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1 25 luglio 1962 Sono a Treviso da quasi un mese. Dal IX Gruppo della Quarta Aerobrigata siamo venuti su in tre, Massimo Cerracchio, Orazio Gentile ed io. Inizia così a concretizzarsi, anche per noi, il ciclo di addestramento che si concluderà, tra parecchi mesi, forse tra un anno, con il passaggio sul mitico F104 Starfighter, il nuovo caccia doppiamente supersonico, che l’aeronautica militare italiana, insieme a Germania, Olanda e Belgio ha acquistato ed è in procinto di mettere in linea. Per noi piloti da caccia intercettori, provenienti dall’F86E, il programma addestrativo prevede un primo ciclo di trenta ore sul velivolo “bersaglio” RT33, seguito da un altro ciclo di altre trenta ore sul caccia intercettore “ogni tempo” F86K. Quest’ultimo è un caccia simile a quello sul quale voliamo noi (l’F86E), ma è una versione successiva, più sofisticata, con migliore strumentazione e con il radar da attacco che permette di intercettare e attaccare il bersaglio nemico anche in condizioni di scarsa visibilità (senza vederlo). L’F86K inoltre ha il postbruciatore e le alette di ipersostentazione sulle ali (gli Slat). Tutte queste caratteristiche lo rendono più vicino al F104, e l’ufficio studi dell’Aeronautica ritiene raccomandabile fare questo passaggio preventivo, che, anche se molto costoso, ci porterà ad essere più maturi e tecnicamente preparati al momento dell’addestramento sulla macchina definitiva. Il passaggio sull’F104 lo faremo infine in Germania, nella base interforze di Jever, con un istruttore non necessariamente italiano. F86K della 51^ Aerobrigata T33 della 51^ Aerobrigata Il programma è impegnativo e noi ne siamo entusiasti. Siamo i più giovani piloti italiani, inseriti nel programma, che comprende un totale iniziale di sedici piloti da caccia. Sappiamo che siamo stati scelti uno per uno, e siamo estremamente motivati. Per un pilota da caccia fare il passaggio su una nuova macchina è sempre entusiasmante, ma in

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25 luglio 1962

Sono a Treviso da quasi un mese.

Dal IX Gruppo della Quarta Aerobrigata siamo venuti su in tre, Massimo Cerracchio,

Orazio Gentile ed io. Inizia così a concretizzarsi, anche per noi, il ciclo di addestramento

che si concluderà, tra parecchi mesi, forse tra un anno, con il passaggio sul mitico F104

Starfighter, il nuovo caccia doppiamente supersonico, che l’aeronautica militare italiana,

insieme a Germania, Olanda e Belgio ha acquistato ed è in procinto di mettere in linea.

Per noi piloti da caccia intercettori, provenienti dall’F86E, il programma addestrativo

prevede un primo ciclo di trenta ore sul velivolo “bersaglio” RT33, seguito da un altro

ciclo di altre trenta ore sul caccia intercettore “ogni tempo” F86K. Quest’ultimo è un

caccia simile a quello sul quale voliamo noi (l’F86E), ma è una versione successiva, più

sofisticata, con migliore strumentazione e con il radar da attacco che permette di

intercettare e attaccare il bersaglio nemico anche in condizioni di scarsa visibilità (senza

vederlo). L’F86K inoltre ha il postbruciatore e le alette di ipersostentazione sulle ali (gli

Slat). Tutte queste caratteristiche lo rendono più vicino al F104, e l’ufficio studi

dell’Aeronautica ritiene raccomandabile fare questo passaggio preventivo, che, anche se

molto costoso, ci porterà ad essere più maturi e tecnicamente preparati al momento

dell’addestramento sulla macchina definitiva. Il passaggio sull’F104 lo faremo infine in

Germania, nella base interforze di Jever, con un istruttore non necessariamente italiano.

F86K della 51^ Aerobrigata

T33 della 51^ Aerobrigata

Il programma è impegnativo e noi ne siamo entusiasti. Siamo i più giovani piloti italiani,

inseriti nel programma, che comprende un totale iniziale di sedici piloti da caccia.

Sappiamo che siamo stati scelti uno per uno, e siamo estremamente motivati. Per un

pilota da caccia fare il passaggio su una nuova macchina è sempre entusiasmante, ma in

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questo caso l’obiettivo finale è l’aereo da caccia più moderno e prestigioso che esista, il

nuovissimo F104 G, l’aereo che ha le prestazioni più elevate fra tutti gli aerei da caccia del

mondo!

F104 Starfighter

Ho già fatto una diecina di voli sul RT33. Sono inquadrato nella “Squadriglia Bersagli”, il

cui compito è quello di fornire appunto bersagli ai gruppi da caccia che volano sull’F86K

della 51^ Aerobrigata. Noi decolliamo dall’aeroporto di Istrana , saliamo ad una quota di

circa 30.000 piedi (9000 metri) e sotto controllo di un radar militare voliamo mantenendo

invariate prua, quota e velocità, così come farebbe un eventuale bombardiere che

dovesse attaccare l’Italia con armamento convenzionale o atomico. Dagli aeroporti di

Istrana o di Pisa, su allarme dato dal radar della difesa aerea, decolla una coppia di caccia

F86K per intercettare ed abbattere il “bombardiere nemico”.

Questa è la nostra attività operativa attuale, simuliamo di essere dei bombardieri ostili, e

gli intercettori ci attaccano e simulano di abbatterci. Talvolta non c’è necessità di

“Bersagli”, allora pianifichiamo voli di navigazione e procedure strumentali di

avvicinamento ed atterraggio. Anche questo è un addestramento utile per il nostro

programma.

Ma abbiamo poco più di vent’anni, siamo forniti di automobile e qualche soldo in tasca,

(caratteristiche non frequenti fra i giovani dell’epoca) ed abbiamo tanta voglia di vivere.

Treviso, città di provincia, non è un terreno di caccia molto facile, ma vicino c’è la spiaggia

di Jesolo, frequentata dai turisti, ed è là che si svolgono le nostre imprese galanti. Il mio

partner abituale è Orazio, anche perché Massimo è fidanzatissimo con Angela Volpe e

quando è libero va a Napoli.. Lo scorso week-end siamo stati al lido di Venezia a trovare

Sergio Bedeschi, ed abbiamo conosciuto suo padre, è vedovo, ci parla di sua moglie

deceduta da poco. Una delle ragazze, che ci accompagnano, ne rimane particolarmente

affascinata, lo vorrebbe consolare ….

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Oggi avevo in programma una navigazione in circuito chiuso, decollo verso le 1600 e

atterraggio previsto alle 1730. Massimo mi ha chiesto di cambiare il volo con il suo: volo

bersaglio con decollo alle 2130 e durata di circa due ore. Mi dice che deve arrivare Angela

da Napoli, accompagnata dai genitori di Massimo, e così potranno andare insieme a cena.

Non ho impegni importanti e accetto; quindi decollerò in serata.

Oggi pomeriggio è arrivato da Grosseto il nostro comandante di gruppo, il Magg. De

Paolis, e mi ha portato una grande scatola di cioccolatini Perugina, omaggio dell’Aero-

club di Perugia. Il giorno 21 giugno, prima di partire per Treviso, con quattro velivoli F86E

(Tony Ferri Leader, io gregario sinistro, Massimo gregario destro ed il maresciallo Saccani

fanalino di coda) abbiamo fatto una manifestazione aerea davanti ad una grande folla

sull’aeroporto di Perugia. De Paolis ci dice che la direzione dell’Aero-club ha voluto

ringraziarci, affermando che abbiamo avuto un grande successo, siamo stati bravi e ci ha

mandato in omaggio una scatola di cioccolatini perugina per ciascuno.

Mi fa molto piacere, sia perché abitualmente non ci ringrazia mai nessuno, sia per il

giudizio lusinghiero dato da altri piloti. Sappiamo che il successo è dovuto alla bravura del

Leader, pilota di grande esperienza, già membro della pattuglia acrobatica del cavallino

rampante, ma sappiamo anche di aver contribuito bene, ciascuno per la sua parte, al

successo della manifestazione aerea.

Dopo averla aperta, lascio la scatola dei cioccolatini, integra, sulla scrivania. E’ molto

ricca, con tutti i cioccolatini della migliore produzione Perugina. La sistemerò al rientro dal

volo e, penso, la regalerò ai miei nipotini, i figli di mio fratello Sergio, morto

improvvisamente due mesi fa.

Alle 2000 sono all’aeroporto di Istrana.

Faccio il briefing meteo, il tempo è ottimo, compilo il piano di volo ed una campagnola mi

accompagna all’aeroplano. Mi aspettano due sottufficiali per assistermi alla partenza; è

quasi notte, il mio è l’ultimo volo della giornata. Faccio il controllo esterno del velivolo, è

tutto a posto; Indosso il paracadute; il sergente che mi assiste nella vestizione è

particolarmente accurato, dopo che ho chiuso le cinghie sulla pancia, mi stringe bene

l’imbracatura tra le gambe e ridendo dice “Queste cinghie è meglio stringerle bene, non si

sa mai, i gioielli vanno protetti!”

Salgo a bordo. Rimuovono la scaletta. Metto in moto, rullaggio e decollo alle 2135.

Il tempo è meraviglioso, aria calma. Salgo a 30.000 piedi, sono sotto il controllo di

“Pioppo”, il radar militare che mi assiste verso la zona di operazioni. Il mio aereo non ha

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l’autopilota, pertanto sono impegnato in un pilotaggio manuale preciso, ma il tempo non

perturbato mi permette una condotta tranquilla del volo. Tra poco arriveranno gli

intercettori, il radar me lo comunicherà ed io sarò ancora più preciso nel rispetto dei

parametri del volo.

Sono le 2220, gli intercettori hanno già fatto un attacco, io ho cambiato rotta, ora sono

sulla Toscana con rotta sud. Si accende una spia ambra che mi dice che ho esaurito il

carburante dei serbatoi sganciabili delle estremità alari. Il sistema di alimentazione

carburante provvede automaticamente a prelevare ora il cherosene dal serbatoio centrale

superiore, ma io devo disinserire le pompe dei serbatoi alari. Il radar contemporaneamente

mi comunica che inizia il nuovo attacco. Provvederò, ad attacco finito, a sistemare i

selettori e le pompe dei vari serbatoi.

In coda, di fianco, nella notte stellata, distinguo le luci fievoli dei due velivoli che si

avvicinano, sono più veloci del mio aeroplano di quasi cento nodi. Ora scompaiono

sotto la coda, tra poco, uno alla volta li vedrò ricomparire alla mia destra vicinissimi, nella

virata di scampo dopo l’attacco.

Verifico meglio gli strumenti, prua, quota, velocità, parametri motore…..

Baaaaang!!! ….

Un urto tremendo! Come se fossi investito da un treno….Seguito da fuoco, un fuoco

totale!….. Mi sembra di essere dentro un grande fiammifero nel momento che prende

fuoco……… Vibrazioni…fuoco…rumori e scosse ..…un vortice di fuoco…

”E’ arrivato il mio turno!” .Mi sono messo istintivamente le mani sulla faccia mi

raccomando a Dio e penso a mio padre …. … “ha già perso un figlio due mesi fa”…

L’aereo non c’è più … è un relitto infuocato che sbatte incontrollato… da davanti in basso

mi viene in faccia un vortice di fuoco con un rombo come se avessi davanti al viso il getto

di un motore a reazione….

“Non sono morto!…. Mi posso lanciare!” … abbasso le mani sui braccioli….c’è la leva

del seggiolino….la tiro su…si estende il grilletto…. Tiro il grilletto!… Un boato! Una

grande botta sotto il sedere! La carica esplosiva mi proietta fuori dal velivolo.

Sono fuori dell’aereo, giro vorticosamente nel buio, … un gran turbinio…..

Ragiono….”questo paracadute non ha l’apertura automatica legata alla quota….

devo aprirlo io……devo trovare la maniglia….dove sta?…..”. Nel buio mi tasto sul

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petto cercandola… “Ecco la maniglia!” … Un bello strappo….ora!”….Un altro grande

colpo, una grande frenata…..silenzio!!!!….

Calma assoluta!!!..... ……Silenzio!!! ….

Sono appeso al paracadute…in cielo….. nella notte!

Sotto di me vedo tutta la costa del Tirreno illuminata, le luci delle città sulla costa, più

avanti il buio del mare. Sono chiaramente sulla terraferma. Mi sembra di essere fermo nel

cielo. Sono ancora ad altissima quota. So che metterò molto tempo a scendere, almeno

mezz’ora! Nell’urto ho perso il casco e la maschera, quindi non ho l’ossigeno!…. Non

sento difficoltà a respirare, ma so che mi occorre l’ossigeno. mi ricordo chiaramente:

“prima di lanciarmi ho messo le mani in faccia ed ho toccato la faccia, quindi avevo

già perso la maschera!”….Guardo in basso e vedo che sotto le gambe pende un

tubicino…. ”E’ quello dell’ossigeno! E c’è anche la bomboletta!”….Il paracadute mi

tira verso l’alto, ma con grande sforzo, riesco a raggiungere il tubicino, lo tiro verso di me,

viene su anche la bomboletta, la apro tirando il cavo apposito, mi metto il tubicino in bocca

e respiro ossigeno puro.

“Il cielo dei piloti era già pieno di Sparvieri, … non c’era il posto per me! “

La foto mostra il lancio sperimentale di un pilota collaudatore da un T33 biposto.

L’aereo di Marco è un monoposto dello stesso tipo, con un serbatoio supplementare realizzato nello

spazio del secondo pilota. Al momento del lancio l’aereo aveva perso la coda tranciata dall’altro

aeroplano, era completamente fuori controllo ed avvolto dalle fiamme del carburante che aveva

preso fuoco.

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Faccio il punto della situazione:

non ho più la lampadina tascabile che era appesa al collo, non posso segnalare la mia

presenza, nella notte nessuno mi vede!

L’orologio da polso si è perso, anche il cosciale è volato via, le mani sono bruciate, la pelle

del dorso delle mani si è sollevata ed aperta ora è crostosa, ma le mani funzionano, il viso

è appiccicaticcio, chiaramente bruciato, copro un occhio alla volta… ci vedo da tutti e

due……le orecchie…le tocco, mi sembrano integre…..

Comincio a sentire freddo…. So che sono a temperatura molto bassa, forse a 35-40

gradi sotto zero…. Provo a proteggermi il dorso delle mani che mi fanno male: troppo

freddo! …. Non riesco neanche a raggiungere le tasche per proteggerle dal freddo.

E se provassi a chiudere il paracadute per accelerare la discesa?…. ci provo, ma ci

vuole troppa forza, non ce la faccio!

Basta!… Bisogna aspettare. ………Passa il tempo…….Sono congelato!

Sotto di me, lontano, fra le luci delle case e delle macchine, vedo due luci più brillanti,

sono due incendi, distinguo le fiamme, sono certamente i due aeroplani caduti che

bruciano.

Dopo tanto tempo….mezz’ora?….quaranta minuti?… Sento rumori di clacson. “Sto

arrivando a terra!” … mi preparo per l’urto, piego le gambe, metto le mani davanti al viso,

ho visto che sto per atterrare in una zona buia, intorno ci sono strade, non so valutare a

quanta distanza, ma sono al centro della zona buia. Le strade si allontanano, scompaiono,

un’altra gran botta, sono a terra!

Rotolo su me stesso. Mi alzo, sono ancora legato al paracadute che si è afflosciato su un

albero al mio fianco. E’ buio ma distinguo altri alberetti intorno, sono caduto in un frutteto,

mi sgancio dal paracadute, le mani mi bruciano, ho brividi di freddo, ma devo trovare

qualcuno cui chiedere aiuto.

Scendendo ho visto che intorno ci sono delle strade con auto in movimento, devo

camminare dritto fino ad incontrarne qualcuna. Cammino nei campi, trovo un viottolo, lo

seguo, ecco una casa.

“Aiuto!…C’è nessuno?… Aiuto! Aiuto!!” Niente, nessuna risposta.

Proseguo. Sento il rumore di un motore, mi sembra un trattore, vado in quella direzione

seguendo un viottolo. Vedo un fascio di luce dietro una collina, una moto viene verso di

me, mi metto in mezzo alla strada a braccia alzate… “Lo devo fermare”… “Aiuto!”

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si ferma, mi guarda sbigottito: “Cosa è successo?”

E’ un ragazzo, mi vede fumante, tutto bruciato, il viso nero, puzzo di bistecca e di

carburante. Gli spiego in due parole l’accaduto, chiedo assistenza di un dottore. Mi

accompagna ad un casale vicino, accorre gente, mi coprono con una coperta, ho un gran

freddo, tremo violentemente, ancora coperte, trovano una Fiat Seicento, andiamo a

cercare un dottore nei paesi vicini.

Dopo inutili ricerche, è quasi mezzanotte, mi portano all’Ospedale di Fucecchio. Il

medico di guardia mi libera, con le forbici, della tuta di volo, in gran parte bruciata. Mi fa

mettere alcune stufe elettriche intorno, per scaldarmi, e mi fa una iniezione. Pian piano sto

meglio. Chiedo di informare il tenente Giovanni Persico dell’aeroporto di Pisa.

E’ un mio collega del corso d’Accademia del quale sono particolarmente amico. Penserà

lui ad avvertire la mia famiglia.

Ciò che è rimasto del T33 di Marco

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La coda del T33 ritrovata a Km di distanz

Mappa dell’incidente tratta da “La Nazione del 27/5/1962

Il seggiolino eiettabile

Lo schienale è poggiato a terra e il poggiatesta è a destra.

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Fucecchio e Letizia

Sono in camera, nell’Ospedale di Fucecchio, mi hanno fatto una iniezione calmante

(morfina?), mi hanno ripulito, disinfettato e curato. Non ho più quel freddo terribile, non

sento dolore. Sto proprio bene!

E’ notte, saranno le due, ma non dormo, sono arrivati da Pisa alcuni colleghi, altri

continuano ad arrivare. Tra loro alcuni amici del corso Sparviero. C’è una atmosfera di

entusiasmo ed eccitazione.

Io racconto nei dettagli le fasi dell’incidente. Me la sono cavata! Mi guardano contenti e

partecipi, ma perplessi. Mi diranno dopo che io apparivo tutto bruciato, in gran parte

nerastro, nella stanza ed anche fuori aleggiava un forte odore di bistecca e gasolio. La mia

gran voglia di raccontare i particolari dell’incidente, la mia euforia sembrava fuori luogo e

dava l’idea che io fossi andato fuori di testa!

Da parte loro mi dicono che lo spettacolare incidente è stato visto da un gran numero di

persone, compresi alcuni di loro. Nella notte, prima il gran botto in alto, una fiammata

improvvisa nel buio del cielo, che subito si divide in due oggetti infiammati che scendono

lentamente dal cielo, ingrandendosi progressivamente fino ad essere identificati come due

aerei in fiamme privi di controllo che si avvitano fino a terra. I due aerei sono caduti ad un

paio di chilometri di distanza l’uno dall’altro, senza fare altre vittime.

Saprò poi che il mio aereo è caduto a pochi metri da una casa colonica con dentro la

famiglia Zagaglia, in località Castel del Bosco, miracolosamente senza ferire nessuno. Gli

Zagaglia, senza perdersi d’animo, hanno attaccato la motopompa ed hanno spento

l’incendio dei resti dell’aereo prima che arrivassero i vigili del fuoco. Nel mentre io ero

ancora per aria, scendendo nel buio, col mio paracadute senza che nessuno potesse

sospettarlo.

L’altro pilota, il sergente maggiore Car , mi dicono, si era lanciato anche lui, e leggermente

bruciato alle sole mani, era stato trovato vicino alla ferrovia e ricoverato in un altro

ospedale in stato di forte shock.

Ricordo nei giorni successivi le medicazioni. Dolorosissime! Le ustioni erano estese: tutto

il viso, le mani e le braccia. Per mia fortuna da poco era stata messa a punto una nuova

pomata gialla (il Foille?) che dicevano miracolosa.

In realtà, a parte il dolore dei primi giorni, la degenza è stata breve e non ha lasciato

eccessive tracce. Ho avuto infatti solo ustioni di primo e secondo grado, una sola ustione

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di terzo (che ancora si vede), limitata alla zona del dito anulare sinistro dove portavo

l’anello d’oro del corso Sparviero, anello che evidentemente si era arroventato. A ridurre

drasticamente le conseguenze delle ustioni è stata certamente la immediata esposizione

di tutto il corpo al gran freddo della incredibile temperatura di 35-40° sotto zero, avvenuta

immediatamente dopo l’esposizione alle fiamme, a seguito del lancio a trentamila piedi di

altezza (9000 metri), freddo che ha fermato il processo di degrado delle parti lese.

Nel periodo della degenza, dall’indomani, un gran numero di visite. Per primo un tenente

colonnello medico, il dott. Durante, in servizio a Pisa. Saprò dopo che è il padre di un

amico napoletano di Letizia, amico che mi farà da testimone di nozze. Poi quelle ufficiali

del rappresentante del governo, il generale comandante della regione aerea, i colonnelli

comandanti delle due aerobrigate coinvolte (la Quarta e la Cinquantuno) e via via

scendendo di grado e di livello fino a tutti gli amici ed i colleghi. E’ venuto a trovarmi anche

il capitano Pitzalis, pilota del secondo aereo attaccante, mi ha raccontato quello che ha

visto dell’incidente. Lui era dietro di qualche centinaio di metri rispetto all’aereo di CAR e la

procedura di attacco gli appariva regolare, poi, improvvisamente una enorme esplosione,

una palla di fuoco che riesce ad evitare per miracolo tirando via il suo aereo con la

massima energia. Impossibile ci fossero superstiti! Lui dopo aver virato per vedere se si

vedeva traccia di paracadute, rimanendo prudentemente in quota, per non investirci,

anche su istruzione del radar, rientrava a Pisa per l’atterraggio. Era convinto che non

potessero esserci sopravissuti.

Ad assistermi sono venuti dalla Sardegna i miei fratelli Raimondo e Tina, quest’ultima si è

trattenuta per tutta la degenza.

Più importante di tutti, al terzo giorno di degenza una telefonata, è una mia vecchia amica

di quando ero allievo dell’Accademia, che, dopo anni, avevo rivisto, per caso, una

settimana prima, di passaggio a Firenze durante un mio viaggio di trasferimento diretto a

Treviso. Avevamo cenato assieme.

“Pronto… Sei Marco?… Sono Letizia. ….Come stai?…. Ho letto sul giornale….Non ci

volevo credere!….Mia mamma me lo aveva nascosto ….Abbiamo bisticciato! Voglio venire

a trovarti … Dove è Fucecchio?….Chi mi può accompagnare?… Come si chiama?….

dammi il telefono …”

Ricordo quando è arrivata in ospedale, avevo la faccia, le braccia e le mani bruciate,

coperte di pomate e garze, i capelli bruciati…. Mi avevano tolto dalla stanza ogni specchio

ed io non potevo vedermi in faccia.

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…Sentivamo alla radio una canzone in voga che faceva: ”Abat-jour che diffondi la luce blu,

di lassù tu sospiri, chissà perché?….” e Letizia mi sfiorava con la mano il piede che

sbucava dal lenzuolo. Era l’unica affettuosità possibile in quel momento.

…. E’ tornata spesso a trovarmi, trovando non senza difficoltà un passaggio, una volta col

suo zio Mario o con altri ancora, superando le difficoltà, come da suo carattere…

Dopo la convalescenza, sono stato io ad andarla a trovare, questa volta a Napoli.

Letizia

Una gazzella elegante, bella, fremente, spontanea, sensibile, affettuosa, generosa,

intraprendente, talvolta avventata, insofferente delle regole, selvaggia.

La mia donna ideale! Aveva le carte in regola perché mi innamorassi. Un anno e due mesi

dopo univamo le nostre vite nella cappella ducale di palazzo Pitti a Firenze.

1962 Letizia e la sua acconciatura dell’epoca

Marco e Letizia neo sposi sotto l’arco delle sciabole

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Gli sposi, al centro, con i colleghi di Marco, al ricevimento di nozze all’hotel Anglo-Americano a Firenze. Si

riconoscono da sinistra Massimo Cerracchio, Fabio Colussi, Claudio Mantovanelli, Rodolfo Guerra, Gigi

Conti, Giovanni Persico, il maggiore Vitantonio Fiore (comandante del IX gruppo) Luigi Da Campo e

Giovanni Ghezzi.

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Uscita dall’Ospedale

Sono passate due settimane dalla serata dell’incidente. Il primario dell’ospedale di

Fucecchio, ieri mi ha permesso di alzarmi dal letto, gli ho detto che voglio essere dimesso

appena possibile. Voglio riprendere, appena possibile, a volare. Ci tengo a non perdere il

mio posto nel programma dell’F104.

Ho avuto finalmente l’autorizzazione a guardarmi nello specchio, la pelle del viso e delle

mani, salvo qualche crosta ancora presente qua e là, è di colore rosa, comica,

delicatissima, mi fa pensare alla pelle di un maialetto appena nato.

I capelli, ciglia e sopraciglia, bruciati, sono cortissimi ed arricciati. Sono irriconoscibile!

Orazio Gentile, su mia richiesta, ha portato, da Treviso, la mia alfa Romeo Giulietta.

E’ carica dei miei effetti personali che, mi racconta, assieme al comandante del nostro

gruppo di volo, il maggiore De Paolis, la sera dell’incidente, aveva riunito, facendo

l’inventario e compilando un rigoroso verbale, prima che si sapesse, verso mezzanotte,

che ero sopravissuto.

Mi racconta che a quel punto c’era stata grande euforia, avevano interrotto la raccolta e la

registrazione delle mie cose e avevano brindato alla mia salute. Ci ridiamo sopra, sono il

primo dello Sparviero che se la cava dopo un incidente di volo, … e che incidente!

Qualcun altro mi ha portato alcuni reperti: il pitot (è la sonda esterna per la misurazione

della velocità) recuperata fra i rottami del mio aereo e la bussola elettrica dell’F86K

investitore. Ho avuto anche una copia del quotidiano La Nazione di Firenze che racconta,

con qualche imprecisione, la dinamica dell’incidente. (Tutti cimeli che conservo ancora.)

Grandi saluti in ospedale, il primario di cui purtroppo non ricordo il nome, e le infermiere

per le quali ero diventato il paziente prediletto, dimostrano molto affetto. Sono un paziente

atipico, sono arrivato di notte, semi-arrostito e puzzolente di petrolio, affumicato, assai

malconcio, e dopo soli quindici giorni, rimesso in piedi, posso andarmene con le mie

gambe, con il viso, le braccia e le mani rosa come un confetto.

Certo … sono molto giovane! E sono stato molto fortunato! Ma mi hanno curato bene!

L’A.M. mi manda a prendere con un’auto di servizio, ma, comicamente è in vena di

risparmiare e con una sola auto preleva me dall’ospedale di Fucecchio, ma prima di

rientrare all’aeroporto di Pisa fa una deviazione ad un altro ospedale e preleva anche

CAR, il pilota del F86K investitore.

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L’autista è un giovane aviere di leva ed a bordo siamo noi due soli.

Non ci eravamo conosciuti prima e l’incontro mi appare un po’ teso. Per me non ce n’è

motivo e cerco di sdrammatizzare.

Certo l’Aeronautica avrebbe potuto anche spendere due lire in più coinvolgendo due

automobili o magari mandando un collega che ci conosceva entrambi capace di rendere

l’incontro più naturale e meno potenzialmente esplosivo.

Il tutto si conclude al 23° Gruppo dove troviamo riuniti tutti i piloti e si festeggia assieme,

con una bevuta, la felice conclusione del nostro incidente.

Conclusione

Due mesi dopo, passo la visita all’Istituto Medico Legale. Dopo lunga discussione col

Direttore, sono riuscito a non farmi dare un lungo periodo di riposo, come da prassi

abituale dopo un grave incidente, ottengo una idoneità con soltanto 15 giorni “a doppio

comando”.

Ho ripreso a volare il 25 settembre a Pratica di Mare col Maggiore Riccardo Musci col

quale ho fatto cinque voli a doppio comado sul T33, poi subito a Treviso per riprendere a

fare il bersaglio e completare le ore di volo previste.

Il 16 novembre decollo sul F86K a Pisa ed ora sono nuovamente Cacciatore e non più

bersaglio.

Il mio posto nel programma F104, è stato però preso, subito dopo l’incidente, da

Franchino Parascosso che andrà al IX Gruppo (Il primo in Italia a volare sull’F104.)

Per me i tempi saranno più lunghi, ma mi hanno assicurato sarò tra i piloti del X Gruppo e

farò la “transizione” qualche mese dopo dei colleghi del IX Gruppo.

A dicembre 1963 faccio il corso a terra a Pratica di Mare, a febbraio trasferimento a Jever

dove faccio sei voli a doppio comando con un istruttore Olandese, poi finalmente il 23

aprile 1964 il mio “decollo” a Grosseto sull’F104 monoposto.

E’ veramente un aeroplano formidabile! Con prestazioni di salita e di velocità insuperabili!

Cinquantadue anni dopo

Mi ha chiamato Cesare Valenti, mi dice che ha incontrato il suo collega di corso

Pierangelo Car. Hanno parlato di me e mi ha inviato una descrizione del nostro incidente

scritta da Car, come la ha vissuta lui. Pierangelo ora ha 80 anni e vive ad Oristano.

Page 15: 25 luglio 1962 - Sparviero Secondo · 2014-02-13 · 2 questo caso l’obiettivo finale è l’aereo da caccia più moderno e prestigioso che esista, il nuovissimo F104 G, l’aereo

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A mia volta mando loro alcuni appunti da me scritti qualche anno fa, con la descrizione di

fatti e sensazioni da me vissuti in quella circostanza. Cesare la fa girare fra i suoi colleghi

di corso e, mi racconta, c’è stata una forte reazione. Il racconto è piaciuto molto e

qualcuno di loro lo vorrebbe inserire su Facebook in un sito legato ad un gruppo di piloti

che si sono lanciati a seguito di incidente. Sono dubbioso perché il mio scritto non è stato

fatto per essere letto da chiunque, ma solo per me stesso e per chi, parente o molto

amico, può essere interessato a me e alle mie sensazioni, con una certa dose di

disponibilità a sorvolare su eventuali imprecisioni o magari involontari errori che qua o la

possono esserci.

Ho deciso, prima di autorizzare la pubblicizzazione del testo, lo manderò ai miei colleghi di

corso, alcuni di loro sono qua e là citati. Gradirei commenti e critiche.

Fabio Colussi, Massimo Cerracchio, Marco Masala, Orazio Gentile, tanti anni dopo, nel giugno

2005, in visita alla base di Grosseto, dove nel 1962 volavano nel IX Gruppo, caccia intercettori.

Sullo sfondo i nuovi Typhoon che hanno sostituito gli ormai vecchissimi F104. Sulle code dei

Typhoon lo stesso stemma: il cavallino rampante di Baracca sormontato dalla corona del duca

d’Aosta.