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IDRAULICA APPLICATA INDICE PARTE I MOTO DELLE CORRENTI A SUPERFICIE LIBERA 2 1. MOTO UNIFORME 2 1.1 DEFINIZIONI 2 1.2 ALTEZZA CRITICA 4 1.3 MOTO UNIFORME 5 1.4 RESISTENZA AL MOTO 5 1.5 RESISTENZA DI SEZIONE E RESISTENZA DI TRONCO 7 1.6 RESISTENZA AL MOTO NEGLI ALVEI FISSI 7 1.7 RESISTENZA AL MOTO NEGLI ALVEI A FONDO MOBILE 9 1.7.1 RESISTENZA DI ATTRITO 10 1.7.2 RESISTENZA DI FORMA 12 1.7.3 RESISTENZA AL MOTO NEGLI ALVEI IN GHIAIA 15 1.8 RESISTENZA AL MOTO NEGLI ALVEI VEGETATI 15 1.8.1 RESISTENZA AL MOTO NEI CANALI INERBITI 16 1.8.2 RESISTENZA AL MOTO NEGLI ALVEI BOSCATI 17 1.9 RESISTENZA AL MOTO NEGLI ALVEI A SEZIONE COMPOSTA 20 2. MOTO PERMANENTE NEI CANALI 23 2.1 EQUAZIONE DEL MOTO PERMANENTE 23 2.3 CLASSIFICAZIONE DEI PROFILI DI RIGURGITO 24 2.4 RISALTO IDRAULICO 26 2.5 MOTO PERMANENTE CON PORTATA VARIABILE LUNGO IL PERCORSO 29 3. SINGOLARITÀ IDRAULICHE 32 3.1 GENERALITÀ 32 3.2 PRESA DA UN LAGO 32 3.3 RIDUZIONE DI SEZIONE 33 3.4 PARATOIA 35 PARTE II TRASPORTO SOLIDO E SISTEMAZIONI FLUVIALI 37 4. SISTEMAZIONI FLUVIALI 37 4.1 MORFOLOGIA FLUVIALE 38 4.2 INIZIO DEL MOVIMENTO 38 4.2.1 SFORZO CRITICO SULLE SPONDE 41 4.3 PROCESSI EROSIVI 42 4.3.1 EROSIONE IN CURVA 43 4.3.2 EROSIONE ALLE CONFLUENZE 44 4.4 DIFESE RADENTI IN SCOGLIERA 44 4.5 TRASPORTO SOLIDO 46 4.5.1 TRASPORTO AL FONDO 47 4.5.2 TRASPORTO TORBIDO 49 4.5.3 TRASPORTO TOTALE 49 5. BIBLIOGRAFIA 51 6. LISTA DELLE FIGURE 52 7. LISTA DELLE TABELLE 53

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IDRAULICA APPLICATA

INDICE

PARTE I MOTO DELLE CORRENTI A SUPERFICIE LIBERA 2

1. MOTO UNIFORME 21.1 DEFINIZIONI 21.2 ALTEZZA CRITICA 41.3 MOTO UNIFORME 51.4 RESISTENZA AL MOTO 51.5 RESISTENZA DI SEZIONE E RESISTENZA DI TRONCO 71.6 RESISTENZA AL MOTO NEGLI ALVEI FISSI 71.7 RESISTENZA AL MOTO NEGLI ALVEI A FONDO MOBILE 91.7.1 RESISTENZA DI ATTRITO 101.7.2 RESISTENZA DI FORMA 121.7.3 RESISTENZA AL MOTO NEGLI ALVEI IN GHIAIA 151.8 RESISTENZA AL MOTO NEGLI ALVEI VEGETATI 151.8.1 RESISTENZA AL MOTO NEI CANALI INERBITI 161.8.2 RESISTENZA AL MOTO NEGLI ALVEI BOSCATI 171.9 RESISTENZA AL MOTO NEGLI ALVEI A SEZIONE COMPOSTA 20

2. MOTO PERMANENTE NEI CANALI 232.1 EQUAZIONE DEL MOTO PERMANENTE 232.3 CLASSIFICAZIONE DEI PROFILI DI RIGURGITO 242.4 RISALTO IDRAULICO 262.5 MOTO PERMANENTE CON PORTATA VARIABILE LUNGO IL PERCORSO 29

3. SINGOLARITÀ IDRAULICHE 323.1 GENERALITÀ 323.2 PRESA DA UN LAGO 323.3 RIDUZIONE DI SEZIONE 333.4 PARATOIA 35

PARTE II TRASPORTO SOLIDO E SISTEMAZIONI FLUVIALI 37

4. SISTEMAZIONI FLUVIALI 374.1 MORFOLOGIA FLUVIALE 384.2 INIZIO DEL MOVIMENTO 384.2.1 SFORZO CRITICO SULLE SPONDE 414.3 PROCESSI EROSIVI 424.3.1 EROSIONE IN CURVA 434.3.2 EROSIONE ALLE CONFLUENZE 444.4 DIFESE RADENTI IN SCOGLIERA 444.5 TRASPORTO SOLIDO 464.5.1 TRASPORTO AL FONDO 474.5.2 TRASPORTO TORBIDO 494.5.3 TRASPORTO TOTALE 49

5. BIBLIOGRAFIA 516. LISTA DELLE FIGURE 527. LISTA DELLE TABELLE 53

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PARTE I.MOTO DELLE CORRENTI A SUPERFICIE LIBERA

1. MOTO UNIFORME

1.1 DEFINIZIONI

Nelle correnti a pelo libero, come vediamo in fig. 1.1, un parte della superficie di contornoè a contatto con un ambiente, di solito l’atmosfera, a pressione costante.

Escludendo casi speciali, la corrente nei corsi d’acqua naturali (fiumi e torrenti) e artificiali(canali) viene considerata:

- UNIDIREZIONALE, anche se, come si può dimostrare con semplici argomenti, solol’esistenza di correnti trasversali giustifica la posizione del centro di velocità posto al disotto del pelo libero anche in un canale prismatico e rettilineo;

- GRADUALMENTE VARIATA, anche se tale condizione viene verificata solo se il deflussoavviene in un alveo abbastanza regolare con pelo libero poco incurvato sia longitudinal-mente che trasversalmente, affinché siano trascurabili le accelerazioni subite dalle parti-celle in direzione verticale o laterale alla corrente.

Per la prima ipotesi, il calcolo fa riferimento alla velocità media U nella sezione trasversa-le:

U = QA (1.1)

definita come rapporto tra la portata e l’area della sezione.

Per la seconda ipotesi, nella sezione trasversale la distribuzione delle pressioni è idrostaticae il carico totale è costante mentre non è richiesto che il pelo libero sia orizzontale.

Il CARICO TOTALE H sulla sezione è definito come:

H = z + h cos θ + α U2

2g (1.2a)

ove compaiono:

z quota assoluta del fondo, al solito espressa in (m s.l.m.),

h tirante idrico,

θ angolo che il profilo di fondo forma con l’orizzontale,

g accelerazione di gravità,

α coefficiente di ragguaglio della altezza cinetica.

Il coefficiente correttivo cos θ tiene conto del fatto che le sezioni trasversali e normali alfondo non sono verticali. Quando la pendenza di fondo è piccola, può porsi: cos θ ~ 1.

In questo caso può essere utilizzata la più comoda definizione:

H = y + α U2

2g (1.2b)

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ove compare:

y quota del pelo libero, al solito espressa in (m s.l.m.).

Il coefficiente α , detto coefficiente di Coriolis, è definito quando sia nota la distribuzionedella velocità u sulla sezione:

α = 1

U3 A ⌡⌠ A

u3 d A (1.3a)

e viene, al solito, assunto uguale a uno.

Quando la equazione in cui compare la espressione del carico totale viene dedotta dallaapplicazione della equazione globale dell’equilibrio idrodinamico, il coefficiente di rag-guaglio della altezza cinetica, indicato col simbolo β , assume la forma detta di Boussi-nesq:

β = 1

U2 A ⌡⌠A

u2 d A (1.3b)

Nel seguito il valore del coefficiente di ragguaglio verrà assunto unitario.

È talvolta utile far riferimento alla ENERGIA SPECIFICA della corrente rispetto al fondo al-veo, che, ponendo cos θ ~ 1 per quanto detto sopra, vale:

E = h + α U2

2g (1.4a)

oppure:

E = h + α Q2

2g A2 (1.4b)

Le relazioni (1.4) legano tra loro le tre grandezze ( E, h, U ) oppure ( E, h, Q ):

1. fissato il valore della portata Q risulta la curva ( h, E ) tracciata in fig. 1.2a;

2. fissato il valore della energia specifica E risulta la curva ( Q, h ) tracciata in fig. 1.2b.

Le grandezze E , e rispettivamente Q , non sono funzioni univoche di h .

La curva di fig. 1.2a mostra che la portata assegnata attraversa la sezione solo se il carico èmaggiore del valore minimo Emin come si verifica quando l’altezza d’acqua assume il valo-re k detto di ALTEZZA CRITICA.

La curva di fig. 1.2b mostra che, data l’energia specifica rispetto al fondo, la portata è mas-sima quando il tirante è pari all’altezza critica.

L’altezza critica riveste una importanza fondamentale per la caratterizzazione delle cor-renti a pelo libero.

Nella sezione trasversale è definibile anche la SPINTA TOTALE Σ :

Σ = γ hg A + β ρ U Q (1.5a)

ove compiano, in aggiunta alle grandezze già definite:

γ peso specifico del fluido,

hg affondamento del baricentro della sezione bagnata sotto il pelo libero,

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ρ densità del fluido.

La relazione (1.5a) che spesso viene posta nella forma:

Σ = γ hg A + β ρ Q2

A (1.5b)

lega tra loro le tre grandezze: Σ, h, Q .

In analogia a quanto si è appena visto:

1. fissato il valore della portata Q risulta la curva ( h , Σ ) tracciata in fig. 1.3a;

2. fissato il valore della spinta totale Σ risulta la curva ( Q , h ) tracciata in fig. 1.3b.

Essendo, anche in questo caso, le relazioni non univoche vale quanto detto più sopra aproposito della altezza critica.

1.2 ALTEZZA CRITICA

Riprendendo la definizione di altezza critica come valore minimo della energia specificarispetto al fondo della sezione ovvero della spinta totale e avendo rilevato dalle curve difig. 1.2a e 1.3a che esiste un solo minimo, possiamo scrivere la condizione di minimo dellafunzione (1.4b) ove è stato posto α = 1:

d Ed h = 1 -

Q2

g A3 d Ad h = 0 (1.6a)

La condizione di minimo della funzione (1.5b) è:

d Σd h = γ A - ρ

Q2

A2 d Ad h = 0 (1.6b)

Nelle (1.6) compare la larghezza superficiale B definita in fig. 1.1:

d Ad h = B

Definito il NUMERO DI FROUDE come rapporto tra la velocità media della corrente e la ce-lerità delle onde infinitesime:

F = U

g A/B(1.7)

si riconosce immediatamente che:

Q2 Bg A3 = F2

e, pertanto, le (1.6) equivalgono alla condizione:

F = 1 (1.8)

Pertanto, una CORRENTE per la quale il numero di Froude sia unitario ( F = 1 ) si dice INSTATO CRITICO; si dice inoltre che:

- la CORRENTE per la quale F > 1 è SUPERCRITICA o veloce,

- la CORRENTE per la quale F < 1 è SUBCRITICA o lenta.

Per sezione rettangolare si ricava facilmente l'espressione dell'altezza critica k:

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k = 3

Q2

g B2 (1.9)

e si deduce dalla (1.4) che l'energia specifica minima corrispondente allo stato critico vale,per sezione rettangolare:

E = 32 k

1.3 MOTO UNIFORME

Una corrente può muoversi in moto uniforme solo in un alveo cilindrico, ove la sezionetrasversale si mantiene costante.

Se il moto è uniforme, le particelle costituenti la corrente non accelerano né rallentano: nederiva che le forze attive applicate a un qualunque volume fluido debbono essere equili-brate dalle forze resistenti.

Applicando l’equazione globale dell’equilibrio idrodinamico al volume di lunghezza unita-ria e proiettandola secondo la direzione parallela al fondo, possiamo scrivere che la forzadi volume (peso) eguaglia la forza di contorno come in fig. 1.4.

Essendo tra loro uguali e contrarie le spinte e le quantità di moto fluenti attraverso le se-zioni di estremità, l’equazione si riduce a:

γ A sin θ = τ0 P (1.10)

ove sono:

γ il peso specifico del fluido,

sin θ ≅ tan θ = S0 la pendenza del fondo,

A l’area bagnata,

P il contorno bagnato,

τ0

lo sforzo tangenziale unitario alla parete.

Definiti con:

R = A / P il raggio idraulico,

Sf = τ0 / γ R la cadente,

la (1.6) si riduce alla:

S0 = Sf (1.11)

che impone l’uguaglianza tra cadente e pendenza di fondo.

1.4 RESISTENZA AL MOTO

La corrente incontra una resistenza nel suo movimento poiché le particelle prossime alcontorno fisso, che sono ferme, rallentano quelle adiacenti, essendo il fluido viscoso: que-sto effetto resistente si propaga dal contorno al centro interessando tutta la corrente.

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Per vincere questa resistenza, parte della potenza meccanica che fa muovere la corrente sidissipa in quanto viene trasformata in flusso di calore.

Lo sforzo tangenziale, o resistenza unitaria, alla parete τ0 che compare nella (1.10) ha di-mensioni, espresse nel sistema di riferimento ( M,L,V : massa, lunghezza, velocità): [M L-

3 V2]. Dunque, sulla base dei criteri della teoria della similitudine dei fenomeni idrodina-mici (ad esempio attraverso il teorema Π di Buckingham), esso può esprimersi come:

τ0 = a ρ U2 [M L-3 V2] (1.12a)

con:

ρ densità del fluido

o anche, esplicitando in funzione della cadente, come:

γ R Sf = a ρ U2 (1.12b)

Nelle (1.12) compare il coefficiente adimensionale a = a ( k, Re, Φ ) che dipende da:

k = ks / R scabrezza relativa del contorno bagnato essendo ks la scabrezza assoluta,

Re numero di Reynolds,

Φ funzione di forma della sezione bagnata.

La relazione (1.8b) è stata trasformata da vari autori in espressioni più adatte per l’impiegopratico. Le espressioni più comuni sono:

- la formula proposta da Chézy nel 1768 ma entrata nell’uso solo un secolo più tardi:

U = C R Sf (1.13a)

ove C = g/a è il coefficiente di resistenza di Chézy,

- la formula di Darcy - Weisbach:

Sf = f

4 R U2

2 g (1.13b)

ove f = 8 g / C2 è il fattore, o indice, di resistenza.

Le espressioni del coefficiente:

C = C ( k, Re, Φ )

ovvero:

f = f ( k, Re, Φ )

che variano con il regime di moto del fluido: laminare, turbolento misto entro contorno li-scio, turbolento misto entro contorno scabro, turbolento puro, sono state determinate, dinorma, sulla scorta dei risultati di esperienze di laboratorio eseguite su correnti in motouniforme; le più antiche espressioni sono state dedotte da osservazioni sul moto (circauniforme) dell’acqua in canali o corsi d’acqua di alveo abbastanza regolare.

Di norma, il coefficiente di resistenza , o l’indice di resistenza, non viene fatto dipendereesplicitamente dalla funzione Φ in quanto si ritiene che la dipendenza della resistenzadalla forma dell’alveo venga rappresentata in maniera accettabile, dal raggio idraulico Rcome mostra uno studio della American Society of Civil Engineers (1963).

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Nel caso di canali aventi una sezione di forma molto articolata, sezioni composte, debbonoessere adottate opportune precauzioni nell’applicare le formule di resistenza al moto comevedremo in § 1.9.

1.5 RESISTENZA DI SEZIONE E RESISTENZA DI TRONCO

Le relazioni di resistenza al moto discusse nei paragrafi seguenti valgono, a rigore, solo persituazioni di scarso interesse pratico; nei canali, e ancor più negli alvei naturali, alla resi-stenza del contorno si aggiungono altre fonti di perdita di energia dovute alla continua va-riazione di geometria del contorno ( allargamenti, restringimenti, variazioni di forma, ecc.)che non sono singolarmente valutabili. Il loro effetto viene incluso nel calcolo incremen-tando adeguatamente il coefficiente di resistenza.

Per valutare la resistenza al moto in un alveo naturale, Cowan (1956) consiglia di sommaretra loro gli effetti di tutti i fattori che ostacolano la corrente, determinando il coefficiente discabrezza di Manning con la relazione:

n = (n0+ n1+ n2+ n3+ n4) m5 (1.14)

ove il significato e il campo di variazione dei valori dei singoli termini è fornito in tab. 1.2.

La resistenza al moto dovuta alla sola scabrezza del contorno è espressa con n0 dato in tab.1.1 in funzione del materiale costituente l'alveo, se questo è indeformabile.

Qualora l’alveo, costituito da materiale sciolto, sia a fondo mobile, in luogo di adottare ilvalore dato in tab. 1.3, il coefficiente n0 che indica la resistenza dovuta al materialed’alveo e alla configurazione del fondo può calcolarsi con le procedure esposte al § 1.7; èovvio che, per alvei molto irregolari e/o inerbiti, la stima del preciso valore di n0 risultapoco importante.

1.6 RESISTENZA AL MOTO NEGLI ALVEI FISSI

Al solito, nei canali e nei corsi d'acqua naturali la corrente ha numero di Reynolds di attrito(della scabrezza):

Re* = ρ u* ks

µ > 70 (1.15)

e quindi si muove in regime turbolento puro; pertanto il coefficiente di Chézy si definiscein funzione della sola scabrezza relativa. Si richiama che il limite espresso dalla (1.15) nonè nettamente definito: in realtà il passaggio tra i regimi di moto turbolento - da misto a pu-ro - avviene per valori di Re* compresi tra 50 e 100.

La resistenza al moto può, quindi, essere calcolata con la formula di Prandtl - vedi eq.(6.27) di Fondamenti di Idraulica - ridefinita in termini di coefficiente di Chézy e di raggioidraulico.

Nelle correnti a superficie libera è presente una ulteriore forma di dissipazione energetica,causata dalle ondulazioni che si formano sulla superficie della corrente e che crescono diimportanza con il crescere del numero di Froude, come si vedrà nel successivo § 1.10.

La velocità media U della corrente a superficie libera si può calcolare, in funzione dellascabrezza relativa R/ ks e della velocità di attrito u*, con la equazione di Keulegan:

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Uu* = AR + 5.75 Log10 (

R ks

) (1.16a)

nella quale compare il coefficiente adimensionale AR che varia in funzione del numero diFroude come è stato mostrato da Iwagaki. Il coefficiente di Iwagaki è dato dalla:

AR = - 27.058 Log10 ( F + 9) + 34.289 (1.16b)

Osservando che, per la (1.13a) è:

Uu* =

Cg

otteniamo dalla (1.16a) l'espressione:

C8g

= 5.75

8g [

AR5.75 + Log10 (

R ks

) ] = 5.75

8g Log10 [ 10

(AR

/ 5.75) R ks

]

Posto AR = 6.25 , corrispondente a F = 1.87 per la (1.16b), Keulegan ottiene:

C8g

= 2 Log10 ( 12.2 R ks

) (1.17)

L'impiego della relazione di Keulegan (1.17) è abbastanza diffuso.

Diversi valori di altezza della scabrezza significativa ks (mm) sono elencati in tab. 1.1.

Nelle applicazioni pratiche si preferisce utilizzare in luogo della (1.17) la espressione pro-posta da Manning (1885) e, prima di lui, da Hagen (1881) e, in forma leggermente diversa,da Gauckler (1867):

C = R1/6

n (1.18)

che riduce la espressione (1.13a) alla forma:

U = R

2/3 Sf1/2

n (1.19)

Le esperienze di Williamson (1951) hanno mostrato che la (1.18) interpreta la dipendenzadella resistenza al moto dalla scabrezza, soprattutto quando questa è elevata, meglio di al-tre formule di moto puramente turbolento; pertanto la (1.17) può essere sostituita dalla:

C2

8 g = 8.85 ( Rks

)1/3

(1.20)

che equivale alla (1.18) ove sia posto:

n = 0.038 ks1/6

(1.21a)

I valori del coefficiente di resistenza di Manning sono tabulati in funzione del tipo di su-perficie costituente le pareti e il fondo del canale in tab. 1.1.

Nei casi in cui il rivestimento del canale sia deteriorato e la scabrezza relativa sia impor-tante - 0.1 < k < 0.5 - il coefficiente della (1.21a) non può essere ritenuto costante. In talcaso, Flintham e Carling (1992) consigliano l'uso di una relazione analoga alla (1.18) che,dopo semplici trasformazioni, assume la forma:

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n = a R1/6

(1.22a)con:

a = [17.98 Log10 (13.04 / k )] –1 (1.22b)

1.7 RESISTENZA AL MOTO NEGLI ALVEI A FONDO MOBILE

Gli alvei fluviali scavati in depositi di materiali alluvionali non coesivi, sono modellatidalla corrente che in essi scorre e la scabrezza del contorno è determinata in larga misurada questa azione di modellamento. Tra i processi di modellazione fluviale dobbiamo di-stinguere quelli:

- a larga scala - morfologia fluviale -, che determinano la morfologia del corso d’acqua:assetto planimetrico (fiume rettilineo, multicursale o a treccia, meandriforme), profilolongitudinale di fondo, sezione trasversale. La influenza della morfologia del fiumesulla resistenza al moto, che ancora oggi non è ben quantificabile, può essere valutatain modo semplificato con il criterio illustrato in § 1.5.

- a scala locale - forme di fondo -, ai quali si deve ascrivere la configurazione del fondo.L’effetto che la configurazione (insieme delle forme) del fondo ha sul coefficiente diresistenza al moto della corrente che vi scorre sopra è in molti casi estremamente rile-vante. Alla perdita di energia procurata dalla sola scabrezza del fondo, supposto piattoe privo di forme, si deve aggiungere la perdita dovuta al fenomeno di separazione dellacorrente che si verifica nel brusco allargamento a valle delle dune o delle altre forme difondo. Si stima che la perdita dovuta alle forme di fondo sia almeno 5 ÷ 10 volte piùgrande di quella provocata dalla scabrezza del contorno: Znamenskaya (1967) ha va-lutato che le perdite di energia che si hanno sulla faccia di valle delle forme di fondosono di un ordine di grandezza maggiori di quelle sulla faccia di monte. Vari studi spe-rimentali citano casi di diminuzione del fattore di attrito dell’ordine di 10 volte conl’aumento della portata al passaggio di una piena. Questa diminuzione di resistenza nonè giustificata dalla diminuzione del valore della scabrezza relativa nella (1.19) ma deveascriversi al fatto che le forme di fondo vengono spianate quando la velocità della cor-rente aumenta e il profilo di distribuzione di velocità sulla sezione trasversale vienealterato in senso favorevole al moto quando aumenta l’intensità del trasporto solido.

In ragione dei diversi stati del fiume, il letto fluviale può assumere configurazioni diffe-renti a causa dei fenomeni locali di erosione e di deposito che scavano o accumulano ilmateriale di fondo fino a raggiungere una situazione di equilibrio.

Il letto costituito da materiale granulare incoerente può atteggiarsi variamente in rapportoalla portata della corrente che vi scorre sopra (fig. 1.5):

1. INCRESPATURE (ripples), che hanno la forma di piccole dune, a profilo triangolare confaccia di monte dolcemente acclive e superficie leggermente convessa, faccia di valleripida, lunghezza di non più di 25 ÷ 30 cm e altezza di qualche cm. Le increspature, di-sposte in ranghi ad occupare la larghezza del letto, si formano in sedimenti più fini di0.6 mm e si spostano verso valle con una celerità molto più bassa della velocità dellacorrente;

2. BARRE, che hanno profilo simile alle increspature ma lunghezza di cresta paragonabilealla larghezza del letto e altezza simile al tirante d’acqua medio. Si distinguono 4 tipi dibarre: locali (point bar), alternate, trasversali, di confluenza;

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3. DUNE, che hanno dimensioni intermedie tra le increspature e le barre e si spostano versovalle in maniera simile alle increspature;

4. FORME DI TRANSIZIONE, che consistono in un insieme non ordinato di increspature, dunee zone a fondo piatto;

5. FONDO PIATTO, che si verifica ove la corrente ha la capacità di spianare il letto,

6. ANTIDUNE, che hanno un profilo sinusoidale e dimensioni determinate dalla velocitàdella corrente. Le antidune interagiscono fortemente con le onde alla superficie libera epossono muoversi verso monte, verso valle o rimanere ferme.

Le diverse forme di fondo sono raggruppate nelle generali categorie di:

- regime inferiore (lower regime): increspature, dune;

- regime di transizione (transitional regime): forme di transizione, fondo piatto;

- regime superiore (upper regime): antidune.

È opportuno ricordare che la resistenza dovuta alle forme di fondo interessa solo il letto delfiume, sul quale, appunto, si muove il materiale e si sviluppano le forme di fondo. Invece,non interessa le sponde, troppo pendenti per consentire l'accumulo del materiale mobilitatoe, quindi, la formazione di forme di fondo, o le golene, ricoperte da vegetazione.

Il fondo fluviale incoerente viene dilavato dal passaggio della corrente, che rimuove e tra-sporta con sé i granuli più piccoli, lasciando sulla superficie del letto uno strato - corazza -formato dagli elementi di maggiore dimensione: il fenomeno è detto di corazzamento (ar-mouring) del letto.

Al passaggio delle portate minori la corrente scorre sulla corazza la cui scabrezza signifi-cativa ks è maggiore di quella degli strati sottostanti - sottofondo - che contengono ancheelementi più minuti.

Al passaggio di una piena, con l'aumento della portata e della azione di trascinamento dellacorrente, la corazza viene distrutta e il sottofondo esce allo scoperto: di conseguenza dimi-nuisce la ks del fondo.

La valutazione dell'effetto della formazione e della distruzione della corazza sulla variabi-lità del coefficiente di resistenza al moto, esula dalla materia qui trattata. Nel seguito si fa-rà sempre implicito riferimento alla distribuzione granulometrica del materiale costituenteil sottofondo.

1.7.1 RESISTENZA DI ATTRITO

La resistenza di attrito dovuta alla scabrezza dei granuli che costituiscono il letto fluviale ècalcolabile con le formule proposte da vari autori i quali però non concordano sul modo didefinire la scabrezza assoluta ks del letto in funzione delle dimensioni dei granuli di mate-riale incoerente da cui è formato: questi granuli non hanno dimensioni uniformi ma hannodimensioni eterogenee disposte secondo una distribuzione granulometrica - le classi gra-nulometriche sono individuate in tabella 1.4 -, che è caratteristica del tratto di fiume esa-minato.

In generale le formule di resistenza per scabrezza dei granuli modificano la (1.21a) cam-biando il valore del coefficiente moltiplicativo e ponendo la scabrezza assoluta ks (m) paria un diametro significativo ds (m), rappresentativo della distribuzione granulometrica.

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Strickler pone ds pari al diametro mediano dei granuli d50 che formano l’alveo, Einstein eBarbarossa propongono ks = d65 , diametro passante al 65% ovvero diametro per cui il 65%in peso del materiale costituente il letto è più piccolo, Simons e Richardson usano ks = d85 ,Engelund e Hansen adottano nella loro procedura, di cui si dirà qui di seguito, ks = 2.d65 ,altre formule impiegano ks = sg , scarto quadratico medio geometrico dei diametri dei gra-nuli:

sg = 12 (

d84d50

+ d50d16

) (1.23)

Tra le molte formule fornite dai vari Autori, ricordiamo:

la formula di Strickler (1923):

n = 0.0474 d501/6 (1.21b)

la formula di Keulegan (1938):

n = 0.0395 d501/6 (1.21c)

le formule di Irmay (1949):

n = 0.0416 d651/6 (1.21d)

n = 0.0249 d901/6 (1.21e)

la formula di Lane e Carlson (1953):

n = 0.0473 d751/6 (1.21f)

la formula di Raudkivi (1967):

n = 0.0376 d651/6 (1.21g)

le formule di Bray (1979) che correggono leggermente l'esponente:

n = 0.0593 d501/5.586 (1.21h)

n = 0.0561 d651/5.586 (1.21i)

la formula di Einstein e Barbarossa (1952):

n = 0.042 d651/6 (1.21l)

la formula di Meyer-Peter e Müller (1948):

n = 0.0385 d901/6 (1.21m)

In generale, come si osserva confrontando la (1.21b) con la (1.21a), queste formule tengo-no parziale conto, in modo non esplicito, anche della resistenza di forma.

Gli autori (1.21l) e (1.21m) propongono l’uso delle loro formule per valutare la resistenzadelle forme di fondo all’interno di procedure di calcolo del trasporto di fondo e quindi que-ste formule non sono consigliate per il calcolo della sola resistenza dei granuli.

Simons e Richardson (1966) ritengono che in un alveo mobile con fondo piatto (transitio-nal regime) sia:

Cg = 7.4 Log10

hd85

(1.24)

1.7.2 RESISTENZA DI FORMA

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A datare dagli studi di Einstein e Barbarossa (1952) molti autori hanno cercato di caratte-rizzare la complessiva resistenza al moto - costituita da resistenza di scabrezza più resi-stenza di forma - per i corsi d’acqua a fondo mobile.

Tra le varie soluzioni proposte citiamo qui i due criteri di impiego più diffuso.

Il METODO DI BROWNLIE (1983), interpretando i risultati sperimentali con i metodi dellaanalisi dimensionale, esprime il coefficiente di resistenza di Manning con il prodotto:

n = CF nS (1.25a)

tra il coefficiente di resistenza di attrito, definito come si è visto al paragrafo precedente:

nS = 0.0415 d501/6 (1.25b)

e il coefficiente che amplifica la resistenza di attrito per includere l’effetto delle forme difondo. Il coefficiente CF è espresso:

- per alveo in condizioni di lower regime, da:

CF = 1.6940 ( Rd50

)0.1374

S00. 1112 sg

0. 1605 (1.25c)

- per alveo in condizioni di upper regime, da:

CF = 1.0213 ( Rd50

)0.0662

S00. 0395 sg

0. 1282 (1.25d)

La transizione da lower regime a upper regime si determina confrontando il valore delNUMERO DI FROUDE DEL GRANULO:

Fg = U

(s - 1) g d50 (1.25e)

ove compare il peso specifico relativo, rispetto all'acqua, del materiale costituente i granu-li:

s = γs

γ

con il valore discriminante:

Fg' = 1.74S0

1/3 (1.25f)

Il deflusso è in lower regime se: Fg ≤ Fg'.

Il deflusso è in upper regime se: Fg > Fg' oppure se S0 > 0.006.

La scala di deflusso ottenuta applicando il metodo di Brownlie non è continua, così comemostrano le misure di portata eseguite in alvei naturali (fig. 1.6).

Il METODO DI ENGELUND (1966) si sviluppa a partire da considerazioni teoriche estesa-mente confermate dalle verifiche sperimentali.

a) Considera che la resistenza al moto, ossia lo sforzo di trascinamento sul contorno dellacorrente, definito in § 6.2 di Fondamenti di Idraulica, τ0 sia esprimibile come somma dellosforzo per resistenza di attrito τ0' e per resistenza di forma τ0'', ossia che:

τ0 = τ0' + τ0'' (1.26)

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Ciascuno dei termini della (1.22) può essere reso adimensionale facendo comparire lo sfor-zo tangenziale adimensionale o RESISTENZA UNITARIA DEL GRANULO:

τ* = τ0

γ (s -1) ds(1.27)

ove è adottato il diametro significativo: ds = d65 . Introducendo la (1.27) nella (1.26) otte-niamo:

τ* = τ*' + τ*'' (1.28)

b) Ipotizza che la resistenza di forma sia addebitabile alla brusca espansione della correnteal passaggio sopra le dune di fondo e quindi sia esprimibile con la formula di Borda:

∆Η'' = κ (U1 - U2)2

2g (1.29a)

nella quale compaiono: il coefficiente di perdita κ e le velocità medie, in m/s, sulla crestaU1 e nel cavo tra le due dune successive U2.

Presa una striscia di larghezza unitaria di letto fluviale e introdotte: la portata per unità dilarghezza q (m2/s), h (m) tirante idrico sul fondo medio, ∆ (m) altezza della duna, la(1.25a) si scrive:

∆Η'' = κ2g (

qh - ∆/2 -

qh + ∆/2 )2

~ κ2g (

qh)

2 (

∆h )

2 = κ

U2

2g ( ∆h )

2(1.29b)

Distribuendo le perdite di carico localizzate, che si ripetono ritmicamente a intervalloλ (m) – lunghezza della duna -, si scrive la cadente per resistenza di forma:

Sf '' = ∆Η''

λ = κ2

∆2

λ h F2 (1.29c)

Ricordando il legame tra lo sforzo sul contorno e la cadente e introducendo le definizione(1.27) si ottiene:

τ*'' = κ2

∆2

(s - 1) λ ds F2 (1.29d)

c) Per ricavare l’espressione dello sforzo sul contorno dovuto alla resistenza di attrito, ri-cordando che (vedi § 6.2 di Fondamenti di Idraulica):

(u* ' )2 = τ0' / ρ

u* ' = g R Sf'

U u* ' =

C'g =

R1/6

n' g1/2

Engelund esprime la resistenza di attrito con una relazione simile a quella di Keulegan(1.17):

Uu* ' = 6 + 2.5 ln (

R '2.5 ds

) (1.30a)

nella quale compare un valore ridotto R ' del raggio idraulico, al quale Engelund fa risalirela resistenza per attrito, osservando che:

u* ' = g R Sf' = g R ' Sf

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ed è più comodo nelle applicazioni fare riferimento a R ' piuttosto che a Sf', poiché il signi-ficato di ciascuna delle due grandezze è puramente convenzionale e nessuna di esse è di-rettamente misurabile.

d) Infine, interpretando i risultati di esperimenti di laboratorio, lega la resistenza al motocomplessiva τ* a quella di attrito τ*' con le relazioni illustrate in fig. 1.7.

Per lower regime, che si verifica quando τ*'< 0.55, Engelund e Hansen (1967) propongo-no:

τ* = 1.581 (τ*' – 0.06)1/2 (1.30b)

valida solo se τ*' > 0.06. Per upper regime, che si verifica quando τ*' > 0.55, Engelund e Hansen propongono unarelazione che vale per 0.55 < τ*' < 1.0:

τ* = τ*' (1.30c)

che è stata estesa da Brownlie (1983) nella regione superiore dell'upper regime con la rela-zione valida per 1.0 < τ*' < 1.75:

τ* = [ 1.425 (τ*' ) -1. 8 – 0.425 ] –1/1.8

(1.30d)

La soluzione della procedura di Engelund viene trovata per tentativi e consente, noti la ca-dente Sf (o la pendenza di fondo S0) e il diametro significativo ds , di determinare:

(1) il tirante d'acqua h a partire dalla portata Q,

oppure

(2) la portata Q a partire dal tirante d'acqua h.

Nel caso (1) la procedura risolutiva è la seguente:

a) scelto un valore di tentativo del raggio idraulico ridotto R' si calcolano:

τ*' con la definizione (1.27);

la velocità media U con la formula (1.30a);

b) con la appropriata relazione (1.30b) o (1.30c) oppure (1.30d) si calcola τ*;c) noto τ* dalla (1.23) si ricava a ritroso il raggio idraulico:

R = τ* (s -1) ds

Sf(1.31)

d) Dalla velocità media U calcolata al punto (a) e dall'area A = A(R) si calcola la portata ^Q.

Se la portata ^Q così trovata non è uguale al valore di partenza Q, si sceglie un nuovo valore

R' di tentativo e si procede fino a convergenza.

Dalle grandezze caratteristiche della corrente, così ricavate, si può calcolare il coefficientedi resistenza di Manning.

Anche nel caso della procedura di Engelund, notiamo che, per le relazioni (1.30), la resi-stenza di forma non è una funzione univoca della resistenza del granulo in quanto, nellarealtà, un alveo a fondo mobile può assumere differenti configurazioni di fondo in corri-spondenza ai medesimi stati idrici.

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1.7.3 RESISTENZA AL MOTO NEGLI ALVEI IN GHIAIA

I letti in ghiaia si trovano generalmente in regime di transizione e non presentano forme difondo ben sviluppate: quindi la scabrezza complessiva dell’alveo può essere calcolata infunzione della scabrezza del granulo. La letteratura tecnica propone parecchie formule checonsentono di calcolare la resistenza opposta al moto dagli alvei ghiaiosi.

La Federal Highway Administration degli Stati Uniti impiega dal 1975 una formula del ti-po visto in § 1.6.1:

n = 0.0482 d501/6 (1.21n)

Hey (1979) ha tarato sulle misure eseguite in numerosi piccoli torrenti della Gran Breta-gna, con portata fino a 500 m3/s, nella quale compare, insieme con il diametro significati-vo, anche la dimensione delle pietre più grandi presenti nel letto: d max. Questa formula puòscriversi esplicitando il coefficiente di Manning come:

n = 0.0556 R1/6 [ Log10 ( a R

3.5 d84

) ] -1

(1.32)

Il coefficiente a aumenta da 11.1 a 13.46 al diminuire dal rapporto: larghezza d’alveo / ti-rante.

Analoga alla precedente è la formula di Bray (1979) che, riscritta esplicitando il coeffi-ciente di Manning, porge:

n = 0.083 R1/6 ( d50R )

0.281(1.33)

Per letti in sabbia grossa e ciottoli - 1.5 < d84 < 250 (mm) - diffuso impiego è la formula diLimerinos (1970):

n = 0.113 R1/6 [ 1.16 + 2 Log10 (R

d84 ) ] -1 (1.34a)

Successivamente è stato provato sperimentalmente che la formula di Limerinos può essereutilizzata anche per letti sabbiosi con fondo piatto e che il suo campo di validità è:

600 < R

d84 < 104 (1.34b)

1.8 RESISTENZA AL MOTO NEGLI ALVEI VEGETATI

Sono alvei vegetati:

- i canali inerbiti, con fondo e sponde ricoperte di erba, che generalmente è piuttostocorta e non occupa tutta la sezione e non emerge sopra il pelo libero. Anche la vegeta-zione acquatica, che cresce sul fondo dei canali sempre pieni d'acqua, non si staccamolto dal fondo, pur avendo steli molto lunghi, in quanto è molto flessibile;

- le golene e le sponde dei corsi d'acqua naturali, sulle quali vegetano cespugli, arbusti ealberi a medio e alto fusto la cui flessibilità è molto scarsa.

Tra l'altro, le golene sono spesso coltivate, a seminativo o a pioppeto. Al variare dellaportata questi elementi vegetali sono variamente sommersi: può essere in acqua solo iltronco ovvero può essere immersa anche la chioma, fino alla completa sommersione. Èevidente che la loro resistenza al moto della corrente sarà estremamente variabile.

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1.8.1 RESISTENZA AL MOTO NEI CANALI INERBITI

Nella sezione di un canale con fondo e sponde ricoperte di erba, il profilo di velocità nonha l'andamento logaritmico delle correnti in regime turbolento, descritto in § 6.2.3 di Fon-damenti di Idraulica, ma presenta un flesso appena sopra la sommità degli steli come è il-lustrato in fig. 1.8.

Il coefficiente di Manning può essere stimato in prima approssimazione, consultando la ta-bella 1.2a.

Con maggiore precisione, il valore del coefficiente di resistenza è dato dalle curve del-l'abaco sperimentale del U.S. Soil Conservation Service (Ree e Palmer 1947) in funzionedel tipo di vegetazione e del prodotto - U R - tra velocità media della corrente e il raggioidraulico (fig. 1.9): per la scelta della curva di riferimento per il calcolo della resistenza èutile la consultazione della tabella 1.5.

Recentemente, nel 2001, queste curve sono state approssimativamente interpretate con laformula:

n = 1.22 R1/6

C + 19.97 Log10(5.275 R1.4 S00.4) (1.35)

nella quale compare il coefficiente di ritardo C il cui valore è dato, in funzione del tipo divegetazione, in tabella 1.6.

Kouwen (1981) ha studiato il comportamento degli steli d'erba immersi nella corrente percalcolarne la resistenza da questi opposta alla corrente.

Il coefficiente di resistenza di Manning viene espresso con una relazione logaritmica ana-loga a quella di Keulegan, ripresa anche da Limerinos:

n = 0.113 R1/6 [ a + b Log10 (Rk ) ] -1 (1.36a)

nella quale compare k, altezza dell'erba flessa dalla forza della corrente, τ0 (N m-2); la frec-cia di inflessione dipende dalle caratteristiche meccaniche della vegetazione che sono rap-presentate dal prodotto M E I (N m-2) di:

M numero di steli per m2,

E modulo di elasticità medio del singolo stelo (Pa),

I momento d'inerzia della sezione trasversale dello stelo (m4).

Uno stelo di altezza hv (m), flettendosi, si riduce alla altezza:

k = 0.14 hv [ ( MEI

τ0 )

0.25 (

1 hv

)]1.59

(1.36b)

Kouwen definisce con relazioni empiriche la resistenza flessionale dell'erba, da introdurrenella (1.36b):

- per erba verde, in piena fase vegetativa:

M E I = 319 hv3. 3 (1.36c)

- per erba morta o dormiente:

M E I = 25.4 hv2. 26 (1.36d)

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I coefficienti a e b che compaiono nella (1.36a) sono dati in tabella 1.6, in funzione delrapporto tra la velocità di attrito della corrente u* e il valore di velocità di attrito in prossi-mità del quale l'erba si piega u* crit , che è stato determinato sperimentalmente per vari tipidi steli; a favore di sicurezza si sceglie:

u* crit = min [ 0.028 + 6.33 ( M E I )2 ; 0.23 ( M E I )0. 106 ] (1.36e)

1.8.2 RESISTENZA AL MOTO NEGLI ALVEI BOSCATI

La vegetazione che cresce sulle piarde e sulle golene dei fiumi rallenta fortemente il de-flusso; il coefficiente di resistenza della vegetazione può essere stimato in prima approssi-mazione consultando la tabella 1.2b o la tabella 1.3.

Per una valutazione più circostanziata della resistenza opposta da un bosco si può ricorrereal METODO DELLA DENSITÀ DI VEGETAZIONE.

Consideriamo dapprima un bosco (fitto, ossia privo di sottobosco) di alberi le cui chiomeescano dalla superficie libera.

Applicando l’equazione globale dell’equilibrio idrodinamico al tronco fluviale boscato,lungo L (m), nel quale la corrente si muove in moto uniforme con velocità media U (m/s) esezione bagnata A (m2), Petryk e Bosmajian (1975) osservano che la resistenza al contornoe la resistenza opposta dai tronchi degli alberi equilibrano il peso dell’acqua:

Fv + T = G (1.37a)

Proiettata nella direzione della corrente e ricordato che:

- la resistenza al moto, per formazione di scia turbolenta alle spalle di un corpo immersonella corrente:

F = ½ ρ Cd U2 aT

ove Cd è il coefficiente (adimensionale) di resistenza idrodinamica del corpo immerso nellacorrente, aT è l’area della sezione del corpo, perpendicolare alla direzione della correnteincidente e ρ è la densità dell’acqua;- la proiezione del peso dell’acqua lungo l’asse della corrente è:

G0 = γ A L S0

la (1.34a) si scrive come:

½ ρ Cd U2 Av + τ0 C L = γ A L S0

ove: Av (m2) è l’area complessiva delle sezioni di impatto dei tronchi contro la corrente; glialtri simboli hanno il significato noto. Sostituita a τ0 la sua espressione ricavata dalla for-mula di Manning:

τ0 = γ U2 n02 R

-1/3

ove n0 (m-1/3s) è il coefficiente di resistenza di Manning relativo al suolo spoglio, senza al-beri, si ricava:

( Cd2g

AvA L

R4/3

n02 + 1) n0

2 R -4/3 U2 = S0 (1.37b)

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Sostituita alla velocità media la sua espressione data dalla formula di Manning, nella qualesi fa comparire il coefficiente di resistenza complessiva n (m-1/3s), quest’ultimo è dato dallaformula:

n = n0 1 + Cd2 g Dvt

R4/3

n02 (1.37c)

Petryk e Bosmajian assumono che il coefficiente di resistenza dei fusti degli alberi siauguale a quello di un cilindro immerso in una corrente ad elevato numero di Reynolds:

Cd = 1.0

La densità degli alberi Dvt (m-1) è:

Dvt = Av

A L =

M

Σi1

di

B L (1.37e)

ove di (m) sono i diametri dei singoli tronchi degli M alberi che crescono sulla striscia digolena lunga L (m) e larga B (m) sulla quale è stata eseguita la conta. Il metodo richiede,dunque, che si eseguano dei sopralluoghi per contare e misurare le circonferenze degli al-beri. In prima approssimazione si possono utilizzare i valori di Dvt elencati in tabella 1.8.

Nel caso in cui, agli alberi di alto fusto si accompagnano arbusti e cespugli, che risultanoparzialmente o, anche, totalmente sommersi dalla corrente, Fischenich (1996) osserva cheil contributo alla resistenza al moto offerto dal suolo e dal sottobosco è inscindibile daquello degli alberi e perciò la (1.37c) si riduce alla formula:

n = R2/3 Cd (Dv + Dd)2g (1.38a)

nella quale è stata esplicitata la densità Dd (1/m) dei detriti vegetali – tronchi e rami secchi,cumuli di foglie - definita dal rapporto tra le aree frontali degli M detriti presenti in golenae l'area della sezione bagnata moltiplicata per la lunghezza del tronco di golena, sul qualesono stati censiti i detriti:

Dd =

M

Σi1

Ad i

A L (m-1) (1.38b)

La (1.38a) è stata calibrata, con esperimenti condotti alla scala reale, da ricercatori del USArmy Corps of Engineers che hanno aggiornato gli originari coefficienti della formula diFischenich. La densità di vegetazione Dv che compare nella (1.38a) si ottiene sommando ledensità della vegetazione bassa e dell’erba Dve e la densità dei tronchi Dvt con diametromaggiore di 2.5 cm:

Dv = Dve + Dvt

Come riferimento, ricordiamo che, nel corso degli esperimenti, sono stati misurati i valoridi densità:

Dvt = 0.046 (m-1)

Dve = 0.077 (m-1)

Dd = 0.88 (m-1)

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Il coefficiente di resistenza idrodinamica della vegetazione Cd è definito in relazione allastagione:

- nella stagione invernale, con alberi spogli e suolo ingombro di detriti, e viscosità cinema-tica di acqua fredda (13°C) - ν = 1.2 10-6 (m2/s) - risulta:

Cd = 9.3 106 Re-1. 1 (1.38c)

- nella stagione calda (25°C), con alberi con foglie e suolo sgombro di detriti, e ν = 0.9 10-6

(m2/s):

Cd = 9.1 105 Re -1. 1 (1.38d)

Evidentemente, le (1.38c) e (1.38d) tengono conto, in maniera implicita, del fatto che laimportanza della vegetazione bassa e pieghevole diminuisce al crescere del tirante idrico edella velocità della corrente e varia con la stagione. Inoltre, gli sperimentatori hanno osser-vato che la corrente, quando investe la chioma degli alberi, trascina con sé le foglie, che sidispongono secondo un profilo idrodinamico; in questo modo la resistenza al moto si ridu-ce con l'aumento della velocità della corrente.

Il fogliame dirige le linee di flusso della corrente verso il terreno, facilitando l'erosione delsuolo.

Le misure sperimentali sono state condotte su correnti in moto turbolento, con Re ~ 2 106.

La RESISTENZA DI ARBUSTI E CESPUGLI è stata misurata recentemente (2000) da ricercatoriUS Army Corps of Engineers, i quali hanno ricavato formule empiriche valide per diversecondizioni.

A causa della sua flessibilità, la vegetazione viene completamente immersa quando il ti-rante d’acqua h (m) raggiunge l’80% dell’altezza della pianta av (m). Pertanto, se:

h 0.8 av

il coefficiente di resistenza del suolo vegetato risulta:

n = 0.183 ( Es As

ρ Ai u*2 )

0. 183 (

avh )

0. 243 ( M Ai )

0. 273 ( νu* R )

0. 115

R2/3 S01/2

u*(1.39a)

Invece, la vegetazione è parzialmente sommersa se:

h < 0.8 av

il coefficiente di resistenza del suolo vegetato risulta:

n = 3.487 10-5 ( Es As

ρ Ai u*2 )

0. 15 ( M Ai

* )

0. 166 ( νu* R )

- 0. 622

R2/3 S01/2

u*(1.39b)

Nelle (1.39a) e (1.39b) compaiono le grandezze:

- Es modulo di rigidezza flessionale della pianta (N/m2)

- As area complessiva delle sezioni trasversali dei rami o tronchi dell’arbusto o cespu-glio, misurata alla altezza h/4 (m2)

− ρ densità dell’acqua (kg/m3)

- Ai sezione trasversale della pianta, considerata con la chioma completamente immer-sa (m2)

- Ai* sezione trasversale bagnata della pianta, considerata con la chioma parzialmente

immersa con tirante h (m2)

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- u* velocità d’attrito (m/s)

- av altezza della pianta (m)

- h tirante idrico (m)

- M densità di vegetazione: numero di piante per unità di area (m-2)

− ν densità cinematica dell’acqua (m2/s)

− R raggio idraulico (m)

- S0 pendenza di fondo

La rigidezza flessionale della pianta Es, se non può essere misurata, può essere stimata infunzione del rapporto:

r = hds

(1.39c)

con una formula ricavata dalla analisi statistica delle misure:

Es = 7.648 106 r + 2174 r2 + 181 r3 (1.39d)

Nella (1.36c) compare il diametro ds (m) del tronco della pianta misurato alla altezza h/4dal suolo.

1.9 RESISTENZA AL MOTO NEGLI ALVEI A SEZIONE COMPOSTA

Qualora la sezione del tronco fluviale non sia sufficientemente regolare ovvero la scabrez-za vari significativamente sul contorno bagnato non è consentita la ipotesi semplificata α ≈β ≈ 1.

In tal caso è ancora possibile procedere all’analisi del moto della corrente secondo loschema interpretativo monodimensionale ricorrendo alla ipotesi proposta da Lotter (1933)di carico totale uniforme su ogni sezione trasversale. Da questa ipotesi deriva che la ca-dente Sf risulta univocamente definita lungo la corrente: nella gran parte dei casi praticil’ipotesi di Lotter può essere considerata accettabile.

Operativamente la sezione d’alveo irregolare viene suddivisa in più parti contigue ciascunadelle quali possa ritenersi regolare, per forma e ripartizione della scabrezza sul contorno(fig. 1.10): la sezione viene così a dirsi composta.

Suddivisa la sezione in N parti, sono definiti per i = 1,…,N:

- i coefficienti di ragguaglio,

αi ≈ βi ≈ 1,

- le aree bagnate,

A = N

Σi1

Ai

- i contorni bagnati, che non includono il segmento di separazione tra le parti contigue in-dicato con linea tratteggiata in fig. 1.10,

C = N

Σi1

Ci

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Questa ultima condizione la quale sottintende che le separazioni siano tracciate perpendi-colarmente alle linee isotachiche, viene usualmente approssimata adottando segmenti diseparazione verticali, individuati in figura da linee a tratto e punto.

Ovviamente la estensione di criteri interpretativi monodimensionali al moto di una cor-rente con evidenti aspetti di tridimensionalità richiede prudenza.

Il pelo libero non si mantiene orizzontale sulla sezione. La quota media del pelo libero èdefinita dalla media pesata:

y_ =

N

Σi1

( yi AiA )

Per il calcolo della resistenza al moto della sezione composta, alla relazione di Manning(1.14) viene data una forma più generale. Per le ipotesi di carico totale uniforme sulla se-zione, possiamo scrivere che:

S1/2

f = Q1K1

= … = QNKN

ove è stata introdotta la CONVETTANZA della singola porzione di sezione:

Ki = A

i R2/3

i

ni(1.40a)

Poiché deve essere:

Q = N

Σi1

Qi = N

Σi1

Ki S1/2

f

la formula di Manning per la sezione composta risulta:

Q = K S1/2

f (1.40b)

ove compare la convettanza complessiva della sezione:

K = N

Σi1

Ki .

Qualora il contorno di una sezione di forma semplice sia costituito da parti aventi diffe-rente scabrezza, come, ad esempio, in un canale di sezione trapezia con sponde realizzatein materiale diverso da quello del fondo, la formula di Lotter cade in difetto.

In questo caso il valore del coefficiente di resistenza della sezione - coefficiente di resi-stenza efficace, ne - è calcolabile come media pesata dei coefficienti di resistenza assegnatialle singole porzioni di contorno bagnato secondo la formula di Horton.

Horton (1933) e, successivamente, da Einstein e Banks (1950), dalle ipotesi di: (a) caricototale uniforme sulla sezione, (b) velocità media in ogni porzione di area pari alla velocitàmedia nella sezione, ricavano dalla formula di Manning:

Ai = ( U

S01/2 )

3/2 ni

3/2 Ci

Poiché:

A = N

Σi1

Ai

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ricaviamo immediatamente:

ne = [

N

Σi1

Ci n1.5

i

C ] 2/3

(1.41a)

Introdotte le aree parziali, nelle quali l'area bagnata risulta scomposta dalle bisettrici degliangoli alla base delle sponde (fig. 1.11), la formula di Colebatch (1941) introduce questearee parziali nella media pesata:

ne = [

N

Σi1

Ai n1.5

i

A ] 2/3

(1.41b)

La formula di Colebatch si è dimostrata più precisa della formula di Horton ma la sua ap-plicazione è più onerosa.

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2. MOTO PERMANENTE NEI CANALI

2.1 EQUAZIONE DEL MOTO PERMANENTE

Posto che:

- la corrente sia a portata costante,

- l’alveo abbia piccola pendenza,

- la sezione trasversale abbia forma sufficientemente regolare e la scabrezza sia unifor-memente distribuita sul contorno affinché sia α ≈ β ≈ 1,

- l’alveo si sviluppi in modo abbastanza regolare affinché la spinta sul contorno abbiacomponente trascurabile secondo la direzione del moto,

la applicazione al volume di riferimento (fig. 2.1) dell’equazione globale dell’equilibrioidrodinamico proiettata in direzione parallela al fondo fornisce la equazione di Bernoulligeneralizzata, ricavata per altra via in § 5.1 di Fondamenti di Idraulica:

d Hd x = - Sf (2.1a)

ove sono: x la coordinata corrente lungo l’alveo,H il carico totale nella sezioneSf la cadente.

Essendo:

d Hd x =

d Ed x +

d zd x

d zd x = - S0

la (2.1a) risulta equivalente alla:

d Ed x = S0 - Sf (2.1b)

Dalla definizione (1.2b), posto α = β = 1, risulta:

d Hd x =

d yd x ( 1 -

Q2

g A3 d Ad y )

ove, entro parentesi, compaiono i termini:

d Ad y = B

Q2 Bg A3 = F2

con:B larghezza al pelo libero,F numero di Froude,

La (2.1a) si trasforma nella equazione della corrente a pelo libero la cui soluzione fornisceil PROFILO DI CORRENTE o DI RIGURGITO o DI PELO LIBERO.

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d yd x =

- Sf1 - F2 (2.2a)

Analogamente, differenziando la (1.4b) e sostituendola nella (2.1b), questa si trasformanella:

d hd x =

S0 - Sf1 - F2 (2.2b)

Le (2.2) indicano che una corrente critica - per la quale è F = 1 - è intrinsecamente insta-bile: ogni piccola perturbazione del pelo libero tende ad amplificarsi diventando teorica-mente infinita. Esperimenti condotti dal USAED di Los Angeles (1949) su un canale asezione rettangolare mostrarono che il campo di instabilità è praticamente compreso tra ilimiti del numero di Froude: 0.86 < F < 1.13.

2.3 CLASSIFICAZIONE DEI PROFILI DI RIGURGITO

La soluzione della equazione del moto permanente posta in una qualunque delle forme(2.2) definisce il profilo di pelo libero della corrente.

La classificazione di tutte le possibili forme di profilo si ricava facilmente dalla analisidella equazione (2.2b) applicata al semplice caso di alveo rettangolare molto largo, nelquale R ~ h, e di cadente definita dalla formula di Chézy con valore di C costante. In que-ste condizioni risulta, avendo definito la portata per unità di larghezza q = Q/B:

F2= q2

g h3

e quindi:

1 = q2

g k3 (2.3a)

Inoltre, dalla (1.9a), ove si è posto h = R , si ricavano le relazioni valide:- per la generica condizione di moto permanente, nella quale Sf ≠ S0 :

Sf = q2

C2 h3 (2.3b)

- per la condizione di moto uniforme, nella quale Sf = S0 :

S0 = q2

C2 h03 (2.3c)

Sostituendo queste quattro relazioni nella (2.2b) si ottiene l’equazione:

d hd x = S0

1 - ( h0h )3

1 - ( kh )3

(2.4a)

che rende evidente come la forma della soluzione dipenda da S0 e dai rapporti tra h, k, h0 .

La discussione della (2.4a) consente di definire, con validità del tutto generale, i caratterianalitici di tutte le possibili soluzioni della equazione differenziale del profilo di pelo libe-ro, tra le quali scegliere, in funzione delle condizioni al contorno, la soluzione particolaredel problema.

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I risultati dell'analisi condotta sulla (2.4a) sono riassunti nelle tabelle seguenti.

Consideriamo dapprima il caso di ALVEO A DEBOLE PENDENZA con h0 > k.

SIGLA INTERVALLO NUMER. DENOM. d hd x MONTE VALLE

D1 h > h0 + + > 0 d hd x│x =-∞

= 0d hd x│x =+∞

= S0

D2 h0 > h ≥ k − + < 0 d hd x│x =-∞

= 0d hd x│h=k

= ∞

D3 k ≥ h − − > 0 d hd x│h=0

= S0 (h0k )3 d h

d x│h=k = ∞

Osserviamo che i profili D1 e D2 sono di corrente subcritica, si sviluppano a partire dallecondizioni al contorno di valle e tendono asintoticamente al moto uniforme verso monte,mentre il profilo D3 di corrente supercritica si sviluppa a partire dalla condizione di montee tende vero valle alla altezza di stato critico che raggiunge con tangente verticale.

Consideriamo quindi il caso di ALVEO A FORTE PENDENZA con k > h0.

SIGLA INTERVALLO NUMER. DENOM. d hd x MONTE VALLE

F1 h ≥ k + + > 0 d hd x│h=k

= ∞d hd x│x =+∞

= S0

F2 k ≥ h > h0 + − < 0 d hd x│h=k

= ∞d hd x│x =+∞

= 0

F3 h0 ≥ h − − > 0 d hd x│h=0

= S0 (h0k )3 d h

d x│x =+∞= 0

Il profilo F1 è di corrente subcritica, si sviluppa a partire dalle condizioni al contorno divalle e tende verso monte alla altezza di stato critico, mentre i profili F2 e F3 sono di cor-rente supercritica, si sviluppa a partire dalla condizione di monte e tendono asintotica-mente al moto uniforme verso valle.

Il caso di ALVEO A PENDENZA CRITICA con k = h0 è un caso degenere di passaggio tra lecondizioni a forte e a debole pendenza. L'equazione semplificata (2.4a) individua un unicoprofilo di corrente con tirante crescente in modo da mantenere orizzontale la superficie li-bera; invece, l'equazione generale (2.2b) produce due profili crescenti e convessi, uno dicorrente subcritica e uno di corrente supercritica e un profilo, intermedio, di moto unifor-me.

Dal confronto tra (2.3a) e (2.3c) risulta che h0 = k quando S0 = g / C2 : questo valore dipendenza si dice critico S0C.

Se il fondo è orizzontale, avendo posto:

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S0c = gC2 ,

la (2.2b) diventa:

d hd x =

S0C

1 - ( hk )3

(2.4b)

L'analisi della (2.4b) rileva che nel canale a fondo orizzontale sono possibili solo due pro-fili, uno di corrente subcritica e l'altro di corrente supercritica, che raggiungono entrambil'altezza critica verso valle.

SIGLA INTERVALLO NUMER. DENOM. d hd x MONTE VALLE

O1 h ≥ k + - < 0 d hd x│x =-∞

= S0cd hd x│h=k

= ∞

O2 k ≥ h + + > 0 d hd x│h=0

= 0d hd x│h=k

= ∞

Non esaminiamo i profili di corrente nei canali in contropendenza.Gli 8 tipi di profilo considerati qui sopra sono tracciati nelle fig. 2.2.Riassumendo, ricordiamo che:1. un alveo con S0 >0 e h0 > k, si dice a DEBOLE PENDENZA,2. un alveo con S0 >0 e h0 = k, si dice a PENDENZA CRITICA,3. un alveo con S0 >0 e h0 < k, si dice a FORTE PENDENZA,4. un alveo con S0 <0, si dice in CONTROPENDENZA ,5. una corrente con h >k si dice SUBCRITICA,6. una corrente con h< k si dice SUPERCRITICA,7. il passaggio da una corrente subcritica a una supercritica avviene attraverso una condi-

zione di STATO CRITICO,8. il passaggio da una corrente supercritica a una subcritica avviene attraverso un

RISALTO.

2.4 RISALTO IDRAULICO

Per quanto si è visto in § 2.3 una corrente subcritica viene sempre rigurgitata da un osta-colo; diversamente, una corrente supercritica può saltare l’ostacolo, come nel caso de-scritto in fig. 2.4, oppure risentirne l’effetto verso monte come in fig. 2.5. In questosecondo caso, poiché la corrente supercritica non può risentire di ciò che si trova a valle,l’ostacolo provoca la seguente alternanza di stati di corrente (procedendo da monte versol’ostacolo di valle): corrente supercritica, risalto idraulico, corrente subcritica.

Si può mostrare, con riferimento alla situazione descritta in fig. 2.4 e per canale a sezionerettangolare, che l’altezza minima s dell’ostacolo che provoca la formazione del risalto in-cipiente è data da:

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sh1

= 1 + 2 F1

2 -

52 F1

4/3

Cf F12 (2.5)

ove sono:

h1 altezza della corrente supercritica incidente l’ostacolo,F1 numero di Froude della corrente supercritica incidente l’ostacolo,Cf coefficiente di forma dell’ostacolo ( Cf ≈ 0.88).

Il limite per F1 → ∞ risulta: s = 2.27 h1. Ostacoli di altezza inferiore al valore calcolato conla (2.5) vengono scavalcati dalla corrente.

Sotto la condizione S0 ~ Sf si trova che tra le sezioni di estremità del risalto idraulico difig. 2.5, dette sezioni coniugate del risalto, nelle quali la corrente può essere consideratagradualmente variata, vale la relazione di uguaglianza tra le spinte totali: Σ1 di monte e Σ2di valle:

Σ1 = Σ2 (2.6a)

Qualora il risalto avvenga in un manufatto, ad esempio una vasca di dissipazione, con fon-do sensibilmente inclinato e dotato di un gradino terminale o iniziale, di pilastrini frangi-corrente oppure di altri dispositivi che si oppongono alla spinta della corrente, alla (2.13a)va sostituita la più generale:

Σ1 + G = Σ2 + Πc (2.6b)

ove G è la componente, nella direzione del moto, del peso del liquido contenuto tra le se-zioni coniugate e Πc è la proiezione, sempre nella direzione del moto della spinta che lacorrente esercita sul contorno bagnato compreso tra le due sezioni coniugate del risalto. Sideve notare che il valore di Πc è spesso di incerta determinazione.

La perdita di carico nel risalto idraulico si può direttamente ricavare per via grafica con lecurve di fig. 1.1a e fig. 1.2a.

Per il canale di sezione rettangolare largo B con S0 ≅ Sf presentato in fig. 2.4, tra la sezioneestrema di monte, con tirante d’acqua h1 , carico totale H1 , energia specifica E1 e numerodi Froude F1 , e la sua coniugata di valle avente, rispettivamente, tirante d’acqua h2 ,energia specifica E2 e carico totale H2 , valgono alcune comode relazioni.

Esplicitando i termini della relazione (2.13a):

γ2 h1

2 B + ρ Q2

h1 B = γ2 h2

2 B + ρ Q2

h2 B

si ottiene, con qualche trasformazione, la relazione:

1 + 2 F12 =

h22

h12 + 2 F1

2 h1h2

(2.7)

che ha significato solo per F1 ≥ 1. La (2.15a) si pone nella forma seguente:

r3 - r - 2 F12 (r - 1) = 0

che contiene il rapporto tra le altezze coniugate:

r = h2h1

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mai inferiore all'unità: r ≥ 1. Raccogliendo e semplificando, si ricava la equazione quadra-tica:

r2 + r - 2 F12 = 0

la cui soluzione fornisce l'equazione del risalto:

h2h1

= 12 ( 1 + 8 F1

2 - 1) (2.8)

Per calcolare la perdita di carico nel risalto, si trasforma la:

∆H = E1 - E2 = h1 + U1

2

2 g - ( h2 + U2

2

2 g )

ricordando che, per la continuità:

U1 h1 = U2 h2

e si ottiene dopo qualche trasformazione algebrica:

∆H = h1 ( 1 + 12 F1

2 ) - h2 [1 - 12 F1

2 ( h1 h2

)3

]

Poiché la (2.7), opportunamente trasformata, mostra che, tra le sezioni coniugate del risal-to, vale la relazione:

F12 =

12

h2h1

2 ( h2 + h1)

è possibile eliminare F12 dalla relazione precedente per ottenere la perdita di carico al ri-

salto in funzione delle altezze coniugate:

∆H = (h2 - h1)3

4 h1 h2(2.9)

Seguendo una analoga procedura si ricava la relazione dell'efficienza del risalto:

H2H1

= (8 F1

2+ 1)3/2

- 4 F12 + 1

8 F12 (2 + F1

2) (2.10)

Il risalto assume forma e caratteristiche idrauliche differenti a seconda del valore del nu-mero F1.

Con riferimento agli schemi di fig. 2.6, è d’uso fare la seguente classificazione del risalto:

1. ondulato è tipico dei corsi d’acqua naturali F1= 1 ÷ 1.7

2. debole causa una ridotta dissipazione di energia F1= 1.7 ÷ 2.5

3. oscillante produce onde che si propagano verso valle F1= 2.5 ÷ 4.5

4. stabile dà una buona dissipazione di energia F1= 4.5 ÷ 9

5. forte rilascia a valle una forte turbolenza F1> 9

La lunghezza L del risalto idraulico, su fondo orizzontale e in canale rettangolare, fu de-terminata con le classiche esperienze di Bakhmeteff (1936) i cui risultati, successivamentecorretti da Peterka (1958) del U.S. Bureau of Reclamation, sono ripresi nel grafico di fig.2.7.

Si può porre, approssimativamente:

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Lh1

= 220 tanh F1-122 per 2.3 ≤ F1 < 13 (2.11a)

o, ancor più semplicemente:

L = 6 h2 per 5 ≤ F1 < 13 (2.11b)

Usualmente, la soluzione numerica della equazione del moto permanente accetta che le duesezioni coniugate per le quali valgono le (2.6) siano coincidenti; quando sia richiesta unamaggior precisione nel posizionamento del risalto deve essere considerata anche la lun-ghezza effettiva del risalto.

2.5 MOTO PERMANENTE CON PORTATA VARIABILE LUNGO IL PERCORSO

La sottrazione, o la immissione, graduale di portata in una corrente avviene secondo mo-dalità che sono state indagate e definite da vari autori: tra questi De Marchi (1934) e Hinds(1926).

In fig. 2.8 sono rappresentati gli schemi di opere idrauliche nelle quali la corrente decresce(canale con stramazzo laterale o griglia di fondo) ovvero cresce (canale collettore) lungo ilpercorso.

La corrente alla quale viene sottratta portata non perde di carico e, nel caso semplice dimoto con S0 = Sf = 0, mantiene costante la sua energia specifica: la successione dei tirantid’acqua segue il tratto superiore se la corrente è lenta (o inferiore se è veloce) della curvadi fig. 1.2b. Osservato che h e Q sono, in questo caso, entrambe funzione dell'ascissa x, laderivata dell'energia specifica (1.4b) risulta:

d Ed x =

d hd x (1 - F2) +

Qg A2

d Qd x

nella quale compare la portata

d Qd x = - q (2.12a)

La portata che lascia il canale in un metro di percorso è indicata con q (m2/s). Se il liquidoabbandona il corpo della corrente per sormonto delle sponde del canale, attraverso unoSTRAMAZZO LATERALE, la portata è usualmente determinata con la formula dello stramaz-zo. Risulta, per unità di lunghezza:

q = µ 2 g ∆3/2 (2.12b)

ove sono: µ il coefficiente di efflusso, ∆ il carico sullo stramazzo. Il valore del coeffi-ciente di efflusso dipende dalla forma dello stramazzo e dalle condizioni di approccio dellacorrente stramazzante sulla soglia: in generale il valore del coefficiente µ diminuisce alcrescere della velocità della corrente nel canale.

Introdotta la derivata della energia specifica nella (2.1b), si ricava l'equazione del profilo dicorrente con portata decrescente:

d hd x (1 – F2 ) = S0 - Sf -

q Ug A (2.13)

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In generale, poiché la portata uscente q è calcolata con la (2.12b) in funzione dell'altezzad'acqua ottenuta risolvendo la (2.13), il problema richiede la soluzione del sistema di equa-zioni (2.12a,b) e (2.13). Osserviamo che il 3° termine a destra della uguaglianza in (2.13),pur avendo lo stesso segno di Sf rappresenta non una perdita di carico totale ma piuttosto laperdita di potenza della corrente causata dalla diminuzione di portata.

La condizione al contorno necessaria per integrare la (2.13) è definita dalle condizionidella corrente nella sezione a valle della fine dello stramazzo laterale se la corrente è gene-ralmente subcritica. Il contrario avviene se la corrente è supercritica: la condizione al con-torno è fissata a monte dell'inizio del tronco a portata decrescente. In realtà si possonoverificare anche casi più complessi da analizzare con coesistenza di corrente sub- e super-critica e formazione di sezione di controllo o di risalto nel tronco a portata variabile: questicasi non vengono qui trattati.

Se si ammette che la corrente laterale entri nel CANALE COLLETTORE con direzione perpen-dicolare rispetto alla corrente principale, quest'ultima si conserva gradualmente variata emantiene costante la sua spinta totale: la successione dei tiranti d’acqua segue il tratto su-periore se la corrente è lenta (o inferiore se è veloce) della curva di fig. 1.3b. Nel caso ge-nerale si ottiene, applicando l’equazione globale di equilibrio idrodinamico a un tronco dicorrente di lunghezza infinitesima:

d Qd x = q (2.14a)

d hd x (1 – F2 ) = S0 - Sf -

2 q Ug A (2.14b)

Dunque, la turbolenza che accompagna la miscelazione della corrente laterale con la cor-rente principale provoca una perdita di carico aggiuntiva. La portata laterale per unità dipercorso è positiva, q > 0 , e di solito, ma non sempre, il suo valore è indipendente dallecaratteristiche della corrente principale.

Per la definizione delle condizioni al contorno necessarie per la integrazione della (2.14b)rimandiamo a quanto detto più sopra.

Se il canale collettore, nel quale si immette la portata unitaria q = cost , è di sezione rettan-golare con larghezza B, ha fondo orizzontale e la perdita di carico continua è trascurabile (S0 = Sf = 0 ), la equazione (2.14b) produce, dopo alcune trasformazioni algebriche, la se-guente equazione differenziale del profilo di corrente subcritica, che è integrabile analiti-camente:

d x2

d h = x2

h _ g B2 h2

q2 (2.15)

Nel caso in cui alla fine del canale, lungo L , sia posto un salto di fondo sul quale si stabili-sce una sezione critica, la soluzione della (2.15) risulta:

( xL )2

= 32

hk − 1

2 ( hk )3

(2.16)

Il massimo tirante d’acqua nel canale collettore si realizza all’inizio del canale; per x = 0:

h = 3 k (2.17)

Al medesimo risultato si giunge più semplicemente applicando l’equazione globaledell’equilibrio idrodinamico al volume dell’intera corrente occupante il canale collettore.Indicando con i simboli noti le grandezze che compaiono nella equazione globale della

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idrodinamica applicata a tutto il volume della corrente nel canale, tra le sezioni x = 0 ovela portata è nulla, e x = L ove la portata è Q = q L:

½ γ h2 B = ½ γ k2 B + ρ Q2

B k

che, con semplici passaggi, porta alla (2.17).

Per la trattazione teorica approfondita di questi argomenti si rimanda a Chow (1959).

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32

3. SINGOLARITÀ IDRAULICHE

3.1 GENERALITÀ

Nel tronco d’alveo che ospita una singolarità idraulica non è applicabile l'equazione delmoto permanente (2.2b) in quanto la corrente non è gradualmente variata e la condizione dideflusso deve essere studiata singolarmente.Usualmente le singolarità sono connesse a opere in alveo che provocano una brusca varia-zione delle condizioni idrauliche (geometria o portata).Nei paragrafi seguenti consideriamo diversi casi di ostruzione di forma semplice, trattatianche con le ipotesi semplificatrici richieste per agevolare la soluzione del problema.

3.2 PRESA DA UN LAGO

Per semplificare, consideriamo un canale di lunghezza infinita che deriva da un lago o daun serbatoio nel quale l'acqua è in quiete: dobbiamo ricercare la portata che alimenta il ca-nale del quale conosciamo la geometria (forma della sezione, pendenza di fondo e coeffi-ciente di resistenza al moto) e l'energia specifica rispetto al fondo della sezione di incile -sezione iniziale - E0: differenza tra le quote dello specchio liquido del lago e del fondo del-l'incile.

Il problema si risolve in modo differente per canale a debole piuttosto che a forte penden-za:

1. se il canale è a debole pendenza, S0 < S0C (S0C è la pendenza critica del canale), il pro-filo di corrente è regolato da valle,

2. se il canale è a forte pendenza, S0 > S0C , il profilo parte dalla sezione di incile.

Poiché, in generale, il valore della pendenza critica è funzione della portata nel canale, cheè l'incognita del problema, la condizione idraulica - debole/forte pendenza - non è nota apriori e dobbiamo procedere per tentativi.

La portata di moto uniforme si ottiene risolvendo il sistema costituito dalla funzione del-l'energia specifica Q = Q(h; E0) e dalla relazione del moto uniforme (ad esempio l'equazio-ne di Chezy):

E0 = h + α Q2

2g A2 (1.4b)

Q = A C R Sf (1.13a)

Con l'aiuto della fig. 3.1 analizziamo le due possibili soluzioni:

1. se la soluzione è data dal punto D, il canale è a debole pendenza e su tutta la sua lun-ghezza, dall'incile all'infinito a valle, si stabilisce il moto uniforme: pertanto, la solu-zione trovata è accettabile,

2. diversamente, se la soluzione del sistema è data dal punto F, deduciamo che la correntenel canale è supercritica e che il suo profilo si traccia partendo dalla prima sezione dimonte ove è localizzato il disturbo: dunque la soluzione trovata è da rigettare in quantoincompatibile con l'equazione del moto permanente.

In questo secondo caso la portata si calcola osservando che:- nel serbatoio l'acqua è ferma mentre a valle la corrente è supercritica,

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- il passaggio tra le due condizioni deve avvenire attraverso lo stato critico,- la sezione critica si localizza all'incile, ove è posto il disturbo determinato dal passag-

gio dal lago con acqua ferma al canale con forte pendenza.

La portata si trova risolvendo il sistema:

E0 = h + α Q2

2g A2 (1.4b)

Q2 Bg A3 = F2 = 1

Nota la portata, è ovvio il calcolo dell'altezza di moto uniforme, che viene raggiunta asin-toticamente a valle con un profilo di corrente F2: la fig. 3.1 evidenzia che l'energia specifi-ca di moto uniforme Eu è più grande dell'energia specifica disponibile all'incile E0. Infattila corrente recupera energia procedendo verso valle, in quanto con il profilo F2 risulta Sf <S0.

Notiamo dalla figura che la portata realmente defluente nel canale è più grande di quellacalcolata nel punto F e che, essendo il valore della pendenza critica funzione monotonacrescente della portata, la iniziale ipotesi di canale a forte pendenza è a fortiori confermata.

Il problema della presa da lago rincollata da un ostacolo posto in una sezione di valle delcanale esula da questa trattazione elementare.

3.3 RIDUZIONE DI SEZIONE

Facciamo riferimento al canale indefinito di sezione rettangolare di fig. 3.2 nel quale siainserito un breve tronco a sezione ristretta per: (a) riduzione della larghezza, (b) innalza-mento del fondo.

Consideriamo dapprima il caso (a) che esemplifica un ponte le cui pile in alveo ostruisconoparzialmente il libero deflusso della corrente fluviale. Si può ipotizzare che il restringi-mento di sezione ben raccordato non provochi perdite di carico localizzate (il fatto è spe-rimentalmente verificato solo per correnti subcritiche aventi ridotta velocità) e quindi siammette che, al passaggio attraverso il restringimento, la energia specifica ER della cor-rente si mantiene pari alla energia specifica E0 di monte:

ER = E0 (3.1)

La curva di fig. 3.3a - analoga alla curva di fig. 1.2b - che definisce la dipendenza del ti-rante d'acqua h dalla portata per unità di larghezza q = Q/L:

h = h (q; E0)

ci indica che, riducendosi la larghezza del canale dal valore L = B di monte al valore L = bnel restringimento, la portata unitaria aumenta dal valore q0 = Q/B al valore qR = Q/b e, diconseguenza, il tirante idrico nel restringimento risulta:

hR > h0 se la corrente è supercritica,

hR < h0 se la corrente è subcritica.

Se non viene raggiunto lo stato critico al suo interno, il restringimento non provoca rigur-gito verso monte; invece, quando la contrazione è eccessiva, la corrente deve rallentare amonte dell'ostruzione, atteggiandosi secondo un profilo di corrente subcritica ritardata, per

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acquisire la energia specifica sufficiente far transitare in stato critico la corrente attraversol'ostruzione.

Notiamo che nell'alveo a forte pendenza la corrente passa dal moto uniforme al profilo dirigurgito F1 attraverso il risalto.

Con riferimento all’alveo prismatico di sezione rettangolare di larghezza B nel quale è in-serita l'ostruzione di luce libera b , il valore limite rL del rapporto di strozzatura del ponte:

r = bB

al di sotto del quale la corrente può superare l'ostruzione solo con lo stato critico, si ottienefacendo comparire nella (3.1) l'altezza di stato critico k:

h0 + U0

2

2 g = 32 k

Dopo qualche trasformazione algebrica si ottiene:

1 + F0

2

2 = 32

3 B2 F0

2

b2

e, infine la curva tracciata in fig. 3.3:

rL2 =

27 F02

(2 + F02)3 (3.2)

Quando r < rL si forma nella strettoia (teoricamente nella sua sezione finale) la sezione distato critico e a valle si forma un tronco di corrente supercritica non gradualmente variata.

La sezione critica può essere rigurgitata da valle: se indichiamo con 1 la sezione critica nelrestringimento e con 2 una sezione sufficientemente a valle dello stesso, ove si è esaurito ilrisalto, la condizione limite di sommergenza si esprime come:

Σ1 + Πc = Σ2 (3.3)

dove Σ1 e Σ2 indicano la spinta totale della corrente alla sezione 1 e alla sezione 2 e Πc in-dica la spinta idrostatica sul bordo del restringimento. Se il primo membro della (3.3) èmaggiore del secondo la sezione critica non è sommersa.

Il restringimento di sezione consente di misurare la portata Q defluente nel canale in modosemplice e abbastanza preciso. Nell’ipotesi di conservazione dell’energia specifica rispettoal fondo fino alla sezione di misura M posta appena a monte del tratto ristretto, possiamoscrivere che:

EM = E1 = 32 k

ossia:

hM + Q2

2 g B2 hM2 =

32

3 Q2

g b2 (3.4)

Noto il tirante nella sezione di misura hM, la (3.4) consente di calcolare la portata.

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La strettoia avente r < rL, quando è utilizzata come misuratore di portata, è detta misuratore(o modellatore) a risalto; si dice inoltre che funziona come semimodulo in quanto la por-tata nel canale non può essere aumentata agendo a valle della strettoia.

Consideriamo ora il caso (b) di fig. 3.2: l'altezza della soglia è a.

Se ammettiamo che la soglia non provochi perdite di carico, detta h0 l’altezza di motouniforme nel canale, alla quale corrisponde un’energia specifica rispetto al fondo E0,l’energia specifica sulla soglia vale:

ER = E0 - a (3.5)

Dalla curva E = E(h; Q0) rappresentata in fig. 3.3b, osserviamo che:- in corrente supercritica il tirante idrico aumenta sulla soglia,- in corrente subcritica il tirante idrico diminuisce sulla soglia di una quantità ∆h > a;

pertanto, il profilo di corrente si abbassa sulla soglia.Anche in questo caso, analogamente a quanto abbiamo visto sopra, esiste un valore limiteac dello spessore della soglia. Per a > ac , la energia specifica E0 della corrente non è piùsufficiente di superare la soglia senza rigurgitare verso monte. Il valore limite è ovvia-mente:

ac = E0 - 32

3 Q2

g B2 (3.6)

con la formazione dello stato critico nella sezione finale della soglia.La condizione di sommergenza è espressa anche in questo caso dalla (3.3) nella quale si èindicata con Πc la spinta idrostatica sulla faccia di alzata alla fine della soglia.

Anche la soglia con a > ac, può fungere da modellatore a risalto per la misura di portata;con i medesimi argomenti che hanno portato alla (3.4), scriviamo l'uguaglianza:

hM + Q2

2 g B2 hM2 = a +

32

3 Q2

g B2 (3.7)

dalla quale si ricava la portata avendo misurato hM.

Nella pratica, il misuratore a risalto viene formato con una riduzione di larghezza e un rial-zo del fondo, onde rendere più difficile la sommergenza della sezione critica.

3.4 PARATOIA

Per semplicità, consideriamo il caso di una paratoia piana inserita nel canale indefinito, disezione rettangolare, illustrato in fig. 3.5. In relazione alle condizioni di deflusso nel cana-le, l'efflusso sotto una paratoia può essere: (a) libero o (b) rigurgitato quando il getto esceda sotto la paratoia, sommerso (o annegato).

La luce sotto la paratoia è a e l'altezza di moto uniforme è h0; l'altezza critica è indicata conk. Ovviamente la corrente sente la presenza della paratoia solo se:

a < h0 (3.8)

Il tirante alla sezione contratta a valle della paratoia è hV = Cc a.

Per definire le condizioni di funzionamento idraulico della paratoia, analizziamo separata-mente i casi di: (1) alveo a debole pendenza, (2) alveo a forte pendenza, utilizzando la cur-va Σ = Σ(h; Q0) di fig. 1.3a.

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1) Poiché il grado di apertura della paratoia può essere fissato ad arbitrio, purché sia ri-spettata la condizione (3.8), nell'alveo a debole pendenza possiamo avere due diverse si-tuazioni:

- hV ≥ hVL (altezza coniugata dell'altezza di moto uniforme definita in fig. 3.6) l'efflussoè rigurgitato,

- hV < hVL l'efflusso è libero.

Nell'alveo indefinito a forte pendenza l'efflusso non può mai essere rigurgitato da valle

L'equazione dell'efflusso libero sotto la paratoia si ottiene uguagliando l'energia specificarispetto al fondo nella sezione a monte della paratoia m e nella sezione contratta v :

hm + Q2

2g B2 hm2 = hv +

Q2

2g B2 hv2 (3.9)

Nel caso in cui l'efflusso sotto la paratoia provochi una perdita di carico, questa viene ag-giunta al secondo termine della (3.9).

Quando l'efflusso è rigurgitato, nella sezione R di fig. 3.5b, la distribuzione di pressione ècirca idrostatica e quindi la (3.9) viene sostituita dalla:

hm + Q2

2g B2 hm2 = hR +

Q2

2g B2 hv2 (3.10)

ove compare l'altezza idrica (incognita) hR nella sezione R. Applicando l'equazione globaledell'equilibrio idrodinamico al tronco di corrente compreso tra le sezioni R e 2 otteniamo:

½ γ hR2 + ρ

Q2

B2 hv = ½ γ h2

2 + ρ Q2

B2 h2(3.11)

Sostituendo hR dato dalla (3.10) nella relazione (3.11), otteniamo la formula dell'efflussorigurgitato sotto la paratoia:

Q = Q(hm, Cc a, h2) (3.12)

nella quale ammettiamo in prima approssimazione che il coefficiente di efflusso rigurgitatosia pari a quello libero.

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PARTE II

TRASPORTO SOLIDO E SISTEMAZIONI FLUVIALI

4. SISTEMAZIONI FLUVIALI

Una corrente, esercita una azione di trascinamento sui grani di materiale disposti sul con-torno bagnato e, se questi non sono sufficientemente stabili, li sposta: ossia, erode il lettofluviale mobile. L’erosione provoca l’abbassamento del letto e/o il crollo delle sponde conallargamento a spostamento (migrazione) dell’alveo.

Si suole distinguere tra:

- erosione locale, che si realizza in prossimità di singolarità idrauliche - ostacoli costi-tuiti da pile o spalle di ponti, ovvero salti e scivoli che causano bruschi aumenti di ve-locità della corrente - ove la turbolenza risulta particolarmente intensa. Il fenomeno hadecorso rapidissimo e può portare alla rovina dell’opera in alveo (ponte, argine, briglia)nel corso di una sola piena. L’erosione locale può avvenire in condizioni di:

- acqua chiara, quando, con portate relativamente piccole che non movimentano illetto fluviale mobile, l’erosione interessa solo la zona ove la turbolenza è particolar-mente intensa;

- letto vivo, quando alla erosione locale si accompagna il movimento generale delmateriale d’alveo; si deve notare che la profondità della fossa di erosione locale èpraticamente indipendente dalle condizioni di movimento del letto;

- erosione generalizzata, che si sviluppa quando la portata di sedimento immessa damonte non è sufficiente a saturare la capacità di trasporto della corrente idrica; la satu-razione della capacità di trasporto avviene prelevando materiale d’alveo, ossia, eroden-do il letto; si noti che l’erosione generalizzata non si sviluppa contemporaneamente e inmodo uniforme su tutto il tronco ma può procedere gradualmente verso valle (erosioneprogressiva ) oppure verso monte (erosione retrogressiva). L’erosione può interessare:

- tutto il bacino tributario del corso d’acqua, se è causata da cambiamenti climatici,urbanizzazione, cambi di uso del suolo, regolamentazione delle portate. Il fenomenosi sviluppa gradualmente su tempi geologici o almeno secolari;

- un tronco fluviale più o meno lungo se è provocata da estrazione di inerti, salti (natu-rali) o tagli (artificiali) di meandri, costruzione di una diga o di una traversa, lavori diregolarizzazione o sistemazione fluviale. Il fenomeno può essere molto rapido esmorzarsi dopo qualche decennio se il corso d’acqua raggiunge un nuovo equilibrioovvero viene rimosso il disturbo al deflusso.

Le sistemazioni fluviali hanno, tra gli altri, lo scopo di:

- controllare il deposito di sedimento trasportato dalla corrente in località ove ciò non siadesiderato,

- evitare erosioni dannose o pericolose.

Il dimensionamento di opere di protezione contro l’erosione fluviale richiede che sianodefinite le condizioni di innesco del moto del materiale d’alveo o, in altre parole, le condi-zioni di trasporto solido incipiente.

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4.1 MORFOLOGIA FLUVIALE

Le conformazioni planimetriche dell’alveo sono state distinte da Leopold e Wolman(1957) in: (1) alveo rettilineo, che si trova raramente in natura, o sinuoso, (2) a meandri,(3) ramificato (fig. 4.1).

Un alveo a meandri è un alveo di sinuosità molto accentuata; definita la sinuosità s comerapporto tra la pendenza della valle e quella dell’alveo oppure, reciprocamente, il rapportotra la lunghezza dell’alveo e quella della valle, un alveo è detto meandriforme quando: s >1.5. Si osserva che la sinuosità degli alvei meandriformi è generalmente compresa tra 1.5 ÷4.3.

Secondo Leopold e Wolman, un fiume con letto in sabbia o in ghiaia è ramificato se lapendenza di fondo S0 risulta:

S0 > 0.0125 Q-0.44 (4.1a)

ove Q (m3/s) è la portata a piene rive; altrimenti il fiume è meandriforme.

Secondo Henderson, invece, la forma ramificata si ha per:

S0 > 0.0002 d1.15 Q-0.46 (4.1b)

ove d (mm) è il diametro mediano dei sedimenti del letto fluviale.

L’alveo di un fiume è in regime di equilibrio o a regime quando la corrente che in essoscorre è capace di trasportare i sedimenti che vengono immessi dagli affluenti e questi so-no sufficienti a non lasciare erodere il fondo; l’equilibrio è dinamico in quanto l’alveo siadatta continuamente alle variazioni di portata e all’azione erosiva della corrente. Quandol’equilibrio è disturbato da eventi naturali catastrofici o, più spesso, da interventi antropicicome escavazioni in alveo, costruzioni di briglie o traverse, canali e così via, il fiume tro-verà, dopo un periodo di adattamento più o meno lungo, una nuova situazione di equilibrioche può essere molto diversa dalla precedente.

Qualitativamente, il criterio di equilibrio è rappresentato dalla ben nota relazione di Lane(1955):

Qs d ∝ Q S0 (4.2)

ove, in aggiunta alle variabili già definite, compare Qs, portata solida (portata di sedimentotrascinato dalla corrente): la (3.2) è utile per prevedere le tendenze evolutive dell’alveo.

Negli alvei a meandri, le forme del letto fluviale rispettano in media dei rapporti geometri-ci che sono stati rappresentati da vari studiosi con formule empiriche. Ad esempio Leopolde Wolman (1960) hanno individuato le seguenti relazioni (fig. 4.2):

λ = 10.8 B1..01 (4.3a)

ove λ (m) è la lunghezza del meandro e B (m) è la larghezza dell’alveo;

a = 2.4 B1.1 (4.3b)

ove a (m) è l’ampiezza del meandro e B (m) è la larghezza dell’alveo;

λ = 4.8 rc0.98 (4.3c)

ove λ (m) è la lunghezza del meandro e rc (m) è il raggio di curvatura dell’alveo.

4.2 INIZIO DEL MOVIMENTO

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Un grano di sedimento posto sul fondo di un alveo avente pendenza longitudinale θ vienespostato dalla sua posizione solo se le forze attive superano la forza resistente di attrito(fig. 4.3). Considerando le forze parallele alla direzione del moto della corrente e il granodi materiale avente peso specifico γs e forma generica con diametro equivalente d , defi-niamo:

FT = a1 τ0 d2 (4.4)

forza di trascinamento con τ0, sforzo unitario al contorno, a1, coefficiente sperimentale;

PT = a2 ( γs – γ) d3 sen θ (4.5)

peso immerso del granulo proiettato nella direzione parallela al fondo con a2, coefficientesperimentale, γ, peso specifico del fluido;

FR = [a2 ( γs – γ) d3 – a3 τ0 d2 ] tan Φ cos θ (4.6)

forza resistente che dipende, attraverso la tangente dell’angolo di attrito Φ, dalla proiezio-ne normale al fondo del peso immerso del granulo diminuito della forza di sollevamentoesercitata dalla corrente turbolenta.

Dalla uguaglianza tra la forza di trascinamento e la forza resistente otteniamo la condizio-ne di incipiente movimento:

τc = a ( γs – γ) d cos θ ( tan Φ − tan θ ) (4.7a)

ove:

a = a2/(a1 + a3 tan Φ cos θ)

mentre τc indica lo sforzo critico ossia il valore di τ0 per il quale il granulo è sul punto dimuoversi.

Se la pendenza di fondo è nulla, la (4.7a) si semplifica nella relazione:

τc

( γs – γ) d = a tan Φ (4.7b)

Il valore del coefficiente a dipende dalla intensità della turbolenza della corrente, che si èsoliti caratterizzare con il numero di Reynolds d’attrito che, assunto il diametro d del gra-nulo come naturale misura della scabrezza delle pareti, diventa:

Re*c = u*d ν

ove u* = τc/ρ è la velocità di attrito; da molti autori Re*c è chiamato numero diReynolds del granulo.

La grandezza che compare a sinistra della (4.7b) è chiamata sforzo critico adimensionale:

τ*c = τc

( γs – γ) d

Osservato che tan Φ è poco variabile, Shields trovò nel 1936, sperimentando il movimentodi letti di materiale incoerente a granulometria uniforme, che la (4.7b) può esprimersi nellaforma:

τ*c = F (Re*c) (4.8)

Il legame funzionale (4.8) è evidenziato nell’abaco di Shields di fig. 4.4 e può essere ap-prossimata con le seguenti espressioni:

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τ*c1.67 = 0.0147 Re*c

-0.67 per Re*c ≤ 10 (4.9a)

τ*c0.86 = 0.0370 Re*c

0.14 per 10 < Re*c ≤ 500 (4.9b)

τ*c = 0.0588 per 500 < Re*c (4.9c)

Dunque se τ0* > τ*c si ha erosione. Però l’erosione non si innesca contemporaneamente sututto il contorno bagnato in quanto, come è illustrato in fig. 4.5, a causa della non uniformedistribuzione della velocità della corrente nella sezione trasversale, lo sforzo di trascina-mento τ0 non è ovunque uguale al suo valore medio τ0

_ = γ R Sf: l’abaco di fig. 4.5 fornisce

il rapporto tra il valore massimo τmax (sul fondo o sulla sponda) e il valore medio di τ0 sullasezione trapezia di un canale rettilineo. Definito il rapporto:

k = τ

max

τ0_

il contorno del canale non presenterà segni di erosione solo se: k τ0_

* < τ*c .

Si vedrà in § 4.4 che il rapporto k raggiunge valori molto elevati sulla sponda esternaall’uscita di una curva, soprattutto se ha un piccolo raggio di curvatura.

Nella verifica delle condizioni di incipiente erosione è d’uso fare riferimento anche allavelocità ammissibile o velocità critica definita come velocità media della corrente che nonerode il contorno bagnato. Il valore della velocità critica Uc si ricava da:

- tabelle come quella proposta da Fortier e Scobey nel 1926 (tab. 4.1a) valida per cor-renti con tirante idrico h ≈1.00 m: comunque, si deve notare che il valore di τc riportatoin tabella corrisponde al valore della velocità critica Uc se il raggio idraulico è di pocoinferiore ai due metri;

- formule, spesso dedotte dall’abaco di Shields dopo aver fatto ipotesi sulla distribuzionedi velocità nella sezione.

Si ricava facilmente inserendo la formula di Manning nella definizione dello sforzo criticoadimensionale che, se τ*c rimane costante, il valore della velocità critica Uc corrispondentead un tirante idrico h ≠ 1.00 m si ottiene moltiplicando il valore riportato in tab. 4.1a per ilcoefficiente:

k = ( RR1

)2/3

ove compaiono k = Uc / Uc1 , i raggi idraulici corrispondenti al tirante idrico voluto, R , e altirante di un metro, R1. I valori di tab. 4.1b indicano che i suoli dotati di coesione, dovutaai legami elettrochimici tra le particelle fini, hanno resistenza alla erosione notevolmentesuperiore ai terreni privi di coesione. La resistenza alla erosione dipende da fattori intrin-seci del materiale (aumenta con il suo indice di plasticità IP, dato dalla differenza tra i li-miti di Atterberg, di liquidità e di plasticità, o il suo contenuto di argilla) e da fattoriambientali (aumenta se il terreno rimane a lungo sommerso, specialmente se l’acqua è sa-lata e rinforza gli scambi elettrochimici tra i granuli) ed è difficilmente quantificabile. Har-ris (1988) propone per suoli coesivi le velocità ammissibili date in tab. 4.1b.

La formula di Neill (1968) può applicarsi a un letto di materiale di granulometria piuttostogrossolana:

ρ Uc2

( γs – γ) d50 = 2 (

hd50

)1/3

(4.10a)

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nella quale compare il tirante idrico h in aggiunta ai simboli già definiti. Per materiali sili-cei con peso specifico pari a 2.65 volte il peso specifico dell’acqua, la (4.10a) diventa:

Uc = 5.67 h1/6 d501/3 (4.10b)

La formula di Maza Alvarez ed Echavarria (1973), che vale per letti in sabbia o ghiaia cond75 < 0.006 m, risulta:

Uc = 3.62 h0.275 d500.2 (4.10c)

Nei casi pratici si deve considerare che il letto è costituito da granuli di dimensioni più omeno grandi e quindi la sua erodibilità viene espressa in funzione di un diametro rappre-sentativo, che nelle formule (4.10) è dato dal diametro mediano d50. Inoltre, si deve tenerepresente che la corrente scorrendo sul suo letto asporta le parti più fini lasciando uno stratodi corazzamento o pavimentazione ( armouring ) costituito dai grani più grandi, meno ero-dibili: se lo strato di pavimentazione è sufficientemente spesso e non presenta rimaneg-giamenti, il diametro rappresentativo viene misurato su di esso e non sul materialesottostante.

In un canale, lo strato di armatura del fondo può costituirsi se, con la portata di dimensio-namento del canale, il diametro d90 del materiale d’alveo ha una resistenza al trascina-mento superiore al valore di τc fornito dalla (4.8): da ciò consegue che in un alveo naturale,soprattutto se il letto è in ghiaia a granulometria molto assortita, si forma semprel’armatura di fondo che viene rimossa e rimaneggiata solo nel corso delle piene più grandie meno frequenti.

4.2.1 SFORZO CRITICO SULLE SPONDE

La relazione che descrive la condizione di incipiente movimento del granulo posto sul fon-do può essere riscritta senza sviluppare i singoli termini. Allora la (4.4) assume la espres-sione:

FTF = PI tan Φ (4.11a)

ove si è considerato il fondo orizzontale e non si è fatto comparire il termine di solleva-mento idrodinamico che, come si è visto sopra, viene inglobato nella costante sperimentaledella equazione di equilibrio; la forza di trascinamento sul fondo è FTF e il peso immerso èPI.

Il granulo posto sulla sponda, come in fig. 4.6, viene sollecitato dalla forza di trascina-mento (4.11a) diretta secondo l’asse del canale anche dalla componente del suo peso di-retta secondo la massima pendenza della sponda. La relazione di equilibrio risulta:

[FTS2 + (PI sen θ )2]1/2 = PI tan Φ cos θ (4.11b)

ove FTS è la forza di trascinamento sulla sponda e θ è l'angolo della sponda rispetto al pia-no orizzontale.

La (4.11b) dice che il granulo posto sulla sponda è in equilibrio più precario di quello chesta sul fondo e quindi viene smosso da una FTS < FTF . Facendo il rapporto tra le due forzeotteniamo con qualche semplice trasformazione da (4.11a) e (4.11b) il coefficiente:

K = FTSFTF

= 1 - sen2 θ sen2 Φ (4.12)

che, applicato alla (4.8), consente di definire le condizioni di incipiente movimento per le

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sponde. La relazione (4.12) appena ricavata, che ritroveremo nel dimensionamento delleprotezioni di sponda di § 4.4, consiglia di conformare la acclività delle sponde dei canalialle caratteristiche meccaniche del terreno. In pratica si ammette una pendenza della spon-da (H:V) per i canali in: roccia (verticale), argilla compatta o piccoli fossi in terra (1½:1),suolo sabbioso sciolto (2:1), limoso sabbioso (3:1); per i canali rivestiti in: calcestruzzo(½:1) oppure (1:1); in pietrame (1:1).

4.3 PROCESSI EROSIVI

L’erosione generalizzata dell’alveo, conseguente a uno squilibrio complessivo tra l’apportodi sedimenti che giungono al corso d’acqua e la capacità erosiva della corrente, può essereanalizzata con studi a scala di bacino e simulando i fenomeni di erosione e di deposito conmodelli matematici.

La profondità della erosione di un tronco d’alveo per carenza di apporto di materiale solidoda monte può invece essere studiata in maniera piuttosto semplice per un canale circa pri-smatico e rettilineo, considerando che la sua sezione si deformerà, approfondendosi e/oallargandosi, fino a che l’azione di trascinamento della corrente non diminuirà al di sottodel valore critico individuato dalla (4.8).

Per valutazioni più speditive possiamo ricavare la profondità di erosione δ come differenzatra il tirante d’acqua h antecedente alla erosione e il tirante d’acqua he a fenomeno avve-nuto:

δ = he – h

Il tirante d’acqua he a fenomeno avvenuto si ricava dalle formule, del tutto empiriche esenza giustificazione teorica, dell’equilibrio dei canali a regime.

La formula di Blench (1969) propone:

he = 0.379 q2/3 d50-1/6 per sabbia e limo con 6 10-5 < d50 (m) < 0.002 (4.13a)

he = 0.692 q2/3 d50-1/12 per sabbia e ghiaia con 0.002 < d50 (m) (4.13b)

la formula di Maza Alvarez ed Echavarria (1973) propone:

he = 0.365 q0.784 d50-0.157 per sabbia e ghiaia con d75 (m) < 0.006 (4.13c)

Nelle formule (4.13) compare la portata per unità di larghezza del canale: q (m2 s-1). Se ilfondo non è erodibile a differenza delle sponde, si deve porre nelle (4.13) he = h e si cal-cola la portata unitaria di equilibrio, dalla quale si deduce la larghezza del canale dopol’erosione.

Si deve comunque ricordare che anche in un tronco sostanzialmente in equilibrio si posso-no verificare erosioni pericolose del piede delle sponde se il thalweg si sposta lateralmentedurante la piena; è quindi prudente ammettere una possibilità di erosione, che secondo La-cey (1930) può raggiungere al massimo:

δ = 0.27 h (4.14)

ove la profondità media della sezione h_ è definita come rapporto tra l’area bagnata A e la

larghezza superficiale B:

h_ = A / B.

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IDRAULICA APPLICATA - A. A. 2005 - 06

43

4.3.1 EROSIONE IN CURVA

In una corrente in curva l’interazione tra la componente centripeta della velocità delle par-ticelle e il gradiente verticale di velocità produce: (a) l’innalzamento del pelo libero versola sponda esterna della curva; (b) la distorsione delle linee di corrente. Queste assumonoun andamento elicoidale che può essere ottenuto come composizione vettoriale della velo-cità media delle particelle, diretta secondo l’asse del fiume, e di una corrente secondariatrasversale: i filetti fluidi si spostano dal centro della sezione verso la sponda esterna incorrispondenza della quale si dirigono verso il fondo e quindi ritornano verso la spondainterna; da questa, i filetti si dirigono verso il centro della sezione con moto ascendenteverso la superficie libera. Il moto verso il basso asporta materiale dal fondo della parteesterna della curva, approfondendola e scalzando il piede della sponda; il moto verso l’altofa depositare il materiale trasportato dalla corrente. A causa di questi due movimenti, la se-zione trasversale assume forma asimmetrica come in fig. 4.7.

Poiché l’intensità del fenomeno aumenta all’aumentare della portata, al passaggio dellapiena che impegna tutto l’alveo inciso ed, eventualmente, esonda moderatamente anche sulpiano golenale, il letto sul lato esterno della curva si approfondisce e può causare il crollodella sponda; poiché la fossa di erosione, gorgo, viene gradualmente riempita dal sedi-mento nel periodo di deflusso ordinario, è opportuno considerare questo processo naturalecome un fenomeno erosivo.

Per valutazioni speditive si assume il rapporto tra il tirante d’acqua nel gorgo hg e la pro-fondità media sulla sezione all’attacco della curva:

hg

h_ = C

pari a: C = 1.50 per curve moderate, C = 2.00 per curve accentuate, C = 2.25 per curve consponde protette contro l’erosione. L’evidenza sperimentale indica che si possono raggiun-gere anche valori C = 4.00.

Sulla scorta di rilievi sperimentali Maynord (1996) propone di calcolare il rapporto pre-detto con la relazione:

hg

h_ = 1.8 – 0.051

RB + 0.0084

B

h_ (4.15)

che viene ritenuta valida se il corso d’acqua è naturale (non costretto tra sponde rivestite) eil letto è prevalentemente sabbioso con 1.5 < R / B < 10 e 20 < B / h

_ < 125: R è il raggio

di curvatura dell’asse del corso d’acqua.

Per una stima più prudenziale, nel caso di curve accentuate e in alvei relativamente stretticon B / h

_ < 40, l’U.S. Corps of Engineers consiglia l’uso della:

hg

h_ = 2.57 – 0.36 ln (

RB ) (4.16)

Il gorgo è meno evidente negli alvei in ghiaia, per i quali Galay e altri (1987) consigliano:

hg

h_ = 0.9 + 3.7

BR (4.17a)

per curve con angolo interno di circa 100°,

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hg

h_ = 1.2 +

BR (4.17b)

per curve con angolo interno di circa 60°; nelle curve con angolo inferiore a 60° la profon-dità del gorgo diventa trascurabile.

Si noti che l’altezza media h_ introdotta nelle formule (4.17) è misurata in corrispondenza

della curva.

4.3.2 EROSIONE ALLE CONFLUENZE

Alla confluenza tra due rami di un fiume ramificato o all’ingresso di un affluente nel corsod’acqua ricettore il letto si presenta irregolare in quanto viene eroso dai vortici generati dalmescolamento delle due correnti che, invece, depositano nelle zone di maggior calma imateriali movimentati. Il fenomeno è influenzato in modo ancora non ben definito damolte cause ed è difficilmente generalizzabile.

Per ricavare valutazioni di dettaglio è necessario costruire un modello idraulico in quanto ilprocesso di erosione e di deposito è fortemente influenzato dalla conformazione localedell’alveo. Per stime di prima approssimazione si può far ricorso a formule puramente em-piriche presentate alla metà degli anni ’80.

La massima profondità d’acqua hc a valle della confluenza è data da:

- per confluenze su letti in sabbia e ghiaia con angolo di confluenza 30° < θ < 90°:

hc

h_ = 2.24 + 0.031 θ (4.18a)

- per confluenze su letti in materiale fine e con correnti molto torbide:

hc

h_ = 1.29 + 0.037 θ (4.18b)

- per confluenze su letti in materiale coesivo:

hc

h_ = 1.01 + 0.030 θ (4.18c)

4.4 DIFESE RADENTI IN SCOGLIERA

Le opere in scogliera (dighe longitudinali, pennelli trasversali e longitudinali, rivestimentidi sponda) vengono dimensionate sul diametro caratteristico D30 del materiale costituentelo strato più esterno dell'opera, mantellata. Dal diametro D30 si deducono lo spessore e laforma della mantellata e della difesa al piede. Il diametro caratteristico si calcola con laformula:

D30 = Sf Cs CV CT h ⎣⎢⎡

⎦⎥⎤

⎝⎜⎛

⎠⎟⎞γ

γs-γ

½ VK1gh

2.5 (4.19)

ove compaiono:

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Sf coefficiente di sicurezza assunto pari a 1.10,

Cs coefficiente di stabilità assunto pari a 0.30 per pietrame da cava, a spigolo vivo,

CV coefficiente di correzione per la distribuzione della velocità sulla sezione, assunto

pari a 1.00 per correnti rettilinee o con RB >26; per correnti in curva risulta invece:

CV = 1.28 - 0.20 Log10 RB (4.20)

con: R raggio di curvatura dell'asse dell'alveo, B larghezza superficiale della cor-rente

CT coefficiente di spessore che viene posto uguale a 1 se il dimensionamento segue lenorme del USACE,

V velocità di progetto; se la corrente è rettilinea si assume come velocità di progettola velocità media della corrente: V = Vm. Per correnti in curva si pone V = Vss es-sendo:

Vss /Vm = 1.74 - 0.52 Log10 RB (4.21)

h tirante d'acqua medio; per correnti in curva si inserisce nella formula l' 80% deltirante medio,

γ peso specifico dell'acqua,

γs peso specifico della roccia,

K1 coefficiente di stabilità di sponda, funzione dell'angolo di inclinazione della spon-da θ e dell'angolo di riposo del materiale Φ, al solito assunto pari a 40°,

K1 = 1-sin

sin2Φ

(4.22)

Determinato il diametro caratteristico D30 viene ricavata dalla tab. 4.2 la distribuzione gra-nulometrica del materiale della mantellata caratterizzata dai pesi degli elementi con per-centuale di non superamento del 100%, del 50% e del 15%: P100 , P50 , P15 . E' ammesso perquesti elementi uno scarto tra il valore massimo e il valore minimo.

Lo spessore della mantellata T viene assunto pari al maggiore tra

T = D100 (4.23a)T = 1.5 D50 (4.23b)

nelle quali i diametri D100 e D50 corrispondono rispettivamente alle sfere di peso P100 eP50.

Infine può essere calcolato il rapporto D85/D15 che deve essere contenuto tra i limiti 1.4 e2.2 al fine di assicurare omogeneità alla mantellata:

D85D15

= ⎝⎜⎛

⎠⎟⎞D50

D30

3 (4.24)

In alternativa il diametro mediano del materiale può essere calcolato con la formula diIsbach:

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D50 = ⎣⎢⎡

⎦⎥⎤

C2

⎝⎜⎛

⎠⎟⎞γs-γ

γ

-1

V2

2 g (4.25)

ove, oltre ai simboli già definiti, compare: C coefficiente che vale 1.02 per correnti a bassaturbolenza oppure 0.86 se la turbolenza è elevata.

Le formule (4.19) e (4.25) sono da considerarsi equivalenti.

L'Agenzia Interregionale per il Po classifica il pietrame da utilizzarsi per le scogliere incinque categorie di prezzo a seconda che il peso dei massi sia:

1) 10-100 kg

2) 100-300 kg

3) 300 - 800 kg

4) 800-2000 kg

5) > 2000 kg

Nei punti ove sia temuta una erosione del fondo che possa far crollare la mantellata, deveessere approfondito il rivestimento oppure deve esserne difeso il piede.

Specialmente sulla riva concava delle curve la corrente è fortemente erodente; la previstaprofondità dell'erosione può essere stimata con le formule di § 4.3.1.

Quando non sia conveniente spingere il rivestimento di sponda al di sotto dell'attuale fondoalveo, il piede della mantellata viene difeso secondo lo schema di fig. 4.7; la difesa al pie-de ha spessore 1.5 T, con minimo spessore di 2 m.

La testa dei rivestimenti di sponda, dei pennelli o delle dighe risulta particolarmente espo-sta all'azione erosiva della corrente e, quindi, deve essere protetta secondo lo schema difig. 4.8.

Al di sotto della mantellata viene posizionato un filtro drenante costituito da uno strato dimateriale ben compattato. Il filtro ha:

- spessore Tf = T/10 con spessore minimo di 15 cm,

- peso dei granuli P f = P50/10 oppure P50/15; deve essere 0.1 kg < Pf < 500 kg.

Nel caso di riutilizzo di materiale d'alveo, questo deve essere accuratamente selezionatoper garantire il rispetto dei limiti visti sopra.

Il materiale formante il nucleo interno di pennelli o dighe longitudinali in scogliera ha lemedesime caratteristiche del filtro drenante.

4.5 TRASPORTO SOLIDO

La morfologia del letto fluviale e gli effetti su di essa delle opere in alveo sono stretta-mente legati al trasporto dei sedimenti da parte della corrente per mezzo dei processi di:

- trasporto al fondo, tipico del movimento del materiale più grossolano, che si muove vi-cino al fondo per scorrimento, rotolamento, saltazione;

- trasporto torbido, che sposta i materiali più fini sospendendoli, per effetto della turbo-lenza, nel nucleo della corrente.

Parte degli inerti trasportati dalla corrente si ritrova anche nel materiale costituente il fondo

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del fiume: questo è il materiale di fondo o bed-material load.

La portata di bed-material load dipende dalla portata liquida del fiume.

Il materiale molto fine - limi e argille – apportato dagli affluenti ovvero eroso dal terrenodelle sponde, dopo essere andato in sospensione non ritorna più al fondo nei cui depositiquesto materiale si trova depositato solo in minima parte: questo è il wash load; la compo-sizione del letto fluviale si trova così alleggerita delle parti più fini e quindi la granulome-tria del fondo risulta maggiore di quella del terreno originario.

La portata di wash load dipende dalla quantità di materiali fini apportati dagli affluenti.

4.5.1 TRASPORTO AL FONDO

Le formule di trasporto al fondo si applicano a corsi d’acqua con letto in materiale grosso-lano; nel seguito esaminiamo formule di trasporto che considerano i granuli tutti dello stes-so diametro: materiale uniforme. Poiché questo non accade in natura, la dimensione delmateriale è rappresentata con un diametro equivalente: diametro efficace o significativo.

DU BOYS (1879) suppone che il fondo si muova per scivolamento di strati sovrapposti, ilpiù veloce dei quali è in superficie. Se gli strati che si muovono sono n e l’n-esimo strato,il più profondo, è fermo, risulta che nello strato superficiale il materiale si muove con ve-locità:

us = (n –1) ∆u

ove ∆u è la differenza di velocità tra due strati contigui che viene ipotizzata costante dastrato a strato.

Detto d′ lo spessore del singolo strato, pari circa al diametro del granello, si ottiene laespressione della portata solida (in volume) per unità di larghezza della sezione (m2/s):

qv = 12 d′ n (n –1) ∆u (4.26)

Poiché lo sforzo τ0 di trascinamento al contorno deve uguagliare la resistenza di attrito of-ferta dagli n strati, detto fs il coefficiente di attrito si ottiene la relazione:

τ0 = fs (γs – γ) n d′

Poiché all’inizio del movimento anche la velocità dello strato superficiale è nulla, risulta:

τc = fs (γs – γ) d′

e si deduce:

n = τ0

τc

Sostituendo n nella (4.26) risulta:

qv = Cd τ0 (τ0 – τc) con Cd = d' ∆u2 τc

2

I valore del coefficiente Cd e dello sforzo critico τc sono stati ricavati da Straub con espe-rimenti in laboratorio; facendo riferimento alla portata solida in peso qs (kg m-1 s-1):

qs = Cd τ0 (τ0 – τc) per τ0 >τc (4.27)

risulta:

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Cd = 0.17d3/4 (m3 kg-1 s-1) τc = 0.061 + 0.093 d (kg m-2)

ove d (mm) è il diametro significativo del materiale trasportato. La (4.27) dice che il mo-vimento del fondo si verifica solo se lo sforzo al contorno supera il valore critico e che ilvalore dello sforzo critico trovato da Straub è più grande del valore (4.9c) di Shields nellacondizione, sottintesa da Straub, che Re* > 500.

Applicando l'analisi dimensionale, SHIELDS ricavò nel 1936 dai suoi esperimenti una rela-zione tra rapporti adimensionali che può essere riscritta nella più comoda forma:

qs = 10 q S0 (τ0 – τc)(r - 1) d (4.28)

ove: qs (kg m-1 s-1) è la portata solida in peso per unità di larghezza, q (m2 s-1) è la portataliquida, r = γs/γ è il peso specifico relativo del sedimento e, quindi, (r - 1) è il peso specifi-co immerso relativo; si noti che nel termine di destra della (4.28) compare la differenza tragli sforzi tangenziale al contorno e il valore critico, da calcolarsi in questo caso secondol'abaco di Shields.

MEYER-PETER E MUELLER proposero nel 1948 una formula dedotta dai loro esperimentipresso il Politecnico di Zurigo (ETH), che è ancora oggi tra le più utilizzate nei paesi euro-pei. La formula originale può essere riscritta nella forma seguente proposta da Chien che èpiù comoda da ricordare:

Φ2/3 = 4 [ ( n'n )3/2 τ* - 0.047 ] (4.29a)

nella quale compare, a sinistra, il parametro adimensionale della intensità di trasporto:

Φ = qs

γs [

1g (r - 1) d3 ]

1/2(4.29b)

e, a destra, lo sforzo adimensionale di trascinamento che viene corretto con il rapporto, chenon diventa mai superiore all'unità, tra il coefficiente di Manning dovuto alla sola scabrez-za dei granuli:

n = d90

1/6

26 (4.29c)

calcolato attraverso una relazione molto simile alla relazione di Strikler (1.21b) e il coeffi-ciente di Manning corrispondente alla resistenza complessiva del fondo causata dai granulie dalle forme di fondo, come si disse in § 1.7.2: con questa correzione la (4.29a) tieneconto che soltanto una parte della energia dissipata dalla corrente viene spesa per movi-mentare il fondo. Il valore 0.047, corrispondente allo sforzo critico di inizio del movimentoper Re* > 500, è leggermente inferiore a quello dato dalla (4.9c).

Alla fine degli anni '40 anche Einstein ottenne, con i suoi studi condotti all'ETH, una for-mula per calcolare la portata solida di trasporto al fondo. Questa formula è stata semplifi-cata e resa di impiego più agevole da Brown nel 1950.

La formula EINSTEIN - BROWN è:

Φ = 40 F τ*3

per τ* ≥ 0.182 (4.30a)

0.465 Φ = F exp (- 0.391

τ*

) per τ* < 0.182 (4.30b)

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Il parametro F tiene conto dell'effetto della velocità di sedimentazione dei granuli sul tra-sporto del sedimento e vale:

F = [ 23 +

36 ν2

g (r - 1) d3 ] 1/2

- [36 ν2

g (r - 1) d3 ] 1/2(4.30c)

Nella (4.30c), insieme con le grandezze appena definite, compare anche la viscosità cine-matica ν.

4.5.2 TRASPORTO TORBIDO

Le particelle di sedimento, che in acqua ferma sedimentano con velocità di sedimentazionew, sono sostenute dai moti turbolenti che rimescolano continuamente il fluido e quanto è inesso contenuto, secondo un processo di diffusione turbolenta, che sposta il contenuto dellacorrente dalle zone a maggiore concentrazione di sedimento a quelle a minore concentra-zione.

La concentrazione volumetrica è definita come rapporto tra volume del sedimento conte-nuto nel campione prelevato e volume complessivo, acqua + sedimento, del campione:

C = VsV =

VsVa + Vs

Considerando i due volumetti unitari rappresentati in fig. 4.9, scriviamo la relazione di bi-lancio delle portate solide, scambiate in direzione verticale, che attraversano l'area unitariaevidenziata in figura:

C w + εs d Cd z = 0 (4.31)

Il coefficiente di diffusione turbolenta εs è molto più grande del coefficiente di diffusionemolecolare, che viene quindi trascurato nella (4.31), e aumenta all'aumentare della distanzaz dal fondo. Se, per semplicità, il coefficiente εs viene supposto costante si ottiene dallaintegrazione della (4.31):

C = Ca exp [ − w εs

(z- za )] (4.32)

ove Ca è la concentrazione di sedimento alla distanza za dal fondo equivalente allo spesso-re dello strato limite nel quale la concentrazione scende rapidamente a zero.

Integrando sull'altezza h della sezione idrica, la portata torbida in peso risulta:

qs = ⌡⌠a

h γs C u dz ≈ γs Ca U eh (4.33)

ove si è supposto, per semplicità, che ovunque sulla sezione u ≈U, velocità media, e che a≈ 0. Seguendo una procedura meno semplicistica, Einstein ha prodotto una formula per iltrasporto torbido che non viene qui riportata, essendo di impiego piuttosto oneroso.

4.5.3 TRASPORTO TOTALE

La portata totale del materiale d'alveo trasportato dalla corrente è data dalla somma dellaportata solida di fondo e della portata torbida. Tra le numerose formule note dalla letteratu-ra tecnica consideriamo la relazione di ENGELUND E HANSEN (1967) che è tra le più utiliz-zate. L’intensità di trasporto Φ è legata allo sforzo adimensionale di trascinamento τ*

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dalla:

f ' Φ = 0.1 τ*2.5

essendo f ' = 2 ( u*U )

2(4.34a)

nella quale compare la velocità di attrito u* = g R S0 e la velocità media U della corren-te. La formula è stata ricavata per fiumi con sedimento di diametro significativo d50 < 0.15mm, ma l'esperienza mostra che può essere applicata anche nel caso di sedimento più gros-solano.

Con un approccio teorico analogo a quello di Engelund e Hansen, nel 1973 ACKERS E

WHITE ricavarono la formula della portata solida totale Qs (kN s-1) in funzione della portataliquida Q espressa in (kN s-1):

QsQ = c r

dR (

U u* )

n (FgA - 1)

m(4.35)

Nella (4.35) compare il numero di mobilità:

Fg = u*

n

[g (r - 1) d]1/2

[

U(32)1/2 log(10 R/d) ]

1 - n(4.36)

Determinato il diametro adimensionale del granulo:

dg = d [ g (r - 1)

ν2 ]1/3

(4.37)

i coefficienti c, n, A, m i cui valori sono dati nella tabella 4.3 per diametro adimensionaledg superiore oppure inferiore a 60.

La (4.35) rappresenta la portata di solo trasporto al fondo quando il sedimento è grossola-no, ossia per dg > 60, in quanto i termini che dipendono dalla velocità di attrito si annullanoe il contributo della torbida diventa insignificante.

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6. LISTA DELLE FIGURE

1.1 Grandezze geometriche della corrente a superficie libera1.2a Variazione della energia specifica con il tirante idrico a portata assegnata1.2b Variazione del tirante idrico con la portata a energia specifica assegnata1.3a Variazione della spinta totale con il tirante idrico a portata assegnata1.3b Variazione del tirante idrico con la portata a spinta totale assegnata1.4 Moto uniforme1.5 Forme di fondo1.6 Scala di deflusso del Pigeon Roost Creek1.7 Abaco di Engelund e Hansen1.8 Profilo di velocità in un alveo inerbito1.9 Coefficiente di Manning in alvei inerbiti1.10 Sezione composta1.11 Sezione semplice con scabrezza variabile sul contorno

2.1 Equazione del moto permanente nel canale2.2 Classificazione dei profili di rigurgito2.3 Stramazzo laterale e canale collettore2.4 Condizioni di risalto incipiente2.5 Posizionamento del risalto2.6 Tipi di risalto2.7 Lunghezza del risalto2.8 Canale con stramazzo laterale e Canale collettore

3.1 Presa da un lago: calcolo della portata3.2 Canale con tronco a sezione ristretta: (a) riduzione di larghezza, (b) soglia di fon-do3.3a Curva h = h(q) per E = costante3.3b Curva E = E(h) per Q = costante3.4 Curva rL = r (F0)3.5 Efflusso sotto la paratoia piana: (a) libero, (b) rigurgitato3.6 Curva Σ = Σ(h) per Q = costante

4.1 Conformazioni planimetriche dell’alveo 4.2 Parametri geometrici del letto fluviale4.3 Inizio del movimento: equilibrio tra forze resistenti e forze di trascinamento4.4 Abaco di Shields4.5 Distribuzione dello sforzo tangenziale sul contorno dei canali di sezione trapezia4.6 Forze agenti su un granulo della sponda4.7 Forma della sezione in corrispondenza del dosso e del gorgo4.8 Protezione della testa dei pennelli e delle dighe longitudinali4.9 Bilancio del trasporto torbido

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7. LISTA DELLE TABELLE

1.1 Valori della scabrezza significativa ks

1.2 a Valori del coefficiente di resistenza di Manning: n - Canali1.2 b Valori del coefficiente di resistenza di Manning: n - Corsi d’acqua minori1.3 Tabella per il calcolo del coefficiente di resistenza di tronco1.4 Classificazione dei sedimenti1.5 Classificazione della vegetazione dei canali per l'uso dell'abaco del USSCS1.6 Coefficiente di ritardo per classe di vegetazione nei canali1.7 Coefficienti della formula di resistenza di Kouwen (1981)1.8 Densità di vegetazione per diverse essenze [DVWK, 1991]

4.1a Valori di velocità ammissibile in canali rettilinei (U.S. Bureau of Reclamation)4.1b Valori di velocità ammissibile per suoli coesivi4.2 Ripartizione granulometrica degli elementi della mantellata (USACE)4.3 Coefficienti della formula di Ackers e White