2011/2012 concerti - iteatri.re.it · che a noi posteri ricorda pericolosamente qua e là...

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2011/2012 concerti Isabelle Faust Alexander Melnikov

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2011/2012 concerti Isabelle Faust Alexander Melnikov

Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, 2011A cura dell’Area ComunicazioneCoincidenze e citazioni a cura di Giulia BassiFonti delle citazioni: Massimo Mila, L’arte di Béla Bartók, Torino, Einaudi, 1996; Sergio Sablich, Busoni, Torino, EDT, 1982; Tendere alla perfezione. Lettere scelte e documenti di Felix Mendelssohn Bartholdy, Zecchini, Varese, 2009.L’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare le eventuali spettanze relative a diritti di riproduzione per le immagini e i testi di cui non sia stato possibile reperire la fonte.

18 dicembre 2011, ore 20.30Teatro Municipale Valli

Felix Mendelssohn Sonata per violino e pianoforte n. 2 in fa minore op. 4

Adagio - Allegro moderatoPoco adagioAllegro agitato

Béla Bartók Sonata per violino e pianoforte n. 2

Molto moderatoAllegretto

Ferruccio Busoni Sonata per violino e pianoforte n. 2 in mi minore op. 36a

LangsamPrestoAndante, piuttosto graveAndante con moto (Thema)

Poco più andante (Var.I) - Alla marcia, vivace (Var.II) - Lo stesso movimento (Var.III) - Andante (Var.IV) - Tranquillo assai (Var.V) - Allegro deciso, un poco maestoso (Var.VI) - Più tranquillo, apoteotico (Coda)

Isabelle Faust violino Alexander Melnikov pianoforte

Berio

Il biviodi Luana Salvarani

La sonata per violino e pianoforte, nella sua epoca d’oro tra Otto e primo Novecento, è un genere strano, che vive nella costan-te, ambigua presenza di due estetiche opposte. Da un lato, l’ap-partenenza – per pedigree classico e per eredità beethoveniana – alla famiglia della Sinfonia, del Quartetto e della Sonata per pianoforte, e quindi alla vocazione più architettonica e razionali-stica della musica europea, al regno della forma come luogo del-la ricerca artistica. Dall’altro, le allusioni a un infinito repertorio salottiero e light, sviluppato attraverso la frequentissima pratica borghese dell’agile duo: effusione melodica e accompagnamenti facili, con lo scorrimento sottopelle di un certo gradiente pecca-minoso, che è il proprium di ogni svago della buona società. Alle due facce di questo Giano, si aggiunge a fine Ottocento la copiosa riscoperta della Sonata barocca e l’utilizzo del pianoforte come basso continuo, che aggiunge ulteriori modi di scrittura e altre, dimenticate possibilità di immaginazione compositiva.Quasi nessuna partitura mette in scena questa situazione come la Sonata n. 2 di Ferruccio Busoni, scritta giusto a metà del gua-do (tra il 1898 e il 1900). Con la sensibilità esasperata dell’artista colto che ha suonato praticamente tutto, che ha insegnato a tutti (formando il meglio della cultura musicale del tempo), che ha fatto in tempo a vedere i concerti di Liszt e di Brahms, e farsi tut-ta l’era della Fine della Tonalità e un pezzo di quella del Tramon-to dell’Occidente; che possiede gusto e penna sicura, e tuttavia non con l’assertività, la noncuranza, la facilità del musicista fuo-riclasse, bensì con quel tanto di lavorìo in eccesso, di giunture e cuciture a vista, grazie alle quali la sua musica ci rivela tutti i più intimi segreti del pensiero sonoro della sua epoca. Questa Sonata (intesa lisztianamente come sonata-mondo, come

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Mendelssohn

Questa è una famiglia come non ne ho mai vista compagna. Felix, ragazzo di quindici anni, è un fenomeno. Che sono tutti i ragazzi prodigio, parago-nati a lui? Fanciulli dotati, ma niente più. Felix Mendelssohn è quasi un artista maturo, eppure ha solo quindici anni! [...] I genitori mi fecero l’im-pressione di gente della più elevata raffinatezza. Sono ben lungi dal sovra-stimare i talenti dei loro ragazzi: in effetti, sono ansiosi sul futuro di Felix, e di sapere se i suoi doni si riveleranno sufficienti a garantirgli una nobile e veramente grande carriera. Non cederà d’improvviso, come tanti altri bril-lanti ragazzi? Ho esternato loro la mia coscienziosa convinzione che Felix diventerà alla fine un grande maestro, che non ho il più piccolo dubbio sul suo genio; ma più volte ho dovuto insistere sulla mia opinione prima che mi credessero. Questi non sono esempi di genitori di fanciulli-prodigio, come di frequente devo tollerarne. Wolfgang Goethe

Ho dato la prima lezione a Felix Mendelssohn, senza perder di vista per un solo momento il fatto che sedevo accanto ad un maestro, non ad un allievo. Mi sento fiero perché dopo una così breve conoscenza i suoi distinti parenti mi affidano il loro figlio e mi congratulo con me stesso perché mi è permes-so di dargli qualche suggerimento, che lui afferra al volo e su cui lavora con il genio che gli è proprio.Ignaz Moscheles

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vasto oceano di minuti scandito in una sequenza varia di tempi e riaffioramenti tematici) inizia e finisce con un solenne modulo in accordi, con lieve cromatismo interno, tipico appunto del Li-szt sacro, ieratico e neogregoriano, degli ultimi anni. Un gesto d’apertura severo, che parrebbe lasciar fuori con sdegno ogni seduzione facile e castrare le possibilità rapinose e virtuosisti-che del violino tardoromantico. Eppure, ecco la prima sorpresa: dopo una trentina di battute, ecco una facile, seducente melodia sulla quarta corda accompagnata da una nube di leggeri accordi ribattuti, inseguita a poca distanza da un altro tema a metà tra il “triviale” e una sorta di amaro cabaret pre-espressionista (il ma-estro di Kurt Weill qui si vede tutto) – note puntate e ribattute passionali, salti di sesta e d’ottava, però sempre con l’angoscia costante del contrappunto critico, in un magma di cromatismi e sottigliezze contrappuntistiche e citazioni a rotta di collo da Bach, che infatti fa capolino già nello sfrenato ritmo di giga del Presto. E ritroviamo gli stessi affioramenti del violino salottiero nel terzo Andante: dopo alcune pagine di un solenne ritmo pun-tato da passacaglia haendeliana, ecco un delicato e frivolo temi-no di appoggiature, designato dal compositore con l’indicazione Wie eine Erinnerung – “come una rimembranza”, pronunciato forse non proprio ridendo, ma certo con il sogghigno amaro di una maniera fin troppo consapevole. Ora, quando la struttura è in crisi, sappiamo già cosa succede: entra in scena l’ombra del Kantor. Si ricorre a Bach, ansiosamente, con devozione fameli-ca, cercando di attingere quella sicurezza di scelta e quella natu-rale tendenza futuribile che ovviamente non venne recuperata né allora né mai; e di uscire dall’altro bivio dell’epoca, quello tra seduzione melodica e credibilità intellettuale del pezzo. Su questo piano l’ispirazione bachiana di questa Sonata è piutto-sto riuscita, forse in virtù della profonda, fisica conoscenza della musica di Bach da parte di chi ne aveva trascritto per pianoforte un numero imprecisato di composizioni. A partire dall’Andante con moto, fin dal primo istante palese nella sua natura di sobrio Corale armonizzato, che il compositore stesso pedantescamente ci precisa essere Wie wohl ist mir, o Freund der Seelen; epperò

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La musica popolare si compone di due generi di materiale musicale: la musica colta popolaresca (in altri termini la musica popolare cittadina) e la musica popolare dei villaggi (cioè la musica contadina). Béla Bartók

Certamente Bartók rappresenta il punto piú avanzato nella esplorazione del mondo fisico del suono, prima che la musica moderna faccia ricorso alla produzione elettronica del suono stesso. Ma appunto dal costante impiego dei mezzi fonici tradizionali, e magari i piú severi ed apparentemente ina-datti alla produzione del rumore, come il pianoforte o il quartetto ad arco, i risultati timbrici di Bartòk conseguono una validità superiore a quella degli effetti ottenuti con l’illimitata ampiezza delle possibilità elettroniche.Massimo Mila

Bartók

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palesando inconfondibili parentele, nell’armonizzazione, con al-tro e più celebre preludio-corale contenuto nell’Orgelbüchlein, Ich ruf’ zu dir, Herr Jesu Christ (BWV 639); tanto più noto ai tempi nostri, nello splendore di una severa esecuzione alla vec-chia maniera, per essere il tema musicale di Solaris, quello di Tarkovskij (non l’avete visto? Male! Abbandonate questa sala e andate a vederlo, subito!) Ed è in questa chiave di evocazione bachiana, tecnicamente munita ma anche lirico-nostalgica, che la ripresa di materiali e stilemi storici è più efficace. Cogliamo l’essenza e il fascino di questa sonata, difatti, non tanto nel Tran-quillo assai, un fugato fin troppo perfetto (e che infatti Busoni, nelle sue improvvise inquietudini, fa passare attraverso un paio di pagine appassionate da virtuoso del pianoforte romantico, prima di chiudere) bensì nell’Andante che precede il Tranquil-lo assai. Improvvisamente pulito, rigorosamente diatonico, con una leggiadra tessitura da danza rinascimentale tutta stilizzata e finta, come raccogliendo l’eredità delle Fêtes Galantes di Ver-laine ma leggermente più kitsch, un Ottocento francese alla Vin-cent d’Indy, che poi va misteriosamente a dissolversi nel Fauré delle Masques et Bergamasques. È quella certa maniera perfetta di chi sta, per consapevole scelta, qualche millimetro indietro ri-spetto alla storia della musica: con quella apollinea e snobistica sensazione che ogni musica diviene in pochi anni la retroguardia di se stessa, e allora tanto vale praticare, con garbo malinconico, stilemi leggerissimamente sorpassati, senza gli strepiti e i futuri-smi e le bili delle avanguardie.

Ma questa maniera perfetta, non l’abbiamo appena sentita? E la ritroviamo infatti tipicamente nel Mendelssohn da camera, in quello riassunto ed esemplificato “una volta per tutte” dalle Romanze senza parole, che pare Busoni moribondo progettasse d’immortalare in un’ultima, testamentaria esecuzione (almeno secondo le sicure fonti storiografiche di internet, dove la veri-tà non si dà né si accerta, si crea, e sono per questo le uniche che ci interessano). La Sonata in fa minore a questo proposito è una miniera di suggerimenti compositivi ed estetici. In essa

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Ma come compositore Ella dovrebbe prendersi uno pseudonimo. In gene-rale non si ammette che una persona sia capace di far bene più di una cosa; e quando La ho sentita suonare, mi son detto: è impossibile che possa scri-vere musica: non c’è abbastanza posto in una singola vita per eccellere in più di una attività. George Bernard Shaw a Busoni

Tutta la vita e la carriera artistica di Busoni possono essere viste sotto il se-gno di una serie di dicotomie: non soltanto visionario-illusionista, pianista-compositore, ma anche italiano di nascita e tedesco di cultura, pensatore ora proiettato nel futuro ora saldamente attaccato al passato, teorizzatore audace di forme di musica e custode intransigente della classicità. In realtà queste dicotomie erano soltanto apparenti. Busoni fu un artista per il quale non esistevano steccati né all’interno né al di fuori della musica, un creato-re e allo stesso tempo un ricreatore, che incarnò lo spirito del tempo nella varietà delle sue problematiche e realizzò, in anticipo sulla sua epoca delle utopie più serie: l’idea che la musica fosse, se non universale, almeno euro-pea, ossia frutto di una cultura non settaria e di una identità non parziale. Sergio Sablich

Busoni

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non scatta l’istinto monumentale del Mendelssohn storico, del conoscitore sterminato di tutta la musica europea tra Barocco e Classicismo, del costruttore di partiture massicce che la sua fiducia nella forma gli permetteva di tenere in piedi e gestire con sicurezza insuperata. Qui le proporzioni sono contenute a suffi-cienza per poter tracciare un primo e terzo tempo colti, misurati, perfettamente strutturati, dove torna tutto Haydn e anche qual-che beethovenismo, ma sempre al di qua del potenziale eversivo di costui. E concedersi nel tempo lento la libertà, il piacere di una melodia soavemente patetica (con un accompagnamento che a noi posteri ricorda pericolosamente qua e là l’Avemaria di Schubert) riportandoci, ma senza patemi critici, a quella manie-ra facile che pure sta nel dna del violino da camera. Come traghettare allora la Sonata per violino e pianoforte, così irrimediabilmente ottocentesca, al cambio di secolo? Il che im-plica, in termini più ampi, il destino di tutto l’edificio sonatistico. Bartók, nel 1922, fa la unica cosa giusta (e cioè progressiva): va a prendere la dissonanza, la modalità e l’orchestrazione percus-siva e anticlassica dove già esistevano, cioè nella tradizione ma-giara. Chapeau! Con quella stessa sensazione di quando si ascol-ta un’esecuzione, magari dello stesso Bartók al piano (c’è pure su YouTube, 5 minuti ma tutti d’oro), della sue Danze popolari rumene: viene da esclamare: cosa c’è stata a fare, la musica colta occidentale con tutte le sue contorsioni e complicazioni, quan-do i termini della sua ricerca (e in particolare, lo smantellamen-to dei rapporti gerarchici dell’armonia tonale e di conseguenza l’uscita da certi patterns retorici divenuti forma mentis) erano tutti già lì, serviti su un piatto d’argento, suonabili anche da noi pianisti scadenti? E riguardo il genere specifico, la sonata per violino e pianoforte, ecco che nelle pagine bartokiane esce senza fatica dall’impasse, dall’abbraccio mortale tra il sonatismo e cerebralismo post-ro-mantici, e il kitsch salottiero delle romanze profumate alla rosa e dei violini tzigani e dei pot-pourri da opere. Niente più Sonate a Kreutzer tolstojane, niente più slanci né adulterii anche solo po-tenziali. Partita chiusa per sempre, in termini estetici, col violi-

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nismo “paganiniano” e col pianismo “lisztiano”: mantenendone però l’indicazione vitale e visionaria verso il timbro e la figura-zione strumentale come vero materiale della costruzione sonora, molto prima delle altezze e delle “note” - che sono poi un gra-fema oltretutto impreciso, come abbiamo riscoperto nel nostro secolo, in cui il 99 per cento della musica esistente non passa più per la notazione. Bartók scrive un tema, che sulla carta appare in tutta la sua fiera indipendenza dalle partizioni e dalla punteg-giatura implicita della musica occidentale anche più avanzata (il Pierrot Lunaire di Schoenberg è di dieci anni prima, i Cinque pezzi per pianoforte più o meno contemporanei). Questo tema, il primo tema della Sonata (che poi torna in varia forma lun-go tutta la partitura), potrebbe benissimo, con le sue terzine e i cambi di tempo e i grappoli asimmetrici di biscrome, venire dai taccuini dove Bartók cercava con fatica di annotare, con questo alfabeto così rigido, le fioriture e le cantillazioni del canto popo-lare dell’est. Ma potrebbe ugualmente essere, come poi di fatto è, la creazione di un autore che “ha letto tutti i libri”, e si pro-va a riutilizzare in corso d’opera – con la sprezzatura del genio, non con la meticolosità del professor Busoni – tutte le tecniche della composizione tardoromantica e moderna. Invece, l’attac-co del secondo movimento, tutto in pizzicato (che poi si avvia con l’aiuto del pianoforte verso la ripetizione di moduli ritmi-ci prima minimali e poi sempre più incalzanti grazie a continui spostamenti d’accento) è l’inizio di un mondo nuovo. Profetica come solo può esserlo una sonata scritta in piena età del jazz, praticamente in simultanea col Grande Gatsby; vent’anni prima che Bartók andasse a vivere, senza entusiasmo, a New York. Il progresso venne poi tutto da lì, ma le ultime battute della Sonata bartokiana, in cui la chiusa è affidata al violino solo – tese in registri acuti non più lunari ma siderali, estatiche, di un lirismo congelato – insistono a sfidarci. Tra neomodalismi, revisionismi e arcaismi sonori vari, tanta musica europea le insegue, e ci gira ancora attorno senza apprezzabili risultati.

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1823 Mendelssohn, Sonata per violino e pianoforte n. 2 in fa minore op.4

Mendelssohn, Quartetto con pianoforte n. 2. Nasce Lalo. Beethoven, Sonata per pianoforte n. 32; Bagatelle per pianoforte; Variazioni su un tema di Diabelli. Weber, Euryanthe. Rossini, Semiramide. Schubert, Fierrabras; Rosamunde, musica di scena; Sonata per pianoforte n.14; Die schöne Müllerin, Lieder.

Il 20 agosto muore Papa Pio VII.Simòn Bolìvar diventa presidente del Perù.Il 28 settembre è eletto Papa il cardinale Annibale Della Genga con il nome di Leone XII.Viene pubblicamente formulata la Dottrina Monroe, da allora uno dei capisaldi della politica estera statunitense.

Il corno a pistoni inventato da Luigi Pini viene approvato dal Conservatorio di Milano.Alessandro Manzoni scrive la tragedia Spartaco.William Webb Ellis nel college di Rugby inventa un nuovo sport: il rugby.

1898 Busoni, Sonata per violino e pianoforte n. 2 in mi minore op. 36a.Nasce Gershwin. Grieg, Danze Sinfoniche per orchestra.Rimskij-Korsakov, Mozart e Salieri, opera.Fauré, Pelléas et Melisande, musiche di scena.Elgar, Caractacus, cantata; Variations on an Original Theme (‘Enigma’) per orchestra (1898-9). Mascagni Iris, opera. R. Strauss, Ein Heldenleben, poema sinfonico. Sibelius, Sinfonia n.1 (1898-9). Giordano, Fedora, opera.

Coincidenze

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Granados, Maria del Carmen, opera. Ives, Central Park in the Dark, per orchestra (1898-1907).Stravinskij, Tarantella per pianoforte.

Il Generale Bava Beccaris usa i cannoni contro la folla che protesta a Milano per la mancanza di pane, causando una carneficina. Per questo riceverà una onorificenza dal re Umberto I.Guerra Ispano-Americana: i Marines statunitensi sbarcano a Cuba.Il Generale Emilio Aguinaldo dichiara l’indipendenza delle Filippine dalla Spagna.New York si annette ai territori delle contee circostanti, creando la Città della Grande New York. La città è geograficamente divisa in cinque boroughs: Manhattan, Brooklyn, Queens, The Bronx e Staten Island.Émile Zola pubblica sulla prima pagina de L’Aurore l’editoriale J’accuse, in difesa di Alfred Dreyfus, ingiustamente condannato nel dicembre del 1894, recluso e degradato.L’affondamento della nave da guerra USS Maine all’Avana segna l’inizio della guerra ispano-americana (tra Spagna e Stati Uniti).Gli Stati Uniti sbarcano presso Guánica e iniziano l’invasione di Porto Rico.

A Torino viene fondata la Federazione Italiana Gioco Calcio. Alcuni mesi dopo, sempre a Torino, si disputa in un’unica giornata il primo campionato di calcio: se lo aggiudica il Genoa, che supera in finale l’Internazionale di Torino.Il 13 luglio, Guglielmo Marconi deposita il brevetto della radio.Viene fondata la Renault.Marie Curie e Pierre Curie scoprono il radio.

1922 Bartók, Sonata per violino e pianoforte n. 2. Nasce Xenakis. Fauré, Sonata per violoncello n.2. Richard Strauss, Intermezzo, opera (1922-3).Sibelius, Suite caractéristique.Ravel, Berceuse sur le nom Fauré.Falla, El Retablo de Maese Pedro, opera.Respighi, La bella addormentata nel bosco. Pizzetti, Lo straniero, opera.Stravinskij, Mavra, opera. Milhaud, La creation du monde, balletto (1922-3).Hindemith, Quartetti per archi n.2 e n.3, Gershwin, George White’s Scandals of 1922, musical; Our Nell, musical.

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Poulenc, Sonata per clarinetto e fagotto; Sonata per tromba, corno e trombone; Chanson a boire, per coro a cappella.

Il 28 ottobre: Marcia su Roma. Due giorni dopo Benito Mussolini riceve dal re Vittorio Emanuele III l’incarico di primo ministro e di conseguenza quello di formare il nuovo governo.La Repubblica dell’Estremo Oriente viene incorporata nell’Unione Sovietica.La Repubblica d’Irlanda ottiene l’autonomia dal Regno Unito con la firma del Trattato Anglo-Irlandese.A Mosca il primo congresso pansovietico istituisce l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS).Si scioglie l’unione tra Costa Rica, Guatemala, Honduras e Salvador.Viene eletto papa Achille Ratti che prenderà il nome di Pio XI.Stalin diventa segretario generale del Partito comunista dell’Unione Sovietica.Nella prigione di St. Pierre a Versailles viene ghigliottinato Henri Désiré Landru seduttore ed omicida di dieci donne, ingannate con la promessa di matrimonio.Abdicazione di Costantino I di Grecia.

Viene proiettato il film Nosferatu il vampiro di Friedrich Wilhelm Murnau.A Milano va in scena al Teatro Manzoni la prima dell’Enrico IV di Pirandello.

Johnny Weissmuller infrange la “barriera del minuto” nuotando i 100 metri stile libero in 58.6 secondi.Primo utilizzo dell’insulina per trattare il diabete in un paziente umano.L’archeologo inglese Howard Carter scopre, nella Valle dei Re, la tomba del faraone Tutankhamon.Viene istituito il Parco Nazionale del Gran Paradiso.

Fonti: Cronologia universale, Roma, Newton Compton, 1996. Dizionario della musica e dei musicisti, Utet, 1994. www.musicweb-international.com/Classpedia/A-Zindex. htm

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Isabelle Faust

Il suo suono possiede passione, slancio e elettricità, ma anche un disar-mante calore e dolcezza che svelano improvvisamente gli aspetti più inti-mi del lirismo. (New York Times)

Isabelle Faust ha maturato una prospettiva sulla musica per cui ogni nuova esperienza e scoperta sono l’interesse principale. Avendo fondato un quar-tetto d’archi a undici anni, le sue prime esperienze di musica da camera hanno prodotto in lei la convinzione che suonare è un processo di dare e prendere, in cui l’ascoltare è altrettanto importante quanto l’esprimere la propria personalità. La vittoria al Leopold Mozart Competition del 1987, a 15 anni, ha favorito la sua carriera da solista, ma i principi della musica da camera sono per Isabelle Faust sempre presenti. In Christoph Poppen, a lungo primo violi-no del Cherubini Quartet, ha trovato un insegnante che ha condiviso que-ste convinzioni musicali. Sia nel suonare Sonate che Concerti, Faust cerca costantemente il dialogo e lo scambio di idee musicali. Dopo aver vinto il Concorso Paganini nel 1993, si è trasferita in Francia, dove ha sviluppato il repertorio francese, in particolare la musica di Fauré e Debussy. Si è impo-sta all’attenzione internazionale con le sue prime registrazioni – le Sonate di Bartók, Szymanowski e Janácek – ed ha gradualmente approfondito le opere più importanti del repertorio per violino. Nel 2003, Isabelle Faust ha pubblicato il suo primo disco con orchestra, il Concerto di Dvorák. Avendolo eseguito la prima volta a 15 anni con Yehudi Menuhin, quest’opera è rimasta sempre un caposaldo del suo repertorio. La pubblicazione nel 2007 del Concerto di Beethoven riflette la sua immer-sione nella pratica esecutiva d’epoca – non interpretata dogmaticamente bensì utilizzandola come una sfida per dare significato e sostanza ad ogni nota, allo scopo di comprenderne il significato. Per Faust, l’importanza di un dialogo musicale è necessaria per stabilire un linguaggio comune tra gli esecutori, dando agli artisti la possibilità di eseguire un Concerto di Mozart con un ensemble “filologico”, come Concerto Köln, come anche con le gran-di orchestre sinfoniche. È questa volontà di aprirsi a linguaggi musicali diversi che ha reso Isabel-le Faust un’apprezzata interprete di musica contemporanea. La lista del-le opere di compositori che ha suonato in prima esecuzione va da Olivier Messiaen a Werner Egk e Jörg Widmann. E’ una fervente divulgatrice della musica di György Ligeti, Morton Feldman, Luigi Nono e Giacinto Scelsi, come di opere dimenticate quali il Concerto per violino di André Jolivet. Nel 2009 ha suonato in prima esecuzione opere a lei dedicate dei composi-tori Thomas Larcher e Michael Jarrell.

Interpreti

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Isabelle Faust può essere ascoltata con il suo partner musicale, il piani-sta Alexander Melnikov, nelle registrazioni per Harmonia mundi; recen-temente in opere di Johannes Brahms con strumenti originali. Le Sonate complete di Beethoven hanno ricevuto lo Choc di “Classica”, il “German records Critics’ Award” e l’ECHO Klassik Award. La sua ultima registrazio-ne delle Partite e Sonate di Johann Sebastian Bach è stata premiata con il “Diapason d’Or Arte”.Un numero crescente di orchestre e direttori apprezzano le qualità musicali di Isabelle Faust: Claudio Abbado, Charles Dutoit, Daniel Harding, Heinz Holliger, Mariss Jansons, le orchestre Berliner Philharmoniker, Munich Philharmonic, Orchestre de Paris, Boston Symphony Orchestra, le Orche-stre della BBC e la Mahler Chamber Orchestra tra i tanti. Questi musicisti e ensemble hanno apprezzato nel tempo le qualità di Isabelle Faust: non solo

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per come domina lo strumento e interpreta il repertorio, ma anche per il fatto che il suo esplorare in profondità la musica sia il cuore stesso del suo lavoro. Isabelle Faust suona lo Stradivari “Bella Addormentata” del 1704, datole in prestito dalla L-Bank Baden-Württemberg.

Alexander Melnikov Alexander Melnikov è considerato uno dei migliori pianisti russi della sua generazione. E’ nato a Mosca nel 1973 ed ha iniziato gli studi musicali all’età di 6 anni alla Scuola Centrale di Musica di Mosca: ha proseguito al Conservatorio Tchaikovsky diplomandosi nel 1997 con Lev Naumov. Ha completato gli studi a Monaco con Elisso Wirssaladze e alla Fondazione per il Pianoforte (Lago di Como) dove ha studiato con Andreas Staier e Carl-Ulrich Schnabel tra gli altri. Da studente ha vinto molti concorsi inter-nazionali (Schumann, Zwickau nel 1989 e Queen Elisabeth, Bruxelles nel 1991 tra gli altri).Alexander Melnikov collabora con orchestre quali la Russian National Or-chestra e Tokyo Philharmonic dirette da Mikhail Pletnev, Leipzig Gewan-dhaus e Philadelphia Orchestra con Charles Dutoit, Rotterdam Philharmo-nic con Valery Gergiev, St. Petersburg Philharmonic con Yuri Temirkanov e poi Royal Concertgebouw Orchestra, NHK Symphony Orchestra, BBC Philharmonic e BBC Symphony, tra le altre. Suona anche il fortepiano, col-laborando regolarmente con Concerto Köln e Philippe Herreweghe.In recital, Melnikov è presente nelle sale più importanti del mondo qua-li Concertgebouw, Santory Hall, Alte Oper Frankfurt, Queen Elisabeth e Théâtre Le Chatelet di Parigi. Melnikov ha avuto intensi legami artistici con Sviatoslav Richter nei suoi ultimi anni di vita, in cui lo invitava regolarmen-te ai suoi festival di Mosca, e di Grange du Meslay (Tours, Francia).La musica da camera ha un ruolo importante nell’attività di Melnikov. Tra il 1993 e il 2003 ha suonato con Vadim Repin, e attualmente forma un duo con Isabelle Faust. Le collaborazioni comprendono Natalia Gutman, Yuri Bashmet, Alexander Rudin, Pieter Wispelwey e Jean-Guihen Queyras. In piano-duo suona con Andreas Staier, Boris Berezovsky e Alexei Lubimov. Melnikov è stato nominato BBC New Generation Artist dal 2000 al 2002 e i suoi concerti vengono trasmessi regolarmente dal BBC Radio 3, inoltre suona e incide con le Orchestre della BBC.Dal 2004 incide per Harmonia Mundi France ed ha pubblicato dischi da solista con musiche di Brahms, Rachmaninov e Scriabin, nonché musica da camera con Isabelle Faust, Jean-Guihen Queyras e Teunis van der Zwart. Sono state pubblicate nel 2009 tutte le Sonate di Beethoven con Isabelle Faust, e nel 2010 i Preludi e Fughe di Shostakovich.Dal 2002 Alexander Melnikov insegna pianoforte al Royal Northern Colle-ge of Music di Manchester. Oltre al tempo dedicato al pianoforte, Melnikov si distingue anche nel campo dell’aeronautica essendo un’ esperto pilota.

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GRUPPO BPER

Vanna Belfiore, Deanna Ferretti Veroni, Primo Montanari, Corrado Spaggiari, Gianni Toschi, Vando Veroni

Le attività di spettacolo e tutte le iniziative per i giovani e le scuole sono realizzate con il contributo e la collaborazione della Fondazione Manodori

Paola Benedetti Spaggiari, Enea Bergianti, Bluezone Piscine, Franco Boni, Gemma Siria Bottazzi, Gabriella Catellani Lusetti, Achille Corradini, Donata Davoli Barbieri, Anna Fontana Boni, Mirella Gualerzi, Insieme per il Teatro, Umbra Manghi, Paola Scaltriti, Corrado Tirelli, Gigliola Zecchi Balsamo

Annalisa Pellini

Francesca Azzali, Nicola Azzali, Gianni Borghi, Andrea Capelli, Classic Hotel, Francesca Codeluppi, Andrea Corradini, Ennio Ferrarini, Milva Fornaciari, Giovanni Fracasso, Alessandro Gherpelli, Alice Gherpelli, Marica Gherpelli, Silvia Grandi, Hotel Saint Lorenz, Claudio Iemmi, Luigi Lanzi, Franca Manenti Valli, Graziano Mazza, Ramona Perrone, Francesca Procaccia, Teresa Salvino, Viviana Sassi, Paola Torelli Azzali, Alberto Vaccari

Stampa: Grafiche San Benedetto, Castrocielo (FR)

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