà mattina con il sole alle spalle, perché non si hanno punti di riferimento e si perde facilmente l’orientamento. Sembra di essere in mezzo alla nebbia: davanti a noi solo un mare giallo dai tratti indistinguibili! Non ci si rende nemmeno più conto dopo un po’ se si sta correndo o se si è fermi ed è facile aver sensi di nausea e stordimento! Si capisce che si sta scendendo e salendo dall’effetto dosso che viene nello stomaco! Non si capiscono le ombre e l’unico modo per orientarsi è seguire una traccia già fatta. Arriviamo incolumi al palmeto in periferia di Timissah e qualcuno si insabbia. Abbassiamo le gomme e andiamo a fare gasolio. Facciamo la spesa: per sette dinari (circa 3,5 Euro) compriamo biscotti, formaggini, thè, 1 kg di riso, due pepsi, un succo, cinque lunghi filoni di pane! L’asfalto fino ai campeggi è in buone condizioni e si viaggia alla velocità media di crociera di 90 km/h. Subito dopo Tasawa al paesaggio sabbioso contrastano i cerchi verdi dei campi coltivati a grano. Ormai a 20 km dal campeggio di Fjeij compaiono all’orizzonte di nuovo le tanto amate dune, che con il tramonto sono uno spettacolo di colori! Campeggiamo al Africa Tours chi nelle capanne, chi in maggiolina. MARTEDÌ 01: LAGO MANDARA, OUM El MHA (CAMPO N26 41,149; E13 20,198), 86 KM Tahar per problemi alla sua Toyota non può accompagnarci ad attraversare il deserto dei laghi e ci affida al poliziotto con la promessa di rivederci ad Adiri tra due giorni, forse sopravalutando le nostre capacità. Noi ci fidiamo del suo parere e iniziamo la rampa del cordone sabbioso piena di tracce che sta a monte del campeggio Africa Tours. Il gioco si fa subito interessante, perché le dune a tratti corte e fitte, a tratti lunghe e anche da brividi! A queste parti si intervallano ampie depressioni pianeggianti e divertenti.

La prima ora è solo un sinuoso cavalcare sabbia e poi sull’ennesimo cordone uno spettacolo verde si apre davanti a noi: è il lago Mandara, oasi ormai asciutta ricca comunque di palmeti! Subito dopo la vista dall’alto sul Lago Oum El Mah ci offre invece un panorama eccezionale su uno specchio d’acqua azzurra/verde circondata dalle palme e canneti. E’ un luogo sbalorditivo! Curiosi i monili venduti dai nomadi. A questo punto tentiamo di valicare il cordone verso Nord, perché mancherebbe poco per il Lago Gabron, ma le dune sono a gradoni molto fitte e le rampe hanno notevole pendenza. Trovare un passaggio sicuro è una impresa difficile e già qualcuno si pianta sul facile. Il poliziotto si rivela una delusione perché non ha idea di dove sia la strada migliore e quindi non sa darci alcun consiglio! Scegliamo di tornare indietro e fare il giro. Non è proprio così scontato che la pista dell’andata sia la stessa del

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ritorno: troviamo qualche difficoltà, perché ci insabbiamo laddove prima non avevamo avuto problemi. Il divertimento dura poco perché a metà pomeriggio dobbiamo fare campo ai piedi di una rampa: la ventola del Range ha deciso di spaccarsi e tagliare pure il manicotto dell’acqua … ma per fortuna grazie all’esperienza di Alberto risolveremo anche questo (vedi capitolo sugli incidenti). MERCOLEDÌ 02: LAGO GABROUN - FJEIJ (Camping Africa Tour), 103 KM La notte è talmente umida che al mattino la sabbia è bagnata e dura. Visitiamo i laghi asciutti Logh Logh e il Tazrufa. Pochi chilometri più avanti vicino alla pista passiamo di fianco ad una duna anomala, quasi una chicca: presenta chiazze di sabbia finissima e gialla a diversa intensità disposta a sottili cerchi concentrici! Una particolarità molto curiosa e originale. Proseguiamo facendo gincane fino al Lago Mahfu poche decine di metri più avanti, dove c’è anche un campeggio con tende di paglia a punta, ristorante e nomadi che vendono souvenir. Ci insabbiano qua e là. Passiamo tra alcune tristi case abbandonate, che preludono al mitico Lago Gabron: è uno spettacolo quasi indescrivibile della natura! E’ il più grande dei laghi e anche il più turisticizzato: ristoranti, negozi, nomadi, attrezzature per le sciate sulla sabbia come bob e scii … Ci fermiamo tutta la mattina perché Alberto e Fabio devono fare alcune immersioni subacquee esplorative inedite, che attirano l’attenzione di tutti, turisti e giornalisti: il lago risulta profondo 7 metri e presenta un particolare termoclino (da 12°C in superficie a 40°C da metri in giù). Purtroppo il vento aumenta sempre più e le nuvole portano acqua: a mezzogiorno ci becchiamo pure la pioggia e una piccola tempesta di sabbia. Solo nel primo pomeriggio una finestra azzurra si apre nel cielo, ma la visibilità comunque resta pessima con questo tipo di luce. Siamo indecisi sul cosa fare e su consiglio di una guida di altri gruppi turistici (Ibrahim), incontrata

qui ma conosciuta a Ghadames, per andare verso gli altri laghi e arrivare ad Adiri tagliamo le dune a Nord del lago seguendo la carovana di altre jeep che si perde nel nulla. Lui ci spiega in modo elementare e scontato:” Andate avanti dritti, al terzo cordone girate a destra” … insomma come indicare ad un italiano qua in Italia la strada per il centro commerciale, che sta in periferia, partendo dal centro storico! Le rampe sono fitte e ben slanciate. Ci blocchiamo tutti davanti ad una doppia ripida e lunga discesa.

L’inclinazione è di circa 70° e l’emozione è tanta. L’adrenalina, una volta messo il muso della jeep in fuori, è notevole: noi col Land siamo i primi ad avere l’onore e le nostre paure su come si può comportare il fuoristrada carico si mescolano a tutta una atmosfera inebriante di eccitazione! E che fare? Indietro non si può tornare: via metti la terza, accelera e vai a manetta! La prima rampa è corta, ma la seconda è peggio! Effetti diuretici! Eeh là sì che non hai alternative! Scendiamo giù come fossimo una tavola da surf su una maestosa onda oceanica ed al silenzio dei primi secondi seguono due parole di sfogo (con altre confuse e non più pronunciabili!):“CHE FI…GO…OOO!! ADRENALINICOOO!!”… Quando arriviamo ai piedi del cordone guardiamo i compagni in alto che si accingono timidamente alla discesa: caspita, è proprio un muro!! Li esortiamo a procedere in modo molto concitato. In conclusione tutte le auto scendono giù come se la sabbia fosse sapone e l’entusiasmo è alle stelle! Pochi secondi da brivido! Alla fine non capisci esattamente quale è l’emozione, che ti fa alzare così tanto il livello di adrenalina!

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Al bello però segue subito la delusione. Purtroppo le dune qua sono tutte così: o si consoce il passaggio giusto, oppure non si passa. Tentando di trovare nuove strade con una visibilità che nuovamente senza sole peggiora momento su momento, ci insabbiamo fino a desistere e scegliere di seguire le tracce di altri, che scendono lungo la linea delle palme dove un tempo probabilmente c’erano laghi. Percorriamo più di 10 km verso Ovest - Sud per trovare un passaggio basso nel cordone, ma le dune sono disposte a catini e non ce ne è uno favorevole … cominciamo a pensare:”ma cosa serve un poliziotto nel deserto?!” Dopo ripetuti e vani tentativi decidiamo di tornare indietro per cercare il passaggio per lago Oum El Mah ed il campeggio. Ma l’impresa è più facile a dirsi che a farsi. Ormai sono le ore 16 del pomeriggio e la storia si fa triste se continuiamo a girar attorno come bestie in trappola senza scampo! Il passaggio che si fa in andata non corrisponde a quello del ritorno … Maaa quasi fosse planata dal cielo, veloce come un puma, una jeep di guide locali spunta da dietro una duna e cavalca il cordone indicandoci la via giusta a poche decine di metri da noi. Poi sparisce nel nulla! La soluzione era proprio a pochi passi: arriviamo al lago e poi dritti al campeggio a riposare. GIOVEDÌ 03: FJEIJ – GHARIAN (HOTEL), 824 KM Con l’amaro in bocca per aver perso un giorno di deserto e con un po’ di malinconia, perché il viaggio libico sta per giungere al termine, ci dirigiamo a Nord verso il confine. Un fennec superveloce ci attraversa pure la strada dopo una ora di viaggio e sparisce all’orizzonte in pochi secondi! Alle porte di Sebha ci aspetta Tahar e come al solito ci si capisce poco. Ci sono solo due posti di blocco fino a questa grande città. L’asfalto è a tratti a croste fino a Sebha e poi assume condizioni migliori, tali per le quali si può correre oltre i 100Km/h. Occhio però ai dromedari, che pascolano ai bordi delle strade come mucche in un altopiano alpino: qualcuno riversa morto e fa riflettere se si pensa che da noi si trovano i gatti nella stessa posizione … A 15 chilometri da Mizdah e 25 chilometri da Gharian c’è un posto di controllo, quindi è da prestare attenzione sulla velocità che si assume: le strade invitano a spingere sulla tavoletta, ma i poliziotti ci vedono benissimo! Pernottiamo al Hotel Cordan super lusso e super tecnologico dopo aver percorso senza accorgercene più di 800 chilometri!! VENERDÌ 04: GHARIAN - LEPTIS - RAS JDAYR – TUNISIA TATAOUINE, 627 KM

Attraversiamo la città di Gharian tappezzata in ogni angolo di tabelloni pubblicitari propagandistici con l’immagine sorridente di Gheddafi, che celebrano il 38° anniversario di governo. Ci dirigiamo lungo l’autostrada senza pedaggio a Leptis Magna passando per Tripoli. Grandi curve e al posto dell’autogrill ci sono baracche che vendono ceramiche. C’è polizia ovunque ed i posti di blocco non esitano a fermarci: la guida corre sempre troppo veloce e non riusciamo a mantenere il gruppo. Tanto per cambiare!

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Dedichiamo la mattinata alla cultura e visitiamo il bel sito archeologico romano di Leptis, ben conservato. Il percorso si snoda attraverso il mercato, l’ampio teatro, i bagni, la chiesa bizantina colma di frammenti ben ordinati di colonne in granito rosa e bianco. Per la gioia dei geologi ovunque dominano le colonne in uno stupendo marmo algerino con striature bianche, verdi e viola! La passeggiata culmina sul mare seguendo le antiche strade. Ovviamente i negozietti sono presi d’assolto dai turisti e anche noi non disdegnano di comprare qualcosa: rimaniamo meravigliati quando al momento di pagare, tentiamo di trattare sul prezzo ed il negoziante quasi si offende … da queste parti non funziona! La nostra attenzione è attirata dal Libro Verde di Gheddaffi, dove egli esprime il suo pensiero politico, venduto come fosse una Bibbia. Dopo un paio di ore di visita partiamo alla volta del confine e 15 chilometri dopo ci fermiamo in un ristorantino a pranzare come maiali per 5 Euro a testa! Siamo sul mare ma qua niente cucina a base di pesce! Restiamo fulminati dal traffico e da come guidano quando transitiamo in periferia di Tripoli lungo l’autostrada! Sono impazziti! Sulle rotonde chi entra e chi esce si incrocia e sfiora come auto su un circuito da formula uno! Sorpassi indiscriminati a destra e sinistra! Usciamo da questo tratto quasi con la sensazione di essere sopravvissuti e arriviamo al confine. Poco più di una ora per passare la dogana, sbrigare le carte e salutare quello che per noi resterà un amico, cioè Tahar. Varcata la soglia ci sentiamo da subito più liberi e quasi a casa. Facciamo tutta una tirata per Tataouine con meta l’Hotel Le Gazzelle, di cui siamo clienti. Siamo stanchi morti, ma c’è chi se la era passata peggio: ci telefona Italo, uno dei nostri amici della Prealpi 4x4 con cui avevamo condiviso il viaggio dell’andata in nave e che avrebbe fatto solo un tour nel deserto tunisino, dicendo che non ci si incontra come avevamo stabilito, perché stava appena rientrando in Tunisia a Douz dopo un sequestro di 5 giorni per sconfinamento (inesistente secondo lui) in Algeria! Lo avevamo preso insieme ad altri italiani ed un tedesco nei pressi nei pressi dei laghetti a Nord del Borma facendo scoppiare quasi un caso politico nazionale …

INTERVENTI DI CHIRURGIA MECCANICA: GLI INCIDENTI E LE ROTTURE

In tutti gli inconvenienti, alcuni anche gravi, si è confermato ancora indispensabile, quasi strategico, il nostro burbero spirito guida, non nuovo a risolvere rotture meccaniche in luoghi desertici: Alberto Casagrande, alias Castagna, il nostro Dottor House della meccanica fuoristradistica, che ha analogie con il personaggio della serie televisiva sia per il cognome (significa pure “casa”!) sia per le capacità ed atteggiamenti! E’ affetto però da una sindrome particolare: è sempre (o quasi!) necessario un problema meccanico da risolvere per fargli venire il sorriso! Sabato 15: chi ben comincia è già a metà dell’opera! E noi già dopo 20 km dalla partenza siamo già fermi in autogrill a Treviso, perché il freno a mano del Toyota bianco si é bloccato! Pure le luci di posizione posteriori non funzionano più! E pensare che durante la corsa iniziale ho fatto notare la puzza di freni e mi é stato risposto che era quella degli altri! Neanche il gusto di mantenere gli abiti puliti almeno fino in traghetto e già si deve aggiustare qualcosa! Ovviamente Alberto risolve il primo inconveniente mollando la corda del

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freno, mentre noi siamo comodi al bar! Partiamo però senza le luci, che sono state sistemate più avanti. Il problema si presenta solo se si deve parcheggiare, ma al limite basta appoggiarsi al marciapiede! Martedì 18: le prime piccolezze ammortizzabili Alessandro, su uno dei ponti di uno dei guadi delle piane salate di Gadamesh, incappa in una grossa buca ed è il primo a perdere l’uso di un ammortizzatore posteriore! Qua si corre tanto! Le bestemmie piovono sull’officina di GB Assetti! Occhio! Venerdì 21: il grande incidente, quasi un bilancio di guerra! Ci svegliamo presto dal primo campo nel deserto pensando di partire prima e diamo un’occhiata alle macchine. Tutto apposto tranne la moto di Fabio: si é spannato un filetto del coperchio valvole e quindi perde olio. Problema subito risolvibile: Alberto crea un tappo artigianale di emergenza in legno ricavato dal manico di una piccola lima. Gli altri intanto giocano su e giù per le dune, come bambini nonostante i continui richiami alla prudenza fatti fin dall’inizio da Alberto. Partiamo scivolando tra una sabkha e l’altra il cui colore bianco in contro luce diventa nero. Ci teniamo ultimi fin quando sentiamo via CB la voce di Mauro che ci avvisa di star sulla destra della pista. Sul posto oltre una duna con la scarpata a muretto alta 3 metri troviamo il Range massacrato: Jadranka alla guida ha preso il volo sulla rampa piantando il muso. Risultato dell’impatto frutto di inesperienza e disattenzione: piegato il ponte, la barra di accoppiamento, il telaio con la targa plasmata sul paraurti ed insieme si è incartata anche la carrozzeria di circa 10 centimetri, spostato il motore in avanti, danneggiato il carter del differenziale che perdeva olio, piegati i cerchi di entrambe le ruote e pure bucate … insomma una prognosi complicata, ma essendo danni da deformazione e non rottura il Range può guarire! Si procede immediatamente ad una operazione a cuore aperto, cioè a cofano aperto con un intervento di emergenza: Alberto e Mauro con l’aiuto un po’ di tutti sono subito operativi sotto e sopra il Range e tolgono prima la barra di accoppiamento, che viene raddrizzata alla meglio con la forza di tre uomini facendo leva sul telaio del Toyota bianco; poi vengono sostituite le ruote e tamponata la perdita del differenziale, che si è creata in seguito alla botta sugli ingranaggi. Nel frattempo nel bagagliaio era in atto una opera di pulizia, perché é scoppiata una tanica di olio! Con sorpresa la barra doppia, che separa la cabina e tiene tutti i bagagli comprese le due ruote di scorta e le varie taniche, é fortemente incurvata: tutto il materiale con l’impatto si é spostato in avanti! Alberto fa un giro di prova sul Range per valutare la sicurezza e funzionalità: le ruote però grattano sulla carrozzeria e per rimediare il Dottor Casagrande piega tutti i parafanghi, dopo aver chiesto il permesso al proprietario! Con questa modifica la jeep può dichiararsi abile! Martoriata ma funzionante! Se le macchine si possono in un modo o l’altro aggiustare, per gli uomini però non sempre è così facile: Domenico, che era passeggero durante l’incidente, accusa un acuto dolore allo sterno e ipotizziamo una costola rotta, perché con l’impatto si è insaccato tra la cintura in blocco e il sedile che si è piegato in avanti … E siamo solo al secondo giorno di deserto! Risolviamo con pomata ed un bustino nella speranza di trovar un ospedale (ah! Crederci!) al prossimo paese. L’avventura deve continuare per tutti e così ripartiamo.

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Passano però cinque minuti e di nuovo fermi tutti: la temperatura del Range é salita, perché si è bloccata la ventola sul convogliatore con l’impatto! Non abbiamo pensato che la botta ha spostato tutto quanto (in avanti o indietro non si sa, è un incartamento sta auto!), quindi Alberto rimedia legando il motore con delle cinghie e togliendo il convogliatore, così la ventola è libera di girare. Le operazioni a cofano aperto hanno buon esito e si riparte speranzosi: è anche vero che il sorriso al Dottor Castagna viene solo se c’è qualcosa da aggiustare, ma per oggi potrebbe essere anche sufficiente quello che è accaduto! Facciamo pausa pranzo (le guide la fanno sempre anche se voi non volete). Tanto per mantenere il ritmo della giornatina, Fabio fa manutenzione alla sua moto perché è saltato il tappo! Mentre ammiriamo lo spettacolo dei cuscini e funghi rocciosi dell’Hamada, il Toyota giallo di Tahar non parte più! Ha problemi con lo spinterogeno. Restiamo fermi una ora e finalmente riusciamo a metterlo in moto. Domenico sente sempre più dolore e viaggia nel Toyota nero di Ale, auto più comoda rispetto alle altre. Le piste sono lunghe e ben tenute. Ormai il sole sta tramontando. Passiamo per Bir Tegher, che si trova in una piccola e bella oasi con canneti purtroppo piena di zanzare cattive, che ci fanno cambiare idea sul fare il campo insieme a loro. Ci spostiamo a 10 km più avanti tra due vecchie dune. Pasta col tonno, pomata a Domenico, grappa, bruciamo immondizie e via a nanna sotto la luna piena. E’ stata una giornata pesante. Sabato 22: giorno delle cure Arriviamo ad Awaynat e discutiamo su come investire il pomeriggio tra officine e ospedali. Prima cosa fondamentale placare la fame davanti a dei grossi polletti, che aspettiamo con bramosia per quasi una ora nonostante fossero in vetrina ad arrostire davanti a noi. Paghiamo neanche 8 dinari a testa compreso riso, pane, bibite e insalata. Vicino al ristorante nomadi tuareg vestiti con i loro abiti tradizionali vendono monili. Li guardo bene: sono proprio neri e alti! L’attraversata dell’Hamada e dell’Ubary divide la gente dai lineamenti arabi da quella nera. Il Range e la moto vanno dal dottore in una officina ben fornita del paese, mentre noi portiamo Domenico all’ospedale. Tutto chiuso anche coi lucchetti: non c’è nessuno. Sbirciamo dentro quello che dovrebbe essere il pronto soccorso e gli giriamo le spalle! Gli scaffali sono quelli di una ferramenta e quasi tutti vuoti. L’impressione è piuttosto negativa. Domenico decide di non insistere a trovar il medico pensando di sopportare. Passerà la notte con dolori lancinanti al campeggio di Awaynat. In officina intanto hanno saldato il carter del differenziale del Range e alla moto hanno aggiustato il coperchio valvole. Lunedì 24: la nomination Ci svegliamo dal campo sulle dune ai margini dell’Erg Titagsin e l’ennesima discussione tra padre e figlio, Simone e Domenico, tra loro incompatibili, ci porta un po’ di amarezza. Quasi come se questo viaggio fosse un programma reality tipo Grande Fratello (il Grande Deserto!), arriva una sorta di nomination: le acque si calmano solo con l’intervento di Alberto, il quale in via estrema decide che per Simone il viaggio è finito senza alcuna resistenza o opposizione da parte di nessuno. Non ci possono essere altre soluzioni per una situazione diventata ormai insostenibile per tutti. Arrivati di nuovo ad Awaynat, contattiamo Tarek, che pianifica il viaggio di rientro prematuro per Simone. Fa arrivare un taxi che lo condurrà fino a Sebha, dove prenderà un aereo per Tripoli e poi Italia. Noi intanto ne approfittiamo per farci la doccia al campeggio per 1,5 dinari a testa e lavarci di dosso un po’ di malumore. Lo spirito comunque si risolleverà presto con quello che l’Akakus ci sta per offrire.

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Per quanto riguarda le rotture meccaniche, questa giornata registra solo l’intervento su un ammortizzatore anteriore del Toyota di Alessandro (W GB Assetti!). Martedì 25: incazzo e ingegno: voglio qualcosa da aggiustare Dopo il giro al maestoso Arco facciamo campo forzato in Akakus, perché Tahar e Alberto hanno avuto una discussione a causa delle continue perdite di vista e incomprensioni di viaggio. Per smaltire l’incazzatura Alberto si mette a far pulizia e manutenzione delle sue macchine. Casualmente (!) c’è qualcosa di relativamente complicato da sbrigare: Mauro non riesce più a fare retromarcia con il Toyota bianco! Bisogna smontare la leva del cambio e verificare il malanno: il Dottor Castagna constata che sono rotte le boccole di plastica, dove va intestata la leva. Procede alla cura immediatamente. Scalda l’innesto della leva del cambio sul fuoco e la inserisce a caldo dentro il buco del manico di una lima in plastica per realizzare un corpo unico. Per portare l’esterno alla misura giusta dell’innesto di venti millimetri, scalda il manico di una chiave inglese che ha un foro di diametro giusto e lo usa come trafila. Poi lo adatta e inserisce. Rimonta tutto e operazione riuscita!! Neanche il tempo alla Luna di muoversi! SuperAlberto colpisce ancora! Giovedì 27: rimedi d’emergenza Nel Mathendush facciamo pausa all’ombra dei fuoristrada, perché fa veramente caldo. Riprendiamo il percorso a passo lento sulla pista sassosa e ci vogliono almeno venti minuti prima di raggiungerne una più decente. Rompiamo un ammortizzatore e non sarà solo quello. Un continuo rumore metallico sul Land ci tartassa le orecchie: la corsa per cercare Alessandro, che si era perso, ha massacrato le giunture. Entriamo nel Masak Bianco, dove effettivamente la sabbia è quasi bianca o comunque meno rossa in generale. Sostiamo a Bir Elaluen e Alberto si accorge che i gommini del pontoni che tengono il ponte sono scoppiati! Quale misura di emergenza lo lega con le cinghie al paraurti per tirarlo in avanti e non sollecitare oltre il punto debole. Il rumore si sente di meno, ma non cessa. La tensione di Alberto invece si sente benissimo! Venerdì 28: trapianti meccanici Visti i danni al ponte del Land riportati il giorno prima, ci fermiamo alla prima officina che troviamo a Murzuk dopo una mattinata di viaggio tra pista e asfalto sconnesso all’insegna di rumori metallici degni di una band musicale. Tahar ne approfitta anche lui per cambiare una bobina che gli ha creato tanti problemi in accensione fino ad ora. Per curare il Land serve però il povero Range, perché non si trovano pezzi di ricambio Rover qua. L’operazione di trapianto ha inizio: Alberto e Mauro sotto gli occhi indiscreti e curiosi degli operai incapaci si mettono l’opera staccando l’albero di trasmissione, gli ammortizzatori, le molle e poi il ponte. Lo tirano in avanti con le cinghie. Alberto pensa bene di utilizzare le boccole posteriori dei puntoni del Range e metterle al posto di quelle anteriori scoppiate del Land, mentre quel che resta delle posteriori del Land rimontarle sul Range. Per sopperire alla mancanza dell’altra coppia, crea tutta una serie di distanziali artigianali ad anello tagliando un tappetino in gomma di neanche 5 mm. Quindi rimontano tutto e il trapianto è riuscito impiegando sole due ore! In più per sicurezza il ponte viene legato con le cinghie sulla traversa del cambio per eliminare eventuali giochi. Nonostante tutta l’operazione sia stata svolta senza l’aiuto di operai, che hanno assistito inermi per

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volere di Alberto e Mauro (se fosse stato per loro avrebbero smontato anche il telaio!), il capofficina ci chiede pure 70 dinari! Trattando riusciamo a concludere per 50… caspita costa l’usura degli attrezzi! Ripartiamo in direzione del vulcano. Sabato 29: quando la sfiga persiste Lunga il pessimo tragitto tra Timissah e Waw el Kebir, il continuo e accentuato toule ondulè mette a dura prova le nostre jeep. Quando Domenico ci annuncia via radio di essere fermo, ci avviciniamo scongiurando che non sia la volta buona che ci tocca veramente tornare a casa, perché il Range non ce la fa! Invece ha solo bucato… ma chi guidava? Ehm Jadranka ovviamente! La aggiustiamo con il tappabuchi magico di Alberto. Attraversiamo il triste paesetto (se così si può chiamare) di Waw el Kebir e quando sembra che riusciamo ad arrivare in tempo per ammirare il tramonto per il vulcano, si buca di nuovo una altra gomma del Range!! Ah ma la sfiga ci vede benissimo! E’ saltata la camera d’aria! La cambiamo consapevoli che era l’ultima ruota di scorta. La sfiga fortunatamente ci abbandona e riusciamo ad arrivare al fatidico vulcano. Lunedì 31: sopravvissuti alla pista del Vulcano Namus La pista di 300 km per il vulcano è devastante ed il rientro sull’asfalto è rassicurante. Facciamo la conta dei danni e tutto sommato è andata anche bene, nonostante il forte toule ondulè: a Murzuk Domenico va dal gommista ad aggiustare la ruota, mentre Alberto trova un saldatore per sistemare l’ammortizzatore per 3 dinari. Martedì 01: cosa serve un poliziotto nel deserto? Non riuscendo a valicare dal Lago Ou El Mha, torniamo indietro e prendiamo la linea per il Lago Gabron. Tahar ci ha lasciati soli con il poliziotto, perché il suo Toyota aveva dei problemi al cambio e ci aspetta a Adiri. E’ una bella giornata e questi posti sono proprio belli. Ad un certo punto sentiamo la voce di Domenico via radio che ci urla:”Sono fermo!”. Quando torniamo indietro lo troviamo in rampa con il cofano aperto: la ventola si è spaccata in tre pezzi e ha tagliato il tubo dell’acqua proprio su un brutto posto! Ma beneee! Questa volta però non guidava Jadranka! Il chirurgo Alberto studia un piano risolutivo di emergenza: lui con il Land scarico e il Toyota Pick Up guidato da Mauro con il poliziotto partono subito per il paese alla ricerca di una officina, mentre gli altri restano a far campo lì senza la certezza che saremo tornati quel giorno: devono stare pure in mezzo alla pista perché non c’è tanta alternativa in questa zona! Li abbandoniamo come fosse “L’isola dei desperados” con Fabio che scherza recitando scene patetiche di disperazione! In una mezza ora abbondante raggiungiamo il campeggio. Il padrone ci porta da un uomo alto e nero in mezzo alle case del paese. Io quasi anche mi diverto in queste situazioni perché ho sempre ruoli da cane fedele: per fare questo devo salire dietro il Land e guardare il mondo da un oblò pensando che sta volta Alberto non mi ha abbandonato più come è successo in Marocco! Il signore del campeggio parla con l’omone nero e gli mostra i pezzi della nostra ventola. Trovano una ventola rotta di un vecchio Toyota troppo piccola per sostituire quella del Range. Mauro intanto riporta il tipo al camping e cerca una officina con una saldatrice .. Nei pochi minuti che Alberto traffica per capire come combinare rovistando dentro il Land, ci circondano in perfetto silenzio più di dieci

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persone tra padre, cognato, nonno, figli, mamma, cugini dell’omone nero! Per loro questa situazione è come una televisione! Il bimbo più piccolo si gratta i denti in crescita su un pallone sgonfio e impolverato! Siccome il buco della ventola tarocca ha un diametro inferiore rispetto al nostro mozzo, Alberto ci mette una scatoletta di tonno sopra e ne segna la circonferenza. Poi con il trapano a batteria e la punta da 5 segue la traccia forando una serie di buchi uno dietro l’altro per fare il foro di giusta misura. Mancano però le punte da 8 per i fori di fissaggio! Cazzarola, sono rimaste al “campo dei desperados” quando ha scaricato tutto … Su ordine di Alberto preparo il fornelletto da campeggio con grandi punti di domanda … Lui fruga nella sacca del tendone e prende il picchetto con la punta: fortunatamente ha il diametro da 8 e lo scalda sul fuoco del fornelletto! Quasi fosse una cosa fatta da sempre, lo preme in quattro punti nella plastica della ventola, che si fonde: questa è la procedura indispensabile per fare i buchi necessari per il fissaggio al supporto metallico! Ovvio! Trovata la soluzione, Alberto finisce il lavoro e nel frattempo torna Mauro dicendo che ha trovato dopo un lungo giro a rischio tangenti (!) un saldatore. L’omone nero esita ad accettare i 10 dinari per il disturbo, ma insistendo anche con alcuni quaderni e penne per i figli accetta con un grande sorriso ed il silenzio di tomba si rombe nella rincorsa ad accaparrarsi i regali! Esce di proposito dalla casa pure la mamma a ringraziarci con una luminosissima faccia piena di allegria! Sono piacevolmente intimiditi ed increduli della nostra sorpresa: non pensavamo che facesse tanto effetto e andiamo via contenti. Ora manca da risolvere il problema del tubo dell’acqua. Troviamo un buon saldatore sulla strada principale per Germa, che riesce ad aggiustarlo con un pezzo di tubo in acciaio dell’acqua. Ritorniamo al campo dei desperados con il tramonto: l’atmosfera da lontano viene resa tetra e desolata dal volo di alcuni corvi sopra di loro! In realtà va tutto bene e sono sorpresi di vederci tornare così presto. Durante le ore che noi eravamo via, loro han mangiato e dormito come pascià! Alberto fascia con lo scotch le ali della ventola più rotte e la fissa con l’aiuto di Mauro e Domenico, che poi collauda la sua Range su e giù per le dune confermando il buon funzionamento, anche se a rischio di insabbiarsi! Operazione riuscita anche questa volta! Facciamo campo e la pista è un traffico di jeep di polizia, che fa la ronda a fari spiegati, e jeep di guide. Una di queste si ferma per chiederci una gonfiata con compressore ad una loro ruota! Anche una gomma del Land durante la notte avrà lo stesso problema che non risolveremo, perché la perdita è piccolissima e la gomma cala in modo lentissimo, quindi il sonno in pendenza è uno stato inevitabile non solo per questa occasione!

QUANTE VOLTE CI SIAMO PERSI: L’ESPERIENZA CON LA GUIDA Siamo partiti già il 15 dicembre con alcune radio CB che non riuscivano a sentirsi reciprocamente: pensavamo fosse un problema elettronico, invece dipendeva dall’impostazione, quindi abbiamo fatto tutto il viaggio con un CB in FM, uno che faceva da ponte e due in AM. La capacità di trasmissione inoltre non superava i 4 chilometri. Qualcuno riusciva a trasmettere per più chilometri, altri meno e viceversa con la ricezione. Questo ha contribuito notevolmente a complicare le comunicazioni e gli stati d’animo.

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A parte non essere sempre stati un gruppo molto affiatato durante la corsa già tra di noi, il rapporto con la guida non è sempre stato propriamente roseo, anzi con momenti di tensione: uno dei deterrenti è stata l’incomprensione dovuta a carenze linguistiche, perché Tahar e Sahad parlano quasi esclusivamente arabo, a differenza di Tarek l’agente di viaggio. Quindi se dovete organizzare un viaggio da queste parti si deve specificare più volte (noi lo avevamo fatto, ma non era disponibile) che la guida parli una delle lingue internazionali; se per motivi vari capita poi che rimanete senza accompagnatore, come è successo a noi ai laghi anche se in buona fede, potete chiedere al vostro agente che vi procuri una guida sostitutiva. Lo abbiamo saputo solo dopo quel che abbiamo passato. Insistete perché là, ovviamente più facile nei campeggi, si trova sempre qualcuno, ma occhio alle truffe! Tutte le volte che ci siamo persi è stato per incomprensione

reciproca, elevata velocità, distrazione, difficoltà di comunicazione, immensità degli spazi. Ci siamo sempre ritrovati grazie all’intuito e alla fortuna. Mercoledì 19: Ghadames – Dirji, sterrati a gran velocità Dopo aver fatto gasolio a Dirji, perché non c’era a Gadamesh, continuiamo lungo una pista dell’Agip lunga 120 km. A lato ci sono degli scavi dove si ricava materiale per realizzare il manto stradale. Attorno a noi il nulla. Ti guardi a destra e sinistra, ma non c’è proprio niente, solo un infinito sterrato piatto. Il piede destro preme sull’acceleratore con grande gusto visto la buona condizione del terreno. Ci si promette di stare a vista per non respirarsi la polvere sollevata a vicenda, quindi ci disponiamo in modo sparpagliato: sembriamo delle galline a cui viene aperto il recinto e fuggono in modo caotico verso il nulla! Ma il Land ha i bagagli di quattro persone e carico non può correre più di tanto. Restiamo ultimi. La guida non aspetta prima di svoltare sinistra fuori pista. Gli altri vanno avanti ignari di questo, mentre solo Mauro riesce a seguirla. La moto dopo 10 minuti riesce a radunarci tutti e portarci dalla jeep gialla. La cosa ci pare strana, ma sorvoliamo. Forse siamo noi distratti da tale immensità di spazi. Proseguiamo fuori pista poi per 150 chilometri fino a fermarci per far il primo campo. Giovedì 20: Erg di Ubary, questione di intuito 1° Continuiamo lungo questo sterrato a tratti anche liscio a tutto gas chi poteva. Spazi infiniti attorno a noi. La polvere si perde all’orizzonte. Ci fermiamo in due jeep pochi secondi per raccogliere pezzi di tronchi fossili: perdiamo la guida. Siccome Alberto

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ha una postazione satellitare a triplo GPS e ha le tracce scaricate da internet, lui sa dove andare e le segue ritrovando il Toyota giallo ed il resto del gruppo. Cominciamo a capire che Tahar non si preoccupa di tutti, ma non ci diamo peso perché il tempo è prezioso ed è giusto anche correre. Sabato 22: Campo –Ghat - Al Awaynat, questione di intuito 2° Partiamo col vento seguendo una pista abbastanza decente. Tra le tracce ne notiamo una anomala: è il Toyota del duca narciso (Alessandro), che ha l’ammortizzatore posteriore destro a penzoloni! Lo avvisiamo e lui si ferma: lo lega alla meglio, poi lo riperde! Bestemmia contro chi glieli ha venduti e lo rilega. Qualche tratto a toule ondulè, ma in generale la pista è buona. La guida del Land è pari a quella di una barca. Si naviga sulla sabbia. Il vento aumenta sempre più e anche la sabbia. Passiamo tra due maestosi cordoni di dune alte come montagne. La gente si rotola nel pendio in mezzo alla tempesta di sabbia, talmente intensa che sembra a tratti nebbia. Ovviamente la visibilità è ridottissima e ci perdiamo. Noi del Land restiamo in contatto radio solo con Mauro. Ci ritroviamo per caso seguendo una traccia per logica. Il vento e la sabbia non si placano. Passa una buona mezza ora e per caso ritroviamo gli altri lungo questa stessa pista. Ce la siamo vista brutta. Continuiamo per Awaynat. Appena prima del paese capanne di nomadi e capre si confondono nella tempesta. Facciamo gasolio ma niente benzina per Tahar. Dovremmo andare a Ghat a 100 km di distanza per trovarlo. C’è asfalto e non abbiamo problemi a perdersi … ma se c’è un posto di blocco sì! Ce ne sono un paio. Noi col Land siamo ultimi perché non va più di 100 km/h. Basta fermarsi e i poliziotti riconoscono la macchina e ti fanno passare. Se però stessimo tutti insieme, o almeno a vista d’occhio, sarebbe meglio! Tali pensieri sembrano utopie! Domenica 23: Al Awaynat - Uadi Magridhet, questione di intuito 3° Appena entrati nella zona del Magridhet partendo dall’arco ci muoviamo in direzione della parte più bella di questi posti. Paradossalmente, almeno per noi, la guida ha perso l’orientamento e noi non capiamo dove vuole andare. Il caldo a 40° C comincia a farsi sentire. Tentiamo di valicare il rilievo coperto di dune, ma le jeep non ce la fanno. Senza le indicazioni di Alberto grazie al suo GPS non avremmo trovato la strada giusta. Ci ritroviamo, ma poi ci riperdiamo: prima sparisce Alessandro e poi Simone. Questo paesaggio a torri rocciose è labirintico ed essendo inusuale per le nostre abitudini, ci spinge a correre per scoprirlo tutto! Per intuito troviamo la strada giusta e raggiungiamo la guida e Alessandro in un campo tuareg con tante caprette. Un bambino ci guarda curioso e timido da dietro un muretto e quando mi avvicino per donarlo quaderni e penne, lui scappa: la mamma con un abito lungo nero e occhio scavati esce dalla capanna e accetta il mio pensiero con piacere ringraziandomi in continuazione. Lunedì 24: Al Awaynat - Akakus (Dito) Akakus, fascino disorientante

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L’entrata in Akakus, nell’Aouis, implica inevitabilmente una ennesima perdita di orientamento tra di noi: l’ambiente è sorprendentemente labirintico, una serie di valli fluviali sinuose e mature con il fondo colmo di sabbia ed i rilievi dai fianchi modellati. Lo stupore di ognuno di noi ci porta a distrarci dal compagno davanti, a rallentare e quindi a perdere di vista la guida, che non si cura mai di aspettarci. Ci ritroviamo sempre lo stesso, ma lo stress è notevole e non ci si ferma tanto spesso se non per vedere graffiti di corsa. Anche lo stesso meeting serale al campo indotto da Alberto sul come comportarsi in questi ambienti non risolverà l’annoso problema del perdersi anche in futuro. Martedì 25 Akakus Arco Fozzigiaren – Thesuinat, la grande incazzatura Superato il maestoso Arco, iniziamo a visitare tutta una serie di siti di graffiti, ma tutto fatto in grande corsa. Non abbiamo idea di quanti siano e se la guida vuole farceli vedere tutti, almeno i classici! Se ti fermi sei “perduto”! Durante il giorno perdiamo il Toyota giallo almeno due volte! Nel primo pomeriggio perdiamo anche Fabio che svolta su una vallata sbagliata. Dopo 15 minuti lo ritroviamo. Subito dopo perdiamo la guida! La ripeschiamo dopo soli 40 minuti rifacendo verso Nord la stessa strada dell’andata, ipotizzando che Tahar facesse quella: lui si è fermato ad aspettarci nei pressi di un sito, che non guardiamo neanche perché Alberto sta volta è incazzato sul serio! Vano il tentativo di raggiungerlo quando lo abbiamo visto all’orizzonte durante la corsa: era sempre e comunque troppo veloce! Quasi estenuato Alberto lo aggredisce esortandolo nuovamente a ridurre la velocità, ma Tahar si incazza a sua volta perché noi italiani usiamo degli intercalari volgari non graditi da loro … tipo “Cazzo”… Ci si incavola ancora di più a vicenda. La situazione si fa tesa. La guida sostiene che lui guarda solo chi ha nello specchietto e non il gruppo, quindi se noi non siamo capaci a stare insieme, è un problema nostro … Beh sarà anche questo in parte vero, ma poi alla fine ci si aspetta più o meno! Alberto si altera ancora di più perché avrebbe voluto andare ancora più a Sud e Tahar, correndo via veloce, non gli ha dato il tempo di spiegarsi. Tanto per intendersi: non è detto che tutti sappiano leggere mappe e foto satellitari e questo era il caso della nostra guida. Le difficoltà di comprensione aumentano in condizioni di tensione. Tahar decide di improvvisare un campo e sparisce dietro una duna a sbollire l’ira. Noi cerchiamo di farci passare la stanchezza ed il nervosismo. Io devo farmi passare invece un bel febbrone! Lo sbalzo termico continuo di 30° Cdi questi giorni mi ha costretto in maggiolina ancora con il sole alto. Tahar ritorna al campo dopo un paio di ore e qualche intermediazione di Mauro e Sahad, che capiva i nostri motivi e ha fatto da pacere (almeno quello perché per il resto è inutile come figura!). E’ stanca anche la nostra guida ed infatti non sta tanto bene, perché ha dolori ad un dente. Alberto si avvicina e fa la pace.

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Domenico ci allieta la serata con le note della sua armonica a bocca. Mercoledì 26: Akakus - Idan del Murzuk, AAA cercasi compagni di viaggio Abbandoniamo a nostro malgrado l’Akakus e ci infiliamo ad Est nella catena montuosa del Masak, dopo aver percorso una lunga distesa piena di tracciati di piste ed un andirivieni di jeep di turisti. Essenzialmente sono comunque due: una a Est e una a Nord. Visto l’immensità degli spazi ovviamente noi con il Land non riusciamo a correre più di tanto e ci perdiamo … Non sappiamo quale direzione prendere e tentenniamo per un po’ fino ad incrociare una carovana di jeep di viaggi organizzati, a cui chiediamo se per caso hanno visto i nostri leopardi lungo il loro percorso. Ci rispondo di sì e quindi continuiamo in quella direzione senza mai vedere una traccia di polvere. Passano quasi 40 minuti e intravediamo il Toyota di Mauro. I CB riprendono a dialogare, tutti tra loro tranne noi, perché Alberto si è incazzato e non vuole rispondere. Facciamo finta di non vederli e tiriamo via dritti marciando a 40 km/h fino a quando loro intendono che qualcosa non va e ci vengono incontro: è passata quasi una ora da quando li avevamo persi di vista … La discussione non manca e per l’ennesima volta ci ricongiungiamo, perché, a quanto sembra, loro ci han sempre visto all’orizzonte e ci tenevano d’occhio … sarà! Giovedì 27: Murzuk - Matendush – Maknousa, pochi secondi che costano quasi una ora

La corsa a tutto gas al fianco del cordone di dune del Murzuk ad un certo punto smette di essere lineare e Tahar devia decisamente a sinistra per il Mathendush. Tutti lo seguiamo o almeno pensiamo di essere tutti, finché ci accorgiamo che quasi magicamente manca il Toyota di Alessandro! Chi lo ha visto?! Perso lo abbiamo!? Sembra quasi una maledizione! Lui non ha GPS e il CB funziona pure male! Inizia la procedura di emergenza: due auto ferme quale punto base, il Land e Tahar alla ricerca del disperso. E’ la prima volta che vediamo la guida preoccupata sul serio, che esclama:”Con altri gruppi non ho avuto questi problemi!”… forse siamo noi un caso umano e patologico!? Noi col Land puntiamo a Nord di cinque chilometri pensando che siano andati dritti e non abbiano visto la deviazione. Niente polvere all’orizzonte. Torniamo indietro di circa dieci

chilometri all’ultimo punto, dove ci eravamo fermati. Corriamo senza tanto guardare le buche e il carico si fa sentire. Incrociamo Tahar, che non lo ha trovato. Con la radio c’è un ping-pong di comunicazioni. La preoccupazione aumenta e la tensione pure. Tahar si dirige nuovamente a Nord a tutto gas (lui può!) e come un falco intravede all’orizzonte il riflesso del sole sull’auto: ECCOLI!! Noi subito dopo li avvistiamo, ma per accorciare il percorso tagliamo per la distesa di cespugli e cocomeri, percorso che è proprio una rottura di palle in tutti i sensi visto che li pestiamo e mettiamo a dura prova il ponte del Land. Il ricongiungimento di tutta la squadra avviene dopo quasi una ora: Alessandro e Adriano ci avevano persi di vista e furbi come faine invece di tornare indietro, hanno iniziato a correre come dei puma a 120 km/h pensando fossimo più avanti! Poi improvvisamente si erano resi conto che si erano persi e han deciso di tornare indietro … senza GPS poi!

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Fu così che senza ormai parole Alberto rivide la sua pecora nera Toyota Hilux ricongiungersi con le sorelle e proseguire il viaggio verso il sito archeologico Mathendush. Domenica 30: Waw an Namus - Waw el Kebir, questione di arte Partiamo dal vulcano per tornare a Timissah. Cerchiamo un cratere meteoritico o presunto tale a 20 km da Waw an Namus: c’è solo la forma ma non si trovano reperti. La pista pessima ci induce a sparpagliarci per trovare terreni migliori. Noi col Land restiamo ultimi per fare da scopa e tener d’occhio la squadra squattrinata. Non siamo sulla stessa pista del giorno prima, ma un po’ più a sinistra perché è molto più comoda e senza toule ondulè. Ad un certo punto vediamo Alessandro allontanarsi troppo e tentiamo di richiamarlo, ma siamo già troppo lontani sia per comunicare con lui che con Mauro. Riusciamo solo a sentire una sua ultima frase:” Aoh fermi tutti! Alberto se mi senti siamo sulla pista dell’andata”. Allora iniziamo ad inseguire l’auto davanti alla nostra, che pensiamo sia Mauro, ma quando riusciamo ad avvicinarci (dopo venti minuti!), scopriamo che è la guida! Tahar ci chiede pure dove sono i nostri!? E che ne sappiamo noi?! Ah cazzo! Scrutiamo l’orizzonte col binocolo per scovare qualche riflesso della luce solare sulle auto, ma niente. Tahar ci fa intendere che siamo un caso clinico, ma confida, come anche noi, nell’unico elemento trainante di quella squadra, che è Mauro, perché figlio d’arte ha i mezzi ed il fiuto per portarli tutti a destinazione. Speranzosi andiamo tutti a Waw el Kebir confidando che siano già là. Non ci sono purtroppo e Tahar sostiene di aspettare ancora dieci minuti, ma Alberto non resiste e partiamo ripercorrendo la pista di ieri scrutando spesso l’orizzonte con il binocolo. Continuiamo a chiamare Mauro via radio insistentemente con l’unica speranza di sentirlo al più presto. Questo stato di ansia e smarrimento ormai sono una prassi … Solo dopo aver percorso 20 chilometri riusciamo a sentire finalmente la voce di Mauro, che ci chiama ma a cui non possiamo rispondere, perché il nostro CB ha una portata che equivale ad una gittata di uno sputo di girino ... Sollevati capiamo che siamo tutti sulla stessa pista in senso contrario. Tra i vari dialoghi si sente Mauro che dice di riconoscere le tracce delle ruote di Alberto fatte il giorno prima! Questa è arte! Vediamo da lontano prima la moto e poi la carovana con Mauro in testa! Dopo una ora di ricerche eccoci di nuovo insieme! Loro non avevano deviato leggermente a sinistra come avevamo fatto noi e non vedendoci erano dapprima tornati indietro all’unica sosta fatta presso l’albero, poi Mauro ha pensato di seguire il punto GPS per Waw el Kebir. Nel frattempo ci raggiunge anche la guida e si riparte tutti insieme per una altra ora di pista. 01 e 02 gennaio: i laghi e l’abbandono

Iniziamo il primo dell’anno con l’abbandono di Tahar: non può accompagnarci per i prossimi tre giorni ad attraversare l’Ubary ed i laghi, perché la sua Toyota gialla ha dei problemi alla quarta marcia del cambio. Ci mettiamo d’accordo su come fare: il poliziotto viene con noi e ci ritroveremo tutti sull’asfalto a Adiri tra tre giorni. Sahad carica le sue coperte “profumate” sul Range, mentre Tahar ci rassicura dicendo che il GPS è sufficiente e ce la faremo da soli … le ultime parole famose! Non riusciamo a trovare la pista giusta nonostante diversi tentativi, perché le dune sono fitte e disposte a catini. I

passaggi per attraversare i cordoni sono molto localizzati e noti alle guide: il solo GPS non è sufficiente per questo tipo di deserto. Avere poi un poliziotto appresso che parla solo arabo e non ha idea di dove siamo, non è proprio una cosa utile! Le auto stracariche, le dune mozzafiato e la mancanza di conoscenza di questo deserto ci inducono a tornare indietro al campeggio.

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04 gennaio: il saluto Partiamo da Leptis Magna e viaggiamo tutto il pomeriggio fino ad incontrare Tarek, il titolare dell’agenzia che avevamo contattato, poco prima di Zwara. Notiamo che è accompagnato da un poliziotto in borghese armato … Saldiamo i conti e portiamo le nostre rimostranze su inadempienze della guida durante il viaggio. Come ci si aspettava, ci fa giustamente uno sconto per quei due giorni che Tahar non era con noi. Nel frattempo che noi concludiamo la trattativa, Fabio ne avanza una altra a Tahar e contratta la vendita della sua moto Suzuki 350 di 13 anni! La guida, che più volte durante il viaggio ha dimostrato gusto nel guidarla anche solo per gioco, ovviamente accetta dopo un attimo di esitazione perché temeva fosse uno scherzo … In Italia nessuno la avrebbe comprata per quella cifra! La scarichiamo da un amico di Tahar a Zwara, sede anche dell’agenzia. Chiavi in mano e raccomandazioni su come accenderla, dal momento che non è cosa semplice: noi crediamo che sia ancora là che tenta di metterla in moto! Fino al confine ci sono due posti di blocco e l’asfalto a croste e lastre induce chi viene nel senso opposto a far sorpassi che per noi comportano il rischio di incidenti frontali! Come un video game li schiviamo tutti e arriviamo in dogana. Tahar ci fa passare avanti su una corsia preferenziale. Consegnano targhe e passaporti per le pratiche. La barriera libica e tunisina è tutta una e Tahar ci rida le carte per la Tunisia addirittura già compilate. In meno di una ora incredibilmente siamo dall’altra parte! Che efficienza! Ci salutiamo con baci e abbracci contenti di avere trovato sicuramente un buon e simpatico amico da tornare a trovare nonostante tutto. ********************************************************************************

1800 KM RILASSANTI IN TUNISIA Perché tanti giorni in Tunisia (dal 5 al 10 gennaio)? Questione di prudenza e tempi del traghetto. Sono stati calcolati nell’eventualità ci fossero problemi o imprevisti in Libia. Alla fine nonostante tutto siamo stati nei tempi stabiliti e abbiamo dovuto solo correre un po’ di più: in realtà il programma libico da noi scelto è fattibile tranquillamente in 19 giorni, ma se capitano incidenti, diventa molto intenso e stancante. A quanto sembra, però, sforare la permanenza in Libia oltre il giorno previsto di uscita crea problemi in dogana, soprattutto se la guida ed il poliziotto hanno un altro gruppo da gestire subito dopo. Non era il nostro caso: avevamo, infatti, tentato di prolungare il viaggio di un giorno per fare le cose con più calma, ma questo fatto al momento ha creato discussione per questioni legali di sicurezza alla frontiera (Ipse dixit). Il soggiorno tunisino ci è servito solo per assorbire lo stress accumulato nelle belle corse libiche e per ridurre l’impatto (notevole) del rientro a casa. SABATO 05: TATAOUINE – OASI KSAR GHILANE, 90 KM Dopo la tirata notturna, cambiamo soldi e visitiamo il souk di Tataouine. Facciamo spesa: 11 dinari per 3 kg di clementine, 1 kg di datteri, 1 kg di carote speciali, 1 kg di banane! Il pane è a 0,24 dinari! Se calcoliamo l’equivalente in Euro, avremmo speso in tutto circa 5 Euro! La nostra meta è Ksar Ghilane. Passiamo per Chenini, che merita sempre qualche foto. Prendiamo la pista per l’oasi e notiamo come il paesaggio in giro sia molto più verde del solito: ha piovuto per dieci giorni consecutivi e la sabbia è bagnata e ricca di piante! Il cielo è ancora grigio. Facciamo una sosta per un thè al bar Nomade. Arriviamo a Ksar Ghilane e ci accampiamo fuori sotto gli alberi. In campeggio dentro l’oasi è aumentato il numero di tende e tendoni rispetto a due anni fa …

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Alla sera facciamo un giro tra le bancarelle e un negoziante sapeva che alcuni italiani nostri amici erano stati sequestrati dalla polizia algerina! Gli ho chiesto come ne era venuto a conoscenza visto che non ci sta la televisione là e lui simpaticamente mi ha risposto:”La voce del Sahara!” Minchia, viaggia a frequenze molto alte questa radio! DOMENICA 06: OASI KSAR GHILANE IN RELAX (40 KM) Dormiamo fino a tardi. Decidiamo di passare il pomeriggio a fare gincane su e giù per le dune bagnate e compatte fino ad un punto GPS a Est del fortino, che alcuni anni fa corrispondeva ad un luogo neolitico. Ora c’è una duna alta tre metri! Si viaggia da Dio, soprattutto perché abbiamo le jeep scariche, che si inerpicano da ferme sulle rampe sabbiose! LUNEDÌ 07: KSAR GHILANE – DOUZ (HOTEL) Smontiamo il campo e ci accorgiamo che il serbatoio del Land ha perso molti litri durante la notte: riusciamo a risolvere solo mantenendolo pieno a ¾. Ci dirigiamo a Douz lungo una pista che anni fa era piena di sabbia. Ora ci sono solo poche e basse dune. Hanno spostato anche i caffè bar per correre dietro ai movimenti della sabbia! Andiamo a far shopping a Douz, dove si possono trovare belle stoffe per neanche 30 Euro ottime per tendoni e copri divani. Prezzi paradisiaci per le femmine in shopping! Capita che i negozianti vogliano in cambio quaderni e penne per i figli. Tento in un internet caffè di spedire qualche email, ma la tastiera araba complica semplici azioni e chi ha ricevuto le email ha pensato fossi analfabeta! Una ora di navigazione costa solo 1 dinaro. Passiamo al camping a trovare il nostro amico Italo di Feltre, sequestrato con la famiglia, le guide tunisine ed altri per cinque giorni dagli algerini … Han fatto 1000 chilometri in colonna scortati. Il tedesco che era con loro ha rotto le balestre del camion e lo ha dovuto lasciare nel deserto con il cane dentro, con la promessa degli algerini che sarebbe tornato dopo un giorno! In realtà ha impiegato sei giorni per tornare dal fedele compagno di disavventura trovandolo fortunatamente vivo e vegeto! La polizia algerina gli aveva messo dei vigilanti per 30 Euro al giorno e non ho dovuto sborsare solo questi per arrivare fino là. Per festeggiare le lieta conclusione dei nostri viaggi, andiamo a cena in centro al paese da ChezMagic e mangiamo proprio bene e abbondante per 10 Dinari a testa. Dormiamo in Hotel Tuareg. MARTEDÌ 08: TOZEUR - SBEITLA (HOTEL) Decidiamo di dividerci, un gruppo va diretto a Tunisi per cazzeggiare con calma nella medina,

mentre noi temporeggiamo e facciamo una lunga deviazione, allergici alla caotica capitale. Ci dirigiamo a Tozeur per far affari in tappeti con un vecchio amico Benlaid Ridha. Lungo il tragitto poco dopo Kebili visitiamo un impianto di raffreddamento dell’acqua, che viene su da terra ad una temperatura di circa 70° C! E’ una curiosa struttura a tre piani di griglie, sulle quali l’acqua viene pompata in cima e raffreddata per caduta. Poco più avanti attraversiamo il lago salato, che dopo i 10 giorni di pioggia presenta molta più acqua del solito.

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Dopo la visita a Ridha, proseguiamo verso Nord e passiamo per Moulares invece di andare dritti per Gafsa. Questo paese vive grazie ad un incredibile impianto di trattamento di fosfati: i carrelli, che trasportano 24 ore su 24 i detriti dalle miniere, tagliano le montagne su lunghi binari non protetti, che fiancheggiano a tratti anche la strada. Si può vedere da vicino il trasporto: camminando sui cumuli di depositi si possono trovare fossili e pezzi di gesso. Continuiamo fino a Kasserine pensando di trovare un hotel, ma o ci si ferma 30 chilometri prima del paese o dopo non si trova niente, nonostante sia un paese grosso. La corsa si ferma alla città archeologico romana Sbeitla, dove troviamo un albergo per camionisti: c’è poca roba da visitare, solo qualche colonna e un arco. MERCOLEDÌ 09 E GIOVEDÌ 10: BIZERTA (HOTEL) – GOULETTE TUNISI

Andiamo per Sbiba incappando in una fitta nebbia mattutina. Non troviamo poste aperte, perché oggi è festa per il giorno dell’anno e quindi ormai agli sgoccioli coi soldi ma non col gasolio a Mikthar deviamo lungo una strada di campi per Ticha, seguendo fedeli la mappa russa del GPS. Probabilmente tempi addietro era più trafficata e grande, ora è una pista per trattori! Quasi increduli continuiamo in direzione di Dougga e passiamo addirittura quattro guadi! Lungo questo tragitto si trovano reperti archeologici romani in mezzo ai campi pieni di margherite! La pista si perde tra un guado e l’altro, finché perdiamo anche noi

l’orientamento: girovaghiamo sul letto del torrente e da lontano vediamo sulla sponda destra in alto la strada asfaltata, che dopo 15 chilometri ci porta a Dougga. Per prenderla passiamo con umile noncuranza in un campo e sbuchiamo nel giardino di una casa, con una signora che ci guarda allibita visto che il percorso fino a lì fatto era solo per i muli! Questo è l’ultimo fuoripista del viaggio, che ci ha ben imbrattato di fango il Land! Proseguiamo fino a Bizerta passando per campi con mucche e pecore, che brucano i fossi. Soggiorniamo presso il comodo albergo Sidi Salem. La città è carina e ha una storia complessa tra berberi, spagnoli e arabi ben visibile dalle architetture. Giovedì cazzeggiamo il più possibile per ritardare l’arrivo a Tunisi e percorriamo tutte le strade più lunghe e alternative per arrivare alla grande città. Scendiamo nella baia/laguna di Raf Raf, ma non c’è la possibilità di costeggiare il mare a causa del promontorio e dobbiamo tornare indietro. Carino solo l’isolotto al largo. Passiamo per l’Ariana, dove tutta la pianura è allagata. Le ore non passano. Andiamo a fare la pennichella sulla spiaggia di Sidi Bou Said. Gli altri nostri compagni faranno lo stesso, ma in un momento diverso e pertanto non riusciamo ad incontrarci. Andiamo a fare i biglietti alle 15.30 stanchi di aspettare il momento di partire e troviamo gli sportelli aperti. Alle 17.00 ci ritroviamo tutti ed entriamo in dogana. La partenza è prevista per le 20.00. Alle 18.00 siamo tutti in fila pronti per salire in nave, ma non sarà possibile fino alle 23.30! La nave, infatti, è arrivata verso le 22.00 causa ritardi accumulati da viaggi precedenti per maltempo in Italia. Da buon bellunese Italo pensa bene di mettere a disposizione sul cofano del Land salame e formaggio! Banchettiamo e ceniamo per quanto possibile, mitigando il nervosismo per le scarse

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informazioni. Per passare il tempo si chiacchiera moltissimo e si girovaga tra una jeep e l’altra meditando miglioramenti sugli allestimenti con copiature e nuove invenzioni! A mezzanotte e mezza salgono le ultime auto e poco prima dell’una si parte. Ci fanno la cena per fortuna, ma occhio ai prezzi: 27 Euro per una cotoletta, pesce fritto, insalata, patatine e acqua! Il mare è calmo: sistemiamo foto e dormiamo quasi tutto il giorno con gli indimenticabili pensieri della Libia che ci girano in testa! I ritardi accumulati si fanno più pesanti all’arrivo: iniziamo lo sbarco alla una e mezza e partiamo alle 3 di notte. Il viaggio notturno è provante e pesante. Ancora non ci rendiamo conto che è proprio già finita, ma il libro che abbiamo letto è stato uno dei più entusiasmanti e affascinanti … Un viaggio diverso, intenso, ricco di emozioni e paesaggi, impegnativo e pieno di imprevisti, che alla fine hanno dato un valore aggiunto: è stato proprio un gran sollievo esser riusciti a portare a casa tutti, ma in particolare il Range e Domenico!

LE COMICHE NARRABILI E INDIMENTICABILI Mercoledì 19: vendesi donne a Ghadames Durante la visita alla città di Gadamesh, la guida Abdu ci confida che ha 17 figli da una unica donna e 28 nipoti! Ci prova subito con me e Jadranka per sapere se gliene regaliamo altri 17! Insiste più volte con lei svelandoci che una donna vale 5 dromedari (un dromedario equivale circa 500 Euro!). Nonostante i rifiuti lui non molla ma ci scherza sopra fino alla fine! Domenica 23: anarchia a Uadi Magridhet Durante la sosta ad Awaynat facciamo spesa e Alessandro e Adriano comprano uova. Ne cucinano una parte, ma non riescono a farle bollire tutte perché si deve partire subito. Rimettono le uova al loro posto e pensano bene di segnarle. Passa la giornata e le mettono sulla tavola durante la preparazione della cena nel campo ai piedi della grande duna. Il problema è che non si ricordano più se avevano segnato quelle sode o quelle crude! Per capirlo non resta altro che provarle! Comincia il gioco del tiro all’uovo per testarle! Un po’ in faccia, un po’ per terra vanno finite tutte! Sempre la stessa coppia non risparmia risate quella sera: mentre stiamo cercando il posto per il campo, Alessandro e Adriano discutono sulla opportunità di mettere il tendone comune ed in particolare Adriano esordisce dicendo:” No tenda, questa sera parlo io da Alberto che non si monta il tendone”. Al momento di farlo, Alberto come suo solito richiama tutti all’allestimento, in particolare nomina Adriano, che comicamente è il primo a rispondere:” Sì, pronti qua, arrivo subito!” Della stessa idea sono anche Fabio e Mauro per quanto riguarda la loro tenda per dormire: non hanno voglia di prepararla e copiano Tahar e Sahad, che dormo sotto la luce delle stelle! Una tecnica che adotteranno per tutti i campi futuri. Dopo soli tre campi già c’è anarchia!

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Venerdì 28: talpe a Timissah Siamo accampati alla periferia di Timissah tra basse dune ai limiti di una sabkha. Mentre prepariamo il campo e la cena, Mauro si diverte a fare insensati buchi nella sabbia come fosse colpito dalla sindrome della talpa! In vena di scherzi pensa di farne uno sotto la tenda Chechua di Jadranka, a sua insaputa ovviamente. Tutta la serata si svolge nella piena normalità: si mangia la solita pasta con i mitici sughi della signora Meghini e come contorno una ottima verdura; si beve il thè con la guida e poi tutti a nanna. Jadranka è l’ultima insieme ad Alberto, che ha la jeep vicino alla sua tenda. Lei si va a coricare e sprofonda inevitabilmente di oltre 20 centimetri! Spaventata esce e chiede ad Alberto di controllare cosa è successo: lui inconsapevole verifica e le chiede se ha trovato un pozzo di petrolio! Lei gli chiede se è possibile che si aprano depressioni così spontaneamente, visto che siamo nei pressi di un lago salato… Alcuni di noi nelle vicinanze scoppiano in risate a crepapelle! Che comiche! Lo scherzo è stupendamente riuscito! Domenica 30: smemorati a Waw an Namus Io e Alberto andiamo a piedi sul cratere principale e poco dopo ci seguono a nostra insaputa anche Jadranka, portata da Mauro, e Andrea, portato da Domenico. Ammiriamo il panorama dall’alto in modo sparso. Quando scendiamo, incontriamo gli altri e non c’è nessuno che li aspetta! Chi deve venire a prenderli se ne sta pacifico a bere il thè sul bordo del vulcano con le guide da tutta altra parte. Se ne sono proprio dimenticati e solo dopo continue chiamate vie radio riusciamo a farli andare a prendere! Che affiatamento di squadra!

Giovedì 03: AAA cercasi gasolio Sulla via del rientro verso Nord partiti dal campeggio dei laghi, tentiamo di fare gasolio in periferia di Sebha, ma non ce ne è. Per altri 200 chilometri niente benza e niente pane o luoghi per fermarsi a far rifornimento. A 90 chilometri da Zwara ad un posto di blocco ci fermiamo per aspettare Alessandro, che è rimasto indietro. Intanto facciamo gasolio fino all’ultima goccia con le taniche di riserva. Solo dopo 40 muniti di sosta la guida si ricorda di noi e la vediamo tornare indietro: cavolo si è ricordata di noi!! Dopo 30 chilometri un altro posto di controllo: in questa tratta c’è un distributore di gasolio ma è vuoto! Siamo quasi a secco e arriviamo a quello di Zwariff tutti o quasi col gasolio contato: all’incrocio si vede il Toyota di Alessandro procedere a traino del Range perché è rimasto senza carburante a 2 chilometri dal distributore! Aaah!! Ci ridiamo sopra davanti ad un pranzo abbondante di riso, cus cus, minestra, pollo per la modica cifra di 6 Euro a testa!

Mercoledì 09: Range Rover ultimo atto Mentre stiamo ammazzando il tempo nella lunga attesa di imbarcarci. Dopo giorni in cui il Range non dava segni di rogne, Domenico si avvicina ad Alberto con un’aria da “Huston, c’è un problema!” e gli chiede:”Alberto, hai un tappo di sughero?”, perché ha perso il tappo dell’olio quando ha fatto benzina prima di entrare in dogana! Lui gli risponde che siamo pieni di tappi di sughero! Tra una battuta e l’altra il chirurgo House rovista nel Land fino a trovare l’Amuchina: risolve la mancanza mettendoci il tappo capovolto e fissandolo con del filo di ferro! Calza a puntino! Ora il Range ha tutto tranne che pezzi suoi originali! Anzi ha qualcosa più degli altri! Le comiche son state quando due giorni dopo l’arrivo a casa Domenico ha portato dal suo meccanico la jeep, il quale, una volta aperto il cofano, gli ha chiesto cosa era quella cosa!

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UNA PROPOSTA INDECENTE O QUASI: DORMIRE IN HOTEL Dopo un tour libico qualsiasi bettola tunisina o di qual si voglia paese rappresenta un lusso! Un viaggio in Libia implica pochi alberghi e molti campi liberi, che, viste le condizioni igieniche di quelli veri, sono i migliori alberghi a cinque stelle anzi a multi stelle! Domenica 16 dicembre Hotel Tunisia a Kariouane in Tunisia si trova a pochi metri dalla porta della medina. E’ modesto ma sufficiente: una camera doppia con colazione costa 30 dinari. E’ la terza volta che veniamo in questo hotel e ci siamo sempre trovati bene. Lunedì 17 dicembre Hotel Winz Rik Nalut in Libia: si è rivelato una sorpresa, perché nessun contava di pernottare in albergo o sapeva che ci fosse. Ha una logistica strategica e panoramica sul granaio fortificato della città. E’ l’unica cosa bella che ha! Ci ha colpito per i corridoi molto alti e stretti. E’ accettabile visto che di meglio non si può pretendere in quei posti: riteniamo comunque che la vasca verde si sia lavata per la prima volta con la nostra doccia … eravamo provvisti di ciabatte con le zeppe, mentre la cragna (= sporco) colava! In compenso si mangia molto bene e tanto: ci è costato 75 dinari tutto compreso per due. Martedì 18 dicembre Rest House a Ghadames: la guida Tahar ci porta in periferia della bella città, dove stanno costruendo case e condomini per turisti e residenti ricchi. E’ stata anche questa una sorpresa: è una palazzina a due piani con quattro camere a piano, di cui una, la suite, con il bagno compreso (mentre le altre no) ed un grande lettone dalla appariscente testiera in legno e pelle per il capitano Alberto! Sono tutte nuove e in ottime condizioni. Ma il letto bisogna sempre farselo lo stesso! Abbiamo cenato nella sala da pranzo. Ci è costato in tutto 35 dinari a testa. Sabato 22 dicembre Camping ad Al Awaynat: è l’unico ed è attrezzato con doccia e capanne a cupola a due posti per 25 dinari in due. Tutti cotti dalle giornate appena trascorse ci scrostiamo le croste e tutti a nanna in un letto. Dopo due giorni ritorniamo dal Magridhet per rifarci una doccia e ci costa 1,5 dinari a testa. Sabato 29 dicembre Camping Hotel Waw el Kebir: qui ci facciamo solo la doccia per due dinari a testa. I bagni sono in buone condizioni. Non è lo stesso per il campeggio circostante: ci sono container vuoti, capanne non finite ed in disuso, una piscina abbandonata e senza acqua, dove ci vivono solo grandi scarafaggi… insomma una desolazione di posto. Ci sono più gatti che persone …

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Lunedì 31 dicembre e mercoledì 02 gennaio Camping Africa Tours a Fjeij: è attrezzato per l’accoglienza del turismo “di massa”, quindi si trovano docce e capanne a due posti in buone condizioni. Il bagno è tappezzato di piastrelle azzurre senza tetto! Chi però aveva la maggiolina ha dormito nelle sue pulci! Quelle hanno il pedigree! Il solo posto auto sono 10 dinari, la cena abbondante 10 dinari; chi ha preso la capanna 25 dinari. Quando il 03 mattina partiamo, paghiamo la metà rispetto al giorno prima anche se non gli va bene, perché durante la notte c’è stato un black out e non c’era acqua calda per la doccia.

Giovedì 03 gennaio Hotel Cordan a Gharian: è il più lussuoso e tecnologico che ci è capitato per 55 dinari in due con colazione. Per entrare si passa attraverso i raggi X compresi i bagagli. Penso anche l’acqua calda passi per strutture super sofisticate visto che è arrivata di mattina! E’ uno di quei posti dove ti possono svegliare e buttare fuori nel cuore della notte se arrivano pezzi grossi e politici! 07, 08, 09 gennaio Hotel a Consul a Tunisi: albergo lussuoso e confortevole ad un chilometro dal centro. Costa 55 dinari a camera doppia. Lunedì 07 gennaio Hotel Tuareg a Douz: è l’ennesima volta che veniamo qui ed è sempre un ottimo posto per 40 dinari in due. Martedì 08 gennaio Hotel a Sbeitla a 2 stelle o meglio due stalle: modello tipico per camionisti e con questo si dice tutto! Dopo aver visto gli alberghi in Libia (quei pochi), qualsiasi altro posto è migliore! Pagato 55 dinari in due e 8 per la cena. Il prezzo non vale il posto, ma era già tardi quando siamo arrivati e di meglio non abbiamo trovato quella sera. Con la luce del giorno abbiamo visto qualche posto migliore. Mercoledì 09 gennaio Hotel Sidi Salem a Bizerta: è molto comodo e pulito per 66 dinari in due con mezza pensione. Le camere con bagno sono in casette depandance con vista mare: posizione piacevole grazie alla quale si arriva sul porto passeggiando fuori dell’albergo.

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CAMPIONAMENTI DI ACQUA DI POZZO, OASI E LAGHI IN LIBIA Durante la spedizione abbiamo raccolto 11 campioni di acqua (doppi per prudenza) da pozzi o laghi salati a scopo di conoscerne nel dettaglio le caratteristiche chimiche ed elaborarne alcune considerazioni generali. Per ognuno è stato preso il punto GPS, la quota, la profondità di falda, la temperatura, con la relativa descrizione sul colore ed odore. L’opera di raccolta informazioni a riguardo non è stata semplice a causa delle difficoltà linguistiche e abbiamo dovuto accontentarci. Ne consegue che la veridicità si basa sulla fiducia delle persone intervistate. GHADAMES ACQUEDOTTO (prima del trattamento) un campione Temperatura: 40°C Profondità falda: 1000 metri Caratteristiche: incolore, leggero odore di zolfo N 30° 06,163 E 009° 29,089 Luogo: Ghadames, (prelevato anche un campione di acqua dopo il trattamento) BIR NAZAR Temperatura: 16°C Quota: 510 metri Profondità falda: 5,70 metri dal piano campagna Caratteristiche: incolore, usata dai nomadi di passaggio N 28° 42,204 E 010° 13,565 Luogo: Hamada Tinghert, Ubary inizio 170 km a Sud di Dirji; pozzo circolare in conglomerato profondo 7,30 metri, rilevato con tecniche speleoalpinistiche; (un campione preso in falda, due nel secchio) OASI BIR TEGHER Temperatura: 29°C Quota: 526 metri Profondità: non reperibile Caratteristiche: incolore, inodore, usata dai nomadi di passaggio, ha una portata inferiore al litro al minuto. N 26° 42,150 E 010° 18,450 Luogo: Hamada Zegher a Sud di Ubary nei pressi delle morfologie a cuscini rocciosi; pullula di zanzare

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BIR MINANAG Temperatura: 10°C Quota: 838 metri Profondità falda: 150 metri Caratteristiche: potabile, si paga N 24° 51,580 E 010 39,672 Luogo: Akakus BIR TELOUAOUET Temperatura: 10°C Quota: 752 metri Profondità falda: 150 metri Caratteristiche: potabile, si paga N 25° 13,700 E 010° 46,600 Luogo: Akakus, c’è un custode a vita.

BIR ELOUAN Temperatura: 15°C Quota: 640 metri Profondità falda: 400 metri N 25° 48,308 E 012° 20,479 Luogo: Massiccio del Masak bianco

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LAGO OUM EL MHA Temperatura: 12°C Quota: 449 metri Caratteristiche: salato, gamberetti e alghe in superficie N 26° 42,644 E 013° 20,016 Luogo: Ubary deserto Germa

LAGO MAHFU Temperatura: 12°C Quota: 441 metri Caratteristiche: salato, microrganismi N 26° 47,290 E 013° 30,457 Luogo: Ubary deserto Germa

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LAGO GRABRON Termoclino: i primi 2 metri son 12° C, da 2 a 4 metri son 40°C, fino a 7 metri son 35°C Quota: 452 metri Caratteristiche: salata, gusto sgradevole, microrganismi: gamberetti a 2 m in una fascia di pochi centimetri prima dei 40° C. N 26° 48,266 E 013° 32, 412 Luogo: Ubary deserto Germa; due campioni di Gabron in superficie, uno prelevato a 4 metri di profondità grazie ad una immersione subacquea. LAGO VULCANO WAW AN NAMUS Temperatura: 10°C Quota: 368 metri Caratteristiche: giallo paglierino, salatissima, gusto sgradevole N 24° 56,540 E 017° 44,970 Luogo: Vulcano Waw an Namus ********************************************************************

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NON SI RINGRAZIANO (in ordine disperso): Gli ammortizzatori di GB Assetti, che hanno fatto tanto incazzare Alessandro! I bagni (cessi) dei distributori di benzina per i profumi e le condizioni indimenticabili! Le radio CB, che divise due in frequenza AM e due FM, ci hanno nervosamente complicato il viaggio favorendo la non comunicazione e l’isterismo! Alessandro e Adriano per le ripetute sveglie premature alle 4.00 e 6.05 di mattina a causa delle loro rumorose risate e lunghe chiacchierate! Le boccole (i gommini) del ponte anteriore taroccati del Land Rover, che hanno messo alla prova l’arguto ingegno di Alberto pentito di non aver comprato gli originali, perché non sarebbe mai successo (Ipse dixit). La Grimaldi GNV che all’andata arrivati in porto a Tunisi ci ha fatto aspettare sui divanetti senza scendere per più di quattro ore e per otto ore in dogana a Tunisi per imbarcarci. La polizia di frontiera tunisina che al nostro arrivo il 16 dicembre già con ritardo accumulato ci ha fatto aspettare una ora in più, perché voleva una fantomatica lista di tutto il carico del Toyota bianco! Gli ormoni di Adriano e Alessandro, che nei primi giorni emanavano in abbondanza quasi avessero scambiato il deserto per una donna! Profumo di alta montagna: pino e mostro selvatico!

SI RINGRAZIA (in ordine sparso):

Il nostro speciale Dottor House della meccanica fuoristradistica, Alberto Casagrande, per la sua preziosa professionalità, serietà e ingegnosa capacità di risolvere qualunque problema meccanico (solo quello purtroppo!): grazie per averci portato in Libia! Già pronto per il prossimo, vero? La SepaDiver di Muggia – Trieste, nostro sponsor per le inedite immersioni nel Lago Gabron, per la fiducia. La signora Meghini che ci ha deliziato le cene con i suoi squisiti ragù e sughi preparati sottovuoto per Domenico, con i quali abbiamo condito con varietà le innumerevoli pastasciutte: potrebbe far concorrenza a quelli pronti! I distributori di gasolio, che, anche se rari, ci hanno dato l’opportunità di correre tanto (discorso che non vale per Alessandro perché è rimasto a secco a pochi chilometri dal rifornimento!). L’Amuchina per aver offerto la provvidenziale risoluzione del problema del tappo dell’olio perso del Range Rover. La pomata Fastum Gel per il trauma di Domenico. Il satellitare Thuraya che ha funzionato anche con le schede ricaricabili classiche. Lo scaldasonno in maggiolina, che se non viene usato con testa rischia di farti restare senza batteria come è successo ad Alessandro! Tutti i famigliari che hanno “sofferto” la lunga mancanza della nostra persona… Noi invece non abbiamo sofferto la loro! La armonica a bocca con la quale Domenico ci ha deliziato alcune serate rompendo il silenzio del deserto. La Range Rover perché dove c’è Range, ci sono Ro-gne e ci si si diverte! Si ringrazia in modo particolare Jadranka, senza la quale il viaggio non avrebbe avuto i problemi meccanici accaduti: alla luce dei fatti sarebbe stato molto più noioso! A sua volta Alberto la ringrazia per averli trovato qualcosa di complicato da risolvere. Noi tutti ringraziamo lei e la buona sorte per aver in seguito riportato il sorriso ad Alberto …

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CONCLUSIONI “Non cesseremo mai di esplorare e alla fine delle nostre esplorazioni ci ritroveremo nel luogo da

cui siamo partiti e lo vedremo per la prima volta” by Thomas S. Eliot

Barbara Grillo [email protected]

Alberto Casagrande [email protected]