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Chiuso in redazione alle 20,30 I COMMENTI DI WWW. EUROPAQUOTIDIANO. IT MARIO L AV I A U n Bignami del Renzi-pensiero, questo è stata la conferenza stampa di fine anno del premier, il tradizionale appunta- mento organizzato dall’Ordine dei giorna- listi («non fatemi dire cosa penso degli Or- dini professionali..», ha detto carinamente il presidente del consiglio al presidente dell’Ordine Enzo Iacopino lì a fianco che gli ricordava i problemi dell’editoria – ivi com- prese le ultime brutte notizie su Europa). Due ore e mezza, 24 domande, tanti sas- solini e altrettante svicolate. Come sulla imminente elezione del presidente della repub- blica: tre, quattro, cin- que domande dei gior- nalisti, ma lui niente, forlanianamente, tranne le solite cose, Napolita- no è tuttora in carica ed è un grande presidente, si troverà un nome auto- revole, nessun veto da parte di nessuno, certo che Berlusconi è legitti- mato a stare nella parti- ta... Nulla di notiziabi- le:, d’altronde «io non gioco a Indovina chi, non gioco a ping pong sul Colle». In una conferenza stampa inevitabilmente segnata dagli interroga- tivi e dal susseguirsi di notizie sulla tragedia della Norman Atlantic – lui stesso aggiornava sui fatti – Renzi, impegnato per tutta la giornata e la notta- ta di domenica a seguire gli sviluppi della situazione, ha più e più volte elogiato le operazioni di soccorso. «Un lavoro strepi- toso, è stata evitata un’ecatombe», ha det- to il premier quando i morti accertati an- cora erano cinque e non otto e non si cono- sceva ancora niente della sorte dei dispersi. A palazzo Chigi si è lavorato minuto per minuto, con Alfano, Lupi, Pinotti, gli staff, gli esperti. Una notte pazzesca per una vi- cenda pazzesca. Poteva finire peggio, molto peggio. «L’intervento è stato eccezionale – hanno poi rincarato Pinotti e Lupi nel pomeriggio – certo resta il dolore per le vittime». Ma tornando alla conferenza stampa di fine anno in generale Renzi ha ribadito tan- te cose che si sapevano già. Le ha chiarite, semmai, anzi le ha rivendicate, si è assunto la responsabilità di un eventuale fallimento «ma certo non si potrà dire che non ci ab- biamo provato», e neppure ha scansato le critiche, perché – ha spiegato – «i gufi non sono quelli che ce l’hanno col governo Ren- zi, sono quelli che ce l’hanno con l’Italia». Renzi ha affrontato i nodi legali alla po- litica economica, escludendo peraltro il rischio-contagio in seguito alla crisi greca e rivendicando il merito dei salvataggi di questi giorni, Termini Imerese, Meridiana, Terni, Taranto e Piombino. Ma inevitabili sono arrivate le domande sul Jobs act, o meglio, sull’interrogativo se la normativa riguardi anche i dipendenti pubblici. «No, sono io che ho chiesto di stralciare la que- stione perché il pubblico è affrontato nella legge Madia, non nel Jobs act». Intendia- moci: per il premier «se un dipendente pub- blico non lavora va punito, se lavora va pre- miato». Renzismo puro. Ma lo strumento non è il Jobs act, che ri- guarda, appunto, il lavoro privato, fine della polemi- ca, il resto è «scontro ide- ologico». Ancora, fretta sulla legge elettorale (sugli emendamenti di Calderoli scatterà il “canguro”), fretta sulla riforma del se- nato, fretta sulla riforma della giustizia. È sempre renzismo: «La parola del 2015 è la stessa del 2014: ritmo. Dare un senso di urgenza perché l’Italia si riprenda il suo ruolo nel mondo». Un concetto così spiegato: «Nel 2014 è cambiato il ritmo della politica. Il percorso di cambiamento è sotto gli occhi di tutti, ma a me non basta, a me interessa cambiare profondamente l’umore degli ita- liani». E ancora: «L’Italia ce la farà, è un grande paese vivo vera sfida del 2015 è far tornare l’Italia a correre». Per poi conclu- dere con una battuta: «Mi sento come Al Pacino in Ogni maledetta domenica che cerca di dire ai suoi che ce la possiamo fare». Siamo dunque sempre lì, ottimismo e velocità, i due ingredienti fondamentali del cocktail che Matteo Renzi ha proposto agli italiani ottenendone un ampio credito. So- no proprio gli stessi ingredienti che dovreb- bero fungere da antidoto ai mali veri dell’I- talia: pessimismo e lentezza. Non è facile il 2015 che si va ad aprire, ma è l’anno giusto per capire se avrà avuto ragione lui, o il disincanto degli italiani. @mariolavia E DITORIALE A far paura è Bruxelles, non il voto greco ROBERTO SOMMELLA L’ errore più grande nell’affron- tare il nuovo caso Grecia sa- rebbe quello di mettere in discus- sione l’autodeterminazione dei po- poli. Tutti i partiti euroscettici non aspettano altro, per poter dire che l’Europa così come è va buttata a mare con tutto il bambino, rappre- sentato in questo caso dalla mone- ta unica. Aver paura delle elezioni democraticamente previste dalla Costituzione ellenica – come sem- brano mostrare i mercati che hanno punito pesantemente il listino di Atene e fatto rialzare lo spread ita- liano facendo cadere anche la borsa di Milano – è profondamente sba- gliato. Il paese di Pericle è già passato più volte per le urne, in momenti ancora più difficili come tre anni fa, e tutta l’architettura comunitaria è rimasta comunque in piedi nono- stante le Cassandre della specula- zione volessero una sostanziale so- spensione dei diritti elettivi nei pa- esi più coinvolti dalla crisi. Dare la parola agli elettori non può e non potrà mai diventare una fonte di ri- schio in una società democratica. Il problema è un altro: la mal funzionante catena di trasmissione tra le decisioni che si prendono a tavolino a Bruxelles e vengono poi messe in pratica dalla Troika, e la gestione della sovranità in patria. La crisi greca ha assunto l’ab- norme dimensione di oggi – 240 miliardi di dollari di prestiti, pari a circa il 100% del Pil, riduzione del 30% del reddito disponibile, 25% di disoccupazione – perché l’Unione europea nel 2010, quando Atene di- chiarò di fatto il suo default, è in- tervenuta in ritardo e solo quando la Germania, le cui banche erano pesantemente coinvolte nel disse- sto finanziario greco, diede il suo assenso. Allora, è bene ricordarlo pro- prio oggi, quando il paese si appre- sta ad andare ad elezioni nel pros- simo gennaio con la possibilità che vinca il partito di Syriza, sarebbero bastati 40 miliardi di euro per ta- gliare la testa al toro ed evitare guai peggiori. Invece si è traccheggiato, arrivando al punto in cui un salva- taggio sta costando più di un falli- mento. segue Il coach ci crede. Renzi sprona l’Italia a trovare il ritmo n n LA CONFERENZA STAMPA DI FINE ANNO Caro Pd, non si può fare Europa senza Europa n n COMUNICATO COMITATO DI REDAZIONE A fronte dello sconcertante silen- zio con cui il Partito democra- tico ha accolto l’annuncio del diret- tore Stefano Menichini di non par- tecipare alla nuova Europa targata Eyu per le scarse garanzie del pro- getto e le inaccettabili condizioni occupazionali prospettate, l’assem- blea dei giornalisti ritiene che non sia possibile che il sito possa prose- guire le pubblicazioni senza il suo direttore e la sua redazione oltre il termine previsto del 30 dicembre. I numerosi attestati di stima giunti nelle ultime ore da più parti, non solo a firma di politici e parla- mentari del Pd ma anche di molti lettori e colleghi, concordano nell’affermare che così si snature- rebbe il progetto editoriale di Euro- pa. Per questo i giornalisti non sono disponibili a partecipare ad una nuova avventura editoriale che non fornisca garanzie su un loro pieno coinvolgimento nel progetto. Da gennaio Europa dovrebbe essere prodotta, secondo le intenzioni del- la nuova proprietà, da una maggio- ranza di giornalisti attualmente in forza al Pd e solo da tre giornalisti dell’attuale redazione: numeri irri- sori, peraltro mai comunicati uffi- cialmente al Cdr, e pertanto inac- cettabili. Chiediamo, dunque, un incontro urgente al segretario del Pd Matteo Renzi, ai due vicesegretari Debora Serracchiani e Lorenzo Guerini, al presidente dell’Assemblea nazionale Matteo Orfini e al tesoriere del Pd Francesco Bonifazi, per riportare la discussione su un terreno praticabi- le. Prima della ripresa delle pubbli- cazioni occorre infatti concordare l’individuazione del target di riferi- mento del nuovo sito, il piano edito- riale del direttore responsabile che, a nostro avviso, non potrà non esse- re Stefano Menichini oltre a un cro- noprogramma per il totale riassor- bimento dei giornalisti di Europa anche all’interno del nuovo network della comunicazione del Pd. Certi che il Partito democratico non abbia intenzione di cancellare la storia di Europa con un tratto di penna, auspichiamo che al più pre- sto si interrompa il silenzio ufficiale sulle sorti della testata e dei suoi giornalisti. Il premier in salita (aspettando il Quirinale) n n RENZI FABRIZIO RONDOLINO L a superficie della conferenza stampa di fine anno è pro- prio come ce la si aspetta da Matteo Renzi: scintillante, sma- liziata, positiva, brillante, pop: «Mi sento come Al Pacino in Ogni maledetta domenica, il coach che ha il compito di dire ai suoi che ce la possono fare. E io sono convinto che l’Italia ce la può fa- re». E poi: «Addio paura. Nel 2015 l’Italia correrà». E ancora: «La parola del 2015 è “ritmo”: dare il senso del cambiamento, per far sì che l’Italia torni a ri- prendere il suo ruolo nel mon- do». E infine, lapidario e auto- centrato: «Nessun alibi, se non ce la facciamo è colpa mia. Me- glio essere giudicati arroganti che disertori. Qua la sfida è cambiare l’Italia». Tutto vero, tutto giusto, tutto opportuno: se la parte di Renzi nel comedy drama della politica italiana è quella del coach ottimi- sta, così deve essere fino all’ulti- ma puntata. È importante sotto- linearlo proprio perché non si tratta di una novità: il nemico peggiore di Renzi – il più insi- dioso, il più sornione – è la disil- lusa pigrizia degli italiani, il no- stro cinismo un tanto al chilo, la deriva dell’autocommiserazione pronta ad accendersi in rabbia, il qualunquismo, la cronica man- canza di senso di responsabilità. Pensare che non cambierà niente è una classica profezia che si au- toavvera: è la sabbia che blocca il motore prima ancora che la scin- tilla dell’accensione l’abbia sfio- rato. Contro tutta questa sabbia morale Renzi ha sempre com- battuto fin dal primo giorno, scegliendo nella battaglia politi- ca e nell’azione legislativa obiet- tivi che rendessero chiari a tutti il senso e la direzione del rinno- vamento, l’intenzione di non fare sconti a nessuno, la volontà di scrollarsi di dosso i lacci e lac- ciuoli che paralizzano il paese. Ma Gulliver, per la prima volta, sembra patire le corde dei lillipuziani. Per la prima volta l’ottimismo sembra un pochino consumato, e leggermente incri- nato. segue M ARTEDì 30 D ICEMBRE 2014 Botta e risposta segnato dalle notizie della Norman Atlantic: “Evitata un’ecatombe” www.europa quotidiano .it Norman Atlantic, 8 vittime. Giallo sui dispersi FRANCESCO LO SARDO Niente capo dello stato. Atene al voto anticipato GIULIA GUGLIERMAN Grecia, per ora l’Ue osserva. Ma servono le riforme VIRGINIA BRUNELLI Il “discorso di fine anno” di Beppe Grillo FRANCESCO MAESANO Nel mondo delle icone, dall’India a Bisanzio ANTONELLO COLIMBERTI Ravenna, adesso indaga la procura FABRIZIA BAGOZZI

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  • Chiuso in redazione alle 20,30

    i commenti di www.europaquotidiano.it

    MARIOLAVIA

    Un Bignami del Renzi-pensiero, questo stata la conferenza stampa di fine anno del premier, il tradizionale appunta-mento organizzato dallOrdine dei giorna-listi (non fatemi dire cosa penso degli Or-dini professionali.., ha detto carinamente il presidente del consiglio al presidente dellOrdine Enzo Iacopino l a fianco che gli ricordava i problemi delleditoria ivi com-prese le ultime brutte notizie su Europa).

    Due ore e mezza, 24 domande, tanti sas-solini e altrettante svicolate. Come sulla imminente elezione del presidente della repub-blica: tre, quattro, cin-que domande dei gior-nalisti, ma lui niente, forlanianamente, tranne le solite cose, Napolita-no tuttora in carica ed un grande presidente, si trover un nome auto-revole, nessun veto da parte di nessuno, certo che Berlusconi legitti-mato a stare nella parti-ta... Nulla di notiziabi-le:, daltronde io non gioco a Indovina chi, non gioco a ping pong sul Colle.

    In una conferenza stampa inevitabilmente segnata dagli interroga-tivi e dal susseguirsi di notizie sulla tragedia della Norman Atlantic lui stesso aggiornava sui fatti Renzi, impegnato per tutta la giornata e la notta-ta di domenica a seguire gli sviluppi della situazione, ha pi e pi volte elogiato le operazioni di soccorso. Un lavoro strepi-toso, stata evitata unecatombe, ha det-to il premier quando i morti accertati an-cora erano cinque e non otto e non si cono-sceva ancora niente della sorte dei dispersi. A palazzo Chigi si lavorato minuto per minuto, con Alfano, Lupi, Pinotti, gli staff, gli esperti. Una notte pazzesca per una vi-cenda pazzesca. Poteva finire peggio, molto peggio. Lintervento stato eccezionale hanno poi rincarato Pinotti e Lupi nel pomeriggio certo resta il dolore per le vittime.

    Ma tornando alla conferenza stampa di fine anno in generale Renzi ha ribadito tan-te cose che si sapevano gi. Le ha chiarite, semmai, anzi le ha rivendicate, si assunto

    la responsabilit di un eventuale fallimento ma certo non si potr dire che non ci ab-biamo provato, e neppure ha scansato le critiche, perch ha spiegato i gufi non sono quelli che ce lhanno col governo Ren-zi, sono quelli che ce lhanno con lItalia.

    Renzi ha affrontato i nodi legali alla po-litica economica, escludendo peraltro il rischio-contagio in seguito alla crisi greca e rivendicando il merito dei salvataggi di questi giorni, Termini Imerese, Meridiana, Terni, Taranto e Piombino. Ma inevitabili sono arrivate le domande sul Jobs act, o meglio, sullinterrogativo se la normativa riguardi anche i dipendenti pubblici. No, sono io che ho chiesto di stralciare la que-stione perch il pubblico affrontato nella legge Madia, non nel Jobs act. Intendia-moci: per il premier se un dipendente pub-blico non lavora va punito, se lavora va pre-miato. Renzismo puro. Ma lo strumento

    non il Jobs act, che ri-guarda, appunto, il lavoro privato, fine della polemi-ca, il resto scontro ide-ologico.

    Ancora, fretta sulla legge elettorale (sugli emendamenti di Calderoli scatter il canguro), fretta sulla riforma del se-nato, fretta sulla riforma della giustizia. sempre renzismo: La parola del 2015 la stessa del 2014: ritmo. Dare un senso di urgenza perch lItalia si riprenda il suo ruolo nel

    mondo. Un concetto cos spiegato: Nel 2014 cambiato il ritmo della politica. Il percorso di cambiamento sotto gli occhi di tutti, ma a me non basta, a me interessa cambiare profondamente lumore degli ita-liani. E ancora: LItalia ce la far, un grande paese vivo vera sfida del 2015 far tornare lItalia a correre. Per poi conclu-dere con una battuta: Mi sento come Al Pacino in Ogni maledetta domenica che cerca di dire ai suoi che ce la possiamo fare.

    Siamo dunque sempre l, ottimismo e velocit, i due ingredienti fondamentali del cocktail che Matteo Renzi ha proposto agli italiani ottenendone un ampio credito. So-no proprio gli stessi ingredienti che dovreb-bero fungere da antidoto ai mali veri dellI-talia: pessimismo e lentezza. Non facile il 2015 che si va ad aprire, ma lanno giusto per capire se avr avuto ragione lui, o il disincanto degli italiani.

    @mariolavia

    EDITORIALE

    A far paura Bruxelles, non il voto greco

    ROBERTOSOMMELLA

    Lerrore pi grande nellaffron-tare il nuovo caso Grecia sa-rebbe quello di mettere in discus-sione lautodeterminazione dei po-poli. Tutti i partiti euroscettici non aspettano altro, per poter dire che lEuropa cos come va buttata a mare con tutto il bambino, rappre-sentato in questo caso dalla mone-ta unica. Aver paura delle elezioni democraticamente previste dalla Costituzione ellenica come sem-brano mostrare i mercati che hanno punito pesantemente il listino di Atene e fatto rialzare lo spread ita-liano facendo cadere anche la borsa di Milano profondamente sba-gliato.

    Il paese di Pericle gi passato pi volte per le urne, in momenti ancora pi difficili come tre anni fa, e tutta larchitettura comunitaria rimasta comunque in piedi nono-stante le Cassandre della specula-zione volessero una sostanziale so-spensione dei diritti elettivi nei pa-esi pi coinvolti dalla crisi. Dare la parola agli elettori non pu e non potr mai diventare una fonte di ri-schio in una societ democratica.

    Il problema un altro: la mal funzionante catena di trasmissione tra le decisioni che si prendono a tavolino a Bruxelles e vengono poi messe in pratica dalla Troika, e la gestione della sovranit in patria.

    La crisi greca ha assunto lab-norme dimensione di oggi 240 miliardi di dollari di prestiti, pari a circa il 100% del Pil, riduzione del 30% del reddito disponibile, 25% di disoccupazione perch lUnione europea nel 2010, quando Atene di-chiar di fatto il suo default, in-tervenuta in ritardo e solo quando la Germania, le cui banche erano pesantemente coinvolte nel disse-sto finanziario greco, diede il suo assenso.

    Allora, bene ricordarlo pro-prio oggi, quando il paese si appre-sta ad andare ad elezioni nel pros-simo gennaio con la possibilit che vinca il partito di Syriza, sarebbero bastati 40 miliardi di euro per ta-gliare la testa al toro ed evitare guai peggiori. Invece si traccheggiato, arrivando al punto in cui un salva-taggio sta costando pi di un falli-mento.

    segue

    Il coach ci crede.Renzi sprona lItalia a trovare il ritmo

    n n LA CONFERENZA STAMPA DI FINE ANNO

    Caro Pd,non si pu fare Europa senza Europa

    n n COMUNICATO

    COMITATODI REDAZIONE

    A fronte dello sconcertante silen-zio con cui il Partito democra-tico ha accolto lannuncio del diret-tore Stefano Menichini di non par-tecipare alla nuova Europa targata Eyu per le scarse garanzie del pro-getto e le inaccettabili condizioni occupazionali prospettate, lassem-blea dei giornalisti ritiene che non sia possibile che il sito possa prose-guire le pubblicazioni senza il suo direttore e la sua redazione oltre il termine previsto del 30 dicembre.

    I numerosi attestati di stima giunti nelle ultime ore da pi parti, non solo a firma di politici e parla-mentari del Pd ma anche di molti lettori e colleghi, concordano nellaffermare che cos si snature-rebbe il progetto editoriale di Euro-pa.

    Per questo i giornalisti non sono disponibili a partecipare ad una nuova avventura editoriale che non fornisca garanzie su un loro pieno coinvolgimento nel progetto. Da gennaio Europa dovrebbe essere prodotta, secondo le intenzioni del-la nuova propriet, da una maggio-ranza di giornalisti attualmente in forza al Pd e solo da tre giornalisti dellattuale redazione: numeri irri-sori, peraltro mai comunicati uffi-cialmente al Cdr, e pertanto inac-cettabili.

    Chiediamo, dunque, un incontro urgente al segretario del Pd Matteo Renzi, ai due vicesegretari Debora Serracchiani e Lorenzo Guerini, al presidente dellAssemblea nazionale Matteo Orfini e al tesoriere del Pd Francesco Bonifazi, per riportare la discussione su un terreno praticabi-le.

    Prima della ripresa delle pubbli-cazioni occorre infatti concordare lindividuazione del target di riferi-mento del nuovo sito, il piano edito-riale del direttore responsabile che, a nostro avviso, non potr non esse-re Stefano Menichini oltre a un cro-noprogramma per il totale riassor-bimento dei giornalisti di Europa anche allinterno del nuovo network della comunicazione del Pd.

    Certi che il Partito democratico non abbia intenzione di cancellare la storia di Europa con un tratto di penna, auspichiamo che al pi pre-sto si interrompa il silenzio ufficiale sulle sorti della testata e dei suoi giornalisti.

    Il premier in salita (aspettando il Quirinale)

    n n RENZI

    FABRIZIORONDOLINO

    La superficie della conferenza stampa di fine anno pro-prio come ce la si aspetta da Matteo Renzi: scintillante, sma-liziata, positiva, brillante, pop: Mi sento come Al Pacino in Ogni maledetta domenica, il coach che ha il compito di dire ai suoi che ce la possono fare. E io sono convinto che lItalia ce la pu fa-re. E poi: Addio paura. Nel 2015 lItalia correr. E ancora: La parola del 2015 ritmo: dare il senso del cambiamento, per far s che lItalia torni a ri-prendere il suo ruolo nel mon-do. E infine, lapidario e auto-centrato: Nessun alibi, se non ce la facciamo colpa mia. Me-glio essere giudicati arroganti che disertori. Qua la sfida cambiare lItalia.

    Tutto vero, tutto giusto, tutto opportuno: se la parte di Renzi nel comedy drama della politica italiana quella del coach ottimi-sta, cos deve essere fino allulti-ma puntata. importante sotto-linearlo proprio perch non si tratta di una novit: il nemico peggiore di Renzi il pi insi-dioso, il pi sornione la disil-lusa pigrizia degli italiani, il no-stro cinismo un tanto al chilo, la deriva dellautocommiserazione pronta ad accendersi in rabbia, il qualunquismo, la cronica man-canza di senso di responsabilit. Pensare che non cambier niente una classica profezia che si au-toavvera: la sabbia che blocca il motore prima ancora che la scin-tilla dellaccensione labbia sfio-rato.

    Contro tutta questa sabbia morale Renzi ha sempre com-battuto fin dal primo giorno, scegliendo nella battaglia politi-ca e nellazione legislativa obiet-tivi che rendessero chiari a tutti il senso e la direzione del rinno-vamento, lintenzione di non fare sconti a nessuno, la volont di scrollarsi di dosso i lacci e lac-ciuoli che paralizzano il paese.

    Ma Gulliver, per la prima volta, sembra patire le corde dei lillipuziani. Per la prima volta lottimismo sembra un pochino consumato, e leggermente incri-nato. segue

    M a r t e d 3 0 d i c e M b r e 2 0 1 4

    Botta e risposta segnato dalle notizie della Norman Atlantic: Evitata unecatombe

    www.europaquotidiano.it

    Norman Atlantic, 8 vittime. Giallo sui dispersi

    FRANCESCO LO SARDO

    Niente capo dello stato. Atene al voto anticipato

    GIULIA GUGLIERMAN

    Grecia, per ora lUe osserva. Ma servono le riforme

    VIRGINIA BRUNELLI

    Il discorso di fine annodi Beppe Grillo

    FRANCESCO MAESANO

    Nel mondo delle icone, dallIndia a Bisanzio

    ANTONELLO COLIMBERTI

    Ravenna, adesso indaga la procura

    FABRIZIA BAGOZZI