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40 Capitolo 1. Richiami di termodinamica Figura 1.8: Apparecchiatura sperimentale utilizzata da Joule. Ne risultava quindi in modo evidente l’equivalenza del lavoro meccanico fornito nel primo esperimento e del calore fornito nel secondo: il concetto di equivalenza si traduce nell’espressione (1.10) già discussa in precedenza. Risulta di grande interesse, pertanto, andare ad analizzare dei casi pratici che sono alla base della modellizzazione preliminare di sistemi tecnici e che vanno a dare un significato fisico a quanto visto solamente dal punto di vista analitico. È importante precisare che, siccome l’oggetto della trattazione del primo principio della termodinamica è l’energia interna, non si considera nei seguenti esempi la variazione di energia complessiva del fluido in un determinato istante. 1.7.3 Applicazioni del principio di equivalenza Si analizzi, in prima battuta, il caso più elementare, ovvero quello in cui si ha un siste- ma chiuso (una porzione di fluido delimitata da una frontiera) che, quindi, ha volume costante (pareti indeformabili, dV = 0). Si ipotizzi di fornire calore al sistema tra lo stato termodinamico iniziale (all’istante t 1 ) e lo stato finale (t 2 ), il quale attraversa pertanto la frontiera del sistema stesso. Supponendo di trascurare le variazioni di energia meccanica (sia cinetica che potenziale), allora, applicando il primo principio ad un gas perfetto, si osserva macroscopicamente la variazione di energia interna, per cui ΔU 12 = Q = c v ΔT (1.48) dove c v è il calore specifico a volume costante medio, introdotto in seguito ad una appros- simazione dovuta ad una contenuta variazione del calore specifico stesso nell’intervallo considerato: ipotizzando, ad esempio, che il calore specifico a volume costante sia funzione della sola temperatura (gas ideale), allora c v può essere espresso come c v = c v (T 2 )+ c v (T 1 ) 2 (1.49) Propriamente si dovrebbe andare a considerare cosa avviene in un arco temporale infini- tesimo, ovvero una variazione infinitesima di energia interna, tale per cui la variazione macroscopica ΔU risulterebbe ΔU 12 = Z U 2 U 1 du = Z T 2 T 1 c v dT = Z 2 1 dQ = Q (1.50) dove Q è il calore che è stato sommistrato al sistema. Termodinamica e Fluidodinamica applicate alle Macchine

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40 Capitolo 1. Richiami di termodinamica

Figura 1.8: Apparecchiatura sperimentale utilizzata da Joule.

Ne risultava quindi in modo evidente l’equivalenza del lavoro meccanico fornito nelprimo esperimento e del calore fornito nel secondo: il concetto di equivalenza si traducenell’espressione (1.10) già discussa in precedenza. Risulta di grande interesse, pertanto,andare ad analizzare dei casi pratici che sono alla base della modellizzazione preliminare disistemi tecnici e che vanno a dare un significato fisico a quanto visto solamente dal puntodi vista analitico. È importante precisare che, siccome l’oggetto della trattazione del primoprincipio della termodinamica è l’energia interna, non si considera nei seguenti esempi lavariazione di energia complessiva del fluido in un determinato istante.

1.7.3 Applicazioni del principio di equivalenzaSi analizzi, in prima battuta, il caso più elementare, ovvero quello in cui si ha un siste-ma chiuso (una porzione di fluido delimitata da una frontiera) che, quindi, ha volumecostante (pareti indeformabili, dV = 0). Si ipotizzi di fornire calore al sistema tra lo statotermodinamico iniziale (all’istante t1) e lo stato finale (t2), il quale attraversa pertanto lafrontiera del sistema stesso. Supponendo di trascurare le variazioni di energia meccanica(sia cinetica che potenziale), allora, applicando il primo principio ad un gas perfetto, siosserva macroscopicamente la variazione di energia interna, per cui

∆U1→2 = Q = cv∆T (1.48)

dove cv è il calore specifico a volume costante medio, introdotto in seguito ad una appros-simazione dovuta ad una contenuta variazione del calore specifico stesso nell’intervalloconsiderato: ipotizzando, ad esempio, che il calore specifico a volume costante sia funzionedella sola temperatura (gas ideale), allora cv può essere espresso come

cv =cv(T2) + cv(T1)

2(1.49)

Propriamente si dovrebbe andare a considerare cosa avviene in un arco temporale infini-tesimo, ovvero una variazione infinitesima di energia interna, tale per cui la variazionemacroscopica ∆U risulterebbe

∆U1→2 =

∫ U2

U1

du =

∫ T2

T1

cvdT =

∫ 2

1dQ = Q (1.50)

dove Q è il calore che è stato sommistrato al sistema.

Termodinamica e Fluidodinamica applicate alle Macchine

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1.7 Principi della termodinamica 41

Si supponga di avere un sistema adiabatico8 chiuso che racchiude un fluido (gas perfetto),la cui frontiera coincide con le pareti del cilindro e la superficie della testa di un pistonemobile (in direzione assiale, Fig. 1.9).

xx0

∆x

~F

Figura 1.9: Pistone e cilindro.

Per ipotesi, si suppone l’uniformità delle grandezze di stato che denotano il sistemaistante per istante (condizioni di quasi-permanenza per una trasformazione reversibile), cosìcome si trascurano gli attriti tra il pistone e le pareti del cilindro. Muovendo molto lenta-mente il pistone dalla posizione che assume all’istante iniziale (ovvero x0) fino ad arrivarealla posizione (tratteggiata in figura) tale per cui il pistone ha subito uno spostamento ∆x,l’equazione di equivalenza per il sistema diventa

∆U1→2 = L (1.51)

la quale, in forma differenziale, è pari a dU = dL, dove dL è il lavoro meccanico dicompressione dovuto allo spostamento del pistone, come già accennato nella (1.35). Inparticolare, considerando che la trasformazione adiabatica avvenga per stati intermedi diequilibrio (non c’è l’effetto d’onda di pressione), è possibile affermare che la pressione pprovocata dalla superficie A del pistone sarà pari ad una pressione media calcolabile come

p =F

A(1.52)

dove F è la forza esercitata sullo stantuffo stesso. La quantità infinitesima di volumespecifico interessato dal movimento del pistone, invece, sarà pari a

dv = Adx (1.53)

per cui il lavoro totale compiuto sul sistema può essere ricavato come

L =

∫ 2

1dL = −

∫ 2

1pdv = −F∆x (1.54)

Per convenzione, si considera il lavoro positivo quando è entrante nel sistema, ovvero quandoincrementa l’energia interna del sistema, tale da comprimere il fluido che è all’interno delsistema (dL > 0 ⇐⇒ dv < 0).

Si consideri, ora, un recipiente aperto con pareti indeformabili (costituenti la frontieradel sistema) che viene rifornito di fluido dall’esterno (Fig. 1.10). Si supponga il sistemaadiabatico e che l’unico scambio di lavoro derivi dall’immissione del fluido nel recipientestesso.Nel processo di introduzione del fluido, il sistema opera a massa variabile (si tratta diun sistema aperto) e quindi l’energia interna al contenitore va valutata in misura totale(non più riferita al kg di fluido come in precedenza): l’energia interna totale del sistemasarà indicata con U . All’ingresso della massa elementare dm (di volume dV ) nel sistema,l’energia interna dello stesso si arricchisce sia dell’energia interna posseduta dalla massaentrante, denominata con u9, sia del lavoro meccanico necessario per introdurla. Pertanto,

8Per adiabatico si intende un sistema che non permette scambi di calore con l’ambiente esterno circostante.9Ci si riferisce, invece, in questo caso, a quella specifica.

D. Franco

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42 Capitolo 1. Richiami di termodinamica

la variazione infinitesima dell’energia interna globale del sistema dovuta all’introduzione diun pacchetto di fluido di massa dm è pari a

dU = u dm+ pdV (1.55)

da cui, dividendo per dm entrambi i membri, si può ottenere

dU

dm= u+ p

dV

dm= u+

p

ρ(1.56)

la quale risulta tale sapendo che dmdV = ρ, ovvero la densità del fluido.

dm

Figura 1.10: Recipiente riempito in continuo con del fluido.

Tenendo conto della (1.44) e della (1.14), la (1.56) può essere riscritta come

dU = h dm (1.57)

ove h è l’entalpia specifica del volume di fluido infinitesimo introdotto. In caso di rifornimentodi fluido dall’esterno, dunque, l’energia interna al recipiente considerato si arricchiscedell’entalpia del fluido introdottovi. C’è da precisare che, in realtà, il lavoro effettuatonell’immissione del pacchetto di fluido non è un lavoro di compressione o di espansione insenso stretto (non si stanno deformando le pareti della frontiera per cui non c’è aumentodi volume del fluido), ma un lavoro speso al fine di inserire il fluido nel serbatoio. Questotipo di approccio è utile nel caso di sistemi a massa variabile e quando si ha a che fare consistemi aperti.

Generalizzando il concetto appena espresso, si consideri un sistema aperto costituitoda un recipiente a pareti indeformabili (Fig. 1.11) che funziona con continuità, ovverocon un inserimento costante di una certa portata (ad esempio nella sezione 1, detta diingresso) associato ad una espulsione di fluido, anch’essa costante, di un’altra portata (nonnecessariamente coincidente con quella di ingresso). Vi sia la possibilità di fornire sia caloreche lavoro al sistema in questione.Si ipotizzi che in base alla continuità, non ci siano né arricchimenti né depauperamenti dimassa fluida all’interno del sistema (non esistono pozzi o sorgenti di massa): è possibilesupporre che, in un certo intervallo di tempo, tanta massa sta entrando quanta ne stauscendo, per cui si parlerà dell’equazione di continuità come costanza di portata massica.Si supponga, inoltre, un regime permanente di moto, ovvero un moto tale per cui lecondizioni termodinamiche del fluido che sta transitando all’interno del serbatoio sonosempre le stesse nel tempo (non si considerano le variazioni nel tempo, ovvero le derivatetemporali). Si analizzeranno, in base alle ipotesi fin qui introdotte, due casi principali disistema aperto, ovvero il caso adiabatico e il caso anergico10.

10Per anergico si intende un sistema che non permette scambi di lavoro con l’ambiente circostante.

Termodinamica e Fluidodinamica applicate alle Macchine

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1.7 Principi della termodinamica 43

Q

dm1

dm2

L

Figura 1.11: Recipiente aperto che lavora in continuità.

Se si presuppone che le quote delle due masse infinitesime dm siano uguali (così comele loro velocità), il primo principio della termodinamica diventa

dU = 0 = dm1

[u1 +

p1

ρ1

]− dm2

[u2 +

p2

ρ2

]+ δQ+ δL11 (1.58)

dove la variazione di energia interna globale è nulla in quanto l’informazione energetica delpacchetto di fluido che entra è pari a quella del pacchetto di fluido uscente: in altre parole,deve essere dU = 0 poiché il regime di funzionamento ipotizzato è permanente. Sfruttandola condizione di regime di continuità, per cui dm1 = dm2 = dm, allora la (1.58) può essereriscritta, con riferimento all’unità di massa[

u1 +p1

ρ1

]−[u2 +

p2

ρ2

]= −Q− L′ (1.59)

la quale, cambiando i segni di entrambi i membri, diventa

u2 − u1 +p2

ρ2− p1

ρ1= Q+ L′ (1.60)

dove• u2 − u1 = ∆U è la variazione di energia interna specifica (e non la differenza, stando

sotto l’ipotesi di permanenza) tra due sezioni (e non tra due istanti);• il termine p2

ρ2− p1

ρ1è legato al pacchetto energetico che si deve spendere per poter

inserire il fluido nel recipiente;• a destra dell’uguale, invece, ci sono le quantità energetiche che si devono fornire al

sistema per mantenere il regime di permanenza.La (1.58) può essere a sua volta espressa in funzione del contenuto entalpico del sistematenendo conto della (1.14), ossia

h2 − h1 = Q+ L′ (1.61)

la quale, in termini infinitesimi, appare come

dh = δQ+ δL′ (1.62)

Ricapitolando, per un sistema aperto, da un punto di vista concettuale il lavoro esplicitatonella (1.61) differisce da quello presente nella relazione (1.10) valida per i sistemi chiusi

11Si utilizza la convenzione per la quale ciò che entra è positivo e ciò che esce è negativo. Inoltre, se siconsidera la variazione infinitesima dell’energia interna dell’intero sistema, allora lo stesso sarà per il lavoroe il calore somministrati (che non saranno, pertanto, specifici), denominati in prima istanza con δQ e δL.

D. Franco

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44 Capitolo 1. Richiami di termodinamica

poiché nel primo si considera, oltre che il lavoro di compressione o espansione, anche illavoro di pulsione necessario a far entrare il fluido nel sistema (oltre che per farlo usciredallo stesso).Per gli apparecchi a scambio di calore con portata continua di fluido (scambiatori di calore,caso anergico) si può scrivere dunque sulla base della (1.61), in regime permanente:

h2 − h1 = Q (1.63)

Per gli apparecchi a scambio di lavoro (macchine per la compressione o l’espansione deifluidi, caso adiabatico), si può invece scrivere, nelle medesime condizione di continuità diportata e di permanenza termodinamica:

h2 − h1 = L′ (1.64)

È opportuno concludere il paragrafo con una riflessione riassuntiva di ciò che è statofatto: fino ad ora è stato esposto il primo principio della termodinamica per un sistemachiuso semplice, ovvero in cui il volume viene considerato in una posizione spaziale bendefinita, non considerando la quota parte di energia cinetica e potenziale. Successivamenteè stata riscritta l’equazione di conservazione dell’energia per un sistema aperto in un casomolto particolare, poiché sono state utilizzate le ipotesi di conservazione della portatamassica (utilizzando l’equazione di continuità) e di assenza sia di pozzi sia di sorgenti dimassa all’interno del sistema. Tutto questo è stato discusso rispettando la condizione dipermanenza fluidodinamica del sistema stesso: proprio tale ipotesi riduce il problema inquanto permette di analizzare il sistema non considerando le integrazioni che riguardano iltempo.

Le due equazioni (1.10) e (1.61) riportate hanno un significato molto diverso: la primarelazione non può prescindere dall’evoluzione temporale delle trasformazioni che avvengonosul sistema in questione e quindi, quando si va a considerare il ∆U , questo deve risultareessere una variazione di energia interna, che quantifica il cambiamento dell’energia internadel sistema fluido tra due istanti, relativi alla fine della trasformazione e all’inizio dellastessa. Quando, invece, si utilizza una relazione che coinvolge non solo l’energia interna,ma anche una grandezza di stato come l’entalpia, e la si applica ad un sistema apertopermanente, si integra l’equazione del primo principio della termodinamica in terminiinfinitesimi non nel tempo (perché ogni porzione del volume considerato avrà del fluido chemantiene, per quel volume, sempre le stesse condizioni termodinamiche) ma nello spazio, inquanto si analizza come si presenta il fluido in due sezioni di passaggio appartenenti allafrontiera del sistema (per questo si parla di variazione di energia interna e di differenza dientalpia). Queste due relazioni sono sempre valide, sotto le ipotesi introdotte fino ad ora,sia per le trasformazioni reversibili, ovvero quelle trasformazioni prese come successioni distati di equilibrio termodinamico, sia per quelle irreversibili.

Esprimere il lavoro di compressione o di espansione alla maniera della (1.35) è lecitosolo in caso di trasformazioni reversibili per sistemi chiusi, perché esso è legato solamentealla variazione del volume specifico e quindi è legato a sua volta a grandezze di stato delfluido. Per quanto riguarda invece il lavoro dL′, per un sistema aperto (sempre nel caso ditrasformazione reversibile), questo non può essere solamente il lavoro di compressione o diespansione esercitato sul fluido, ma deve tener conto anche del lavoro che serve per inserireil fluido all’interno del sistema, essendo quest’ultima un’azione che avviene attraverso lafrontiera del sistema: in altre parole è quello che si deve compiere per immettere ed espellereuna certa quantità di fluido nel sistema.Proprio per questi motivi, è opportuno parlare di lavoro totale LTOT (o tecnico) comela somma del lavoro di compressione e del lavoro di pulsione (anche detto di travaso), la

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1.7 Principi della termodinamica 45

cui variazione infinitesima è pari a:

dLTOT = −pdv + d(pv) = −pdv + pdv + vdp = vdp =dp

ρ(1.65)

Sostituendo la (1.65) nell’equazione (1.62) relativa alla variazione infinitesima di entalpiain seguito ad una trasformazione reversibile (per un sistema aperto), si ottiene

dh = dQ+ dLTOT = dQ+ vdp (1.66)

Si analizzi ora il seguente sistema aperto (schematizzato in figura 1.12), ipotizzando lacondizione di permanenza e la conservazione della portata:

z1

z2

C1

C2

1

2L

Q

Figura 1.12: Schema di un sistema aperto.

per tale sistema, si può integrare la relazione (1.66) tra la flangia di ingresso (corrispondentealla sezione 1, tratteggiata in figura) e la flangia di uscita del fluido (alla sezione 2), per cuisi ottiene ∫ 2

1dh =

∫ 2

1dQ+ vdp =⇒ ∆h = h2 − h1 = Q+ LTOT (1.67)

Anche in condizioni di permanenza e reversibilità, la relazione non è completa perché,nella maggior parte dei casi, la flangia d’ingresso e quella d’uscita si trovano a due quotedifferenti (z1 ed z2). Inoltre, è possibile che la velocità posseduta dal fluido quando sitrova nella flangia d’ingresso (C1) sia diversa dalla velocità che possiede lo stesso all’uscita(C2). Dalla fisica generale, si apprende che la velocità è legata al contenuto energeticoposseduto dal fluido, chiamato energia cinetica, e che la quota alla quale si presenta ilfluido fornisce un altro contributo energetico da considerare, detto energia potenziale:entrambe rappresentano delle energie di tipo meccanico.Pertanto, nell’applicazione del primo principio bisogna tener conto della variazione di questedue grandezze: in particolare, lo si fa introducendo il concetto di entalpia totale, datodalla relazione

¯h = h+ gz (1.68)

dove la quantità

h = h+C2

2(1.69)

viene detta entalpia di ristagno.

D. Franco