2011 Primo Dopoguerra

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    Citt: passato, presente, futuro1.

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    1.Urbanistica e architettura a Pordenone nel

    Novecento: La citt senza regole nel periodo della ripresa postbellica (1919-1929)

    di Moreno Baccichet

    La citt si present al nuovo secolo senza sostanzialicambiamenti nel suo impianto urbano rispetto aquella che era la condizione della fine dell800. Soloil numero e la dimensione delle strutture artigianali eindustriali era cresciuto, mentre i tessuti residenzialie i servizi non erano mutati. Qualche grande villaextraurbana, come la Querini, si era appoggiata aldisegno urbano di et moderna e persino larrivodella ferrovia non aveva prodotto un grande sviluppoedilizio nei pressi dellinfrastruttura, perch lefabbriche continuavano ad appoggiarsi alle acqueper sfruttare unenergia a basso costo. I problemicreati dallimmigrazione, invece, venivano risolti

    aumentando il numero di abitanti per vano, oppurecostruendo grandi dormitori per operai che nonrisiedevano in citt con la famiglia.

    Pordenone allinizio del 900. In rosso la linea elettrica che collegava gli impianti della Societ Elettrica aSan Giorgio con quelli di Fiume Veneto.

    In sostanza lo sviluppo industriale non aveva avutodelle ricadute dirette sulla forma della citt. Iguadagni della prima industrializzazione pordenonesevenivano drenati verso i centri della finanza nazionalee internazionale e questo caus lincapacit di cogliereloccasione per ridisegnare una citt moderna.Pordenone era un importante centro produttivo, manon assumeva la forma di una citt industriale.Anzich seguire le orme del capoluogo udineseche nel 1909 diede lincarico a Sanjust di Teuladadi redigere il primo piano della citt, il comune delNoncello rinunci agli strumenti urbanistici perimpegnarsi, invece, nel definire una nuova rete di

    infrastrutturazione ferroviaria e stradale che collegassela citt con i mercati delle merci e della manodopera1.Furono spese molte energie per progettare la mai

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    completata ferrovia Oderzo-Pordenone-Aviano2,il nuovo macello, la riorganizzazione degli edificiscolastici, la rete stradale limitrofa alla citt3, ma dalpunto di vista del paesaggio urbano fu posta attenzione

    solo ad alcuni nodi stradali.Anche i privati colsero il nuovo valore deicollegamenti e le possibilit offerte dal diffondersi deltrasporto su gomma. I Fratelli Populin, per esempio,allinizio degli anni 20 costruirono il moderno garagein via Bertossi concludendo un accordo con il comuneche in qualche modo riconobbe il nuovo ruolo deiservizi automobilistici privati rispetto allo sviluppodella citt4.

    Per il resto lattivit edilizia era priva di una regiae le occasioni che scaturivano dalle iniziative deiprivati sembravano disegnare una modernit a spot.Il ridisegno della citt veniva lasciato alla nuovageografia dei servizi. Una geografia pi dilatata,che nel coinvolgere aree fino allora non urbanizzatecostituiva una nuova serie di nodi attorno ai quali sisarebbe sviluppata la citt novecentesca, se non fosseche lespansione super di molto la corona dei nuoviservizi.

    Soprattutto la giunta di sinistra del sindaco Rossosimpegn in modo concreto nella modernizzazionedei servizi pubblici ponendosi come obiettivoprimario la ripresa del progetto maturato primadella guerra di costruire un grande edificio scolasticosui terreni dei Cossetti. Del progetto fu incaricatolingegnere Mior con lespresso indirizzo di edificareun palazzo centrale con due palestre una aperta e unachiusa.5. Nel 24 il progetto ricevette una radicaleriforma e si pervenne anche alla rinuncia di costruire

    un secondo piccolo edificio scolastico a servizio dellaperiferia che si stava espandendo lungo le direttrici deiviali Grigoletti e Montereale6.

    Loccasione di espandere i servizi urbani a nord deltribunale, ospitato nellex convento dei domenicani,permise allamministrazione di definire anche lospazio dedicato alla commemorazione della grande

    guerra. Allinizio del 24 si pervenne alla definizionedegli spazi relativi al parco della Rimembranza e allaprogettazione dellomonimo viale, in pratica vialeTrieste, che secondo lingegnere Antonio Salice sisarebbe dovuto allargare fino a metri dodici di vialefronteggiante il nuovo edificio scolastico urbano7.Unulteriore importante fase di arricchimentodel patrimonio architettonico della citt fu ilcompletamento del teatro Licinio progettatodalludinese Provino Valle prima della guerra e

    seguito nelle sue fasi costruttive dallingegnereLuigi Querini8. Pi di linguaggio storicista fu invecelesperienza di costruzione dellampliamento delmunicipio in Contrada Maggiore affidato a CesareScoccimarro, pi giovane di Valle, ma che comeil collega udinese si era diplomato in disegnoarchitettonico allAccademia di Venezia.Negli anni 20, in modo non diverso dal teatro diPiazza XX Settembre, ripresero anche i lavori percompletare il campanile di San Giorgio progettato nel19079e lampliamento e riordino del bagno pubblico

    che si trovava ancora in aperta campagna10.Lincapacit del comune di muoversi al di fuori deglispazi dellemergenza ben evidente anche nelloschieramento delle opere pubbliche previste percontrastare la disoccupazione.Nel primo dopoguerra lintento di riattivare le viedi collegamento fluviale si era concretizzato in unfaraonico e antistorico progetto di rifondazioneportuale subito interrotto per la cronica mancanza difinanziamenti. Cos anche il progetto pordenonese

    elaborato dallingegnere Augusto Mior nel 191911eradiventato una sorta di concreto esempio sulla distanzache passava tra gli annunci e le difficolt di reggerela spesa per opere tanto estese12. Era evidente che illavoro degli spalatori era stato solo un pretesto permitigare gli effetti della crisi economica: negli anni1920 e 1921, essendovi a Pordenone un grave disagioper la disoccupazione operaia, lAmministrazioneComunale di quel tempo ha fatto eseguire deigrandiosi movimenti di terra, i quali avrebbero dovuto

    costituire una prima serie di opere aventi per iscopodi migliorare le condizioni della navigazione lungo ilfiume Noncello, rendendo possibile laccesso delle

    Intestazione della SAP con limmagine del moderno garage di viaBertossi.

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    barche da trasporto fino a quella citt, mentre nelperiodo di tempo dal 1820 al 1917, esse dovevanoarrestarsi due chilometri pi a valle, nella localitDogana13. Il progetto prevedeva anche la costruzione

    di una conca di navigazione in occasione dellaconfluenza del Noncello nel Meduna, una concache avrebbe permesso di alzare il livello dellacquacreando un salto da sfruttare con la costruzione diuna piccola centrale idroelettrica. Questi progettifurono interrotti ben presto tanto che nel 1925anche il senatore Elio Morpurgo fece sentire la suavoce protestando con il ministero dei lavori pubbliciaffinch i lavori sul porto fossero completati a spesedello Stato14.

    I lavori sul porto non portarono alcun frutto per lacitt, quello sulle nuove reti ferroviarie nemmenoe la sola azione intrapresa per dare casa agli sfollatifu quella che vide trasformare le casermette di viaMolinari in alloggi15. Nella sostanza lamministrazionecomunale, indipendentemente dal colore politico, nonvolle cogliere loccasione per promuovere in primapersona lattivit di riorganizzazione urbana, ma,con atteggiamento liberale, prefer lasciare ai privatilazione di promozione urbana.

    Tra le attrezzature progettate nel primo periodo delgoverno fascista, invece, va annoverato lo stadio che,sul finire del 24, unassociazione avrebbe realizzatosui terreni comunali posseduti al di la della stazione,non lontano dalle baracche degli sfollati. In quellareail comune per anni aveva cercato di svilupparequalche attivit industriale che avesse la necessit diappoggiarsi alla linea ferroviaria, ma nessuno avevamai fatto una richiesta per ottenere quei lotti di terradi propriet pubblica16.

    La riorganizzazione degli spazi per il mercato

    Ebbero invece un esito diverso le scelte urbanistiche

    di riorganizzazione del sistema dei mercati pubblicicontestualmente a quanto si stava facendo a Udinedove era stata prevista la costruzione di un grandemercato ortofrutticolo nella periferia della citt. Una

    prima delibera consigliare di Pordenone prescrisseil trasferimento del mercato bovino al sottopassodi via Cappuccini, dove poi sorger il giardinopubblico, mentre i banchi della verdura, della fruttae del pollame sarebbero stati portati in piazza XXSettembre e il mercato del grano in Piazza dellaMotta.La costruzione di due strutture per il mercato inuna zona assolutamente centrale era lobiettivochiaramente espresso dallamministrazione fascista.

    Il mercato coperto era un tipo edilizio non nuovo chesi voleva introdurre in citt con modalit abbastanzausuali. Limpegno del sindaco Cattaneo per riformarei luoghi del mercato pordenonese aveva scatenatonon poche discussioni sulla scelta dellambito:taluni vorrebbero che detto mercato [della fruttae verdura] sorgesse sopra lattuale pescheria sullaquale verrebbe costruita una apposita piattaformarialzata fino al livello della Via Cesare Battisti; altripensano che la posizione migliore sia quella delpiazzale XX Settembre, nellarea alberata a lato di

    palazzo Cossetti, dove si vorrebbe trasportare anchela pescheria; altri infine prospettano lopportunitdi collocare il mercato nella piazza del Moto. LuigiQuerini us tutta la sua influenza per fare in modoche il mercato di frutta e verdura fosse costruito sulpiazzale prospiciente lex convento dei domenicani suprogetto dellamico e collega Gino Canor17.

    Lo stadio di Pordenone costruito oltre la ferrovia.

    Prospettiva del progetto di Canor per Piazza XX Settembre.

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    Nel 28 si stava ancora valutando lipotesi diorganizzare un unico luogo per il mercato nei pressidella pescheria, approfittando dellarea del vecchioospedale dismesso19. Nelle strutture del dellex-

    convento, poste alle spalle della Chiesa del Cristo,aveva gi trovato posto la caserma dei carabinieri esi stava per insediare la vice prefettura. Una nuovastrada in fregio alla roggia avrebbe potuto servire siala pescheria che il nuovo mercato ortofrutticolo.Il progetto fu affidato al nuovo architetto di fiduciadellamministrazione, Cesare Scoccimarro20, chepredispose ben tre bozze del progetto: ho ritenutonecessario uno studio di sistemazione della zona in cuidovr sorgere il nuovo fabbricato. Perci ho lonore di

    presentare alla S.V. Ill. N. 3 soluzioni planimetricheallo scopo di illustrare le varie forme che potrassumere ledificio in relazione alle vie di accesso, allecostruzioni vicine, ed alla nuova piazza che sorgerin seguito alle preventivate demolizioni dei vecchifabbricati21.

    Il progetto scelto era molto aereo e moderno e

    leggeva le morfologie dei luoghi in modo non diversodalla sistemazione che Joe Plenikaveva fornitoper Lubiana riprofilando il lungofiume della sua cittnatale. Nel piano seminterrato, a contatto con laroggia avrebbe trovato posto la pescheria collegataal livello superiore da due ampie scale a chiocciola.Al primo piano e quindi al livello della citt storica,sarebbero state vendute frutta e verdura con i banchiorganizzati in un ampio locale pilastrato. Veniva cosproposta a Pordenone la prima vera architettura incemento armato con strutture molto esili e dalleforme morbide quanto nuove. Il solaio sarebbe statocostruito con travi in cemento ortogonali poste tra

    Lingegnere predispose un progetto che prevedeva dismorzare la pendenza del grande slargo di piazza XXsettembre con tre piattaforme sulle quali sarebberostate costruite due tettoie in ferro cha serviranno

    per il mercato della frutta e della verdura, mentreper quello dei latticini e della polleria servir ilterzo ripiano senza tettoia18. Alla fine il consigliodecise di costruire una sola e grande tettoia ma difatto non se ne fece nulla. Al progetto di Canorsegu nel 26 la proposta di Carlo Raffin che proposeallamministrazione un padiglione con pianta a formadi C realizzato completamente in ghisa, ma anchequesta proposta rimase priva di attuazione.

    Cesare Scoccimarro, prima proposta per il mercato con unasoluzione su due piani e copertura del superiore con unastruttura in metallo.

    Planimetria dellarea dellex convento posta a ridosso delle mura

    e della roggia. Il disegno illustra la dimensione dellinsediamentodei carabinieri e gli spazi che con la demolizione potevano essereliberati per il mercato ortofrutticolo.

    Proposta per un padiglione del mercato in metallodi Carlo Raffin.

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    terreni raggiungibili con lautomobile rese pi difficilerealizzare piani urbanistici anche per i privati. Lagrande lottizzazione dei Montereale per molto temporester quasi del tutto inedificata.

    Lidea di costruire settori di ampliamento tantoampi, regolati da una urbanizzazione stradale a magliaregolare e a lotti larghi, precorreva i tempi dei pianiurbanistici per lespansione urbana. Siccome si potevacostruire in pratica ovunque non cera motivo perchchi volesse costruire una nuova casa si assoggettasse aiprezzi richiesti dai di Montereale o da altri lottizzanti.La grande disponibilit di terreni agricoli di piccoladimensione e vicini al centro abitato drenava granparte delle richieste di lotti edificabili e le imprese

    erano ben disposte a procedere nel lottizzare leparticelle agricole pi grandi poste lungo le stradeesistenti, come via Revedole o lungo via San Giuliano.Gli imprenditori che avevano ridisegnato le loroampie propriet per una residenza suburbana dipregio, invece, facevano fatica a trovare chi acquistasselotti tanto ampi e costosi e il viale dei di Monterealecominci ad essere urbanizzato, come la naturaleespansione della citt, solo negli anni 30 con un mixdi servizi (caserme e ospedale), residenze, e opifici(Zanussi). Nessuna norma stabiliva quali funzioni

    si potessero insediare nelle lottizzazione suburbanetanto che quando il prof. Antonio Marson chiese dicostruire per se stesso un edificio adibito a cantiereper la produzione di manufatti in cemento lungoVial dAviano, la commissione dornato non pot faraltro che cercare di chiedere un certo decoro perledificio, consigliando prima uno stile architettonicoconsono al valore urbano della strada, e, quando ilprofessore present una sorta di palazzetto neogotico,prescrivendo di ridurre quegli archi a tutto sesto24.

    Anche lungo via Grigoletti la citt si espandeva grazieallintervento dei privati che lottizzavano ampie zoneagricole con lidea che si sarebbero presto trasformatein una elegante periferia per sobborghi. La BraidaNicoli per esempio, fu urbanizzata con strade regolariper dare vita a una borgata semideserta che aveva ilpretenzioso nome di Eden25. Via Ferrata e via Selvaticofurono ridisegnate con strade rettilinee e lotti dimodeste dimensioni, adatti a tutte le tasche. Lemodalit di insediamento non erano normate e il solo

    requisito sufficiente per costruire unabitazione erache il lotto, per quanto piccolo, fosse raggiungibile dauna strada nuova o storica.

    loro a interasse di poco pi di tre metri. La soletta

    spessa dieci centimetri era interrotta da vetri diffusoriche avrebbero smorzato leffetto chiaroscurale delsolaio. Un secondo progetto mostrava, invece, unasoluzione formale pi tradizionale con una grande salapseudo ellittica anticipata da un portico con pilastrisorreggenti archi a tutto sesto.In ogni caso Cattaneo non ebbe la forza ne il tempoper giungere alla definizione dei nuovi spazi delmercato e il progetto rimase presto dimenticato.

    Lespansione della periferia

    Come abbiamo detto, la citt nel primo dopoguerranon dimostr la maturit di pensare a un pianourbanistico capace di dare forma alla grandeattivit edilizia che si sarebbe sviluppata dopo ilprimo periodo della r icostruzione, ma si limit agestire i finanziamenti ordinari e quelli straordinarinel tentativo di rendere moderno ed efficiente ilreticolo stradale esistente22. Gran parte delle aree diespansione della citt di fatto sorsero lungo tratturidi campi e ancora oggi, se si escludono alcune ampie

    lottizzazioni impostate dai privati, la maggior partedelle strade non rettilinee segue con precisione ipercorsi agricoli di antico impianto. Un esempio pertutti della cattiva pratica di considerare immutabileil regime e lassetto delle propriet nella periferiadella citt senza dubbio il caso del restauro eallargamento del Vial DAviano e del Vial del Turcoche si proponevano come settori di espansione perunedilizia popolare alternativa alle lottizzazioni piprestigiose realizzate sui lati di via della Comina sui

    terreni dei signori Montereale23

    . Costruire lungo lestrade esistenti costava meno e questa disponibilit di

    Cesare Scoccimarro, seconda proposta per la costruzione delmercato ortofrutticolo.

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    rapporto con Torre e Cordenons. Nonostante tuttola definizione dei nuovi fronti stradali arriver a unadefinizione formale solo verso linizio degli anniTrenta28.

    Nelle poche occasioni in cui lamministrazione siimpegn in prima persona per riorganizzare unaporzione di citt esistente lopera fu defaticante epiena di ostacoli creati proprio dal rapporto con iprivati. Lattivit di riorganizzazione di Largo SanGiovanni, per esempio, dest una certa discussionein citt, soprattutto a causa della distruzione dellachiesetta che dava il nome a quel luogo. Lopinionepubblica si divise tra coloro che volevano laconservazione delledificio e chi si proponeva di

    rendere pi funzionale un incrocio stradale chedi li a poco si sarebbe ulteriormente complicatocon la costruzione della nuova circonvallazione(viale Marconi)29. Gi nel 1924 il sindaco Cattaneoaveva individuato lincrocio tra via Comina (oggiMontereale) e via Grigoletti come un luogoimportante per lassetto futuro della citt.

    Sullargomento fu chiamata ad esprimersi lacommissione dornato (6 ottobre del 25),probabilmente sulle bozze di un progetto prodottodal geometra Marcolin, incaricato dai di Monterealea formalizzare una proposta di ricomposizionedegli edifici retrostanti al piccolo edificio sacroche si sarebbe demolito di li a poco. Il progettistapresent la proposta per un palazzetto esplicitamenteriferito allarchitettura del 500 veneziano, cheavrebbe totalmente sostituito i fabbricati esistentiproponendosi come un nuovo fondale alla prospettivadel rettifilo stradale che proveniva da corso Garibaldi.

    Chi acquistava un lotto lo dimensionava in base allasua disponibilit economica, in pratica su misura,per cui era possibile che a fianco a ville prestigiose,impostate su ampi giardini, si trovassero edifici di pi

    modesta dimensione. Per esempio, il piccolo villinoche il geometra Giuseppe Fiori progett per GiovanniTognatti era prospiciente limportante villa DellaTorre a San Giacomo, su via Ferriera. Si trattava diun edificio in fin dei conti modesto, che accese lepreoccupazioni della commissione dornato per lesgrammaticature formali (i contorni proposti hannocarattere industriale e perch venga meglio studiata laparte architettonica; si consiglia anche di sopraelevareil coperto della torretta26), che si sarebbero notate

    ancor di pi vicino a una delle pi belle ville degli anni20 di Pordenone.Per altro verso questi quartieri suburbani eranoimmersi in un paesaggio agrario che in qualchemodo subiva una sorta di lenta modernizzazione.Infatti, nonostante la vocazione industriale della citta Pordenone, negli anni 20 non fu di poco conto lacostruzione di edifici rurali in Comina o nei borghiesterni alla citt27.Regolare lassetto infrastrutturale dellespansionecittadina era lultima preoccupazione

    dellamministrazione comunale. Solo in due casi ilcomune intervenne in prima persona con lavori diriatto della viabilit esistente. In entrambe le occasionisi tratt di piccole operazioni di sventramento, comequella condotta su Via Cavallotti, individuata come unasse importante di espansione urbana nel suo nuovo

    Edifici ricostruiti a cavallo del 1930 per allargare la sezionestradale di Via Cavallotti.

    Veduta della chiesetta di San Giovanni con sullo sfondo VialeGrigoletti ancora privo di edifici moderni.

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    La definizione della ricomposizione della facciatadei corpi di fabbrica che un tempo erano nascostidalla chiesetta complic ulteriormente il rapportotra i di Montereale e il comune. La famiglia non eradisposta a realizzare lopera a proprie spese e chieseallamministrazione di intervenire nel definire undiverso progetto sulla nuova piazza che fosse dignitosoe condiviso dalla propriet. Il progetto fu steso neldicembre del 25 dallo stesso ufficio tecnico comunale

    con un esito che non incontr il gradimento dellafamiglia.Il possidente precisava che aveva chiesto un consultosu quel progetto e, fatto vedere da competenti,

    hanno detto che detto progetto non corrispondene a edilizia, ne a prospettiva e, quindi, richiedevacon determinazione un sopraluogo con lincaricatotecnico del Comune, con la mia presenza, perconcretare il da farsi30. La proposta era alquantosemplificata e in sostanza non voleva modificarelassetto murario del fabbricato esistente, che, essendoun annesso rustico, era giocato su diversi volumicorrispondenti a specifiche funzioni.Per giungere alla definizione di una sistemazione

    onorevole di quel prospetto, che la demolizionedella chiesetta rendeva tanto evidente, il podestcoinvolse anche Cesare Scoccimarro che, in modoinformale, present uno schizzo di ricomposizionedi quella facciata operando non sulle murature, masullapparato decorativo.

    Lo schizzo prevedeva cornici ai fori, la costruzionedi un portale dingresso alla propriet Montereale in

    asse con via Garibaldi e la soluzione della coperturacon un solaio pieno sormontato da una balaustra.Nemmeno questa soluzione piacque ai proprietari,tanto che nel 1928 dichiaravano di avere fatto conlamministrazione una convenzione, e nella medesimafu posto un articolo e cio che abbattendo la Chiesami si facesse fare a spese del Comune la facciata deilocali dietro la medesima, come da progetto con tipoconsegnato al Comune e stato approvato.Abbattuta la Chiesa, il Comune, invece di far fare lafacciata delle case dietro la detta Chiesa, ha mandato

    unimpresa che diede alla facciata unimbiancatura siaal muro come alle finestre31.

    Progetto per la costruzione di una nuova facciata degli immobilidei di Montereale su Largo San Giovanni predisposto dal geome-tra Elci Marcolin.

    Proposta di ricostruzione del prospetto su Largo San Giovannielaborato dagli uffici comunali.

    Proposta di ricomposizione del prospetto su Largo San Giovannifirmata da Cesare Scoccimarro.

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    Negli anni 30 lamministrazione riprender il dialogocon la famiglia e in cambio di una tomba in cimiterootterr la concessione di demolire il lungo fabbricatodi annessi agricoli posto allingresso di via Montereale

    in modo da allargare tutta la grande via che conducevaalle caserme e allospedale, configurandola in unadimensione ampia e regolare. Del progetto sarincaricato proprio Cesare Scoccimarro che allepocasi era gi trasferito a Milano e che, nonostante avessegi lavorato per lamministrazione pordenonese, fuconsigliato al podest Nello Marsure dagli Scaini32.Nelloccasione si offriva al progettista la possibilit didisegnare, col Suo ben noto senso artistico, il cancelloe la mura in modo da trasformare la visione della

    localit e portare un po di arte dove attualmente nonesistono che delle brutture. Si sarebbe provvedutocos al definitivo allargamento di via Montereale inpreciso prolungamento della linea retta tirata dalmuro di cinta della Caserma di Cavalleria alla nuovamura di cinta della propriet Montereale attualmentein costruzione33.Oltre alla definizione del nuovo assetto di LargoSan Giovanni allinizio del secolo la vertenza piimportante e defaticante per lassetto urbanisticodella citt fu quella relativa allarea sottoposta alla

    demolizione della porta trevisana della Bossina. Ladefinitiva soluzione della discontinuit delle principalicontrade pose il problema di ridefinire il luogo delponte delle Beccarie e le facciate dei due edifici cheora introducevano a Corso Vittorio Emanuele e che siaffacciavano sul palazzo della posta e sulla piazzetta.Una volta di pi non cerano strumenti per giungerealla definizione di quellangolo e la forma degli edificie degli spazi pubblici fu il risultato di un lungo econtinuo lavoro di intese tra lente pubblico e i privati

    attraverso la verifica di semplici progetti edilizi.Uno dei problemi pi importanti affrontatinellanteguerra fu come finire la serie degli archi delporticato ovest della contrada maggiore in occasionedelloriginaria strozzatura della porta. LingegnereAugusto Mior era convinto che il lavoro sarebberiuscito antiestetico per le dimensioni eccessivedellarcone [proposto] rispetto agli archi vicini.Lingegnere forn al sindaco anche uno schizzo dellasoluzione che avrebbe, secondo il suo gusto, avuto la

    migliore riuscita e che prevedeva una serie di piccoliarchi su colonna. Sullaltro lato invece si pervenne pilentamente alla definizione delledificio dei Milani34.

    Restava per il problema di cosa fare degli spazidella piccola piazzetta delle Beccarie ricompostadopo la demolizione delle botteghe Brusadin, ma alladefinizione di questo problema ci si pot metteremano solo nel dopoguerra. Nello spazio vuoto, chein antico anticipava il fossato della porta, il comuneintendeva attivare una qualche iniziativa, ma anche iprivati non erano indifferenti al riutilizzo di uno spazioche faceva da snodo tra Corso Vittorio Emanuele,Via della Posta e la scalinata che scendeva in Vicolo

    delle acque. Fin dal 1919 Guido Belluzzi ed EnricoMichieli avevano inoltrato la richiesta per erigere inquesto ambito un chiosco che fungesse da edicola,posto di telefono pubblico e anche da caff. In modonon diverso Umberto Venerus chiese per se quellaconcessione pubblica precisando che se accontentatoavrebbe eretto in quel luogo un chiosco di soli quattrometri quadrati di estetica decorosa e [che] servir per

    Definizione del primo progetto di riforma del palazzetto Milani.

    Il chiosco dei giornali in stile eclettico proposto da Venerus perPiazzetta delle Beccarie.

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    la vendita dei giornali ed opuscoli di propaganda delnostro partito (al quale mi onoro di appartenere)35.Lammiccamento alla giunta di sinistra non ottennealcun effetto perch il Commissario prima e il sindacoGuido Rosso dopo, avevano una diversa idea disviluppo per lex piazzetta. Romano Sacilotto si erareso disponibile a costruire nellarea posta tra il Vicolodelle acque e Via della Posta un edificio commercialeche sul retro avrebbe contenuto le nuove latrinecomunali e la casa del custode36. La parte pubblica

    delledificio prevedeva al piano terra, su Vicolo delleacque, le latrine per i maschi, al mezzanino quelle perle donne e la cucina del custode e al piano superioresarebbero state ricavate le camere dellabitazione. Sulfronte stradale Sacilotto avrebbe costruito un edificiocommerciale su due piani non molto diverso da quelliche cerano a Udine in via Manin e via Poscolle.Di li a poco Sacilotto scaric laccordo conclusocon il comune su Luigi Baschiera che chiese eottenne di modificare di poco il progetto preparato

    dallingegnere Mior e datato 23 agosto del 191937.Limprenditore si impegnava a costruire tuttoledificio e a cedere al grezzo i locali delle latrineallamministrazione comunale. Secondo il progettistasi seguita una linea direttrice gi discussa econcordata con qualche membro della ultimaAmministrazione Comunale ante-guerra secondola quale sintende profittare della localit centraleper provvedere allinstallazione di latrine pubbliche,e daltra parte utilizzare a scopo commerciale la

    posizione lungo una via tanto frequentata.Sulla necessit delle latrine pubbliche non occorrecerto spender parola, e sullopportunit della

    posizione scelta non sembra che possa sorger dubbio si creduto opportuno, per ragioni igieniche edestetiche, di lasciare tra il nuovo fabbricato e quelloMilani unintercapedine di tre metri in luogo deidue metri rappresentati dalla larghezza attuale delpassaggio38. Anche questo progetto non fu realizzatoe sul finire del 21 Baschiera ne present uno nuovo,sempre firmato da Mior, andando a prevedere lacostruzione di un secondo piano di alloggi e uncoronamento nella forma di unampia veranda.Ledificio assunse il carattere di un palazzetto

    Augusto Mior. Le due versioni delledificio commerciale su via della Posta elaborate tra il 1919 e il 1921al posto della Piazzetta delleBeccarie.

    Terza e ultima versione del prospetto su via della Posta con lipo-tesi di costruzione di un palazzetto a tre piani con ampia verandadi copertura. Augusto Mior giugno 1922.

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    una quantit di costruzioni che a Pordenone non siera mai vista nell800 o allinizio del secolo. Nel 22i cittadini presentarono alla commissione dornatoquarantacinque progetti e tra questi ben trentasei

    riguardavano nuovi edifici che venivano a porsi sulterritorio senza alcun ordine. Lanno seguente leparole dellingegnere Monti divennero profetiche:sul tavolo della commissione dornato arrivarono 131progetti, quasi tutti relativi a nuove costruzioni. Ilvolto della citt si stava trasformando con una velocitche non si era mai vista sulle sponde del Noncello.La Commissione eletta dalla giunta di sinistra nondur molto. Nel 23, nel periodo di reggenza delsindaco Cattaneo, il fascismo si propose di controllare

    anche questo organismo eleggendo gli ingegneri LuigiQuerini e Antonio Salice, il pittore restauratoreTiburzio Donadon e confermando il dottore LiberoFurlanetto40. Era ben chiaro a tutti che ormailespansione edilizia non poneva pi solo un problemadi decoro edilizio, ma di complessiva funzionalit delsistema della mobilit. Nonostante tutto nemmenoil primo governo fascista pens di predisporre unpiano di ampliamento41 e la commissione non potevaessere in grado di migliorare la qualit dello sviluppodella citt se doveva continuare ad interessarsi alla

    forma degli edifici anzich alla trama del disegnourbano. I pochi casi di contenzioso con i privati furonorisolti facendo ricorso a un presunto danno al benepubblico42interpretato come il raggiungimento diuna precisa intenzione decorativistica. In che altromodo potrebbe essere interpretata la chiusura con unrecinto del terreno di pertinenza del palazzo urbanodi Battista Lucio Poletti (lattuale sede della Camera diCommercio) declinata con uno stile storicista e capacedi giocare sulle profonde trasparenze dellarco portale

    affacciato verso Piazza della Motta. La commissionedornato in prima battuta arriv a respingere ilprogetto di recinzione perch i disegni lo descrivevanoin forma incompleta e poco decorata43, ma poi loapprov con poche prescrizioni perdendo loccasionedi ampliare lo spazio di circolazione pubblica.Nel 1925 si pervenne a una radicale modificadellarticolo 6 del regolamento edilizio che da quelmomento fin per prevedere lobbligo generalizzatoa tutto i territorio della richiesta di autorizzazione

    a costruire e abitare. Lamministrazione ritenevaindispensabile lestensione del provvedimentoconsiderato anche il fatto della rilevante espansione

    storicista, ricco di decorazioni naturalistiche, conlangolo sulla scala del Vicolo delle Acque tagliato a45 gradi e con un soprastante originale bowwindow asua volta ruotato a segnare langolo con una soluzione

    usuale per Gorizia, ma del tutto nuova per Pordenone.Limpaginato della facciata si fece pi serrato e ritmicoaccompagnando i fori con doppie lesene di colonne. Inmodo non diverso la loggia dellultimo piano sarebbestata segnata da piccole colonnine libere e accoppiate,posate su una cornice classicheggiante.

    La Commissione dOrnato

    In assenza di programmazione urbanistica ilruolo della Commissione dOrnato assumeva una

    importanza fondamentale ed era in sostanza il sololuogo in cui si dibattesse il futuro fisico della citt.Larticolo uno del regolamento di polizia ediliziaprescriveva che la commissione fosse composta daun ingegnere, da due cultori delle belle arti e daun medico, per le questioni sanitarie. Nella sedutadel 19 gennaio del 1921 furono eletti gli ingegneriAugusto Mior e Alberto Monti, il dottore LiberoFurlanetto e Alfredo Venerus. Poco pi tardi AlbertoMonti fu sostituito da Anto Marcolini a seguito di unalettera di rinuncia allincarico che va letta con grande

    attenzione.Monti non era nuovo al ruolo di commissario, manelle sue dimissioni espressero in modo chiaro i limitidazione che i commissari incontravano nella loroopera: detta Commissione non ha poteri adeguatiper disciplinare lo sviluppo edilizio della nostra citt,che in questi ultimi mesi si andato notevolmenteintensificando. Manca un piano regolatore, sia purecon effetto soltanto indicativo; i pareri vengono chiesticaso per caso, cio nei limiti delle singole costruzioni:

    sicch riesce impossibile coordinare gli interessi deirichiedenti con le esigenze generali39.La critica allimmobilismo della giunta di Guido Rossoera evidente. Non cera alcuna volont di costruire undisegno coerente dellespansione urbana costruendostrumenti di pianificazione seppure duttili. Nel1919 erano state presentate tre richieste relative adampliamenti e una per la ricostruzione di un edificiodanneggiato dalla guerra. Nel 20 le richieste furonosolo due, ma nel 21 erano state undici delle quali ben

    sette erano relative a nuove costruzioni. Lingegnereera in grado di percepire che una esplosionedellinsediamento si stava verificando in citt con

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    edilizia verificatasi specialmente nel dopoguerra nelComune di Pordenone44. Venivano pure lamentatedai vigili urbani le frequenti infrazioni al regolamentoedilizio specialmente da parte degli impresari i qualiiniziano costruzioni senza aver ottenuto il regolarepermesso45.Poco poteva fare la commissione con il solo strumento

    del regolamento edilizio che faceva acqua da tutte leparti, Quando lingegner Mior inizi la costruzionedel nuovo stabilimento della Birra Momi che siaffacciava sul porto del Noncello, lamministrazionenon pot fare nulla per mitigare gli effetti delloperaperch la propriet fece osservare che ledificio nonera prospiciente alla via pubblica, ma interno allapropriet. Quellenorme volume poi riutilizzato dallecantine Pavan, rimase a caratterizzare la prospettiva diPordenone dal fiume per quasi un secolo46.

    Ci si limitava a lavorare sul concetto dei fronti eal massimo si cercavano di regolare gli accessi ainuovi lotti, ma non si poteva/voleva fare nulla sulfronte delle morfologie urbane e questo ancora oggicaratterizza laspetto della periferia pordenonese.La difficolt di costruire fronti stradali che avesseroun carattere urbano e potessero essere consideratidecorosi per il gusto dellepoca diventava ancor pievidente lungo quelle strade che vedevano alternarsiresidenze di diverso livello e strutture produttive oper il deposito. Il viale della stazione, per esempio,

    era un ambiente difficile per la presenza di diversiopifici e del cantiere dei Salice. Quando Giovanni

    Battista Salice present un progetto per demolire ericostruire una tettoria della sua azienda di manufattiprefabbricati per ledilizia cerc di far digerirealla commissione il nuovo fabbricato progettatodallingegnere Gino Canor osservando che nonsolo sorger a pi di cinque metri dalla strada, masoprattutto che rimpiazzer quella attualmente

    esistente nel recinto di deposito materiali laterizi,togliendo cos una bruttura a vedersi da Via Mazzini47.Loccasione permise al sindaco Cattaneo di chiederedelle migliorie formali al fabbricato che per bentre volte fu respinto perch peggiore dellesistentee alla fine fu approvato come una loggia di formaneorinascimentale.La tettoia di Salice non era la sola bruttura lungoquella strada che voleva essere laccesso privilegiatoalla citt con edifici di pregio come quello della

    Cassa di Risparmio di Gilberti, villa Querini e ilsuo parco e il lungo edificio plurifamiliare costruitonel 1911 a filo stradale. Il rapporto tra sede viariapubblica ed edificio non era stato minimamentesviscerato e la commissione si limitava a dare divolta in volta indicazioni su possibili allineamenti oarretramenti del fronte. In una fase come questa anchesolo un regolamento sui nuovi volumi e sulla lorodistribuzione rispetto ai principali assi stradali avrebbegarantito un percezione unitaria degli spazi del 900.Il 10 giugno del 1927 la commissione fu rinnovatanel clima di riforma amministrativo che aveva vistoscomparire il consiglio comunale e la giunta, e

    Lingresso al cortile di palazzo Poletti in parte trasformato in locali per il commercio dalling. Monti, 1924.

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    dei servizi delle organizzazioni di partito (ONB ePNF). Il modello che si imponeva in questa situazione,priva di orizzonti di pianificazione, era quello diunespansione per ville e giardini anche lungo gli assi

    stradali pi vicini al centro. Per esempio, gli assi divia Cossetti, Martelli, Trieste e Trento, sembravanodestinati a popolarsi di ville poste allinterno diun lotto isolato e arretrate rispetto al filo stradale.A pochi passi dal denso centro storico nascevanoquartieri a bassa densit che a volte non eranonemmeno capaci di raccontare il nuovo benessereeconomico raggiunto dalla citt nel dopoguerra.La villa che Telesforo Populin volle costruire in viaCossetti fu molto osteggiata dalla Commissione

    dornato perch il progetto presentato dal geometraEnrico Verdi non dava alcuna garanzia sulla qualitestetica delledificio che sarebbe sorto in una zonacentralissima. Vennero richiesti nuovi prospettinei quali figurino un po pi sviluppati in altezza ilpiano terreno ed il primo piano i quali apparisconoschiacciati in rapporto allo sviluppo del secondopiano50. Le osservazioni furono presto raccoltedalla committenza che fece modificare il progettoe poi sostitu anche il professionista, tanto che nel1932 il proprietario chiam ling. Arnaldo Polon a

    riformulare la soluzione delle facciate e del portico51.Pordenone non vantava la presenza di professionisti distatura regionale e il peso di chi si limitava a copiareville e villini dallampia pubblicistica del periodo eraancora forte. In molti casi il fiorente commercio dimanufatti decorativi di cemento rendeva pi facilesaccheggiare il catalogo degli ordini e degli stiliproducendo edifici in stile eclettico con una spesapiuttosto contenuta. Rispetto al decennio precedentenegli anni 20 a Pordenone si vedeva non solo una

    fervida attivit costruttiva, ma anche un esageratoricorso alla decorazione applicata. Per certi versila resistenza di alcune forme progettuali diniziosecolo era pi facile allinterno della categoria degliingegneri, mentre solo pochi diplomati come il

    bravo geometra Elci Marcolini garantivano anchenegli anni 20 la costruzione di palazzine modeste edignitose lontane da un ripetitivo richiamo allo stilestoricista. Lesperienza estetica che aveva precedutola prima guerra mondiale si esprimeva ancora nella

    moderna composizione dei fori e in un non scontatotrattamento degli intonaci delle superfici.Lonesto professionista, che si distingueva per il bel

    sostituire la figura del sindaco con quella del podest,espressione del partito e rappresentato ancora daAntonio Cattaneo.Furlanetto e Donadon furono riconfermati, mentre

    tra i professionisti furono scelti Angelo Puiatti e ilgeometra Gino Mez48.Tiburzio Donadon fu molto utile, insieme a LuigiDe Paoli, anche durante le fasi di riconoscimentodegli edifici storici del centro da sottoporre a vincoloda parte della soprintendenza triestina. Il ricorsoai due artisti locali a scanso di errori e confusionidimostrava in modo chiaro la difficolt dimprimereazioni coerenti di tutela sul patrimonio della cittstorica, come pure linizio di un lento processo di

    riconoscimento di quelli che erano gli edifici piimportanti ereditati dalla complessa storia costruttivadella citt.Se nella prassi delle autorizzazioni non sembrariconoscere alcuna forma di resistenza allatrasformazione o sostituzione del patrimonio edilizioesistente, va invece rilevata lazione di conservazionee restauro promossa in occasione della visita allacitt da parte del principe di Piemonte. Lerede altrono sarebbe arrivato in treno e sarebbe transitatoper il centro storico in occasione dellinaugurazione

    del monumento ai caduti. Per loccasione il podestpropose la costituzione di una squadra di disoccupatiincaricati di imbiancare e sistemare le facciate diun centro storico che a causa della fuoriuscita dellefamiglie borghesi sembrava sempre pi abbandonato.La soprintendenza invece intervenne sulle facciatepolicrome pi importanti affidando a Donadon ilcompito di portare a termine il primo restauro urbanodi una certa rilevanza. Gli edifici interessati eranonove tra i quali le casette di Piazza S. Marco, tutte

    a carico della Soprintendenza49. Complessivamentevennero coinvolti cinquantotto proprietari che perlo pi si limitarono ad imbiancare la facciata e ilsottoportico di loro propriet. Questa manutenzionegenerale coinvolse anche gli edifici posti su corsoGaribaldi, Piazzetta Cavour, le vie Oberdan, Mazzini,Cavallotti, Borgo Colonna, ecc, in sostanza ledirettrici lungo le quali si sarebbe organizzata la visitadellaspirante al trono.La citt si mostrava ancora attraverso gli spazi

    tradizionali della sua storia urbana. Solo negli anni 30si perverr a definire nuove centralit come piazza XXsettembre o la moderna Piazza del Popolo con il nodo

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    disegno delle sue tavole, riusc ad esprimersi anchenella costruzione di villini pi complessi, come lacasa binata progettata per Amelia Bernardis lungovia della Comina, lattuale via Montereale. Ledificioaveva una certa complessit nellimpianto deglialloggi, mentre le forme decorative ricordavano leesperienze precedenti alla prima guerra mondiale.Larretramento del fabbricato rispetto al filo stradale

    sembrava poi rimarcare una nuova necessit diverde ambientato, con unparterredi impostazionegiardinesca, che doveva dialogare con il carattere

    floreale delle decorazioni parietali52

    .Una importante fetta del nuovo mercato edilizionemmeno si confrontava con i pochi tecnici capacidi esprimere un gusto estetico pi aggiornato. Laparticolare situazione di ripresa edilizia spingevaanche le imprese edili a farsi promotrici di iniziativespeculative oppure semplicemente ad assistere ilcliente fornendogli anche il progetto dellimmobileda costruire53. In questi casi il progetto veniva firmatodirettamente dal mastro muratore o comunque

    prodotto allinterno dellazienda, per quanto fosse

    Case operaie proposte dallimpresa Bisutti, 1922.

    Progetto per una casa popolare in via Revedole, Elci Marcolini,1924.

    Villa Bernardis poi Falomo su via Montereale, Elci Marcolini,1922.

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    oppure edifici pubblici o commerciali. Per esempio,la palazzina che la propriet della Birra Momi chiesedi poter costruire lungo il rettifilo del viale dellastazione si ispirava a certo colorismo lagunare.

    Il birrificio si rivolse nel 1924 al professor Marson cheinterpret la palazzina con un linguaggio desunto dallostudio dellarchitettura medievale veneziana. Biforedi richiamo neobizantino sarebbero state inquadrateda una fitta decorazione muraria che ricordava ereinterpretava gli insegnamenti boitiani e lattenzioneper larchitettura di et comunale. Solo una torretta-

    belvedere posta sopra il livello di copertura avrebbeattirato lattenzione lungo via Mazzini proponendo lapubblicit della nota bevanda al luppolo55.

    Un eclettismo pi spregiudicato e ancor pi pittoresco invece quello a cui fece ricorso Eugenio Polesello,a sua volta diplomato allAccademia di Venezia, eimpegnato nello stesso periodo nel progetto delsuo atelier di pittura in via della Ferriera. Ledificioposto su un piccolo lotto allungato era composto dadue volumi ad un piano, sfalsati tra loro e presentavasulla strada un ampio portone in legno di foggiapseudo medievale e una serie di patere di imitazione

    bizantina che avrebbero arricchito il fronte dellostudio caratterizzato da una finestra ad arco ribassato.

    Come ulteriore decorazione la spoglia superficie dellafacciata sulla strada avrebbe avuto, incastonato sotto lacornice di gronda, un vero e proprio altarino dedicatoalla madonna56.La ricerca del pittoresco e delleffetto naturalisticoabbracciava in modo particolare le principali ville cheesprimevano annessi e padiglioni tesi a raccogliereleffetto del fuori scala o dello straniamento dalcontesto urbano. In che altro modo potrebbe essereconsiderato il progetto della portineria in stile gotico

    veneziano che ling. Carlo Ruini progett nel 1925per la sua villa in via della Torricella57, verso il piazzaledi San Giorgio.

    Le sedi degli istituti di credito

    Negli anni 20 si pervenne anche alla definizione dellesedi storiche delle principali banche, mettendo manoallo spazio limitrofo alla cerniera urbana di piazzaCavour.Langolo posto tra Corso Vittorio Emanuele-via delle

    Poste e Via Mazzini inizi a configurarsi sempre picome un insieme di edifici che, acquisiti dalla Bancadi Pordenone, subirono delle trasformazioni con

    piccola. Soprattutto nel ricco mercato delle casepopolari nessun cliente aveva linteresse di accedereai servizi dei migliori professionisti locali, mentreil vertiginoso aumento di richieste di abitazioni

    convinse pi di una impresa forestiera a calare in cittproponendo la costruzione di edifici da vendere sullibero mercato.In questo senso va letta lesperienza imprenditorialeattraverso la quale furono costruite alcune caseoperaie di impianto semplice e ordinato come quelleproposte dallimpresa di Pietro Bisutti di Rauscedo ecostruite in via San Giuliano per intercettare i desideridelle maestranze meglio pagate del cotonificio diBorgo Meduna54. Se le case operaie stavano sorgendo

    lungo la strada per Udine, quelle dei capi reparto eimpiegati venivano costruite lungo la direttrice checonduceva al centro della citt. Di fatto la sola cosache le distingueva dalle prime era il ricorso a unrepertorio decorativo pi sviluppato, espresso daipiccoli portici dingresso con le colonne isolate chedavano accesso al locale di distribuzione delle CaseBisutti.Il ricorso a uno storicismo eclettico privo dimodernit ancor pi evidente nelle costruzioni piimportanti come le sedi della Banca del Friuli e della

    Cassa di Risparmio, ma anche nelle scuole Gabelli.Archi e colonne potevano decorare indifferentementecase dabitazione, come la preziosa casa in stilerinascimentale veneziano in via Selvatico n.19,

    Progetto per la palazzina della Birra Momi di Antonio Marson.Progetto non autorizzato dallamministrazione, 1924.

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    modifiche anche sostanziali. Prima della guerra labanca ebbe loccasione di acquisire le due abitazioniche la dividevano dallufficio postale, sul trattodi strada che collegava la porta medievale e la

    vecchia sede, allangolo dellattuale Caff Nuovo58

    .Lingegnere Augusto Mior fu chiamato a dare unacoerenza formale a corpi di fabbrica tanto diversie che, secondo lamministrazione comunale, sisarebbero dovuti raccordare in modo chiaro allacontrada maggiore ormai liberata dallostacolo dellaporta.Nel 1908 Augusto Mior aveva presentato il progettoper ricostruire larea delle abitazioni Gasparinie Locatelli ottenendo lapprovazione comunale

    acch la nuova facciata rimanga in rientranzarispetto al contiguo spigolo del fabbricato dellaPosta, prescrizione che in seguito fu disattesa. Ilnuovo edificio disegnato da Mior aveva un impiantotradizionale. Recuperando il portico della loggia dipiazzetta Cavour il nuovo edificio riproponeva unamodalit urbana tipica della Contrada Maggiore ilpalazzo porticato, che era in netto contrasto con ilvolume pieno e per nulla permeabile delladiacentepalazzo delle poste.

    Il volume dellottocentesco palazzetto delle poste,era sempre di pi percepito come un elementodi discontinuit dei fronti urbani. Solo nel primodopoguerra la trasformazione di questo edificioaffianc le elaborate vicende della ricostruzione dellapiazzetta delle Beccarie. Ci si era resi conto che illocale delle poste era troppo piccolo e che era unasorta di vincolo nel tentativo di modernizzare quellaparte di citt. Nelle intenzioni degli amministratoriil piano terra delle ex-poste si sarebbe dovuto aprire

    alla strada costruendo un portico che si sarebbeprolungato sulledificio dangolo e su piazzettaCavour.Nel 1919 Mior aveva ottenuto dal comune lincarico

    di verificare la possibilit di ampliare lufficiopostale che ormai si dimostrava inadeguato malamministrazione non ritenne funzionale la nuovadistribuzione. Contemporaneamente la Banca diPordenone, che soffriva la mancanza di spazi per uffici,nel 23 fece predisporre dalling. Alberto Monti lachiusura con serramenti della loggia posta allangolotra via della Posta e via Mazzini59.Era da poco iniziata una intensa trattativa tra ilcomune e la banca per trasferire le poste in un nuovo

    edificio e cedere il palazzetto ottocentesco allistitutodi credito. Il progetto di massima di ampliamentodella Banca di Pordenone fu elaborato moltovelocemente. Nel maggio del 23 il commissarioprefettizio invit la commissione dornato adesaminare una proposta elaborata dalling. AlbertoMonti in una duplice versione. Nella prima siproponeva la costruzione di un portico al piano terracapace di continuare quello dellampliamento della

    banca del 1908 con una serie di archi su pilastri. Laseconda proposta progettuale present invece una

    soluzione pi vicina alle preesistenze con i portici delforo realizzati grazie a una falsa piattabanda raccordataai pilastri da mensole decorate. La commissionedornato prefer questa seconda soluzione osservandoper che lapertura centrale appare sproporzionata inlarghezza e che sarebbe perci consigliabile dividerelapertura stessa in tre campate mediante duecolonne60. In questo progetto, che accolse i favori

    Decorazioni dei capitelli del nuovo portico progettato daAugusto Mior.

    La soluzione scelta dalla commissione per il restauro delle ex-po-ste prevedeva luso della piattabanda nei portici. A matita furonoaggiunte le due colonnine libere che non furono mai realizzate.

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    sia le poste che la banca. Gilberti risolse il problemacostruendo un grande portico che, come una sorta dicerniera, avrebbe disimpegnato i due accessi. Listitutodi credito avrebbe goduto dei locali posti sul fronte

    stradale, prestigiosi per posizione e decorazione,mentre il comune avrebbe avuto in uso i locali postisul retro e rifiniti con grande semplicit.Sullangolo settentrionale della facciata il progettistacolloc laccesso agli alloggi del primo e secondopiano raggiungibili da una scala che si adattava allacortina edilizia esistente curvando langolo, neltentativo di raccordare idealmente il filo stradalenuovo con quello di palazzo Badini.Il progetto di Gilberti prevedeva un uso rilevante

    di superfici e decorazioni in pietra artificiale chesarebbero emerse con maggiore evidenza a contrastocon le superfici in mattoni a vista secondo un gustoche di li a poco sarebbe stato molto alla moda anchea Pordenone e provincia. Limpianto della facciataasimmetrica presenta invece tutte le contraddizionidistributive evidenti nella necessit di esaltare lacampata del portico che dava accesso a banca e postealla quale al primo piano non corrispondevano i localidi maggior prestigio degli alloggi.Sul retro la parte edificata si appoggiava direttamente

    al confine creando non pochi problemi alla necessitdi illuminare gli uffici del piano terra. Il grandeportico diventava cos un filtro tra gli uffici e la stradasulla quale si affacciava segnando una verticalizzazionerispetto alla seriale ripetizione dei fori dellafacciata. Senza dubbio Gilberti aveva saputo coglierelambiente di quello speciale luogo producendouno dei manufatti pi interessanti degli anni 20 aPordenone.

    dellamministrazione comunale, Monti sembr volerlasciare intatta le serie delle finestre esistenti, profilatein pietra con la spartana semplicit che si addice aun edificio pubblico ottocentesco, mentre invece, in

    fase di costruzione, aggiorn anche questo partitodecorativo.Diverso fu latteggiamento della Cassa di Risparmiodi Udine che, per pensare a una sede del tutto nuova ecollocata lungo via Mazzini, si affid al suo progettistadi fiducia, ludinese Ettore Gilberti. La banca diedepoi lincarico di favorire questo insediamento erappresentarla presso lamministrazione pubblicafascista allinfluente ing. Luigi Querini61. Solo nel1925 il comune di Pordenone pervenne alla cessione

    di un lotto che in origine apparteneva alla dittaGalvani e che era stato acquisito dal comune pochianni prima per realizzare il nuovo ufficio postale.A causa di una lite con gli originari proprietarilamministrazione rinunci ad intervenire in primapersona nella costruzione del fabbricato, provvedendoa risolvere il problema della crisi dei locali di serviziocon lacquisto dellimmobile Galvani di via Bertossi.Contemporaneamente il sindaco impose alla Cassa diRisparmio lonere di costruire a proprie spese anchegli spazi delle nuove poste contestualmente al nuovo

    edificio bancario.Larea era in continuit con la serie diimportanti edifici che partendo da piazza Cavouraccompagnavano il pedone verso la stazione, maanticipava linelegante recinto di una fabbrica e sicontrapponeva al fastidioso forno della fabbrica delleceramiche Galvani.Il progetto fu presentato da Luigi Querini eottenne tutte le autorizzazioni comunali con laraccomandazione di studiare una migliore soluzione

    architettonica per la porta dingresso alla scaladaccesso agli appartamenti e per la parte superioredei contorni di finestra del II piano.Il progetto predisposto da Ettore Gilberti, allepocail pi fecondo architetto di Udine, si rifaceva a unmonumentale storicismo di ispirazione italica. Lungola via ledificio assunse un impianto asimmetrico cheesaltava langolo in corrispondenza dello scomparsocancello che permetteva di accedere al cortile privato.Il lotto presentava delle evidenti difficolt per la

    composizione dellarchitettura perch la sua formaplanimetrica era irregolare e le richieste del comunerendevano indispensabile ospitare nello stesso edificio

    Ettore Gilberti, prospetto principale della Cassa di Risparmio suvia Mazzini, 1925-1927.

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    Nuovi servizi alla citt

    La progressiva nebulizzazione della residenzialit,ormai dispersa e rada in quella che fino a pocoprima era la campagna periurbana, fu seguita dalla

    localizzazione di nuovi importanti servizi allesternodella citt. In modo particolare la costruzione delnuovo Collegio Don Bosco fu letta dalla popolazionecome loccasione per riconoscere un significato dicentralit in un nuovo servizio che nasceva in apertacampagna, ma anche il significato di una opportunaemancipazione della citt rispetto ai licei di Udine.Ledificio sarebbe sorto su Viale Grigoletti, larteriacostruita dallo Stato un secolo prima, e si sarebbeposto a fianco della chiesa evangelista preesistente

    mantenendone lallineamento rispetto al frontestradale.Si trattava di una costruzione enorme valutatadallufficio tecnico sullordine di circa 28.600 metricubi, solo per quanto riguardava ledificio sul frontestradale. In realt gi nel 1923 la Immobiliare Atesinadi Verona aveva iniziato a recuperare il complessoimmobiliare di Villa Querini alla quale aveva addossatodue corpi di fabbrica di una dimensione consistente.Lartefice del progetto fu Domenico Rupolo cherealizz ledificio, ormai nel suo periodo finale di

    attivit, allontanandosi dal tema storicista ed ecletticoche gli era sempre stato caro per semplificare almassimo le forme e la distribuzione funzionale62. Ilmaggiore richiamo storicista era lasciato a un bugnatodel piano terra che voleva richiamare larchitettura

    italiana, mentre le grandi vetrate delle aule, uniteda un rilievo e scandite a bifore, al primo piano e atrifore al secondo, sembravano riecheggiare formedesunte dalle esperienze rinascimentali semplificate.

    La semplicit del prospetto della scuola edellauditorium non veniva recuperata nel disegnodella chiesa che, imitando larchitettura francescana,esponeva il prospetto a una esagerata verticalizzazioneper riuscire a superare con il timpano la linea digronda del collegio. Per questo motivo, quando in fasedi costruzione si decise di sopraelevare di un piano

    il fabbricato Rupolo, risolse la testata su Largo SanGiovanni, in modo diverso, uniformandola a quelladel cinema teatro e inglobando la chiesa nel grandevolume.

    Prospetto del corpo principale del Collegio Don Bosco, Domenico Rupolo 1925

    Particolare del prospetto sul giardino interno che testimonia la

    sopraelevazione delledificio rispetto al progetto assentito.

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    in Corso Garibaldi, dove i nuovi fori costringevano auna maggior coerenza con il disegno del prospetto, iprogetti erano pi facilmente esposti alle critiche delsindaco e della commissione dornato.Mettere insieme le necessit funzionali del commerciocon lesigenza di decoro chiesta dallamministrazione

    non era cosa facile. Per esempio Antonio Mich, che

    A Rupolo lesperienza di questo particolare periododella sua produzione va ricondotto il progetto delseminario pordenonese e che anche attraversostralci successivi, che lo avrebbe coinvolto per

    quasi un decennio. Ancora una volta va notata lascelta urbanistica di collocare questo nuovo serviziolontano dal centro abitato, inserito in un ambientedi verde agricolo e circondato da un parco dalsapore naturalistico. A differenza della strutturaportogruarese il nuovo seminario costruiva pi unambiente di villa che un fabbricato urbano. Le biforecon sopraluce desunte dallesperienza del Don Boscorimandavano nuovamente a un linguaggio castigato erazionale e comunque volevano segnare una coerenza

    formale che segnava il definitivo approdo della curiavescovile a Pordenone 63.

    Lo sviluppo delle vetrine del commercio

    Allinizio degli anni 20 uno dei cambiamenti pievidenti in citt era senza dubbio la trasformazione delmodo di intendere il commercio e quindi lesplosionedella costruzione di vetrine moderne e aperte sullastrada. Tradizionalmente i commercianti esponevanola loro merce se possibile sotto i portici o allinternodei negozi illuminati da poche finestre. A partire dal

    primo dopoguerra, invece, seguendo una moda cheormai attraversa tutta la penisola, i negozi del centrostorico modificarono il loro rapporto con la stradae il passeggio costruendo delle ampie vetrate permostrare la merce direttamente ai passanti. Il nuovosistema espositivo prevedeva di intercettare linteressedel potenziale acquirente mostrando la mercedirettamente, cos come faceva da sempre il mercanteambulante. Questa tendenza si era gi vista a partiredagli anni 10, ma solo negli anni 20 che inizi

    ad essere irrinunciabile la vetrina per ogni eserciziocommerciale, si trattasse di una drogheria o di unacaffetteria.Questa operazione comport lo sventramento delpiano terra di diversi edifici dei due corsi principalidella citt nel tentativo di adeguare le storichemembrature murarie alla necessit di grandi foriespositivi64. Questa operazione interess sia gli edificicostruiti da pochi anni, come la casa in corso Garibaldidi Pietro Pollini65, che i palazzi pi antichi, soprattutto

    quelli del corso minore. Infatti in Contrada Maggiorela conservazione del fronte porticato rendeva menoimpattante lapertura di vetrine sul porticato, mentre

    Progetto per la modifica ai fori del piano terra del palazzetto diPietro Pollini in Corso Garibaldi, 1923.

    Dettaglio del delicato collegamento tra il nuovo basamento convetrine e la trifora in pietra di palazzo Mich in Corso Garibaldi.

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    possedeva un bel palazzetto in Corso Garibaldi, sivide negare un progetto per ladeguamento dei foriperch non siano alterate le linee architettonichedel palazzo. Alla fine il progettista, Augusto Mior,

    pervenne a una composizione delle vetrine centratasu una tripartizione del foro che contrapponeva allaspecchiatura dei pieni dei piani superiori, un grandevuoto segnato da due colonne. Il peso del settomurario sarebbe stato scaricato con la costruzionedi un architrave in ferro o in cemento, mentre lefinestre al centro del mezzanino venivano risolte conuna elegante trifora che riprendeva quella del salonenobile66.In pochi altri casi la nuova tendenza a ridefinire

    la forma degli spazi del commercio convinse iproprietari a mettere mano in modo pi radicale agliedifici proponendo, pi che dei restauri, delle veree proprie ricostruzioni, come nel caso della casa-

    bottega di Lorenzo Taiariol sopraelevata e modificatanel 2267.

    In modo non diverso, lungo i due corsi principali, ledue strutture per lo spettacolo, che avevano precedutola costruzione del Teatro Licinio, furono riconvertitein spazi per il commercio. Sia il Teatro Sociale che ilCinema Roma negli anni 10 furono recuperati alle

    nuove funzioni non senza problemi.Nel marzo del 22 lamministrazione autorizzava iproprietari alla trasformazione ad uso abitazione emagazzini dellex Teatro Roma68prevedendo unacompleta ricostruzione del lotto e modulando ilnuovo edificio su tre piani.

    Il Politeama Roma era stato costruito poco primadella guerra, ma la sua funzione era entrataimmediatamente in crisi come pure il senso della sualocalizzazione alla fine di Corso Garibaldi, nel lottodove poi sorger il Cinema Cristallo.Negli anni 20 il sistema dei corsi non veniva piconsiderato come lambiente specifico e principaledella residenzialit pi prestigiosa. Era in atto unaprofonda trasformazione del centro urbano chestava assumendo sempre pi i toni dello spazio dei

    commercianti.Proprio nel momento in cui le amministrazioni statalee locale riconoscevano al centro storico medievale unaqualit degna di una conservazione quasi integrale,cambiava il corpo sociale degli abitanti delle duecontrade. Le famiglie borghesi uscivano dal centrostorico della citt per andare ad abitare i moderniquartieri a villini proprio lamministrazione ponevacura alla monumentalit della citt antica e alle suearchitetture. Questa attenzione si osserva anche nelcaso del recupero dei volumi dellex Teatro Socialedi Gianbattista Bassi in Contrada Maggiore. La nuovamodulazione dei fori delle vetrine del piano terra

    Progetto di riforma della facciata dellex cinema teatro Roma inuna palazzina di negozi e appartamenti, 1922.

    La ferramenta di Lorenzo Taiariol sub una profonda modernizza-zione e fu loccasione per sopraelevare la casa della famiglia.

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    Se nel recupero del cinema Roma di fatto si erasopportato di buon grado una riformulazione delfronte stradale che poco o nulla recuperava dellafacciata progettata due decenni prima dalling.

    Querini, alla nuova propriet del Teatro Sociale sichiedeva di aprire nuovi fori in modo che ci fosse unacoerenza rispetto al ritmo del portico a doppia altezzache doveva essere integralmente tutelato. Questapreoccupazione non appare evidente invece in tuttiquei casi in cui il confronto tra le nuove destinazionicommerciali e le forme del costruito riguardavanoedifici considerati minori, come nel caso del progettodi Augusto Mior per un piccolo edificio in ContradaMaggiore che prevedeva persino la demolizione di

    un doppio arco acuto per ricostruire una modernapiattabanda. Si riconosceva il valore dei palazzi, manon quello delle case minori a meno che queste nonfossero riccamente affrescate. Di fatto norme precisenon ce nerano e vanno registrate anche alcuneoccasioni in cui si assent alla completa demolizionedellesistente casa-bottega medievale date lecondizioni vetuste e pericolose di stabilit dellacostruzione, come avvenne per la palazzina Bernardissullincrocio tra Corso Garibaldi e Via San Giorgio70.Si trattava comunque di casi abbastanza isolati perch

    il pi delle volte il comune si limitava ad ammetteresolo leliminazione del paramento del piano terra,che veniva sostituito da pilastri e moderne vetrine inmetallo, come nel caso del modesto edificio di AngeloTomadini in Corso Garibaldi.Che il commercio in citt stesse assumendo una nuovamisura si pu intuire anche da alcune operazioniimmobiliari, non sempre giunte a buon fine, cheprevedevano la costruzione di sistemi di botteghelungo assi stradali che tradizionalmente non avevano

    mai avuto questi servizi71. Le zone delle attivitcommerciali cominciavano ad avere una distribuzionepi diffusa che influenzava le nuove direttrici deltraffico locale proponendo anche nuovi tipi edilizi.Solo in pochi casi le nuove attivit commerciali furonoinfluenzate dallattivit del movimento cooperativisticocostruendo sistemi di servizi alla popolazione come nelcaso del forno popolare localizzato a Torre nel 1914,la cui facciata sar in linea retta colla mura della Casadel Popolo di Torre72o della sede del Circolo Agricolo

    Cooperativo progettato da Antonio Salice nel 1921 incorso Martelli.

    e delle finestre del primo piano impegn non pocola commissione dornato. Il teatro era consideratofin dal secolo precedente uno degli edifici piimportanti della citt e la modifica delle funzioni e

    dei fori non avrebbe dovuto influire sul suo caratterearchitettonico69.

    Progetto per la rifabbrica della casa-bottega in Corso Garibaldidella famiglia del geometra Giorgio Masatti-Bernardis, 1926.

    Modifica del portico della casa-bottega di Giacomo Deotto in

    Contrada Maggiore , 1925.

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    Strutture industriali

    Il periodo della ricostruzione degli impianti industrialidanneggiati dalla guerra non ben documentatosia nelle forme che nelle attribuzioni ai diversi

    professionisti. In molti casi lopera di ricostruzione fuaffidata semplicemente alle imprese. Per certo moltidi questi restauri non furono nemmeno presentatial sindaco e alla commissione dornato perch sieffettuarono lontano dalla strada pubblica e dentrogli ambiti dellopificio, senza alcun rapporto direttocon la citt. Fa storia a se, invece, la costruzionedel grande essiccatoio di bozzoli costruito dallacooperativa in via Candiani su progetto dellingegnereAntonio Salice. La nuova struttura venne a sostituire

    le ampie tettoie della Societ Celestino & C cheaveva chiuso la lavorazione di legnami dopo i pesantidanni subiti durante il conflitto. Ledificio conimpianto a T rovesciata, alla fine fu completamentericostruito con una moderna struttura portante incalcestruzzo armato e tamponamenti in laterizio73.Il fabbricato distribuito su tre piani aveva prospettiseriali e denunciava lossatura in calcestruzzo armatocon pilastri e cordoli a vista. Era una costruzionemoderna, ma esterna alla citt, mentre invecelaumento produttivo della Galvani, posta sul viale

    della stazione, creava non pochi problemi al centroabitato, primo fra tutti quello del pesante fumo cheproveniva dai forni di cottura.Per migliorare la cottura e ridurre il contenzioso congli abitanti del centro storico la Galvani nel 26 siimpegn a costruire un forno moderno con ciminieraper togliere alla cittadinanza il tanto lamentato

    inconveniente del fumo, dato dai vecchi forni Detto

    forno verrebbe per il momento coperto con tettoprovvisorio mentre poi verrebbe affogato da un nuovofabbricato a 3 o 4 piani da costruirsi entro brevissimotempo in linea alla strada74.Queste operazioni per non erano in grado dicaratterizzare una diversa via nella costruzione di unpaesaggio industriale del dopoguerra. Il ruolo anchepaesaggistico dei grandi impianti industriali suburbanidel secolo precedente era senza dubbio preminente.Nella sostanza i grandi e piccoli impianti industrialimantennero i loro caratteri e furono ricostruitidoverano e comerano. Persino le poche nuoveoccasioni di strutture originali come la facciata della

    Il nuovo forno della Galvani su via Mazzini, 1926.La portineria di Villa Ruini progettata dal proprietario, 1925.

    Progetto per la facciata della Societ Elettr ica, 1928.

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    Il recupero di schemi decorativi desunti da unamanualistica o da riviste ormai molto diffuse facesi che si creasse una sorta di omogeneit tra i nuovivillini che non sempre erano appannaggio della

    borghesia che si stava allontanando dal centro, maanche di una classe popolare che voleva emulare gliagi e i riferimenti formali delle residenze pi ricche.Per esempio, lingegnere Angelo Puiatti progett perPietro Battistutti un villino in via delle acque a Torremolto semplice e funzionale dove il salone centrale siriduceva a un semplice corridoio di distribuzione dellestanze dabitazione78.In modo non diverso il villino progettato dal geometraAttilio Pellegrini per Giovanni Miniscalco in via

    Selvatico nel 25 recuperava forme e decorazioni di

    Societ Elettrica furono risolte con il ricorso a unlinguaggio formale ordinario e antimoderno75.

    Ledilizia minore

    Sindaco e commissione dornato avevano solitamenteun atteggiamento poco attento alla forma dei frontidelle case popolari sparse lungo la viabilit minoredi una periferia in formazione. Invece, insistevanospesso sulla necessit che anche le facciate delle casemodeste poste lungo gli assi principali della cittfossero in qualche modo decorate e assumesserolaspetto di villini, pur con un impianto distributivoestremamente semplificato. Il periodo richiedevaunarchitettura di facciata ripetitiva, per nulla

    originale, capace di restituire un carattere di unitarietai nuovi tessuti insediativi. La ripetizione di modelliformali e decorativi in gran parte standardizzati eprodotti in pietra artificiale o realizzati in opera inmalta riuscivano a garantire la richiesta coerenzaformale.Anche gli edifici che continuavano a porsi sul filostradale venivano per essere trattati con un registrodecorativo scontato e ripetitivo76.

    Progetto di Elci Marcolin con il quale, su richiesta della

    commissione dornato, viene riformulata la facciata di una casettapopolare posta lungo il viale per Cordenons77.

    Il villino che Pietro Battistutti si fece progettare dalling. AngeloPuiatti nei pressi di Torre, 1926.

    Progetto per il villino Miniscalco in via Selvatico (1925).

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    salubri, case giardino per operai e impiegati secondole caratteristiche volute dalla legge Le case sarannofittate ai soli soci a prezzi equi, ripartendo fra essi ilprofitto netto che residuasse dalla azienda82.

    Lozer allinizio del 23 cerc anche di incontrarelaiuto dellamministrazione comunale richiedendoche il municipio si sobbarcasse lonere di qualchepunto degli interessi sui mutui necessari allacooperativa per costruire gli edifici ma la politica erasottoposta a nuove tensioni anche in citt.83.Liniziativa di Lozer convinse comunque il comune adesplorare lipotesi di intervenire nella questione delleresidenze popolari in prima persona.Sappiamo che nel 1924 Gustavo Pisenti, su delega

    del sindaco Cattaneo, stava valutando i progetti cheling. Ambrogio Moro di Tolmezzo aveva predispostoper una serie di case popolari essendo intendimentonostro di creare anche a Pordenone lIstituto per caseeconomiche popolari84.Durante la discussione consigliare che port allaistituzione dellIstituto il sindaco Cattaneo ricordil deludente tentativo di coinvolgere le industrie:si faceva grande assegnamento sopra un cospicuocontributo da parte dellAmministrazione centraledei Cotonifici Veneziani che svolgono nel comune

    di Pordenone la loro attivit85. Cooperazione,amministrazione comunale e imprenditori agivano inmodo autorefernziale senza sviluppare alcuna forma dicollaborazione.In alternativa allattivit del comune le industrieprovvedevano a promuovere una loro specifica politicadi costruzioni per gli operai, come le interessanticase a schiera costruite dal Cotonificio Veneziano allaBurida86. Erano alloggi bicellulari. Al piano terra ladoppia rampa di scale divideva la sala da pranzo dalla

    cucina, mentre alle spalle trovavano spazio in ununico piccolo volume le funzioni della legnaia, latrina,acquaio e ripostiglio. Al piano superiore ceranoinvece le due ampie camere da letto. Si trattava di unedificio qualitativamente importante, una sorta ditipo edilizio che al bisogno poteva essere riprodottoin altre occasioni, come a Borgo Meduna e a Torre.Le case del Cotonifico del 1925 testimoniano undiverso atteggiamento della fabbrica rispetto aidipendenti e labbandono del principio dei grandi

    alberghi o convitti. Per radicare gli operai alla fabbricaera importante fornire ai dipendenti le condizionidellabitare migliori.

    costruzioni pi importanti79, oppure quello progettatodal geometra Luigi Gaiotti per Antonietta Perin invia delle scuole a Torre si adornava di basamento etorretta come le ville pi alla moda della citt80.

    Molto spesso, questi progetti meritavano un numeroconsistente di aggiustamenti che la commissionedornato non mancava di comunicare ai proprietari,visto che molto spesso i progetti non presentavano ilnome dei progettisti, ma erano proposti direttamentedai mastri muratori81.

    Case operaie

    La necessit di organizzare laccesso alla casa con affitticalmierati da parte della classe popolare fu molto

    sentito da Don Lozer che a Torre aveva ben chiarelo condizioni di difficolt create dallimmigrazionedi ex-braccianti verso gli insediamenti industriali.Residenzializzare quella forza lavoro era un obiettivoperseguito anche dal Cotonificio Veneziano conla costruzione di case che venivano poi affittate ailavoratori, ma fare si che i dipendenti potesseroaccedere a un sistema di case ad affitti calmierati esvincolate dalle logiche della fabbrica fu il motivoper cui nel 1922 fu fondata la Cooperativa CasePopolari di Torre. Il secondo articolo dello statuto

    rendeva esplicito il fine della nuova organizzazione:La Societ ha lo scopo di costruire nel Comune diPordenone, su terreni di sua propriet, case comode,

    Piante e prospetti delle case costruite dal Cotonificio Veneziano aTorre, Borgo Meduna e alla Burida, 1925.

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    I quartieri operai sarebbero sorti gradatamentesecondo un disegno razionale quanto scontato, conpiccoli blocchi di quattro case a schiera dotate di unapiccola pertinenza di giardino sul retro.

    Lottando con i vincoli imposti dal luogo anche laSociet Pordenonese di Elettricit faceva il possibileper aumentare la sua dotazione di alloggi per glioperai in via Torricella87. Le abitazioni sul mercatodegli affitti erano ancora troppo poche.Anche altri enti erano promotori di iniziative edilizieche avevano la finalit di fornire abitazioni agliassociati, Per esempio, quando il Circolo Agricolodecise di costruire la nuova sede amministrativa su viaUmberto I, il progetto dellingegnere Antonio Salice

    previde di costruire al primo piano alcuni alloggi

    88

    .

    In sostanza, per, liniziativa immobiliare rimase nellemani di un nugolo di piccole e piccolissime impreseche acquistando piccoli terreni agricoli provvedevano

    poi a tracciare una sorta di lottizzazione proponendola costruzione di piccole e anonime case popolari.Solo in pochi casi gli imprenditori promosserotipologie edilizie plurifamiliari o case per laffitto,come per esempio in occasione dei sei alloggi fatticostruire da Antonio Pancino in borgo San Lazzaro aiCappuccini,

    Villini

    Nonostante tutto le grandi opere non furono in gradodi caratterizzare in modo determinante il paesaggiourbano molto poroso che si andava costruendo.Ledilizia minore, grazie alla sua diffusione e alla

    ripetizione di alcuni semplici elementi decorativiassunse il compito di raccontare al visitatore le nuovecondizioni della citt. Il nuovo benessere si potevaleggere nel diffondersi di edifici minori come case

    popolari e operaie, ma soprattutto nei villini dicommercianti, borghesi e impiegati. Molto spesso lecase minori venivano decorate come dei villini mapoche volte presentavano delle comodit dichiarateda una pi complessa gerarchia delle funzioni interneallalloggio. Limpianto tripartito che poneva al centroun salone dingresso e il vano scala e ai lati le stanzedabitazione veniva ripetuto a tutti i livelli finendoper consolidarsi anche nelle proposte che facevanogeometri e periti edili89.

    La maggior parte di questi aveva un impiantofunzionale e formale semplificato, come la residenzadi Domenico Toniolo lungo via Grigoletti90olaltrettanto semplice palazzina voluta da GuerrinoPellegrini91.In certi casi limpegno di questi professionisti, che nonavevano seguito nessun corso di architettura presso

    Il villino di Guerrino Pellegrini in via Grigoletti, 1923

    Presenta un linguaggio decisamente diverso il progetto che

    Guerrino Pellegrini presenter solo due anni dopo(1925) per unlotto limitrofo con una pianta meno rigida e una ripresa decorati-va vicina al liberty

    Dettaglio dei fori del primo piano del Circolo Agricolo Coope-rativo progettato da Antonio Salice lungo lattuale via Martelli,1921.

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    laccademia veneziana, dimostr una inaspettatacapacit di aggiornamento e di recupero di forme ecomposizioni dalle riviste e dalla stampa specializzata.Ogni progettista sembrava essere in grado, al bisogno,

    di attribuire a composizioni planimetriche ripetitivee ordinarie apparati decorativi sempre pi complessi,in grado di rappresentare lo status del committente.Il villino progettato dal geometra Giuseppe Fioriper Marcello Savio in via Molinari particolarmentesignificativo. Tutte le finestre erano profilate con uncomplesso sistema decorativo che avvolgeva anche ifori del vano scale portato in facciata ed esaltato comeuna sorta di torrino.

    Anche il farmacista Luigi Cesaratto scelse diallontanarsi dal centro cittadino per costruire il suovillino in via Selvatico dove ormai la lottizzazioneproponeva un quartiere di edifici adatti a una moderna

    borghesia.I lotti erano studiati per poter essere raggiuntianche da automezzi, le abitazioni erano solitamentecaratterizzate da un duplice sistema di accessi chegarantiva un esclusivo ingresso per gli ospiti che

    potevano essere ricevuti direttamente in salotto.Poco distante cerano la sala da pranzo separata dallacucina. In alcuni casi si rintracciano ancora villini

    costruiti con una stalla annessa, segno che non tutti icomponenti della borghesia locale si erano convertitiallautomobile, che rimaneva un lusso di pochi.Quasi sempre il fronte di queste residenze minoriche si rivolgeva alla strada veniva composto da pivolumi, un portico a segnare lingresso, una sala chesopravanza laltra assumendo a volte laspetto di unatorretta o di unaltana. Solo il professor Marson, ligioalle forme della tradizione continuava a comporrele nuove ville con un prospetto lineare, da palazzotripartito e simmetrico, come nel caso della residenza

    Villa Cesaratto allo stato attuale.

    Villa Poles su via Selvatico progettata da Antonio Marson, 1925.

    Progetto per il villino di Marcello Savio in via Molinari (1924).

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    signori di Ragogna da secoli insediati presso il castellodi Torre.A differenza di molte altre famiglie i Ragogna nonerano mai stati cooptati dagli organismi urbani di

    antico regime, tanto meno si erano costruiti nelcentro urbano delle abitazioni alternative al manierodi famiglia. Nel primo dopoguerra la famigliapervenne allidea di riformare il castello costruendouna facciata moderna che in qualche modo segnasseladesione ai gusti del secolo.Il progetto voluto da Valentino di Ragogna prevedevala demolizione di un settore del castello e lacostruzione di un palazzetto in ampliamento al mastioe al corpo principale delledificio rivolto verso il

    giardino e la strada di Torre. Il progetto fu elaboratoda Vincenzo di Ragogna che era perito agrimensoree quindi un tecnico. La facciata in realt risente diuna carenza di professionalit e manca di novit. Lanuova addizione tripartita come un normale palazzocittadino, seppure sia libero su tre lati. Il basamento in cemento e il piano terra in intonaco inciso acorsi. Al piano superiore le finestre sono leggermentedecorate con motivi danteguerra e il solo elemento dinovit sembra essere la grande terrazza balaustrata.Insomma, i di Ragogna vestirono il loro edificio di una

    forma ibrida tra la villa e il palazzo, senza tenere ingrande considerazione le preesistenze.Seguiva invece i modelli della lottizzazione per villesignorili lalienazione dei terreni di Giuseppe Saliceposti tra via Damiani e la prosecuzione di via Oberdanin adiacenza allarea del cantiere per manufatti edilizi,attestata su via Mazzini, di Antonio Salice. Il primoedificio veramente importante fu progettato proprioa cura dellingegnere imprenditore che in un lottorelativamente piccolo predispose il progetto per

    leclettica villa di Alfredo Boenco. La pianta tripartitaera alquanto complessa, anticipata da un portico asettore circolare in angolo che introduceva ad unampio atrio di distribuzione sul quale si affacciava lascala diaframmata da una doppia colonna libera. Lacomplessit della pianta veniva a ripercuotersi suiprospetti estremamente ricchi di forme e decorazioniche lo stesso Salice produceva li a fianco. La casaera quasi un campionario di possibilit della nuovaindustria del cemento prefabbricato o pietra artificiale

    come veniva detta. Il piano terra era trattato comeun basamento con gli spigoli bugnati e finestrearchitravate, mentre il primo piano aveva finestre

    di Luciano Poles in via Grigoletti92.Sempre in via Selvatico Amedeo Poles realizz un suovillino che vedeva scomparire i corridoi dingressoriducendo la superficie dabitazione e i costi, ma senza

    rinunciare a un elaborato apparato decorativo93

    .Invece, la villa che Alberto Monti progett nel 1926per Miro Martel alle spalle delle scuole da pococostruite andava in controtendenza. Si trattava diun edificio semplificato, con impianto tripartito,centrato su lasse costruito dalla scala centrale, lapiccola loggia, lingresso e poi le scale. La facciataveniva qui quasi spogliata da quelle decorazioni cheinvece facevano bella mostra di se nelladiacenteistituto scolastico. Il progettista mostrava una sorta di

    pudore decorativo. Archi e colonne dovevano servireper descrivere i luoghi pubblici, ma non limmagineprivata delle famiglie borghesi94.

    Altrettanto castigato era il progetto che Montipredispose per Agostino Pavan in Borgo Colonna

    secondo schemi formali che rasentavano quelli dellemigliori case popolari, pur riprendendo il tema dellatripartizione dellimpianto con ingresso e scala alcentro95.

    Ville e palazzi

    Nel dopoguerra, come abbiamo osservato, le novittipologiche e il modo di intendere labitazione stavanoradicalmente cambiando a Pordenone.Era cresciuto il numero degli edifici moderni che sivolevano staccare dallidea del palazzo nobiliare e

    borghese, ma una eccezione specialissima pu essereconsiderata quella della riforma della residenza dei

    Villino progettato da Alberto Monti per Miro Martel, 1926.

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    giustificarsi pi con il ricorso alla copia di edificie progetti pubblicati nelle principali riviste epubblicazioni specialistiche del periodo che conlesistenza di una qualche ricerca locale. Del

    resto in questi anni la pubblicazione di esempi eprogetti provenienti da tutta Europa tendeva a faromogeneizzare il fenomeno delle residenze in stilecome il villino in stile pseudo svizzero che il geometraGiuseppe Fiore disegn per Aldo Savio lungo viaMontereale.Il caso di questa villa alquanto singolare perchfurono proposti ben due progetti molto diversi unodallaltro dimostrando una certa incoerenza nei gustidi progettista e committente disposti a vestire una

    scatola muraria molto semplice indifferentementecon una forma o laltra. Il primo progetto riprendevail tema dellasse di simmetria angolare che avevacaratterizzato villa Dalla Torre, inventando unoriginale sistema di scale che raccordava il giardinocon il piano rialzato. Veniva dato uno spazio enormeagli spazi di distribuzione e alla monumentalescala interna. I prospetti, come ho detto, volevanoriecheggiare i temi dello chalet indugiando nelpittoresco. Il secondo progetto, un anno dopo, garantun effetto pi omogeneo con le altre ville della citt

    proponendo una pianta pi compatta e un apparatodecorativo meno stravagante100.Uno degli esempi pi evidenti del contrasto travecchie e nuove forme del primo dopoguerra sirende esplicito nel progetto di ampliamento di VillaZenari disegnato dallingegnere Aristide per il fratelloFederico. Ledificio di nuovo impianto sembra essere

    pulito. La villa aveva un elaborato basamento inpietra dal quale si straccava la loggia che anticipavalingresso. In occasione delle grandi finestre a tuttosesto un morbido timpano echeggiava alle esperienze

    mitteleuropee esattamente come il riquadro dellefinestre del primo piano, composto da due foriverticali distanziati da una nicchia. In realt questoprogetto giovanile di Scoccimarro richiamava pi leesperienze novecentiste milanesi di Muzio e Finettiche un ambiente colpevolmente di influenza tedesca.Resta il fatto che gli esperti locali erano cos pocoaggiornati nei gusti da non riuscire a scorgervi unlinguaggio patrio. E significativo comunque, che nonsolo a Gorizia o a Trieste lannessione abbia implicato

    un adesione forzata a un teorico gusto italiano, mache anche la provincia di Udine si trov in qualchemodo influenzata dalla necessit politica di parlareuna lingua architettonica che esprimesse la nazione, oalmeno la sua declinazione friulana.In modo non molto diverso quando il comune siconvinse per lampliamento della sede amministrativasi affid a Scoccimarro come colui che sarebberiuscito a dare alladdizione uno stile ancoratoalla tradizione e in grado di esprimere un disegnoconforme agli edifici rappresentativi del centro

    cittadino( progetto di massima del 24 maggio 1925)99.In altri casi le scelte estetiche delle ville sembrano

    Progetto per labitazione di Aldo Savio progettata dal geom.Giuseppe Fiore, 1926.

    Villa Zenari in via Ferriera su progetto di Aristide Zenari, 1926.

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    lunione tra due diversi progetti, una villa moltosimile a quelle che si realizzavano prima della guerracon finestre modanate, alla quale sembra appoggiarsiun blocco che contiene il vano scala e lingresso e

    che fu trattato da Aristide Zenari con un abbondanteuso di fori a tutto sesto che nella torretta apronola vista sul paesaggio della periferia e dello scaloferroviario. Il risultato fu deludente da un punto divista architettonico e spaziale quanto importanteper il significato di soglia che loper