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    Luigi Copertino 01 Settembre 2011

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    Libia 1911 - Europa 1914 (parte V)

    Eur opa 1914 : uno sparo a Sarajevo e la

    polver ier a esplode

    Francesco Ferdinando, arciduca ereditario, giunse a Sarajevo, capitale della

    Bosnia Erzegovina, il 28 giugno 1914 con lobiettivo di dare un concreto

    segnale di distensione verso il mondo slavo.

    Come si detto, lerede al trono di Vienna rappresentava in seno alla corte la

    corrente della politica asburgica che da oltre settantanni anni spingeva versola confederalizzazione dellImpero. Di tale politica la trasformazione in

    Duplice Monarchia, con la parificazione tra tedeschi ed ungheresi, era stato

    solo il primo passo. Tuttavia una battuta darresto di tale processo era stata

    determinata proprio dagli ungheresi che per lintero XIX secolo si erano posti

    a guida della rivoluzione onde ottenere quella parificazione. Dopo quel primo

    passo, infatti, gli ungheresi si erano arroccati in difesa della loro egemonia su

    cechi, boemi, slovacchi e slavi, trovando nella parte pi conservatrice

    dellelemento di lingua tedesca un alleato contro ogni altra ipotesi di ulteriore

    confederalizzazione.

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    Invece lunica strada per il futuro passava proprio per la confederalizzazione

    ed il vecchio Francesco Giuseppe lo aveva ben compreso, a partire almeno dal

    1848.

    Lallargamento del dominio asburgico nei Balcani, mediante lannessione

    della Bosnia Erzegovina, fu malvisto dalla Russia, che, come sappiamo,

    mirava ad esercitare un ruolo egemonico nella regione, ma anche da Londra e

    da Parigi, dove i governi erano in sostanza espressione dei due Grandi Orienti

    massonici. Francia ed Inghilterra vedevano nel vecchio impero asburgico

    lultimo oscurantista residuo dellEuropa cattolica medioevale. Un bastione

    cristiano da abbattere per realizzare la Repubblica Universale Umanitaria.

    Non cerano solo questi motivi ideologici. Londra e Parigi paventavano anche

    lappoggio che le risorse balcaniche, in particolare quelle minerarie ed il

    petrolio del Mar Nero, potevano apportare alla Germania guglielmina

    mediante lalleanza con lAustria-Ungheria.

    Di pi: lo scacchiere geopolitico balcanico, per Londra e Parigi, era delicato in

    quanto leventualit di un crollo della sublime portaavrebbe aperto alla

    Russia lintero spazio regionale troppo prossimo al medio oriente colonizzato

    da Francia ed Inghilterra.

    Per questi motivi, Londra e Parigi fomentavano la rivolta irredentista serbo-

    slava anche finanziando diversi gruppi terroristici come la Mlada Bosna

    (Giovane Bosnia) cui apparteneva il serbo, di origini israelite, Gravilo Princip,

    autore dellattentato di Sarajevo.

    Come si vede, il richiamo mazzinianodei movimenti nazionalisti europei

    (Giovani Turchi; Giovane Bosnia) denota lesistenza, in quellepoca, di una

    rete irredentista della quale la nostra Giovine I tali aera solo un elemento.

    Una rete che, con una certa probabilit, coincideva in gran parte con quella

    massonica, le cui logge erano sparse per tuttEuropa sin dal settecento.

    Molto probabilmente lintera operazione dellassassinio di Francesco

    Ferdinando fu preparata dai servizi segreti anglo-francesi con lapporto

    logistico del governo di Belgrado.Il governo di Vienna, a suo tempo, vide

    giusto nellindicare nella Serbia un possibile complice dellattentato.

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    Anche nellintento di riportare la Serbia, che si atteggiava a grande potenza

    tutrice delle aspirazioni nazionali slave, ad una pi realistica visione della sua

    reale forza politica e militare, Vienna, senza prevedere gli esiti globali di

    questo gesto, lanci il 22 luglio 1914 un ultimatum alla petulante piccola

    nazione vicina, non senza aver ricevuto un assenso dallalleata Germania e

    nella speranza che la Russia non avrebbe reagito perlomeno in modo plateale.

    Nellultimatum la Serbia era accusata di aver favorito lirredentismo nella

    Bosnia Erzegovina e di aver collaborato alla preparazione dellattentato di

    Sarajevo. Si imponeva inoltre a Belgrado di sconfessare la propria politica

    jugoslavae di consentire ad una commissione austriaca di recarsi in Serbia

    per indagare sulle responsabilit dellassassinio dellarciduca ereditario.Venivano concesse 48 ore di tempo per la risposta.

    La Serbia si dimostr disponibile a trattare, anche perch la Russia era

    intervenuta presso il governo di Vienna chiedendo una attenuazione delle

    richieste ed una proroga della scadenza fissata.

    LItalia, nel frattempo, faceva sapere a Vienna che, visto il carattere difensivo

    dellalleanza che univa i due Stati, un eventuale attacc austriaco alla Serbia

    non sarebbe stato appoggiato da Roma. Era unulteriore passo verso il

    definitivo distacco del nostro Paese dalla Triplice Alleanza.

    Vienna, per, non ritenne sufficiente la risposta serba e, allo scadere

    delultimatum, ruppe le relazioni diplomatiche con Belgrado.

    La Serbia ordin la mobilitazione generale mentre la Russia fece sapere a

    tutte le cancellerie europee che essa non sarebbe rimasta inerte di fronte ad

    un ulteriore allargamento della sfera di influenza austriaca nei Balcani. A

    nulla valse neanche la proposta inglese, il 26 luglio, di una conferenza di pace.

    LAustria si affrett ad assicurare la Russia che sarebbe stata rispettata, dopo

    la lezione, lintegrit territoriale serba. Ma tale assicurazione non plac le

    preoccupazioni dello Zar.

    La Germania, che pur aveva pubblicamente dichiarato la propria

    approvazione alla presa di posizione di Vienna contro Belgrado, intervenne a

    sua volta con un tentativo di mediazione che non sort alcun effetto.

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    Nel frattempo gi dal 28 luglio lAustria aveva mobilitato ed iniziato il

    bombardamento di Belgrado. La Russia mobilit a sua volta il 30 luglio,

    ammassando truppe sia alle frontiere austriache che a quelle tedesche.

    Il 31 luglio lambasciatore tedesco a Parigi presentava un ultimatum nel quale

    si chiedeva la neutralit francese in caso di conflitto della Germania e

    dellAustria contro la Russia.

    Lo stesso 30 luglio un altro ultimatum era presentato dalla Germania alla

    Russia intimando la sospensione della mobilitazione in atto.

    A questo punto gli eventi precipitarono come in un effetto domino. Il sistemanefasto delle alleanze si era messo irrimediabilmente in moto portando

    lEuropa alla catastrofe.

    Dopo la dichiarazione di guerra dellAustria alla Serbia il 28 luglio, seguirono

    quelle della Germania alla Russia il 1 agosto, della Germania alla Francia il 3

    agosto, dellInghilterra alla Germania e della Germania al Belgio il 4 agosto,

    del Montenegro allAustria il 5 agosto, dellAustria alla Russia e della Serbia

    alla Germania il 6 agosto, del Montenegro alla Germania il 9 agosto, della

    Francia allAustria l11 agosto, dellInghilterra allAustria il 12 agosto,

    dellAustria al Belgio il 22 agosto, del Giappone alla Germania il 23 agosto, del

    Giappone allAustria il 25 agosto, della Russia alla Turchia il 1 novembre,

    della Serbia alla Turchia il 2 novembre, dellInghilterra alla Turchia il 5

    novembre, della Turchia allInghilterra il 5 novembre. Oltre a tutta una serie

    di altre dichiarazioni di guerra tra Stati minori secondo la rete delle alleanze

    che si era andata costituendo da mezzo secolo a quella parte.

    Linut ile str age, lamentata Benedetto XV, era purtroppo iniziata e con essa la

    fine dellEuropa.

    L I talia tra neutralismo ed interventismo

    LItalia, come detto, per il momento rest neutrale ma gi aveva in corso

    contatti con Francia ed Inghilterra. Contatti non tanto segreti visto che la

    Germania spinse Vienna a fare al nostro Paese la proposta della cessione

    pacifica di Trento e Trieste nonch, in caso di vittoria della Triplice, ampi

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    riconoscimenti nei Balcani meridionali ed assegnazioni di parte delle colonie

    francesi ed inglesi in Nord Africa.

    Ma nella scelta italiana di capovolgere il fronte delle proprie alleanze

    giocarono, oltre alle promesse di Francia ed Inghilterra (poi in parte

    disattese: Trento e Trieste, Fiume e Dalmazia, Albania, Rodi ed isole egee), un

    forte ruolo le connessioni massoniche del governo liberale italiano con i

    Grandi Orienti di Londra e di Parigi, che, come si detto, costituivano in

    pratica i governi francese ed inglese. In tal senso, il Risorgimento veniva

    davvero a compimento e nel peggiore dei modi, ossia ponendo lItalia tra i

    responsabili della fine dellEuropa e facendole perpetrare il primo dei suoi

    tradimenti nelle guerre mondiali.Nel 1915 anche lItalia, infatti, sarebbe scesa

    in campo contro gli ex alleati austro-tedeschi.

    Nei mesi precedenti la dichiarazione di guerra, il dibattito nel nostro Paese, a

    proposito dellentrata o meno in guerra, divamp con tanto di mobilitazione

    di massa e vide il formarsi di due fronti contrapposti di opinione pubblica: gli

    interventisti ed i neutralisti.

    Tra gli interventisti si contavano i nazionalisti, i liberali, i demonazionali di

    matrice repubblicana (mazziniani), i dannunziani, i futuristi, gli irredentisti,

    molti sindacalisti rivoluzionari, come Corridoni, che inseguivano il mito della

    guerra di massa quale preparazione alla rivoluzione sociale interna.

    Tra i neutralisti invece oltre ad alcuni liberali si schierarono gli anarchici, i

    repubblicani di sinistra, i socialisti e questa volta in obbedienza al Papa i

    cattolici.Fu tuttavia la sinistra ad essere maggiormente sconvolta, sotto il

    profilo politico, nella scelta tra intervento e neutralit.

    Se il PSI prese posizione ufficiale per la neutralit (la guer ra un affare

    dell e borghesie europee contr ar ia agl i interessi dell a classe operaia, questa

    la motivazione ideologica del socialismo italiano), la sini stra eretica, che

    aveva diverse convergenze allinterno del PSI con lala massimalista e che ad

    un tempo contestava dal di fuori il socialismo ufficiale accusandolo di

    imborghesimento, dopo un iniziale neutralismo in chiave antimilitarista,

    assunse una posizione interventista inseguendo il mito della guerra come

    rivoluzione sociale. Su questa strada sindacalisti rivoluzionari e socialisti

    massimalisti si ritrovarono ben presto a fianco di nazionalisti, futuristi e

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    dannunziani.

    Questo dilemma fu particolarmente lacerante per uno dei socialisti allepoca

    pi in vista e gi noto come duce del sociali smo r omagnolo. Nel 1914 egli era

    il capo riconosciuto dellala massimalista del PSI (tanto che successivamente

    confider, non a torto, a Yvon De Begnac, che il vero padre ideologico dei

    comunisti italiani era stato lui) e, dopo che i massimalisti avevano vinto

    sebbene di misura il congresso nazionale, dirigeva, valente giornalista,

    LAvanti, il quotidiano del partito socialista. Benito Mussolini nel giugno del

    fatale 1914 aveva fatto parte, insieme allanarchico Enrico Malatesta ed al

    repubblicano Pietro Nenni, della giunta rivoluzionaria che si era installata in

    Romagna e nelle Marche durante la cosiddetta setti mana rossa: una

    sommossa socialista, anarchica e repubblicana, scoppiata, in quelle regioni,con tanto di instaurazione di un governo provvisorio ed innalzamento di

    alberi della libert, gli antichi simboli del giacobinismo. Linsurrezione fu

    repressa duramente. Alla fine di quel mese di giugno sopraggiunsero gli spari

    di Sarajevo e si apr, di fronte alla mobilitazione degli interventisti, che

    dimostrarono una capacit di dinamismo di massa tale da far impallidire i

    socialisti, e al consenso che essi andavano ottenendo, la crisi interna al PSI

    gi da tempo in bilico tra ala massimalista e ala riformista.

    Oltretutto la neutralit in nome della solidariet internazionale di classe,

    predicata ufficialmente dal PSI, si dimostr ben presto una utopia: i socialisti

    francesi scendevano nelle piazze cantando la Marsigliese inneggiando la

    restituzione alla Francia dellAlsazia e della Lorena per vendicare la disfatta

    del 1870; i laburisti inglesi si erano immediatamente schierati con il governo

    di Sua Maest Britannica contro limper ial ismo teutonico; i socialdemocratici

    tedeschi avevano deposto ogni contesa antipadronale in nome della difesa del

    Reich dalle potenze capitaliste occidentali; i menscevichi russi aderirono alla

    guer ra patr iottica.

    I proletar i di Ger mania hanno dichiar ato di essere pr ima tedeschi e, poi,

    socialisti . Ecco un fatto nuovo che noi i gnoravamo e che abbiamo avuto i l

    torto di non intuir e: sono parole pronunciate, durante un comizio

    interventista, da Filippo Corridoni, lapostolo dei lavoratori, il pi

    movimentista tra i sindacalisti rivoluzionari che in quegli anni avevano

    iniziato a percorrere la via verso il socialismo nazionale (1).

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    Mussolini, infatti, non era solo nel suo dilemma ma rappresentava una intera

    generazione di socialisti massimalisti e di sindacalisti rivoluzionari che

    avevano letto e cercavano di mettere insieme Marx con Nietzsche e Pareto con

    Sorel.

    Il futuro duce apparteneva ad una lite di rivoluzionari che avevano iniziato a

    riflettere sul ruolo che in una societ di massa poteva giocare il mitodella

    nazione e che si stavano rendendo conto che esso era, in quanto a capacit di

    mobilitazione rivoluzionaria, altrettanto efficace di quello, che gli faceva

    concorrenza, della classe.

    Mussolini, in altri termini, era, e non dal 1914, tra quelli che cercavano la

    quadratura del cerchio tra nazione e classe, tra nazionalismo e socialismo, tradestra antiparlamentare e sinistra rivoluzionaria. Lidea di una Patria di

    Popolo ossia di tutte le classi sociali, e non della sola borghesia, si faceva

    strada contemporaneamente sia a destra tra i nazionalisti ed in questo

    grande influsso ebbe lopera letteraria di Enrico Corradini sia a sinistra tra i

    socialisti massimalisti ed i sindacalisti rivoluzionari in marcia verso il

    sindacalismo nazionale.

    Il percorso di Mussolini verso il fascismo, gi iniziato da almeno un decennio

    e che aveva avuto un primo punto di svolta in occasione della guerra italo-

    turca nel 1911, giunse a maturazione proprio in quelle settimane di neutralit

    dichiarata dellItalia e del suo PSI.

    Preceduto da un articolo con il quale il suo compagno di cammino, verso

    linterventismo, Filippo Corridoni spiegava, sul giornale sindacalista

    rivoluzionario lAvanguardia, le ragioni storiche e rivoluzionarie della guerra

    che si stava combattendo in Europa (2), Mussolini ufficializz la propria

    svolta interventista con un famoso editoriale sullAvantinel quale proponeva

    il passaggio da una neutralit assoluta e passiva ad una neutralit attiva. Egli

    indicava, in quelleditoriale, la necessit politica di riconsiderare la posizione

    ufficiale del PSI perch leventualit dellentrata in guerra dellItalia, in un

    conflitto che sarebbe stato di popolo e non solo borghese, poteva essere

    loccasione propizia per la trasformazione delle strutture sociali del Paese.

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    1915: Mussolini, Corridoni e De Ambris ad una manifestazione interventista

    La pubblicazione di quelleditoriale, non concordato con i vertici del PSI, gli

    cost lespulsione dal partito. Andandosene, Mussolini ammon i suoi ex

    compagni che egli sarebbe rimasto sempre un socialista ed in effetti,

    nonostante i compromessi con il capitale durante il regime fascista

    compromessi che tuttavia non impedirono lavvio dellItalia verso

    limplementazione di uno Stato sociale che sarebbe sopravvissuto alla

    Seconda Guerra Mondiale e si sarebbe ulteriormente sviluppato nel secondo

    dopoguerra , non si pu onestamente dire che non mantenne fede a quella

    promessa.

    Espulso dal PSI, grazie allaiuto di finanziamenti francesi (la Francia era

    interessata a finanziare tutto ci che in Italia si muoveva in senso

    interventista) ottenuti per la mediazione dellamico socialista Massimo Rocca,

    Mussolini fond I l Popolo dItaliache ancora si definiva, non casualmente,

    quotidiano socialistama gi inneggiava ad un socialismo popolare della

    nazione e non pi solo della classe. Nel primo dopoguerra il giornale fondato

    dal duce del sociali smo, come lo avevano chiamato i suoi compagni romagnoli

    in tempi non sospetti, divent, significativamente nel senso del percorso

    intrapreso, quotidiano dei produttor ie come tale appoggi, oltre chelimpresa dannunziana a Fiume (3), anche lo sciopero dei lavoratori di

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    Dalmine che invece della bandiera rossa avevano innalzato, nella fabbrica

    occupata, il tricolore e che invece di sospendere la produzione lavevano

    continuata in autogestione.

    Riflessioni conclusive per una esegesi stor ica

    LItalia, tra le potenze europee, entr per ultima nel primo conflitto mondiale,

    oltretutto rovesciando le sue alleanze.

    Dalla nostra ricostruzione ci sembra evidente che proprio le aspirazioni

    coloniali dellItalia, dellItaliettafuoriuscita dal Risorgimento la quale si

    riteneva una grande potenza, hanno contribuito in modo determinante ad

    accendere la miccia della deflagrazione europea e mondiale.

    Si potr obiettare che la guerra italo-turca del 1911 non pu ritenersi lunica

    scintilla che fece deflagrare la polveriera europea e che, in fondo, se in quegli

    anni lEuropa tale era, non era certo per responsabilit italiana. Ma, a ben

    riflettere, non si possono affatto sminuire, cos semplicisticamente, le

    responsabilit dellItalia liberale nata dal processo risorgimentale.

    Responsabilit che senza dubbio non furono le sole ma cerano ed hanno

    avuto un peso nientaffatto indifferente.

    Si deve innanzitutto rilevare sebbene il fenomeno fu europeo e non solo

    italiano che il nazionalismo di fine ottocento ed inizio novecento ha le sue

    radici nellideologia liberale e nel giacobinismo. Liberalismo e democratismo

    avevano attraversato lintero XIX secolo ponendo le basi della distruzione,

    che si realizz definitivamente con il primo conflitto mondiale, dei grandi ed

    antichi imperi plurinazionali. Tra questi ultimi quello asburgico si era, nel

    frattempo, avviato su una strada che lo stava portando ad una trasformazione

    confederale, con la parificazione giuridica di tutte le nazionalit ricomprese

    nella compagine imperiale, capace di scemare irredentismi e nazionalismi

    bellicisti.

    Non esiste pertanto alcun effettivo iato sotto il profilo delle modalit con le

    quali era stata conseguita lunificazione statuale della penisola italiana a

    discapito di una soluzione confederale che anche in tal caso era del tutto

    possibile se limperialismo sabaudo non ci si fosse messo di mezzo tra il

    risorgimento liberale e democratico e lesito nazionalista ed autoritario prima

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    dellItalia crispina, di fine ottocento, e poi dellItalia fascista della

    nazionalizzazione e socializzazione delle masse. Vi un innegabile filo rosso

    di continuit, pur tra molte discontinuit pi che altro ideologicamente

    occasionali.

    In questo senso, limperialismo sabaudo che aveva gi colonizzato il

    meridione italiano ha trovato continuit, con perfetta coerenza,

    nellimperialismo italiano il quale mirava alla colonizzazione del nord Africa

    alla ricerca il motivo diventer uno slogan nellItalia fascista di un posto

    al soletra le grandi potenze europee. Che si trattasse di meridione italiano o

    di Africa la spinta coloniale del Nord, capitalista, verso Sud evidente.

    La guerra italo-turca del 1911, con il suo allargamento nellEgeo, mise inmovimento lintero fragile equilibrio balcanico ossia della regione europea

    dove, da anni, si stavano dando appuntamento tutte le tensioni geopolitiche

    dellepoca nella contesa tra le potenze del momento: Inghilterra, Russia,

    Austria, Germania, Francia, Turchia.

    Certamente lirredentismo dei piccoli Stati balcanici ci ha messo del suo nella

    marcia verso la catastrofe e questo dimostra ancora una volta quanto i

    nazionalismi liberali ottocenteschi abbiano aperto la strada allo sciovinismo

    bellicista novecentesco ma se lItalia non avesse messo in difficolt la

    sublime port a, gi di per s alle prese con i suoi tanti problemi interni, molto

    probabilmente quei piccoli Stati non avrebbero avuto o almeno non

    avrebbero avuto in quel momento e per responsabilit italiana loccasione

    di spartirsi i resti europei del vecchio impero ottomano. Con la conseguenza

    di rafforzare una piccola e presuntuosa potenza regionale, la Serbia, che,

    protetta da Russia, Francia ed Inghilterra, si mise a capo dellirredentismo

    slavo procurando allImpero austro-ungarico, colto in una fase delicata del

    suo processo di confederalizzazione contro il quale si opponevano ungheresi

    ed una parte dellelemento etnico di lingua tedesca, tanti problemi da

    costringerlo, dopo lattentato di Sarajevo, goccia che fece traboccare il vaso, a

    muoverle guerra nellintento di sistemare le cose nella regione balcanica ma,

    purtroppo, ottenendo la generale deflagrazione prima europea e poi

    mondiale.

    La Prima Guerra Mondiale fu la fine dellEuropa, bench gli europei, che si

    illudevano ancora di essere al centro del mondo, dovettero attendere altri

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    Beato Carlo IdAsburgo

    ventanni per rendersene definitivamente conto, dopo unaltra disastrosa

    guerra mondiale.

    Nel 1914-18 fin senza dubbio lEuropa tradizionale o ci che di essa

    rimaneva. Il crollo dellImpero asburgico ha rappresentato la fine che i

    governi massonici di Londra e Parigi perseguirono come uno degli obiettivi

    principali del conflitto dellEuropa cattolica ossia dellultimo residuo della

    Cristianit, in via di modernizzazione mediante la confederalizzazione che gli

    avrebbe consentito di sopravvivere.

    Nel 1916 mor Francesco

    Giuseppe e, essendo stato

    assassinato larciduca FrancescoFerdinando, gli subentr al

    trono, per linea ereditaria

    collaterale, il nipote Carlo I

    dAsburgo. Lultimo imperatore

    stato fatto beato nel 2004 da

    Giovanni Paolo II. Carlo, infatti,

    si adoper in tutti i modi,

    attraverso la diplomazia

    asburgica, quella vaticana e

    quella che gli derivava dalla

    stretta parentela con diversi

    aristocratici francesi dalle buone

    entrature governative, per far

    cessare la guerra con un anticipo

    di due anni rispetto alla data

    nella quale poi effettivamente

    cess. Carlo si muoveva, sul filo

    del rasoio delle alleanze, a dispetto dellalleato germanico che, infatti,

    diffidava di lui e del suo cattolicesimo di pace.

    La figura di Carlo dAsburgo, quasi che la Provvidenza abbia voluto lasciare ai

    posteri un segno di cosa fosse la santitdi una monarchia tradizionale, si

    staglia in modo impressionante, per altezza spirituale, sullo sfondo della

    grande tragedia europea e mondiale di quegli anni fatali.

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    Fu lui, mosso dalla cristiana considerazione delle sofferenze quotidiane dei

    soldati al fronte, ad imporre che a corte si mangiasse solo pane nero e si

    eliminassero radicalmente tutte le spese inutili. Fece in modo che ai soldati

    fosse recato ogni possibile conforto e che si rispettassero in ogni modo

    possibile anche i prigionieri ai quali si dovevano, secondo i suoi ordini, recare

    le stesse cure dei sodati imperiali. Purtroppo non sempre ubbidito, Carlo si

    oppose con fermezza, nonostante questo gli costasse uno scontro con lalto

    comando imperiale e con lalleato tedesco, a qualsiasi ipotesi di

    bombardamento sui civili ed alluso dei gas tossici sui fronti austriaci.

    Dopo la proclamazione nel 1918 della repubblica austriaca ed un tentativo di

    concerto con il Papa di conservare almeno la corona ungherese di Santo

    Stefano tentativo che abbandon quando comprese che insistere avrebbeprovocato una guerra civile , and esule, insieme alla famiglia, a Madera, in

    Portogallo, dove mor nel 1922, circondato dallaffetto della consorte Zita di

    Borbone-Parma e dei suoi figli (tra i quali Otto, scomparso di recente agli inizi

    del luglio di questanno), ed invocando da Dio la pace per i suoi popoli. Le sue

    ultime parole furono Ges Cr isto.

    Re Carlo IV dUngheria con la corona di Santo Stefano

    Con la morte di Carlo veniva ratificata la fine epocale dellEuropa

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    tradizionale.

    Ma il vuoto mitteleuropeo lasciato dallImpero austro-ungarico fu

    tragicamente riempito dal nazismo e dalla mala pianta del comunismo ed i

    popoli del vecchio imperonon conobbero affatto quella pace che,

    paternamente, il loro ultimo imperatore aveva invocato per loro, da Cristo, sul

    letto di morte.

    Se lEuropa che, con limpero asburgico, moriva nel 1918 era quella

    tradizionale, non migliore sorte attendeva lEuropa moderna, nata a Vestfalia

    nel 1648, che credeva di aver trionfato. Come si diceva pocanzi, gli europei si

    illusero di essere ancora al centro del mondo. In realt la politica mondiale,

    dopo il trattato di Versailles (1919) che pose fine alla guerra, ormai non erapi eurocentrica. Se gli imperi coloniali di Francia ed Inghilterra ancora si

    ergevano in apparenza possenti (solo in apparenza, per, visto come essi

    crollarono repentinamente nel secondo dopoguerra), lEuropa uscita dal

    primo conflitto mondiale era gi un continente prossimo a quella divisione

    che sarebbe stata definitivamente ratificata a Yalta nel 1945 e che avrebbe

    trovato motivazioni anche nel nazismo che aveva travolto il vecchio

    continente, bench necessario ribadirlo con forza e chiarezza il nazismo

    aveva trovato spazio per proliferare, facendosi paladino delle ragioni dei

    popoli tedeschi contro le e tali erano veramente! ingiustizie di Versailles,

    proprio nello spazio improvvidamente lasciato vuoto dai vincitori del primo

    conflitto mondiale con la loro decisione di appoggiare gli irredentismi

    nazionalistici che ambivano alla scomparsa dellImpero asburgico.

    Il quadro sopra descritto fu lesito delle conseguenze di due eventi bellici

    intercorsi nel 1917, ossia nel pieno della guerra europea e che contribuirono a

    farla diventare mondiale.

    In Russia la rivoluzione, prima menscevica e poi bolscevica, apr la strada al

    comunismo che nel 1945 si sarebbe impadronito di mezza Europa e nei

    cinquantanni successivi di mezzo mondo. Limperialismo sovietico, che

    riprendeva daltronde anche alcuni motivi tipici della politica espansionista

    della Russia zarista, inizi proprio in quel 1917 la parabola che avrebbe

    portato lUnione Sovietica ad essere la superpotenza che stata fino al 1991

    (4).

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    A Fatima, in Portogallo, ossia al polo opposto dellEuropa, il Cielo intervenne,

    in coincidenza con gli avvenimenti che andavano sconvolgendo la Russia,

    ammonendo del pericolo che sorgeva ad Est. Tuttavia bisogna osservare che,

    nel corso del XX secolo, prevalsa una lettura della rivelazione mariana

    troppo condizionata in senso esclusivamente anti-comunista. Una lettura che,

    a seguito degli eventi del 1989, non regge pi laddove si pretenda di

    presentarla ancora in quella chiave, come fanno molti gruppi catto-

    conservatori in odore di filo-americanismo. Non si riflette, infatti, abbastanza

    sul fatto, evidente, che la profezia di Fatima non si ancora affatto conclusa.

    Non solo perch, come sostengono con dovizia di argomenti diversi esegeti, la

    profezia dellassassinio di un Papa, che la parte centrale del cosiddetto terzo

    segr eto, non si ancora avverata, dal momento che Giovanni Paolo II non

    stato affatto assassinato ma solo ferito (e di tale ferimento ha piuttostoprofetizzato unaltra rivelazione mariana ovvero quella di La Salette), ma

    soprattutto perch non si ancora realizzata la promessa finale di Maria circa

    il trionfo del Suo Cuore Immacolato (leggasi: il ritorno del mondo alla fede

    cristiana) che, evidentemente, non era rivolta solo al trionfo della Chiesa sul

    comunismo ma anche sul liberalismo occidentale, non ancora storicamente

    debellato.

    Se, infatti, nellEst europeo appariva la potenza del comunismo, in quello

    stesso 1917, intervenendo nella guerra, con 175.000 uomini che raggiunsero

    alla fine del conflitto i due milioni, a fianco delle potenze occidentali, si

    affacciarono sul suolo europeo anche gli Stati Uniti. Lideologia missionaria

    americana, di matrice puritana e codificata in termini politici dal presidente

    Monroe in pieno XIX secolo, quella per la quale gli Stati Uniti sarebbero

    investiti di un destino manifesto, di una missione consistente, pur se da

    una posizione di isolamento rispetto agli altri Stati, nellesportazione della

    libert e della democrazia in tutto il mondo, ebbe cos modo di fare la sua

    prima prova globale.

    Nel primo dopoguerra il presidente americano

    Wilson impose agli europei, sia ai vincitori che ai

    vinti, il suo programma democraticoconsistenti nei

    famosi 14 punti. Un programma che contemplava,

    al decimo punto, una vaga garanzia per la

    sopravvivenza dellAustria-Ungheria e che non fu

    seguto proprio e solo su questo punto, a causa della

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    Thomas Woodrow Wilsonvolont annichilatrice anglo-francese.

    Gli altri punti di tale programma furono, invece, ampiamente recepiti nel

    Trattato di Versailles soprattutto con riguardo al suo punto conclusivo: quello

    che prevedeva la costituzione della Societ delle Nazioni, antefatto della

    successiva ONU.

    Tale organismo internazionale, al quale tuttavia gli Stati Uniti non aderirono,

    negli anni Trenta non si dimostrer affatto allaltezza del suo ruolo di arbitro

    internazionale dei conflitti, essendosi ben presto rivelatosi per quello che era,

    e per il quale era in fondo stato concepito, ossia il paravento gius-

    internazionale dellegemonia franco-inglese in Europa (come lONU, poi, nel

    1945, che altro non sarebbe stata che la maschera legale dellegemoniamondiale sovietico-americana).

    Il programma wilsonianoaveva alla sua base il principio di

    autodeterminazione dei popoli. Tuttavia si trattava di un principio del tutto

    astratto ed avulso dalla storia dei popoli e che, pertanto, era assolutamente

    difficile da concretizzare se non a costo di tradirlo o di applicarlo con metodi

    poco liberali.

    Esempi di tale applicazione furono la creazione della Jugoslavia, che costrinse

    gli altri slavi a sottostare allegemonia serba, e la creazione della

    Cecoslovacchia, nella cui compagine i cattolici slovacchi e le minoranze

    tedesche dei Sudeti (sulle quali fece leva Hitler per annettere quelle regioni

    alla Germania nel 1938) furono sottoposte allo strapotere, protestante, ceco e

    boemo (5). Sia la Jugoslavia che la Cecoslovacchia non hanno poi retto alla

    prova dei fatti.

    Ma il programma wilsoniano, astratto perch basato su una visione

    astrattamente umanitaria, non teneva affatto conto delle ragioni complesse

    della storia dei popoli. Risult, quindi, difficilmente applicabile anche in tanti

    altri casi, come subito dimostrarono le tensioni tra gli Stati europei circa le

    questioni di confine. Il caso che fu immediatamente pi palese fu la questione

    dellitalianit di Fiume, citt contesa al nostro Paese dalla neonata Jugoslavia.

    Il problema stava nel fatto che nellastratta visione wilsoniana si pretendeva

    di ritagliare i confini degli Stati nazionali su basi di presunta omogeneit

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    linguistica ed etnica in modo da far scomparire queste stesse differenze in

    nome del pi generale concetto globalista di Umanit, nella convinzione della

    realizzabilit dellilluministica Repubblica Universale.

    Da questa Repubblica Universale che Wilson vide in fieri nella Societ delle

    Nazioni, con sede a Ginevra, e che, strumento nelle mani dei vincitori, non fu

    capace di evitare la Seconda Guerra Mondiale accogliendo le istanze

    revisionistedel Trattato di Versailles, caldeggiate nellanteguerra, tra gli altri,

    da un Mussolini ancora vicino a Francia e ad Inghilterra gli Stati Uniti, in

    nome del loro magnifico isolamentofinalizzato alla preservazione della loro

    pur ezza ideale, rimasero distanti: come dire che la legge internazionale

    doveva vincolare tutti tranne gli americani portatori di una missione che li

    rendeva automaticamente migliori e pertanto al di sopra di tutti.

    Una cosa , per, certa: il tentativo massonico di Wilson di realizzare una

    Repubblica Universale Umanitaria non ha affatto dato di s, sotto il profilo

    della pacifica convivenza dei popoli, quelle buone prove che invece i secolari

    imperi plurinazionali, come quello asburgico, erano riusciti a dare tenendo

    unite genti diverse senza mortificarne eccessivamente le identit ma anche

    facendo in modo che tali identit non si trasformassero in micidiale

    nazionalismo irredentista.

    Con la Prima Guerra Mondiale, lEuropa fu travolta dai due imperialismi,

    quello capitalista e quello comunista. Non si pi ripresa da quel colpo

    mortale ed oggi essa nientaltro che una povera appendice di un Occidente,

    scimmiottatore dellantica Cristianit, che pretende di imporsi, con il suo

    ateismo devoto, sul mondo intero.

    Questo dimostra che i sogni millenaristici, coltivati dai vari nazionalismi

    ottocenteschi e poi riproposti dalle ideologie nazista e comunista nel

    novecento, non sono affatto venuti meno con il 1989 ma hanno oggi acquisito

    una caratura globale la quale non annuncia nulla di buono per il futuro

    dellumanit.

    Luigi Copertino

    (fine)

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    Libia 1911 - Europa 1914 (parte I)

    Libia 1911 - Europa 1914 (parte II)

    Libia 1911 - Europa 1914 (parte III)

    Libia 1911 - Europa 1914 (parte IV)

    1) Confronta Ilario Fermi, Corridoni, La Tr ibuna Il lustr ata, Anno XI, 28

    maggio 1933, pagina 15.

    2) La immane catastrofe scriveva nel 1915 Filippo Corridoni nel suo

    editoriale in cui piombata l Europa ha fatto crollar e come fr agil i

    impalcature di palcoscenico tutte le costr uzioni ideali ed umani tar ie che i

    popoli avevano eretto in quarantanni di pace e di lavoro fecondo Ma vi

    sono avvenimenti che scuotono la fede pi cieca ed incrollabile: la guer ra

    europea uno di quell i . Noi non credevamo al tr adimento dei proletar i

    tedeschi ed austr iaci: s consumato. Quando i nostr i governant i ci

    prospettavano la possibi li t di una guer ra europea che tr avolgesse lI talia

    e ne traevano conseguenza gli armamenti indispensabil i noi negavamo

    violentemente e r ispondevamo tr ionfant i che se anche tale ipotesi avesse la

    possibi li t di realizzarsi, lo sciopero generale insur r ezionale del pr oletar iatoallatt o della mobil it azione avr ebbe stroncato la guer ra sul nascere. Ci

    il ludevamo. I fatti ci hanno dato la pi solenne smenti ta, e noi se non siamo

    dei caparbi, della gente che vuole avere ragione ad ogni costo, siamo in

    dovere di r iconoscere che non vedemmo giusto, e siamo in obbligo quindi di

    r ipr endere in esame tutt i i nostr i piani di guer ra per conformar li

    allesigenza dell a mutata situazione. Confronta Tullio Masotti, Corridoni,

    Casa Editrice Carnaro, Milano, 1932, pagine 87-89. Filippo Corridoni, a

    differenza di Mussolini solo ferito, morir, partito volontario, sul fronte del

    Carso nel 1915. Diventer, successivamente, una icona del regime fascista ma

    c da chiedersi se effettivamente egli, seguendo lorientamento produttivista

    emerso nel sindacalismo rivoluzionario, avrebbe aderito nel 1919 al fascismo

    sansepolcrista e socialista, poi condotto da Mussolini nel 1920-21 verso il

    compromesso con le forze conservatrici della monarchia sabauda e della

    confindustria, oppure sarebbe diventato antifascista, come laltro sindacalista

    rivoluzionario e mazziniano Alceste De Ambris, braccio destro di DAnnunzio

    a Fiume, oppure ancora avrebbe aderito alla fronda di sinistra allinterno del

    regime per poi passare alla Repubblica Sociale nel 1943.

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    3) Quella fiumana fu unimpresa ad un tempo nazionalista e socialista, che

    vide a fianco di DAnnunzio sia il nazionalista Giulietti, sia il sindacalista

    mazziniano e rivoluzionario Alceste De Ambris e che attir persino

    lattenzione di Lenin, il quale vi invi il suo commissario politico Cicerin per

    valutare le possibilit di fare della citt istriana un centro rivoluzionario

    europeo.

    4) La Russia di oggi, quella di Putin, invece un tipico regime fascista

    (dirigismo economico, integrazione tra le classi sociali, politica di potenza

    nazionale) caratterizzato in senso nazional-ortodosso. Il ruolo che essa oggi

    svolge, di bilanciamento della potenza americana che dopo il 1989 sembrava

    globale, se da un lato ci riporta, per certi versi, al mondo bi-polare con la

    differenza che oggi sussistono anche altri attori globali come la Cina, lIndia

    ed il mondo islamico, dallaltro lato potrebbe costituire una via di uscitadellEuropa, se solo essa avesse il coraggio di guardare a s stessa ed alla sua

    storia, per sfuggire allabbraccio con gli Stati Uniti: del resto, se le radici di

    questi ultimi sono certamente europee ma sin dallorigine in polemica, in

    nome della libert, con lEuropa papista ed oscurantista (questa la polemica

    dei puritani fondatori delle prime 13 colonie, utero dei futuri States),

    sicuramente lEuropa, perlomeno quella mediterranea di radici cattoliche,

    meglio potrebbe intendersi con il mondo slavo e russo di radici cristiano-

    ortodosse. Ma queste sono solo ipotesi, o auspici, che saranno eventualmente

    materia per gli storici del futuro.

    5) Edvard Bene e Tom Masaryk, i padr i fondator idella Cecoslovacchia,

    erano massoni anti-asburgici in collegamento e buoni rapporti con i governi

    di Londra e Parigi: fu naturale per Wilson, con lassenso franco-inglese,

    premiarli.

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