5 classici del contemporaneo

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COMUNE DI BRESCIAPROVINCIA DI BRESCIAASSOCIAZIONE ARTISTI BRESCIANI

salone dell’aab - vicolo delle stelle, 4 - Brescia20 settembre - 22 ottobre 2003feriali e festivi 15,30 -19,30lunedì chiuso

mostra a cura diAlessandra Corna Pellegrinied Elena Pontiggia

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Emilio Vedova, testimonianza sulla violenzaElena Pontiggia

Il ventesimo secolo, con la sua violenza e i suoi drammi, ha trovato nel-la pittura di Emilio Vedova uno dei suoi interpreti più significativi.Vedova, cioè, ha saputo dar voce, anzi dar grido, alla violenza che ha se-gnato in modo particolarissimo il cosiddetto secolo breve. Nella sua pittura la violenza si presenta per quello che è: un mistero.La sua fisionomia, il suo manifestarsi, non è legato a questa o quella fi-gura, a questo o quell’evento, a questa o quella cosa. È un’energia sco-nosciuta, anzi inconoscibile, che continuiamo a sperimentare, ma di cuisappiamo solo che esiste. Non perché esista.«Una feroce / forza il mondo possiede, e fa nomarsi / dritto», scriveAlessandro Manzoni. Di quella feroce forzaVedova ha dato, come pochialtri artisti, una rappresentazione veritiera. Chiunque guardi le sue ope-re avverte immediatamente di trovarsi di fronte a una verità primaria,a quel caos che secondo i Greci è prima di ogni ordine, atto o parola.E proprio perché, come insegna sempre la sapienza greca, polemos è al-l’origine di tutte le cose, quella violenza che i segni di Vedova esprimo-no ci riporta alle pulsioni primordiali della vita. Di quella vita di cui laviolenza è una grande parte.Proviamo a evitare, per una volta, di usare quelle definizioni di cui noistorici dell’arte amiamo circondarci, ma che in fondo sono categoriesolo parziali, quando non sono equivoci o menzogne. Proviamo a evi-tare, dunque, quelle espressioni (come “informale”, per esempio: unmovimento di cui Vedova è stato certamente un protagonista su unpiano europeo, ma che, citato genericamente e a sproposito come ten-denza onnicomprensiva, può anche non significare molto1); quelleespressioni, dicevo, con cui abbiamo tentato di imprigionare il flussodegli accadimenti e il nascere delle opere d’arte. Guardiamo allora at-tentamente un lavoro qualsiasi dell’artista veneziano, a cominciare daquelli raccolti in questa mostra, muovendo dalle geometrie aggressivedi Uragano del 1948, e considerando poi i vari momenti del ciclo di Spa-gna oggi del 1961, Sulla Spagna n.1 del 1962, Senza titolo ancora del1961, fino ad arrivare a Transiti ’86 n. 13 e a Emerging (Pagina di diario)del 1995.Quello che si avverte innanzitutto è uno scontro di segni, di forze, dielementi. Succede, nelle opere di Vedova, qualcosa di analogo a quelloche secondo Marinetti succede nei musei, dove, diceva, «i pittori si rin-corrono a colpi di pennello». Qui non si rincorrono i pittori, ma le pen-nellate: assalti feroci e tumefazioni di neri, incendi divampanti di rossi,colpi di frusta e di rasoio di bianchi, sibili di blu che precedono il col-lasso e la cateratta dei gialli. La tela è il luogo di una crocifissione tin-torettesca, di un calvario indecifrabile di cui non identifichiamo più gliattori, ma vediamo solo le conseguenze delle azioni.Violenza, abbiamo detto. Forse, di fronte allo spettacolo di devastazio-ne che il nostro secolo ha offerto, non si poteva che rispondere dipin-gendo così, rappresentando questo Golgota febbrile.

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Lettera di Vedova a Cavellini, gennaio 1947 (Archivio Cavellini)

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Intendiamoci, non stiamo accreditando la favola bella che siano esisti-te, in passato, epoche pacifiche e felici, età dell’oro e del miele. Ma cer-to il ventesimo secolo, forse per i vertici raggiunti dalla sua tecnologia,più probabilmente per ragioni che non ci è dato comprendere, ha con-quistato una sorta di primato, ha toccato una specie di acme dell’ag-gressività. E di fronte al suo parossismo una delle risposte possibili(non la sola, ma una delle più autentiche) è quella che ci danno questeopere, questi quadri.Altri tenteranno nuovamente l’ordine, la sintassi, la costruzione. In Ve-dova c’è, invece, la rivelazione del mysterium iniquitatis, la sua registra-zione dolorosa e sgomenta (perché non è cosa agevole avvicinarsi aldemoniaco).Ma ciò che è più straordinario è che, attraverso questa serie di titano-machie, emergono anche la bellezza e lo splendore della vita.Abbiamo parlato di violenza e non poteva essere altrimenti. Ma se citrovassimo soltanto di fronte ad essa non ne saremmo appagati. Inve-ce il fascino che avvertiamo osservando i lavori di Vedova ci dice chein essi opera potentemente la vocazione catartica dell’arte: vale a direquella dimensione di bellezza e di splendore che ci permette di affron-tare anche la cognizione del negativo.Il fatto è che, mentre racconta la cronaca dell’aggressività umana, Ve-dova racconta anche un’altra violenza: la veemenza del sentimento, del-l’eros, del principio di vita. Come nei Calvari del Tintoretto non mancava mai la tenerezza dellaMadonna o della Maddalena, di Giovanni o delle pie donne, così anchequi si insinua, sotto l’urto dei colori, lo splendore alto della luce. A ogniprincipio di morte corrisponde in modo uguale e contrario un princi-pio di vita.E, con esso, una possibilità di salvezza.

NOTE

1 È passato ormai mezzo secolo (anno più anno meno) da quando in America e inEuropa si diffondeva la pittura che poi sarebbe stata definita “informale”. Oltre chesenza immagini, come una moderna iconoclastia, era una pittura senza forme, nem-meno geometriche, come appunto suggeriva la definizione. Sulla tela erano rimastisolo il colore e qualche segno. Il primo, mescolato a volte con colle e pietrisco, eratanto denso e stratificato che da quel momento si iniziò a parlare di “materia pit-torica”, più che di tono, timbro e tinta. E non di rado venne sostituito da altri ma-teriali. Quanto ai segni (il disegno, ovviamente, non c’era più) si trattava di sagomeformate dal colore stesso, oppure di matasse e di grovigli, a volte vitalistici, a voltedisperati. L’informale, del resto, era per molti aspetti l’equivalente in pittura dell’e-sistenzialismo: di un pensiero che vedeva la vita come l’agitarsi incomprensibile del-la materia. Una delle voci più alte dell’informale, in Europa, è stata appunto quella di Emilio Ve-dova, che però supera i confini della tendenza propriamente detta e si presenta conuna ricchezza di problematiche che non si può costringere entro quei confini.

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Ogni opera un problema, un’inchiesta.Stare dentro la vita, essere nella realtà.Alessandra Corna Pellegrini

Parlare di Emilio Vedova nelle collezioni bresciane offre due spunti fon-damentali: evidenziare il ruolo che le opere di Vedova presenti in que-sta mostra hanno nell’ambito della sua intera produzione e rico-struire i legami che il pittore ebbe con la nostra città e i suoi princi-pali collezionisti e quindi, indirettamente, anche i rapporti fra il col-lezionismo bresciano e l’arte italiana del secondo dopoguerra. Ma glispunti offerti aprono anche un problema fondamentale, quello delle“assenze”, vale a dire delle opere cruciali nella produzione di Vedovanon presenti in mostra. Alcune assenze sono ovvie, direi quasi scon-tate: difficilmente nel collezionismo privato trovano spazio installa-zioni e opere di grandi dimensioni come quelle su cui si è orientatalarga parte della produzione di Vedova dagli anni Sessanta in avanti,dai Plurimi, ai Dischi, alle opere del ciclo ...in continuum (meno ovvie sepensiamo al collezionismo pubblico, e qui si dovrebbe riaprire la plu-ridecennale questione della Galleria d’arte moderna a Brescia); altresono assenze “contingenti”, poiché non è stato possibile esporre al-cune opere presenti nel collezionismo bresciano o per volere deiproprietari o perché già promesse per altre esposizioni fuori Bresciache si svolgono contemporaneamente a questa organizzata dall’As-sociazione Artisti Bresciani; altre ancora, infine, sono assenze vera-mente dolorose, che suscitano molti rimpianti per una storia del col-lezionismo bresciano che poteva essere e non è stata, e mi riferiscoovviamente alle importantissime opere di Vedova degli anni ’40 e ’50presenti nella collezione Cavellini (una delle quali lasciata in deposi-to a Santa Giulia presso la Galleria d’arte moderna fra il ’64 e il ’71insieme ad altri quadri scelti della collezione internazionale) e poi di-sperse fuori Brescia nell’indifferenza pressoché generale, quando ilproprietario decise di venderle per finanziare la propria attività e au-tostoricizzazione1.Proprio dall’incontro tra Vedova e Cavellini avvenuto nel ’462 a Vene-zia prese avvio il rapporto fra il pittore e la nostra città. Fu un in-contro importante per entrambi, dato che in quello stesso anno Ca-vellini organizzò a casa sua la famosa mostra delle opere di Vedova edi Santomaso e diede inizio alla sua attività di collezionista: avveni-menti che offrirono a Brescia e alla generazione dei giovani pittoribresciani l’opportunità di entrare in contatto con l’arte più avanzatadi quegli anni, grazie agli artisti (oltre a Vedova e Santomaso ricor-diamo in particolare Birolli) e ai critici d’arte che iniziarono a gravi-tare intorno alla casa-collezione di Cavellini3. Iniziò così un lungo rapporto di amicizia e di lavoro intenso e vitale,ricco di scambi di idee, talvolta tesi e polemici, sulle ragioni dell’artee sul collezionismo, testimoniati dalle 189 fra lettere e cartoline scrit-te dal pittore al collezionista fra il 1946 e il 1958 (con l’aggiunta di

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una breve missiva del 1977) conservate nell’Archivio Cavellini. Vi sileggono l’entusiasmo iniziale per avere trovato in Cavellini un mece-nate, un sostenitore convinto dell’arte “nuova”4 e la delusione nel1953 di sentirsi non capito e non sostenuto a sufficienza dall’amicobresciano nella propria evoluzione di pittore, le tappe fondamentalidella costituzione nel 1946 della Nuova Secessione, poi Fronte Nuovodelle Arti, e nel 1952 del Gruppo degli Otto, riferimenti agli artisti bre-sciani come Vittorio Botticini, Gianni Ghelfi, Enrico Ragni e la mogliePiera Reghenzi detta Pierca, gli incontri significativi con artisti italianie internazionali e con i critici più aggiornati sulla pittura contempo-ranea, il successo crescente, le personali in Italia e all’estero che simoltiplicavano. Vi sono registrate informazioni sulle opere che stavarealizzando e sulle loro quotazioni, sui testi fondamentali relativi al-l’arte di quegli anni, su saggi riguardanti il pittore stesso, sui viaggicompiuti all’estero che segnarono occasioni artistiche, emozioni epensieri nati dall’incontro con opere, idee, persone, spazi nuovi. Si vada cartoline e comunicazioni telegrafiche a lunghe lettere, talvolta ac-compagnate da fotografie, più raramente da schizzi dell’artista, in cuicon stile intenso e appassionato, spesso ricco di metafore, Vedovaspiega le ragioni e le emozioni del proprio operare, la propria visio-ne dell’arte di quegli anni, le consonanze con artisti del presente edel passato, ma anche le ragioni delle repulsioni e degli scontri; chie-de spiegazioni sulle scelte dell’amico-collezionista da lui non semprecondivise (non capisce e non apprezza in particolare la preferenza ac-cordata da Cavellini ai pittori dell’École de Paris) e polemizza con lasua dichiarazione “che la buona pittura passa solo via Parigi”5, gli con-siglia opere di altri artisti da acquistare, dà pareri sui criteri espositi-vi della collezione, sui testi che Cavellini stava scrivendo, incoraggial’attività di promozione dell’arte contemporanea che l’amico stavarealizzando. Attraverso di esse si ricostruisce quindi un rapporto dia-lettico intellettualmente ed emotivamente fervido, talvolta difficile eteso, in cui non mancavano incomprensioni e periodi di freddezza, macomunque caratterizzato da grande stima reciproca e affetto.Gli stretti legami con Cavellini, il periodo di febbrile entusiasmo del1946, anno della mostra Vedova-Santomaso e della Nuova Secessio-ne italiana, poi Fronte Nuovo delle Arti, l’esperienza del Gruppo de-gli Otto sostenuto da Lionello Venturi sono ricordati in esposizioneda una serie di fotografie conservate nell’Archivio Cavellini (già piùvolte pubblicate, ma comunque significative a ricostruire i forti lega-mi del pittore con la città) e da alcuni rapidi schizzi dell’artista cheaccompagnavano la corrispondenza e commentavano, talvolta in chia-ve ironica, il contenuto delle lettere; e le prime opere in mostra, Cittàdi mare (cat. 1), La casa del pescatore (cat. 2) e Paesaggio automatico(cat. 3) sono proprio del 1946 e testimoniano una fase importantedella pittura di Vedova, segnata dal progressivo allontanamento dal-l’arte figurativa e naturalistica, già caratterizzata da un segno moltopersonale e intenso che dimostra la rielaborazione del linguaggio del-l’espressionismo, del cubismo e del primo futurismo (non per nientelo studio di Vedova in quegli anni si chiamava Fauves). Paesaggio auto-

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matico esemplifica inoltre un’atmosfera molto particolare che si rea-lizza a Brescia in quel periodo, dato che si tratta di un olio “a più ma-ni”, firmato, oltre che da Vedova, da Birolli, Santomaso, Ragni e Cu-niolo: nasce cioè da quell’esperienza breve ma intensa di collabora-zione e consonanza artistica che è il Fronte Nuovo delle Arti e di-mostra anche il forte legame con la nuova generazione dei pittoribresciani. Dal punto di vista tecnico queste opere testimoniano l’in-teresse del pittore per la sperimentazione di diversi mezzi e mate-riali oltre alla pittura ad olio, come l’uso della tempera e del pastel-lo, in quegli anni utilizzati frequentemente soprattutto in opere dipiccolo formato6; i soggetti sono legati a Venezia e ricordano le ope-re contemporanee di altri pittori veneti amici di Vedova, come San-tomaso e Pizzinato. A proposito di Venezia, gran parte della critica hasottolineato i legami di Vedova con la propria città e la sua architet-tura particolare, con i suoi spazi dilatati, ma anche con la sua grandee originalissima tradizione pittorica, in particolare quella di Tintoret-to: ed è singolare come le parole usate da un altro veneziano del pas-sato, Marco Boschini, per descrivere la tecnica pittorica di Tintorettonella sua Carta del navegar pitoresco del 1660 (“spegazzoni, machia,colpizar”) sembrino bene attagliarsi al gesto e all’energia pittorici diVedova fin dai suoi esordi7.

Vedova mentre dipinge,Venezia, 1950(Archivio Cavellini)

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Significativa è la presenza a Brescia di un’opera fondamentale nell’evo-luzione della produzione di Vedova, quell’Uragano (cat. 4) esposto nel1948 insieme ad altre quattro opere dell’artista nella sala dedicata alFronte Nuovo delle Arti alla XXIV Biennale di Venezia, la prima del do-poguerra: fondamentale perché ben rappresenta il passaggio ormai de-finitivo all’arte astratta, all’uso di un segno sempre più energico, di linee-forza in tensione, dinamiche, che attraversano e sbarrano; perché testi-monia l’assimilazione e l’elaborazione in chiave rinnovata dell’energia di-namica del primo futurismo e del cubismo picassiano8, oltre che l’atti-tudine dell’artista a sintetizzare in titoli metaforici la condizione storicaed esistenziale percepita come tensione e conflitto (si pensi anche a ti-toli successivi come La lotta, Scontro di situazioni, Lacerazioni, Emergenzaper fare qualche esempio); e fondamentale anche perché proprio comeun uragano scatena nella cultura italiana un acceso confronto fra soste-nitori dell’astrazione e della sperimentazione da un lato e propugnato-ri del realismo sociale dall’altro, all’interno di un dibattito più generalesul rapporto tra arte e politica. È noto infatti il giudizio espresso dal pe-riodico culturale comunista Rinascita su questa ed altre opere che, achiusura della Biennale, vennero esposte alla “Mostra Internazionaled’Arte Contemporanea” di Bologna: “cose mostruose”, “orrori e [...]scemenze”, “scarabocchi”9; ed è noto inoltre che nel dibattito che sitenne nella giornata conclusiva della mostra bolognese si profilò unacontrapposizione netta fra Guttuso da un lato, propugnatore di una pit-tura più vicina alla linea ufficiale del Partito Comunista e quindi realista,figurativa, più comunicativa e facilmente comprensibile10, e Vedova dal-l’altro, assertore di una pittura sì politicamente impegnata, legata allarealtà e alla storia, ma libera nella scelta dei mezzi espressivi11.La produzione degli anni Cinquanta era ben rappresentata dalle operedi proprietà Cavellini12; per rendersene conto e rimpiangere la loro di-spersione basta scorrere l’elenco dei quadri esposti nel 1957 alla Gal-leria Nazionale d’Arte Moderna Valle Giulia a Roma nella mostra “Pit-tori moderni della collezione Cavellini”13, fra i quali figuravano ben die-ci opere di Vedova realizzate fra il 1950 e il 1957, da Campo di concen-tramento del 195014, che fa parte delle cosiddette geometrie nere, alleopere del ciclo Immagine del tempo, che rappresentano un passaggiosuccessivo. Il pittore, nei Fogli di diarii del 196015, così descrive le espe-rienze artistiche ed umane di quegli anni: «Alla fine del 1950 passo unacrisi, mi ribello contro tutta la geometria, il rigore dominante dei mieiquadri e cerco di far vibrare il mio lavoro in una maggiore spontaneità;ora non mi preoccuperò più di tagliare profili netti, angolature esattedi luce ed ombra, ma scaturirà dal mio intimo direttamente luce e om-bra, preoccupato unicamente di trasmettere l’immagine senza nessunrevisionismo aprioristico legge, cosa che per lunghi anni avevo sentito.In questa rottura feci diversi lavori, tra cui Immagine del tempo di Ca-vellini [...]. Nel maggio 1951 mi sposo. [...] Fu proprio in quel periodoche feci lavori in cui provai a sondare molteplici problemi, ponendomiserie domande…. E ancora una volta un attento esame per meglio es-sere cosciente su tutti i dati che avevano portato all’attuale dialetticafigurativa e relativi risultati formali. [...] Capii allora direttamente nuo-

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ve possibilità di materie, di incontri coloristici, nuove possibilità diespressione grafica [...]. Questa complessa esperienza di allora trovasitestimoniata in alcuni piccoli quadri, due dei quali mi furono acquistatinello stesso ottobre - quando passai a Brescia, scendendo a Venezia -dal Cavellini, e che lui subito espose nella sua galleria. Pianto delle ma-dri (Corea) e Fucilazione (Corea)16 [...]. Feci allora i quadri del 1952 perla Biennale, che pur essendo più posseduti formalmente dei preceden-ti, a mio avviso sono meno vivi d’intuizioni e ancora stranamente (mal-grado le rotture di luce, qualche colore, gli scontri di situazioni) legatia vecchi miei irrigidimenti geometrici. Credo che l’opera mia più com-pleta di quel ciclo, sia Invasione della collezione Cavellini [...]. Nel mag-gio 1953 mi scoppia il “Ciclo della protesta” in un crescendo di ten-sione, e di forza inesauribile […]»17. A partire da questo momento l’opera di Vedova viene spesso acco-stata alla grande pittura informale europea ed extraeuropea, ma ladefinizione gli sta stretta: «Quando si vedono le mie tensioni di se-gni, ove tutto scoppia, subito sono etichettato: informel! Questo è su-perficiale. I miei lavori sono pieni di strutture - queste strutture so-no strutture della mia coscienza»18.Sono anni importantissimi, a livello sia privato che professionale: nel1951 il citato matrimonio con Annabianca, il successo internazionalecon la prima personale all’estero alla Galleria Viviano a New York, ilPremio dei giovani alla I Biennale di S. Paulo del Brasile, l’adesione nel

Vedova e Santomasoall’inaugurazionedella loro mostrain casa Cavellini, 1946(Archivio Cavellini)

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1952 al Gruppo degli Otto promosso da Lionello Venturi, da cui escenel 1953, nel 1954 il viaggio in Brasile che lo segnerà profondamen-te per l’impatto con spazi naturali e realtà umane così estremi, espo-sizioni in diverse città della Germania nel 1955, 1956, 1957, una per-sonale antologica a Varsavia nel 1958; a quest’anno risalgono ancheun lungo viaggio in Spagna, dove tornerà quasi ogni anno, e l’iniziodella sperimentazione litografica che avvia un’intensa attività grafica,realizzata a partire dal 1962 con torchi a mano nel suo laboratorio,parallela alla pittura lungo tutto l’arco della produzione. Di questo periodo in cui le strutture geometriche entrano in crisi (aquesto proposito Vedova disse: «sento rompersi il ghiaccio in me»19)sono presenti in mostra una piccola tempera del 1953 (cat. 5) e unalitografia del 1959, Immagine del tempo op. 5 (cat. I).A seguito dei viaggi in Spagna, negli anni Sessanta dedica numeroseopere a questa nazione oppressa dalla dittatura franchista: si vedanoSpagna oggi n. 11 (cat. 7), un olio su tela del 196120, e Sulla Spagna n.1 (cat. 9), tempera e tecnica mista su cartoncino del 1962, accomu-nate da un segno libero, energico, non imbrigliato all’interno di nes-suna preoccupazione di tipo formalistico, di essere “intonato”21, in cuila trama del bianco e del nero si accende di colori primari, come fre-quentemente accade nelle opere di questo decennio22; ma alla Spagnasono ispirate anche le 10 litografie della cartella Spagna oggi del 1961,con testi di G.C. Argan e poesie di diversi autori spagnoli, edita da Ei-

Mostra di Vedovae Santomaso

in casa Cavellini, 1946.Da sinistra: Ragni, Valsecchi,

Vedova, Cavellini,Marchiori, Santomaso

(Archivio Cavellini)

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naudi nel 196223 (cat. II-XI) e una serie di 5 litografie dal titolo Im-manente, edite nel 1977 (cat. XXIV-XXVIII).Da notare è la presenza di alcuni aspetti che rimarranno costanti nel-l’arco dell’intera produzione dell’artista, come la sperimentazione ditecniche e di materiali diversi, l’abitudine di dedicare quadri, ma an-che opere di grafica, a diversi paesi del mondo e alle loro situazionipolitiche, storiche, sociali e infine la tendenza ad unire immagine e pa-rola, segno e poesia, come è ben visibile anche in altre opere quiesposte, dalle incisioni dedicate al Vietnam a quelle dedicate all’Ame-rica; non va dimenticato, a tal proposito, che questa sperimentazionedi espressioni “sinestesiche”, alla ricerca di una sorta di “opera tota-le”, ha ispirato anche la collaborazione con il musicista Luigi Nono,con il filosofo Cacciari24, nonché la fondamentale esperienza di “Spa-zio-plurimo-luce”, percorso realizzato per il padiglione italiano al-l’Expo mondiale del 1967 a Montréal25.Le sperimentazioni sulle diverse potenzialità della materia e sul rap-porto opera-spazio-spettatore presenti nelle esperienze citate sonoanche centrali nella produzione di collages26, di rilievi in cartone e inlegno, di assemblages, ma soprattutto nel ciclo dei Plurimi (1961-64),che segnano il superamento dell’opera concepita come supporto bi-dimensionale e aprono a possibili osmosi fra scultura, pittura, archi-tettura, installazione ambientale; alcuni di questi Plurimi sono realiz-zati a Berlino, dove il pittore risiede dal 1963 al 1965. Ma la ricercasulle molteplici possibilità espressive delle tecniche e dei materialispinge l’autore a sperimentare anche le svariate forme della grafica,

Vedova, Cavellini e unadelle Peter’s Sistersdavanti al quadro di VedovaInvasione, 1952(Archivio Cavellini)

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dalla litografia alla serigrafia, all’acquaforte, all’acquatinta, alla punta-secca, alla cera molle, alla maniera allo zucchero, spesso combinandotecniche diverse in un’unica lastra27. L’attività grafica procede paralle-la ai cicli artistici “maggiori” lungo l’intero arco della produzione delpittore, senza essere subalterna ad essi28, tesa ad indagare il segno ele sue strutture, il dualismo bianco-nero, luce-ombra, pieno-vuoto,caos-cosmos e insieme a interrogarsi sull’uomo e sulle urgenze del-la storia; basta scorrere i titoli delle opere grafiche esposte in que-st’occasione, che vanno dal 1959, cioè quasi dall’inizio dell’attività, al2000, per ritrovare da un lato i temi ricorrenti nelle sue opere più fa-mose e dall’altro le “emergenze” (altra tipica parola “vedoviana”) piùimportanti della seconda metà del Novecento: Immagine del tempo,Spagna oggi, Vietnam, Cuba sì, De America, Sbarramento, Immanente, Ol-tre…. Va aggiunto, inoltre, che fra i disegni dell’artista degli anni 1935-37, insieme ai citatissimi studi da Tintoretto, figurano studi da Rem-brandt, da Goya, da Daumier e che spesso la critica ha accostato Ve-dova a questi famosi artisti-incisori, ai quali viene aggiunto il Piranesi“visionario” delle Carceri d’invenzione. Negli ultimi decenni del Novecento, mentre si moltiplicano le espo-sizioni internazionali e l’artista è chiamato a tenere lezioni negli Sta-ti Uniti e in Messico, la ricerca continua e si esprime in grandi cicli,fra i quali ricordiamo Plurimi/binari, Lacerazioni (anni 1976-78), Fram-menti (1978-80), Cosiddetti carnevali (1978-83), Compresenze, Recor-ding ’81, Emerging29, Da dove, Dischi-Non dove, Dischi-Non a caso (1985-88), Tondi, Oltre...30, Angeli 1986, ...in continuum, Compenetrazioni-traslati(1987-88), Partiture ’91/’92. Caratteristiche comuni a queste opere,pur nelle loro notevoli differenze, sono le grandi dimensioni; il fattodi essere svincolate da un orientamento unico e fisso nello spazio edi essere nello stesso tempo pittura, scultura, architettura; l’energiadinamica del segno e della loro stessa forma in rapporto allo spazio-ambiente in cui sono inserite.Se non è stato possibile avere nulla di tutto questo in mostra, è possi-bile però averne un riflesso nelle opere reperite di questi decenni, chedimostrano ancora una volta una variazione continua di colore, di for-mato, di tecnica, di supporti, rimanendo però costanti la forza espres-siva e dinamica del gesto e la volontà di vivere l’arte come profondaresponsabilità e come scelta morale; gli stessi “imperativi categorici”che hanno portato l’artista a credere nell’insegnamento31, nella possi-bilità di comunicare attraverso il proprio “fare”32, e che lo portano an-cora oggi ad esprimersi con forza contro la guerra33 o a lavorare conenergia al progetto di un museo permanente della sua opera in alcunispazi di quei Magazzini del Sale alle Zattere che lui stesso aveva con-tribuito a salvare nel 1974 dal “piccone demolitore”34.Pur consapevole, quindi, che questo omaggio all’opera di Vedova è li-mitato sia per l’assunto stesso da cui si è partiti, cioè la presenza diopere nelle collezioni bresciane (caratteristica peraltro di tutte leesposizioni dell’Associazione Artisti Bresciani della serie Classici delcontemporaneo), sia per le ragioni espresse in apertura di questo scrit-to, mi sembra comunque che, se l’esposizione non pretende certo di

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ricostruire l’intero percorso dell’artista, può rendere ragione, invece,della sua complessità e varietà. Come dice Wieland Schmied35: «L’artedi Emilio Vedova è un fenomeno assai complesso. Qualsiasi tentativodi “ridurla” a un solo elemento, a una sola corrente va per forza ret-tificato. Tutte le attribuzioni di Vedova a una o all’altra corrente, a unacerta dottrina (a quello o a quell’altro ismo) vanno viste insieme e condialettica, vanno contrapposte e collegate tra di esse; solo così si puòrendere giustizia, seppure solo in parte, alla sua arte»; complessità cheil critico spiega rintracciando nell’opera di Vedova l’influsso di quattrostili (o correnti): il Barocco, l’arte costruttivo-geometrica, il Futurismoe l’Informale. Ma a me sembra che non si sia evidenziato abbastanza illegame con l’opera di Klee, soprattutto quella degli ultimi anni, carat-terizzata da segni violenti, da “sbarramenti”, da ricerche sperimentalisu diversi materiali, da una visione più cupa e tormentata della vita edella storia anche per la minaccia del nazismo; penso anche alla seriedegli Angeli (non a caso il titolo di un ciclo di Vedova), ma soprattuttoalla concezione che dell’essere artista aveva Klee36, tronco le cui radi-ci devono rimanere profondamente ancorate alla realtà per produrreopere libere e visionarie, imitatore non della natura, ma del suo mi-sterioso processo vitale e creativo.

Vedova e Cavelliniall’inaugurazione dellaGalleria Cavellini, 1952(Archivio Cavellini)

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NOTE

1 Per ricostruire l’intera vicenda della dispersione della collezione Cavellini, di rico-nosciuto livello internazionale e visitata da importantissimi critici, fra i quali Argan,Lionello Venturi, Marchiori, Palma Bucarelli e Valsecchi, e della mancata opportunitàper la città di conservare e valorizzare una parte fondamentale dell’arte contem-poranea si vedano: CAVELLINI, 1989, pp. 27-28; il dossier con contributi di diversiautori Dietro la lunga parete bianca. In attesa della Galleria d’arte moderna, in «AB» n.4, autunno 1985, pp. 7-33; ROVETTA, 1986; LORENZI, 2000. Fra tutti gli interventiche testimoniano l’importanza della raccolta Cavellini riportiamo qui le parole diBruno Passamani, allora direttore dei Civici Musei: «Si perpetuerà una triste vicen-da di “occasioni mancate”? Siamo giunti a questo punto dolente, a parlare cioé deivuoti incolmabili lasciati dalla perdita della collezione Feroldi e dalla dispersionedella collezione Cavellini» (PASSAMANI, 1985, p. 16) e di Marco Valsecchi nel cata-logo Pittori della Collezione Cavellini nella Galleria d’arte moderna, Brescia, 1964, ri-portato in PANZERA, 1999, pp.13-15 («Brescia ha un lungo e grosso conto apertocon l’arte moderna, e deve questo privilegio a due persone, due collezionisti d’ani-mo aperto e pronto: Pietro Feroldi e Achille Cavellini»). Si veda anche la bibliogra-fia relativa alla collezione riportata in CARANDENTE, 1957.2 A quella data il pittore ha già alle spalle esperienze significative, fra le quali ricor-diamo la partecipazione nel 1942 al Premio Bergamo, che rappresentava «un ap-puntamento tacito tra le forze più progredite che si trovavano allora in Italia», co-me ha recentemente ricordato l’artista in un’intervista (VAGHEGGI, 2003), l’espo-sizione di suoi disegni nel 1943 alla Galleria La Spiga e Corrente di Milano e la par-tecipazione alla Resistenza. Si veda come Cavellini ricostruisce l’incontro con l’artista nel suo Arte astratta,1958, pp. 2-5. 3 Il clima culturale e artistico aveva già avuto una grande occasione di rinnovamen-to grazie alla presenza in città di Carlo Belli e alla raccolta Feroldi di importantis-sime opere della prima metà del Novecento (Morandi, Carrà, De Chirico, Modi-gliani, Rosai, Soffici, Tosi, Scipione e, per quanto riguarda gli artisti stranieri, Sisley,Cézanne, Picasso, Braque, Derain, Rousseau, Matisse, Utrillo); ma Feroldi, sulla cuicollezione Cavellini riconosce di essersi formato, rimase diffidente verso l’arteastratta e le esperienze del primo dopoguerra. La raccolta Feroldi, dopo trattativefallite con il Comune di Brescia, confluì nella raccolta Mattioli di Milano. Nelle let-tere di Vedova dell’Archivio Cavellini c’è un unico accenno a Feroldi in un post-scrip-tum di una lettera del 12 gennaio 1947 (Archivio Cavellini, Vedova, 47-01): «Saluti aipittori della Brescia. All’avvocato Feroldi, Ragni ha venduto le mie tempere?».4 «Ora cari Cavellini avete iniziato la nobile difesa e protezione della nostra Arte.Siete militanti! Ciò vi nobilita e vi distanzia da quello che può essere il clima con-venzionale e assurdo di questi ricchi sfondati senza nessuna esigenza spirituale!».Lettera di Vedova a Cavellini del dicembre 1946 (Archivio Cavellini, Vedova, 46-01).5 Lettera di Vedova a Cavellini del dicembre 1956 (Archivio Cavellini, Vedova, 56-03).La lettera prosegue: «Passa per via vita, per via destino, per via di chi è costante-mente impegnato, per via di chi della pittura non ne fa una questione formalisticaestetica evasionistica, etc, ma vita poetica o di dramma-poesia... di chi non ripeteforme e modi costituiti che sono cose tutt’al più dentro a quello o questo manie-rismo – Pittura dentro la NON RENDITA, dentro quel NON SAPERE domani qua-le altro quadro… come la vita impegnando ogni giorno, ogni ora, il nostro tutto,per scegliere».6 Si veda la descrizione delle tempere di questo periodo data da Cavellini nel suotesto Arte astratta, 1958, p. 5: «[…] una lunga serie di piccole tempere da lui ese-guite, con un gesto automatico, continuo, veloce, fantastico, con colori tenui e bendistribuiti. Quelle tempere denunciavano perfettamente il suo carattere vulcanico,mostravano le sue singolari capacità artistiche.». 7 M. BOSCHINI, La Carta del navegar pitoresco (1660), a cura di A. Pallucchini, Vene-zia-Roma, 1966. Si vedano anche le parole con cui Maurizio Calvesi definisce il per-

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sonale segno pittorico di Vedova: «I freghi che inchiodano lo spazio e lo crocifiggo-no, le curve che lo squassano: affondi e bracciate...» (CALVESI, 1961).8 Nel febbraio 1946 viene redatto in occasione della mostra milanese “Oltre Guer-nica” il Manifesto del realismo di pittori e scultori, firmato da Ajmone, Bergolli, Bonfan-te, Dova, Morlotti, Paganini, Peverelli, Tavernari, Testori e Vedova, in cui si afferma fral’altro: «1) Dipingere e scolpire è per noi atto di partecipazione alla totale realtà de-gli uomini, in un luogo e in un tempo determinato, realtà che è contemporaneità eche nel suo susseguirsi è storia [...]. 2) La realtà esiste obiettivamente; di essa fa par-te anche l’uomo. 3) In arte la realtà non è il reale, non è la visibilità, ma la coscienteemozione del reale divenuta organismo. [...] Realismo non vuol dire quindi naturali-smo o verismo o espressionismo, ma reale concretizzato dell’uno, quando determi-na, partecipa, coincide ed equivale con il reale degli altri, quando diventa, insomma,misura comune rispetto alla realtà stessa. 4) Questa misura comune non sottinten-de una comune sottomissione a canoni prestabiliti, cioè una nuova accademia, ma l’e-laborazione in comune di identiche premesse formali. 5) Queste premesse formali cisono state fornite, in pittura, dal processo che da Cézanne va al fauvismo (ritrova-mento dell’origine del colore) e al cubismo (ritrovamento dell’origine strutturale). Imezzi espressivi sono dunque: linea e piano, anziché modulato e modellato; ragionidel quadro e ritmo, anziché prospettiva e spazio prospettico; colore in sé, nelle sueleggi e nelle sue prerogative, anziché tono, ambiente, atmosfera […]». Per il ruolosvolto da Picasso e da Guernica sulla pittura italiana degli anni Quaranta si vedano an-che Vedova e Guernica, 1974, in CELANT, GIANELLI, 1984, p. 160; CRISPOLTI, Fram-menti di una ricerca sul Fronte Nuovo, in CRISPOLTI, CARAMEL, BARBERO, 1997.9 L’editoriale, quasi sicuramente opera dello stesso Togliatti, fu pubblicato nel nu-mero di novembre del 1948; seguì sul numero successivo della rivista una letteraaperta firmata da numerosi artisti in risposta a questo attacco («Rinascita», a. V, di-cembre 1948). 10 Già sul numero di «Rinascita» di luglio (a. V, luglio 1948), a commento della Bien-nale, Guttuso aveva scritto: «si pone a tutti noi il problema del contenuto come pri-mo problema».11 A proposito di questo dibattito nell’ambito della cultura e dell’arte italiane si ve-dano il saggio di CRISPOLTI già citato nella nota 8 e l’intervista rilasciata da Vedo-va in occasione del conferimento della laurea ad honorem in “Progettazione e pro-duzione delle arti visive” da parte della Facoltà di Design e arti dell’Università IUAVdi Venezia (VAGHEGGI, 2003). Le polemiche e le differenze di posizione portaronoallo scioglimento del “Fronte” il 3 marzo 1950. Su questo argomento il pittore in-tervenne ancora al convegno Arte astratta, arte figurativa tenutosi nel settembre1954 a San Giorgio, Venezia, pubblicato in «Quaderni di S. Giorgio» n. 2, Sansoni, Fi-renze, 1954: «[…] Nell’astratto, si è voluto sforzatamente vedere degli aspetti, pun-tando il dito sul non-sociale, sul non-umano, sull’evasione, sul gratuito, col Je t’accuse. Nel suo aspetto autentico, nella frattura da una limitata realtà oggettiva, per porreprimari i dati delle equivalenze interiori, l’artista liberato dalla relazione pittore-og-getto, immerso nella vita dell’immagine stessa, nel perenne farsi di nuove relazioni,nuovi sentimenti, partecipa alla palpitante ripresa degli elementi universali.Nella esigenza di consegnare le equivalenze di questo nuovo sentire, nasce la ri-cerca, l’inserimento di nuovi mezzi espressivi, nascono le nuove visioni.L’allarmismo che determina questa nuova condizione è ormai palese. Ma già mes-saggi espressivi, simultaneamente, si può dire, lanciati in più paesi, sono segni dellanuova coscienza che è nel farsi. L’artista è libero per la sua libera esplorazione, come lo è lo scienziato che non do-manda il permesso a nessuno per una scoperta. Non esistono soltanto scopertescientifiche, esistono scoperte poetiche.La coscienza della libertà implica il superamento delle culture ultime, implica l’ub-bidienza ai perentori dentro di noi, nella perseveranza accanita, nella rimessa in que-stione diuturna, nella responsabilità totale.Vivere nella coscienza significa vivere nella tensione, per toccare sprazzi, attimi diverità.

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Aprire forse ancora una porta, o solo una fessura, per infinite altre porte da apri-re.» La relazione, con qualche variante rispetto al testo pubblicato e qui riportato,venne spedita da Vedova a Cavellini dattiloscritta con il titolo Umori di un pittore al-legata a una lettera del 21 ottobre 1954 (Archivio Cavellini, Vedova, 54-02). 12 L’acquisto di opere di Vedova da parte di Cavellini di fatto si concluse nel 1958,come pure l’intenso scambio di lettere, anche perché negli anni successivi Cavelli-ni si dedicò soprattutto alla propria attività di artista e alla sua promozione. 13 CARANDENTE, 1957. L’importanza della collezione è ribadita dalla qualità e dal-la quantità delle opere esposte; fra le altre ricordiamo: 7 tele di Afro, 3 opere di Ba-zaine, 57 di Birolli, un sacco di Burri, un olio di Cagli, 2 di Capogrossi, 6 di Cassina-ri, 8 di Corpora, 2 di Dova, uno di Dubuffet, un’opera di Fontana, 4 di Guttuso, 4 diHartung, una di Matta, 5 di Moreni, 5 di Morlotti, una di Poliakoff, 8 di Santomaso,2 di Soldati, una di Vieira da Silva. 14 A proposito di quest’opera si veda quanto ne dice l’artista nella lettera a Cavel-lini del 14 febbraio 1957 (Archivio Cavellini, Vedova, 57-09): «non sarebbe male pub-blicare “Campo di concentramento”, per una mia coerenza di grafia nera, continuanel mio lavoro - e in quell’opera particolarmente allucinata, anche se stretta nel ri-gore di quegli anni. Del resto ti farò vedere il primo abbozzo di “Campo”, che è unagrafia liberissima, poi da me disciplinata nel grande olio.Questo disegno, come quello per “Europa 1950” e “La lotta” (il primo ora dellaGalleria Arte Moderna di Venezia, il secondo di Coll.ne Bonomi, S. Paulo del Brasi-le), forse ricorderai anche di averli visti, perché li tenevo tutti e tre incorniciati in-sieme sul camino a Venezia.» Campo di concentramento fu esposto insieme a La lot-ta e al Trittico della libertà alla XXV Biennale di Venezia nel 1950. Si veda inoltre an-che la lettera riportata alla nota 17.15 E. VEDOVA, «Blätter aus dem Tagebuch», Prestel Verlag, Monaco, 1960, citato inCELANT, GIANELLI, 1984, pp. 35-40. 16 Questi due titoli dimostrano come la scelta di un’arte astratta non significa ri-piegamento in se stessi e fuga dalla realtà, ma anzi adesione alla storia e prosecu-zione di quell’attitudine a reagire a ogni tipo di sopraffazione che era già emersa daicontatti con “Corrente” e dalla partecipazione alla Resistenza.17 A questa serie appartiene Dal ciclo della protesta ’53 n. 7, conosciuto anche colsottotitolo Sedia elettrica, acquistato da Cavellini nel 1953 e attorno al quale nac-que fra il pittore e l’amico collezionista una grave incomprensione reciproca; si ve-da a questo proposito la lettera di Vedova a Cavellini del 3 dicembre 1953, utile an-che per ricostruire il percorso artistico del pittore fino a quel momento (ArchivioCavellini, Vedova, 53-28): «Caro Achille,credo di essere stato chiaro quella sera da te. Riepiloghiamo. La tua collezione in-comincia con “Corrente” - vale a dire con quei pittori del dopoguerra, e durante ilfascismo, che hanno lavorato per un aggiornamento della cultura italiana nel mon-do. Questa dialettica ci ha trovato ben presto all’altezza della situazione, e fre-quentare così i testi datici, inserendovi nuovo vigore per quella vitalità che tuttiben presto hanno riconosciuto.Sappiamo: le esperienze che si sommano nei nostri quadri sono: e postimpressio-niste e cubiste e fauviste... sino al rigorismo euclideo, astratto per così dire... dun-que su questi termini di conoscenza, ripeto, il tutto fortificato e rivissuto da auten-tiche personalità poetiche. Resta dunque ben chiaro che la tua crisi, dal momentoche mi parlavi di crisi, non ha nessuna ragione di mettere in dubbio la validità dellatua collezione, la quale, come ben tu sai, ha sempre una gerarchia; ma bensì è ne-cessario spiegare le ragioni dialettiche che hanno promosso quelle espressioni, ve-derne l’attualità, e trovare da quei fatti (della pittura europea di quegli anni) la con-tinuità. Che può essere, anche: rivoluzione.Sta appunto al collezionista intelligente capire il senso della continuità, che non èsolo pittorica, ma anche di idee che, volta a volta, promuovono i quadri nuovi; ed èlogico, caro amico, che un quadro voglia prendere il posto dell’altro, e se tu pensi difarti una collezione “intonata”, vuol dire che tu non hai capito niente della dialetti-

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ca, perché gli anni passano e le idee bruciano altre idee. Ti sei domandato bene per-ché questo mio quadro, non ci sta? E altri ancora non ci staranno?! Ti sei spiegatola ragione di quel diverso dipingere - perché la tavolozza non è più postimpressioni-sta? Il perché di certi segni? Il perché scontrato di certi colori? E la brutalità per nien-te elegante di certe macchie grondanti? Quale espressione tu cerchi nell’opera? Conquale apriorismo tu guardi l’opera? Da quale base di cultura tu muovi il giudizio?Molta acqua è passata dall’impressionismo in poi, e ricordati che comperare Hartung,Bazaine etc. oggi non è fare la scoperta dell’America. Oggi si compera, ma non si rive-la niente a nessuno, a quel modo; non significa combattere la partita di un pensie-ro inedito, e naturalmente di conseguenza, neanche fare dei buoni affari, se per-metti. Insomma non si rischia niente; e non rischiando non si scopre e non si gua-dagna niente.Ora tu ti trovi in poltrona, come hai detto, a raccogliere gli allori, di una situazioneche un giorno fu rischiosa. La partita quanto pare ti è andata bene. Infatti eccoci al-la ribalta dei fatti mondiali (vedi per ultimo il bellissimo catalogo del Brasile). Là do-ve siamo nominati, riveriti, esaltati. Quella sera tu mi dicesti che a questo punto c’erano due strade: continuare a col-lezionare con qualche opera le tue scoperte e aprire - questo era il problema - deipunti di osmosi dentro la tua collezione stessa, per garantirne la vitalità dialettica. Hocaptato in te dei punti di ansia, un sentire che alcune cose nuove sono nell’aria... equesto caro Achille ti durerà tutta la vita (e te lo auguro), e questa sarà la vostra gio-vinezza: essere volta a volta a contatto coi punti dialettici, perciò volta a volta di con-seguenza con idee nuove, strane idee nuove - strani quadri nuovi. Quando degli uo-mini sono stati nuovi e hanno dimostrato in sé vitalità capace di capire e promuo-vere e rivoluzionare, non è detto che tu debba vederne la carta d’identità: questoanche per i collezionisti.Ti confesso però che non capisco come tu che ti dichiari in crisi per sentire di do-ver fare grandi salti... poi prendi paura di un pittore dalle cosidette carte in regola, eper automatismo dichiari che “non ci sta!” e tu allora, tutta la vita cercherai le coseche ci stanno, e tu, tutta la vita, infilerai le pantofole della Nonna che ci stanno. Vuoldire che lasceremo le bombe nella segatura delle cantine altrui (magari Festa!) e fraqualche anno, o mese (perché la vita corre e anche Pallucchini ha avallato i miei ultimiquadri) quando tu gli andrai incontro, ricordati che non avrai corso nessun rischio, e nonavrai avuto nessuna meravigliosa intuizione, e non potrai fare neppure dei buoni affari.(Le riproduzioni a colori di Picasso la cugina principessa - nota bene non proleta-ria! - se le tiene al posto dei quadri sacri!) E non da oggi».Si veda anche come il pittore ricorda i fatti e le discussioni di quel periodo nella let-tera (già citata nella nota 5) del 10 dicembre 1956 (Archivio Cavellini, Vedova, 56-03):«Comperasti allora la “Sedia elettrica”, ma mi dicesti che non sapevi dove metter-la, che non “ci stava” - che si scontrava con gli altri quadri della tua collezione - eancora mi chiedo, perché avrei dovuto e dovrei incontrarmi?A distanza di pochi anni vedi la mia pittura accettata e premiata, con le macchie, i“segnacci” e le “sbrodolature” - l’antipittura - se pittura è quella che viene dallaFrancia soltanto - come tu avesti a dichiarare per iscritto.…Incomincio ad aver ragione, situazioni spirituali diverse si sono mosse da tempo.Per un momento tu eri stato affascinato, avevi forse capito per primo quando veni-sti nello studio ancora nella primavera del 1953; (come ti ho scritto nella mia ulti-ma lettera scritta a mano) - e poi subito ti pentisti del tuo entusiasmo, evidente-mente. [...]Vedo ad ogni modo, oggi, una certa tua buona volontà che hai nel volere una rap-presentativa del mio lavoro, a far sì (ed è anche nel mio interesse) opere rappre-sentative dei singoli periodi. Del 1950 infatti, non avevi nulla, e sei stato fortunatoa prenderti ancora a tempo il “Campo di concentramento” - quadro geometrico,allucinato, fatto di segni geometrici = punte e coltelli come una gigantesca tagliola.Quadro che assieme alla “Lotta” ora di Coll.ne Bonomi, S. Paulo, Brasile (che di po-co lo precede) è tra le cose mie migliori di quel periodo. [...]Come ti dissi nella mia precedente, c’è una forte richiesta di mie opere, e ci sono

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collezionisti e Gallerie italiane e straniere che me le comperano - tu sai fra l’altroche io non sforno quadri - uno o due lavori per ogni periodo non dovrebbero man-carti, visto e considerata la mia dinamica evoluzione.Per me ogni quadro è un problema, è un’inchiesta, e tu sai quale severo giudice iosia del mio lavoro.Per questo - permettimelo - quando io ti propongo un quadro - non è perché ioabbia a denti stretti bisogno, ma perché va in una collezione stimata. Per questo,quando ti propongo, aspetto almeno che tu consideri, studi, discuta!Lo so che la mia pittura è tanto diversa da quella dei miei colleghi, ma è bene chesia così. Un pittore che apre = nuova immagine, perciò nuova tecnica etc. può scon-certare... è stato infatti così nei tuoi riguardi. [...]Caro Achille, ti ho detto questo mio umore, come vedi voglio ancora parlare con te;ti confesso che credevo quasi di averti perduto. Ed ora mi duole che tu abbia per-duto tante mie opere. Mi auguro che tu possa capire presto anche il mio ultimo la-voro ed esserne un propugnatore: ho fiducia. »Si veda in Arte astratta, 1958, pp. 53-54, e in Vita di un genio, 1989, p. 15 il punto divista di Cavellini a proposito di questa discussione.18 E. VEDOVA, Scontro di situazioni, in «Il Verri», n. 9, Milano, dicembre 1962. Si vedaanche lo sguardo complessivo sull’opera di Vedova degli anni Cinquanta e sui suoirapporti con l’arte internazionale del periodo in W. HAFTMANN, Su Emilio Vedova,in «Blätter aus dem Tagebuch», Prestel Verlag, Monaco, 1960, riportato in CELANT,GIANELLI, 1984, pp. 90-101, da cui si riprendono i seguenti stralci: «Oggi Vedova è immerso in quell’universale problematica dell’immediata espres-sione plastica che nell’attuale gergo artistico ha nome di “espressionismo astrat-to”, “action painting”, “tachismo” ecc. ecc., e che sollecitata dalle discussioni inFrancia intorno ai concetti “art autre”, “art informel”, “révolution de l’infigure”,“mécanisme de fascination”, lentamente si evolve a maggiore teorica sintesi echiarezza. [...] Il colore tende alla più forte tensione dinamica tra il bianco e il ne-ro, a rappresentare con drammaticità luce e tenebre, il bene ed il male. Qua e làun decisissimo rosso o giallo, fortemente suggestivi nel tumultuoso alternarsi dibianco e nero come grida nella notte o segni di ferita tracciati sulla tela dall’an-tagonismo delle forme. I contrasti del bianco e del nero nel loro urtarsi apronospiragli, evocano turbinosi spazi; una spazialità sbarrata apocalitticamente scon-volta. [...] Né Wols né Pollock hanno dato a Vedova qualcosa che egli già non pos-sedesse, ma nel loro spirito Vedova trova ancora conferma alla sua convinzioneche in arte, al di là del racconto e della leggenda, quel che importa è l’esistenzadell’uomo». 19 L’affermazione è riportata da A. VEDOVA, Cronologia, in CELANT, GIANELLI,1984, p. 283. Si veda anche come Vedova descrive questo liberarsi del segno e del-le forme all’inizio degli anni Cinquanta nella “Lettera a Nello Ponente, Venezia, 5marzo 1961” riportata nello stesso catalogo del 1984, pp. 96-119, da cui si trascri-ve il seguente stralcio: «È del 1951 il quadro anche della Guggenheim “Sbarramen-to” dove in un esempio non raggiunto in quell’anno vi è un rigurgito autonomo chesi fa più che mai segno e prepara quel linguaggio di protesta, di scontri (quel mon-do inquieto di “scontri” che dice il mio “essere”, il mio ritratto, la condizione).Sarà un’architettura di segni, sì; ma da quale matrice. Non segni oggettivizzatiHartung. Ma segni facenti parte di un organismo. Non segni-scrittura Mathieu masegni-scrittura direzionali. È dunque lo spazio che si articola, in forme segno, cheesprimono un sentimento di scontro e di lotta.» 20 A proposito di quest’opera nell’autentica sul retro della fotografia del quadro ilpittore ha scritto di suo pugno: «È mio e mi piace!» 21 Si veda quello che dice il pittore a proposito del suo “timore dell’intonato” in unalettera del 1953 (Archivio Cavellini, Vedova, 53-24): «avrai notato bene anche tu co-sa dice il critico dello “Zürcher Zeitung” riguardo al deplorato... “altalenante gustoin intonati porti”... Come vedi il mio timore dell’intonato è sentito un po’ dapper-tutto, e ancora mi rammarico di non aver potuto mandare alla Mostra di Zurigoquelle mie più mature tele che cominciano da Torino italo-francese, Padova, ed ora

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Brasile. Leggerai cosa Pallucchini scrive sul bel catalogo di S. Paulo. Avrei volutomandartelo, ma ne ho solo una copia per ora. Mi dispiace, ripeto, non aver potutoallora inviare quelle opere che sono già “vivaci incursioni, timone sempre fermo al-la mano”, vela ormai veramente libera ed aperta verso il “senza confini”, come il cri-tico del “Zeitung” auspica.E non sono intenzioni, ma fatti: risultati su cui potremo discutere sempre, fatti chemi daranno ragione.» Si veda anche la lettera del 3 dicembre 1953 riportata par-zialmente nella nota 17.22 Agli anni Sessanta risalgono altre opere esposte in mostra: un piccolo olio e tec-nica mista su carta del 1961, che pur nelle piccole dimensioni è significativo del pe-riodo per l’energia dei neri sul fondo chiaro e l’intensità luminosa del rosso e delgiallo, con dedica del pittore al verso «Per ricordare un “momento” comune-Vedo-va-Genova 1961» (cat. 6); una tecnica mista su carta del 1964, in cui il segno sembraorganizzarsi in forme meno spigolose e si accende la consueta vibrazione dei colo-ri primari forse, data la scritta “A Diaz” , un’altra opera dedicata alla Spagna (cat. 10);un olio su carta in cui il bianco, i grigi, il nero costruiscono lo spazio (cat. 8) 23 «Chi ha le orecchie e tutta l’anima intenta a quei suoni o a quelle risonanze, e lesente dentro di sé perché, a sua volta, è dentro la situazione, è un realista e noncerto un visionario o un fantastico, perché realista è appunto colui che è dentro lasituazione. Bisogna viverla, allora, quella situazione, e non già tracciandone le lineegenerali, o inquadrandola in uno schema, ma nella dinamica delle sue tensioni, del-le sue contraddizioni, dei suoi assurdi» (G.C. ARGAN, Spagna oggi, Torino, 1962; siveda cat. II-XI).24 Nel 1961, in occasione del XXIV Festival internazionale di musica contempora-nea della Biennale di Venezia, fu rappresentata al teatro La Fenice Intolleranza 1960,azione scenica in due parti su un’idea di Angelo Maria Ripellino, musica di Luigi No-no, proiezioni in movimento di Emilio Vedova, direttore Bruno Maderna; nel 1983fu eseguito a Colonia Guai ai gelidi mostri, accompagnato da testi di Massimo Cac-ciari illustrati da quattro opere del ciclo Carnevali di Vedova; nel 1984 nell’ex-chie-sa di San Lorenzo a Venezia, fu rappresentato Prometeo, con musiche di Luigi Nono,testi di Massimo Cacciari, interventi/luce di Emilio Vedova, struttura scenica in le-gno di Renzo Piano, direttore Claudio Abbado; al pittore fu inoltre dedicata la pri-ma composizione elettronica di Luigi Nono del 1961 Omaggio a Emilio Vedova.25 Sul percorso realizzato per l’Expo mondiale si vedano: E. VEDOVA, Note tecnichesu “spazio/plurimo luce”, ciclostile, Expo mondiale, Montréal, maggio 1967; G.C. AR-GAN, Spazio/plurimo/luce, in «L’architettura», n. 158, Roma, agosto 1967, citati in CE-LANT, GIANELLI, 1984, p.187. 26 Si veda per esempio l’opera del 1976 esposta in mostra (cat. 11).27 Nei suoi quaderni/studi anni 1960-70 Vedova dice fra l’altro a proposito della gra-fica: «L’incisione - come i miei “vetri” Expo/Montreal, e la litografia - tutte “possibi-lità”. Sono materie, ognuna di facoltà genetiche diverse - l’incontro fisico con unamateria avviene in ambito di complessa osmosi, un segno sulla pietra, sullo zinco,sulla lastra metallica, inchiostro o scavo = imprevedibili possibilità = capillari osmo-si.... L’acido sbrana il metallo, lo solca - la “magia” di ogni rapporto grafico diretto:incontro/scontro con la materia... perché decido incisione, o litografia, o vetro, nonper un qualunquismo di scelta - potrei dire, dell’incisione, per l’aspro della punta-secca... ma poi non è vero, i neri i grigi i nerifondi, così diversi da quelli della litho,che mi interessano per altro appuntamento. Determinismo di scelta?... indubbia-mente mi sono portato alla grafica, all’incisione, “anche” per questo senso di diffu-sione di messaggio, epperò nello sperimentare, sono affascinato di questa rivelazio-ne continua di mezzi, su piombo, alluminio, ferro, celluloide, zinco, scritture con l’a-cido, ripetitivo di acquetinte, riporto, cera, carborundum.» Stralci riportati in Daun’intervista, 1973 in CELANT, GIANELLI, 1984, p. 210, e nel catalogo a cura del-l’artista e dei suoi collaboratori, 1990, p. 31.28 Konrad Oberhuber afferma per esempio a proposito del ruolo autonomo dellagrafica nella produzione di Vedova: «Le litografie e più tardi le incisioni assumeran-no un ruolo molto importante. Disegno e grafica sono infatti il luogo deputato del

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bianco e nero da quando, nel Rinascimento, queste tecniche si diffusero in Europa.Agli inizi, però, l’arte del bianco-nero dovette lottare a lungo contro la cromaticità:il nero e bianco come colori, non come luce e ombra, sono valori che bisogna con-quistarsi. Credo di poter dire che i valori dei neri nei quadri più recenti di Vedovanon avrebbero potuto essere realizzati senza le superfici nere vellutate e senza laradicalità estrema dei contrasti di luce e tenebre delle sue incisioni. Neri e bianchicosì esclusivi e così fittamente intessuti nessuno li ha mai dipinti, a mio giudizio. Esolo la produzione grafica di Vedova mi sembra esserne il più stretto e diretto pre-cedente» (K. OBERHUBER, Il bianco-nero di Vedova, in Vedova ... continuum..., catalogodella mostra, Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano, 9 maggio-30 giugno, Mila-no, Mazzotta, 1991, p. 111; citato in ECCHER, 1996, pp. 33-34). 29 Emerging è titolo ricorrente nella produzione dell’artista: si veda in mostra Emer-ging ’95-10 (Pagina di diario) (cat. 18).30 Al ciclo Oltre rimandano alcune delle opere esposte: Studio per “Oltre” ’90-3, tec-nica mista su carta (cat. 15), Oltre, due lastre di metallo dipinte e incise del 1993(cat. 16 e 17) e Oltre ’86-I, acquaforte (cat. XXXI).31 Oltre che le lezioni tenute in diverse università, va ricordata l’attività di inse-gnante di pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia dal 1975 al 1986 e all’Acca-demia Internazionale Estiva di Salisburgo. 32 In una lettera ad Achille Cavellini del 22 febbraio 1957 (Archivio Cavellini, Vedo-va, 57-07) Vedova scriveva: «Protesta, non è disperazione: è ancora in qualche mo-do fiducia che qualcuno ascolti. Denuncia è solo sfiducia in una parte della realtà,sia pure a volte della maggior parte... ma è sempre un credere che questa denun-cia sia utile, sia azione, a modificare, a sconvolgere, a provocare.…Ti faccio una dichiarazione: se io fossi scettico di tutto, pessimista di tutti... non po-trei lavorare. A chi parlare, con chi comunicare.…E se questa protesta, questi spazi inquieti a volte raggiungono il teso punto diespressione: bene, allora saranno bella pittura. Ma un bel quadro per un bel quadro,io, oggi, non lo capisco.»33 Si vedano VEDOVA, 2003; RUMIZ, 2003.34 Il patrimonio del museo sarà costituito dalle opere dell’artista, mentre il Comu-ne metterà a disposizione uno dei Magazzini del Sale; il recupero ad uso espositi-vo, finanziato al 50 per cento dal Comune di Venezia e per il restante 50 per cen-to dalla Fondazione Vedova, sarà effettuato su un progetto curato gratuitamente daRenzo Piano. Si veda E. T., 2003.A proposito del suo intervento per salvare nel 1974 i Magazzini del Sale, in cui perun breve periodo collocò il suo studio, si veda: E. VEDOVA, Fermiamo il piccone de-molitore, in «Il Gazzettino», Venezia, 29 marzo 1974. 35 W. SCHMIED, La dinamica della contraddizione. Considerazioni sull’arte di Emilio Ve-dova e sguardo critico al decennio 1975-1985, CHIAPPINI, 1993, p. 76.36 Nelle lettere di Vedova a Cavellini si trovano alcuni accenni a Klee: nel post scrip-tum che conclude la lettera del 5 aprile 1954 (Archivio Cavellini, Vedova, 54-1) silegge: «P. S. Questo viaggio con tutte le esperienze mi ha confermato molte cose,meravigliosa la mostra di Klee; quante cose!», mentre nel post scriptum della lette-ra del 24 febbraio 1955 (Archivio Cavellini, Vedova, 55-12) si legge: «P. S. Hai avutoil rosso “Klee” di Grohmann, e quello di Haftmann? Mia moglie me li legge, inte-ressantissimi.Argan mi ha mandato i due “Comunità” con i suoi saggi su Klee e su Courbet;leggili»; infine il 12 ottobre 1957 Vedova inviò a Cavellini una cartolina riprodu-cente il quadro di Klee Blaue Nacht del 1937 (Archivio Cavellini, Vedova, 57-31).A proposito del tema dell’Angelo in Vedova e in Klee si veda: M. CACCIARI,L’Angelo di Vedova, 1989, in GIANELLI, 1998, pp. 281-284.

N. B. Le note biografiche sono state tratte dalla “Cronologia” curata da Annabian-ca Vedova presente negli apparati critici dei cataloghi consultati e indicati nella bi-bliografia essenziale.

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Bibliografia essenziale

Considerata la vastità del materiale bibliografico relativo ad Emilio Ve-dova, vengono qui riportati esclusivamente i testi utilizzati per la com-pilazione del presente saggio.

1948r. (P. TOGLIATTI), “Prima mostra nazionale d’arte contemporanea.” Allean-za della cultura. Bologna, 17 ottobre-5 novembre 1948, in «Rinascita», no-vembre

1957G. CARANDENTE (a cura di), Pittori moderni dalla Collezione Cavellini,catalogo della mostra, Galleria Nazionale d’Arte Moderna Valle Giulia,Roma, maggio-luglio, Editalia, Roma

1958G.A. CAVELLINI, Arte astratta, Edizioni della Conchiglia, Milano

1960W. HAFTMANN, Enciclopedia della pittura moderna, Il Saggiatore, Milano,pp. 429, 436, 491-493

1961M. CALVESI, Vedova: dalla natura alla società, in «L’Europa letteraria», n.9-10, Roma

1984G. CELANT, I. GIANELLI (a cura di), Vedova 1935-1984, catalogo dellamostra, Ala Napoleonica, Museo Correr, Magazzino del Sale, Venezia, 12maggio-30 settembre, Electa, Milano

1985G.A. CAVELLINI, Una storia di solisti senza pubblico (e senza speranza),in «AB», n. 4, autunno, Grafo, Brescia, pp. 30-31M. MININI, Patrimonio pubblico e dinamismo privato alleanza obbligata perla gestione di un museo moderno, in «AB», n. 4, autunno, Grafo, Brescia,p. 23B. PASSAMANI, I conti con la storia e con i progetti, in «AB», n. 4, autun-no, Grafo, Brescia, pp. 12, 14, 16, 18

1986R. ROVETTA, Esprit internazionale, querelle provinciale, in «Bresciaoggi»,26 marzo

1988Emilio Vedova: opere dal 1959 al 1962, catalogo della mostra, Galleria L’i-sola, Roma, aprile-maggio, Roma

1989G.A. CAVELLINI, Vita di un genio, Centro studi cavelliniani, Brescia

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1990C. SPADONI, in Vedova, catalogo a cura dell’artista e dei suoi collabo-ratori, Museo Nazionale San Vitale, Ravenna, 6 luglio-30 settembre, Edi-zioni Essegi, Ravenna

1993R. CHIAPPINI (a cura di), Emilio Vedova, catalogo della mostra, Museod’Arte Moderna, Lugano, 12 settembre-7 novembre, Electa, Milano

1995F. LORENZI, Vedova, moralista furioso. Alla San Michele un’importante se-lezione di opere storiche del notissimo artista, in «Giornale di Brescia», 3novembre

1996D. ECCHER (a cura di), Emilio Vedova, catalogo della mostra, Galleria ci-vica d’arte contemporanea, Hopefulmonster, Torino

1997E. CRISPOLTI, L. CARAMEL, L.M. BARBERO (a cura di), Il Fronte Nuovodelle Arti. Nascita di un’avanguardia, catalogo della mostra, Basilica Palla-diana, Vicenza, 13 settembre-16 novembre, Neri Pozza, Vicenza

1998I. GIANELLI (a cura di), Vedova, catalogo della mostra, Castello di Ri-voli, 17 ottobre 1998-17 gennaio 1999, Charta, Milano

1999M. PANZERA (a cura di), Lucio Fontana nelle collezioni bresciane, catalo-go della mostra, Associazione Artisti Bresciani, Brescia, 18 settembre-13 ottobre, edizioni aab, Brescia

2000F. LORENZI (a cura di), Gino Benedetti: arte, poesia e società, in Il mondodi Gino Benedetti fra arte e poesia, catalogo della mostra, AssociazioneArtisti Bresciani, Brescia, 22 gennaio-9 febbraio, edizioni aab, Brescia

2001G. CAPRETTI (a cura di), Renato Birolli nelle collezioni bresciane, catalo-go della mostra, Associazione Artisti Bresciani, Brescia, 22 settembre-17 ottobre, edizioni aab, Brescia

2003e.t., Benemerito della cultura sempre più celebrato, in «Il mattino di Pado-va», 10 gennaioP. RUMIZ, Quel no alla guerra gridato con passione, in «la Repubblica», 26gennaioP. VAGHEGGI, Io, un artista sempre “contro”, in «la Repubblica», 10 marzoE. VEDOVA, “Graffiare” contro la guerra, in «I quaderni di MicroMega»,febbraio, pp. 9-14

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le opereolî, tempere, pastelli, tecniche miste

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1. Città di maretempera e pastello su carta, cm 26 x 33, 1946

collezione P. A., Brescia

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2. La casa del pescatore (Burano)olio su carta intelata, cm 50 x 60, 1946

collezione privata, Brescia

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3. Paesaggio automaticoolio su tela, cm 50 x 70, 1946

firmato: Birolli, Ragni, Santomaso, Vedova, Cuniolocollezione Gianguido Scarampella, Brescia

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30

4. Uraganoolio su tela, cm 90 x 130, 1948

collezione privata, Brescia

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5. Senza titolotempera su carta, cm 34 x 15, 1953

collezione privata, Brescia

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32

6. Senza titoloolio e tecnica mista su cartoncino, cm 25 x 19, 1961

collezione privata, Brescia

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7. Spagna oggi ’61 n. 11olio su tela, cm 35 x 50, 1961

collezione privata, Brescia

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8. Senza titoloolio su cartone telato, cm 34 x 46, 1961collezione Marco Lagorio, Rovato (Bs)

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9. Sulla Spagna n. 1tecnica mista e tempera su carta, cm 35 x 50, 1962

collezione privata

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10. Senza titolo tecnica mista su carta, cm 33,5 x 47, 1964

collezione Arte e Spiritualità, Brescia

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11. Senza titolotecnica mista su cartone telato, cm 35 x 48, 1976

collezione Marco Lagorio, Rovato (Bs)

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12. Senza titoloolio su cartone telato, cm 30 x 30, 1983

collezione privata

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39

13. Senza titoloolio su cartone, cm 20 x 20, 1985

collezione privata

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40

14. Transiti ’86 n. 13pittura su carta intelata, cm 24,5 x 61, 1986

collezione privata, Brescia

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15. Studio per “Oltre” ’90-3tecnica mista su carta, cm 35 x 49,7, 1990

collezione privata, Brescia

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42

16. Oltrelastra di metallo dipinta e incisa, cm 35,5 x 25,5, 1993

collezione privata, Brescia

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43

17. Oltrelastra di metallo dipinta e incisa, cm 35,5 x 25,5, 1993

collezione privata, Brescia

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18. Emerging ’95-10 (Pagina di diario)olio su tela, cm 30 x 21, 1995

collezione Marco Lagorio, Rovato (Bs)

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le operegrafica

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I. Immagine del tempo, op. 5litografia, prova d’artista, cm 39 x 53, 1959

collezione privata, Brescia

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II-XI. Spagna oggicartella con dieci litografie, esemplare 11/100,

cm 42,7 x 59,3, 1961carta Fabriano bianca; copertina in serigrafia dell’artista; testi di G.C. Argan e J.M. Castellet;

liriche di poeti spagnoli contemporanei.Edizioni Giulio Einaudi, Torino, 1962

collezione Aurora e Giorgio Bertelli, Brescia

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II-XI. Spagna oggicartella con dieci litografie, esemplare 11/100,

cm 42,7 x 59,3, 1961carta Fabriano bianca; copertina in serigrafia dell’artista; testi di G.C. Argan e J.M. Castellet;

liriche di poeti spagnoli contemporanei.Edizioni Giulio Einaudi, Torino, 1962

collezione Aurora e Giorgio Bertelli, Brescia

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II-XI. Spagna oggicartella con dieci litografie, esemplare 11/100,

cm 42,7 x 59,3, 1961carta Fabriano bianca; copertina in serigrafia dell’artista; testi di G.C. Argan e J.M. Castellet;

liriche di poeti spagnoli contemporanei.Edizioni Giulio Einaudi, Torino, 1962

collezione Aurora e Giorgio Bertelli, Brescia

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XII. Cuba sìacquaforte, esemplare 2/15, cm 58 x 44,5, 1969

collezione privata, Brescia

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XIII. Vietnam ’70, op. 5acquaforte, esemplare 15/15, lastra cm 9,2 x 12, foglio cm 21,5 x 29, 1970

collezione Arte e Spiritualità, Brescia

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XIV. Sbarramento ’70, op. 22acquaforte e acquatinta, esemplare 12/15,

edizione dell’artista, lastra cm 7 x 14,1, foglio cm 30 x 21, 1970-71collezione privata, Brescia

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XV. Studio per “De America”acquaforte, prova d’artista, cm 31,5 x 22, 1970

collezione Arte e Spiritualità, Brescia

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XVI-XXI. De Americacartella in plexiglas con 6 incisioni, acquaforte, acquatinta, puntasecca, ceramolle, zucchero,

esemplare 6/65, lastra cm 32 x 22, foglio cm 50,5 x 35,5, 1971carta Goya Brugherio; copertina in serigrafia; testi di J.C. Andrade, P.A. Fernandez, F. Garcia Lorca,

G. Garcia Marquez, A. Ginsberg, O. Girono, C.A. Lèon, V. Majakovskij, O. Paz, W. Whitman.Edizioni d’arte Fenati e Zanotti, Ravenna, 1971collezione Aurora e Giorgio Bertelli, Brescia

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XVI-XXI. De Americacartella in plexiglas con 6 incisioni, acquaforte, acquatinta, puntasecca, ceramolle, zucchero,

esemplare 6/65, lastra cm 32 x 22, foglio cm 50,5 x 35,5, 1971carta Goya Brugherio; copertina in serigrafia; testi di J.C. Andrade, P.A. Fernandez, F. Garcia Lorca,

G. Garcia Marquez, A. Ginsberg, O. Girono, C.A. Lèon, V. Majakovskij, O. Paz, W. Whitman.Edizioni d’arte Fenati e Zanotti, Ravenna, 1971collezione Aurora e Giorgio Bertelli, Brescia

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XVI-XXI. De Americacartella in plexiglas con 6 incisioni, acquaforte, acquatinta, puntasecca, ceramolle, zucchero,

esemplare 6/65, lastra cm 32 x 22, foglio cm 50,5 x 35,5, 1971carta Goya Brugherio; copertina in serigrafia; testi di J.C. Andrade, P.A. Fernandez, F. Garcia Lorca,

G. Garcia Marquez, A. Ginsberg, O. Girono, C.A. Lèon, V. Majakovskij, O. Paz, W. Whitman.Edizioni d’arte Fenati e Zanotti, Ravenna, 1971collezione Aurora e Giorgio Bertelli, Brescia

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XXII. Senza titoloacquaforte, acquatinta, puntasecca, esemplare 98/100, lastra cm 32 x 22, foglio cm 50,5 x 35,5, 1971

edita in occasione del 50° anniversario della fondazione del P.C.I., Torino, 1971collezione Aurora e Giorgio Bertelli, Brescia

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XXIII. Scontro di situazioni (Tensione)acquaforte, acquatinta, ceramolle, esemplare 24/50, lastra cm 32 x 22,6, foglio cm 70 x 50, 1972

carta Goya Brugherio. Edizioni Galleria Linea 70, Verona, 1974collezione Gianfranco Schreiber, Brescia

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XXIV-XXVIII. Immanente - 15 litografie, esemplare 83/99, cm 71 x 50,5, 1976-77

Ediciones Poligrafa, Barcellona, 1977collezione P. A., Brescia

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XXIV-XXVIII. Immanente - 25 litografie, esemplare 83/99, cm 71 x 50,5, 1976-77

Ediciones Poligrafa, Barcellona, 1977collezione P. A., Brescia

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XXIV-XXVIII. Immanente - 35 litografie, esemplare 83/99, cm 71 x 50,5, 1976-77

Ediciones Poligrafa, Barcellona, 1977collezione P. A., Brescia

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XXIV-XXVIII. Immanente - 45 litografie, esemplare 83/99, cm 71 x 50,5, 1976-77

Ediciones Poligrafa, Barcellona, 1977collezione P. A., Brescia

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XXIV-XXVIII. Immanente - 55 litografie, esemplare 83/99, cm 71 x 50,5, 1976-77

Ediciones Poligrafa, Barcellona, 1977collezione P. A., Brescia

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XXIX. Senza titoloserigrafia, esemplare 17/99, cm 24,5 x 16,5

dal volume 3+3 (Pomodoro, Vedova, Veronesi), Galleria Rizzardi, 1981collezione Aurora e Giorgio Bertelli, Brescia

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65

XXX. Senza titoloserigrafia a colori, esemplare V/XXV, cm 88 x 64, 1983 tirato 1984

collezione privata, Brescia

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XXXI. Oltre ’86-Iacquaforte, prova d’artista, lastra cm 51 x 30, foglio cm 69 x 49, 1986

collezione privata, Brescia

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XXXII-XXXVI. Aus dem Augenrundcartella di 5 incisioni, esemplare XIV/XX, lastra cm 50 x 35, foglio cm 70 x 50, 2000

5 poesie di Joachim Sartorius, postfazione di Massimo Cacciari.Edizioni Albicocco, Udine, 2000-2001

collezione privata, Brescia

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XXXII-XXXVI. Aus dem Augenrundcartella di 5 incisioni, esemplare XIV/XX, lastra cm 50 x 35, foglio cm 70 x 50, 2000

5 poesie di Joachim Sartorius, postfazione di Massimo Cacciari.Edizioni Albicocco, Udine, 2000-2001

collezione privata, Brescia

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XXXII-XXXVI. Aus dem Augenrundcartella di 5 incisioni, esemplare XIV/XX, lastra cm 50 x 35, foglio cm 70 x 50, 2000

5 poesie di Joachim Sartorius, postfazione di Massimo Cacciari.Edizioni Albicocco, Udine, 2000-2001

collezione privata, Brescia

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Sommario

pag. 3 Emilio Vedova, testimonianza sulla violenzaElena Pontiggia

pag. 7 Ogni opera un problema, un’inchiesta.Stare dentro la vita, essere nella realtàAlessandra Corna Pellegrini

pag. 23 Bibliografia essenziale

pag. 25 Le opere. Olî, tempere, pastelli, tecniche miste

pag. 45 Le opere. Grafica

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Classici del contemporaneo - 5Emilio Vedova nelle collezioni bresciane20 settembre - 22 ottobre 2003Mostra organizzata dall’AAB

Cura della mostraAlessandra Corna Pellegrini ed Elena Pontiggia

Comitato organizzativoVasco Frati, Martino Gerevini, Giuseppina Ragusini con la collaborazionedi Simona Di Cio e Dario Moretta

Cura del catalogoVasco Frati e Giuseppina Ragusini

Progetto graficoMartino Gerevini

AllestimentoBeppe Bonetti

Referenze fotograficheRoberto Mora

AssicurazioneUnipol Assicurazioni, Brescia

TrasportiScabelli. I professionisti del trasloco, Brescia

Direzione dell’AABGiuseppina Ragusini

Segreteria dell’AABSimona Di Cio e Dario Moretta

L’AAB e le curatrici della mostra ringraziano per la loro preziosa e generosacollaborazione il maestro Emilio Vedova, la signora Annabianca Vedova e ilprofessor Fabrizio Gazzarri della Fondazione Vedova; l’Associazione Arte eSpiritualità, l’Archivio Cavellini, la Galleria Lo Spazio; Piero Cavellini e AlbertoValerio; Aurora e Giorgio Bertelli, Marco Lagorio, Gianguido Scarampella,Gianfranco Schreiber e tutti gli altri collezionisti prestatori.

Fotocomposizione e stampaArti Grafiche Apollonio - BresciaFinito di stampare nel mese di settembre 2003.Di questo catalogo sono state tirate 300 copie.

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