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LO SPARVIERO PERDUTOPREFAZIONE

Quasi mezzo secolo e un lustro fa, ma il ricordo del ritrovamento di un S.79 nel deserto è ancora vivido per chi all’epoca si interessava d’aviazione. La copertina di Ali Nuove, allora la rivista più diffusa, con la foto a colori dell’aereo nella sabbia, lucente nel metallo smerigliato, fece sensazione, ma tutta l’Italia, grazie ai vari articoli su giornali e riviste a grande diffusione, si commosse per quella drammatica storia. L’agonia degli aviatori perduti nel deserto fece pensare alle tante tragedie, ancora fresche nella memoria, degli italia-ni scomparsi nei tanti fronti in cui l’ultima guerra fu combattuta, e piacque come le autorità seppero subito identificare i protagonisti e trovare le famiglie.Per quasi due generazioni che si sono succedute, questa storia è invece nuova, e raccontarla, come questo libro fa così bene, serve non solo ai visitatori del Parco e Museo del Volo Volandia dove la vicenda è presen-tata – in maniera magistrale, secondo me – usando il relitto di un S.79 restituito dal Libano, e che vogliano conoscere a fondo tutto l’evento: cosa è successo nel 1961, cosa nel 1941, che tipo di aereo era quello, e soprattutto che tipo di uomini aveva a bordo nel suo ultimo volo. Questo libro serve anche a tutti gli studiosi della storia e gli appassionati di quel particolare settore che è la storia dell’aviazione, perchè descrive gli eventi a tutto tondo, a 360 gradi, superando l’aspetto modellistico che è solo il primo gradino di una scala, così come l’aspetto uniformologico è solo il primo gradino nella scala della storiografia, e ci presenta gli uomini, le macchine e i fatti del 1941 e insieme quelli di vent’anni dopo, mostrandoci la vicinanza e la con-tinuità fra i due periodi ed invitandoci a portare quella continuità fino ad oggi. Il protagonista inconsapevole è il deserto, e ogni vicenda di ritrovamento di un aeroplano nel deserto, da quella del B-24 “Lady be good” a quello del Curtiss Kittyhawk della RAF ritrovato recentemente in Egitto, è molto più drammatica del ritrovamento di relitti di aerei su fondali marini o di laghi, dove pure vengono ritrovati e ricomposti i resti degli aviatori caduti, perchè la sabbia ci lascia la testimonianza di ore e di giorni terribili. In questo senso va di nuovo apprezzato questo lavoro, che ci presenta la drammaticità dei fatti senza romanticismi fuori luogo.Strana invece, e forse ai più inspiegabile, è la nostalgia che questo libro suscita in me non per l’Italia del 1941, ma per quella del 1961, quando sembra che l’intera nazione fosse giovane: i tecnici della nostra ENI cercavano il petrolio nella Libia nostra amica, guidavano Campagnole italiane, volavano con elicotteri costruiti dalla Agusta, mentre in patria, dove si stampavano centinaia di giornali e riviste, si inaugurava l’Autostrada del Sole, e si parlava di miracolo economico. Anche di questo tuffo nel passato, per i giovani forse dimenticato quanto gli eventi della guerra, dobbiamo essere grati all’autore.

Roberto Gentili

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Ho “composto” questo libro perché volevo che non fossero dimenticati. “Perché si può essere perduti, ma non dimenticati”.

Ho cercato di comporre un puzzle con le tessere formate dal ricco patrimonio di informa-zioni apparse nel corso degli anni, che però prese separatamente restituivano una storia frammentata dai contorni sfumati.Per imbastire questo lavoro è stato determinante l’aver conosciuto il dott. Aristide Fran-chino, allora capo geologo della missione CORI-AGIP, che io definisco il custode della memoria, che ha messo a disposizione il suo archivio personale.Dopo vari anni, anche con il contributo di Alberto Casubolo, allora giovanissimo geo-metra della Lerici, ho finalmente terminato questo lavoro; si è trattato soprattutto di un lavoro di ricerca, interpretazione ed assemblaggio.Ho voluto tenere come voce narrante quella desunta dagli scritti di Franco Pagliano, uno dei più grandi giornalisti aeronautici, che aveva già svolto un’accurata analisi dei fatti, a cui mi sono permesso, in calce, di aggiungere alcune mie ipotesi su come si sono sommati una serie di sfortunati eventi e sul perché lo sparviero sia finito nel gran mare di sabbia sahariano.Un ringraziamento particolare a Lamberto François, presidente del GAVS Lombardia, per il sostegno e l’incitazione a completare questo percorso e a Luca Delle Canne, pre-zioso amico e sostenitore.Ringrazio inoltre per i loro preziosi contributi:Roberto Gentilli, uno dei più grandi storici dell’aviazione italiana, che mi ha messo a disposizione il suo sapere e la sua pazienza; Michele Rocchetta, autore dello splendido e commovente racconto incluso in questo libro; Filippo Chittolini, brillante autore del fumetto che chiude questo libro, che ha anche contribuito in modo determinante alla realizzazione del libro con le sue competenze grafiche; Roberto Bevilaqua per la costru-zione dello splendido modello e per il suo costante incoraggiamento; Roberto Bevilaqua per la costruzione dello splendido modello e per il suo costante incoraggiamento; Angelo Brioschi per gli splendidi profili dell’aereo; Stefania Fornasierio per il supporto che mi ha dato. Infine un grazie a Marisa per la sopportazione. Dedico questo lavoro alle mie figlie Martina e Giorgia che volano già da sole.

A ricordo dell’equipaggio del S.79 MM 23881:

• Cap. pil. di complemento Oscar Cimolini, nato a Trieste il 26/11/1908;• Ten. vascello oss. Franco Franchi, nato a Fiume il 11/10/1912;• Mar. pil. Cesare Barro, nato a Conegliano Veneto il 16/5/1914;• Serg. Magg. marc. Amorino De Luca, nato a Frascati d 7/2/1915;• 1° av. mot. Quintilio Iozzelli, nato a Pistoia il 5/5/1915;• 1° av. arm. Giovanni Romanini, nato a S. Polo (Parma) il 28/10/1916.

Presentazione e

ringraziamenti

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Il 21 luglio 1960, mentre procedevano a rilievi geofisici nel deserto libico, i componenti di una squadra di lavo-ro della Compagnia Ricerche Idrocarburi rinvennero a pochi chilometri a sud della pista Gialo-Giarabub alcuni resti umani.In tutta l’Africa settentrionale, tra le dune sabbiose dell’interno e sulle desolate distese del serir, le tracce dell’aspra lotta combattuta laggiù tra il 1940 e il 1943 sono così frequenti da non destare più nei nativi né in-teresse né pietà. Ma la squadra era diretta dal geometra Vacirca, della fondazione Lerici, il quale, osservando quanto rimaneva degli indumenti e degli oggetti sparsi nelle vicinanze, capì che i resti erano quelli di un avia-tore italiano.In che modo potesse essere finito a circa trecento chilo-metri nell’interno e a circa quattrocento da Bengasi sen-za che vi fosse intorno alcun relitto di aeroplano, costitu-iva un mistero. Il fatto però che accanto ai resti vi fossero una bussola, un binocolo, due orologi, una borraccia e una pistola Very, dimostrava chiaramente che lo sven-turato, costretto ad atterrare nel deserto, si era diretto a piedi verso nord in cerca di soccorsi; ma la sorte gli era stata avversa e le forze lo avevano abbandonato quando stava per raggiungere la pista che da Gialo conduce ver-so Giarabub. (continua a pag6.)

Sopra: 1° av. arm. Giovanni Romanini classe 1916, nato a San Polo (Parma) Sotto: la zona del ritrovamento vista dalla prospet-tiva di una delle Campagnole della spedizione della CORI

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FOGLIO N. 2

Non è stata trovata la piastrina di riconoscimento … il militare … sia disfatto assieme a tutti gli altri documenti che potevano portare a un immediato riconoscimento da parte del nemico. Non sono state trovate armi. Nelle tasche della combinazione di volo sono stati trovati: due orologi, un cacciavite piccolo, un mazzo di chiavi, una chiave con una targhetta con i dati caratteristici dell’aereo, un giornale tedesco, un pezzo di giornale italiano, un brandello di carta stampata in italiano che potrebbe appartenere ad un manuale in dotazione al militare, vicino al capo giaceva il casco di pelle. Da notizie dateci dalla nostra guida abbiamo appreso che a circa 30 km dal punto dove abbiamo rinvenuto la salma è stato tro-vato un aereo italiano, si presume che il militare in questione facesse parte dell’equipaggio di detto aereo. Alla bussola da noi raccolta è impostata la direzione N probabilmente per raggiungere il pistone che porta a Giarabub .La salma è stata composta in una cassetta di legno. Dentro rilevato un dente d’oro e uno mancante. Al presente rapporto si allega elenco e descrizione del materiale trovato con la salma.

COMPAGNIA RICERCHE IDROCARBURI

Campo Base 21 luglio 1960

Nel corso dei nostri rilevamenti nella zona a 8 km. circa a SW del nostro campo base, è stata rinvenuta ai piedi di una duna la salma di un pilota militare italiano. La nostra attenzione è stata attratta da una bussola d’aereo giacente sulla sabbia assieme ad un binocolo.Poco distante, in parte sepolto dalla sabbia, giaceva il corpo del militare ormai ridotto allo scheletro (la parte esposta) e a quanto restava della tuta di volo. Lo abbiamo trovato in posizione supina e si presume che la morte lo abbia colto durante una pausa della lunga marcia. Fuori dalla sabbia e ben visibili erano una bottiglia vuota e alcuni colpi per pistola Very esplosi. Con l’aiuto della guida Rail Amed Zuela, pratico di recuperi di salme, avendo già svolto questa attività, l’abbiamo dissepolto. Come è stato precedentemente detto, il corpo giaceva supino con la gamba sinistra distesa e la destra piegata. Accanto aveva: una pistola Very, una cinghia per pantaloni, una borraccia in alluminio da ½ litro. La tuta non portava gradi.La salma non aveva scarpe ma delle pezze nere avvolte ai piedi.

Sopra: Documenti originali della Compagnia Ricerca Idrocarburi (CORI), verbali di trasmissione del ritrovamento di Romanini redatto da E. Vacirca e G. Desio

f.to G. Desio f.to E. Vacirca

Elenco e descrizione degli oggetti rinvenuti con la salmadel militare italiano a 8 km circa a SW dal campo base CORI.

Un binocolo di tipo militare … 8x .Una bussola per aereo funzionante matricola n. O-MI.Un orologio marca Longines fermo alle ore 20.38.Un cronometro sol … … fermo alle ore ….Una chiave con targhetta metallica … n. cert. 263 … reggiane.Un giornale tedesco.Frammenti di giornale italiano.Un cacciavitino.Un mazzo di chiavi.Un casco di pelle. Una pistola Very.Una borraccia di alluminio. Un … .

Sopra:Foto originale allegata al Verbale

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LERICI GEOPHYSICAL EXPLORATION Lybian branch of fondazione by C.M. LERICI del politecnico di Milano

Home officePiazza Leonardo da Vinci 32Milano Italia

AL NAZIRATO DEGLI INTERNIBENGHAZICONSOLATO ITALIANOBENGHAZISpettabile C.O.R.I.BENGHAZIFondazione LERICISAN DONATO MILANESE (Milano)(7.10.1960)La Fondazione Lerici che sta svolgendo un rilievo geofisico per conto della Spett.le CORI nella Concessione n. 82 comunica che la guida Mohamed Rahim e gli autisti Selem Julida e Muffa, alle dipendenze del Campo LG 1, in viaggio di perlustrazione per ricerca di una pista per i pozzi d’acqua di Sgherra, hanno rintracciato il giorno 5/10 un aereo militare.Da questo aereo hanno asportato il materiale di cui allego elenco e l’hanno portato al Cam-po LG-1 dove veniva appunto inventariato.Il giorno successivo 6/10 una nostra squadra di tecnici, con la stessa guida, andava a loca-lizzare la posizione dell’aereo che risultava di coordinate Long. 23°21’50” Lat. 28°49’50”Si tratta di un aereo militare italiano tipo S 79 K, la cui probabile sigla è D/0294. Si trovano sul posto le ossa di due morti fuori dall’aereo e probabilmente di uno all’interno.Attualmente il materiale asportato dal personale libico si trova al nostro campo LG-1D e preghiamo prendere atto di tale comunicazione o darci eventuali istruzioni in proposito.

ELENCO DEL MATERIALE DELL’AEREO RITROVATO NEL DESERTO DAI SI-GNORI MOHAMED RAHIM, SELEM JULIDA, MUFFA USCITI PER TRACCIARE UNA PISTA:

2 berretti pilota italiani1 indicatore radiogoniometro di rotta2 vuotometro1 radio1 orologio “Longines” da polso senza cinturino1 condensatore1 parte del quadro dei comandi1 orologio da cruscotto1 trasmittente “Alecchio Bacchini ”2 batterie1 strumento denominato “Orizzonte giroscopico”

Sopra ed a fianco: Verbale con elenco della LERICI sul ritrova-mento dell’ S.79Sotto: foto dei resti di Romanini fotografati da Desio e Vacirca

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Il ritrovamento dello Sparviero

Ottobre 1960 a sinistra il recupero dell salme, presenti funzionari governativi libici, foto a destra, Paolo Cardamone (a Sx) allora capomissione della spedizione geofisica della Lerici con il collega Grosso mentre si occupano del recupero dei resti

Vacirca ricuperò tutto e, raggiunto il campo base, compilò insieme al dot-tor Desio un elenco particolareggiato degli oggetti rinvenuti, rilevando che tra questi vi era anche una chiave munita di una targhetta metallica sulla quale era visibile l’indicazione S.79 MM.23881. Si può proprio dire che questa era la chiave dell’enigma. Infatti il particolare, comunicato al consolato italiano di Tripoli e da questo trasmesso a Roma, consentì alle autorità aeronautiche di stabilire che quella matricola apparteneva a un S.79 silurante scomparso venti anni prima durante un’azione. L’ufficio storico dell’aeronautica rintracciò anche la comunicazione della disper-sione inviata il 23 aprile 1941 al ministero dal comando della 278ª squa-driglia alla quale l’aereo apparteneva.“Comunicasi che giorno 21 aprile at ore 17.25 apparecchi S.79 MM. 23881 partito da Berka seguito ordine comando 5ª squadra aerea per at-tacco convoglio scortato segnalato quadratino 5881 procedente rotta 105 velocità otto miglia non è rientrato. Equipaggio costituito da capitano pi-lota complemento Cimolini Oscar, tenente vascello osservatore Franchi Franco, maresciallo pilota Barro Cesare, sergente maggiore marconista De Luca Amorino, primo aviere motorista Iozzelli Quintilio, primo aviere armiere Romanini Gianni”.La corrispondenza tra il numero segnato sulla chiavetta e quello della ma-tricola militare dell’apparecchio sembrava costituire un elemento incon-futabile; ma nessuno poteva capire in che modo il componente di un equi-paggio partito da Bengasi per conpiere un’azione a sud di Creta, potesse essere finito da solo all’interno del deserto, a quattrocento chilometri dalla base di partenza e ad oltre cinquecento chilometri dal punto corrisponden-te al quadratino 5881, dove avrebbe dovuto trovarsi il convoglio da attac-care. La distanza tra la zona di destinazione e quella di arrivo costituiva un mistero e destava perplessità in chi era incaricato di svolgere l’indagine.

Foto Cardamone

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Amorino De Luca, che faceva parte dello sfortunato equipaggio, era nato a Frascati nel 1915. A venti ani aveva partecipato con la sua squadriglia alla guerra di Etiopia. Nel 1938 si era fidanzato con una sua concit-tadina di nome Maresa che allora aveva diciotto anni. Avrebbero dovuto sposarsi presto, ma il sopraggiun-gere del secondo conflitto mondiale li aveva costretti a rimandare le nozze. In guerra, De Luca si era sempre comportato valorosamente, tanto da meritarsi una medaglia di bronzo, una d’argento e una croce al merito.La notizia del ritrovamento dei suoi resti nel deserto, in un senso ha fatto piacere a suo padre. “Ora”, ha det-to, “so almeno piangere il mio ragazzo.” Francesco De Luca, che ha 75 anni, messo in contatto con i parenti degli altri caduti per un’azione comune tendente a far si che le spoglie degli aviatori siano restituite alle famiglie. Ma questo progetto sembra irrealizzabile. Infatti non è possibile riconoscere con esattezza ognuna delle sei salme. Solo sull’identificazione del pilota Giovanni Romanini non ci sono stati dubbi. Accanto ai suoi resti è stata trovata una busta di cellophane contenente la sua piastrina di riconoscimento, cinque ban-conote da dieci e una da cinque, un “ventino” di nikel, alcuni francobolli da 25 centesimi e una medaglietta ricordo della Prima Comunione. Di conseguenza, soltanto questa salma sarà restituita alla famiglia, gli altri verranno tumulati insieme nel Sacrario di Tripoli.Per quanto riguarda il marconista Amorino De Luca, non è stato trovato alcun segno di riconoscimento: la licenza matrimoniale che aveva con sé è stata probabilmente distrutta con gli altri documenti dal sole e dal vento del deserto.La fidanzata di Amorino ha appreso la notizia del ritrovamento leggendo i giornali. Non ha voluto fare commenti. Maresa infatti si è costruita una nuova vita: nel 1942 aveva sposato un agricoltore benestante. Ora abita a Roma con il marito e quattro figli.

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La verità non è stata ancora scoperta e forse affiorerà soltanto quando si scaverà intorno all’S.79 per trovare il giornale di bordo o i resti del diario che forse qualcuno compilò prima di morire.Per ora è certa una cosa sola: l’apparecchio volò per un’ora diritto verso Sud con determinazione e fermezza suicide, verso una fine orribile. Perché lo fece?Guardo il relitto immobile davanti a me, i comandi fermi al centro, i pomelli delle manette del gas ancora lucidi di vernice, le chiavette dell’accensione ferme sulla posizione di “chiuso” e penso che soltanto il ven-to, ormai, potrebbe darmi una risposta. Ma chi lo capisce, il linguaggio del vento.

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ESPLORAZIONE

Negli anni 1960 e 1961 l’area suddetta di circa 30.000 kmq, assegnata alla CORI (AGIP) per ricerca pe-trolifera, costituita per la sua quasi totalità (92,5%) dalle sabbie (dune) del GSS (o Ergh) e per il rimanente 7,5% dal serir, è stata rilevata in modo sistematico e di dettaglio con metodi geofisici e geologici.La rappresentazione topografica dell’area si limitava allora a quella eseguita nel 1931 dall’Istituto Geogra-fico Militare, alla scala 1:400 000 fogli 22 (Bir El Abeid) e 23 (Giarabub). In questi fogli (che hanno ora solo valore storico) sono riportati due itinerari (uno automobilistico e no segnato come non “carreggiabile”) attraversanti da Gialo a Giarabub l’area del serir, di cui sono rappresentate schematizzate le gare ai lati dei due percorsi. Sono pure riportati alcuni nomi di “Garet” e di “Gabir” (tombe di mussulmani) e, sulla pista automobilistica, il punto “El Uesceca”, che significa ciuffo di palme basse, rinvenuto durante il primo so-pralluogo effettuato nell’area (nei pressi di Garet Khud).La rappresentazione dell’area del GSS a sud delle due piste è quella convenzionale della sabbia, senza accenno alle catene di dune. Se queste sono accennate mediante affittimento dei puntini, non sono state rappresentate con la loro esatta direzione. Non è stato riportato alcun dato altimetrico.Nell’agosto 1957 tutta l’area fu ripresa con foto aeree: ciò portò alla compilazione di un fotomosaico con-trollato e alla rappresentazione cartografica dell’area, scala 1:50 000, in 55 fogli rettangolari (lati di 15’ di arco di parallelo e meridiano).L’effettuazione di una rete topogra-fica fondamentale nell’area fu affi-data alla Fondazione Lerici del Po-litecnico di Milano, in connessione con lo svolgimento del rilevamento gravimetrico. Fu costituita una rete tellurometrica di 156 stazioni (21 se-gnalizzate in modo permanente e 15 semipermanente) agganciata alla rete gravimetrica (12.000 stazioni). Per quanto riguarda l’altimetria il capo-saldo originale della rete fu stabilito a Giarabub (quota 0) alla soglia ridotta Marcucci.Preceduto dallo studio fotogeologico, dall’ottobre 1960 al giugno 1961, tut-ta l’area fu percorsa e rilevata in det-taglio dalle squadre geologiche della CORI (AGIP). Questo lavoro portò all’elaborazione delle carte geolo-giche, della paleomorfologia e della tettonica.

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Il racconto

La drammaticità della storia ha saputo ispirare lo scrittore Michele Rocchetta, che ne ha tratto un com-movente racconto che con grande piacere pubblico di seguito. Filippo Chittolini, autore del fumetto ne ha tratto spunto per la sceneggiatura.

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THE PHANTOM OF SPARHAWK

Time 18:25. The tri-motor SM.79 MM.23881, belonging to the 278th Squadron is flying over the sea zone southwest of Crete in search of a heavily escorted British convoy which is navigating a route of 105°. The airplane which took off an hour before at Berka (Benghazi) is under the command of Captain Oscar Cimolini. The crew consists of Mar.llo Cesare Barro, Sergeant Major wireless operator Amorino De Luca, and the airmen mechanic Quntilio Joello, and gunner Gianni Romanini. And on board, as an observer, is also Second Lieutenant Franco Franchi.The 278th Squadron, the first unit of torpedo bombers formed by the Regia Aeronautica, has been operating from the North African coastal bases since September of 1940. The members of the crew are veterans, by now accustomed to the long and tiring missions characteristic of the torpedo bombers. But that kind of indifference acquired in the months on uninterrupted service this time seems cracked by a slight nervousness due not as much to the precarious functioning of the compass on board as to the particularly stormy day with strong winds from the north which make it difficult to follow the route and keep the plane in its flight path. On the other hand, all have faith in the commander’s skill and in the experience of Mar.llo Barro, who sits at the controls as second pilot; and in the very good “79”. It is a robust and reliable tri-motor, despite the heavy naval torpedo hooked to its belly. With an efficient crew on board it represents a deadly weapon and the only threat to the traffic of the English convoys across the Mediterranean.Time 19:25. Two hours have passed since the take off. The position of the naval formation communicated from the base by radio is estimated at 33°, 56’N. and 24°18’E. but at that point there is only the rippled surface of the sea. It is necessary to follow the route of the convoy.Time 19:30. By now it is dusk. Under the airplane the white gray foaming waters of the Mediterranean are rapidly becoming dark. Cimolini and Barro are still protracting the search; by now the probabilities of sighting the target are very few. Perhaps Robone, who left an hour earlier from Berka, has succeeded.Time 19:35. While the pilots are getting ready to return, they notice in the semi-darkness the ships’ tracks. It’s the convoy. They have to hurry in order to take advantage of the last flashes of light. Approaching from the east, the airplane is flying very low to move into an attack position. The ships outlined on the horizon are getting bigger. The anti-aircraft artillery starts firing. The attacker has been detected. It is the most critical moment. Cimolini and Barro apply the temporary over-boost to the engines, and with 100 hp more for each engine, the Sparviero is rapidly nearing the target. The atmosphere on board is tense. Among the explosions and the tracer shells, it is impossible to see the ships’ evasive maneuvers. Distance 1000 meters. The aircraft shakes because of the very close explosions. Its weight is greatly increased by the torpedo, and notwithstanding the engines’ high peak; it cannot perform quick evasive maneuvers. Distance 900 meters: to get closer would be useless. All the fire is concentrated on the aircraft. The moment has come. The torpedo has been unhooked, the 79 jumps slightly upward, then with a brusque banking it gets itself out of firing reach. Now the aircraft is sensitive and maneuverable again, as usual.Time 19:50. Only a few minutes have passed, but as it often happens, it seemed like centuries. By flying at a distance over the encounter area it is impossible to estimate the outcome. By now it is dark. After a last look they turn southwest, it’s time to go home. The aircraft seems to have come out of it intact, but when De Luca can’t contact the base, the euphoric atmosphere due to the escaped danger, rapidly disappears. The radio is not working.Time 20:30. They are flying blind. The direction is southwest, but the compass doesn’t seem to give assurances. The radio breakdown doesn’t permit the receiving of the radio-beacon signal from Benghazi. Nervousness increases among the crew.Time 21:00. The atmospheric conditions don’t seem to improve. Now the wind is on the right, getting stronger. The lights of Benghazi still can’t be seen, perhaps it’s still early. The wind doesn’t allow the pilots to determine the velocity according to the time passed.Time 21:40. The atmosphere is always filled with restlessness: of Benghazi not even the palest glimmer. It is pitch dark. De Luca keeps vainly operating the mechanism of the radio direction finder. Fortunately the other instruments, the altimeter, and the turn and bank indicator are working.Time 22:00. Time is passing very slowly. The return seems to be precluded by so many difficulties. But the airplane can be relied upon. The three Alfa 126’s respond wonderfully and are functioning in unison, but this is all that the machine can give its crew.Time 22:10. It is absolute darkness. Nobody, not even the expert Barro, knows if below there is still the sea or the continent. They must go down and then retake altitude in order to gain more horizon. The absence of any light makes them opt for the first hypothesis. The pilots decide to bank toward south. It is the only way of being sure to land on solid ground.Time 22:30. Since the airplane has been flying south, the wind is felt less. It is in the tail, but nothing is more misleading than this fact; which tends to misrepresent the data of velocity indicated on the tachometer. They are flying at low altitude, but they are still without reference points.Time 23:00. Another never ending half hour has gone by. The pilots are by now certain of having left the sea behind, but at what point? Maybe this is the dilemma that Cimolini and Barro try to resolve when they realize that the fuel is running out. It is necessary to land, even if they are by now certain of doing it in mid desert. In the darkness, having faith in the instrumentation, the two pilots frenziedly begin the maneuver. All the men are sitting tight in their seats. The wing flaps come out. With a turn the plane is placed facing the wind. The “79” hits the ground with a crash, springs back, hits the ground again and after a short slide in the dunes it remains motionless. The silence is broken only by the moans of the injured.Time 23,10. Having overcome the initial bewilderment it is Romanini, who is uninjured, that brings the first help to his friends. Nobody is very serious, but the pilots and the observer Franchi have fractures of their limbs, while the other two crew members seem to be injured less. Time 24:00. After cursory medications, they get ready for the night .April 22, 1941It is difficult to estimate, even approximately, the position of the plane. The crew consult each other; they need to find help as soon as possible. Water is lacking, the wounded are very thirsty, the emergency rations will last for only little more than a day. Only Romanini is able to under-take the trip. The only possible direction is north, toward the coast, toward the base; but nobody has an idea of how much the plane has been pushed into the interior.

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Lo Sparviero ai giorni nostri

Foto di Emilio Togni effettuate nelle due spedizioni del 2000 e del 2002.

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Cosa ci fa qui in mezzo al nulla?

Gran Mare di Sabbia, Libia 21 Luglio 1960

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BENG!