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4 musica & terapia anno 01 n. 2 luglio 2001 quaderni italiani di musicoterapia A.N.F.F.A.S. sezione di Genova Associazione Professionale Italiana Musicoterapeuti L’ascolto clinico Musicoterapia e… • Tossicodipendenza • Paziente in stato di coma • Morbo di Alzheimer • Disturbo afasico Il setting in questo numero 01

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4musica &terapia

anno

01

•n. 2 lug

lio 2001

quaderni

italiani

di musicoterapia

A.N.F.F.A.S.

sezione di Genova

Associazione Professionale

Italiana Musicoterapeuti

L’ascolto clinico

Musicoterapia e…• Tossicodipendenza• Paziente in stato

di coma• Morbo di Alzheimer• Disturbo afasico

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01

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musica & terapianumero

4direttore editorialeGerardo Manarolo

comitato di redazioneClaudio Bonanomi

Massimo Borghesi Ferruccio Demaestri

Alfredo Raglio Andrea Ricciotti

segreteria di redazioneFerruccio Demaestri

comitato scientificoRolando O. Benenzon

Università San Salvador, Buenos Aires, Argentina

Leslie Bunt Università di Bristol,

Gran Bretagna

Giovanni Del PuenteSez. di Musicoterapia, Dip. di Scienze Psichiatriche

Università di Genova

Denis GaitaPsichiatra, Psicoanalista, Milano

Roberta GattiDirettore Sanitario A.N.F.F.A.S., Sez. di Genova

Franco GibertiPsichiatra, Psicoanalista,

Università di Genova

Edith Lecourt Università Parigi V, Sorbonne, Francia

Giandomenico MontinariPsichiatra, Psicoterapeuta, Genova

Giuseppe Porzionato Facoltà di Psicologia, Università di Padova

Pier Luigi Postacchini Psichiatra, Neuropsichiatra

Infantile, Psicoterapeuta, Bologna

Oskar SchindlerOrdinario di Foniatria, Università di Torino

Frauke SchwaiblmairIstituto di Pediatria Sociale

e Medicina Infantile, Università di Monaco, Germania S

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pag 1Editorialepag 2Ascolto musicale, ascoltoclinicoAlberto Schön

pag 13Musicoterapia e tossicodipendenza Pier Luigi Postacchini

pag 21Il paziente in coma: stimo-lazione sonoro-musicale omusicoterapia? Giuseppe Scarso, Alice Visintin

pag 25Osservazione del malato diAlzheimer e terapia musicaleClaudio Bonanomi, Maria Cristina Gerosa

pag 31Due storie musicoterapicheLucia Corno

pag 34Il suono del silenzioAlicia Gibelli

pag 42Il setting in MusicoterapiaMassimo Borghesi, Andrea Ricciotti

pag 51Recensionipag 54Notiziariopag 60Articoli pubblicatisui numeri precedenti

pag 62Norme redazionali

sommario

4numero

Edizioni CosmopolisCorso Peschiera 320

10139 Torino011 710209

L’abbonamento a Musica & Terapia è di lire 30.000 (2 numeri).L’importo può essere

versato sul c.c.p. 39476106intestato a

Edizioni Cosmopolis,specificando la causale

di versamento

progetto grafico

Harta Design, Genova

Paola Grassi

Roberto Rossini

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editoriale

Gerardo M

anarolo

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musica

& terapia

Il secondo numero del 2001 si apre con il preziosocontributo di Alberto Schön.Le sue riflessioni attraversano diversi aspetti dell’e-sperienza sonoro/musicale individuando suggestiveanalogie e commistioni tra l’ascolto musicale e l’a-scolto clinico. Schön ci ricorda come anche all’in-terno di una psicoterapia verbale sia importanteascoltare la “musica” del paziente e quanto questoascolto possa essere utile ad una migliore compren-sione e condivisione. Le parole di Schön trovano ecoin Pier Luigi Postacchini che descrive un interventorivolto a pazienti tossicodipendenti ricoverati inuna Casa di Cura per disturbi psichici. Il suo contri-buto descrive una terapia di gruppo dove l’ascoltomusicale ha avviato un lento e faticoso processointegrativo. La narrazione di Postacchini comunicacon efficacia l’alta densità emotiva di questa espe-rienza e sollecita altresì una riflessione sulle capa-cità contenitive ed elaborative che il musicoterapi-sta deve possedere per operare in tali contesti. I contributi successivi si spostano su di un versantepiù strettamente riabilitativo. Giuseppe Scarso eAlice Visintin, nel presentare l’approccio musicote-rapico al paziente in coma, sottolineano comeanche in tale contesto la dimensione relazionalesvolga un ruolo centrale; nel loro contributo descri-vono una metodologia attiva che cerca di attuarecon il paziente una relazione comunicativa.Claudio Bonanomi, Maria Cristina Gerosa e LuciaCorno trattano l’ambito psicogeriatrico presentan-do due diverse modalità di verifica (rispettivamentequantitativa e qualitativa). Se Claudio Bonanomi eMaria Cristina Gerosa illustrano un’interessantericerca volta a dimostrare l’efficacia dell’interventomusicoterapico, Lucia Corno narra due storie clini-che coinvolgenti ed esemplificative. Il “suono del silenzio” di Alicia Gibelli ci introducenell’ambito dei disturbi afasici evidenziando comel’approccio musicoterapico possa svogere un ruolonon secondario nel trattamento di queste patologie.Massimo Borghesi e Andrea Ricciotti ci riconducononell’alveo delle riflessioni teoriche approfondendo ilconcetto di setting e descrivendo le peculiarità cheesso acquista in ambito musicoterapico.

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In his paper Alberto Schön offers a few subjectsof sound-music experience to think about.Hefocuses some similarities between the musiclistening and the clinic listening and he alsoremindes us that in a verbal psychotherapy, theimportant thing is “to listen” to the personalmusic of the patient. Right that can help us to abetter comprehension and share.

“Quando vado a un concerto e vi incontro uncollega psicoanalista, talvolta mi chiedo se sap-piamo tutto quello che ci piacerebbe sapere sul-l'esperienza che stiamo vivendo”Winnicott, 1989, 227

0.Non saprei inventare una teoria forte in cuiinserire l'ascolto. Di conseguenza procederò perpunti successivi, per semilibere associazioni, inun ordine non proprio logico, ma anche affetti-vo, musicale, meteorologico (Zanzotto, 1996) evirerò (evirerò?) attorno alle boe delle domandecome "cos'è il bello?", o anche "cos'è la coscien-za?", domande che credo potrebbero sterilizzarela relazione terapeutica, benché siano buonedomande. Le lascio a chi riflette altrimenti sulpensiero. Questo mi consentirà di proporre temisubentranti, come un fugato con le diverse fami-glie di strumenti dell'orchestra.0.1.In una recente sintesi sulla creatività MauroMancia (1990) ci ricorda come la costruzione delproprio mondo interno sia già un primo passocreativo della vita psichica, che richiede una sim-bolizzazione ed è dunque un processo precursoredell'arte. Arte e nascita psichica hanno in comu-ne Io scopo di ordinare le cose, dando loro senso.Questo ordine è connesso, deve esserlo, alla teo-ria dell'estetica. Sarà questo il connettivo cheunisce i saggi di psicoanalisi applicata all'arte?0.2.Gli psicoanalisti hanno finora pensato il pro-prio lavoro più in termini di Imago, cioè visivi.Bion è uno dei pochi maestri a dare rilievo e

La parola ascolto

è parente stretta

di accogliere,

contenere,

momento cruciale

di ogni incontro

psicoterapeutico.

Ascolto musicale, ascolto clinico

Alberto Schön,

Medico Psicoanalista m

embro ordinario

SPI e IPA

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senza, affetto, trasmis-sione di sapere e i lorofrustranti contrari. Ilsilenzio tuttavia non èsempre frustrante.2.2.Il modo personaledi ascoltare indica

come l'ascoltatore sia in grado di accettare, con-tenere, capire, e quindi anche come terapeuta epaziente si rapportino.3. Nelle culture tradizionali le esperienze acusti-che, canto, musica e danza, mettono in relazio-ne il nostro corpo con il mondo degli spiriti edegli dei ed hanno sempre valore estetico. Laparola è efficace, ma può essere veicolo di men-zogna, la musica e la danza invece appaiono sin-cere, per la speciale virtù di comunicare megliocol cielo o con gli spiriti, in altre parole diretta-mente con i nostri più arcaici livelli di esperien-za. Forse non si può pensare una menzogna vera-mente preverbale.3.1.Si può ipotizzare che i primitivi vitali vissutirespiratori, l'esperienza della colonna d'aria chemette in comunicazione costante interno cdesterno generino una fantasia di continuità e dipossibili messaggi dentro-fuori.3.2. Il suono entra nella formazione del Sé e deisuoi limiti. Lecourt (1994) parla di un intervallomusicale del Sé.4.Ci sono pazienti che usano molto la via acu-stica non verbale. Alcuni per esempio adottanoin certi momenti una vocetta infantile, altristanno in silenzio, usano o evitano date parole inmomenti molto significativi, altri assordano oaddormentano il terapeuta con parole superflue.4.1.Esempio. Una volta non riuscivamo a proce-dere nella cura con un paziente; mi colpironocerti suoi silenzi e mi sembrò che fosse incapacedi dire la parola amore. Invece di usare questaparola, faceva pause, impiegava complicate evaghe perifrasi e si arrestava. Bastò segnalarequesto fatto, pronunciare la parola rimossa, per

nome a eventi acusticicome l'entrare all'uni-sono (Bion, 1959-1970)e il doodling (Bion,1963), equivalente delloscarabocchio, squiggle,di Winnicott, (1971).Freud aveva bensì detto che "l'Io porta un ber-retto auditivo" (Freud, 1922), ma poi non ne hasviluppato le conseguenze. Che abbia avuto, peruna volta, paura di esplorare un campo?0.3.Non cercherò di correlare ogni volta ai fattisonori i concetti fondamentali della psicoanalisie della comunicazione tra persone come: tran-sfert e controtransfert, identificazione proiettivae trasformazioni. Ciascuno li può riconoscere inqueste pagine, se il gioco lo diverte.0.4.Vi sono numerose pubblicazioni e atti diconvegni sul tema dell'ascolto in psicoanalisi.Non li ho letti tutti. Preferisco ascoltare. Devoessere un po' origlista, corrispettivo acustico divoyeurista (Lecourt, 1994).

Chi avesse fretta, legga solo i punti 15-24. Io nonho fretta e quindi comincio dal punto.

I. L'orecchio è un contenitore modellato per rice-vere il suono e riconoscere da che direzione pro-viene, per tradurlo in impulsi neuronali e tra-smetterlo alle stazioni cerebrali dove sta, o doveper convenzione poniamo che stia, l'orecchiomentale.2.La parola ascolto è composta da au-, radice diauris, orecchio, e colere, coltivare, a sua volta deri-vante da un'importante radice indoeuropea KwEL,che indica il movimento circolare anche in sensofigurato, ed esprime il concetto di interesse, colti-vazione, protezione (Devoto, 1968). È quindiparente stretta di accogliere, contenere, momentocruciale di ogni incontro psicoterapeutico.2.1. Come la bocca riceve cibo, così l'orecchioaccoglie nutrimento acustico, messaggio di pre-

Il modo personale di ascoltare indica come l'ascoltatore

sia in grado di accettare,

contenere, capire

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(De Casper, Fifer, 1980). Questo precursore dell'a-scolto può essere visto come un primo segnale diidentità che il suono muove da un soggettoall'altro, come nella Genesi il soffio creatore. Eanche l'avvio dell'incantamento operato dallavoce e dalle melodie. Si può pensare che la voce,la propria e quella materna, abbia un ruoloimportante nello sviluppo del Sé, fin dal suo ini-zio. Il ritmo e la voce hanno una potenza diincantamento (charme, da carmen) che stupiscee può giungere a indurre la trance (Rouget,1980).6.1.I bambini godono molto presto dei giochi rit-mici, e più tardi gli adolescenti cercano la danza,come ci mostra Giaconia (1989), che, a differenzadei più, chiama l'analista ascoltatore e parla diascolto relazionale (1988), disegnando così ruoli erelazioni in modo vivo, realistico e dialettico. Eacustico.7.Sul tema dell'ascolto vi sono importanti studipsicoanalitici come quelli di Green (1974), Anzieu(1976), Rosolato (1974, 1982), Corradi Fiumara(1979, 1985, 1994), oltre a quello già ricordato diFornari (1984). Tuttavia nei maggiori trattati dipsicoanalisi di solito non c'è un'esplicita attenzio-ne all'ascolto, se non in poche righe. Esso è datoper implicito come funzione necessaria, comple-mentare all'attenzione flottante.7.1."Potrebbe sembrare una pedanteria inutilediffondersi per iscritto sul modo in cui lo psicoa-nalista deve ascoltare". Così dice Greenson (1972,p. 87) con la consueta chiarezza di metodo e discrittura, indicando subito la relazione stretta trala posizione di libera associazione del paziente el'ascolto egualmente flottante dell'analista. Piùavanti (p. 317) aggiunge "... la curiosità dell'ana-lista deve anche includere il piacere dell'ascolto...Le persone non sensibili alla musica, come hoavuto modo di constatare, raramente diventanoterapeuti di gran valore".7.2.Corradi Fiumara, (1985) per dire (ληγειν)qualcosa al lettore, ascolta ed esamina la parola

trovare altre parole fino ad allora non dette edimprimere una forte ripresa al nostro lavoro.4.2.Esempio. Un (altro) paziente si era costruitoin casa una serie di protezioni anti-suono alloscopo cosciente di dormire indisturbato; solo conmolto lavoro poté comprendere che le sue misu-re limitavano molto lui stesso. Parenti e viciniprotestavano ed indicavano in ciò un disegno didominio ostile, che, effettivamente, in seduta simanifestava con certe sue alzate di voce o insof-ferenza per la voce mia. È una persona che desi-dera molto vedermi, ma non ascoltarmi.5.Tutti i pazienti sono incerti su "ciò che sarebbemeglio dire" e si regolano su come il terapeutaascolta o come interviene, all'inizio per compia-cenza, poi i motivi diventano più personali.5.1.Alcuni verbalizzano l'importanza dell'espe-rienza estetica pressappoco così: "Non ho propriocapito quello che ha detto, ma era bello"; unaproposizione che condensa molti livelli comuni-cativi, fra cui l'importanza della funzione di réve-rie (Bion, 1962) dell'analista, funzione materna dipremasticare il materiale affettivo, primaria atti-vità che attribuisce senso, in modo che il bambi-no così possa ricevere, ascoltare, assimilare e infi-ne identificarsi.5.2.Questa interazione ci indica anche l'impor-tanza, invero lapalissiana, di parlare comprensi-bilmente, di cui a volte i maestri ci avevano par-lato, non sempre con chiarezza.5.3. Fornari (1984) ipotizza un'esperienza diascolto prenatale, dove il bambino si trovaimmerso in un universo liquido-sonoro fatto dipulsazioni dell'aorta materna, suoni di fluidi e digas, voci trasmesse per via d'acqua dal mondoesterno; stimoli prefiguranti ogni ulteriore comu-nicazione acustica, dal tam tam alla musica dellesfere; un Eden di cui resta per sempre quellanostalgia, uno dei sentimenti che la musica evocapiù spesso.6.I neonati di tre giorni di solito riconoscono lavoce della madre in mezzo a quelle di altre donne

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(λωγος) ed offre così un esempio di ascolto cheparte dalle radici del linguaggio e dalla maieuti-ca. Nella parola ληγειν sono compresi i significa-ti di posare e raccogliere, come segnalaHeidegger. Il dire è indissolubile dal porre e dal-l'accogliere, potendo precedere o seguire questealtre funzioni-significati, a seconda della saggez-za di cui disponiamo.7.3.In psicoanalisi l'ascolto è lo strumento prin-cipale, intrecciato all'obbligo di astenersi da ogniazione, anche, specialmente, dalle risposte a cortocircuito. Chi ascolta tace, tendendo l'orecchioanche alle proprie voci interiori. I numerosi auto-ri che hanno trattato il tema dell'astinenza avolte ne parlano in un modo che appare un po’retorico, e fa pensare al gusto narcisistico diascoltarsi. Raramente riferiscono il vero dialogoanalitico come è avvenuto nello studio, più spes-so usano il λωγος indiretto. Fa eccezioneMeltzer/(1976) che riferisce schietto/il discorsodiretto1, implicando quello che Carloni (1984)chiama tatto; un comportamento che permette ilbuon ascolto. Le autrici più spesso ricordano chesi comincia ad ascoltare il bambino in pancia, ilsuo grido alla nascita, il respiro del neonato.7.4.Si noti come le parole anima, spirito, psiche,ispirazione, tutte con etimo respiratorio, colleghi-no mondo interno ed esterno con un filo moltosolido, benché aereo e acustico, qual'è il vento, ilrespiro.8. Le opere musicali permettono di osservaretutta la gamma di relazioni affettive espresse conmezzi acustici, nel rispetto di regole convenzio-nali, proprie delle singole culture, come scala dia-tonica, leggi dell'armonia, indicazioni di velocitàe volume, distribuzione (partitura) dei ruoli. Ciòresta vero sia per la musica strumentale che perquella operistica. Per esempio il Flauto magico diMozart-Schikaneder inizia con un'ouverture solostrumentale che non descrive, né rappresentanulla che non sia puramente affettivo. La scenapoi si apre con un trauma, dove Tamino, il prota-

gonista, disarmato grida "Aiuto!" inseguito dalserpente astuto. Subito Papageno si presenta conil suo flautino-segnale, e poi ai due viene offertolo strumento d'oro, il vero flauto magico. Ogni evento, ogni strumento-personaggio, ha uncorrispettivo musicale molto discreto (nonromantico) che anticipa e fa capire molto più afondo le vicende umane nascoste in una fiaba chesembra puerile. Scelgo questo esempio ancheperché questo celebre Singspiel fu pensato per unpubblico non colto, con una musica che potessefornire le necessarie istruzioni, come oggi unacolonna sonora di un film popolare. Anch'io inquesta forma spezzata e un po' aforistica che hoadottato, rappresento la modalità non tantoorganizzata del mio pensiero e la molteplicità dieventi, ingredienti, conflitti e ruoli espressi con isuoni. Questa forma, se trattata da Mozart, riescea unificarsi grazie alla potenza del suono (desTones Macht, come viene detto appunto nelFlauto magico) e al suo genio. Forse non si puònon ascoltare. E non provare invidia.9.La disposizione spaziale, environment, è impor-tante nella relazione. Solo alcuni spazi sono adat-ti a un buon ascolto. L'auditorium, la sala da con-certo e lo studio analitico devono obbedire aregole rigorose (setting). Molte chiese sono belle,ma hanno una pessima acustica. Lo studio dell'a-nalista dovrebbe tenere conto di queste utiliesperienze e adottare giuste proporzioni.L'environment attesta una sollecitudine affettuo-sa, concern, che è la base di una buona crescita.Lascio questi termini in inglese per gratitudineverso Winnicott che li ha fatti amare. A lui e a suamoglie Clare la musica piaceva (Winnicott, 1989),la ascoltavano.10.In ogni ascolto si intreccia il quesito di quan-to sia vero e quanto sia falso ciò che ciascunodice e sente, e di quanto ciascuno deformi quelche ha ascoltato. Sono fenomeni e parametri dif-ficilmente misurabili. Forse non sono misurabiliaffatto. Il laboratorio di neuroscienze può regi-

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1 Sono tre settenari, hai ascoltato bene

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il paziente forse diceva: "Sei sordo? Non senti lamia musica, le tue orecchie non ascoltano".12. Escludere la vista, aiuta nell'ascolto.Ascoltiamo musica a occhi chiusi. Il cantore e l'a-more sono ciechi. Il sano ascolta meglio se si pro-tegge da altri stimoli, mentre il delirante spessoascolta delle "voci" per non accettare, vedere larealtà, ma potrebbe imparare a temerla in modopiù maturo. Il paziente disteso non vede l'analista.Tuttavia13.non credo che abbia senso voler tenere trop-po separate aree percettive differenti. Le sineste-sie (Tornitore, 1986-1988; Dogana, 1988; Schön,1990), l'iniziale amodalità della percezione (Stern,1985) e la rilevanza narrativa e poetica dellemetafore, sono tutti meccanismi che collegano espiegano i prodotti della nostra mente, psicoana-lisi compresa, quando è completata da una buonasintesi. Tali meccanismi ci fanno pensare comepiù naturale una certa continuità e più artificio-sa la distinzione in categorie, pur necessarie.Quindi non concordo con Bion (1965, p. 128)quando giudica un bisticcio dire "il punto di vistaacustico". L'amodalità della mente integra i deri-vati dei diversi campi sensoriali. Ne risulta che ilpunto di vista acustico è l'ascolto. Molte sculturedi Moore, di Melotti possono essere ascoltatecome eccellenti pezzi musicali.14.L'ascolto musicale, come quello clinico, con-sente la contemporanea comprensione di lineedifferenti. Con un po' di esercizio possiamo nellostesso momento seguire le linee di quattro archiin un quartetto, mentre se quattro persone parla-no contemporaneamente, non comprendiamonulla. Per contro siamo in grado di seguire nellostesso tempo il contenuto verbale, il timbro, ilritmo della voce, la mimica gestuale, lo sguardo ele minime variazioni fisionomiche, sia nel singolopaziente, sia in più interlocutori che, civilmente,non sovrappongano le parole. Il tutto senza irri-tarci, se l'argomento ci piace; e anche un sot-tofondo orchestrale non disturba.

strare e misurare molti fenomeni, ma non il gradodi verità di un sogno.10.1.Il punto che precede credo interessi più ifilosofi che gli analisti del mio tipo. Mi pare chepsicoanalisti e filosofi si intendano raramente.Cito un unico esempio. "Se l'arte accetta incon-sciamente l'eliminazione dell'angoscia e si riducea puro gioco perché è diventata troppo deboleper essere il contrario, essa desiste dalla verità,perdendo l'unico diritto all'esistenza. Eccola allo-ra ad esaltare la superiorità dello spirito eccelsosuperiore alle meschinità e ai garbugli di questaterra; ma è soltanto una scappatoia per la suacoscienza sporca" (Adorno, 1959). C'è solo da spe-rare che la traduzione italiana abbia falsato ilsenso che era nella mente del molto citato pen-satore. Tuttavia la storia, la critica e il pubblicohanno dimenticato pietosamente le composizionimusicali di chi, come appunto Adorno, ha osatodisprezzare il gioco e credere in una verità. Maquale? e quale possibile contrario del gioco? Igiochi sono spesso musicali, spiel, play, ecc.11.Non tutti ascoltano musica. Alcuni amici dellamusica, nell'epoca adatta, hanno potuto investireaffetto su oggetti sonori, come la voce dellamamma in una famiglia dove la frase "E pronta lapappa" vuoi dire che si mangia e non che ci sidispone attorno a un tavolo per spartirsi laBosnia; per contro altri si sono rifugiati nelle ras-sicuranti regole del ritmo e dell'armonia proprioper sfuggire ad una guerra acustica. Certo, se lamamma ascolta, il bambino a sua volta impara aascoltare e correggere la voce. E in questo modoche i bambini imparano le lingue più astruse:sapendosi ascoltati e ascoltando.11.1.Un paziente aveva portato alcuni sogni in cuicompariva Beethoven. L'analista dopo aver vana-mente esplorato l'ambito delle idee grandiose, per-ché riteneva che nel transfert il paziente lo vivessecome un genio, fu colpito dalla triste evidenza cheil grande musicista era sordo, non poteva piùascoltare se non la propria musica interna; allora

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14.1.Improvvisazione, variazione, effetti d'eco orispecchiamenti, consonanze e dissonanze, acce-lerare e ritardare, moto parallelo o contrario,introdurre un tema nuovo, sono tutte attivitàcomuni a musica, sviluppo del bambino, gioco elavoro analitico. L'ascolto dell'improvvisazione dàpiacere a chi è favorevole al gioco, al nuovo, alcreativo. Non a tutti. Esistono anche le resistenze.15.Ecco ora il centro delle mie riflessioni annun-ciate. Spero non troppo deludenti. L'analistacerca di ricomporre in modo migliore ciò che ilpaziente ha prodotto, intonandosi a quanto diprofondo avviene nella relazione. Perciò deveascoltare messaggi di cui però ogni volta com-prende solo pochi livelli, mentre non può affer-rarne molti altri. E lo sa. Pertanto deve essere pre-parato con un lungo training ad ascoltare senzacapire e senza angosciarsene (arrabbiarsi,annoiarsi, rifiutare, agire, voler sedurre, ecc.). Unmezzo per tollerare questa scomoda posizione èl'aspettativa, o ascolto di un filo estetico checontinuamente passa e ripassa da paziente aanalista e viceversa, legandoli, e, s'intende, dipossibili sensi-significati nati dal legame stabili-to, ricordando che, in principio, bello-e-buono(καλοκαγαϑος) è una parola sola e poi i duetermini restano legati, a volte contro ogni evi-denza. E così pure brutto-cattivo.15.1. Si può apprendere a sopportare di noncapire, così come è possibile godere un branosinfonico senza conoscere né la storia, né la teo-ria della musica e tanto meno seguire ogni det-taglio in partitura. Occorre ascoltare, anche senon basta.15.2.Chi davvero ascolta musica può averne pia-cere soprattutto se si pone in questa disposizionericettiva, dedicando ai suoni l'attenzione che sipuò dare a un oggetto d'amore, altrimenti non diascolto si tratta, ma di uso dei suoni come sot-tofondo, distrazione, seduzione, aggressione.15.3.A Utopia si dovrebbe suonare la musica chepuò giungere all'orecchio dell'altro e piacergli.

Chi vuole può emigrare in Kakania. Il disco o l'au-ditorium si possono trovare in ambedue i luoghi.15.4.L'ascolto musicale più creativo richiede lastessa passività intenzionale, lo stesso ascoltopartecipe che si trova felicemente nella buonaora analitica. Occorre stare serenamente dentroquesto ossimoro vitale: ricezione attiva, o ascol-to partecipe; una disposizione che fa supporreche il rapporto, anche quello acustico, con lefigure importanti dell'infanzia sia stato abba-stanza buono o anche riparato con cura.15.5.Mi sono ripetuto? Il ritornello ha un suosenso.16. Nella seduta analitica è necessario dareascolto alle diverse componenti di volume, altez-za, timbro, ritmo e prosodia, alle pause, e allacoerenza tra questi elementi e i contenuti; que-sto per ambedue i componenti della coppia all'o-pera, anche se per ciascuno a diversi livelli.L'analisi si giova anche di queste caratteristicheacustiche dei messaggi verbali, che ci danno unaquantità di informazioni su fantasie, transfert,associazioni.16.1.È diverso dire "acqua limpida, a bassa tem-peratura e di buon sapore" oppure "Chiare, fre-sche e dolci acque". E non solo perché il versoappartiene ai nostri anni giovanili, ormai lontani.17.L'ascolto, ricapitolando, richiede: I) suoni, 2)regole per organizzarli, trasmetterli e riceverli,decodificarli, collegarli con altri campi percettivie di pensiero, 3) bisogno e piacere di relazione, 4)capacità di costruire e disfare i vocabolari senzamegalomania, 5) gusto del gioco, 6) tenersi adistanza dalla pretesa di costruire unaW eltanschauung, 7) lettore, aggiungi tu quelloche manca.18.L'ascolto può essere riflessivo, nel senso diascoltarsi ascoltare, che è dare ascolto al contro-transfert, ma anche ascoltare come l'altro miascolta quando interpreto (Faimberg, 1996), cosala mia musica gli ha fatto uscire dall'anima, cosaha capito di quello che ho detto. Cito da uno

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scritto, al momento inedito, di Fausto Petrella:"Nell'ascolto qualcosa - suono, parola, discorso -esibisce le sue proprietà all'ascoltatore, il quale haprecise responsabilità costitutive circa il senso daattribuire a quanto ascolta". Diciamo la stessacosa, ma alcuni lettori capiranno più facilmentela sua forma, altri la mia.Suoniamo in modo differente. Lasciatemi il desi-derio di essere Petrarca e Petrella non si offenda.18.1.I giochi di parole sono per lo più acustici.19.Nell'ascolto si ingrana la funzione di interpre-te, termine usato sia in musica che in psicoanali-si, per indicare un composito ruolo di ricezione,collegamento, nuova narrazione, risignificazionee riedizione, che acquista valore se l'altro cisegnala di avere ricevuto qualcosa; si svolge dun-que un'alternarsi, un ritmo, che richiede un lavo-ro noto da tempo: stabilire tra due termini unvalore, un prezzo equo, alla giusta distanza, inter-pretium . Questa funzione deve mirare a conti-nuare, consolidando la relazione, incluso l'ascolto,e richiede una continua oscillazione tra l'imme-desimarsi nell'altro e in sé, in forma verbale e nonverbale, in un tempo attuale e passato, e via oscil-lando, gleichschwebend (letteralmente veleg-giando alla pari, equiplanando. Provo a tradurrein veneto: svolar gualivo). Andrà bene? Le tradu-zioni richiedono orecchio.20.A volte è utile nella seduta associare una frasedel paziente a certi suoi suoni, se è in grado ditollerare l'accostamento: il passo lento o sveltocon cui l'abbiamo sentito approssimarsi allo stu-dio, il respiro frequente o calmo, scrocchio di dita,borborigmi, dispnea. A volte nelle sue espressionisi nota la frequenza, di parole appuntite anchenei suoni, come "acuti, punte, aghi, spilli, fitti" ele si riunisce in un'interpretazione dell'aggressi-vità pungente, che può esprimersi anche con le"i"2 . Altre volte è il tono tra dolente e incerto checi fa capire il bisogno di essere accolto.Cerchiamo insomma di ascoltare i messaggi ritmi-ci, tematici, dinamici e timbrici del paziente, oltre

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al significato delle parole. Come nell'ascolto dellamusica, conviene non avere in mente un temaprevalente, meglio ancora non avere in mentenessuna melodia o sequenza armonica e aspetta-re che i suoni del nostro interlocutore ci giunga-no all'orecchio e che la loro bellezza ci accendal'anima (Fornari, 1994). Un simile ascolto sarà diaiuto per comporre un piccolo lessico privato,ripercorrendo, grazie ai suoni, fasi dello sviluppoin cui si sono originati i sintomi, che in tal modopossono essere riascoltati e corretti.21.Un ascolto cosciente, scientifico, serve a rico-noscere e confrontare dettagli e può far perderel'essenziale, ma non impedisce l'indispensabileascolto preconscio e metaforico, che permetta diafferrare altre risonanze. I pazienti più gentiliannotano "mi è venuta in mente una cosa chenon c'entra". Con questo allertano il preconsciodell'analista, che si mette alla ricerca di collega-menti meno evidenti. Ma la "cosa che non c'en-tra" spesso è contenuta nel timbro e nel tono divoce. Sofferenza e bellezza sono spesso unite, nonsolo nelle opere dei romantici; per esempio nellePassioni di Bach.22.Molti esitano a utilizzare nel lavoro analiticoi suoni più corporei prodotti dal paziente, tosse,borborigmi (Da Silva, 1990) ed a partecipare afondo alla componente ludica della relazioneanalitica, che a volte può essere simile al suonaree improvvisare assieme (to play, jouer, spielen,come già suggerito, hanno i significati di giocare-suonare-rappresentare), perché ciascuno possacorreggere il gioco secondo il proprio gusto(Lecourt, 1993) e la struttura delle rispettivegruppalità interne (Kaës, 1976; Anzieu, 1976). Sequalcuno non vede un rapporto tra gioco e respi-ro o scorregge, basta che giri la domanda a unbambino o a un jazzista. L'improvvisazione con isuoni è un gioco corporeo danzante, una formamagari iniziale di simbolizzazione.23.Nel colloquio tra amici, nella seduta analitica,come nell'intesa del suonare assieme, fatta di

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sguardi e gesti, solo un buon esercizio di ascoltopermette di intonarsi e quindi di condividereprofondamente il sentire dell'altro, paziente,musicista o analista. Bolognini (1995) descrivemolto efficacemente come una paziente abbiacondotto l'analista durante una seduta a provaredisperazione, dolore e senso di fallimento; solo aquesta condizione poté sentirsi capita e sollevatanella propria sofferenza, e riuscì a non abbando-nare la cura. Bisogna ammettere che si tratta diun ascolto molto speciale, una paziente nonusuale, un analista molto capace di ascolto.Meno tragici, ma simili alla paziente di Bolognini,vi sono molti esempi di melanconia messi inmusica (Schön, 1994), che non hanno difficoltà acommuovere chi ascolta, compresi gli analisti.Arianna abbandonata da Teseo esprime nel cantola perdita dell'oggetto d'amore, trasformando ildolore in bellezza.24. Il ritmo merita una riflessione a parte. Èarcaico, primigenio. Pulsa fin dalla preistoria conil cuore, poi con il respiro, il succhiare, l'alternar-si sonno-veglia; è un elemento ludico, fa bello ilgioco, crea pause e pieni, fiduciosa attesa dellaprossima prevista pulsazione, muove alla danza, èun indicatore e regolatore del senso del tempo.24.1.Per ogni africano il tamburo parla, è unostrumento ritmico verbale.

Qualche corollario.

25.Simbolo. Il suono assume una quantità disignificati, sta per molti oggetti, affetti e tipi direlazione, prima di diventare parola. È la primamelodia, la voce materna; il ritmo è continuità-discontinuità, gioco e danza. Il crescendo, dimi-nuendo e la pausa corrispondono a sensazionicorporee di riempimento, svuotamento e sospen-sione. Un dato intervallo discendente nel piantodel bambino trasmette dolore. E tutto questo puòdiventare simbolo e gioco (Winnicott, 1971,1989), e richiede a ciascuno un'attrezzatura rice-

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vente.25.1.Metafora. La comunicazione sonora in varielingue, per esempio in alcune lingue africane, hatrovato base metaforica nelle tecnologie del fila-re e tessere. Così è ad esempio presso i Dogon(Calame-Griaule, 1965) come pure in lingue a noivicine come greco, arabo, neolatine. Diciamo fila-re anche per amoreggiare. Garzo, cardo, ghazl,stanno per opera o strumento di tessitura e direlazione amorosa. Il ronzio del fuso e della con-versazione si intessono. Margherita all'arcolaio,Gretchen am Spinnrad, noto ed amato Lied diSchubert, ne è prova. L'ultimo nato di tante retiè Internet (sentito quante “t"?). E si torna al sim-bolo senza il quale non si parla.25.2. Il mondo dei suoni ha la sua disciplina.Occorre intonarsi e andare a tempo per cantare,o per apprendere l'uso di uno strumento, è unadisciplina psicofisica, può accrescere l'autostima,favorire l'esperienza gruppale. Intonarsi va dall'i-mitazione, all'identificazione, richiede un investi-mento di affetto sulla relazione.26. Riassumo ancora di più alcuni punti.L'ascolto, elemento essenziale dell'esperienzaacustica, contribuisce o equivale aa) ricevere-contenere segnali acustici anche

affettivi, altrimenti perché si direbbe "portareacqua con le orecchie?";

b) confrontare e definire le rispettive identitàsulla base di timbri, ritmi e intervalli persona-li (Lecourt, 1994), capacità di risuonare;

c) avviare e integrare il senso del tempo e delperiodo;

d) dare spessore sonoro al movimento;e) aprire spazi di gioco e creatività, cioè subli-

mare attività pulsionali, godere i suoni;f) aprire illimitati campi di simbolizzazione.Penso all'infinita saggezza della Torah, dove, pre-vedendo evidentemente cinema e televisione, silegge: "Non ti farai alcuna immagine", mentrenon si pongono divieti alla comunicazione sono-ra, anzi e questo mi fa venire in mente, per ter-

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minare, una frase di un filosofo-poeta del dialo-go, attento ai suoni quanto alla parola dellaTorah: "Un mondo ordinato non è l'ordine delmondo. Vi sono momenti di grande silenzio neiquali l'ordine del mondo è visto come presente. Eallora che si coglie nella sua leggerezza il suono,di cui il mondo ordinato è l'inspiegabile partitu-ra" (Buber, 1959).

Il presente articolo è già comparso in “Paesaggidella mente” a cura di Sandra Gosso, FrancoAngeli, Milano, 1997

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musica

& terapia

The Author is describing an activity of musicaltherapy by a group of people, in a specificdepartment of a private clinic: Villa Igea inM odena. In the above mentioned departmentpatients suffering from psychiatric diseases rela-ted to drugs dependence. The activity is imbuedwith a concept of armonization and tuning in aprogramme of music listening. This therapeuticalcourse is devided in three parts caracterized byan equal number of countertransfer moments. Inaddition to that a few parameters of EvidenceBased M edicine are indicated in order to considerthe activity illustrated.

Introduzione"La Musicoterapia è finalizzata alla facilitazionedi un progetto integrativo dell’identità, tale inte-grazione presuppone che all’interno dell’indivi-duo avvenga una chiarificazione tra mondointerno e mondo esterno, che si attua da primanello spazio, poi nel tempo ed infine nelle rela-zioni sociali. Favorire questo percorso di integra-zione fino al massimo livello possibile per la sin-gola persona è il nostro obiettivo strategico. Per ilconseguimento di tale obiettivo utilizziamo unatattica che prevede come risultato intermediouna migliore armonizzazione della personalità“(Postacchini, Ricciotti, Borghesi, 1998). Il concetto di armonizzazione implica una com-plessa successione di eventi mirata a promuovereuno sviluppo armonico dei vari analizzatori: sen-soriali, motori, neuropsicologici, cognitivi, affetti-vi e sociali (Moretti 1976). Nei processi di appren-dimento normale i momenti di disarmonia, chehanno un carattere di transitorietà, sono indi-spensabili per produrre quegli scarti evolutivi chepotranno poi confluire in un nuovo equilibrio. Lacondizione di sofferenza psichica è invece carat-terizzata da una disarmonia cronica a causa dellaquale le funzioni dei vari analizzatori non si inte-grano; il passaggio tra momenti di apprendimen-

La Musicoterapia

è finalizzata alla

facilitazione di

un progetto

integrativo

dell’identità, tale

integrazione

presuppone che

all’interno

dell’individuo

avvenga una

chiarificazione

tra mondo

interno e mondo

esterno

Musicoterapia e tossicodipendenza

Pier Luigi Postacchini, P

sich

iatra, N

europsichiatra Infan

tile, P

sicoterape

uta

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zazione, come è statochiarito e propostonella teoria psicologica,sia assimilabile al lin-guaggio musicale etraducibile nei parame-tri che lo caratterizza-

no (Postacchini, 2000b). La sintonizzazioneaffettiva dunque costituisce l’elemento tecnicoprincipale nel lavoro musicoterapeutico di armo-nizzazione dell’handicap (Moretti, 1980; Postac-chini, Ricciotti, Borghesi, 1998). Data la comples-sità di questo concetto è necessario un lungolavoro per potersi familiarizzare con esso e rag-giungere la conoscenza appropriata tanto allavoro clinico, quanto ad un corretto approcciometodologico alla musicoterapia.Secondo Manarolo e Garcia (2000): "Il difficilecompito di integrare il corpo in un nuovo conte-sto (un contesto espressivo privo di rigidi punti diriferimento), di rapportarlo alla musica ascoltatae di rispondere ad una consegna, ad una aspet-tativa (spesso vissuta in termini prestazionali),viene talora risolto con l’attivazione di schemimotori propri del repertorio individuale, associa-ti in maniera più o meno pertinente alle musicheascoltate. Si tratta di una razionalizzazione nondifferente da quella che sottende la verbalizza-zione di contenuti stereotipati o intellettualizza-ti in risposta ad un ascolto. In altri casi la rispo-sta emotiva (risultato di un’articolata interazionefra un soggetto, connotato da un particolare emutevole stato psicofisico, e le sollecitazioniambientali, relazionali e musicali proposte dalconduttore) prevale sul controllo e il corpo nepuò essere agito. Il fare (il sentirsi agiti), come ilnon fare (il sentirsi bloccati), testimoniano unadissociazione psicocorporea.Anche nell’ascolto a mediazione verbale trovia-mo situazioni analoghe, basti rammentare gliaspetti logorroici o l’inibizione al limite del muti-smo di alcune verbalizzazioni. La consegna di

to e consolidamentonon avviene allora inmodo fluido e coerente,ed il possibile cambia-mento viene vissutocome qualcosa diminaccioso e catastrofi-co, per cui lo stato di crisi non può risolversi.Il processo terapeutico di armonizzazione riguar-da innazitutto i singoli analizzatori sensoriali emotori. L’obiettivo non è tanto quello di ottene-re un funzionamento particolarmente progreditoo sofisticato di questi, quanto piuttosto di porta-re ciascuno di essi ad integrarsi con sufficientefluidità nella organizzazione mentale complessi-va del paziente stesso. Occorrerà poi fare inmodo che altrettanto fluido possa essere il pas-saggio tra i momenti di percezione sensoriale equelli di elaborazione mentale, affinchè possanoavere successivamente luogo i processi di simbo-lizzazione (Bion, 1962).Definiamo quanto sopra “armonizzazione inter-na”. Essa rappresenta solo il primo tratto di unpercorso che comprende anche l’armonizzazionetra mondo interno e mondo esterno. Possiamoassimilare quest’ultima ad un corretto svilupporelazionale, il quale trae i suoi presupposti da unasufficiente armonizzazione del mondo interno e,al tempo stesso, secondo un interazione bidire-zionale, ne promuove l’ulteriore rafforzamento.Nel contesto della relazione musicoterapeuticavengono utilizzati parametri armonizzanti di tiposonoro-musicale, i quali favoriscono lo sviluppodi sintonizzazioni di natura affettiva. Questeultime, secondo Stern (1985; 1998), costituisco-no il fondamento di qualsiasi modalità di comu-nicazione non verbale. Le sintonizzazioni rappre-sentano dunque la tecnica attraverso la qualeperseguire l’obiettivo tattico dell’armonizzazionenel contesto della strategia complessiva dellamigliore integrazione possibile della personalità.Si tratta ora di vedere se il concetto di sintoniz-

La sintonizzazione affettiva costituisce l’e-lemento tecnico princi-pale nel lavoro musico-terapeutico di armoniz-zazione dell’handicap

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Il gruppo di ascoltoL’attività del gruppo di musicoterapia nel reparto27 della Casa di Cura per disturbi psichici VillaIgea di Modena è iniziata nel febbraio del 2000.Nel reparto sono ricoverati pazienti con "doppiadiagnosi" (Rigliano Miragoli 2000) i quali rientra-no in una delle classi individuate da First e Gladis1993. Si tratta cioè di pazienti affetti da undisturbo psichiatrico primario con tossicodipen-denza secondaria (MICA); oppure da disturbo dauso di sostanza primario con disturbo psichiatri-co secondario (CAMI); oppure da disturbo psi-chiatrico primario con tossicomania primaria. Delgruppo hanno sempre fatto parte alcuni pazientialcoolisti. In questa sede non entreremo nelladiscussione di detta nosografia. In reparto sonoricoverati circa 20 pazienti e non tutti partecipa-no alla attività di musicoterapia. Un criterioselettivo prevede che i pazienti più disturbati, adesempio quelli in fase di eccitamento maniacaleo quelli particolarmente sofferenti per astinenza,non partecipino alla attività, così pure quelliappena ricoverati.Il reparto è caratterizzato da un alto turnover diricoveri e dimissioni e questo rende sostanzial-mente impossibile poter contare su un gruppostabile, anche se dopo l'estate, a seguito dell'affi-namento del lavoro terapeutico e dei continuiripensamenti dell'équipe curante, è possibile con-tare su periodi di ricovero più lunghi e su unamaggiore stabilità complessiva del gruppo deipazienti. Il continuo ricambio degli stessi comun-que rimane uno degli aspetti fondamentali.Alla attività partecipano un medico psichiatra emusicista (Postacchini) in qualità di conduttore,la caposala e la assistente sociale. Gli infermierisono presenti in numero di uno o due, ma cam-biano continuamente in considerazione dei turnidi lavoro e quindi generalmente partecipano nonpiù di una volta al mese. Sempre dopo l'estate sisono aggiunti un infermiere psichiatrico in for-mazione ed uno psicologo tirocinante. Il gruppo

"muoversi" (dal punto di vista verbale e corporeo)liberamente seguendo le sollecitazioni di unamusica rivela quindi il nostro stile, le nostre pre-vedibilità motorie e/o la nostra conflittualitàpsico-corporea. La libertà espressiva mette anudo i nostri automatismi psicomotori e il nostrolivello di integrazione psicocorporea.L’ascolto a mediazione verbale si configura appa-rentemente come una modalità di fruizione musi-cale maggiormente passiva. Sappiamo che non ècosì. Si riceve una sollecitazione senso-percettiva,un’impressione simbolica ed i processi interni chene derivano possono far emergere “pensieri nonpensati” (Gaita, 1991) dando luogo ad un fattocreativo. Sentire la musica senza muoversi impo-ne un confronto con le nostre sensazioni potendofavorire un’attività psichica di tipo elaborativo erendendo forse più difficile un processo evacuati-vo. Sappiamo tuttavia come tale processo possaessere attivato esclusivamente per via psichica. Inogni caso la limitazione della motricità, sotto l’ef-fetto induttore della musica, può facilitare un’at-tività rappresentativa legata al corpo fisiologicoed al corpo libidico e può inoltre evocare ricordiinfantili (ad es. i giochi ritmici e di movimentodella propria infanzia). La mentalizzazione dellamotricità sotto l’effetto induttore della musicapuò quindi attivare rappresentazioni e simbolizza-zioni corporee. In un ascolto a mediazione verba-le la distanza che separa il soggetto dalla musicaappare forse più definita di quanto lo sia ad es. inun corpo che danza; i nostri processi psicologicipossono però amplificare o annullare tale spazio.Alcune considerazioni che si potrebbero fare perl’ascolto a mediazione corporea valgono ancheper l’ascolto a mediazione verbale. La parola puòdivenire solo un fatto motorio, una scarica. Laparola può esprimere razionalizzazioni o conte-nuti banali più in rapporto con il tentativo diessere adeguati alla consegna (esprimi ciò che lamusica ti suscita) che con un autentica risonanzainteriore" (Garcia e Manarolo, 2000).

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generale canzoni di repertorio hard rock o heavymetal, o in più di una occasione portati daipazienti stessi. Questa strategia da un lato haconsentito ad alcuni pazienti di emergere comeleaders, permettendo anche di cogliere unaconoscenza e una specifica cultura del fattomusicale. Dall' altro lato ha peraltro collocato ilconduttore in una posizione di sostanziale passi-vità alimentata da vissuti controtransferali di tiponegativo, quali ad esempio il timore di un possi-bile scatenamento di risse tra i pazienti. Questotimore si è in effetti materializzato in due diffe-renti occasioni: la prima per futili motivi legati aduna incomprensione tra due pazienti, e comun-que derivata da una forte preesistente tensionedel reparto; la seconda in occasione di una fortediscussione scatenata dall'ascolto di un brano deiPink Floyd molto gradito da alcuni, ma inaccetta-bile per altri. Il fragile narcisismo e l'onnipotenzadel gruppo, sono esplosi in questi momenticreando una forte e pericolosa tensione. Questa èstata anche la fase nella quale il ricambio deipazienti era molto veloce al punto che da unasettimana all'altra il gruppo poteva anche essereinteramente cambiato. Nonostante le difficoltàesposte vi sono state sedute in cui sono emersivissuti molto importanti, come ad esempio quel-la nella quale la scissione del gruppo si stavamanifestando in una contrapposizione trapazienti del nord fautori di Vasco Rossi e pazien-ti del sud fautori di Pino Daniele. La scelta delconduttore è stata a questo punto di fare ascol-tare “La canzone di Marinella” di Fabrizio DeAndrè che ha provocato l'incanto di un ascoltoestatico e rapito da parte di tutto il gruppo. Alladomanda se questa musica fosse del nord o delsud, un paziente meridionale, in posizione di lea-der ha risposto: "Questo è un poeta e piace atutti" mettendo in questo modo tutti d'accordo.2) La seconda fase si è verificata a ridosso dell'e-state ed in questo caso, sia per la maggiore stabi-lità del gruppo, sia per una maggiore tranquillità

dei pazienti è composto in media da 14 persone;in una occasione vi sono stati solo sei pazienti, inaltre si è giunti sino a 19, un numero troppo ele-vato. Si è pertanto deciso che il gruppo deipazienti non superi le 15 unità.Il gruppo si svolge tutti i giovedì dalle 14,45 alle16, orario scelto in considerazione delle esigenzedi reparto, e va tenuto conto che molti pazientirisultano sedati per la recente assunzione dellaterapia.I pazienti sono disposti seduti in cerchio, in unaprima fase in una palestra di 8x8 esterna alreparto, ed attualmente in una stanza di 8x5,bene illuminata, collocata all'interno del reparto,dotata di sedie e di un apparato hi-fi. La attualesistemazione, anche se l'ambiente è più piccolo, siè rivelata più idonea per il contenimento deipazienti, in quanto essendo collocata in repartopermette una più facile organizzazione del lavo-ro da parte del personale. Fino a questo punto l'attività è stata fondata sul-l'ascolto, pur essendo disponibili strumenti a per-cussione che possono consentire attività di tipoimprovvisativo. Non vengono utilizzati strumentia fiato per ovvie necessità sanitarie essendo lamaggior parte dei pazienti affetti da epatite A, Bo C, sieropositivi o malati di Aids.La attività ha conosciuto una evoluzione impor-tante che ci permette oggi di descriverla in trefasi successive.1) In una prima fase, che coincideva anche con ilmomento di recente apertura del reparto, lamaggiore difficoltà è stata quella di farsi accet-tare dal gruppo dei pazienti e di non venire rapi-damente espulsi, cosa peraltro già avvenuta conaltri operatori in altre attività. In questa fase si èdeciso di non utilizzare strumenti anche in consi-derazione dell'alto grado di aggressività deipazienti e del conseguente pericolo. Il condutto-re ha così cercato di lasciare spazio alle discussio-ni di gruppo sollecitate e stimolate dall'impiegodi materiali musicali che gli venivano richiesti, in

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del conduttore, sostenuto da vissuti transferali piùpositivi, è stato possibile somministrare materialidi ascolto, di esclusiva presentazione del condut-tore, sui quali fare lavorare il gruppo evocando echiarificando le emozioni determinate dall'ascolto,sino a raggiungere momenti di lavoro introspetti-vo anche profondo. Molto utile si è rivelato l'uti-lizzazione di brani ripresi dal repertorio klezmer edin particolare musiche del clarinettista GioraFeidman (tecnica peraltro suggerita al conduttoreda due differenti terapeuti che operano conpazienti tossicodipendenti a Torino ed in Svizzera)che hanno sollecitato una forte attivazione psico-motoria del gruppo; al punto che i pazienti, gene-ralmente disposti seduti in cerchio, hanno accetta-to di ballare seguendo il ritmo della musica. Inquesta occasione molto importante è stato il ruolodelle pazienti donne che hanno svolto una funzio-ne propositiva e propulsiva invitando gli uomini acimentarsi nella danza, mentre questi ultimi onni-potenti a parole, sono rimasti esposti ad una benmagra figura e ad un evidente smacco. Le donne sisono poi arrangiate danzando tra di loro.3) La terza fase si è sviluppata dopo una impor-tante riunione di équipe avvenuta agli inizi didicembre. Dopo quell' incontro nel quale sonostate esaminate alcune difficoltà connesse all'at-tività (quali ad esempio: la constatata maggioragitazione dei pazienti, che dopo la attività chie-devano insistentemente agli infermieri la terapiaal bisogno; una sostanziale non fluida informa-zione reciproca tra il personale del reparto ed ilconduttore dell'attività; alcuni atteggiamentiaggressivi del conduttore nei confronti del grup-po; una tendenza del conduttore ad accontenta-re le richieste musicali dei pazienti quasi fosse undisck-jokey, più che un atteggiamento volto acontenere tensioni ed angosce) il lavoro haassunto una differente fisionomia. Si è così piùvolte manifestata, attraverso la: "scoperta dellasofferenza psichica, anche formalizzata in unastruttura nosologica, la possibilità di cogliere

come il dolore psichico si apra la sua strada, sicostruisca il suo percorso dentro la persona,come arrivi a incontrare varie occasioni e diffe-renti mezzi di occultamento disponibili nell'am-biente della cultura e socializzazione, come que-sto incida saldando pezzi prima sparsi, come nederivi una nuova architettura mentale fondatasull'uso quotidiano e continuato della sostanza,come tutto si ridisponga a consentire la ripeti-zione dell'incontro con la sostanza, all'infinito, alfine di rinnovare un significato straordinaria-mente positivo di quella persona." (Rigliano,Miragoli 2000).Il lavoro pertanto si è mosso nella direzione diesplorare le tre direzioni proposte da Montinari(1999) e cioè "gli interventi del padre", "gli inter-venti della madre", "gli interventi dell'Io". Fino adora si è in particolare lavorato sul ruolo paterno el'immaginario collettivo del gruppo è stato orien-tato e diretto a rappresentare attraverso l'ascoltodi materiali musicali, una passeggiata con il pro-prio padre utilizzando materiali quali: "Des pas surla neige" di Debussy, l'aria: "Madamina, il catalo-go è questo…" del Don Giovanni di Mozart e l'aria"Non più andrai farfallone amoroso" delle Nozzedi Figaro di Mozart. Queste arie in particolarehanno permesso di esplorare intensi ricordi infan-tili e vissuti di assenza o presenza terrifica dellafigura paterna o, in pochi casi, ricordi di presenzepositive. In particolare le arie mozartiane hannoconsentito la esplorazione della seduzione sullaquale il gruppo si è a lungo soffermato. Il gruppoha così potuto lavorare, anche con momenti diforte ironia ed un importante lavoro introspetti-vo, sul differente significato della sessualità perl'uomo e per la donna e sulle proprie doloroseesperienze sentimentali. Anche in questo caso ledonne hanno mostrato una maggiore capacitàintrospettiva e di elaborazione, mentre gli uominisono rimasti più invischiati in posizioni di osten-tata dimostrazione della propria virilità. In gene-rale la presenza di pazienti alcoolisti, comunque

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in una condizione di maggiore serenità personalee di minore impregnazione farmacologia, ha datoun contributo importante allo sviluppo delladiscussione. In tutti i casi la scelta di repertorionon è più ora fortemente vincolata alla presenzao meno di materiale verbale, in lingua italiana oinglese, ma l' ascolto si muove verso le emozioniindifferentemente con musiche puramente stru-mentali o con materiali vocali. Ad es. ugualmenteintensi e fecondi in tal senso sono stati l'ascoltodel secondo movimento della "Sesta sinfonia" di L.V. Beethoven (Scena presso il ruscello) o del"Magnificat" interpretato da Mina, in un riarran-giamento di canti gregoriani che è stato moltoapprezzato, o del brano “Whiter Shade Of Pale”che nella interpretazione di Michael Bolton haevocato intensi ricordi adolescenziali.

La caratteristica sostanziale di questo gruppo dilavoro è pertanto quella, dato il ricambio conti-nuo dei pazienti, di dover essere pensato astratta-mente come gruppo, e cioè come un contenitoredi emozioni che comunque, una volta espresse edin parte elaborate, possano lasciare una tracciache continua a circolare tra i pazienti e nel repar-to e che costituisce ora l'idea del gruppo e l'iden-tità di questa attività (Mancia, 1990; Lecourt,1993; Grinberg e Grinberg, 1975).

Alcune RiflessioniVolendo ragionare in termini di Evidence BasedMedicine l’attività ci consente quindi di trovarepossibili e valutabili risposte alle seguenti domande:1) In che modo l’intervento interviene nel pro-cesso di regolazione e rielaborazione delle emo-zioni, specie di quelle negative intense e legatead eventi traumatici.Nella relazione musicoterapeutica, fondatasecondo noi su un modello di riferimento psico-logico legato alla psicoanalisi ed attento, perquello che riguarda lo studio del parametro musi-cale a tutti gli aspetti della comunicazione non

verbale, risultano fondamentali tre punti:1) Lo studio del transfert;2) La valutazione del controtransfert;3) Il lavoro sulle sintonizzazioni.Queste consentono, secondo la concezione diStern (1985), una prima elaborazione sotto formadi Rappresentazioni di Interazioni Generalizzate(RIG ), che confluiranno poi, di sintonizzazione insintonizzazione, fino al lavoro rappresentativopiù complesso e simbolico.2) Come si passa dalla espressività spontanea aquella codificata ed intenzionale.Il passaggio dalla espressività alla simbolizzazionepossiamo concepirlo attraverso un lavoro diarmonizzazione, per gradi di complessità succes-siva, a partire dalle percezioni amodali, che con-fluiscono poi nelle sinestesie, fino a raggiungerele rappresentazioni di livello via via più elevato.3) Quale è il ruolo dell’apprendimento delletecniche.L’apprendimento di una tecnica, nel nostro casocoincide con la progressiva acquisizione di infor-mazioni e conoscenze tecniche storiche e forma-li, connesse a curiosità e domande che man manoi pazienti sono sollecitati a fare al conduttore edalle quali ottengono risposte e chiarificazioni. Leinformazioni così ottenute progressivamente por-tano il gruppo ad acquisire più confidenza emeno reverenziale timore verso, ad es., la musica"colta". Una recente domanda è stata: "Perché lamusica classica occupa tempi così lunghi rispettoalla musica leggera?". Questa domanda ha con-sentito ampie riflessioni, e va dato atto ai pazien-ti di aver saputo dimostrare una accettabile tolle-ranza anche verso materiali "lunghi", pur semprespiegati ed emotivamente motivati. L’interiorizzazione di questo principio costituisceun apprendimento di tecnica e favorisce l’originedi un pensiero simbolico (in quanto implica unadistanza ed una differenziazione) contrappostoalla pura espressione imitativa di una condottamotoria, uditiva, visiva, tattile, gustativa, olfatti-

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va e così via (Bion, 1962; Dogana, 1984; Bruscia,1989; Lecourt, 1993, 1994).4) A quale livello di simbolizzazione (elaborazio-ne simbolica) giunge ogni forma di intervento.Il livello è determinato dallo schema proposto daMoretti (1980), e cioè dai livelli massivo, per cate-gorizzazione, per denotazione, per modalizzazio-ne di funzionamento mentale che costituisconocomunque dei modi di elaborazione, a condizioneche i processi di pensiero siano costituiti sumodalità armoniche. Con il concetto di armonicovogliamo intendere che tutti gli analizzatori, fun-zionino coerentemente o tutti sensorialmente, otutti mentalmente; in questo caso parleremo diarmonia. Qualora invece alcuni analizzatori sianoimpegnati in modo sensoriale ed altri in modomentale parleremo di disarmonia.È nostra ipotesi che il funzionamento mentalearmonico sia, per ciascuno dei livelli indicati,denotativo di un comportamento motivato equindi simbolico, mentre, viceversa, comporta-menti fortemente disarmonici siano espressione diuna istintività non motivata del comportamento.5) Quali sono gli effetti cognitivi a breve elungo termine di ogni tipo di intervento?Da quanto sopra esposto la risposta a questopunto presuppone una attenzione alla strutturafunzionale dell’handicap che stiamo esplorando ecioè: della struttura funzionale neuropsicologica;del tipo di apprendimento elaborativo o non ela-borativo; del tipo di relazione oggettuale prege-nitale o genitale; delle complicanze prevedibiliche quell’handicap, per la sua stessa struttura, ha.Possiamo ipotizzare che a breve termine l’inter-vento di integrazione progettato e propostoattraverso l’impiego del parametro musicale, con-senta (mediante l’articolazione di parametri:intensità, velocità, durata, complessità formale ecosì via; Postacchini, 2000a) di fornire un “ingres-so” ad informazioni che favoriscono nuove assi-milazioni e la scoperta di nuove esperienze.Come tale questo costituisce, dal punto di vista

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strettamente cognitivo, un processo verso acqui-sizioni di straordinaria ricchezza ed importanzaper il soggetto.A lungo termine possiamo ipotizzare ancora chel’intervento di integrazione così progettato con-senta un apprendimento di tipo evolutivo, nelcontesto del comportamento motorio, sensoriale,neuropsicologico, psicologico e sociale. Possiamosostenere cioè che in tutte queste aree di com-portamento siano possibili fenomeni di rielabora-zione e di riflessione motivata.6) Quali gli effetti più generali sull’organismo abreve e lungo termine?Nel caso degli effetti più generali sull’organismosiamo proprio nell’ambito del progetto integrati-vo vero e proprio, e cioè della finalità strettamen-te terapeutica.Da quanto esposto al punto 1 risulta chiaro chel’obiettivo che si raggiunge a breve termine èquello di un rilassamento generalizzato. In talestato mentale le unità motorie ed i singoli analiz-zatori funzioneranno: o tutti a livello sensoriale otutti a livello mentale, cioè in modo armonico.Questa modalità rilassata è favorevole alla elabo-razione ed alla acquisizione, quindi all’accomoda-mento, di nuovi concetti. Tutto questo favorisce ampiamente e facilita laconoscenza dello schema corporeo, consentendouna articolazione ed una motivata differenziazio-ne tra interno ed esterno.A lungo terminesi verifica una integrazione, a livel-lo temporale, spaziale e sociale, di tutta la persona-lità, attraverso un lavoro di armonizzazione com-plessiva il cui indicatore sarà ancora una volta ilpassaggio da condizioni tese a condizioni rilassate.Possiamo immaginare che in un contesto di rilassa-mento generalizzato tali integrazioni costituiscanouna esperienza di forte coesione del Sé e quindi unaesperienza di apprendimento e di consolidamentodell’Io. In tal modo si rafforza la percezione delloschema corporeo, venendo confermata la differen-ziazione tra interno ed esterno e risultando carat-terizzata quella tra schema statico e dinamico.

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In this paper the Authors advance someconsiderations concerning sound-musicalstimulation of acute coma-patient. Our clinicalexperience leads us to underline the relationalaspects concerning a passive patient as thecoma one and to include that sound-musicalstimulation is a form of musictherapy.

Da quando abbiamo iniziato ad occuparci delpaziente in coma, circa cinque anni fa, abbiamosempre preferito parlare di stimolazione sonoro-musicale (Scarso et Al. 1998, a). Il termine musi-coterapia fa riferimento ad una interazione checon il paziente in coma non sembra possibile. Lasua passività induce il concetto che non si trattatanto di interagire con lui, quanto di cercare unastimolazione che sia in grado di “richiamare” lasua “attenzione” verso la sorgente della stimola-zione stessa, ovvero il mondo esterno.Dopo le prime esperienze cliniche abbiamo par-zialmente riveduto questa concezione, riportandoin una posizione più centrale quella che maggior-mente rappresentava una cornice, un contenitoredella stimolazione, cioè la componente comuni-cativo-relazionale. Parlare al paziente, presentarsi a lui o lei, spiega-re che cosa si farà, chiedere com’è andato l’ascol-to, sono aspetti che sono sempre stati presentinell’approccio terapeutico, ma avevano, come giàdetto, una funzione più marginale: rappresenta-vano un indispensabile tentativo di instaurare unrapporto anche quando il tipo di coma e la suaprofondità rendevano poco probabile che talecomunicazione fosse accessibile al paziente.D’altronde la stimolazione sonoro-musicale veni-va scelta proprio perchè non verbale nell’ipotesiche risultasse più facilmente accessibile ad uncervello leso (Scarso et Al., 1998,a). Altrimenti si sarebbe potuto pensare di racconta-re, leggere al paziente dei libri, delle storie, delle

Il termine

musicoterapia

fa riferimento ad

una interazione

che con il

paziente in coma

non sembra

possibile.

Il paziente in coma: stimolazione sonoro-musicale o musicoterapia?

Giuseppe Scarso, A

lice Visintin, D

ipartim

ento di N

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quenza cardiaca, lapressione arteriosamassima e minima, ilritmo ventilatorio, lasaturazione arteriosadi ossigeno. La pazien-te ha recuperato piena

coscienza e comunica verbalmente con l’am-biente esterno in modo corretto. Persistono dif-ficoltà motorie soprattutto agli arti inferiori perla presenza di fratture. Sulla base anche della comunicazione verbaleche si è potuta instaurare con la paziente, ci si èresi conto che la presenza e la figura del tera-peuta assumomo un ruolo centrale. La sua pre-senza costante ad ogni seduta di ascolto divieneil vero e proprio agente terapeutico. Non è indi-spensabile che sia sempre la stessa persona: puòessere un’èquipe curante che, a sua volta, nondovrebbe essere troppo numerosa. Si deve avereuna certa costanza di voci e volti percepiti.Perchè scegliere la musica come oggetto inter-mediario? La domanda può essere rivoltata: vene sono altre? Una comunicazione verbale puòrisultare più inaccessibile ad un paziente in comae molto faticosa per chi cerca di interagire conlui. Si potrebbe pensare ad una stimolazione tat-tile. Questa, infatti, non è esclusa e può attuarsicongiuntamente a quella sonoro-musicale. Lastimolazione tattile può, d’altronde, risultareproblematica in caso di fratture agli arti che pos-sono provocare dolore ( così come la stimolazio-ne sonoro-musicale appare controindicata incaso di edemi ed ematomi cerebrali, Urciuoli etAl., 1999).La musica si propone, quindi, per il suo signifi-cato di comunicazione non verbale, ma, daquanto detto, anche perchè favorisce uno stareinsieme reso problematico dall’assenza e passi-vità di uno dei partecipanti: dopo un po’ non sisa più che cosa dire.

fiabe, articoli di quoti-diani e parlargli del piùe del meno.L’esperienza ultima-mente maturata haspostato di 180 gradi la posizione iniziale.L’aspetto terapeutico è comunicare al pazientel’intento di cercare di entrare in comunicazionecon lui. L’assenza di coscienza, la mancanza di contattocon l’esterno, la passività, non ci devono farrecedere dal tentativo di comunicare con ilpaziente. Certamente avremo situazioni diverse aseconda che non si colga alcuna risposta oppureche qualche reazione inizi a comparire o, ancora,che il paziente, anche solo con semplici movi-menti mimici, sia in grado di instaurare una siapur difficoltosa, discontinua, frammentaria, ele-mentare comunicazione. Lo spostamento di 180gradi fa sì che l’ascolto della musica assuma l’a-spetto di un “oggetto intermediario” (Benenzon,1997) il quale permette l’instaurarsi di unacomunicazione. La “prescrizione” della stimola-zione sonoro-musicale che doveva essere assun-ta in determinati orari, per una certa durata, aduna determinata “intensità”, sembra, alla luce diqueste considerazioni, aver perso il proprio signi-ficato e la propria ragion d’essere.Queste considerazioni scaturiscono dalle osser-vazioni cliniche effettuate nell’assistenza ad unapaziente in coma ricoverata in un reparto diterapia intensiva per una durata superiore a duemesi fino all’uscita dalla stato di coma. Si trattadi una signora di 51 anni, coniugata, maestrad’asilo, con interessi e competenze musicali, rico-verata a seguito di trauma cranico per tentativoanticonservativo tramite precipitazione dalprimo piano. Sono state effettuate sedute diascolto con cadenza quasi quotidiana e con regi-strazione di parametri fisiologici come la fre-

L’assenza di coscienza,la mancanza di contattocon l’esterno, la passività,non ci devono far recede-re dal tentativo di comu-nicare con il paziente

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punto di vista. Tuttavia si potrà disporre di musi-che con caratteristiche diverse che si potrannofar ascoltare in relazione alla situazione clinicadel paziente, non escludendo la possibilità di unainterazione somatica come quella descritta,soprattutto quando si possa attuare un ascoltoin doppia cuffia, o di una comunicazione verba-le, interrompendo momentaneamente il brano.La cuffia, inoltre, isola durante il suo utilizzo dairumori di fondo che possono interferire anche inmodo fastidioso ed ansiogeno. Insomma vi sonovantaggi e svantaggi per ciascuna forma diapproccio. Molto dipenderà dalla disponibilità dimusicoterapeuti preparati, dalle caratteristichedel reparto e dall’atteggiamento del personalenei confronti di un metodo e dell’altro.Un importante aspetto è: quale musica proporre?Abbiamo già visto la musica come linguaggionon verbale e come “argomento comune” chefacilmente si offre per attuare una comunicazio-ne. È, infatti, difficile trovare persone che nonabbiano almeno un pò’ d’interesse in qualchetipo di musica e non ci è mai capitato di incon-trare casi di musicofobia. Fin dall’inizio le idee su questo punto sono statechiare: il paziente deve ascoltare musiche a luiconosciute e gradite, sulla base di informazioniottenute da familiari ed amici la cui partecipa-zione al processo terapeutico è fondamentale(Scarso et Al., 1998, b).Tuttavia, in base alle considerazioni qui proposte,non si tratta soltanto di mantenere una stimola-zione ed una continuità nella memoria e nelsenso di identità del soggetto, ma anche esoprattutto di inviare un messaggio preciso: “tunon sei solo; non sei solo un corpo che giace inun letto di questo reparto; tu sei una persona checonosciamo; conosciamo il tuo passato e le tuepreferenze; non sei uno sconosciuto, noi siamoqui”. Questo riveste un significato terapeuticofondamentale nel tentativo di entrare in comu-

La musica diventa un’”area comune dei giochi”(Winnicott, 1973), un argomento comune chepermette di stare insieme senza imbarazzo efatica. Si ascolta insieme la musica. Si può ancheprodurre musica al letto del paziente. Secondoquest’ottica la distinzione fra musicoterapia dalvivo e registrata in cuffia viene a perdere un po’di significato. La produzione dal vivo presenta numerosi van-taggi: il rapporto è più immediato, la musica puòessere modulata in relazione alle risposte delpaziente, si può cercare di entrare in comunica-zione variando la musica ed il canto in concomi-tanza al ritmo del paziente (ventilatorio, cardia-co). Questa non è sempre facilmente attuabile inuna unità di terapia intensiva dove più pazientisi trovano spesso in un’unica stanza che solita-mente non è attrezzata per fornire una buonaacustica e, inoltre, richiede competenze musica-li che difficilmente si trovano riunite in una solapersona preparata musicalmente e terapeutica-mente: la figura del musicoterapeuta, appunto,che non è ancora ufficialmente riconosciuta.L’ascolto in cuffia presenta a questo riguardoalcuni vantaggi relativi ad una più facile effet-tuabilità: non si “disturbano” altri pazienti, lapersona che esplica la funzione terapeutica nondeve necessariamente essere un musicista. Lamusica dal vivo può essere più facilmente adat-tata alla situazione clinica del paziente: unaninna-nanna accompagnata da un movimentodel palmo della mano dall’alto verso il basso puòavere un effetto calmante (Papousek, 1994); unbrano più ritmato accompagnato da un tambu-rellare delle dita dal basso verso l’alto può avereun effetto stimolante (Papousek, 1994). I rumori del reparto possono essere recuperati“musicalmente”: gli allarmi ansiogeni possonoessere imitati col canto e ripetuti e, quindi,depauperati del loro carico d’ansia. L’ascolto in cuffia è meno duttile da questo

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nicazione con il paziente in quanto rappresentaun messaggio rassicuratorio, incoraggiante,ansiolitico.In conclusione, quindi, se anche con il pazientein coma l’agente terapeutico principale è la rela-zione (Benenzon, 2000), riteniamo che anche inquesto caso si possa parlare a pieno diritto dimusicoterapia.

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The authors present a theoretical work with thepurpose to show a method of observation inmusic therapy to treat Alzheimer’s disease at anadvanced stage. The research is based on a widestudy cases examined in special homes forAlzheimer in Italy. The method is based on a col-lection of facts established after careful obser-vation of the latent capacities of the patientinstead of considering the great damage of hishigher faculties. The data examined concern thehuman being using his body and sense – organsand expressing his feelings through them, asthey are conceived the constitutional elementsof the expression of the Self for the patient at anadvanced stage. The collection of the observa-tion facts and the interpretation of it in a musi-cal point of view is fundamental in order to buildup the musictherapy relationship. The researchwants to stress the importance of the period ofobservation based on the way described.

1. I soggettiLa presente ricerca è tuttora in corso. In questasede presentiamo i risultati parziali ottenuti dopoun anno di lavoro con soggetti affetti da morbodi Alzheimer. Le istituzioni nelle quali sono stati osservati ipazienti sono: il Nucleo Alzheimer degli IstitutiRiuniti Airoldi e Muzzi di Lecco e il Centro DiurnoIntegrato della Casa di riposo G.Prina di Erba.I soggetti contattati sono stati 15, tutti ad unostadio medio-grave della malattia: in riferimentoalla “Global Deterioration Scale” (B.Reisberg,T.H.Ferris, T.Crook, 1982) si collocano al 6° stadiofunzionale e al 3° della “Clinical DementiaRating”o CDR (Hughees et al; Heyman et al, 1987).Le considerazioni e le riflessioni che condurremonella nostra presentazione, fanno riferimento a 5di questi soggetti.

La presente

ricerca è tuttora

in corso.

In questa sede

presentiamo

i risultati parziali

ottenuti dopo

un anno di lavoro

con soggetti

affetti da morbo

di Alzheimer.

Osservazione del malato di alzheimer e terapia musicale

Claudio Bonanomi, Maria Cristina Gerosa,

Ricercatori in Musicoterap

ia, C

entro di formazione

nelle Artiterap

ie, L

ecco

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2. Obiettivi della ricer-caVerificare la pertinenzadi un metodo di osser-vazione e di valutazionein funzione di:• Indagare in che modosia possibile aprire dei canali di comunicazione efavorire la strutturazione di nuove modalità diinterazione con la realtà dei pazienti affetti dademenza di tipo Alzheimer, attraverso gli stru-menti dell’intervento musicoterapico.• Verificare quindi la validità del trattamentomusicoterapico con pazienti affetti da demenzadi tipo Alzheimer anche agli stadi medio-gravidella malattia.

3. Gli strumenti di indagine L’osservazioneLa ricerca implica l’analisi di un processo che sisvolge in un arco temporale definito e che corri-sponde ad un progetto generale, le cui finalitàsono state enunciate nella descrizione degliobiettivi della ricerca.Le osservazioni, redatte attraverso “protocolli diosservazione” secondo il metodo dell’“Osser-vazione Diretta” (il cui modello teorico di riferi-mento è da vedersi nell’approccio psicodinamico),sono relative a un arco di tempo di un anno dilavoro con 5 pazienti scelti. Il metodo di osservazione indicato prevede la ste-sura, al termine di ogni seduta, di un protocollo diosservazione. Le videoregistrazioni delle sedute,altro metodo per la rilevazione dei dati, integra-no quanto scritto e sono state, assieme ai proto-colli di osservazione, lo strumento per il lavoro disupervisione e di équipe.

4. Campo di osservazioneL’elemento sonoro - musicaleSi è individuato quale campo di indagine quellosonoro – musicale all’interno di una proposta

operativa e metodolo-gica di tipo musicote-rapico avente le seguen-ti caratteristiche: a) rapporto individuale; b) trattamento bi/tri-settimanale;

c) utilizzo di strumenti sonoro-musicali e impian-to Hi-fi.

Il sonoro – musicale è stato principalmente con-siderato e trattato secondo le sue qualità para-metrali assimilabili alle categorie sensoriali (comead esempio: chiaro, scuro, liscio, ruvido, dolce,ecc…. ) e posto in relazione alle categorie affetti-vo – emozionali.Tale modo di considerare l’elemento sonoro-musicale ci ha permesso l’osservazione delpaziente secondo:

a) La qualità e la forma delle sue reazioni al dia-logo sonoro.

b) La qualità e la forma delle sue reazioni psico-motorie all’ascolto.

5. Aree dell’osservazioneAi fini della ricerca, le osservazioni sono stateanalizzate utilizzando una precisa modalità disegmentazione e raggruppamento degli eventi,che hanno condotto alla definizione di unità osequenze di comportamento. Esse sono statedefinite e descritte in modo da poter essere rico-nosciute e identificate nell’intero flusso compor-tamentale di un individuo.

Il metodo di osservazioneindicato prevede la ste-sura, al termine di ogniseduta, di un protocollo

di osservazione

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In questo modo è stato possibile passare da com-portamenti descritti e video registrati a compor-tamenti catalogati in specifiche e ben definitecategorie. Attraverso la definizione di uno schema di codifi-ca, formato da categorie comportamentali (codici),si è trasformato un evento narrativo e descrittivoin evento quantificabile. Attraverso l’applicazionedi questo schema di codifica si è giunti a misurareil comportamento di un paziente e a confrontarlo,sul piano quantitativo, con quello di altri pazienti.Lo schema di codifica che si è considerato preve-de l’individuazione di Aree e Categorie indicativedella riuscita della musicoterapia con il paziente.Sono state individuate appunto tre diverse aree,ognuna delle quali è suddivisa a sua volta in duecategorie.

AREE CATEGORIECOGNITIVA Attenzione Risposte cognitiveEMOTIVA Partecipazione Manifestazioni

emotiva affettiveCORPOREA Postura Contatto sensorialeE SENSORIALE

Per l’area cognitiva sono state prese in considera-zione come categorie l’attenzione, concepitacome la principale funzione di controllo che sot-tende a tutta l’attività cognitiva, e le rispostecognitive che corrispondono alle facoltà di giudi-zio, valutazione, memoria e riconoscimento che ilpaziente ancora conserva. Per l’area emozionale sono state prese in conside-razione le categorie partecipazione emotiva emanifestazioni affettive.Per l’area sensoriale e corporea sono state prese inconsiderazione come categorie la postura e ilcontatto sensoriale (visivo, tattile, uditivo, olfat-tivo e gustativo).

Si è principalmente “dialogato” con la sfera cor-poreo – emozionale del paziente, considerata il

terreno attraverso il quale è possibile recuperarefunzioni e abilità compromesse, o non manifeste,o in via di estinzione. La relazione ha utilizzato ilsuono come protagonista e mediatore della stessa.

6. Valutazione e trattamento dei dati ottenutiLe rilevazioni relative ad ogni area sono state col-locate all’interno di due Sub-Categorie:• Lo statoQuando la “presenza e la qualità” delle categorieconsiderate indicava la “presenza sensibile neltempo” del paziente nella relazione.• I comportamentiQuando le categorie considerate assumevanocarattere di temporaneità ed eccezionalità.

• Le due sub-categorie sono osservabili indipen-dentemente ma è stato considerato indicatoredella riuscita della seduta la presenza di risultatiin entrambe le sub categorie di cui è stata fattauna media. Ne è risultato un valore complessivoper ciascuna area.

AREE STATI COMPORTAMENTICOGNITIVA Attenzione Risposte cognitiveEMOTIVA Partecipazione Manifestazioni

emotiva affettiveCORPOREA E Postura Contatto SENSORIALE sensoriale

• La valutazione dei risultati nelle categorie Statie Comportamenti è stata realizzata secondo iseguenti indicatori:

0 = nullo1 = raro2 = discontinuo3 = presente4 = molto presente

7. I risultati della ricercaL’osservazione dei dati, visualizzati nei grafici ine-

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renti all’andamento delle “risposte” date daipazienti nelle aree indicate (tabella 1), consento-no alcune riflessioni.Anzitutto la significativa presenza di “risposte”nell’area sensoriale e nell’area emotiva mette inevidenza la funzione che dette aree possono svol-gere nel mantenere o ristabilire canali di espres-sione e di comunicazione a fronte di una situa-zione complessiva di tipo degenerativo.Tale funzione è bene evidenziata nei grafici rife-riti all’andamento degli incontri con i pazienti T.P.e G.M.. In tali grafici infatti, si osserva come afronte di un calo riguardante le “risposte” dell’a-rea cognitiva vi sia una presenza significativa, avolte crescente, delle “risposte” relative all’areasensoriale ed emozionale. Nei casi MR e FP vediamo come all’inizio dei trat-tamenti e per un lungo periodo si sono ottenutedelle notevoli “risposte”, in tutte le aree, seguiteda un declino inevitabile dato dallo stadio avan-zato della malattia per entrambi i pazienti chepresentavano i seguenti sintomi: afasia avanzata,deambulazione quasi impossibile, rigidità ecc…Il caso CG, meno grave all’inizio del trattamento,ha avuto un crollo improvviso delle condizioni disalute generali.Da queste osservazioni risultano evidenti 2 datifondamentali:• È possibile un trattamento musicoterapico conpazienti Alzheimer ad uno stadio medio gravedella malattia se tale trattamento parte dall’at-tivazione delle aree sensoriale ed emotiva:vediamo dai grafici come le aree emotiva e sen-soriale siano state quelle maggiormente attiva-te per tutto il periodo di tempo e per tutti ipazienti.

• Gli obiettivi della musicoterapia con questipazienti non possono avere come scopo princi-pale la riabilitazione degli stessi, in quanto lamalattia è progressiva e inarrestabile, ma l’o-biettivo ultimo è quello di poter dare agli stes-si pazienti la possibilità di continuare ad avere

una relazione con la realtà circostante anchedurante gli stadi avanzati della malattia, stadionel quale questi pazienti, se lasciati a se stessi,sono costretti nell’impossibilità a comunicare.

Ai risultati ottenuti attraverso la lettura numeri-ca dei dati acquisiti, si affianca un’analisi qualita-tiva degli stessi. La valutazione dei risultati è statasuddivisa in due ambiti: il primo più di ordinegenerale, utile alla maggior comprensione dellapatologia e delle strategie possibili per affrontar-la; e il secondo inerente più allo specifico temadella ricerca.

Risultati generali:• La presenza di valori significativi nelle aree haprovato che è possibile un trattamento musico-terapico per pazienti affetti da demenza di tipoAlzheimer anche agli stadi medio – gravi dellamalattia.

• Tramite questa metodologia di osservazione èpossibile avere una valutazione delle capacitàresidue e potenziali dei soggetti non più “testa-bili” attraverso i metodi attualmente noti (adesempio come il Mini Mental State di Folstein).

• L’area corporeo-emozionale può essere conside-rata il “contenitore”, lo strumento di espressio-ne del nucleo della personalità di questo tipo dipazienti e delle sue capacità e abilità residue;diviene inoltre lo strumento attraverso il qualeè possibile la attivazione di nuovi processi tesi aricostituire nuove modalità di interazione conla realtà.

• Le “risposte” a questo tipo di trattamento sonostate valutate eccezionali rispetto alle condi-zioni generali individuali e ad altri tipi di osser-vazione.

Risultati specifici:• Interventi musicoterapici con questo tipo dipazienti necessitano un rapporto individuale eun’osservazione approfondita delle aree citate

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al fine di poter utilizzare strategie sonoro musi-cali efficaci.

• La relazione con il suono quale mediatore dellarelazione, è possibile solo attraverso l’attivazio-ne e l’osservazione della sfera corporeo – emo-zionale

• Abbiamo osservato come l’intreccio dinamicotra l’elemento sonoro – musicale e il vissutoemotivo e corporeo, all’interno del processo diproposte / risposte, ha favorito la nascita di unterreno, all’interno del quale si è resa possibilela conoscenza della personalità del paziente el’interazione con essa.

• Si è rilevato che l’attenzione posta ai parametridel suono e alle loro qualità sinestesiche con-sente l’apertura di nuovi canali di comunicazio-ne, favoriti dal ruolo svolto dalla sfera corpo-reo-emozionale.

8. ConclusioniAbbiamo assunto come ipotesi di lavoro per laricerca l’osservazione dell’area sensoriale e cor-porea quale ambito all’interno del quale possanoriattivarsi funzioni e abilità residue del pazientee nello stesso tempo divenire “terreno” della rela-zione con il terapeuta. I risultati della nostraindagine hanno evidenziato la capacità del corpodi esprimere una memoria del proprio vissuto. Lequalità sinestesiche del suono, mediante lemodalità di produzione e ascolto, sono stati glistrumenti attraverso i quali i pazienti hannopotuto esprimere contenuti emotivi ed interiori.Ci hanno inoltre permesso di osservare comequesto tipo di approccio abbia consentito aipazienti l’accesso all’area cognitiva veicolata dal-l’esperienza vissuta attraverso l’area corporeo-sensoriale.I risultati dell’osservazione dell’area cognitiva,normalmente inattiva in questi pazienti, sonostati considerati eccezionali e comprovanti l’atti-vazione dei due campi sottostanti.Un risultato positivo in un’area è stato considera-

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to significativo solo quando si sono avuti riscon-tri anche nelle altre aree. Possiamo concludere che l’osservazione, cosìcome qui è stata intesa, diventa quindi lo stru-mento privilegiato, anche se non l’unico, per rag-giungere, comprendere, e dialogare con il malatodi Alzheimer; e che tale attitudine è quella che cipermette di accogliere, conoscere e rispettare ibisogni di queste persone

Tabella 1

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…pages from the diary of my human experiencewith M aria and Elisabetta through the languageof the sounds. M aria’s course (suffering fromvascular dementia) has been full of creativityand vitality, characterized by the rhytmical ele-ment; Elisabetta’s one (suffering from Alzheimerdisease) has been difficult and tortuous and ithas developed following a sonorous iter accor-ding to her physical and mental shapes.The tho experiences have in common the dignityof living, even in the condition of illness, and awellbeing felt in expressing themselves and theirown emotions.

IntroduzioneHo iniziato circa due anni fa a collaborare in qua-lità di musicista alle attività riabilitative svoltepresso il nucleo Alzheimer dell’Istituto “Golgi” diAbbiategrasso.Il mio intervento doveva avere tutte le caratteri-stiche della provvisorietà, ma ciò non è avvenuto.Sono rimasta in questo nuovo mondo che si èinaspettatamente aperto a me senza una vera epropria decisione, ma come se fosse già scrittonella mia storia.Dopo due anni di attività di musicoterapia digruppo presso l’Istituto ho sentito il desiderio divivere un rapporto più profondo con alcune dellepersone incontrate.Lo stadio della malattia ormai avanzato stimola-va il mio bisogno di far qualcosa per loro, adden-trandomi in una conoscenza e in una relazioneche sfidava la realtà dei fatti.È così che è iniziata la mia avventura umana conElisabetta e Maria attraverso il linguaggio dei suoni.

La “musica” di ElisabettaElisabetta è una donna di 80 anni; nata ad Alleghe,un paese di montagna in provincia di Belluno, havissuto a Milano dove ha svolto attività commer-ciale accanto al marito per 40 anni. Con il pensio-namento si sono evidenziati i primi sintomi della

Due storie musicoterapiche

Lucia Corno, M

usicoterap

ista

Dopo due anni

di attività di

musicoterapia

di gruppo ho

sentito il

desiderio di vivere

un rapporto

più profondo

con alcune

delle persone

incontrate

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Entrata così nel suomondo di figure, suoni,emozioni o gesti, stocercando di vivere conlei, dentro la musica, unpercorso sonoro che da

sagome tristi e infelici laconduca, le faccia intravedere e ritrovare sagomepositive e di piacere sì che dal buio e dall’ango-scia si possa aprire alla luce e alla serenità di unaquiete ritrovata o da conquistare ogni momento(con l’aiuto della musica o di altri rapporti e atti-vità significative per lei).In questo percorso talvolta Elisabetta provaimprovvisamente paura o angoscia per qualcosadi indecifrabile, lo manifesta alzando il tono divoce, cambiando postura e pronunciando frasiinterrogative sconnesse nel significato, ma chiarenella loro “curva sonora”. È allora che io le tengole mani, canto per lei e insieme riscopriamo unagestualità “antica”, inscritta nel corpo, fatta delcullare, del girare e del dondolare.Mentre io cullo Elisabetta e mi prendo cura di lei,lei stessa mi prende la mano, mi sistema il maglio-ne o mi accarezza: capisco che siamo presentil’una all’altra, che i suoni, i gesti e le sagome ciappartengono e sono per noi la possibilità delvivere.Mi accorgo che ciò che ho desiderato di più lavo-rando con Elisabetta è stato il cercare di investiredi senso la sua giornata, la sua vita. Dar valorealla relazione creata con la musica è per me daread Elisabetta la possibilità di trovare accanto a sénella quotidianità chi l’accarezzi quando hapaura, chi l’aiuti a sbrogliare la sua matassa dilana aggrovigliata (così simbolica, ma reale per leiche passa molte ore nel farlo), chi ripercorrainsieme con lei i passi dei sentieri di montagna(che Elisabetta sembra ancora ricalcare quandocammina) o ancora chi dia voce al canto che in leiriecheggia ancora evocatore di luoghi ed emozio-ni. Questi sono i gesti che la musica mi ha fatto

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malattia di Alzheimer:disorientamento e diffi-denza carica di accuseingiustificate che hannomesso in allarme i figli eil marito.Ho visto Elisabetta entra-re in questo istituto nel settembre del ’99: signo-ra ben curata nell’aspetto, poco aperta con glialtri ospiti, ansiosa e con una piega triste in viso.Col tempo manifestava sempre di più il suo disa-gio, il suo stato confusionale o di paura con ver-balizzazioni molto forti nei toni e nei contenuti.Era pertanto diventato difficile inserirla anche inun gruppo di musicoterapia perché un nonnullapoteva alterare il suo umore e scatenare in lei labestemmia o farla stare male. Quando si è deciso di iniziare con lei un tratta-mento musicoterapico specifico ero molto preoc-cupata per la mia incolumità e perché la miapaura avrebbe potuto bloccare il rapporto con lei.Ho cercato allora di smantellare tutti i miei pre-giudizi per incontrare la “vera” Elisabetta e darleuna chance: quella di essere conosciuta nel suoessere più profondo e vero, quella di consentirleuna qualità del vivere migliore, più dignitosa.Nel decidere il mio approccio musicoterapico horiflettuto sulle “sagome corporee” (postura ripie-gata – viso tirato – sguardo fisso all’infinito –respirazione affannosa) di Elisabetta e su quelledei suoi pensieri che ho delineato come tristi,negative, malinconiche,con toni di rancore. Le miescelte musicali per lei si sono allora direzionateverso suoni e motivi che ricalcassero queste sago-me, che le comprendessero sì che Elisabetta potes-se sentirsi capita e accolta e fosse possibile per meaprire un varco, lanciare un ponte verso di lei.Elisabetta ha accolto questo messaggio che forseaspettava e ha subito dato segni di un contattostabilito attraverso un’intensità di sguardi impor-tante e prolungata, attraverso una postura piùrilassata e una respirazione meno affannata.

Nel decidere il mioapproccio musicoterapi-co ho riflettuto sulle“sagome corporee” di

Elisabetta

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scoprire in lei e che non possono più essere elusi. Non desidero che lei viva con me delle oasi sonore,ma voglio aiutarla a riapprodare (con una immagi-ne più vicina ad un ponte sonoro) ad un mondo,forse nuovo e diverso nelle modalità e nelle condi-zioni in cui potersi riconoscere e ritrovare.

La “musica” di M ariaHo conosciuto Maria nel giugno del ’99, aveva 78anni. La sua storia era segnata dal dolore (epigo-no ne era la morte del figlio per droga) che sem-brava però non averla scalfita; forse Maria l’ave-va accettato dentro di sé e ciò la rendeva unadonna forte e coraggiosa, capace di trasmettereserenità, positività. L’ho definita una donna “pulsiva”: affrontava lavita a testa alta, con grande dignità e con mani-festa sicurezza nel suo porsi. “Pulsiva” perché lavedevo vibrare rispetto alle cose, agli stimoliesterni secondo una modalità tutta sua fatta dibattere le mani fra di loro, su di un tavolo o su diuna poltrona: così Maria affermava la sua perso-nalità, comunicava i suoi sentimenti e dava quasiun ritmo al suo incedere, al suo vivere.Maria già da allora non verbalizzava, ma ripetevain modo talvolta ossessivo e fastidioso per gli altriospiti, un vocalizzo ben preciso, intonato semprealla stessa altezza e con gli stessi intervalli sono-ri. Questa era la sua modalità di assentire o dis-sentire rispetto alle proposte, di esprimere gioia odolore, insomma di esserci e pertanto il vocalizzoassumeva intensità, volume e durate variabili.Col tempo il tutto si è sopito: per un anno ho unpo’ perso di vista Maria, lei non ha più partecipa-to al gruppo di musicoterapia e del suo vocalizzonon è rimasta traccia, così come il battito di maniè rimasto legato a pochi momenti o situazioni.Quando ho iniziato a lavorare con lei nello speci-fico musicoterapico ho pensato di sfidare lasituazione così come mi appariva e di risvegliareMaria dal suo torpore per scoprire in lei, ancheprovocandola, gesti e suoni residui, tracce minime

di un passato unico e significativo.Qui stava il senso di Maria, il codice di accessoper comunicare con lei, dovevo pertanto andarleincontro e decifrarlo, renderlo possibile. Dovevoridare a Maria la sua fisionomia, la sua “cadenza”del vivere perché la musica faceva parte del suovissuto passato e recente, ora più melodica, orapiù pulsiva, ritmica.Maria, da me stimolata con battito di tamburi omani, ritmi di maracas o marimbe, melodie suona-te al pianoforte o cantate, ha risposto sempre dipiù al richiamo pulsivo che trovava in lei una cor-rispondenza e man mano dall’ascolto è arrivataalla partecipazione e quindi all’iniziativa personale.È un piacere lavorare con lei perché è una donnaestremamente viva e creativa, ricca di risorse e disorprese: con lei c’è un’intesa di sguardi, ungioco-dialogo fatto di gesti, ritmi e cantilene, unaprovocazione vicendevole all’esserci, al sentirsivivi, a volte in modo esuberante e irrefrenabile.Maria dimostra contentezza nel vivere questimomenti e talvolta l’energia che la musica le ridàsi convoglia in lallazioni o vocalizzi forti, sguaia-ti o più intonati, che io ricalco in un unisonoimpressionante: in questi attimi percepisco che cisiamo, che stiamo bene e che tutto ciò ha unsenso, il senso del vivere.Quel che mi ha dato più gioia in questa relazionesonora è che Maria si è “ripresa” la sua voce, isuoi gesti così carichi di musicalità. Ho rivistocosì in lei la prepotenza della vita che si affermapari a quella di un bimbo appena nato che convagiti e sgambetti già dice di sé, del suo essere.Vedo tutto ciò in modo chiaro quando Mariasembra non volersene andare dalla fonte sonora(pianoforte, marimba), quando sembra volerlatoccare, afferrare e prendere a piene mani: iosuonando per lei tengo viva questa fonte e insie-me a lei mi riempio di vita. Questa vitalità, questa energia esuberante è rina-ta grazie alla musica, alla mia vita e all’energiache ho donato a Maria attraverso la musica.

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This article describes a language rehabilitativetherapy in a case of aphasia, with a damage oforal and written production, as a consequenceof a stroke.This work has been done fundamentally joiningmusic and words, developing aspects such as:• language phonologic, lexical, syntactic andprosodic level;

• articulation;• body perception;• ability of inhibition and choice of acusticstimula;

• perception and expression of feelings andemotions;

From a strategic point of view, the centralnucleus of the work has been based on theauthomatic rehabilitation of language throughmusic and on the search of transformation ofauthomatism to consciousness.

PremessaL’esperienza che descriverò, si riferisce ad unintervento riabilitativo rivolto ad un pazienteaffetto da afasia. Questo intervento ha un carat-tere empirico e sperimentale, ed è stato proget-tato per un paziente, che chiamerò R.P.

Descrizione del casoR.P. è un medico che nel novembre 1998 subì unattacco apoplettico conseguente a un’ostruzionedella Carotide interna sinistra per verosimile dis-sezione. Subito si rivelò come preminente undeficit afasico con prevalente compromissioneespressiva.Una volta superata la fase edematosa gli esamiconfermavano l’esistenza di due aree ipodensecortico-sottocorticali senza effetto massa, insede temporo-fronto-parietale, riferibili a lesio-ne ischemica in fase cronica.Due mesi dopo l’evento morboso, nel gennaio1999, R.P. si sottopose ad un esame neuropsico-

Questa

esperienza

si riferisce

ad un intervento

riabilitativo

rivolto ad un

paziente affetto

da afasia

Il suono del silenzio

Alicia Gibelli, M

usicoterapista, Cagliari.

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accompagnandosi conogni sorta di oggettodomestico che potessefungere da strumento apercussione. Cantavanole canzoni dei cantau-tori nella loro veste ori-

ginale e, inoltre, le manipolavano e rifacevanoimprovvisandoci sopra. Inoltre, improvvisazioni“pure” o creazioni di nuove canzoni o testi for-mavano parte delle attività praticate dal gruppo.R.P. stesso riferisce di aver imparato a suonarequalche accordo sulla chitarra, utilizzandola inquesto modo per accompagnare le canzoni.Nel novembre 1997, R.P. entrò a formar parte delcoro polifonico che io stessa dirigo. Non avevamai cantato in un coro e la sua dimestichezzacon la musica “classica” era limitata. In quelmomento la sua intenzione di partecipare ad uncoro non era motivata da un interesse prevalen-temente musicale, ma piuttosto da un bisogno diespressione, di scarica, di ricerca di benessere.Prima del suo colpo apoplettico, R.P. ebbe tempodi cantare nel coro per sei mesi.

Osservazioni e considerazioni inizialiOtto giorni dopo aver sofferto l’attacco ischemi-co e mentre era ancora ricoverato all’ospedale,R.P. pronunciava soltanto le sillabe /ta/ e /pa/,che sostituivano qualsiasi parte del discorso ederano accompagnate sempre dallo stesso gestodel braccio destro in modo stereotipato. Nellostesso momento R.P. riusciva a cantare, almenoparzialmente, alcuni dei brani del coro. Lui nonriusciva ad iniziarli da solo, ma dato l’input ini-ziale, continuava a cantare riproducendo perfet-tamente il disegno melodico del brano, e con unapronuncia e articolazione del testo discreta,manifestando piccole difficoltà di fronte a deter-minati fonemi o gruppi fonemici ma mai a talpunto da rendere incomprensibili le parole pro-nunciate. Dimostrava piccole difficoltà nella

logico per valutare lostatus delle funzionicognitive linguistiche enon linguistiche. Perquanto riguarda lefunzioni linguistiche,sul piano lessicale esublessicale, i deficit più appariscenti si rivelaro-no a carico dei meccanismi di trascodificazione(in particolare conversione orale-scritto) e deilessici di output (soprattutto quello ortografico)dove emergeva un risparmio relativo dei nomirispetto ai verbi. I lessici fonologico e ortografi-co di input (decisione lessicale nella norma) e ilsistema semantico (prove di comprensione nellanorma) non sembravano interessati, anche se leprove riguardanti quest’ultimo, in alcune occa-sioni, si rendevano difficili a causa della presen-za di otosclerosi bilaterale che non sempre con-sentiva una facile valutazione degli esatti livellidi comprensione. Sul piano morfosintattico, seb-bene in parte mascherato dai deficit lessicali,emergeva un quadro di agrammatismo con sfu-mati deficit di memoria immediata (specialmen-te di materiale verbale). Prima dell’evento morboso R.P. possedeva un altoe ampio livello culturale. La sua personalità irre-quieta, curiosa e aperta lo avevano portato sem-pre a studiare e ricercare sia in aree riferite allasua sfera professionale sia in altre ben diverse.R.P. possedeva una grande proprietà e ricchezzadi linguaggio del quale conosceva e ricordavaperfettamente le leggi che lo regolano dal puntodi vista grammaticale, morfologico, sintattico eortografico.Dal punto di vista musicale R.P. non possedevauna formazione o conoscenza specifica. Il suobagaglio musicale era costituito da tante e tantecanzoni di musica “leggera” che lo avevanoaccompagnato lungo la sua storia. Nella sua ado-lescenza e nella prima giovinezza, R.P. soleva riu-nirsi con il suo gruppo di amici per cantare

Prima del colpo apoplettico, R.P. ebbe tempo

di cantare nel coro per sei mesi

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riproduzione del profilo ritmico che tuttavia eraabbastanza conservato e diventava perfettamen-te riconoscibile. La riproduzione di frammenti rit-mici era conservata anche se si osservava un’e-norme fatica nella sua realizzazione.Nell’ospedale R.P. venne sottoposto, quasi imme-diatamente, ad un intervento riabilitativo di tipologopedico consistente nella riproduzione divocali seguendo le labbra del terapista, che loconduceva verso una articolazione esasperata ealla ripetizione dei nomi propri delle personevicine e di alcuni oggetti, nonché al tentativo difargli scrivere il proprio nome, cognome, profes-sione ecc. R.P. non riusciva a fare quello che gliera richiesto, o lo realizzava con grande diffi-coltà, vivendo un’enorme sensazione di frustra-zione e incapacità. Proposi a R.P. l’esecuzione cantata, su una cordadi recita, delle vocali nell’ordine /u/, /o/, /a/, /e/,/i/, già eseguita nel coro, e che lui eseguì adessocon grande facilità a diverse altezze, man manoche la corda di recita cambiava di semitono insemitono.Queste osservazioni insieme alle reazioni emotiveed affettive di R.P., l’entusiasmo e, potrei direquasi, l’ansia con cui aspettava il momento delmio arrivo e del poter cantare mi portarono apormi diversi interrogativi e alle seguenti consi-derazioni:1. Una persona che vive una esperienza comequella vissuta da R.P. non può essere consideratasolo dal punto di vista del deficit afasico e delrecupero del linguaggio. Non si può non tenereconto della situazione psicologica che questapersona sta vivendo. Non si può non tenere contodi chi era, da dove veniva, quale fosse il suomondo e la sua esperienza di vita prima dell’e-vento morboso, non adattando da subito l’inter-vento alla personalità e ai bisogni della personache si ha davanti. 2. Non si può eludere il chiedersi come è cam-biata la sua percezione generale e la percezione

di sé in particolare. Com’è cambiata l’immaginedi sé, il proprio senso d’identità.3. Non si può dimenticare la paura di frontealla morte, alla ripetizione dell’attacco apopletti-co, al proprio stato organico e mentale in gene-rale. La confusione e la paura di fronte all’evolu-zione della malattia, delle sue conseguenze e diriflesso di fronte alla nuova situazione di vita, alproprio futuro. Perché non si può ignorare che c’èun “filo spezzato” che separa il prima dal dopo?4. Se come in questo caso, il paziente riesce a can-tare con facilità e piacere sin dal primo momento,perché non favorirlo permettendo così che sentala propria voce e acquisti fiducia in sé e nelle pos-sibilità del suo recupero, favorendo contempora-neamente il fluire della respirazione e l’esercizioginnastico-articolatorio attraverso la pronunciadel testo? Perché non tenere conto sin dall’inizioche i brani che il paziente riesce a richiamare, purin modo automatico, appartengono, tuttavia, allasua storia e possono quindi rappresentare un pic-colo ponte attraverso il quale far transitare, ricor-di, sensazioni, immagini, affetti, emozioni e diconseguenza un legame tra il prima e il dopo?5. Il linguaggio legato al testo di un branovocale, sicuramente appartiene alla sfera del lin-guaggio automatico. Ma se i principali testi diriabilitazione del linguaggio in caso di afasiaconsigliano di partire e favorire inizialmente illinguaggio automatico dei pazienti, perché nontenere conto di questa forma di automatismoche inoltre permette un coinvolgimento globaledella persona con una componente emotivaimportantissima, riconosciuta come essenzialenelle attività di riabilitazione, rieducazione e diapprendimento?6. Da un punto di vista anatomo-funzionalealcuni dei principali lavori di Neuropsicologia eNeurolinguistica pongono alla base della riabili-tazione o rieducazione di un paziente afasico, lapossibilità di stabilire una azione di compenso daparte dell’emisfero destro, per le funzioni lingui-

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musicale consentendo, attraverso i loro isomorfi-smi, la valorizzazione delle loro capacità onoma-topeiche e delle loro valenze di tipo sinestesico estrutturale. Inoltre i due linguaggi consentonocontinui rimandi attraverso i fenomeni di simbo-lismo fonetico che favorisce sia l’oggettivazionedel dato percettivo musicale sia la traduzione epercezione musicale del dato oggettivo linguisti-co. Questo incontro fecondo tra i due linguaggimi sembrava potesse facilitare un intervento dirieducazione del linguaggio.

Decrizione dell’interventoA seguito delle considerazioni sopra menzionatel’intervento si è esplicato su diversi fronti, chepossono essere riassunti come segue:

• Lavoro di supporto e incoraggiamento, conspeciale attenzione al mantenimento dellafiducia in sé stesso e della fiducia nelle propriepossibilità di recupero.

• Lavoro di percezione corporea.• Lavoro sull’articolazione e sugli aspetti motoridel linguaggio, dal punto di vista della pro-grammazione e dell’esecuzione.

• Lavoro sul recupero della memoria fonologica abreve termine.

• Lavoro sui tre livelli del linguaggio (fonologico,sintattico, semantico) attraverso il recupero delsignificato espressivo e affettivo dei fonemi,delle parole, delle frasi.

• Lavoro sul ritmo e sulla fluidità del linguaggio.• Lavoro sulla prosodia attraverso l’interpretazio-ne del significato emotivo-affettivo del testo.

• Lavoro sul recupero dei concetti spazio-tempo-rali attraverso l’articolazione del movimentocon i parametri musicali.

• Lavoro sulla capacità d’inibizione e di scelta distimoli acustici.

• Lavoro di risonanza emotivo-affettiva.Ognuna di queste aree di intervento è stataaffrontata sia individualmente sia in relazionecon le altre.

stiche, nonché la possibilità di riorganizzazionedelle aree più vicine alla lesione. Viene ricono-sciuta, inoltre, la necessità non solo di ricorrere astrategie alternative, ma di mettere in atto atti-vità capaci di coinvolgere ampi territori cerebra-li attraverso il coinvolgimento di diverse modalitàsensoriali e percettive, nonché la grande influen-za dell’esperienza emotiva sull’efficacia dei pro-cessi cognitivi. Pur rendendomi conto che la sferadelle neuroscienze rappresenta un campo com-plessissimo riservato agli specialisti e ancora par-zialmente avvolto nel mistero, anche per lorostessi, mi chiedevo perché la musica non potessecontribuire direttamente alla rieducazione dellinguaggio, dato che rappresenta una attivitàneuropsicologica molto complessa, che come talecoinvolge molteplici processi cognitivi e capace,inoltre, di coinvolgimento plurisensoriale. Inoltreè riconosciuto che la musica, attraverso alcunedelle sue componenti e del suo stretto rapportocon i processi emotivi, è strettamente legataall’attività dell’emisfero destro.7. Da un punto di vista delle loro componenti illinguaggio verbale e il linguaggio musicale (purtrattandosi di due linguaggi diversi e ben diffe-renziati), condividono parametri quali intensità,altezza, durata, ritmo, timbro, velocità-densitàche ricoprono, in entrambi, un ruolo fondamen-tale nel modulare la quantità e la qualità del-l’informazione. Dal punto di vista della materiafonico-fonetica di cui sono costituiti i due lin-guaggi e delle strutture a cui questa da luogo, èevidente lo stretto rapporto esistente tra signifi-cante e significato in entrambi. Da un punto divista sintattico-formale nei due linguaggi gli ele-menti costituenti non si articolano in modocasuale ma seguono delle regole grammaticaliben definite che variano a seconda delle epochee delle culture. Attraverso queste considerazioniho fatto mie le posizioni di Dogana che contem-plano il sinergismo bidirezionale instauratosi dal-l’incontro tra linguaggio verbale e linguaggio

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stati scelti tra quelli che presentavano una orga-nizzazione sillabica e, quindi, abbiamo potutofocalizzare l’attenzione sulla differenza di duratadei suoni-sillabe e di conseguenza sulla strutturasillabica di ogni parola del testo.8. Ricerca dell’accento tonico di ogni parola, edesecuzione di questo in forma percussiva, con-temporaneamente alla voce cantata. 9. Ricerca dell’accento tonico di ogni frase e pre-parazione ed esecuzione di questo attraverso ilmovimento.10. Messa in rapporto del punto culminante dellafrase con l’intenzionalità espressiva e significati-va del testo e della musica.11. Trasformazione del brano in forma di fila-strocca, e sua esecuzione: a) rispettando il profilomelodico originale ma dando un valore identicoad ogni sillaba, b) privandolo del profilo melodi-co, declamandolo come una vera filastrocca.12. Declamazione del testo seguendo il suo con-tenuto espressivo-affettivo.Nella realizzazione di questo lavoro, si sono messiin evidenza i fonemi o gruppi fonemici e le partidel discorso di fronte alle quali R.P. mostrava mag-giori difficoltà. Così, dagli stessi brani sono natidei brevi esercizi in forma di vocalizzi. Creati ini-zialmente come ampliamento delle caratteristichemelodico-ritmiche di un determinato frammento,questi esercizi sono stati utilizzati per prenderecoscienza delle difficoltà trovate e, mediante illoro isolamento, per il loro superamento.Ogni brano, come ho detto già più volte, è statoscelto dal repertorio dei brani appartenenti allastoria musicale di R.P., ma scegliendo semprequello più adatto ad ogni tappa della rieducazio-ne, in quanto a struttura, contenuto tecnico lin-guistico e contenuto espressivo-affettivo. Ho datoa quest’ultimo un peso fondamentale perché con-sideravo fosse importante che il contenutotestuale di un brano, potesse offrire la possibilitàa R.P. di esprimere sentimenti, bisogni, emozioni,che altrimenti non sarebbero potuti essere espres-

Inizio e fulcro dell’intervento è stato il favorire ilrecupero automatico di brani musicali apparte-nenti alla storia di R.P., per ricercare in seguito ilpassaggio dall’automatismo all’atto volontario.Questa attività è stata affiancata e accompagna-ta da attività di tipo didattico, miranti a sviluppa-re la sensibilità verso i parametri musicali diintensità, altezza, timbro, durata, ritmo.Incominciando dai brani cantati nel coro e quin-di, appartenenti al “passato prossimo” di R.P., nelripercorrere indietro la sua storia abbiamo incon-trato i brani della sua giovinezza, per tornare inseguito al qui e ora, imparando dei nuovi brani.Così, il lavoro è consistito in:1. Ricostruzione di tutto il brano sia dal punto divista musicale che testuale.2. Ricostruzione del significato semantico e affet-tivo del testo.3. Esecuzione del brano secondo le seguenti moda-lità: a) cantare per imitazione in forma di eco, b)cantare insieme contemporaneamente, c) cantareinsieme ma non contemporaneamente, seguendoun gioco di alternanza di parole o di frasi.4. Ricerca e appropriazione di una pulsazione chenon limitasse l’espressione libera, ma che ladotasse di un contenitore che significasse ordine,continuità, fluidità. Una pulsazione che coinci-desse con il “tempo” di R.P.5. Esecuzione del brano segnando la pulsazionecon il movimento nello spazio o con il battitodelle mani. 6. Divisione del brano in semifrasi o frasi ed ese-cuzione di queste isolatamente.7. Estrazione dell’organizzazione ritmica di ognu-no di questi frammenti, che veniva eseguita con ilbattito delle mani o su uno strumento a percus-sione, secondo le seguenti combinazioni: a) vocecantata-percussione, b) voce cantata-percussio-ne-movimento nello spazio riproducente la pul-sazione c) voce cantata-movimento nello spazioriproducente la struttura ritmica, d) solo percus-sione. I brani utilizzati, almeno inizialmente, sono

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si verbalmente, portandolo, inoltre, a prenderecoscienza della sua situazione, del suo dolore,della sua rabbia in modo progressivo e protetto.Abbiamo lavorato sui meccanismi sublessicali esul recupero della memoria fonologica a brevetermine (già affrontati per mezzo degli esercizi informa di vocalizzo) attraverso la scelta di nuovibrani in lingua straniera (lappone, finlandese,croato, diverse lingue africane), di filastrocchedialettali e di nonsense. Questi componimenti,ancorati a forti strutture ritmiche o ritmico-melodiche e, comunque, formali, hanno permes-so di lavorare sugli aspetti fonico-fonologici dellinguaggio, permettendo, inoltre, la loro tradu-zione in movimenti corporei o sonoro-strumenta-li, creando un ambiente ludico, piacevole e diconseguenza stimolante.In seguito siamo andati a ricercare i contenutifonico-fonologici di alcune parole e il loro rap-porto con il significato di queste, scoprendo unmondo affascinante fatto di: a) congruenza trasuono-significato; b) contenuto espressivo-affet-tivo, costituito dalla qualità del suono in sé edalla sua fisicità-corporeità. Oltre al recupero les-sicale e fonologico, ho utilizzato questa attivitàper approfondire la presa di coscienza delle qua-lità articolatorie e delle propriocezioni non sololimitate all’apparato fonatorio.Appena è stato possibile R.P. ed io abbiamo can-tato facili canoni a due voci e, in seguito, branipolifonici od omoritmici, nei quali ognuno dove-va mantenere la propria parte. Un privilegio delquale abbiamo potuto usufruire è stata la parte-cipazione di un piccolo gruppo del coro, che ci haaccompagnato per alcuni incontri, aiutandoci apotenziare il lavoro di incontro contemporaneo dipiù voci, nel quale ognuno deve riuscire a trovaree affermare sé stesso, all’interno di un insiemefatto di voci diverse con le quali ci si incontra e cisi scontra, ma sempre creando un tutto unitarioprodotto delle diversità. Inoltre, R.P. ha potutosperimentare con questa attività la capacità di

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ConclusioniLa mancanza di esperienza e di informazione inquesto tipo di interventi, non mi ha permesso dipartire con un programma altamente strutturatoche prevedesse un metodo di valutazione, sia ini-ziale che finale, oggettivo. Infatti, la valutazionedel risultato dell’intervento è stata fatta attraver-so i resoconti dei controlli periodici a cui R.P. si èsottoposto e dall’osservazione diretta, da partemia, del progressivo recupero delle sue capacitàcomunicative e del suo reinserimento sociale siaprofessionale che relazionale. Infatti R.P. ha ripre-so la sua vita lavorativa, continua la sua vitafamiliare, è tornato al coro al quale partecipa conassoluta normalità, adeguandosi al ritmo diapprendimento degli altri coristi e ha ripreso lasua vita di relazione. Il suo linguaggio è ancoradeficitario nella velocità di reperimento lessicale,il che provoca piccole interruzioni del discorso eil bisogno di parlare a bassa velocità, ma riesce adaffrontare correttamente qualsiasi argomento,naturalmente manifestando maggior facilità efluidità di fronte a quelli di ordine quotidiano opratico. Questa per me è la vera conclusione del-l’esperienza. Da un punto di vista più obiettivo e scientifico lemie conclusioni diventano solo interrogativi per iquali non ho potuto trovare delle risposte: quan-to del recupero di R.P. è stato spontaneo? Quantosi deve agli interventi logopedici, che se purframmentati e brevi, tuttavia ci sono stati?Quanto si deve alla musicoterapia?

bibliografia

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C’è un aspetto del quale non ho parlato diretta-mente, ma che è stato di grande importanza nelmio intervento ed è quello relazionale. In ognimomento ho considerato come fondamentale larelazione tra me ed R.P. Una relazione che è statafatta di ascolto continuo dei suoi bisogni e, diconseguenza, di adattamento a questi. Bisogninon solo tecnici, per il recupero del linguaggio,ma in misura molto importante anche di tipoaffettivo. Concludo così con un ultimo interrogativo:quanto di questo aspetto relazionale-comunica-tivo ha influito nel recupero e nel reinserimentodi R.P.?

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The authors deal about many aspects of themusic therapeutical setting from a psychodyna-mic point of view. They consider the setting is athe most important factor of the therapeuticalaim with seriously damaged patients.In order to state again the setting factor theyshow three aspects of it: the spatial frame, thetemporal frame and the behavioural frame.A better knowledge in the therapeutical relation-ship and in its boundaries given by the settingoffers the possibility to open the process of thepatient in which he can express his inner world. This way the inner world of the patient can bewell contained by the spatial frame which canbecome the “transitional space” where thepatient cannot escape anymore and where hecan also have the opportunity to build up a richrelationship with the therapist.

IntroduzioneA partire dagli anni ‘50 sembrano essersi delinea-te nella letteratura psicoanalitica due principalidirezioni nella ricerca sul significato complessivodi tale concetto: una prima che esplora il settingin quanto elemento che ha specifici effetti sulprocesso analitico al pari dell’interpretazione, euna seconda che indaga il significato del settingnelle patologie gravi. In quest’ultima direzione, adopera soprattutto di autori come Eissler,Winnicott e Balint, il setting sembra assurgere afattore terapeutico prevalente, spodestando ilprimato dell’interpretazione. Lo spostamentod’interesse cui facciamo riferimento è, in qualchemodo, radicale: in talune circostanze l’interpreta-zione può risultare addirittura dannosa, comun-que intrusiva, o perlomeno inerte. A tale riguar-do, Greenberg e Mitchell (1983) osservano cheWinnicott vede il fattore curativo della psicoana-lisi non nella funzione interpretativa, ma nelmodo in cui il setting analitico fornisce i riforni-menti parentali mancanti, ed appaga i primi biso-

A partire dagli

anni ‘50

sembrano essersi

delineate nella

letteratura

psicoanalitica

due principali

direzioni nella

ricerca sul

significato

complessivo di

tale concetto

Massimo Borghesi, M

usicoterapista, Andrea Ricciotti N

europsichiatra In

fantile, P

sicoterapeuta Il setting in

musicoterapia

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con il paziente”.Rientrerebbero dunquesotto questa definizionetanto i trattamenti psi-coterapici classici, basatisulla comunicazione ver-bale, quanto i tratta-

menti che utilizzano la stessa conoscenza delmondo intrapsichico e la stessa tecnica di approc-cio relazionale, ma mediata da sistemi di comuni-cazione non verbale (quindi, i vari tipi di arte-tera-pia, tra cui la musicoterapia). È assai frequente che la musicoterapia, al pari dellealtre artiterapie, sia utilizzata per il trattamento dipazienti molto gravi, con sensibili limitazioni con-genite o imponenti regressioni delle funzioni rela-zionali. Così, per esempio, bambini autistici o anzia-ni affetti da sindrome involutiva cerebrale si trova-no spesso ad essere trattati da musicoterapisti. Nelcorso di numerose supervisioni, sono emerse daparte dei musicoterapisti difficoltà “concrete” rela-tive al che fare nei singoli casi. Una revisione diquesto materiale ci ha indotto a ritenere che moltedi queste difficoltà fossero legate non tanto a pro-blemi relativi al progetto terapeutico, che come taledeve essere discusso all’interno dell’equipe, ma acerti aspetti generali della cornice (o setting) all’in-terno della quale si inscrive l’intervento. Pertanto,consapevolmente fluttuanti tra l’atteggiamentoastensionistico e l’elargizione di suggerimenti ope-rativi, ci siamo accorti che quanto venivamo

gni di sviluppo. Non c’èdubbio che soprattuttoa questo secondo filonedi ricerca sia correlatala messa a punto ditrattamenti terapeuticiad orientamento anali-tico in favore di pazienti psicotici o comunquecon disturbi tali da determinare una carente fun-zione dell’Io e quindi una ridotta capacità diadattamento alla realtà. Per il paziente grave ilsetting verrebbe in questo modo a configurarsicome luogo del possibile adattamento, ove trova-re se stesso e/o l’oggetto esterno capace di con-tenere la sua sofferenza. In quest’ottica, l’interio-rizzazione del setting è un vero e proprio obietti-vo terapeutico che, anche nei casi a più feliceevoluzione, richiede anni di lavoro.Esistono diverse attività che si fregiano del titolo dimusicoterapia, nel campo della educazione, dellariabilitazione e della psicoterapia. Esistono, gio-coforza, molti setting, ma noi abbiamo scelto diimpiegare qui questo termine solo per quei tratta-menti musicoterapici di impronta psicoterapica: aciò ci si riferirà d’ora in poi per tutto lo scritto.Certo, può apparire presuntuoso; tuttavia lo stesso“Psychiatric Glossary”, redatto a cura dell’AmericanPsychiatric Association (APA), definisce la psicote-rapia in questo modo: “qualsiasi tipo di trattamen-to delle malattie psichiatriche che si basi principal-mente sulla comunicazione, verbale e non verbale,

È assai frequente che lamusicoterapia, al paridelle altre artiterapie,

sia utilizzata per il trattamento di

pazienti molto gravi

spazio fisico

cornice spaziale spazio psicologico

spazio acustico

setting

musicoterapico

cornice

temporaledurata del trattamento

“regola fondamentale”cornice comportamentale

etica professionale

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facendo era in realtà un tentativo di ridefinirealcuni fondamenti del setting musicoterapico.Pensiamo che questo si possa intendere costituitoda tre componenti fondamentali: cornice spaziale,cornice temporale e cornice comportamentale.

Cornice spazialeLa cornice spaziale può essere intesa come com-posta dalla sovrapposizione (armonica) di unospazio fisico, uno spazio psicologico ed uno spa-zio acustico.Per essere costruttiva, ogni relazione intima hainnanzitutto bisogno di spazio e di confini, non-ché del rispetto, da parte di ciascuno, per "l'alte-rità" dell'altro. Di frequente, però, questo spaziomanca o è scarsamente delimitato, oppure conta-minato da presenze intrusive, o è comunque peraltre vie uno spazio asfittico. Riteniamo che,affinché i nostri trattamenti possano costituirereali opportunità terapeutiche per i pazienti, lamusicoterapia debba promuovere un progettointegrativo dell’identità, e l'integrazione dell'i-dentità presuppone quantomeno che all’internodell’individuo avvenga una prima chiarificazionefra mondo interno e mondo esterno (Grinberg1975). Questa pare essere requisito indispensabilead uno sviluppo fisiologico del bambino sanocome al ripristino di un minimo di benessere nellapersona ammalata. Il primo nucleo d’integrazionedella personalità è proprio quello che si organizzasul piano spaziale, rendendo possibile una primadistinzione fondamentale tra sé e non sé, conconseguente capacità di confrontarsi con glioggetti esterni. Ciò richiede un sufficiente gradodi coesione fra le varie parti del sé, quindi il supe-ramento della frammentazione tipica tanto deiprimi mesi di vita quanto dei quadri psicopatolo-gici più severi.Come si diceva, la gravità che caratterizza la granparte degli invii musicoterapici ci pone in unacondizione assai distante dal setting analitico, incui un contratto viene stipulato tra paziente

(spesso “semplicemente” nevrotico) e psicoanali-sta. In tali circostanze, tutto quanto concerne lacornice spaziale si limita a poco più che l’esplici-tazione delle singole posizioni di psicoanalista epaziente all’interno dello studio; tutto il resto èovvio, implicito. Al contrario, in musicoterapia citroviamo spesso nella condizione di iniziare untrattamento terapeutico il cui committente non èil paziente stesso, bensì i suoi genitori, o altrimen-ti l’équipe curante, quando non addirittura qual-che autorevole rappresentante dell’amministra-zione di un ente. Questa passività contrattuale,unitamente al deficit relazionale, determina unadifficile situazione in cui il paziente stenta a com-prendere non solo il senso delle attività che andia-mo a proporgli, ma ancor più a monte pare risul-targli impossibile l’identificazione del contesto incui quel senso dovrebbe eventualmente costruirsi.Quel lavoro di integrazione della personalità che èil nostro obiettivo terapeutico viene ad esserequindi minato dai nostri interventi stessi, la coe-sione del sé osteggiata da ingiunzioni divergenti;sarà pertanto opportuno riflettere su come favo-rire invece il lavoro sull'unitarietà della persona edoccuparsi di quegli aspetti del setting finalizzatiad una preliminare definizione di campo.La mancata individuazione del setting musicote-rapico si manifesta spesso con la difficoltà delpaziente a restare dentro lo spazio fisico, con latendenza a passare da un interlocutore ad unaltro (con il coinvolgimento di operatori estraneialla musicoterapia) ed anche con la fluttuazioneda un canale espressivo all’altro (ad es. da quellosonoro a quello motorio) . Anche nei vissuti delmusicoterapista possiamo trovare indizi di questadifficoltà di individuazione del setting, la qualeproduce un forte senso d’impotenza, oppure rab-bia per la mancanza di collaborazione da partedel paziente e per la sua inadeguatezza allo stru-mento musicoterapico; entrambi questi senti-menti determinano il più delle volte acting espul-sivi del musicoterapista verso il paziente, che si

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trova così ad esser stato dimesso prima ancora diessersi sentito preso in carico.Occorre quindi in simili circostanze fare tutto quan-to è alla nostra portata per favorire l’individuazio-ne della cornice spaziale. Con ciò intendiamo rife-rirci ad un concetto multidimensionale. In primoluogo ad uno spazio fisico, alla stanza di musicote-rapia. Un luogo definito, riconoscibile, delimitato,costante, con una forte caratterizzazione architet-tonica, legato indissolubilmente ad una funzione.Purtroppo, non sempre è possibile disporre di unlaboratorio esclusivo, anzi, nella maggior partedei casi, ci si trova a dover provvisoriamente con-vertire ad usi musicoterapici, ambienti multifun-zionali, quando non, addirittura, fortementecaratterizzati in altro senso (sale multiuso deicentri diurni, laboratori e/o palestre delle scuole).In tali circostanze diventano molto importantitutti i dispositivi che adottiamo per la caratteriz-zazione e la delimitazione dello spazio. È oppor-tuno che lo strumentario musicale faccia la suacomparsa nel momento dell’attività e non resti afar parte dei materiali esposti come arredamento.Può anche essere necessario occultare gli oggettimaggiormente caratterizzanti la consueta fun-zione del locale, come materiali per l’espressivitàmanuale o grafo/pittorica, i quali possono talvol-ta esser riposti dentro appositi armadi od occul-tati per mezzo di tendaggi. La delimitazione dellospazio, scontata nel caso di ambienti di adeguatedimensioni, può non coincidere con il perimetromurario, qualora ci si trovi ad operare in localiampi. In tali circostanze si può ricorrere a variestrategie per delimitare, almeno virtualmente, lospazio della musicoterapia (tendaggi o tappeti,per perimetrare una zona del pavimento, divani oaltri materiali d’arredo per arginare le pareti sco-perte). In ultimo, la disposizione degli strumentisarà, per così dire, raccolta, in modo da favorireun punto di fuoco centrale.In secondo luogo, cornice spaziale viene per noi asignificare uno spazio psicologico dove la relazio-

ne terapeutica si sviluppa e dove il paziente trovalibertà di pensare, sentire ed esprimere. Delimitarelo spazio psicologico è a nostro parere altrettantoimportante che delimitare quello fisico. Lo spaziomentale ed emotivo delle relazioni tende ad esse-re eroso dalle richieste che, più o meno consape-volmente, ciascuno avanza all'altro. Da ciò lanecessità di proteggerlo dalle pressioni esterne,ma anche da quelle interne (Casement 1990). La situazione ideale, dal punto di vista della chia-rezza, è certamente rappresentata dall’incontroregolare di musicoterapista e paziente; questoassetto garantisce la massima tutela del rapportodalle aspettative familiari, da quelle del persona-le della struttura intermedia e così via. Anchequesto non sempre si verifica, per le più svariateragioni. Accade talvolta che partecipino agliincontri figure parentali, o che personale dellestrutture sia chiamato a presenziare ai medesimi.In alcune circostanze si rasenta il grottesco, conla presenza, oltre che di musicoterapista e pazien-te, anche di familiari, operatori, ingresso acciden-tale di bambini, passaggio di bidelli e così via.Riteniamo, ancora una volta, opportuno agire indirezione della riconoscibilità e quindi della deli-mitazione e caratterizzazione. Indubbiamente,molti trattamenti si avvalgono dell’allargamentodello spazio psicologico ad altre figure. Nondiscuteremo in questa sede dei casi in cui questoci pare indispensabile o meno; rimandiamo tutta-via questa riflessione ai musicoterapisti, i quali,nel momento di formulare un progetto terapeuti-co, dovranno tenere in considerazione quantotale eventualità non venga a confliggere con lanecessità, in alcuni casi, di delimitare fortementeil campo della relazione terapeutica. Nel caso incui si decida, o per opportunità terapeutica, o pervincoli istituzionali, di procedere all’inserimentodi altre figure, è per noi altamente raccomanda-bile favorire la regolarità di queste. Per cui si cer-cherà, quantomeno, di avere all’interno del set-ting sempre lo stesso educatore, o insegnante di

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sostegno, o genitore.Per quel che concerne invece la protezione dellospazio psicologico dalle pressioni interne, occor-re essere consapevoli che se non si ha sufficientecura nel disporre gli opportuni accorgimenti perriconoscere e disinnescare pregiudizi, posizioniideologiche ed aspettative narcisistiche, lo spazioterapeutico e la sua funzione possono venireseriamente compromessi. Ad esempio, la regoladell'astinenza di analitica provenienza, prevedeche il paziente trovi in seduta il minimo possibi-le di soddisfacimenti sostitutivi dei suoi sintomi,in modo di poterli mentalizzare. Ci si riferisce conciò al fatto di non permettere alla situazioneterapeutica di gratificare massicciamente edistantaneamente l'infantile desiderio di amore eaffetto del paziente. Questo comporta delle valu-tazioni assai delicate per il professionista coin-volto. Certo, in alcuni casi potrebbe semplice-mente significare il doversi misurare con il desi-derio di fumare dei pazienti durante le sedute,ma più in generale si pone l’antico e sempreattuale problema della quantità massima di fru-strazione tollerabile da ogni singolo paziente inogni singolo momento di ogni singola relazioneterapeutica, e quindi di quanto il musicoterapistadebba astenersi dal gratificare i bisogni più arcai-ci di quel paziente. Rinviamo a questo riguardoalle riflessioni altrove già avviate sulla necessità,per i musicoterapisti in formazione, di un trai-ning osservativo, di una esperienza musicoterapi-ca personale come fruitore, di addestramento allastesura dei verbali, alla discussione in équipe, alleinterazioni con i colleghi e della necessità disupervisione (Postacchini et al. 97). C’è una terza dimensione, coesistente a quellafisica e psicologica, che partecipa alla costituzio-ne della cornice spaziale e che si configura comemusicoterapicamente originale: si tratta dellospazio acustico. Anche questo dovremo renderericonoscibile, pur nella varietà delle soluzioni checi si presenteranno. Uno strumentario variegato è

necessario a questo scopo, in quanto consente ditrovare, all’interno dello spazio acustico, materia-le indispensabile all’espressione del sé da parte delpaziente singolo o del gruppo pazienti; al contra-rio, l’assenza totale di pelli, o di strumenti melodi-ci, può costituire una carenza grave dello spazioacustico; tale carenza, azzardando un parallelo unpo’ forte, potrebbe essere paragonabile a ciò cheaccadrebbe allo spazio semantico del setting ana-litico, se privato, ad esempio, dell’uso dei sostanti-vi. Una simile mutilazione non potrebbe che favo-rire la fuga verso altri spazi espressivi, o, in alter-nativa, una totale inibizione dell’espressività stes-sa. Suggeriamo comunque di adottare sempre l'i-dea d'intenzionalità nella scelta delle possibilitàespressive di tipo acustico; ad esempio, dopoun’accurata osservazione del paziente, si può pro-cedere anche ad una delimitazione dello spaziotimbrico, togliendo progressivamente alcuni diquegli strumenti che si erano visti assumere valen-ze dispersive o autistiche, comunque discomuni-cative per il paziente (Borghesi, 1998a).L’intelligibilità è un’altra caratteristica indispen-sabile allo spazio acustico della terapia, in dire-zione della quale sarà opportuno approntare cor-rettivi, qualora ci si trovi ad operare in condizioniproibitive. Frequente è il caso di saloni fortemen-te riverberanti, nei quali si possono ottenerebuoni risultati con l’impiego di fonoassorbentiempirici, come tappeti, tendaggi, e così via.Infine, la delimitazione dello spazio acustico,necessita di un buon isolamento dai suoni ester-ni, i quali invadono altrimenti il setting, renden-do acusticamente presenti i compagni o le inse-gnanti delle classi adiacenti. La trasparenza acu-stica di certe pareti ostacola la definizione delsetting musicoterapico altrettanto di quantoaccadrebbe con pareti di vetro.

Cornice temporaleLa definizione di un setting musicoterapico passaanche attraverso la gestione attenta di aspetti

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temporali, che riguardano sia la singola sedutache l’intero trattamento. Se infatti uno spazio daimargini incerti favorisce fughe spaziali, possiamoaltrettanto supporre che un tempo irregolare,imprevedibile, non ben delimitato induca fughein termini temporali: il paziente potrebbe, comedifesa, sintonizzarsi emotivamente con momentidiversi da quello della seduta. Siamo ben consapevoli che spesso cadenza edurata delle sedute sono pesantemente condizio-nate da considerazioni del tutto estranee agliaspetti terapeutici e tecnici della musicoterapia;vincoli economici e pressioni istituzionali spessodecidono al posto nostro. Ma, ancor peggio, lepressioni esterne agiscono su di noi (ed in questosenso l’elemento temporale diventa indicativo diquelle erosioni del setting di cui si diceva piùsopra parlando di cornice psicologica); ad esem-pio, una musicoterapista alle prese con le primefasi del trattamento di un bambino molto grave,potrebbe considerare la durata delle sedute comeparametro da modulare progressivamente suibisogni del proprio paziente, ma sentirsi forte-mente inibita in questo dalle aspettative deifamiliari, i quali potrebbero pensare (e far pesa-re) di pagare per 45 minuti di trattamento (e nondi disponibilità del musicoterapista) e di aspet-tarsi una prestazione “musicale” quantitativa-mente corrispondente. Ora, riteniamo di nonessere integralisti in nulla e non lo diventeremocerto su questo punto, perciò immaginiamo pro-fessionisti onestamente al lavoro in situazionianche distanti dal rigore psicoanalitico, in cuicerti livelli d’ambiguità e di manipolazione entri-no a far parte delle sedute (spesso proprio attra-verso smagliature della cornice temporale) esiano addirittura consustanziali alla complessitàdella situazione clinica; riteniamo tuttavia che losmascheramento di simili dinamiche dovrebbequantomeno indurre a riflessione e, ancormeglio, alla ricerca di una buona supervisione.Le sedute individuali durano mediamente 45-50

minuti ciascuna. Come si è già accennato puòessere necessario considerare questo, per alcunipazienti, un valore al quale tendere e non condi-zione preliminare al trattamento; ad esempio, inquei casi inviati per problematiche relative allecapacità di concentrazione che vengono trattaticon strategie musicoterapiche ad orientamentocognitivista, è frequente riscontrare l’impiegodell’incremento di durata degli incontri manmano che il paziente risulta in grado di tollerareadeguatamente un simile impegno. In alcunesituazioni di estrema gravità, in cui si abbia unascarsa collaborazione del paziente, come nel casodi episodi depressivi maggiori o di arresti catato-nici, le sedute sono in genere stabilmente piùbrevi, nell’ordine dei 20/30 minuti. Una duratadall’ora e mezza alle due ore è comune nei trat-tamenti gruppali, anche se va precisato che que-sto valore è maggiormente variabile di quelloriferito ai setting individuali, in quanto forte-mente influenzato dalla tipologia e dal numerodei partecipanti. Quindi, registriamo condotte assai variegate nel-l’impiego del parametro “tempo” nelle sedute dimusicoterapia, e noi stessi consideriamo auspica-bile una certa flessibilità; se volessimo in questocercare un termine di raffronto psicoanalitico, lopotremmo trovare nella teorizzazione lacanianadi sedute che possono avere durata variabile da 3a 45 minuti. Riteniamo tuttavia sempre auspica-bile che la manipolazione del parametro “duratadelle sedute” avvenga sulla base di riflessioniconsapevoli, proprio al fine di proteggere il set-ting dal rischio dell'apertura di brecce che sareb-bero poi difficili da riparare. Parlando di cornice temporale viene anche allamente la suddivisione interna che della sedutanumerosi operatori praticano: vengono distintigeneralmente tre momenti; il primo ha funzionidi apertura rituale dell'incontro, di accoglienzadel paziente, di collegamento con il clima (musi-cale, emotivo, relazionale) dell'incontro prece-

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dente. Il secondo momento è quello centrale, nelquale si procede all'elaborazione del materialeemergente. Il terzo è quello in cui si prepara ilpaziente alla conclusione dell'incontro. Questefasi sono molto variabili da un assetto terapeuti-co all'altro; con un paziente grave nel primoperiodo di trattamento può essere necessaria unafase di apertura assai più lunga di quella centra-le; con un paziente dipendente può essere invecela separazione a richiedere più spazio. Anche aquesto proposito suggeriamo tuttavia di adotta-re lo stile della regolarità, trasformando l'elemen-to tempo in parametro: si potranno in questomodo tempestivamente riconoscere tutti i movi-menti che derivino da moti non del tutto inten-zionali; è infatti ben diverso avere strutturalmen-te una certa scansione interna degli incontri, perquanto originale comunque regolare, dall'assiste-re improvvisamente a variazioni delle quali è dif-ficile riconoscere ragioni logiche e psicologiche. Un’altra questione di notevole rilievo per unabuona delimitazione del setting riguarda lacadenza delle sedute: evitando in questo caso leormai consuete considerazioni su aspettative epressioni dei committenti, consideriamo che unmusicoterapista dovrebbe quantomeno saperindicare un valore ottimale nella formulazione diun progetto d’intervento. Questo deve essereovviamente correlato, dato che ci riferiamo ad unmodello psicoterapico di musicoterapia, alle pos-sibilità di sviluppare un transfert significativo,tale da rendere possibile l’interpretazione delleproduzioni musicali del paziente come espressio-ni legate alla relazione con il musicoterapista enon come eventi avulsi dal contesto. In linea dimassima si può dire che in casi molto gravi ènecessaria una cadenza minima di due incontrisettimanali; intensità inferiori esporrebbero alrischio di una eccessiva diluizione temporale,assai poco indicata per pazienti che non avesserouna buona costanza d’oggetto. Non sarà così peri gruppi, dove un livello di funzionamento psichi-

co migliore di quello ipotizzato in precedenza èun requisito minimo d’accesso; questi avrannonella maggior parte dei casi una cadenza setti-manale.Non solo il tempo delle sedute è un parametroperimetrale del setting, ma anche il tempo deltrattamento nel suo complesso. A tal proposito èmolto più difficile far percepire al paziente con-fini che sono per lo più indefinibili: il paziente edil musicoterapista devono essere preparati a per-severare nel processo per un periodo indefinito. Ilcambiamento strutturale richiede tempo, moltotempo, spesso nell'ordine di anni. Alcune precau-zioni possono anche in questo caso favorire lapercezione dei confini; l’inizio del trattamento,ad esempio, andrà pianificato in un periodo nelquale sia possibile garantire, da parte di entram-be le parti, una buona continuità; le sospensioniper ferie andranno annunciate con anticipo ecomunque, soprattutto nei casi con più gravecompromissione delle facoltà psichiche, nondovranno essere troppo lunghe; la fine del tratta-mento andrà preparata con largo anticipo,annunciandola, riepilogando le fasi più significa-tive della relazione terapeutica, incrementandol'autonomia e il distanziamento, ed evitando l'a-pertura di nuovi "filoni" musicali.

Cornice comportamentaleÈ, a nostro avviso, indispensabile per una buonaperimetrazione del setting, disporre anche unacornice comportamentale all’interno delle sedu-te. Questa partecipa a quel processo di integra-zione spaziale dell’individuo che è favorito da, ea sua volta consente, una certa chiarezza nel rap-porto tra sé e l’altro (o ancor più a monte, tra sée non sé). Oltre a quest’ordine di ragioni psicolo-giche dalla parte del paziente, ce ne sono altreche riguardano la possibilità del musicoterapistadi lavorare serenamente.Un primo elemento che compone questa partedel setting è analogo a ciò che in psicoanalisi

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viene chiamata la regola fondamentale; in quelcaso il paziente accetta di essere completamenteonesto con l'analista e di dirgli tutto ciò che gliviene alla mente, senza operare alcuna selezione.Freud definì libera associazione la tecnica chepermetteva una tale onestà. Le associazioni,apparentemente illogiche e casuali, sono diretteda tre tipi di forze inconsce: i conflitti patogeni,il desiderio di migliorare e quello di compiacerel'analista. Qualcosa di analogo avviene nel settingmusicoterapico; anche qui va costruita la possibi-lità di applicare una sorta di regola fondamenta-le della musicoterapia: il paziente accetta di esse-re completamente spontaneo con il musicotera-pista, attraverso la tecnica dell’improvvisazionemusicale; ovviamente quest’ultimo dovrà agire ereagire in modo che tale auspicabile spontaneitàvenga percepita come legittima ed anzi favorita.In questo modo anche i suoni improvvisati, al paridelle parole associate, apparentemente illogici ecasuali, risulteranno essere l’espressione di forzeinconsce, cioè i conflitti patogeni, il desiderio dimigliorare e quello di compiacere il musicotera-pista (Postacchini 1998).Sempre con un doppio ordine di ragioni possiamoassumere il divieto di violenza, che da un latoconsente al paziente di sentire i propri impulsicontenuti e favorita la mentalizzazione deglistessi a scapito dell’azione; dall’altro lato, mettecomunque il musicoterapista in grado di pensareal paziente senza essere preoccupato costante-mente dal pericolo di aggressioni e lesioni.C’è un ultimo aspetto che ci pare di rilievo al finedi ottenere uno spazio relazionale affidabile:quello etico. Il libero consenso del paziente, o dichi lo rappresenta legalmente, ad obiettivi, mezzie tecniche, messi in atto dal musicoterapista,costituisce a nostro avviso un livello “meta” didefinizione del rapporto, una specie di primogrande requisito preliminare. Il musicoterapista,nel prendersi in carico l’utente senza operarediscriminazioni sociali o razziali, si impegna ad

esercitare al meglio la sua competenza professio-nale e a favorire il rapporto solo fino a che que-sto risulta necessario, sottoponendolo, fra l’altro,a frequenti verifiche.

Il setting andrà garantito anche in termini diriservatezza. Non sarebbe infatti ben delimitatouno spazio terapeutico dal quale si sentono usci-re cose private: una simile dispersione ricordamolto da vicino quella immagine negativa di tra-sparenza del setting già paventata parlando diperimetrazione acustica. La salvaguardia della pri-vacy comporta una limitazione a casi eccezionalidell’impiego dei videotape in contesti esterni aquello terapeutico, previo consenso dell’interessa-to o di chi ne ha la tutela, e la cura a rendere nonriconoscibili i pazienti in caso di pubblicazioni.Il musicoterapista opera sulla base delle indica-zioni clinico diagnostiche delle figure professio-nali a ciò abilitate (medico, psicologo) e pro-gramma l’intervento terapeutico in collaborazio-ne con l’équipe di riferimento. Pensiamo che que-sta cooperazione possa costituire una sorta diavvolgimento esterno al rapporto intercorrentetra musicoterapista e paziente, e che in questaveste possa partecipare fattivamente ad unamigliore definizione della cornice relazionale.Buona perimetrazione non deve in alcun modoevocare atmosfere di costrizione: il musicoterapi-sta è tenuto alla salvaguardia dell'espressionedella persona intesa globalmente nella sua uni-cità, irripetibilità, creatività, per migliorarne laqualità della vita. Infine, proteggere il setting nonpuò significare omertà. Il musicoterapista chenell'esercizio della sua professione venisse aconoscenza di situazioni oggettive di sfrutta-mento e di violenza su minori o disabili, devecontrastarle, anche quando le persone appaianoconsenzienti.

ConclusioniIn accordo con quanto sostenuto dagli psicoana-listi che si sono occupati della questione del set-

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ting nel trattamento del paziente grave, pensia-mo che la capacità di riconoscere il setting musi-coterapico non possa considerarsi un prerequisitoal trattamento, bensì un primo (e importantissi-mo) obiettivo terapeutico. Tale capacità è funzio-ne di un’acquisita integrazione spaziale dell’indi-viduo, intesa come capacità di differenziazionetra sé e non sé, sulla quale i musicoterapisti pos-sono intervenire positivamente, ancor prima cheassistendo l’evoluzione di una relazione terapeu-tica; lavorando sulla riconoscibilità del settingmusicoterapico si permette al mondo interno delpaziente di assumere una maggior definizione.Tale mondo interno, una volta che siano statiridotti i margini per una sua proiezione motoria(fisica e materiale, dunque) nel mondo esterno,attraverso le vie di fuga consentite da uno campospaziale incerto e mal delimitato, riceve dalladelimitazione dello spazio medesimo stimolo enutrimento a divenire spazio transizionale, equindi ponte con la realtà esterna; diventa cosìpossibile al musicoterapista fornire al pazienteoggetti transizionali, sia nel senso più letterale dioggetti sonoro-musicali con funzione “consola-toria”, sia nel senso più ampio di occasioni dilogos, inteso come comunicazione verbale (lad-dove la patologia lo consenta), ma soprattuttonon verbale, quindi musicale, corporea, gestuale,tendente comunque a favorire la costruzione e laesteriorizzare in forma comunicativa di simboli(Borghesi, 1998b). In tal modo, è possibile darevoce, o almeno suono, alle potenzialità elaborati-ve poco o tanto presenti nel paziente, facendoleemergere da quel magma pre-elaborativo checostituisce il substrato psicologico delle situazio-ni di deficit neuropsichico grave.

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bibliografia

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M anuale di Arte e Scienza della M usicoterapia, T. Wigram, B. Saperston, R. West (a cura di), ISMEZEditore, 1997.

Il libro propone al lettore italiano un’ampia panora-mica relativa allo stato dell’arte in ambito interna-zionale (Europa e Stati Uniti in particolare) attra-verso i contributi teorico-esperienziali di importan-ti esponenti specializzati nell’applicazione dellemetodiche musicoterapiche all’interno di differentiambiti clinici. Il volume è suddiviso in sei unità cheraggruppano specifiche aree d’intervento:1. Gli effetti biologici e medici della musica;2. La musicoterapia in Psichiatria;3. Musicoterapia con i bambini (Autismo e Paralisicerebrali infantili);4. Musicoterapia e handicappati mentali;5. Musicoterapia con gli anziani;6. Aree di lavoro specializzato in musicoterapia.All’interno delle sei aree descritte compaiono inmaniera evidente e ricorrente le tematiche inerentialla necessità di effettuare accurati percorsi diaccertamento e valutazione dei risultati ottenuticon l’impiego delle tecniche musicoterapiche. Leriflessioni sistematiche, sviluppate in ogni capitolo,relative a questi temi offrono anche al lettore ita-liano la possibilità di confrontarsi con argomentiestremamente attuali per la realtà della disciplinamusicoterapica nazionale. Come evidenzia RicciBitti nella presentazione al volume “…è indispensa-bile riuscire a valutare e misurare la qualità e laentità del cambiamento ottenuto e a individuare imeccanismi ed i processi attraverso i quali certirisultati vengono raggiunti…”. La necessità di unadocumentazione accurata relativa a tali processirisulta importante soprattutto al fine di fornire pre-cise risposte alle richieste di verifica avanzate daéquipes medico-scientifiche operanti a livello sani-tario e socio-assistenziale, nonché al fine di garan-tire anche alla musicoterapia italiana una propriacollocazione all’interno dei programmi preventivi eriabilitativi.

Elementi di musicoterapiaG. Ducourneau, Edizioni Cosmopolis, Torino, 2001

La nuova edizione del testo di Ducourneau contieneinteressanti aggiornamenti sulla Musicoterapia frut-to del costante lavoro di applicazione e ricerca con-dotto dall’autore francese. Attraverso la disamina diargomentazioni legate alla definizione della discipli-na musicoterapica, all’individuazione delle aree d’in-tervento specifico e alla precisa collocazione all’in-terno di ambiti teorici peculiari (la teoria benenzo-niana, la teoria sistemica, la psicoanalisi, ma anchela ricerca antropologica e quella teatrale),Ducourneau fornisce elementi importanti per lacomprensione del processo relazionale musicotera-pico contestualizzando le proprie riflessioni teoricheall’interno di differenti contesti clinici. Il volume siconclude con un invito alla ricerca e alla sperimen-tazione, fattori determinanti per una reale evoluzio-ne della disciplina musicoterapica.

La M usicoterapia attraverso le esperienzeCinzia Blanc, Ferdinando Suvini (a cura di), EdizioniLoGisma, Firenze, 2001.

Il volume contiene alcuni dei contributi presentati alIV Congresso Nazionale di Musicoterapia tenutosi aFirenze nel novembre 1999. I curatori del librohanno privilegiato, per la costituzione dello stesso, icontributi di carattere esperienziale al fine di foca-lizzare l’attenzione del lettore sugli aspetti applica-tivi della musicoterapia all’interno di tre principaliambiti. Il primo “Musicoterapia in contesto scolasti-co” colloca e riconosce la disciplina come interven-to specifico per un’area preventiva centrata “…sugliaspetti non verbali del complesso suono-musicarivolto a bambini e ragazzi con attenzione partico-lare a quelli che presentano forme di disagio psichi-co, fisico, sociale, relazionale……dove l’approcciomusicoterapico deve integrarsi col progetto educa-

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Ciò viene dimostrato con l’analisi di casi clinici cheevidenziano danni dinamici e non focali.Ne deriva l’indifendibilità della vecchia concezione“frenologica” del cervello, sostituita da una visioneche mette in rapporto localizzazione e plasticità;ovvero, la coscienza non è né in un luogo specificodel cervello, ma non è neppure “ovunque e in nes-sun luogo”: la coscienza è un processo elaborato dasistemi distinti ma connessi. Per cui, è vero che lacoscienza nucleare si fonda sull’attività di strutture“arcaiche” del cervello, ma bisogna sempre tenerepresente che le rappresentazioni dei sistemi deriva-no dal rapporto cervello/corpo/ambiente, con un’in-cessante rimodulazione degli scambi di informazio-ni in entrata e in uscita. Come mostrano la lumaca el’anemone di mare, uniti da un medesimo compor-tamento di contrazione e distensione rispetto aglistimoli, l’emozione (intesa come rappresentazione diquesto fenomeno) esiste già in un elementare siste-ma nervoso. Nell’uomo c’è però un passaggio ulteriore; non cisono solo la risposta ad una situazione induttrice e laconseguente regolazione dello stato interno dell’or-ganismo, ma è presente anche la rappresentazione ditutto questo, ovverosia la consapevolezza dell’emo-zione. Tale consapevolezza viene ad essere la “rap-presentazione di una rappresentazione” e in quantotale, secondo Damasio, la rappresentazione di un’e-mozione; quindi, la conclusione è che la coscienza èconseguente ad un processo emozionale. Per meglio chiarire a che tipo di emozione egli siriferisca si preferisce citare direttamente alcune sueparole che hanno per noi anche l’interesse dellametafora musicale. La coscienza dipende da una emozione non intensama duratura, di un “basso continuo” emotivo che siinterrompe solo col sonno. Sarebbe questa la musica “potente ed elusiva,inconfondibile e vaga” che è il sé di ognuno di noi:quella musica “sentita così intimamente da nonessere nemmeno sentita”.

tivo senza connotarsi come intervento isolato…”.La seconda parte del libro esamina “Le terapieespressive nella riabilitazione psichiatrica”. Nellaparte introduttiva curata da De Lucia si evidenzial’esigenza di riscoprire linguaggi espressivi (musica,danza, teatro, pittura) attraverso un attento lavorodi formazione dell’arte-terapeuta, specie in relazio-ne alla capacità di decodificare le complesse dina-miche espressivo-relazionali mosse dal processod’intervento. La terza ed ultima parte introduce ilproblema della “Metodologia e ricerca verso il rico-noscimento della musicoterapia” all’interno dellospazio introduttivo sono riportati i cinque principa-li modelli teorico-applicativi riconosciuti dallaFederazione mondiale di musicoterapia e si sottoli-nea l’esigenza di pervenire al più presto al raggiun-gimento di standard formativi adeguati anche pres-so la realtà italiana.

Ferruccio Demaestri

Emozione e conoscenzaAntonio R. Damasio, Adelphi, Milano, 2000

Si tratta di un volume importante, ma certo di nonfacile lettura.Se Freud parlava di determinismo psichico in termi-ni di speculazione teorica, Damasio affronta il temadella coscienza come dipendente dall’emozioneaccumulando acquisizioni sperimentali su entrambi itermini di questa relazione.L’autore distingue due coscienze: una “nucleare”,intesa come consapevolezza di sé superiore allaveglia e alla vigilanza, ed una “estesa”, culturalmen-te più elaborata; la distinzione tra queste non ègerarchica, ma concerne solo differenti stati diorganizzazione dell’interazione dinamica tra diversearee cerebrali.

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Un universo di coscienzaGerald M. Edelman, Giulio TononiEinaudi, Torino, 2000

Chi si occupa di musicoterapia non può esimersi dainterrogativi sulla comparazione tra funzionamentimusicali e mentali. Ciò rende interessante lo studiodel pur difficile lavoro di Edelman e Tononi, che illu-minano aspetti del funzionamento mentale moltocomplessi come quelli riguardanti il rapporto trasoggettività ed oggettività.Per comprendere le conclusioni cui arrivano i dueautori è necessario conoscere almeno per sommicapi la teoria “selettiva” del cervello di Edelman, incui la selezione opera a 3 livelli: • quello filogenetico della selezione naturale che

ha portato gli ominidi ad avere una cortecciacerebrale;

• quello ontogenetico della selezione somatica,che sta alla base, durante lo sviluppo e grazieall’informazione ereditaria, delle specializzazionifunzionali delle aree cerebrali;

• quello della selezione culturale attraverso l’inte-razione con l’ambiente, che porta all’autoriflessi-vità, cioè al dialogo del cervello con se stesso, equindi alla memoria, all’immaginazione e allacreatività.

In questo quadro vengono distinte “due coscienze”:una più antica, o “primaria”, tipica di certi animali,prodotta dall’integrazione tra le aree cerebrali dellacategorizzazione del mondo esterno e quelle dellamemoria; l’altra, la coscienza “di ordine superiore” o“coscienza di essere coscienti”, tipica dell’uomo,determinata dall’intervento delle memorie simboli-che e del linguaggio.Decisivo, in tutta la teoria, è il “rientro”, meccani-smo che consente la correlazione sincronizzata tramappe cerebrali differenti, e quindi di discriminaretra percezione in tempo reale e memoria in quantoricategorizzazione degli oggetti percepiti.Altro punto decisivo di tutta la teoria è che la

coscienza di ordine superiore non può darsi senzaquella primaria, mentre non è vero il contrario.Considerando questo impianto base, si può coglierel’importanza delle deduzioni di Edelman e Tononiriguardo alla coscienza di ordine superiore comecorrelato neurobiologico del sé; questo implica lasottolineatura della comparsa della coscienza evo-lutivamente per esigenze adattive; significa coglie-re che la coscienza non è un oggetto ma un proces-so in cui conta di più l’interazione dinamica tradiverse regioni cerebrali in precisi intervalli di tempodi quanto non contino le corrispondenze tra regio-ni e funzioni specifiche; comporta la consapevolez-za che la coscienza di ordine superiore è dipenden-te dalla memoria e dalle rappresentazioni cerebralidel corpo e che costituisce la parte emergente dieventi cerebrali non coscienti, e quindi di automati-smi comportamentali; e significa infine comprende-re l’apparente contraddittorietà della coscienza diordine superiore, che è al tempo frutto di sottopro-cessi tendenti all’unità e all’integrazione da un lato,e di informatività e differenziazione dall’altro.La teoria elaborata ed esposta da questi autori pos-siede un’ottica naturalistica che supera tanti inte-gralismi filosofico/psicologici e che può contribuiread abbattere la sterile barriera esistente tra scienzenaturali e scienze umane.

Massimo Borghesi

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notiziarioLettera ai Soci APIM

Luglio 2001Caro socio/socia, nel corso di questi ultimi anni l’APIMha acquistato sempre più un ruolo importante sullascena della musicoterapia nazionale ed internazionale;crediamo però sia necessario migliorare la capacità del-l’associazione di svolgere la propria funzione, attraver-so il miglioramento della struttura organizzativa eponendo sempre maggior attenzione alla qualità dellacomunicazione con i soci.Con questa lettera intendiamo riannodare comunica-zioni interrotte oppure rinsaldare quelle precarie edintermittenti, per andare a costituire quelle “rete infor-mativa” su cui far viaggiare le relazioni associative.Cominciamo quindi con l’informarti sugli aspetti istitu-zionali e sulle iniziative attivate dal Direttivo:

A] Organismi e cariche associative nell’APIM

1. Assemblea dei soci2. Direttivo:

Pier Luigi Postacchini: Presidente onorarioGerardo Manarolo: PresidenteClaudio Bonanomi: vice presidenteMassimo BorghesiAndrea RicciottiAnna Maria BarbagalloFerruccio DemaestriMarzia Mancini

3. Segreteria: Ferruccio Demaestri

4. Riferimento soci:Claudio Bonanomi

B] Deleghe di rappresentatività nella Confiam

• Gerardo Manarolo: Presidenza ConfiamCoordinatore Commissione Formazione

• Massimo Borghesi: membro Commissione RegistroProfessionale

• Pier Luigi Garotti e Alfredo Raglio: CoordinatoriCommissione Ricerca

C] Appuntamenti Istituzionali

Il Direttivo: - si riunisce annualmente, di solito la prima domenica

di Ottobre;- altri appuntamenti vengono fissati in occasione di

incontri nazionali (convegni, etc.) ed ogni volta chela situazione ne renda necessaria una convocazione.Assemblea dei soci:

- si tiene solitamente in concomitanza al Seminario diRimini; la prossima assemblea dei soci è previstaquindi per maggio 2002.

D] Progetti e iniziative

L’APIM ha fra le finalità principali quella di contribuireallo sviluppo della musicoterapia in Italia, finalità che svi-luppa sul versante della Formazione attraverso la direzio-ne scientifica di Scuole di Formazione di Musicoterapia(Lecco, Genova, Rivarolo, Cefig Bologna, Saronno) e lapartecipazione significativa di molti suoi membri comedocenti in molti altri corsi aderenti alla Confiam. Un altro particolare fronte di iniziativa dell’associazio-ne è quella della cura e dello sviluppo della professio-nalità dei propri soci che persegue attraverso l’attiva-zione e il coordinamento di gruppi di Ricerca. Attualmente ne sono attivi tre: il primo, che coinvolgele équipes di tre importanti istituzioni, il Centro diRiabilitazione “Paolo VI” di Casalnoceto, l’IstitutoOspedaliero di Sospiro e l’Istituto Sacra famiglia diCesano Boscone, e si occupa di mettere a confrontodifferenti modalità di intervento al fine di definirelinee guida per i fondamenti del lavoro musicoterapico.Il secondo, che coinvolge diversi musicoterapisti chefanno riferimento ai gruppi di supervisione tenuti daMassimo Borghesi, si sta occupando di uno studio cheha per tema il setting musicoterapico. Il terzo, formato dal gruppo di ricerca del Centro diFormazione nelle Artiterapie di Lecco – ScuolaTriennale di Musicoterapia, si sta occupando di duetemi: il primo relativo all’analisi dei risultati dell’inter-vento musicoterapico con soggetti affetti da Altzeimerad uno stadio medio/grave; il secondo si interessa inve-ce delle problematiche connesse alla valutazione e

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notiziarioverifica in musicoterapia. Siamo interessati a conoscere l’esistenza di altri gruppidi ricerca oppure del desiderio da parte di singoli soci dipartecipare a gruppi di ricerca piuttosto che contribui-re alla discussione e al dibattito attorno a tale campo diattività; per questo motivo è stato dato l’incarico adAlfredo Raglio di svolgere una funzione di raccordo ditale iniziativa. Chi fosse interessato lo può contattare aquesto numero telefonico e indirizzo di posta elettroni-ca, tel. 3387291944; e-mail [email protected]. Nella stessa direzione di promozione della professiona-lità si colloca il Premio Apim. Questo consiste in unattestato di benemerenza atto ad incentivare gli elabo-rati riguardanti il lavoro e le ricerche dei soci; la valu-tazione viene effettuata da una commissione compo-sta da membri del direttivo ed i lavori meritevoli, oltread essere premiati, vengono pubblicati in forma sinte-tica sulla rivista di Musica et Terapia. I soci sono dun-que invitati ad inviare i loro elaborati ad Anna MariaBarbagallo, 051/6230902, [email protected]’attenzione dedicata dall’associazione alla formazionee alla ricerca è riscontrabile anche nell’attività edito-riale, che riguarda sia la Rivista Musica et Terapia chela pubblicazione di testi grazie ad una partnership conla casa editrice COSMOPOLIS. La recente revisione grafica e contenutistica della rivi-sta oltre ai mutati rapporti con l’editore, hanno com-portato una variazione nelle modalità distributive dellamedesima. La rivista non si riceve più automaticamen-te con l’atto associativo, bensì facendo un versamentoannuale di £.30.000 sul c.c.p. 39476106 intestato aEdizioni Cosmopolis in cui sia specificata la causale delversamento. La rivista è e rimane uno strumento adisposizione dei soci interessati a mantenersi aggiorna-ti e a pubblicare i loro lavori; a tal proposito il referen-te è Ferruccio Demaestri, e-mail [email protected].

E] Dimissioni di Di Franco

In data 21/04/01 il Consiglio Direttivo Confiam ha accet-tato le dimissioni di Gianluigi Di Franco da Past Presidente da membro del Comitato Promotore costituendaAssociazione professionisti.

L'accettazione di tali dimissioni è motivata dallapreoccupazione inerente la poca chiarezza che si èdeterminata relativamente ai titoli di Gianluigi DiFranco.L’APIM ha apprezzato le tempestive dimissioni di DiFranco dalle cariche Confiam, in quanto tale gestoconsente alla Confederazione di proseguire il propriocammino con la necessaria tranquillità, senza essereoggetto di attacchi strumentali e distruttivi.La nostra associazione ha già richiesto che si attivinoall’interno della Confiam processi di chiarezza riguar-do alle questioni di cui tanto si è sentito parlare.Vogliamo tuttavia ricordare l'importante contributodato in questi anni da Gianluigi Di Franco allo svilup-po della Musicoterapia in Italia ed al suo accredita-mento in Europa, percorso coronatosi con il recenteCongresso Europeo tenutosi a Napoli.

F] L’esame di Registro Confiam

Il riconoscimento della musicoterapia e dei suoi opera-tori appare sempre più determinato dalla qualità dellaformazione e degli aspetti professionali. Solo un orga-nismo associativo forte che tuteli questi aspetti puòallora favorire la visibilità e l'integrazione professiona-le del musicoterapista. La Confiam consapevole di taliaspetti ha avviato in questi anni un'attenta riflessionesugli standard formativi proposti dai diversi corsi dimusicoterapia presenti sul territorio nazionale. Sonostati così individuati alcuni criteri normativi accettati econdivisi dalle scuole di musicoterapia che aderisconoalla Confiam (vedi Guida dello studente a cura G.Manarolo e G. Di Franco, Ed. Cosmopolis, 1999, Torino).Queste scelte hanno incontrato il plauso del CNEL,organismo da tempo impegnato a promuovere le nuoveprofessioni emergenti sul territorio nazionale. Unsecondo aspetto su cui la Confiam si è profondamenteimpegnata riguarda la tutela degli aspetti professiona-li. Rispetto ad essi sono emerse alcune priorità: - indire un esame nazionale rivolto a quanti si sono

formati presso scuole accreditate dalla Confiam chepossa attestare l'idoneità professionale;

- istituire un registro nazionale dei musicoterapisti in

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notiziariocui possano confluire i candidati risultati idoneiall'esame;

- costituire un'associazione professionale che gestiscail registro, promuova l'aggiornamento dei musicote-rapisti e il rispetto del codice deontologico.

La realizzazione di questi punti costituisce un passaggiodelicato; siamo d'altra parte convinti che la loro pienaattuazione costituirà per la musicoterapia italiana unfattore di crescita e di sviluppo.Per quanto riguarda la costituenda AssociazioneProfessionale, in futuro verranno delineati la strutturae il funzionamento.Al fine di riconoscere, ai candidati che risulterannoidonei, la qualifica di musicoterapista, viene banditodalla Confiam un esame nazionale che consentirà l'i-scrizione al registro nazionale; tale registro dei musico-terapisti sarà organizzato e gestito dalla costituendaAssociazione Professionale dei Musicoterapisti. Entrosei mesi dalla costituzione della stessa si terrà la primaassemblea dei soci nel corso della quale verrà eletto ilConsiglio Direttivo. La qualifica rilasciata e l'iscrizione al Registro nonhanno al momento attuale un valore legale. La legge diriforma degli ordini professionali potrà in futuro con-cedere alla Confederazione e alla AssociazioneProfessionisti ad essa collegata, la tutela della forma-zione e della professionalità dei musicoterapisti. L'esame nazionale si articolerà nel seguente modo:Sede: presso la Pro Civitate Christiana di Assisi.Periodo: 23 Febbraio 2002.Il candidato dovrà essere in possesso dei seguentirequisiti:- diploma di musicoterapista rilasciato da una scuola

aderente alla Confiam;- attestato di Supervisione per almeno 60 ore, rilascia-

to da Supervisori accreditati dalla Confiam. I nomi-nativi degli stessi sono elencati nella Guida dellaStudente;

- iscrizione ad una associazione aderente alla Confiam.La domanda d'iscrizione all'esame dovrà essere inviataalla segreteria Confiam (c/o Dott.ssa Federica Polcaro,Via Leone IX n° 16 , 00165 Roma) dal 1/12/01 al

31/12/01. La spedizione dovrà avvenire tramite racco-mandata con ricevuta di ritorno. Farà fede la data deltimbro Postale.La prova d'esame è scritta. Il candidato potrà sceglieretra due casi, uno appartenente all'ambito preventivo,l'altro all'ambito riabilitativo (i casi verranno sorteggia-ti in sede d'esame). Nella stesura dell'elaborato il can-didato dovrà precisare i seguenti punti: modello musi-coterapico di riferimento, analisi dell'invio, modalità diosservazione, criteri seguiti per la presa in carico o perla non presa in carico, possibili ipotesi di trattamento eobiettivi perseguibili, tecniche musicoterapiche impie-gate, modalità di restituzione e documentazione.La commissione d'esame sarà costituita da quattromembri accreditati in ambito accademico e istituzio-nale. E' inoltre prevista la partecipazione di un membrointerno appartenente alla scuola di provenienza delcandidato e due membri esterni (il Presidente dellaEMTC o suo delegato, e un delegato dell'AssociazioneProfessionisti).Nella valutazione degli elaborati la commissione faràriferimento alla seguente bibliografia consigliata:-Alvin J., La terapia musicale per il ragazzo autistico,Armando, Roma, 1981-Benenzon R. O., La nuova Musicoterapia, Phoenix,Roma, 1997-Benenzon R. O., Musicoterapia, Esperienze diSupervisione, Phoenix, Roma, 1999-Blanc C., Suvini F., a cura di ,La musicoterapia attra-verso le esperienze, Logisma, Firenze, 2001-Bruscia K.E., a cura di, Casi clinici di Musicoterapia(adulti), Ismez, Roma, 1991-Bruscia K. E.,a cura di, Casi clinici di Musicoterapia(bambini e adolescenti) Ismez, Roma, 1991-Bunt L., La Musicoterapia un arte oltre le parole,Edizioni Kappa, Roma, 1997-Di Franco G.L., De Michele R.,a cura di, Musicoterapiain Italia, Idelson, Napoli, 1995-Di Franco G.L., La voce delle emozioni, Ismez, Roma,2001-Lecourt E., La Musicoterapia, Cittadella Editrice, Assisi,1992

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notiziario-Lorenzetti L. M.,F Suvini, a cura di, Prospettive inMusicoterapia, F.Angeli, Milano, 2001-Manarolo G., Borghesi M., a cura di, Musica e Terapia,Cosmopolis, Torino, 1998-Manarolo G., L'Angelo della Musica, Omega Edizioni,Torino, 1996-Pistorio G. Scarso G., Musicoterapia Metodologiericerche cliniche interventi, Centro Scientifico Ed.,Torino, 1998-Postacchini P.L., Ricciotti A., Borghesi M., Lineamentidi Musicoterapia, Carocci, Roma, 1998-Scardovelli M., Il dialogo sonoro, Cappelli editore,Bologna, 1992-Wigram T., Saperston B., West R.,a cura di, Manuale diArte e Scienza della Musicoterapia, Ismez, Roma, 1997.La commissione valuterà l'idoneità professionale delcandidato. Il candidato non idoneo potrà sostenerenuovamente l'esame a distanza di due anni. La quota d'iscrizione: l'ammissione all'esame, che verràcomunicata ai candidati entro il 20 gennaio 2002,comporta il pagamento di una quota di iscrizione di£.200.000. Tale quota dovrà essere versata alla propriaassociazione (aderente CONFIAM) entro il 31 gennaio2002 pena la decadenza dell'ammissione all'esame.Per ulteriori informazioni contattare:Presidente: Dott. G. Manarolo (martedì ore 18.00-20.00) tel. 339 – 3678572Segretaria: Dott.ssa F. Polcaro (lunedì-mercoledì ore18.00-20.00) tel. 06/6867628

G] La proposta dell’APIM per la Supervisione

L’APIM è una associazione musicoterapica animata daun ideale di professionalità.In quest’ottica abbiamo pensato ad un “pacchettosupervisione” dedicato ai soci APIM interessati, deli-neato da uno stile unitario di qualità per tutti i super-visori APIM riconosciuti dalla Confiam; questi sono:Bonanomi Claudio, Montano Lucino (Co) 348/3602394,[email protected] Borghesi Massimo, Rimini (Rn) 338/7746947, [email protected] Ghedin Vanda, Inverigo (Co) 339/5421858, Manarolo Gerardo, Genova (Ge) 339/3678572,

[email protected] Postacchini Pier Luigi, Bologna (Bo) 335/5732708,[email protected] Raglio Alfredo, Cremona 338/7291944, [email protected] Ricciotti Andrea, Bologna (Bo) 339/6627357Rota Fulvio, Arcore (Mi) 39/6013077Ognuno di questi professionisti organizza sia iniziativeindividuali sia gruppali; queste si rivolgono ad opera-tori già in possesso di una certa professionalità, conesperienze musicoterapiche al loro attivo; questepotranno essere analizzate e confrontate; i vari mem-bri avranno la possibilità di portare videoregistrazionio altro materiale di documentazione come verbali eprotocolli, all'attenzione del supervisore e/o del grup-po, il quale, sollecitato ed orientato comunque dalconduttore, cercherà soluzioni alle eventuali difficoltàprese in esame, estrarrà insegnamenti da ogni espe-rienza e produrrà confronti tra le varie tipologie d'in-tervento affrontate. Esiste la possibilità di orientare le supervisioni gruppaliin due modi : o presentando di volta in volta un casodiverso, un contesto diverso, una tipologia d'interventodiversa, oppure seguendo un unico caso prototipicodurante tutto l'anno. In ogni caso si chiede a tutti i par-tecipanti di poter lavorare su protocolli scritti a caldo enon su schede o sintesi di vario tipo, frutto di risiste-mazioni concettuali che poco ci informerebbero deldato affettivo. Una anamnesi introduttiva può esseresufficiente per contestualizzare l'intervento e ladomanda di aiuto che viene rivolta al gruppo.Il lavoro può articolarsi su vari livelli a seconda dellenecessità di ogni specifica relazione: a) ci si addestra a presentare esperienze di musicotera-pia, che significa anche addestrarsi ad osservazioni eripensamenti sintetici ed equilibrati;b) si effettua un confronto tra esperienze condotte suvarie tipologie di utenti, in vari contesti, secondo varimodelli musicoterapici;c) verrà fatta un’analisi dettagliata dell’esperienza,delle sue coordinate teoriche, e della coerenza tra que-ste e la prassi;d) si esploreranno le difficoltà incontrate nel lavoro, se

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notiziarione analizzeranno le cause, si cercheranno soluzioniadeguate;e) si effettuerà direttamente un’esperienza delladimensione gruppale, la quale potrà essa stessa, con lesue dinamiche, diventare oggetto di riflessione per ilgruppo;f) verrà promossa l’attivazione di schemi autoanalitici.Da tutto ciò si evince che il conduttore ha responsabi-lità di competenza clinica, musicoterapica e di facilita-zione del lavoro di supervisione; s’evince altresì che daogni supervisionando ci si aspetta una aperta e sinceracollaborazione, che potrà certo essere interpretata invari modi, secondo vari stili e vari livelli di competenza,ma che sarà comunque indispensabile alla qualità dellavoro.L’associazione ha identificato tariffe minime da prati-care:Tariffa supervisioni individuali (1,30 h.) = £88.000 +imposte di leggeTariffa supervisioni gruppali pro-capite (3 h.) = £55.000+ imposte di leggeSconto 10% ai soci APIMLa necessità di rendere il rapporto di supervisione alta-mente stabile suggerisce di richiedere un forte impe-gno alla presenza per tutti i partecipanti, i quali paghe-ranno gli incontri anche in caso di assenza. A ciò faran-no eccezione le assenze discusse e concordate con ilconduttore. I vari supervisori APIM convergono quindi su unmodello teorico e una modalità tecnica di supervisione;ovviamente ognuno di essi caratterizza il proprio inter-vento secondo sfumature personali. Queste possonoorientare il candidato che potrà informarsi con ognu-no di essi; oltre a ciò si potrà prendere in considerazio-ne la dislocazione geografica di ognuno di questi e l’e-ventuale disponibilità a trasferte, qualora gruppi disupervisionandi si volessero aggregare in zone “scoper-te” da professionisti accreditati. Oltre a ciò, si fa pre-sente che alcuni supervisori adottano formule ad hocfinalizzate all’agevolazione di candidati distanti geo-graficamente o comunque impegnati da particolarisituazioni professionali: anche in questo caso, un’op-

portuna ricognizione tra i professionisti indicati inapertura potrà far scoprire soluzioni sul modello distage intensivi.Infine, tutti i supervisori APIM adotteranno un identi-co attestato dell’avvenuta attività.

A questa prima lettera faranno seguito altre noteinformative che riguarderanno la vita associativa e leiniziative che saranno proposte, per questo ti invitiamoa farci conoscere il tuo indirizzo e-mail scrivendoall’indirizzo [email protected] in modo da facili-tare e velocizzare l’informazione, ma ci aspettiamoanche un contributo da parte tua sia di idee che dieventuali apporti concreti nelle iniziative. Per ciò che riguarda richieste di informazioni inerentil’associazione oppure l’invio di contributi, rivolgiti alreferente soci Claudio Bonanomi, che puoi trovare ilmartedì e il mercoledì allo 348/3602394 oppure all’in-dirizzo e-mail [email protected]

Un caro saluto.

Claudio Bonanomi Massimo Borghesi Gerardo Manarolo

Il Servizio di Musicoterapia del Centro “Paolo VI” –ONLUS di Casalnoceto (Al)

Il servizio di musicoterapia del Centro “Paolo VI” è atti-vo da circa quindici anni ed è costituito da unoPsichiatra (Dott. G.Manarolo) che esercita funzioni disupervisione e da un Musicoterapista (F. Demaestri).L’attività del servizio copre l’intero arco della settima-na lavorativa e si rivolge sia a utenti residenti presso lastruttura riabilitativa, sia a utenti ambulatoriali. Ladisciplina musicoterapica è stata introdotta all’internodella struttura con l’obiettivo specifico di garantire unapossibilità riabilitativa anche alle situazioni clinichecaratterizzate da gravi disturbi della sfera comunicati-vo-relazionale. Nel corso degli anni il trattamento si è

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notiziarioesteso e diversificato in relazione a differenti patologiegiungendo ad una specificità d’intervento che puòessere così riassunta:• Interventi finalizzati all’ampliamento delle compe-tenze comunicative e relazionali.All’interno di quest’area si collocano i progetti studiatiper approcciare i soggetti che presentano i quadri cli-nici più gravi. Le produzioni sonoro/musicali deipazienti sono accolte dall’atteggiamento del musicote-rapista ed inserite all’interno di una cornice significati-va, potenzialmente rinforzante la relazione; i riferi-menti teorici di quest’area d’intervento sono da ricon-durre agli studi di matrice psicodinamica relativi all’a-nalisi della relazione madre-bambino e all’impostazio-ne benenzoniana.• Interventi finalizzati all’ampliamento delle compe-tenze percettivo-discriminative.All’interno di quest’area di intervento collochiamo gliinterventi mirati all’affinamento delle suddette compe-tenze per quelle situazioni cliniche che presentano unRitardo Mentale Medio e Medio-Lieve, con eventualesintomatologia psicotica d’innesto, le quali necessitanodi una rieducazione dei parametri della percezione udi-tiva secondo le indicazioni fornite da Schindler e colla-boratori (1996). Tale approccio si ispira anche a spuntidesunti dalla Pedagogia musicale di Orff, Dalcroze edaltri autori.• Interventi finalizzati all’ampliamento delle compe-tenze espressive musicali ed extramusicaliQuesta area d’intervento privilegia il trattamento digruppo riservato ai soggetti che da molti anni vivonoall’interno dell’istituzione e che necessitano di approc-ci finalizzati al contenimento del processo di croniciz-zazione, alla socializzazione e condivisione di esperien-ze stimolanti e gratificanti inserite all’interno di unprogetto “qualità della vita” studiato specificamente inrelazione alle inclinazioni e alle competenze di ciascunospite della struttura. L’intervento musicoterapico inquesto caso si connoterà come intervento di confinetra un’impostazione del lavoro decisamente caratteriz-zata da un approccio ludico e d’animazione, e unamodalità d’attuazione calibrata sulla persona intesa

nella sua dimensione storica ed unica. I riferimentiteorici di quest’area sono da ritrovare all’interno di unaconcezione antropocentrica dell’esperienza musicale.• Interventi finalizzati all’integrazione ed all’”estensio-ne” del progetto riabilitativo alle varie figure profes-sionali che giornalmente si occupano del disabile.Tale proposta d’intervento è rivolta in particolare agliEducatori professionali seguendo un’ottica di informa-zione e formazione interna alla struttura.Pertanto il servizio di Musicoterapia del Centro “PaoloVI” offre le seguenti prestazioni specifiche:• Trattamenti musicoterapici individuali e di gruppo

ad indirizzo relazionale;• Trattamenti musicoterapici individuali e di gruppo

ed indirizzo cognitivo;• Trattamenti musicoterapici di gruppo ad indirizzo

socializzante ed integrativo.Nello specifico delle patologie trattate individuiamo:• Disturbi del comportamento e della relazione

(Psicosi, Autismo, Patologie relazionali secondarie,Disarmonie evolutive);

• Sindromi border-line dell’adolescenza;• Deficit intellettivi e sensoriali di varia natura e grado

(Sindrome di Down, Cerebropatie infantili, Sordità);• Malattie croniche invalidanti (Artrite cronica giovanile)Il servizio di Musicoterapia svolge regolare attività for-mativa (tirocini, stesura tesi, consulenza) a studentiappartenenti a diverse scuole di Musicoterapia distri-buite sul territorio nazionale, nonché a studenti prove-nienti da diverse aree di formazione universitaria.

Per informazioni:Dott. Gerardo ManaroloM° Ferruccio Demaestric/o Centro “Paolo VI” – ONLUS, via Gavino Lugano 4015052 Casalnoceto (Al)Tel 0131/808111

Ferruccio Demaestri

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teleologici tra udire, vedere, parlare e cantare (Schindler,Vernero, Gilardone) • Il ritmo musicale nella rieducazionelogopedica (L. Pagliero) • Differenze e similitudini nell’appli-cazione della musicoterapia con pazienti autistici e in coma(R. Benenzon) • La musica come strumento riabilitativo (A.Campioto, R. Peconio) • Linee generali del trattamento musi-coterapico di un caso di "Sindrome del Bambino Ipercinetico"(M. Borghesi) • Strumenti di informazione e di analisi dellaprassi osservativa in musicoterapia (G. Bonardi)

Volume III, Numero 2, Luglio 1995Il senso estetico e la sofferenza psichica: accostamento stri-dente o scommessa terapeutica? (E. Giordano) • L'inventiva delterapeuta come fattore di terapia (G. Montinari) • La formazio-ne in ambito musicoterapico: lineamenti per un progetto dimodello formativo (P.L. Postacchini, M. Mancini, G. Manarolo, C.Bonanomi) • Il suono e l'anima: la divina analogia (M.Jacoviello) • Considerazioni su: dialogo sonoro, espressionecorporea ed esecuzione musicale (R. Barbarino, A. Artuso, E.Pegoraro) • Aspetti metodologici, empatia e sintonizzazionenell'esperienza musicoterapeutica (A. Raglio) • Esperienze dimusicoterapia: nascita e sviluppo di una comunicazionesonora con soggetti portatori di handicap (C. Bonanomi)

Volume IV, Numero 1, Gennaio 1996Armonizzare sintonizzandosi (P.L. Postacchini) • Dalla perce-zione uditiva al concetto musicale (O. Schindler, M. Gilardone,I. Vernero, A.C. Lautero, E. Banco) • La formazione musicale(C. Maltoni, P. Salza) • Gruppo sì, gruppo no: riflessioni su dueesperienze di musicoterapia (M. Mancini) • Musicoterapia estati di coma: riflessioni ed esperienze (G. Garofoli) • Il casodi Luca (L. Gamba) • Disturbi del linguaggio e Musicoterapia(P.C. Piat, M. Morone)

Volume IV, Numero 2, Luglio 1996Il suono della voce in Psicopatologia (F. Giberti, G. Manarolo)• La voce umana: prospettive storiche e biologiche (M.Gilardone, I. Vernero, E. Banco, O. Schindler) • La stimolazionesonoro-musicale di pazienti in coma (G. Scarso, G. Emanuelli,P. Salza, C. De Bacco) • La creatività musicale (M. Romagnoli)• Musicoterapia e processi di personalizzazione nellaPsicoterapia di un caso di autismo (L. Degasperi) • La recetti-vità musicale nei pazienti psichiatrici: un'ipotesi di studio (G.Del Puente, G. Manarolo, S. Remotti) • Musica e Psicosi: unpercorso Musicoterapico con un gruppo di pazienti (A.Campioto, R. Peconio).

Numero 0, Luglio 1992Terapie espressive e strutture intermedie (G. Montinari) •Musicoterapia preventiva: suono e musica nella preparazioneal parto (M. Videsott) • Musicoterapia recettiva in ambitopsichiatrico (G. Del Puente, G. Manarolo, C. Vecchiato) •L’improvvisazione musicale nella pratica clinica (M.Gilardone)

Volume I, Numero 1, Gennaio 1993Etnomusicologia e Musicoterapia (G. Lapassade) •Metodologie musicoterapiche in ambito psichiatrico (M.Vaggi) • Aspetti di un modello operativo musicoterapico (F.Moser, I. Toso) • La voce tra mente e corpo (M. Mancini)•Alcune indicazioni bibliografiche in ambito musicoterapico(G. Manarolo)

Volume I, Numero 2, Luglio 1993Musicoterapia e musicoterapeuta: alcune riflessioni (R.Benen zon) • La Musicoterapia in Germania (F. Schwaiblmair)• La Musicoterapia: proposta per una sistemazione catego-riale e applicativa (O. Schindler) • Riflessioni sull’analisi dellepercezioni amodali e delle trasformazioni transmodali (P.L.Postacchini, C. Bonanomi) • Metodologie musicoterapiche inambito neurologico (M. Gilardo ne) • I linguaggi delle arti interapia: lo spazio della danza (R. De Leonibus) • La musicote-rapia nella letteratura scientifica internazionale, 1ª parte (A.Osella, M. Gilardone)

Volume II, Numero 1, Gennaio 1994Introduzione (F. Giberti) • Ascolto musicale e ascolto interio-re (W. Scategni) • Lo strumento sonoro musicale e laMusicoterapia (R. Benenzon) • Ascolto musicale eMusicoterapia (G. Del Puente, G. Manarolo, P. Pistarino, C.Vecchiato) • La voce come mezzo di comunicazione non ver-bale (G. Di Franco)

Volume II, Numero 2, Luglio 1994Il piacere musicale (M. Vaggi) • Il suono e l’anima (M.Jacoviello) • Dal suono al silenzio: vie sonore dell’interiorità(D. Morando) • Gruppi di ascolto e formazione personale (M.Scardovelli) • Esperienza estetica e controtransfert (M. E.Garcia) • Funzione polivalente dell’elemento sonoro-musica-le nella riabilitazione dell’insufficiente mentale grave (G.Manarolo, M. Gilardone, F. Demaestri)

Volume III, Numero 1, Gennaio 1995Musica e struttura psichica (E. Lecourt) • Nessi funzionali e

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Volume VII, Numero 1, Gennaio 1999E se la musica fosse…(M. Spaccazocchi) • Una noce poco fa(D. Gaita) • L’ascolto in Musicoterapia (G. Manarolo) • Lamusica allunga la vita? (M. Maranto, G. Porzionato) •Musicoterapia e simbolismo: un’esperienza in ambito istitu-zionale (A. M. Bagalà)

Volume VII, Numero 2, Luglio 1999Dalle pratiche musicali umane alla formazione professionale(M. Spaccazocchi) • Formarsi alla relazione in Musicoterapia(G. Montinari) • Formarsi in Musicoterapia (P. Postacchini) •Prospettive formative e professionali in Musicoterapia (P. E.Ricci Bitti) • Un coordinamento nazionale per la formazione inMusicoterapia (G. Manarolo)

Numero 1, Gennaio 2000Malattia di Alzheimer e Terapia Musicale (G.Porzionato) •L’utilizzo della Musicoterapia nell’AIDS (A. Ricciotti) •L’intervento musicoterapico nella riabilitazione dei pazientipost-comatosi (R. Meschini) • Musicoterapia e demenzasenile (F. Delicato) • Musicoterapia e AIDS (R. Ghiozzi) •Musicoterapia in un Servizio Residenziale per soggettiAlzheimer (M. Picozzi, D. Gaita, L. Redaelli)

Numero 2, Luglio 2000Conoscenze attuali in tema di etiopatogenesi dell’autismoinfantile (G. Lanzi, C. A. Zambrino) • Il trattamento musicote-rapico di soggetti autistici (G. Manarolo, F. Demaestri) • Lamusicalità autistica: aspetti clinici e prospettive di ricerca inmusicoterapia (A. Raglio) • Il modello Benenzon nell’approc-cio al soggetto autistico (R. Benenzon) • Autismo e musico-terapia (S. Cangiotti) • Dalla periferia al centro: spazio-suonodi una relazione (C. Bonanomi)

Numero 3, Gennaio 2001Musica emozioni e teoria dell’attaccamento (P. L. Postacchini)• La Musicoterapia Recettiva (G. Manarolo) • Manifestazioniossessive ed autismo: il loro intrecciarsi in un trattamento dimusicoterapia (G. Del Puente) • Musica e adolescenzaDinamiche evolutive e regressive (I. Sirtori) • Il perimetrosonoro (A. M. Barbagallo, L. Giorgioni, L. Mattazzi, M. Moroni,S. Mutalipassi, L. Pozzi) • Musicoterapia e Patterns di intera-zione e comunicazione con bambini pluriminorati: un approc-cio possibile (M. M. Coppa, E. Orena, F. Santoni, M. C.Dolciotti, I. Giampieri, A. Schiavoni) • Musicoterapia postpartum (A. Auditore, F. Pasini)

Volume V, Numero 1, Gennaio 1997La riabilitazione nel ritardo mentale ed il contributo dellaMusicoterapia (G. Moretti) • Uomo Suono: un incontro cheproduce senso (M. Borghesi, P.L. Postacchini, A. Ricciotti) • LaMusicoterapia non esiste (D. Gaita) • L'Anziano e la Musica.L'inizio di un approccio musicale (B. Capitanio) • Riflessionisu una esperienza di ascolto con un soggetto insufficientementale psicotico (P. Ciampi) • Un percorso musicoterapico:dal suono silente al suono risonante (E. De Rossi, G. Ba) • Lacomprensione dell'intonazione del linguaggio in bambiniDown (M. Paolini).

Volume V, Numero 2, Giugno 1997Gli effetti dell'ascoltare musica durante la gravidanza e il tra-vaglio di parto: descrizione di un'esperienza (P. L. Righetti) •Aspettar cantando: la voce nella scena degli affetti prenatali(E. Benassi) • Studio sul potenziale terapeutico dell'ascoltocreativo (M. Borghesi) • Musicoterapia e Danzaterapia: lecontroindicazioni al trattamento riabilitativo di alcune patieneurologiche (C. Laurentaci, G. Megna) • L'ambiente sonorodella famiglia e dell'asilo nido: una possibile utilizzazione disuoni e musiche durante l'inserimento (M. G. Farnedi) • LaMusicoterapia Prenatale e Perinatale: un'esperienza (A.Auditore, F. Pasini).

Volume VI, Numero 1, Gennaio 1998Le spine del cactus (C. Lugo) • L’improvvisazione nella musi-ca, in psicoterapia, in musicoterapia (P. L.Postacchini) •L’improvvisazione in psicoterapia (A. Ricciotti) •L’improvvisazione nella pratica musicoterapica (M. Borghesi)• La tastiera elettrica fra educazione e riabilitazione: analisidi un caso (Pier Giorgio Oriani) • Ritmo come forma autoge-nerata e fantasia di fusione (G. Del Puente, S. Remotti) •Aspetti teorici e applicativi della musicoterapia in psichiatria(F. Moser, G. M. Rossi, I. Toso).

Volume VI, Numero 2, Luglio 1998Modelli musicali del funzionamento cerebrale (G. Porzionato)• La mente musicale/educare l’intelligenza musicale (J.Tafuri) • Reversibilità del pensiero e pensiero musicale delbambino (F. Rota) • Musica, Elaboratore e Creatività (M.Benedetti) • Inchiostro, silicio e sonorità neuronali (A. Colla)• Le valenze del pensiero musicale nel trattamento dei defi-cit psico-intellettivi (F. De Maestri).

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musica

& terapiaGli articoli pubblicati dal 1992 al 1998 sono ora raccolti in “Musica & Terapia, Quaderni italiani di Musicoterapia”edizioni Cosmopolis Corso Peschiera 320 - 10139 Torino - http://www.edizionicosmopolis.com

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1) I colleghi interessati a pubblicare articoli originalisulla presente pubblicazione sono pregati di invia-re tre copie dattilo scritte ed una copia su dischet-to redatta secondo il programma Word perWindows (tipo RTF) al seguente indirizzo: Dr. Gerardo Manarolo, Vico Curletto Chiuso, 5/6 16121, Genova.

2) L'accettazione dei lavori è subordinata alla revisionecritica del comitato di redazione.

3) La comunicazione di accettazione verrà inviatanon appena il comitato di redazione avrà espressoparere favorevole alla pubblica zione.

4) Il testo degli articoli dovrà essere redatto in linguaitalia na e accompagnato dal nome e cognome del-l'autore (o degli autori) completo di qualifica pro-fessionale, ente di appartenenza, reca pito postalee telefonico, abstract in lingua inglese non supe-riore alle 500 battute.

5) Per la stesura della bibliografia ci si dovrà attenereai seguenti esempi:a) LIBRO: Cordero G.F., Etologia della comunicazio-ne, Omega edizioni, Torino, 1986.b) ARTICOLO DI RIVISTA: Cima E., Psicosi seconda-rie e psicosi reattive nel ritardo mentale,Abilitazione e Riabilitazio ne, II (1), 1993, pp. 51-64.c) CAPITOLO DI UN LIBRO: Moretti G., Cannao M.,Stati psicotici nell'infanzia. In M. Groppo, E.Confalonieri (a cura di), L'Autismo in età scolare,Marietti Scuola, Casale M. (Al), 1990, pp. 18-36.d) ATTI DI CONVEGNI: Neumayr A., Musica edhumanitas. In A. Willeit (a cura di), Atti delConvegno: Puer, Musica et Medici na, Merano,1991, pp. 197-205.

6) Gli articoli pubblicati impegnano esclusivamente la responsa bilità degli Autori. La proprietà lettera-ria spetta all'Editore, che può autorizzare la ripro-duzione parziale o totale dei lavori pubblicati.

I Quaderni Italiani di Musicoterapia sono distribuitipresso le Librerie Feltrinelli.

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