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Cretetemi, non siamo in vendita...vogliamo solo continuare a crescere Da "Economiaitaliana web" 3 marzo 2014

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Dario Scotti: «Credetemi, non siamo in vendita. Vogliamo solo continuare a crescere» Con l'innovazione e la pubblicità in cattedra, l'avventura di un Gruppo che in un secolo e mezzo ha segnato la storia nel settore del riso. Dai successi nostrani alla campagna di Romania sino all'accordo con la multinazionale spagnola Ebro Foods. Peraltro mal interpretato dai media...

di MAURO CASTELLI

Dario Scotti Italia in svendita? Si tratta, in questo periodo, di un leitmotiv ricorrente. Buon ultimo il caso di Poltrona Frau, passata nelle mani dell'americana Haworth, oppure quello della cessione della Octo Telemactis, il gioiellino del fondo Charme, attivo nelle "scatole nere high­tech" per auto, entrato nell'orbita del gruppo russo Renova. Tuttavia, viene da chiedersi, ha una sua logica questo comportamento dei media, imparentato a filo stretto con il collaudato disfattismo in salsa tricolore, disfattismo pronto a riallacciarsi ovviamente più alle negatività che alle positività? Positività che pure esistono, come nel caso ­tanto per citare ­ di Eni, Campari, Recordati, Luxottica, Brembo, Prysmian e Amplifon che, da diversi anni, si dedicano invece con costanza allo shopping internazionale. Non bastasse, nel balletto del chiacchiericcio da corridoio vengono tirate in ballo anche imprese che, avendo stipulato intese all'estero di stampo commerciale, si ritrovano nell'occhio del ciclone. Accusate di questo o di quello, senza che venga valutata appieno la sostanza di una determinata operazione. Ed è quanto è successo al Gruppo Scotti, leader nel settore del riso e dintorni, che la scorsa estate ha concluso un accordo con la multinazionale spagnola Ebro Foods attraverso la cessione di una quota azionaria del 25 per cento. «Un'intesa dalla valenza certamente economica, ma soprattutto commerciale nonché di prospettiva, e che rappresenta pertanto una grande opportunità per il Made in Italy». Quindi non una resa alla concorrenza, ma «un'apertura di credito, un modo per regalare nuovo slancio al futuro imprenditoriale dell'azienda in campo internazionale». In quanto Ebro Foods rappresenta una realtà di livello attiva nei settori del riso, della pasta e dei sughi, forte di 60 marchi, di una presenza in 25 Paesi e di un fatturato sui due miliardi di euro. Un accordo ben meditato, se vogliamo anche sofferto e peraltro maturato nel tempo: «Conosco da vent'anni il presidente Antonio Hernández, un geniale imprenditore che è stato più bravo di me, che sono già stato bravo, nel far crescere l'azienda. E con lui in passato c'erano già stati degli abboccamenti, sino ad arrivare al dunque. Fermo restando il fatto che mi rimanesse in portafogli la quota di maggioranza del mio Gruppo». A fronte dell'intenzione dichiarata «di far diventare il marchio Scotti leader mondiale nel settore dei risotti». Da qui il motivato interesse ad approfondire la tematica con il presidente e amministratore delegato Dario Scotti (Dario per tutti, anche se all'anagrafe ­ ma sono in pochi a saperlo ­ di nome fa invece Angelo), il quale ha tenuto subito a precisare che «questa intesa è finalizzata a dare ulteriore impulso al processo di internazionalizzazione aziendale, peraltro già da diversi anni in atto, allargando così le frontiere del risotto nostrano, dal momento che proprio il riso si propone come il cibo del terzo millennio». In effetti, in un periodo in cui la contrazione dei consumi alimentari si è fatta sentire, «riuscire a dialogare su una dimensione allargata ­ facendo peraltro leva su un'italianità ad alto valore aggiunto ­ ha la sua brava importanza. D'altra parte, è risaputo, a vincere è chi esporta qualità. Se poi abbiniamo il tutto alla mission aziendale (che si nutre di innovazione, sviluppo sostenibile, sicurezza alimentare, tecnologie all'avanguardia e a basso impatto ambientale, qualità dei prodotti) il gioco è quasi fatto». Dario Scotti, si diceva. Un imprenditore illuminato quanto passionale, con una passione sviscerata per le moto (nemmeno un gravissimo incidente occorsogli

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nel 2002, con tre mesi di ospedale al seguito e un anno da "appiedato", era riuscito a fermarlo). «In effetti per un sacco di anni ho posseduto una mitica Harley­Davidson, che ora ho però rimpiazzato con una Triumph Bonneville, una gradevole quanto affascinante bicilindrica. Ma forse aver venduto quella mia vecchia compagna di tanti viaggi è stata una stupidata, in quanto mi manca moltissimo...». Passioni a parte, una volta che Dario ha preso il timone del Gruppo (passaggio avvenuto, nemmeno a dirlo, alla morte del padre), ha saputo rivoltare come un calzino l'azienda, proiettandola sulla ribalta di settore come pochi altri hanno saputo fare. Insomma, un numero uno il cui biglietto da visita non passa certo inosservato. Colui che, all'insegna di quel dottor Scotti! urlato e scritto in tutte le salse, ha monopolizzato il mondo della pubblicità, benché lui non si sia mai voluto proporre in prima persona per via dell'innata modestia, peraltro supportata da un altro atout: quello di essere sempre pronto a mettersi in discussione. Una dote che, generalmente, fa parte del DNA dei grandi. Ma torniamo al citato claim, quel dottor Scotti! che, strada facendo, gli ha regalato un tasso di notorietà che davvero in pochi possono vantare. E che proprio Dario aveva voluto, nonostante le resistenze paterne «nel non volere buttare via soldi in pubblicità». Già, quel padre Ferdinando che gli ha dato davvero molto, ma ha anche preteso altrettanto: «Un muro ­ ricorda infatti il presidente ­ separava, forse non a caso, la mia cameretta dai locali di produzione; ricordo che a dieci anni mi dava cento lire per farmi restare in riseria con lo scopo di farmela entrare nella testa; a seguire mi avrebbe fatto fare il fattorino, il centralinista e molti altri mestieri; quando avevo diciotto anni volle poi che imparassi il dialetto locale in quanto non avrei saputo trattare al meglio con i contadini, che secondo lui erano furbi più del diavolo». Una volta entrato nell'operatività «mi volle seduto nel suo ufficio, sempre pronto a sottostare ai suoi voleri, in quanto era lui a dettare legge e per certi versi a traumatizzarmi. Sin quando a 28 anni (ero già sposato e con una laurea in Economia e commercio portata a casa cinque primavere prima) riuscii a convincerlo a farmi camminare con le mie gambe. Contribuendo cioè a dare vita, come socio di minoranza, alla "Enac" di Cura Carpignano, attiva nel riso soffiato. Non andò male e nel 1989 ebbi di nuovo il via libera, questa volta come socio di maggioranza relativa, per mettere in pista la "Parboriz" di Mortara, operativa nel trattamento idrotermico del risone. Quindi l'idea vincente del sottovuoto, che avrebbe portato, sia pure a fronte di pazzeschi investimenti, ad eliminare le confezioni tradizionali. Era il 1992». Ma se l'innovazione aveva un ruolo preminente, bisognava anche farsi conoscere dal grande pubblico. E il lungimirante Dario si rese conto che per poter crescere per davvero l'unica via era quella di puntare su una pubblicità di grande impatto. Ma a chi affidare il testimonial? «La scelta di ingaggiare Gerry Scotti, nato in zona e allora alle prime armi, fu di mia moglie Cristina Guardamagna, la quale intuì l'importanza di contrapporre due identici cognomi. La qual cosa intrigò l'agenzia incaricata di girare gli spot. Così incontrammo il presentatore da Pierino, una trattoria della zona, e fra un primo abbondante e un secondo pure firmammo il contratto». Ricco di soddisfazioni, non c'è che dire, per entrambe le parti. Sta di fatto che l'azienda avrebbe iniziato a crescere a ritmi esponenziali, e non solo nel campo del riso in quanto tale, ma anche in diverse altre coniugazioni: preparati per pane, pizze e torte; risotti pronti e pasta; grissini, gallette e cracker; olio e biscotti; dolci, surgelati e via dicendo. Ben presto guadagnandosi la leadership del settore. A fronte di un Gruppo ­ forte di una decina di società specializzate ­ di vecchia data, in quanto in campo da 150 anni e a fronte di cinque generazioni («Da una serie di documenti trovati negli anni scorsi siamo venuti a conoscenza che il mio bisavolo Pietro nel 1860 gestiva uno dei tre mulini attivi a Ca' dell'Acqua, un Comune di appena 540 abitanti nei pressi di Sant'Angelo Lodigiano, in seguito battezzato Cazzimani, quindi Borgo Littorio e infine Borgo San Giovanni. E in quel mulino lui già lavorava, oltre al grano, all'orzo e al granturco, anche il riso»). A titolo di cronaca, il quartier generale del Gruppo Scotti ­ che appunto da mulino di campagna si è nel tempo trasformato in un polo tecnologico fra i più avanzati d'Europa ­ tiene banco in via Angelo Scotti (poteva essere diversamente, visto che il presidente sostiene che il passato deve far parte del presente?) a Bivio Vela, una località a una manciata di chilometri da Pavia, su un'area di 130.000 metri quadrati, 24.000 dei quali coperti. E per quanto riguarda gli altri numeri? Il Gruppo conta 400 dipendenti a busta paga, un giro d'affari aggregato 2013 di 203 milioni di euro (dei quali 171 in carico alla capogruppo Riso Scotti SpA), un margine operativo di 8,3 milioni, una crescita a valore del 5,6 per cento, 200 ettari di risaie nel Pavese, oltre a una più che robusta presenza in Romania: «Dove, dopo sette anni di sofferenza, da tre stiamo incassando buone soddisfazioni. A fronte di settemila ettari di terreni, cinquemila dei quali coltivati (tremila direttamente), oltre a due stabilimenti di produzione». Una presenza, quest'ultima, frutto di una scommessa vinta (legata al "Progetto agro­industriale Danubio"), che sta collocando questo Paese a livello di terzo polo risiero dell'Unione Europea dopo l'Italia e la Spagna. Ma torniamo ai numeri e, più in particolare, all'azionariato, che fa ora capo per il 51 per cento al presidente Dario Scotti (dopo la vendita del 25% alla Ebro Foods), mentre la quota restante risulta nel portafogli di Lorenza Boneschi, moglie senza figli di Peppino (Giuseppe) Scotti, scomparso nel 2007, «il quale era cugino di mio padre Ferdinando». Il tutto a fronte di un futuro ancora da scrivere: in abbinata alla Ebro Foods ci mancherebbe («Puntiamo molto sulla leadership di questo Gruppo in aree strategiche come quella degli Stati Uniti»), ma anche attraverso il supporto delle nuove leve, ovvero le due figlie del presidente: Valentina (30 anni, attiva nel consiglio di amministrazione nonché responsabile del mercato a stelle e strisce, della produzione di base del riso e dello sviluppo delle risotterie. La prima delle quali ha debuttato poco più di due mesi fa presso il centro commerciale di Assago, nel Milanese. E se le cose andranno come dovranno andare...) e la ventisettenne Francesca, attuale responsabile del mondo bio. E visto come sta andando il mondo, dopo tanta supremazia maschile in azienda, in futuro sarà il gentil sesso ad accasarsi sulla tolda di comando. Ma diamo tempo al tempo.

www.risoscotti.it

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