BOLLETTINO SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE GRUPPO...

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BOLLETTINO SA % iES ANNO104N .1 1'QUINDICINA 1GENNAIO1980 SPEDIZIONEINABBONAMENTOPOSTALEGRUPPO2°(70) RIVISTA DELLA FAMIGLIASALESIANAFONDATA'DASANGIOVANNIBOSCONEL1877 Dallememorie diun ragazzo dell'Oratorio divenuto missionario evescovo : mons .Giacomo Costamagna 2015 - Digital Collections - Biblioteca Don Bosco - Roma - http://digital.biblioteca.unisal.it

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BOLLETTINOSA% i ES ANNO 104 N . 1 • 1' QUINDICINA • 1 GENNAIO 1980SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE GRUPPO 2° (70)

RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA FONDATA' DA SAN GIOVANNI BOSCO NEL 1877

Dalle memoriedi un ragazzodell'Oratorio

divenutomissionarioe vescovo:

mons. GiacomoCostamagna

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Perché gli insegnantinel 1979 hanno fatto due milionidi giornate di sciopero?

Sommario I SALESIANO1 GENNAIO 1980ANNO 104-NUMERO 1

La copertina : Don Bosco (ricamodi suor M . Ludgera - Monastero diReute, Germania, 1977)Servizio di copertina : pag . 16-20

LE IDEELettera di Don iganò alla Famiglia Salesiana :

Educare facendo gruppo, 3-5Strenna del Rettor Maggiore per l'anno 1980, 3

La vostra autorità diventi amicizia, 21

LE FOR EMissioni . Il nostro sassolino nel grande edificio, 14-15In missione non si invecchia? 28Stampa . «Hofiducia dice Don iganò alla Sei, 28

L'A IONEArgentina . I ragazzi del "Centro di arti creative", 29Bolivia . Nella notte Dio ha marciato con noi, 11Brasile. Maria Fonseca stile Don Bosco, 25India . II bramino Ashim parla di Gesù, 30Italia . Dal teatrino alla celebrità, 8-10Buazzelli : i ragazzi non giocano più a questa libertà, 10

Un centro giovanile nel paese di Pio IX, 29Lettera di Michela a Don Bosco, 31II prof . Corradi e l'Unione Don Bosco, 31Per padre Mantovani monumento a forma di cuore, 31Messico. I "Quaderni educativi", 31Spagna. La casetta di Don Bosco in terza edizione, 6-7Scuola universitaria per formare gli educatori, 30Stati Uniti. Janette ce l'ha fatta, 12-14Swaziland . Un progetto per i ragazzi della strada, 28-29

Mons. Giacomo Costamagna . Don Bosco ti ricordo, 16-20Storia salesiana. Correva l'anno 1880, 26-27

Libreria, 5 e 24 - Educhiamo come Don Bosco,21 - Ringraziano i nostri santi, 32 - Preghiamo per i nostrimorti, 34 - Solidarietà fraterna, 35 .

rNon sai? è il lorocontributo all'anno

del fanciullo. /

v

BOLLETTINO

RI ISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANAfondata da san Giovanni Bosco nel 1877Quindicinale d'informazione e cultura religiosa

DIRETTORE RESPONSABILE DON EN O BIANCOCollaboratori . Giuliana Accornero - Pietro Ambrosio - Marco Bon-gioanni - Teresio Bosco - Elia Ferrante - Domenica Grassiano -Adolfo L'ArcoFotografia Antonio GottardtArchivio salesiano : Guido Cantoni - Archivio Audiovisivi LDCDiffusione Arnaldo MontecchioFotocomposizione e impaginazioneScuola Grafica Salesiana Pio XI - RomaStampa Officine Grafiche SEI -TorinoAutorizzazione Tribunale di Torino n . 403 del 16.2 .1949

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Bollettino SALESIANOORGANO DEI COOPERATORI SALESIANIANNO 103 - NUMERO 1 - TORINO, 1o GENNAIO 1979LETTERA DI DON IGANO'

ALLA FAMIGLIA SALESIANA

Ogni anno a gennaio, sull'esem-pio di Don Bosco, il suo Succes-

sore invia a tutti i membri della Famiglia Salesiana una lettera contenente un messaggio e un

programma : la Strenna per l'anno nuovo

. L'argomento scelto dal Rettor Maggiore per il 1980 è il rilancio dell'associazionismo giovanile

.

II Rettor Maggiore "fa gruppo" con i ragazzi (aGuadalajara, Messico, 1978) .

Educare facendo gruppo

Cari Amici della Famiglia Salesiana, porgo a ciascuno il mio au-

gurio per il nuovo anno che il Signorevorrà benedire. E vi presento - se-condo la familiare tradizione che ri-sale a Don Bosco - la Strenna per ilnuovo anno .Questa strenna è un programma,

che riprende e sviluppa - come po-tete vedere - quello già assunto nel1979, richiamandoci ad alcune "mo-dalità tipiche" dello stile salesiano dapraticare .

Il progetto educativo di Don Boscocomprende tutta la nostra prassi edu-cativo-pastorale e la sua ispirazioneprofonda. Conviene ora che, dopoaver fissato la nostra attenzione, du-rante l'anno scorso, sulla sintesi di at-teggiamenti che esso comporta, ci de-dichiamo a rivedere e ad attuare al-cune delle modalità in cui si concre-tizza .

E' un fatto che i problemi, che han-no come principali protagonisti i gio-vani, si vanno sempre più accentuan-do. Siamo di fronte a una situazionedrammatica. Molti giovani cercano diindividuare le responsabilità e punta-no il dito (magari anche al di là delgiusto) su istituzioni, contenuti cultu-rali e persone . Questo disagio giova-nile, che già sta preoccupando educa-tori, sociologi e psicologi, non può nonrichiamare l'attenzione della FamigliaSalesiana .

E' innegabile, però, che non pochitra i giovani si sforzano anche di af-frontare i suddetti problemi in formediverse, secondo sensibilità, situazio-ni, ambienti, territori e culture, risco-prendo i grandi ideali e nuove re-sponsabilità religiose umane e sociali,lottando e pagando di persona . Urge,dunque, saperli animare e sostenere .

Una presenza di amicizia

. Per Don Bosco l'amore ai giovani si manifestanella presenza fisica e operativa traloro . Il suo senso di concretezza lo al-lontanava dalle sole dichiarazioni diaffetto e lo portava alla convivenza .Essa richiedeva un'ascesi interna edesterna, suscitava sintonia e confi-denza, offriva aiuto amichevole,esperienza di vita e testimonianzacompleta: di rapporti, di ideali, di fe-de. Superava così la prestazione "e-ducativa" puramente professionale,esterna ; educare per lui divenivaun'esperienza di grazia . Al ragazzo e algiovane giungeva un richiamo al co-raggio e alla crescita attraverso lapresenza di un amico.

STRENNA DEL RETTOR MAGGIORE PER L'ANNO 1980

Continuare l'impegno delRILANCIO DEL PROGETTO EDUCATI O DI DON BOSCOSOPRATTUTTO NEI GRUPPI E MO IMENTI GIO ANILIrealizzando e approfondendo due modalità tipiche salesiane :

* UNA PRESEN A DI AMICI IAche animi e aiuti a maturare i giovani (l'assistenza),

* LA CREA IONE DI UN AMBIENTE EDUCATI Oche sviluppi una ricca esperienza di valori umani e cristiani (lospirito di famiglia) .

Don Egidio iganò

Forse non a tutti risulta familiare la"carica" umana e cristiana di quel ti-po di presenza educativa, che nellanostra tradizione si è chiamata "assi-stenza" . Sappiamo bene che Don Bo-sco sentì e soffrì, negli ultimi annidella sua vita, pensando che questaespressione così caratteristica del suostile potesse essere svuotata del suogenuino significato .

Oggi, nel rilancio del suo "SistemaPreventivo", si è voluto ricomporresinteticamente quel concetto di "assi-stenza" con una serie di parole piùvicine alla nostra comprensione: pre-senza di amicizia, convivenza anima-trice, compartecipazione attiva e soli-dale, bontà che suscita confidenza ; iltutto attraverso il veicolo di una caritàdi amorevolezza . Il senso di "unapresenza di amicizia", suggerito dallaStrenna come modalità tipica dellostile salesiano, è dunque un compitoesigente che preme a fondo sulla no-stra vocazione, ossia sui nostri mi-gliori ideali di discepoli del Cristo, di

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consacrati, di impegnati a prediligeree a servire evangelicamente la gio-ventù .Formare un ambiente educativo. Il

concetto concreto dell'amicizia eraperò orientamento da Don Bosco acreare un clima stabile di rapporti, diincontri e di compagnia, in cui ab-bondasse una coscienza di mutuasimpatia e un interscambio vitale,quasi potesse costituire una specie dilegame di parentela : è ciò che lui so-leva chiamare "spirito di famiglia" .

Non è facile creare un simile "am-biente" oggi, fuori di quelle istituzionieducative chiamate "internati", or-mai assai ridotti di numero . Eppure èuna modalità tipica dello stile salesia-no quella di saper creare dovunquecoi giovani un ambiente educativo .

L'ambiente influisce su di noi anchequando non ci pensiamo . Esso offreorizzonti, valori, testimonianze, dife-se, atmosfera di riflessione, coraggio,stimolo alla conversione, percezionecostante di mete ideali, appoggio esperanza. E' l' «eco-sistema » in cui vi-viamo, e alla cui luce è più facile for-mulare e valutare progetti di vita. Leidee che circolano massivamente nel-l'opinione pubblica e nello spazio cul-turale in cui viviamo, vengono ricicla-te in ambienti minori ; e all'interno diessi sono reinterpretate, ridimensio-nate, criticate, assunte o respinte .L'ambiente in cui il giovane si senteaccolto e coinvolto, lo stacca dallamassa anonima e lo aiuta a formularescelte e a vivere valori personalizzati .

Parlando così dell'«ambiente edu-cativo», non intendiamo tanto riferir-ci agli elementi materiali e organizza-tivi (anche se questi hanno un loronon disprezzabile influsso sulla for-mazione di tale zona di attrazione),ma al tessuto di rapporti personali,alle iniziative di convivenza, ai pro-grammi di partecipazione, ai tempi eagli incentivi di convergenza, ai centridi interesse, alle proposte di ideali ealla visione gioiosa e promettente diuna vita non solo riuscita, ma ancheveramente utile nella storia.

Urge svegliarsi e inquietarsi percreare un simile "ambiente" . A talescopo è indispensabile, oltre la fanta-sia e una sana creatività, coltivare innoi educatori una forte spiritualitàsalesiana, che infonda alle nostre per-sone un vero campo magnetico capa-ce di creare intorno a noi una zona diattrazione educativa .Due modalità da coltivare insieme .

"Presenza di amicizia" e "ambienteeducativo" sono due esigenze assaiconcrete, che possono impegnare nonsoltanto coloro che lavorano in istitu-zioni educative ma anche chi segue ipropri figli e vuole educarli ispiran-dosi al progetto pedagogico di Don Bosco

.

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Mi sta particolarmente a cuore farnotare che queste due modalità sonotra loro complementari . La "presenzad'amicizia" mette in rilievo la bontàdel cuore, la sincerità nei contatti, laspontaneità della predilezione, l'intui-zione dei bisogni e delle situazioni, ildiscernimento delle persone, l'intel-letto d'amore che previene, la capa-cità di perdono di pazienza di ottimi-smo e di incoraggiamento, il rispettodei gusti, la capacità di amare ciò che igiovani amano: in una parola, unostare con che desta istintivamente lamutua fiducia e promuove la confi-denza e l'affetto verso l'educatore .

L'« ambiente educativo» si rapportainvece ai valori da far circolare in ungruppo, agli ideali da condividere in-sieme, agli interessi che stimolanol'incontro e l'interscambio, alle co-muni iniziative da programmare, al-l'esperienza comunitaria di gioie, diproblemi, di cultura, di preghiera e diricerca . Si rapporta alla percezione eall'approfondimento di alcuni prin-cìpi basilari e di alcuni criteri me-todologici che costituiscono come ildenominatore comune della coesionedel gruppo, alla convinzione di starcrescendo in una comunione che vaevolvendo il gruppo verso una co-scienza di comunità che stabilisce deilegami di parentela educativa . In unaparola è il "creare un'atmosfera", cheporta a respirare insieme aria buona ea irrobustire la crescita cristiana dellepersone.

La presenza d'amicizia e l'ambienteeducativo, coltivati simultaneamente,sono esigenze pedagogiche del servi-zio salesiano alla gioventù, soprattut-to all'interno dei Gruppi e Movimentigiovanili .Gruppi e Movimenti. La Strenna

ora presenta queste due modalità, ti-piche dello stile salesiano, comeobiettivi da raggiungere particolar-mente nell'esperienza comunitaria deiGruppi e Movimenti giovanili. Se ri-flettete con attenzione sul testo dellaStrenna, scoprirete facilmente che hovoluto proporre con essa un forte ap-pello al rilancio dell'associazionismo,in adesione all'esplicito invito che ilPapa ci ha rivolto in piazza San Pietrolo scorso 5 maggio 1979 .

Quel giorno il Papa ci ha parlatodell'«urgente bisogno di rinascita, av-vertito un po' a tutte le latitudini, divalidi modelli di associazioni giovanilicattoliche . Non si tratta - egli haprecisato - di dare vita a espressionimilitanti prive di slanci ideali e basatesulla forza del numero, ma di animaredelle vere comunità, permeate di spi-rito di bontà, di reciproco rispetto, diservizio, e soprattutto rese compatteda una stessa fede e da un'unica speranza

. . . Le associazioni giovanili stan-no rifiorendo : il Papa vi esorta a esse-re fedeli, perspicaci, ricchi di genialitàin questo sforzo di dare respiro sem-pre più ampio a tali sodalizi . E' uninvito pressante, che rivolgo a tutti iresponsabili dell'educazione cristianadella gioventù, cioè degli uomini didomani» (Osservatore Romano, 7maggio 1979) .

A Puebla i escovi latino-americanihanno parlato di comunione e parteci-pazione ; l'Associazione dei teologiitaliani ha parlato a Roma di compa-gnia e conversione ; già il Concilio a-ticano Il aveva parlato di responsabi-lità e partecipazione, soggiungendo :«L'educazione dei giovani, di qualsia-si origine sociale, deve essere impo-

stata in modo da suscitare uomini e donne non tanto raffinati intellettual-mente, quanto piuttosto di forte per-sonalità, come è richiesto insistente-mente dal nostro tempo . Ma a tale re-sponsabilità l'uomo giunge con diffi-coltà, se le condizioni della vita non glipermettono di prendere coscienzadella propria dignità . . . », e se non sistimola «la volontà di tutti ad assu-mersi la propria parte nelle comuniimprese» (Gaudium et Spes, n . 31) .Tutte queste differenti espressioni cidevono servire come un'indicazionevalida per la promozione dell'associa-zionismo .

Scrivendo ai miei confratelli sale-siani, dicevo loro che in varie regioni

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dove lavoriamo tra i giovani «si è riu-sciti a reimpostare l'esperienza asso-ciativa: ricomponendo un'aggiornataunità tra Cultura e angelo; un con-veniente equilibrio tra protagonismodei ragazzi e dei giovani, e l'urgenza dianimazione spirituale e pedagogica diappoggio e di collegamento ; una rin-novata armonia tra la responsabilitàdi una giusta autonomia da parte deigiovani, e gli apporti della presenza edel ruolo animatore degli educatori ;uno spontaneo interscambio tra lacircolazione delle esperienze concretedei giovani, e la proposta program-mata di contenuti illuminati » .Diamoci dunque da fare - sull'e-

sempio e in fedeltà all'esortazione delPapa Giovanni Paolo II - a rilanciaresalesianamente l'associazionismocattolico: facciamolo realizzando eapprofondendo in esso le due moda-lità tipicamente salesiane del progettoeducativo di Don Bosco . Non dimen-tichiamo che la santità del ragazzoDomenico Savio culmina a aldocconel fatto della fondazione di un'asso-ciazione giovanile, la "Compagniadell'Immacolata" .A piena esistenza . Credo che i più

coscienti membri della Famiglia sale-siana abbiano compreso da tempo,che per realizzare questo progettoeducativo alla maniera di Don Boscobisogna dare la vita intera, a pienaesistenza, ventiquattro ore su venti-quattro . E' la nostra "santificazione"la nostra "estasi dell'azione" . Senzacadere in un attivismo estrinseco distakanovismo materialista, si tratta direalizzare senza tregua ciò che fa illievito nella farina: abbiamo tantigiovani da promuovere, abbiamo unacultura da ripensare, abbiamo unasocietà da trasformare con il angelodi Cristo . Questo è il nostro lavorosantificante, permeato del dialogo conDio nell'ascolto della sua parola enell'esplosione della preghiera .

Quando si opera in profondità, nel-l'integrale donazione di sè alimentatadall'Eucaristia, nella convinzione direalizzare il disegno del Padre, e si èdocili al suo Spirito, allora si vive ilangelo. Lì è la santità che Don Bosco

suggerì al primo "leader" di quelGruppo o Movimento giovanile del-l'Oratorio che si chiamava "Compa-gnia dell'Immacolata" . Noi sapremorilanciare l'esperienza comunitariadell'associazionismo se coltiveremonel nostro cuore, alla scuola di DonBosco, questo tipo di stile evangelico .

Carissimi, a tutti il mio affetto, e ilmio augurio di impegno e di esito nel-l'applicazione della Strenna .

Buon anno e buon lavoro!Cordialmente nel Signore .

Don Egidio iganòRettor Maggiore

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SPAGNA

La casetta di Don Bosco in terza edizione

Piacerebbe a tutti i salesianiavere la casetta di Don Boscodentro i confini della propriaopera

. E c'è chi non potendola avere, se la costruisce . . .E' capitato a West Havestraw, a

erona, e ora a Mohernando .

L' idea è sua, una di quelle che na-scono dal cuore. Pablo Corral,

salesiano coadiutore di Spagna reca-tosi per studi al Colle Don Bosco, nonvoleva venirsene via a mani vuote . Siera affezionato a quella casetta che fudi mamma Margherita e Giovannino,in qualche modo voleva portarselavia. Tracciò i piani dell'edificio, presenota di tutti i particolari, e tornato inSpagna volle ricostruirne uno eguale .A Mohernando, provincia di Guada-lajara, poco lontano da Madrid .Tempo ben impiegato . I Salesiani

sono a Mohernando da 50 anni, vihanno un noviziato . Poco lontano unacomunità di carmelitane scalze avevamesso in vendita il vecchio conventoormai inagibile, e quando l'edificio fudemolito i salesiani ottennero i mat-toni e il legname . Più quel materialeera logoro, e meglio si prestava a evo-care la povertà della casetta di DonBosco. I novizi partivano in lunghespedizioni capitanati dal loro maestro,ripulivano con cura i mattoni e se liportavano a casa.

Chi può contare le ore trascorse inquel paziente lavoro? Ma a tuttisembrò tempo ben impiegato, checioè i novizi salesiani si costruissero lacasa di Don Bosco. Agli ordini di Pa-blo Corral la casa a poco a poco èsorta, e ora è oggetto di ammirazionee commozione per quanti la visitano .E subito il pensiero corre alle altrecasette di Don Bosco .

Sì, perché ormai non ce n'è più sol-tanto una: c'è quella vera lassù nel6

Monferrato, e poi le imitazioni . I primiimitatori furono i salesiani di erona,che anni fa hanno costruito non unavera casetta ma una sua immagineprospettica, addossata a una parete .Per la loro parziale ricostruzione han-no però usato i mattoni genuini, quellidei cascinali attorno al Colle Don Bo-sco. La prima vera e propria ricostru-zione integrale della casetta fu invecerealizzata dai salesiani degli StatiUniti a West Haverstraw presso NewYork, nel 1973. Anch'essi presero imattoni del Monferrato, se li traspor-tarono oltre oceano, e fabbricaronopresso il loro "centro di spiritualità" .Chi abbia visto il Colle Don Boscotrova forse qualche differenza tra idue edifici, ma anche questa bellaimitazione parla al sentimento dei sa-lesiani, e il centro di spiritualità èsempre più frequentato.

Ora, a Mohernando, la terza edizio-ne della casetta . Anche qui gli espertipotranno trovare il pelo nell'uovo, mala nuova casetta risulta costruita nelposto giusto, nella cittadella della spi-ritualità salesiana .

I martiri. Mohernando sorge soprauna collina tra querce e lecci, si affac-cia come un belvedere sulla pianura . Isalesiani hanno 120 ettari di terra, inparte boschi e in parte coltivati a vi-gna, oliveto e orto : quanto serve per ilsano appetito dei giovani. E di giovaniquella casa ne ha visti, in 50 anni . Ilnuovo maestro dei novizi, padre JuanRomo, ha tirato fuori i vecchi registri eha fatto il calcolo : dagli inizi a oggi, 2

.333 novizi formati in quella casa .Mezza Spagna salesiana, e anche più .

Prima della guerra civile vi si trova-vano, oltre ai novizi, i salesini studentidi liceo e i ragazzi del paese per lescuole elementari . Poi, i fattacci diquell'insanguinato 1936 . I milizianiarrivarono il 23 luglio, mentre i sale-siani concludevano gli esercizi spiri-tuali. I novizi avevano appena pro-nunciato i loro primi voti religiosi .Tutti si videro minacciati con fucili epistole, e registrati . L'indomani furo-no cacciati via da casa loro ; passaronoi giorni seguenti aggirandosi per unpioppeto presso il rio Henares. Dor-mirono sotto la luna, protetti dallaboscaglia . Poi i miliziani li rastrellaro-no, li caricarono su due autocarri e litrasportarono alle prigioni di Guada-lajara. Nelle carceri non c'era più po-sto, e li riportarono a Mohernando ;ma sulla via del ritorno un carro fudirottato in un boschetto e un salesia-no che si rifiutava di calpestare il cro-cefisso fu assassinato : padre AndrésGiménez . Più tardi i miliziani preleva-rono il direttore padre Miguel Lasagae sei giovani salesiani, li riportarono aGuadalajara, e li massacrarono .

Non era finita : i rimanenti 87 ven-nero trasferiti nelle carceri di Madride vi rimasero sette mesi, senza abiti,scalzi, pieni di insetti, isolati dal mon-do. E quasi morti di fame . Alla libera-zione diversi chierici uscirono dalcarcere per entrare nel sanatorio .

Nel frattempo Mohernando da cit-tadella di spiritualità salesiana era di-

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ventata quartier generale di una divi-sione dell'esercito repubblicano, e poiaccademia per sottufficiali . Nel mag-gio 1939 i salesiani poterono tornare(c'era tutto da rimettere in ordine), e asettembre riaprirono il noviziato . Nelcortile centrale eressero una croce diferro, e scrissero sul basamento tutti inomi dei loro martiri .

Dieci anni fa, parte dei vecchi edifi-ci è stata sostituita con edifici nuovi,dove giocano, studiano e preganoogni anno una trentina di novizi e uncentinaio di ragazzi aspiranti alla vitasalesiana.

Novizi e aspiranti . Quei ragazzipieni di voglia di giocare, chissà, forseun po' meno di studiare, sono ragazzicome tutti gli altri ma con una "mate-ria" in più a cui applicarsi con lamassima diligenza : cercano di capirese il Signore li chiama nelle file di DonBosco. Quanto ai novizi, giovanottidai 18 anni in su, sono molto sensibiliai segni dei tempi, studiano con inte-resse i documenti della Chiesa e ilprogetto apostolico di Don Bosco. Siinquietano per i problemi del nostrotempo e molti di loro sono pronti apartire per annunciare il vangelo nelterzo mondo .

I salesiani guardano con appren-sione a questi giovani affascinati daDon Bosco; li vedono ora pieni di en-tusiasmo, e trepidano per la loro per-severanza, perché in questi tempivorticosi il cuore tanto facilmente sistanca di sognare. E per loro hannorealizzato due opere singolari (pernon parlare del bosco) : la "sala dellasalesianità", e la casetta di Don Bosco.

Oggi di "sale della salesianità" èdato incontrarne diverse nel mondosalesiano, ma quella di Mohernandoha un privilegio : è stata la prima, èuna loro invenzione . E' un ampio sa-lone con le pareti piene di pannelli,grafici, foto e disegni, che raccontanotutto di Don Bosco. Dentro, una bi-blioteca con 2.400 volumi di salesia-nità, e poi fotocopie di documentistorici, di manoscritti ; e poi oggettistorici vari. A furia di accumularemateriale il salone è rigurgitante, e bi-sogna pensare agli ampliamenti .

Quanto al bosco tutto intorno allacasa, non deve restarsene ozioso : ri-ceverà presto alcune strutture essen-ziali e diventerà zona di campeggioper la gioventù. E anche per la casettadi Don Bosco non mancano i progetti :si pensa con alcuni adattamenti direnderla più accogliente per incontridi preghiera, liturgie eucaristiche,piccoli gruppi.

Così Mohernando, che ha testimo-niato col sangue dei suoi martiri lafedeltà a Don Bosco, sembra vera-mente degna di accogliere la sua ca-setta, e di additarla alle nuove gene-razioni salesiane della Spagna .

QUI : QUAL E' LA CASETTA ERA?In questa colonna sono riprodotte la vera casetta dei Becchi, quella costruita a

Mohernando (Spagna), e quella di West Haverstraw (Stati Uniti). Si somiglianotutte . E poiché siamo nell'epoca dei quiz, si domanda : chi saprebbe distinguere lacasetta vera dalle altre?

La risposta nella didascalia capovolta in fondo alla pagina .

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ITALIA

Dal teatrino alla celebrità

In occasione della recente scomparsa di Amedeo Nazzari, molto sentita dagli italiani, perché non ricordare che la sua fantastica para-bola di attore era cominciata sulle assi sconnesse di un povero tea-

trino salesiano? Del resto tanti altri come lui - che oggi vanno per la maggiore - impararono proprio alla scuola di Don Bosco i primi rudimenti della recitazione: Buazzelli, Panelli, Macario, perfino il bra-

vo regista Ermanno Olmi .

L'Italia si è commossa alla mortedi Amedeo Nazzari. Quel giorno

un canale televisivo cambiò i pro-grammi per commemorarlo . Era -citiamo le voci dei giornali - «l'im-magine dell'eroe forte e generoso, du-ro ma leale, sempre dalla parte deideboli e degli indifesi» . Popolarissi-mo, aveva provocato nelle masse« uno straordinario fenomeno di iden-tificazione, unico nel nostro paese, eforse irripetibile » .

In un'intervista aveva raccontatol'inizio della sua carriera artistica ; lecose erano andate così : «Ero in col-legio, dovevo partecipare a una recita .Tutto luccicante di una lucente arma-tura, avrei dovuto trascinare all'attac-co i miei soldati. Purtroppo il mioslancio fu tale che incespicai mala-mente e andai a finire nella buca delsuggeritore, tra le risate del pubblico» .Ma era un pubblico benevolo : quellodell'Istituto Salesiano Sacro Cuore, invia Marsala di Roma .

Preferisco il silenzio. Dunque sulleassi sconnesse del teatrino di Don Bo-sco Amedeo Nazzari aveva ricevuto ilbattesimo della recitazione : quand'e-ra ancora in calzoni corti. Lo ricorda-no: «Aveva il viso sottile, i capellibiondi rapati a zero, le ginocchia os-sute che si affacciavano dai calzonicorti di tela grigia» . Il suo nome eraAmedeo Buffa (in arte prenderà il co-gnome della mamma) ; era nato a Ca-gliari ma alla morte del padre si tra-sferì con la mamma a Roma e fumesso lì dai salesiani .«Qualcosa dell'antico alunno dei

salesiani gli era rimasto addosso»,scriveva anni fa Marialivia Serini sul'Espresso (e non intendeva certo fareun elogio): «Lo scrupolo di saltarefuori dal letto alle sei del mattino, lacitazione latina che affiora spontaneanel discorso, l'abitudine al consuntivodella giornata prima di addormentarsi .(Don Bosco lo chiamava più semplice-mente esame di coscienza), il timore dinon impiegare pienamente la giornatasuccessiva che lo portò a pianificarlasulla carta sotto l'intestazioine " a-demecum" . . .». La Serini rimprovera-va all'influsso salesiano perfino "lacastigatezza delle parole" : «AmedeoNazzari si vanta ricordando che inuno dei suoi film, "Frenesia dell'esta-te", il regista insisteva a fargli pro-nunciare "Chi se ne frega", e lui a ri-petere cinque, otto, dieci volte "Cheimporta", finché la spuntò» .

E rifiutò fino alla fine le parti spin-te : «Disapprovo questi copioni - di-ceva -. La maggior parte delle tramedei film di oggi è impostata su situa-zioni scabrose che rasentano la por-nografia

; questo mi disgusta, è lontano dalla mia educazione e dalla miacultura . Piuttosto preferisco il silen-zio» .

In ordine alfabetico. Nazzari non ècerto l'unico ragazzo che dal teatrino(Don Bosco lo chiamava proprio così,col diminutivo, ben conscio dei suoilimiti) salesiano, è balzato fino allacelebrità . Ecco un elenco sommario,certo incompleto, e per ordine alfabe-tico, di questi ex ragazzi che allora fi-guravano rigorosamente nell'ordinealfabetico dei registri scolastici, mache poi hanno saputo uscire dai ran-ghi e farsi un nome da protagonisti suicartelloni : Tino Buazzelli, il cantauto-re e showman Adriano Celentano exragazzo della via Gluck, Checco Du-rante, Turi Ferro, Erminio Macario,Corrado Mantoni, il regista ErmannoOlmi, Eros Pagni, Paolo Panelli, ilmago Silvan, e - ci dicono - perfinoil cantante Claudio illa .Come si vede non sono tutti farina

da far ostie, almeno a giudicare dalleapparenze, ma il giudizio definitivo valasciato al Signore . In comune tuttihanno quell'aver rivelato i loro talentisulle assi traballanti del teatrino diDon Bosco. E nella misura in cui a

loro riguardo siamo riusciti a raccogliere qualche dato sicuro, lo presen-tiamo .

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Il peso massimo . « La prima polveredi palcoscenico l'ho respirata dabambino a Frascati, nell'oratorio sa-lesiano di Capocroce» . E' Tino Buaz-zelli che parla, in una delle tante in-terviste . « C'era un piccolo teatro in cuisi rappresentavano dei drammi edifi-canti . Era tutta roba fatta in casa, maper noi era una bella scuola di vita, senon d'arte. Ci si aiutava a vicenda, siimparava a stare insieme . Soprattuttoci si allenava a quel gran mistero che èil comunicare con gli altri» .Tino era nato a Frascati nel 1922 ;

aveva un fratello minore, Rinaldo, di-venuto sacerdote salesiano, ora a La-tina. Erano figli di un ferroviere cheesprimeva il temperamento artisticonella pittura . La mamma, casalinga,affettuosissima, li educò nella fede .Dice Tino : « Io credo in Dio e in Gesù »,e rimpiange di non avere più tutta lafede della mamma. Dice : «lo sonovissuto in una famiglia modesta mafelice» . Aggiunge : «Da mia madre hoderivato il rispetto di certi valori, co-me quello della famiglia, che oggi ve-do purtroppo messo in discussione,anzi deriso». «Il consumismo ha

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spazzato via un mondo, quello che iochiamo della "famiglia umana" » .

Il fratello Rinaldo gli somiglia mol-tissimo, anche nella corporatura . Neltifo sportivo non andavano d'accor-do: juventino Rinaldo, per il Toro Ti-no (ma ora pare passato alla Roma) . Esi vogliono bene . Tino stima la mis-sione sacerdotale di Rinaldo, e quan-do fu ordinato sacerdote gli tenne ildiscorso . Rinaldo è rimasto l'ultimodella sua famiglia, e Tino dovunqueva, nel camerino dove si trucca, mettela foto del fratello prete .Ai tempi delle prime recite all'ora-

torio (va anche detto : tempi di po-vertà e di fame), Tino era magro comeuno stecco. Il peso massimo del teatroitaliano anche adesso dice : «Dentromi sento magro, e tutti i miei ragiona-menti sono da magro». Ha racconta-to: « Ricordo quel teatrino come un'e-sperienza abbastanza poetica. Inter-pretavamo in genere figure di martiricristiani o personaggi dell'antica Ro-ma. I nostri ruoli li prendevamo conuna serietà spaventosa . Si recitava perpuro gusto. Andando avanti, almenoper me, divenne un modo di godere lagiovinezza nella piena miseria, nellapiena povertà, nella piena amicizia .Mi bastava, e ne avevo d'avanzo, vi-vere il teatro come una palestra di li-bertà, come uno sfogo che mi dava ilsenso dell'avventura» .

Più tardi Tino frequentò l'accade-mia d'arte drammatica, ma ogni tantotornava al vecchio oratorio, a recitarela "Passione di Cristo" . Un anno rag-giunse gli oratoriani in villeggiaturasui monti, e portò con sè Nino Man-fredi: lui faceva la parte del sommosacerdote Caifa, e Manfredi quella diGiuda .

Quell'innocente papera, Checco .«Alla fine dell'anno scolastico demmoun saggio : un dramma intitolato "I tremartiri di Cesarea", nel quale io avevoun ruolo del tutto secondario : facevoun pretoriano romano . Dovevo attra-versare la scena fermarmi in un an-golo e dire : «Siam giunti ; deponiamoil nostro fardello e riposiamole nostreossa» ; invece, manco a dirlo, decla-mai: "Riposiamo il nostro fardello edeponiamo le nostre ossa" . Eppureera mesi che mi preparavo per quellasola battuta . . . » .Così Checco Durante, in un'intervi-

sta, sull'inizio della sua carriera di at-tore . Era allora studente nella scuolasalesiana del Testaccio a Roma . Glipiaceva "giocare al teatro", e lo face-va con i suoi amici in Trastevere, in-vece di giocare a guardie e ladri . Annidopo, l'incontro fortunato col Petroli-ni (di cui fu brillante spalla per diecianni), poi una compagnia teatrale

tutta sua, e il meritato successo . E'morto nel 1976, è stato l'ultimo grandedel teatro romanesco .

Non cercava il facile successori-correndo alla volgarità : per imporsigli bastava il proprio talento . « Oggi inteatro si dicono impunemente coseche un tempo avrebbero condotto al-l'arresto su due piedi - si lamentò ungiorno -. Ma io ho sempre inteso ilteatro come un sano divertimento peril mio pubblico, e come una scuola dielevazione » .

A sei anni, Turi Ferro. « A sei anniebbi la mia prima particina : tre bat-tute in tutto. Appena entrato in scenaper la prima battuta, mi impaperai etornai di corsa dietro le quinte, rossodi vergogna . Al secondo atto non vo-levo più entrare . Fu papà a spingermida dietro le quinte e a catapultarmi in

Una forte caratterizzazione di Amedeo Nazzari,nel film "La figlia del capitano" (1947) . La suaprima recita nel teatrino di Roma via Marsala .

palcoscenico ; e dovette suggerirmidue o tre volte la battuta, perché ave-vo dimenticato tutto . Poi, superato lochoc, arrivai alla fine . . . e da quel gior-no le mie parti si allungarono . A di-ciotto anni ero già il "numero uno" alteatrino dei Salesiani a Catania, la sa-letta del San Genesio, e don ascoTassinari, direttore dell'oratorio e re-gista dei nostri spettacoli, mi passavasottobanco un pacchetto di sigarettealla settimana al posto delle cinqueche dava agli altri» . Così Turi Ferro,attore comico e drammatico, del tea-tro, della radio, del cinema e della te-levisione, ha raccontato il suo esordiosul palcoscenico.

A poco a poco organizzò attorno asè una compagnia teatrale di carattere

familiare, con la moglie, degli zii, ni-poti, cugini, amici, tutti contagiati dalsacro fuoco dell'arte, che giravano dipaese in paese con un camion tra-sformato ogni sera in palcoscenico .Poi l'incontro con Angelo Musco, poila celebrità .

Dice di sè : « Il segreto del mio suc-cesso? Penso che sia l'umiltà . La genteè stanca di divi e di divismo . uoleattori coscienziosi, onesti, dei buoniartigiani . Io mi considero un buon ar-tigiano del palcoscenico, che anzituttoha un grande rispetto per il suo pub-blico» .

Il piccolo Macarietto . «Il piccoloMacarietto - ha raccontato ErminioMacario in numerose interviste - a 12anni era nella casa dei salesiani di DonBosco a Torino aldocco. Lì feci leprime esperienze di collegiale, chedettero l'avvio alla mia ormai lungaavventura con il teatro . Barbiere delcollegio era un certo Mario Merlo chenoi chiamavamo Merlino perché eraalto sì e no un metro e 55 . QuestoMerlino era un arrabbiato filodram-matico, a capo di due compagnie :quella dei grandi e quella dei piccolicon cui organizzava spettacoli per iragazzi dell'oratorio . Perciò era sem-pre alla ricerca di nuovi talenti . Ungiorno mi squadrò dall'alto in basso, emi chiese se ero disposto a recitare .Gli dissi di sì, e dopo aver superato unrapido esame di lettura mi mise tra lemani il primo copione . Si intitolava « Ipiccoli giardinieri della regina» . L'e-sordio dovette essere soddisfacente,perché Merlino mi prese immediata-mente in forza nella filodrammaticanumero uno .

«Mi fece interpretare un drammastrappalacrime intitolato "Il sacrificiodi un innocente" . Questa volta avevoun ruolo molto importante : quelloappunto dell'innocente, che a un certomomento doveva prendersi una fuci-lata . La storia raccontava di un padretraviato che si univa ai banditi per at-tentare alla vita di un conte che pas-sava in un bosco (allora i conti passa-vano sempre nei boschi) . Suo figlio -cioè io - viene a saperlo e corre perevitare il delitto . Gli assassini appo-stati dietro a un cespuglio (in queidrammi c'era sempre un cespuglio)sentono un rumore e sparano colpen-do naturalmente il ragazzo . La fac-cenda fu che nei fucili insieme allapolvere, avevano messo tanto cartoneduro, pigiato in fondo per fare bene loscoppio. Lo sparo fu enorme, la fiam-mata anche, e il cartone mi centrò inpiena fronte . Sono cascato svenutosul serio. Un trionfo, e una bergnoc-cola che la ricordo ancora adesso .

«Quando calò il sipario, il barbiere-capocomico-regista mi raggiunse su-bito in palcoscenico . Ero pallido per lo

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spavento, ma impallidii ancor piùperché Merlino mi disse solennemen-te: "La vampata che ti ha colpito inscena è stata il sacro fuoco dell'arte!Tu, Macario, diventerai un grande at-tore drammatico". Ditemi cosa avreidovuto fare in quel momento . Gli cre-detti. Giuro che gli credetti » .

Macario, per tanti aspetti discutibi-le e discusso, diceva in un'intervistache ha conservato dei suoi antichieducatori il più vivo ricordo . « Quel ri-cordo ha mantenuto dentro di me lafede. Tra tutti naturalmente ricordo ilmio caro Merlino : piccolo come ungranello, ma buono come il pane».Dice: «Prego tutte le sere . Prego per imiei morti . Ne ho una fila che si al-lunga sempre di più . In certi giornigrigi della mia vita mi sono recato dapadre Pio, quattro volte . . . » .E aggiunge paradossalmente : «Mi

sento un missionario. Non in sensoclassico, ma un missionario dell'al-legria. Mi stimo un po' più su di unmedico: credo di saper guarire certimali che oggi i medici non sanno an-cora guarire . . . » .Eros Pagni: una sera all'oratorio .

Forse questo brillante attore del tea-tro deve al teatrino salesiano solo ilfatto casuale di esistere anche a LaSpezia, la sua città . Racconta: «Sco-prii il teatro, questa è la verità. Unasera andai all'oratorio dei salesianiper incontrarvi degli amici, e casual-mente capitai nella sala dove davanodegli spettacoli. Sul palcoscenico, al-cuni ragazzi provavano una comme-dia, "L'angelo" di Angelo asari . Ri-masi affascinato dal gestire, dal par-lare, dall'ammiccare, dall'urlare diquei miei compagni, e d'istinto mi feciavanti a chiedere se c'era un ruoloanche per me . C'era : la parte di unragazzo chiamato Rosciolo, che risul-tava ancora scoperta. Naturalmenteavanzai la mia candidatura . Fui ac-cettato . Era il 1955 . Così, per la primavolta, salii su un palcoscenico . E il miodestino fu segnato» .Silvan: il primo show all'oratorio .

Il "mago" Silvan si scoprì mago all'o-ratorio Don Bosco di enezia. Aveva 8anni ed era chierichetto quando co-minciava con i suoi primi trucchi . A 11anni tenne uno spettacolo di quattroore e mezzo, e i genitori pensaronoche fosse matto. Un giorno lo porta-rono davvero dallo psichiatra, che glitrovò un male non poi tanto grave,solo un alto quoziente d'intelligenza .Così mentre i cinque fratelli e le duesorelle affrontavano l'università perdiventare stimati professionisti, egli sifermò alla terza liceo . O meglio si lau-reò anche lui, ma in arte magica : nel1965, al Congresso dei Prestigiatori diBerlino Ovest, dove gli assegnaronol'Oscar mondiale della magia .

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I RAGA I NON GIOCANO PIU'A QUESTA LIBERTA' . . .

Tino Buazzelli, in un'intervista raccol-ta da Marco Bongioanni e pubblicata nelvolume "Ritorno in teatro ", ha formulatoalcuni giudizi sorprendenti su Don Bo-sco "prete in teatro " e sulla funzione delteatro nell'educazione .Domanda . Alle origini del suo profes-

sionismo teatrale, Tino Buazzelli, sta laradice di Frascati-Capocroce, ossia ilsuo oratorio giovanile . . .

Risposta. Il teatro di Capocroce eraeffettivamente qualcosa di noi stessi, erala libertà totale . Quel teatro salesiano hasignificato per noi la nostra libertà, l'a-vere incominciato a conoscere il van-taggio del "grande giocattolo", di quelgioco-serio che è il teatro .

Una volta i salesiani e tutti i preti siricordavano di questo mezzo, in passatosi sono sempre ricordati di questo me-todo di insegnamento . . . Del resto se nesono ricordati e accorti in tanti, da Gol-doni ai divulgatori delle teorie volterria-ne, da Filippo Neri a Don Bosco . Dellafunzione del teatro Don Bosco si è resoconto, sapeva bene che cosa voleva di-re. Adesso purtroppo se ne sono un po'tutti dimenticati. I ragazzi non giocanopiù a questa libertà, non sanno più fareteatro come sarebbe utile e bene chefacessero .

Sull'arte magica dice: «Le doti ce letroviamo come un regalo della natura,ma sono allo stato grezzo . Per farlediventare talenti bisogna lavorare so-do, con umiltà e senza badare alla fa-tica . . . Ho studiato tre anni dizione erecitazione. Ogni giorno ginnasticacon le mani, studio di determinati ef-fetti, allenamento continuo . Si vede ilprestigiatore sorridente, sembra chelo spettacolo non gli costi nulla, inveceesige una tensione spasmodica . Inuna serata dimagrisco in media di duechili, e il giorno dopo sto male» .

Gli hanno chiesto : «Fa cose vera-mente magiche?» «No, assolutamenteno. Né io, né altri maghi in circolazio-ne. Magari ci fossero persone fornitedi doti paranormali! Sarei felice diconoscerle» .

D. C'è anche un pubblico cristiano, cisono anche delle sale «cattoliche» : co-me pensa che potrebbero concorrere aun incremento del teatro?R. Il rapporto primario è col pubblico,

non c'è dubbio. I preti possono faremolte cose . Potrebbero innanzi tutto es-sere preti, ricordarsi di essere preti . loho un fratello prete salesiano, e vedoche non se lo scorda . Mi fa piacereperché se si dimenticasse di essere pre-te l'avrebbe a che fare con me . . .

D. Don Bosco diceva anche : «prete inteatro,R. Certo, oltre che un santo era anche

un grande uomo, uno che capiva l'im-portanza dell'educazione, dell'interven-to, dell'iniziativa . Uno che in particolarecapiva la città dove viveva. Oltre tutto poiera uno che sapeva anche recitare, sa-peva fare le sceneggiate, aveva persinofatto il clown . . . Per la verità non è ancorastato studiato bene.

Quel tipo d'uomini, di preti, ancora bi-sogna studiarli, perché hanno usatometodi di prim'ordine nell'intervenire intutti i campi, in particolare - per DonBosco - nel campo della cultura popo-lare . Il teatro gli è servito in qualcosa dipiù e di meglio che per divertire i ragaz-zini . Se ne è fatto strumento di comuni-cazione popolare, di cultura popolare, diinsegnamento e di formazione a comin-ciare dai ragazzi e dai giovani . I preti quiin Italia se lo sono troppo scordato .Bisogna ritornare a quelle origini del-

l'oratorio di Don Bosco, dell'oratorioanche di san Filippo Neri e di tutti 'stiuomini qua . Far lavorare i ragazzi nelladrammaturgia e nell'animazione teatralesignifica mantenere vive le loro intel-ligenze, fare venir fuori autori attori eregisti, ma cosa più importante significafar venire fuori, con un mezzo straordi-nario, degli uomini, dei cristiani, dellepersonalità autentiche e complete. Unsanto che ha capito queste cose qua èun santo così moderno che bisogna tut-to scoprirlo.

Nella foto (di Roberto Granata) : la simpaticamimica di Tino Buazzelli .

Dice di sè : « Per me la cosa più bella,più preziosa, è la famiglia (è sposato eha due bambini che adora) . Il lavoromi porta spesso lontano, ma quandosono a Roma trascorro tutto il tempocon la moglie e i figli . Sarà fuori moda,ma devo dire che ho una magnificafamiglia, dei figli meravigliosi, e nesono orgogliosissimo». «Altra convin-zione assoluta è che credo in Dio enella religione come indispensabilealla vita. Altra convinzione è che igiovani hanno bisogno di esempi vali-di, oggi più che mai . Do la massimaimportanza all'educazione e istruzio-ne dei miei figli » . E dice ai ragazzi, concuore oratoriano : « orrei che sapes-sero che lavorando penso a loro, allaloro gioia, prima che allo stipendio» .

Ferruccio oglino

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BOLI IA

D oveva essere una semplice crona-ca, e tutti i momenti il testo diven-

ta poesia . L'hanno scritto i ragazzi del"Movimento giovanile di esperienzacristiana ", sorto da neppure due anninella giovane parrocchia di San Carlos .«La vigilia di Pentecoste - spiega donAquilino Libralon nella lettera di pre-sentazione - è il punto culminantedelle nostre attività ogni anno : notte diveglia e di preghiera . Quest'anno, gra-zie a Dio, tutto è stato straordinario. LoSpirito è all'opera » . Ed ecco la cronacadei ragazzi

Dio come lampo nella notte oscura,ha illuminato col fuoco dello spirito ilnostro camminare . Dio, come nelvento della Pentecoste, ha parlato alnostro cuore. Dio ha marciato con noi .

Notte di esperienza di Dio, quel sa-bato 2 giugno 1979, vigilia di Penteco-ste. Alle dieci della notte il Centro gio-vanile di San Carlos è pieno di giovaniarrivati dalle diverse comunità . I car-telli e gli striscioni di ciascun grupposventolano sopra il palco e diconol'ansia di fedeltà a Cristo che ci anima .

Un grande fuoco nel mezzo, un'in-vocazione allo Spirito Santo e il volomistico di una colomba indicano il te-ma dell'incontro . Seguono due ore digrande interesse spirituale . Guidal'incontro padre Aquilino ; canti e let-ture bibliche, preghiere e testimo-nianze di vita, forti drammatizzazionisul martirio dei primi cristiani e deicristiani di oggi in America Latina.Esteban, Policarpo, Ignacio, giovanimartiri dell'America Latina : una fedecommovente, una testimonianza ge-nerosa che rinnova il nostro desideriodi fedeltà al progetto cristiano, allachiamata di Cristo .

Così a poco a poco, viene presentatotutto ciò che nel corso dell'anno è sta-to progettato e realizzato nelle riunio-ni settimanali dei vari gruppi, e nei

San Carlos de Yapacaní: la nuova chiesa par-rocchiale dedicata a Maria Ausiliatrice, inau-gurata nel 1976. Foto in alto : alcuni degli 800ragazzi durante la lunga marcia nella notte .

biella notte Dioha marciato con noiAlcuni giovani hanno scritto da San Carlos de Yapacaní, dove tempofa mancava il sacerdote e la fede si andava spegnendo . Raccontanoche in 800 hanno compiuto una lunga marcia nella notte della Pente-coste, e in 110 al mattino hanno ricevuto dal vescovo la cresima, e la

missione di testimoniare il angelo .

brevi corsi formativi svolti al Centrogiovanile. Domandiamo allo Spirito laforza di essere testimoni del Regno .

A mezzanotte con questi propositi,comincia la nostra marcia . Diciassettechilometri, 800 giovani con fiaccole,striscioni e cartelli da tutti i centri :Antofagasta, Buen Retiro, Cercado,San Carlos, La Lidia, Santa Fe, Yapa-caní, Chore, San José, San Germàn,un lungo serpente di fuoco, di canti, dipreghiere .Due le tappe: una dopo 6 km, la

seconda al ponte sul rio Yapacaní .Grande falò, un momento di riposo, siprende qualcosa per scaldarci . In ognifaccia un sorriso. La stanchezza non si

sente, vivendo insieme questa magni-fica esperienza. Limpida la notte .

Le prime luci del giorno illuminanoi passi quando si è ormai vicini allameta. «Svegliate l'arpa e la cetra, sve-glierò l'aurora! », cantiamo con il sal-mista. L'orizzonte si illumina di rifles-si rosati, i cartelli avanzano alti sullenostre teste, mentre la voce del mega-fono ritma canti e preghiere. La gentedi Yapacaní si sveglia al canto di que-sta serenata insolita . Curiosità, sor-presa. Ora ci guardiamo in faccia .

La gioia di essere arrivati fa dimen-ticare gli ultimi chilometri di strada . Ilpadre Ispettore, che ha camminatoconfuso tra noi, contempla sorridentequesta moltitudine pellegrina. Tutto èpronto per la colazione . Alle nove del-la mattina di Pentecoste giunge il ve-scovo, mons . Carlo Brown, tutto sianima. I giovani cresimandi sono inpiedi nel bel mezzo, indossano le ca-micette color arancione col volto diCristo dipinto in azzurro, cantano :«Cristo ha bisogno di te per amare» .Sono più di 110 quelli che stanno perricevere il sacramento della confer-mazione, dai 15 anni in su . Le paroledel vescovo sono forti e convinte . Poile sue mani invocano lo Spirito Santo,e il sacro crisma lo significa e lo dona .

Ognuno di loro rinnova il suo im-pegno cristiano : essere testimoni dellanovità del vangelo .

I giovani del Movimentodi Esperienza Cristiana

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STATI UNITI

Janette ce l'ha fattaJanette Mosteller, un'esistenza precaria e apparentemente senzascopo, nella luce della fede si è trasfigurata in dono di amore e di

sofferenza redentrice anche per i suoi cari .

N ewton (New Jersey), sabato 3gennaio 1960 : Roger e Joyann

Mosteller accolgono con tenerezza laloro seconda bambina. La chiame-ranno Janette. I primi mesi trascorro-no sereni, poi la mamma e il dottorefanno una dolorosa scoperta : Janetteè cieca! Percepisce la luce e i colori,ma non riesce a distinguere gli oggetti .E la scienza non può nulla!Fortunatamente col passare degli

anni la bambina si rivela dotata di ot-timismo e di coraggio : rifiuta il com-patimento degli altri, combatte per lasua indipendenza, non si lamenta mai.Riuscirà a guidare la bicicletta, acomporre i numeri telefonici da sola,a suonare la chitarra, l'organo e la fi-sarmonica . A ogni vittoria Janette ri-pete con gioia : «Mamma, ce l'ho fat-ta! » .

iaggerò da sola . Fino alla terzaelementare frequenta la scuola di sta-to: è socievole, aperta, intelligente . Siinserisce tra i compagni con facilità eha molti piccoli amici .Più tardi sorge un problema : me-

morizzare le è facile, ma leggere escrivere no. I genitori scelgono allorauna scuola per ciechi. Sono poveri enon potrebbero affrontare forti spese,ma sanno che l'Istituto « Lavelle » of-fre tutto gratuitamente . Purtroppo sitrova a New York .

«Te la senti, Janette, di stare lonta-na da casa?» «E' per il mio bene,mamma. Tu e papà siete meravigliosi .Fate di tutto per aiutarmi . Andrò » .

«Potrai rientrare in famiglia al sa-bato e trascorrere con noi la domeni-ca». «D'accordo» . « erremo a pren-derti». «Quando non vi recherà trop-po disturbo . Del resto imparerò aorientarmi: in poco tempo sarò capa-ce di viaggiare anche da sola » . E perquattro anni Janette va e viene setti-manalmente da New York .

Una grande sete di Dio . In uno diquesti periodici ritorni a casa, Dawn(Aurora) la sorella più giovane le parlacon entusiasmo di un club che ha co-minciato a frequentare con alcune sueamiche. E' animato dalle Suore di DonBosco, e in un'atmosfera di bontà e diallegria vi si imparano molte cose . Ja-nette decide : andrà anche lei .

Così nel 1972 comincia a frequenta-re l'Oratorio di Newton : conquista

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subito l'ambiente per il suo impegno ela sua coraggiosa serenità, ma quelche più la distingue è una grande setedi Dio .

La famiglia non le ha dato molto, incampo religioso . Il papà è cattolico, lamamma metodista, ma né l'uno nél'altra sono praticanti . Credono in Dioe si sforzano di educare alla bontà iloro figli, tuttavia hanno preferito nonfarli battezzare perché domani possa-no scegliere la loro fede .

L'Istituto «Lavelle » è una scuolacattolica diretta dalle Suore di SanDomenico. L'impatto con un mondoilluminato dai valori cristiani ha pro-fondamente toccato l'anima sensibiledi Janette . Ha imparato che Dio è un

Janette, nata cieca ma vissuta nella luce .

padre buono, anche se permette ildolore. Ha imparato ad amarlo e apregare . Ha espresso anche il deside-rio di ricevere il Battesimo.

L'Oratorio con il suo clima di gioia,di grazia, d'intensa spiritualità, l'affa-scina. Qui la fede si matura, l'anima siirrobustisce, il cuore si desta a grandiideali.

Una grande gioia di vivere . Janetteha dodici anni : improvvisi dolori allaschiena allarmano i genitori e i medi-ci . Si procede ad alcuni esami, si passaa interventi operatori ; alla fine si pre-para un apparecchio che aiuti la de-gente a reggersi diritta. Sembra chel'adattarsi a quella strettoia debba es-sere molto penoso, ma con quel co-raggio che la caratterizza Janette vi si

abitua in fretta, senza un lamento, colsorriso sulle labbra.

Però, addio «Lavelle School» : nonpotrà più tornarvi. Adesso non è solocieca, ma anche handicappata .

Il suo desiderio di sapere e di rea-lizzarsi nel miglior modo possibile in-ducono i genitori a cercare un'altrascuola. Questa volta andrà ancora piùlontano, a Oakhill . Potrà tornare a ca-sa solo per le vacanze estive ; trascor-rerà il sabato e la domenica pressouna famiglia amica. Janette accetta inpace il nuovo sacrificio .

I professori la seguono con interes-se; notando il suo grande amore per lavita e la sua volontà che non si arren-de, si impegnano ad aiutarla con tuttele tecniche più moderne. Janette fanuoto, gioca al biliardino, è agile negliesercizi fisici : sprizza sempre unagran gioia di vivere, una contagiosaallegria .

Nell'inverno del 1975 sintomi persi-stenti di stanchezza e nuove difficoltàmotorie impressionano gli insegnanti,che si affrettano ad avvertire i parenti .Accorrono i genitori .

Il medico ha la sorpresa di consta-tare una parziale atrofia dei reni, ladistruzione totale di un polmone,anemia avanzata. Diagnostica un an-no di vita e consiglia il ricovero inospedale per sottoporre la pazientealle prime trasfusioni . Janette haquindici anni : con la sua acuta sensi-bilità intuisce la preoccupazione diquanti la circondano, sebbene tutti sisforzino di mostrarsi tranquilli .

Ti ho accolta come un dono. Dalletrasfusioni riprende energia . «Papà,adesso che sto meglio, vorrei tornare ascuola» . «Io invece sarei del parereche, dimessa dall'Ospedale tu venissia casa. Ti seguiremo più da vicino» .«Ma perderò l'anno! Perché non sen-tiamo il medico? » E il dottore, lieto dioffrirle un respiro di felicità, accon-sente. Gli studi si chiudono con unesito splendido .Intanto Janette ha saputo di un

campo estivo per ciechi e handicap-pati. «Mamma, ti prego, lasciami par-tecipare! » Chi oserebbe negarle qual-cosa? Per due settimane è immensa-mente felice, e trasmette a tutti con laconsueta vivacità quel messaggio diletizia che pare Dio le abbia affidato .

Eccola ritornata . «Sei contenta distare in famiglia? Con noi, con me?»«Puoi dubitarne, mamma?» .

« Sono anni che non ho la gioia diaverti così vicina» . «D'accordo, mapenso che affrontavi con serenità lalontananza : era per il mio bene» .

«Sì: per la tua salute avrei fattoqualunque sacrificio . Ti ho accolta daDio come un dono, e non ho mai vo-luto negarti nulla di quanto poteva

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esserti utile. Adesso possiamo fareben poco » .

Segue una lunga pausa di silenzio.Poi Janette : « uoi dire che questasvolta della malattia è molto grave?»« Sì, Janette. Ma Dio è buono, e ti saràvicino con tenerezza . Lui ci ama e co-nosce la nostra fragilità : ci sostienecon la sua grazia» .

«Allora tu pensi che non è più il ca-so di continuare gli studi? » « Nienteaffatto! Se ti fa piacere li continuerai .Papà si è già interessato : la signoraButler è una brava maestra : è ben lie-ta di averti nella sua classe e ha pro-messo di aiutarti » .

« Grazie mamma! » « Le lezioni du-rano solo dalle nove alle tredici : nelpomeriggio sarai libera » .«Benissimo: allora potrò frequen-

tare anche l'oratorio con Dawn?»«Certamente» .

Ogni creatura la sua vocazione. Lascuola delle suore Domenicane di La-velle ha fatto sbocciare un desiderionel cuore di Janette : entrare nellaChiesa cattolica. Le vicende della suavita le hanno impedito un'istruzionereligiosa adeguata, ma adesso lei spe-ra che le Figlie di Maria Ausiliatricepossano seguirla . Ne parla a Dawn :«Sai cosa ho pensato? oglio ricevereil battesimo» .

« Mi dài una grande gioia : anch'io lodesidero da tempo» . «Ne parlerò apapà e mamma: non mi negano nul-la» .

I genitori acconsentono subito, evanno ad esporre il caso a suor TeresaSironi. A Newton le FMA hanno il no-viziato, e lei è la Maestra delle novizie .Felice della richiesta, lei affida la pre-parazione delle due sorelle a una no-vizia in gamba, Sandra.

Janette partecipa con viva sete allelezioni. E quando può, avvicina vo-lentieri suor Teresa : ne ascolta i con-sigli, le espone i suoi problemi. Un sa-bato le chiede : «Potrei farmi suoracome lei?» La risposta è .difficile dadare, dolorosa . «No, Janette, nonpuoi » .

«Perché sono cieca?» «Ogni crea-tura ha ia sua vocazione . Dio ti chiamaad altro . Prega perché ti faccia cono-scere cosa desidera da te » .

Lei china il capo con la docilità d'unagnello.

In maggio, quando l'oratorio chiu-de le sue attività e suor Sandra, novi-zia, deve raccogliersi in vista dellaprofessione religiosa, le due ragazzevengono affidate a me .

Janette segue con interesse la spie-gazione, e mi assedia di domande .« Quando sarò battezzata, potrò vede-re?» «Con la fede, Janette, con la fede .Fisicamente non vedrai, ma quel chepiù importa è che tu "veda bene" cosa

vuole da te il Signore . Tu hai una mis-sione da compiere » .

«Perché devo soffrire tanto?» «Diovuole che tu unisca le tue sofferenzealle sue . Egli ha bisogno del tuo dolo-re. Perché? Questo è un mistero! Forseperché la luce della fede splenda nelcuore dei tuoi cari? Chiedi al Signorequesta grazia » .

«Sì, lo farò» .

Tu diventi figlia di Dio. La consa-pevolezza della gravità del suo male lamatura lentamente, anche se il sorrisoe la vivacità si mantengono inalterati .Un giorno, mentre è immersa in pre-ghiera, una compagna le chiede abruciapelo : «Cosa chiedi a Dio, Ja-nette?» E lei pronta : «Che mi prendacon Sé in Paradiso» .

Per una nuova, terribile crisi, nelluglio 1977 è costretta a tornare inospedale . Il papà, conoscendo il suodesiderio d'essere battezzata e consi-derando la pericolosità della situazio-

ne, si interessa perché un sacerdotevenga a darle il sacramento .Quando Janette incontra padre

McHugh e comprende la ragione dellasua visita si accora: «Non qui. . . nonqui . . . Nella cappella del Noviziato . . .simo viene fissata per il 3 dicembre1977. Già circa mezz'ora prima dellafunzione, cominciano ad arrivare lafamiglia, i parenti e gli amici .

La mamma è metodista ma il papà ècattolico. Mi avvicino e gli chiedo sedesidera confessarsi. «Non sapreineppure da dove cominciare: sonoventi anni che non mi confesso » .

Dico a una zia: « E lei signora? » E'titubante. Incoraggio l'uno e l'altra e liaffido a padre Carmine .

E' sabato : la raccolta cappella delNoviziato è gremita di suore, novizieed oratoriane : proprio come deside-rava Janette!

Intanto il babbo e la zia si sonoconfessati: la gioia traspare dal lorovolto. Il signor Mosteller mi dice : «O

La luce che mancò negli occhi di Janette quando era su questa terra, è qra nelle mani dei suoi cariche col cero acceso si apprestano a ricevere Il battesimo .

con grande festa, con tutte le miesuore. . . con le mie compagne . . . » .

I genitori si appigliano a vari argo-menti per convincerla : tutto inutile!Allora interviene il buon padre : « Sen-ti, Janette . Io ti amministro il Sacra-mento, e tu diventi figlia di Dio . Lagrazia ti dà nuova forza. Quando sta-rai un po' meglio e potrai recarti all'o-ratorio, si farà la celebrazione solennecome tu desideri» .

Finalmente rasserenata, cede e ri-ceve il battesimo con grande fervore .∎Mamma. ce l'ho fatta!» Ancora unavolta la bontà di Dio, le cure e la gio-vinezza vincono la crisi . Rientrata infamiglia, Janette comincia a prepa-rarsi per la festa tanto sognata : faràanche la sua prima Comunione.

La celebrazione solenne del batte-

suor Martina, è tutto così diverso dalpassato! Mi sento buono e felice» .

Tra canti festosi ha inizio la funzio-ne. Dopo l'offertorio Janette è co-stretta a uscire perché le mancano leforze: accanto alla mamma sta sedutafuori della cappella col volto versol'altare . Segue tutto con viva parteci-pazione, e quando il celebrante vienea portarle la Comunione si raccoglie inpreghiera col viso raggiante. Dopo unbreve, intenso raccoglimento, escla-ma commossa: «Mamma, ce l'ho fat-ta!» .Anche questo è un traguardo rag-

giunto .

Una spiga da un chicco . Siamo al-l'inizio all'11 marzo 1978 . Janbtte èvolata al cielo in dicembre: aveva 17

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anni. Oggi, nella cappella del Novizia-to, abbiamo voluto celebrare unamessa per lei : vi partecipano familiarie parenti.La mamma, uscendo, mi dice :

«Suor Martina da quando è mancataJanette, mio marito ha ritrovato la fe-de. Adesso vive pienamente il suocattolicesimo» .Lui sorridendo aggiunge : «Dopo

che Janette è volata in paradiso, horadunato la famiglia e ho parlato aimiei figli. Ora i tre ragazzi, Roger didiciannove anni, Joffrey di sedici eMatteo di nove, desiderano riceverel'istruzione che li prepari al battesimo .Mi sono reso conto d'aver sbagliatoritardando loro il dono della grazia :voglio riparare. Mia moglie per adessonon è pronta, ma ho fiducia che inseguito anche lei deciderà di farsi cat-tolica » .

Io sono stupita e felice! Ed ecco ilsignor Dugon, zio di Janette : «Suora,mia moglie e io desideriamo esserepreparati al battesimo» .

Poi è la volta della madrina di Ja-nette, la signora Krianski : «Mio figlioAlex, di quattordici anni, desidera ri-cevere il battesimo» .

Ho il cuore gonfio di gioia . Penso aJanette e ai suoi interrogativi sullasofferenza : al suo dolore offerto consemplicità e con fede .

Suore e novizie, con entusiasmo ciorganizziamo per seguire i vari grup-pi: adulti, ragazzi, bambini . Al primoincontro, ecco la signora Mosteller :l'accolgo con sincero calore e le chie-do come mai abbia deciso di parteci-pare alle lezioni. Risponde : «Forsel'egoismo. Ho constatato la pace, laserenità, la gioia di Janette durante isuoi ultimi momenti . Anche dopo, le èrimasta un'espressione così placida edolce, che sembrava ripetere ancora :"Mamma, ce l'ho fatta!" Ecco, io vo-glio, anche per me, questa serenità equesta gioia» .

Il 4 giugno 1978 la cappella del no- 1viziato di Newton accoglie di nuovoun'assemblea di suore, di novizie, diamici dei Mosteller. La celebrazioneeucaristica è semplice e commovente :i canti vengono eseguiti con slancio diriconoscenza.

La Chiesa cattolica si arricchisce diuna spiga d'anime granita da un chic-co. E lei, Janette, è presente con la suavivacità, col suo coraggio, col suo do-lore, con la sua fede .

Fra i canti ne preferiva uno cheprendeva l'avvio da queste parole :«Nelle mani di Maria . . . » . Sì : avevamesso tutta la sua famiglia nelle manidi Maria e, con il suo aiuto, aveva ac-ceso lo splendore della erità nellaloro vita.

Suor Martina Ponce(Da "Missioni e Missionarie")

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ITALIA * LA FAMIGLIA SALESIANA PER LE MISSIONI

Il nostro sassolinonel grande edificio

Dal 1875 salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice lasciano l'Italia peralimentare le missioni di Don Bosco nel mondo . E da allora sul frontedelle retrovie gli amici di Don Bosco si impegnano a sostenere il

lavoro dei missionari e aiutare i fratelli poveri del Terzo Mondo .

T orino, 11 .11.1875. La basilica diMaria Ausiliatrice è piena come

mai prima, e Don Bosco è sul pulpito .In presbiterio siedono sei sacerdoticol cappello da viaggio in mano, equattro laici in abito nero e cilindroposato sulle ginocchia . Don Boscoparla ma la gente guarda quei dieci inpresbiterio. Sono i primi missionarisalesiani, andranno fra gli indios del-l'America Latina . «Nella nostra po-chezza - dice Don Bosco - anchenoi in questo momento mettiamo ilnostro sassolino nel grande edificiodella Chiesa» . La gente è commossa,Don Bosco ancor più . « Chissà che nonsia questa partenza, questo poco, co-me un seme da cui abbia a sorgereuna grande pianta » .

Al termine del rito Don Bosco salutauno per uno i suoi figli partenti : unabenedizione, un abbraccio, una parolaall'orecchio . Poi i dieci lasciano il pre-sbiterio, e attraversano la navata sottouna pioggia di saluti, strette di mano,abbracci . Fuori è quasi notte . Al chia-rore delle lanterne si scorgono le car-rozze che li porteranno alla stazioneferroviaria . Essi hanno con sé i «ri-cordi di Don Bosco», venti pensieri

che ha scritto per loro . Il primo dice :«Cercate anime, ma non denaro, néonori, né dignità». L'ultimo : «Nellefatiche e nei patimenti non dimenti-cate che abbiamo un grande premiopreparato in cielo» .

Dopo più di cent'anni il «sassolinonel grande edificio della Chiesa» tie-ne, dà il suo bravo contributo all'e-vangelizzazione . Il seme è diventatopianta e ha ramificato ai quattro an-goli della terra . L'impegno della Fa-miglia Salesiana d'Italia per le mis-sioni risulta ancora oggi molto consi-stente .Già 109 spedizioni . Anzitutto va

detto il contributo di salesiani e FMA :composte completamente da italianifurono le prime spedizioni missiona-rie di Don Bosco ; e anche in seguito,nelle 109 spedizioni finora effettuate,l'Italia salesiana ha sempre dato ilmaggior apporto di missionari . Neglianni venti la Congregazione avevaaperto diverse case di formazionemissionaria, che si riempirono di gio-vani decisi a seguire la chiamata ; l'I-stituto missionario «Card. Cagliero»di Ivrea nel 1972 fece un computo deigiovani preparati nei suoi primi cin-

Ivrea, anno 1924: ragazzi accorsi da tutta Italia si preparano per andare nelle missioni salesiane. Traloro - chi lo direbbe? - sono alcuni futuri vescovi .

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quant'anni di vita, e risultarono 715quelli partiti come salesiani per lemissioni (più altri 102, che realizzaro-no la vocazione in altre congregazionio nelle diocesi) . E altri giovani parti-rono da istituti analoghi creati a Pe-nango e Foglizzo (Piemonte) .Una statistica del 1973 elencava

1 .548 salesiani viventi, che avevanolasciato l'Italia per lavorare in Asia,America, Africa . Da allora fino al 1978altri 91 salesiani hanno lasciato l'Italiaper le missioni.

Cifre minori, ma non di molto, an-drebbero riferite per le FMA . Anzi laloro casa missionaria "Madre Mazza-rello", sorta anch'essa negli anni ventiad Arignano (Torino), quando fece ilcomputo delle suore inviate nellemissioni salesiane, arrivò a contarne1233 .In questi anni recenti si tende a

conservare legami più stretti fra imissionari partiti e le comunità dellaFamiglia Salesiana che li hanno "in-viati" : si va instaurando una collabo-razione di solito intensa e proficua .Ciò accade soprattutto nel caso di ge-mellaggi : un'Ispettoria italiana "adot-ta" una zona di missione per esempioin America Latina, e vi manda unadeguato numero di missionari . Nonpartono solo i salesiani : anche piccolecomunità di suore, anche giovani vo-lontari. E intanto i Cooperatori, gliExallievi e altre forze della FamigliaSalesiana, debitamente sensibilizzati,si impegnano nelle retrovie a sostene-re con la preghiera, l'incoraggiamentoe l'aiuto concreto i missionari "in pri-ma linea". Per esempio l'Ispettoria deleneto Est ha adottato la missione di

San Carlos de Yapacaní in Bolivia ;anche la Subalpina ha mandato i suoimissionari in Bolivia, nel centro mi-nerario di Kami ; l'Adriatica è corsa inaiuto alla parrocchia di Esquel (68 .000kmq) sulle Ande argentine ; la Fami-glia Salesiana di erona è impegnataa Mossorò in Brasile . . .Cooperatori ed Exallievi. I Coope-

ratori danno anch'essi un contributoinsostituibile alle missioni salesiane :c'è l'aiuto diretto delle singole personealle singole opere, ma si hanno pure leiniziative sostenute dall'Ufficio Na-zionale .

La più simpatica e diffusa è quelladei "Laboratori Mamma Margherita"in cui le Cooperatrici donano il lorotempo e i loro risparmi per soccorrerele missioni più povere . Giustamenteessi sono intitolati a Mamma Mar-gherita, che ebbe il coraggio di lascia-re la tranquilla casa dei Becchi e re-carsi con la cesta sotto il braccio suiprati di aldocco e sfacchinare per iragazzi di Don Bosco . Sul suo esempio

le Cooperatrici si mobilitano e dannovita a questi laboratori . Essi sono piùdi cento in Italia, soprattutto presso lecase delle FMA ; vi si preparano indu-menti, si raccolgono medicine, si rag-granella denaro, e si manda tutto inmissione .

Altre singolari iniziative dei Coope-ratori sono le " isite alle missioni",più pellegrinaggio che turismo, dallequali si ritorna arricchiti sul pianoumano e cristiano . E col desiderio divivere con più generosità. I parteci-panti possono poi aderire a un gruppochiamato "Noi per loro", che non soloorganizza le " isite" ma al ritornocoordina l'impegno missionario tra-

Bangkok, Istituto per bambini non vedenti . Unasuora venuta dalla lontana Italia per stringerequella manina e infonderle fiducia .

ducendolo in progetti concreti : case,aule scolastiche, impianti di irrigazio-ne, sostegno a lebbrosari . iene pro-grammata una " isita" ogni due anni,e sei sono ormai quelle realizzate,(più, nel 1975, anno centenario dellemissioni di Don Bosco, una « isitaalla Patagonia» sulle tracce dei primimissionari) .

I giovani Cooperatori hanno apertouna loro missione nella periferia diTrelew, in Patagonia, dove dal 1974 sitrovano alcuni di loro, impegnati tra iragazzi delle baracche . anno olon-tari e lavorano per qualche anno, poialtri vanno a dare loro il cambio,mentre i loro compagni rimasti in Ita-lia si impegnano a sovvenzionare l'o-pera .

Lavorano per le missioni anche gliExallievi. Il loro Ufficio Nazionaleogni anno mette insieme delle borse distudio per studenti meritevoli delTerzo Mondo. C'è poi un intrepido

exallievo, don Mario anin, parroco ineneto, che raccoglie in casa sua venti

studenti del Terzo Mondo: sono per lopiù ragazzi cresciuti nelle missioni sa-lesiane, che ora frequentano medicinaa Padova. I primi da lui accolti sonogià giunti laurea. Don anin li man-tiene gratis, paga le tasse e i libri, e conalcuni suoi parenti manda avanti unpollaio razionale da cui ricava il de-naro per le spese .La carità sommersa. Anche i ra-

gazzi che frequentano le opere sale-siane e delle FMA, e gli adulti delleparrocchie, vengono interessati allemissioni . In molti posti stanno rifio-rendo i gruppi missionari, e le FMAhanno anche una rivista mensile dianimazione per le preadolescenti :Missioni e Missionarie . Gli "Uffici Na-zionali missionari" attraverso le lorodiramazioni a livello ispettoriale or-ganizzano in tutte le opere le giornatemissionarie : quella mondiale a fineottobre, e quella salesiana verso la finedi febbraio.

Sarebbe lungo elencare i gruppi lo-cali e le loro iniziative . A livello di gio-vani c'è «Operazione Mato Grosso»,che ha avuto una bella fioritura . Piùrecente- è « Operazione Rwanda» concentro a Treviglio .

A Torino giovani e adulti conflui-scono nel «Club dei centomila», attivodal 1968, che dissemina nel TerzoMondo le sue benefiche micro-realiz-zazioni. Un centinaio di famiglie poihanno dato vita all'associazione «Co-me Noi» che ha - come il "Club deiCentomila" - in don Giuseppe Ba-racca il suo animatore : esse lavoranoda quasi vent'anni per le missioni diDon Bosco . E per chiudere un elencoche non finirebbe più, basti un accen-no all'iniziativa parrocchiale sorta aRoma col nome eloquente "Gruppodei saltapasto", perché i partecipantisaltano la cena, e durante una liturgiatrasformano il loro digiuno in soldoniper i fratelli del Terzo Mondo .

C'è poi l'impegno dei singoli (Coo-peratori, Exallievi e tanti simpatiz-zanti per Don Bosco), non organizza-to, spontaneo, che si traduce in millemodi. Tanti hanno un missionarioamico a cui scrivono e con cui col-laborano . Tanti poi - per praticità esicurezza - passano attraverso l'Isti-tuto Salesiano per le Missioni, un entecon personalità giuridica, con gli uffi-ci presso la Casa Generalizia, che fa-cilita i contatti e l'invio di soccorsi .

C'è dunque, per i poveri del TerzoMondo, una carità nascosta (oggi sidirebbe sommersa), che solo gli inca-ricati di questo ente conoscono in tut-ta la sua generosità ed estensione. Enaturalmente il Signore, che tieneconto d'ogni bicchiere d'acqua dona-to per amor suo .

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MEMORIE DI UN RAGA O D'ORATORIO

A Caramagna (Cuneo) Don Boscoera già stato due volte, e tra la

gente correva voce che avesse ottenutoda Maria Ausiliatrice la grazia di "sal-vare" duemila ragazzi, forse cinque-mila e anche più . Mamma Beatrice ungiorno vendette i suoi orecchini d'oro,poi prese il suo Giaculìn, lo portò aaldocco, lo presentò a Don Bosco e gli

disse : « Signor Don Bosco, mi faccia lacarità di contare anche il mio Giaculìntra le migliaia di ragazzi che ella devesalvare » .

Ed ecco i ricordi di Giaculìn divenu-to poi mons. Giacomo Costamagna .

1 . Eravamo i figli del Re

Prediligeva i giovani. Se Don Boscoamava grandemente tutte le anime,prediligeva tuttavia quelle dei giovi-netti, di cui fu giustamente chiamatol'apostolo. Questi, che furono semprele delizie di Gesù, formarono pure lagioia del nostro buon Padre. Oh,quanto egli godeva stando fra i suoibirichini! Noi l'abbiamo ancor sempredavanti agli occhi della mente quelPadre incomparabile, e spesse volteanche lo sogniamo. Quella fronte se-rena, quell'occhio penetrante, quellamagica parola, quel tratto più angeli-co che umano! Questa sua predilezio-ne per i giovinetti è stata certamenteuna grazia tutta speciale che gli diédeil buon Dio.Ci chiamava col nome . Per lui ba-

stava che uno fosse fanciullo, perchétosto avesse diritto a essere salutato ;era perciò sempre il primo a salutarci .Poscia, come mosso da una forza ir-resistibile, ci si avvicinava e ci dicevaall'orecchio una di quelle magicheparole che trovavano dritto dritto lavia del cuore. Per esempio : « Esto vir .Salve, salvando, salvati! oglio che tusia allegro. oglio che siamo amici» .Non ci chiamava col cognome, ma colnome di battesimo, e soleva parlarcitanto alla buona, che ci pareva di tro-varci in famiglia fra i nostri cari .

Dal suo labbro partiva sempre unaparola d'incoraggiamento, una fraseaffettuosa. Egli sapeva che la via piùbreve per giungere ad un cuore econquistarlo, non è già la linea rettadel rigore e del castigo, ma bensì lacurva della santa carità .

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Una delle più antiche Giaculìn, vissutofoto di Don Bosco con i sei anni accanto a Don Bosco,suoi ragazzi: risale al lontano 1860.

potrebbe essere uno di questi ragazzi.

Giacomo Costamagna aveva 12 anni e per tutti era soltanto Giaculìin,quando la mamma vendette gli orecchini d'oro per pagare la pensio-ne, lo portò a aldocco e lo affidò a Don Bosco . Era il 1858 : per seianni Giaculìn crebbe in affettuosa familiarità con Don Bosco, poidecise di rimanere per sempre con lui. Fu missionario in AmericaLatina e vescovo. Non scrisse diari o memoriali, ma in lettere, confi-denze ad amici, relazioni e conferenze raccontò i mille frammentidella sua eccezionale esperienza . Dove è dato di capire, in partealmeno, il mistero di grazia e di amore fatto sbocciare da Dio nella

Chiesa con Don Bosco .

La porta aperta . La sua stanza,quando era in casa, se la teneva sem-pre aperta a nostra disposizione . Nonci fissava l'ora per darci udienza, nonci obbligava a fare lunga anticamera,ma era sempre là pronto ad ascoltarecon pazienza ineffabile tutte le nostrepiccole miserie e le interminabili, etalvolta irragionevoli nostre lamenta-zioni.

Seduto per terra. Parmi ancora ve-derlo aggirarsi per l'Oratorio con quelsuo amabile sorriso, sempre-attornia-to da una corona di ragazzi che si af-fidavano in lui, come i fiori si volgonoal sole che li ravviva . Parmi ancoravederlo in quel sotterraneo che servi-va da refettorio, sempre tra una turbadi ragazzi che infrangevano ogni re-gola di galateo pur di averne un'oc-chiata, una parola .Ogni giorno dopo pranzo e dopo

cena Don Bosco trovavasi general-mente in ricreazione con noi, ora inpiedi, ora seduto sopra un tavolo eanche sul nudo terreno, circondatosempre da larga corona di giovani .Egli si deliziava raccontarci fattiameni ed esempi edificanti .

Ci voleva piccoli Salomoni . DonBosco era sempre tutto intento nell'i-struirci. Le soavi conversazioni che ciregalava dopo pranzo e dopo cena, inrefettorio, in cortile, nelle passeggiate,ecc., erano per noi una continuaistruzione. Avrebbe voluto fare di noialtrettanti piccoli Salomoni . La suaistruzione stendevasi alle particolaritàpiù minuziose. C'insegnava perfino ilmodo di portare il parapioggia, il mo-do di trasportare bottiglie e caraffe colrispettivo sottocoppa . Ci mostrava lamaniera di preparare rimedi casalin-ghi efficacissimi ; e così a poco a poconoi venivamo informati in ogni ramodi scienza: di latino, di greco, di filo-sofia, di teologia, di canto liturgico, distoria profana, ecclesiastica e sacra .

Soleva poi anche interrogarci, inpubblico e in privato, per sapere checosa avessimo ritenuto delle sue spie-gazioni ed esortazioni . Allora egli fa-ceva attenzione persino alle nostreespressioni grammaticali, e rivedevaper bene le bucce a tutti i nostri sole-cismi, gallicismi e barbarismi .

In cortile . Era una vita tutta scena,tutto movimento, tutt'allegria . Chi

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MISSIONARIO E ESCO O

correva, chi saltava, chi faceva saltaregli altri . Bisognava vedere l'elettricitàche sprigionavasi fra quelle masse digiovani, al comparire dell'amato donFrancesia direttore del gioco dei me-stieri e dell'asino vola ; del carissimodon Celestino Durando, che con lamaiuscola sua tromba radunava igiovani per la lotteria e pubblicava ilnome dei vincitori ; dei più valenti fra ichierici, i quali sfidavano nel giocodella barrarotta quanti allievi voles-sero con loro misurarsi . Una sola par-tita soleva alle volte durare più giorniconsecutivi. Don Bosco stesso era tal-volta chiamato dalla parte dei giovani,alla custodia dei prigionieri .

E dopo il gioco della barrarotta ve-niva quello del salto, della palla, dellarana, del tingolo e cento altri . Si can-tava, si rideva dappertutto, come sefosse una festa continua . Tra superiorie alunni regnava la maggior cordialitàe confidenza .

Mi sembra ancora adesso di correreappresso al valoroso e snello don Gio-vanni Cagliero, il quale saltava sulleparallele, sulla sbarra fissa, oppuresaliva tutto d'un fiato la scala dell'O-ratorio sino al quarto piano su certestampelle alte un metro, scendeva ra-pidamente in cortile, e camminandosu di una sola stampella e armeggian-do e manovrando per l'aria con l'altra,si traeva dietro in certi momenti tuttol'Oratorio .Don Bosco soleva provvedere ai

suoi fanciulli vari giocherelli (peresempio piastrelle, bocce, palle,stampelle, ecc .), faceva ripetere piùvolte all'anno il divertimento delle pi-gnatte o delle corse nel sacco ; e volleche l'Oratorio possedesse pure varigiochi di ginnastica e il teatrino con lasua brava musica strumentale, chenell'età primordiale consisteva in untamburo, un triangolo e una tromba .

Durante l'effervescenza della guer-ra del 1859 permise ai suoi giovaniperfino le finte battaglie, eseguite confucili di legno, ma con tanta disciplinache al primo tocco della campanelladel catechismo - fosse pur nel furoredella mischia - si gettavano le armi esi correva in chiesa .La sua filosofia del gioco . Don Bo-

sco soleva dire che quando i giovaninon vogliono prender parte alla ri-creazione comune, ma se ne stannoabitualmente seduti appoggiati a unpilastro o al muro, generalmente par-lando, o sono ammalati di corpo o losono d'anima .Come pulcini dalla chioccia . Don

Bosco ora volgeva una parola d'inco-raggiamento a questo, che sapeva ab-bisognarne, ora ne diceva una all'o-recchio di quelli ; onde era che, mu-

tandosi ogni ora attorno a lui i giovani,e succedendosi gli uni agli altri nelpiacere di stargli vicino, avveniva chetutti o quasi tutti in pochi giorni rice-vevano - come pulcini dall'amore-vole chioccia - un'imbeccata che lo-ro dava o conservava la vita . Altravolta faceva chiamare a sé, o andavaegli stesso in cerca di taluno, che co-nosceva più o meno bisognoso d'es-sere scosso nel bene o allontanato dalmale, e lì a quattr'occhi, con una

Giacomo Costamagna è figlio secon-dogenito di Luigi e Beatrice aschetti,modesti agricoltori .1846 (23 marzo). Nasce a Caramagna

(Cuneo), e quel giorno stesso riceve ilbattesimo .1852 Giaculìn, 6 anni e voce da pic-

colo artista lirico, esegue il suo primoassolo nella chiesa parrocchiale .

1858 (12 febbraio) . E' portato dallamamma a aldocco e affidato a DonBosco. Don Giovanni Cagliero comporràper lui la romanza "Lo spazzacamino" .

1861 (22 ottobre) . Giacomo riceve aCaramagna dal suo parroco l'abitochiericale .1864 Consegue a 18 anni il diploma di

maestro. Don Bosco lo invia insegnantenel collegio di Lanzo (vi rimarrà fino al1875) .1867 (27 settembre) . Diventa salesia-

no. Eccelle nel canto e scrive composi-zioni musicali di carattere popolare .1868 (18 settembre) . E' ordinato sa-

cerdote a Torino aldocco .1875 Don Bosco lo manda a Mornese,

culla della congregazione delle FMA,come direttore spirituale .1877 Don Bosco lo invia missionario

in America, capo della terza spedizione(partenza da Genova, 14 novembre) .1878 (maggio). Tenta di raggiungere

via mare le terre degli indios, ma unatempesta le costringe a rientrare ( c fr. B S

bontà inarrivabile, dicevagli alcuneparole .

Eravamo i figli del Re. Le più belleconsolazioni che egli ci procuravaerano le spirituali . Egli non si dimo-strava soddisfatto finché non ci ve-desse contenti, e il « voglio che tu siaallegro» ce lo ripeteva da mane a sera .Trattandosi di dubbi di coscienza, diaffanni di cuore, egli non ci rimanda-va mai ad un altro giorno, ma lasciavatutto e tutti per mettersi tosto ai nostriordini, come se fossimo i figli stessidel Re (e lo eravamo davvero!)

Egli ci aveva sempre gli occhi ad-dosso, e ora con le parole magiche chedicevaci all'orecchio, ora con la santaconfessione, oggi con una lettera, do-mani con una predica, col sermoncinodella sera e con mille altri modi, cirubava il cuore per darlo a Dio e cosìriempirlo di vera, ineffabile consola-zione.

di maggio 1978, pag. 22-23) .1879 (aprile-luglio) . Si unisce come

cappellano militare al generale Rocanella sua "spedizione del deserto" : in-contra gli indios, studia i luoghi e prepa-ra i piani per la futura attività missionaria(c fr. BS di maggio 1979, pag . 25-29) .1880 E' nominato da Don Bosco

Ispettore dei salesiani d'America .1882 Inizia la pubblicazione del BS

argentino . Due anni dopo lancerà ancheil mensile "Letture cattoliche" .

1883 Rientra in Italia per partecipareal terzo Capitolo Generale, si trova conDon Bosco per l'ultima volta, con luicompie viaggi in Italia.

1887 In Cile apre la prima opera sale-siana a Talca . L'anno seguente visitaanche Perù, Ecuador, Bolivia, e preparanuove fondazioni in quei paesi .1895 E' vescovo (nomina 18 marzo,

consacrazione 25 maggio a Torino nellaBasilica di Maria Ausiliatrice) . E' icarioapostolico di Méndez y Gualaquiza inEcuador, dove i salesiani aprono le loromissioni tra gli indios Shuar . Il governo,in disaccordo con la Santa Sede, nonriconosce la sua nomina e non gli con-cede l'ingresso . Da don Rua è nominato« isitatore delle case salesiane d'Ame-rica sul versante del Pacifico» e si sta-bilisce a Santiago del Cile .1902 Ottiene dal governo ecuatoriano

una permanenza di tre mesi nel suo i-cariato, permesso -innovato l'anno suc-cessivo. In questi anni compie numerosiviaggi, tiene conferenze, scrive libri ric-chi di spiritualità salesiana .1912 Ottiene il riconoscimento del

governo ecuatoriano e va a risiedere nelsuo icariato .1918 La sua salute declina : dà le di-

missioni da icario apostolico e si ritiranel noviziato di Bernal (Argentina) . ACaramagna festeggiano il suo 50° di sa-cerdozio dedicandogli una via del pae-se.

1921 (9 settembre). Muore a Bernal :era un ragazzo di Don Bosco .

D

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2. Il suo piano di battaglia

L'unica speranza. Udite come ciparlava Don Bosco : «I giovani - so-steneva - sono, si può dire, l'unicasperanza che ci resta nella nostra vitaapostolica . Il mondo è guasto, se vo-gliamo risanarlo è d'uopo avvicinarliquesti cari giovanetti, e farceli nostri .Essi ormai sono i soli sanabili : gliadulti, generalmente parlando, non losono più . I giovani d'oggi sono gli uo-mini di domani . Ma se noi non ci cu-riamo di loro, che mai dovremoaspettarci? »

Quante volte si compiaceva di rive-larmi i suoi piani di battaglia dicen-domi: « Se Don Bosco cerca case ecollegi grandi, i migliori professori, imigliori metodi d'istruzione, ciò tuttofa con l'unico fine di poter salvare piùfacilmente le anime dei poveri fan-ciulli» . Pareva che egli non avesse al-tro pensiero che preoccupasse il suospirito, né altro affanno che gli marti-rizzasse il cuore .

Due specie di corone . «Quando ungiovane entra nella Casa - dicevaancora Don Bosco -, quando vieneannoverato tra i miei figli, egli diventaallora la mia corona . Ma di corone,notatelo bene, ve ne sono di due spe-cie. Se uno corrisponde alle mie fati-che, se fa ogni sforzo per porre in sal-vo l'anima sua, allora egli forma lamia corona di rose. Ma se egli rifiutadi mettere in pratica le mie parole, selo vedo non curante delle cose dell'a-nima, allora vi assicuro che egli è perme una dolorosa corona di spine » .

Per impedire il peccato . «Ecco ilmio programma - diceva Don Bosco- : studiatelo bene . Don Bosco è il piùgran bonomo che siavi sulla terra ;gridate, rompete, fate birichinate, eglisaprà sempre compatirvi ; ma non ro-vinatemi le anime, perché allora eglidiventa inesorabile! »

Un'altra volta Don Bosco giunse adire : «Se per impedire il peccatomortale nella nostra Casa fosse ne-cessario incendiarla, io stesso nonesiterei ad appiccarle il fuoco con lemie proprie mani» .Ogni giorno al confessionale . Don

Bosco nostro Padre s'accorse pertempo che, se voleva davvero pescaremolte anime, non doveva mai abban-donare l'amo . Perciò ogni giorno perore e ore attendeva al confessionale,sempre circondato da una corona digiovanetti. Crebbero a dismisura lesue sollecitudini nel fondare tanteCase, nello scrivere tanti libri, nel dareudienza a tanta gente, ma con tuttoquesto nulla mai valse a distoglierlodall'udire ogni giorno le confessionidei suoi cari figlioli . enne la vec-chiaia, sopraggiunse un'estrema de-bolezza che l'obbligò a sgravarsi di1 8

molti altri lavori, ma egli volle riser-bare sempre a sé, almeno in parte, ilministero delle confessioni .

Se il Curato d'Ars fu quello checonfessò un numero maggiore diadulti in questo scorso secolo, DonBosco è stato colui che confessò il piùgran numero di giovanetti . Noi l'ab-biamo osservato chi per trenta chi perquaranta e più anni accudire ognimattina al confessionale, senza maiprendersi un sol giorno di vacanza ;noi l'abbiamo contemplato pieni dimeraviglia, stare lì fermo come in-chiodato in mezzo alla turba dei suoicari penitenti, le cinque, le sei, le diecie perfino sedici ore continue senzaprender fiato .

Poche settimane prima di morire glisi presentarono ancora trenta alunnidelle classi superiori. L'assistente nonvoleva che entrassero, ma Don Boscoloro disse : « enite, venite . . . E' l'ultimavolta che potrò confessare!» E fuprofeta . Si è che Don Bosco era inti-mamente persuaso che la frequenteconfessione è il mezzo più efficace per

trasformare i giovani .Ogni comunione un gradino . La

comunione frequente : era questol'argomento favorito di Don Bosco .Egli sapeva che un collegio senza lacomunione frequente è, ordinaria-mente parlando, una casa ove regna ilpeccato .

Faceva notare che la più bella pre-parazione per comunicarsi è la buonacondotta. Un bel dieci di condotta,dato dai superiori e ratificato dal Si-gnore, è la preparazione e il ringrazia-mento che più piace a Gesù . «Ognicomunione che voi fate - soleva dirci- è un gradino d'oro per salire al cie-

R

l , .

.

Ricostruzione dell'Oratorio dei primi tempi, con Don Bosco e I giochi del suoi ragazzi. In alto : lagrancassa delle passeggiate autunnali, portata anche da Giaculìn (Illustrazione dal libro che donFrancesla, un testimone, dedicò a quelle fantastiche vacanze dei ragazzi con Don Bosco) .

lo. Non dovete comunicarvi perchésiete buoni e savi, ma per arrivarepresto a esserlo» .

Il discorsetto della buona notte.Una delle principali industrie che DonBosco mise in opera per i suoi carigiovanetti, fu il discorsetto chiamatodella "buona notte" . Avendone pro-vato gli ammirabili effetti, si fece a sestesso una legge di non lasciarlo mai .Questo discorsetto Don Bosco lo

teneva breve (ordinariamente diquattro o cinque minuti) ma per noiera più efficace di una lunga predica .Parmi ancora di vederlo quel santo, làsotto il portico dell'Oratorio, aprirsi

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lentamente il varco per arrivare finoalla cattedra, sulla quale saliva ap-poggiato sulle fortunate braccia deglialunni a lui più vicini ; parmi di udirloschiudere quel labbro incantevole, dacui usciva una voce d'angelo del Pa-radiso!

Era davvero sì grande l'efficacia diquesto sermoncino, che appena eglifiniva di parlare tutti i giovani corre-vano a lui, facendogli ressa attornoper dargli la buona notte e chiedergliun buon consiglio. Era allora che DonBosco coglieva il destro per dire aquesto e a quell'altro una parola con-fidenziale, che veniva custodita qualeun tesoro e praticata con molta fe-deltà .

Se alcuno di quei giovani bisognosidi consiglio, datogli la buona notteavesse cercato di svignarsela, DonBosco lo teneva forte della mano (unavolta afferrato, nessuno poteva più li-berarsi) e : « a' pure, mio caro», glidiceva. Ma intanto non lo rilasciava . Esolamente dopo di aver detto una pa-rola in particolare a tutti gli altri, fini-va per liberarlo anche lui, ma primagli faceva sentire all'orecchio una pa-rola magica di quelle che solo DonBosco sapeva dire .

Maria ci ha raccolti . Nessuno puòintendere nulla delle grandi e mirabiliopere di Don Bosco se non parte daquesto principio, che Don Bosco èsempre stato tutto per Maria, e Mariafu sempre tutta per Don Bosco . Le ar-due fondazioni dell'Oratorio, delleCase di Francia, di Spagna, l'istituzio-ne dei Cooperatori Salesiani, delleSuore, delle Missioni della Patagoniae di tutta l'America ; tutto si deve allaMadonna Ausiliatrice .Don Bosco soleva ripetere che non

ci dimenticassimo mai che eravamofigli di questa gran Madre celeste, eche essa stessa ci aveva raccolti attor-no a lui perché ci amassimo da buonifratelli, e così dessimo gloria a Dio .Che grazia vuoi? Talvolta prima

d'andare a celebrare soleva chiamarea sé alcuno dei suoi birichini e gli di-ceva all'orecchio: «Che grazia vuoiche domandi a Gesù per te nella mes-sa?» Il saperci da lui specialmenteraccomandati a Gesù mentre lo tene-va nelle sue proprie mani, ci era disprone per aprire sempre più il nostrocuore alla confidenza e all'amore ver-so un tanto padre.

3. Don Bosco e Giacul'm

Molto amici . Quante volte l'udiidolcemente ripetermi queste magicheparole : « oglio che noi due siamomolto amici : aiutami, dunque, a sal-vare l'anima tua» .

Portatore di grancassa. Ogni annod'autunno Don Bosco portava i suoi

ragazzi alla casetta dei Becchi, e di lìcompiva con loro lunghe passeggiate. Il10 ottobre 1859 Giaculìn ebbe l'onoredi fare il portatore di grancassa. «Unavolta - ha scritto don Lemoyne -sulla strada del ritorno, la notte li sor-prese che erano ancora molto lontanidai Becchi . Splendeva la luna piena, edopo aver cantato e fatto con gli stru-menti una serenata ai merli, si cam-minava in mezzo ai boschi e per isentieri delle vigne . Tutti allegri pro-cedevano lentamente verso casa . Co-stamagna portava sulle spalle lagrancassa, e Don Bosco la percuotevaforte col pugno : voleva avvisare i gio-vani perché lo seguissero senza smar-rirsi per i tortuosi sentieri. . . »Un pezzo di carta azzurra . Ai Bec-

chi la mia gioia era al colmo . Ma adamareggiarla bastò il pungiglioned'una vespa . Me lo conficcò proprionel labbro, quella screanzata . Il lab-bro gonfiò subito smisuratamente e iogemevo, gridavo, e non sapevo più ache santo raccomandarmi. Appena

Foto di gruppo : la terza spedizione missionaria . Don Costamagna, capo spedizione, è il secondo dadestra in prima fila (il terzo è don Cagliero futuro cardinale, il quarto è Don Bosco) .

Don Bosco lo seppe, corse in mio aiu-to: versò egli stesso dell'olio d'oliva inun piattello, lo sbattè ben bene condell'acqua, poscia, ammollandovi unpezzo di carta straccia color azzurro,me lo collocò sull'enfiagione . E inbrev'ora il mio labbro sanò perfetta-mente .Sempre con Don Bosco . Una volta

Don Bosco disse a Giaculìn che avreb-be potuto svelargli il giorno della mor-te, come aveva fatto ad altri.

« A me non lo dica! », avevo risposto .« Hai paura di morire? »«No, non è per questo . Mi basta sa-

pere se vivrò sempre con Don Bosco » .

« Sì, figlio mio, fino alla morte, finoalla morte » .«Allora non m'importa di vivere

poco o assai, purché resti con lei» .« Sta' pur tranquillo : vivrai con me,

e vivrai a lungo» .Al mio paese natio. Era il 3 di mag-

gio del 1867. Don Bosco, venuto al miopaese nativo di Caramagna, avevapredicato e si era degnato accettareun pranzo nell'umile casa di mia ma-dre. Più volte Don Bosco era venuto aCaramagna, e questa fu l'ultima .

Dopo pranzo il cortile si rende sti-pato di gente, che domandavano unabenedizione. Don Bosco scende conmio fratello Luigi e con me . La primapersona che si presentò fu una poveradonna, tutta sciancata, che trascina-vasi su due grucce. Io mi misi tutt'oc-chi a osservare, alla distanza di unmetro, e fui testimonio del seguentedialogo .

« Don Bosco! Mi dia una sua bene-dizione!» «Di tutto cuore; ma avetefede nella Madonna?»

« Sì, sì, tanto!' « Dunque, pregatelae vi farà la grazia» .

«Ah, preghi lei perché è un santo!»«Bisogna che preghiamo tutti e due .Dunque inginocchiatevi! »

« E' tanto tempo che non posso piùinginocchiarmi ; ho le gambe quasimorte». E quella donna si appoggiavaalle due grucce, per tentare se potessetoccare con le ginocchia fino a terra ;ma Don Bosco, togliendogliele di sot-to le braccia e dalle mani, risoluta-mente disse : «Così no, così no. . . Ingi-nocchiatevi bene» .

Nella folla non si udiva un respiro(ed erano presenti 600 e più persone) .

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La donna si trovò in ginocchio a terra,e piangendo diceva : «Don Bosco, ecome ho da pregare? » « Dite con metre Ave Maria alla ergine Ausiliatri-ce!» E dopo aver recitato insieme letre Ave Maria, senza che nessunol'aiutasse quella donna si levò su,senza più sentire i dolori che da di-versi anni l'opprimevano .La gente scoppiò in un "oh!" di

ammirazione e si precipitò su DonBosco, che ebbe da fare per lunga oraa benedire e consolare tutti .

Al mattino Don Bosco era stato in-vitato a visitare una signora ammala-ta, che da lungo tempo teneva il lettoper un cancro . La benedisse, le fissò ildomani per levarsi; il posdomani, cheera domenica, per uscire di casa e an-dare alla messa ; e il termine del meseper andare a Torino a fare un'offertadi ringraziamento a Maria Ausiliatri-ce. Pochi minuti dopo l'inferma sisentì pienamente libera del suo male .Si alzò, uscì di casa, andò tosto nellachiesa parrocchiale a ringraziar laMadonna e, prima ancora che DonBosco partisse, recossi a portargli la

promessa oblazione . . .Mi mandi dove vuole . Nelle vacanze

del 1864 - raccontava don Lemoyne- stava per aprirsi il collegio di Lanzo.Don Bosco che preparava il personale,così prese a parlare col chierico Costa-magna : «Avrei piacere che andassi aLanzo, dove occorre un maestro dimusica». «Ah! Don Bosco, io nonvorrei lasciare l'Oratorio» . « ivrai làcome qui, e giacché sei diventato cosìbravo nella musica, vi farai da mae-stro». «No, signor Don Bosco. Non misento di lasciar l'Oratorio . A Lanzomandi un altro» .

La risposta era secca, insolita . Don

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Bosco non replicò. Al principio di otto-bre si intraprese la più grande passeg-giata autunnale organizzata da DonBosco: aveva per meta Genova . Fra gliiscritti vi era anche Costamagna . DonBosco a Genova, a Mornese e a Ovadaaveva cercato in tutti i modi di potergliparlare, ma il chierico riusciva semprea fuggirlo, temendo di udirsi ripetere laproposta. Mentre tutti i giovani nel pa-lazzo del vescovo stavano ascoltandoMonsignore, a un tratto egli si vede vi-cino Don Bosco . « Dunque, che cosami rispondi?» . Confuso il chierico bal-bettò : « Stasera, o a Torino, le darò larisposta » .

Finito il teatro saliva nel cameronedestinato per il riposo dei giovani etrovò Don Bosco occupato a preparar-gli con le sue stesse mani il letto, che almattino non era stato rifatto . Don Bo-sco gli diede la buona notte e si ritirònella sua stanza. Al vedere tale atto ilchierico non potè prendere sonno,pianse tutta la notte, al mattino andò abussare alla porta di Don Bosco, e sin-ghiozzando esclamò : « Mi mandi dovevuole, che non posso più resistere » .

Monsignor Giacomo Costamagna In uno del tanti viaggi missionari, accompagnato da un chierico :per le strade disselciate di allora, con gli automezzi dl allora .

Il mio cuore ve l'ho lasciato . Il 14novembre 1877 don Costamagna partìda Genova, a capo della terza spedi-zione missionaria . Ecco l'addio di DonBosco.

Era l'autunno inoltrato ; pioveva adirotto, e un gelido ventaccio facevacozzare fra loro le cento e cento bar-che del porto di Genova. Ma Don Bo-sco non bada a nulla, pur di accom-pagnare i suoi cari figlioli sul pirosca-fo, dare a ciascuno gli ultimi ricordi, eloro impartire l'ultima sua benedizio-ne. Qual duro distacco fu quello mai!Un colpo di vento gli getta il cappelloin mare, ed egli sorride fra le lacrime

dell'addio. Un momento dopo, la bar-chetta ce lo invola ; egli ha sempre gliocchi fissi alla nave e pare che escla-mi : « O figli, figli miei! io me ne torno aTorino col corpo, ma il mio cuore vel'ho lasciato lì, che vi accompagni, viconsoli e continuamente in nome diDio vi benedica» .

Più tardi sarai vescovo . Nella primametà di agosto del 1883 Don Bosco do-vette fare un viaggio a Pistoia e pigliòper compagno Don Costamagna arri-vato allora allora dall'Argentina . Fu unviaggio di tre giorni, pieni di consola-zioni . Ma il consolato ero sempre io, eDon Bosco il consolatore . Perché mivedeva tornato dall'America un po'magro e pallidetto, tutti i momenti eralì a ripetermi : «Ma tu non stai bene!Tu devi aver patito! » Poscia aprendodi quando in quando la sua piccolavaligetta (che l'Arcivescovo di Bolo-gna aveva riempito di viatico, mispiegava sulle ginocchia la salvietta,mi faceva egli stesso i bocconi, e quasiquasi me li metteva in bocca con l'af-fetto della più tenera madre .

E fu appunto in questo viaggio cheDon Bosco disse e ripetè due volte benchiaramente : «Tu, o mio Don Costa-magna, più tardi sarai vescovo» .

Tutti prediletti. E' a tutti nota lapacifica e ingenua disputa che succe-dette nella camera di Don Bosco du-rante quella gravissima infermità chedoveva rapircelo. Alcuni superiori econfratelli, credendo che Don Boscofosse assopito, gettarono sul tappetola questione chi di loro fosse stato ilbeniamino di Don Bosco . « Sono statoio», cominciò a dire francamente unodi essi. «Nossignore - disse un altro-, fui io il suo prediletto». «Taci là,che sono io il suo enfant bien aimé»,soggiunse un terzo. « Io fui il suo pri-mo confidente!» «Io il suo primoamico! » « Io il suo factotum . . . » «Io, ilsuo vero beniamino! » « Io il . . . » .

« Avete tutti ragione ugualmente. . . »,disse con fioca e paterna voce DonBosco, che tutto aveva udito.

Fu troncata di botto la fanciullescadisputa : tutti si guardarono in voltomeravigliati, e finirono per approvarela sentenza di Don Bosco, la quale aprima vista sembrava un paradosso .Infatti era così intenso e santo l'amoreche Don Bosco portava a ciascuno dinoi, che ognuno ingenuamente crede-va di essere da lui prescelto e amatosopra tutti gli altri .

Enzo Bianco

Le testimonianze più significativesono state raccolte nel volume :MONS. GIACOMO COSTAMAGNAScritti di vita e spiritualità salesianaa cura di Eugenio alentiniEd. LAS 1979 . Pag. 208, lire 4 .500

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IEduchiamocomeDon BoscoLa vostra autoritàdiventi amicizia

D on Giovanni Bonetti, uno dei pri-mi chierici di Don Bosco, nel 1864

mentre si preparava a diventare sa-cerdote, attraversò un brutto mo-mento : era debilitato fisicamente eaffranto nel morale. Allora Don Boscogli scrisse una lettera che sembra det-tata dalla più tenera delle madri .

Caro mio Bonetti,appena avrai ricevuto questa lettera

va' tosto da don Rua, e digli schietta-mente che ti faccia stare allegro . Tu poinon parlare di breviario fino a Pasqua,cioè sei proibito di recitarlo . Di' la tuaMessa adagio per non stancarti. Ognidigiuno, ogni mortificazione di cibo èproibita. Insomma il Signore ti preparalavoro, ma non vuole che tu lo comincise non quando sarai in perfetto stato disanità, e specialmente non darai più ungetto di tosse. Fa' questo e farai quellochè piace al Signore .

Tu puoi compensare ogni cosa conl'offerta al Signore dei tuoi incomodi,col tuo buon esempio. Porta un mate-rasso nel tuo letto, aggiustalo bene co-me si farebbe a un poltrone matricola-to; sta' ben riparato nella persona inletto e fuori letto. Amen .

Dio ti benedica . Tuo aff.mo in GesùCristo, sac . Giovanni Bosco.

L'autorità di Don Bosco, nellasua interezza, sgorgava dal cuore diGesù, così come la luce si irradia dalsole. E perciò era squisitamenteevangelica .

L'autorità che deriva da Dio è amo-re che serve. Come la benzina si risol-ve in fiamma, così l'autorità evangeli-ca si risolve e si dissolve in amore . Ciòche nella benzina non si trasforma infiamma è scoria, e a scoria si riduceciò che nell'autorità non si riduce acarità. Le scorie dell'autorità si chia-mano: egoismo, prepotenza, vanità.L'autorità di Don Bosco è carità allostato puro senza ombra di scoria .

Rx La carità-autorità in Don Boscoè amore paterno e materno insieme ;in realtà più materno che paterno, co-me ben si rileva nella lettera riportata .In genere l'amore del padre è condi-zionato dalla riuscita del figlio : se ilfiglio riesce poco, il padre lo ama po-co; se riesce molto lo ama molto : senon riesce affatto, il padre è tentato di

ripudiarlo . (Si capisce, ci sono dellenobili eccezioni). L'amore maternoinvece è incondizionato e è eterna-mente uguale sia che il figlio riesca,sia che deluda . Come l'acqua va versola sete così l'amore della madre vaverso le necessità dei figli .

L'amore paterno è ordinato ai me-riti, l'amore materno è ordinato ai bi-sogni. Il padre sa dire meglio no! Lamadre sa dire meglio sì!

Quando deve dire un "no" DonBosco, padre esemplare, lo dice senzamezzi termini, però è tanta la graziacon cui lo proferisce che il suo "no"acquista in parte la dolcezza del "sì" .Questo innamorato della virtù samolto bene che la morale permissiva èuna morale suicida, e perciò si servedel no come il valente chirurgo si ser-ve del bisturi .

Se paragoniamo l'amore a unafiamma, la punta più alta si chiamaamicizia. E in realtà l'amore più ma-turante e più personalizzante è ap-punto quello dell'amicizia . L'amoreautentico crescendo si eleva sempreverso l'amicizia che raggiunge nellamisura in cui sa dialogare e compren-dere. L'amore materno raggiunge laperfezione quando i figli diventanoamici della madre . L'amore di DonBosco fondamentalmente maternoben presto conquista le vette dell'a-more d'amicizia. Egli ai suoi allievi-fi-gli può ripetere con Gesù : «Io vi hochiamati amici» .

Dalla lettera scritta a Don Bonettiappare evidente che l'allievo ormai èamico, pur godendo le tenerezze ma-terne. Si capisce : il progetto di vitache Don Bosco crea è estremamentevirile, e virilmente va realizzato . An-che per lui, come si esprime la SacraScrittura, «la dolcezza sgorga dallafortezza» .* Il vocabolo autorità deriva dal

verbo latino "augere" che significa"far crescere" . Essa è destinata allo

sviluppo plenario degli allievi o dei fi-gli, e perciò è buona nella misura incui stimola la crescita . Se l'autoritànon fa crescere, muore o degenera inegoismo o in tirannia .

Ognuno di noi porta in sè un pro-getto vagheggiato da Dio dall'eternità ;e è quel progetto che l'autorità deveaiutare a realizzare, non già quello chevagheggiamo noi. Solo Dio è l'archi-tetto della persona umana, e l'archi-tetto divino struttura il nostro io con leattitudini che inserisce in noi .

Educare significa appunto: liberaredagli ostacoli interni ed esterni quelprogetto che ha in sè la capacita diautorealizzarsi . oler sovrapporre unnostro progetto a quello che Dio haiscritto nelle attitudini del ragazzo, si-gnifica arrestarne la crescita e tradir-ne la vocazione. Don Bosco tenevaben presente questa esortazione disan Francesco di Sales : «Sii quelloche sei, e siilo con amore» . L'educa-tore sapiente aiuta l'allievo a essere sestesso serenamente .

-* L'autorità si potrebbe parago-nare alla verga di legno che si metteaccanto alla piantina per farla cre-scere diritta : più in fretta si rendeinutile, più è efficace .

L'autorità è destinata a morire inalto o in basso . Muore in basso e recadanno se si degrada in egoismo di-spotico, e muore in alto e porta fruttideliziosi se si converte in amicizia .L'autorità di Don Bosco nasce dallavirilità paterna, matura nella dedizio-ne materna e muore nell'amiciziaevangelica .

Gli alunni più fortunati e i figli piùfelici sono coloro che nell'educatore enei genitori scoprono degli amici au-tentici.

Adolfo L'Arco

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GIAPPONE * ITA, IRTU' NASCOSTE E ALLEGRI DIFETTI DI DON FELICE BO IO, MISSIONARIO

Felice . Quando sua mamma lo pre-sentò al fonte battesimale, lo

chiamò Felice ed era il nome giusto . IlSignore non gli risparmiò né la soffe-renza né la fatica, ma lui nel profondodel cuore fu un uomo felice : non giàvivendo bene, cioè comodamente, mafacendo il bene .Un altro Cimatti? Don Leone Livia-

bella, che dopo la sua morte è rimastoin Giappone l'unico superstite dellaprima spedizione missionaria salesia-na (1926), ha detto : «lui era un altrodon Cimatti» . ero, ma un don Ci-matti a modo suo, tanto vicino a luieppure tanto diverso . Don Cimatti,capo di quella prima spedizione, eraper statura quasi sotto la media, mi-nuto, con lunga barba candida, ordi-natissimo, puntuale, plurilaureato,navigante nella stratosfera della san-tità ; don Bovio invece era alto e ossu-to, solido come un armadio antico,faccia rude, privo di lauree, disordi-nato e famoso per far perdere la pa-zienza con i suoi abituali ritardi. I dueperò si assomigliavano negli occhiprofondi e sereni, nel cuore immensocome le spiagge del Pacifico .

Don Bovio non sarà canonizzato, enon solo per evitare spese, ma perchéfu santo a modo suo . Era un fuoriclasse incatalogabile. Di non comuneingegno, di temperamento artistico,con quelle manone sapeva dipingerefinissime miniature ; le poche lettereda lui scritte traboccavano di arguzia ;era esperto in cucina e falegnameria, eburlone senza pari nel combinarescherzi. Ma volle essere e fu soprat-tutto buon missionario. E don Cimattipotè contare su di lui, soprattutto neimomenti più difficili.

Capo, cioè a servizio. Poco primadell'inizio della guerra fu fatto diret-tore dello studentato, e perfino mae-

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Un piedonenel paese

stro dei novizi (molti allora temetteronel vedergli affidato il delicato incari-co, ma i suoi novizietti hanno tenutoduro finora, nei più diversi campi dellavoro salesiano) . Per lui essere a capodi una comunità voleva dire essere alservizio di tutti, il primo di tutti nellapreghiera, nel sacrificio e nella faticaquotidiana .

E in tempo di guerra dette una mi-sura delle sue inesauribili risorse . Ilgrande seminario di Tokyo per man-canza di mezzi materiali fu chiuso, mail suo studentato no. Esso contavaquasi 60 giovani, molti venuti dall'Eu-ropa, e non c'erano navi o aerei perrimandarli in patria né soldi o viveriper mantenerli. Ma c'era lui.

Don Bovio allora si ricordò di esseredella forte stirpe dei contadini pie-

dei piedinidePer i suoi piedoni in Giappone non si fabbricavano scarpeadatte. Le sue mani altrettanto grandi gli servivano a coltivarel'orto, riparare i guasti in casa e fare cucina . Il suo cuore eraancora più grande, e arricchito dal dono del sacerdozio edella vocazione missionaria . Ecco "quattro pennellate chenon pretendono di fare un ritratto", tracciate da un suo com-

pagno di vita missionaria .

montesi. Non c'era latte? Comperòdue mucche . Non c'era la stalla dovetenerle? La fabbricò con i chierici (esembrava una reggia a confronto del-le stalle dei dintorni) . Non c'era il fie-no per mantenerle, e portò la truppadei chierici a falciare l'erba lungo icigli delle stradette di periferia . A seraessi trasportavano a casa quell'erbacon un carretto dalle ruote sganghe-rate che ogni tanto si sfasciavano ro-vesciando il carico sulla strada : condisperazione dei chierici, e con mera-viglia dei passanti.

Un vicino di casa gli affittò, quasigratis, un terreno che . il figlio andatoin guerra non poteva coltivare. DonBovio a capo della truppa chiericale lotrasformò in orto coltivando patate,carote e cavoli. Gli ortaggi crescevano

Don Bovio Impone le mani a un sacerdote novello, già suo novizio, durante il rito dell'ordinazione . Inalto, a sinistra: I ragazzini giapponesi confrontano i loro piedini con il suo piedone .

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stentati, e lui decise che ci voleva ilconcime. Quello chimico non c'era,ma don Cimatti laureato in agraria ri-cordava a tutti che la società ha perbase il letamaio, e don Bovio mandò ichierici a prendere il concime dellastalla. Essi lo manovravano a distanzacon forconi e badili, ma Don Bovio -sia per un doveroso ossequio alleconsuetudini locali, e sia per utilizzareal meglio il prezioso elemento - volleche usassero le mani . I chierici schi-filtosi si ribellavano ma lui per primodette l'esempio andando a collocarecon le sue manone il concime attornoalle piantine di melanzane. E i chiericimogi mogi dietro a lui, a contaminarsile mani per il regno di Dio .

Carne senza erre. In quei tempi lacarne non si vedeva nemmeno in fo-tografia, e don Bovio che si preoccu-pava della salute dei suoi chiericiandò a comperare cento pulcini perallevarli. Tutti sognavano già lo squi-sito pollo arrosto in tavola, e invece ipulcini si ammalarono, sembravanocolpiti dal morbo di Basedow : occhifuori delle orbite, alucce cascanti, colliincapaci di sostenere le testolineciondolanti . Si salvarono solo quattrogallinelle, che presto diventarono latentazione perpetua dei cani randagi .Don Bovio organizzò una spedizionecontro di loro. E avvenne un fattosorprendente : nel pollaio entravanocani, e uscivano conigli cucinati allacacciatora . Essi costituirono per di-verso tempo la nostra pietanza prin-cipale. Il segreto non poteva durare alungo, e un giorno un salesiano sbottòin pieno refettorio in questa acuta os-servazione : «Qui si dà da mangiarecarne senza erre » .Per i chierici era dovere sacrosanto

studiare filosofia e teologia, ma donBovio sapeva bene che i sacchi vuotinon stanno in piedi. Perciò col pocolatte delle due mucche meschinellepreparava una sbobba simile alla col-la, dove il latte scarseggiava e la farinasostituiva l'introvabile riso giappone-se. Parecchio di quel latte andava afinire anche dalle « Suore Missionariedi Maria», che lo spartivano tra i ma-lati del loro ospedale. Anche partedella nostra verdura andava a finirealtrove, a diverse comunità di suoredei dintorni . Don Bovio avrebbe po-tuto dire con san Paolo : «Abbiamoarricchito molti con la nostra po-vertà » .La sua idea del tempo . Con don

Bovio c'era quasi sempre un po' didisordine, anche per l'idea che egli siera fatta del tempo. Per esempio i la-vori urgevano : falciare erba, seminarele carote, trasportare materiale ecc . ;qualche volta i ritardi assumevano

Il volto forte e bonario di Don Bovio .

proporzioni vistose, gli orari eranocompletamente scombussolati . Io milamentavo ed ero per lui l'eterno im-paziente, mentre lui veleggiava serenooltre le dimensioni del tempo .

Allora io insegnavo ai chierici filo-sofia, e durante la scuola poteva capi-tarmi di udire un timido ticchettio alvetro della finestra . Accorrevo, era lui :« Andresti per favore a dire due parolealle suore Adoratrici?», mi disse unavolta . Il convento era a due passi dacasa nostra . Domandai: «A che ora?»,e lui : «Alle nove e mezzo» . «Ma sonogià quasi le dieci, e poi ho altre tre oredi scuola» . «Ma quelle poverineaspettano . . . » . In questi casi la mia le-zione era interrotta, e i chierici conloro grande giubilo passavano ai suoiordini per coltivare l'orto.Ma probabilmente aveva ragione

lui. Lui sentiva per istinto che una ca-sa religiosa in cui tutto proceda conordine e disciplina totale è troppo si-mile a una caserma, che le manca lagioia della vita.

Si giocava a piedi nudi . Nel dopo-guerra don Bovio fu fatto economoispettoriale . Quell'ufficio allora nonconsisteva nell'amministrare dei beni(che non esistevano), ma piuttostonell'arrabattarsi a cercare qualche ri-sorsa per cominciare le nuove opererichieste dalla drammatica situazionedi un paese sconfitto e stremato . Tuttii salesiani si buttavano in nuove ope-re, e venivano da lui a battere cassa . . .Come se non bastasse, lui stesso avevaraccolto bambini abbandonati, e conl'aiuto di volontarie cattoliche li nutrìe li educò (la loro opera esiste ancoraoggi, alla periferia di Tokyo) . Si oc-cupò dei poveri, e anche di un gruppodi marinai italiani scampati all'affon-

damento del loro mercantile, di cuinessuno si prendeva cura .

Era sempre con la veste logora e lescarpe rattoppate, ma quando si pre-sentava in giro, anche negli ambientidell'ambasciata italiana, era sempreben accolto ; tante persone distintecorrevano a lui per consiglio, e loprendevano come loro guida .

Portato naturalmente alla gioia,don Bovio non sapeva immaginareuna casa salesiana senza allegria . Conbarzellette vecchie e nuove sapevatrasformarsi in menestrello di Dio .Era ottimo cuoco e certe volte am-manniva pranzetti con i fiocchi, nonperché amasse i cibi prelibati ma perunire i cuori, per portare un po' divarietà e di allegria in persone che sa-peva stanche e malnutrite .

Anche nei momenti più tristi dellaguerra sapeva mantenere la gioia fra isuoi chierici; anche quando i sangui-nosi bombardamenti degli implacabi-li aerei B29 scuotevano il Giappone, ichierici cantavano e riempivano le ri-creazioni con appassionate partite alpallone. Sovente mancavano le scarpee giocavano a piedi nudi, ma si gioca-va e quanto .

Se si resta solo confratelli. DonBovio era fatto per l'amicizia . Ungiorno avevo udito una barzelletta ecorsi a raccontargliela, sicuro che luil'avrebbe ripetuta a tutti . La barzel-letta parlava di un occidentale reca-tosi in visita nella Polonia occupatadai russi; incontrando russi in bor-ghese e in divisa da tutte le parti, nu-merosi come le mosche, quell'occi-dentale rimase stupito e domandòspiegazioni a un polacco: «Perchétanti russi in casa vostra? Sono percaso vostri fratelli o vostri amici?» Ilpolacco ci pensò un attimo, poi rispo-se: «Certamente sono fratelli . Perché ifratelli non si possono scegliere, men-tre gli amici sì». Don Bovio abbozzòun sorriso (non lo udii mai ridere ru-morosamente), poi uscì in un com-mento che mi lasciò di stucco . « E' unpo' come nelle case religiose - midisse -. Anche fra noi ci sono molticonfratelli che non abbiamo scelto, liabbiamo solo trovati . Però bisognache ce li facciamo amici: se si restasolo confratelli, anche se si abita nellastessa casa, si prega nella stessa chie-sa e si mangia alla stessa tavola, si puòessere lontani migliaia di chilometri enon incontrarsi mai» .

Per quel che lo riguardava, la mag-gior parte dei salesiani del Giappone sisentivano ciascuno un amico privile-giato di don Bovio. Con lui ci si sentivasubito di casa, subito si entrava insintonia col suo buon cuore, conqui-stati dalla sua semplicità e schiettezza .

E' con noi da 48 anni un salesianovenuto dalla Lituania e mai più rien-

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trato in patria, anche per la situazionedel suo paese . Mi ha raccontato : « DonBovio sapendomi qui solo (era l'unicosalesiano lituano in Giappone) ungiorno mi disse : " orrei per te fare leparti dei tuoi cari lontani, dei tuoi fra-telli e sorelle . Lo sai che ti sono ami-co?" Quelle parole mi fecero un beneenorme, anche perché erano suffra-gate dalle sue continue attenzioni perme » .Barili di vestiti usati . Anche gli

estranei diventavano presto suoi ami-ci. Ricordo i cappellani militari dell'e-sercito di occupazione, i graduati fur-bi di tre cotte, i soldatacci di buoncuore, perfino gli uomini della poliziamilitare che avallavano certe sue ini-ziative arrischiate a fin di bene, acondizione però - esigevano - chelui li assolvesse in confessione .

E i doganieri del porto, che tantevolte per ricambiare la sua amiciziahanno chiuso prima un occhio e poianche l'altro. Un giorno arrivaronodall'Italia certi barilotti evidentemen-te pieni di vino, e i doganieri gli do-mandarono: «Don Bovio, di che sitratta?» Lui sorrideva, non osava ri-spondere a una domanda così com-promettente . I doganieri cercando diaiutarlo insinuavano : « Si tratta di ve-stiti usati?» E ancora don Bovio anicchiare, a stringersi nelle spalle .Quelli scrissero sul foglio di accom-pagnamento " estiti usati", e i barilipieni di. . . vestiti usati passarono ladogana.

Sei stato bravo. Per don Bovio es-sere sacerdote e salesiano era motivodi orgoglio : lo considerava una graziadella Madonna. Raccontava chequando decise di entrare in congrega-zione (frequentava la quinta ginna-siale), ebbe un breve incontro colvecchio papà : lui non disse una paro-la, solo fece un cenno affermativo colcapo, mentre una grossa lacrima

scorreva sul suo viso rugoso . La fededi don Bovio era eredità di famiglia .Poi aveva chiesto di andare tra i Bo-roros o tra i lebbrosi ; invece lo aveva-no mandato in una delle terre di mis-sione più difficili . Nell'attuale grandescontro di tesi progressiste e conser-vatrici lui non si sentiva né di destrané di sinistra, era semplicemente al disopra, come chi guarda le cose fuoridel tempo e dall'eternità .

Nel 1970 il cardinale Marella in visi-ta all'esposizione mondiale di Osakalo incontrò (si erano già conosciutiquando il cardinale era delegato apo-stolico in Giappone) : come lo vide,spalancò le braccia e corse a stringer-lo al petto : «Bravo, don Bovio! Tu la-sci qui né cattedrali né grandi opere,però sei stato bravo e hai tenuto altol'onore di Don Bosco. Non ti hannoancora fatto Rettor Maggiore?» E donBovio: «E' perché manca qualcunoche a Roma mi sostenga» . «Ci sono io- riprese il cardinale -, ti sosterrò io .Ma perché non sei andato tra i Boro-ros? Con le tue manone ti avrebberofatto almeno cacico » .

Sorella morte lo ha fermato im-provvisamente il 28 luglio scorso,mentre si recava nella piccola fale-gnameria dove di solito riempiva leore del suo tempo libero in lavorettiutili. Tanti lo accompagnarono nelsuo ultimo viaggio: tanti che avevanoper lui motivi di gratitudine, che ma-gari avevano ricevuto da lui il donodella fede. Una signora anziana com-mentò: « Nemmeno al funerale di miomarito avevo pianto tanto » . Ora quel-le manone che hanno trafficato senzasosta, quei piedoni spropositati inmezzo a tanti piedini, riposano nelpiccolo camposanto che sovrasta labaia di Beppu, vicino a una grandecroce, all'ombra dei pini contorti dallafuria dei tifoni.

Federico Barbaro

Don Bovio fu un cuoco provetto, e la sua abilità risultò provvidenziale nel momenti difficili .

i Libreria

PIANA I ARCHIMEDE

Ed. LAS 1979. Pag. 222, lire 6.000Nuova edizione di

un libro fortunato .Mons. Mathias, ve-scovo missionario inIndia, vero dono diDio alla Chiesa e allaCongregazione sale-siana, è di quelle fi-gure che si impon-gono per la grandez-za dell'ingegno e perla cordialità umana .Scrivere di lui è stato

una festa ; quanto all'autore, dotato di stilefestoso, ha in più il merito di essere vissutoa lungo nel paese che descrive, di averconosciuto come missionario persone esituazioni, di raccontare perciò con com-petenza e precisione .

Il libro, elegante, si presta assai benecome strenna o regalo .

CRE ACORE ALFONSO

Ed. LDC 1979. Pag. 820, lire 12.000L'autore, missionario in Giappone, rac-

conta ed espone nel grosso volumequanto ha visto, verificato e raccolto indocumenti, giorno dopo giorno, con at-tenzione di storico . Ne è risultata un'operaeccezionale per la ricchezza della basedocumentaria, forse non sempre adatta(anche per la mole) a una lettura popolare,ma ormai punto di partenza obbligato perquanti d'ora innanzi vorranno studiare il"Don Bosco del Giappone" o scrivere sudi lui .

Bene ha fatto quindi la LDC a pubblicarel'opera, nel centenario della nascita di donCimatti, e come contributo per far cono-scere meglio la figura di questo coraggio-so figlio di Don Bosco e simpatico Servo diDio .

CARINI ALIMANDI LIA

Ed. Città Nuova 1979.Pag . 196, lire 2.500

Una simpatica biografia, scritta con stileliscio, soprattutto per i giovani, su coluiche fu grande amico di Don Bosco, fu pertre anni salesiano, fu da lui invitato a par-tire per l'America Latina a capo di unaspedizione missionaria salesiana . Il suodestino era un altro : lasciò Don Boscofondatore e santo, per diventare a suavolta fondatore e santo anche lui .

Ora la Chiesa l'ha proclamato Beato, e isuoi istituti a favore di handicappati e an-ziani sono sparsi in tutto il mondo. Un eroedella carità, un modello da presentare airagazzi .

per richieste: vedere pag: 2, colonna 2 .

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BRASILE * STORIA DI UN'EXALLIE A

Maria Fonsecastile Don Bosco

Exallieva, direttrice di scuole per subnormali e ispettrice scolastica,ha incarnato nella sua professione e nella sua famiglia la carità di

Cristo e lo spirito salesiano . Eccola in un'intervista .

Maria Fonseca de Castro è exallievadella scuola «Nostra Signora

Ausiliatrice» che le FMA hanno apertodal 1896 a Ponte Nova nello stato diMinas Gerais (Brasile). Ha 44 anni, èvivace, dinamica, dal gesto delicato ecortese. Da 25 anni dirige scuole persubnormali, da dieci è anche ispettricescolastica. Per merito suo, oggi quasitutti gli ospedali dello stato di MinasGerais hanno scuole di ricupero. E co-me se non bastasse, Maria ha costruitouna sua famiglia dove la dedizione alprossimo è un imperativo, vissuto conlo stile di Don Bosco.

Domanda. E'vero che hai un'attivitàda capogiro?

Risposta. eramente sono impe-gnata tutto il giorno e tutti i giorni.Attualmente sono responsabile di un-dici scuole per handicappati, comeispettrice . Queste scuole speciali so-no: una per sordi, una per subnormalie handicappati, e nove incorporatenegli ospedali per ammalati lungode-genti. Ognuna di queste scuole ha unpiano di lavoro assai flessibile e si de-ve adattare alle necessità degli am-malati. Tra i ricoverati abbiamo moltiindigenti, e emarginati.

Il mio compito consiste nell'orien-tare e assistere direttrici, capireparto einsegnanti specializzati per questoparticolare servizio assistenziale . Cer-to ci vuole molto tatto per aiutare chi ècolpito da un destino misterioso chepiega un'esistenza nel dolore. Questo«servizio» richiede un sorriso per ognigioia, una lacrima per ogni sofferenza,una parola e un gesto di conforto perogni sventura, una scusa per ogni col-pa. Una speranza per tutti .D. Hai la collaborazione di altre

persone?R. Dal 1970, anche mio marito,

professore e Direttore dell'IstitutoSan Raffaele di Belo Horizonte, chedirige una scuola specializzata perciechi, collabora con me . Come «vo-lontaria» anch'io cerco di aiutarlonella riabilitazione dei ricoverati,perché siamo convinti che anche ilnon vedente è un cittadino con tutti idiritti e deve poter partecipare total-mente alla vita cristiana e sociale .

Tutto il tempo disponibile lo tra-scorro in questa scuola, che ospitabambini e giovani dai 4 ai 25 anni,anche come alunni interni. La forma-zione morale e cristiana di questi cariragazzi è la nostra costante preoccu-pazione. In questa scuola abbiamoottimi collaboratori : professori, im-piegati, volontari, tecnici, personalespecializzato. Con la mia famigliaabito in un appartamento annesso al-l'Istituto San Raffaele . Gli alunni pos-sono così facilmente prendere contat-to con noi. Ne hanno tanto bisogno .Devono poter parlare con qualcunoche li ascolti, che si chini sui loro pro-blemi per cogliere le loro speranze . Unnon-vedente ha maggiormente biso-gno di « sentirsi amato » .D. Dicono che per svolgere le tue at-

tività, hai ridotto la vita all'essenziale .R. I divertimenti, i viaggi, le ore di

svago, il lusso, non sono più per noi .Per poter compiere il nostro doveredobbiamo rinunciare a tante cose .Però tutto viene ricompensato conuna gioia profonda, direi «austera»,che nasce proprio dal servizio che de-sideriamo offrire per sollevare il do-lore dei nostri nostri fratelli.D . E la tua famiglia?R. Abbiamo quattro figlie : la mag-

giore ora ha 16 anni . Ci è stata affidatadopo otto mesi dalle nostre nozze . E'orfana di madre dalla nascita . Avevasolo due giorni quando venne a casanostra. E' un vero tesoro. Poi c'èAdriana di 15, Luciana di 14 e Cristia-na di 11 anni .

Con la prima figlia adottiva abbia-mo veramente sperimentato il valoree la gioia della maternità e della pa-ternità spirituale . Tutte le nostre ra-gazze si vogliono molto molto bene .ivono a contatto con i ciechi e li aiu-

tano in tutti i modi : li accompagnano,li soccorrono, cercano di essere « i loroocchi». Mio marito, Luiz Carlos, e iocerchiamo di educare i nostri figlinell'amore cristiano che non conoscelimiti nella donazione e che, sull'e-sempio di Gesù, deve essere pronto adare anche la vita. La nostra famiglianumerosa si raccoglie spesso per ve-rificare il proprio impegno cristiano,per rettificare, per correggere ciò che

si vive in modo dissimile dall'insegna-mento di Gesù. Anche i nostri parentiamano il nostro lavoro : anzi direi chesono tutti coinvolti e ci soccorrono :nonni, figli, nipoti . . . Tutti hanno qual-cosa per gli ospiti del «San Raffaele» .

Certo mi sarebbe stato impossibiletenere dietro a tutto se non avessi in-contrato Luiz Carlos . E' per me unappoggio sicuro. Bergson diceva :« Quando due amori si incontrano e siuniscono, il loro frutto è la luce, la lucedella verità che feconda i deserti» . E'proprio così .Il lavorare insieme rende meno

gravose le difficoltà e le responsabi-lità. Naturalmente - come in ogni fa-miglia - non mancano le divergenzedi vedute e i dispareri, ma con la pre-ghiera in comune e con la bontà pa-ziente riusciamo sempre a superarenell'amore i momenti critici e le diffe-renze tra le generazioni.D . Sei exallieva di Ponte Nova?R. Sì, ho studiato otto anni in quel

collegio . Poi mi sono trasferita a BeloHorizonte per frequentare l'univer-sità. Dalle FMA ho imparato tante co-se che oggi mi sono indispensabili .Soprattutto a cercare e a trovare nel-l'Eucaristia e nel angelo la forza pervincere ogni difficoltà .

Poi c'è Maria, la ergine potenteche ho imparato ad amare e che in-terviene immancabilmente nella no-stra vita .

Di fronte alla bontà ogni cuore sispalanca . E per poter dare un po' dibontà, abbiamo tanto bisogno del-l'aiuto dell'Ausiliatrice, la Madre deisofferenti .D . E'vero che ti piace la musica?R. Immensamente, ma la vera mu-

sica. Quella che ha la capacità di ele-vare lo spirito . E mi piace l'amicizia, lagioia, la conversazione .

La Provvidenza mi ha dato un cuoremolto sensibile . Spesso devo anchesoffrire per questo, però è una ric-chezza che posso mettere al serviziodegli altri, specialmente di chi soffreper l'insufficienza fisica, spesso anchepsicologica . Sappiamo che è Gesù chesoffre fra le nostre braccia .

Da «Unione»

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STORIA SALESIANA

Correva l'anno 1880Nell'anno in cui le navi a vapore superavano in numero le navi a vela eLesseps fondava a Panamà la Compagnia per il taglio dell'istmo, chene era delle cose salesiane? Ecco: Don Bosco apriva le sue primeopere fra gli indios della Patagonia, visitava la Francia, veniva ricevuto

dal Papa, e subiva anche un paio di attentati .

Correva l'anno di grazia 1880, edera un anno di pace . Per trovare

gente intenta a menare le mani biso-gnava spingersi fino in fondo all'Afri-ca, dove gli inglesi subivano una durasconfitta a opera dei Boeri (ma poivinceranno la guerra) . E i generali intutto il resto del mondo, che faceva-no? Incredibile : soltanto esercitazionie manovre .

Ma le tensioni a livello internazio-nale erano ben vive : le potenze euro-pee davano inizio proprio allora allapolitica di espansione coloniale che leavrebbe viste spartirsi tutta l'Africa elarghe fette dell'Asia, e contendersi ildominio del mondo . Quell'anno peresempio si tenne a Madrid una confe-renza definita «per la regolamenta-zione dei diritti degli Stati Europei nelsultanato del Marocco» . Già: quali di-ritti potevano mai vantare?

Le navi a vapore. Intanto le navi avapore solcavano i mari sempre piùnumerose, e quell'anno superarono innumero quelle a vela . E il 46% deltonnellaggio mercantile mondialebatteva bandiera inglese. A Londra, alposto del primo ministro Disraeli cheaveva inaugurato la politica coloniale,succedeva lord Gladstone che facevaapprovare la legge sull'insegnamentoelementare obbligatorio .In Germania moriva Federico

Bayer, fondatore dell'industria omo-nima, che aveva inventato il processoper la produzione dell'indaco sinteti-co. Intanto la politica contro la Chiesacattolica (la famosa Kulturkampf)dava i primi segni di fallimento, e ap-parivano le prime leggi di mitigazione .

L'ostilità alla Chiesa invece si rinfo-colava in Francia, con una serie dileggi contro gli ordini religiosi . Siinaugurava a Parigi la prima rete te-lefonica, e moriva il discusso roman-ziere Gustave Flaubert . In compensonasceva (a Roma, da padre italiano emadre polacca) il poeta franceseApollinaire, teorico del cubismo eprecursore del surrealismo .

In tutt'altra parte del mondo un al-tro francese faceva parlare di sè : Fer-dinando Lesseps, che a ottobre fon-dava la "Compagnia del canale di Pa-nama" e l'anno successivo dava inizioai lavori per il taglio dell'istmo . Più a

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sud, in Argentina, un generale che so-lo l'anno prima aveva sgominato letribù indigene della Pampa e ora nonaveva più nemici da combattere, sifaceva eleggere presidente della Re-pubblica : il generale Julio Roca . Alsuo seguito, nella "conquista del de-serto", aveva avuto come "cappellanomilitare" quel don Giacomo Costa-magna di cui si parla a lungo in questoBS .

E in Italia? Re Umberto I, freddo eautoritario, regnava su 28 .700.000 pa-cifici cittadini . Capo del governo eraCairoli, che decretava finalmente lasospirata abolizione della "tassa sulmacinato", costata tanti sacrifici allapovera gente . eniva aperto il traforodel San Gottardo, costato all'Italia lire50 milioni. Ed era inaugurata la ferro-via del esuvio, protagonista poi ditante romantiche canzoni . Si facevasentire in tutta la sua crudezza laquestione meridionale, irrisolta e tra-gica allora come oggi .

Inoltre in Italia «imperversavanoviolente agitazioni anticlericali»,mentre il Papa Leone XIII conducevauna vasta azione diplomatica mirantea risollevare la posizione internazio-nale della Chiesa, e lanciava appellialle nazioni cattoliche perché nonconsiderassero già chiusa la "questio-ne romana" . Quell'anno il Papa pub-

blicava anche l'Enciclica "Sancta DeiCivitas", di contenuto missionario .

Quanto a Don Bosco, compiva inFrancia e in Italia lunghi viaggi che lotenevano fuori del suo prediletto Ora-torio da gennaio fino a maggio ; poiuna volta rientrato a Torino avrà mo-do di scampare a un paio di attentati .Apriva alcune case in Italia, e in Ar-gentina. A fine anno contava 33 case,551 salesiani e 181 giovani pronti aentrare nella sua Congregazione. Lesue suore erano invece 232, e conta-vano già 26 case .

* L'anno si apre in modo splendi-do per Don Bosco : 9 suoi figli missio-nari in Argentina, partiti da BuenosAires due settimane prima, il 2 gen-naio arrivano a iedma e Patagones,sul Rio Negro, e cominciano il verolavoro missionario tra gli indios. Sono5 salesiani e 4 Figlie di Maria Ausilia-trice: esse, giunte in America due annidopo i salesiani, si dimostrano in talmodo puntualissime per il vero iniziodelle missioni di Don Bosco. Coman-da il gruppo don Giuseppe Fagnano,futuro Prefetto Apostolico della Terradel Fuoco .Il 14 Don Bosco comincia il suo

viaggio in Francia per animare leopere da poco fondate . Alcuni prodigigli assicurano la simpatia e l'aiuto deifrancesi . Tra l'altro, il giorno 29 aMarsiglia "presta" la sua voce a unostudente che doveva - ma non pote-va - recitare per lui (era diventatocompletamente afono), e si tiene unaraucedine totale durante tutta l'acca-demia.* A marzo, di ritorno dalla Fran-

cia, Don Bosco scende lungo la Rivie-ra Ligure diretto a Roma . Da Genovaintanto partono tre missionari, gliunici che Don Bosco - attanagliato

Nel 1880 è Inaugurata la ferrovia del esuvio, che ispirerà tante romantiche canzoni .

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dalle strettezze economiche - riescea inviare in America quell'anno (ma sirifarà l'anno successivo, mandandone16). Il 29 del mese in Francia vieneemanata la legge contro le congrega-zioni religiose, ma Don Bosco tran-quillizza i salesiani : dice che non sa-ranno espulsi.• Il 5 aprile Don Bosco è a Roma,

ricevuto in udienza dal Papa, che gliaffida la costruzione del tempio alSacro Cuore in Castro Pretorio. Saràun'impresa difficilissima, che metteràalla prova Don Bosco e il suo amore alPapa. Il bel tempio sorge a due passidalla stazione Termini .• Il 6 maggio i suoi salesiani en-

trano nella nuova casa di Penango(Asti) dove l'annessa chiesa «già de-dicata alla Madonna Addolorata, eradivenuta un cantinone, sicché la Ma-donna se ne stava là tra filtri, botti-glioni, botti e mastelli, doppiamenteaddolorata» . All'inaugurazione delcollegio prende parte la gente di Pe-nango e dei paesi vicini. Nonché ilescovo, e è festa grande .

erso la fine del mese, il primo at-tentato. Si presenta a Don Bosco uncerto Alessandro Dasso, exallievo del-l'Oratorio, e se ne sta impalato con gliocchi stravolti . Poi cade in ginocchio epiangendo racconta che lo mandanoquelli della loggia massonica . DonBosco si fa consegnare l'arma, poiriesce a farlo espatriare e lo sottraecosì alla sicura vendetta dei mandanti.

• Il 30 giugno in Francia comincial'espulsione dei Gesuiti : alle 4 delmattino, commissari di polizia scorta-ti da gendarmi e militari irrompono intutte le loro case, ne allontanano conla forza gli abitanti, e appongono i si-gilli agli ingressi . Avverrà così ancheper le altre congregazioni? e per le ca-se di Don Bosco?• In luglio Don Bosco, che a Tori-

no incontrava molta incomprensionepresso certi ambienti, fu visitato econsolato da un "sogno". Durante untemporale pieno di fulmini e tuoni,vide dapprima piovere spine, poi fioriin boccio, poi fiori aperti di ogni colo-re e qualità, e infine "rose fragrantis-sime". Gli parve che quel sogno fosseispirato, e convocò i suoi salesiani pernarrarlo. Il futuro dirà che fu profeti-co: un anno ancora durerà la pioggiadi spine, poi le difficoltà che tanto loamareggiavano a poco a poco spari-ranno .• Agosto si apre con un doloroso

lutto per Don Bosco : muore in Argen-tina quel don Bodrato che egli hamesso a capo dell'Ispettoria america-na. Altro sogno : Don Bosco partecipaa un "misterioso convito" in cui rico-nosce i suoi giovani, e apprende la si-tuazione della loro coscienza . Il 18 delmese, mentre è fuori casa, perquisi-

E presto, sul Rio Negro, le prime rudimentali opere di irrigazione per la sussistenza dei missionari,dei ragazzi in collegio e degli indios .

zione all'Oratorio e per colpa del BS :non tutti in Torino condividono i suoicontenuti, e vengono mandate leguardie a sequestrare le bozze, con lasperanza di scoprire delle inadem-pienze legali .

• In settembre Don Bosco radunaa Lanzo il suo stato maggiore, per ilsecondo Capitolo Generale della Con-gregazione. Il primo si era svolto nel1877, e aveva lasciato numerosi pro-blemi in sospeso ; si prendono nume-rose decisioni, pubblicate a stampaqualche tempo dopo.

• A metà ottobre comincia inFrancia l'applicazione delle leggi con-tro altre congregazioni insegnanti .Don Bosco subito scrive ai suoi dandoconsigli e mostrandosi molto fiducio-so per il futuro . Ma il 2 novembre ar-riva a Marsiglia l'ordine di espulsionedi don Bologna, direttore di quellacasa salesiana, e insieme l'intimazionedi sgomberare l'edificio entro venti-quattro ore, altrimenti verrà eseguitolo sfratto manu militari. I facinorosicominciano ad affluire davanti allacasa; dall'interno si mette un grossocatenaccio al cancello e si drizzanovere e proprie barricate . Da una partee dall'altra, sono tutti in attesa deicommissari incaricati di eseguire losfratto, ma i commissari non arrivano .Arriva invece l'indomani da Parigil'ordine di soprassedere . Come DonBosco aveva previsto, non succedeniente : né qui, né alle altre case sale-siane di Francia .

• In un giorno imprecisato di di-cembre il secondo attentato . Un gio-vinastro sui 25 anni chiede di parlarecon Don Bosco, e lui se lo fa accomo-dare accanto a sé sul sofà. Ma il gio-vane è agitato, fa ragionamenti scon-nessi, si dimena, finché una pistola glisfugge di tasca e finisce sul sofà. DonBosco lesto se ne impossessa . A untratto il giovane porta la mano alla

tasca, poi si fruga da ogni parte . « E'questo che lei sta cercando?», gli do-manda Don Bosco balzando in piedi epuntandogli la pistola . . .

Per qualche tempo Don Bosco è in-certo se denunciare queste aggressio-ni, ma persuaso che non ne ricave-rebbe nulla cerca di dimenticarle, e sidà col massimo impegno a prepararela prossima spedizione missionaria .Se la sua vita ha qualche utilità per lagioventù e la Chiesa - egli si dice -provvederà il Signore .

Nelle culle. Quell'anno comincianoa frignire nelle loro culle dei piccoliniche un giorno saranno grandi amici diDon Bosco e gli faranno onore . Il 3giugno nasce in Belgio suor MatildeMeukens destinata a iniziare nelloaire l'opera delle FMA . Il 12 agosto

nasce don Eusebio ismara, teologo,uno degli iniziatori del movimento li-turgico in Italia, che definirà se stesso«il sognatore eterno delle cose bellenella Casa del Signore» . Il 21 ottobrenasce a Marsiglia suor AgostinaCayoli, poi missionaria tra i neri diPort-au-Prince, che il governo di Haitinominerà cavaliere. Il 30 ottobre na-sce in provincia di Pordenone donAntonio Cojazzi, che da alsaliceporterà ai giovani il sorriso di DonBosco e la sua penna di felicissimoscrittore .

Così correva l'anno di grazia 1880 .Giunto al suo termine, Don Boscoscriverà nell'Almanacco inviato aisuoi amici : «Questo benedetto anno1880, agonizzante e morto ormai, fucome i passati fratelli suoi anno dipioggia e di sole, di bene e di male (piùdi male però che di bene) . I giovani,questi benedetti giovani, pieno il caposempre di nuove speranze, lo trovaro-no lungo assai ; ma troppo brevel'hanno trovato i vecchi come me chevivono di memorie di un tempo chefu . . . » .

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Brevi da tutto il mondo

SALESIANI * IN MISSIONENON SI IN ECCHIA?

Secondo le statistiche comunicate dal-l'apposito ufficio, i salesiani viventi chehanno abbandonato il loro paese per re-carsi in missione risultano 2692 ; di 2 .593 siconosce con esattezza l'anno di partenza,e è stato possibile calcolare il numerocomplessivo di anni di lavoro missionarioche hanno svolto tutti insieme: sono67.284 anni . A questi vanno aggiunti altri2.398 missionari morti sul campo di lavoro,e altri 726 viventi che sono rientrati nelleloro patrie dopo un periodo più o menolungo di attività .

La statistica più curiosa riguarda i mis-sionari anziani : 10 risultano di età supe-riore ai 90 anni, 1 è entrato nel 99esimo .Questo veterano a cui il lavoro in missionefa evidentemente bene, è un francese,padre Pierre Gimbert, nato a Rennes il2.10 .1891 . A 14 anni frequentava il col-legio salesiano di Dinan, a 20 anni era sa-lesiano, a 29 sacerdote, a 30 direttore, a34 ispettore di Francia. Poi partiva missio-nario per il Medio Oriente, e nel '32 eradirettore a Nazareth . Quattro anni dopo, laproposta: si sentiva di cambiare emisferoe andar a fondare l'opera salesiana inHaiti? Lo assicurarono che avrebbe trova-to la casa pronta per aprire la scuola, e luipartì . «Invece non trovammo un bel nien-te», dice . Però si rimboccò le maniche,scelse un piccolo terreno a La Saline nellaperiferia della capitale, e cominciò con 40iscritti . Ma i ragazzi erano così privi di basiche a fine anno gliene bocciarono la metà .

Poi la scuola crebbe. Il governo dava unpiccolo sussidio per ogni allievo, ma tuttigli anni la moneta si svalutava e il sussidiorimaneva sempre uguale . Poi, «a un certo

Padre Pierre Gimbert, quasi 99 anni, compli-mentato lo scorso febbraio dal Rettor Maggiore .

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punto rimanemmo senza niente : solo elogie belle parole» . Dovette trovare altrove gliaiuti, per quella prima scuola che conti-nuamente si allargava, e per le altre operesorte in seguito . Ora in Haiti i salesianihanno quattro opere, e lui con la sua bellabarba bianca è ancora là: confessore epatriarca, in attesa dei cento anni e oltre .

A rincorrerlo nell'età c'è padre GaldinoBardelli, di arese, 97 anni a ottobre, resi-dente a Hong Kong ; c'è a Torino aldoccodon Sante Garelli, 96 anni nel prossimomarzo, salesiano da 80 anni meno pochimesi, reduce dalla Cina ; c'è il salesianocoadiutore Ettore Schneider, italiano a di-spetto del cognome, di Latina, residente aSào Paulo in Brasile, 94 anni nel maggioprossimo . E poi - come dicono i cronistiall'arrivo delle corse ciclistiche - via viatutti gli altri .

STAMPA * "HO FIDUCIA"DICE DON IGANO' ALLA SEIIl Rettor Maggiore nell'autunno

scorso ha indirizzato ai responsabili del-l'editrice salesiana Sei una lettera in cui sicongratula per gli obiettivi raggiunti, indi-ca orientamenti per il futuro, ed esprime lasua fiducia negli uomini e nei programmi .

« Ho potutto constatare con piacere -ha scritto nella lettera don iganò - i tra-guardi prestigiosi che la Sei ha raggiuntoin quest'ultimo decennio» . Si è trattato inparticolare di « una miglior organizzazio-ne, una più qualificata e aggiornata effi-cacia di bene» . Infatti la Sei, «risanata eriorganizzata completamente», si è data«una struttura aziendale compatta, benarticolata ed efficiente» . I suoi libri e sus-sidi offrono «sicurezza nei contenuti enell'informazione, per gli allievi e i lettori,facendo opera di vera fermentazioneevangelica nella cultura italiana» .

Il Rettor Maggiore si è soffermato inparticolare «sul settore della cosiddettavaria, dove la Sei ha fatto notevoli passiavanti con la produzione di saggi, di operedegne di divulgazione scientifica, di lette-ratura, di fonti cristiane, di catechesi, diinchieste e di orientamenti a sfondo so-ciale» . Alla qualità della produzione «hacorrisposto una confortante espansionecommerciale» . Quanto al settore scolasti-co, il Rettor Maggiore ha preso atto che laSei col suo sollecito «adeguarsi alla rifor-ma dei programmi, nella pubblicazione deinuovi testi ha toccato il massimo livello,distanziando notevolmente le altre editriciscolastiche» .«Mi rendo conto - ha proseguito -

che c'è ancora da fare e che le difficoltànon mancheranno, dati i tempi difficili cheattraversiamo, sia per mantenere le posi-zioni raggiunte e sia per dare ulteriore im-pulso alla produzione . "Occorre infattiprocedere" con scelte accurate e coe-

renti alla missione salesiana . . . Oggi, comediceva il grande Paolo I, uno dei problemipiù impellenti da risolvere per i credenti èl'approccio con la cultura, per una piùadeguata evangelizzazione» .

Concludendo la lettera don iganò hadichiarato: «Io nutro un'intima fiducianella vostra capacità e nel vostro appas-sionato attaccamento alla Sei come operadi Don Bosco . . . Faccio voti che la Seipossa non solo continuare, ma intensifi-care in qualità e volume la sua azione, di-venendo sempre più quel tipo di editricecattolica che non è strettamente religiosama a cui si rifà il principio ispiratore di DonBosco: unire fede e promozione umana,nell'impegno di evangelizzare educando edi educare evangelizzando» .

SWA ILAND * UN PROGETTO

PER I RAGA I DELLA STRADAI salesiani di Manzini (Swaziland, Sud

Africa) accanto alla normale attività sco-lastica (dalle elementari al liceo) e par-rocchiale, hanno preso a occuparsi deiragazzi della strada . L'iniziativa è stata af-fidata a padre Lawrence McDonnell, ir-landese.

Nel 1978 alcuni nostri alunni degli ultimicorsi della scuola superiore si spinseronelle strade per prendere contatto conqualcuno dei ragazzi vagabondi che vive-vano di espedienti nelle strade di Manzini .C'erano molti motivi perché i nostri stu-denti e noi ci impegnassimo in questoservizio alla comunità : anzitutto negli ulti-mi anni i ragazzi della strada erano au-mentati molto di numero ; di conseguenzaanche la delinquenza minorile era salitadel 30% ; infine gli adulti stavano reclutan-do questi ragazzi per incrementare le filadella delinquenza organizzata .

I nostri studenti invitarono alcuni ragaz-zi abbandonati a venire nel collegio pro-mettendo loro qualcosa da mangiare.Quelli vennero timidamente, e fu prepara-to per loro anche un posto per dormire.Alla fine della prima settimana c'erano giàsei o sette ragazzi che mangiavano e dor-mivano stabilmente in un rifugio provviso-rio allestito per loro . A febbraio erano salitia 22, ad aprile erano 30, sempre con si-stemazione provvisoria . Altri non si pote-rono accetare per mancanza di spazio .

Conversazioni casuali con questi ra-gazzi hanno permesso di comprendere ivari motivi della loro vita randagia . Alcunierano completamente privi di famiglia,erano cioè "un errore" commesso daigenitori, che li avevano tenuti per qualchetempo con sé e poi li avevano costretti adarrangiarsi da soli . La maggior parte eranoil prodotto di famiglie andate in rovina (e loSwaziland non ha un sistema assistenzia-le, né ha riformatori, né brefotrofi per

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bambini abbandonati) . Altri ragazzi sonoscappati di casa e i parenti non si sono piùinteressati di loro. Altri vengono in città incerca di un posto di lavoro . . . Tutti hannogià avuto a che fare con la polizia, e diversihanno già passato qualche tempo in pri-gione .

Lo scopo che ci siamo prefissi dapprimaera di restituire i ragazzi al loro ambientenaturale, ma dei vari tentativi fatti in que-sto senso solo due hanno dato risultatopositivo . Quando si era trovata la famigliad'origine, i ragazzi vi venivano restituiti ; e ilgiorno dopo erano di nuovo scappati perla strada. Lo Swaziland ha ancora unatradizione familiare fortemente radicata,che però nelle città, si sta sgretolando . Ilpadre deve restare lontano da casa per illavoro, e lascia la moglie sovente incapa-ce di imporre da sola la disciplina tradi-zionale che dava un'educazione ai figli .

Il fatto è che molti di questi ragazzi ab-bandonati non possono essere restituitialla loro famiglia, e hanno bisogno diqualche altra forma di educazione . I piùgiovani, tra i 10 e i 15 anni, li mandiamo ascuola; e le nostre scuole di Manzini dan-no educazione già a 10 di questi che orasono "vagabondi con fissa dimora" . Glialtri vengono preparati a diventare fale-gnami da un insegnante capace .

I primi, quelli che vanno a scuola, pos-sono avere all'inizio dei problemi, ma poisi sistemano bene e qualche volta hannoun'ottima riuscita . Nel gruppo dei più an-ziani, avviati a un mestiere, ci sono inveceindividui che hanno trascorso troppotempo nelle strade; di solito sono analfa-beti ; e trovano ogni scusa per sottrarsi alleforme anche più blande di disciplina . Im-parano a costruire tavoli e sedili, e hanno ilpermesso di venderli ; in questo modo sipagano in parte il loro sostentamento .

Queste sono su per giù le condizioni incui Don Bosco incominciò il suo lavoro trala gioventù povera e abbandonata. Al mo-mento i ragazzi di cui ci occupiamo hannotolto solo un piede dalla strada . La loroprincipale preoccupazione sembra siaancora di sbarcare il lunario . II nostroprogetto è solo agli inizi, ma ispirandoci aDon Bosco, e con l'aiuto di nostri amiciche ci vengono incontro economicamen-te, speriamo di riuscire a portarlo in porto .Sono troppi i ragazzi che sprecano la loroadolescenza nelle strade .

ITALIA * UN CENTRO GIO ANILE

NEL PAESE DI PIO IXI Salesiani aprono un centro giovanile a

Senigallia . Dopo tre anni di trattative e in-sistenze, il vescovo della città mons . OdoFusi Pecci lo ha annunciato ai fedeli : «Consomma gioia sono in grado di far cono-scere che i salesiani hanno accolto il mioinvito» . Questa venuta, ha precisato l'i-spettore dei salesiani, vuoi essere ancheun omaggio e un segno di riconoscenza algrande Papa Pio IX, nativo di Senigallia,che tanto bene volle a Don Bosco, e chetanto fu da lui riamato .

II Centro giovanile viene aperto que-st'autunno, per « un servizio - dice an-cora il escovo - di accoglienza, diascolto, di dialogo e di incontro con Cri-sto, offerto alla nostra gioventù » . (ANS)

ARGENTINA * I RAGA IDEL "CENTRO DI ARTI CREATI E"«Occupare il tempo libero, formare lo

spirito, accrescere la creatività è il pro-gramma che un salesiano di Puerto De-seado propone alla gioventù locale colsuo" Centro di arti creative" . E la gioventùgli risponde in modo entusiasta, impe-gnandosi nella musica, nella danza, nelcanto corale e in svariate altre iniziative .Oltre a questo obiettivo di fondo, altri sonoconseguiti dal Centro : vengono resi utiliservizi alle varie comunità nelle pubblicheoccasioni, e vengono ricuperati aspettidella cultura indigena che altrimenti an-drebbero smarriti per sempre .

Al centro di queste iniziative - lì aPuerto Deseado, piccolo centro nella pro-vincia di Santa Cruz (Patagonia) - c'è unsalesiano coadiutore : il maestro AndrésRandisi. Giovane e dinamico, ha comin-ciato otto anni fa quasi dal niente . «Ab-biamo cominciato col gruppo del teatro -racconta - . Poi con la "guitarra criolla" ;e poi, in una stanzetta di tre metri per tre,abbiamo dato vita a ciò che oggi è unavera e propria banda musicale . Poi si co-minciò a costruire, con notevoli sacrifici ilcapannone che oggi è la sede del centro» .

A questo punto si poteva accogliere unmaggior numero di gruppi artistici, espuntarono come funghi : gruppi di canto,di danza, e anche un corso di disegnotecnico. I gruppi cominciarono a esibirsifuori sede, si facevano conoscere, vince-vano i festival e venivano richiesti . Siformò anche un gruppo di Scouts, cheandò a piantare gli accampamenti anchelontano, a Còrdoba e a Buenos Aires. Peralcuni ragazzi era la prima volta che usci-vano da Puerto Deseado .

L'anno del fanciullo . Tutte queste ini-ziative richiedevano non poche spese . Sipensi agli strumenti musicali, agli amplifi-catori, alle partiture, a dischi e cassette ; sipensi ai guasti da riparare, alla luce e alriscaldamento. La banda sovente venivaricompensata per le sue esibizioni, e in talmodo era in grado di sostenere le propriespese. A volte il municipio metteva a di-sposizione un autobus per i viaggi . Ma pertutto il resto, i salesiani e i ragazzi hannodovuto cercare di aggiustarsi .

E pare che ci stiano riuscendo, perchéle attività del centro sono in continua cre-scita, e i ragazzi che si esercitano in qual-che settore artistico sono oggi 130 . Sisvolgono corsi regolari che durano tre

Alcuni ragazzi della corale e (foto in alto) delgruppo di danza, mentre provano nel "Centro diarti creative" a Puerto Deseado (Patagonia)

anni, e sono conclusi con la consegna diun diploma ufficiale, che indica la specia-lizzazione conseguita .L'anno del fanciullo ha dato molto da

fare al "Centro di arti creative", il coro,l'orchestra e il gruppo di danze dei ragazzisono stati chiamati a esibirsi da varie parti .Li chiamavano perché ragazzi, perchéportavano nel loro repertorio un messag-gio di pace e amicizia, perché diffondeva-no i ritmi dei Tehuelches e di altri popoliantichi della zona. In due occasioni ebbe-ro modo di far parlare di sé : a giugnoquando furono chiamati a Comodoro Ri-vadavia per la consacrazione della nuovacattedrale dedicata a Don Bosco ; poi inagosto quando furono chiamati nella ca-pitale. Fecero il viaggio in aereo, si esibi-rono al teatro San Martin, alla radio e allatelevisione . Non mancarono di far visita aospedali e collegi . E poiché la loro musicaaveva alto valore come patrimonio cultu-rale degli indigeni, quelli della radio hannofatto loro incidere un disco .

Il maestro Randisi spiega così il signifi-cato delle iniziative a cui ha dato vita :« ogliamo occupare il tempo libero delragazzo, offrendogli attività utili perché siformi nello spirito e lo coltivi con iniziativea lui congeniali . Lo chiamiamo "Centro diarti creative" perché cerchiamo di rispet-tare, avvalorare e accrescere la creativitàche è propria del ragazzo» .

(Riduzione dal BS argentino)

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Madrid, "Scuola universitaria Don Bosco": la lezione Inaugurale del primo anno accademico .

SPAGNA * SCUOLA UNI ERSITARIAPER FORMARE GLI EDUCATORI

Ha ormai un anno di vita ufficiale (pernon contare gli anni della sperimentazio-ne) la "Scuola Universitaria Don Bosco"che i Salesiani e le FMA di Spagna gesti-scono a Madrid . II nuovo edificio che laaccoglie, e che sorge presso la Città Uni-versitaria, è frequentato da più di 400 ra-gazzi e ragazze che domani sarannomaestri e ora ricevono una formazionecristiana secondo lo stile di Don Bosco .

In precedenza a Madrid i Salesiani e leFMA avevano un istituto magistrale cia-scuno, aperti ambedue nel 1959 . Un de-creto legge nel 1972 trasformava questotipo di istituti in scuole universitarie, el'anno seguente le due scuole salesiane- che avevano già condotto al diploma779 maestri e maestre - chiesero la fu-sione (anche per fronteggiare meglio leaccresciute esigenze dell'insegnamento) .La concessione fu accordata dapprima acarattere sperimentale, poi nel 1978 ven-

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INDIA * IL BRAMINO ASHIMPARLA A SUO PADRE DI GESU'

Padre Cyciac Kochupurakal, che inse-gna teologia ai futuri sacerdoti salesianinello studentato di Shillong (Meghalaya),ha inviato un'ampia relazione sulle vicen-de spirituali di un medico bramino hindù,che egli ha conosciuto e orientato verso lafede cristiana . Avendolo trovato interes-sato a conoscere il angelo, padre Cyciacgli aveva messo in mano alcuni libri eaveva avuto frequenti conversazioni conlui. Un giorno il medico bramino, di nomeAshim Mukherjee, gli presentò una lungalettera che stava per inviare al padrehindù . In essa si intravedeva una sugge-stiva ricerca della verità, e il lavoro dellagrazia in un mondo così lontano e diverso.Eccone alcuni spunti.

Caro papà, ho trovato la vera fede nelSignore Gesù, e ammiro lui di tutto cuore .Ho cominciato ad assistere alle funzionidella Chiesa per avere più nozioni circa lasua religione, che è l'unica fondata da Diostesso (le altre, a quel che vedo, sonostate fatte dall'uomo) . Più leggo sul cri-stianesimo, e più mi accorgo della suagrandezza : esso soddisfa veramente la

ne il regio decreto che dava riconosci-mento definitivo alla "Scuola UniversitariaDon Bosco", affiliandola all'UniversitàComplutense . Nel frattempo altri 130 titolierano stati assegnati .

1131 gennaio 1979, festa di Don Bosco, ilnuovo edificio era inaugurato alla presen-za del Cardinale di Madrid e del Rettoredell'Università. Quest'ultimo, Angel ianOrtuno, nel discorso ci tenne a dichiararela sua qualità di exallievo salesiano .Quanto al card . Tarrancon, ricordò che"l'opera di Don Bosco è stata un'opera diamore alla gioventù : amore umano e divi-no insieme, indispensabile se si vuoleconseguire l'arduo ma splendido traguar-do dell'educazione . Perciò - egli esortò ifuturi maestri - occorre consegnarsi aglialtri sempre con amore e speranza, perconquistare in tal modo il cuore dei gio-vani e incidere in loro l'immagine di Dio» .

Un programma che i 400 alievi e i 33docenti (per un terzo rispettivamente sa-lesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice e laici)hanno preso molto sul serio .

mia intelligenza. Credimi, papà, c'è uncambio in meglio in me, dal momento cheho cominciato ad avere fede in Cristo .

Ti manderò presto alcuni libri sul cri-stianesimo, e sono sicuro che li leggeraicon entusiasmo. Sei istruito, buono e pio .Non voglio darti lezioni, papà, ma piuttostoti suggerisco di conoscere anche altre re-ligioni . Ci sono nell'hinduismo certi fattoriche devono essere creduti ciecamente, eio non voglio, perché la mia fede deve es-sere poggiata sulla ragione . L'hinduismochiede a una persona di vendere o ucci-dere se stessa, a volte per mantenere oseguire le sue regole . Perché questo?Perché credere in una religione che ucci-de invece di salvare?

Certi famosi monaci hindù, come Swa-miji e Ramakrishna, hanno insegnato chec'è un Dio solo, e che egli non ha molte-plicità di forme . Allora come è possibileavere 330 milioni di dèi e dee, di ridicoleimmagini diverse? Immagini come elefanti,serpenti, e persino la pericolosissima im-magine da incubo della dea Kalì? A guar-darla si spaventa non solo un ragazzo, maanche un adulto . Dio non ha forma!

La religione cristiana è più significativadelle altre perché c'è un solo Dio, che èinvisibile come le nostre anime . I cristiani

adorano il Signore Gesù, figlio incarnatodi Dio, mandato da Dio a salvare l'umanitàe ad aprire la strada del cielo. Per questolo chiamano il loro salvatore . Invece lanostra religione insegna che Dio è appar-so sempre come un distruttore, per la di-struzione dei peccatori e malfattori . Comepossiamo adorare un Dio che non ha po-tuto salvare l'umanità dai suoi peccati?edi, papà, quanto è più bello e significa-

tivo il cristianesimo.Ti manderò un libro scritto da Sundar

Singh : "Con e senza Cristo" . L'autore,nato hindù come noi e allevato in ambien-te hindù, è diventato un famoso eremitacristiano . E' andato in tutto il mondo e hapredicato il messaggio di Cristo . Nel libroparla di un suo incontro con il shadu(santone) Rishi Kesh . Il santone era sedu-to sulla riva del Gange e molta gente sitrovava attorno a lui . Egli teneva una manolevata sulla testa . Da lontano, l'autore dellibro pensò che stesse benedicendo lagente; all'avvicinarsi si accorse inveceche le ossa del suo braccio erano slogatein modo tale che non poteva più abbas-sarlo . L'autore gli chiese come mai fossecosì handicappato. Il shadu rispose conorgoglio : «Questa mano ha rubato e pic-chiato molti, ma è arrivato il giorno in cuimi sono pentito di questi crimini e ho de-ciso di punirla come si meritava : o tagliar-la, o renderla inerte . Ho consultato il guru,e su suo consiglio ho fatto questo . La miamano ora è immobilizzata, e rimarrà persempre in questa posizione . E io ne sonoorgoglioso! »

L'autore del libro gli replicò : «Ammiro iltuo coraggio e le tue intenzioni, ma mirincresce che tu abbia distrutto un donoche ti era stato fatto da Dio . Avresti usatomeglio la tua mano se invece di distrug-gerla avessi deciso di aiutare i poveri . In talmodo avresti potuto riparare, almeno finoa un certo punto, il male causato con essa .Il vero coraggio e la vittoria su di sè con-sistono non nell'inutile distruzione dellatua mano, ma nell'aiutare gli altri usandolabene. Il mio guru, Gesù Cristo, ritiene chepiuttosto avresti dovuto tagliar via il maleche è nel tuo cuore» . A questo punto ilshadu gli saltò addosso con tale rabbia,che se avesse avuto le mani in buonecondizioni l'avrebbe picchiato .

La religione hindù ci porta a compieremolti peccati a causa di tradizioni antichee di credenze cieche . E la gioventù oggi siribella contro di esse . Invece la Chiesa èun tipo di organizzazione dove la gente siriunisce con il Cristo vivo, che attraversola meditazione e la preghiera aiuta a di-ventare santi . Dio ha creato tutte le coseper nostro uso, perché possiamo giungerea lui . Dio ci ama come figli . L'incarnazionedi Cristo ci insegna il vero cammino . . .

So che il mio papà è un vero papà, riccodi intelligenza e di sano giudizio per di-scernere il bene dal male . Per questo misento una persona fortunata, e chiedo latua paterna benedizione .

Il tuo affettuoso figlio Ashim .

Qualche tempo dopo -racconta anco-ra padre Cyriac - il bramino Ashim haricevuto il battesimo, e ora è un bravo cri-stiano, che trova nella sua professionemedica mille occasioni per vivere la caritàdi Cristo. E non le lascia passare invano.

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ITALIA * LETTERA DI MICHELAPER LA FESTA DI DON BOSCO

Le bambine della terza elementare diGuarda (Rovigo) l'anno scorso hannoscritto una lettera a Don Bosco nel giornodella sua festa . Tutte le lettere sono sim-patiche e meritevoli di pubblicazione . Ec-cone una per tutte .Carissimo D . Boscoio prego tanto perché tu mi faccia di-

ventare una tua allieva, per farmi semprepiù buona e gentile verso i genitori, versole sorelline e il fratellino .Oggi è la tua festa e voglio lodarti con

questa letterina . Le espressioni che tipresento, in questo giorno di festa, sonouscite felicemente dal mio cuore, sempreaperto. Se queste promesse non le man-terrò, fammi pentire come facevi con i tuoiragazzi ; perché io non voglio essere menobuona di loro .Tu, gentilissimo Don Bosco, sei ricor-

dato per il tuo grande amore che aveviverso i fanciulli e i ragazzi . I sogni chefacevi, penso che li avrai rivisti nel paradi-so. Anche a me piacerebbe farli : per ve-dere Te, Gesù e Maria tutta luce.Don Bosco aiutami!

Michela Della Toffola-anni 9

ITALIA * IL PROFESSOR CORRADIE LA .UNIONE DON BOSCO

Ligure d'origine,torinese di adozione.Insegnante di liceo,poi preside, poi libe-ro docente e poi tito-lare all'università diTorino . Più di 80pubblicazioni scien-tifiche . Due premidall'Accademia deiLincei (lire 1 .000 e li-re 10.000 ai tempi in

cui la lira valeva qualche cosa) . Studiosodi storia antica. E soprattutto educatore :questo è stato il professor Giuseppe Cor-radi, deceduto l'anno scorso a Torino aquasi 99 anni .Educò così : non riusciva a nascondere

la sua tristezza quando vedeva che uncandidato veniva bocciato . Lo ricordanoun giorno a Cuneo, presidente del con-corso magistrale : volle ricevere a uno auno tutti i candidati non ammessi all'esa-me orale, per spiegare con l'elaborato allamano perché la commissione giudicatricenon era riuscita a dar loro la sufficienza .

Conosceva nei minimi particolari l'ani-mo e il pensiero di Don Bosco, e si vantavadi avere a aldocco e a alsalice tanti cariamici, a partire dai Rettori Maggiori fino aigiovani insegnanti (molti dei quali suoi al-lievi) .

I salesiani gli sono grati per essere statopresidente della "Unione Don Bosco frainsegnanti" dal 1946 al 1974 . Quest'Unio-ne era nata nel 1922, attorno al servo diDio don Filippo Rinaldi, dalla dedizione dialcune insegnanti torinesi preoccupatedella vita spirituale dei loro allievi . Don Ri-naldi le incoraggiò, non nascondendo ledifficoltà che avrebbero incontrato :«Raccogliere denaro per fare costruzioni

è alla portata di tutti; raccogliere anime eunirle in un piano di apostolato è un altropaio di maniche». Invece quelle "anime"si trovarono: nel '23 venne organizzato aalsalice un convegno per insegnanti di

impegno cristiano, e fu un pieno succes-so; vi presero parte maestre d'asilo e delleelementari, insegnanti delle medie infe-riori e superiori, e perfino alcuni docentiuniversitari . Allora si pensò all'Unione,che trovò in don Rinaldi il silenzioso pro-pulsore. Il regolamento era semplice, in-centrato su un principio fondamentale :«L'Unione ha per scopo la formazionemorale e religiosa degli associati, in modoparticolare con la conoscenza e la praticadel sistema preventivo nella cura deglialunni» . Le adesioni arrivarono in breve a1 .200, l'opera si estese fuori Torino, a Ge-nova, Milano, Trento, Roma, in Sicilia .Generalmente se ne facevano iniziatori gliexallievi salesiani . Le iniziative : corsi permaestri, cicli di conferenze sul vangelo,mostre di disegno a soggetto religioso tra iragazzi . . .Nel 1946 questa "Unione Don Bosco"

fu rilanciata, ed ebbe per quasi trent'anni ilsuo presidente nel prof . Corradi . Altre as-sociazioni sono poi sorte fra gli educatori,anche in campo cattolico, ma l'UnioneDon Bosco ha ancora oggi 300 iscritti, chesi riuniscono in fraterna cordialità più volteall'anno, per un aggiornamento - final-mente spirituale - oltre che culturale .

Il prof. Corradi ha scritto il suo ultimolavoro scientifico a 95 anni (uno studiostorico su Pollenzo, cittadina del cunee-se). Un giorno il ministro Paolo Bosellidisse che «chiaro segno della benedizio-ne di Dio è il permetterci di vivere a lungo,in salute, fra la gratitudine dei beneficati» .Forse è stato vero per il ministro Boselli,morto a 94 anni, fu vero di sicuro per ilprof. Corradi, che ha chiuso gli occhi se-renamente alla vigilia dei 99 anni .(Da una comunicazione di Bernardino

Ca voretto)

ITALIA * PER PADRE MANTO ANIMONUMENTO A FORMA DI CUOREMenà di Castagnaro nella Bassa ero-

nese ha voluto dedicare al suo figlio pre-diletto, il missionario salesiano padre Or-feo Mantovani, un monumento nella piaz-za principale del paese. E' avvenuto il 7ottobre scorso, e è stato festa per tutti . Allafesta gli abitanti si sono preparati neigiorni precedenti con un incontro missio-nario di preghiera, una commemorazionenelle scuole, poi nel teatro con la comme-morazione ufficiale accompagnata da undocumentario filmato . La domenica 7, do-po la messa solenne, si è svolta la ceri-monia dello scoprimento del monumento .Due anni prima, nel decennale della

morte, Menà aveva già dedicato a padreMantovani la piazza, poi l'aveva ornatacon aiuole verdi, e aveva preparato il po-sto al monumento. Un'opera risultatamolto originale : sul basamento si erge ilprofilo di un cuore in cemento, che rac-chiude un plastico dell'india. Nel puntogeografico in cui si trova Madras, è statocollocato un medaglione in bronzo colvolto di padre Orfeo. Dal medaglione par-tono a raggiera tre "M", iniziali delle pa-

Il monumento a padre Orfeo Mantovani è a for-ma di cuore : la forma più giusta.

role : Madras, Menà, Mantovani .Questo eroe della carità cristiana aveva

costruito a yasarpady nella periferia diMadras il noto " illaggio delle Beatitudi-ni", che accoglie oggi 400 lebbrosi, quasi500 adulti rifugiati, un centinaio di ragazziche imparano un mestiere, un centinaio dianziani abbandonati, 75 figli sani di geni-tori lebbrosi, e un migliaio di ragazzi chefrequentano le scuole elementari e medie .Più la parrocchia .

Era giusto quindi che tra i discorsi uffi-ciali nel giorno dell'inaugurazione ci fossea Menà anche quello di un chierico india-no studente in Italia, che ha parlato a no-me dell'India e di Madras .

BRE ISSIME

* Prestigiatore salesiano offresi pereseguire giochi davanti al Papa, nei mo-menti in cui avesse "molto bisogno di di-strarsi" . E' don Mirko erjav, jugoslavo diLjubljana, che reduce dal «Congressomondiale della magia» ha scritto a Gio-vanni Il offrendo i suoi servigi . Egli sostie-ne che la sua arte magica gli torna utile nellavoro con la gioventù, e che l'esempio gliviene dal suo santo fondatore Don Bosco .E se il Papa lo prendesse sul serio?

* "Quaderni educativi" per insegnantie padri di famiglia vengono pubblicati inMessico a periodicità mensile . L'iniziativa,curata da padre Miguel Picasso, ha loscopo di sensibilizzare al metodo di DonBosco quanti collaborano con i salesianinelle loro opere per l'educazione dellagioventù . La pubblicazione è cominciatanell'agosto scorso ; ogni fascicolo portauna ricca documentazione : testi fonda-mentali risalenti a Don Bosco, scritti deiRettori Maggiori e di studiosi di pedago-gia, documenti della Chiesa, testimonian-ze ed esperienze dal vivo, sussidi pratici .Un eccellente strumento di lavoro .

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HO PARLATO! HO PARLATO!PER GRA IA DI MARIA AUSILIATRICE

Dai primi di no-vembre 1978 mi tro-vavo in Ospedale perulcerazione alla lin-gua. Mi misi subito incura ma tutto fu inu-tile, nessun migliora-mento. Nel mese dimaggio peggioraiancora, non potevoné mangiare né par-lare : stetti per tre

mesi senza mangiare né parlare, mutacompletamente . Finalmente mi ricoveraiall'ospedale "Centro tumori" di Cagliari, edopo gli accertamenti del caso mi miseroin cura . Ebbi un po' di miglioramento, di-minuì la grande infiammazione, ma avevometà della lingua tutta mangiata. Inco-minciai a inghiottire, ma parlare niente .

II 19 agosto 1979 mi recai a far visita auna compagna che stava in un cameroneattiguo al mio, e doveva essere sottopostaa un'operazione il 20 agosto . Mi fermai unpo', e quando stavo tornando indietro en-trai a visitare una Figlia di Maria Ausiliatri-ce, suor Giuseppina Meloni . La salutai conlo scritto, perché da tre mesi non potendoparlare scrivevo . C'era anche la sua su-periora ; io scrivevo e lei leggeva e pian-geva. Allora suor Giuseppina mi mise inmano l'immaginetta della Madonna Ausi-liatrice ; io me la strinsi al cuore e la invocaicon la fede . Dopo un poco me ne ritornaial primo piano nella mia stanza . numero115. E dopo circa mezz'ora, iniziai a par-lare invocando il nome di Maria!Nel sentirmi parlare le malate della cor-

sia del mio camerone accorsero. Ripresil'immaginetta me la strinsi nuovamente alcuore chiedendo alla Madonna di rido-narmi la salute, di poter parlare come pri-ma. Poi salii nuovamente al secondo pianodicendo a suor Giuseppina : «Sto parlan-do, suor Giuseppina! u e recitai l'Ave Mariainsieme a lei, alle altre suore e a tutte ledegenti della corsia del secondo piano .

Oggi, in data 24 ottobre 1979, sono tor-nata-al "Centro tumori" : risulta che nonho più nulla, che sto benissimo . Ricono-scente a Maria Ausiliatrice di questagrande grazia, prometto di farla onoraredagli altri con tanto amore .San Sperate (CA)

ita Cannas

PERDUTA OGNI SPERAN ANELLE PROMESSE DEGLI UOMINI

Sono exallieva delle FMA dal lontano1904, e cooperatrice da antichissima data .Nei lunghi anni di vita che Dio mi ha con-cesso (88), ho sempre sperimentato l'effi-cacia della protezione della celeste mam-ma Maria Ausiliatrice .

Anche questa volta non mi lasciò delu-sa. Un mio nipote era in attesa di un im-piego per potersi sposare, ma improvvisa-mente spuntarono molte difficoltà . Passòquasi un anno nell'alternarsi di promesse,speranze e delusioni. Un giorno lo vididepresso e sfiduciato, e allora lo esortai aunirsi alla nostra preghiera a Maria Ausi-liatrice per ottenere la tanto sospiratagrazia. Perduta ogni speranza nelle pro-messe degli uomini, non rimaneva che ri-porre in Lei ogni nostra fiducia. E non

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Í Ringraziano i nostri santi

fummo delusi. Contro ogni aspettativa,proprio all'inizio del mese di maggio mionipote poteva occupare il tanto desideratoposto, e alla fine del mese riscuotere ilprimo stipendio!Alto fonte (Palermo)

Giuseppina La Barbera ved. Di Carlo

CI RI OLGEMMO ALL'AUSILIATRICECON I A FEDE

Nel luglio 1978 mio fratello stava lavo-rando in una costruzione quando gli cad-de sull'occhio un bel po' di impasto dicalce e cemento che gli causò la brucia-tura della cornea . I medici asserirono chenon avrebbe più recuperato la vista daquell'occhio, e parlavano già di eventualetrapianto. Mia sorella e io, che siamo tantodevote di Maria Ausiliatrice, ci rivolgem-mo a Lei con viva fede, e insieme inco-raggiammo il fratello a fare tutte le curepossibili con severa scrupolosità. Controogni previsione, a settembre poté lasciarel'ospedale, e a ottobre riprese il suo con-sueto lavoro senza accusare disturbi disorta . Oggi continua a veder bene, senzatraccia di quanto gli è accaduto .Cammarata (AG)

Suor Maria Marzo

C. Trisoglio (Torino) ringrazia infinita-mente Maria Ausiliatrice per la maternaprotezione accordata a tutta la famiglia .

QUANDO LE TRUPPE DI AMINHANNO ATTACCATO

Sono missionarioin Uganda, e ognimese ho la gioia diincontrarmi con laFamiglia Salesianaattraverso il Bolletti-no Salesiano. Pur-troppo, questa gioiaè stata interrotta du-rante la guerra con-tro il dittatore Amin .All'inizio delle ostilità

chiesi a San Giovanni Bosco che salvasseme e il mio Centro Catechistico Diocesa-no, e avrei fatto pubblicare la grazia. Letruppe di Amin hanno attaccato Lira conun sadismo e una ferocia senza prece-denti, saccheggiando e devastando tutto :ufficio, aula scolastica, il grande dormito-rio, ecc . Solo il magazzino centrale, cheera il più esposto, è stato risparmiato,chissà perché . In ogni modo, io voglio rin-graziare Don Bosco perché mi ha salvatola vita : ho visto la morte a un passo! La Suapresenza ha sempre sostenuto e incorag-giato i miei catechisti nel periodo dellaformazione, e ora sono certo che il grandeamico dei giovani sarà in mezzo a noi an-che in questo duro e difficile periodo dellaricostruzione .Lira (Uganda) P. Luigi aresco MCCY

IN QUEI FREDDI CORRIDOIMI INGINOCCHIAI E PREGAI

Mio marito si tro-vava ricoveratopresso il localeOspedale Civile pervari disturbi addomi-nali che causavanoserie conseguenze,fino allo scompensocardiaco con l'alte-razione di tutti i valo-ri . Lo sottoposero auna serie di radio-

grafie, da cui risultava una massa al latodestro dell'addome che provocava l'oc-clusione intestinale. Si rendeva necessa-rio un immediato intervento chirurgico,anche se restava il fondato timore che eglinon avrebbe potuto sopportare un'opera-zione tanto delicata nelle gravi condizioniin cui versava . Dal reparto radiologicofummo mandati con la massima urgenzain chirurgia . Mentre aspettavamo in queifreddi corridoi che arrivassero gli infer-mieri per il trasporto della barella su cuigiaceva mio marito, mi inginocchiai e pre-gai caldamente San Domenico Savio, ilcui abitino avevo messo al collo del mala-to, perché mi ottenesse di conservarlo invita .

A un certo punto il radiologo volle fareun'ultima prova: un "clisma opaco" e poiun'altra radiografia . Ebbene, la massa cherisultava così nitida nelle precedenti ra-diografie, era scomparsa, con vivo stupo-re dei medici . Da allora mio marito è an-dato sempre migliorando, e ora è tornato acasa in via di guarigione .San Fili (CS) Palermo Raffaella Gentile

RINGRA IANO SAN DOMENICO SA IOinvocato facendo la novenae portando l'abitino :

Saporito Rosanna e Mario (Palestrina,Roma) per la guarigione della figlia da unagrave malattia;

oarino Rina ( Ceva, Cuneo) per una suacara amica, che nonostante le difficoltàdella gravidanza rifiutò il consiglio diabortire e diede alla luce una bella bambi-na ;

ianello Luigi (Rho, Milano) per un suonipotino, liberato con una riuscita opera-zione da una malformazione congenita ;

Barbirato Giuliana e Walter (Cavaglià,ercelli) per la gioia d'aver avuto il dono di

una creatura sana e vivace dopo una pri-ma maternità interrotta ;

Perini erni Paolo (Padova) per il figlioPier Carlo, che cresce sano e robusto no-nostante le difficoltà della nascita ;

Gazzetta Mauro e Annalisa (Genova)per la nascita di Andrea Domenico, men-

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tre il primo bimbo, tanto atteso, era mortodurante il parto ;Guida Walter (Gela, Caltanissetta) per

essere guarito da un noioso disturbo di cuinon si riusciva a trovare la causa ;Forneris Rosanna e Andrea (Roccavio-

ne, Cuneo) per la nascita di una bellabimba, dopo due maternità fallite con gra-ve rischio per la salute della mamma ;

Sorelle Romanello FMA (Santa Mariadella ersa, Pavia) perché la nipotina hasuperato felicemente una delicata opera-zione agli occhi, mentre correva pericolodi perdere la vista .

Federica Filippi ( icenza) ringrazia SanDomenico Savio perché dopo 15 anni haavuto la gioia di una cara bambina, chemette sotto la sua protezione.

Ciancarelli Anna in Tarullo (Scanno,Aquila) ringrazia San Domenico Savio perla nascita di Silvia, che pone sotto la suaprotezione.

"NON OPERARE!" SEMBRAUN A ISO DEL SIGNORE

II 19 marzo 1979eravamo intente apreparare una pic-cola accademia inonore di san Giusep-pe, quando Elsi, unanostra ragazza inter-na, venne a dire cheun occhio le facevamale. Le sue compa-gne dicevano addi-rittura che da quel-

l'occhio non ci vedeva più . Fu portatadall'oculista, ma questi, dopo una visitasommaria, disse di condurla immediata-mente dallo specialista pediatrico pressol'Ospedale dell'Università . Ivi la esaminò ilProf. Mathai, direttore del reparto di chi-rurgia neurologica . Il suo responso fu du-ro : l'occhio destro della ragazza era com-pletamente spento (si sospettava un tu-more), la stessa cosa sarebbe accaduta alsinistro, con conseguente cecità per tuttala vita . Si rendeva perciò necessario unintervento chirurgico per tentare di salva-re almeno l'occhio sinistro . Fissò l'inter-vento per il giorno dopo.Tuttavia la nostra comunità con le al-

lieve, vale a dire 2000 persone, cominciò apregare fervorosamente, chiedendo al Si-gnore, per intercessione del Servo di DioDon incenzo Cimatti, il buon esito del-l'operazione. Prima dell'intervento, il pro-fessore volle ancora esaminare attenta-mente la ragazza . E cambiò parere : decisedi tramandare l'operazione di qualchegiorno, e intanto di continuare la cura abase di medicine . Dopo un paio di giorni,in una successiva visita, il professoreconstatò che la ragazza riusciva a vederegli oggetti più grossi . Da allora, la vistacontinuò decisamente a migliorare .

Tuttavia, il professore era d'avviso chel'operazione fosse necessaria per esplo-rare la zona cranica e scoprire la causadel male. L'intervento venne fissato per le7,30 del 7 aprile . Ma anche quella volta ilprofessore volle prima procedere a unavisita accurata ; e anche quella volta deci-se di sospendere l'operazione : c'era il pe-ricolo di irreparabile infezione al cervello .

Più tardi confidò alla superiora : «Losvolgimento della situazione sembra unavviso del Signore di non operare questaragazza!» E il medesimo giorno la volleesaminare con un gruppo di dottori . Ri-sultato : l'operazione non era più neces-saria, le cose andavano bene, e la ragazzapoteva essere immediatamente dimessadall'Ospedale. Passarono tre settimane,ed Elsi fu sottoposta a una visita di con-trollo . Il prof . Mathai e l'équipe dei medicila dichiararono perfettamente guarita . Lostesso professore asserì che tale guari-gione era da attribuirsi alle nostre pre-ghiere. Ora Elsi sta bene, è felice in mezzoa noi e testimonia che la preghiera puòsempre ottenere miracoli .ellore (India)

Sr. Elisabetta George

IL MEDICO PRONOSTICA AUN GRA E PEGGIORAMENTO

Ai primi di gennaiodel 1979 per un ba-nale scivolone, miprodussi una feritaalla gamba, già ope-rata ben due volteper difetto di circola-zione. La ferita, di-sinfettata alla buonae un po' trascurata,si allargò e si appro-fondì . Il medico vole-

va prescrivere un ricovero e pronosticavaun grave peggioramento della piaga . Eromolto preoccupato : era prossimo il perio-do per la benedizione delle case, urgeva lascuola di catechismo e tutte le altre attivitàparrocchiali .Pensai di raccomandarmi al beato Mi-

chele Rua, che fu il primo salesiano venu-to a La Spezia (vi era stato inviato da DonBosco, per le trattative col escovo inmerito all'apertura di un'opera salesiana) .Fu pure Don Rua che, realizzando unapromessa sempre di Don Bosco, autorizzòe facilitò la costruzione della chiesa inonore della Madonna della Neve, la cuiimmagine è tanto cara agli spezzini .

Cessarono i dolori, la ferita si chiuse ecosì potei continuare la attività parroc-chiale senza interruzione. Ringrazio ilBeato e lo prego di continuare la sua pro-

!TO GRA IEArzone Alina - Balistreri Salvatore - Balducchi Walter -Bettino Maria - Bonfirraro Carmela - Brambilla Claudio -Branchini Giovanna - Brusati Caterina - Calella Anto-nietta - Cannata Angelina - Catanese Luigi - Cenci Bian-ca - Chiesa Maria - Claus Elvira - Colonna Silvana -Comeglio Franca - Corona Umberto - Covelli Luigi -Crepaldi Irene - D'Ascola Antonia - Demmi Maria - DePalo Caterina - Famà Giuseppina - Fanton Giovanni -Ferraro Maria - Franchi Concetta - Garibaldi Giorgio -Giachino Maria- Giraudi Stefano- Girelli Rosa- GranatoLiliana - Gribaudo Fam . - Gulino Concetta - LaddomadaAniello - Ladu Anania - Ledda Maria - Leanza incenza -Lonis R . Domenico - Lumia Calogero - Manca Angelino -Mandelli Maria - Mannelli Gianni - Melfi Rosetta - MeliDomenico - Montegiri Antonio - Morelli Elvira - MorettiMargherita-Morendo Maria - Musso B . Caterina-NovelliSilvia - Oggioni Luigia - Ortone Silvia -Parlai Domenico -Pastor R is Ambrosina - Pereno Matilde - Pibiri Benigna -Piccardo Giacinto - Piccone Loretta - Pronzato irginia -Quaglia Pier Luigi - Quattrini Giorgio - Rebaulaz Lucina -Rinaldi a. Maria - Robba Giulia - Robiolo Maria - Rebou-laz Lucina - Rodi Paola - Rolandino Bianca - Rolle Irma -Rollo Raffaela - Romagnoli Clelia - Romagnolo Secon-

tezione sul mio lavoro pastorale.La Spezia Sac . Giuseppe Oldani SDB

Miceli Clelia (Palermo) ringrazia il beatoMichele Rua per essere riuscita a supera-re il tormento degli scrupoli che le impedivano di accostarsi con fiducia ai santiSacramenti .Merendino Rosa (Palermo) ringrazia il

beato Michele Rua per la guarigione delcognato da una grave malattia .

MI A E A INCORAGGIATOA PARTIRE MISSIONARIO

Nel febbraio del1973, mentre ero di-rettore della ScuolaAgricola Salesiana"Las Mercedes" inTerra del Fuoco, feciuna brutta caduta,spezzandomi il pero-ne e la tibia . Ricove-rato in ospedale, fuisottoposto a trazioneper ridurre la contra-

zione muscolare, in attesa di operazione .Ma io pregai tanto, insieme con i fratelli ele FMA, don Filippo Rinaldi, che avevoconosciuto a Penango e mi aveva inco-raggiato a partire missionario . II 1° marzoebbi la netta sensazione che l'osso fossetornato a posto, il che fu confermato dasuccessiva radiografia, con meraviglia deidottori . Così l'operazione fu evitata, e mela cavai con l'ingessatura e tanta pazien-za. Però i dottori avevano previsto l'insor-gere di un'artrite che mi avrebbe datomolto fastidio. Invece sono passati ormaisei anni e non ho sentito alcun disturbo .Tornato in Italia per il 65° di nozze dei mieigenitori, sono andato a ringraziare donRinaldi, e a pregarlo che mi aiuti nel mionuovo ufficio di parroco, dopo essere sta-to per 46 anni nella Patagonia e Terra delFuoco .Catemu (Cile)

Sac. Sabino Servidei

ianello Luigi (Rho, Milano) ringraziadon Filippo Rinaldi per la guarigione di unfiglio da una grave forma di esaurimento .

Lo ringraziano pure, per grazie ricevute,suor . Celina, e l'exallievo Paolo di al-lecrosia (Imperia) .

dina- Romano Concetta - Romeo Amelia - Romeo Fiori-na - Ronc Giovanni - Rossetto Adelaide - Rossi Egidia -Rossignolo Ugolino - Rosboch Giuseppe - Rovelli M.Luisa-Scalfa Giuseppa - Tirendi Corrado - Tirendi Nun-ziata - Tittarelli Rina - Todde Lidia - Tolassi Ada - TondiniRoberta - Toniollo Lorenzo - Tornambé L. Maria - TorreGiuseppa - Toscano Angelina - Trapani Carmela - Tra-versa Domenica - Traversa Maria - Trimarchi Carmela -Triolo Gioconda - Trischitta Ins. Francesca - Trisotto Pia- Trossello Michele - Trovato Lucia - Trucco Luigi - TrulliRosa - Tubaro Eugenio - Turconi Gianna - Tutino M.Antonietta - Ubriaco Marietta - Usola Angelo - aghiniRenza - alastro Giovannina - alchiusa Marta - alen-tini ittorio - ales Dina - anzetti Francesco - assalloRosa - edovato Luigi - entura Francesco - enturi Ida-ercellotto Bianca - eronesi Francesco - erri Dina -ico Clotilde - iganò Elsa - ignadocchio Marisa - i-

lardi Maria - illa Maria - iola Delia - ischioni Lorenzo -iti Olga - olpini alentino - oyat Gianni - olponi

Ester - olpato Corinna - uillermoz Giacomina - XolleRosina - accaria Giuseppina - aghet Elvira - ambonGiuseppina - ampieri Anna - ancanella Alessio - a-nello Leonardo - anghi Maria - ani Caterina - anninoElvira - erlone Maria - imaglia Carolina - alia M . Lu-cia .

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Preghiamo per i nostri morti

SALESIANI

Baraldi Coad . Domenico t a Bologna a76 anniHa servito la Congregazione nello specifi-co settore delle Scuole Professionali . Co-me lavoratore ha creduto nella formazioneprofessionale, e si è dedicato con passio-ne a insegnare l'arte del calzolaio . Comeeducatore ha condiviso con i giovani lasua vita e le sue capacità, animando an-che la banda musicale. Come salesiano hacondiviso coi confratelli la serietà dell'im-pegno religioso e l'amicizia, fino alla fine,quando ormai non poteva più lavorare, maoffriva la sua vita per l'efficacia del lorolavoro tra i giovani .

Bottin Coad. Alberto t a Monteortone(Padova) a 79 anniFu un coadiutore umile e docile : la fedeltàera legge per lui . Fu infermiere sollecito epaziente, occupava le ore libere nel lavorodi sarto che aveva appreso in gioventù, oconfezionando corone del rosario, o cu-rando i fiori, che tanto amava . Possedevaun vero spirito di preghiera: le pratiche dipietà e le funzioni liturgiche erano per luiuna gioia. Ora di lassù prega per tutti noi,come ci ha promesso.

Macrino Coad . Giovanni t a GE-Sam-pierdarena a 86 anniSi era formato abile sarto a San BenignoCanavese, e poi si era consacrato a Dionella vita salesiana, nutrita di lavoro in-tenso e silenzioso, di pietà intima e riser-vata, in piena fedeltà alla sua vocazione .Era appassionato di musica, e fu maestrodi benemerite bande musicali ; alla gioiadella musica univa quella di un'ingenuacreazione di rime estemporanee, sroto-lando nella familiarità conviviale intermi-nabili e bizzarre filastrocche . Queste suecaratteristiche di coadiutore salesiano diantica pasta hanno reso efficace la suapresenza educativa tra i giovani .

Rauco Coad. Mario t a Leonessa (Rieti)a 62 anniSperimentò fin da piccolo il dolore di per-dere la mamma e la durezza del lavoro perguadagnarsi la vita . La seconda guerramondiale lo portò sui fronti dell'Albania edella Jugoslavia. Ivi emerse il suo profon-do spirito cristiano, che si manifestava nelconforto spirituale prodigato ai compagnid'arme ; e ivi maturò la sua vocazione sa-lesiana. Emise i voti nel 1945, e si dedicòcon entusiasmo ai diversi lavori che l'ub-bidienza gli affidava . Sopravvenne troppopresto un male incurabile, ed egli si di-spose alla chiamata dei Signore con l'abi-

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tuale serenità del suo spirito. La sua vitaesemplare fatta di laboriosa umiltà, dibontà, di dedizione e anche di delicatoumorismo, gli conquistò la simpatia diquanti lo conobbero .

Schiosser Sac. Giuseppe t a Roma a 78anniEra nato in Ungheria, poi venne a Roma efu attratto dall'ideale salesiano . Possede-va una singolare propensione per la mu-sica, e seppe coltivarla con risultati cheattirarono l'attenzione e la stima dei mi-gliori maestri di musica sacra . Per 18 annifu assistente e sostituto di mons . irgili,direttore della Cappella musicale di SanGiovanni in Laterano . Si esibì in memora-bili esecuzioni in diverse nostre case d'I-talia e all'estero . Possedeva l'arte di edu-care i giovani cantori al gusto musicale,unendo alla necessaria disciplina una pa-terna comprensione, per cui era molto sti-mato e molto amato . Negli ultimi anni lamalattia lo costrinse a rinunciare ai suoiimpegni . Accettò con fede la sofferenza esi preparò all'incontro col Signore facen-do della sua vita e della morte un sacrificiogradito a Dio.

Scolari Coad. Angelo t a Torino a 76anniDiventato salesiano a 26 anni, conseguì ildiploma di infermiere, e per 40 anni prestòil suo servizio nella Casa di aldocco. Unservizio eroico, in cui si donava senza ri-serve giorno e notte . Il numero degli am-malati e degli anziani cresceva con gli an-ni ; alcuni tornavano dalle missioni esaustie logori, bisognosi di cure e di assistenzacontinua . E Angelo era sempre pronto arispondere anche a sei, otto chiamatenotturne, per trovarsi ai suo posto ancorprima dell'alba per le pratiche di pietà e iservizi ordinari . Il segreto della sua caritàera la pietà : l'amore di Dio alimentato inchiesa continuava nell'amore ai fratellinell'infermeria. Tra gli ammalati da lui as-sistiti ci fu anche il Rettor Maggiore donRicaldone e il Prefetto Generale don Ber-ruti . II venerando don Sante Garelli lo de-finisce : «Angelo di nome e angelo di fatti :di carità, di purezza, di pietà, di pazienza edi sorridente bontà» .

Trabucchi Sac. Pietro t a Bogotà (Co-lombia) a 54 anniPartì per la Colombia subito dopo la guer-ra, e cominciò il lavoro tra i lebbrosi diAgua de Dios . Al primo incontro coi ra-gazzi lebbrosi, un lebbroso gli offerse ilfischietto che teneva in bocca per arbitra-re la partita . Don Pietro lo accettò supe-rando ogni ripugnanza, perché di tutti si

sentiva fratello . Lavorò tra migliaia di ra-gazzi della parrocchia, dell'oratorio, dellescuole professionali . Fu nominato cap-pellano delle Forze Aeree, a cui si dedicòcon entusiasmo, conquistandosi la sim-patia dei soldati e degli ufficiali . Spiccavasu tutti per la corporatura, ma più ancoraper la bontà, la gentilezza, la grande ca-pacità di capire le miserie altrui . La mortelo fermò nel pieno delle sue attività .

COOPERATORI

Badolato Brigida In Saladino t a Cam-poreale (Padova) a 89 anniFu madre esemplare e seppe formare cri-stianamente i suoi figli. Era fervente coo-peratrice, e lavorò instancabilmenteperché i Figli di Don Bosco venissero aCamporeale. Fu in modo particolare de-vota di Maria Ausiliatrice, che la chiamò alpremio eterno nel giorno a lei consacrato,il 24 ottobre.

Ballottini Giuseppina In ambruno t inAlessandria a 79 anniEra un'anima profondamente cristiana,eattinse dalla sorella suor Annunziata edalla lettura assidua del Bollettino Sale-siano l'amore all'Ausiliatrice, a Don Bo-sco, e la gioia di cooperare alle missionisalesiane, specialmente dell'india. Porta-va ovunque l'esempio di nobili virtù e dibontà, sempre pronta a collaborare alleiniziative di bene. Quest'anno aveva par-tecipato con più intensa gioia agli EserciziSpirituali delle Cooperatrici, e irradiava ilfervore attinto in quei giorni : un mese do-po, un improvviso malore ne stroncò larobusta fibra .

Bianco Ester t a TorinoCooperatrice zelante e generosa, col-laborò con passione alle missioni salesia-ne prestando la sua opera nel LaboratorioMissionario, adottando un bimbo indige-no, e mantenendo rapporti epistolari condiversi missionari.

Boratti Ettore t a TorinoAntico allievo dell'Oratorio San Luigi e dialdocco, fu umile e generoso coopera-

tore. Fu esempio di vita cristiana e di la-boriosità, appresa alla scuola di Don Bo-sco e degli altri suoi educatori .

Cane Pietro t ad Asti a 76 anniTutta la sua vita è stata un esempio di de-dizione al lavoro, di sostegno alla famiglia,di autentica vita cristiana, coerente aiprincìpi della sua fede . Quando nel 1919 fu

aperto in Asti l'Oratorio salesiano, fu tra iprimi a frequentarlo, e non lo abbandonòmai più : ne visse i momenti lieti e quellidolorosi come in una seconda famiglia .Pochi mesi prima della morte si era dedi-cato con passione alla stesura del numerounico « Il Don Bosco di Asti », in occasionedel 25° della morte di don Alfredo Marcoz( cfr. BS di nov . 1979, p. 6-7). La sua caritàlo spingeva a dedicarsi con spirito sale-siano ovunque c'era bisogno e sofferenza :alla parrocchia, come ai poveri della Sanincenzo e ai carcerati .

D'Agostino ittorio t a TorinoFu uomo di alta cultura, professore di let-tere e filosofia in vari Istituti statali, col-laboratore delle riviste Convivium, Gym-nasium, Didaskaleion, fondatore e diret-tore di Studi Classici. Perciò fu insignitodel titolo di Commendatore e Accademicodell'Accademia Sant'Andrea di Roma . Mal'anima della sua cultura era profonda-mente cristiana : l'aveva attinta dallo stu-dio dei Santi Padri e dallo spirito di DonBosco, di cui era entusiasta, e il cui meto-do praticava nel suo insegnamento . Fusempre convinto e generoso collaborato-re delle opere salesiane .

Gelsomino Pesce Olga t a arazze a 83anniEra persona notissima nella vita studente-sca di generazioni di varazzini : fino a po-chi anni fa era stata bidella e secondamamma di centinaia di scolari . Il suo ca-rattere gioviale e sincero l'aveva resaamata e rispettata da schiere e schiere diragazzi, che da lei hanno imparato tantecose che la scuola non insegna, e perciòl'hanno sempre ricordata . Ha dato a DonBosco il figlio don Andrea . Collaboravaall'opera salesiana animata dalle tre gran-di promesse di Don Bosco: pane, lavoro eparadiso.

Maiolino Francesco t a Bologna a 66anniSi era distinto come funzionario dellaQuestura di Bologna, stimato da tutti per lasua bontà . Amava e aiutava l'opera di DonBosco .

Pisano Delas Erminio t a Serrenti (Ca-gliari) a 79 anniTrascorse la sua vita in semplicità cristia-na, dedicandosi con generosità al benedella famiglia. Fu cooperatore secondo ilcuore di Don Bosco, e la sua gioia piùgrande fu l'avergli donato una delle suefiglie tra le FMA . Amò molto la Madonna,ed essa venne a prenderlo di sabato, perportarlo nella Casa del Padre .

Bracco AlinaCarbone Rag . Cesare t BresciaCensi dott . Olivero t ComoCorti Anita t Brunate (Como)Fussotto EmilioGrollero Caterina ved. Cosso t AlassioMaestri Eugenio t AlassioMonteu Fasslot MaddalenaMoretti Marisa t ComoSalada Emma t Alassioargas Enrica t Alassio

A quanti hanno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIRE-IONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA, ricono-

sciuta giuridicamente con D.P . del 2-9-1971 n . 959, e L'ISTITUTOSALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente perso-nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n . 22, possono legalmente ri-cevere Legati ed Eredità .

Formule valide sono :

- se sitratta d'un legato : « . . .lascio alla Direzione Generale OpereDon Bosco con sede in Roma (oppure all'istituto Salesiano per lemissioni con sede in Torino) a titolo di legato la somma di lire . . . .(oppure) l'immobile sito in . . . per gli scopi perseguiti dall'Ente, e parti-

colarmente di assistenza e beneficenza, di istruzione e educazione, diculto e di religione-

- se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno ol'altro dei due Enti su indicati :

< . . .annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria . Nomi-no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco consede in Roma (oppure l'istituto Salesiano per le Missioni con sede inTorino) lasciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo, pergli scopi perseguiti dall'Ente, e particolarmente di assistenza e bene-ficenza, di istruzione e educazione, di culto e di religione» .

(luogo e data)

(firma per disteso)

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Borsa : Don Rinaldi, in memoria e suffragiodi Storero Ernesto, a cura di Gillio Maria,Rivalta Torinese L . 500 .000

Borsa : S . Giovanni Bosco, S.G . Catasso,S . Giuseppe Cottolengo, per grazia rice-vuta, a cura di Candellero Maria, Roma L .500 .000

Borsa : Maria Ausiliatrice, per ringrazia-mento, a cura di Bregoli Giov . Maria, Pez-zare (BS) L. 300 .000

Borsa: In memoria e suffragio di L&uigiBlandino, a cura della moglie, figli e pa-renti, Torino L . 200 .000

Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bosco,per grazia ricevuta, a cura dei F .lli Maran-zana, Casalcermelli (AL) L. 200 .000

Borsa: S. Cuore di Gesù, Maria Ausiliatri-ce e S . Giovanni Bosco, in suffragio deimiei defunti, a cura di ercelli GiuseppinaL .200 .000

Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di Bondiitali Livia, Forlì L . 150 .000

Borsa: Don Bosco, fa che i miei mortiproteggano i vivi, a cura di N .N . L . 150 .000

Borsa: S. Domenico Savio, proteggi i mieinipotini, a cura di N .N . L. 150 .000

Borsa: S. Giovanni Bosco, in suffragio diNicoletti Michele di Caltanissetta, a curadel Direttore Amministrativo e dei sanitaridell'ospedale di S. Cataldo (CL) L. 105.000

Borsa : Beato Don Rua, in suffragio deimiei defunti, a cura di Nogara Sandra,Sellano (CO) L . 100.000

Borsa : Maria Ausiliatrice e S. GiovanniBosco, in suffragio dei miei genitori, a cu-ra di Tuninetti Gabriella, Roma L . 100.000

Borsa : Maria Ausiliatrice e S. GiovanniBosco, per felice risoluzione d'una difficilesituazione, a cura di Pugliesi Alina, Nepi( T) L. 100.000

Borsa : Maria Ausiliatrice, S . GiovanniBosco e S . Domenico Savio, invocandoprotezione e grazia, a cura di DelboscoCaterina, Pessione (TO) L . 100 .000

Borsa : Padre Mantovani, a cura di PuanoStefano, Torino L. 100 .000

Borsa : Maria Ausiliatrice e S. GiovanniBosco, per grazia ricevuta e invocandoprotezione, a cura di Faccenda Maria, Ali-ce Castello ( C) L. 100.000

Borsa : Maria Ausiliatrice e S. DomenicoSavio, per grazia ricevuta e in suffragio deidefunti della famiglia, a cura di N .N . Bra(CN) L. 100 .000

Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, a cura di eida Rosa, Leumann-Rivoli(TO) L. 100 .000

Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, per impetrare grazia, a cura di ibertiMaria (CN) L. 100 .000)

Borsa : Mons. ersiglia e Don Caravarlo,per ottenere grazia, a cura di N .N ., TorinoL.100 .000

Borsa : SS. Cuori dl Gesù e di Maria, inringraziamento, a cura di Marocco Anna eMaria L. 100 .000

Borsa: Don Bosco, chiedendo protezioneper mio figlio e per tutta la famiglia, a curadi Maggioni Fusi Enza, Barzanò (CO) L .100 .000Borsa : S . Cuore di Gesù, Maria Ausiliatri-ce, S. Giov . Bosco, invocando protezioneper la famiglia e in suffragio dei defunti, acura di Dalmasso Caterina, S . Anna diBoves (CN) L . 100 .000

Borsa : Don Bosco, in suffragio di ForleoLodovico, a cura della famiglia, Carosino(TA) L . 100 .000

Borsa : Maria Ausiliatrice, a cura di PerottiGiorgio, Rivoli (TO) L . 100.000

Solidarietà missionaria

Borsa : S. Giovanni Bosco, in suffragio deifamiliari defunti, a cura di Cubeddu Elena,Seneghe (CA) L . 100 .000

Borsa: S . Cuore di Gesù, in memoria esuffragio di ecchi Alessandro, a cura de-gli alunni Scuola Media S . G . Bosco,Faenza (RA) L . 100 .000

Borsa: S . Pio X, in suffragio dei miei suo-ceri Gustavo e aleria Monaro, a cura diMatteotti Prof . Giuseppe, Padova L.100 .000

Borsa: Maria Ausiliatrice e S . GiovanniBosco, in suffragio dei miei morti, a cura diBorgna Rosa, Priola (CN) L . 100.000

Borsa Maria Ausiliatrice, in suffragio diMaria Paccioretti e genitori e chiedendosante vocazioni, a cura di Paccioretti Sr .Antonietta, Castellanza ( A) L. 100 .000

Borsa : Mons. Cimatti, con riconoscenza eimplorando protezione, a cura della Co-munità Salesiana di Borgomanero (NO) L .100.000

Borsa : Don Bosco, a cura di Maretti Fran-chi Felicita, Offlaga (BS) L . 70 .000

Borsa : Maria Ausiliatrice, Don Bosco, S.Domenico Savio, per grazia ricevuta, acura di Cavanna Paolo, Alassio (S ) L .70 .000

Borse di studio per giovani missionari salesianipervenute alla Direzione Generale Opere Don Bosco

Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, per impetrare grazia, a cura di iberti-Cerri (CN) L . 65 .000Borsa: Maria Ausiliatrice e S . GiovanniBosco, per grazia ricevuta, a cura di SpiniCesarina e Maria, Campo Tartano (SO) L .65 .000

Borsa : Maria Ausiliatrice, invocando pro-tezione per la sorella Teresita, a cura diGalimberti Rina ved . Fraschini, Milano L.60 .000

Borsa : Pier Giorgio Frassati, invocandoprotezione per la sorella Teresita, a cura diGalimberti Rina ved . Fraschini, Milano L.60.000

Borsa : Pier Giorgio Frassati, invocandoprotezione per i miei nipotini, a cura diCapra Lucia, Chiari (TO) L. 60 . 000

Borsa : Maria Ausiliatrice, in suffragio del-la moglie Giovanna, a cura di PelliccioniGiovanni, Porcari (LU) L. L. 60 .000

BORSE DI LIRE 50 .000

Borsa: Maria Ausiliatrice, S. GiovanniBosco e S. Domenico Savio, invocandoprotezione per Alessandro e Giorgio, acura di Infanti Sorelle ; S . ito al Tag . (PN)

Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, a cura di Sala Giovanna, (P )

Borsa: S. Giovanni Bosco, per esito esa-mi, a cura di L .G ., Genova

Borsa: Maria Ausiliatrice, in suffragio deidefunti e invocando protezione, a cura diInvernizzi Adele, Truccazzano (MI)

Borsa: Maria Ausiliatrice, in memoria esuffragio della mia mamma Lucia Gatta, acura di Sr . Angela G.

Borsa: Maria Ausiliatrice e S. GiovanniBosco, invocando protezione sulla miafamiglia, a cura di T.G .

Borsa: S. Giovanni Bosco e Beato M . Rua,invocando grazia, a cura di T .G.Borsa: Avv. Benvenuto Abate (Modena), inmemoria e suffragio, a cura di E.E ., (Fos-sano)

Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di RobbaSusanna ved . Robino, Torino

Borsa: Don Bosco, per grazia ricevuta, acura di Landini Maddalena, Torino

Borsa: Maria Ausiliatrice e S. GiovanniBosco, in ringraziamento e invocandoprotezione, a cura della Famiglia Garelli,illanova Mondovì (CN)

Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bosco, inringraziamento e in suffragio dei miei de-funti, a cura di Pagano Giuseppina, Torino

Borsa: Maria Ausiliatrice, a ricordo dellaMessa d'oro di un Salesiano, a cura diN.N ., Torino

Borsa: Maria Ausiliatrice e S. GiovanniBosco, per grazia ricevuta, a cura di Ali-fredi Edoardo, Torino

Borsa: Maria Ausiliatrice e S . GiovanniBosco, per grazia ricevuta e invocandoprotezione pei famigliari, a cura di M .B .G .,Torino

Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Giovanni

Bosco, per grazia ricevuta, a cura diGrandelli Nazzarena, Milano

Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bosco,per grazia ricevuta, a cura di agarolo Ar-mida, Terracina (LT)

Borsa : Maria Ausiliatrice, implorandograzie, a cura di Spinelli Rachele, ( A)

Borsa : Maria Ausiliatrice, S. GiovanniBosco e S. Domenico Savio, in ringrazia-mento e invocando protezione, a cura diBaietto Rissone Rosetta, Dusino S . Mi-chele (AT)Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, a suffragio dei miei defunti e per la sal-vezza dei familiari, a cura di Lucci MariaCuicchi, (AN)

Borsa : Don Bosco, a cura di Moro Noè,Ovaro (UD)

Borsa : Don Bosco, in ringraziamento, acura di Pucci Rosy, Firenze

Borsa : Maria Ausiliatrice, Don Bosco,Don Rua, per grazia ricevuta e implorandoprotezione, a cura di Fulginiti Francesco,Montepao,(C )Borsa : Maria Ausiliatrice, a cura di NoliAdele, Rogoredo (MI)

Borsa : S. Cuore di Gesù e Maria Ausilia-trice, in suffragio dei miei defunti e invo-cando protezione, a cura di ColombanoRenzo, ignale Monf . (AL)

Borsa : Santi Salesiani, in suffragio deimiei defunti e invocando protezione sullafamiglia, a cura di Maroso Pia, icenza

Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bosco, insuffragio dei miei defunti e invocandoprotezione, a cura di N.N.

Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bosco, asuffragio dei miei familiari defunti, a curadi Merlo Eletta, Ticineto (AL)

Borsa : Don Bosco, a cura di Caprini AnnaMaria, Roma

Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bosco,perché proteggano i nipoti Enzo e Natalìa,a cura di Fisichella Nunzia, Parma

Borsa : S. Cuore di Gesù, Maria Ausiliatri-ce e Don Bosco, per ringraziamento e in-vocando ancora grazie, a cura di A.S .,Cerveteri (Roma)

Borsa : Lucchini Paolo, in memoria e suf-fragio, a cura di Pagani T . ved . Lucchini

Borsa : In memoria e suffragio della sorellaMaria e invocando benedizioni, a cura diDe Mazzi Giuseppina, S . Martino di L . (PD)

Borsa : Maria Ausiliatrice, per necessitàfamiliari, a cura di Grussu Giuditta, Mogo-ro (OR)Borsa : In memoria e suffragio del Sac. D.Benedetto Cappella, a cura delle sorelle

Borsa : Perché mia figlia ha trovato un po-sto di lavoro, a cura di Galli Renzo, (MI)

Borsa : Maria Ausiliatrice e S . GiovanniBosco, in ringraziamento e in suffragio diPiero e Angelina, a cura di N .N .

Borsa: Maria Ausiliatrice, S . GiovanniBosco e S. Domenico Savio, in suffragiodel marito e invocando protezione sullafamiglia, a cura di R .A., S . Giov . Bianco(BG)

Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di M .G .P.

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Spediz. in abbon . postale - Gruppo 2° (70) - 18 quindicina

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PATRICKSEGAL

LA ITAPUOI

RICOMINCIAREFerito da un colpo di pistola, Patrick Segai, 24 anni, perdel'uso delle gambe. Condannato sulla sedia a rotelle, Patricknon si rassegna : decide di diventare fotoreporter e, unanno dopo, si imbarca per la Cina. Questa è la suastraordinaria biografia ; la storia,_ giorno per giorno, delsuo coraggioso ritorno alla vita . E un libro che porta unmessaggio di speranza, di fiducia, di fede.

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