42 in questo numero - APIM Musicoterapia

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musica&terapia in questo numero Gruppi Balint-Musicoterapia La Sintonia inattesa e la felice intesa: intersoggettività, emozioni e terapia Oggetto intermediario, intersoggettività e relazioni famigliari in musicoterapia Musicoterapia e Disability Studies La competenza musicale nella professione musicoterapica. Alcuni spunti di riflessione. Flow in musicoterapia e correlazione con variabili sonoro-musicali. Analisi su un caso singolo. 42 Quaderni italiani di musicoterapia AIM - www.aim-musicoterapia.it APIM - www.musicaterapia.it Confiam - www.confiam.it anno 20 n. 42 luglio 2020

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musica&terapiain questo numero

• Gruppi Balint-Musicoterapia

• La Sintonia inattesae la felice intesa:intersoggettività, emozionie terapia

• Oggetto intermediario,intersoggettività e relazionifamigliari in musicoterapia

• Musicoterapia e Disability Studies

• La competenza musicalenella professione musicoterapica.Alcuni spunti di riflessione.

• Flow in musicoterapiae correlazione con variabilisonoro-musicali.Analisi su un caso singolo.

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Quaderni italiani di musicoterapiaAIM - www.aim-musicoterapia.itAPIM - www.musicaterapia.itConfiam - www.confiam.it

anno 20 • n. 42 luglio 2020

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direttore editorialeGerardo ManaroloUniversità di Genova, Italia

comitato di redazioneMariagrazia BaroniCentro Cure Palliative - Hospice Casa Madonna Uliveto,Reggio Emilia, Italia

Claudio BonanomiCentro Artiterapie Lecco, Italia

Enrico CeccatoAULSS 8 Berica, Vicenza, Italia

Ferruccio DemaestriCentro Paolo VI Onlus, Casalnoceto, Alessandria, Italia

Bruno FotiArtem associazione regionale di MusicoterapiaIl Flauto magico, Udine, Italia

Rita MeschiniIstituto di riabilitazione S. Stefano,Porto Potenza Picena, Italia

Stefano NavoneAssociazione InArteSalus, Schio, Italia

Alfredo RaglioIstituti Clinici Scientifici Maugeri IRCCS, Pavia, Italia

segreteria di redazioneFerruccio Demaestri

musica&terapianumero

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segreteria di redazioneFerruccio DemaestriCorso Don Orione 715052 Casalnoceto (AL)tel. 347 8423620

comitato scientificoRolando O. BenenzonUniversità San Salvador, Buenos Aires, Argentina

Michele BiasuttiUniversità di Padova, Italia

Leslie BuntUniversità di Bristol, Gran Bretagna

Roberto CaterinaUniversità di Bologna, Italia

Giovanni Del PuenteUniversità di Genova, Italia

Edith LecourtUniversità Parigi V - René Descartes, Francia

Luisa LopezFondazione Mariani, Milano, Italia

Giandomenico MontinariScuola di Psicoterapia Istituzionale, Genova, Italia

Gianni NutiUniversità della Valle D’Aosta, Italia

Pier Luigi PostacchiniCorso Quadriennale di Musicoterapiadella Pro Civitate Christiana di Assisi, Italia

“Musica et Terapia” è una rivista pubblicata dalle associazioni AIM, APIM e CONFIAM con la fre-quenza di due numeri all'anno.Tutto il contenuto è liberamente disponibile per gli utenti e le istituzioni nei siti web delle associa-zioni promotrici (da subito per i soci di AIM, APIM e CONFIAM e dopo sei mesi dalla pubblicazioneper tutti gli altri).Gli utenti sono autorizzati a scaricare, leggere e stampare i testi completi degli articoli di questarivista citandone la fonte.La rivista si rivolge prevalentemente ai musicoterapeuti e a tutti i professionisti interessati all’utiliz-zo della musica a scopo preventivo, riabilitativo e terapeutico.

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Grafica e impaginazioneMonica Bertacin - Torino

Editoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

Gruppi Balint-Musicoterapia.Sperimentazionedi un approccio all’intervisionea tutela della professionalitàDeborah Parker . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2

La Sintonia inattesa e la felice intesa:intersoggettività, emozioni e terapiaStefano Navone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

Oggetto intermediario, intersoggettivitàe relazioni famigliari in musicoterapia:il caso di un paziente psichiatricoCarlo Tregambe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

Musicoterapia e Disability Studiespercorsi per l’inclusioneMatteo Maienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

La competenza musicale nella professionemusicoterapica. Alcuni spunti di riflessioneFerruccio Demaestri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

Flow in musicoterapia e correlazionecon variabili sonoro-musicali.Analisi di un caso singoloMauro Brumat . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47

Recensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59

Articoli pubblicatisui numeri precedenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60

indice editoriale

Numero 42 - Luglio 2020

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numero

42 L’AIM (Associazione Italiana Professionisti della Mu-sicoterapia) - e la Confiam (Confederazione ItalianaAssociazioni e Scuole di Musicoterapia), uniscono leloro forze nel rinnovato progetto editoriale della rivi-sta  Musica et Terapia, la storica pubblicazione dellaMusicoterapia in Italia, fondata da Gerardo Manaroloe coordinata dall’APIM.

Oltre al rinnovamento del Comitato di Redazione e ad unrigenerato Comitato Scientifico, l’obiettivo della nuova li-nea editoriale è quello di consolidare la scientificitàe la visibilità della nostra disciplina aprendo il campoa contributi provenienti dal contesto italiano ed interna-zionale, mantenendo un saldo legame con le realtà pro-fessionali e formative del nostro territorio nell’intentocondiviso di ricreare unità nella Musicoterapia Italiana.

Crediamo nel valore della ricerca e della divulgazionescientifica e speriamo di contribuire, attraverso questainiziativa, a dare un impulso alla crescita della disciplinanel nostro Paese e a promuovere la partecipazione e losviluppo della comunità dei musicoterapeuti italiani.

AIM e Confiam partecipano orgogliosamente a questonuovo ciclo con la convinzione e la responsabilità dichi custodisce un bene professionale comune che,anche grazie alla rivista, troverà conferme, sviluppi enuovi orizzonti.

MARIA GRAZIA BARONI

STEFANO NAVONE

Il numero 42 di Musica et Terapia ospita in apertural’articolo di Deborah Parker che descrive l’applicazionedel modello proprio dei gruppi Balint al contesto musi-coterapico. Tale integrazione introduce la dimensionenon verbale ampliando le potenzialità espressive edelaborative di tali gruppi di formazione. Debora Par-ker ha il merito di aver promosso e applicato tale meto-dologia nella realtà musicoterapica del nostro Paese.

Stefano Navone, a seguire, presenta una riflessionededicata al tema dell’intersoggettività, elaborandoun’interessante modello teorico che integra inter-play, intercorporeità e intersoggettività.

Il contributo di Carlo Tregambe si sposta su di un pia-no esperienziale, nel suo scritto espone un caso clini-co soffermandosi sul ruolo simbolico acquisito daglistrumenti nel processo di cura.

Nel successivo articolo, Matteo Maienza contestua-lizza l’approccio musicoterapico nell’ambito deiDisability Studies, precisando le procedure applicati-ve più corrette.

Ferruccio Demaestri, in successione, articola una pre-ziosa riflessione dedicata alla formazione, dove le quali-tà della competenze musicali, proprie dei musicotera-peuti, sono descritte e precisate.

In conclusione lo scritto di Mauro Brumat, dedicato al-l’analisi di un caso clinico, delinea le potenziali inter-connessioni tra Flow e procedure valutative in musi-coterapia.

GERARDO MANAROLO

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The first part of the article tracesthe history of Balint Groups from theirorigins within a medical context

(UK 1950s) to their adaptation as Balint musictherapy groups (Germany 1980s), developed morerecently in Italy. The theoretical framework and themethodology it supports are explained.The second part focusses on a pilot research studycompleted in 2018 within the context of a Balintmusic therapy group, analysing in detail one of thesessions, with particular reference to the musicalcontents. In conclusion, a thematic analysis ofevaluation carried out by the groups' membersindicates evidence of the efficacy of this methodologyfor the support of clinical work in music therapy.

PREMESSACosa sono i “Gruppi Balint-Musicoterapia”? Qualisono le basi teoriche della metodologia di questoapproccio e che tipo di risorsa rappresentano per laprofessione? Come valutano l’esperienza i professio-nisti che partecipano in tali percorsi?Partendo dalle origini dei Balint groups a Londra neglianni ‘50, passando per il loro adattamento alla musi-coterapia 30 anni dopo in Germania, e con il suppor-to di brevi vignette che descrivono un caso clinico,l’articolo approfondisce la metodologia sperimentatain Italia a partire dal 2012 in diversi gruppi di profes-sionisti e studenti, concludendo con l’analisi di unavalutazione da parte di 4 musicoterapisti (1) che hannopartecipato ad un percorso pilota nel 2018.L’articolo vuole promuovere la conoscenza e la con-divisione di questo approccio, nella sua potenzialitàd’impiego per la tutela e il prendersi cura dei musi-coterapisti nel lavoro clinico.

LA NASCITA DEI GRUPPI BALINTI Balint Groups nascono a Londra nel 1950 e pren-dono il loro nome da Michael Balint (1896-1970).Balint arrivò in Inghilterra nel 1939 come rifugiatodall’Ungheria. Aveva 2 dottorati, in psichiatria e bio-chimica, ed era uno psicoanalista formatosi conFerenczi, allievo inizialmente prediletto di Freud.Dopo alcuni anni a Manchester, Balint si trasferì aLondra nel 1945 e iniziò ad occuparsi della forma-

zione psicologica dei medici di base, un tema a luimolto caro fin dagli anni ‘20, promuovendo dei semi-nari per questi professionisti. Accanto aveva la suaterza moglie, Enid Balint, anche essa psicoanalista, concui aveva fatto formazione ad assistenti sociali per laFamily Discussion Bureau dal 1947 e con la TavistockClinic dal 1949. Secondo John Horder (2001), un gio-vane medico generico che seguì il primo seminario nel1951, l’esperienza con gli assistenti sociali aiutò Balint astrutturare la metodologia dei seminari con i medici. Iprincipi del metodo - la discussione in piccoli gruppi el’apprendimento basato su problemi clinici - assai inno-vativi a quei tempi, derivavano dalle competenze diBalint come psichiatra e psicoanalista, abituato alla su-pervisione clinica; ciò supportava la possibilità di appli-care i metodi della psicoanalisi nel mondo della medi-cina di base, per promuovere l’approccio “centrato sulpaziente” (Rimmer, 2013).Nel contesto della Tavistock Clinic, Balint portò avan-ti le sue ricerche sulle “implicazioni psicologichenella pratica di medicina generale” (Balint, 1955),spiegando, in un discorso alla Sezione Medica dellaBritish Psychological Society, pubblicato qualche me-se dopo nel Lancet, l’evidenza del fatto che:

[...] di gran lunga il farmaco più utilizzato nellamedicina generale era il medico stesso. Non conta-va solo la medicina nella bottiglia, o le pillole nellascatola, ma il modo in cui il medico le dava al pa-

ziente - cioè l’intera atmosfera in cui il farmaco ve-niva somministrato e assunto. Purtroppo abbiamopresto scoperto che questo importante farmaco nonha farmacologia. Nessun libro di testo consiglia almedico il dosaggio per prescrivere se stesso, inquale forma e con quale frequenza. [...]Abbiamo quindi deciso che uno degli obiettivi dellenostre ricerche sarebbe dovuto essere quello di ini-ziare a elaborare questa nuova farmacologia.

Le ricerche si strutturarono appunto in seminari permedici di base, con l’obiettivo di promuovere “lacomprensione dei contenuti emotivi della relazionemedico-paziente”. (2) Questa ricerca intensiva trovòpoi forma nel famoso libro “The doctor, his patientand the Illness” che Balint pubblicò nel 1957.La testimonianza di Horder (2001) riporta una dellefrasi pregnanti del suo insegnante “Se fai delledomande, riceverai sempre delle risposte, ma pocoaltro”, che mette in chiaro come l’intento di Balintfosse quello di promuovere soprattutto la competen-za d’ascolto nei medici. E qui si inizia a intravvederela rilevanza per la musicoterapia. Inoltre, la Rimmer(2013) identifica tre concetti psicoanalitici di cuiBalint promosse la consapevolezza nei seminari: lafunzione dell’inconscio nei meccanismi mentali; l’im-portanza della qualità dei primi modelli di relazioneoggettuale del paziente nella relazione con il medi-co e lo stile recettivo e interattivo di quest’ultimo; la

GRUPPI BALINT-MUSICOTERAPIA

Deborah Parker, Musicoterapista, Montespertoli (FI)

SPERIMENTAZIONEDI UN APPROCCIO ALL’INTERVISIONEA TUTELA DELLA PROFESSIONALITÀ

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necessità di sviluppare nel professionista la funzioneriflessiva per creare uno spazio interno di osserva-zione-pensiero. Questi concetti informano gli stili diascolto e mentalizzazione nei musicoterapisti chelavorano all’interno della cornice psicodinamica.La metodologia dei Balint Groups, tuttora adottata inmolti paesi del mondo, propone una cornice chiara epuntuale, che si svolge in tre o quattro fasi:1. Esposizione: un membro del gruppo (da ora in poi,

il referente), descrive senza appunti scritti o altrimateriali, un caso clinico.

2. Domande tecniche (facoltativa): se necessario, gliascoltatori possono porre delle domande su aspet-ti non chiari dell’esposizione. È compito del facilita-tore far sì che al referente non siano poste doman-de di natura personale o dal contenuto emotivo. Inalcuni gruppi, la fase di domande non ha luogo,lasciando soltanto l’esposizione così com’è.

3. Discussione: fase a cui il referente non prendeparte, ma dove diventa ascoltatore, spesso spo-stando fisicamente la propria sedia un po’ in die-tro rispetto al cerchio del gruppo. Gli altri parteci-panti riflettono a voce alta, utilizzando le reazioniemotive, la fantasia e l’associazione libera... Il faci-litatore ascolta e interviene solo per mantenerel’attenzione sulla dinamica della relazione trapaziente e referente.

4. Chiusura: il referente viene di nuovo incluso nelladiscussione del gruppo, che il facilitatore porta allachiusura, senza la necessità di trarre conclusioni otrovare “soluzioni”. Nel percorso del gruppo duran-te gli incontri successivi, i referenti sono invitati adare un “follow-up” sugli sviluppi dei casi esposti.

I GRUPPI BALINT IN MUSICOTERAPIALa sperimentazione dei Balint Groups in musicotera-pia iniziò per caso in Germania nel 1980, come spie-ga Wolfgang Strobel (Strobel, Loos e Timmermann,1988). Durante una pausa di un seminario Balint alquale Strobel stava partecipando, si sviluppò unadiscussione sui limiti del linguaggio verbale nell’in-dagare contenuti e conflitti psicologici aventi originenelle aree, preverbali della psiche.Incidentalmente (o forse no, scrive Strobel), il caso

successivo riguardava “un paziente gravemente de-presso, le cui tendenze estreme di ritiro contrastava-no con richieste monopolizzanti non dette” (1988).Dopo pochissimo tempo, la discussione del grupposi arenò in una paralisi improduttiva. Sulla propostainusuale ma provvidenziale della formatrice, Strobelguidò il gruppo a sperimentare un’improvvisazionesonoro-musicale utilizzando le uniche risorse disponi-bili, vale a dire voce, corpo e oggetti presenti.Nell’espressione non verbale si liberò la capacità delgruppo di focalizzarsi sugli elementi dinamici proble-matici della relazione terapeuta-paziente, verbalizzatipoi nella discussione seguente. Strobel scrive:

“Dove la parola non riesce, l’espressione non verbalepuò rendere evidenti i contenuti bloccati e i conflittiinconsci. Questo a volte consente di prevedere oppor-tunità di sviluppo per il paziente. Se queste emergo-no dai gruppi Balint, possono servire al referente co-me guida e speranza per il trattamento futuro.”

(1988)

Da questo inizio quasi casuale, Strobel, Loos eTimmermann hanno consolidato il modello Balintcon gruppi di musicoterapisti in Germania, comesupporto al lavoro clinico, alla ricerca e alla forma-zione, definendo gli elementi che, secondo loro, giu-stificano il mantenimento del nome di Balint:1. i principi di base di Balint rimangono inalterati, con

l’aggiunta di un livello di interazione non verbale;2. la metodologia musicoterapica ne vuole ricono-

scere l’ispirazione e la cornice teorica di fondo;3. di fatto, la libera improvvisazione musicale promuo-

ve e supporta l’esplorazione degli stati regressivi,un tema affrontato da Balint stesso molto prima del-l’avvento di metodi terapeutici non verbali.

Durante gli anni la metodologia dei gruppi Balint inmusicoterapia è stata sottoposta a dei piccoli adatta-menti, da parte sia dei tre pionieri che di altri pro-fessionisti, per adattarla a diversi ambienti ed esi-genze. Uno degli sviluppi più significativi, che è statoassimilato anche nella metodologia sperimentata inItalia, riguarda la struttura dell’esposizione, alla finedella quale il referente formula una domanda ben

precisa per il gruppo, focalizzando “il punto piùdolente” rispetto alle dinamiche esposte. (3) Tuttaviail fattore che più distingue le varie metodologieverte sullo stile di conduzione dei gruppi. Se i grup-pi Balint tradizionali, che continuano oggi sotto latutela della International Balint Federation (4), predi-spongono un percorso di condivisione paritaria traprofessionisti, guidati da un facilitatore, ovvero groupleader, i gruppi Balint in musicoterapia in Germania sisono sviluppati all’interno del paradigma di supervi-sione di gruppo, dove il facilitatore è anche supervi-sore. La metodologia adottata in Italia si è ispiratainvece allo stile paritario dei gruppi tradizionali, comepunto di partenza per la sperimentazione e la ricerca.Nel 2012, a Firenze, quattro musicoterapisti (5) di di-verse provenienze, formazioni ed esperienze clini-che hanno deciso di formare un gruppo Balint inmusicoterapia, con incontri quindicinali della duratadi due ore, in cui si affrontavano due casi diversi.Documentando il percorso con appunti personali eregistrazioni audio, un anno dopo, nel novembre2013, il gruppo ha presentato una relazione sull’e-sperienza al convegno “La Sinfonia delle Menti: mu-sicoterapia, neurofisiologia e salute mentale”. (6) Iltitolo della relazione “Intervisione Balint in musi-coterapia” rende omaggio alla scelta di stile digestione del gruppo, una condivisione paritaria tracolleghi piuttosto che un modello di supervisione.Negli anni successivi, al gruppo originale si sonoaggiunti altri colleghi provenienti da diverse partidell’Italia: ciò ha richiesto una diversa cadenzadegli incontri, che sono diventati meno frequenti epiù lunghi, andando a occupare una giornata inte-ra. Tuttavia le difficoltà logistiche di gruppi conmembri che vivevano lontani tra loro stimolava l’i-dea di offrire dei percorsi di condivisione e forma-zione nella metodologia, con l’obiettivo di diffon-derne la conoscenza, auspicando l’eventuale gene-razione di nuovi gruppi in diversi località. A questofine, nel 2018, si è formato il primo gruppo-pilota,facilitato da chi scrive, con cinque musicoterapistiprofessionisti provenienti da diverse regionidell’Italia (Veneto, Lazio, Toscana), identificati in que-sto studio con le lettere P., Q., R., S. e T (7).

Il gruppo si è riunito vicino a Firenze per quattrogiornate intere di lavoro, a cadenza trimestrale.La sessione presentata nelle vignette del presente arti-colo è stata ricostruita con attenzione a partire dalla do-cumentazione audio delle fasi verbali e audiovisiva dellafase improvvisativa-musicale, nonché da un resocontoscritto successivamente dal referente R.Quest’ultimo documento fa parte di una valutazione nar-rativa, complessiva dell’intero percorso pilota, alla qualesono stati invitati a partecipare tutti i cinque professionisti.Un’analisi tematica della valutazione conclude lo stu-dio. Il gruppo pilota quindi ha sperimentato una meto-dologia di intervisione Balint-Musicoterapia con facili-tazione, secondo la seguente struttura:1. esposizione del caso da parte del referente, con-

cludendo con la domanda chiave al gruppo;2. domande tecniche dal gruppo al referente;3. improvvisazione musicale del gruppo, ascoltata

dal referente;4. restituzione verbale, prima da parte del referente,

poi del gruppo.Rispetto ai Balint Groups canonici, l’elemento “aggiun-tivo” dell’improvvisazione musicale in Balint-Musicote-rapia deriva la propria ragione d’essere dal paradig-ma dei “metodi terapeutici non verbali” citati daStrobel, Loos e Timmermann nei criteri di riconoscen-za al modello d’origine. In particolare, e da punti divista diversi sia scientifici che umanistici, si ricono-sce al “musicale” la straordinaria proprietà di veico-lare, riflettere e dare forma a vissuti umani, feno-meni emotivi, mentali e psichici, che rimangono in-dicibili con il verbale.Ragionando sui significati della musica, la filosofaSuzanne Langer scrive:

“Siccome le forme delle emozioni umane sono piùcongruenti con le forme musicali che con le formelinguistiche, la musica riesce a rivelare la naturadelle emozioni con un dettaglio e una verità inavvi-cinabile dal linguaggio.”

(1942)

Indagando la somiglianza tra struttura musicale e na-tura dinamica dell’esperienza umana, Langer osserva:

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“Ci sono degli aspetti della cosiddetta ‘vita interna’- fisica o mentale - che possiedono proprietà formalisimili a quelli della musica.”

(ibid.)

Lo stesso concetto viene messo a punto quasi ses-santa anni più tardi da Daniel Stern (2010) nellaTeoria delle Forme Vitali, dove descrive l’universali-tà di ogni esperienza umana di vitalità, composta dauna gestalt costituita da cinque elementi: movi-mento, nello spazio e nel tempo, qualificato daintensità e intenzionalità. In accordo con quantoscritto dalla Langer, questa gestalt si presta altret-tanto bene ad una descrizione universale del“musicale”.Molte ricerche, dalla sociologia alle neuroscienze, in-dicano che la vicinanza tra il “musicale” e i processiemozionali si evidenzia anche nell’influenza del primosui secondi determinando effetti fisiologici e psicologi-ci, osservabili e spesso misurabili (Storr, 1992; Levitin,2006; Sacks, 2007). Nonostante la diversità degli indi-rizzi teorici, c’è un consenso generale sulla base iso-morfica, globale e olistica dell’esperienza musicale,base stabilita nei primissimi mesi di vita nel campodella relazione emergente primaria e sui fondamentidella percezione amodale (Stern, 1987), da dove “sor-geranno in seguito pensieri e forme percepite, attiidentificabili e sentimenti verbalizzati” (ibid.).Questi contenuti, che nascono da ricordi serbati nellamemoria implicita, si manifestano in forme simboli-che, chiamate eloquentemente “forme felici” dallopsicoanalista Denis Gaita (1991), che spiega la forzaevocativa del simbolo rispetto al linguaggio verbale:

“Se il segno divide (la parola dalla cosa), il simbo-lo riunisce, dà per un attimo l’illusione che l’idea sianella cosa, anche senza parole.”

(Gaita, 1991)

Proprio a causa della sua natura isomorfica, la musi-ca si presta come veicolo per eccellenza per dareforma ai fenomeni dell’esperienza umana che riman-gono inavvicinabili dal linguaggio:“...il discorso musicale non si smonta in radicali

significativi. La miracolosa forza della musica è qui:nel far pensare senza parlare.”

(ibid.)

GRUPPO BALINT-MUSICOTERAPIAUN’ESPERIENZA

IL SETTINGI 6 musicoterapisti sono seduti intorno al tavolo postolungo un lato dell’aula grande, per lasciare spazioall’ampio strumentario predisposto: sul fondo un pia-noforte a coda aperto, 3 timpani orchestrali, un tam-tam, un thunder sheet (8) e una grancassa; davanti aquesti, una batteria, dei blocchi di legno, dei chimes,un glockenspiel, uno xilofono, 2 tamburi africanigrandi; in primo piano, in terra e su una pedana, altridjembé di diverse misure, 2 bastoni della pioggia,una raccolta di percussioni piccole, una cetra, una chi-tarra. La scena è pronta per l’esposizione...

L’ESPOSIZIONER. (musicoterapista) espone il caso di Guido, bambinodi 7 anni in seconda elementare che presenta un distur-bo di iperattività e un deficit di attenzione; il bambi-no è stato inviato alla musicoterapia con l’obiettivo dimigliorare l’attenzione. Da un incontro tra R. e un inse-gnante di classe di Guido, risulta un quadro preoccu-pante; l’insegnante non ha una sola buona parola perl’alunno, che disturba la classe, si relaziona con icoetanei solo con aggressività, utilizza un linguaggionon appropriato con parolacce ed è disgrafico; quindiè un bambino ritenuto molto problematico. R. riferisceche il padre non si è mai presentato, né da lei, né ascuola; conosce la madre, che descrive come unadonna molto ansiosa e insicura, concentratissima sulfratellino piccolo di Guido, e che non riesce in nessunmodo a gestire il primogenito, lasciando che facciacome vuole. Nei momenti di arrivo/congedo, Guido èirruente: le salta addosso, fruga di continuo nella suaborsa tirando fuori di tutto.In seduta emerge la musicalità del bambino; ha unottimo senso del ritmo, suona volentieri e con diver-timento, sta in relazione con R. - la guarda, quando leismette di suonare si ferma anche lui - ma la proble-

matica che lei porta al gruppo oggi è l’estrema ag-gressività di Guido, che suona tutto con intensità altis-sima, utilizzando sempre le bacchette senza nessuncontrollo della forza, con il risultato di rompere spes-sissimo gli strumenti (incluse due corde della chitarra,colpite violentemente sempre con i battenti).Sembra che il bambino non conosca il suonare piano,e non sappia ascoltare. Talvolta lancia le bacchettesenza timore di poter colpire R. in faccia. Le sedutequindi sono segnate dalla paura della musicoterapi-sta per l’incolumità non solo degli strumenti, ma an-che di se stessa. In questo stato d’animo, R. non èpresente per Guido, e non riesce a gestire il percor-so terapeutico. Che fare?La fine dell’esposizione apre lo spazio ad un lungosilenzio riflessivo, seguito, molto lentamente e convoci tenui, da qualche domanda tecnica. Le brevirisposte lasciano di nuovo spazio al silenzio, pregnodi concentrazione, mentre gli sguardi degli ascolta-tori si spostano verso l’area degli strumenti.

L’IMPROVVISAZIONE

Silenzio di pre-risonanza (circa 2 min.);

Preludio (circa 1 min.)(9) : il primo improvvisatore sialza e si dirige verso i timpani, prende un battentee, dopo un primo colpo forte “segnalatore”, inizia abattere e ad esplorare l’effetto del pedale dell’into-nazione, giocando con i glissandi risultanti. Lasciatempo tra i colpi, per ascoltare il rimbombo deisuoni, insieme ai quali sta vibrando in risonanza ilthunder-sheet. Quest’ultimo richiama l’attenzione diun secondo improvvisatore che si avvicina e si china,ascoltando per un momento con attenzione lo stru-mento che suona da sé, prima di afferrarlo e ren-derne esplicito il potenziale sonoro, scuotendolo for-tissimo e aspettando la risposta del timpanista, chedà conferma con una frase fortissima a sua volta.Questo dialogo funziona da “chiamata” agli altri treimprovvisatori, che entrano in scena insieme veloce-mente e trovano il proprio posto, uno al pianoforte,uno alla batteria e l’ultimo alla grancassa;Episodio I (circa 1 min.): una breve “performance” (10)

collettiva liberatoria, ai limiti delle intensità più eleva-te, senza nessuna pulsazione, con una predominanzadi pelli battute con i battenti, note singole e cluster alpianoforte sostenuti con il pedale, colpi fortissimi supiatti sospesi e gong. La musica è scatenata, incon-trollata, espressa attraverso una forza espulsiva, incu-rante degli altri, non adattiva. Tuttavia emerge un’ener-gia positiva, che nell’ultima frase si allenta, diventandopiù lenta, di minore intensità e più rarefatta;

Episodio II (circa 4 min.): uno dei musicisti si è spo-stato allo xilofono per esporre delle frasi melodichedelicate, con spostamenti veloci e leggeri tra lenote. La risposta degli altri è ora adattiva e le vocisingole degli strumenti iniziano ad interagire e acontagiarsi. Ci si sposta nello spazio, sperimentandodiversi strumenti. Sempre in un contesto temporaleassolutamente non misurato, l’intensità aumenta dinuovo fino al fortissimo, ma il gioco è ora condivi-so e si avverte un’attenzione congiunta verso lapossibilità di una maggiore strutturazione. Al 3°minuto lo xilofonista propone una piccola frasemelodica scandita in un tempo stabile (� = c.108)che dà inizio alla prima sequenza misurata con unapulsazione riconoscibile e prevedibile (11); segue unbreve passaggio di contrappunto intricato, delicato,ad un’intensità bassa, con una grande qualità diascolto reciproco tra tutti. Ciò permette un ulterioreallentamento delle tensioni;

Episodio III (circa 10 min.): annunciato da alcunecorde della chitarra pizzicate ad intensità forte,solenne, lenta, la musica si rilassa fino a diventareuna specie di nenia trattenuta in una pulsazionelenta, adagio (� = c.80), con una qualità sonora com-posta dai toni risonanti della chitarra, dal pianofortee dal glockenspiel, sottolineati con rintocchi di crota-li e chimes. La metrica oscilla tra tempi semplici ecomposti, evocando un dondolio dolce e accoman-dante, nel quale fioriscono piccole melodie nell’am-biente armonico caldo di Re maggiore. Un po’ allavolta i battenti vengono abbandonati, così come lapulsazione; la produzione sonora passa ora soloattraverso le mani e le dita, intimi rintocchi e sfiora-

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menti di pelli, piastre, corde, superfici, come le ondedi un mare poco mosso che ogni tanto si raccoglie inqualche spruzzata di costellazioni sonore. Da questoemerge una seconda sequenza di contrappunto (12)

misurato (� = c.116) ad un’intensità media, in cui sirecuperano i battenti, così come molti “temi” giàsentiti (glissandi sui timpani, cellule melodiche sulglockenspiel) e che cresce ad un’intensità forte,potente, diventando per un momento una marcettagiocosa, prima di perdere la pulsazione.Viene ripreso il thunder-sheet, contro il quale si lan-ciano i battenti, spingendo il gioco all’esagerazione.Ciò viene fermato dal musicista facilitatore, che rac-coglie i battenti cascati in una cesta e rimette aposto le piastre del glockenspiel saltate fuori asse. Imusicisti si fermano, si guardano e ridono;

Postludio (circa 1 min.): alcune note solenni del pia-noforte raccolgono l’energia dissipata nelle risate ericompongono la scena con una melodia libera, lentae dolce, accompagnata da qualche suono delicatosul djembé e dall’ascolto tranquillo del gruppo;

Silenzio di post-risonanza (2 min).

La vignetta tenta di descrivere in parole - integratecon alcune tracce audio - una forma musicale com-pleta, che nasce, si sviluppa e procede verso la suaconclusione. Emerge la gestalt proposta da Stern(2010) di movimento nello spazio e nel tempo quali-ficato da intensità e intenzionalità, paradigma a cuitorneremo nella restituzione verbale post-improvvisa-zione. Questa forma funziona da contenitore non ver-bale, in cui esprimere le associazioni libere e le fan-tasie evocate dall’esposizione. Strobel, Loos eTimmermann ci ricordano l’importanza di tenere amente l’etimologia del termine “musica” (13) per com-prendere la ricchezza dei mezzi e delle strutture adisposizione: “implica l’espressione sonoro-ritmica,nonché movimento, tatto, mimica, gestualità, danza,elementi drammatici e poetici...” (op. cit.). Inoltresegnalano come altrettanto importante l’etimologiadella parola “improvvisazione” (14), le cui connotazionidi imprevedibilità e estemporaneità evocano una mo-

dalità espressiva che nasce da percezioni extra- o pre-razionali.Queste proprietà sono condivise anche nello stato di“rêverie” (Bion 1962), termine utilizzato in psicote-rapia per descrivere l’atteggiamento di accoglienza,ascolto, comprensione e mentalizzazione assunto dalterapista verso il cliente.Nella cornice psicodinamica, accade che ciascunmembro del gruppo che improvvisa, chiamato a con-centrarsi specificamente sulla dinamica relazionaleemersa nell’esposizione, trovi nello spazio improvvi-sativo-musicale un “telo” su cui proiettare il propriocontrotrasfert. È necessario fermarsi per considerare laqualità dell’ascolto specifico focalizzato sulla dinamicarelazionale. Si tratta della competenza necessaria inogni relazione terapeutica, incluse quelle che utilizza-no la parola, un ascolto fondato sull’intersoggettivitàe l’empatia, situato nella “mente incarnata” (Damasio,1999), appunto quella che supporta “un unico proto-pensiero che attraversa pensieri, affetti e forme”(Gaita, 1991). Per Stern (2004) l’ascolto terapeuticopromuove il “conoscere implicito relazionale”, chepredispone le potenzialità dei “momenti presenti” alcambiamento terapeutico. Questo tipo di conoscenzapassa per il non verbale:

“Con il riconoscimento del ruolo del conoscereimplicito, cambia anche il nostro modo di conside-rare il rapporto tra azione e linguaggio. L’ago dellabilancia si sposta verso la sfera non verbale. Tutti imomenti presenti riguardanti un contatto intersog-gettivo implicano un’azione; uno sguardo reciproco,una modifica della postura, un gesto, un’espressionedel volto, una variazione del ritmo respiratorio o uncambiamento nel tono o nell’intensità della voce.Spesso si tralascia di considerare che anche gli aspet-ti paralinguistici legati al suono della voce sono attimotori percepiti dall’ascoltatore, che partecipa al-l’esperienza propriocettiva vocale dell’emittente.”

(Stern, 2005) (15)

In accordo con Gaita, Stern spiega che: “Il pensiero,in questa fase, si esprime attraverso sentimenti eimmagini visive, sensomotorie e viscerali - non in

forma di linguaggio verbale” (ibid.). Per il gruppoBalint che improvvisa, alle modalità di espressionedel pensiero, si aggiungono anche “forme e struttu-re sonoro-musicali”.Oltre all’uso del non verbale, l’elemento che distin-gue maggiormente questa fase dai Balint Groups tra-dizionali è la concertazione permessa dalla naturastessa della musica:

“Mentre nel lavoro di gruppo puramente verbale le di-verse risposte possono esprimersi solo in successione,nell’espressione simultanea dell’elaborazione musico-terapica emerge sempre, in un unico processo, l’insie-me delle identificazioni inconsce dei partecipanti.”

(Strobel, Loos, Timmermann op. cit.)

L’improvvisazione collettiva permette la costruzionedi una polifonia, un contrappunto, somma delle co-noscenze implicite espresse e condivise tra i musici-sti. Questi hanno accolto l’esposizione con un ascol-to terapeutico; l’improvvisazione successiva manife-sta l’informazione delle forme felici, ovvero della“comprensione” degli elementi dinamici esposti nelracconto, non necessariamente ancora mentalizzati.Le mentalizzazioni emergono semmai nella restitu-zione verbale post-improvvisazione.

LA RESTITUZIONEDopo un silenzio riflessivo, R. apre la discussioneesclamando “è incredibile!”, elencando una serie dicomportamenti emersi durante l’improvvisazione cherispecchiano esattamente alcune azioni sia di Guido siasue nelle sedute, la maggior parte delle quali nonsono state raccontate nell’esposizione. Tutti sono d’ac-cordo, non solo sul carattere energico e vivace dellesequenze ad alta intensità, ma anche sull’ambivalenzadel loro significato, tra gioco coinvolgente (ma nonnecessariamente condiviso) e tattica per disincentiva-re un’attenzione troppo focalizzante. In questi momen-ti le forme vitali della musica avevano attributi diintensità e intenzionalità non adattivi, espulsivi, noncontrollati, spesso casuali, delegati, come esplicitatonell’auto-suono iniziale del thunder-sheet.Tuttavia, nei momenti fortissimi e frenetici, il gruppo

non si è fatto prendere dalla paura perché è rimastomolto presente. Questa presenza ha funzionato dacontenitore, predisponendo dei limiti impliciti per latutela dello spazio, delle persone e degli oggetti, uncontenimento che ha abbassato il livello di ansia, ren-dendo possibile percepire ed accogliere alcuni piccolimomenti di curiosità e quindi di predisposizione versol’altro. Ognuno di questi momenti ha trasformato leforme vitali della musica, alterando le caratteristichedel movimento sonoro nel tempo e nello spazio,attraverso un uso dell’intensità e dell’intenzionalitàmolto più adattivo. Una delle indicazioni più chiare diquesta competenza adattiva si è manifestata nell’ab-bandono delle bacchette per esplorare e conoscere glistrumenti attraverso la pelle delle mani.Il gruppo concorda sul fatto che l’immaginario rifles-so nella musica evocava un Guido arrabbiato, gelo-so, insistente ed esigente, ma anche predispostoall’incontro e al gioco condiviso, a condizione di sen-tirsi sicuro e contenuto. Le strategie di contenimen-to e presenza emerse nel lavoro di gruppo evocava-no a loro volta una possibilità di sopravvivenza perla musicoterapista.Significativamente, la madre di Guido è stata total-mente assente nell’immaginario collettivo musicale.

Il feedback di R. sul percorso successivo con Guidoindica che la maggiore sicurezza e serenità da partedella musicoterapista ha permesso al bambino disperimentare la rabbia in modo sano, contenuto eprotetto, lasciando spazio poi alla possibilità di lavo-rare anche su altri aspetti emotivi e sull’attenzione.

LA VALUTAZIONEAll’inizio del 2019, alcuni mesi dopo la fine del per-corso pilota, i cinque partecipanti sono stati invitati acompletare una valutazione narrativa composta dadue sezioni. Quattro dei cinque partecipanti hannocompletato la prima sezione della valutazione, e solotre hanno completato anche la seconda sezione.La prima sezione della valutazione è stata struttura-ta con l’obiettivo di effettuare un’analisi tematicaqualitativa delle risposte (Tsiris, Pavlicevic & Farrant,2014) rispetto all’efficacia di questa metodologia

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come supporto al lavoro clinico in musicoterapia.Consisteva in due domande aperte semi-strutturate,invitando ad esprimersi:1. rispetto alla metodologia generale:

- sui punti positivi;- sui punti negativi/le perplessità.

2. rispetto all’impiego dell’improvvisazione collettivacome elaborazione dell’esposizione del caso:- sui pregi del non verbale;- sui difetti del non verbale.

La seconda parte della valutazione prevedeva unarelazione personale rispetto a uno dei propri casi ri-feriti, con feedback sugli sviluppi dopo la sessioneBalint, da utilizzare ad integrazione della documen-tazione già esistente, come nel caso esempio pre-sentato nell’attuale studio.L’analisi tematica dei dati in forma narrativa si è effet-tuata attraverso tre fasi (Tsiris, Pavlicevic & Farrant,2014): una codificazione preliminare delle risposterelative ad ognuna domanda, per individuarne le ri-flessioni rilevanti e sintetizzarne i contenuti; la suc-cessiva categorizzazione di questi codici, raggruppan-do contenuti simili e differenziando gli aspetti tratta-ti; infine, l’identificazione delle tematiche principaliemergenti.I punti positivi della metodologia emergono in treprincipali tematiche, tutte condivise tra i rispondenti:1. il gruppo rappresenta una grande risorsa: il gruppo

offre solidarietà e supporto, con assenza totale digiudizio e/o consigli, facilitando una condivisionesincera e autentica. Inoltre garantisce una pluralità dipunti di vista, espressa come: “...più pance a sentireemotivamente, più teste per lavorare...” (R.) e forni-sce l’opportunità di uscire da un ruolo attivo rispettoad un proprio caso, per “ricevere” dagli altri.

2. La struttura è molto affidabile: si sentono dei confi-ni chiari e sicuri, che permettono di esporsi senzatimore e che mantengono l’attenzione centrata sui“nodi da sciogliere”. In particolare “la possibilitàper il referente di formulare una sola domanda algruppo ha consentito di non perdersi tra mille det-tagli e pensieri...” (R.). La struttura non gerarchica èrassicurante, recuperando un “prendersi cura” (P.)

tra professionisti che spesso sparisce dopo gli annidi studio. Altro fattore rassicurante è la regolaritàdegli incontri, che sostiene il lavoro clinico in gene-rale, aldilà dei casi specifici portati.

3. I processi dinamici assumono una posizione cen-trale: l’intero percorso si focalizza sui processi dina-mici e i loro equilibri/squilibri, come un microco-smo rispetto al caso esaminato. Si esaltano i con-tenuti emotivi che informano e influenzano la rela-zione e i tempi - per ascoltare/ascoltarsi - rifletto-no la pratica clinica.

Non emergono dei veri punti negativi rispetto allametodologia. Tuttavia vengono espresse due temati-che: la criticità del non giudizio, che dipende dalladisponibilità dei membri del gruppo ad assumerequesta posizione nei confronti dei colleghi; la neces-sità di avere una facilitazione di grande spessore eesperienza, per tutelare il gruppo e supportare ilcomplesso processo del percorso. Quest’ultima te-matica posta come criticità è contingente ad uno deipossibili obiettivi discussi nel gruppo all’inizio delpercorso; si ipotizzava l’assimilazione da parte deipartecipanti delle competenze di facilitazione in que-sta metodologia, permettendo a loro poi di proporredei percorsi simili con gruppi di professionisti locali.Come si capisce dalla valutazione, questo obiettivonon è ritenuto raggiungibile dopo un solo anno dipartecipazione in un gruppo Balint-Musicoterapia.Passando alla valutazione dell’improvvisazione colletti-va e della dimensione non verbale, emergono quattrotematiche condivise da tutti i partecipanti:1. il musicale viene portato al centro del processo:

“come cuore di tutta la metodologia... e cuoredella pratica musicoterapica” (S.). Ripropone quin-di lo stesso mezzo espressivo-comunicativo dellaprassi clinica, supportando “un modo autenticoper il musicoterapista di riaccordarsi” (Q.)

2. il musicale riflette le dinamiche relazionali (16): èa tale tematica che viene dedicata una maggiorelaborazione. I partecipanti identificano il valore eil significato dell’evoluzione in tempo reale distrutture che rispecchiano le forme dinamicheintersoggettive: “...è possibile immergersi mag-

giormente in dinamiche emotive, relazionali,espressive, ecc. che trovano nel verbale soltantouna traduzione... che ne impoverisce il contenutoprofondo iniziale.” (S.) Inoltre ne viene ricono-sciuta l’intensità: “la potenza emotiva con cui arri-va questo tipo di restituzione è cento volte piùforte rispetto a una restituzione verbale ed ècome se il messaggio [...] arrivasse dritto al punto[...] È un qualcosa di più istintivo, forse, ma nonper questo meno elaborato e complesso, anzi.”(R.). Infine, come già detto da R. nella restituzio-ne post-improvvisazione: “[Mi] ha stupito come siricreassero le dinamiche di seduta delle personeche avevano proposto il caso” (P.).

3. l’ascolto dei contenuti simbolici (analogici) nelmusicale promuove la creatività (17): la proprietàanalogica delle strutture musicali permette di “en-trare con il corpo in una dimensione che risuona-va del racconto” (P.), accogliendo “nuovi punti divista immateriali su tematiche anch’esse immate-riali” (S.) e stimolando, proprio nelle conoscenzeimplicite, “la ricerca di risposte interne” (Q.).

4. il ricevimento di un dono musicale, prezioso, com-movente, offerto dai colleghi: riportando un aspet-to importantissimo del prendersi cura tra i profes-sionisti delle relazioni d’aiuto, scrive P. “...mi sonoemozionata al pensiero che un gruppo di colleghistava suonando per me e i miei utenti.”

Solo tre partecipanti riportano alcune criticità rispet-to all’impiego del non verbale, sintetizzate in duetematiche. Una riguarda le aspettative relative aipercorsi di condivisione clinica mirati alla tutela deiprofessionisti e della qualità del loro lavoro; nelleparole di R.: “ho fatto fatica all’inizio a stare nell’in-certezza del non verbale; tuttavia questa fase èdurata poco.” Il pensiero di Q. è simile: “...è statoinizialmente più difficile [...] tollerare il fatto che nonavrei portato a casa dei consigli pratici.” Si eviden-zia un meccanismo difensivo del tutto comprensibile epressoché universale rispetto ad un “imprinting” cul-turale logico-razionale (18) che ha “scoperto” l’intelli-genza emotiva soltanto alcuni decenni fa; una difesache, come scrivono i due musicoterapisti, fortunata-

mente viene presto superata e trasformata nell’affida-bilità del “pensare senza parlare” (Gaita, op. cit.).L’altra tematica riguarda il confine tra verbale e nonverbale, come scrive S. in relazione al passaggiodalla “logica deterministica” (verbale) alla “modali-tà prettamente simbolica ed estemporanea” (nonverbale) e viceversa: “Le transizioni sono i momen-ti critici.” Effettivamente, come dimostrato nell’e-sempio del caso presentato, l’alleato più fedele inquesti momenti di passaggio è il silenzio, fisiologi-camente necessario per “cambiare marcia” tra lediverse modalità di osservare per conoscere, pensa-re per ragionare ed esprimersi per comunicare.

Dall’analisi tematica della valutazione emerge unconsenso sulla validità della metodologia Balint-Musicoterapia, per quanto riguarda sia la cornice teo-rica che l’organizzazione strutturale. Uno dei fattorivalutato in modo particolarmente positivo è il con-testo di gruppo come ambiente di confronto ed ela-borazione. Riferendosi al pensiero psicodinamico,Rimmer (2013) elenca tre risorse importanti deigruppi Balint: un contenimento per l’ansia, l’abbas-samento delle difese e l’emergenza di sentimentidifficili o dolorosi, sostenendo un processo di tra-sformazione; un aiuto a riconoscere l’universalitàdell’esperienza e l’identificazione con aspetti diversidi relazioni ambivalenti; il sostegno allo sviluppodelle capacità riflessive del referente nel momentodell’ascolto “da fuori” del gruppo.Oltre al consenso sui vantaggi del lavoro di gruppo,comunque, per questo studio rimane più significati-va la valutazione dell’impiego del “musicale”, comecuore della condivisione del caso in questione, datoche è principalmente questo aspetto che distingue lametodologia da altre forme simili di condivisione cli-nica. Di fatto viene ritenuto estremamente efficaceper rendere percepibili i possibili “punti ciechi” ri-spetto alle dinamiche relazionali problematiche nar-rate nell’esposizione.La valutazione ci ricorda, come musicoterapisti, cheil “musicale”, che consideriamo essenziale nel no-stro lavoro in clinica, rappresenta un’alleato altret-tanto potente e fedele nei processi riflessivi fuori

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della clinica. I gruppi Balint-musicoterapia fanno diquesta convinzione un’abitudine, formalizzata con at-tenzione e cura, al servizio del benessere dei pro-fessionisti e delle persone con cui lavorano.

RINGRAZIAMENTIArricchita dalla sperimentazione, dalla ricerca e dallacondivisione, ringrazio i miei colleghi del primissimogruppo Balint in musicoterapia del 2012: MariaPaola Cavallini, Alexandra Patzak e Davide Woods,così come gli altri professionisti che hanno parteci-pato ai percorsi allargati negli anni.Grazie anche al gruppo del percorso pilota 2018,Alberto Balducci, Silvia Balzarin, Elisabetta Cerrocchi,Alessandra Meneghello e Chiara Trapanese, per icontributi alla ricerca e per la partecipazione allastessa.

Note

[1] Non volendo entrare nella diatriba, che esi-ste solo nella lingua italiana, sulla differenzatra “musicoterapista” e “musicoterapeuta”,questo testo utilizza esclusivamente il primotermine, in modo generico ed inclusivo.

[2] “Understanding the emotional content ofthe doctor-patient relationship” è il mottodella Balint Society, https://balint.co.uk/

[3] Chi scrive ha sperimentato questa struttura, par-tecipando in un laboratorio guidato da ToniusTimmermann insieme a due colleghi dell’univer-sità di Augsburg, in occasione del 14° WorldCongress of Music Therapy, Austria, Luglio 2014.

[4] https://www.balintinternational.com/[5] Ved. Ringraziamenti.[6] Firenze, 15 Novembre 2013, organizzato dalla

Internazional Association for Art and Psychologye Associazione Prima Materia, nel contesto delFestival della Salute Mentale.

[7] Ved. Ringraziamenti.[8] Una lamina fine di metallo, che produce un

suono simile al tuono.[9] Traccia audio 1 (Preludio, Episodio I e inizio

Episodio II)http://www.primamateria.it/articolo-gruppi-balint-musicoterapia-parker-2020

[10] Questo termine è usato per le sue associazionicon “l’acting out”, “l’agito” in termini psicologici.

[11] Traccia audio 2 (Episodio II, 1° contrappunto)http://www.primamateria.it/articolo-gruppi-balint-musicoterapia-parker-2020

[12] Traccia audio 3 (Episodio III, 2° contrappunto emarcetta)http://www.primamateria.it/articolo-gruppi-balint-musicoterapia-parker-2020

[13] Musica: dal greco mousikè, aggettivo femmi-nile da moysa (musa), cui è sottinteso tèchnê(arte); quindi l’arte delle Muse.https://www.etimo.it/

[14] Improvviso: dal latino improvisus, compostoda in (non) e provisus (previsto); quindi nonpreveduto, inaspettato… estemporaneo.https://www.etimo.it/

[15] Si fa qui riferimento alla teoria dei neuroni spec-chio (Rizzolati, Sinagaglia, 2006).

[16] Echeggia la bella frase di Susan Langer: “Musicis a tonal analogue of emotive life” (1953: 27;“La musica è un’analogia tonale della vitaemotiva” TdA)

[17] Questa tematica richiama il paradigma dellapercezione amodale nel “campo della rela-zione emergente”, in cui “Tutti gli atti crea-tivi e ogni forma di apprendimento hannoorigine...” (Stern, 1987: 82)

[18] Logico: dal greco logicòs, discorso, ragiona-mento, ragione.

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The author proposes a reflectionon the construct of Intersubjectivitythrough a personal theoretical vision that

contemplates this topic in an increasingly integratedway in the application practice of Music Therapy.According to the author, the music therapy actionof intersubjective orientation inevitably also becomesa process of knowledge, a process that means“to understand” in the literal etymological sense of“cum-prehendere”, a verb that connotes manyactions of Music Therapy settings in a single voice:Including, containing, participating and sharing;in a single voice the bases and conditions of everyco-regulation process. In this perspective,the practice of Music Therapy is completed onlyif the other two fundamental factors presentin the specific interaction with the patient areincluded:the construct of Intercorporeity and theexpressive and musical dimension of Interplay.These three integrated dimensions constitute the veryessence of the discipline.

Stefano Navone, Musicoterapeuta,Formatore, Supervisore AIM,Coordinatore corso triennale Associazione InArteSalus

Nel 2019 ho partecipato al Convegno APIM “Tutto ciòche sento: emozioni, musica, musicoterapia”, pre-sentando una riflessione sul costrutto dell’intersog-gettività e una personale visione teorica che con-templa tale costrutto in modo sempre più integratonella prassi applicativa della Musicoterapia. Questoarticolo riporta i contenuti del mio intervento.

In una prospettiva storica dobbiamo al filosofo tede-sco J.G. Fichte e alla corrente dell’idealismo critico ilfondamento del pensiero intersoggettivo (Ivaldo,1987), prospettiva grazie alla quale apprendiamouna visione della realtà in cui pensante e pensatosono presenti su di uno stesso piano e quindi sog-getto e oggetto trovano una loro ideale coincidenza.Un evidente e fertile riflesso dell’idealismo criticoemerge nel pensiero di Luigi Pareyson, con partico-lare riferimento al concetto di formatività.La riflessione di Pareyson sulla creatività artisticapone in primo piano il ruolo della dinamica produtti-va come processo intenzionale al contrario delle tra-dizionali estetiche della fruizione e dell’arte comedimensione contemplativa; l’intenzione formativacoinvolge dunque l’opera all’interno dell’atto creativoche assume così la dimensione di un processo cono-scitivo tale da permettere l’emersione della spiritua-lità e umanità dell’artista e del suo mondo (Pareyson,1974). Personalmente ritengo fondamentale taleprospettiva se pensiamo quanto possa essere vicina

LA SINTONIA INATTESAE LA FELICE INTESA:INTERSOGGETTIVITÀ, EMOZIONI E TERAPIA

all’idea che abitualmente attribuiamo alla prassi im-provvisativa in musicoterapia. Credo sia infatti possi-bile proporre un parallelismo tra il processo creativoartistico e la dimensione interattiva tipica della pras-si musicoterapica; nel nostro caso però “l’oggetto”,a cui fa riferimento la nostra espressione, è l’altro dasé e dunque non credo sia errato definire il proces-so musicoterapico come un processo di conoscenza(Navone, 1999, 2019).Altri autori ci aiutano a riconoscere ulteriormente leimpronte di un’estetica intersoggettiva; Gillo Dorflesper esempio (Dorfles, 2011), sulla scia del pensierodi Arnheim e di Freeman, delinea le finalità intrinse-che della creazione artistica nello stabilire una sortadi comunicazione intersoggettiva tra artista e fruito-re confermando così la logica della significazione intermini di processi di co-costruzione. Allo stesso mo-do gli studi di Bozzi (Bozzi, 1978), nell’ambito dellapsicologia dei processi percettivi, conducono al supe-ramento della soggettività in favore di una strutturametodologica di tipo interosservativo.Anche in campo pedagogico assistiamo al sorgere diuna visione intersoggettiva attraverso le opere diJerome Bruner; l’apprendimento viene definito dal-l’autore infatti come un processo di costruzione disignificati rispetto ad ogni esperienza di cui siamopartecipi (Bruner, 1988). Il processo di apprendi-mento si configura in questo modo non solo comeun prodotto cognitivo, ma anche come un fenomeno

in cui assumono grande rilevanza i fattori della pra-tica e della relazione; Bruner definisce tale dimen-sione relazionale apprendimento reciproco fondatoquindi su esperienze condivise, sullo scambio di co-noscenze e infine sulla riflessione relativa alle stes-se attività svolte.Di fatto e con molta modestia, ritengo siano statimolteplici e trasversali i contributi artistici di un pen-siero intersoggettivo anche se ante litteram; nellapittura un esempio rilevante potrebbe essere la Te-sta di Medusa del Caravaggio del 1597 dove l’operadipinta su di uno scudo entra prepotentemente nelcampo d’azione dello spettatore, così come nel 1606alcune figure della Sibilla di Carlo Bononi, autore delnaturalismo moderno, figure che ricercano lo sguar-do complice dello spettatore.La frase di Neruda “...ognuno ha una favola dentroche non riesce a leggere da solo...” potrebbe esse-re il manifesto poetico dell’intersoggettività se qual-che secolo prima un certo Alighieri non avesse scrit-to nel tredicesimo canto dell’Inferno “cred’io ch’eicredette ch’io credesse...” figura retorica con laquale Dante riesce a farci condividere lo stato inten-zionale di Virgilio entrando nel girone dei suicidi.In letteratura la possibilità di un’interazione tra testoe mente del lettore risulta una costante all’internodel paradigma del cosiddetto pensiero narrativo;Grice definisce tale operazione come implicatura,azione grazie alla quale il senso della narrazione

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viene continuamente ricreato dal fruitore che co-struisce sul testo un percorso di significati del tuttopersonale (Grice, 1989). Tra gli autori contemporaneil’americano Don Delillo descrive proprio in questomodo la sua prospettiva narrativa in relazione al suoultimo romanzo Zero K: “La mia scrittura permettedi trascendere la realtà ma tale possibilità vienelasciata al lettore” (Delillo, 2016).Testimonianze di tale prospettiva si possono riscon-trare persino nel pensiero architettonico di Olivettidove la fabbrica diventa un luogo per l’uomo e nonè l’uomo in funzione della fabbrica; Olivetti predilige-va lo spazio orizzontale che favoriva lo scambio el’interazione e dunque la modernità rispetto alla ver-ticalità che, nel suo ideale industriale, rappresentavainvece l’assetto gerarchi-co e quindi il passato. Inmusica l’esempio forsepiù calzante di tale pro-spettiva potrebbe esserela cifra stilistica e poeti-ca di Brian Eno che conMusic for Airports del1978, album che divenne l’opera simbolo della cosid-detta Ambient Music, amplia gli orizzonti compositiviin senso funzionale all’ambiente in cui l’ascoltatore sitrovi ad essere; per Eno la composizione deve intera-gire con l’ambiente stesso superando definitivamenteil modello sterile della Muzak Holdings per ascensori.La massima espressione, in chiave multidisciplinare,di una prospettiva intersoggettiva nell’arte performa-tiva è, a mio parere, rappresentata dai lavori dellanorvegese Mette Edvardsen la quale nel suo Timehas fallen asleep in the afternoon sunshine  (Ed-vardsen, 2018) delinea un nuovo profilo espressivoa cavallo tra la narrazione e la performance; soloquando l’ascoltatore entra nella scena l’attore dà ini-zio al racconto del testo creando così una perfor-mance che di fatto mette in scena la dimensionediadica del dialogo e dell’interazione.Il panorama artistico, nella sua complessità ed ete-rogeneità, è quindi ricco di rimandi all’idea di inter-soggettività, costrutto definibile, in linea generale,come il vissuto di un’esperienza condivisa con un

altro essere umano, il “contatto mentale” che duesoggetti interagenti possono stabilire durante qual-siasi tipo di  comunicazione interpersonale. Tale co-strutto è ormai centrale sia nei contributi teorici dellevarie discipline afferenti alla relazione d’aiuto e sia alivello pratico come nuovo orientamento per la ricer-ca applicata.Nello specifico della musicoterapia riteniamo ormaitale costrutto fondamentale soprattutto grazie allamodellizzazione compiuta da Pierluigi Postacchini(1997) che ricontestualizza e rielabora l’interazioneMusicoterapeuta-Paziente attraverso l’apporto deglistudiosi dell’Infant Research con particolare riferi-mento al pensiero teorico di Daniel Stern (1985, 2005).Adottare una visione intersoggettiva nel lavoro clini-

co in musicoterapia signi-fica, a mio parere, allon-tanarci sempre più dallalogica del capire per en-trare nella dimensionedel comprendere e quindisancire un passaggio dal-la prospettiva tipica del-

l’extrasetting, caratterizzata da una visione paradigma-tica di classificazione oggettiva degli eventi, ad unaprospettiva tipica dell’intrasetting, quasi sintagmatica ecaratterizzata dalla relazione tra le azioni e i vissutiemotivi che intercorrono nella coppia terapista-pazien-te. Pensare e agire in termini intersoggettivi ci mettecon chiarezza di fronte a quella dicotomia tipica delnostra metodologia che contrappone la spiegazionescientifica con ciò che io amo definire la scientificitàdella comprensione.L’azione musicoterapica di orientamento intersogget-tivo diventa inevitabilmente allora un processo diconoscenza che intende il termine comprensionenel senso etimologico letterale del cumprehendere,verbo che connota in una sola voce molte azioni deinostri setting: l’includere, il contenere, il parteciparee il condividere; in una sola voce le basi e le condi-zioni di ogni processo di co-regolazione.Quali sono dunque le categorie con cui possiamo con-frontarci per definire il trattamento musicoterapicocome un processo di conoscenza? Se analizziamo con

In musica l’esempio forsepiù calzante di tale prospettivapotrebbe essere la cifra stilisticae poetica di Brian Eno

attenzione l’approccio attivo e improvvisativo, fondatosui processi di co-regolazione intersoggettiva, scopria-mo delle importanti analogie con la moderna episte-mologia e con gli studiosi della filosofia della mente.In musicoterapia ci serviamo dell’analogia e quindi atutti gli effetti di una forma di conoscenza non logicama analogica che si concretizza nella comunicazionesonora e non verbale tra noi e il paziente. L’analogiaè presente infatti in tutti i nostri modi di conoscenza,ad eccezione del calcolo, e risulta essenziale nellavita quotidiana in forma di metafora o immagine peresprimere un sentimento o un’idea; a seconda dellanostra personalità può essere modulata dalla razio-nalità ma non per questo il nostro vivere, la nostraesperienza, base del nostro sapere quotidiano, sipriva della componente analogica (Morin, 2018).Un’altra categoria a cui noi musicoterapeuti facciamoaffidamento è la mimesi: la componente mimetica cipermette di ricreare ciò che viene imitato in unnuovo ambito; il mimetismo è quindi la componen-te conoscitiva essenziale per la creatività. Nel lin-guaggio della musicoterapia si fa riferimento allamimesi con termini diversi a seconda del modello odell’approccio di riferimento: mirroring, rispecchia-mento, imitazione totale, parziale ecc. sono, di fatto,tutte declinazioni molto simili dello stesso concetto. L’intuizione è sicuramente un’ulteriore componenteconoscitiva della musicoterapia; l’intuizione è un’al-tra qualità cognitiva non necessariamente legata aiprocessi logici che ci permette di cogliere il senso di

ciò che stiamo osservando. In una seduta di musico-terapia è spesso un atteggiamento intuitivo che por-ta il terapista a determinate scelte che si rivelanoefficaci. L’intuizione è strettamente legata alla di-mensione della cosiddetta conoscenza implicita equindi all’ambito del non verbale, del non simbolico,del non riflessivo e procedurale.Tutti i processi sintonici, a cui fanno riferimento gliautori della matrice intersoggettiva, contemplano difatto tale costrutto.Nel nostro lavoro l’esperienza ci porta ad assumereun atteggiamento osservativo continuo e indifferen-ziato; acquisiamo nel tempo una sorta di praticaosservativa in cui siamo chiamati ad osservare e nonad analizzare, a percepire e non a ragionare. Unasituazione osservativa di fatto paradossale in cuiosserviamo l’altro e noi stessi nell’interazione conl’altro: definirei tale condizione come uno strabismoosservativo che ci colloca in un assetto mentale deltutto particolare, una sorta di stato estetico o poeti-co come la filosofia della conoscenza usa definire(Gomarasca, 2004).Nella tabella seguente riporto il mio tentativo di cor-relazione tra le forme della conoscenza al di fuoridella logica e i fondamenti della musicoterapia, nellaconvinzione che tale parallelismo possa trovare unospazio di approfondimento e ricerca nella nostradisciplina.Alla luce di quanto sopra, la nostra prassi musicote-rapica, riferibile ad una matrice intersoggettiva si

Il processo musicoteratipo come Forma di Conoscenza

Forma della Conoscenza

Tabella. Il processo musicoterapico come Forma di Conoscenza

Fondamenti della MT

Analogia

Mimesi

Intuizione

Stato poetico

Comunicazione analogica con S/M

Mirroring

Insight/Sintonizzazione

Osservazione/Ascolto “incondizionato”

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completa solo se includiamo altri due fattori fondamentali presenti nello specifico dell’interazione con il pazien-te: il costrutto dell’intercorporeità e la dimensione espressiva e musicale delI’interplay.L’intercorporeità rappresenta davvero la sintesi teorica più efficace per descrivere il processo interpersonale nonconsapevole e pre-riflessivo che si instaura tra paziente e terapista nel nostro setting.Gallese e gli altri autori della teoria dei Mirror Neurons hanno rivelato la base neurofisiologica di questa modali-tà di funzionamento coniando il termine di simulazione incarnata (Gallese, Goldman, 1998).L’interplay consiste invece in una precisa concezione musicale, dove i ruoli degli strumenti saltano a favore di un’a-zione di interscambio attraverso la quale ogni esecutore influenza l’altro. Tale prospettiva esecutiva, tipica del jazz,si adatta perfettamente al contesto espressivo musicoterapico di orientamento improvvisativo, contesto in cui il pro-cesso e la relazione sonora prendono il sopravvento sulla forma e sul prodotto.Io credo che la relazione terapeutica in musicoterapia avvenga sostanzialmente attraverso l’interazione diquesti tre fattori (intersoggettività, intercorporeità, interplay), tra loro correlati, in una circolarità in cui è dif-ficile definire una causa e un effetto, un inizio e una fine; in questa dimensione relazionale la soggettivitàdel terapista, unico elemento realmente modulabile nell’approccio con il paziente, va inevitabilmente a con-notare lo stile degli incontri e verosimilmente di tutto il trattamento.

Il nostro lavoro sul campo diventa allora la sintesi della contrapposizione tra la conoscenza scientifica e la com-prensione dell’altro, tra le due prospettive disgiunte della mente umana, il guardare fuori e il guardarsi dentro,il capire e il comprendere.La musicoterapia è il luogo dove si realizza il passaggio da una sintonia inattesa a una felice intesa, il luogodell’Intersoggettività, delle emozioni, della comprensione e a volte dell’umana compassione.

Bibliografia

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■ Navone S.Musica tra le Menti, edizioni La Casa, Schio, 1999.

■ Navone S.Ritmo, educazione, relazione, contenuto in: “La pelleche vibra; il laboratorio di percussioni in Musicote-rapia, Animazione e Didattica” a cura di GiorgioBorghini, edizioni Didattica Attiva, Torino, 2019.

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This article originated from myMusic Therapy graduation thesis “The roleof intermediary object in music therapy

between reflective function and family relationships”,Supervisor Doc. Stefano Navone, discussed inDecember 2019 at Inartesalus. The work is theoutcome of my music therapy internship experiencein “Giubileo 2000” psychiatric community, managedin Palazzolo di Sona (VR) by Cooperativa FarsiProssimo (ULSS 9 scaligera, public health caresystem). The aim of this study is to understand therole of a familiar intermediary object, a rain cane,donated to one participant by his brother.This musical instrument could have played a crucialpart during the therapeutic path.Even if the concept of intermediary object is mainlyattributed to Benenzon’s theory, the work triesto insert this concept in a wider psychodinamictheory field, reaching Infant research membersDaniel Stern and Beatrice Beebe.

PREMESSAQuest’articolo è parte della mia tesi di diploma inmusicoterapia dal titolo “Il ruolo dell’oggetto inter-mediario in musicoterapia fra funzione riflessiva erelazioni famigliari”, relatore Dott. Stefano Navone,discussa nella sessione del dicembre 2019, pressoInartesalus. La tesi è frutto dell’esperienza di tiroci-nio svolto nella comunità alloggio “Giubileo 2000”di Palazzolo di Sona (VR), gestita dalla CooperativaFarsi Prossimo nel contesto dell’ULSS 9 Scaligera.

INTRODUZIONEVedere un mondo in un granello di sabbia,e un cielo in un fiore selvatico,tenere l’infinito nel cavo della manoe l’eternità in un’ora.W. Blake

«Scusa Carlo, posso uscire un attimo a prendere unacosa nella mia stanza? Vado e torno subito». Nel belmezzo di una seduta di musicoterapia questa richie-sta mi ha lasciato quantomeno stupito. Un pazientepsichiatrico e prima di tutto un essere umano, vole-va condividere qualcosa con me. Cosa potevo dire?«Certo Livio, vai pure». Questo testo nasce in quelmomento. Nel momento in cui Livio torna con ilbastone della pioggia che, come scoprirò pocodopo, gli è stato regalato dal fratello. «Però non loso usare bene. M’insegni a usarlo?» Da quest’attimo

OGGETTO INTERMEDIARIO,INTERSOGGETTIVITÀE RELAZIONI FAMIGLIARIIN MUSICOTERAPIA:

Carlo Tregambe, Musicoterapista, Verona

IL CASO DI UN PAZIENTE PSICHIATRICO

scaturisce la necessità di porsi domande sul rappor-to che intercorre fra musicoterapia, psichiatria efamiglia: cosa spinge un utente a portare un ogget-to donato da un famigliare all’interno del settingmusicoterapico? Che ruolo ha questo oggetto sulpercorso terapeutico?

MUSICOTERAPIA E FAMIGLIAAlcune caratteristiche fondamentali proprie di un per-corso musicoterapico, che fa riferimento ad un model-lo psicodinamico-relazionale, sono alla base del rap-porto che intercorre fra musicoterapia e famiglia all’in-terno delle sedute: il setting musicoterapico intesocome membrana permeabile fra il mondo esterno e ilmondo psicofisico delle sedute; il possibile passaggiodi contenuti mentali fra la stanza di terapia e la vitaesterna dell’utente, compresi vissuti famigliari presen-ti e passati; il focus terapeutico relazionale, caratteriz-zato da possibilità di transfert/controtransfert, sinto-nizzazioni affettive e co-regolazioni emotive.Musicoterapia e famiglia possono essere quindi visticome due mondi mentali differenti che possonointrecciarsi e sovrapporsi all’interno del setting. Inparticolare, i concetti di sintonizzazione affettiva eco-regolazione emotiva costituiscono il ponte rela-zionale intra-extra setting più ampio. Questo è per-messo dalla sintonizzazione affettiva, concetto cheDaniel Stern (1997) pone a base dei processi men-tali che regolano la relazione madre-bambino nei

primi mesi di vita. Fondamentali per lo sviluppo psi-coemotivo del bambino, le sintonizzazioni affettivepossono accompagnare ogni giorno l’essere umano epossono essere recuperate e riprese, all’interno di unpercorso musicoterapico, costituendo la tecnica prin-cipale per l’armonizzazione dei parametri percettivi ela conseguente possibile integrazione fra mondo in-terno e mondo esterno. Se recuperare i processi disintonizzazione affettiva può essere considerato ilprimo fondamentale passo, che può portare in primoluogo all’autoregolazione delle emozioni, il processodi co-regolazione emotiva (Beebe parla anche diregolazione interattiva, 2003) si può definire come lacapacità, da parte dei soggetti coinvolti in una rela-zione, di regolare il loro stato interno. Si comprendemeglio questo concetto all’interno di un’interazioneintersoggettiva, che prevede una condivisione men-tale da parte dei partecipanti.

DALL’OGGETTO INTERNOALL’OGGETTO INTERMEDIARIOIn un contesto relazionale, come quello qui descrit-to, il valore assegnato ad un oggetto fisico assumesenso sulla base dell’importanza della relazioneumana che lo rispecchia. Questa relazione umana, ov-viamente, coinvolge anche il musicoterapista, comefigura che può rispecchiare, in modo implicito, vissu-ti passati del paziente durante i suoi processi men-tali presenti. Si parla dunque di un oggetto fisico che

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rimanda a un oggetto mentale. L’oggetto interme-diario (Benenzon, 1998) deve essere quindi conte-stualizzato all’interno di un approccio musicoterapicoche si fonda sulle teorie dell’intersoggettività. I puntidi raccordo, in questo senso, sono rappresentati dallateoria delle relazioni oggettuali di M. Klein (2012) edai concetti di area intermedia, fenomeno transizio-nale e oggetto transizionale di D. Winnicott (2005).Lo strumento musicale presenta qualità maggior-mente attinenti ad un significato condiviso, rispettoal classico ruolo, assegnato da Benenzon, di oggettointermediario che permette al musicoterapista diaccostarsi intimamente all’ISO del paziente. Questoaccostamento benenzoniano presuppone una distan-za relazionale che viene ridotta all’interno di unarelazione basata sulle sintonizzazioni affettive. Inentrambi i casi rimane la possibile funzione terapeu-tica dell’oggetto stesso. Il medesimo discorso valeper l’oggetto integratore, definito da Benenzon comestrumento che, per sue intrinseche capacità sonore,prevale sugli altri e può riassumere su di sé la dina-mica del legame tra pazienti e musicoterapista.

UN’ESPERIENZA CLINICALivio ha 59 anni, è il maggiore di due fratelli, e pre-senta disturbi del comportamento in un quadro di ri-tardo mentale fin dalla giovane età. Durante la suastoria famigliare è stato molto accudito, in particola-re dalla figura materna, che lo ha sempre considera-to più meritevole di attenzioni rispetto al fratellominore. Dopo la scomparsa della madre nel 2005 haavuto un grave crollo psicotico, con episodi di rabbiaestrema anche nei confronti dei famigliari.Dal 2007 è ospite di “Giubileo 2000”, dove ha mo-strato aggressività, prima auto poi etero-diretta, conepisodi importanti nei confronti dei compagni.Mantiene attualmente un rapporto con il fratello, cheviene a trovarlo a cadenza regolare, anche se gliincontri durano pochissimo.

Il percorso terapeutico e i suoi momenti chiaveIl ciclo terapeutico ha previsto 24 sedute in piccologruppo, con i seguenti obiettivi specifici per Livio:riduzione dell’ansia, aumento della capacità relazio-

nale in piccolo gruppo, diminuzione degli atteggia-menti aggressivi verso l’altro. Sono stati individuatialcuni momenti chiave che hanno permesso di indi-viduare e interpretare i ruoli di oggetto intermedia-rio (in questo caso famigliare) e di oggetto integra-tore all’interno del percorso terapeutico.Vengono di seguito riportati alcuni estratti relativialle sedute più significative:

Seduta 2 – Livio chiede di portare uno strumento nelsetting. Va in camera e prende un bastone dellapioggia. Dichiara di non saperlo usare e chiede seposso insegnargli ad usarlo. A fine seduta mi vieneraccontato dall’équipe che gli è stato regalato dalfratello, lui ci tiene molto ed ha chiesto più volte aglioperatori di ripararlo con cura.

Seduta 3 – Vengono inseriti nel setting due bastonidella pioggia. Entrambi gli utenti li prendono subito,tendendo ad imitare i miei movimenti.

Seduta 4 – Livio si dimentica il bastone della pioggiain camera e lo va a prendere prima di entrare nelsetting. Rientra rispettando il silenzio del setting.

Seduta 7 – Al 1’ Livio prende il bongo e mi “sfida”giocando, in un crescendo/accelerando incontrollatoche si riproporrà durante le sedute. I bastoni dellapioggia cominciano ad occupare una fase definitadella seduta. Tendiamo ad utilizzarli tutti e tre insie-me, sfruttando la produzione ritmica e l’imitazionedel movimento.

Seduta 12 – Livio prende il bongo e procede alla“sfida dei tamburi”: riesce a diminuire l’intensitàdella produzione.

Seduta 13 – Poco prima della seduta parlo con Liviodel bastone della pioggia, ma lui lo chiama, con unlapsus, “Bastone della pace”.

Valutazione qualitativaIl percorso di Livio ha messo in luce il valore tera-peutico, all’interno di un contesto espressivo spicca-tamente di stampo relazionale, di quella che, secon-do una possibile lettura clinica, è sembrata essere lapossibilità di riproporre in seduta vissuti famigliari

traumatici, tramite l’utilizzo del bastone della pioggiae del bongo. I vissuti trasferali più intensi all’internodella seduta e i momenti d’intersoggettività piùimportanti (quelli che hanno portato ad una sinto-nizzazione ed una co-regolazione delle emozioni, inparticolare ansia e rabbia) si sono effettivamenteverificati durante l’utilizzo di questi due oggetti. I duestrumenti hanno avuto, nei loro reciproci ruoli all’in-terno del ciclo di sedute, sia caratteristiche simili checaratteristiche differenti.Per quanto riguarda le somiglianze, esse si sonoverificate soprattutto in un tipo di produzione atta,da parte del paziente, allo sfogo, al “buttare fuori”:sia il vigoroso scuotimento, prolungato nel tempo,del bastone della pioggia tenuto a due mani davan-ti a sé sia i forti colpi prodotti ritmicamente sulbongo durante il “ritmo del treno”/ ”gioco dei tam-buri”/”sfida dei tamburi” sono stati interpretati co-me modalità per ridurre l’ansia.Entrambe le modalità venivano associate, al culmi-ne della loro intensità, ad un movimento corporeocomplessivo, come se il paziente volesse suonarecon tutto il corpo. Le differenze, invece, si sono vi-ste soprattutto dal punto di vista relazionale.Il bastone della pioggia, fin dalla prima introduzio-ne, è stato considerato da Livio come uno strumen-to di unione: mi ha chiesto di insegnargli a usarlo;mi ha raccomandato di tenerlo in grande considera-zione; mi ha permesso di utilizzarlo; mi ha chiestodi ripararlo in un momento extra-setting; ha tollera-to l’introduzione di altri bastoni della pioggia ed ilfatto che, nelle ultime sedute, il bastone assumes-se un ruolo centrale all’interno di una fase bendeterminata e riconoscibile delle sedute che si eracreata, tra l’altro, tramite una forte coesione grup-pale a livello ritmico e d’intensità. Il bongo, invece,tendeva a creare separazione all’interno del gruppo,sia a causa delle sue potenzialità come strumentoleader (a differenza del bastone della pioggia) siaper l’interazione rituale che si è venuta a creare, ini-zialmente, con il musicoterapista.L’evoluzione dei nomi assegnati da me a questa inte-razione (“ritmo del treno”/”gioco dei tamburi”/”sfida dei tamburi”) riflette l’evoluzione del ruolo che

ha avuto all’interno delle sedute. Il fatto che questainterazione fosse estremamente intima e che fagoci-tasse il contenuto della seduta nel momento in cui sirealizzava, mi ha spinto, nonostante costituisse il mag-giore elemento di trasformazione espresso dall’uten-te, a cercare di trasferirla anche sugli altri partecipan-ti del gruppo, in modo che venisse compresa all’in-terno di una cornice gruppale.Questo trasferimento è riuscito in parte.Nelle ultime sedute Livio ha chiesto esplicitamentela “sfida dei tamburi”, prendendo in mano il bongo,mimando il movimento della mano e facendo cennicon il volto.

CONCLUSIONISe analizziamo il ruolo di questi due strumenti musi-cali in relazione agli obiettivi specifici prefissati peril percorso terapeutico, possiamo dire che entrambihanno avuto un ruolo importante nei confronti delloro raggiungimento all’interno del ciclo di sedute,anche considerando che gli obiettivi specifici, in que-sto particolare caso, erano stati tarati sul singoloutente e non sul gruppo stesso. Abbiamo già accen-nato alla riduzione dell’ansia.Per quanto riguarda invece l’aumento della capacitàrelazionale in piccolo gruppo, il bastone della pioggia haavuto un ruolo importante nella creazione di un mo-mento gruppale di condivisione, basato inizialmentesull’imitazione dei miei movimenti, favorito dalla curio-sità verso l’introduzione di nuovi bastoni della pioggia epoi diventato una fase specifica della seduta, dove tera-pista ed utenti condividevano ritmo, intensità e movi-menti corporei. Questa capacità relazionale è stata poitrasferita ad altri momenti della seduta, durante i qualiLivio, invece di sovrastare Laura (paziente membro delgruppo di musicoterapia) con la sua produzione, harispettato le sue modalità.Questo si collega anche alla diminuzione degli atteggia-menti aggressivi verso l’altro, che si è espressa, soprat-tutto con l’interazione sui bongo, tramite la lenta e cre-scente modulazione di ritmo e intensità espressa nella“sfida dei tamburi”, fino ad arrivare alla capacità, daparte di Livio, di controllare e modulare la diminuzionedi volume e velocità della produzione.

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Gli obiettivi specifici sono stati esplorati e raggiunti inmodo soddisfacente all’interno delle sedute. La gene-ralizzazione e l’esportazione delle capacità mostrate inseduta è stata oggetto di riflessione e discussionedurante le riunioni d’équipe.Gli elementi di cronicità, presenti nel paziente, nonfacevano prevedere cambiamenti significativi, tutta-via sono state osservate alcune modificazioni com-portamentali:- una mimica facciale maggiormente rilassata, per-

durante anche 3-4 giorni dopo la seduta;

- una migliore interazione relazionale (ad es. Liviosi mostrava gentile con Laura, aprendole gentil-mente la porta, sorridendo e tenendola apertamentre lei passava).

Bibliografia

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As many authors suggested, disabilityand neurodiversity are part of humanconditions and in most of cases,

including autism, cure is neither possible nordesirable. Disability Studies in music therapy affirmthat every musical experience could benefit fromdiversity, instead of trying to propose a cure orremedy, as therapists we should invert our clinicaltendencies. Instead of trying ti understand if musictherapy is a valid therapy or not, searchingto measure the level of interest, participation,attention, we should try to modify our approach,that is not inclusive, and aspire into a social actionof collective responsibility, reminding the social valueof making music together.

INTRODUZIONEAll’origine del movimento dei Disability Studies (DS)troviamo l’attivismo delle persone disabili e del-l’Union of the Physically Impaired Against Segrega-tion (UPIAS) che associa il movimento di liberazionedelle persone disabili a quello di altri gruppi socialioppressi come i neri, le donne, gli omosessuali e ipoveri. Secondo questo approccio, nel contesto dimutamento sociale del secondo Novecento, l’oppres-sione delle persone disabili è radicata nelle struttureeconomiche e sociali in cui la disabilità appare comeuna categoria di consumo.Il movimento dei Disability Studies riconosce allepersone disabili non soltanto un ruolo attivo comepromotori del processo di cambiamento ma, pren-dendo in prestito il pensiero gramsciano (1975),descrive le persone disabili come i nuovi intellettua-li organici del cambiamento della società in quantocapaci di offrire un’azione contro-egemonica e, neltempo, di sovvertire l’ordine precostituito offrendouna visione alternativa, come evidenzia l’affermazio-ne nothing about us without us (niente su di noi,senza di noi) divenuta un motto internazionale e unpunto di forza dei DS.Su questi presupposti i DS propongono un nuovoparadigma, che potremmo definire di normale diver-sità, una prospettiva che vede la disabilità nell’inte-razione e nella relazione tra la condizione dell’indi-viduo e il contesto in cui vive, una visione che ci

MUSICOTERAPIAE DISABILITY STUDIES

Matteo Maienza, Pedagogista clinico,Musicoterapeuta, Firenze

PERCORSI PER L’INCLUSIONE

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riporta all’approccio bio-psico-sociale della Classifi-cazione Internazionale del Funzionamento, della di-sabilità e della salute (ICF): la persona è disabilita-ta da una società incapace di gestire la diversità eper superare questo occorrerebbe adottare un’azio-ne sociale di responsabilità collettiva che consentadi attuare le modifiche necessarie alla piena parte-cipazione delle persone con disabilità in tutti i setto-ri della vita.

DAL MODELLO SOCIALEAL MODELLO CULTURALE:IL LEGAME TRA AMBIENTE E DISABILITÀSul presupposto di affermazione del diritto delle per-sone disabili di poter decidere delle proprie vite, sisono sviluppati quattro modelli di pensiero all’inter-no dei DS: Social Model, Minority Model, RelationalModel e Cultural Model. Questi modelli hanno avutoorigine in Inghilterra, nel Nord Europa e negli StatiUniti all’interno di un sistema di welfare veramentesignificativo.Il Social e il Minority Model nascono dal concettoche l’esperienza individuale si fonda e acquisisce si-gnificato in un ambiente sociale che esclude dal pro-cesso di riproduzione della conoscenza i gruppiminoritari della società in quanto “non espressionedi caratteristiche ritenute normali”. Il legame tra igruppi minoritari nella difesa dei propri diritti hafatto emergere il problema della disabilità come unaquestione sociale, una complessa raccolta di condi-zioni, molte delle quali determinate dall’ambiente.Allo stesso modo, il Relational e il Cultural Modelcercano di comprendere l’importanza dell’immaginestereotipata della disabilità anche in relazione al lin-guaggio e al significato stesso delle parole utilizzatedalla cultura dominante, percepite come stigmatiz-zanti, liminali e interstiziali.

L’approccio dei DS evidenzia come la propensioneverso la normalità sia, di fatto, un impedimento allasoggettività, rivendicando quest’ultima proprio comediversità. Il lento processo di deistituzionalizzazione- la chiusura degli istituti manicomiali iniziata proprioin Italia nel 1978 con la legge 180 - è stato accom-

pagnato da una riforma radicale del pensiero econo-mico e sociale che ha riportato al centro della scenala famiglia e i genitori che si sono trovati a gestirein prima persona le problematiche dei propri figli.In seguito alla creazione di associazioni, le famigliedelle persone disabili si sono costituite come sog-getto politico per la rivendicazione dell’attenzione al-la questione della disabilità, promuovendo, ad esem-pio nel caso dell’autismo (che tratteremo più avan-ti), alcune metodologie d’intervento (in particolared’impostazione comportamentista) e la ricerca scien-tifica (genetica e neurologica). Il passaggio dall’isti-tuzione alla società civile, tuttavia, ha innescato lagenesi di nuove pratiche di gestione per le proble-matiche legate alla disabilità. Alla richiesta genito-riale di interventi mirati specifici per “guarire”, sonoseguite molte risposte; una è il principio di “norma-lizzazione” o “valorizzazione sociale dei ruoli”.La deistituzionalizzazione del ritardo mentale hacostituito un mutamento importante in terminisimbolici e materiali: non si sono solamente svuo-tate le grandi istituzioni, convertendole ad altradestinazione d’uso, la deistituzionalizzazione ha eli-minato le vecchie categorie che riflettevano i biso-gni delle istituzioni di custodia (idioti, imbecilli,deficienti, ritardati - di volta in volta consideratieducabili o addestrabili oppure no - e così via).  Il“frullatore morale” della deistituzionalizzazione hafatto sorgere la grande massa indifferenziata dei“bambini atipici” con particolare riferimento aibambini con una condizione autistica.

INTERVENTI TERAPEUTICI,IL CASO DELL’AUTISMO INFANTILENel corso degli anni, alla logica della normalizzazio-ne, fortemente criticata dai DS, sono corrisposte lemetodiche di intervento comportamentale: dalTEACCH (Treatment and Education of Autistic andRelated Communication Handicapped Children),ideato nei primi anni sessanta da Eric Schopler, finoall’ABA (Applied Behavior Analysis). Quest’ultima, inparticolare, si è imposta come terapia d’elezione perl’autismo, rivendicata dai genitori come nessun altrointervento. Si tratta di una forma di modificazione del

comportamento attraverso il condizionamento ope-rante derivata delle teorie comportamentiste radicalie riconosciuta dal Ministero della Sanità in quanto lasua efficacia è stata dimostrata attraverso studi con-dotti tramite meta-analisi.

MUSICOTERAPIA E AUTISMOLe linee guida del Ministero della Sanità per il tratta-mento dei Disturbi dello Spettro Autistico, nei bam-bini e negli adolescenti,evidenziano l’assenza diprove scientifiche sufficien-ti a formulare una racco-mandazione sull’utilizzodella musicoterapia1 acausa di limitazioni me-todologiche degli studi in-clusi nelle revisioni siste-matiche, del numero limi-tato degli studi e della mancanza di outcome clinicirilevanti.I contenuti scientifici analizzati per la valutazione del-la MT ricalcano le Scottish Intercollegiate GuidelinesNetwork (SIGN) - basate su 2 revisioni sistematiche(Ball, 2004; Gold et al., 2006) - che rimangono so-stanzialmente immodificate perché l’unico studioulteriore, individuato in queste linee guida, è un RCT(Kim et al., 2008) di dimensioni molto ridotte, con-dotto su un campione molto limitato (n=10), compo-sto da bambini maschi di età prescolare (età media51 mesi, range da 39 a 71 mesi), 5 dei quali auti-stici non verbali e 5 autistici verbali con vari livellidi abilità linguistiche.Gli interventi a confronto nel breve termine (12 set-timane) sono la MT (1 sessione a settimana di 30minuti) e il gioco strutturato (1 sessione a settimanadi 30 minuti). Secondo il giudizio concorde dei clini-ci e delle madri (espresso attraverso la misurazionealla scala Pervasive developmental disorder beha-vior inventory, PDDBI), non si rilevano differenzestatisticamente significative tra gli interventi a con-fronto nel comportamento “pro-sociale” (effect size:0,16; IC 95%: da -0,31 a 0,62). La musicoterapia risul-ta invece più efficace del gioco strutturato nell’otte-

nere miglioramenti nelle abilità di joint attention, perquanto riguarda la capacità sia di avviarla sia di man-tenerla (effect size: 0,63; IC 95%: 0,31-0,95).La misurazione è effettuata sulla scala Early socialcommunication scale (ESCS), che si basa sull’utilizzodi giochi e serve per valutare le abilità di comunica-zione sociale non verbali in bambini di età 6-30 mesi.La valutazione fornisce 2 punteggi: Initiation of jointattention (IJA), riferito a uno spettro di comporta-

menti che va da “presen-ta contatto visivo” a “usail puntamento o la mimi-ca per mostrare l’intenzio-ne di condividere l’espe-rienza di gioco con l’esami-natore”, e Respondingto joint attention (RJA),riferito al numero di voltein cui il bambino segue

correttamente la gestualità e il puntamento dell’esa-minatore. Infine la MT è associata con un significativoincremento del tempo di contatto oculare.In conclusione, i dati dello studio, condotto secon-do un corretto approccio metodologico ma su uncampione numericamente troppo limitato per for-nire risultati conclusivi, suggeriscono una maggioreefficacia nel breve termine, della MT, a confronto conil gioco strutturato, nel facilitare i comportamenti dijoint attention e la comunicazione non verbale.Uno studio più recente, pubblicato sul Journal of theAmerican Medical Association (Bieleninik et al.,2017), ha cercato di monitorare gli effetti dell’im-provvisazione musicale (IMT) sulla gravità dei sinto-mi, comparandone gli effetti con le cure tradizionali,in questo studio non sono stati riscontrati cambia-menti significativi.Si tratta di un RCT che ha coinvolto 364 bambini in 9paesi. L’approccio comunemente utilizzato in questostudio, di tipo medico/clinico, in cui la musica vieneutilizzata per compensare le diffettualità della perso-na autistica, non è risultato particolarmente efficace,anche in ragione del fatto che i bambini autistici rifiu-tano generalmente la maggior parte dei trattamentiterapeutici.

I risultati conclusivi suggerisconouna maggiore efficacia, nel brevetermine, della MT, a confrontocon il gioco strutturato,nel facilitare i comportamenti dijoint attention e la comunicazionenon verbale

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I punti deboli evidenziati hanno tuttavia confermato ilruolo importante della musica quale modalità comu-nicativa nella relazione con il musicoterapeuta; infatti,è stato attribuito un valore semantico ai suoni prodot-ti con il corpo, con la voce e con gli strumenti musi-cali, in modo da permettere di avere la percezione diessere compreso, ancheattraverso le risposte mu-sicali e non verbali.Questo è un metodo pervalorizzare le differenzemettendo al centro l’e-spressione analogica, an-ziché la verbalizzazione,permettendo, anche a chinon ha la capacità o glistrumenti per comunicare in maniera efficace, di instau-rare delle relazioni autentiche.

NORMALITÀ E NORMALIZZAZIONENELLA SOCIETÀ CONTEMPORANEAL’idea di normalità così come la concepiamo oggi èuna derivazione alquanto obsoleta del concetto di“ideale” risalente al XVII secolo ed esemplificatodalla tradizione degli dei e dei miti.Il termine “normale” ha cominciato a esistere inlatino, quando indicava la squadra da falegname cheancora oggi viene impiegata in geometria per descri-vere angoli retti e perpendicolari. Da qui a descrive-re il corretto funzionamento biologico e psicologico ilpasso è breve: normale è chi non sia fisicamente omentalmente malato.Sulle cause della concettualizzazione dell’idea di nor-malità, Canguilhem (1998) pone a confronto la con-cezione ontologica della malattia, concepita comel’opposto qualitativo della salute, e la concezione posi-tivista che la fa derivare quantitativamente dallo statonormale.Secondo Canguilhem, l’introduzione in patologia delconcetto di errore è un fatto di grande importanza, siaper la mutazione che esso, più che generare, rendemanifesta sia per il nuovo statuto che suppone nelrapporto tra i processi conoscitivi e i loro oggetti. Ildiscorso sulla normalità solleva questioni importanti

di carattere etico e politico e, in relazione a questo, iDS attribuiscono alla concettualizzazione dell’idea dinorma l’interiorizzazione da parte della società di unlinguaggio e di una cultura di oppressione nei con-fronti delle persone disabili.Il concetto di norma, diversamente da quello di ideale,

comporta che la maggio-ranza della popolazionedebba in qualche modoessere parte della norma.La norma identifica lamaggioranza specifica del-la popolazione che rientranell’arco della “curva stan-dard”. Il riferimento allastatistica non è casuale: è

il processo secondo cui l’imporsi di una nozione gene-ralizzata di “normale” come imperativo è strettamen-te associato alla formulazione del concetto di “uomomedio”. L’uso della statistica in medicina ha dato avvioa un importante movimento: quasi tutti i primi studio-si di statistica avevano una cosa in comune, eranoeugenisti.All’origine della medicina sta l’esperienza del mala-to, l’ostacolo che la malattia oppone alla sua normaleesistenza: «in materia biologica è il pathos che con-diziona il logos, perché lo chiama in causa».Canguilhem vede nel concetto di media un equiva-lente oggettivo e scientificamente valido del concet-to di “normale” o di “norma”.La difficoltà di un tale studio sull’uomo è dovuta alladifficoltà di esaminare da un punto di vista biometri-co l’individualità di ogni singola specie. Questo signi-ficherebbe attribuire un valore quantitativo all’espe-rienza dell’individualità umana. Questo è il meccani-smo che ha permesso l’affermazione e la crescitadella maggior parte dei regimi totalitari, anche se, tut-tavia, la stessa società democratica non è esente daquesto stesso meccanismo.Secondo la teoria dei Disability Studies, già con ilprocesso di istituzionalizzazione dei malati, sianoessi di natura fisica o psichica, avviene una primaforma di normalizzazione che è basata sull’ideologiadella repressione. In relazione con quanto è stato

affermato da Canguilhem e da Foucault (2011), con ilprocesso di normalizzazione delle persone disabili èstata portata avanti l’idea che uniformando il “di-sadattato sociale” attraverso un percorso di riabilita-zione mirato ad assimilare i principi e le modalità dicomportamento più consone alla società industriale,sarebbe possibile “curarlo” da ogni forma di devian-za, anche mediante l’uso di farmaci ed altre misurecontenitive. L’Olocausto riguarda tutti, perché è ilrisultato della logica di normalizzazione che la societàindustriale cerca di promuovere. Sarebbe sbagliatoattribuire all’idea di un “folle isolato” la causa dellosterminio nazista, significherebbe, ad esempio, ne-gare che gli stessi principi dell’eugenetica siano statiampiamente discussi e accettati dalla comunitàscientifica.

DISABILITÀE NEURODIVERSITÀUn concetto che può aiutarci a comprendere megliola visione dei Disability Studies, è il concetto di neu-rodiversità. Secondo Judy Singer (2014) la neurodi-versità rientra tra le categorie politiche più famiglia-ri di classe/genere/razza e rappresenta un’integra-zione del modello sociale della disabilità.Il dibattito, nell’ambito dei disturbi dello spettro au-tistico, riguarda la problematicità dei suoi costruttialla cui base troviamo lemisure di funzionamento(alto, basso, neurotipico)e classificazioni che ab-biamo già visto in prece-denza; ricordiamo che finoad alcuni anni fa le condi-zioni autistiche venivano considerate disturbi di tipo psi-chiatrico, le prime diagnosi si attestano attorno aglianni quaranta, quando si iniziò a notare un disturbo checolpiva la popolazione infantile con una diffusione dicirca 1:10000. Oggi, con la definizione e i criteri dia-gnostici significativamente ampliati, l’autismo è statoconsiderato come uno spettro ad ampio raggio, che col-pisce circa 1:68 bambini come adulti di ogni età 2.L’incremento sostanziale è dovuto alle definizioniche cambiano costantemente suggerendo la difficol-

tà nel classificare una categoria dai confini moltopoco definibili, come del resto la maggior parte dellediagnosi di tipo psichiatrico, e non è collegata a nes-sun marker biologico o meccanismo su larga scalache ci permetta di attribuirlo ad un gruppo culturale.La critica sollevata sulle definizioni di autismo ha tro-vato diversi sviluppi, fra i quali è interessante citarequello di Muskie 3 apparso per la prima volta in unsito web, e che capovolge radicalmente la definizio-ne di neurotipico, definendola come una sindrome,un disturbo neurobiologico, caratterizzato da: “preoc-cupazioni sociali, manie di superiorità e l’ossessioneper la conformità”. Un cospicuo numero di personeè interessato all’argomento: i blog degli autistici, lechat room e i siti web rimarcano insistentemente illoro legame con le neuroscienze, o quantomeno conun modo di esprimersi intriso di terminologia “neu-ro” in connessione con lo sviluppo di un senso iden-titario positivo.Si tratta evidentemente di un modo efficace persuperare la stigmatizzazione sociale, complici lenuove scoperte nel campo delle neuroscienze cogni-tive, caratterizzate per un crescente interesse per lostudio delle differenze umane. Le tecniche di brainimaging vengono utilizzate per individuare differen-ze strutturali e funzionali nel cervello tra generi, cul-ture, orientamenti sessuali, per cui ci appare lecito

tentare un’apertura ver-so questo tentativo.I sostenitori della teoriadella neuro-diversità con-dividono l’idea che l’auti-smo sia una condizioneneurologica, sostenendo

un giudizio positivo sulla propria condizione legitti-mati dal prestigio delle neuroscienze; le neuroscien-ze servono per giustificare e naturalizzare le differen-ze. Ad ogni modo, è necessario evidenziare alcunecritiche al modello promosso da questa impostazio-ne, prima di tutto in merito alla comunità che si iden-tifica come “neurodiversa”, composta da un numeroesiguo di forme lievi di autismo, come quelle cosid-dette ad alto funzionamento.In secondo luogo, c’è il rischio di cadere in una

Secondo la teoria dei DisabilityStudies, già con il processodi istituzionalizzazione dei malati,avviene una prima formadi normalizzazione che è basatasull’ideologia della repressione

I sostenitori della teoriadella neuro-diversitàcondividono l’idea che l’autismosia una condizione neurologica

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nuova forma di classificazione, per di più basata sulrigido determinismo biologico. Sarebbe una visionetroppo riduttiva dell’esperienza umana, priva di al-cun riferimento ai sistemi di contesto e alle intera-zioni sociali. L’idea stessa di neurodiversità presup-pone che vi sia una neuro-tipicità.La neurologia funziona, in questo caso, come unostrumento per erigere frontiere identitarie. Se per unverso, quindi, il con-cetto di neurodiversitàha contribuito a raffor-zare gli schemi menta-li per aiutarci a com-prendere la disabilità,creando il senso di ap-partenenza ad una co-munità e cancellandolo stigma sociale spesso associato alla patologiamentale, dall’altro una concezione troppo determi-nistica può avvilire la nozione di ciò che significaessere una persona, basandosi esclusivamente sullesue caratteristiche biologiche.Un sostegno a questa teoria sembra arrivare dalmondo della scuola, in cui non molto recentementesi è iniziato a parlare di Disturbi Specifici dell’Appren-dimento (DSA) che, come sottolineato dall’AiD, As-sociazione Italiana Dislessia, riguarda un considerevo-le numero di allievi con una condizione di “varietàneuronali”, il numero di bambini e ragazzi con DSAnon è inferiore al 3% degli studenti.Inoltre, all’interno della classificazione dei DSA sonosottoelencate altre categorie, in riferimento ad unulteriore varietà del disturbo per quanto riguarda, adesempio, la capacità di calcolo, oppure l’abilità a leg-gere e scrivere, ognuna secondo peculiarità indivi-duali che suggeriscono come esista una certa varie-tà nel funzionamento di ogni bambino che si trovaad affrontare il mondo della scuola come riflessodella società.

CHE COSA DOVREBBE FARE, DUNQUE,LA MUSICOTERAPIA?La letteratura sui disturbi dello spettro autistico cisuggerisce una varietà di esempi di interazione tra

musica e persona autistica, spesso caratterizzati dauna ripetitività nel fraseggio e nell’attenzione ai det-tagli. Crediamo che la musica debba essere di facileaccesso a chiunque, la musicoterapia ha l’ambizionedi rendere possibile questo. Il musicoterapeuta, perperseguire tale obiettivo, deve distaccarsi dall’impo-stazione clinica tradizionale dove la musica viene uti-lizzata per normalizzare il comportamento. Se gli

obiettivi, invece, sonomigliorare l’espressionedel sé, la propria cono-scenza, cultura e il be-nessere del fare musicainsieme, la musicotera-pia può costituire unapreziosa opportunità. Lamusicoterapia, nell’otti-

ca dei DS, dovrebbe puntare all’espressività, a favo-rire la cultura e la conoscenza dell’individuo nellacomunità e a ricercare il piacere di una mutua relazio-ne generata dal fare musica insieme. Senza sottovalu-tare gli aspetti del piacere generato dalla condivisionemusicale, la musicoterapia può facilitare una relazionemusicale.Attraverso la libera improvvisazione i bambini impara-no a stare insieme, a rispettare i tempi propri e deglialtri, imparano a conoscersi meglio attraverso l’ascol-to reciproco e comunicano tra di loro.Nella musica e nell’improvvisazione in particolare,l’identità del gruppo è la nuova componente che rendepossibile la consapevolezza empatica nel qui ed ora.

I risultati positivi di questo approccio sono riscontra-bili sia per l’individuo stesso, che può migliorare lasua storia evolutiva, prevenire forme di autolesioni-smo, aggressività o disturbi sociali, sia per la socie-tà tutta in quanto contribuisce a diffondere l’ideadella diversità come valore aggiunto nella società.I bambini autistici rifiutano generalmente la maggiorparte dei trattamenti terapeutici e, in alcuni casi, ver-rebbe da pensare che si tratti di “cure impossibili”.Secondo alcuni si tratta piuttosto di un tipo di ap-proccio ad essere considerato “indesiderato” propriocome lo sarebbe una cura per l’omosessualità o l’es-

sere neri, o per qualsiasi altra tipologia biosociale.Questi approcci, spesso di tipo comportamentista,mirano alla cura o alla riabilitazione del paziente se-condo una prospettiva medica e anche in musicote-rapia assistiamo ad un approccio in cui si propone lamusica come una sorta di normalizzazione, rimedioo cura. Come abbiamo visto, in molte condizioni, que-sto non è realmente possibile, la musicoterapia do-vrebbe mirare alla valorizzazione degli interessi mu-sicali, comunicativi e relazionali dei propri utenti.L’approccio di tipo medico-terapeutico, in cui la musi-ca viene utilizzata per normalizzare il comportamen-to della persona deficitaria e rimediare alle suemancanze o difetti, non è considerato particolar-mente efficace. Se ci si vuole imporre come opera-tori di prestazioni sanitarie, si rischia la possibilità diprodurre scarsi risultati non misurabili e nel caso del-l’autismo questa possibilità è garantita in anticipo.Le persone autistiche, spesso, hanno interessi musi-cali e attitudini distintive, potremmo cercare di colti-vare la loro cultura indigena in un’atmosfera di ri-spetto reciproco.Ognuno, disabile o no, dovrebbe avere accesso allamusica e la musicoterapia può rendere possibilequesto accesso.

Nella musica, e nell’improvvisazionein particolare, l’identità del gruppoè la nuova componenteche rende possibile la consapevolezzaempatica nel qui ed ora

Note

[1] Linea guida 21: Il trattamento dei disturbi dellospettro autistico nei bambini e negli adolescen-ti Ministero della Salute, Sistema Nazionale perle Linee Guida, Milano, 2015.

[2] Dati CDC Centers for Disease Control, stima2014.

[3] Istituto per lo studio del neurologicamente tipico,Autism Network Internationalwww.autismnetworkinternational.orgSyracuse, NY. 7-03-2011.

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This article presents the topic of musicalcompetence in music therapy.The author examines various points

of view and proposes theoretical and applicativeconsiderations for the training of music therapyprofessionals. The article offers excerpts frommusic therapy sessions and an extensive bibliographyof the topics discussed.

Il contributo che mi accingo a presentare intendeaffrontare nuovamente il tema della competenzamusicale in ambito musicoterapico. L’indubbia com-plessità delle argomentazioni da esaminare poneinnanzitutto l’esigenza di definire nello specifico ilconcetto di competenza. Procederò pertanto seguen-do un’ottica esplicativa circolare che inizierà da defi-nizioni a largo spettro per scendere a spirale nellospecifico della competenza musicale in musicotera-pia. I passaggi, che condurranno allo specifico delladefinizione delle competenze musicali del musicote-rapista, ci porteranno anche ad una riflessione rela-tiva a “ciò che sappiamo” in merito alle tematichesuddette. Nel corso della disamina relativa alle te-matiche generali, saranno presentate alcune esem-plificazioni tratte da sedute di musicoterapia attivaimpostata prevalentemente su processi d’improvvi-sazione. Il presente contributo si concluderà con al-cune riflessioni personali ed una bibliografia relativaagli argomenti presentati.

COSA INTENDIAMO PER COMPETENZATra le varie definizioni di competenza, quella mag-giormente in linea con le esigenze del contestomusicoterapico, sembra essere la seguente: “inte-grazione di competenze ed abilità di tipo cognitivo,personale, sociale e relazionale per svolgere un’atti-vità ed approcciare problematiche contingenti” (DaRe, 2014). Competenza quindi intesa come “combi-

LA COMPETENZA MUSICALENELLA PROFESSIONEMUSICOTERAPICA

Ferruccio Demaestri, Musicista, Musicoterapeuta,Formatore e Supervisore in ambito musicoterapico

ALCUNI SPUNTI DI RIFLESSIONE

nazione di conoscenze, abilità e attitudini appropria-te al contesto in relazione ai bisogni della persona opersone incontrate”. La competenza pertanto si con-figura come:- Sapere (insieme di conoscenze).- Saper fare (insieme di abilità).- Sapere come fare (insieme di abilità complesse,

ovvero agire attraverso la combinazione delle co-noscenze e delle abilità acquisite).

- Sapere perché farlo (operare all’interno di proces-si metacognitivi, ad esempio in relazione alle ca-ratteristiche del profilo neuropsicologico dell’uten-te trattato).

- Generalizzare, trasferire (saper operare seguendoun’ottica “allargata” che dal contesto musicoterapi-co possa estendersi, seguendo percorsi integrativi,agli ambiti quotidiani di vita delle persone trattate).

- Ideare, progettare, affrontare, gestire (saper ela-borare le diverse fasi in termini d’approccio inte-grato interdisciplinare in collaborazione con altreprofessionalità).

- Collaborare, relazionarsi (saper lavorare in contestid’équipe, offrire alle famiglie spunti legati al musi-cale per interagire e relazionarsi con persone in dif-ficoltà all’interno del sistema famigliare).

La schematizzazione proposta deve essere sempre,secondo Franca Da Re (2014), posta in relazione conil concetto di persona competente ovvero con lacapacità d’integrazione operata dall’individuo nel

suo agire in modo competente nell’ambito dellosvolgimento della sua funzione professionale.Questi primi spunti aprono ad una potenziale rifles-sione articolabile almeno su due fronti:- Il primo fronte correlato alle responsabilità del for-

matore musicale in ambito musicoterapico;- il secondo alle responsabilità del professionista

della musicoterapia in formazione, per quanto ri-guarda lo specifico del musicale.

Il primo punto descritto ci pone di fronte a quelloche personalmente considero un obbligo per chi sipropone in qualità di formatore in musicoterapia.Valutare la preparazione di base in termini musicalidegli studenti e dei futuri professionisti costituisceuna verifica preliminare importante. La valutazionedovrebbe essere fatta in fase di colloquio con il cor-sista, successivamente associata ad un momentod’ascolto diretto delle competenze espressivo-musi-cali. Dopo il momento di colloquio-incontro-ascolto,il formatore potrà suggerire allo studente un even-tuale percorso d’approfondimento su aree generalioppure su campi specifici pertinenti al contesto mu-sicoterapico da svolgere parallelamente al percorsoformativo.Il secondo punto è da considerare come momento diriflessione personale dello studente in merito allanecessità di consolidare, avviare, estendere le pro-prie competenze di carattere musicale.Questo aspetto dovrebbe essere monitorato dai do-

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centi durante tutto il percorso formativo, dovrebbeessere sostenuto e verificato in modo costante, an-che nei casi di presenza di ottime capacità tecnicoesecutive.La competenza musicale in musicoterapia non è ne-cessariamente legata ad una dote virtuosistica musi-cale. La capacità di socializzare attraverso la musica,il saper condividere esperienze espressive-musicalinel contatto umano individuale o gruppale, tramitele pratiche più disparate, forse costituiscono gli ele-menti di base per la strutturazione di una competen-za musicale in musicoterapia.Affrontare il contesto musicoterapico nei suoi diffe-renti ambiti, preventivo, riabilitativo e terapeutico(Postacchini, 2015) pone l’operatore della musicote-rapia all’interno di un campo in continua modulazio-ne. Un campo che prevede passaggi fluidi tra reper-tori (stili, pratiche, epoche, tecniche) talvolta moltodistanti tra loro o, allo stesso modo, sottopone il pro-fessionista alle continuee mutevoli esigenze det-tate dai bisogni dell’u-tenza trattata. Possiamotranquillamente afferma-re che una formazionemusicale ottimale in mu-sicoterapia non è maicompletamente raggiun-ta. È necessario porsi inun’ottica di formazione continua, così come avvieneper gli aggiornamenti necessari per le altre aree delsapere musicoterapico (psicologia, medicina, neuro-scienze, etc.). Raggiungere la posizione del saperessere musicale all’interno del contesto musicotera-pico costituisce pertanto un processo che accompa-gna l’intera vita professionale.

RIFERIMENTI TEORICI STORICI DI BASEPER UNA RIFLESSIONE SULLACOMPETENZA MUSICALE IN MUSICOTERAPIADurante il mio ormai prolungato periodo di attivitàprofessionale musicoterapica, sia in ambito applicati-vo sia all’interno di contesti formativi, ho avuto oc-casione d’incontrare, all’interno del panorama italiano

ed internazionale, alcuni autori significativi per unariflessione sul musicale in musicoterapia.Questi autori con i loro riferimenti hanno influenzato inmodo importante il mio punto di vista relativo allecompetenze musicali in musicoterapia.Di seguito fornirò un elenco sintetico di questi contri-buti con la consapevolezza di tracciare alcune possi-bili linee essenziali di riferimento.

Michel Imberty. L’autore espone, all’interno del IIvolume dell’Enciclopedia Einaudi “Il sapere musica-le” (2002), un’accurata indagine relativa allo svilup-po delle competenze musicali nel bambino.L’impostazione del lavoro di Imberty ci consente diraccogliere numerosi spunti per la definizione deglielementi salienti che contraddistinguono la dimen-sione dell’operare musicalmente in ambito musicote-rapico. Il professionista della musicoterapia deve cono-scere in maniera approfondita lo sviluppo delle capa-

cità musicali del bam-bino già dai primi annidi vita, sia in termini dipercezione-discrimina-zione degli eventi sono-ri e musicali dell’am-biente (in primis l’am-biente-relazione con lamadre) sia in terminiespressivi, comunicativi

ed affettivo-relazionali. La disamina di Imberty offrequesta prospettiva, che nel corso dello sviluppo dellapersona dovrà essere integrata con altri significativicontributi. Di Imberty non possiamo esimerci dal cita-re anche gli importanti studi in ambito semiologicomusicale raccolti nello storico volume Suoni EmozioniSignificati (1986).

Beth Bolton. L’autrice, con i suoi riferimenti allametodologia gordoniana (Gordon, 2003), approfon-disce lo sviluppo del pensiero musicale (Audiation)nei bambini già in tenera età. Anche se l’approccioafferisce all’ambito dell’educazione musicale, ritengoimportanti gli spunti offerti da questo metodo ancheper il campo della musicoterapia. Come ho già evi-

Affrontare il contesto musicoterapiconei suoi differenti ambiti,preventivo, riabilitativo e terapeuticopone l’operatore della musicoterapiaall’interno di un campoin continua modulazione

denziato trovo indispensabile conoscere lo sviluppodel bambino nelle sue varie fasi e considero parti-colarmente stimolante un approccio che perseguil’integrazione di diversi canali (vocali, motori, ritmi-ci) per l’organizzazione del pensiero in musica.Questo punto di vista, secondo il mio parere, costi-tuisce un elemento trasversale con valenza integra-tiva, all’interno dei vari campi d’applicazione dellamusicoterapia. Non mi riferisco solo alla fascia del-l’età evolutiva. Per la natura delle proposte e so-prattutto per l’attenzione con la quale vengono pre-parati i canti, i pattern ritmici, le varie combinazio-ni tra voce e corporeità, credo che alcuni spunti diquesta metodologia possano essere ripresi ancheall’interno di trattamenti rivolti a patologie inva-lidanti dell’età adulta. In particolare in questoapproccio, rispetto agli studi originali di EdwinGordon, Elisabeth Bolton attribuisce valore e signi-ficato alla dimensione affettiva presente all’internodelle attività musicali, ponendo l’accento sul pro-cesso di sintonizzazione ormai noto a tutti i profes-sionisti del settore musicoterapico.

Francois Delalande. I suoi scritti appaiono ad oggiancora ricchi di stimoli per l’ambito musicoterapico.Nel suo libro “Le condotte musicali” (1983) e nellepubblicazioni successive (2004), l’autore delineal’importanza di un approccio psicoeducativo miratoalla valorizzazione degli schemi elementari d’azioneutilizzati dai bambini per esplorare e produrre even-ti sonori e protomusicali. Delalande nei suoi testievidenzia l’importanza di attribuire un valore ludicoalle condotte musicali scoprendo o riscoprendo leintenzioni spontanee di azione sull’oggetto sonoro.Gli spunti di Delalande hanno influenzato moltericerche dell’ambito educativo-musicale e ad oggicostituiscono un riferimento anche per il mondomusicoterapico sia in termini di formazione sia inambito clinico-applicativo.

Maurizio Spaccazocchi. Lo studioso offre una pro-spettiva “antropologica” del rapporto uomo-musica.Già all’interno del testo “Musica Umana Esperienzadel 2000”, il ricercatore e pedagogista musicale evi-

denziava i bisogni dell’essere umano in relazione allinguaggio musicale. Le indagini e le riflessioni pre-sentate nei testi di Spaccazocchi conducono ad unaanalisi dei diversi ambiti di fruizione e azione del-l’uomo in musica. Il rapporto tra ascolto e musica,movimento e musica, gioco e musica, parola e musi-ca, processi cognitivi e musica, ecc., vengono docu-mentati da Spaccazocchi insieme ad esemplificazionie contributi utili alla definizione di una competenzamusicale in musicoterapia 1.

Gino Stefani. Nella sua disamina della competenzamusicale viene proposta una prospettiva interessan-te articolata su differenti livelli di fruizione dell’espe-rienza musicale.Già dalle pubblicazioni degli anni ’80, Stefani inqua-drava la competenza musicale in termini generalicome la capacità di produzione di senso mediantee/o intorno alla musica. L’autore offriva una visionedel musicale in termini molto ampi evidenziandol’immensa ed eterogenea massa di pratiche colletti-ve ed esperienze individuali che implicano i suoniche in Occidente chiamiamo “musica”. All’internodel modello elaborato da Stefani venivano indivi-duati differenti livelli:- Codici Generali, ovvero schemi percettivi, conven-

zioni di base, comportamenti antropologici con iquali percepiamo ed interpretiamo qualunqueesperienza quindi anche quella sonora e musicale;

- Pratiche Sociali, ossia progetti e modi di produzio-ne materiale o segnica particolari. Istituzioni cul-turali fra cui anche la musica (il concerto, la criti-ca, ecc);

- Tecniche Musicali, ovvero teorie, metodi, procedi-menti specifici delle pratiche musicali (strumenti,scale, forme compositive, ecc);

- Stili, di genere, epoca, ovvero modi particolari dicombinare tecniche musicali, pratiche sociali e co-dici generali;

- Opere, ovvero musiche singole, specifiche, uniche(riconoscere un determinato brano).

Dalle possibili combinazioni dei livelli descritti, GinoStefani (1985) forniva elementi significativi per ladefinizione di una competenza musicale (colta e po-

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polare)2 distribuita sulle differenti modalità di appro-priazione dell’esperienza musicale da parte degliascoltatori/fruitori/produttori.

Tony Wigram. Il suo fondamentale testo “Improv-visazione” (2004) propone un’ampia disamina rela-tiva al tema dell’improvvisazione in musicoterapiaunita a numerosi esempi musicali inerenti a svariatepossibilità d’utilizzo di tecniche, stili, modalità di svi-luppo dei processi improvvisativi in ambito clinico. Illibro offre la possibilità di ampliare la prospettiva ita-liana del fare musicoterapia e favorisce il contat-to/esplorazione con le pratiche diffuse in ambitointernazionale in particolare Inghilterra e Stati Uniti.Dalla lettura del testo emerge l’esigenza di sostene-re dal punto di vista formativo la strutturazione disolide competenze musicali nei professionisti dellamusicoterapia.

COME COSTRUIRE ED ARTICOLARE LACOMPETENZA MUSICALE IN MUSICOTERAPIANel corso dell’ultimo decennio l’applicazione dellamusicoterapia si è diffusa all’interno di ambiti di trat-tamento molto diversificati. Oggi è relativamentefrequente incontrare pazienti in possesso di buone,talvolta ottime competenze musicali sia nell’ambitotecnico-esecutivo sia per quanto riguarda la dimen-sione dell’ascolto. Pensiamo ad esempio agli approc-ci musicoterapici in oncologia, con l’anziano, in ambi-to adolescenziale, ovvero a contesti nei quali le ca-pacità cognitive dei pazienti sono spesso relativa-mente integre e di conseguenza le abilità anche inambito musicale sono (in toto o parzialmente) con-servate. Faccio riferimento alle abilità esecutive, (l’uti-lizzo di uno o più strumenti musicali o della voce) ealle conoscenze di repertori musicali tramite l’ascol-to (i generi, gli stili, gli autori, le epoche).Occorre pertanto formulare degli interrogativi relati-vi al come e al cosa valorizzare in termini di tra-smissione di sapere per quanto riguarda la forma-zione musicoterapica e formulare qualche domandaanche sul come e sul cosa valorizzare all’interno deitrattamenti musicoterapici in fase di attuazione deivari progetti.

Dalla lettura del testo a cura di Marco Gatto e LucaLentini “L’esperienza musicale” (2017), alcune ri-flessioni possono essere sviluppate in particolaredalla lettura del saggio di Giovanni Guanti. Pur trat-tandosi di uno scritto orientato ad ambiti di esteticamusicale, è possibile raccogliere e rielaborare le con-siderazioni formulate dall’autore attraverso una ri-contestualizzazione all’ambito musicoterapico.Propongo pertanto i seguenti spunti di riflessione alfine di stimolare ulteriori pensieri:

A)La musica in musicoterapia non può costituire ilripudio delle forme, degli stili, dei generi, delleepoche, e dei riferimenti paradigmatici teorici, mala continuazione e la combinazione di tutti questiaspetti. Le capacità di modulazione offerte dallacreatività e sensibilità del professionista della mu-sicoterapia dovrebbero consentire (grazie ad unasolida preparazione tecnica) di articolare un dialogointersoggettivo tra la musicalità del paziente equella appunto del terapista. Il saper combinareelementi talvolta molto distanti tra loro, l’opera-re integrazioni tra metodologie afferenti a svariaticampi (didattica, improvvisazione, composizione,esecuzione), all’interno della relazione espressivasonoro-musicale, può consentire la strutturazionedi un approccio armonizzante nelle intenzioni, nellascelta dei materiali sonori, nella ricerca di uno stilespecifico, calibrato sulla struttura funzionale (Po-stacchini, 2015) della persona che incontriamo.Operiamo pertanto all’interno di un’ottica ampiasenza precludere al paziente o precluderci in quan-to operatori le combinazioni più ardite e creative.

B)È necessario superare con decisione le barriere trastili (pratiche, approcci) di tipo “alto” e di tipo“basso”. Analogamente è necessario superare ladistinzione tra valori musicali ed estetici “elitari”e “populistici”. Questi punti possono sembrare ba-nali e scontati per il contesto musicoterapico, masoprattutto per quanto riguarda l’ambito formativoè possibile riscontrare una tendenza giudicante daparte dei futuri professionisti della musicoterapia.Il graduale raggiungimento di una posizione di

non giudizio ed apertura nei confronti dei varimateriali sonoro-musicali costituisce uno dei puntinodali dell’intero processo formativo. Tale posizio-ne deve necessariamente essere mantenuta conla dovuta flessibilità nella successiva fase di appli-cazione delle metodiche musicoterapiche. Una ade-guata preparazione musicale, che tenga conto diquesti aspetti, può facilitare e sostenere l’azioneapplicativa nei vari ambiti di lavoro.

C) La musica in musicoterapia non deve essere con-siderata come entità autonoma, bensì rilevanteall’interno di specifici contesti culturali e sociali.Negli ultimi anni questa dimensione ha conosciu-to e sta conoscendo un’evoluzione importante sepensiamo ai vari fenomeni di contaminazione cul-turale in atto nel nostro paese. Pensare alla com-petenza musicale in musicoterapia pertanto ci ob-bliga a riflettere in termini di approccio transcultu-rale valorizzando gli aspetti integrativi insiti nellinguaggio musicale. Pensando all’ambito formati-vo probabilmente sarebbero necessari percorsi diampliamento delle conoscenze musicali dellediverse tradizioni, delle pratiche e dei valori che lamusica ad ogni latitudine può portare.

D)Per lo sviluppo di una competenza musicale inmusicoterapia appare necessario considerare latecnologia non soltanto come mezzo per conser-vare o trasmettere la musica, ma anche come ele-mento profondamento implicato nella produzionedell’essenza di essa (Guanti, 2017). L’utilizzo dimezzi informatici, di strumentazioni elettroniche,del canale web, nell’epoca attuale può configurar-si come elemento significativo per la pianificazio-ne di percorsi musicoterapici e per l’incontro con ipazienti.

E) La musica in musicoterapia diffida le opposizionibinarie, include frammentazione e discontinuità.Coinvolge pluralismo ed eclettismo. Come ho giàavuto modo di evidenziare in precedenza, la com-petenza musicale in musicoterapia è un processoche accompagna la crescita dell’intera vita profes-

sionale del tecnico professionista. Non si limitaall’acquisizione di competenze accademiche, cosìcome non risulta integra se le competenze giun-gono da ambiti e frequentazioni musicali differen-ti dai contesti istituzionali. La contaminazione, loscambio e l’integrazione dei differenti ambiti (isti-tuzionale-accademico, non istituzionale) può costi-tuire una risorsa per la formazione continua.Anche all’interno di questo punto ritroviamo la ne-cessità di un agire flessibile. L’operazione di conti-nua rimodulazione musicale all’interno dei settingmusicoterapici qualifica e rende specifica l’azioneterapeutica.

F) Il musicale in musicoterapia può proporre significa-ti multipli articolati su multiple temporalità ed indi-vidualità. Questo punto offre la possibilità di pen-sare al musicale in musicoterapia come peculiaritàdella persona (sia essa paziente o operatore), sot-tolineando la dimensione dinamica dell’esperienzamusicale. Dimensione da valorizzare, approfondireed impiegare come elemento specifico nell’in-staurazione della relazione musicoterapica. La mol-teplicità dei nessi distribuiti sullo scenario di unapossibile costruzione di senso e significato musi-cale-relazionale, diviene punto centrale nella defi-nizione di una competenza musicale in musicote-rapia. L’analisi dettagliata di questi nessi e la lororendicontazione renderanno specifico l’intervento.

POSSIBILI ESEMPLIFICAZIONI NELLAPRATICA APPLICATIVA MUSICOTERAPICAAl fine di esemplificare quanto esposto, propongouno schema di giornata “MUSICOterapica“ tipica delcontesto istituzionale nel quale opero durante lasettimana.

Ore 9,00: trattamento di M. - ragazzina di 10 annicon diagnosi di Disturbo dello spettro autistico (ASD).Assente il linguaggio verbale. Problematiche com-portamentali lievi. Rifiuta il contatto corporeo.Utilizza la batteria elettronica con modalità adegua-te. La seduta è centrata sull’impiego della canzoneinfantile popolare “La pecora nel bosco”.

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La bambina segue la pulsazione ritmica, intona lamelodia vocalizzando, segue con il corpo l’andamen-to ritmico del brano. Il terapista gioca sulle variazio-ni di intensità, velocità, propone momenti stop andgo. M. si attiva instaurando un contatto oculare, sor-ride, attende il ripetersi del brano e in alcuni casianticipa le cadenze IV, V, I.Il format “La pecora nel bosco” appare ricco di spun-ti per l’improvvisazione musicoterapica. È necessarioagire seguendo linee di destrutturazione del branonei suoi elementi più significativi in termini percetti-vi (cadenze armoniche, cellule ritmico-melodiche,testo e sua scansione) per consentire alla bambinadi fruire delle proposte e di attivarsi nelle risposte.Questo format offre innumerevoli spunti d’improvvi-sazione e modulazione ed è uno dei modelli musi-cali più fortemente connotati e funzionali per l’ap-proccio a questo tipo di disturbi.

Ore 10,00: trattamento di K. - ragazzo di 16 anni diorigine africana con diagnosi di Disturbo borderlinedi personalità. Presente il linguaggio verbale. Co-nosce diverse lingue: italiano, francese, ningala edalcuni dialetti congolesi. Il rapporto s’instaura sulpiano verbale e in termini musicoterapici si utilizzala tecnica del songwriting.K. ama scrivere testi relativi alla propria esperienzadi vita e predilige la realizzazione di registrazioni operformance live su basi hip-hop scaricate dal web.La musica della seduta con K. appartiene al genererap e propone le strutture ritmiche, armoniche ed ilsuono tipico del repertorio e dello stile. Il lavoro conil ragazzo si struttura su schemi ritmico-armonicipiuttosto rigidi, ma la creatività nell’elaborazione deitesti delle canzoni e la possibilità di ricostruire unastoria personale, attraverso la musica e la composi-zione, offrono spunti di modulazione continua e direlazione integrata con K.

Ore 11,00: trattamento di A. - bambino di 9 anni condiagnosi di Disturbo dello spettro autistico. Presenteil linguaggio verbale soprattutto in forma ecolalica.Presenti alcune competenze comunicative come larichiesta, la risposta con il si o il no, la capacità di

effettuare scelte dichiarandole verbalmente. Presentiimportanti problematiche comportamentali nel rap-porto con gli oggetti e con l’ambiente. Scarsa tolle-ranza alle frustrazioni. A. utilizza gli strumenti a per-cussione per produrre sequenze ritmiche di elevataintensità. Sono presenti alcuni pattern riconducibili acondotte musicali sociali (ritmo dei tamburi allo sta-dio) o a cadenze di marcia militare.Il musicoterapista struttura la seduta con tecniched’improvvisazione, imitazione, contrasto e rispec-chiamento. La strutturazione dei vari momenti appa-re difficile a causa della frammentarietà dell’agiremusicale di A. Il bambino instaura brevemente uncontatto oculare durante i rari momenti d’interazio-ne sonoro-musicale con il terapista. All’interno delpercorso con A. gli elementi di frammentazione econtrasto si configurano come peculiari. Da parte delmusicoterapista è necessario agire nel senso di uncontinuo riposizionamento e rielaborazione del ma-teriale sonoro/musicale proposto dal bambino. Lecombinazioni tra voce, corpo, ritmo e melodia risul-tano essere le più agevoli per incontrare A.

Ore 12,00: trattamento di E. - ragazzo di 14 anni condiagnosi di Disturbo della condotta e lieve ritardocognitivo. Presente il linguaggio verbale. E. non sirapporta al setting musicoterapico in termini attivi.Predilige l’ascolto di canzoni insieme al terapista. Ilrepertorio musicale proposto da E. appartiene preva-lentemente al genere pop italiano oppure al generetrap. Tra gli artisti preferiti dal ragazzo vi sono: Modà,Fedez, Benji e Fede, Baby K, ecc.I brani vengono riproposti in modo ridondante. E. inalcuni casi accenna ad elementi autobiografici corre-lati ai brani ascoltati facendo riferimento alla vitafamigliare o ad eventi significativi per il ragazzo(amicizie, cambi di comunità terapeutica, ricordi del-l’infanzia). Non è possibile proporre momenti di dia-logo sonoro non verbale.La seduta è interamente dedicata alla scelta e all’a-scolto dei repertori musicali descritti con brevimomenti di verbalizzazione da parte del ragazzo.Musicalmente E. ci offre un panorama sulla sua vitaaffettiva controllando, attraverso la continua propo-

sta d’ascolti, la temporalità della seduta e la possi-bilità d’interagire col terapista. Gli elementi di ripe-titività nelle scelte effettuate dal ragazzo sembranoorientate a bloccare e controllare il tempo e la rela-zione con l’altro. L’unica possibilità d’incontro con E.sembra pertanto quella di ascoltare i repertoriabbandonando la dimensione del giudizio e dell’a-zione musicale diretta.

Ore 13,30: trattamento di V. - è co-condotto con lacollega neuropsicomotricista. V. ha 6 anni e presentauna diagnosi di ritardo cognitivo grave. Assenza di lin-guaggio verbale. Presenza di stereotipie alle mani,grave deficit motorio. Deambula con sostegno. Pre-senti alcuni vocalizzi nei momenti di forte attivazioneglobale. La musica pensata per V. prevede proposte dibrevi pattern melodico-ritmici con la voce o con ilcorpo. Le proposte formulate dal musicoterapista facili-tano in alcuni casi l’instaurazione di un contatto ocula-re e brevi momenti di attivazione vocale. La bambinasi sintonizza sulla tonica dei pattern melodici proposti ein alcuni casi segue brevemente la pulsazione ritmicabattendo le mani. Gli spunti musicali di questi incontriderivano dal repertorio appartenente alla metodologiaMusica in Culla e vengono modulati in relazione allecaratteristiche personali della bambina.

Ore 14,30: trattamento di M. - ragazzo di 17 anni conimportanti problematiche comportamentali, Sindromedi Gilles de La Tourette, agiti aggressivi e atteggia-menti provocatori. Presente il linguaggio verbale strut-turato. M. ama ascoltare in seduta brani musicaliappartenenti all’ambito famigliare. In particolare ver-balizza il suo interesse per l’identità sonora del padreconnotata dalla presenza di un repertorio cantautoraleitaliano (De Gregori, De Andrè, Dalla, Guccini, Battisti,ecc). M. possiede alcune competenze di utilizzo fun-zionale della chitarra (strumento suonato anche dalpadre). Conosce alcuni accordi e riesce a comporre il“giro” di DO (Do, La min, Fa, Sol7, Do) senza peròriuscire a seguire un ritmo regolare. M. suona in modoimpulsivo, con scarso controllo dei movimenti in ter-mini ritmici e dilata molto i tempi nei momenti in cuinecessita un cambiamento dell’armonia.

Il musicoterapista per incontrare M. in termini musi-cali può effettuare due tipi di scelte. La prima lega-ta all’ascolto condiviso non giudicante, la secondaorientata ad una condivisione dell’esperienza musi-cale alla chitarra. In seduta pertanto si verificanomomenti d’incontro sulle armonie descritte, uniti aspunti didattici rivolti al ragazzo: suonare in modomeno teso, utilizzare lo strumento per eseguire unbrano specifico, ecc.

Ore 15,30: trattamento di G. - ragazzo di 16 anni condiagnosi di Disturbo borderline di personalità, impor-tanti agiti anticonservativi, passione per la musicaorganistica. G. ha sostenuto l’esame di teoria e sol-feggio nel programma di vecchio ordinamento pres-so il conservatorio. Il ragazzo sa eseguire alcuni pre-ludi di Chopin, esegue le scale maggiori e minori,conosce la Fantasia in Re min K 397 di Mozart.Esegue il brano con alcune incertezze, ma nel com-plesso la competenza tecnica ed interpretativa sonobuone. G. desidera scrivere un brano di carattereromantico da dedicare ad una ragazza. L’intervento(perlomeno in una delle sue fasi), prevede l’utilizzodel software di videoscrittura musicale Finale.Il brano è realizzato durante le sedute di musicote-rapia facendo riferimento ad alcuni spunti tratti dallatecnica del song-writing. Il brano si configura comeuna forma A-B-A e presenta un andamento lento(Andante). Le armonie pianistiche e l’andamentomelodico proposto da G. evocano lo stile della ro-manza da salotto italiana. Le tematiche del testodescrivono emozioni e sentimenti rivolti all’amata. Ilpercorso musicoterapico con G. è stato strutturatoper alcuni mesi sulla realizzazione ed incisione delbrano descritto, pertanto elementi di composizione,ascolto di repertori, elaborazione del testo, hannofatto parte del setting musicoterapico.

Ore 16,30: trattamento musicoterapico di gruppo. Ilgruppo è composto da tre bambini di 9 anni. M. diorigine africana (Costa d’Avorio) presenta un Distur-bo da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD). A.di origine cinese (Pechino) presenta un Disturbo posttraumatico da stress. B. di origine polacca, presenta

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un Disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività(ADHD), difficoltà di regolazione emotiva, aggressivi-tà auto ed etero diretta. Le proposte del contestomusicoterapico sono orientate a creare momenti disincronizzazione tra i bambini. Tale obiettivo è per-seguito tramite un approccio semidirettivo che pre-vede attività musicali strutturate guidate dal musico-terapista: elementi d’improvvisazione gestuale, rit-mica, vocale (metodologia Orff) e brevi momentid’ascolto musicale condiviso. Durante la sedutaemergono i tratti dell’identità musicale individualedei bambini e tutte le loro peculiarità culturali: rit-micità complesse provenienti dall’Africa, musichepopolari dalla Polonia, canzoncine infantili in linguacinese.Le differenti identità sonoro-musicali trovano un luo-go di condivisione all’interno del gruppo e a tratticostituiscono spunti per l’organizzazione di momentimusicali di gruppo. L’andamento della seduta è mol-to frammentato, discontinuo e risente degli aspettipsicopatologici e delle problematiche cognitive deibambini. Il musicoterapista opera attraverso un co-stante riposizionamento e strutturazione delle pro-poste espressive dei bambini. L’ottica trasformativa erelazionale è integrata con un approccio afferente adiverse metodologie dell’ambito didattico. Questascelta operativa consente di contenere le tendenzeagli agiti da parte dei bambini e permette di offriremomenti d’incontro relazionale.

Ore 17,30: trattamento individuale di J. - ragazza di17 anni originaria della Repubblica di Capo Verde.Presenta una diagnosi di Disturbo post traumatico dastress, Disturbo della condotta. J. ama esprimersi vo-calmente nel setting musicoterapico. La ragazza sasuonare il clarinetto e ha seguito vari corsi di canto.L’espressività vocale di J. si manifesta attraverso lalibera improvvisazione con proposte di pattern ricon-ducibili a sonorità blues. La ragazza verbalizza grati-ficazione nei momenti d’improvvisazione vocale.Il musicoterapista improvvisa insieme a J. utilizzandoil pianoforte come strumento d’accompagnamento.Vengono impiegati alcuni giri e scale tipiche del re-pertorio dei canti spiritual e blues. J. Improvvisa con

voce sicura, integra le sue proposte con movimentiampi del corpo e associa gestualità congruenti. Imomenti d’improvvisazione sono temporalmenteprolungati (circa 10 min. consecutivi).La ragazza verbalizza il proprio benessere per l’espe-rienza: “mi sento libera in questi momenti e la miatensione si scarica nella voce”. La scelta del reper-torio musicale è così definita dalla stessa ragazza:“canto il blues perché per me è facile ed è la musi-ca degli schiavi deportati in America”.

QUALI COMPETENZE MUSICALI QUINDI?In forma estremamente schematica possiamo sinte-tizzare questi punti, attingendo anche a quelle che siconfigurano come proposte di formazione musicalein musicoterapia in ambito nazionale ed europeo:- Sviluppare competenze di analisi all’ascolto musi-

cale (ear training).- Riconoscere gli intervalli melodici, gli schemi ar-

monici, i timbri dei vari strumenti, gli stili musica-li, le epoche e gli autori.

- Riconoscere all’ascolto la strutturazione metrica eritmica di un brano.

- Saper cogliere i tratti essenziali di un brano e sa-perli riprodurre tramite uno strumento musicale ocon la voce.

- Conoscere nozioni di base di anatomo-fisiologiadel vocal tract (tratto vocale).

- Riconoscere la forma di un brano musicale.- Saper trascrivere, con l’utilizzo della notazione mu-

sicale tradizionale oppure di codici di notazioneinformale, un brano musicale o un’improvvisazio-ne sonoro-musicale successivamente ad un ascol-to oppure ad una fase produttiva.

- Conoscere ed utilizzare almeno uno strumento armo-nico (chitarra, pianoforte, fisarmonica ad esempio);

- Conoscere ed utilizzare almeno uno strumento me-lodico (flauto, clarinetto, violoncello, ecc).

- Conoscere le potenzialità e le funzioni dello stru-mentario Orff.

- Conoscere le caratteristiche degli strumenti etnicisoprattutto in rapporto alla loro funzione sociale eculturale.

- Possedere competenze di base nell’utilizzo di stru-

menti a percussione (batteria, tamburi, congas, ecc).Saper decodificare una partitura per percussioni.

- Conoscere le principali metodologie in ambito di-dattico-musicale.

- Conoscere le tecniche d’improvvisazione sonoro-musicale possibilmente in relazioni ad epoche egeneri e stili.

- Possedere competenze di lettura della notazionemusicale sia intesa in senso formale (penta-gramma tradizionale, sigle degli accordi, ecc) siain senso informale (codici musicali della musicacontemporanea, costruzione di nuovi codici, ecc).

- Assimilare competenze nella pratica vocale e nelcanto (sia in termini improvvisativi sia come com-petenza melodica, intonativa, espressiva, ecc).

- Assimilare competenze di base di direzione di coroed orchestra.

- Individuare le componenti fonosimboliche dei bra-ni musicali e le loro potenzialità parasemantiche.

CONSIDERAZIONI FINALIRiprendo al termine di questa breve presentazione,alcuni concetti che ho avuto modo di esporre in meri-to al tema della competenza musicale in musicoterapia.

1. Il bisogno di pensare ad una competenza musica-le in musicoterapia in un’ottica di circolarità. Il pro-fessionista della musicoterapia dovrebbe disporredi un’ampia gamma di conoscenze relative al com-plesso mondo del linguaggio musicale e dovrebbeessere consapevole delle potenzialità dei materia-li sonoro-musicali da utilizzare in seduta.La scelta dei materiali, delle tecniche, dei riferi-menti teorico-estetici dovrebbe essere calibrata ilpiù possibile sulle caratteristiche della strutturafunzionale neuropsicologica del paziente o deipazienti trattati. In questo senso attingere all’am-bito della didattica musicale, dell’informaticamusicale, delle svariate tecniche d’improvvisazio-ne, della gestione e strutturazione di codici esclu-sivamente non verbali poco strutturati, nondovrebbe generare fraintendimenti nella chiarezzaapplicativa delle metodiche musicoterapiche.Conoscere nello specifico le caratteristiche cogni-

tive, di apprendimento, d’integrazione emotiva, diconsapevolezza e di abilità motoria del paziente/ici consente di “scegliere”, tra molteplici possibi-lità, quella o quelle più opportune all’interno delcontesto terapeutico-riabilitativo in funzione degliobiettivi prefissati.Agire in senso di circolarità musicale significa averela possibilità di riposizionare e riposizionarsi neiriferimenti musicali che possediamo in quanto pro-fessionisti seguendo un’ottica di integrazione,armonizzazione e soprattutto flessibilità costante.

2. Al fine di agire musicalmente in ambito musicote-rapico è necessario raccogliere e consultare unaspecifica letteratura orientata alle tematiche espo-ste in questo contributo. Il professionista della mu-sicoterapia dovrebbe muoversi costantemente al-l’interno di un’ottica esplorativa e di curiosità ri-spetto alle varie pubblicazioni presenti in ambitonazionale ed internazionale. I contributi bibliogra-fici non dovrebbero riguardare solo lo specifico mu-sicoterapico, ma dovrebbero abbracciare le disci-pline afferenti al campo della musicoterapia.Elementi di estetica, di storia, di filosofia e semio-logia della musica, insieme ad elementi tratti dalcampo dell’educazione musicale, della pedagogiae didattica musicale, ecc.

3. Per il professionista della musicoterapia divienefondamentale coltivare l’Arte musicale soprattuttoin contesti sociali (cori, gruppi musicali, esperien-ze d’improvvisazione) privilegiando il confrontocon l’altro attraverso la musica.Praticare la musica consente di mantenere un con-tatto con il proprio “saper essere” musicali.Coltivare una propria identità musicale extraset-ting musicoterapico, può facilitare il mantenimen-to di una peculiarità espressiva che definisce ilconfine delle proprie musiche in rapporto alle“musiche del paziente/i” che tratteremo.

4. Per il professionista della musicoterapia la capaci-tà di giungere ad un elevato grado di consapevo-lezza della propria musicalità unita ad una dispo-

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nibilità rivolta alla modulazione, alla flessibilitàoperativa, dovrebbe accompagnare tutto il percor-so di vita professionale. A tal proposito ricordo leosservazioni di Gerardo Manarolo (2006) “in am-bito musicoterapico appare basilare il possesso dicompetenze improvvisative, di competenze atte adescrivere le valenze parasemantiche degli even-ti sonoro-musicali, di competenze compositive insenso stretto e come capacità di assemblaggio delmateriale acustico. Il possesso di maggiori o mino-ri competenze tecniche, intese come tecnica stru-mentale, come capacità di lettura, scrittura, anali-si, composizione e improvvisazione condiziona (nelmusicoterapista) la possibilità di accesso ad un’e-spressività musicale e limita conseguentemente icontesti clinici in cui il musicoterapista può opera-re. Un MT privo di buone competenze musicali po-trà operare con una casistica clinica prevalente-mente regredita o non evoluta dove prevale unespressività sonora protomusicale o al massimoconnotata da aspetti musicali elementari; gli saràquindi interdetto un ambito clinico dove l’integritàintellettiva e simbolica dei pazienti può consentireun’interazione musicale e non solo sonora”.

Note

[1] “...l’uomo ci permette di comprendere la suanatura sonora e musicale attraverso la manife-stazione di comportamenti che si materializza-no in un saper fare suoni e musiche e in unsapere sui suoni e sulle musiche...” e ancora“...per individuare le musicalità umane dobbia-mo trasformarci in un manwatcher, ovvero os-servatore di comportamenti musicali umani...”M. Spaccazocchi, 2000.

[2] “...la competenza colta tende ad un’appropria-zione specificamente e autonomamente artisti-co-estetica del lavoro con i suoni, ritiene quin-di massimamente pertinente il livello Opere eprogressivamente meno pertinenti i livelli infe-riori. La competenza popolare all’inverso tendead un’appropriazione globale e funzionale dellavoro con i suoni, di conseguenza valorizza almassimo i livelli Codici Generali e Pratiche So-ciali e progressivamente meno i livelli superio-ri...” G. Stefani, 1985.

Bibliografia

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■ Cage J.Silenzio, Shake Edizioni, Rimini, 2010.

■ Colla A.Manuale di armonia, vol. 1, “L’evoluzione domi-nante”, Edizioni Carish, Lainate (Mi), 2012.

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■ Delalande F.La musica è un gioco da bambini, Franco AngeliEditore, Milano, 2004.

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■ Pacilio L.Il videoclip nell’era di Youtube, Edizioni Bietti, Milano,2014.

■ Porena B.Kinder Musik, Ed. Suvini Zerboni, Milano, 1973.

Alcune indicazioni bibliografiche specifiche per gli argomenti trattati

La proposta di questi testi è direttamente collegata alle tematiche esposte all’interno di questo contributo.Alcuni dei libri citati costituiscono dei “must” per gli operatori della musicoterapia, gli altri testi sono statiselezionati in base ad alcune mie personali ricerche ed incontri con Artisti dell’ambito musicale che hannodimostrato sensibilità nei confronti della disciplina musicoterapica. La loro pertinenza rispetto alle argomentazionipresentate, costituisce la peculiarità di un mio modo personale di concepire il Musicale in Musicoterapia.

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segue Bibliografia

■ Postacchini P.L.(a cura di), Musicalità e musicoterapia, EdizioniCarocci, Roma, 2015.

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■ Villa-Rojo J.Notazione e grafia musicale nel XIX secolo, ZecchiniEditore, 2013.

■ Vitali M.Suoni con me, il dialogo sonoro nella prima infanzia,Franco Angeli Editore, Milano, 2018.

■ Wigram T.Improvvisazione, metodi e tecniche per clinici, edu-catori e studenti di musicoterapia, Ismez Editore,Napoli, 2004.

This paper presents field research(single case) in music therapy.The research was conducted between the

months of March and June of 2019.The aim was to detect the subjective experience,the flow phenomenon and the relationship betweenthe variables of subjective experience and thevariables of musical sound.For this purpose, the ESM (Experience SamplingMethod) questionnaire and the measurement of thecomplexity of music production were used.Despite the limitations of this methodology, the datadetected the fluctuation of experience, flow and thecorrelation between flow and the production ofcomplex rhythm and melody.

INTRODUZIONEIl flow in musicoterapia non ha riscosso molto suc-cesso; le pubblicazioni sono rare, distanziate neltempo e svolte con metodologie ed approcci chespesso si sono limitati a descrivere il fenomeno qua-litativamente.Il materiale disponibile, fino al 2012, fa riferimento atesi di laurea o dottorato, visibili e scaricabili in retema non pubblicate su riviste accademiche (Fidelibus,2004; Trondalen, 2004; Nilsen, 2010; Wilhelmsen,2012).Negli ultimi cinque anni, tuttavia, ci sono stati deicontributi interessanti che hanno inquadrato il flowin un’ottica musicoterapica, associandolo alla tecnicadel “Terapeutic Songwriting” (Baker, 2015); questistudi hanno avuto il pregio di descrivere non solo ilfenomeno in quanto tale ma di allacciarlo ad un effet-to terapeutico (Baker e MacDonald, 2013; Tamplin,Baker, Rickard, Roddy e MacDonald, 2015; Baker,Silverman e MacDonald, 2016).La ricerca che si presenterà deriva da un lavoro diesperienza sul campo in musicoterapia realizzato trai mesi di marzo e giugno 2019.L’obiettivo principale era di rilevare e registrare l’e-sperienza soggettiva, nel corso delle sedute, conparticolare attenzione al fenomeno di flow; si è cer-cato inoltre di mettere in relazione le variabili del-l’esperienza soggettiva con le variabili sonoro-musi-cali emergenti.

FLOW IN MUSICOTERAPIA ECORRELAZIONE CON VARIABILISONORO-MUSICALI

Mauro Brumat, A.R.Te.M., “il Flauto Magico”, Udine

ANALISI SU UN CASO SINGOLO

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BREVE DESCRIZIONE DI FLOWE MODELLI DI RIFERIMENTOCsikszentmihalyi (1975, 1990) descrive il flow comeuna sensazione olistica, in cui si sperimenta un’im-provvisa espansione dei confini del sé, una destrut-turazione dell’esperienza temporale e un incrementodella percezione di controllo nei confronti dell’attivitàstessa; l’autore aveva notato come il flow potesseessere sperimentato in contesti ed ambiti diversi(musica, sport, hobby, lavoro). La condizione neces-saria era la realizzazione delle proprie passioni, con-dizione che, oltre al godimento momentaneo, condu-ceva a gioia e benessere che rimanevano invariati neltempo. I modelli proposti per spiegare il fenomenosono stati oggetto di indagine ma condividono il con-cetto che alla base della sperimentazione del flow cisia un bilanciamento tra opportunità di agire (challen-ges) e le capacità individuali (skills) (Csikszentmihalyi,1975; Massimini e Carli, 1988; Jackson e Csikszent-mihalyi, 1999).Uno dei modelli che meglio riesce a spiegare il fenome-no nella sua complessità (Delle Fave, Massimini, Bassi,2011) è il modello ad 8 canali, definito ExperienceFluctuation Model, o EFM (Massimini e Carli, 1988; Mas-simini, Csikszentmihalyi, e Carli, 1987). Questo modellodescrive l’esperienza soggettiva divisa appunto in 8canali che rappresentano altrettanti stati psicologici, 4dei quali ritenuti maggiormente importanti:- il canale 2 flow (la presenza di un’attività suffi-

cientemente sfidante, in grado di mettere allaprova le capacità che la persona percepisce comeelevate) è il canale di massimo benessere;

- il canale 4 rilassamento (la persona percepiscel’opportunità di azioni facilmente controllabili egestibili alla luce delle proprie capacità);

- il canale 6 apatia (la persona percepisce l’oppor-tunità di azioni e le capacità molto inferiori allapropria media) sta all’opposto del flow, ovvero ilcanale del minimo benessere;

- il canale 8 ansia (la persona percepisce un fortedisequilibrio fra sfide, molto alte, rispetto alle pro-prie capacità).

Gli altri 4 canali sono invece da considerare di tran-sizione:

- il canale 1 attivazione- il canale 3 controllo- il canale 5 noia- il canale 7 preoccupazioneIl modello fornisce anche la possibilità di valutare,all’interno dei canali, la relazione tra valori di chal-lenges e skills dal punto di vista quantitativo e daremisura dell’intensità dell’esperienza vissuta.

FLOW ED IMPLICAZIONI TERAPEUTICHEAlcuni studi, che hanno evidenziato la correlazionetra flow ed effetti benefici, sono riportati da Emerson(1998) il quale sostiene come il benessere prodottodal flow sia legato alla sfera emotiva, motivazionale,cognitiva e all’alta attivazione; Csikszentmihalyi(1990), Carlson e Clark (1991) affermano come lostato di flow sia correlato al benessere, alle presta-zioni, allo sviluppo delle abilità, alla qualità della vita,all’autostima, alla felicità, alla crescita personale, allasoddisfazione esistenziale, all’opportunità di autorea-lizzazione, tutti aspetti che hanno un’influenza sullostato di salute; Fritz e Avsec (2007) registrano inveceun legame tra flow e benessere emotivo.Bakker (2005) mette in evidenza come il contagioemotivo provocato dalla musica possa facilitare l’e-sperienza ottimale. Asakawa (2004), Rogatko (2009)studiano la correlazione tra flow e prestazioni positi-ve in studenti universitari: il maggior vissuto di flowè collegato con un maggior senso di realizzazione edi benessere; il totale assorbimento porta alla perdi-ta di consapevolezza di aspetti problematici dellavita (Csikszentmihalyi, 1975) e ciò condurrebbe adun sollievo temporaneo dallo stato emotivo negati-vo. Ci sarebbe quindi nella persona il desiderio ditornare alle esperienze di flow, poiché il flusso - cosìcome l’incapacità temporanea di avere coscienza deiproblemi - è percepito come rinforzante e piacevole(Csikszentmihalyi, 1990).La Warren (2006) effettua uno studio su un caso sin-golo nella cornice delle arti terapie, le quali hanno lacaratteristica di essere altamente motivanti, coinvol-genti e di esercitare un profondo assorbimento nel-l’attività. Queste caratteristiche sarebbero essenzialiper facilitare lo stato di flow il quale avrebbe la fun-

zione di rafforzare ed organizzare il sé (quindi incre-mentare un potenziale di crescita), di ridurre lostress e dare significato all’attività che si è svolta.Inoltre, tra gli effetti positivi del flow nelle arti tera-pie, ci sarebbe un senso di scoperta della creatività,vissuta come l’opportunità di prendersi dei rischi inun ambiente sicuro e protetto Warren (2006).Per quel che riguarda la riabilitazione fisica e la psi-coterapia, Delle Fave e Massimini (2004) osservanoche, tra le persone con disabilità acquisita, l’associa-zione tra flow e attività stimolanti conduce ad unaumento della resilienza e a una più sentita realiz-zazione personale. Delle Fave e Massimini (1992), inuno studio longitudinale su una persona con distur-bi da panico e agorafobia, evidenziano come la fre-quenza di esperienza di flow, sperimentata durantele sedute psicoterapiche, determini un incremento diattività complesse e strutturate nella vita di ognigiorno (ad esempio il volontariato, la lettura, lasocializzazione) a discapito di altre attività normal-mente associate all’apatia.Bassi, Ferrari, Ba, Delle Fave e Viganò (2012) inda-gano la qualità dell’esperienza soggettiva duranteattività riabilitative altamente strutturate, in ambitopsichiatrico, tra cui le terapie espressive (pittura edisegno, musicoterapia ricettiva, danzaterapia e tea-troterapia). Le autrici trovano che l’esperienzamigliora quando i partecipanti sono coinvolti in atti-vità dove vi sia un bilanciamento tra sfide e compe-tenze elevate e che durante le attività riabilitative ilflow si verificava il doppio delle volte rispetto alleattività svolte durante il tempo libero.Nakamura e Csikszentmihalyi (2009), in una riletturadel fenomeno tra teoria e ricerca, dedicano spazio alcollegamento tra flow ed effetti terapeutici e lo de-scrivono così: “L’utilizzo del flow permette alla te-rapia di essere riorientata verso la formazione di inte-ressi e di forza che traggono vantaggio dall’accresci-mento di abilità e di fiducia che sono presenti nell’e-sperienza stessa di flow” (Traduzione dell’autore).

FLOW IN MUSICOTERAPIACome riportato nell’introduzione la letteratura non èmolto ricca di pubblicazioni a riguardo, in questa po-

chezza si possono segnalare però alcuni contributi.Trondalen (2004) che parla di “momenti significati-vi” dell’improvvisazione in musicoterapia (senza pe-rò riferirsi alle teorie del flow).Nilsen (2010), la quale sostiene che la teoria delflow potrebbe essere una buona strada per promuo-vere la salute; in questo senso il musicoterapeutadovrebbe avere l’obiettivo di rendere l’improvvisa-zione clinica un’attività che conduce allo stato diflow. L’intero ragionamento della Nilsen (2010) sibasa proprio sul bilanciamento tra sfide e controllodella situazione che coincide con i fattori che deter-minano il flow nei modelli teorici proposti(Csikszentmihalyi, 1975; Massimini e Carli, 1988;Jackson e Csikszentmihalyi, 1999).Wilhelmsen (2012) focalizza l’attenzione sul cliente esulla personalizzazione della terapia. Anche lei sibasa sui modelli di flow (Csikszentmihalyi, 1975;Massimini e Carli, 1988; Jackson e Csikszentmihalyi,1999) e sostiene che il ruolo del musicoterapeutanella relazione sarà quello di ricercare la zona dibilanciamento tra skills e challenges più adatta alcliente.Contributi interessanti derivano dalle pubblicazioniche legano il flow al songwriting (Baker, 2015). Inuno studio non clinico, condotto su studenti univer-sitari e pensionati, Baker e MacDonald (2013) trova-no che i partecipanti sperimentano il flow in misuramaggiore quando devono comporre sia i testi che lemusiche e ciò sarebbe in linea con l’idea che la crea-tività sia fortemente correlata con lo stato di flow.Tamplin, Baker, Rickard, Roddy e MacDonald (2015)analizzano un gruppo di persone con neurodisabilitàacquisita e spiegano che il songwriting potrebbefunzionare in virtù dei legami tra la memoria musi-cale e le emozioni, le quali consentono una più effi-cace esplorazione del sé; la memoria musicale sti-molerebbe inoltre ricordi autobiografici, indispensa-bili per rafforzare il sé residuo. Il correlato neurona-le sarebbe legato all’attivazione (per mezzo dellamusica) della rete del piacere, come suggerito daSalimpoor e Zatorre (2013). La tecnica del songwri-ting migliorerebbe l’umore, ridurrebbe la depressio-ne e l’ansia e ciò consentirebbe di accedere alle pro-

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prie risorse al fine di affrontare con maggior forza lesfide proposte (Tamplin, Baker, Rickard, Roddy eMacDonald, 2015).Baker e MacDonald (2013) trovano che il creare can-zoni su esperienze vissute (sia positive che negative)generi non solo forti esperienze di flow ma favoriscaanche la percezione del vissuto positivo dell’esperien-za; i partecipanti provano appagamento non solo du-rante il processo creativo ma anche riguardo al pro-dotto creato. Le autrici evidenziano una forte relazionetra meaningfulness (significatività) e flow.Baker, Silverman e MacDonald (2016) utilizzanouno strumento da loro ideato, Meaningfulness ofSongwriting Scale (MSS), su due gruppi di pazien-ti uno in ambito psichiatrico e l’altro in un’unità didisintossicazione. Inoltre associano il MSS ad unquestionario per misurare il flow (Short Flow StateScale, Jackson e Marsh, 1996). In entrambi gli studi,si sono registrate correlazioni positive e significati-ve tra flow, meaningfulness e risultati terapeutici.Inoltre, l’analisi indica che il flow poteva essereconsiderato un fattore predittivo dell’esito terapeu-tico. La conclusione che traggono è che l’esperien-za di flow potrebbe rappresentare un metodo alter-nativo per misurare la percezione dei pazientirispetto gli esiti terapeutici.Per quel che riguarda il collegamento tra flow eprodotto sonoro, la letteratura analizzata si fondasoprattutto su supposizioni (plausibili), senza peròfornire dati a supporto.I “momenti significativi” di Trondalen (2004) sareb-bero caratterizzati da durata breve, da interruzioni evariazioni ritmiche, dall’aumento della dinamica, dallaripetizioni di temi musicali; il tutto comunque guidatodal ritmo. Per la Nilsen (2010) l’improvvisazione offri-rebbe un senso di ordine che porta al flow e l’evi-denza si percepirebbe tramite un groove emergente.

LA RICERCAIl progetto di musicoterapiaLa ricerca qui descritta deriva da un’esperienza dilavoro volontario in musicoterapia, sviluppato tra imesi di marzo e giugno del 2019, presso una strut-tura diurna a San Daniele del Friuli, in supporto al

Centro di Salute Mentale dell’AAS3 Alto Friuli, Col-linare, Medio Friuli.L’intervento si riferisce ad modello di musicoterapiaattiva improvvisata (Benenzon, 2011; Stephens,1983) incrementato da tecniche strutturate di grup-po tratte da Wigram (2005); queste tecniche sonoservite a promuovere un percorso psicosociale edu-cativo (Silverman, 2015; Bassi, Ferrari, Ba, Delle Favee Viganò 2012) denominato “l’orchestra improvvisa-ta” di cui qui non si entrerà nel merito.

Ipotesi ed obiettiviIl lavoro si propone di analizzare l’intero percorso dimusicoterapia di un partecipante ponendo l’attenzio-ne sul fenomeno di flow e sulla correlazione convariabili sonoro-musicali.Con riferimento alla letteratura esistente (Fidelibus,2004; Trondalen, 2004; Nilsen, 2010; Wilhelmsen,2012; Baker e MacDonald, 2013; Tamplin, Baker,Rickard, Roddy e MacDonald, 2015; Baker, Silvermane MacDonald, 2016), si ipotizza che si verifichinofenomeni di flow durante le sedute.Si ipotizza inoltre che ci sia correlazione tra variabilisonoro-musicali e comparsa di flow (Trondalen,2004; Nilsen, 2010).

MetodoLa ricerca è avvenuta mediante il campionamentodell’esperienza su un gruppo di persone dalle qualisono stati estratti i dati per eseguire lo studio sulcaso singolo. Il partecipante è di sesso maschile, 43anni al momento della ricerca. Ha una patologiaafferente all’ambito psichiatrico. Deambula normal-mente, cognitivamente presente, si relaziona facil-mente in gruppo.

Procedure e StrumentiLa registrazione dell’esperienza è avvenuta tramiteun questionario standardizzato (ExperienceSampling Method - ESM - Csikszentmihalyi, Larson,Prescott, 1977; Csikszentmihalyi e Larson, 1984),capace di catturare, tramite interpolazione di itema scala Likert 5 punti, le variabili di challenges eskills nel momento in cui vengono vissute. Il que-

stionario è stato compilato autonomamente dal partecipante alla fine di ogni seduta. Sono stati compilati13 questionari e i dati elaborati tramite schede Calc di Libreoffice e il software statistico PSPP di GNU Project.I risultati dei questionari sono stati trattati come indicato dalla letteratura (Csikszentmihalyi, Larson,Prescott, 1977; Csikszentmihalyi e Larson, 1984; Larson e Delespaul, 1992; Hektner, Schmidt eCsikszentmihalyi, 2007); il punteggio grezzo è stato standardizzato (punti Z) e le rappresentazioni graficheottenute mediante una funzione radiale sviluppata da Inkinen, Lonka, Hakkarainen, Muukkonen, Litmanene Salmela-Aro, (2014) che permette di visualizzare la fluttuazione dell’esperienza, il flow e la relativa inten-sità su un piano cartesiano.I dati relativi alle variabili sonoro-musicali sono stati raccolti post seduta, analizzando le videoriprese. Per noncorrere il rischio di fare attribuzioni soggettive si è scelto di misurare le quantità di tempo (espresse in minutie centesimi di minuti) di un determinato comportamento. Qui si citeranno solo le variabili che hanno portatoa risultati interessanti ovvero:- il tempo di produzione di ritmi complessi (T_RC) che comprende tutte le produzioni che si discostano dal bat-

tito e dal metro prevalente (ad esempio, per un metro in misura doppia, viene considerato complesso unritmo che introduce passaggi da quarti a ottavi/sedicesimi in modo alternato; che usa terzine, sincopi e vio-lazioni di metro).

- Il tempo di produzione di melodie complesse (T_MC) che comprende melodie anche semplici che violasse-ro il ritmo di base e che introducessero una sorta di armonia ingenua (arpeggi e senso di tonalità).

I dati sono stati raccolti ed elaborati tramite schede Calc di Libreoffice e standardizzati (punti Z) al fine di ren-derli comparabili con i risultati di ESM.

Fluttuazione dell’esperienza e flowNella figura 1 si può osservare la fluttuazione dell’esperienza del partecipante alla ricerca.In ordinata sono rappresentati gli 8 canali relativi alla fluttuazione dell’esperienza, in ascissa l’intensità, il pre-fisso w accanto all’indicatore rappresenta il numero della settimana della rilevazione. Oltre alla fluttuazione del-

Controllo

Rilassamento

Noia

Apatia

Preoccupazione

Ansia

Attivazione

Flow

Controllo

0,0 0,9 1,8

INTENSITÀ

2,7

Figura 1

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l’esperienza, nella figura 1 si possono leggere anche le intensità degli stati psicologici esperiti (indici >0,9 sonoda considerarsi piuttosto elevati). Lo stato di flow è stato sperimentato in 4 sedute e in tutte con intensità piut-tosto elevata (w24 e w25 sono maggiormente polarizzate). Risulta molto alta anche la w18 (che si colloca peròin un canale transitorio, preoccupazione), e la seduta w12 nella quale il partecipante ha sperimentato apatiacon valenza piuttosto alta (si ricorda che l’apatia è considerata dal modello all’opposto del flow). Nella figura 2si osserva come l’esperienza fluttua nel tempo. In ascissa le settimane e in ordinata i canali dell’esperienza. Inquesto caso, per poter dare una rappresentazione maggiormente leggibile non è stata inserita l’intensità.

Controllo

Rilassamento

Noia

Apatia

Preoccupazione

Ansia

Attivazione

Flow

Controllo

w12

Figura 2

Nella figura 2 si può notare un andamento abbastanza costante nel tempo, si parte da una condizione di apa-tia all’inizio del trattamento (punteggi Z inferiori alla media) per arrivare al flow, esperito in tutte le ultimesedute a partire dalla w23 (con punteggi Z superiori alla media).Per controllare se effettivamente le sedute con un punteggio migliore siano significative, i dati sono stati ana-lizzati mediante t-test, confrontando le sedute con punteggio più alto e quelle con punteggio più basso. Dalmomento che i punteggi più alti si sono registrati in 4 sedute, si è deciso di confrontare quella con il punteg-gio più alto (w25) e la meno polarizzata (w26). Nella tabella che segue sono riportati i risultati dell’analisi (l’in-crocio tra righe e colonne riporta il risultato del confronto).

w14 w15 w16 w18 w19 w20 w21 w22 w23 w24 w25 w26

FLOW

Apatia w25 w26

w12 t=4,304; p=0,0007*** t=3,940; p=0,0009***

w18 (borderline) t=4,424; p=0,0004*** t=3,945; p=0,0012**

Tabella. Confronto tra stato di flow ed apatia del partecipante.** significatività soddisfatta per p<0,01; *** significatività soddisfatta per p<0,001

A conclusione di questa prima parte si può sostenere che i dati hanno confermato una delle ipotesi iniziali: siè registrato flow. Inoltre vi è stata una buona adesione al modello teorico di riferimento.

MISURA DELLE VARIABILI SONORO-MUSICALII grafici nella figure 3 e figura 4 rappresentano rispettivamente le complessità ritmiche e melodiche. In ascissa lasettimana di rilevazione, in ordinata l’unità di tempo in minuti; la linea continua rappresenta il tempo totale di uti-lizzo di strumenti ritmici o melodici, quella tratteggiata il tempo di produzione di ritmi o melodie complesse.

36

24

Min

uti

12

0w12

Figura 3

w14 w15 w16 w18 w19 w20 w21 w22 w23 w24 w25 w26

Prod. Ritmica Ritmo Complesso

36

24

Min

uti

12

0w12 w14 w15 w16 w18 w19 w20 w21 w22 w23 w24 w25 w26

Prod. Melodica Melodia ComplessaFigura 4

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Diversamente dalla produzione ritmica, la complessità melodica non ha grossi miglioramenti nel corso dellesedute. Ciò è spiegabile sicuramente dal fatto che gli strumenti melodici (glockenspiele e kalimbe) siano piùdifficili da utilizzare per un neofita.

CORRELAZIONE TRA VARIABILI SM E FLOWPer poter definire se ci sia un collegamento tra lo stato di flow e la produzione di complessità, i dati sono statisovrapposti e rappresentati graficamente in figura 5.

w12 w14 w15 w16 w18 w19 w20 w21 w22 w23 w24 w25 w26

Z Ritmo Complessivo Z Melodia ComplessaFigura 5

Controllo

Rilassamento

Noia

Apatia

Preoccupazione

Ansia

Attivazione

Flow

Controllo

3,53,02,52,01,51,00,50,0-0.5-1,0-1,5-2,0-2,5-3,0-3,5

Per interpretare questa rappresentazione devono essere fatte alcune considerazioni.In ascissa sono riportate le settimane; sull’asse verticale di sinistra si leggono i canali relativi agli stati espe-rienziali e la linea tratteggiata indica l’andamento nel corso delle sedute.Sull’asse verticale di destra invece sono riportati i punteggi standardizzati (Z) delle complessità sonoro-musica-li. Rispetto allo 0, rappresentato centralmente sull’asse di destra (che corrisponde alla media di tutti i punteg-gi di tutte le sedute) si possono osservare, negli istogrammi, gli scostamenti in positivo o in negativo.I valori positivi ci danno l’informazione che una variabile, in quella prova, ha avuto dei valori più alti rispettoalla media e viceversa per i valori negativi.Da questa rappresentazione si può osservare come ci siano state variazioni positive nelle complessità di ritmoe, in parte della melodia, proprio nelle sedute dove è stato registrato il flow. Ne è un esempio il dato dell’ul-timo incontro (w26), dove i punteggi delle complessità sono più alti rispetto alle altre sedute.

Per capire però se ci sia covariazione, le variabili sonoro-musicali (in tabella contrassegnate con T_RC e T_MC),unitamente alle variabili di ESM che misurano skills (SK) e challenges (CH), sono state analizzate mediante coef-ficiente di correlazione. I risultati sono visibili nella tabella seguente.

Variabili ESM

Variabili SM SK SK

T_RC 0,637** 0,750**

T_MC 0,458* 0,468*

Tabella. Stralcio della matrice di correlazione dei punti Z tra variabili di ESM (SK=Skills; CH=Challenges; e variabili SM(T_RC=tempo ritmo complesso; T_MC=tempo melodie complesse)* valori compresi tra 0,4 e 0,49: correlazione positiva moderata** valori compresi tra 0,5 e 1: correlazione positiva elevata

DISCUSSIONE DEI RISULTATILa correlazione rilevata tra le variabili sonoro-musicali e i dati di ESM, porta a fare alcune considerazioni sulprocesso musicoterapico e sull’esperienza di flow ad esso associato. Come si è visto sopra, il flow si espe-risce quando si verifica un bilanciamento tra difficoltà percepite (challenges) e le capacità personali (skills)(Csikszentmihalyi, 1990): l’attività non deve essere né troppo facile né troppo difficile per chi la compie.D’altra parte, perché si esperisca flow in occasioni diverse nello stesso contesto, la situazione deve esserepercepita come sfidante e quindi cambiare i connotati di complessità, via via maggiori nel corso delle espe-rienze (Inghilleri, Riva, e Boffi - in Muzio, Riva e Argenton, 2012).L’aumento nella complessità ritmica (visibile in figura 5) è un chiaro indice di un bilanciamento che deveessere via via aggiustato verso l’alto. Leggendo i dati sembrerebbe che il processo di crescita all’internodel percorso di musicoterapia abbia sicuramente affinato le abilità di comunicazione musicale da partedel partecipante e che questo fatto lo abbia portato a ricercare e ritrovare lo stato di flow anche nei suc-cessivi incontri.

LIMITAZIONI DELLA RICERCALa ricerca appena descritta presenta delle limitazioni che non possono essere sottaciute. La prima è legata sicu-ramente allo studio sul caso singolo che non può essere assolutamente utilizzato per delle generalizzazioni.La seconda questione riguarda la ricerca sul campo; il divario tra pratica clinica e ricerca pura risulta evi-dente in quanto non si possono applicare tutti i controlli tipici del laboratorio. Nonostante lo strumentoutilizzato vada bene per rilevazioni in contesti quotidiani, le variabili intervenienti in un contesto non labo-ratoriale sono talvolta incontrollabili (intromissioni di operatori, telefoni che squillano, ecc.).Il terzo elemento critico riguarda la mancanza di un contesto di controllo. ESM nasce per misurare l’esperienzanei diversi contesti di vita. La ricerca si sarebbe potuta allargare ad altre attività svolte nel corso della setti-mana in modo da poter avere un confronto tra diversi contesti.C’è inoltre da considerare la mancanza di informazioni sulle patologie del partecipante o sull’utilizzo di far-maci che agiscono a livello di sistema nervoso centrale; questi motivi non consentono purtroppo di trarreconclusioni definitive o di generalizzare i risultati su popolazioni o su porzioni di popolazioni.L’ultimo aspetto riguarda la rilevazione delle caratteristiche sonoro-musicali e l’attribuzione di complessità rit-mica e melodica. Nonostante siano stati fissati dei confini per la definizione di complessità e si sia cercato dimantenere il più possibile un punto di vista oggettivo, si rischia di cadere comunque nell’errore della soggetti-vità dell’osservatore: quello che l’autore ha ritenuto complesso, può magari essere derubricato come non com-plesso da un secondo osservatore.

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CONCLUSIONII risultati della ricerca ci permettono di sostenere che le due ipotesi principali sono state soddisfatte; in diverse sedu-te si è registrato il vissuto di flow e tale vissuto è in qualche modo legato alla tipologia di produzione sonoro-musi-cale. Inoltre, se facciamo riferimento a quanto esposto dai diversi autori sopra citati, vale a dire:- la musicoterapia genera esperienze di flow (Baker e MacDonald, 2013; Baker, Silverman e MacDonald, 2015);- il flow conduce a benessere (Emerson, 1998; Csikszentmihalyi, 1990; Carlson e Clark, 1991; Fritz e Avsec, 2007;

Asakawa, 2004; Rogatko, 2009; Delle Fave e Massimini, 2004);- il flow è un indicatore di esiti terapeutici positivi (Baker, Silverman e MacDonald, 2015; Silverman e Baker, 2016;

Delle Fave e Massimini, 1992)possiamo, a ragion veduta, sostenere che l’intervento musicoterapico svolto nel corso del 2019 ha avuto esiti posi-tivi sia sul piano del benessere che su quello terapeutico.Nonostante le limitazioni sopra riportate, i punti di forza di questo lavoro stanno nel essere riusciti a collegare conun approccio scientifico gli stati interni derivanti dall’autovalutazione con indici sonoro-musicali. Questa evidenzapotrebbe avere un impatto positivo in ambito musicoterapico in quanto, riuscire ad elaborare una metodologia dipronta analisi dei due fattori, potrebbe essere utile sia all’interno di un processo musicoterapico in corso sia in unapianificazione centrata in modo più puntuale sul partecipante.

Bibliografia

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recensioniSpecial FeatureMUSIC THERAPY IN DEMENTIA AND END-OF-LIFECARE: MEDITERRANEAN PERSPECTIVESa cura di

Giorgos Tsiris ed Enrico Ceccatohttp://approaches.gr/, 2020

Da fine maggio ad ottobredel 2020 la rivista “Ap-proaches: An Interdisci-plinary Journal of Music

Therapy” ha pubblicato online sul suo sito uno SpecialFeature che raccoglie una serie di articoli riguardantil’applicazione e lo stato dell’arte della Musicoterapianella cura della demenza e nelle cure del fine vita nel-l’area del Mediterraneo.Questo Special Feature, curato da Giorgos Tsiris ed EnricoCeccato, rappresenta il punto di arrivo di un lavoro ini-ziato nel settembre del 2018, immediatamente dopo il1° Mediterranean Music Therapy Meeting: Dialoguesaround Dementia and End of Life in Music Therapy:Voices beyond the Sea”, volto a sensibilizzare e pro-muovere il dialogo sulla musicoterapia nell’area delMediterraneo, con particolare attenzione alle sua appli-cazioni nelle demenze e nelle cure di fine vita.Il meeting, organizzato dalla scuola di “MusicoterapiaGiovanni Ferrari” di Padova con il supporto dell’Asso-ciazione Italiana Professionisti della Musicoterapia(AIM) e della Confederazione Italiana Associazioni eScuole di Musicoterapia (CONFIAM) e svoltosi il 22 set-tembre 2018 a Padova, ha portato in Italia musicotera-peuti esperti in questo campo provenienti da Turchia,Grecia, Israele, Italia, Tunisia e Spagna ed ha rappre-sentato non solo un momento di dialogo e incontro traprofessionisti ma anche tra culture e tradizioni spessotroppo lontane e misconosciute le une alle altre.L’intento dei curatori di questo Special Feature è statoquello di dare voce a professionisti di tutti i paesi delMediterraneo oltre a quelli che hanno partecipato almeeting e, dopo un lungo e difficile lavoro di ricercaaccuratamente spiegato nell’editoriale, si è riusciti ad

aggiungere, oltre agli interventi dei partecipanti almeeting, report su paesi come Montenegro e Palesti-na. La prefazione è stata curata da Melissa Brotonsche delinea gli aspetti chiave del meeting nella doppiaveste di partecipante e di Presidente della World Fede-ration of Music Therapy (WFMT).Il numero si compone dei seguenti Report:1)Music therapy in the Occupied Palestinian Territories:

An overview and some perspectives on dementia andend-of-life care, by Buran Saada & Elizabeth Coombes.

2)Music therapy in Montenegro: Perspectives on thecurrent situation, by Mirjana Rajcic & Tatjana Krkeljic.

3)Music therapy in dementia and end-of-life care: A re-port from Israel, by Ayelet Dassa.

4)Music therapy and its applications in dementia care:Spanish perspectives, by Melissa Mercadal-Brotons &Mònica de Castro.

5)Music therapy in dementia and end-of-life care: A re-port from Italy, by Mariagrazia Baroni.

6)Music therapy in Turkey: Historical background andcurrent perspectives on dementia and end-of-life ca-re, by Burçin Uçaner Çifdalöz.

7)Music therapy in Tunisia: An introduction and someemerging initiatives in dementia and oncology, byRihab Jebali.

8)Music therapy in Greece and its applications in de-mentia and end-of-life care, by Giorgos Tsiris & Chri-stina Kalliodi.

Ne emerge un quadro variopinto dove si intravedonoluoghi di maggior diffusione ed applicazione della Mu-sicoterapia, luoghi dove dopo aver mosso i primi passitale disciplina sta cercando di crescere con lo sforzo diAssociazioni e professionisti impegnati e luoghi doveinvece risulta essere sostanzialmente misconosciuta edinapplicata. Lo Special Feature illustra inoltre quanto laMusicoterapia vari a seconda delle tradizioni musicali e“di cura” di ogni paese. Di fatto rimane una disciplinache raccoglie teorie e prassi notevolmente diverse traloro ed è affascinante immergersi nelle descrizioni chegli Autori dei diversi Paesi ne fanno.Buona lettura. Enrico Ceccato

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diagnosi (A. Golembiewski) • Suoni, voci e parole dellepersone con demenza. La musicoterapia al “Rifugio ReCarlo Alberto” (G. Vizzano) • Aspettative e opinioni di uncampione di pazienti psichiatrici ricoverati rispetto a un’e-sperienza di musicoterapia recettiva (G. Palmieri, G.Ferrazzi, L. Pingani).

Numero 35, Gennaio 2017La narrazione come integrazione del sé. L’importanza dellediscipline scolastiche che sanno anche raccontarsi (M.Mazzieri, M. Spaccazocchi) • Musica e Sindrome di Rett.Tec-niche di musicoterapia attiva e recettiva (M. Maienza) •L’efficacia dello stimolo sonoro-musicale nelle persone instato vegetativo e di minima coscienza. Uno studio clinicocomparativo (B. Eichmanns, M. Cavallini, L. Attardo, F. Ca-ruso, I. Ferrari, E. Galbiati, L. Bressan, V. Lanzoni, L. Zoppo,R. Stefa, A. Marotta, A. Uccero, L. Barretta, R. Palmisano, F.Arenare, N. Bongiorni, A. Grillo) • Valutazione di una riabi-litazione cognitiva musicale con anziani: una ricerca con-trollata randomizzata (M. Biasutti, A. Mangiacotti) •Musicoterapia e riabilitazione: un’esperienza personale. LaSindrome di Martin-Bell (R. Pretto) • Musicoterapia eAutismo, seguendo le tracce dell’intersoggettività (G.Marconcini).

Numero 36, Luglio 2017Pazienti con prolungato stato di alterata coscienza: significa-to del trattamento riabilitativo e della musicoterapia (A.Magnoni) • La valutazione musicoterapica dei pazienti conDisturbi della Coscienza (R. Meschini, R. Fortuna, A.Celentano, L. Gironelli) • Musicoterapia e post coma: aspettineurologici e relazionali (R. Bolelli) • Musicoterapia neglistati vegetativi e di minima coscienza: cosa possiamo fare?(A. Forloni) • Soggettivazione, temporalizzazione e intersog-gettività nella improvvisazione musicale (R. Pellizzoni) •Musicoterapia bella Scuola del-l’Infanzia. Proposte, prcorsi,prospettive (C. Tamagnone) • Un’esperienza di tirocinio inFrancia (M.A. Di Falco).

Numero 37, Gennaio 2018Tessere le trame di un canto (F. Demaestri) • La musicoterapiacome intervento integrato nel trattamento della tossicodipen-denza (S. Navone) • Musicoterapia e autismo (A. Malfatti) •Melodic Intonation Therapy, stato dell’arte e prospettive futu-re (D. Piccardo) • Esperienze di coralità: una ricerca quali-quan-titativa (G. Repregosio).

Numero 38, Luglio 2018La saggezza sensoriale del gruppo: una prospettiva d’ascolto (A.Grusovin) • La musicoterapia come supporto nelle cure oncolo-giche pediatriche (M. Di Pasquale) • Il gruppo in musicoterapia:facilitatore o barriera? Undici anni di esperienze nelle comunitàper persone con disabilità intellettiva (G. Vizzano) • “Qui tuttivoglion chiudere la Porta” Un’esperienza di musicoterapia conrifugiati in contesti di fragilità (G. Debernardi) • Musicoterapia digruppo: ricerche ed esperienze (S. Chiuni, C.Facchini, F. Rankin).

Numero 39, Gennaio 2019Stato di flusso e soddisfazione di vita in musicisti e atleti (K.Habe, M. Biasutti, T. Kajtna) • L’osservazione in musicoterapia eil protocollo descrittivo (G. Vizzano) • Musicircus for Autism.Musicoterapia come processo (D. Ferrarazzo) • La musicoterapianella riabilitazione della Sindrome del Neglect. Analisi e pro-spettive neuroscientifiche (M. Lippolis).

Numero 40, Luglio 2019Crescere con la musica (R. Damasio) • Il Sé sopravvissuto delpaziente. L’esperienza di musicoterapia presso l’Hospice di LanzoTorinese (S. Bozzalla Gros, C. Gai) • La “magia” di CorteMargonara (E. Freddi) • Musica ed emozioni: ricerche ed espe-rienze (C. Facchini, F. Rankin, S. Volpato) • Appunti per un signi-ficato della ripetizione musicale nella società contemporanea(N. Galliano) • Musicoterapia e intersoggettività, possibili riso-nanze (G. Manarolo) • Giocare per l’inclusione (L. Tamagnone,M.E. Terrizzi).

Numero 41, Gennaio 2020La psicologia differenziale. Una premessa evolutiva per la musi-ca. Un percorso verso la musicoterapia (R. Caterina) • Valutarela pratica nella musicoterapia: validità e affidabilità della MusicTherapy Practice Scale (MTPS) (M. Biasutti) • Cosa ci sta dicendola musica? Un’analisi del musicale in musicoterapia basata sullametodologia di Philip Tagg (A. Balducci) • La “Neurologic MusicTherapy”: i principi e le applicazioni della riabilitazione neuro-logica (M. Dominici).

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“Musica et Terapia” è una rivista semestrale pubbli-cata dal 1992. Gli articoli pubblicati dal 1992 al 1998 so-no raccolti in “Musica & Terapia, Quaderni italiani diMusicoterapia”, ed. Cosmopolis, Torino., 2004.

Su www.musicaterapia.it è consultabile l’indice comple-to degli articoli pubblicati dal 1999.Inoltre sono disponibili i pdf degli articoli, consultabili escaricabili, dall’anno 1999 ad oggi.

Numero 28, Luglio 2013Impromptus sull’improvvisazione: in musica, nel lavoro anali-tico (F. Petrella) • Suono e immaginazione: progredire attra-verso i linguaggi dell’arte (U. Petrin) • L’improvvisazione comeformatività interpersonale (A. Sbordoni) • Improvvisazione:appunti a margine (C. Lugo) • L’improvvisazione nella didat-tica: una ricerca sulle concezioni dei docenti (M. Biasutti) •Aspetti modali nell’improvvisazione musicoterapica (StefanoNavone) • Crediamo ai tuoi occhi: costruire l’improvvisazionecon un gruppo di adolescenti affetti da disagio neuropsichico(F. Demaestri, P. Filighera, P. Giusto, C. Lo Re).

Numero 29, Gennaio 2014Le competenze musicali per accedere alle scuole di for-mazione in musicoterapia (M. Spaccazocchi) • Improvvisa-zione in musicoterapia: concatenazioni relazionali ed affettive(P. Ciampi) • T.I.M.E.: Training Interactive Musical Elementsuna proposta per i D.S.A. (G. Ferrari, A. Nicoletti, L. Xodo) •Musicoterapia e demenze: l’esperienza presso strutture resi-denziali e diurne (G. Vizzano) • Suzanne. Elaborazione di unlutto in un gruppo di musicoterapia (A. Cavalieri, CooperativaSociale CrescereInsieme ONLUS) • Musicoterapia a scuola (A.Malfatti) • Musicoterapia con il bambino autistico (S. Bolchi).

Numero 30, Luglio 2014Relazione, musicalità e canto nella comunicazione sono-ro/vocale tra mamma e bambino nella primissima infan-zia (Elena Sartori) • Il canto della voce. La comunicazionevocale in musicoterapia (A. Grusovin) • Il nucleo al cen-tro, al centro del nucleo (S. Cornara, M. Colombo, I. Pajoro,I. Santi) • “Il filo sonoro” Musicoterapia preventiva ingravidanza e post-nascita (E. Baratelli) • Il perturbantemusicale quando la voce restituisce il senso alla parola

(E. Freddi) • Valutazione di un progetto di musicoterapia:il punto di vista del personale docente di una scuola ele-mentare (A. Malfatti) • L’intervento di musicoterapia nelpostparto: il progetto mamme in sol (F. Borgarello).

Numero 31, Gennaio 2015La musica fra narratività, espressività e drammaticità (M.Imberty) • Esternalizzare l’esperienza musicale (M. Spaccazoc-chi) • La funzione di induzione senso-motoria della musica (C.Cano) • Laetitiae comes, medicina dolorum (R. Damasio) •Processi interiori e forme musicali: appunti di viaggio (S.A.E.Leoni) • Suoni non detti... parole non suonate (P. Ciampi) •Un contributo alla validazione italiana dello Short Test ofMusical Preferences Reviseted (STOMP-R) (L. Urgese).

Numero 32, Luglio 2015Musicoterapia e sintomatologia depressiva (S. Navone) •Musica “Attiva-Mente” (C. Tamagnone, L. Gisoldi, C. Arizio, I.Corsini) • L’intervento di Musicoterapia secondo il modelloBenezon nel coma vegetativo (A. Bianco, B. Mamone, R.Messaglia, O. Perillo, E. Pirlo) • La teoria Sonoro-Vibrazionalee gli Stati Vegetativi (S. De Laurentis) • Musicoterapia e auti-smo (M. Mingione) • Il trattamento musicoterapico singoloe di gruppo nella cura delle demenze (S. Cornara, M.R.Gerosa) • Approccio miusicale globale alla persona affettada demenza (S. Filippi).

Numero 33, Gennaio 2016Emozioni, musica e significato (R. Caterina) • Le ricerche psi-copedagogiche sulle sinestesie in musica (M. Biasutti) •Effetti sulla terapia farmacologica di un trattamento musico-terapico di gruppo (M. Degli Stefani, M. Biasutti, M.Guadagnini) • Musicoterapia e stati vegetativi: una sindromerecente (M. Sarcinella) • La teoria della musicalità intrinsecanell’intervento musicoterapico con pazienti in stato vegeta-tivo (A. Forloni) • Musica e musicoterapia per l’Alzheimer:un’esperienza personale (P. Reani).

Numero 34, Luglio 2016Il modello DIR e l’intervento sul nucleo sintomatico del-l’autismo (G. Campatelli) • Il relazionale e la musica: rifles-sioni sull’approccio musicoterapico nei disturbi dello spet-tro autistico (A. Guzzoni) • Musicoterapia: un supporto neltrattamento dell’ADHD (Attention Deficit HyperactivityDisorder) (C. Benefico) • Musicoterapia e Songwriting:un’esperienza di trattamento di pazienti adulti con doppia

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norme redazionaliI colleghi interessati a pubblicare articoli originali sullapresente pubblicazione sono pregati di inviare il filerelativo, redatto con Word, in formato .doc, e in casodi immagini, queste dovranno essere inviate separa-te dal testo, in formato tiff e in alta risoluzione, alseguente indirizzo di posta elettronica:[email protected]

L’accettazione dei lavori è subordinata alla revisionecritica del comitato di redazione.

Per la stesura della bibliografia ci si dovrà attenere aiseguenti esempi:

a) LIBROCordero G.F., Etologia della comunicazione,Omega edizioni, Torino, 1986.

b) ARTICOLO DI RIVISTACima E., Psicosi secondarie e psicosi reattive nelritardo mentale, Abilitazione e Riabilitazione, II(1), 1993, pp. 51-64.

c) CAPITOLO DI UN LIBROMoretti G., Cannao M., Stati psicotici nell’infanzia.In M. Groppo, E. Confalonieri (a cura di), L’Autismoin età scolare, Marietti Scuola, Casale M. (AL),1990, pp. 18-36.

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