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3 ORGANIZZAZIONE AZIENDALE Si è aperto un capitolo nuovo

12 CARDIOCHIRURGIA Un unico gesto chirurgico che può salvare la vita

14 CARDIOLOGIA INTERVENTISTICA Tutti i vantaggi dei presìdi miniaturizzati

16 ANGIOLOGIA Un biennio di successi straordinari

18 LO PSICOLOGO AL TUO FIANCO

In copertina: “Anestesia” (Robert Hinckley, 1882)

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Direttore ScientificoProf. Benedetto Marino

Referente MedicoBindo Missiroli

Direttore Dipartimento Chirurgia Cardiovascolare

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Progetto graficoIl segno di Barbara [email protected]

Stampato in 27.000 copie presso Rubbettino print - Soveria Mannelli (CZ)

Registrazione Autorizzazione Tribunale di Catanzaro

n. 3 del 6 aprile 2009

postatarget magazine NAZ/571/2009

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SOMMARIO

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ORGANIZZAZIONE AZIENDALE

Si è aperto un capitolo nuovo

A introdurre i lavori, è stato il direttore ge-nerale del S.Anna, Giuseppe Failla. «Ab-

biamo ritenuto necessario rafforzare la nostra équipe medica, affiancando altre figure a quel-le che già da anni collaborano con noi, per dare alla Calabria quelle risposte che oggi la Calabria ci chiede - ha detto il dg. E ce le chiede in manie-ra piuttosto pressante, se consideriamo che fino a questo momento (4 aprile, ndr) sono già 200 i pazienti accolti dal S.Anna in regime di urgen-za/emergenza, trasferiti cioè direttamente da ospedali di tutte e cinque le province calabresi. Un dato che, associato ai ricoveri già program-mati, la dice lunga su quella che è la richiesta che ci viene dal territorio». E qui Failla ha colto l’occa-sione per rispondere indirettamente al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che nel corso di un’iniziativa pubblica a Reggio Calabria aveva ipotizzato come ancora in molti casi, purtroppo, il migliore ospedale per i calabresi resta l’aereo.

«Vorrei tranquillizzare il ministro - ha commen-tato il dg - che almeno per quanto riguarda l’alta specialità del cuore, per fortuna non è l’aereo la migliore delle risposte possibili a disposizione dei pazienti calabresi». A sostegno della sua tesi, Failla ha citato gli ultimi dati ufficialmente disponibili a inizio aprile e re-lativi all’anno 2011. «Il saldo economico dell’emi-grazione sanitaria ammontava a circa 250 milioni, oltre a 60 per prestazioni ambulatoriali. Ebbene - ha spiegato il dg - nonostante l’importanza di tale cifra, legata alla mobilità interregionale, la misura che ha contribuito per ciò che attiene l’ambito cardochirurgico è stata di appena 10 mi-lioni, relativi a 492 pazienti residenti in Calabria, che sono stati curati in altre regioni. Di questi, 51 risultano residenti in provincia di Catanzaro, che pure è sede del polo regionale di cardiochirur-gia, costituito dal S.Anna e dal Policlinico univer-sitario. Si tratta quindi di 51 casi che, con buona

Nella storia più che decennale della cardiochirurgia al S.Anna Hospital, dall’inizio del 2014 si è aperto un capitolo nuovo. A scriverlo, un nutrito gruppo di operatori, specialisti in diverse bran-

che della patologia cardiovascolare, che è andato progressivamente a implementare lo staff medico, oggetto peraltro di una riorganizzazione complessiva. I nuovi assetti sono stati presentati nel corso di una conferenza stampa, tenutasi lo scorso quattro aprile. La direzione del Dipartimento di chirurgia cardiovascolare è stata affidata a Bindo Missiroli, “veterano” del S.Anna e già direttore dell’Unità di emodinamica e terapia interventistica cardiovascolare, mentre la direzione dell’Unità di cardiochi-rurgia è andata a Daniele Maselli, volto nuovo dell’ospedale e cardiochirurgo di lunga e consolidata esperienza in Italia e all’estero. Nuovo arrivato anche il direttore dell’Unità di elettrofisiologia e cardio-stimolazione, Tommaso Infusino, mentre la direzione della Terapia intensiva post chirurgica è stata affidata a un altro veterano del S.Anna, Emanuele Di Marzio. Le altre “new entry” sono Carmelo Domi-nici (cardiochirurgo, chiamato alla vice direzione dell’Unità di Cch), Gianluca Santise (cardiochirurgo), Saverio Nardella (cardiochirurgo), Stefania Leonetti (cardiologa, chiamata a dirigere l’Unità di cardio-logia e servizio di ecocardiografia) e Laura Tassone, cardiochirurga che in realtà torna al S.Anna dopo una collaborazione che si era interrotta qualche anno fa. Gli ultimi tre, assenti alla conferenza stampa perché arrivati a Catanzaro nelle settimane successive all’incontro con i giornalisti.

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probabilità, costituiscono lo zoccolo duro, il dato fisiologico ineludibile di emigrazione sanitaria. Un flusso determinato dalle ragioni più diverse: la sfiducia preconcetta del malato verso la sanità regionale; l’avere figli o comunque parenti che risiedono fuori e che possono influenzare la scel-ta del luogo di cura; l’essersi trovati casualmente lontano da casa nell’immediatezza del bisogno di cure mediche. Rapportando i 51 casi al nu-mero totale di residenti in provincia di Catanza-ro - ha spiegato ancora Failla - possiamo quindi ipotizzare che 16 pazienti ogni 100.000 abitanti verrebbero in ogni caso curati fuori dalla regio-ne. Considerando a questo punto il totale della popolazione calabrese, i casi di emigrazione sa-nitaria fisiologica e difficilmente comprimibile sarebbero quindi 320. Tra questi, solo ipotizzati e i 492 reali, la differenza corrisponde a un nume-ro di casi, 172, assolutamente recuperabili con un leggerissimo incremento dell’attività delle strutture ospedaliere esistenti in Calabria e a co-sto zero; come del resto era già stato verificato

nell’ottobre 2010, in fase di elaborazione delle reti assistenziali e ospedaliere in collaborazione con Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sa-nitari regionali. In questo senso - ha concluso il dg del S.Anna - siamo assolutamente convinti di poter soddisfare tutta la richiesta di servizi di cardiochirurgia con le risorse di cui disponiamo e anzi, lo faremmo anche meglio se potessimo disporre, in Calabria, di una rete dell’emergenza con caratteristiche definite e ruoli chiaramente individuati. È una richiesta che facciamo da tempo e che riba-diamo tutt’ora; perché è vero che abbiamo accol-to in urgenza emergenza già duecento pazienti dall’inizio dell’anno ma farlo in modo spontanei-stico e poco regolamentato rende il nostro la-voro un po’ più difficile e la movimentazione dei pazienti sul territorio un po’ meno sicura. Se la Regione, dopo averla ripetutamente annuncia-ta, accelerasse la formazione di una rete organica per l’emergenza cardiologica e cardiochirurgica ne avremmo tutti un gran beneficio».

Per la parte squisitamente medica, fare gli onori di casa

è toccato al neodirettore del Dipartimento, Bindo Missiroli. «Sono venuto a vivere in Cala-bria nel 2002, quando ho assun-to la direzione del Laboratorio di emodinamica - ha ricordato - e credo di poter dire che da allora, come S.Anna, abbiamo contribuito in maniera signifi-cativa non solo a curare i malati ma anche all’apertura di tutti i laboratori attualmente esistenti in Calabria. Lo abbiamo fatto sul fronte della formazione, rappre-sentando un modello di orga-nizzazione aperta alla crescita dei cardiologi interventisti. La direzione del Dipartimento con cui oggi sono chiamato a con-frontarmi - ha aggiunto Missiroli - è per me una grande opportu-nità per verificare ulteriormente

l’esperienza e la conoscenza del territorio nonché dei colleghi cardiologi che vi operano. Un impegno che come sempre mi accingo a svolgere con spirito di concertazione e di amalga-ma tra i vari servizi. Con lo stesso spirito e in questa chiave nasce il sodalizio con Daniele Maselli, cardiochirurgo di chiara fama che abbiamo voluto fortemen-te in Calabria. Con lui e la sua

équipe - ha detto ancora Missi-roli - abbiamo un programma di lavoro molto ambizioso. Contia-mo di realizzare un’alta e com-plessa chirurgia ripartiva della valvola mitrale e di quella aorti-ca. Intendiamo implementare la chirurgia di rivascolarizzazione del cuore in modalità a cuore battente, evitando così il ricor-so alla Cec, la circolazione extra corporea, che com’è noto ha sul paziente un impatto clinico di una certa rilevanza, utilizzando condotti esclusivamente arte-riosi, che è quanto di meglio la moderna cardiochirurgia possa offrire. Inoltre, potremo realiz-zare interventi di ricostruzione totale dell’aorta, arco aortico compreso, che rappresenta for-se la forma di chirurgia più alta in ambito cardiovascolare per la sua complessità, sia in regime di

MISSIROLI: «UN PROGRAMMA DI LAVORO MOLTO AMBIZIOSO»

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A differenza di Missiroli, che in Calabria c’è ve-nuto, Daniele Maselli dalla Calabria se n’era

andato anni fa, come del resto tanti prima di lui. Il corso di laurea in medicina all’università Cattoli-ca di Roma, la specializzazione a Novara sotto la guida del professor De Gasperis, a sua volta ami-co di Magdi Yacoub, il chirurgo di origine egizia-na che ha fatto la storia della cardiochirurgia a Londra. Così, tra l’Italia e l’Inghilterra, Maselli rac-conta di avere maturato, con i due cattedratici, la sua formazione iniziale sulle tecniche operatorie convenzionali. Poi il trasferimento a Pavia, que-sta volta sotto la guida del professor Viganò. «È proprio a Pavia - ha detto Maselli in conferenza stampa - che ho iniziato ad applicare la cardiochi-rurgia mininvasiva. Nel 1999 siamo stati i primi ad abbracciarla in Italia, i primi a utilizzarla su larga scala, i primi a riposizionarla in un alveo corretto. Perché la metodica mininvasiva non è “la” cardio-chirurgia, non è l’unica espressione della cardio-chirurgia ma solo una parte di essa; è una tecnica che deve essere utilizzata solo dopo un’accurata e rigorosa selezione dei pazienti, cioè solo dopo che si è accertato che utilizzandola si possono prevedere risultati migliori rispetto alle metodi-che tradizionali. La mininvasiva è oggetto oggi di una sorta di marketing sanitario e così si è diffu-sa la percezione che sia meno rischiosa. Le cose però stanno in tutt’altro modo; non è vero che essa sia esente da rischi e complicazioni. Per que-sto è indispensabile selezionare con cura i pa-zienti candidati a riceverla, nell’interesse esclusi-vo dei pazienti stessi».Sempre a Pavia, Maselli ha avuto modo di ap-prendere e approfondire la gestione del pazien-te trapiantato e di quello sottoposto ad assisten-

za ventricolare, comunemente conosciuta come “cuore artificiale”. Un bagaglio di esperienze che ha determinato la sua chiamata a Roma da parte del professor Musmeci, all’ospedale San Camillo. Insieme hanno fondato il Centro Trapianti e sem-pre al San Camillo, Maselli è stato responsabile della cardiochirurgia mininvasiva (con funzioni di tutoraggio presso altri centri italiani), nonché direttore del Pronto Soccorso cardiochirurgico di quello che, all’epoca, era uno degli ospedali con

il maggior numero di accessi d’Europa. Succes-sivamente, Maselli ha messo la sua esperienza al servizio della didattica presso l’università di Pisa. Due anni da accademico, trascorsi i quali è rientrato a Roma, con il professor De Paulis, allo European Hospital, dove ha messo a frutto il ba-gaglio cospicuo di conoscenze maturato, perfe-zionando gli aspetti della chirurgia ripartiva della valvola mitralica e di quella aortica. Un viaggiato-re della sanità, potrebbe dirsi ma che proprio per questo ha avuto modo di sperimentare e assimi-lare diversi approcci e diversi modi di fare cardio-

intervento programmato e sia in urgenza, affrontando quella che è una vera e propria cata-strofe dell’acuto e cioé la disse-zione aortica. Porteremo avanti le metodiche mini invasive e lo stesso avverrà per le Tavi, pro-cedure dedicate alla patologia degenerativa della valvola aor-tica in quei malati il cui rischio

chirurgico è considerato troppo elevato. Uno spettro d’azione terapeutica così ampio - ha con-cluso Missiroli - mi permette di inserire il concetto fondamen-tale e oggi ineludibile del lavoro in team, cioè dell’approccio in-tegrato tra le varie componenti mediche al singolo caso clini-co. Un metodo di lavoro che al

S.Anna abbiamo introdotto da tempo e che superando total-mente la logica dei comparti-menti stagni, diventa un valore aggiunto cruciale per offrire la migliore indicazione e la miglio-re procedura ai nostri pazienti, che sono sempre più complessi, sempre più anziani e affetti da maggiori comorbidità».

DANIELE MASELLI E IL SOGNO DI TORNARE IN CALABRIA

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chirurgia. Un viaggiatore, sì ma con un sogno nel cuore: tornare in Calabria. «Per me - ha detto Maselli ai giornalisti - il primo gennaio 2014 è stato un giorno importantissimo, la realizzazione di un sogno coltivato per tutta la vita: restituire qualcosa a una terra da cui ho ri-cevuto molto. Il modo migliore per farlo era met-tere a disposizione dei calabresi le competenze professionali acquisite. Quegli stessi calabresi che per anni ho incrociato nelle strutture blaso-nate del Nord; emigranti della salute convinti di ricevere il meglio ma nei confronti dei quali spes-so scattavano il pregiudizio e la disparità di trat-

tamento. Ho provato rabbia, ingoiato magoni; ecco perché coltivavo il sogno di tornare: per poter contribuire anch’io a convincere i calabresi che in materia di cardiochirurgia, eccezion fatta per il trapianto, non c’è alcun motivo di andare fuori dalla Calabria a farsi curare, visto che qui siamo in grado di offrire loro a un livello eccellen-te tutto ciò di cui possono aver bisogno. È anche per questo - ha specificato Maselli - che oggi qui ho voluto intorno a me tutte le persone che mi hanno accolto al S.Anna; una équipe con una grande esperienza acquisita nel tempo, che ho voluto mantenere al mio fianco e che mi dà una grossa mano a reggere una struttura con un vo-lume di lavoro assai rilevante: basti pensare ai soli accessi in urgenza emergenza registrati dall’ini-zio dell’anno e che rappresentano un numero di casi elevatissimo, come raramente mi è capitato di vedere nel corso della mia carriera. Questi ri-sultati sono il frutto di un amalgama professio-nale e umano non comune, perché un approccio moderno al paziente cardiopatico presuppone un team che funzioni al meglio. Le cose non stan-no più come una volta; la cardiologia e la cardio-chirurgia sono le facce di una stessa medaglia e il confronto medico al letto del paziente è proprio una peculiarità del S.Anna, che nelle sue dimen-sioni così raccolte trova un grandissimo punto di forza; perché la possibilità e la capacità di avere tutte le specialistiche al letto del paziente nell’ar-co di così pochi minuti è sicuramente un valore aggiunto che pochi nelle grandi strutture hanno a disposizione e che qui funziona. Senza trascu-rare il fatto - ha completato Maselli - che tutto questo è il frutto di un’azienda che ha sempre investito senza esitazioni in competenze e tec-nologie, dando alla spesa uno spessore di qualità altissima».Competenza professionale e qualità personale sono un binomio inscindibile e fondamentale per Daniele Maselli. Un criterio che lo ha ispira-to anche nella scelta dei collaboratori più stretti, arrivati con lui a Catanzaro. «Nella missione che mi sono prefisso - ha detto - ho selezionato i miei compagni di viaggio innanzi tutto sulla base del-le loro caratteristiche umane. Le persone che mi accompagnano sono Carmelo Dominici e Gian-luca Santise, anche loro di origini calabresi. Do-minici è un collega che ho formato agli inizi della

Daniele Maselli si è laureato nel 1989 pres-so l’Università Cattolica del Sacro Cuore di

Roma completando il suo percorso formativo in Cardiochirurgia tra gli ospedali di Novara, Lon-dra e Pavia, dove si è interessato in particolare della chirurgia mininvasiva endoscopica, di tra-pianto cardiaco e assistenza ventricolare mec-canica. Ha in seguito messo la professionalità acquisita al servizio dell’Ospedale San Camillo Forlanini di Roma, dove ha svolto il ruolo di re-sponsabile del programma di cardiochirurgia mininvasiva e di cofondatore del nuovo Centro trapianti cardiaci della capitale. Presso il San Ca-millo ha anche ricoperto il ruolo di dirigente del Pronto Soccorso cardiochirurgico maturando una grande esperienza nella gestione del pa-ziente critico. Dopo una parentesi di circa due anni presso la Cardiochirurgia dell’Università di Pisa, dove ha sviluppato e brevettato un sistema innovativo per la riparazione valvolare mitrali-ca, è rientrato a Roma presso lo European Hospi-tal dove ha svolto studi sulla chirurgia aortica e sulla riparazione delle valvole cardiache. Ha eseguito personalmente circa 3500 inter-venti maggiori di cardiochirurgia, è un esperto di cardiochirurgia mininvasiva, avendo svolto anche ruolo di insegnamento di tale metodica e di tutoraggio presso diverse cardiochirurgie; ha una grande esperienza di chirurgia coro-narica a cuore battente senza circolazione ex-tracorporea ed è un sostenitore convinto della rivascolarizzazione miocardica con l’utilizzo estensivo di condotti arteriosi. Ha conseguito risultati eccellenti nell’ambito della chirurgia aortica e della chirurgia riparativa delle valvo-le cardiache descrivendo tecniche innovative e originali che hanno avuto riscontro in pubbli-cazioni di rilievo scientifico e in congressi inter-nazionali di grande prestigio.

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sua esperienza e che poi, da Pavia a Roma, ha se-guito un percorso professionale molto simile al mio. Diversamente da me, ha coltivato interessi anche nella cardiochirurgia pediatrica ed è sta-to impegnato in missioni umanitarie all’estero, il che costituisce di sicuro un ulteriore titolo di me-rito. Non è un semplice aiuto, non è un braccio destro ma è qualcosa di più: è una persona in gra-do di sostituirmi completamente e per qualsiasi tipo di patologia. Gianluca Santise è un medico più giovane di noi ma già di grande esperienza. Anche lui con formazione londinese, l’ho cono-sciuto da specializzando e ora lo abbiamo per così dire “rubato” all’Ismett di Palermo. Oltre che di cardiochirurgia tradizionale, si è occupato di trapiantologia cardiaca ed è un grande esperto di cuore artificiale e assistenza ventricolare a bre-ve termine, aspetti imprescindibili nella cardio-chirurgia moderna». Sui programmi di lavoro al S.Anna, Maselli ha ri-preso la ricognizione fatta da Missiroli a inizio conferenza stampa, fornendo ulteriori dettagli. «Vogliamo valorizzare le professionalità già pre-senti all’interno della struttura e implementa-re alcuni aspetti che sono peculiari della nostra esperienza - ha detto il neodirettore dell’Unità di Cch. Abbiamo introdotto ed è già operativa una chirurgia coronarica moderna, al passo con i tempi e che prevede un’altissima percentuale di rivascolarizzazione completamente arteriosa, perché i by-pass realizzati con le arterie durano molto di più rispetto a quelli realizzati utilizzan-do le vene degli arti inferiori e l’intervento che si propone è più definitivo. Vogliamo anche dare largo spazio alla chirurgia ripartiva della valvo-la mitrale. Stiamo osservando casi di patologia mitralica molto complessi e abbiamo introdotto tecniche che avevo sperimentato e brevettato altrove e che continuano a dare grandi soddisfa-zioni. Intendiamo rispondere con un approccio multidisciplinare alla patologia aortica su base emergenziale e abbiamo già introdotto l’uso di protesi, come la “Thoraflex”, che ci consente la sostituzione dell’intera aorta con un unico ge-sto chirurgico. Abbiamo ricollocato la chirurgia mininvasiva nella dimensione elettiva che le è più congeniale. Abbiamo di fatto avviato, già in questi primi mesi dell’anno e grazie anche alle competenze del collega Santise, un centro per

la gestione avanzate dello scompenso cardia-co. I pazienti scompensati saranno sempre in numero maggiore e hanno bisogno di risposte non solo mediche ma anche chirurgiche, che prevedono il ricorso a supporti meccanici molto complessi da utilizzare. Abbiamo anche avviato un sistema di resuscitazione interna. Ciò signifi-ca che il paziente in arresto cardiaco, all’interno della struttura ha accesso immediato all’Ecmo, una sorta di polmone artificiale, nonché alla Cec, la circolazione extracorporea portatile, per cui sono molto aumentate le possibilità di recupero

anche di pazienti che giungono in ospedale in condizioni davvero estreme. Infine - ha concluso Maselli - vogliamo introdurre uno stile diverso di attenzione alla gestione clinica, non autorefe-renziale ma basato sui dati certi, ricavati attraver-so metodologie condivise dalla comunità medi-co scientifica; un sistema di audit clinico interno con il compito di valutare i risultati, analizzare le complicanze e la mortalità. Renderemo pubblici i risultati ottenuti perché un dato come quello sul-la mortalità, ad esempio, in sé non significa nulla se non si ha una visione precisa della tipologia dei pazienti trattati. Esistono e sono codificati a livello internazionale criteri per definire il rischio di ciascun paziente ed esistono criteri per defini-re la performance dell’ospedale e dei chirurghi, sempre in relazione al profilo di rischio dei pa-zienti trattati. Siamo già operativi sul fronte au-dit e in via preliminare vediamo già risultati assai confortanti e ben al di sotto della mortalità previ-sta rispetto alla popolazione che trattiamo». Ulti-mo tema trattato da Maselli in conferenza stam-

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La conferenza stampa di presentazione del nuovo

staff medico del S.Anna e della nuova organizzazione del Di-partimento di chirurgia cardio-vascolare (cui hanno presenzia-to anche il direttore sanitario, Gaetano Muleo, quello dell’U-nità di chirurgia vascolare, Pino Caliò, quello del Servizio di ra-diologia, Francesco Storino e quello dell’Ambulatorio di dia-gnostica vascolare, Elia Diaco) è proseguita con gli interventi dei dottori Tommaso Infusino ed Emanuele Di Marzio. Il neo direttore dell’Unità di elettro-fisiologia e cardiostimolazio-ne ha parlato dell’intervento specialistico sulle aritmie, più o meno pericolose per la vita, come di un “gesto medico ele-gante e a basso rischio ma che va saputo fare”. Da qui, l’esigen-za di maturare almeno cinque anni di esperienza all’interno di strutture ad alti volumi di prestazioni che garantiscano all’operatore un minimo di 300 interventi all’anno. «Altrimenti - ha detto senza mezzi termini In-fusino - questo è un lavoro che non si impara». È essenzialmen-te questa la ragione per cui ogni “elettricista del cuore” che si ri-spetti ambisce a lavorare pres-

so una struttura di eccellenza e il S.Anna, secondo il giovane elettrofisiologo, possiede le ca-ratteristiche giuste. Infusino si è detto certo che, insieme con Missiroli e Maselli, possa esse-re svolto un lavoro completo e di qualità altissima, che porti il Centro calabrese di alta spe-cialità del cuore a collocarsi tra i primi cinque in Italia. «Lo dico con cognizione di causa - ha af-fermato - perché provengo da una realtà importante come il policlinico S. Donato di Mila-no». Nel programma di lavoro dell’Unità di elettrofisiologia e cardiostimolazione, lo sviluppo del monitoraggio dei pazienti a distanza attraverso il cosiddetto controllo remoto; una metodica della quale il S.Anna Hospital può essere definito un pionie-re. L’ultimo a prendere la parola, durante l’incontro con i giorna-listi è stato Di Marzio. “Anziano” d’esperienza al S.Anna, autode-finitosi ironicamente “vecchiet-to dai capelli grigi”, il direttore dell’Unità di terapia intensiva post chirurgica ha ribadito l’im-portanza del segmento tera-peutico post operatorio. «L’in-tervento in sala operatoria - ha spiegato - può essere di difficol-tà sovrumana ma la sua riuscita

da un punto di vista tecnico è condizione necessaria ma non sufficiente al buon esito com-plessivo della vicenda patolo-gica del paziente. La fase post operatoria è una fase comples-sa, impegnativa, perché l’età media dei pazienti si alza sem-pre di più, spesso ci troviamo di fronte a patologia associate a quella cardiaca e che possono essere renali, cerebrali, respira-torie. Patologie associate che mettono davvero a dura prova la fantasia del medico rianima-tore, che in terapia intensiva deve svezzare il malato da quei supporti farmacologici e mec-canici che lo sostengono dopo l’intervento chirurgico. Certo - ha aggiunto Di Marzio - quando in sala operatoria c’è un’équipe come quella di Maselli tutto di-venta più agevole ma resta la complessità di un lavoro che ha una caratteristica peculiare: la terapia intensiva è il posto più indicato dove stare dopo l’intervento chirurgico ma è anche quello da cui uscire il più rapidamente possibile quan-do non vi sono più necessità di permanenza. I tempi, quindi e il loro utilizzo ottimale nello svezzamento del malato sono cruciali».

pa: la riabilitazione, ritenuta dal cardiochirurgo un problema “centrale”. «L’emigrazione sanitaria c’è anche per mancanza di sicurezza - ha detto. L’efficacia del nostro lavoro viene misurata a tren-ta giorni e se qualcosa non va per il verso giusto, noi non possiamo lavarcene le mani solo perché il malato è in carico ad altri. Quindi la riabilitazio-ne è qualcosa che ci interessa massimamente. Essa consente la ripresa controllata della nor-malità, deve essere fatta da clinici professionisti della materia anche perché è così che si colgono

precocemente alcune complicanze che possono verificarsi dopo l’intervento, come la fibrillazio-ne, il versamento pericardico, le infiammazioni. È per questo che ho voluto verificare personal-mente le strutture di riabilitazione che accolgo-no i nostri pazienti dimessi, stabilendo con tutte un contatto e monitorando il percorso che ac-compagna i pazienti stessi fino alla ripresa in ca-rico della famiglia. È un’attività faticosa, perché il S.Anna accoglie malati da tutta la Calabria ma è un’attività assolutamente necessaria».

CONDIZIONI OTTIMALI PER RIBADIRE LA CENTRALITÀ DEL S.ANNA

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CARMELO DOMINICIcardiochirurgo, si è lau-reato presso l’Universi-tà degli Studi di Messi-na nel luglio del 1993. Trasferitosi in un primo momento al Policlini-co Agostino Gemelli di Roma, successivamen-te è approdato al Poli-clinico di San Donato

Milanese, dove ha iniziato il percorso di specia-lizzazione in cardiochirurgia, intervallando pe-riodi di fellowship all’estero sia negli Stati Uniti (Lennox Hill Hospital di New York), sia in Europa (Madrid Hopital Gregorio Maranon). Nel 2003 ha ricevuto l’incarico dirigenziale “15 septies” presso l’Unità di cardiochirurgia dell’ospedale San Camillo Forlanini di Roma, occupandosi di trapiantologia cardiaca e assistenza ventricola-re meccanica (VAD). Due anni dopo, ha ricevuto analogo incarico dirigenziale presso Unità di cardiochirurgia dell’Ospedale Universitario di Pavia - IRCCS Poli-clinico San Matteo occupandosi, in quanto “cul-tore della materia” di trapiantologia cardiaca e polmonare e di trattamento della ipertensione polmonare embolica (TEAP). Nel 2008, si è tra-sferito presso l’Unità di cardiochirurgia dell’O-spedale di Circolo di Varese. Durante questo periodo, ha preso parte a numerose missioni umanitarie in Paesi in via di sviluppo (Kurdistan, Cameroun, Azerbaijan), aggregato, come car-diochirurgo pediatrico, all’Associazione Inter-nazionale Bambini Cardiopatici nel Mondo. Sempre durante la permanenza a Varese, è sta-to nominato professore a contratto presso la Scuola di Specializzazione in Cardiochirurgia dell’Università degli Studi dell’Insubria, pres-so la quale ancora oggi periodicamente tiene delle lezioni agli specializzandi. È autore di nu-merose pubblicazioni scientifi che e coautore di alcuni capitoli di libri di medicina (Chirurgia, R. Dionigi - tumori cardiaci; Cardiopatie Conge-nite, A. Frigiola, M. Carminati, A. Giamberti - la tricuspide). Ad oggi ha eseguito in qualità di primo opera-tore oltre 1200 interventi cardiochirurgici. Aree di interesse privilegiate sono: chirurgia delle cardiopatie congenite pediatriche e dell’adulto (GUCH), chirurgia coronarica a cuore battente off pump, chirurgia riparativa mitralica e aortica, trattamento chirurgico delle aritmie cardiache.

CHI SONO LE “NEW ENTRY” NELLO STAFF MEDICO

GIANLUCA SANTISEcardiochirurgo, ha conseguito il diplo-ma di laurea presso l’Università Federico II di Napoli nel 1999, con la votazione fi na-le di 110/110 e Lode. Presso il medesimo ateneo, ha frequenta-to la Scuola di Specia-

lizzazione in Cardiochirurgia, impegnandosi al contempo come volontario presso l’Ospe-dale San Camillo Forlanini di Roma. Dopo la specializzazione, conseguita nel 2004, è stato selezionato per una fellowship in “Trapianti toracici e assistenze meccaniche ventricolari” presso il Royal Brompton and Harefi eld Hospi-tal di Londra. Durante la fellowship - della du-rata di un anno - ha acquisito le competenze specifi che del trapianto cardiaco, polmonare e dell’impianto di assistenze meccaniche (VAD) di prima e seconda generazione. Nel 2005 si è trasferito a Palermo presso l’IsMeTT, l’Istitu-to Mediterraneo per i Trapianti e Terapia ad alta specializzazione. Qui ha continuato l’at-tività di trapianto cardiaco e la gestione dello scompenso cardiaco avanzato. Inoltre, ha par-tecipato allo sviluppo del programma di assi-stenze meccaniche di terza generazione e di supporto meccanico dello scompenso cardia-co acuto (ECLS extracorporeal life support). Ha fatto parte, infi ne, dell’ECMO team (Extracor-poreal membrane oxygenation): veno-venoso per il trattamento dell’insuffi cienza respirato-ria terminale e per l’endemia da H1N1; veno-arterioso per il trattamento dello scompenso cardiaco. Sempre presso IsMeTT ha perfezio-nava la chirurgia cardiaca convenzionale (co-ronarica, valvolare ed aortica).

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TOMMASO INFUSINOcardiologo, ha con-seguito il diploma di laurea presso l’Uni-versità La Sapienza di Roma nel 2003 con la votazione fi nale di 110/110 e Lode. Pres-so il medesimo ate-neo, alla II facoltà di Medicina e Chirurgia,

nel 2008 si è specializzato in Cardiologia. Dal dicembre dello stesso anno, ha svolto attività di cardiologo elettrofi siologo nel team del dot-tor Riccardo Cappato presso il Policlinico San Donato a Milano.Durante la permanenza nella città della Ma-donnina ha avuto modo di distinguersi nell’at-tività di sala operatoria compiendo numerose procedure di elettrostimolazione (impianto di pace maker e defi brillatori, semplici e biven-tricolari); estrazione degli elettrocateteri con sistema dedicato meccanico e laser; studi elet-trofi siologici; ablazione trans catetere di tachi-cardie parossistiche, sia a substrato semplice (nodali, WPW, focolai), sia a substrato comples-so (fi brillazione atriale) con accesso in atrio si-nistro con puntura tran settale. Ha svolto numerosi lavori scientifi ci, parteci-pando a studi clinici internazionali, come lo studio “Cabana”. Tra l’ottobre 2010 e il gennaio 2011 ha lavorato a Bruxelles presso l’Unità di elettrofi siologia dell’Ospedale Universitario Gasthuisberg, il più grande ospedale del cen-tro Europa. È membro della Società Italiana ed Europea di Aritmologia e dal luglio 2013 è uno dei dodi-ci elettrofi siologici italiani a essere accreditati presso la Società Europea di Elettrofi siologia per lo svolgimento dell’attività di sala operato-ria; riconoscimento indispensabile, quest’ulti-mo, per poter operare nei paesi della Unione. Il focus della sua attività è rappresentato dalla gestione della fi brillazione atriale, patologia cronica che porta ad un aumento del rischio di ictus e di insuffi cienza cardiaca, dall’ambulato-rio all’ablazione.

STEFANIA LEONETTIcardiologa, ha con-seguito il diploma di laurea nel 2005 presso l’Università La Sapienza di Roma, ri-portando la votazio-ne fi nale di 110/110 e Lode. Presso lo stesso ateneo ha poi continuato gli stu-

di, entrando nella Scuola di Specializzazione in Cardiologia. Il titolo è arrivato a novembre 2009, con votazione la fi nale di 70/70 e Lode dopo la discussione della tesi dal titolo Il mi-smatch post-impianto nelle bioprotesi aortiche Carpentier-Edwards Magna di taglia 19 e 21. Utilità del follow-up e del test eco-dobutamina. Durante gli anni di specializzazione, ha svolto un internato triennale presso l’Azienda Ospe-daliera San Camillo Forlanini, dove si è dedica-ta prevalentemente all’ecocardiografi a di pri-mo e secondo livello, funzionale alle attività di cardiochirurgia. In quello stesso periodo, sem-pre al San Camillo Forlanini, ha inoltre parteci-pato al progetto “Valutazione e monitoraggio cardiovascolare nelle donne in trattamento oncologico per neoplasia mammaria” e all’at-tività di follow-up cardiologico-ecocardiogra-fi co dei pazienti aff etti da Thalassemia major, svoltosi presso il Servizio di Cardiodiagnostica non invasiva. Dal 2010 al 2012 ha collaborato con l’INRCA di Roma (Istituto Nazionale Ripo-so e Cura Anziani) nel progetto strategico “Mo-delli riabilitativi multidisciplinari nel paziente anziano con scompenso cardiaco.” Dal 2010 ha ricoperto l’incarico di cardiologo presso lo Eu-ropean Hospital di Roma, dove ha continuato a dedicarsi all’ecocardiografi a funzionale alle attività di cardiochirurgia e alla cardiologia interventistica. In questa veste, ha fatto parte dell’Heart Team per le TAVI, le protesi valvolari aortiche transcatetere. Tra il 2012 e il 2013, in-fi ne, ha conseguito l’accreditamento SIEC (So-cietà Italiana di Ecografi a cardiovascolare) per l’ecocardiografi a di base e ha seguito il Corso di ecocardiografi a transtoracica e transesofa-gea 3D presso Il Cardiocentro Ticino, istituto associato all’Università di Zurigo.

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LAURA TASSONEcardiochirurgo, ha con-seguito la laurea presso l’Università La Sapienza di Roma nel 1998, ripor-tando la votazione fi -nale di 110/110 e Lode. Presso l’ateneo capito-lino, ha poi frequentato la Scuola di Specializ-zazione in Cardiochi-

rurgia, diplomandosi nel 2003 con la votazione fi nale di 70/70 e Lode, discutendo una tesi su Trat-tamento chirurgico della fi brillazione atriale in pazienti sottoposti a sostituzione del Root aortico. Durante il corso di specializzazione, ha svolto una fellowship con il professor Marc de Leval presso l’Unità cardiotoracica del Great Ormond Street Ho-spital for Children di Londra, partecipando all’atti-vità didattica, alla gestione dei pazienti nel pre e postoperatorio, alla presentazione di casi clinici e letture riguardanti la chirurgia cardiotoracica in pediatria. Successivamente, ha svolto attività di sala operatoria, come primo operatore e in quali-tà chirurgo cardiotoracico presso il Dipartimento di chirurgia cardiotoracica della Isala Klinieken di Zwolle (Olanda). Dalla fi ne del 2004 al 2011, è sta-ta aiuto cardiochirurgo presso il Sant’Anna Ho-spital di Catanzaro, per poi trasferirsi nuovamen-te nel Regno Unito, presso il New Queen Elisabeth University Hospital di Birmingham dove, in parti-colare, ha maturato un’esperienza nell’impianto e nella gestione delle assistenze ventricolari con il professor Ian Wilson. Prima di tornare in forze al S.Anna, ha trascorso un biennio presso il Ma-ter Private Hospital di Dublino, in Irlanda, dove ha svolto attività di chirurgo cardiotoracico.

SAVERIO NARDELLAcardiochirurgo, si è iscritto alla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Roma Tor Vergata nel 1996. Nel 2000 ha cominciato a frequentare il diparti-mento di Fisiopatolo-gia Cardiorespiratoria e, subito dopo, l’unità

di Cardiochirurgia diretta dal professor Luigi Chia-riello partecipando allo svolgimento di diversi studi clinici come medico frequentatore. Si è lau-reato nel 2002 con una tesi sulle tecniche dell’aor-toplastica riduttiva e della sostituzione dell’aorta ascendente, conseguendo la votazione fi nale di 110/110 e lode. Presso la medesima Università di Roma Tor Vergata, si è quindi iscritto alla Scuola di Specializzazione di Cardiochirurgia, diretta dallo stesso professor Chiariello. Da specializzando, ha svolto attività chirurgica, assistenza clinica pre e post operatoria (inclusa quella in terapia inten-siva) e ricerca scientifi ca. Nel 2006, ha svolto una fellowship presso la Université Catholique de Lou-vain, Cliniques Universitaires Saint-Luc, Chirurgie Cardiovasculaire et Thoracique di Bruxelles, dove ha eff ettuato attività chirurgica dell’adulto, pe-diatrica e dei trapianti. Si è infi ne specializzato nel 2007 con una tesi sulla minicircolazione extracor-porea, riportando la votazione fi nale di 50/50 e lode. Dal 2008, ha lavorato presso lo European Hospital di Roma in qualità di aiuto, svolgendo attività chirurgica, di reparto e di terapia intensi-va. Ha partecipato a diverse pubblicazioni scien-tifi che e studi multicentrici ed è stato relatore a congressi nazionali ed internazionali. Nel 2001, ha partecipato al Corso di formazione professionale per l’impianto di valvola aortica percutanea tran-scatetere - la cosiddetta TAVI - presso l’Ospedale di Rouen in Francia, conseguendo la certifi cazione per l’impianto transapicale della protesi “Sapien XT”. Nel 2014, infi ne, ha ottenuto anche la certifi -cazione per l’impianto della valvola percutanea transcatetere per via transapicale “Sapien 3”.

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Il Sant’Anna Hospital di Catanzaro è stato il primo Centro di Alta Spe-

cialità del Cuore, tra quelli del sud Italia, ad avere introdotto la protesi “Thora�ex” che consente di sostitui-re l’intera aorta toracica con un unico intervento chirurgico. Recentemen-te, questa particolare tecnologia ha consentito di salvare la vita a un pa-ziente di appena quarantanove anni, già operato al S. Anna alla �ne del 2013 ma che è stato colpito da una seconda rot-tura dell’aorta toracica nel volgere di poche set-timane. «Si tratta - spiega il dottor Daniele Ma-selli, neo direttore dell’Unità di Cardiochirurgia e che a suo tempo aveva introdotto il device an-che allo European Hospital di Roma - di una pro-tesi ibrida che integra, in un unico dispositivo, una protesi di concezione tradizionale con una

endoprotesi. La protesi tradiziona-le presenta una porzione tubulare che consente la sostituzione chirur-gica dell’arco dell’aorta e dell’aorta ascendente, nonché una serie di ra-mi�cazioni che servono per sostitu-ire tutte le arterie che, originandosi dall’arco dell’aorta, si diramano alle braccia e al cervello. Le endoprotesi, ampiamente utilizzate al Sant’Anna per l’esclusione di aneurismi dell’a-

orta senza necessità di un intervento chirurgico a cielo aperto, sono protesi di tessuto che con-tengono all’interno una maglia metallica del tutto simile agli stent utilizzati per riaprire le co-ronarie. La maglia metallica esercita una forza di espansione che consente alla protesi di aderire all’arteria circostante senza suture». Per ben comprendere la portata della novità introdotta

Un unico gesto chirurgico può salvare la vita

Al Sant’Anna Hospital la protesi che consente di sostituire l’intera aorta toracica con un unico intervento. Il Centro è stato il primo del sud Italia a introdurla

CARDIOCHIRURGIA

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dal Centro regionale di Alta Specialità del Cuo-re, basti pensare che la sostituzione combina-ta dell’arco dell’aorta e dell’aorta discendente richiede normalmente un doppio accesso chi-rurgico sia anteriore che laterale, da eseguirsi contemporaneamente o, più spesso, in due in-terventi successivi. L’accesso anteriore si rende necessario per sostituire l’arco dell’aorta, quello laterale per sostituire l’aorta discendente. Uti-lizzando la protesi “Thora�ex”, al contrario, la combinazione delle due protesi in un unico di-spositivo consente, come si diceva all’inizio, di sostituire chirurgicamente l’arco dell’aorta e l’a-orta discendente in un unico tempo chirurgico. L’endoprotesi infatti, inserita nell’arco dell’aorta e rilasciata in aorta discendente, aderisce senza suture alle pareti più lontane dell’arteria che il chirurgo non potrebbe altrimenti raggiungere dall’apertura anteriore. Nel caso richiamato in precedenza, la protesi ha consentito al paziente, giunto in ospedale in condizioni gravissime per via di una emor-ragia intratoracica, di riprendere in meno di tre settimane la sua vita normale. L’uomo era stato operato per una dissezione dell’aorta toracica, una rottura parziale dell’arteria che comporta lo slaminamento degli strati che costituiscono la sua parete. Il sangue si insinua tra gli strati e li “scolla” per un largo tratto. Nel corso del primo intervento la continuità degli strati era stata ri-costituita. Il paziente aveva tuttavia sperimen-tato una nuova rottura nel tratto discendente dell’aorta e nell’arco, che aveva richiesto un nuovo ricovero in emergenza. L’utilizzo della nuova protesi ibrida ha consentito di evitare interventi multipli che avrebbero comportato oltre all’apertura anteriore del torace un’ampia toracotomia laterale e un rischio proibitivo per il malato.La tecnologia utilizzata al S. Anna è molto com-plessa. La circolazione extracorporea, che du-rante gli interventi cardiochirurgici mantiene in vita il paziente mentre il chirurgo opera, deve infatti essere essa stessa sospesa per consenti-re la cessazione completa del �usso di sangue all’interno dell’aorta e l’introduzione della pro-tesi. A tale scopo l’organismo viene ra�reddato alla temperatura di 26/28 gradi. Solo il sistema nervoso centrale, data la sua scarsa tolleranza

alla cessazione assoluta del �usso di sangue (le cellule nervose morirebbero dopo pochissimi minuti) continua a ricevere un �usso opportu-namente indirizzato dal chirurgo. Dal momento in cui il �usso viene completamente interrotto, il fattore tempo diventa di importanza centrale. Risparmiare tempo signi�ca risparmiare cellule e organi. In quest’ottica la disponibilità di uno strumento innovativo come la protesi ibrida “Thora�ex” consente di risparmiare minuti pre-ziosi. Eseguita la parte più critica dell’interven-to, il �usso di sangue può essere ripristinato, il riscaldamento dell’organismo completato e la vita può tornare a �uire al suo ritmo normale.

«I costi di questa tecnologia sono altissimi e non sono coperti dal Servizio Sanitario Regionale - spiega ancora Maselli - . Tuttavia il S.Anna, di-mostrando peraltro una sensibilità non comu-ne, ha deciso di dotarsi comunque e a proprie spese, quindi senza alcun onere per i pazienti, di uno stock permanente di tali protesi a bene�-cio di tutti i malati con patologia acuta o cronica dell’aorta toracica. Un bene�cio eclatante e tan-gibile, se si pensa che i pazienti con dissezione dell’aorta hanno sperimentato �no ad oggi una sopravvivenza a lungo termine decisamente in-feriore a quella della popolazione generale, no-nostante fossero stati sottoposti a interventi di successo. Tale minore sopravvivenza era legata soprattutto alla necessità d’interventi plurimi nel corso della vita. Da oggi disponiamo di una nuova arma con la quale saremo forse in grado di cambiare la storia naturale di una malattia in-sidiosissima e letale».

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La patologia ostruttiva delle caroti-di da tempo può essere trattata in

maniera percutanea attraverso cate-teri a palloncino che dilatano la placca e l’apposizione di stent che mantengo-no il lume vasale pervio; in altre parole, l’interno del vaso aperto e libero. Soli-tamente la porta di ingresso che per-mette di raggiungere l’arteria carotide, a livello dell’arco aortico, è l’arteria fe-morale comune che si trova a livello in-guinale. Non sempre, però, questo tipo di soluzione può essere praticato. «Spesso infatti - fa notare Placido Grillo, cardiolo-go interventista presso il Sant’Anna Hospital - acca-de che il paziente presenti una malattia vascolare di�usa e dunque con ostruzione delle arterie peri-feriche (iliache, femorali) oppure presenti marcate tortuosità. Ci si trova, insomma, di fronte a impedi-menti che non permettono l’accesso dei cateteri a palloncino. Recentemente, però, presso la nostra

struttura abbiamo introdotto delle no-vità che ci consentono di superare age-volmente il problema. È il caso di due pazienti a�etti da ateromasia ostruttiva delle arterie carotidi interne destre, non operabili con la chirurgia tradizionale e con problemi gravi dell’asse arterioso periferico. Entrambi sono stati trattati con angioplastica carotidea, attraver-so l’accesso radiale destro, un’arteria dell’avambraccio di piccole dimensio-

ni. Utilizzando una tipologia di cateteri di piccolo calibro, con non poche di�coltà si è giunti all’arte-ria carotide comune, che origina dall’arco aortico, e previo posizionamento di un �ltro protettivo per eventuali embolie cerebrali, la procedura è stata eseguita con successo». (Foto 1 e 2)I vantaggi del progresso tecnologico e della mi-niaturizzazione progressiva dei presìdi (cateteri a palloncino e stent) vanno anche oltre gli interventi appena descritti. «L’arteriopatia obliterante dell’as-

Tutti i vantaggidei presìdi miniaturizzati

Il progresso tecnologico ha aperto nuove prospettive per i trattamenti percutanei rendendo più agevole la fase post-procedurale

CARDIOLOGIA INTERVENTISTICA

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se iliaco, cioè le arterie che nascono dall’aorta addo-minale e portano sangue agli arti inferiori - spiega ancora Grillo - può essere trattata attraverso l’arte-ria radiale sinistra. Utilizzano un catetere multiuso lungo poco più di un metro, si raggiunge l’origine dell’arteria iliaca da trattare e si fa avanzare un �lo guida metallico, lungo tre metri, oltrepassando la parte di arteria ristretta od ostruita. Quindi, in guida radiologica, si rilascia lo stent a livello della lesione, riportando l’interno del vaso alle dimensioni nor-mali. (Foto 3 e 4) La nostra unità di Emodinamica - aggiunge Grillo - può vantare anche un’ottima esperienza nel trattamento percutaneo, attraverso l’arteria radiale, di stenosi dell’arteria succlavia, che origina dall’aorta toracica discendente e porta il sangue agli arti superiori. Grazie all’evoluzione del-la tecnologia, anche qui con la miniaturizzazione degli stent necessari per il trattamento della patolo-gia di questo particolare distretto, oggi è possibile

risolvere la stenosi. Infatti grazie a un introduttore di poco meno di due millimetri di diametro, inseri-to nell’arteria del braccio, si posiziona un �lo guida metallico lungo circa due metri e mezzo ed in gui-da radiologica si rilascia lo stent a livello della plac-ca». (Foto 5 e 6) Il vantaggio di utilizzare l’accesso radiale, esperienza ormai consolidata nel tratta-mento dell’aterosclerosi coronarica, è legato alla netta riduzione delle complicanze emorragiche maggiori, rispetto all’approccio femorale. Infatti, al termine della procedura, l’introduttore viene im-mediatamente rimosso dall’arteria radiale, e�et-tuando un’emostasi con garze e bende elastiche compressive per otto ore che permettono la deam-bulazione immediata, senza costringere il paziente all’allettamento. Ciò rende più agevole la fase post-procedurale, soprattutto a pazienti a�etti da artro-si invalidanti che patiscono l’allettamento, a causa della sintomatologia dolorosa che ne deriva.

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È iniziato tutto a maggio 2012 e da allora è stato un crescendo di

traguardi raggiunti. Stiamo parlan-do dell’ambulatorio di Angiologia del S.Anna Hospital, che svolge da sempre funzioni di supporto dia-gnostico alle attività di chirurgia cardiovascolare, opera in ambito medico terapeutico ma, più di re-cente, ha contribuito a ra�orzare in modo signi�cativo il ruolo del Cen-tro regionale di Alta Specialità nella formazione e informazione destinate a specialisti e medici. Nella primavera di due anni fa, sotto l’egida del-le maggiori Società medico scienti�che di quel particolare ambito sanitario, il S.Anna chiamò a raccolta il meglio dell’angiologia italiana, ospe-daliera e universitaria, con lo scopo di fare il punto su clinica e ultrasuoni in patologia vasco-

lare. Da quel convegno in poi questo tipo di iniziative non si è più interrot-to, consentendo all’ospedale, come si diceva, di inanellare un risultato positivo dietro l’altro.Dopo la prestigiosa Certi�cazione di Qualità, conferita nel 2013 dalla Sia-pav (Società Italiana di Angiologia e Patologia Vascolare) proprio all’am-bulatorio di Angiologia, diretto dal dottor Elia Diaco, il S.Anna è diven-

tato Centro calabrese di riferimento della Sidv (Società Italiana di Diagnostica Vascolare) e lo stesso Diaco ha assunto la carica di responsabile regionale del sodalizio medico. Contemporane-amente, l’attività convegnistica �nalizzata alla formazione, non ha conosciuto soste: la diagno-stica a ultrasuoni è stata oggetto di un meeting tra gli specialisti delle regioni del sud Italia e,

Un bienniodi successi straordinari

Il S.Anna Hospital e il suo Ambulatorio di angiologia sono ormai un punto di riferimento, non solo per la diagnostica ma anche per la formazione

ANGIOLOGIA

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sempre in Calabria, si è tenuto, ancora su iniziati-va del S.Anna, il IX congresso nazionale “Flebofo-rum” promosso dal Collegio Italiano di Flebolo-gia. Non sono mancate poi le iniziative dedicate a far conoscere speci�camente le metodiche te-rapeutiche più innovative, come la “Scleromous-se”: tecnica che consente di curare patologie assai di�use come ad esempio le vene varicose, senza dover ricorrere all’intervento chirurgico. Una procedura non invasiva, che presenta una serie di vantaggi conseguenti: non necessita di anestesia, può essere eseguita in ambulatorio, restituisce in ventiquattro ore il paziente alla sua normale attività e inoltre consente di trattare anche individui con più di settant’anni, un’età in cui l’intervento chirurgico può oggettivamente costituire un problema.Nella veste di Centro regionale di riferimento della Sidv, il S.Anna Hospital sta ospitando ora la sessione pratica del “Corso istituzionale se-mestrale teorico pratico” che la stessa Sidv tiene per la prima volta in Calabria. Si tratta di una del-le più importanti attività formative ECM, svolte dalla Società medica; attività indispensabile per gli specialisti in esami vascolari a ultrasuoni che volessero ottenere l’accreditamento di qualità. I corsi, rivolti ai medici che si interessano delle pa-tologie dell’apparato vascolare sia in ambito cli-nico sia in ambito diagnostico, hanno lo scopo di approfondire i percorsi di diagnosi e terapia più idonei e di puntualizzare le modalità di follow-up del paziente, secondo le più aggiornate linee guida nazionali e internazionali. Il corso è partito a marzo e proseguirà nei mesi successivi �no a settembre, quando si svolgeranno gli esami �-nali per gli specialisti partecipanti. Questi ultimi saranno sei, un numero solo apparentemente esiguo ma che in e�etti dà l’idea del rigore e del-la selettività del corso. «Certi�care gli specialisti è un’esigenza ormai sempre più avvertita - spiega Diaco - perché da un lato è andata progressivamente crescendo la domanda di esami diagnostici non invasivi in patologia vascolare e dall’altro è aumentata la necessità di contenere i costi di gestione del-le Unità Operative. Si è posto quindi un doppio problema: di appropriatezza delle indicazioni agli esami stessi e di qualità con cui essi vengono eseguiti. È per questo che la Società Italiana di

Diagnostica Vascolare ha deciso di proporre agli specialisti percorsi individuali e volontari di ac-creditamento, con l’obiettivo di creare un corpo di operatori in grado di garantire al paziente e al sistema sanitario complessivamente inteso, un servizio qualitativamente valido e attendibile. Essere parte di questi percorsi - aggiunge Diaco - è per noi motivo di orgoglio, perché premia il lavoro fatto dal S.Anna nel corso degli anni per

raggiungere, mantenere e consolidare livelli di eccellenza in tutti gli ambiti che riguardano il la-voro dell’ospedale, nessuno escluso».Il Corso istituzionale, ha previsto lo svolgimen-to della parte teorica presso il Biocontrol di Co-senza, mentre la parte pratica, come detto, al S.Anna Hospital. Molti i nomi prestigiosi delle di-verse branche mediche (angiologia, cardiologia, cardiochirurgia, chirurgia vascolare), chiamati in qualità di relatori ai lavori della giornata inaugu-rale. Tra di loro - oltre a Bindo Missiroli, direttore del Dipartimento di Chirurgia Cardiovascolare del S.Anna - Pierluigi Antignani, presidente del-la SIDV e Stefano De Franciscis, presidente del Collegio Italiano di Flebologia, nonché direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Va-scolare del policlinico “Mater Domini” di Catan-zaro. Una presenza, quest’ultima, che testimo-nia l’unità di intenti e la comunanza di obiettivi tra l’ambito medico propriamente ospedaliero e quello medico universitario.

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QUEL “QUID” CHE FA LA DIFFERENZAQuando si mette piede in un ospedale ci si atten-de professionisti in grado di risolvere i problemi di salute della gente. Bene, posso testimoniarlo per-sonalmente, i medici del S.Anna sono validissimi. Quando si entra in un ospedale ci si attende ordine, disponibilità, e� cienza, scrupolosità. Bene, sotto-scrivo anche questo: al S.Anna tutto ciò che può es-sere d’aiuto al paziente viene fatto; almeno con me è stato così. E ancora, in un centro di alta specialità del cuore si immaginano tecnologie, strumenti e tecniche d’avanguardia. Anche in questo caso, il riscontro che ho avuto non lascia dubbi. La presen-za dello psicologo, al � ne di ottimizzare il decorso e la ripresa dopo l’intervento, è un dato acquisito in molti centri specialistici. Questo soprattutto al Nord. Al S. Anna, lo psicologo c’è. E c’è una cosa che invece non ho riscontrato in nessun altro luogo e che ha reso per molti versi unica la mia permanen-za in ospedale. Sono state proprio le parole dello psicologo, non solo dirette a me,che ero il paziente ma in particolare ai miei familiari; parole che han-no in� uito notevolmente sulla qualità delle rela-zioni all’interno della mia famiglia. Ecco, questo è il dato straordinario che mi ha fatto sentire fortu-nato di essere lì in quel momento e che mi porta a lasciare qui la mia testimonianza.

(Fonte: www.robertoruga.it)

Questo scritto ha un valore particolare perché la persona è in grado di operare una distin-

zione tra “rendimento” della struttura ospedalie-ra, ovvero la sua prestazione diciamo così “atleti-ca”, la sua performance, per usare un termine in voga, e qualcos’altro che esula dai normali criteri valutativi: si tratta di un guadagno “secondario”, in sovrappiù, che esorbita dal dato medico e dal-

la guarigione � sica. Il paziente - che io preferisco chiamare persona - è in grado di cogliere l’occa-sione che la malattia col suo carico di so� erenza gli dà, quella cioè di rivedere i personali rappor-ti familiari, operando una ristrutturazione che non può che essere merito suo. Qui, l’intervento psicologico probabilmente mette in moto qual-cosa, stimola, suggerisce, ma poi, il vero lavoro di cambiamento è messo in atto dalla famiglia stessa e in particolare da quella persona che ora vede le cose in maniera diversa, più essenziale, riscoprendo valori autentici. Nel fare questo, il merito non può venire dall’esterno (psicologo od ospedale che sia) ma scaturisce dalla persona stessa che è riuscita con la sua sensibilità a dare un senso a quella dura esperienza � sica e psico-logica. Sono io questa volta a fare i complimenti e li estendo certamente a tutti i pazienti. Non è un fatto nuovo, anzi, per me è una regola: ogni volta esco dalla stanza in cui è ricoverata la per-sona facendole i miei complimenti per come sta a� rontando la situazione e la invito a sentirsi un po’ eroe, poiché di fatto lo è già. Ora però, qualche nota tecnica. Nel commentare questa testimonianza, chiediamoci: da dove na-sce la gratitudine del paziente? E cosa ha funzio-nato in questo rapporto? Risposta: l’instaurarsi di una relazione, che diviene propriamente una relazione d’aiuto, quando favorisce nell’altro la crescita psicologica, ossia una maggiore ca-pacità di a� rontare le di� coltà della vita, nella prospettiva di una Psicologia della Salute e del Benessere, che mira ad evidenziare le potenzia-lità insite in ogni persona. Come si realizza nello, speci� co, questo obbiettivo? Attraverso l’ascol-to, che è presupposto della relazione stessa. In-

Lo psicologo al tuo fianco

La rubrica “Lo psicologo al tuo � anco” ospita la voce dei pazienti attraverso le loro testimonianze, che vengono commentate a cura del Servizio di Cardiopsicologia del S.Anna, di cui è responsabile il dottor Roberto Ruga.

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fatti, creare una relazione signi�ca stabilire un legame, che implica due soggetti con un reci-proco interesse in comune: la relazione in que-sto caso mira a essere utile, a favorire qualcosa.Al centro di tale processo troviamo un parti-colare tipo di ascolto, che si traduce di volta in volta in sostegno, orientamento, informazione, accompagnamento, condivisione, presa in cari-co. Chiediamoci adesso, quali condizioni siano state indispensabili alla persona per aprirsi ad un “estraneo”. Innanzitutto, l’instaurarsi di un cli-ma di �ducia, che presuppone una accettazione incondizionata della persona, la quale si sente accolta e accettata per quella che è, senza essere giudicata. Doti necessarie sono: una buona conoscenza di sé, la curiosità, una grande passione per l’essere umano, la tolleranza, la capacità di empatia (im-medesimarsi nell’altro) e di provare compassio-ne. Un buon ascolto si fonda proprio su una com-prensione empatica del punto di vista dell’altro, di come questi vede le cose e quali sono i suoi atteggiamenti personali di fronte ai vari aspetti della vita: ci si immedesima nella sua esperien-za. È importante, inoltre, essere convinti che la persona possieda nel profondo una tendenza a sviluppare al massimo le sue potenzialità, an-che quando essa stessa per prima non ci crede più. Come si fa? Nutrendo genuino interesse e ri-

spetto senza riserve. Si tratta di una accettazione incondizionata dell’altro, il quale non deve aver bisogno di guadagnarsi la nostra approvazione o la nostra simpatia, sopprimendo atteggiamenti o idee e cercando di essere una persona piutto-sto che un’altra; l’altro deve avere tutta la libertà di essere quello che più profondamente e auten-ticamente è in quel momento. È allora, che nella relazione empatica il paziente può veri�care che non c’è alcun rischio nell’aprirsi, nell’ammettere i propri stati d’animo, lo smarrimento, le debo-lezze o le proprie paure. Ecco l’obbiettivo ultimo di una relazione di sostegno psicologico: incre-mentare nell’altro la capacità di ascoltare se stes-so, facendogli un po’ “da specchio” per restituirgli la sua progettualità, quella spinta realizzativa e feconda che fa della sua stessa vita una missione. Ma questa “restituzione” è un processo unico, assomiglia a un prodotto artistico, è cioè un piccolo “miracolo”. Perciò si dice… “magia di un incontro” - no? Ed eccoci al punto: la magia con-siste nel far nascere nella mente della persona so�erente l’appassionata convinzione di po-ter divenire soggetto attivo e responsabile del proprio benessere, capace di creare condizioni nuove nella sua vita, dotandola di un signi�cato squisitamente personale, attraverso scelte che profumano di Verità e di Giustizia. Insomma… un cuore nuovo e palpitante, capace di slanci!

Page 20: N.15 - giugno 2014 Magazine · 2018. 6. 12. · ospedali di tutte e cinque le province calabresi. Un dato che, associato ai ricoveri già program- ... per fortuna non è l’aereo