La coltivazione della palma e la meccanizzazione durante il periodo coloniale italiano in Libia
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Ministero Affari Esteri
ISTITUTO AGRONOMICO PER L’OLTREMARE
LIBIA
“ MIGLIORAMENTO E VALORIZZAZIONE
DELLA PALMA DA DATTERO
NELLE OASI DI AL
JUFRA”
L’evoluzione della coltivazione della palma da dattero e della
meccanizzazione in Libia durante il periodo coloniale italiano
Massimo Battaglia, Francesco Garbati Pegna, Carlo Bergesio
Il presente studio “La meccanizzazione della palma da dattero in Libia” è stato condotto
nell’ambito del programma Miglioramento e valorizzazione della palma da dattero nelle oasi di Al
Jufrah in Libia coordinato dall’Istituto Agronomico per l’Oltremare di Firenze (IAO) in
collaborazione con l’Ente libico per lo sviluppo e il miglioramento della palma da dattero e
dell’olivo e con la collaborazione del Dipartimento di Economia, Ingegneria, Scienze e Tecnologie
Agrarie e Forestali Ingegneria Agricola e Forestale (DEISTAF) dell’Università di Firenze.
Il programma è stato avviato nel maggio 2009 ed è finanziato dalla Direzione Generale per
la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero Italiano degli Affari Esteri. Il progetto trae origine dagli
impegni assunti dall’Italia e dalla Libia per rafforzare e sviluppare le relazioni tra i due paesi. Il
governo centrale e le amministrazioni locali libiche condividono l’interesse a migliorare i sistemi
agro-silvo-pastorali. Il governo italiano, nell’intento di sostenere la «valorizzazione agricola dei
terreni bonificati dai residuati bellici della II Guerra Mondiale», ha pertanto avviato una proficua
opera di assistenza e di collaborazione nel settore agro-zootecnico e ambientale.
Ad Al Jufrah le attività concordate dai due paesi intendono sostenere lo sviluppo
economico locale attraverso azioni coordinate a favore dei produttori - singoli o associati - di
datteri, degli addetti alla trasformazione e al commercio dei prodotti delle fenicicoltura, delle
amministrazioni locali (Shabia ed autorità tradizionali preposte al controllo delle risorse naturali
locali) e dei centri di ricerca e di sviluppo agro-silvo-pastorale della Regione.
La strategia si ispira a due principi-guida: individuare e garantire datteri di qualità
attraverso disciplinari di produzione che assicurino omogeneità e qualità del prodotto finale;
tutelare l’agro-biodiversità di Al Jufrah, promuovendo le varietà locali di palma e rafforzando i
sistemi tradizionali di gestione delle oasi. A tale riguardo si prende a riferimento l’esperienza
maturata in Italia nel campo della promozione dei prodotti tipici locali (Igp e Dop), nella logica di
una valorizzazione del prodotto e dell’intero territorio.
Gli obiettivi della collaborazione tecnico-scientifica italo-libica sono: incrementare, a livello
quantitativo e qualitativo, la produzione di datteri attraverso la selezione e il miglioramento
genetico delle varietà locali; introdurre sistemi colturali in grado di ottimizzare l’uso di risorse
idriche ed energetiche riducendo gli effetti negativi esterni; migliorare i sistemi di trasformazione
e vendita dei prodotti all’interno e all’estero.
L’Ente per lo sviluppo e il miglioramento della palma da dattero e dell’olivo, organismo del
Ministero dell’agricoltura libico, fondato nel 1988, con sede principale a Tripoli e branche
operative in tutta la Libia, è l’interlocutore locale sul piano operativo e ha un ruolo chiave nel
programma. Nei suoi laboratori specializzati si effettuano le analisi biologiche, mentre nelle sue
serre e nei suoi terreni si svolgono le prove di campo. In un reciproco scambio di know how
specialisti italiani e libici del settore collaborano nelle indagini sui sistemi e le potenzialità
produttive, al fine di garantire l’uso ottimale delle risorse idriche, energetiche e naturali e
migliorare le condizioni di vita delle popolazioni rurali.
Alcuni Dipartimenti dell’Università di Agraria di Firenze hanno collaborato insieme ai tecnici
dell’Ente libico per lo sviluppo e il miglioramento della palma da dattero e provvedono al
trasferimento di importanti competenze specifiche. Ricercatori coordinati dal Dipartimento di
Biotecnologie Agrarie analizzano e applicano le tecniche e le modalità di identificazione genetica e
di miglioramento varietale della palma da dattero. Sotto la supervisione del Dipartimento di
Scienze delle Produzioni Vegetali, del Suolo e dell'Ambiente Agroforestale si individuano i caratteri
biologici e produttivi delle varietà di datteri presenti nelle oasi selezionate.
La Fondazione Slow Food per la Biodiversità onlus, in virtù della sua comprovata esperienza
nella promozione di prodotti agroalimentari tradizionali con elevate qualità organolettiche, segue
le attività di valorizzazione e promozione commerciale dei datteri di Al Jufrah; in particolare,
esperti della Fondazione, in collaborazione con i produttori, definiscono i parametri di qualità per
selezionare i datteri di eccellenza.
L’evoluzione della coltivazione della palma da dattero e della meccanizzazione in Libia durante il
periodo coloniale italiano
La Libia italiana fu una colonia del Regno d'Italia durata ufficialmente dal 1911 al 1947. In
questo periodo furono numerosi gli studi sulla fenicicoltura libica ad opera del Ministero delle
Colonie e dell’Ufficio di Colonizzazione del Governo della Tripolitania. Fra i molti studiosi che già in
quegli anni avevano intravisto l’importanza economica che poteva rivestire la coltivazione della
palma da dattero in Libia, ricordiamo il dott. E. Niccoli, C. Zoli, E. F. Franceschi, E. De Cillis, A.
Micheli, G. Zucco, G. Vivoli, H. Scaetta, E. Scarin, E. O. Fenzi. Quest’ultimo, nel 1916, scriveva:
“L’Italia che possiede nella Libia un numero di Palme dattilifere superiore a quello di ogni altro
singolo paese dell’Africa, ha il dovere, ed insieme il massimo interesse economico di occuparsi dello
studio dei Datteri” (Fenzi, 1916).
In questo periodo gli studi interessarono le diverse zone del territorio libico interessate
dalla coltivazione della palma da dattero: la Tripolitania, il litorale Bengasino, il Fezzan e le oasi
occidentali del 29° parallelo, quelle cirenaiche (Jalu, Awjilah, Maradah) e quelle occidentali (Al
Jufrah, Ghadames).
Il Gran Premio di Tripoli – passaggio della corsa all’interno di una oasi costiera – 1932 – Foto
del periodo coloniale, sullo sfondo una palma da dattero delle oasi di Tripoli.
Antiche strade carovaniere che passavano da Al Jufrah
La foto precedente presenta una sezione della carta dimostrativa della Tripolitania (Istituto
Geografico Militare, 1911) che riporta, in rosso, le antiche strade carovaniere che passavano
dall’oasi di Al Jufrah.
I diversi programmi di studi proposti per un miglioramento della coltura si orientarono al
censimento delle piante esistenti, all’inventario delle principali varietà con i loro caratteri biologici
e colturali, al valore economico e commerciale della palma e dei suoi prodotti. Fin dai primi anni di
studi, emerse subito la differenza qualitativa fra le varietà di dattero coltivate sulla costa e quelle
coltivate nelle aree più interne, infatti il clima della cosa per alcune varietà non raggiunge le
temperature necessarie per la maturazione completa del frutto.
Consorzio delle Beladie della Jufrah e del Fezzan. Datteri confezionati per l’esportazione.
Fototeca IAO 1932
Proprio per questo, specialmente nei confronti degli agricoltori dell’oasi di Al Jufrah, si fece
opportuna propaganda e opera di persuasione perché nell’impianto di nuovi palmeti venisse
curata la moltiplicazione di quelle palme i cui datteri avessero caratteristiche tali da poterli
ritenere adatti alla commercializzazione ed eventualmente alla esportazione.
Durante l’epoca coloniale italiana l’agricoltura delle oasi doveva inquadrarsi nelle più vaste
problematiche legate alla vita dei territori desertici. La crisi del commercio carovaniero, cha aveva
profonde basi mutate condizioni economiche e politiche di molti Paesi dell’Africa centro
occidentale, i cui commerci gravitarono in misura sempre maggiore verso i porti dell’Atlantico, si
fece sempre più grave. L’interno della Libia rimase a lungo abbandonato a se stesso ed attraversò
un periodo di anarchia, di guerre civili e tribali, di carestie e di grande povertà. Di tutto questo non
poteva che derivare lo spopolamento delle oasi, fenomeno che fu aggravato dalla emigrazione
degli indigeni verso le zone costiere in cerca di lavoro e di una migliore condizione di vita e
soprattutto il deperimento delle coltivazioni, dei sistemi di irrigazione, delle abitazioni. Le oasi,
infatti, abbandonate o trascurate dai loro abitanti venivano gradualmente invase dalle sabbie.
Durante l’occupazione italiana della Libia il solo Professor Ardito Desio, dopo aver attraversato i
monti Harugi a sud soggiorna a Zella e ne da scarse notizie. Il Professor Emilio Scarin nella sua
pubblicazione La Giofra e Zella – Le Oasi del 29 parallelo della Libia Occidentale del 1938, indica in
circa 110.500 il numero delle palme presenti, di cui 7.000 improduttive.
Stoccaggio di confezioni pronte per la spedizione. Fototeca IAO 1932
In questa epoca, considerata l’impossibilità di far rifiorire i traffici carovanieri, oramai legati
al passato, l’azione del governo italiano, per evitare la scomparsa di questi preziosi centri di vita
nel cuore del deserto, si rivolse particolarmente allo sviluppo dell’agricoltura.
Si procedette, gradualmente alla distribuzione delle terre alle famiglie indigene che dai
centri costieri facessero ritorno ai luoghi di origine e si realizzarono i servizi di base per l’inizio di
uno sviluppo integrato (realizzazione di strutture sanitarie e scolastiche, strade, sistemi di
irrigazione, uffici postali e banche).
Vennero studiate e realizzate delle parcelle specifiche per zone casistiche, che prevedevano
la coltivazione razionalizzata della palma da dattero.
Cirenaica Ente per la colonizzazione della Libia. Villaggio per mussulmani Zahra. Ordinamento
culturale in zona oasistica con uso della palma da dattero.
ECL anni XII-XVIII – Biblioteca IAO
Cirenaica Ente per la colonizzazione della Libia. Villaggio per mussulmani Mahamura.
Ordinamento culturale in zona oasistica con uso della palma da dattero.
ECL anni XII-XVIII. Biblioteca IAO
La penuria di animali da lavoro ed il rapido sviluppo dell’agricoltura resero necessaria
soprattutto lungo la costa la diffusione di trattori e di macchine agricole operatrici le più diverse.
La ricerca e la diffusione di trattori meglio adatti richiesero diversi anni ed espose a non pochi
insuccessi. I trattori a cingoli si affermarono ed acquistarono larghe benemerenze, soprattutto i
Caterpillar di varia potenza. Quanto alle macchine operatrici si devono ricordare gli aratri
meccanici, generalmente polivomeri, sia per i primi lavori della steppa, che per le arature
superficiali; un gran numero di aratri a trazione animale, ruspe livellatrici, coltivatori ed erpici di
vario tipo. Particolarmente diffusi gli erpici a dischi che molto spesso sostituivano nella
preparazione dei terreni sabbiosi i polivomeri.
Larga diffusione ebbero le seminatrici per cereali, le trebbiatrici e le falciatrici e soprattutto
aeromotori, norie meccaniche, motopompe, elettropompe per il sollevamento e la gestione delle
acque di irrigazione.
Il programma formulato nel 1937 prevedeva fra le altre attività l’incremento del patrimonio
delle palme da dattero e la valorizzazione di alcune varietà di particolare pregio per l’esportazione.
Un opportuno decreto governatoriale coloniale che ne disciplinava il commercio precisava infatti
che i datteri tipo esportazione erano solo quelli delle varietà Kathari, Saiedi, Bestian, Hamria,
Tagiat e di questi solamente Kathari ed Saiedi erano considerati di prima qualità. Altre varietà di
interesse erano considerate Abel e Halima. Per la disciplina delle esportazioni ortofrutticole si fa
riferimento inizialmente al Regio Decreto n 2002 in data 10 ottobre 1929 in forza del quale il
Governatore della Tripolitania e della Cirenaica autorizzava ad istituire un marchio coloniale di
esportazione per la frutta fresca, secca, agrumi ed ortaggi ed un sistema di controllo delle
esportazioni verso la Madre Patria. Il decreto entrò in vigore il 25 aprile 1930 con un centro di
controllo a Tripoli.
Il problema della formazione dei terreni agrari e quello della loro sistemazione per renderli
atti alle coltivazioni non presentò difficoltà troppo gravi per la presenza di suoli sabbiosi o franco
sabbiosi e tendenzialmente pianeggianti, senza una apprezzabile presenza di vegetazione
spontanea.
Questa concezione è stata ripresa negli ultimi anni dal governo libico (utilizzando le stesse
indicazioni e soluzioni identificate durante il periodo coloniale dopo 60 anni)) con la creazione di
un ente per lo sviluppo e per la valorizzazione della palma con sede a Tripoli, preposto alla
diffusione ed alla selezione delle varietà più interessanti per riorientare, migliorare e valorizzare la
fenicicoltura del Paese, in vista di una eventuale apertura ai mercati internazionali. Anche in
questo caso l’avvaloramento agrario di nuovi comprensori oasistici si è basato sulla ricerca e lo
sfruttamento delle acque sotterranee (sfruttamento della seconda falda). La trivellazione di nuovi
pozzi e la disponibilità di mezzi moderni di estrazione determinarono un deciso orientamento
verso l’estensione delle coltivazioni in irriguo.
Di seguito vengono illustrate una serie di fotografie e documentazioni storiche trovate nella
immensa collezione dell’Istituto Agronomico, che mostrano la prima introduzione di una
meccanizzazione moderna in Libia durante il periodo coloniale.
Il censimento del 21 aprile 1937 accertò l’esistenza di 213 trattori e di 118 aratri in
Tripolitania e di 62 trattori e di 118 aratri, in Cirenaica.
Irrigazione con tubo per giovani piante da frutto protette dal vento con sistemi individuali.
Fototeca IAO 1934 (sopra)
Impianto di sollevamento acqua su pozzo trivellato. Fototeca IAO 1936 (sotto)
Canale di irrigazione per colture ortive. Fototeca IAO 1934 (sopra)
Primi trattori a cingoli per i coloni trasportati a mezzo treno. FototecaIAO 1928 (sotto)
Prime dimostrazione di motoaratura con i primi trattori a cingoli importati dall’Italia. Fototeca
IAO 1934 (sopra)
Prime raccolte di frumento meccanizzato in Cirenaica. Fototeca IAO 1935 (sotto)
Mietilegatura meccanizzata. Fototeca IAO 1935 (sopra)
Particolare delle mietitrici/legatrici. Fototeca IAo 1935 (sotto)
Scene della mietitura meccanizzata. Fototeca IAO 1935 (sopra)
Battitura di grano con fotocellule di notte. Fototeca IAO 1935 (sotto)
Trattori Caterpillar da 40 e 60 Cv con diversi tipi di implementi. Fototeca IAO 1935
Tripolitania: Ente per la Colonizzazione della Libia. Tarhuna – Villaggio Breviglieri. Aratro
pentavomere Martinelli e aratro trivomere Martinelli per le operazioni di scasso dei terreni.
1935 Fototeca IAO
Tripolitania: Azienda De Micheli, impianto di nuovi oliveti. Aratura meccanica profonda. 1935
Fototeca IAO
Tripolitania: Azizia – Società Italiana Bonifiche Agrarie. Preparazione di nuovi terreni. Aratura
funicolare con pentavomere. 1930 Fototeca IAO
Tripolitania: Istituto Nazionale Fascista Previdenza Sociale. Villaggio Bianchi. Semina meccanica.
Di cereali . Fototeca IAO
Tripolitania: Azienda De Micheli. Preparazione del letto di semina in terreni sabbiosi. Aratura
meccanica superficiale. In lontananza uno dei potenti aeromotori dell’azienda. 1929. Fototeca
IAO
Cirenaica: Prime prove di aratura meccanica. Motoerpicatura con trattore FIAT. 1922/24
Fototeca IAO
Cirenaica: Bengasi – El Gadi. Introduzione di moderne attrezzature per la coltivazione di cereali.
Macchina agricola per la rincalzatura del grano. 1925 Fototeca IAO
Cirenaica: Bengasi – El Gadi. Particolare del cantiere di trebbiatura. 10 giugno 1924. Fototeca
IAO
Tripolitania: Ente per la Colonizzazione della Libia. Misurata – Tommina – Villaggio Crispi.
Apertura di un pozzo artesiano. 1936 Fototeca IAO
Tripolitania: Ente per la Colonizzazione della Libia. Misurata – Tommina – Villaggio Crispi. Bocca
di un pozzo artesiano. 1936 Fototeca IAO
Evoluzione delle macchine agricole durante il periodo coloniale italiano in Libia.
Periodo considerato 1933-39
Realised in the framework of the Cooperation Project
"Improvement and Valorisation of Date Palm in Al Jufrah Oasis".
Financed by the General Direction for Development Cooperation of the Italian Minister of Foreign Affairs.
Implemented by Istituto Agronomico per l'Oltremare of Florence (Italy)
in partnership with the Improving and Developing Olive and Palm Trees Board (Tripoli, Libya);
with the technical collaboration of the departments of Agricultural and Forestry Engineering, Crop,
Soil and Environment at the University of Florence
and the Slow Food Foundation for Biodiversity.
Edited by IAO 2011