Libia 1911 - Europa 1914 (Parte I)

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    Luigi Copertino 26 Agosto 2011

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    Libia 1911 - Europa 1914 (parte I)

    Una polver iera pronta ad

    esplodere

    In questo 2011 sono state profuse notevoli energie per i festeggiamenti del

    centocinquantenario dellunit statuale italiana, con un esito da retorica

    patriottarda di bassa lega senza che alcun senso di critica storica sia emersonel corso delle celebrazioni ufficiali.

    Abbagliati dalle luci celebrative del Risorgimento, quasi nessuno sembra aver

    fatto caso che in questo 2011 cade anche il centenario di un altro evento

    storico. Un evento che riguarda certamente la nostra storia nazionale ma che

    ha avuto a suo tempo, per gli esiti che esso ebbe su scala continentale e, poi,

    mondiale, un rilievo epocale.

    Parliamo dellimpresa coloniale italiana in Libia, che ebbe inizio tra il 28 ed il

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    29 settembre 1911 sulla melodia della nota canzone propagandistica Tripoli

    bel suol damore.

    La Provvidenza, o per altri la storia, sa essere a modo suo ironica. Infatti a

    ricordarci di quellevento dimenticato intervenuta, subito dopo la

    celebrazione ufficiale, il 17 marzo di questanno, del centocinquantenario

    della proclamazione del Regno dItalia, loperazione neocoloniale della NATO

    in Libia, fortemente caldeggiata soprattutto dalla Francia, che si conclusa

    alla fine di agosto con la completa disfatta del regime arabo-socialista del

    colonnello Gheddafi (o almeno cos sembra, dalle notizie che giungono da

    Tripoli, al momento nel quale stiamo scrivendo).

    Una operazione NATO, su mandato dellONU, ufficialmente a protezione deiribelli al regime di Gheddafi ma in realt, come ha dimostrato lo svolgersi

    delle operazioni militari, a supporto di quelli per rovesciare il regime del

    colonnello ed assicurare, in particolare alla Francia, petrolio a basso costo. I

    media occidentali, more solito, hanno, in questi mesi, dato fiato alle fanfare

    della lotta dei libici contr o il di ttatore, laddove invece si trattato soltanto

    di una lotta interna di ataviche radici tra trib arabe: altro che democrazia!

    LItalia di oggi, stretta ancora una volta dal suo vincolo sempre pi stretto alla

    NATO ed in assenza di una Europa politica che sappia anche far valere i

    propri interessi senza delegarli al Patto Atlantico, si ritrovata a dover gestire

    in casa, nelle sue basi aeree, ma senza averne il comando, lintera operazione

    messa in atto in Libia. Unoperazione tanto fruttuosa per gli interessi francesi

    quanto contraria ai nostri interessi nazionali. Perch con il regime di

    Gheddafi il nostro Paese aveva concluso, da anni, e recentemente rinnovato,

    proficui trattati di cooperazione politica ed economica, in un quadro di

    particolare interesse geopolitico italiano. Ora le opportunit che ci derivavano

    da quei trattati sono destinate a scomparire dal momento che i ribelli libici,

    che hanno vinto il conflitto civile contro i fedeli di Gheddafi, sono

    dichiaratamente filo-francesi.

    Cogliendo la sottile ironia della Provvidenza, alla quale accennavamo

    pocanzi, siamo tornati con la memoria storica agli avvenimenti che

    sconvolsero Tripolitania e Cirenaica, allepoca ottomane, un secolo fa, per qui

    raccontare, a beneficio dei nostri lettori, limpresa di Libia del 1911 nei suoi

    effetti europei e planetari che portarono direttamente al conflitto mondiale

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    del 1914.

    Un modo diverso di fare memoria storica: quella che ci viene sempre additata

    quando si tratta di altri eventi dalla persecuzione ebraica alle foibe ma che

    quando non c da specularci sopra in termini politici dattualit , invece,

    puntualmente trascurata.

    LEuropa di inizio XX secolo viveva dei fasti della Belle Epoque e nel mito

    positivista del progresso infinito. Un progresso del quale lumanit, secondo

    quella vulgata, liberatasi dalloscurantismo religioso, in particolare da quello

    cattolico, si apprestava a godere i frutti indefinitamente. Si trattava di una

    prospettiva millenarista, propria a tutta la cultura immanentista sia liberale

    che socialista. Una prospettiva che viziava lo sguardo degli europei quandoessi lo rivolgevano al futuro immaginandolo molto diverso da quanto poi si

    effettivamente rivelato.

    Al di l della facciata trionfalistica lEuropa, allalba del nuovo secolo, era una

    polveriera pronta ad esplodere.

    Tutti i problemi sorti o rimasti insoluti nel XIX secolo si stavano dando

    appuntamento al crocevia della storia, mentre leuforia generale per il sol

    dellavvenirestordiva gli europei nelle sale parigine al ritmo del can can e del

    ballo excelsior o con le mitologie di attese palingenesi sociali che si assicurava

    erano prossime a realizzarsi.

    In realt nubi di guerra, cariche di potenza distruttiva, erano gi comparse

    allorizzonte della storia e gli europei, che si credevano ancora al centro del

    mondo, non si erano affatto accorti che stava per iniziare il secolo, lungo o

    breve, della guer ra civi lecontinentale, prima, e mondiale, dopo, che avrebbe

    travolto definitivamente la centralit planetaria del Vecchio Continente a

    favore di potenze extra-europee, bench di matrice europea.

    I Due Blocchi europei: convergenze e

    divergenze

    Gli eventi realizzatisi nella parte centrale del secolo che si era appena

    concluso, quelli che occupano il periodo che va dal 1853 al 1870, ossia dalla

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    guerra di Crimea al crollo dellimpero francese di Napoleone III (con

    conseguente occupazione italiana della Roma Pontificia), eventi sui quali si

    innest il processo di unificazione forzata della penisola italiana per decisione

    liberal-massonica e mano piemontese, avevano portato al delinearsi, tra la

    fine del XIX e linizio del XX secolo, di due blocchi continentali contrapposti e

    divisi sia da visioni politiche diverse sia da strategie geo-politiche divergenti

    (1).

    Da una parte stavano Francia ed Inghilterra, che pretendevano di

    rappresentare il mondo nuovo delle democrazie liberali. Dallaltra lAustria-

    Ungheria e la Germania guglielmina (il cosiddetto II Reich), che per non

    rappresentavano affatto, come comunemente si pensa, lantico regime

    opposto alla modernit.

    Mentre quello asburgico era ancora un impero di tipo tradizionale ma in via

    di trasformazione in una confederazione plurinazionale di popoli, quello

    guglielmino era un imperodi tipo moderno, fortemente industrializzato e

    militarizzato oltre che accentratore, erede del prussianesimo, portato al

    successo dalla politica pangermanista di Bismarck, il cancell iere di fer r o, e

    proclamato nel 1870 a Versailles subito dopo la sconfitta di Napoleone III a

    Sedan.

    Non dunque possibile affermare che lalleanza austro-tedesca

    corrispondesse al mondo dellAncien Rgime opposto a quello delle

    democrazie liberali occidentali. Anche perch non si capisce fino a che punto

    Francia ed Inghilterra fossero realmente delle democrazie liberali nel senso

    filosofico-politicodella parola.

    Infatti, i confini tra democrazia liberale e democrazia plebiscitaria sono

    sempre stati storicamente incerti.

    Napoleone III aveva inaugurato una forma

    plebiscitaria, appunto bonapartista, di democrazia,

    sulleredit del filone giacobino, che porter alla

    democrazia totalitaria (il fascismo ha infatti una

    genesi anche francese). Questo dimostra lintrinseca

    labilit dei confini sussistenti tra democrazia

    liberale e democrazia totalitaria perch una stessa

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    Napoleone I I Ibase umanitariapu dar adito tanto al liberalismo

    quanto al totalitarismo.

    Tuttavia, caduto il secondo impero e superata la crisi della Comune di Parigi,

    la Francia della terza repubblica pretese per s una forma liberale di

    democrazia ma ne realizz una di stampo radicale e con forti connotazioni

    laiciste. La Francia repubblicana, del resto, non abbandon il revanscismo

    anti-tedesco, in nome della contesa per lAlsazia-Lorena e per la Ruhr. Il

    revanscismo divent, poi, il cavallo di battaglia della destra nazionale,

    monarchica, di massa, che con il nuovo secolo trov nellAction Franaise la

    propria organizzazione politica ufficiale (2).

    LInghilterra, dal canto suo, ancora in bilico tra lautoritarismo paternalistadellet vittoriana ed il riformismo liberal-laburista, perseguiva nella sua

    tradizionale politica di controllo dellEuropa da posizioni extra-europee. Essa

    aveva il proprio baricentrico nel Commonwealth coloniale e trans-oceanico

    era quindi sostanzialmente una potenza extra-europea ma sorvegliava con

    molta attenzione tutto quanto si muoveva sul vecchio continente per

    scongiurare lemergere di qualsiasi potenza continentale che potesse mettere

    in ombra la propria indiretta egemonia.

    Per ben due volte lInghilterra, nel corso del XX secolo, si sentita minacciata

    dalla Germania, fino a respingere ogni ipotesi di condominio avanzata da

    questultima sia in nome della parentela tra le dinastie regnanti sia per via

    delle affinit razziali (Hitler sper nel 1940 in una pace separata che sancisse

    il controllo tedesco sul continente e quello inglese sugli oceani).

    Negli anni precedenti il primo conflitto mondiale, lInghilterra si impegn in

    una politica tesa a circondare la Germania guglielmina mediante il blocco

    navale delle coste tedesche onde impedirne il tranquillo approvvigionamento

    dalle colonie africane (Togo, Camerun, Namibia, Tanganika). Politica che

    provoc non pochi danni economici alla Germania financo laumento della

    mortalit infantile per denutrizione e che fu una delle cause che spinsero

    limpero guglielmino alla guerra contro lInghilterra.

    Neanche laffinit religiosa protestante riusc, per ben due volte, ad evitare il

    conflitto anglo-tedesco. Daltro canto lopzione religiosa si era, invece, rivelata

    molto influente nelle scelte inglesi nello scenario mediterraneo che, a met

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    ottocento, aveva visto la potenza britannica impegnata nel favorire limpresa

    garibaldina nel sud dItalia. Infatti lauspicio tutto anglicano, nutrito dai

    tempi di Elisabetta I, dellabbattimento della Roma papale si era confuso con

    la strategia geopolitica inglese che mirava a procurarsi una testa di ponte

    nellItalia meridionale in previsione dellapertura del canale di Suez.

    Bench spesso in attrito per via delle questioni coloniali e per una malcelata

    propensione di entrambe allegemonia europea e mondiale, Francia ed

    Inghilterra si ritrovarono, ad inizio del XX secolo, dalla stessa parte in

    opposizione allaltro blocco continentale che, con pi fermezza la Germania,

    contendeva loro la stessa egemonia.

    La Germania del II Reich, quello guglielmino, era, come si detto, nel pienodella sua espansione politica ed industriale, iniziata con Bismarck, mentre

    lantico impero austriaco, da poco diventato austro-ungarico, stava

    procedendo verso la parificazione confederale dei suoi popoli.

    Anche allinterno del blocco austro-germanico le differenze tra i due alleati

    erano notevoli.

    Non bisogna, pertanto, farsi ingannare dallapparenza autocraticadel loro

    sistema di governo. La guerra ideologica di propaganda anglo-francese e, pi

    tardi, americana fece leva su questa apparenza, nel nome della crociata

    democratica(oggi diremmo espor tazione della democrazia) e del principio

    di autodeterminazione dei popoli(che per non valse a nulla quando a

    Versailles nel 1919-20 si disegn una carta dEuropa piena di ingiustizie e di

    risentimenti, che prepar la Seconda Guerra Mondiale). La propaganda

    ignorava alacremente che le democrazia occidentali, nella loro lotta contro le

    presunte autocrazie medioevali, erano, per, alleate con lautocrazia russa.

    Come si gi accennato, la Germania guglielmina era un impero di tipo

    nuovo, moderno, centralizzatore, avanzato industrialmente (ed anche

    socialmente), tecnologicamente allavanguardia. Esso, nonostante nella sua

    compagine contemplasse ampie regioni cattoliche, corrispondenti a vecchi

    regni pre-unitari, come la Baviera, che non erano stati formalmente

    soppressi, rappresentava unorganizzazione statuale unitaria, sorretta

    dallideologia pangermanista, retaggio dellantica Prussia protestante che era

    stato lo Stato-guida nel processo di unificazione tedesca. Un processo che

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    Francesco Giuseppe

    trov, nella vittoriosa guerra franco-prussiana del 1870 e nella proclamazione

    del Reich nel castello di Versailles, il suo esito consacrando la politica

    bismarchiana impostata, tra laltro, sullanticattolico kulturkampf. La

    Germania guglielmina non era, pertanto, un impero tradizionale ma un

    impero moderno proteso verso un titanico sforzo politico-economico e militar

    -tecnologico di dominio, quanto pi vasto possibile, su scala continentale ed

    in una prospettiva globale. Un impero di questo tipo saranno, pi tardi, anche

    lUnione Sovietica e gli Stati Uniti dAmerica.

    Limpero austriaco, invece, era tuttaltro.

    Nonostante e forse proprio per le riforme che aveva

    saputo con intelligenza attuare nel corso del XIX

    secolo sia per quanto riguardava la strutturapolitico-sociale che la potenza industriale-militare

    (ma in misura molto meno titanica rispetto

    allalleato tedesco), esso era ancora un impero di

    tipo tradizionale ossia plurinazionale e non

    accentratore. Erede del Sacro Romano Impero,

    scomparso in et napoleonica, aveva intrapreso, dopo il 1848, una strada di

    riforme che laveva portato, nella seconda parte del XIX secolo, ad una forma

    di governo misto che tentava di mettere assieme il meglio della tradizione

    imperiale asburgica con quanto era accettabile, nel contesto di una monarchia

    sovranazionale di retaggio cattolico, del nuovo spirito liberale. A rigore, per,

    non si trattava di liberalismoquanto di liberalitperch in nulla si

    rinunciava alle radici trascendenti e tradizionali della monarchia

    plurinazionale, secondo un ideale medioevaleche veniva semplicemente

    aggiornato nelle forme e nelle strutture ma non nellessenza.

    Un primo iniziale esito di tale processo, che era comunque ancora in corso

    quando inizi il tragico primo conflitto mondiale, fu la trasformazione, nel

    1867, dellimpero austriaco nella duplice monarchia austro-ungarica

    mediante il riconoscimento della parit giuridica, allinterno della compagine

    imperiale, tra lelemento nazionale austriaco-tedesco e quello ungherese.

    Bench, ottenuta la parit, gli ungheresi assunsero, insieme alla parte pi

    conservatrice ed autocraticadellelemento di lingua tedesca, un

    atteggiamento di resistenza ad ulteriori allargamenti in favore delle altre

    componenti minoritarie dellimpero quella slava, quella polacca, quella

    boema e morava, quella italiana, quella rutena, quella rumena il processo

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    Joseph Roth

    che stava trasformando limpero in una confederazione di popoli uniti attorno

    alla monarchia tradizionale era stato ormai avviato e nessuno, se non una

    guerra europea, poteva pi fermarlo.

    Dal punto di vista religioso, limpero rimaneva una monarchia cattolica (3) e

    tuttavia, in linea con una antica prassi liberale, riconosceva e tutelava, con

    appositi statuti, le minoranze religiose, protestanti, ortodosse, mussulmane

    ed ebraiche, che potevano dunque esercitare liberamente i loro diritti

    comunitari pur nel contesto della preminenza della confessione ufficiale

    dellimpero.

    Sulla base di questo antico spirito imperiale di tolleranza Francesco Giuseppe

    impose, ad esempio, il proprio diniego alla convalida dellelezione aborgomastro di Vienna del capo dei cristiano-sociali austriaci, Karl Lueger,

    per via del suo antisemitismo, bench si trattasse sia ben chiaro di un

    antisemitismo economico, che cio vedeva negli ebrei i monopolizzatori della

    finanza e dunque gli sfruttatori capitalisti dei lavoratori. Un antisemitismo

    che accomunava i cristiano-sociali ai socialisti perch analoghi atteggiamenti

    giudeofobici, socialmente motivati, erano molto diffusi nellambito della

    sinistra del tempo dal momento che lo stesso Karl Marx aveva scritto parole

    di fuoco contro lidolatria ebraica del denaro. Per completezza di

    informazione, va anche detto che quando limperatore, avute le debite

    rassicurazioni sulla tolleranza dei diritti della locale comunit ebraica, alla

    fine convalid la nomina di Karl Lueger, questultimo seppe fare di Vienna

    una citt socialmente avanzata togliendo al monopolio privato, e quindi alla

    finanza ebraica che si dica quel che si vuole aveva una sua effettiva

    preponderanza nel capitalismo austriaco del tempo, i servizi cittadini

    municipalizzandoli.

    Uno dei pi grandi apologeti dellAustria Felix, nel

    primo dopoguerra, stato il grande scrittore Joseph

    Roth, un ebreo galiziano gi ufficiale dellesercito

    asburgico. Roth con le sue opere principali (La

    cripta dei cappuccini, La marcia di Radetzsky), ha

    contribuito al formarsi di quello che Claudio Magris

    ha chiamato il mito asburgico nella letteratura

    moderna, tramandando la memoria di un impero

    cattolico e sovranazionale che, proprio per questo,

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    garantiva i diritti delle comunit minoritarie, compresa lebraica.

    Roth fu sempre un grande accusatore della cecit dei vincitor i di Versail les

    che avendo voluto a tutti i costi labbatt imento del vecchio impero avevano

    permesso alle ideologie assassine, nazismo pr ima e comunismo poi, di

    occupare lo spazio geopoliti co mit teleuropeo lasciato alla merc di quei

    furori nazionalistici che, invece, gli Asburgo si erano sempr e impegnati nel

    contenere e che, da ultimo, nella trasformazione allepoca in atto dellimpero

    in una monarchia plurinazionale confederale avevano indicato la via per

    uneventuale Europa di pace del futuro.

    Il parlamento viennese allinizio del XX secolo costituiva una assemblea

    multinazionale e multi-linguistica. Allepoca poteva sembrare un retaggio delpassato, prossimo a scomparire, ma oggi molti guardano proprio alla

    monarchia confederale asburgica come ad un modello per una Unione

    Europea politica diversa da quella economico-bancocentrica finora realizzata.

    Alcide D e Gasperi , uno dei cosiddetti padri dellEuropa, si portava dietro

    la giovanile esperienza che aveva maturato, nel natio Trentino, come deputato

    italiano nel plurinazionale parlamento asburgico. Il futuro capo di governo

    dellItalia del secondo dopoguerra, era stato un suddito fedele alla corona

    imperiale e, finch rimase suddito asburgico, aveva operato politicamente

    nella pi assoluta fedelt alla compagine imperiale, allinterno della quale,

    scevro a differenza di un Cesare Battisti da ogni irredentismo nazionalistico,

    si adoper per garantire parit giuridica anche alla componente italiana,

    secondo laspirazione che, come si detto, muoveva tutte le nazionalit

    dellimpero, sia le maggiori che le minori (4).

    A giudicare, tuttavia, dai tristi risultati impolitici dellattuale UE, non pu

    certo dirsi che gli ideali asburgicidel politico trentino siano stati

    effettivamente premiati: il fatto che, recise le radici storiche e metafisiche

    con la caduta nel 1918 dellimpero, ricostruire una compagine tradizionale su

    basi volontaristicheed umanitarie cosa pressoch illusoria.

    La realt della duplice monarchia, comunque, non era certo idilliaca. I

    problemi non mancavano affatto e tenere insieme le diverse nazionalit sotto

    i flutti ed i venti tempestosi dellirredentismo nazionalista e sciovinista non

    era cosa semplice. Gli storici critici dellimpero i quali sostengono che esso,

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    Francesco Ferdinando

    in realt, giocasse nel mettere una contro le altre le diverse nazionalit per

    continuare a mantenere una egemonia tedesco-centrica non tengono conto

    di quelle difficolt. Limpero, lungi dal metterle le une contro le altre, cercava,

    invece, in tutti i modi di armonizzare le diverse componenti nazionali e

    religiose. Se nel tentare questa armonizzazione poteva capitare che limpero si

    appoggiasse pi sulle componenti nazionali o su quelle forze allinterno delle

    diverse componenti nazionali che erano disposte a mantenere la compagine

    imperiale intatta, non pu per questo parlarsi di machiavellismoasburgico.

    Ora, proprio questa sua tradizionalitcostituiva la grandezza della duplice

    monarchia. La quale nel 1914, quando scoppi la Prima Guerra Mondiale, era

    ormai in procinto di diventare tripliceattraverso il raggiungimento politico,

    quasi completato in quel momento, della parit della componente slava. Fattoquesto che si sarebbe portato dietro, come inevitabile conseguenza, la parit

    anche delle altre componenti minoritarie, compresa litaliana.

    Il successore designato al trono, larciduca Francesco Ferdinando, poi

    assassinato a Sarajevo, era, allinterno della corte viennese, il riferimento

    politico del partito confederalizzatore ed antimilitarista. Malvisto, per questo,

    dai militari conservatori e dagli ungheresi, restii, come si detto, dopo aver

    essi raggiunto la parit giuridica, a concederla alle altre componenti

    nazionali.

    Larciduca Francesco Ferdinando la cui via alla

    successione al trono si era aperta a seguito della

    misteriosa morte a Mayerling di Rodolfo, figlio di

    Francesco Giuseppe e di Elisabetta di Wittelsbach

    (la famosa Sissi), ufficialmente suicidatosi con la

    sua amante, la baronessina Maria Vetsera non

    faceva altro che seguire lindirizzo ormai intrapreso

    dallimpero nel momento stesso nel quale si

    trasform in duplice monarchia. Una via che,

    morto Francesco Ferdinando, trov nel beato Carlo I dAsburgo, succeduto

    nel 1916 a Francesco Giuseppe, una sua continuit, ultimo messaggio di pace

    tra i popoli lasciato alla disastrata Europa uscita dal conflitto mondiale, e

    prossima ad un secondo ancor pi tragico conflitto globale, dalla monarchia

    asburgica.

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    Fra i progett i di Francesco Ferdinando, scrive lo storico Leo Valiani

    pr incipe di mentali tassolutistica, ma dotato di non tr ascurabile capacit

    intellettuali e dindubbia ser iet morale, figurava(...) la r isoluzione di

    r isaldare la compagine dell o Stato e di consolidare lautori t e la popolar it

    dell a corona, con lequiparazione effett iva di tut te le nazionali t dellimpero

    e dunquecon la smobilitazione della supremazia se non dei tedeschi,

    cer tamente di quella, assai pi pesante, dei magiar i, sulle nazionali t slave e

    romena che nel 1848-49 avevano salvato la dinastia, opponendosi con le

    armi alla r ivoluzione ungherese(...). Francesco Ferdinando nel 1895 e nel

    1913, con una sostanza r imar chevole dati i mutamenti del ventennio

    intercorso, (disse) che, ascendendo al tr ono, egli intendeva r ipr istinare un

    for te potere centr ale unit ar io, ma lo r iteneva possibile solo con la

    contemporanea concessione di lar ghe autonomie amministr ative a tut te lenazionali t della monarchia. Anche al mini str o degli Ester i, Berchtold,

    Francesco Ferdinando r ipet cos con una lettera del 1 febbraio 1913, con

    cui spiegava perch non r iteneva opportuna la guerra con la Ser bia, che

    lir redentismo da noi, nel Paese(...) cesser immediatamente, se si procura

    ai nostr i slavi unesistenza confor tevole, giusta e buona, invece di

    calpestarli, come i magiar i facevano. Ben perci, tr acciando il profi lo dieci

    anni dopo la sua morte, Berchtold scriveva che larciduca avr ebbe cercato,

    una volta fosse sali to sul t rono, di sosti tui re al dualismo il confederalismo

    plurinazionale (5).

    Ma questa tradizionalitcostituiva per limpero anche una debolezza in

    unepoca di titanismo tecnologico, di industrializzazione, di centralizzazione e

    militarizzazione, di politica intesa come volont di potenza, di sciovinismo

    nazionalistico e di colonialismo. Non a caso, la duplice monarchia, unica tra

    le potenze europee dellepoca, non aveva colonie extra-europee e non

    perseguiva alcuna politica coloniale. Pur avendo avuto un notevole sviluppo

    industriale e costituendo un grande mercato comune, lAustria-Ungheria non

    inseguiva sogni pangermanisti e di militarizzazione della societ come

    lalleato guglielmino. La Vienna a cavallo tra i due secoli era una capitale

    cosmopolita e di grandi fermenti culturali, non tutti, certo, apprezzabili ma

    sicuramente non si trattava di una citt chiusa e soffocata da un cieco

    autoritarismo. In tal senso molto pi chiusa e soffocante era la realt sociale e

    culturale dellItalia sabauda, soprattutto dopo la curaautoritaria di Francesco

    Crispi.

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    Beato Carlo IdAsburgo

    Questa sua debolezzafaceva della duplice monarchiaquasi un ostaggio del

    potente alleato guglielmino, dal cui stringente abbraccio, pur nella necessaria

    alleanza, Vienna tentava costantemente di sottrarsi o perlomeno di rendersi

    almeno in parte autonoma. Persino la concezione della guerra molto pi

    moderna e distruttiva e di massa quella tedesca rispetto a quella asburgica,

    ancora troppo legata per lepoca ad una idealit caval lerescae cristiana

    differenziava i due alleati. Per questo il Reich guglielmino sentiva quasi come

    un peso lalleato asburgico perch questultimo poneva mille problemi di

    fronte alle strategie, senza scrupoli e ciniche, che la guerra moderna

    richiedeva.

    Carlo I dAsburgo, lultimo imperatore, oltre che per

    i suoi ripetuti tentativi, che preoccuparono nonpoco il kaiser, di giungere ad una pace, anche

    separata, con Francia ed Inghilterra pace da esse

    sempre rifiutata in nome dellodio massonico (i loro

    governi erano in pratica espressione del Grande

    Oriente di Londra e di Parigi) contro lultimo

    bastione delmedioevoda abbattere a tutti i costi

    stato fatto beato anche per la sua ferma

    opposizione alluso dei gas al fronte ed al bombardamento aereo e terrestre

    sulle popolazioni civili. Una decisione che pes non poco, di fronte, invece,

    alla spregiudicatezza anglo-francese e tedesca, nel determinare lesito del

    primo conflitto mondiale.

    (fine prima parte di 5)

    Luigi Copertino

    Libia 1911 - Europa 1914 (parte II)

    Libia 1911 - Europa 1914 (parte III)

    Libia 1911 - Europa 1914 (parte IV)

    Libia 1911 - Europa 1914 (parte V)

    1) La Triplice Alleanza, che univa in unalleanza difensiva Austria, Germania

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    ed Italia, del 1882 e faceva seguito alla precedente Duplice Alleanza tra

    Germania ed Austria. LItalia era stata spinta dalla Germania a stipulare una

    alleanza con lantica rivale austriaca per il timore del diffondersi dei

    movimenti repubblicani finanziati dalla Terza Repubblica Francese e per

    timore dei contatti che Leone XIII aveva intrapreso con le cancellerie

    europee, trovando appoggio proprio dallAustria, affinch fosse convocata una

    conferenza internazionale per discutere della restituzione di un territorio alla

    Santa Sede, che nella diplomazia internazionale continuava ad essere

    considerata soggetto di diritto bench privo di sovranit. Con la Triplice

    Alleanza, ossia alleandosi a potenze conservatrici, lItalia intese da un lato

    garantire di fronte alla propria opinione pubblica lirreversibilit della scelta

    monarchica del Risorgimento e dallaltro disinnescare i tentativi del Papa per

    riottenere un qualche territorio. La Triplice Intesa, che univa Francia, Russiazarista ed Inghilterra, era invece pi che una vera e propria alleanza una,

    appunto, intesala quale faceva seguito al trattato anglo-russo del 1907 ed

    allentente cordiale anglo-francese di qualche anno precedente. Intorno a

    questi due blocchi si andarono poi aggregando alleati minori, come limpero

    ottomano (che era minore solo in quanto a potenza militare) e la Bulgaria per

    la Triplice Alleanza; Grecia, Romania, Serbia, Montenegro, Belgio, Olanda per

    la Triplice Intesa.

    2) Questa destra nazionalista, per via della sua ideologia positivista e

    naturalista, sostanzialmente atea, propugnando una monarchia su basi

    esclusivamente sociologiche, fin per mescolare strumentalmente lidentit

    cattolica della Francia, intesa per solo nella sua funzione di collante storico-

    nazionale, con il nuovo antisemitismo razziale, sorto nel XIX secolo dal

    coacervo filosofico-scientista-esoterico positivista-darwiniano e teosofico-

    occultista. Un antisemitismo che, con lAffaire Dreyfus un ufficiale

    dellesercito francese di origini ebree-alsaziane ingiustamente accusato di

    spionaggio in favore della Germania , fu giocato in chiave anti-teutonica,

    fino a teorizzare una inferiorit razziale tedesca per via del presunto

    inquinamento ebraico subito dalla Germania. La monarchia come la

    concepiva Charles Maurras, il pensatore fondatore del nazionalismo di massa

    francese, una forma di governo empirico, senza giustificazioni metafisiche.

    Una monarchia socialeche nei maurassiani di sinistra, il poeta Robert

    Brasillach (barbaramente fucilato nel 1946, dopo un ingiusto processo, dai

    gollisti), Lucien Rebatet, George Valois, divent ben presto una monar chia

    socialista: questo sia detto per inciso un esito che non dispiace quando

    accompagnato, come nel caso del gi citato Brasillach o in quello di Georges

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    Bernanos, un altro seguace bench critico di Maurras, da una fede cattolica

    sincera e non strumentale, rimanendo in tal modo scevro da implicazioni

    positiviste e razziste.

    3) Limperatore aveva addirittura diritto di veto nellelezione papale e

    Francesco Giuseppe se ne avvalse nel 1903 per sbarrare la strada allelezione

    del filo-francese cardinal Rampolla nel conclave che vide, poi, lelezione del

    cardinal Giuseppe Melchiorre Sarto il quale sal sul soglio pontifico con il

    nome di Pio X, il Papa della Pascendie della lotta al modernismo ma anche il

    Papa che, come primo atto del suo Pontificato, abol lo ius exclusivae, ossia il

    diritto di veto laicale nellelezione pontificia. Rendendo la Chiesa, in tal modo,

    secondo la Volont di Nostro Signore, ancora pi libera dai condizionamenti

    dei poteri mondani, perfino da quelli dichiaratamente cattolici.

    4) Alcide De Gasperi, che per lItalia fu uno degli artefici del Trattato diRoma, istitutivo della Comunit Europea, avrebbe voluto una Unione

    Europea che si realizzasse intorno non alla moneta ma ad una Comunit

    Europea di Difesa (progetto poi fallito per lopposizione francese, insieme

    gollista e comunista). Il politico trentino, dunque, ambiva ad unEuropa

    politica e non tecnocratico-bancaria come quella poi realizzata e che oggi sta

    dimostrando tutti i suoi limiti, dal momento che nella storia non si mai visto

    nascere una moneta senza che prima fosse nata la comunit politica, in forma

    di Stato o di polis o di impero, della quale spada, toga e moneta sono solo

    strumenti operativi. Per quanto, invece, riguarda il suo percorso politico

    personale va notato che fu solo nel primo dopoguerra, quando il Trentino

    pass al regno dItalia, che De Gasperi, entrato in contatto con lo sturziano

    PPI, ebbe una graduale virata in senso democristiano con labbandono della

    originaria prospettiva di cattolico sociale, di tipo tonoliano, che fu

    lispirazione ideale della sua attivit politica nel periodo asburgico.

    5) Confronta L. Valiani, La Dissoluzione dellAustria-Ungheria, Il

    Saggiatore, Milano, 1966, pagine 19-20.

    L'associazione culturale editoriale EFFEDIEFFE, diffida dal copiare su altri siti, blog, forum e mailing list i suddetti contenuti, in ci affidandosi alle

    leggi che tutelano il copyright.

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