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S3 NOTE SPIRITUALIdon Viganò ci parla

5 BREVISSIME

8 INCHIESTA BS«Ritorno alla famiglia» ma con tanti ostacoli dasuperare.Cosa dicono i giovani della famiglia? Può, questatradizionale agenzia educativa, considerarsi anco-ra valida? L'inchiesta tenta di dare una risposta aduno dei punti nodali dell'educazione giovanile .

13 MISSIONI 1 MARAUIÀA tu per tu con gli Yanomami .Un eccezionale reportage da Marauià, avampostosalesiano nelle sterminate foreste amazzoniche .L'articolo è tratto da un volume di recente pubbli-cazione a cura di due studiosi torinesi : Giorgio eFabrizio Re .

19 VITA SALESIANAUn diploma per quattro ma, ad Areia Branca,c'è posto per tanti .L'ispettoria salesiana di Verona ha da alcuni anni«sponsorizzato» questa zona del Nordest brasilia-no. L'articolo è il racconto del lavoro sempre affa-scinante che un gruppo di salesiani svolge giornoper giorno .

IL BOLLETTINO SALESIANORivista fondata da san Giovanni Bosconel 1877Quindicinale di informazione e culturareligiosa edito dalla CongregazioneSalesiana di San Giovanni Bosco .

INDIRIZZOVia della Pisana 1111 - Casella post . 9092- 00163 Roma-Aurelio - Tel . 06/69 .31 .341 .Conto corr. post . n . 46.20 .02 intestato aDirezione Generale Opere Don Bosco,Roma .

DIRETTORE RESPONSABILEGIUSEPPE COSTARedazione : Giuliana Accorsero - MarcoBongioanni - Eugenio Fizzotti - Gaetano Na-netti - Angelo Paoluzi - Cosimo Semeraro .Archivio: Guido CantoniDiffusione: Arnaldo MontecchioFotocomposizione, impaginazione e stam-pa: Officine Grafiche SEI - TorinoRegistrazione : Tribunale di Torino n . 403del 16 .2.1949

N

In copertina :Gli Yanomamisono abilissimi

cacciatori .Con arco e freccia

centrano un pettirossoanche a

notevole distanza .(Foto Giorgioe Fabrizio Re)

(Servizio a pag . 13)

1 MARZO 1985ANNO 109NUMERO 5

IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA* II primo di ogni mese (undici numeri,eccetto agosto) per la Famiglia Salesiana.* Il 15 del mese per i Cooperatori Sale-siani .Collaborazione : La Direzione invita a man-dare notizie e foto riguardanti la FamigliaSalesiana, e s'impegna a pubblicarle secon-do il loro interesse generale e la disponibili-tà di spazio.Edizione di metà mese . A cura dell'UfficioNazionale Cooperatori (Alfano, Rinaldini) -Via Marsala 42 - 00185 Roma - Tel . (06)49 .50 .185 .

22 VITA SALESIANAMa che parrocchia grande arriva fino . . . in AfricaBologna, parrocchia san Giovanni Bosco . Qual è ilvolto di una parrocchia salesiana? Presentiamouna parrocchia salesiana italiana dove i problemidel terzo mondo di «casa e fuori sono avvertiticon sensibilità e intelligenza .

25 PASTORALE GIOVANILE 1 EL SALVADORCon i giovani della capitale .L'azione salesiana tra i giovani del Centro Ameri-ca. Cosa ne pensa uno dei responsabili .

30 PROTAGONISTIMonsignore parliamo del Cile?Le speranze e le attese di Monsignor Tomas Gon-zales Morale vescovo di Punta Arenas in Cile econ lui quelle di un Popolo .

33 STORIA SALESIANAIl teatro di casa fra passato e futuro .È il racconto di uno dei principali protagonisti del-l'impegno salesiano nel teatro educativo giovaniledel dopoguerra .

RUBRICHEEditoriale, 4 - Scriveteci, 4 - Pigy, di Del Vaglio, 6 -La lettera di Nino Barraco, 7 - Libri & Altro, 28 - I no-stri santi, 37 - I nostri morti, 38 - Solidarietà, 39 .

IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDOIl BS esce nel mondo in 41 edizioni naziona-li e 20 lingue diverse (tiratura annua oltre 10milioni di copie) in : Antille (a Santo Domin-go) - Argentina - Australia - Austria - Bel-gio (in fiammingo) - Bolivia Brasile - Ca-nada - Centro America (a San Salvador) -Cile - BS Cinese (a Hong Kong) - Colombia- Ecuador - Filippine - Francia - Germania- Giappone - Gran Bretagna - India (in in-glese, malayalam, tamil e telugú) - Irlanda- Italia - Jugoslavia (in croato e in sloveno)Korea del Sud - BS Lituano (edito a Ro-

ma) - Malta - Messico - Olanda - Paraguay- Perù - Polonia - Portogallo - Spagna -Stati Uniti - Sudafrica - Thailandia - Uru-guay - Venezuela - Zaire

DIFFUSIONEIl BS è dono-omaggio di Don Bosco aicomponenti la Famiglia Salesiana, agli amicie sostenitori delle sue Opere .Copie arretrate o di propaganda : a richie-sta, nei limiti del possibile .Cambio di indirizzo : comunicare anche l'in-dirizzo vecchio .

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Don Viganò ci parla ,

UNA SCELTASCONVOLGENTE

«Beati i poveri»! (Mt 5,3) .Da dove incomincia una spiritualità giovanile?Certamente dall'amore! Ma l'amore ha mille

vie su cui incamminarsi . Gesù nelle Beatitudiniindica come prima strada dell'amore quella dellapovertà .

È una scelta sconvolgente : se guardiamo intor-no a noi, tutto respira materialismo . Il primo sal-to da fare è appunto quello di superare la barrie-ra del «possesso» . Non sarà capace di vincere ilmaterialismo e, quindi, non avrà una vera spiri-tualità, colui che non farà esperienza, nella suavita, del valore evangelico della povertà (cfr . Mt .19, 21) .

Ma che rapporto ci può essere tra l'amore (lafelicità) e l'indigenza della povertà? Come spie-gare questo incredibile paradosso di Gesù?

Incominciamo a guardare il rovescio della me-daglia: la mentalità materialista oggi è dominan-te sia all'Est che all'Ovest ; essa danza, ovunque,attorno al vitello d'oro delle ricchezze! La giusti-ficazione di tale atteggiamento può essere fatta informa capitalista o marxista, ma la conclusionepratica a cui si arriva è sempre la stessa : il benes-sere, il potere, la gloria, il piacere, sono legati al-l'argento e all'oro, ai soldi .

Ma così il materialismo ha riempito il mondodi ingiustizia e di tristezza .

Si rende assolutamente indispensabile girare lamedaglia. Dall'altra parte troviamo l'effigie diGesù che ci parla del rapporto tra amore epovertà .

Vi invito a sottolineare tre aspetti concreti esi-genti e tra loro complementari della miniera di

amore che si trova nella prima Beatitudine :- Innanzitutto una spiritualità giovanile deve

indicare con estrema chiarezza qual è il «prossi-mo» preferito da Dio . Per saper amare comeamò Gesù è necessario fare personalmente unaopzione preferenziale per i poveri . È una sceltapratica che tocca quotidianamente la vita e scon-volge quelle mentalità alla moda, che sono di fat-to imborghesite .- In secondo luogo, l'amicizia con i poveri

offre con realismo un criterio oggettivo per giu-dicare ciò che uno ha di «superfluo». E questoporta a comunicare e a partecipare dei propri be-ni ai più bisognosi . Ciò favorisce quell'atteggia-mento di serena fiducia nella Provvidenza che èraccomandato dal Vangelo (Mt . 6, 25 ss) e fa as-sumere uno stile di vita sobrio e semplice, che al-lontana le tentazioni dell'orgoglio e dellaconcupiscenza .- In terzo luogo, la solidarietà con i poveri

aiuta a riscoprire il progetto di Dio sui beni eco-nomici . L'accumulo di ricchezze a favore solo dialcuni è irragionevole disobbedienza al Padre .Quindi lo spirito delle Beatitudini invita anche aripensare l'attuale ordine socioeconomico e poli-tico e ad ascoltare e a studiare l'insegnamento so-ciale della Chiesa per impegnarsi in una svoltastorica di rinnovamento della società .

Ecco, dunque, tre passi concreti per una spiri-tualità giovanile :•

fare, insieme a Gesù, la scelta dei poveri ;• aver coscienza, in prima persona, del «super-fluo» per condividere con i più bisognosi qualco-sa di proprio ;• sentirsi coinvolti nella costruzione della «civiltàdell'amore», che è riscoperta del progetto creatu-rale e inizio del Regno .

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NOI E L'AMERICA LATINA

Un terzo e più delle pagine di que-sto fascicolo vengono dedicate aproblemi, fatti ed idee di Paesilatinoamericani .Da quando il 14 novembre 1875, abordo della nave Savoia, un mani-polo di salesiani guidato dal Ca-gliero salpò da Genova verso Bue-nos Aires, di cammino se n'è fatto .Il recente viaggio di Giovanni PaoloIl in alcuni Paesi di quell'immensoContinente poi, se ha rilanciato con

forza il rapporto nord-sud richia-mando i popoli più ricchi alle lororesponsabilità verso i popoli più po-veri, ha certamente riproposto lacapacità del cristianesimo di farsisegno di giustizia e di liberazione .L'America Latina è ancor oggi per ifigli di Don Bosco una terra di spe-ranza e di futuro . In questo Conti-nente infatti Don Bosco è di casa : aBrasilia, a Managua, a Quito, aSantiago, come in tantissimi altri

luoghi; è una presenza capillare,sofferta e generosa . Eppure sap-piamo che non basta . Di fronte adun Continente giovane per età e peraspirazioni che possiamo fare noi,popolazione dalla «crescita zero»?Forse, chissà, rimirando la scia diquella nave a vapore e riappro-priandoci della stessa capacità disogno che fu di Don Bosco, trove-remo una risposta.

Giuseppe Costa

A proposito di obiezione dicoscienzaSono un ex allievo salesiano del Colle-gio S. Luigi di Gorizia dove ebbi, nellontano 1928, direttore Don France-sco Antonioli e prefetto D . GiuseppeManzoni .Ho letto con dolorosa sorpresa l'arti-colo apparso su «Il Bollettino Salesia-no» del 1 dicembre 1984, pag . 16/17,che in bella incorniciatura colorataporta il titolo : «Fra il servizio militare el'obiezione di coscienza» e come sot-totitolo : «Vita dura in caserma, ma an-che per chi sceglie il servizio civile» .Premesso che non sono un ufficiale dicarriera, ma un insegnante - ora inpensione - già ufficiale di comple-mento nella 1940-45, mi permetta didirle che alcune affermazioni non ri-spondono a verità mentre alcune altresono addirittura offensive per chi nelservire la Patria (la Patria : la terra deipadri non altro!) ha inteso di fare il pro-prio dovere di cittadino .(Ndr . : seguono una serie di lungheconsiderazioni che per esigenze dispazio non pubblichiamo) .

Giuseppe Fornasir, Udine

Ho letto con vero piacere l'articolo sul-l'impegno giovanile nel numero di di-cembre e sulle idee espresse mi trova-te consenziente ; ciò vale anche per la«finestrella» sul servizio militare e civi-

le, in merito alla quale vorrei però pre-cisare qualcosa .La storia del laureato in officina e delmeccanico in ufficio è, mi creda, unpo' antiquata : io stesso laureato in let-tere, ho passato il militare in un ufficio,dove anzi vanno perfino quelli chehanno la maturità classica .Comunqe, l'addestramento prevedeche tutti sappiano fare un po' di tutto,per cui in casi estremi anche il laurea-to sappia aiutare, che so, il mec-canico .I fatti citati nella finestrella poi, esisto-no ma sono rarissimi (e qui parlo peresperienza visto che lavoravo al Co-mando, dove si sapeva tutto l'anda-mento della caserma) e comunque ioho imparato che, come si è fuori, si èanche dentro la caserma, non faccia-moci quindi ingannare dal «sentito di-re» o dai films del Colonnello Buttiglio-ne! Il nostro esercito è (e questo non èstato riportato nell'articolo) esclusiva-mente di difesa, ed è inoltre addestra-to per la protezione civile, come si è vi-sto nelle ultime calamità naturali, ed èinoltre più addestrato di quel che sicreda . . .Non sono un militarista ma io pensoche la volontà di pace debba esistereda ambo le parti e finché la vedo dauna parte sola, mi scusi, sto un po'guardingo. Comunque, io ritengo po-sitivo l'aver imparato a convivere conquelli che portano i gradi sulle mani-

che o sulle spalline ; è molto megliocon loro che con quelli i quali portanoi gradi sulla fronte . . .

Francesco Chiari, Treviglio

Risponde don Giuseppe Costa, diret-tore del BS .Mi sono riletto l'articolo del BS di di-cembre «incriminato» da alcuni lettori .Nel ringraziarli per l'attenzione debbotuttavia far rilevare che l'articolo nonha inteso affrontare in tutta la sua glo-balità il problema della pace o del ser-vizio militare né quello del volontariatocivile, obiezione di coscienza e nonche esso rappresenti. Penso che sidebba concordare sul fatto che nonsempre l'esperienza in caserma è po-sitiva . E lo stesso Ministero della Dife-sa che lo conferma con inchieste erapporti vari riferiti non certo a fattiedificanti. Parlando di obiezione di co-scienza non ho inteso sottrarre i giova-ni ad una dura esperienza di sacrifi-cio. Certo, ci si può «imboscare» dap-pertutto ma è sempre possibile verifi-care la serietà di questa scelta che,peraltro, ha una durata doppia rispet-to al servizio militare di leva . L'articoloinfine non ha inteso «offendere» nes-sun sentimento patriottico ma prende-re atto di alcuni valori della cultura del-la pace che, grazie a Dio vanno fioren-do sempre più e ci incoraggiano a ve-dere con occhi nuovi l'antico e semprevalido «amor patrio» .

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GERMANIA

t: C1,11~

Da dieci anni i Salesiani diVerona a Colonia

L a Comunità salesianadi Weissenburgstrassea Colonia ha spento,

lo scorso 9 dicembre, lecandeline dei suoi dieci annidi presenza nella cittàrenana, a fianco e con gliemigrati italiani .Non c'è stata una festa allagrande, ma sicuramente unagrande festa, nel clima difamiglia, che la Comunità hacollaudato, giorno dopogiorno, in questi dieci anni .Anche la scelta di fare lafesta dentro casa, nonostantesi prevedesse qualche disagioper il numero di amici chesarebbero intervenuti, harispettato il desiderio dicoloro che l'hannoprogrammata, di rendereomaggio alle mura e alleporte di questa casa, chesono state le mura e le portedi chiunque abbia avutobisogno di esse .Nessun invitato di quelli cuibisogna cedere la sedia, unamessa con tanti bambini, unpaio di diapositive con i voltidi Tonino, Francesco eMarina, e panettone con ilvino buono .Così è passato il pomeriggio,come quello di unadomenica passata in casa diamici. Più dei discorsiufficiali, hanno parlato daimuri le foto di cento ragazzi,sorridenti dai campi dilavoro di Brema eSantomenna, dalle nevi delleDolomiti o dietro lebancarelle sullaSchildergasse, coi maglionivenuti dall'Ecuador .Chiunque abbia confidenzacoi problemi degli emigrati,sa quanto sia pericoloso fareprogetti duraturi eaddirittura impossibileaspettarsi qualsiasi risultatoprogrammato in determinatescadenze : oggi ci sono,domani sono in Italia o aMonaco di Baviera o adAmburgo. Il posto di lavorol'unico legame: non c'è

quartiere, né bar dell'angolocogli amici, a tenere unemigrato in Germania,

fermo in un posto . Lospauracchio della solitudinee dell'isolamento è sempredietro le spalle, soprattuttoper i più giovani, chetentano il decollo dallapropria famiglia .Per questi giovani furonochiamati, dieci anni or sono,i Salesiani della Provincia diVerona : perché prendesseroin mano la pastoralegiovanile nella città e nelladiocesi di Colonia . Unlavoro da far tremare i polsi,per il quale non sarebberobastati cento mani e centoocchi, ma che due sole manie due soli occhi potevanoinvece essere già di troppo, anon sapersi muovere .Uno solo poteva essere ilcammino possibile, per noncombattere battaglie alla donChisciotte : quello di porsi alcentro della città, aprire leporte, senza urlare .E senza urlare qualcuno èsempre stato lì, dietro laporta, a sentire il primosquillo di campanello, perdieci anni . Con lo stessoanimo: basta una volta chesei stanco e sei fregato . Chiè venuto a suonare con lamano tremante, non vieneper la seconda volta .Con questi giovani, che una

volta hanno suonato, si sonoformate lentamente leavanguardie di scoperta econtatto con il mondogiovanile tedesco, perallargarsi poi fuori città allaricerca degli altri gruppigiovanili, vicini alle Missionicattoliche . E con essiformare un movimento digiovani italiani in Germania,che all'ultimo incontro diOffenbach, nel giugnoscorso, erano più dicinquecento .Dopo Offenbach ci saràEsseri, con quanti altriancora?Weissenburgstrasse nonrivendica nessuna paternità,non mette le bandiere .Continua ad aprire la portaal primo squillo dicampanello e continua a direche la parola d'ordine, percrescere, è condividere ecollaborare, facendosiognuno educatore dell'altro .

Sergio Mancini

Nella foto :immagini della Festa deldecennale,in particolare : la consegnadei premiai bambini da parte di . . .«San Nicola,,

Vita di Don Bosco in Hindi

P YAR KASAHAZADA. Èquesto il titolo di una

nuova biografia di SanGiovanni Bosco scritta daC. B. Saku in lingua«Hindi», la lingua piùparlata dell'India .Scritta in stile popolare,piacevole e al tempo stessodai contenuti solidi eprofondi, questa «nuova»vita è risultata un vero eproprio bestseller ed haprocurato all'autore unpremio speciale. Pubblicataa Nuova Delhi essa vieneconsiderata un dono aigiovani in occasione del loroAnno internazionale .

ITALIA

CB Premio Grinzane Cavourper la lettura dei giovani

on la selezione dei seiautori finalisti-vincitori per il 1985,

sono iniziati i lavori dellaquarta edizione del PREMIOGRINZANE CAVOUR,sorto per iniziativa dellaSocietà EditriceInternazionale e della Cittàdi Alba, in collaborazionecon il Ministero dellaPubblica Istruzione .La Giuria del Premio,presieduta da UgoRONFANI e composta daGiuseppe BELLINI,Giuseppe BEVILACQUA,Maria CORTI, MarioGUIDOTTI, LorenzoMONDO, Sergio PEROSA,Mario POMILIO, EmilioPOZZI, Mario RIGONISTERN, Sergio ZAVOLI eGiuliano SORIA(Segretario), si è riunita aTorino il 26 gennaio e, dopoaver esaminato le 107 opereconcorrenti, ha designato isei autori finalisti-vincitori(tre italiani e tre stranieri)del GRINZANE CAVOUR1985 . Essi sono :la sudafricana NadineGORDIMER, Luglio(Rizzoli)

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6 • 1 MARZO 1985

il norvegese Truls ORA,Nube di vernice (Garzanti)lo statunitense KurtVONNEGUT, II grandetiratore (Bompiani)

e gli italiani :Paolo BARBARO, Malalali(Spirali)Giuseppe BONURA, Ilsegreto di Alias (EditorialeNuova)Sebastiano VASSALLI, Lanotte della cometa (Einaudi)

Le sei opere sono state sceltetra una prima rosa di 18titoli sui quali si eraprecedentemente espressa laGiuria nella prima partedella sua giornata di lavori .Tale prima selezionecomprendeva anche leseguenti opere :Angela CARTER, La

passione della nuova Eva(Feltrinelli) ; Mario DELLAPALMA, Un caso disolitudine (Fogola); RodolfoDONI, Legame profondo(Rusconi); Serena FOGLIA,Quale amore (Rusconi) ;Gilberto FORTI, A Sarajevoil 28 giugno (Adelphi) ;Daniele GORRET, Sopracampagne e acque (Guanda) ;Stanislaw LEM, L'indagine(Rusconi) ; SalmanRUSHDIE, Ifigli dellamezzanotte (Garzanti); JoséSARAMAGO, Memorialedel convento (Feltrinelli) ;Wole SOYINKA, Aké, glianni dell'infanzia (JacaBook) ; Roberto VACCA,Dio e il computer(Bompiani); Christa WOLF,Cassandra (Edizioni e/o) .

Le sei opere selezionatesaranno ora inviate aglistudenti di 11 centri dilettura dislocati in altrettantescuole superiori italiane . Ivoti di queste Giuriescolastiche determineranno isuper-vincitori, per il 1985,delle due sezioni di cui si

pl(rN à; DEI. VP(XLIo

compone il Premio(narrativa italiana enarrativa straniera) . Aisuper-vincitori spetteranno 5milioni di lire caduno ; airestanti quattro autoriverranno assegnati 2 milionidi lire caduno .La premiazione si svolgerà il25 maggio 1985, nellostorico castello di GrinzaneCavour, al termine dei lavoridel Convegno - cheannualmente è organizzatoin concomitanza del Premio- che avrà quest'anno pertema : «I best-sellers: veragloria?» .

Festa dei giovani aPordenone

A lmeno due milagiovani hannopartecipato

domenica 20 gennaio 1985alla Festa organizzata aPordenone dal Centro diPastorale giovaniledell'Ispettoria Salesiana diVerona . Con quest'incontroi giovani veneti hanno volutoritrovarsi per condividere illoro essere giovani masoprattutto la loro volontà diimpegno per una societàmigliore . È stata dunque unagiornata di festa masoprattutto di riflessioneiniziata con l'intervento diLuciano Tavazza, presidentenazionale del MO.VI .(Movimento Volontari) earticolata con una «marcia»per le vie della città ed unospettacolo conclusivo .

La festa di Don Bosco èstata celebrata in moltissimicentri con programmi ricchidi contenuti e creatività .Così un po' dappertutto sisono svolte iniziative intesead esaltare Don Bosco e altempo stesso a rileggere ilsignificato della sua opera aservizio dei giovani . LaFamiglia Salesiana di Schio,

fra le sue iniziative, havoluto fare incontrare ilettori del BollettinoSalesiano della città con ildirettore della popolarerivista, don Giuseppe Costa,che è stato chiamato aparlare sul tema : «IlBollettino Salesiano : unaintuizione di Don Boscoancora attuale». È stato unincontro che . . . in barba ai70 cm di neve cadutaproprio in quei giorni, si èrivelato ricco di cordialità edinteresse e tale da farauspicare la sua ripetizionein altre località .

la Nella foto :Il manifesto della festa

Si è svolto il convegnosull'Educazione dei giovanialla pace

C on la partecipazionedi alcune centinaia dioperatori pastorali e

sociali si è svolto dal 2 al 4gennaio 1985 all'UniversitàSalesiana di Roma ilpreannunciato convegnosull'educazione dei giovanialla pace .Aperto con il saluto deldecano per la Facoltà diScienze dell'Educazioneprof. don Guglielmo Maliziae con l'intervento del RettorMaggiore don Egidio Viganòche ha definito «segno deitempi» il rinnovato interessedell'opinione pubblica suquesto tema, il convegno havisto fra gli altri i contributidi don Pietro Gianola, del

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I Un momentodei recital dei giovanidel Centro GiovanileSalesiano

moralista Enrico Chiavacci,di Antonino Drago, diEmilio Damino, di AldoEllena. Durante il convegnoha dato anche il suo salutomonsignor Jan Schotte,vicepresidente dellaCommissione «Justitia etPax» . I relatori sono staticoncordi nel determinarel'urgenza e al tempo stessola complessità del problemaeducativo .Il convegno ha avuto comemoderatore il sociologo donGian Carlo Milanesi edurante il suo svolgimentoha visto anche lacomunicazione di numeroseesperienze ancheinternazionali come quelladel movimento giapponeseRissho Kosei-Kai mentre igiovani del Centro GiovanileSalesiano di Roma-Cinecittàhanno presentato un recital .

ARGENTINA

Festa della Pace a MonteAymond tra giovani cileni eargentini

L a Diocesi argentina diRio Gallegos e quellacilena di Punta

Arenas hanno in comunenon soltanto il confinediocesano e nazionale(Argentina e Cile) ma anchela «salesianità» dei duerispettivi vescovi : salesianisono infatti monsignor

Miguel Angel Aleman,vescovo argentino di RioGallegos, e monsignorTomas Gonzales Morales,vescovo cileno di PuntaArenas . Il loro territorio sisa è stato, fino a qualchemese fa, oggetto di unacontesa internazionale risoltacon la mediazione dellaSanta Sede. Ma prima che siarrivasse a tale soluzione idue vescovi hannoincoraggiato una serie diiniziative pastorali asostegno di una cultura dellapace fra i giovani dei duePaesi . Sin dal 1979 infattigruppi di giovani delle duediocesi si sono incontrati perpregare e stare insieme .L'incontro di quest'anno haavuto un particolaresignificato dal momento chela contesa Argentina-Cile haavuto una soluzione . Fra gliocchi preoccupati della«Gendarmeria Nacional » edei «carabineros» centinaiadi giovani si sonoarrampicati sul MonteAymond, località a 68chilometri da Rio Gallegos ea 220 chilometri da PuntaArenas, e qui, con unatemperatura quasi polarehanno celebrato la loro Festadella Pace . Con l'occasione ipartecipanti hanno deciso diassegnare un premio specialecome «costruttori di pace» aGiovanni Paolo Il, a Mons .Miguel Angel Aleman, allagioventù argentina, al Card .Raul Silva Henriquez, aMons . Tomas GonzalesMorales e al consoleargentino nella città di PuntaArenas, signor HoracioChalian .

1 MARZO 1985 • 7

i ,rL a lettera di Nino Barraco

ELOGIO DEL SILENZIOCarissimo,

posso augurarti qualche cosa? Ecco, sì, ti auguro tan-to silenzio .

Silenzio è meravigliarsi, adorare, lottare . Il silenzionon è il nulla . Il silenzio è voce, profondità di voce,vento di voce . Intervistare il silenzio . È il silenzio cheparla .

Silenzi lunghi, vasti, inaccessibili, dell'anima con sestessa, con i fratelli, con Dio .

La misura dell'uomo è la sua capacità di stare in si-lenzio . E non penso, no, soltanto, alle grandi anime deimonaci in contemplazione, alle suore, segno, icone, an-ticipazione del Regno, ai conventi di clausura, ma pensoanche a uomini dentro la storia, gli avvenimenti, la cul-

I tura del nostro tempo .Penso a Giorgio La Pira, alla sua dimensione mistica

nella politica . Penso a Franceschini, il Rettor Magnificodell'Università cattolica di Milano, l'umiltà della scienzache canta il silenzio . Penso a Madre Teresa, alla sua vitaconsumata tra i poveri, eppure in adorazione : «II silen-zio ci dà uno sguardo nuovo su tutte le cose» .

Penso a tutti quelli che non hanno soffocato l'interio-re, che, con coraggio, con determinazione estrema, han-no saputo difendere il silenzio dalla brutalità, dal cini-smo, dall'aridità di tutti gli affaristi .

Anime impegnate, eppure al di là del tempo .Penso a quelli che sono rimasti attenti alle stelle, al

deserto, all'infinito, alle molte letture di Dio nel silenziodelle cose, alla poesia del silenzio: «Tra tanta musicaudita, me n'è rimasta una sola, nel cuore, profondamen-te scolpita» . Il silenzio è trasparenza di Dio, che si faviva, palpabile, reale . Il silenzio è fede . Il silenzio di sestessi, l'ascolto di chi adora . Il silenzio è salute . Il silen-zio del corpo che non è malato .

Il silenzio è vita . La natura, alberi, fiori, foglie, cre-scono nel silenzio .

Ritrovarci nel cuore delle cose, meravigliarci di tutto,di un fiore . È la creazione che si ferma, attonita, stupe-fatta, dinanzi a quel fiore nella fossa, che tenta di buca-re il cemento, l'asfalto, per vivere .

Il silenzio è messaggio, annunzio, parabola della vita .È il tempo che passa, che colma le valli, che lascia

cadere la sabbia perché si veda l'oro, perché l'effimeroscompaia ed emerga l'eterno .

Fare silenzio dentro di noi . Vivere nella profondità,nello spessore del silenzio . Essere anime di profondosilenzio .

Il grande rischio: perdere l'occasione di capire cheDio è più grande del nostro cuore, che l'unica verità èamare .

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INCHIESTA BS

1985 anno dei giovani

«RITORNOALLAFAMIGLIA»MA CONTANTIOSTACOLIDA SUPERARE

Tramontati i tempi della radicale contestazione,le nuove generazioni cercanonella famiglia un punto di riferimento.I genitori facilitano questo processo? E la società?

Sono tramontati i tempiin cui la famiglia non era più «dimoda» fra i giovani? Sono vera-mente lontani gli anni quando la fa-miglia era rudemente e perentoria-mente definita «una sovrastrutturasociale da relegare in un passatooscurantista»? Quando i più radica-li si spingevano fino a sentenziaresenza appello «la morte della fami-glia»? I segnali che fanno propen-dere verso risposte in senso affer-mativo, ci sono . Intendiamoci : nontutto è rose e fiori, la cautela, in unperiodo storico caratterizzato da tu-multuosi mutamenti, è d'obbligo .Del resto, l'offensiva ideologica,sociologica, o di matrice grossola-namente psicanalitica, talvolta coa-lizzate in un unico, ibrido blocco,continua tuttora a produrre effettidevastanti sulla famiglia, ad attivar-ne l'indiscutibile crisi, che si traducenei noti fenomeni della diminuzionedei matrimoni e delle nascite .Un'offensiva, occorre precisare,

che si sviluppa oggi in forme menorozze che per il passato, più subdo-le, sottili, insidiose, siano esse ema-nazione di entità pubbliche, di isti-tuzioni statali, oppure ispirate daporzioni, ancorchè minoritarie, del-la società civile .

Ciò nonostante, i dati emergentida indagini, inchieste, statistiche,oltre che l'osservazione attenta del-la realtà quotidiana, ci attestanoche molte della frecce àntifamigliasi sono spuntante cammin facendo,anche per via del clamoroso insuc-cesso di esperienze che si pretende-vano sostitutive della famiglia tradi-zionale. I giovani, in particolare,hanno abbandonato le posizioniapocalittiche delle generazioni fra il1965 e il 1978, e non parlano più difantastiche «famiglie-aperte», di«comuni familiari» e altre vuoteformule dello stesso tipo . Al contra-rio, il «ritorno alla famiglia» è oggiun dato di fatto, che accomuna lenuove generazioni .

Le immaginidi questo articolosi riferisconoa vite familiari .Sono immaginidi un tempo passato

sella casa paternaDa una indagine condotta in tutti

i Paesi dell'Europa occidentale dalCentro ricerche dell'OCSE, viene laconferma di un sincero attaccamen-to dei giovani alla famiglia, emergeuna gioventù che si dice soddisfattadella famiglia e vi si integra senzaproblemi. Sarebbe fuori luogo direche siamo all'idillio, e difatti nonmancano i giovani che lamentanouna scarsa comprensione da partedei genitori, e altri che scalpitanoentro un recinto reputato troppoangusto. Ma è altrettanto vero chela stragrande maggioranza dei gio-vani dichiara apertamente di nonavere la benché minima intenzionedi abbandonare la famiglia se nonal momento di formarsene una pro-pria. E difatti, in Italia, i giovanicon meno di 24 anni che vivono dasoli sono 47 mila in tutto .

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1h

Nell'Europa occidentale i giovaniche formano «famiglia» a sè sono il10 per cento, con il massimo dellaconcentrazione nella fascia piùavanzata dell'età giovanile, cioè dai23 ai 24 anni, quando l'abbandonodella casa paterna ha maggiori giu-stificazioni. Nella fascia d'età com-presa fra i 14 e i 18 anni, solo il 2per cento dei giovani maschi, e il 4per cento delle ragazze, vive solo .

Un'inchiesta della Doxa, che hacoinvolto un ampio campione digiovani italiani (4 mila), in età com-presa fra i 15 e i 24 anni, fornisce unquadro più dettagliato . Anche quil'attaccamento alla famiglia si im-pone come dato di fondo, tanto chela famiglia viene indicata come ilprincipale valore, prima ancora dellavoro, dell'amicizia, dello svago,dello studio, dell'impegno sociale .Pochi degli interpellati fornisconouna immagine negativa dei rapporticon i genitori: solo il 3,4 per cento sispinge a definere «frustranti» talirapporti. Oltre il 60 per cento li de-finisce invece « piuttosto buoni » e il20 per cento li giudica «eccellenti» . Lamentele dei giovani

La maggioranza ammette di ave-re un buon dialogo con i genitori.Uno dei contrasti indicati con piùfrequenza riguarda le uscite serali,tasto dolente, che penalizza soprat-tutto le ragazze . Il 41 per cento dei

giovani fra i 15 e i 17 anni è lasciatolibero dai genitori di uscire dopo ce-na, ma la percentuale scende a pre-cipizio quando si tratta di ragazze :solo il 14 per cento di esse ottiene ilpermesso. Tra i 20 e i 25 anni, anco-ra il 40 per cento delle ragazze ha ri-gide limitazioni di orario e di fre-quenza nelle uscite serali . Su questoargomento, sembra veramente dif-ficile trovare un punto di pacificocontatto fra i genitori e figli, conci-liare cioè la preoccupazione dei pri-mi, più che giustificata dati i tempitutt'altro che tranquilli in cui vivia-mo, con il pur comprensibile desi-derio dei secondi di trascorrerequalche ora con i loro coetanei .

Un' inchiesta territorialmente piùlimitata, e tuttavia utile ai fini diuna conferma delle altre, è quellache ha avuto come area di sondag-gio alcuni quartieri di Roma . Qui siè constatato che fra i giovani e i ge-nitori non esiste addirittura con-trapposizione alcuna, nè di valori,nè di modelli culturali e neppure dimatrice ideologica . È, questo, undato che testimonia la drastica di-versità dei giovani di oggi da quellidella generazione che li ha precedu-ti, una generazione il cui impegnosociale e politico passava spesso at-traverso la rottura con la famiglia .

Ma ecco alcune domande rivolteai giovani e le loro risposte. «Cherapporti hai con la tua famiglia? »«C'è dialogo, parliamo insieme dimolti argomenti» (56 per cento) ;«Ci confrontiamo spesso» (24,9) ;«Parliamo di cose banali» (13,8) ;«Ci ignoriamo a vicenda» (1,4) ;«Litighiamo spesso» (2,9) . Doman-da: «La tua opinione politica èuguale o diversa da quella dei tuoigenitori?» Risposte : «La penso inmodo molto simile a mio padre»(42 per cento); «Ho una opinionepolitica diversa ma non opposta aquella di mio padre» (38) ; «Houna opinione opposta» (20) .

Questi dati inducono natural-mente a interrogarsi sui motivi chehanno spinto i giovani a mettersisulla strada del «ritorno alla fami-glia». Le opinioni al riguardo sono

1 MARZO 1985 • 9molteplici e diversificate, come delresto è logico, considerata l'ampiez-za dell'arco su cui si stende il cosid-detto «mondo giovanile» . Il prof .Ulderico Bernardi, docente di so-ciologia all'Università veneziana diCa' Foscari, ci vede «l'esigenza deigiovani di soddisfare il bisogno diavere davanti a sè una figura - ilpadre - che trasmette modelli rea-li» (ma aggiunge che «questa esi-genza può essere soddisfatta solo sela famiglia ha come cardine internola stabilità della coppia») . Per altri,invece, la rivalutazione della fami-glia agli occhi dei giovani è dovutaal fatto che i genitori sono cambiati,sono diversi rispetto al passato, piùdisponibili, fino a diventare un pun-to di riferimento indispensabile peri figli. Altri ancora sostengono cheil fenomeno «ritorno alla famiglia»va attribuito alla mancanza di mo-delli extrafamiliari, e ne traggono laconseguenza che «ritorno alla fami-glia» è l'equivalente di «ritorno alprivato » .

Dobbiamo arrivare alla conclu-sione che tutto, nei rapportigiovani-famiglia, fila liscio comel'olio? Chi volesse spingersi tantolontano peccherebbe di eccessivoottimismo . La realtà è meno rosea .Se i tempi della contestazione radi-cale sono finiti, rimangono però gliscontri generazionali, sia pure affie-voliti da un profondo cambiamentodi mentalità. I motivi di dissenso,fisiologici fin che si vuole, conti-nuano a sussistere, specialmente neipaesi industrializzati più avanzati .Le lamentele dei giovani nei con-fronti dei genitori si appuntano so-prattutto sulla scarsa confidenza,sulla frammentarietà dei rapporti,sui modi diversi di interpretare i fat-ti quotidiani, sui problemi sollevatidalla scuola, dal lavoro, dall'abbi-gliamento, oltre che, come abbiamogià accennato, dalle uscite serali .Ma le rimostranze dei giovani non sifermano qui, toccano temi più com-plessi, che coinvolgono il modostesso di intendere la famiglia e lacollocazione di questa nel contestosociale contemporaneo . Sentiamo-ne alcune : lavorano entrambi e io livedo poco, pensano in modo osses-sivo al denaro e finiscono per nonvedere i figli, la casa è diventata unaspecie di rifugio per la notte e serve

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10 • 1 MARZO 1985

solo per dormire, sfogano su di noile loro preoccupazioni, fanno i lorocomodi senza degnarsi di pensare anoi .

Sono accuse pesanti, come si ve-de, che dovrebbero far rifletterenon solo i genitori ma anche coloroche hanno il compito di disegnareun modello di società . Naturalmen-te non mancano i genitori che ritor-cono sui figli la responsabilità deidissapori familiari, accusandoli aloro volta di essere egoisti, chiusi inse stessi, poco disposti al dialogo,lontani, trasandati, eccessivamentedediti al divertimento a scapito del-lo studio e del lavoro .

Ma come li vorrebbero i genitori,questi giovani? Nel tracciare la figu-ra del padre ideale, la qualità che igiovani - sia maschi che femmine- vorrebbero voler vedere emerge-re in primo piano è la pazienza, se-guita dalla calma, dall'espansività edalla generosità . Quanto alla ma-dre, anch'essa è desiderata più pa-ziente e meno rigida. Richieste, infondo, moderate, soprattutto se po-ste a confronto con quelle che circo-lavano all'epoca in cui Mitscherlichdava alle stampe il suo saggio «Ver-so una società senza padre», testosacro di chi si sforzava di inventaresurrogati della figura paterna in no-me di un preteso nuovo equilibrionei rapporti sociali .

Richieste, in ogni caso, non incontrasto con il ruolo che i genitorisono chiamati a svolgere nella fami-glia, primo e insostituibile luogodove si sviluppa la personalità delgiovane, e dove il giovane apprendei veri valori della vita. La realtà

quotidiana ci pone però davanti afamiglie che si muovono in tutt'al-tra direzione . Ed ecco allora i geni-tori che si impegnano con . zelo de-gno di miglior causa nel sospingere igiovani verso scelte opportunisti-che, verso la ricerca del successo adogni costo, magari accettando ilcompromesso, la falsità, l'ambigui-tà. Ed ecco, ancora, i genitori chepretendono di far sfoggio di «mo-dernità» all'insegna del «tutto èpermesso», presi dal timore di esse-re considerati troppo «rigorosi» o«esigenti» .

Il padre padroneNessuno può pensare oggi di in-

staurare con i figli un rapporto deltipo «padre-padrone», chi volesseincarnare questa non gradevole fi-gura paterna sbaglierebbe di grosso .Ma sarebbe altrettanto sbagliata,perché dannosa per i giovani, la ri-nuncia a svolgere il ruolo del genito-re, cioè un ruolo di educazione pri-maria, che ha la funzione di tra-smettere ai figli i valori fondamen-tali dell'esistenza . Compito duro edifficile, perché duro e difficile è ilcompito di educare attraverso laproposta paziente e coraggiosa divalori. Purtroppo ci sono giovanicondannati dai genitori ad assorbiredeteriori modelli di vita che il padree la madre hanno in mente per lui,presi dalla smania - diffusa nellanostra epoca consumistica - di ve-der eccellere l'erede, di vederlo sem-

pre primo, solo perché hanno river-sato sul figlio la propria ambizioneal «successo» . Quel «successo» cheessi non sono riusciti a raggiungere .Ecco perchè i medici sportivi dia-gnosticano con sempre maggiorefrequenza un forte «tasso d'isteria»in molti giovani che si sono dedicatiallo sport non per seguire una prati-ca di educazione fisica, ma per di-ventare «campioni» . Sono giovani,dicono i medici, che si ammalano digravi forme depressive, amorfi, sen-za ideali, senza immaginazione,consumisti e opportunisti . Sonogiovani senza ideali perché i genitorinon hanno ideali .

I giovani hanno invece ricomin-ciato a sentire il bisogno di punti diriferimento. Il padre (e con lui lamadre) può esserlo se è veramentecolui che offre sicurezza, che si po-ne come modello di lealtà e di one-stà, che offre aiuto nel momentostesso in cui esercita l'autorità, cherisponde alle mille domande dei fi-gli,, che sa essere severo, che sa rifiu-tare il permessivismo e la compren-sione senza regole. Ciò è possibile inuna famiglia che si ponga nella so-cietà come comunità di amore e disolidarietà, una famiglia in grado ditrasmettere valori culturali, etici,sociali, spirituali e religiosi . I geni-tori fanno allora beneficiare i figlidelle esperienze che hanno matura-to, e assieme ai figli a loro voltamaturano .

Quando si collocano entro unacerta fascia d'età (in genere fra i 20e i 25 anni), i giovani instauranocon l'istituzione famiglia un rap-porto bidirezionale : verso la fami-glia d'origine - e ne abbiamo vistoalcuni risvolti - e verso la famigliache andranno a formare . Osservia-mo ora i comportamenti dei giovanida questo secondo punto di vista . Ilpanorama che si apre davanti ai gio-vani di oggi non è dei più esaltanti .Al di là delle generalizzazioni, chesarebbero fuorvianti, esistono datioggettivi con cui occorre confron-tarsi . Eccone alcuni . In Svezia, 40matrimoni su cento fanno naufra-gio nel divorzio . In Italia non siamoancora a questa quota astronomica,ma le istanze di separazione colloca-no il nostro Paese al terzo posto inEuropa: un matrimonio su dieci siconclude con la separazione, uno su

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25 con il divorzio . Roma, in parti-colare, costituisce un caso limite,con una famiglia su tre che entra incrisi fino al punto di scegliere le vielegali per dichiarare ufficialmentefallimento .

Le conseguenze sui figli sono ine-vitabili e dolorose . È stato ampia-mente dimostrato che lo stato diconflittualità che insorge fra i geni-tori prima della rottura del vincolofamiliare si ripercuote pesantemen-te sui figli anche a distanza di moltianni. Il sociologo Pier Paolo Dona-ti, dell'Università di Bologna, haconstatato, sulla base di accurate ri-cerche condotte in questo campo, lapresenza, nei figli di separati e di-vorziati, di «carenze affettive»,mancanza di equilibrio e di forma-zione di una identità stabile, solitu-dine, depressione, incapacità rela-zionale, elevato rischio di compor-tamenti devianti» . Se vogliamospingerci geograficamente più lon-tano, nell'intento di sottolineareche, sotto questo profilo, tutto ilmondo è paese, potremmo citare ilcaso del Giappone, dove tutti i ri-cercatori sono giunti concordemen-te alla conclusione che una buonafetta di responsabilità per il dilagaredella violenza giovanile va attribui-ta alla disgregazione della famigliagiapponese tradizionale . Del resto, imolti giovani che ogni anno scappa-no da casa in tutto il mondo indu-strializzato (50 mila solo negli StatiUniti), sono sì spinti da molteplicisollecitazioni - instabilità caratte-riale, spirito di avventura, brutti vo-ti a scuola ecc . - ma sociologi epsicologi sono concordi nell'indica-re come cause prevalenti situazionifamiliari in sfacelo, ambiente di fa-miglia reso insopportabile dallacondotta dei genitori, disgregazionedel rapporto di coppia .

k'. ttacchi

al matrimonio

A questi dati, che non sono certoconfortanti per un giovane che vo-glia avvicinarsi al matrimonio, biso-gna aggiungere l'azione nefastasvolta da chi lavora fra i giovani per

indurli a preferire al matrimoniouna forma di convivenza che si pre-tende di spacciare per affermazionidi libertà . In Italia, le donne eletteal parlamento nelle liste del partitocomunista si sono fatte promotricidi un'azione politica tesa a ottenereche la legge sancisca una distinzionefra famiglia e matrimonio . «Conti-nuare a pensare alla famiglia - essesostengono - come a un istitutofondato esclusivamente sul matri-monio significa non riconoscere di-ritti, doveri, valori e comportamen-ti di milioni di famiglie che si fonda-no su relazioni fra individui codifi-catili in modo diverso dal matrimo-nio» . Si misura qui l'ampiezza deiguasti prodotti dall'introduzionedel divorzio, che, una volta inseritonella legislazione, ha avviato unaserie di reazioni a catena, aprendoproblemi ben più gravi di quelli chepretendeva di risolvere . Il moltipli-carsi di nuclei familiari che si basa-no su relazioni «codificabili in mo-do diverso dal matrimonio», e cioè,in pratica, non codificabili, ne è so-lo una riprova .

Duri colpi al matrimonio - spe-cie agli occhi dei giovani - vengo-no inferti anche da autorevoli catte-

1 MARZO 1985 • 11dre: in Francia, per esempio, laCorte di Cassazione ha stabilito che«l'unione libera non è in contrastocon i nostri presenti costumi» . Sepoi 'si vuol scendere nel frivolo, cite-remo un recente giudizio espressoda un noto attore cinematografico,Nino Manfredi, secondo il quale«la famiglia italiana poggia sui suoidifetti : le bugie e i tradimenti» . Èforse una «boutade», magari lostesso Manfredi è il primo a noncrederci, e tuttavia affida questipensierini a un libro che aspira auna larga diffusione .Sono dunque queste le forme

di . . . preparazione al matrimonio ealla famiglia offerte oggi ai giovanidalla nostra società. Che cosa resta,in siffatti schemi, della famiglia co-me nucleo vitale della società, dellafamiglia dedita all'educazione deifigli, alla trasmissione dei valorifondamentali su cui poggia la con-vivenza umana? «L'avvenire dell'u-manità passa attraverso la fami-glia» ha detto Giovanni Paolo II .Ma il Papa, formulando questa pre-visione, aveva in mente una fami-glia fondata sull'amore interperso-nale autentico dei suoi membri,amore che è donazione reciproca enon chiusura nell'egoismo .Nonostante i poco edificanti

esempi offerti ai loro occhi, nono-stante i reiterati attacchi condotticontro la famiglia, i giovani guarda-no ad essa, in generale, con fiducia .E nella loro stragrande maggioran-za si riferiscono ancora alla fami-glia tradizionale, quella che i suoipiù accaniti detrattori hanno datopiù volte per spacciata . Secondouno studio condotto da specialistidell'Università cattolica di Milano,«resiste un modello familiare tradi-zionale, che le nuove generazioniconsiderano insostituibile per l'edu-cazione dei figli e per la trasmissio-ne dei valori morali» . Una indaginecondotta dalla Doxa rivela che soloil 5 per cento dei giovani esprimel'intenzione di non sposarsi. Lastragrande maggioranza, dunque,vuole stabilire un saldo legame sucui fondare una famiglia . Un altrodato, fornito dal CENSIS, dice cheil 39 per cento dei giovani italianidai 17 ai 24 anni ritiene certo o mol-to probabile di arrivare al matrimo-nio entro i prossimi cinque anni .

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Q uanti figli?Il 63 per cento desidera un matri-

monio che duri tutta la vita perchélo ritiene «la forma migliore per l'u-nione di coppia». Sono maggioran-za anche coloro che, sposandosi,vogliono avere figli . In particolare,per il 50 per cento delle ragazze, lamaternità è l'esperienza centraledella vita . E molte di esse aspirano arimanere in casa proprio per accudi-re ai figli . Dal canto loro, i giovani,quando pensano alla famiglia cheandranno a formare, si dicono bendisposti verso una moglie che condi-vida con loro la responsabilità diguadagnare per sostenere il pesoeconomico della famiglia, ma in li-nea generale dichiarono di preferirela donna che resta in casa . Peraltro,pur riconoscendo alla donna paritàdi diritti, sono piuttosto pochi i gio-vani che si dicono disposti a dare unaiuto nelle faccende domestiche . . .

Quanto al numero dei figli, i gio-vani vanno al matrimonio con ilpreciso programma di metterne almondo uno o al massimo due . È unorientamento prevalente in tutti iPaesi europei e questo spiega il for-te abbassamento del tasso di natali-tà che si registra ormai da qualcheanno in Europa . Da troppo tempo igiovani sentono commiserare intor-no a sé gli «incoscienti» che hannoquattro o cinque figli . Ma bisognaanche riconoscere che non sempre lepubbliche istituzioni adottano unapolitica di sostegno della famiglia .Sotto questo profilo, l'Italia si se-gnala come il Paese dell'Europa oc-cidentale collocato al più basso li-vello di politica familiare. I dirittidella famiglia sono in molti casiignorati e talvolta addirittura mina-ti da leggi e iniziative di caratteresocio-economico. Nella Germaniaoccidentale, invece, - ed è solo unesempio - hanno riconosciuto cheeducare i figli è un impegno gravo-so, ma di grande utilità sociale, cheva concretamente incoraggiato . Co-sicché a coloro - e sono in preva-lenza donne - che si dedicano atempo pieno a questo «servizio»,verrà riconosciuto, a partire dal1986, il diritto a considerare pensio-nabili gli anni spesi a educare i figli .

Nella Germania orientale, per fareun altro esempio, il governo haadottato una serie di provvedimentiper agevolare le giovani coppie, so-prattutto nel settore abitativo, percui un quinto dei nuovi apparta-menti, la metà di quelli restaurati eun quarto delle case unifamiliarivengono assegnati a giovani che sisposano .

Quello della casa è notoriamenteun enorme problema per gli italianiin genere e per i giovani in partico-lare . Sfratti sempre incombenti, pe-nuria di appartamenti disponibili aun prezzo sopportabile (anche semolte case sono sfitte), crisi nel set-tore edilizio dovuto alla scarsa re-munerazione dell'investimento nel-la casa oberata da tributi di ogni ge-nere, rendono assillante la ricerca diun appartamento il cui fitto sia allaportata delle tasche di giovani chesolo da poco hanno iniziato a gua-dagnare. Ciò crea il diffuso feno-meno delle giovani coppie che, do-po il matrimonio, vanno a viverenell'abitazione dei genitori . Nonsempre questa coabitazione forzatacrea il clima più adatto all'armoniafamiliare . Ci si è mai chiesti quantimatrimoni sono entrati in crisi perdissapori insorti a causa della preca-rietà della soluzione abitativa? Se losono chiesto soprattutto le pubbli-che autorità preposte al benecomune?

Nonostante le enormi difficoltà,la famiglia resta comunque ai primiposti nelle aspettative future dei

giovani. Ma come si accostano igiovani al matrimonio? Oggigiornoè raro sentir parlare di «fidanza-mento», si preferisce dire che si hail «ragazzo» o la «ragazza», anchese, naturalmente, un periodo ditempo che precede il matrimoniocontinua ad esserci . E non sempre èbene usato, sostiene il cardinaleHoffner, arcivescovo di Colonia,perché «i giovani, anche cattolici,stimano sempre meno e non osser-vano la castità prematrimoniale, in-fluenzati dal mercato pornograficoe dal consumismo» . Il «fidanza-mento» può anche continuare peranni, durante i quali ci si accontentadi constatare che «si sta bene insie-me». Troppo poco, afferma Ga-briella Moschioni, consulente pres-so il Consultorio «La Famiglia» diComo . E aggiunge che troppi giova-ni arrivano a questa tappa della loroesistenza sprovvisti di un progettodi vita, che faccia da valido suppor-to nel momento in cui si dovrannoaffrontare i problemi dell'esistenzaquotidiana e della convivenza adue . «Troppi giovani - dice anco-ra Gabriella Moschioni - si preoc-cupano dell'arredamento della ca-sa, della situazione finanziaria, dellavoro, ma sembrano non pensareal matrimonio come a una sceltaconsapevole e libera» . Insomma, imodelli consumistici prevalgonospesso sull'acquisizione della co-scienza di fondare su basi più solidee su valori autentici un rapportostabile e duraturo, e di darsi dellemète da raggiungere nel matrimo-nio. Sotto questo profilo, il compi-to di genitori ed educatori è moltoimpegnativo . Tanto più se genitoried educatori sono cristiani .

Inchiesta a cura diGiuseppe CostaGaetano Nanetti

Nella prossimapuntata:A migliaiaafferratinel vorticedella droga

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MISSIONI / Marauià

L'impegno salesiano perla promozione umana el'evangelizzazione delletribù Yanomamirappresenta un capitoloeroico di storiamissionaria e un preziosocontributo agli studiantropologici. Giorgio eFabrizio Re, appassionatistudiosi torinesL si sonorecati in Amazzoniarealizzando un preziosolavoro di documentazione.

Gli Yanomami Karawe-theri di Marauià, con i quali abbia-mo abitato, rappresentano non di-ciamo l'unica, ma una delle pochetribù che ancora continuano a vive-re con la loro organizzazione triba-le, con la loro casa comunitaria,con la propria autonomia e hannopotuto salvarsi dall'assalto della ci-viltà occidentale .Ma chi sono questi Yanomami?

Da dove vengono questi uomini chevivono come alle sorgenti dellacreazione?

ATUPER TUCONGLI YANOMAMI

Sono gli scampati al diluvio, so-stiene qualcuno . I fuggiaschi dellasommersa Atlantide .

C'è chi li fa discendere dalle anti-che popolazioni mediterranee, altridai Fenici, ma i capelli neri e lisci, ilvolto glabro, gli zigomi prominentirivelano il carattere mongolico dellarazza india .

Sono i figli di coloro che, almeno60 .000 anni fa, attraversarono lostretto di Behring al di sopra di unponte terrestre poi scomparso . Daallora sono prigionieri di questo

7 MARZO 1985 • 13

I Rio Marauià .Gli autori dell'articololottano per riportarea riva lo scafo

pianeta fatto di fiumi e di foreste .Non conoscono altri mondi .

Vivono allo stato prepaleolitico,non conoscendo la lavorazione deimetalli, ma neppure quella dellapietra per la costruzione di utensili .Benché insediati nelle vicinanze difiumi navigabili, non sono mai statiin grado di costruirsi una canoa,una zattera, un ponte .

Ancor oggi accendono il fuocosfregando fra di loro due bastoncinidi cacao selvatico . Non hanno maicostruito né usano alcuno strumen-

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14 • 1 MARZO 1985

Donna Yanomamicon il proprio bambino(Foto SAF)

to musicale. Nelle discussioni e neimomenti di lotta comunicano fra diloro a monosillabi urlati, tanto chegli altri Indi con dispregio chiama-no gli Yanomami Guajaribos e cioèscimmie urlatrici, anche riferendosiallo loro costituzione fisica .

[ . . . lSi chiama sciabono il gruppo di

capanne abitato da ognuna delle tri-bù Yanomami . Un piazzale recinta-to e protetto solo dalle pareti peri-metrali . Dal cielo entrano pioggia evento, ma esce il fumo dei fuochidelle singole famiglie .

Una specie di zattera persa in unoceano vegetale dove essi approda-no dopo le cacce e i raccolti .

A Marauià, nell'alto Rio Negro,ai confini tra Brasile e Venezuela,meta della nostra spedizione scienti-fica, la tribù è composta di 179 uni-tà, che vivono raggruppate in 39 nu-clei familiari lungo le pareti dellosciabono .

Ogni famiglia ha il proprio foco-lare sotto il tetto ricoperto dalle fo-

glie intrecciate della palma scianti-gra. I pochi beni appesi al tetto .

Qui nascono e muoiono, conser-vando intatto nei millenni l'esile pa-trimonio di una civiltà antichissima,ancora per molti lati sconosciuta .

Uomini e donne si rasano la testaal centro, lasciando intorno allatonsura una breve corona di capellineri e ispidi ; gli uomini tengono ilmembro legato al prepuzio e allac-ciato in alto ad una cintura di filo dicotone, il che rende più agevole e si-cura le vita nella foresta . Non fu-mano. Uomini e donne hanno ilprofilo facciale deformato da unaabnorme sporgenza del labbro infe-riore, perché sin da bambini tengo-no grossi boli di foglie di tabaccoimpastato con cenere fra i denti in-feriori e il labbro ; non bevono liqui-di fermentati ; i paga si inalano l'unl'altro con la lunga canna di bambùpolveri allucinogene vegetali, permezzo delle quali ritengono di en-trare in contatto con gli spiriti eternidegli animali, delle piante e dei fe-nomeni della natura . Si dipingono ilcorpo ignudo con colori vegetali,usando il colore nero per le impresebellicose, il rosso e il violetto per fe-ste e riti .

Non seppelliscono i morti ma licremano e ingeriscono la polveredelle ossa pestate in un mortaio, mi-schiate ad uno stracotto di banane,durante le cerimonie di endocan-nibalismo .

Si cibano delle ceneri dei mortiperché lo spirito del defunto contutte le sue virtù e la sua forza ri-manga nella tribù. Gli Yanomamihanno molti tabù e vivono in un co-stante stato di paura: pensano dipoter essere attaccati dagli spiritimaligni o da altri esseri umani .

È una vita senza tempo, domina-ta dalla natura e subordinata allesue leggi .I bambini sono il bene più

prezioso .Le donne non sono mammiste ;

dopo poco tempo, i bambini sonodi tutti .

C'è un capo, che generalmente èanche pagé, ma la sua autorità è li-mitata . S'impone soprattutto con lapersuasione e con l'esempio . Per ledecisioni importanti consulta gli an-ziani, i notabili del gruppo . Alcunidi loro, privilegio raro, consideratala scarsità di donne, hanno anchedue o tre mogli .

Quando i frutti e gli animali in-torno allo sciabono cominciano ascarseggiare, i membri più influentidel gruppo scelgono vicino ad uncorso d'acqua un altro luogo doveaprire con il fuoco un varco nellaforesta .

Le ceneri renderanno più fertilela nuova piantagione. Accanto, co-struito dagli uomini, risorgerà ilnuovo grande sciabono .

[ . . . lSovente a 13/14 anni le fanciulle

sono già mamme . Sarà il loro corpola culla della nuova creatura portatasu di un fianco con una bandolieradi fibra vegetale . Giorno e notte ilnuovo arrivato avrà a disposizioneil seno della madre .Gli Yanomami di Marauià non

posseggono strumenti musicali . Laforesta si arricchisce ogni tanto disuoni nuovi. Sono le nenie cantate,i loro dialoghi che all'orecchio occi-dentale suonano come monosillabiurlati . Si tratta invece di un normaleintercalare musicale e ritmato carat-teristico della loro lingua.

L'acqua del fiume non è sempre aportata di mano . In questo caso la

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provvista si fa negli stagni melmosie nelle pozze dove si abbeverano glianimali . Amebe e parassiti di ognigenere finiscono nei recipienti dizucca . Le infezioni intestinali sononumerose, specie nei bambini, e lavita media non supera i trent'anni .

L'acqua degli igarapé, ruscelli co-perti della foresta, è fresca e pulita eladdove non supera il metro d'altez-za i ragazzi vi si immergono per cer-care di sfuggire all'afa che li op-prime .La natura non conosce il ritmo

delle stagioni . Il caldo e l'umiditàfanno sì che fiori e frutti pendanodall'intreccio sempre verde deglialberi .

In nessuna parte del mondo vita emorte si alternano in modo così ra-pido e ininterrotto . Diventare adultinella foresta dove si è nati ai piedi diun albero, sulle foglie di un bananoselvatico stese a terra come un len-zuolo, è una difficile, rischiosa im-presa . La foresta ricca di muffe, lin-fe, veleni, terre medicamentose,guarisce e uccide .

Per la pesca vengono in genereusate cortecce e foglie velenose ma-cerate e ridotte in poltiglia, oppurel'arco e le frecce .

Uno dei tipici ripari del territorioYanomami è la grande parete spio-vente orientata in modo da proteg-

gere il più possibile dai venti e dalleintemperie .

Ad una latitudine (0,54° dall'e-quatore) dove una sola stagione,estate eterna, regola la vita, gli ac-quazzoni quotidiani danno nuovoimpulso alle piantagioni e ai fruttinaturali della foresta .Ma quando le grandi piogge, per

sei interminabili mesi, trasforme-ranno l'Amazzonia nel più vasto ca-tino del mondo e ostacolerannol'attività degli uomini, momenti dicarestia renderanno più difficile ilsostentamento agli abitanti dellosciabono .

Gli uomini cacciano, disboscano,costruiscono le capanne, fabbrica-no gli archi, le frecce, fanno laguerra .

Le donne coltivano la terra, rac-colgono i frutti della piantagione equelli offerti spontaneamente dallaforesta vergine, hanno cura dei fi-gli, tengono pulita la capanna e ilgrande spiazzo antistante, intreccia-no cesti, cucinano sulla brace, den-tro le foglie, frutti, radici, animali .

Alla donna è affidata anche laraccolta e la lavorazione della ma-nioca, una radice velenosa dallaquale esse ottengono, con un parti-colare trattamento, il pane quoti-diano degli Indi .

Se qualche maschio partecipa allo

7 MARZO 1985 • 15sfrondamento degli arbusti di ma-nioca e all'estirpazione dei tuberi,lo fa unicamente per sostituire lamoglie incinta agli ultimi mesi oammalata .

La manioca è piantata per lo piùall'inzio della stagione delle piogge .È sufficiente infilare nella terra dueo tre rametti per trovare dopo seimesi sotto l'arbusto i primi tuberi .

I tuberi, come del resto i frutti, ipiccoli animali, i pesci, appartengo-no alla famiglia che li raccoglie, an-che se la raccolta e la caccia vengo-no svolte in gruppo . Solo le grosseprede delle battute di caccia sonodivise tra tutti .

Anche i bambini, presto attrattida un'attività che li unisce agli adul-ti, collaborano con mordente quasicompetitivo. Non hanno mai avutogiocattoli ; appena sono riusciti acostruirsi il loro piccolo arco, han-no iniziato la lotta per la sopravvi-venza . È stata la prima lezione dellaforesta .Le donne fanno provvista anche

di grandi foglie di banano selvaticoe di altre piante a foglia lunga e resi-

Un guerriero Yanomamisi prepara

per la grande caccia

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ARRIVEDERCIA MARAU IÀIl lavoro di Giorgio e FabrizioRe è nato da un arrivederci .«Un nebbioso m?ttino delprolungato inverno torinese- raccontano i due Autori -facemmo la conoscenza conpadre Francesco Laudato,statuario missionario sale-siano, originario di NoceraSuperiore, da trent'anni tra-piantato in Brasile e oggi in-sediato con il fratello Luigi inuna delle più «difficili» mis-sioni salesiane a Marauiànel bacino del Rio Negro aiconfini fra l'Amazzonia bra-siliana e quella venezuela-na . . . Fu così che nacqueun'amicizia. Quando donLaudato lasciò Torino, ilprof. Giorgio Re ed il figlioFabrizio dissero soltanto : ar-rivederci a Marauià . La pro-messa fu mantenuta e que-sto volume ne è la testimo-nianza. Presentato da LuigiFirpo, Gli ultimi Yanomami,edito da Point Couleur, è

stente, che sono la carta, il desco,l'involucro per la cuttura di molticibi, il tetto degli Yanomami .

A Marauià non viene lavorata lacreta; ed è questa un'altra occasioneper meglio comprendere lo stadiodella loro civiltà . Non sanno fareuna piastra di terracotta o un vaso ouna pentola, come hanno invece sa-puto fare gli Indi limitrofi dispo-nendo a spirale l'uno sull'altro ro-tolini di creta che poi vengono levi-gati con una conchiglia .

Tutti gli utensili sono preparaticon elementi vegetali e animali .

Gli Indi, insuperabili cacciatori,sono altrettanto abili nel costruirearmi. Pochi sapienti tocchi trasfor-meranno una foglia di agave in unaresistentissima fibra per la cordadell'arco .

Le punte delle frecce per i piccolianimali e per la guerra sono fattecon ossa o legno di palma . Per la

uno splendido volume carto-nato con foto ed annotazionieccezionali . La vita e la sto-ria delle tribù amazzoniche èqui descritta con passione erispetto quasi, si direbbe, unatto d'amore dovuto .Rivive anche la storia deimissionari, uomini che perCristo hanno attraversato fo-

caccia grossa la punta è ricavata dauna durissima canna di bambù e hala forma di una lancia, tagliente su-gli spigoli e, scagliata, penetra at-traverso i tessuti più duri . Sullepunte, colorate con il succo vermi-glio di una bacca selvatica, l'urukùo onoto, sono disegnati i bersaglipiù ambiti: giaguari, tapiri, cinghia-li, in maniera molto approssimati-va, quasi stilizzati .

Il disegno ha scopi magici : fa cen-trare il bersaglio e assicura l'effica-cia del colpo sulla vittimadesignata .

Da epoca immemorabile l'intrec-cio è un'attività in cui gli Indi Yano-mami eccellono . Le dita dell'uomo,e soprattutto quelle delle donne,perpetuano gesti uguali nel tempo .Le liane, le scorze, le fibre, le fogliedi palma, diventano cesti, panieri,recipienti, stuoie, setacci, spremito-ri per la manioca, ventole per il fuo-

reste invalicabili rimanendoa volte dubbiosi sul da farsidi fronte a manifestazioni an-tropologiche tanto primitivee pur tanto profondamenteumane . Con altri missionariil volume esalta l'azione didon Gois, di don Luigi Coccoe dei fratelli salesiani Luigi eFrancesco Laudato .

co . Mentre le donne intrecciano ala-cremente questi oggetti, gli uomini,stesi in contemplazione sulle ama-che, stanno a guardare .Un gran numero di panieri fa

parte delle suppellettili familiari .Grandi ceste a maglie larghe o fittesono destinate a custodire palettiper il fuoco, la tintura di urukù perla cosmesi, ossa di animali .

Esistono anche dei cesti piani aforma di piatto, finemente decorati .Delle grandi zucche servono agliYanomami come ricipienti per l'ac-qua. Tagliate in due, per attingere obere. Le più piccole servono dacucchiaio .

Si conserva il cibo in panieri fatticon foglie di palma piegate .

Tutti questi apparati domesticivengono appesi sotto il tetto . Lì sitrovano anche le frecce e i fagotticon le ossa di animali uccisi conser-vati come talismani per la caccia .

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Sono infine appese lì anche lezucche che contengono le ossa fine-mente pestate dei morti. Queste so-no assolutamente tabù e nessuno ledeve toccare .

Esistono tre modelli di amaca .Quelle fatte con larghe strisce di ra-fia, che si confezionano rapidamen-te quando si viaggia .

Le amache intrecciate con i sottilinastri di una liana sono più solide .In questi due modelli le strisce lon-gitudinali sono attaccate assiemesolo alle estremità .

Infine esistono anche delle ama-che più raffinate in cotone . Si rac-coglie del cotone selvatico, che si fi-la con un semplice fuso . I fili in ca-tena solida sono legati con fili in-crociati . Queste amache sono certomeno scomode di quelle fatte conliane o cortecce, che lasciano i segnisulla carne .

[ . . . 1Quando partono per piccole bat-

tute di caccia gli uomini portano so-lo l'arco e le frecce . Sono osservato-ri attentissimi. Controllano tutte leimpronte e se sono umide, se la ter-ra è screpolata, se i ragni hanno giàintessuto la loro tela sui sentieri,sanno da quanto tempo è passato ilgiaguaro o il tapiro .

Ragazzi Yanomami(Foto SAF)

Uno splendido esemplaredi pappagallo amazzonico

1 MARZO 1985 • 17

Per ogni animale hanno un ri-chiamo appropriato .

Dove la foresta è più folta, ibranchi di scimmie vivono sugli al-beri. Scendono di rado per andarsiad abbeverare agli stagni e hannoper l'uomo una atavica diffidenza,del resto giustificata . Esse infattirappresentano un ghiottissimobersaglio .

Le frecce di legno di palma avve-lenate con il curaro, sulle quali gliIndi praticano tre o quattro incisio-ni circolari affinché si rompano do-po essere penetrate nella carne, re-stano infisse senza consentire allascimmia di estrarle . Il curaro agiscecon straordinaria rapidità sugli or-gani della respirazione . La scimmia,stroncata, non ha potuto dare l'al-larme al branco .

In una cultura che si basa sullatrasformazione del legno e delle suefibre, anche il fuoco nasce dal cuoredel legno . Il fuoco, un prodigio chesi rinnova ogni giorno da quandoper la prima volta i fulmini lo acce-sero sulla terra .

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18 • 1 MARZO 1985

Il fuoco è ragione di vita per gliYanomami . Non osiamo pensarecosa deve essere stata la loro esi-stenza prima della scoperta delfuoco .

Oltre a riscaldare la capanna, ilfuoco serve per arrostire le carni,per cuocervi la manioca, per abbru-stolire la banane e moltissimi altrialimenti . Il fuoco diminuisce l'umi-dità sotto il tetto dello sciabono edevasta la foresta disboscata primadell'allestimento di un nuovo vil-laggio .

Per cuocere le scimmie gli Yano-mami preparano una gabbia di fra-sche dentro la quale arrostiscono glianimali catturati .Gli Yanomami non allevano

maiali, il loro unico animale dome-stico è il cane. Parrebbe strano chenon allevino altri animali utili comele pecore, i vitelli e le galline . Esisteinvece una spiegazione convincente,mai avanzata dai ricercatori che cihanno preceduto . Tutti i tentativi inquesto senso sia di padre Gois chedei fratelli Laudato fallirono perchéin brevissimo tempo le povere bestievenivano dissanguate nottetempodai famelici pipistrelli-vampiri .Addomesticano invece una gran-

de quantità di bestie catturate nellaforesta, che allevano per rifornirsidi piume per l'ornamento, ma chenon utilizzano mai a scopo alimen-tare .Lo sciabono di Marauià è un pic-

colo giardino zoologico . Pappagalliverdi con le ali tarpate perché nonvolino via corrono indaffarati sulterreno . In mezzo ad essi saltella untucano dal grosso becco. Un agutiaddomesticato, con una zampa trat-tenuta ad una palo mediante unaliana, e una scimmia cappuccinaadulta seminano disordine nellosciabono . Le bambine la spidoc-chiano e l'attirano nella loro ama-ca. La si sgrida se fa una sciocchez-za, ma essa non comprende affattoperché la bombardino con deiciottoli .

In un, angolo abbiamo visto an-che due are, che però avevano avutouna sorte meno piacevole . Una erastata depennata delle sue piume ros-se e faceva estremamente pena conla sua grossa testa sul collo sottilecon le piume rade e il corpo quasi

Lo Yanomami trascorremolte ore della giornatain amaca .Da essa non scende maivolentieri . . .

nudo privato delle sue pennemaestre .

Per gli Yanomami la malattia èun'entità cattiva che penetra nelcorpo. Il medico stregone, mediato-re fra gli uomini e le potenze so-prannaturali, provvede a scacciarlecon un rituale magico .

Operazione igienico-alimentare èl'eliminazione dei pidocchi, cui par-tecipano con reciproca soddisfazio-ne amici e familiari .

Con i pidocchi vengono mangiateanche le uova .

La lista viene completata da for-miche, ragni abbrustoliti, vermi-ciattoli, crisalidi di coleotteri e larvestrappate ai favi di alveari selvatici .

Il rispetto dell'estetica tribale im-pone buchi e trafitture . In generevengono usate spine di palma, maper i buchi più spessi, quali quelliche attraversano il labbro, si ricorreal durissimo legno di bacabo.

Per le bambine tale consuetudinerappresenta una prova di coraggio eserve a formarne il carattere . Neifori sono infilati bastoncini e pennedi tucano o di pappagallo .

I gruppi affini si scambiano visiteper rinsaldare rapporti di amicizia edi parentela .

I matrimoni sono quasi sempreendogamici tra Indi di gruppi diver-si nello stesso sciabono . E soventetra un uomo e una bambina in casodi scarsità di ragazze .

L'uomo che decide di prenderemoglie, porta cacciagione e altri do-ni ai futuri suoceri, i quali, nell'ac-cettarli, impegnano la propriafiglia .

Il marito ne attende pazientemen-te la pubertà prima di convivere conlei in un focolore separato da quellodei suoceri .

Anche se è prevista una visita dipochi giorni nulla viene lasciato acasa. Per le creature della forestaogni cosa è preziosa. L'amaca, gliarchi, le frecce, le faretre, i recipien-ti di zucca e di terracotta .

Le ragazze si dipingono per l'oc-casione nèi o linee sottili in segno digioia. Il pennello è un pezzo di lianamasticato alla punta .

Il rosso urukù, l'ocra, il blu scurodelle bacche di genipa, e anche il ne-ro del carbone sono i colori rubatialla natura per arricchire un'estrosatavolozza .

Le collane di perline colorate so-no il frutto di chissà quali baratti .Rappresentano l'ornamento piùprezioso e invidiato. Le piume dipappagallo, di tucano e di colibrìcostituiscono splendidi orecchini .È il pendolo dell'amaca a scandi-

re il tempo . L'orologio è il sole . Ilcalendario è affidato al plenilunio .L'altezza delle costellazioni nel cie-lo dà le ore della notte e il plenilunioavverte che un altro mese è passato .Quando i frutti matureranno, saràtrascorso un anno .

L'indio non rincorre il tempo .Assapora l'attimo presente . Nonpensa al futuro e non ha alcun com-plesso del tipo normalmente intesoin Occidente .

Giorgio e Fabrizio Reestratto da

«Gli ultimi Yanomami»,ed . Point Couleur, Torino 1984,

pp. 320 .

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VITA SALESIANA

Brasile

UN DIPLOMAPER QUATTROMA, AD AREIA BRANCA,C'È POSTO PER TANTI

Quando la jeepnon va . . .

Un gruppo di salesianidell'Ispettoria di Veronadal 1978 ha«sponsorizzato» unangolo dell'immensoBrasile. Ci è giunto questoreportage.

Il 15 agosto 1984, gior-no della festa della città, alla pre-senza del sindaco, di tutti gli asses-sori e di un folto pubblico, la cittàdi Areia Branca conferì un diplomadi benemerenza e di gratitudine aimissionari salesiani : d. Roana, d .Venturelli, e al signor Cibin per illavoro di promozione umana e dicura pastorale svolto durante i seianni della loro permanenza in cittàe nella zona .All'appuntamento mancava un

quarto salesiano, d . Guastalla, re-centemente trasferito nella nuovamissione di Camaragibe (Alagoas) .

La storia di questa missione è co-minciata nel 1878 quando l'ispetto-ria di Verona, che aveva già datotanti missionari nelle varie parti delmondo, decise di accettare la richie-sta della diocesi di Mossorò e aprirequesta nuova presenza in una delleterre più povere dell'America Lati-na, il Nordest del Brasile, mante-nendo con essa legami vivi e diretti .

Il 23 maggio la piccola spedizionevenne accolta con gioia dai nostri

salesiani di Recife che, pur essendogià presenti nel Nordest in quasi tut-te le grandi città, mancavano tutta-via di una presenza specificatamen-te missionaria .

Una terra tristementefamosa

Il Nordest del Brasile è tristemen-te noto per essere una delle sacchemondiali della fame, della mortalitàinfantile (256%0) e soggetta a quellatremenda calamità periodica che èla secca. Non c'è persona che nonabbia visto alla televisione o sentitoparlare di questo fenomeno . L'ulti-ma, fortunatamente terminata que-st'anno, colpì nove stati, 1226 mu-nicipi, uccidendo 3 milioni e mezzodi persone secondo i dati ufficiali,(dieci secondo il vescovo ausiliare diFortaleza), colpendo principalmen-te bambini: una morte lenta e silen-ziosa per denutrizione, fame, sete,

1 MARZO 1985 • 19

epidemie. A questo si deve aggiun-gere che per lo meno il 60% deibambini nati in questi anni avrannoun triste futuro irrimediabilmentecompromesso dalla mancanza dialimenti essenziali alla crescita e al-lo sviluppo .

/von fatalità ma operadell'uomo

Il Nordest ha un clima semiaridocon decorsi irregolari, ora compor-tandosi come deserto e ora come re-gione piovosa. Questo fatto condi-ziona l'uomo del campo il quale im-posta tutto il suo lavoro come se lasecca non dovesse mai capitare .Niente è stato fatto finora per pro-grammare un'agricoltura capace diaffrontarla con allevamenti adegua-ti e con la coltivazione di piante re-sistenti alla siccità . La disorganizza-zione e l'abbandono in cui è lasciataquesta zona non è l'ultima causadella sua miseria e della sua povertà

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20 • 1 MARZO 1985

cronica. La corruzione, largamentediffusa, è arrivata a sfruttare perfi-no la distribuzione dell'acqua nelperiodo di necessità, tanto che si èparlato di «un'industria della sec-ca». La «Sudene» ente che assomi-glia alla nostra cassa per. il Mezzo-giorno, aveva organizzato 5 .000 au-tobotti per l'approvvigionamento dianimali e di persone, ma l'acquavenne anche usata per irrigazioniprivate e distribuita a chi pagava . Ilcardinale di Fortaleza Aloisio Lor-scheider poteva dire con ragione :«II Nordest non è una realtà dellanatura, ma opera dell'uomo» .

Un'area vasta quantola provincia di Napoli

In questa situazione all'estremolimite della Sertaó che degrada ver-so il mare, vivono e lavorano i quat-tro salesiani dell'ispettoria di Vero-na. La missione occupa un'area di1 .200 km quadrati . È situata lungola costa atlantica esattamente a me-tà strada tra Fortaleza e Natal dallequali dista circa 300 km . Un lungobraccio di mare che risale all'inter-no sul letto del fiume Mossorò, di-vide la missione in due parti . I fortidislivelli delle maree che raggiungo-no i tre metri, creano problemi ditrasporto e di comunicazione tra ledue zone. Da una parte e dall'altradel fiume, ci sono due centri . Il cen-tro più grosso Areia Branca, è la se-de della missione. Possiede le strut-ture essenziali come : scuola, piccoloospedale, banca, centrale telefoni-ca, negozi vari a cui vengono rifor-nirsi tutti gli abitanti dell'entro ter-ra. Nel circondario ci sono circa 20tra paesi e paesetti . Fa parte dellamissione infine, un grosso progettogovernativo per la coltivazione delcajù e del cotone con 23 nuclei abi-tati. Tutta la missione conta unapopolazione di circa 40 mila abitan-ti. Un tempo questa zona era relati-vamente benestante per la presenzadi grandi saline che impiegavanonumerosa manodopera . Con lameccanizzazione sono venuti menomolti posti di lavoro creando altret-tanti disoccupati. Per i giovani so-

prattutto non c'è futuro . Parte dellapopolazione vive riscuotendo unapiccola pensione e per chi abita lun-go il mare, di pesca . Ma la povertàè tale che la comunità salesiana èchiamata quotidianamente a risol-vere situazioni di emergenza. Moltibambini, per esempio, non sannocos'è il latte . Ma i mali di questa zo-na non stanno solo qui .

Una scuola che produ-ce analfabeti

L'ambiente che meglio riflette lasituazione di povertà e di abbando-no è la scuola: aule spoglie e nude,senza mobili, senza il minimo mate-riale didattico . Pochi i maestri pre-parati. Molte maestre sono recluta-te tra le ragazze del paese senza unaformazione adeguata, molte voltesemianalfabete . La scuola non solonon riesce a svolgere il suo compitoeducativo, ma sta creando un nuo-vo tipo di analfabetismo .

I salesiani hanno costruito nelquartiere più povero della città, unascuola elementare per permettere aibambini, che non hanno un vestito,di frequentare la scuola . Si sta inol-tre organizzando un movimento digiovani volontari che si preparanoper alfabetizzare le zone rurali piùabbandonate .

L e epatiti anche gravisi curano in casa

Anche il sistema di assistenza sa-nitaria risente del clima di disorga-nizzazione e di inefficenza . Unospedale un po' attrezzato dista 50km. In gran parte della zona ruralemanca qualsiasi tipo di assistenza .Mancano oculisti e dentisti, di cui cisarebbe urgente bisogno . Anche lemedicine disponibili sono scarse e aprezzi impossibili . Più si va dai cen-tri verso le periferie, decresce pro-porzionatamente la capacità profes-sionale di medici e infermieri, l'inte-ressamento degli enti assistenziali ele possibilità di intervento .

Il problema dei giovaniUn problema molto preoccupan-

te e che, come salesiani ci tocca davicino, è la disoccupazione giovani-le . Le strade sono piene di giovanisenza far niente : non vanno a scuo-la, non hanno lavoro e solo pochifortunati riescono ad arruolarsi nel-la marina. Ma i più rimangono quia riempire i bar, le spiagge, i ritrovi .Per venire in parte incontro a que-sto problema, è stata iniziata la co-struzione di un Centro Giovanilecon sale di ritrovo, aule per catechi-smo, sala teatro e una chiesa . Inparte è già agibile e si spera tra bre-ve di inaugurarlo .

Sono stati anche organizzati deimini corsi professionali, ma che permancanza di fondi e di strutture,ebbero vita breve .

Una casa per tuttiL'iniziativa sociale più rilevante è

quella portata avanti dal signor Ci-bin, l'infaticabile nostro coadiuto-re. Si tratta della costruzione dinuove case, in cui, le famiglie piùpovere ricevono gran parte del ma-teriale occorrente, il terreno, unmuratore e sono invitate a collabo-rare alla costruzione della loro casa .Le medesime mani aiuteranno altria costruirne altre : ne sono nate piùdi cento . Dopo un certo periodo ditempo (per evitare che la casa vengavenduta) si consegna il documentodi proprietà. Non sono case di lus-so; riflettono il modello locale, maoffrono vani più confortevoli e igie-nicamente più sani .

Il lavoro pastoraleTutto questo lavoro di promozio-

ne sociale, va naturalmente affian-cato al lavoro strettamente pastora-le. Nei due centri maggiori di AreiaBranca e di Grossos i problemi sonodiversi da quelli della zona rurale .

In città ci sono problemi molto si-

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mili a quelli dei grossi centri urbani :alcool, droga, violenza, prostituzio-ne, famiglie dissestate . P. Bernardoè il responsabile di questo settore edha saputo così bene organizzare laparrocchia che per certi aspetti, perle liturgie domenicali per esempio,sembra di trovarsi in una buonaparrocchia del Veneto .

Della zona rurale sono responsa-bili P .Giuseppe e P .Carlo. Qui lostrumento più importante è la jeep .I 1 .200 km quadrati non hannostrade, ma piste piene di buche, dicrepe profonde, di guadi, di dune disabbia . . . è tale la fatica di questiviaggi che arrivati a casa non si hapiù voglia di far niente . Alcuni deiposti che assistiamo non hanno al-cuna strada. Sono raggiungibili, intempo di bassa marea, attraverso laspiaggia che si trasforma in una pi-sta solida e compatta .

L'attività nei villaggi comincia almattino presto con la messa, poi lavisita alla scuola e alle famiglie . Siascoltano mille volte le stesse cose,gli stessi problemi, le stesse difficol-tà, ma anche siamo edificati tantevolte dalle stesse espressioni di fede :«Si Deus quiser» . . . se Dio vorrà .Nel pomeriggio, un momento dipianificazione con le catechiste econ i responsabili delle comunità odi gruppo, e verso sera catechismoper la preparazione del Battesimo edella prima Comunione .

I matrimoni religiosi sono rari ;un fatto strano se si pensa alla reli-giosità della gente, ma che vienespiegato in tante maniere non ulti-ma la prolungata assenza dell'istru-zione religiosa e la mancanza di sa-cerdoti . Se c'è tempo attacchiamoun cavo alla batteria della jeep (l'e-nergia manca quasi dappertutto) e L otta per la terraproiettiamo una delle belle nostrefilmine . Tutto il villaggio è presen-te. Prima di partire un ultimo giroper le case con la jeep carica di bam-bini e si ritorna .

È già buio. All'equatore si fabuio in fretta . Se non c'è la luna l'o-scurità è totale . Il senso della solitu-dine quando si viaggia di notte, sen-za anima viva, senza luci, senza ilminimo segno di vita, che non siaqualche civetta abbagliata dalla luceche viene a sbattere sul parabrezza,fa una certa impressione e, perché

no?, anche un po' di batticuore. Mac'è anche un senso di pace nellatranquilla coscienza di aver spesobene il proprio tempo .

L a collina del miele

Così è chiamata una vasta zonache il governo ha tentato di trasfor-mare con un grande progetto agri-colo per la coltivazione di una pian-ta da frutto, il cajù e il cotone . Viabitano 23 comunità disposte suun'area di 800 km quadrati, a cin-que chilometri di distanza una dal-l'altra . È la zona che più ha soffertodella recente secca . Come spesso ac-cade, il progetto è stato lasciato ametà senza il completamento dellestrutture necessarie e senza attrezza-tura tecnica per cui molta terra è ri-masta incolta o abbandonata . P .Giuseppe è il responsabile dell'assi-stenza spirituale della zona e anchel'infaticabile animatore di un pro-getto educativo che prevede la crea-zione di un sindacato rurale, l'orga-nizzazione di associazioni coopera-tivistiche e una migliore organizza-zione del lavoro . E stato studiatoanche un grosso progetto di irriga-zione che, sfruttando i numerosipozzi scavati dalle compagnie incerca di petrolio e che invece hannotrovato acqua, possa irrigare partedella zona e soprattutto fornire ac-qua potabile a tutta la popolazione .

La maggior parte dei contadini diqui sono «posseiros» cioè occupanoe coltivano da anni un terreno che èproprietà di un latifondista .

Per la nuova legge sulla regola-mentazione della terra, essi sarebbe-ro i nuovi proprietari, ma dalla leg-ge alla sua applicazione . . . c'è dimezzo il mare e molti altri interessi .Non bisogna dimenticare che i pro-prietari sono anche coloro che de-tengono il potere politico o sono lo-ro parenti .

1 MARZO 1985 • 21

Prendere le difese del «possei-ros » vuol dire mettersi contro que-sti interessi rischiando anche perso-nalmente, come la cronaca recenteha dimostrato . Ma spesso l'unicavoce a difesa dei deboli è quella delsacerdote e anche la nostra comuni-tà è coinvolta in questa difesa degliultimi. Per favorire maggior spiritodi solidarietà e di collaborazione trai contadini, è stato comperato untrattore che verrà gestito comunita-riamente .

L a nuova missione

Con un atto di coraggio è stataaperta, sempre nel Nordest, una se-conda missione a Camaragibe (statodell'Alagoas) . Questa nuova mis-sione si trova al centro della mono-cultura della canna da zucchero .Qui lavorano tre salesiani, due del-l'ispettoria di Verona e un brasilia-no . La missione compie in dicembreil suo primo anno di vita . Il conte-sto è molto simile a quello già de-scritto con la differenza che trattan-dosi di una zona dell'interno, è an-cora più segnata dalla povertà e dal-la miseria .

Non esistono praticamente picco-li proprietari e nemmeno « pos-seiros » .

Non esiste neppure la possibilitàdi un pezzo di terra libero per pian-tare. Tutto è alla mercé dei grandiproprietari della canna . È la zonadove più ha dominato la schiavitù edove le conseguenze si fanno ancorasentire nella mentalità : sfruttatriceda una parte, fatalista e rassegnatadall'altra .

Conclusione

Il lavoro in entrambe le missioninon manca. C'è solo bisogno dibraccia e di generosità . Altri missio-nari stanno preparandosi per parti-re e venire a dare il cambio a chi hagià consumato preziose energie inun lavoro duro e faticoso .

Carlo Vitacchio

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VITA SALESIANA

Italia

La comunità parrocchialesalesiana di San GiovanniBosco opera in unquartiere periferico diBologna e al tempo stessoaiuta lo sviluppo divillaggi in Ruanda.Intervista con il parrocodon Colombo

Volontari bolognesiimpegnati con giovani africaninella realizzazionedi un'opera

BOLOGNA, febbraio- La parrocchia bolognese di SanGiovanni Bosco è molto grande : ar-riva fino . . . all'Africa . Può sembra-re una «boutade», e in effetti lo è .Ma non del tutto . Certo, nella sud-divisione territoriale della Diocesi diBologna, quella di San GiovanniBosco è una delle ormai molte par-rocchie della periferia cittadina, alcentro di un quartiere i cui confini siperdono un po' nella campagna frala via Emilia e la strada della Futa,con la sua chiesa, al numero 7 di viaGenova, che ha lo stesso taglio mo-derno delle case che la circondano,tutte di non antica data, a testimo-niare di una città cresciuta quantomeno in estensione .

E tuttavia il prolungamento afri-cano esiste veramente, punta decisoverso il cuore del Continente nero,in quel piccolo Paese che si chiamaRuanda, dove la parrocchia bolo-gnese, attraverso il gruppo «Amicidel Ruanda», opera attivamenterealizzando progetti di sviluppo avantaggio di quelle popolazioni .Vocazione internazionale salesianadi una parrocchia salesiana . Megliodire subito che qui l'impegno in fa-vore dell'Africa, di una pur minu-

MA CHEPARROCCHIAGRANDEARRIVAFINO.. .IN AFRICA

scola fetta di Africa, non è intesocome una specie di attività dopola-voristica, da svolgere con la manosinistra, perché qualcosa per queipoveri negri bisogna pur fare, vistoche vivono nella miseria . . . No, lecose qui vanno in tutt'altro modo .Il coinvolgimento è completo, direiorganico alla vita parrocchiale .

A Bologna si lavora come si lavo-ra nel villaggio del Ruanda, con lostesso spirito, la stessa dedizione, lostesso impegno . Come ogni parroc-chia salesiana che si rispetti, anche

questa ha l'oratorio frequentato daschiere di ragazzi bolognesi, e l'ora-torio è stato impiantato in Ruandaper schiere di ragazzi ruandesi . Laparrocchia si impegna a Bologna inaiuto degli anziani ospiti della casadi riposo Giovanni XXIII, e lavorain Ruanda per fornire di acquedottiil dispensario di Gikoro . La parroc-chia cerca fondi in Italia e li spendein Africa . La parrocchia promuovecontinui incontri e attività che coin-volgono centinaia di giovani e le lo-ro famiglie in una scelta di volonta-

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riato, ed esporta, con stile salesia-no, questo servizio in terra afri-cana .

Il circuito è lineare : Bologna-Ruanda e viceversa, ma è alimenta-to a corrente continua, e l'arricchi-mento umano e cristiano è recipro-co. «Anzi - mi dice don Ferdinan-do Colombo - se proprio vogliamoessere precisi e onesti, noi prendia-mo dagli africani più di quanto dia-mo loro. Il contatto diretto con iproblemi del sottosviluppo, dellafame, dello sfruttamento ci stimolaa prendere coscienza della situazio-ne di pesante condizionamento incui anche noi, come ogni persona,ci troviamo a vivere . I riflessi sullavita personale, parrocchiale, di co-munità cittadina sono immediati ebenefici» .

Sarà per via di questa parrocchiatanto . . . grande, che lo impegna inmille attività, ma don Colombo -parroco qui da sei anni -, per po-tergli parlare, bisogna afferrarlo alvolo . Mi ha appena espresso un suopensiero, ed ecco che schizza via co-me una saetta, mormorando un «miscusi, torno subito», chiamato daun gruppo di giovani che armeggiain chiesa attorno - mi pare - a unimpianto di altoparlanti . In attesache ritorni, sfoglio un opuscolo incui sono allineati i progetti già rea-lizzati in varie località del Ruanda :attrezzatura di un laboratorio dianalisi per ospedale, potabilizzazio-ne e canalizzazione di falde acquife-re, costruzione di un mulino per ce-reali, costruzione di un dispensario,costruzione di un silos per fagioli,di un orfanotrofio e di un centrohandicappati, di un centro nutrizio-nale, di una officina per apprendistimeccanici, di chiese, di capanne evia realizzando . Mi colpisce una an-notazione che affianca i nomi dellelocalità dove i progetti sono statirealizzati : «collaborazione ininter-rotta dal 1974 . . ., collaborazioneininterrotta dal 1975 . . . dal 1976 . . . »

Mi vengono in mente certe belleimprese compiute in Africa da genteche è arrivata dall'Europa senzaneppure farsi annunciare, che si èdata un gran da fare per mettere inpiedi la «grande opera» decisa a ta-volino in qualche ufficio europeo, epoi tanti saluti a tutti, ha fatto armie bagagli riprendendo la via del ri-

torno . Mai più visti . Agli africani èrimasta la «grande opera» che nes-suno sapeva far funzionare, o addi-rittura del tutto inutile . Quattrinibuttati al vento, alterigia di elemosi-nieri senza anima, e, forse, qualcheinconfessabile interesse di gruppi odi individui. L'Africa è disseminatadi «cattedrali nel deserto», monu-mentali ruderi di forme sbagliate dicooperazione allo sviluppo .

Riacchiappo don Colombo che èappena ricomparso e, svelto svelto,lo interrogo su quella «collabora-zione ininterrotta» . «Sì, i nostriprogetti reggono nel tempo per duemotivi fondamentali . In primo luo-go, la fedeltà. Avviamo l'opera, laportiamo a termine in stretta colla-borazione con la gente del luogo cheaddestriamo a servirsi di quell'ope-ra, ne seguiamo anno dopo anno lasua utilizzazione, e così avanti finoa quando possono fare a meno dinoi perché si sono resi autonomi . Inquesto modo otteniamo più di un ri-sultato: evitiamo opere inutili, ciòche realizziamo è utilizzato quoti-dianamente, addestriamo nei varimestieri centinaia di persone» .

E il secondo motivo?«Noi interveniamo solo su richie-

sta delle popolazioni interessate .Sono loro a dirci di che cosa hannopiù urgente bisogno . Ci fanno datramite i missionari, salesiani e non,coloro, cioè, che conoscono a fon-do la situazione locale perché hannoscelto di condividerla allo stesso li-vello della gente comune . Ci riser-viamo una verifica in relazione an-che alle nostre modeste disponibili-tà finanziarie, e se l'opera è fattibilee risponde a reali necessità, ci met-tiamo al lavoro per realizzarla . No,non siamo i "migliori" . Gli "amicidel Ruanda" sono solo persone coni piedi per terra, che hanno scopertola gioia di aiutare gli altri a crescere,che con Cristo guardano all'uomocome valore supremo» .

«Tutto ciò - continua don Co-lombo - consente di stabilire franoi e le popolazioni ruandesi undialogo continuo, e sollecita una co-noscenza diretta, stimola alla reci-proca comprensione, permette dipenetrare a fondo nei problemi veridella gente» .Chi opera concretamente sul

campo?

1 MARZO 1985 • 23« I volontari che hanno accettato

di prestare servizio per periodi chevanno da un mese a uno o più anni .Finora circa 700 persone hanno pre-stato la loro attività in varie regionidel Ruanda. Dietro di loro c'è, co-stante e fattivo, il sostegno delGruppo, direi anzi dell'intera co-munità parrocchiale . Tutti fannoun'esperienza che si rivela di straor-dinaria efficacia . Si fa presto a direfame, sottosviluppo, miseria. Maper andare oltre le parole, per sen-tirsi addosso le realtà amare che es-se stanno a indicare, bisogna viverequesta realtà, coglierla nell'uomo,condividerla, mettere in comune ivalori e le ricchezze di ciascuno epreservarli intatti nel tempo» .

Nuova fuga di don Ferdinando,reclamato a gran voce altrove, nonso per che cosa . Mi lascia con unpacco di fotografie : «Scelga quelleche vuole» . Ne prendo una, foto digruppo di volontari con alcuni ra-gazzi di un villaggio, sullo sfondo diverdi palme. C'è anche lui, don Co-lombo . Perché il parroco di SanGiovanni Bosco partecipa di perso-na alle «spedizioni» estive in Ruan-da, e quando è laggiù si rimbocca lemaniche e lavora sodo, come gli al-tri, presenza sacerdotale di anima-zione che fa della celebrazione del-l'Eucarestia l'occasione fondamen-tale per consolidare le motivazioniprofonde del servizio reso aifratelli .Don Ferdinando riappare poco

dopo, e riprende il filo del discorso .«Perché, vede, se non stabiliamo unlegame di fedele amicizia con lagente che vogliamo aiutare, il no-stro lavoro sarà di scarsa resa . Noinon facciamo beneficenza, sia benchiaro . Assolviamo a un dovere fra-terno, né più né meno . E un doverenon lo si assolve un giorno sì e diecino, ma 365 giorni all'anno . Eccoperché ci siamo posti il problema dimantenere il legame con le popola-zioni anche quando non siamo ma-terialmente presenti. E l'abbiamorisolto adottando la vecchia, speri-mentata formula di don Bosco : l'o-ratorio. Ci abbiamo raccolto ragaz-zi e ragazze che erano abbandonatia se stessi . E le garantisco che la"vecchia" formula funziona a me-raviglia anche in Africa . Tramite iragazzi, dal colloquio con loro an-

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24 • i MARZO 1985

che attraverso animatori locali, si èattivato un rapporto che coinvolge igenitori, e ciò ci consente di pene-trare nella mentalità della gente, didisporci sulla stessa lunghezza d'on-da . E grazie a questo metodo cheabbiamo potuto impostare con suc-cesso campagne di medicina genera-le, di igiene, di alimentazione» .

Don Colombo, e i soldi? Chi ve lidà i soldi per realizzare tantiprogetti?

«Ci diamo da fare in ogni dire-zione. Intanto tutti i membri delgruppo Amici del Ruanda ci metto-no del loro, quello che possono, masono i primi a scegliere di mettere incomune i beni che possiedono con lepersone per cui lavorano . Poi c'è ilcontributo del Comune di Bologna,ci sono le sovvenzioni delle banche,della Caritas, c'è il cofinanziamen-to, per alcuni progetti, della Comu-nità economica europea, che ci hariconosciuto come Organizzazionenon governativa, il ricavato di mo-stre, della vendita di biglietti augu-rali, di oggetti dell'artigianato afri-cano, di spettacoli teatrali ecc . E c'èla gente del Quartiere, di Bologna edi altre città, che segue con simpatiail nostro lavoro» .

Un altro aspetto del circuitoBologna-Ruanda merita di essere

sottolineato. I volontari che hannovissuto l'esperienza africana torna-no a casa avendo maturato unamentalità nuova, che li fa affronta-re gli impegni precedenti con uno«stile nuovo» . La loro attività diservizio, sia in campo ecclesiale checivile, riceve un impulso dinamico .

Penetrano fino in fondo la veritàdi quel programma che dice: controla fame cambia la vita . Si attiva al-lora tutto un ripensamento che in-veste il modo di vivere nella societàe nella comunità ecclesiale, che re-spinge lo spreco consumistico, rifiu-ta la corsa all'avere di più, supera ilproprio particolare, l'angustia cam-panilistica .

E i riflessi sulla vita parrocchialesono immediati . Ecco perché la par-rocchia di San Giovanni Bosco è, aBologna, un polo di attrazione per igiovani che vengono qui anche daaltri quartieri . A farne un centro di-namico e attivo concorrono molte-plici attività di servizio per i giova-ni, gli anziani, gli handicappati,nonché incontri culturali, serate disensibilizzazione, corsi di lingueecc . I predecessori di don Colombohanno avuto la lungimiranza di do-tare la parrocchia di vaste aree de-stinate alle attività sportive e di met-terle a disposizione dei giovani, che

difatti vi accorrono numerosissimi .Nel territorio parrocchiale, a po-

che centinaia di metri dalla chiesasorge la casa di riposo per anziani«Giovanni XXIII» ed è i quel luo-go, che è spesso sinonimo di abban-dono, emarginazione, solitudine,che i giovani della parrocchia spen-dono gran parte del loro tempo libe-ro per assistere i poveri vecchi, tene-re loro compagnia, aiutarli in tutti imodi . Un servizio, questo, conside-rato dallo stesso personale della ca-sa di riposo, tra i più efficienti e uti-li . Anche attraverso di esso, la par-rocchia si innesta come comunitàviva nel quartiere .Ecco, a questo punto don Colom-

bo mi lascia, e questa volta capiscoche non ci sarà ritorno . Ci salutia-mo sotto una gigantografia di donBosco, nell'atrio dell'edificio par-rocchiale, mentre da una parete dilato occhieggia il ritratto sorridentedel Rettor Maggiore, don Viganò .Tutt'intorno c'è il fervore di unaparrocchia salesiana, che opera nel-la Chiesa di Bologna, proiettataverso la giovane Chiesa africana .

Volontaridel gruppo «Amici del Ruanda»con un gruppodi ragazzi neri .Il primo a sinistraè don Ferdinando Colombo

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PASTORALE GIOVANILE

EI Salvador

CONI GIOVANIDELLACAPITALE

Come si fa pastoralegiovanile tra guerriglie eattesa di pace? Comesono i giovanisalvadoregni?Risponde don SalvadorCafarelli, delegatoispettoriale per lapastorale giovanile e lacatechesi.

Al centro di una crisipolitica lacerante, El Salvador nonconosce pace . Trentamila morti trai quali il vescovo della CapitaleOscar Arnolfo Romero, una venti-na di giornalisti, suore, sacerdoti,diplomatici . Quali speranze può nu-trire chi vive in un Paese simile? Po-trà mai trovare la via della riconcia-liazione? Da qualche mese le spe-ranze si sono riaccese . Il nuovo pre-sidente della repubblica eletto conlibere elezioni Napoleon Duarte haaperto con i capi della guerriglia undialogo che se finora - gli incontrisono stati appena due - non ha da-to gli esiti tanto attesi, tuttavia haacceso più di una speranza. Gli in-contri, si sa, sono stati promossi ed

La celebrazionedella Pasqua Juvenilè sempre un momentodi forte esperienzaspirituale per moltiragazzi salvadoregni

aiutati dalla Chiesa salvadoregna edin particolare dall'arcivescovo sale-siano di San Salvador monsignorArturo Rivera Damas. Se educarealla fede è sempre difficile, è chiaroche le difficoltà aumentano in unambiente dove lo stesso incontrarsiè un rischio .

Don Cafarelli vuol farci un qua-dro generale della situazione giova-nile del Paese?

«Dal 1979 si era diffusa nel Sal-vador una specie di paura per tuttociò che significava organizzazione

1 MARZO 1985 • 25

giovanile; dai gruppi giovanili im-pegnati erano infatti venuti fuorinon pochi guerriglieri . Le reazionidel Governo erano violente e moltigiovani con qualche sacerdote sonostati uccisi . Da quel momento daparte di molti educatori c'è stata"paura" di fare una pastorale gio-vanile impegnata nel sociale . I gio-vani sono stati abbandonati e si èpreferita una certa pastorale rivoltaagli adulti . Si sono così sviluppatimovimenti poco impegnati sul pia-no socio-politico e proiettati all'e-sclusiva formazione dei propri ade-renti: catecumeni, carismatici, fa-miglia nueva ed altri movimenti aspiccata scelta religiosa si son cosìaffermati» .

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26 • 1 MARZO 1985

VUOIRICEVERE

Il. BOLLETTINOSALESIANO?Dal lontano 1877

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Il Bollettino SalesianoDiffusioneCasella Postale 909200163 ROMA

E i salesiani?«I salesiani dal canto loro hanno

cercato di non perdere i contatti conla realtà giovanile e così già da qual-che anno l'Ispettore don di Pietromi ha proposto di riattivare ed ani-mare il movimento giovanile sale-siano. Nel 1982 ho iniziato conquanto restava di alcuni gruppi del-la Capitale salvadoregna nelle variecase salesiane e delle Figlie di MariaAusiliatrice. All'inizio eravamo inpochi. Allorché capii che si potevacrescere dandosi obiettivi chiari erealizzazioni concrete finalizzatenon a una formazione chiusa in sestessa ma proiettata nella società,scelsi questa via ed i gruppi inco-minciarono a moltiplicarsi . Abbia-mo pensato ad attività che non ci di-videssero sul piano politico ma checi unissero su quello sociale . Propo-si così la realizzazione di un Nataleper i bambini poveri in alcune zonerurali e nella Città dei Ragazzi . Unaesperienza piccola ma che da questeparti non si era mai fatta: riuscìmolto bene ed i ragazzi, impegnatis-simi, si sono sentiti coinvolti . LaPasqua poi di quell'anno ci diede la

Giovani di un grupposalesiano indossanouna maglietta preparatain occasione della visitadel Papa a San Salvador

possibiltà di celebrare una "Pasquaiuvenil" con la partecipazione di1 .500 giovani . Erano i primi passi,giusto per studiare l'ambiente, lareazione dei giovani e le loro propo-ste . Successivamente abbiamo pen-sato a qualcosa di più incisivo e dimeno episodico . A Panama cityavevo visto dei programmi pastoraliche, nati ed applicati negli StatiUniti, erano stati adottati da donEnnio Leonardi per l'AmericaLatina .Si chiamava ESCOGE JUVENIL

e proprio dal Panama è venuto adarci una mano don Miche Giorgiocon un gruppo di giovani . L'avvio èstato dato nell'agosto del 1983 . Nonpoteva andare meglio» .

Vuol spiegare di che si tratta eperché ha avuto una risposta tantopositiva?

«È una iniziativa per giovani di-ciottenni ai quali si vuol far prende-re coscienza della propria apparte-nenza alla Chiesa, alla famiglia, allasocietà lanciandoli per un rinnovatoimpegno » .Come funziona?«Facciamo un invito a quanti vo-

gliono partecipare mandando unascheda. Il ragazzo deve normalmen-te cercarsi qualcuno che lo presentie che risponda agli organizzatori . Il«garante» compila la scheda e se ilnuovo venuto non ha la quota di

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partecipazione - appena 4 dollari- deve tirarla fuori egli stesso .

Il tutto si svolge in un fine-settimana intero . Per prepararequesti incontri sono necessari alme-no due mesi . Ogni partecipante vie-ne analizzato per vedere quali sonole sue caratteristiche, se ha problemidi ambientamento . Si cerca ancoradi non mettere nello stesso gruppopersone che già si conoscono invi-tandolo ad aprirsi spontaneamentee a non crearsi "difese" . È impor-tante infatti aiutare ogni nuovo par-tecipante a farsi conoscere e a cono-scere per arricchirsi dell'esperienzadegli altri. Il tutto dura due giornidunque. Non ci sono conferenze mabrevi riflessioni registrate con unsottofondo musicale . Tutto serve acreare un clima di partecipazione .Si lavora in gruppi formati da nonpiù di nove persone . Si discute edogni partecipante parla senza mime-tizzarsi nel gruppo o nella massa . Èun coinvolgimento pieno . Il pro-gramma dell'incontro prevede unaconfessione finale. Ma su questonon insistiamo eccessivamente dalmomento che gli incontri sono aper-ti anche a giovani non credenti o dialtre religioni; puntiamo infatti apromuovere la persona umana vistanel suo valore . Terminato l'incon-tro, la settimana successiva i parte-cipanti vengono invitati per quellache noi chiamiamo la "tarda delreincuendro", una sorta di rivedersinel quale si cerca di programmarel'attività del gruppo che continueràil lavoro nella propria parrocchianel quartiere o nella scuola di pro-venienza. Ogni partecipante vieneinsomma incoraggiato ad impe-gnarsi» .E un programma che non lascia

spazio per i ragazzi, i più piccolialmeno .

«C'è un programma per i preado-lescenti e finora oltre seicento ra-gazzi lo hanno frequentato con otti-mi risultati» .

Come sono i giovani salvadore-gni? I giovani di un Paese che sem-bra precipitare nel vortice di unaguerra civile, ma che in effetti conti-nua a vivere ed in certe zone quasicon assoluta normalità?

«Nel Salvador credo d'aver tro-vato tra i giovani qualità umanemolto solide, una volontà ed una te-

L'allegria non puòche essere di casafra gruppi salesiani

nacia senza pari altrove . Vivo quida pochi anni ed ho lavorato anchein altri Paesi ma ritengo che questavoglia di vivere sia la caratteristicaprincipale di questo popolo anchese non ha molte risorse economiche .

Il Paese non ha un atteggiamentopassivo : reagisce, risponde e si mo-bilita» .

Ed il loro rapporto con i Sale-siani?

«Ci confrontiamo, vengono e ciportano le loro esperienze . D'altraparte da salesiani non possiamo nonessere aperti a loro, ascoltandoli ecapendone la realtà a volte tragicache essi vivono .

Quando sono arrivato da questeparti due dei più attivi ragazzi sonovenuti a mancare . Uno è stato ritro-vato ucciso a poca distanza dal cen-tro giovanile e l'altra, una ragazzauniversitaria, è scomparsa nelnulla» .

Quanti giovani varcano le sogliedi una casa salesiana?

«Nella Capitale sono da sei a set-te mila. Gli oratori poi sono fiorentie pieni di vita giovane .

Per il 1985 - Anno internaziona-le dei Giovani - in collaborazionecon l'Arcivescovo organizzeremouna marcia per la pace con lo sloganche ci ha lasciato il Papa : "Gioven-tù e Pace" .

1 MARZO 1985 • 27

Partirà da diverse zone della cittàe si concluderà allo stadio. Tutto ilmese di marzo verrà dedicato aduna catechesi finalizzata a ciò» .

E nelle Case salesiane esistono al-tre iniziative?

«Nelle scuole organizziamo an-che le settimane di attività speciali .Abbiamo incominciato a farle inGuatemala . Sono attività di tipoculturale e di tipo ricreativo . Si trat-ta di una occasione per far diventa-re la scuola centro di interesse pertutto il quartiere o la città. Ogniscuola privilegia qualche attivitàparticolare . E un modo per aprirsiall'esterno . D'altra parte le nostrescuole sono ben note . In molteaziende per esempio è titolo prefe-renziale avere studiato all'IstitutoTecnico Don Ricaldone» .I Salesiani hanno una linea

politica?«Senza essere disimpegnati - sa-

rebbe un gravissimo errore - ci im-pegniamo concretamente educandoi giovani ad amare il loro Paese .Noi cerchiamo di lavorare sodo el'apprezzamento della gente è la mi-gliore solidarietà . Sulla porta dellasegreteria del Collegio Don Boscodi San Salvador un cartello avverteche le iscrizioni sono al completo fi-no al 1989. Ci sono 1600 allievi ed ilsessanta per cento viene dalla peri-feria, dai quartieri più poveri . Sia-mo penetrati profondamente neltessuto sociale di questo Paese» .

Vittorugo Mangiavillani

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LUIGI MELESI

Le parabole di Gesù in teatro,Collana «EG», Elle Di Ci, Leu-mann (Torino), 1984, pp . 159, L .7.500 .

Per l'annuncio del Regno diDio Gesù sceglie la parabola co-me forma di insegnamento e uti-lizza immagini quotidiane dellavita della natura e della vita del-l'uomo, nella varietà delle sueespressioni lavorative, familiari,sociali, culturali .

Il più delle volte sono proiezio-ni di situazioni e vincende uma-ne, realisticamente conflittuali(il padrone e gli operai, il padremisericordioso e il figlio pecca-tore, l'amico insistente e quelloimportunato . : .) . Esse avvinconoil pubblico per il loro contenutoreligioso, psicologico e morale,mettono in moto la fantasia dichi vuole intendere e la volontàdi chi si decide a fare . E si tra-sformano in tal modo in espe-rienza spirituale e cristiana .

IIl MA 4f] FA

LE PARABOLE: DIGEStJ

IN TEATRO

Luigi Melesi, da anni impe-gnato nel mondo del teatro, pro-pone la messa in scena di 12parabole mediante una triplicescansione: aggancio psicologi-co, azione evangelica, dibattito .Fornisce anche opportune indi-cazioni di metodo per una inte-riorizzazione del testo da sce-neggiare e per un'accurata tec-nica teatrale .L'esperienza insegna che

molti sono stati avviati dalle sa-cre rappresentazioni ad una co-mune conversazione sui temirelativi alla fede e alla vita cri-stiana . E per tanti hanno rappre-sentato l'inizio della conversio-ne. La rappresentazione di qual-che parabola si potrà anche, perqualcuno, concludere con unaproposta pratica di vita, con unatto di fede vissuta, con un ge-sto concreto di carità . Sarebbela dimostrazione che il teatronon è solo diversivo, ma è impe-gno di animazione e di trasfor-

mazione della coscienza, èmessaggio, testimonianza, e-vangelizzazione .

(e .f.)

eVIKTOR E. FRANKL

Psicoterapia per tutti, Collana«La vita nelle mie mani», Edizio-ni Paoline, Roma, 1985, pp.189, L . 10.000.

Non è difficile oggi leggere oparlare di psicologia, psichia-tria, psicanalisi . Molti si diletta-no nell'uso di parole «alla mo-da» per dare l'impressione diessere aggiornati . Eppure, die-tro un tale linguaggio si celanoprofondi disagi interiori, situa-zioni di sofferenza intima, con-flitti di valori, perplessità sullevere motivazioni che guidanol'agire di ogni giorno o che so-stengono le grandi scelte dellavita. Occorre allora vederci chia-ro, camminare sul sicuro, farsiguidare da una mano espertache non si limiti a «smaschera-re» motivi reconditi, ma facciabrillare in tutto il suo spessoresignificativo il senso più verodella vita .

Lo psichiatra austriaco ViktorE. Frankl da molti anni sta con-ducendo avanti proprio unacampagna di sensibilizzazionein tale prospettiva . Egli vuole af-fiancare l'uomo nel cammino fa-ticoso di riscoprire il senso talo-ra perduto o annebbiato del suoesistere .E per fare ciò scrive libri, tienecorsi in tutte le Università deimondo, partecipa a congressiinternazionali .

Frankl - che il 26 marzo hacompiuto 80 anni - ha vissutola tragica esperienza dei Lagernazisti, e quindi ha provato sullasua pelle il bisogno di «dire di sìalla vita, nonostante tutto» . Il li-bro che le Edizioni Paoline han-no tradotto in italiano e che ap-pare nelle librerie proprio incoincidenza con 1'80° com-pleanno, raccoglie 26 conversa-zioni radiofoniche su tematicheattinenti la psicoterapia e l'igie-ne mentale (ansia, insonnia,malinconia, eutanasia, eredita-rietà, ipocondria, isterismo . . .),mediante le quali egli ha opera-to una specie di terapia «al mi-crofono» . Il linguaggio immedia-to rende la lettura quanto maigradevole e spinge a guardarecon sincerità nel profondo di sestessi per scorgere le eventuali

zone d'ombra e illuminarle conla riscoperta di valori autentici .

(e .f .)

-SERGIO ZAVOLIDi tutti i colori, Collana «L'altrainfanzia», SEI, Torino, 1984, pp .32, L . 6.000 .

Un antico principio dell'esteti-ca classica greco-romana indivi-duava nell'arte due elementifondamentali : «Dulce et Utile» lidefiniva un poeta latino som-mando al piacere che scaturi-sce dalla fruizione di una bellez-za artistica il suo carattere se-gnatamente formativo .

Oggi, in una società che stagradualmente penetrando nel-l'era della robotica, la cosiddet-ta civiltà del silicio, l'antico as-sioma si è scisso a detrimentodella seconda componente: cosìanche nella musica, che volenteo nolente riflette sempre lo spiri-to dei tempi, abbiamo potuto re-gistrare da una decina di anni losvilupparsi di una produzioneconsumistica che si potrebbedefinire «clinex» : «ascolta e get-ta» . Musica senza pretese, su-perficiale e di veloce consuma-zione che purtroppo rispecchiala condizione «disimpegnata diuna larga fascia di gioventù .

Dopo la protesta del '68 cheha mostrato i suoi aspetti positi-vi come quelli velleitari, oggi laripresa dell'impegno giovanileproviene indubbiamente da sor-genti cristiane : il «dulce et utile»è ben realizzato da una fittaschiera di cantanti e cantautori,cattolici o la cui ispirazione sisostanzia degli elementi di que-sta fede, che spesso però incon-trano notevoli difficoltà ad inse-rirsi nelle intricate maglie delmondo dei suoni .Giosy Cento, sacerdote, è

uno dei cantautori più noti checoglie nell'esigenza di un amorepiù vero lo stimolo a una fedeoperosa, fattivamente calatanella realtà di tutti i giorni nonsolo religiosa ma anche sociale,politica e artistica : «Succederàdi tutto a Dio - afferma - manon gli avverrà mai di perdere la

«Così scrivendo scrivendo horaccontato il mio difetto dell'in-fanzia . Che poi era un difettoper modo di dire . Fine del ricor-do». Così, semplicemente, sichiude questo nuovo volumedella collana «L'altra infanzia»,con la quale la SEI propone apiccoli e grandi i ricordi di perso-naggi famosi . La passerella,che ha già visto sfilare uomini di

Musica come impegnovoce: la sua voce ha mille suoni,infinite movenze, ritmi divini eprofondamente umani» .

La gioventù ha bisogno d'i-deali, ha necessità di credere inqualcosa per cui vivere e lotta-re : il fallimento dei miti sessan-tottini ha generato tutta una fa-miglia di «ismi»: relativismo,scetticismo, individualismo,pragmatismo . Giuseppe Mosca-ti propone ai giovani attraverso isuoi . LP una vita nuova, unascelta d'amore che scopre lesue solide fondamenta nella fe-de nel Cristo risorto .I complessi Gen muovono, a

loro volta, da una adesione tota-le al Vangelo, che propongonocome il libro per eccellenza, «ilmanuale della vera rivoluzione,quella di Gesù» . Sono comples-si formati da giovani e giovanis-simi inseriti appieno nella nuovatemperie musicale elettronica .Sulla stessa scia si pone la neo-formazione degli «Anastasis»,un gruppo di giovani romani cheha alle spalle una commediamusicale («E venne la luce») enumerosi concerti senza avertrovato ancora la via dell'LP perle consuete difficoltà d'inseri-mento nel mondo delle incisionidiscografiche .

Renato D'Andrea, Marina Val-maggi, Domenico Machetta,Chiara Grillo, Rino Farruggionon concludono certo questoveloce panorama della musicacristiana che, analogamente al-lo spirito del tempo, sta segnan-do una graduale ripresa pur nel-la spietata concorrenza della so-cietà dei consumi : ed è proprioa quest'ultima che si rivolgeproponendo un messaggio nondi odio o egoismo ma di amoreverso il prossimo e verso Dio .

Sergio Centofanti

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cultura come Arpino, Chiara,Grillandi, Lagorio, Saviane, Qui-lici, si illumina ora con questotesto di Sergio Zavoli, attualePresidente della RAI .

La storia è semplice : da ra-gazzo egli sognava a colori, enon in bianco e nero come tuttigli altri . Il fatto suscitò scalporein famiglia, al punto che fu deci-so di portarlo da un medico per-ché desse il suo parlare di lumi-nare della scienza . «lo il figliuololo lascerei stare! - fu il verdetto

- Ha solo un po' di immagina-zione . . .» . Ecco allora il punto :l'immaginazione! E quale ragaz-zo non si è fatto prendere dallafantasia, cavalcando alati pule-dri, inventando dialoghi conamici invisibili, curando bambo-le strapazzate?

Con questo suo ricordo Zavoliinvita alla riscoperta della fanta-sia, ai suoi colori variopinti, allesue forme stravaganti . «I bambi-ni di oggi sono più fortunati -egli commenta con amarezza

apparente, che in fondo è soddi-sfazione - non solo perché cisono più colori ma anche per-ché se dicono una cosa un po-chino strana i grandi mica li por-tano dal dottore» . Magari fossevero! Se si desse un po' più dicredito alla voce dei piccoli, po-tremmo forse recuperare quellaparte di noi stessi che è soffoca-ta dal rumore, dalla routine, dal-la macchina. Il che non sarebbeniente male, non è vero?

(e .f.)

I7 MARZO 1985 • 29

SERGIO ZAVOLIDi TUTTIli C LORI

lAf Va

Il presidente nazionale dell'Azione Cattolica Italiana Alber-to Monticone ha pubblicato, nell'ultimo scorcio del 1984, uninteressante volume dal titolo quanto mai espressivo e provo-catorio : Nella storia degli uomini. La scelta di essere cattolici(AVE, Roma, pp. 134, L . 8 .000) . L'intervista vuole approfon-dire alcuni aspetti di tale opera in collegamento con il prossi-mo Sinodo 1986 su «La missione dei laici nella Chiesa e nelmondo» .

D. Prof. Monticone, come vede il laicato nella Chiesa delfuturo?R. Penso che un laicato serio in Italia debba guardare alla

Chiesa del domani cercando di venire incontro al bisogno es-senziale di comunità nuove, attraenti, centrate sul primatodella persona, coinvolte nei problemi del territorio, ma so-prattutto umanamente ricche . La Chiesa del futuro, a mio pa-rere, non deve vivere all'insegna dei fulmini e dei pessimi-smo che serpeggia nel mondo . Essa deve caratterizzarsi perl'ottimismo e il bene che si può fare stando insieme . Così co-me la società si qualifica per la tenace difesa della democra-zia e la vigorosa tensione verso la libertà .

I laici allora devono essere uomini e donne sapienti, capacidi guardare con intelligenza e con cultura la Chiesa e la so-cietà, e diventare così veicolo di amore .

D. Come ci si può preparare a vivere nella Chiesa del futu-ro, fatta per essere luogo digioia e di accoglienza, di ricchez-ze umane, di significati profondi e autentici?

R. lo credo che il laicato cattolico debba prepararsi seria-mente. Non è mai tempo sprecato quello richiesto dalla pre-parazione, soprattutto se si tratta di formazione religiosa . Es-sa è fatta di letture, di confronto, di studio, di autentico per-corso educativo per giovani e per adulti, al di là di ogni peri-colo, attesa o presunto rischio . Un altro ambito di preparazio-ne - non esclusivamente riservato all'Azione cattolica, mache riguarda qualsiasi realtà ecclesiale - è quello di una cul-tura autentica, capace di dialogare con le varie forme espres-sive trasmesse dai mass-media . L'ultima modalità di prepa-razione, infine, consiste nell'amore alla comunità, cioè quellascelta di carità che consiste nel voler bene con semplicità al-la gente, alle cose che si fanno, alla società .

D . Ecclesialità e laicità sono i due cardini su cui si fonda laproposta dell'Azione cattolica : come si coniugano e come siesprimono?R. L'osservazione della situazione storica del nostro pae-

se e l'amore per la Chiesa inducono l'Associazione a preoc-cuparsi di fare opera di promozione di laicità . Non si tratta so-

L'AUTOREDEL MESE

lo di essere, da laici, parte viva della comunità, ma anche diaprire nella Chiesa quelle porte di laicità necessarie, oggi,per evangelizzare nella secolarizzazione .

La presenza e il servizio di laici nella catechesi, nella litur-gia, nell'animazione pastorale non esauriscono questo biso-gno di laicità, che le comunità ecclesiali siano più fortementeChiesa e quindi meno clericali per risalire, controcorrente, lachina della secolarizzazione . Questo bisogno, questa pre-senza di laicità è un fatto di mentalità, di condivisione e di re-sponsabilità . L'opinione comune dei cristiani e quella dei lon-tani deve poter guardare alla Chiesa come ad un luogo nondiverso da sé, come ad una proposta di un possibile umano,per una mèta, che però travalica ogni umanità .

Tuttavia la promozione della laicità non si esaurisce nellavita intraecclesiale, bensì si traduce in una prospettiva nelcampo stesso della società laicizzata . Ne consegue che l'A-zione cattolica sente il bisogno e l'urgenza di riproporre, informa originale e in maniera chiara, le linee di fondo di unapolitica coerente con i valori cristiani .

Ma qui, come in ogni forma di attività, è ancora questionedi persone più che di progetti ; o, meglio, di persone portatricidi progetti . Ecco pertanto che l'Azione cattolica, per questocome per ogni impegno ecclesiale, desidera essere un labo-ratorio ecclesiale per persone vive, mature, generose, nelquale le Chiese locali italiane possano essere sicure di trarrei volontari adatti per ogni realizzazione, oggi, della loromissione .

Maria Grazia Tibaldi

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PROTAGONISTI

Tomas Gonzales Morales

Il Paese latinoamericanocontinua ad essere allaribalta della cronacaquotidiana, seguito conviva attenzionedall'opinione pubblica piùsensibile ai valori dellademocrazia.Approfittando di unavisita a Roma del vescovosalesiano monsignorTomas Gonzales Morales,vescovo di Punta Arenasin Cile, il BollettinoSalesiano l'ha intervistato .

Dopo undici anni il Cileè piombato di nuovo nel clima diterrore che caratterizzò i primi tem-pi della dittatura militare . Alla pro-testa popolare esplosa nuovamentesulle piazze, il governo ha rispostoprima con i «carabineros» e l'eser-cito. Poi con lo stato d'assedio e gliarresti degli oppositori, i «lager», irastrellamenti, le torture, la censu-ra, gli attacchi alla Chiesa e ad alcu-ni suoi uomini accusati di essere«più comunisti dei comunisti» .

«Il generale Pinochet», spiegamons. Tomas Gonzales Morales,vescovo di Punta Arenas, la diocesipiù meridionale di tutta l'AmericaLatina, «ha cercato di giustificarel'involuzione reppressiva con la ne-cessità di combattere "la sovversio-ne e il terrorismo marxista", l'ideaossessiva che, dal giorno della cadu-ta del governo di unità popolare diSalvador Allende, ha ispirato tuttala politica del gruppo dirigente delleForze Armate al potere .

Ma l'appello alla ragion di statoper soffocare qualsiasi voce di dis-

&ONSIGNORE,PARLIAMODEL CILE?

senso non può mascherare la crisidel potere militare . Dopo undici an-ni di dittatura, che ha provocatomorti e ha costretto altre migliaia dicileni a trovare la salvezza nell'esi-lio, Pinochet è ormai isolato . Il suoregime sempre più impopolare eodiato . Lo stesso Pinochet ne è or-mai consapevole . Più volte ha di-chiarato, infatti, d'essere rimasto ilsolo ad opporsi al marxismo» .

«Ciò», soggiunge il presule sale-siano, «è la conferma di una sortadi messianismo di cui Pinochet sisente investito . All'inizio non ce nesiamo resi conto sino in fondo. Pen-savamo si trattasse solo di una for-ma retorica di autoesaltazione delpotere. In realtà, Pinochet è persua-so che il "golpe" del 1973 gli siastato suggerito da Dio . Ha persinocomposto una preghiera che comin-cia così: "O Signore, tu che mi haidetto nelle lunghe notti di sguainarela spada per difendere la patria . . ." .

Dall'altra parte, uno dei puntifermi della filosofia dell'ideologiadella sicurezza nazionale, cui si ispi-

Le fotodel servizio si riferisconoa particolari momentidell'attività pastoraledi monsignor Gonzales,un vescovo«in mezzo» alla sua gente

rano i militari cileni, è la convinzio-ne che il problema numero uno inAmerica Latina è rappresentatodalla possibile conquista del potereda parte dei gruppi marxisti . Biso-gna perciò combatterli . E questaguerra deve essere totale e potercontare sul supporto di un sistemaeconomico assolutamente indipen-dente dalle pressioni delle nazioniacquirenti delle materie prime e deiprodotti dei paesi del nostro emi-sfero » .Mons . Gonzales Morales mette

così a fuoco il primo elemento delladrammatica situazione cilena : lacrisi economica in cui la nazioneversa da alcuni anni. Poche cifrebastano a documentarla . La più im-pressionante è che il Cile, con quasiventi miliardi di dollari di debito

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estero, è il paese che detiene il re-cord mondiale dell'indebitamentopro-capite .

Con un'inflazione del 25 per cen-to, il potere d'acquisto dei salari si èdimezzato in tre anni . Il prezzo divendita del rame, massima risorsadel paese, è sceso al livello minimodegli ultimi cinquanta anni . La di-soccupazione supera il 30 per centoe nei quartieri popolari di Santiagotocca punte del 70 . La recessione haprovocato la chiusura di centinaiadi fabbriche . Mentre migliaia di ri-sparmiatori sono stati travolti nelcrak di alcune banche .

«Anche il mondo imprenditoria-le, che aveva naturalmente salutatocon favore l'avvento di un regimeautoritario di destra dopo l'espe-rienza socialista», sottolinea il ve-scovo di Punta Arenas, «ora invocail ritorno allo stato di diritto per ri-salire la china . E Pinochet è statocostretto a liquidare i "Chicago-boys" - i teorici della scuola eco-nomica più arretrata, sostenitori diun isolamento autarchico, i cuiprincìpi si sono rivelati un completofallimento - ed a fare appello aglieconomisti della vecchia scuola libe-rale, che erano stati vicini a ArturoAlessandri, presidente del Cile neglianni sessanta .

Questi economisti stanno adessotentando di convincere le banche

nordamericane e quelle europee del"club di Parigi" a concedere al Cilecrediti a basso tasso di interesse. Maqui sorge il problema politico . As-sieme agli altri membri del comitatopermanente dell'episcopato ho par-tecipato ad un incontro con alti diri-genti della Comunità EconomicaEuropea, i quali ci hanno dettoapertamente che solo il giorno in cuiverrà restaurata la democrazia, saràpossibile ipotizzare un intervento diemergenza, una specie di "PianoMarshall", per salvare il Cile dal di-sastro economico» .

In prima linea, nell'opposizionealla dittatura, sono i giovani . So-prattutto quelli educati nelle scuolee nelle università cattoliche : un mo-tivo in più per il regime per scagliar-si contro la Chiesa accusandola difomentare la contestazione . La pro-testa delle nuove generazioni - igiovani di oggi erano bambini all'e-poca della conquista del potere daparte di Pinochet - rivela un se-condo elemento di fondo dell'attua-le situazione cilena : la crisi del siste-ma educativo .

«Il regime», mette in evidenzamons . Gonzales Morales, «si è pro-posto sin dagli inizi di ideologizzarela scuola con i princìpi della filoso-fia della sicurezza nazionale . A talfine il paese è stato diviso in dodiciregioni . Ogni regione ha a capo un

1 MARZO 1985 • 31governatore militare . Mentre tutti isindaci vengono nominati dal Mini-stero degli interni . E tocca poi aisindaci nominare i direttori dellescuole statali, che si trasformano intal modo in un pericoloso veicolo diindottrinamento ideologico .

La crisi del sistema educativo pre-senta uno dei sintomi più evidentinell'assoluta confusione a livello diprogrammi. Ciò è in parte anche laconseguenza dei continui avvicen-damenti alla guida del dicastero del-l'istruzione, dove si alternano mini-stri militari e ministri civili, che re-stano in carica al massimo un anno .Gli uni e gli altri si caratterizzanoper la totale non conoscenza dei veriproblemi pedagogici . E, soprattuttose militari, essi sono portati a dareimportanza prevalentemente allostudio degli avvenimenti bellici del-l'intera umanità a scapito delle altrediscipline .

Le scuole statali sono dunque di-ventate gradatamente uno strumen-to educativo del tutto passivo, dovesi seguono pedissequamente le di-rettive impartite dall'alto . Tale pas-sività fa risaltare ancora di più la li-bertà d'insegnamento delle scuolecattoliche, che sono divenute unaspina nel fianco del regime . Questovale a maggior ragione per le uni-versità, nonostante la presenza direttori militari che ha però comeunico effetto di radicalizzare la rea-zione dei gruppi estremisti disinistra» .

Accanto alla crisi economica ed aquella educativa, il terzo elementodel quadro è la sempre più nettapresa di distanza della Chiesa dalregime . E ne è spia l'accanimentodegli attacchi del governo e dellostesso Pinochet . In realtà, la Chiesacilena è impegnata in un'opera di ri-conciliazione nazionale attraversola pacificazione degli animi, affin-chè non si allarghi il solco che divi-de il popolo dalle autorità . Un ruo-lo paragonabile a quello che laChiesa svolge in Polonia : in en-trambe le situazioni è più che mainecessario operare affinché le ten-sioni non si aggravino e non siesasperino .

«L'azione della Chiesa», ribadi-sce mons. Gonzales Morales, «nonpuò prescindere dalla difesa dei di-ritti umani. La denunzia della loro

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32 • i MARZO 1985

sistematica violazione ha portato adun punto critico le relazioni con Pi-nochet, che per lungo tempo si è ri-fiutato anche di parlare con i vesco-vi, ad eccezione di un paio . Siamoquindi rimasti piuttosto sorpresiquando, l'anno scorso, ha accettatodi incontrare il presidente e il segre-tario della Conferenza episcopale el'arcivescovo di Santiago, che inten-devano sottoporgli un rapporto sul-le reali condizioni del paese .

Pinochet si è arrabbiato moltissi-mo ascoltando i vescovi esporgli ve-rità che nessuno ha il coraggio didirgli. E si è scagliato violentementecontro la Chiesa cattolica, accusan-dola di ingratitudine nei suoi con-fronti dopo che aveva salvato il Ciledal comunismo, e contro noi vesco-vi, attribuendoci il proposito di farcadere il suo regime . Gli è stato ri-sposto che non è compito dellaChiesa e dei vescovi appoggiare omeno l'uno o l'altro regime, ma sol-tanto di essere la coscienza critica ditutti i regimi .

Allora Pinochet ha accusato l'e-piscopato di non essere stato la co-scienza critica del governo socialistadi Allende. Ma è stato facile repli-cargli che non aveva mai letto nes-suno dei documenti con cui, al prin-cipio degli anni settanta, l'episcopa-to aveva preso le distanze anche daquel regime. A quel punto Pinochetha citato come prova dell'atteggia-mento ostile della Chiesa verso dilui i fatti del febbraio scorso a Pun-ta Arenas, la mia città .

Punta Arenas è una città dovel'opposizione alla dittatura è parti-

colarmente forte . A febbraio, in oc-casione della visita di Pinochet, lapopolazione ha organizzato unamanifestazione di protesta . Al suoarrivo, una domenica, il generale èstato accolto al grido, altissimo :«Assassino, assassino» . Non acca-deva da anni. Immediatamente, imilitari che erano stati portati inpiazza per accogliere il presidente eche, dicono, fossero drogati, si so-no scagliati contro i dimostrantimanganellandoli e scandendo slo-gans contro la Chiesa e il vescovo .

I manifestanti hanno cercato ri-fugio nella cattedrale, dov'era ap-pena terminata la celebrazione dellaMessa. I fedeli che stavano uscen-do, sono stati risospinti nel tempio .Un caos terribile! Pinochet, fuori disé dall'ira, si è scagliato contro ipreti che avevano organizzato lamanifestazione . La tensione non siè allentata neppure dopo l'allonta-namento del generale . E solo neltardo pomeriggio i dimostranti so-no potuti tornare alle loro case» .

«Per Pinochet», continua il ve-scovo di Punta Arenas, « è stato cer-tamente lo "choc" psicologico piùgrave di tutta la sua carriera milita-re. Tanto più che il generale era per-fettamente al corrente della prepa-razione della manifestazione di pro-testa, che era stata preannunciataper radio . Ma non aveva voluto darretta a chi gli consigliava di non an-dare. Ha preferito sfidare la piazzasicuro che il popolo fosse con lui!

Di qui l'inizio di alcuni timiditentativi di rompere l'isolamentodel regime, aprendo un dialogo con

l'opposizione democratica . Il dialo-go si presenta estremamente diffici-le, perché i partiti pongono giusta-mente come condizione preliminarel'abolizione della costituzione del1980, la quale prevede che Pinochetconservi il potere sino al 1989 . Unacostituzione di per sé velleitaria, au-toritaria, che contiene articoli comeil ventiquattro che costituisconouna flagrante violazione dei dirittiumani, consentendo al presidente difar imprigionare chiunque per ventigiorni senza fornire spiegazioni .

I partiti politici e le forze sindaca-li hanno chiesto alla Chiesa di faropera di mediazione . Ma noi abbia-mo rifiutato un simile ruolo di sup-plenza perché la Chiesa non è unaterza forza, anche se è pronta ad ap-poggiare ogni iniziativa unitaria enon violenta per la ricostruzione delpaese . Ma è difficile parlare di de-mocrazia con chi non crede real-mente nella democrazia e ricorre adeufemismi per indicare un tipo didemocrazia "protetta e discrimina-toria" qual è concepita dal regime .

Da questo punto di vista, noi ve-scovi siamo oggi molto preoccupatiper il deterioramento del clima mo-rale . Il governo ha perso il senso deivalori etici ed abusa della menzognaper difendere il loro potere . In que-sta situazione il nostro compito - ein questo ci è di conforto l'appoggiodel Papa e della Sede Apostolica -continua ad essere la difesa dei di-ritti umani e l'educazione del popo-lo alla partecipazione, facendoprendere coscienza alla gente chepartecipare è un suo diritto e non undono concesso dall'alto» .

«I rischi» non si nasconde peròmons. Gonzales Morales, «sononumerosi. Più la dittatura si prolun-ga e più l'estremismo trova terrenofavorevole per crescere parallela-mente al rincrudirsi della repressio-ne. Con la legge antiterrorismo, ilregime ha praticamente legittimatoil terrorismo di stato . Il prezzo diquesto reciproco alimentarsi degliopposti potrebbe essere, se non fos-se arrestato in tempo, il frantumarsidel fronte di opposizione democra-tica e lo spegnersi in germe delle po-che speranze di libertà rimaste alnostro sventurato popolo» .

Silvano Stracca

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STORIA SALESIANA

Le comunicazioni sociali

IL TEATRODI CASAFRAPASSATOE FUTURO

Quel gradino scheggia-to a metà scala del vecchio edificiodi Foglizzo Canavese, se non è an-cora stato eliminato o riparato darestauri recenti, sta a ricordare nonsolo il guerrone degli anni '40 e ilprecario vivere del momento, maanche il rischio di chi «faceva tea-tro» nel clima arroventato di queglianni .

Si era nel bollente biennio scola-stico 1943-45 quando io, avventatosbarbatello, ero stato incaricato diFilosofia (e dintorni) nel liceo sale-siano del luogo . In quell'edificio oc-cupato in parte da «repubblichini»di Salò, in parte da soldati tedeschi,

Torino Valdocco 1952 .Si recita «Golgota»Torino Valdocco 1952 .«Serenata agli spettri»di Scarzanella-Uguccioni

in parte ancora da ben camuffati«alleati» latitanti, incrociava sor-nione - ben noto e ben ignorato -un certo fior fiore di partigiani exallievi dell'annesso Oratorio, sem-pre presunti «oratoriani» sebbenefossero in palese età di leva . . .

U n coprifuocoinviolabile

I giovani studenti liceali salesianisommavano a oltre 160, natural-mente tutti «interni» . Per cedere gli

1 MARZO 1985 • 33

Pochi salesiani possonovantare l'esperienzateatrale di don MarcoBongioanni:• autore ditesti, direttore di riviste,attualmente direttoreartistico dell'Istituto delDramma Popolare diS. Miniato.Ci racconta la nascita diquesta sua seconda«vocazione».

ambienti migliori alla variegata coa-bitazione degli «ospiti», avevanodovuto stiparsi nella parte più vetu-sta dell'istituto guardati a vista daisospettosi coinquilini . Quella coabi-tazione non eliminava reciprochepaure, anzi le accentuava soprattut-to al cadere della notte, quando ilbuio e l'obbligatorio oscuramentosembravano favorire ogni possibileagguato .

Le diverse «fazioni» si ritrovava-no tuttavia per tacito armistizio uni-te insieme quando in casa si facevateatro . Ciò avveniva anche due-trevolte al mese, per l'alternarsi didue-tre filodrammatiche . Delle qua-li l'incaricato ero io . Il salone a pia-no terra, per quanto situato nel vec-chio corpo della casa, era bello e amodo suo moderno. Quasi contiguoallo scalone che dal portico prospi-ciente il cortile sale ai piani superio-ri c'era, e c'è probabilmente anco-ra, un vano di accesso al palcosceni-co. Quella era la via che percorrevoper dedicare le mie mezze nottate al-l'allestimento di scenari lavorandodi martello tenaglie e colla, perchécome è noto il teatro è anche fattodi ore rubate al sonno e di non lievifatiche artigianali . . .

Non avendo da uscire all'aperto,non ho mai supposto di violare perquella via l'inviolabile coprifuoconotturno. Ma una certa mezzanottei repubblichini di Salò furono ditutt'altro parere e mi sventagliaro-

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no alle calcagna una raffica di mitrache se mi avessero colto non sareiqui a raccontare l'avventura . Devoalla mia inveterata abitudine di sali-re i gradini a tre e quattro per voltase non mi colsero . Quando risuonòil «ta-ta-ta» con lo «swing» chesbrecciò proprio quell'orlo di scali-no, io ero fortunatamente già oltre .Mi fermai solo al secondo piano, inzona scampo a captare i battiti delcuore e l'eco della minaccia che tut-tora mi risuona sinistra negli orec-chi : «ta-ta-ta, swiiing! » . . .

La domenica dopo eravano tuttiinsieme in teatro. I filodrammatici,gli studenti, i soldati, gli « oratoria-ni», l'anonimo mitragliere ed io : ilteatro ci restituiva alla pace . Nonche in quella occasione ne facessimodroga, oppio per dimenticare i dirit-ti e i doveri dell'ora ; ma perché quelprecario lenimento di ansie era cor-roborato da un sovrappiù di valoriumani, riscoperti tramite la finzionescenica. Davanti ai quali valori, lepiù discordi tendenze si ritrovavanoconcordi .

Testi di buona fatturaAl richiamo di quella pacifica

concordia risposero spesse volte an-che gli orchestrali torinesi dell'Eiar(oggi Rai) sfollati in gran numeronelle campagne del Canavese . Ave-vano bisogno di ritrovarsi tra loro edi ritrovare un loro pubblico . Tragli insegnanti del liceo c'era un uo-mo di raffinata sensibilità musicalee umanistica: don Roberto Bosco,cui succedette al podio, poco dopo,il non meno sensibile don ErnestoBosio. Da parte loro i giovani stu-denti salesiani offrivano una magni-fica gamma di voci tenorili, basse,baritonali . Allestimmo «Operette»mietendo a man salva da Offenbache altri ; e persino antologie d'Operaattingendo da Puccini, Donizetti,Verdi . . . «Teatro e musica - disseuna volta Don Bosco - sono corre-lativi» . Noi lo sperimentammo . Masoprattutto sperimentammo la po-tenza di coagulo, di pacifica fusionein armonia, che le varie arti sceni-che offrivano come alternativa allaguerra . Riuscimmo a costruire mo-menti indimenticabili, di comunio-

«La Madonnadello spazzacamino»,azione scenicaper accademiescritta da Bongioanni-Fiore

ne che, in effetti, non furono maipiù dimenticati da chi li convisse econdivise .

I testi teatrali consueti del nostrorepertorio erano «ricavati da buoniautori» come suggerisce il regola-mento di Don Bosco ; ma ovviamen-te nell'ambito «filodrammatico» .Questa parola non va intesa in sen-so «pressapochista» ma in senso«amatoriale» . Ossia non si cercava-no affatto quintessenze letterarie eartistiche, del resto irreperibili inquell'area, né ci si preoccupava ditoccare una «professionalità» im-possibile: si cercava l'autore che sti-molasse e liberasse al meglio la crea-tività di cui noi stessi, singolarmen-te e in gruppo eravamo capaci . Nelche se non erro sta un altro princi-pio di Don Bosco : che il teatro sale-siano sia non già scimmiottatura di«esperti» ma espressione e crescitadi giovani «inesperti» .

Affondavamo dunque con disin-voltura le mani, armate di forbici epenna, nei libretti prescelti che ricu-civamo con molta libertà sulla no-stra misura . Qualche anno fa, in-contrando Diego Fabbri al crepu-

scolo nel suo appartamento romanosull'Aventino, gli confessai il «pec-cato» di allora. Avevamo mano-messo qualche poco anche Paludi,dramma dei suoi felici esordi . Fab-bri sorrise benevolo . «Questo mi fapiacere - egli disse - perché il tea-tro non è mai frutto esclusivo di unautore geloso, è anche creatura diinterpreti che di volta in volta rie-scono a farlo sul palcoscenico ; perquesto il teatro resta ineguagliabi-le» . Come Fabbri, interpretammo anostra misura autori che si chiama-vano magari Ugo Betti ma ancheEnrico Basari (con il suo «Angelo»e «Ceppo di zi' Meo » tratti rispetti-vamente da Tolstoi e Dickens), oMacchi o Anselmetti o Milani o Re-possi o molti altri autori a rileggerei quali si trovano pagine sorpren-denti ancora oggi, tanto sfatavanol'opinione che il teatro filodramma-tico fosse quel «sottobosco» di cat-tivo gusto che taluni mal documen-tati ipercritici sentivano e sentono ildovere di irridere .

Miniere a cui attingere erano lecollane della SEI, della LES di Ber-ruti («Boccascena»), dell'Ancora(«Controcorrente»), di Majocchi el'incipiente rivista romana «Filo-drammatica» diretta da Turi Vasile(più tardi da Guido Guarda) perl'Azione Cattolica . Ma esistevanoaltre nutrite collane e libretti auto-nomi atti a rifornire biblioteche «adhoc» di cui oratori parrocchie isti-tuti scuole e amatori singoli eranosempre ben forniti . C'era una vitali-tà di base, perciò una domanda direpertorio cui rispondeva una talquale ricchezza di offerta editoriale .La rivista salesiana «Teatro deiGiovani» stava per nascere incorag-giata dal Rettor Maggiore don Pie-tro Ricaldone (che qualche comme-dia aveva pure scritto per giovaniquando era ancora a Siviglia) . L'a-vrebbe diretta quello straordinarioesperto di teatro giovanile che eradon Rufillo Uguccioni, limpido stilenarrativo, penna scorrevole e argu-ta, salesiano fedele, erede di quellabuona letteratura per ragazzi cheproveniva - tanto per fare qualchenome - da un Bertelli (Vamba), daun Novelli (Yambo), da un Fanciul-li . . . ; ma continuatore altresì di unteatro per giovani nato da Don Bo-sco e poi affermato da Lemoyne,

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Reffo, Ellero, Ubaldi, Ulcelli, Mi-chelotti . . . e via via fino al Marescal-chi e all'Uguccioni in parola .

«l o sono unprofessore . . . »

Non essendo questa la sede perfare bilanci storici e critici, i nomievocati non sono che citazioni adesempio . In tempi di teatro «testua-le» (cui oggi si opporrebbe unteatro-gioco di spontanea «espres-sione»), quei nomi e altri consimilipilotavano letture e rappresentazio-ni sceniche . Anch'io tenevo una bi-blioteca teatrale privata, natural=mente scelta secondo preferenzepersonali e tendenze del momento .Il primo libretto lo avevo acquistatoin terza media si intitolava «Il mira-colo dell'amore», ne era autoreGiuseppe Ellero, apparteneva allacollana drammatica della SEI . Erail ricordo della mia prima volta inpalcoscenico . In antecedenza mi ciavevano issato solo le suore e lemaestre del paese per farmi dire :«Io sono un professore che mai non ,trova euguali / la scienza mi riempiepersino gli stivali» ; e mi avevanofatto calzare gli stivali del dottorMauro, medico condotto, su unosolo dei quali sarei potuto entraretutto intero . Ora però il «Miracolodell'amore» era ben altra cosa, erateatro-come-si-deve ; e il fatto di do-ver recitare quel dramma mi stupivaenormemente, mi intimoriva e miaffascinava .

Devo dire che fu in qualche modouna introspezione, un'analisi di mestesso, la scoperta di un modo diautodisciplina . Certo occorreva co-raggio da vendere e molta buonamutria per inscenare quel dramma aquell'età. Ma a quattordici annimostravo un fisico da diciotto e poiil coraggio lo aveva avuto e ce loaveva contagiato l'insegnante donGiovanni Ronco, un amabile «in-grugnito» che abbinava sensibilità aintelligenza e che (credo come DonBosco) sapeva liberare le energiedove erano e come erano, anche neigiovanissimi . Nella sua classe diadolescenti don Ronco individuòtribuni, patrizi, senatori romani e,

manco a dirlo, nerboruti guerrierigermanici deportati a Roma inschiavitù . Uno di questi aveva nomeThorwald, credeva nel Valhalla e inOdino, era disposto a mettere Ro-ma a ferro e fuoco pur di restituiresuo figlio alla libertà. Fui dunquequel Thorwald. In qualche modo losono tuttora perché a distanza diquasi un lustro di decenni trovosempre un vecchio compagno discuola che mi saluta: «Ciao Thor-wald! ». Al che perdo lì per lì un cin-quantennio di storia e mi ritrovoragazzo .

Col teatro nella vitaIl teatro è giovinezza. Solo i gio-

vani - anche se ottantenni comePaola Borboni e Paolo Stoppa -sanno trasferirsi con fantasia creati-va in dimensioni temporali e spazia-li diverse dal quotidiano . Forse ilsuccesso dei vari Lemoyne, Burlan-do, Ellero e altri sta anche nell'ave-re stimolato i giovani a trasferirsicon fantasia, nei luoghi e nei tempidella storia . Essi ci hanno fatto ri-scoprire la Storia sul palcoscenico,l'hanno recuperata dalle imperver-santi «date» restituendola allo spes-sore dei significati . Noi abbiamo in-terpretato «Le pistrine» e «Colpa eperdono» (unico tentativo di riaf-frescare una sacra rappresentazioneodierna), abbiamo recitato «Legna-no», «Pier delle Vigne», «Vita No-va», «Il Dio ignoto» e simili, come

Il piccolo centrodi Foglizzoe l'istituto Salesiano

1 MARZO 1986 • 35magnifica alternativa alla scuola ealla vita . Tuttavia siamo rimastinella scuola e nella vita . Penso cheun teatro giovanile moderno possadistaccarsi le mille miglia dai «cli-ché» letterali di quei modelli, manon possa assolutamente fare a me-no di aderire ai presupposti pedago-gici di quei modelli . Bertolt Brechtinsegna. I gruppi teatrali giovanilipiù famosi del mondo - dal Livingal Bread and Puppet - insegnano .Sotto sotto insegna ancora DonBosco . . .Don Bosco non adottò affatto

«un» teatro . Adottò «dei» teatri,levò il sipario su scene diverse : quel-la «creativa» spontanea come quel-la «didascalica»; quella «popolare»come quella «erudita» ; quella «fa-ceta» fino alla farsa come quella«accademica». . . In ogni caso eglinon adottò mai un'ottica classistaper distinguere pubblico da pubbli-co: il suo «unico» pubblico furonoi giovani, studenti e lavoratori allapari . Gli studenti erano educati inchiave popolare . I lavoratori eranoelevati alla cultura degli studenti .Nel fare il nostro teatro sotto gli oc-chi di una generazione ancora«donboschiana» quasi della primaora, e nel desumerlo da collane ditesti tramandati da quella stessa ge-nerazione (se non addirittura dai«primissimi» come il Lemoyne) noieravamo in qualche modo guidati

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36 • 1 MARZO 1985

I Particolare di«Serenata degli spettri»,recita svoltasia Valdocco nel 1952

- consapevoli o no - da criteri pe-dagogici di rispetto, che oggi nonsarebbe vano riconsiderare e appro-fondire nella loro attualità .

Gioco è disciplinaAbbiamo amato molto quel tea-

tro. Per quel tramite abbiamo rea-lizzato una creatività genuina chenon era affatto limitata dal dovermandare a memoria la parte. Ciòche s'imparava a memoria era sol-tanto il testo . L'interpretazione erainventivamente nostra, e nostra erala proposta scenica benché salutar-mente stimolata e «disciplinata» dauna letteratura testuale di partenza .Per quanto Don Bosco e i suoi «pri-mi», come i loro immediati succes-sori, abbiano esplicitamente esclusodai fini educativi del teatro salesia-no la formazione di professionistinel settore, ne sono pure sorti deiveri professionisti . Molti, tra passa-ti e presenti : dia un Macario a unTuri Ferre, da un Buazzelli a unManfredi e'zinurnerevoli altri . Per-ché? Credo cle la ragione stia preci-samente nel fato che il teatro sale-siano oltre a esere «gioco» è anche

«disciplina» : quest'apparente con-traddizione fu risolta da Don Boscocon una formuletta pratica sempli-cissima: il teatro deve «divertireistruire educare». Portare a conver-gere queste tre esigenze, riguardantiattori e spettatori, spetta alla liberainiziativa del buon esecutore e allasua sensibilità educativa .

In più di un secolo il piccolo tea-tro salesiano ha scritto pagine talo-ra assai belle, ha suscitato energieforse inimmaginabili se è vero (co-me è vero) che è anche stato unadelle fonti vocazionali riconosciuteda molti. Il fatto è che ha rivelatouno «spirito», ha prospettato«identità», ha amalgamato gruppi,ha creato e dilatato amicizie, ha re-so credibili luoghi tempi persone,ha indotto a pazienza, ha approfon-dito dialoghi e osmosi reciproche,ha stimolato introspezioni, ha disci-plinato caratteri e relazioni, ha raf-finato sensibilità, ha vinto timidez-ze, ha liberato energie, ha rivelatoverità, ha fatto scoprire prossimi,ha abituato a platee sociali, ha crea-to comunioni . . . Le vocazioni genui-ne - da quelle «laiche» a quelle«religiose» - hanno radici in hu-mus di tale genere, perciò non devestupire se il teatro, che ne è portato-re, ha anche prodotto vocazioni .

L 'esperienza romanaNell'immediato dopoguerra, la-

sciando Foglizzo per Roma, pensaiche fosse giunta l'ora di dare un de-finitivo «addio alle scene». Il baga-glio invece mi corse appresso . Pun-tualmente, le scene sono sempre sta-te ad attendermi ogni volta che hocreduto di sbarazzarmene. Furonogli anni di altri «buoni autori», de-gli indimenticabili Emmet Laverycon «La prima legione», FritzHochwaelder con «Il sacro esperi-mento», José M. Pemàn con «Ilcardinale primate», O'Neill con«L'imperatore Jones» e «I drammimarini», altri nuovi e vecchi reper-tori . Ma l'esperienza più bella nonderivò dal repertorio : derivò dagliincontri cosmopoliti che quel reper-torio occasionò, dalle platee studen-tesche di varia nazionalità e colore

che le università cattoliche romaneschierarono davanti ad ogni novitàscenica. Con gli studenti c'era il fio-re dei professori e fu divertentissi-mo vedere i grandi gesuiti dell'Uni-versità Gregoriana «polemizzare»in poltrona secondo che erano favo-revoli o contrari alle scelte che i loroconfratelli «storici» - evocati inscena da Hochwaelder e Lavery -facevano nelle celebri «riduzionimissionarie» del Paraguay o nellecrisi di coscienza e fede prodottedalle insicurezze contemporanee .Scambiammo queste recite con

altri gruppi. Quello di Frascati in-cludeva i giovani Tino Buazzelli eNino Manfredi . Tra gruppo e grup-po si comunicò, si apprese, forse silasciarono tracce. Fummo addirit-tura invitati per «provini» all'Acca-demia e a Cinecittà . . . Declinammo,avevamo ben altra vocazione . Re-stava però il fatto che tramite il no-stro teatro, tutto sommato abba-stanza modesto, realizzassimo nonsolo qualche poco di Don Bosco maanche qualche poco di «pastoraleculturale» (chiamata da Maritain«carità intellettuale») che ancoraoggi i cattolici lasciano abbastanzascoperta nel settore teatro . . .

Al «Sacro Cuore» di Via Marsalac'era la LES (Libreria Editrice Sale-siana) ricca di tradizioni testi espe-rienze. C'era pure una pluridecen-nale filodrammatica di ex allievi, dicui era anima un indimenticabilesig . Fausti . Altro gruppo, altro ma-gnifico segno di coesione dedizionee sacrificio, altra testimonianza digenuino intervento salesiano nellacultura del quartiere e della città .Che questo gruppo si ritrovasse e ri-conoscesse in modo particolare in-torno alla LES è anche un segno diquanto possa una libreria-ritrovo,non limitata a vendere . I filodram-matici del «Sacro Cuore», al di làdei ricordi, hanno consegnato allesuccessive generazioni dei modellidi presenza e di attività . Forse sonostati una delle più belle e più con-vincenti dimostrazioni dell'efficaciadel teatro, salesianamente inteso,all'interno di un gruppo e nell'am-bito popolare e giovanile di unquartiere centrale in una metropolinon facile .

Marco Bongioanni

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LA FEDE INVECE DIDIMINUIRE AUMENTAVA

C irca due anni fa mio mari-to, in seguito ad incidente

stradale, ebbe gravi fratture auna gamba . Dopo due anni dicura e 5 operazioni esistevasempre il pericolo di doverlaamputare . Ma la fede in MariaAusiliatrice invece di diminuireaumentava. . . Tutti insieme spe-rammo e pregammo . A guari-gione completa riesce pur a farequalche passo con meravigliadello stesso chirurgo .

lo stessa ho provato l'aiuto diMaria Ausiliatrice quando forticoliche renali fecero ritenere in-dispensabile un intervento perestrarre i calcoli : ma la feritastentava a rimarginarsi . La pre-ghiera e la fede fecero il resto .

N. N . - Rosà (VI)

TI RINGRAZIO, O PADRE,PERCHÉ ASCOLTILA PREGHIERA DEGLIUMILI

S offrivo da tempo dolori ad-dominali con gonfiore e

persistenti vomiti ; non piena-mente cosciente del male, ri-mandavo da un mese all'altro icontrolli medici . Intanto mi affi-davo a Suor Eusebia Palomi-no . Finalmente il momento deci-sivo venne : la febbre altissimasvelò la gravità del male e i con-trolli approfonditi fecero risulta-re la colecisti stipata di calcoli .Di conseguenza l'intervento fuimmediato .

A distanza di molti mesi, gra-zie all'intercessione di Suor Eu-sebia che sento vicinissima inmodo incoraggiante, continuo ilmio lavoro .Giuliana Ferrari - Malesco (NO)

HO PREGATO CON TANTAFIDUCIA

A vevo bisogno di due gra-zie molto importanti per

me e la mia famiglia. Ho pregatocon tanta fiducia Mons. Cimattie posso dire, con riconoscenza,che le ho ricevute insieme a tan-te altre'grazie minori .

M.C.R.

I MEDICI GIUDICARONO NELLA CITTÀ NATALEDISPERATO IL MIO CASO

U na forma grave di trom-bosi mi fece perdere i

sensi; ne conseguirono pallore,bava, occhi rovesciati, tremori .Ricoverata presso l'ospedale diSesto S. Giovanni, i medici giu-dicarono disperato il mio caso,senza speranze di restare invita .

I miei cari, tra cui il mio figliolosalesiano, mi affidarono al Si-gnore, chiedendo l'intercessio-ne del venerabile AugustoCzartoryski . Incominciai benpresto a migliorare e, dopo 14giorni di degenza, uscivo dall'o-spedale completamente ristabi-lita e nel pieno possesso dellemie facoltà .

II medico del reparto ha presoatto che il male è regreditospontaneamente. L'èquipe me-dica ha dichiarato che è raroche una persona, colpita datrombosi, ne esca indenne sen-za alcuna conseguenza . Il caso,affermano, si pone fra questi po-chi fortunati . La guarigione hadestato più meraviglia ancoranel personale medico data l'etàche ho raggiunta di 81 anni .Pierina Gibin Loreggia - Sesto

S. G . (MI)

MANCAVA POCOALL'AMPUTAZIONE

ia madre era affetta dauna cancrena alla gam-

ba sinistra . I medici erano decisiper l'amputazione. Una violentafebbre fece dilazionare l'ora del-l'intervento e rinnovare gli esa-mi clinici . Questi svelarono undiabete serio . Tutto, perciò, ven-ne sospeso . Mia madre conti-nuò le sue preghiere al servo diDio D. Filippo Rinaldi . Il malealla gamba si attenuò e si reseinutile la progettata operazione .Ora sta migliorando sotto ogniaspetto. Persevera nella pre-ghiera in attesa della completaguarigione .

Elda Casiraghi - Triuggio (Ml)

R icoverato presso la Se-conda Clinica Chirurgica

dell'Ospedale di Faenza - l'a-matissima città natale di Mons .Vincenzo Cimatti - e sottopo-sto ad un intervento quanto maiimpegnativo e difficoltoso, con-dotto felicemente in porto damedici capaci e coscienziosi, misono rivolto al mio caro e indi-menticabile «maestro» diTorino-Valsalice affinché, nono-stante l'età avanzata (81 annicompiuti lo scorso 21 ottobre),tutto si concludesse nel miglioredei modi, specie nella delicatafase post-operatoria, che pre-senta di solito notevoli inconve-nienti . Ne sono stato pienamen-te esaudito .Antonio Cassigoli - Marradi (FI)

PENSIERI DI PACE

LA PARESI SCOMPARVETOTALMENTE

A tredici anni di distanzadalla nascita del secondo

figlio, avemmo la gioia di unaterza maternità . Tutto sembravaandare per il meglio . Il parto, av-venuto regolarmente, non face-va pensare al peggio. Improvvi-samente Rosaria, mia moglie, fucolpita da una miocardite post-parto. Le cure prontamente pre-statele fecero regredire il male .

1 MARZO 1985 • 37

Ma pochi giorni dopo, alle16,30, Rosaria ebbe un embolocerebrale : fu portata d'urgenzain sala di rianimazione con unaparesi in tutto il lato destro eprognosi riservatissima . Giuntoin ospedale alla 18, intensificaila mia preghiera a D . Bosco, co-me già avevo fatto nei giorniprecedenti . Alle 19,30 il cappel-lano dell'ospedale, D . Edi Pez-zetta, salesiano, mi comunicòche Rosaria era fuori pericolo eche la paresi era totalmentescomparsa, senza lasciare se-gni . Il grazie a D . Bosco è gran-de. A lui la preghiera di conti-nuare a farci da guida .

Vittorio Parisi - Napoli

MIL CALCOLO SISGRETOLÒ DA SOLO

entre prestavo servizionell'infermeria della Ca-

sa Madre di Valdocco ebbi undolorosissimo attacco di calcoliai reni . Trasportato d'urgenza alpronto soccorso mi ordinaronoesami e radiografie . Si rivelò lapresenza di un grosso calcolo ei medici propendevano per unaimmediata operazione . Una not-te in cui i dolori si acuirono mol-tissimo, alle due del mattino,nella mia solitudine invocai Ma-ria Ausiliatrice e la sua fedeleserva, Suor Eusebia Palomino .Si calmarono subito i dolori, ilcalcolo si sgretolò e in due ripre-se lo eliminai .

N egli ultimi tempi mi sonorivolta a Laura Vicuna

perché, attraverso la sua inter-cessione, la famiglia di mia so-rella raggiungesse nuovamentela pace e una certa stabilità do-po un periodo burrascoso .

A distanza di mesi molti scoglisono stati superati . Mi auguroche la cara Laura continui a pro-teggere i miei cari e chiedo al Si-gnore di ispirare loro pensieri dipace e perseveranza nel bene .

E . S . - Trieste

Pasquino Messori - Torino

LA BAMBINAHA RECUPERATOMOLTISSIMO

S entiamo il dovere e lagioia di ringraziare pubbli-

camente S. Domenico Savio danoi fiduciosamente invocatoperché aiutasse la nostra picco-la Daniela, nata con gravi pro-blemi di crescita normale . Labambina, che ha ora più di dueanni, ha recuperato moltissimo .Siamo grati, e sicuri che S. Do-menico Savio continuerà la suaprotezione a lei e alla sorellinaLuisa .

Aldo e Orsola Bortolameotti -Vigolo Vottaro (TR)

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38 • 1 MARZO 1985

MONETTI LUSERNA sig.ra MAD-DALENA t Castagnole Piemonte a74 anni

Per molti anni impegnata tra i coo-peratori salesiani di Castagnole, la-scia un grande esempio di fede e diamore alla Chiesa, a Don Bosco ed aMaria Ausiliatrice di cui era devotis-sima.

La malattia la prostrò fisicamentema rimase fino all'ultimo lucida e conla preghiera sulle labbra .

RIZZOLI sig.ra COSTANTINA,exallieva t Ziano (TN) a 75 anni

Era la maggiore di una famiglia nu-merosa; aiutò con amorevole sacrifi-cio i genitori nel sostentamento e si-stemazione dei fratelli.

Amò il lavoro e la compagnia ; or-ganizzò pellegrinaggi e gite per i la-voratori convinta che un po' di riposoe cultura affinano lo spirito .

Gustava le giornate di ritiro e gliesercizi spirituali stile salesiano .Così premunita spiritualmente

guardò serena l'avvenire ormai se-gnato da un male che non perdona .

VANZETTA sig .ra MARIA t Ziano(TN) a 78 anni

Fu membro attivo dell'UNITALSI edi «OSPITALITA' TRIDENTINA» .Finché le forze le consentirono, par-tecipò ai pellegrinaggi ai vari Santua-ri della Vergine . Sollecita e premuro-sa si adoperò perché ogni ammalato,ogni povero della parrocchia abbia laconsolazione di fruire di questi incon-tri con la Madonna di cui era devotis-sima .Ammiratrice delle opere di Don

Bosco, generosamente le sostennecon offerte, preghiere e sacrifici .Specialmente durante la sua malat-tia unì le sue sofferenze al lavoroapostolico di chi lavora per le missio-ni e per la gioventù .

PAGLIARELLO sac. NATALE, sale-siano t Pietrasanta (Lucca) a 71 anni

Don Natale era nato a Caprie (Tori-no) il 30/X1/1913 .

All'età di 5 anni rimase orfano delpadre ; evento molto doloroso che hainciso fortemente sulla sua vita .

ft_ entrato nel 1929 nella casa sale-siana di Foglizzo, come aspirante, enel 1930, ricevette per mano di donFilippo Rinaldi, la veste talare .

I

Avendo espresso il desiderio difarsi missionario, partì per la Colom-bia e a Mosquera (Bogotà) face l'an-no di noviziato .

In Colombia passò i suoi migliorianni di vita salesiana, dedicandosinei primi anni alla preparazione alsacerdozio e poi nel ministero attivoin qualità di insegnante in scuole li-ceali e di teologia .

Nel 1950 ritornò in Italia per ragio-ni di salute e fu incardinato nellaIspettoria Ligure-Toscana .

Fu destinato come vice-parroco aLivorno, dove fu apprezzato per il mi-nistero sacerdotale e per la suapredicazione .

Dopo 5 anni, trascorsi nella casa diLivorno, continuò il suo compito co-me confessore e aiutante in parroc-chia nelle case di Colle Val d'Elsa, laSpezia, Firenze .

Nel 1967 passò nella casa salesia-na di Pietrasanta, a lui più congenia-le per il clima e per la possibilità didedicarsi a lavori di giardinaggio al-l'aria aperta .

LOI sig. ANDREA, cooperatore tAcqui Terme a 73 anni

Autentico esempio di CooperatoreSalesiano secondo l'ideale di SanGiovanni Bosco, quale padre di fami-glia educò esemplarmente i Suoi 4 fi-gli alla pratica cristiana e al lavoro .

Nell'esercizio della Sua professio-ne fu competente e coscienzioso,sempre pronto a comprendere il fra-tello, incoraggiare tutti .

Negli ultimi cinque anni di vita hafatto parte del Consiglio Ispettorialedella Ispettoria di Subalpina di Torinoapportando il Suo contributo alleopere salesiane .

RUSTIGHINI sig .

LUIGI t1011111984

Papà Luigi lascia un grande rim-pianto tra i suoi cari e nella Parroc-chia! Uomo di profonda fede e di vitacristiana esemplare, ha dato a DonBosco due figli, Don Franco e Sr .Amelia . La devozione al Santo deigiovani è cresciuta con la sua vita,

NOSTRIMORTI

perché .già da ragazzo, Don Boscogli è stato modello .

La sorella Sr . Maria F .M .A . ha tro-vato in lui un appoggio alla realizza-zione della sua vocazione! La Fami-glia Salesiana Lombarda è grata aPapà Luigi per averla arricchita didue vocazioni e certamente Don Bo-sco e Madre Mazzarello lo hanno ac-colto nel Paradiso Salesiano!

BOCCACCIO sig . CESARE, ex-ai-Iievo t Torino

Ex-allievo esemplare, fortementelegato alla Famiglia Salesiana ed aDon Bosco, ha irradiato fiducia e cor-dialità in tutti coloro che lo avvi-cinavano.

Sin da giovanotto si è prodigatocome catechista, nella filodrammati-ca e nell'Auxilium .

Nel mondo del lavoro ha lasciatouna profonda testimonianza di ope-rosità, onestà, giustizia, serenità,che nascevano da un marcato cri-stianesimo interiore e dal suo incon-tro quotidiano con l'Eucarestia .

In questi pochi anni di quiescenza,ha prodigato tutto il suo tempo nel-l'Unione in un servizio costante di ac-coglienza e di conforto, di esuberan-te creatività e dinamicità quale orga-nizzatore di momenti formativi e ri-creativi ; un cuore ed un sorriso aper-to a tutti, specie ai più bisognosi, aglianziani, agli emarginati .

Lascia una testimonianza di gene-rosa donazione personale, di unagrande umanità e sensibilità, di unavivace carica spirituale, di una pre-ghiera semplice ma sentita, da verofiglio di Don Bosco .

CONSONNI sac . ANGELO, salesia-no t Torino a 68 anni

Don Angelo Consonni era ritornatoa Torino quando la fede diventa fe-deltà : nel tempo che prepara l'appro-do «all'altra riva» .

II 17 marzo u .s . ci ha dato l'arrive-derci . Abbiamo così rivisitato nella lu-ce dell'essenziale la sua vita .

Fanciullo lascia Besana Brianzaper Cavaglià Biellese . Preadolescen-

te è a Penango . Adolescente in Pata-gonia (Argentina) . Giovane a Romadove, a 27 anni, è ordinato sacer-dote .

Fiduciario dei Superiori Maggiori,esplica le mansioni di segretario e in-caricato delle Relazioni Pubblichedella Congregazione . Poi è chiamatocome direttore dell'Ufficio Diffusionedell'Editrice LDC . Sotto l'aspetto mi-nisteriale è assistente delle Volonta-rie di D Bosco e presso le comunitàdelle Figlie di Maria Ausiliatrice diValdocco e di Sassi .

Nobile nel tratto : buono, affabile,sereno . Uomo del dovere : attivo,umile, discreto, preciso, ubbidiente .Guida spirituale : saggia, prudente,decisa .

Questa la sua buona notizia : «Adogni mio «sì» possa trovare il cuore diDio in festa» .

DOMINICIS sig . LEANDRO, exallle-vo t Monte Campatri a 79 anni

Dapprima apprezzato insegnante,poi funzionario del Comune di Roma;devotissimo di S . Giovanni Bosco,sempre presente ai convegni ex-allievi di «Villa Sora», dove era statoeducato stimato da tutti, ha lasciatoun vuoto incolmabile nella cittadinadove ora viveva.

GAMBARO sac. AREALDO, sale-siano t Varazze a 65 anni

Orfano in tenera età, seppe con-servare memoria del suo precoce bi-sogno di affetto, per irradiare fiduciae simpatia per tanti giovani che in-contrò nella vita, specie quelli indifficoltà.Dotato di una bontà squisita, capacedelle più delicate premure, fu sacer-dote zelante e pio, insegnante ap-passionato, donandosi generosa-mente, nonostante la fragile salute,perché i suoi allievi realizzassero gliideali cristiani proposti alla scuola diDon Bosco .Aggredito dal male dovette rinuncia-re ad ogni attività, ma testimoniò lafecondità spirituale della sofferenza,sopportata con fede sincera e corag-giosa . La sua vita, offerta nel donodel prossimo, resta ricchezza auten-tica per quanti lo hanno avuto fratellonella consacrazione, padre, guida eamico nel cammino spirituale.

A quanti hanno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIRE-ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA, rico-nosciuta giuridicamente con D .P . del 2-9-1971 n . 959, e L'ISTITUTOSALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente perso-nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n . 22, possono legalmente ri-cevere Legati ed Eredità .

Formule valide sono :

- se si tratta d'un legato: « . . . lascio alla Direzione Generale OpereDon Bosco con sede in Roma (oppure all'istituto Salesiano per lemissioni con sede in Torino) a titolo di legato la somma di lire . . .,(oppure) l'immobile sito in . . . per gli scopi perseguiti dall'Ente, e parti-

colarmente di assistenza e beneficenza, di istruzione e educazione,di culto e di religione» .- se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno o

l'altro dei due Enti su indicati :

. . annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria . Nomi-no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco consede in Roma (oppure l'Istituto Salesiano per le Missioni con sede inTorino) lasciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo, pergli scopi perseguiti dall'Ente, e particolarmente di assistenza e bene-ficenza, di istruzione e educazione, di culto e di religione» .(luogo e data)

(firma per disteso)

2015 - Digital Collections - Biblioteca Don Bosco - Roma - http://digital.biblioteca.unisal.it

Page 39: 2015 - Digital Collections - Biblioteca Don Bosco - Roma ...biblioteca.unisal.it/repository/Bollettino_Salesiano_1985_05_SL-18-D-1w.pdf · Don Viganò ci parla , UNA SCELTA SCONVOLGENTE

Borsa : Maria Ausiliatrice e S . Gio-vanni Bosco, in memoria e suffragiodei miei defunti, a cura di N .N . ChieriTO, L . 200.000

Borsa : Martiri Mons. Versiglia eDon Caravarlo, chiedendo forza ecoraggio, a cura di N .N . Chieri TO,L.200.000

SOLIDARIETAborse di studio

per giovani Missionaripervenute

alla DirezioneOpere Don Bosco

7 MARZO 1985 • 39

Borsa : Maria Ausiliatrice, in memo- Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Glo-ria di papà, mamma e fratello Don venni Bosco, in ringraziamento eGiuseppe, salesiano, a cura di Rizzo implorando protezione, a cura diPasqualina, L. 400 .000

Gandiglio e Franco

Borsa: Gesù Sacramentato, Maria Borsa: S . Giovanni Bosco, ringra-Ausiliatrice e S . Giovanni Bosco, in Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi Borsa : Maria Ausiliatrice e S . Gio- ziamento per grazia ricevuta, a curaringraziamento e chiedendo la grazia Salesiani, in memoria e suffragio di vanni Bosco, in suffragio dei defun- di C.V .G ., Torinodi un posto di lavoro, a cura di N . N .,

Battista Tifli, a cura dei figli, ti, a cura di Piera e Francesco Leone,Chiari TO, L . 400.000

L. 2.000 .000

Argentera di Rivarolo, L. 200 .000

Borsa : Beato Michele Rua, in suf-fragio dei genitori, a cura di Brambil-

Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi Borsa : Don Bosco, in memoria e Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi la Ida, Sesto S . Giovanni MiSalesiani, in ringraziamento per gra- suffragio del Prof. Tommaso Ghiglie- Salesiani, per ringraziamento e invo-zia ricevuta, a cura di Rossi Teresa, no e familiari, a cura di N .N ., cando protezione, a cura di N .N ., Borsa : Servo di Dio Mons . Cimatti,Castellamonte, L . 300 .000

L.900.000

L.200.000

a cura di Brambilla Ida

Borsa : In suffragio del Cav. Alfio Borsa: In memoria di Don Evaristo Borsa: Maria Ausiliatrice e S . Gio-Messina, Cooperatore Salesiano, a Marcoaldi, nel 7 0 anniversario della venni Bosco, chiedendo grazia par-cura di Zappalà M . Tina, Catania, morte, a cura di Galeani Don Nello, ticolare, a cura di Gullino Giovanni,L.300 .000

Sulmona, L . 700 .000

Grugliasco TO, L . 200 .000Borsa : Maria Ausiliatrice, per gra-

Borsa : Maria Ausiliatrice, Don Bo- Borsa : Maria Ausiliatrice e S . Gio- Borsa : Maria Ausiliatrice e S . Gio- zia ricevuta, a cura di Alifredi Edoar-sco, Don Rua, in ringraziamento per vanni Bosco, invocando una grazia, venni Bosco, in memoria di Grandi do, TOprotezione, a cura di Fedeli Bianca, a cura di N .N ., L . 500 .000

Giovanni e Rosa, a cura della Fami-Ravenna, L . 250 .000

glia Ventura, RG L . 200 .000

Borsa: Maria Ausiliatrice, per pre-Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi

ghiere e protezione, a cura di NoreseBorsa : Maria Ausiliatrice, chieden- Salesiani, in memoria dei defunti Borsa : Maria Ausiliatrice e Don BO- Gian Luigi, Predosa ALdo preghiera, a cura di Acquistapace della Famiglia Genta, a cura di Mario sco, a cura di Colonna Angela, No-Giovanna, Como, L . 250 .000

Genta, Torino, L. 500.000

vara, L. 200 .000

Borse: Maria Ausiliatrice, in suffra-gio di Rachele e Carlo, a cura di Co-

Borsa: Perché il Santo Natale porti Borsa : Maria Ausiliatrice, in suffra- Borsa: Maria Ausiliatrice e S . Gio- lombo Antonio, Castelseprio VAtanta luce, a cura di N.N ., L . 200.000 gio dei miei defunti e familiari, a cura vanni Bosco, per riconoscenza e

di Mascheroni Marisa, Mariano Co- chiedendo la guarigione della mo- Borsa : Maria Ausiliatrice, Don Bo-Borsa : S . Cuore di Gesù e Maria mense, L . 500 .000 glie, a cura di Gullino Giovanni, Gru- sco, Domenico

Savio, in ringrazia-Ausiliatrice, a cura di Cumoli Gio- gliasco, L. 200 .000 mento e in suffragio della mammavanni, Piano del Voglio BO, Borsa : Maria Ausiliatrice e S . Gio- defunta, a cura di Agnetti Maria, NoviL.200.000

vanni Bosco, in memoria e suffragio

Ligure ALdei miei cari defunti e per protezione,a cura di Foppiano Pavani Jolanda,

Borse MissionarieBorsa : Divina Provvidenza, a curaMonleone GE, L . 500 .000

di L. 100.000

Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-di Boglione Francesco, TO

sco, in memoria di Padre Popielu-L.200.000

sko, invocando una grazia, a cura diBorsa : Maria Ausiliatrice e Don Bo- Borsa : S . Giovanni Bosco e S . Do- Sabadin Bianca, Rossano Veneto VI

Borsa : S. Cuore di Gesù, Maria Au- sco, in ringraziamento, a cura di N . manico Savio, invocando benedizio-siliatrice e Santi Salesiani, in suf- N ., Milano, L. 500 .000

ne e protezione per i miei bambini Borsa : Maria Ausiliatrice, Don Bo-fragio dei defunti e per ringraziamen-

Matteo e Giorgio, a cura di Carrabba sco, Domenico Savio, in ringrazia-to, a cura di F .T.P .A ., L. 200 .000

Borsa : Maria Ausiliatrice, per gra- Dr. Mario

mento e invocando protezione, a cu-zia ricevuta,, a cura di N .N Cassano

ra di Campagnoli Antonietta, Vesto-Borsa : Gesù Bambino, invocando Magnago, L. 500 .000

Borsa : S . Giovanni Bosco e S . Do- ne BSbenedizione sui familiari, a cura di

manico Savio, per grazia ricevuta eBarra Secondina, L . 200 .000

Borsa : Don Pietro Chiesa, a cura di invocando protezione su tutta la fa- Borsa : Don Bosco, a cura di Capo-Giannino Cautero, L . 200 .000

miglia, a cura di Racca Pietro

russo Angela, BariBorsa: Maria Ausiliatrice e S . Gio-vanni Bosco, invocando protezione Borsa : Don Bosco, a cura di Cotti- Borsa : Maria Ausiliatrice, in ringra- Borsa : Don Bosco, in memoria eper figli e famiglia, a cura di F. O ., nelli Lina, Brescia, L. 200 .000 ziamento e invocando protezione, a suffragio dei miei genitori, a cura diL.200 .000

cura di N . N ., Dogliani

Aldera Celestina, Vizzola Ticino VABorsa: In suffragio di Callini Ernesto,

Borsa : S . Domenico Savio e S . Ma- Galloni Orsola e Naggi Giuseppe, a Borsa : Maria Ausiliatrice, per gra- Borsa : Maria Ausiliatrice e S. Mariaria Mazzarello, invocando protezio- cura di Callini Teresa, Arconate MI, zia ricevuta, a cura di Robba Susan- Mazzarello, per grazia ricevuta, ane per i miei nipoti, a cura di N.N ., L .150 .000 na, TO cura di Siciliano Eberardo, Troina ENChiari TO, L. 200 .000

Borsa : Mons . Versiglia e Don Cara-vario, in suffragio di Gian Mario, acura di N .N .

Borsa : Don Bosco, Don Rua, DonRinaldi, in suffragio dei defunti, a cu-ra di Lucci Maria Cuicchi Chiaravan-ne AN

Borsa : S. Cuore di Gesù e Maria Borsa: In memoria di Donadio Rena-Ausiliatrice, per protezione dei fami- to, a cura del cugino Michele,liari ammalati e in suffragio dei de- Venosafunti, a cura di Alessandria Mariuc-cia, Bra CN, L . 150 .000

Borsa : Maria Ausiliatrice, Don Bo-sco, Domenico Savio, in ringrazia-

Borsa : Maria Ausiliatrice e S . Gio- mento e chiedendo protezione, a cu-vanni Bosco, invocando protezione ra di Stantero Genoveffa, Canalee pace, a cura di N .N . Bolzano,

d'AlbaL.150 .000

Borsa : Maria Ausiliatrice e S . Gio- Borsa : S . Cuore di Gesù, Maria Au-Borsa : In memoria e suffragio del Borsa: S . Giovanni Bosco, per gra- venni Bosco, in ringraziamento e siliatrice e Santi Salesiani, perlacompianto Prof. Pietro Margara, a zia ricevuta, a cura di Marchese Cri- chiedendo ancora protezione, a cura nostra salvezza eterna, a cura dellacura della moglie, L . 200 .000

stina, Genova, L. 150 .000

di Vielmi Lidia, Brescia

Famiglia B .

Borsa : S. Domenico Savio, in rin-graziamento e chiedendo protezioneper i nipotini, a cura di Alesse Ornel-la, Roma

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COLLANA

EDUCARE OGGIUna straordinaria iniziativa editorialeper migliorare le relazioni familiari

Gaetano BarlettaNONNI E NIPOTI

I rapporti fra le generazioni stanno cambiando .Attraverso l'idea che, oggi, i bambini hanno deiloro nonni, l'autore coglie i segni di un nuovomodo di vivere all'interno della famiglia contem-poranea. E una ricerca stimolante per scoprire ivalori dell'anziano e per invecchiare diversamente .

Ambra GentilePADRE E FIGLIALa bambina, la ragazza, la donna adulta si pon-gono in maniera nuova di fronte alla figura pa-terna . L'opera analizza la costante evoluzione delrapporto padre-figlia, considerandoli in età, con-dizioni, circostanze diverse. È un volume utilissimoper evitare errori di educazione a volte gravi e,anche, per risolvere situazioni familiari di crisi .

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