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I PARTIGIANI D’OGGI Foto Un momento dei funerali di Angelo Vassallo Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica, ucciso dalla mafia in un attentato il 5 settembre 2010 settembre-ottobre 2010 notiziario anpi di Glauco Bertani continua a pag. 4 3 A sinistra: Otello Sarzi (in piedi) A destra: Dante Castellucci, Facio (primo piano) 4 settembre-ottobre 2010 notiziario anpi continua da pag. 3 5

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Spedizione in abbonamento postale - Gruppo III - 70%Periodico del Comitato ProvincialeAssociazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia

Via Farini, 1 - Reggio Emilia - Tel. 0522 432991e-mail: [email protected]; [email protected] web: www.anpireggioemilia.itProprietario: Giacomo NotariDirettore: Antonio ZambonelliCaporedattore: Glauco BertaniComitato di redazione: Eletta Bertani, Ireo Lusuardi

Collaboratori: Paolo Attolini (fotografo), Massimo Becchi, Riccardo Bertani, Bruno Bertolaso, Sandra Campanini, Nicoletta Gemmi, Enzo Iori, Enrico Lelli, Saverio Morselli, Fabrizio TavernelliRegistrazione Tribunale di Reggio Emilia n. 276 del 2 Marzo 1970Stampa: Centroffset - Fabbrico (RE)Questo numero è stato chiuso in tipografi a il 16-09- 2010 Per sostenere il “Notiziario”:

UNICREDIT, piazza del Monte (già Cesare Battisti) - Reggio Emilia IBAN: IT75F0200812834000100280840CCP N. 3482109 intestato a:Associazione Nazionale Partigiani d'Italia - Comitato Provinciale ANPI

VASSALLOAngelo Vassallo, il sindaco di Pollica, ucciso dalla mafia in un attentato il 5 settembre 2010

LA COPERTINA

Il sindaco di Reggio Graziano Delrio ha ricordato il sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, ucciso in un attentato il 5 settembre scorso. «Desidero esprimere la vicinanza e la so-lidarietà della Città di Reggio, medaglia d’oro della Resistenza, ai cittadini di Pollica e ai famigliari del sindaco Angelo Vassallo, barbaramente ucciso per la sua determi-nazione nell’affermare la legalità e nel difendere da primo cittadino di una piccola comunità i beni più preziosi del nostro Paese: l’ambiente e il territorio». «Un sindaco che resiste – ha poi affermato Delrio – è un sindaco scomodo per le mafi e, che rap-presentano il vero nemico della democrazia e dell’equità. Coloro che le combatto-no sono i partigiani di oggi. Partigiani che si aspettano che lo Stato sia loro vicino e che i municipi siano difesi come il presidio inattaccabile delle regole del vivere comune. Aggiungiamo con dolore il nome di questo sindaco partigiano al lungo elenco delle vittime della mafi a, contando che i suoi giovani sappiano portare avanti il suo insegnamento, continuando ad avere fi ducia: alla Resistenza se-guirà la Liberazione».

I PARTIGIANI D’OGGI

FotoUn momento dei funerali di Angelo Vassallo

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di Glauco Bertani

sommarioeditoriale

In tempi difficili come questi in cui le regole costituzio-nali sono costantemente sottoposte a uno stress politico senza precedenti e l’etica e la morale schiacciate senza ritegno, richiamare i principi di una Costituzione che con-tinua ad essere la Carta che regola la vita dello Stato e quindi dei cittadini non è politica museale. E’, al contrario, una politica attenta alla coscienza dei cittadini che vuole mantenerla vigile sui concreti pericoli antidemocratici che aleggiano su tutti noi: ciò non si può dare per scontato. Per questo si deve agire per mantenere un linguaggio comune con la Nazione, cioè con i cittadini e le loro organizza-zioni politiche sociali sindacali. Prendiamo ad esempio l’articolo 1 della Costituzione: “L’Italia – si legge – è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovrani-

La Resistenza come risorsa per la poli-tica è un tema che l’ANPI e il suo gior-nale, “Il Notiziario”, da anni pongono alle forze politiche e sociali non solo ricordando gli anni storici 1943-45. Hanno insistito, e insistono, sulle que-stioni costituzionali, non semplici arti-coli per studiosi del diritto, sui temi del-la legalità (le mafie), sulla solidarietà internazionale (Mozambico e Palestina solo per citare gli esempi più eclatanti), sui valori di giustizia sociale, sulla poli-tica onesta, sull’attenzione alla storia e alla memoria, non semplici esercizi da farsi nei tempi morti della politica per dare soddisfazione ai quei “rompisca-tole” dei partigiani.

Editoriale

- La Resistenza al tempo presente, di Glauco Bertani ..................... 3

Politica

- Di “Facio”, di “Eros” e delle ricorrenti campagne estive sulle “pagine buie” della Resistenza, di Antonio Zambonelli ......... 4- La vera anima della Resistenza Reggiana, documento della Segreteria ANPI ................................................. 6- L’ANPI non è un partito politico, di Guido Pelliciardi ...................... 8- Una delegazione ANPI a Seilat, di Fiorella Ferrarini ....................... 9

Estero

Iran. L’incontrollabile potere dei pasdaran, di Bruno Bertolaso ...... 10

Cultura

- Velia Vallini, a vent’anni dalla scomparsa, di Lella Vinsani .......... 12- Velia Vallini, una donna dei nostri tempi, di Ione Bartoli .............. 13- Lavorando con Velia, di Giacomo Notari ..................................... 15- Che cos’è la Moldova, di Rodica Rusu ........................................ 16- Andrea Moretti, Preòccupati dei vivi, recensione di Glauco Bertani ..................................................... 17- Segnali di Pace 1992-2009 ....................................................... 18

Avvenimenti

- La Festa della Resistenza a Felina ............................................. 19- Sentieri partigiani 2010, di Matteo Martignoni ........................... 20- La Pastasciutta a Casa Cervi, di a.f e r.b. ................................... 22

Generazioni

- Ottant’anni da protagonista. Intervista a Ione Bartoli, di Eletta Bertani ......................................................................... 23

Memoria

- Grecia, Poviglio. Uno spunto per una futura ricerca, di Anna Fava ............................................................................. 31- Un piper scozzese tra i partigiani reggiani, di Bruno Grulli .......... 32- 67° anniversario dell’eccidio delle Reggiane .............................. 34- Offi cine reggiane, di Old lone wolf (Giorgio Spaggiari) ................ 35- Il Partigiano Marino Bocconi “Lampo”, di Denis Bocconi ............ 35- Partigiani nel mondo, di Riccardo Braglia ................................... 36

L’opinione

- Un duro confl itto politico… sì, ma una guerra civile… no, di Ugo Benassi .......................................................................... 38

Lettere

- La mancata denuncia dei fascisti di Fabbrico, di Alessandro Fontanesi ............................................................. 40

Lutti ............................................................................................ 41

Anniversari ................................................................................. 42

Offerte ........................................................................................ 48

Le rubriche

- Cittadini-democrazia-potere, di Claudio Ghiretti ......................... 26- Opinion leder, di Fabrizio Tavernelli ............................................ 27- Segnali di pace, di Saverio Morselli ........................................... 28- Primavera silenziosa, di Massimo Becchi ................................... 29- Conoscere gli altri, di Riccardo Bertani ...................................... 30- Reggio che parla, di Glauco Bertani ........................................... 50- La fi nestra sul cortile, di Nicoletta Gemmi .................................. 51

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LA RESISTENZA LA RESISTENZA al tempo presenteal tempo presente

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tà appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzio-ne”. Oggi da parte degli eversori si calca unicamente su "popolo" e si dimentica la seconda parte dell’articolo: la sovranità viene esercitata attraverso le regole san-cite dalla Costituzione del 1948, frutto di vent’anni di fascismo e della guerra e per questo molto sensibile ai temi della de-mocrazia e della salvaguardia dei diritti (senza dimenticarsi, però, dei doveri). Al popolo italiano non si deve avere ti-more di parlare di regole e della loro provenienza. Bisogna insistere, reiterare non per amore del “formalismo” ma per-ché le generazioni cambiano, i tempi si allontanano, dilatandosi… è di memoria presente che stiamo parlando, insomma. Ed è la perdita di un linguaggio comune il rischio più grande. In parte, temiamo, già consumato. E’ un’urgenza, non c’è tempo da perdere. E per l’ANPI la lunga espe-rienza politica e valoriale, che affonda le radici nell’evento resistenziale, si è con naturalezza espressa in alcuni punti fermi che costituiscono il filo rosso con la pro-prio storia: l’antifascismo come valore fondamentale, l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, il no alle discrimina-zioni, la repressione della criminalità e la rimozione delle sue cause, la parità tra uomini e donne in ogni campo, il diritto al lavoro alla salute allo studio, i servizi e i sostegni adeguati per i giovani e per tutti i cittadini, l’equità fiscale, la solida-rietà internazionale nello spirito dell’art. 11 della Costituzione.Slogan della Resistenza al tempo presen-te e da cui la politica, quella alta, non può prescindere. Perché se l’ANPI alla politi-ca alta riconosce un ruolo fondamentale nel regolare la vita delle comunità piccole e grandi, allo stesso tempo, tuttavia, non fa riferimento a nessuno partito in par-ticolare, ma solo a quelli che dinamica-mente aggiornano, e confermano, i valori sui quali l’ANPI si è fondata e sviluppata e di cui sopra abbiamo accennato. Di sicuro non appoggerà mai politiche discriminatorie che offendono la dignità degli uomini e delle donne, perché per l’ANPI l’“Uomo è planetario”.

Glauco Bertani

editoriale

Sono rientrato a Reggio (ne ero parti-to il 14 agosto) da Boston ai primi di settembre. In aereo, mentre sorvolavamo le Alpi stupendamente innevate, pensavo a quello che avrei scritto sul viaggio americano fatto con mia moglie soprat-tutto per incontrare il nostro nipotino nato nel capoluogo del Massachussets il 14 maggio, e che per tutta l’estate avevamo visto soltanto sullo schermo del computer grazie alla webcam. Pen-savo di fornire ai nostri lettori, senza troppo annoiarli, qualche succinta impressione delle cose viste a New York e nel suo entroterra, ed a Boston in particolare, con quel North End (o Little Italy) dove capita di veder sfilare processioni come nei paesi del nostro Sud. Ma appena mi sono ripreso dal jet lag e ho salito le scale dell’ANPI, mi sono dovuto misurare con un pacco di ritagli stampa che mi ripiombavano in ormai antiche rivisitazioni e polemi-che su Resistenza e dopoguerra. E me so ffatto ‘na capa tanta…Il reportage americano è rinviato.Già sul “Notiziario” n. 5 di settembre-ottobre 2007 titolavo un mio interven-to Dopo un’estate di fuoco sulla Resi-stenza… Seguivano due paragrafi così a loro volta titolati: Dopoguerra che passione e Il caso di “Facio”. Sempre le stesse cose, insomma.Siccome ho anch’io armadi chiusi e pressoché dimenticati, ne ho aperto uno, in garage, ed ho ritrovato pacchi di ritagli stampa che mi hanno fatto rivivere almeno quarant’anni di miei

ricorrenti interventi nelle stesse pole-miche.Compresa una intervista che mi fece Pierluigi Ghiggini per l’“Uni-tà” (13.02.1994) proprio sul tema dei Cervi, di Facio e del PCI, a partire dal libro di Liano Fanti Una storia di cam-pagna.Vita e morte dei fratelli Cervi (1990). Nelle mie risposte citavo una mia intervista a Otello Sarzi del 1981 (“Ricerche storiche”, n 44-45), perché anch’io avevo rivolto al grande bu-rattinaio domande analoghe a quelle di Ghiggini a me sui Cervi, Facio, il PCI…In una nota della mia intervista a Sar-zi richiamavo anche il libro Renato Jacopini, Canta il gallo, pubblicato nel 1960 (mezzo secolo fa!) dove era raccontata la morte di Facio (Dante Castellucci, il compagno dei Cervi e di Sarzi) non in combattimento contro i nazifascisti (come recita la motivazio-ne della Medaglia d’Argento a.v.m.) ma per opera di suoi “compagni”. Più precisamente a volere la morte del va-loroso partigiano Facio fu un altro par-tigiano, lo spezzino comunista, ma con qualche precedente in qualità di spia dell’OVRA, Cabrelli, come documen-tato in Spartaco Capogreco, Il piombo e l’argento, Donzelli 2007. Libro pre-sentato a Reggio nella sede di Istoreco e già allora citato su queste pagine .Ora un’intervista di Pierluigi Ghiggini a Otello Sarzi risalente al 1990 (pub-blicata su “La Lunigiana La Sera”, n. 6, 1991) è stata ripubblicata sul “Gior-nale di Reggio” del 13.09 u.s. sotto il

RESISTENZA

ESISTENZA

A sinistra: Otello Sarzi (in piedi)

A destra: Dante Castellucci, Facio (primo piano)

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titolo Dal partito arrivò l’ordine di ucci-dere Facio. “Da chi arrivò quell’ordine?” – fu la domanda di Ghiggini – “Dal partito comunista. O meglio da qualcuno del par-tito comunista. E’ difficile dire chi fosse davvero in quei momenti. il partito”, risul-ta esser stata la risposta di Sarzi, il quale avrebbe poi continuato affermando che tale ordine fu dato direttamente a lui e a Victor Pirogov, Modena, il partigiano rus-so che fu compagno dei Cervi, deceduto in Argentina alcuni anni or sono.Nell’intervista che gli feci nel 1981 Sar-zi, nonostante la mia domanda specifica su Facio e sulla sua tragica fine (si può anche cercare la registrazione su nastro in Istoreco) non mi parlò di quell’ “ordine del partito” a cui fece esplicito riferimento, a quanto leggo, nell’intervista a Ghiggini di 9 anni dopo.Ecco, se si vuole, un bel compito per ri-cercatori storici più giovani e freschi del sottoscritto.Per quanto mi riguarda mi limiterò, su Dante Castellucci, a ribadire, come già ebbi a scrivere nel 2007, il mio totale ap-poggio alla richiesta di varie personalità, tra le quali la compianta Maria Cervi, “per una nuova e corretta motivazione della de-corazione a ‘Facio’ che ponga fine al falso grottesco. Che la medaglia diventi d’oro (secondo l’appello di alcuni) o riman-ga d’argento, credo abbia scarso rilievo. L’importante è che sia ripristinata, nei do-cumenti e nei cippi commemorativi, come già da decenni in libri e articoli, la verità sulla sua tragica morte”.Poi c’è il caso Eros. Cioè di quel Didimo Ferrari, orfano della prima guerra mon-diale, servitore di contadini (e vittima di un esorcismo da parte di un prete) all’età di 10-11 anni, poi bracciante, comunista perché sognava un mondo di giustizia, pri-vato della libertà ( carcere e confino) tra i 20 e i 30 anni (1932-1943), carcerato an-cora (ai Servi) nell’inverno ’44-45, la cui

storia personale faceva dunque sì che ci fosse era certamente “una certa differenza tra lui e, ad esempio, Pasquale Marconi”, per citar-parafrasare una domanda di An-drea Zambrano al nostro presidente No-tari (“Giornale di Reggio”, 1° settembre 2010). E ciononostante, come ha corretta-mente risposto Notari, la Resistenza reg-giana ebbe un comando unico (e unitario) fino alla fine della lotta, avendo – aggiun-go io – il bracciante comunista “avanzo di galera” Eros come commissario generale ed il medico e rigoroso militante cattolico Pasquale Marconi come suo Vice. Fu la loro, una convivenza certo complessa, ma che non si interruppe durante la lotta di li-berazione, a differenza di quanto avvenne, per esempio, a Modena. Ma per chi aves-se desiderio di conoscere di più su Eros, al di là delle acrimoniose e politicamente mirate polemiche, mi permetto ancora una volta di autocitarmi (A.Z., Il dopoguerra reggiano nelle carte segrete di ‘Eros’, in “RS”, n. 64-66,1990, da pag. 7 a 40).Ma ancora su Eros: nella medesima inter-vista si fa una gran confusione attribuen-dogli la decisione della fucilazione di pri-gionieri tedeschi e fascisti avvenute a metà aprile nelle drammatiche circostanze della smobilitazione del carcere partigiano di Case Balocchi sotto l’incalzare di un ra-strellamento tedesco. L’ordine era venuto dal Comando unico nella sua collegialità. Il contrordine arrivò di fronte alla ritirata dei rastrellatori. Buona parte dei prigionie-ri furono così salvi (GINO ROZZI, Il car-cere partigiano della Val d’Asta, in “RS”, n. 34, 1974, p- 79 -87).Siccome si butta là il nome di Cervaròlo si produce un confuso avvitamento tra la vi-cenda di aprile ’45 e la strage nazifascista del marzo ’44. A proposito della quale si sono ripetutamete quanto spudoratamente attribuite delle responsabilità allo stesso Eros nelle polemiche del 2009 (“Notizia-rio”, n. 6, ottobre 2009).

E ancora si continua a fare di Eros il capro espiatorio di quel “di più di violenza” che caratterizzò l’immediato dopoguerra an-che nella mostra provincia, nella pianura mezzadrile e bracciantile in particolare. Anche su questo ho scritto pagine che non sto qui a ripetere (“RS” n. 64-66, cit.) ma nelle quali riporto fonti dalle quali emer-ge la costante e sotterranea lotta di Eros contro chi aveva fatto, nell’immediato post-liberazione , “un partito nel partito” organizzando operazioni che ebbero esiti sanguinosi. Anche se, ufficialmente, ed in nome di una fedeltà quasi religiosa al mi-tico “Partito”, difese accanitamente sem-pre e comunque il partito stesso e diversi suoi militanti. Insomma, parafrasando un celebre motto inglese, Right or wrong my Party (Giusto o sbagliato è il mio partito). Credo che anche per questo abbia sop-portato il lungo e doloroso (per sé e per la sua famiglia) esilio in Cekoslovacchia rifiutando, per difendersi davanti a giudici peraltro, in genere, tutt’altro che “terzi”, di farsi delatore.Ma al di là delle polemiche estive politica-mente strumentali ai fini, anche “pansia-ni”, di depotenziamento della Resistenza e del suo valore fondante, occorre che la ricerca storica proceda sulla prima metà del Novecento, e sul nodo Guerra Resi-stenza Dopoguerra, senza però schiacciare l’uscita dall’immane disastro del secondo conflitto mondiale sul tema della “violen-za dei rossi”, facendone l’oggetto storio-grafico privilegiato e pressoché esclusi-vo, secondo una moda giornalistica che ignora i molti studi seri in materia. Tema che non va certo eluso, ma che – non lo si ripeterà mai abbastanza – non può esse-re estrapolato da un contesto più ampio e complesso. Un contesto che vide migliaia di ex partigiani (in prevalenza “rossi”, qui da noi) impegnati nello studio (Convitto scuola di Rivaltella, ma non solo), cioé nella “conquista della parola”, per citare don Lorenzo Milani . Quella jihad spiri-tuale fece sì che centinaia di giovani pro-letari, che un’antica condizione subalterna aveva costretto spesso a fermarsi alla terza elementare, diventassero la nuova classe dirigente (amministratori pubblici, diri-genti e tecnici di cooperative, si vedano in questo numerole pagine se Velia Val-lini) impegnata in quel processo di rico-struzione materiale e civile che farà della nostra provincia una delle punte alte dello sviluppo economico e culturale a livello internazionale.

Antonio Zambonelli

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politica RESISTENZA

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La segreteria provinciale dell’ANPI di Reggio Emilia, riunita il 7 settembre 2010, presa in esame l’ennesima campa-gna di stampa, a oltre 65 anni dalla fine della guerra e del fascismo, tendente a denigrare la Resistenza reggiana, la quale in modo unitario, sotto la guida del CLN, ha dato un contributo sostanziale per la li-berazione della nostra provincia dagli oc-cupanti nazisti e dai loro servi della RSI, richiama alla memoria di tutti i 626 partigiani caduti, le 360 vittime ci-vili nelle stragi nazifasciste (da Cervarolo a Bettola, per fare due soli nomi) gli oltre 8.000 soldati reggiani che, rifiutando il collaborazionismo, soffrirono nei campi di prigionia nazisti, gli oltre 1.000 civili deportati, che sono viva testimonianza del

prezzo pagato per la libertà, in aggiunta alle decine di uccisi dagli squadristi neri negli anni Venti, alle migliaia di persegui-tati politici e ai 200 condannati dal Tri-bunale speciale durante il ventennio nero, sottolinea che i Partigiani (comunisti, socialisti, catto-lici, liberali e apolitici) sono stati i primi artefici della ricostruzione morale e ma-teriale della nostra terra a guerra finita: si pensi alla funzione del Convitto scuola della Rinascita, aperto alla formazione culturale e professionale di centinaia di partigiani e reduci, all’accoglienza dei bambini poveri della nostra montagna, di Milano e di Napoli, vittime a loro vol-ta della guerra fascista. Si ricordi ancora la fattiva solidarietà, lungo i decenni del

dopoguerra, che ha visto l’ANPI in prima fila, verso i popoli del Vie-tnam, del Mozambico, della ex Ju-goslavia, la recente costruzione di una scuola d’infanzia in Palestina e l’impegno a fianco di quanti nel Sud resistono contro le varie mafie.Questa la vera anima di una Resi-stenza reggiana che continua e che, memore del passato, si proietta ver-so il futuro, anche grazie all’accor-rere di tanti giovani nelle proprie file.

Pertanto la Segreteria fa propria in modo unanime la posizione espressa dal Presidente Giacomo Notari in occasione delle confuse, pretestuose (e spesso in-farcite di autentiche bugie e misti-ficazioni), provocazioni agostane ad opera di alcuni organi di stampa locali.Impegna tutta l’organizzazione, forte di circa 5.000 aderenti, giova-ni e anziani, a perseguire gli obbiet-tivi che le sono propri: difesa della Costituzione e di tutte le Istituzioni che vigilano a tutela della legalità e del corretto funzionamento dello Stato in tutte le sue articolazioni.Ribadisce l’impegno a difesa della scuola , della ricerca, del lavoro per i giovani, per l’accoglienza e il ri-spetto dei fratelli migranti.

Rivendica con forza il rispetto dell’autono-mia di ricerca di Istoreco, segna-landone alcuni aspetti essenziali: la consolidata positiva funzione nel campo degli studi storici (qualcuno dovrebbe sfogliare o risfogliare le migliaia di pagine di “Ricerche sto-riche”, che si pubblica dal 1967, ne troverebbe ragionate e documen-

La vera anima della Resistenza ReggianaContro l'ennesima campagna di stampa

Il documento dell’ANPI reggiana del 7 settembre 2010

6settembre-ottobre 2010

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politica

Sono stati molti i messaggi di solidarietà e di sostegno ricevuti tra fine giugno e primi di luglio dal nostro Presidente in seguito alla notizia di querela in relazio-ne a considerazioni di Notari sulla stra-ge nazifascista di Cervarolo. Crediamo giusto pubblicare il messaggio fatto per-venire dalla sen. Albertina Soliani il 2 luglio u.s.“La testimonianza della vita di Giacomo Notari parla da sola. Egli ha vissuto la Resistenza e ne difende i valori, ha ben

chiara la svolta che la Resistenza ha si-gnificato per le coscienze e per l’Italia. La verità della storia. Fa ancora paura la memoria di Cervarolo, spartiacque tra la civiltà e la barbarie: In quel luogo sono nate la democrazia e la Repubblica. Gia-como Notari è la Resistenza, nessun si illuda di poterla attaccare in modo stru-mentale, portando lui in tribunale. C’è un popolo intorno, che la difende e la difenderà, che difendereà per sempre i martiri innocenti di Cervarolo”.

In tanti a fianco di In tanti a fianco di

GIACOMO NOTARIGIACOMO NOTARItate risposte alle molte, spesso soltanto provocatorie, domande avanzate ancora una volta in questi giorni); l’encomiabile opera di “educazione alla cittadinanza”, anche in dimensione europea ed interna-zionale (si pensi alle iniziative “Sui sen-tieri partigiani”, “Ora che siamo a Reg-gio Emilia”, oltre che ai “Viaggi della Memoria”).

L’ANPI,forte anche del rapporto unitario con l’ALPI-APC fa appello a tutte le forze democratiche affinché sappiano far fron-te insieme ai tempi difficili e confusi in cui viviamo sapendo che possono sempre contare e sulle donne e sugli uomini della Resistenza di ieri e di oggi.

Alcuni pannelli della mostra “Il Novcento a Reg-gio Emilia. 1900-1950” consultabile sul sito web www.istoreco.re.it

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Fabrizio “Taver” Tavernelli, presidente dell’ANPI di Correggio, nel numero estivo del Notiziario ha scritto un articolo criti-co sul presunto avvicinamento del partito democratico alla Lega Nord, chiedendosi se l’ANPI non intenda prendere le distan-ze dal PD (considerato come una sorta di “maggiore azionista” dell’associazione) in quanto – sostiene Taver – ha aperto politi-camente ad un partito razzista e xenofobo.Un partito quello di Bossi che fa parte di quel centrodestra che “attacca scientifica-mente la Resistenza” e che costituisce “una pericolosa deriva fascista”. Se l’ANPI non critica questa sorta di “abboccamento” tra il PD e le camice verdi, sostiene Fabrizio, i nuovi giovani antifascisti non sono dispo-sti a chiudere gli occhi “a costo di intra-prendere una nuova resistenza partigiana”.L’articolo di Tavernelli – che sostanzial-mente non condivido – a mio parere ha però un pregio importante: quello di pro-vocare una riflessione tra i lettori e magari anche una discussione a più voci. In una fase storica dove il confronto politico-culturale è quasi assente, chissà che non si riprenda un po’ a ragionare e a dialogare senza urlare uno contro l’altro, per cercare di capire e capirsi meglio.Sono iscritto all’ANPI come antifascista da più di vent’anni. Ho aderito al PCI, al PDS, ai DS e ora al partito democratico. E questa “doppia” adesione non mi sta provocando particolari mal di pancia. Non tutte le scelte e le posizioni dei diversi di-rigenti le condivido e la mia adesione a questo partito è più volte critica, a volte anche problematica. Traguardato da poco i 50 anni, non sono più dirigente locale di questo partito ma cerco di partecipare e di dare il mio contributo perché ritengo che la politica, una bella politica, sia necessa-ria per la democrazia, per il benessere di una collettività e quindi anche per la mia persona. L’antifascismo e i valori e l’eredità della Resistenza per me vengono prima di qual-siasi partito. Sarà per la formazione fami-liare, per la convinzione personale che una delle pagine migliori della storia italiana

è stata scritta proprio dalla Resistenza al nazismo e al fascismo, per il sentirmi de-bitore fino alla fine dei miei giorni verso i tanti antifascisti che hanno sacrificato la propria vita per darci un futuro di pace e li-bertà, sarà per tutti questi e per altri motivi ancora che l’antifascismo e i valori della Resistenza per me sono valori imprescin-dibili.Dopo questa precisazione provo ad entra-re nel merito della provocazione di Taver. Credo che l’ANPI debba rimanere un’as-sociazione non partitica, con la propria au-tonomia, che dialoga con gli altri partiti in particolare con quelli che più direttamente si richiamano ai valori della Resistenza e non debba mai lasciarsi coinvolgere dai “giochi” politici di partito o di qualche suo dirigente.Certo i giudizi sulle scelte politiche, sui programmi e sugli atti adottati dai partiti vanno espressi, soprattutto a mio parere quando hanno una valenza legata ai valori di cui l’ANPI si fa portatrice. Guai però a usare l’ANPI per scontri politici tra partiti e dentro i partiti. Sarebbe un danno gra-ve per l’autonomia e l’autorevolezza della nostra associazione. Penso che più che sulle alleanze partiti-che, l’ANPI possa e debba esprimere po-sizioni politiche in merito a scelte, fatti e proposte che i partiti assumono. Se il PD si schiererà su posizioni razziste, in con-trasto con la tutela dei diritti umani, allora penso che l’ANPI sia del tutto coerente nel condannare tali scelte. Tra le eredità della Resistenza sono convinto sia pur presente l’avversione verso persecuzioni e discri-minazioni razziali che il fascismo invece fece propri.Pertanto giudichiamo prima di tutto dai fatti. Sì anche dalle parole, che in politi-ca hanno un peso, ma stando molto attenti a non fare processi alle intenzioni o liste di proscrizione. La Resistenza, mi hanno insegnato, è stato un grande movimento popolare e al suo interno hanno convissuto molteplici ragioni e diversi orientamen-ti ideali, politici e culturali. La sua forza è stata l’unità e la collaborazione. E’ una

eredità politica che dobbiamo avere bene a mente. Quello che l’ANPI, secondo me, deve fare sempre di più è piuttosto una batta-glia culturale per affermare i valori della Resistenza, per cercare di farli diventare patrimonio comune di una grandissima maggioranza di italiani. E’ su questo ter-reno che a Correggio, a Reggio e in tutto il Paese, proprio per raccogliere il testimone che ci hanno lasciato i Resistenti, dobbia-mo urgentemente fare di più e magari an-che meglio, tutti quanti.Da una parte far conoscere cosa è stata la Resistenza e cosa sono stati invece il fasci-smo e il nazismo, dall’altra tradurre i suoi valori, i suoi principi nell’attualità. Guar-dare la realtà sociale di oggi con gli occhi della Resistenza e soprattutto impegnarsi perché le nostre convinzioni possano di-ventare patrimonio culturale civile comu-ne, ovviamente non attraverso imposizioni di pensiero ma con la forza delle motiva-zioni di chi sa che gli uomini sono tutti uguali e tutti hanno diritto alla libertà, alla giustizia, ad una vita dignitosa nel rispetto dei doveri reciproci.Facciamo nostre le ragioni del rispetto dei diritti umani, della solidarietà attiva verso chi ha avuto dalla nascita meno fortuna di noi, della responsabilità verso gli altri e del diritto di tutti a poter sognare e a costruirsi una vita dignitosa e un futuro migliore.I giochi dei partiti vengono dopo e poi, soprattutto, se vinceremo questa sfida cul-turale i partiti non potranno non tenerne conto fino in fondo senza esitazioni o am-biguità.

Guido Pelliciardi

RESISTENZA

ESISTENZA

Guido Pelliciardi

L’ANPI non èe' un partito politico

e ha grandi valori da proporre

Nella vignetta Sarkozy dà un calcio ai Rom

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politica

Con la collaborazione preziosa, di Danie-la Lorenzoni e di Mario Meinero, nostri tramiti, di Serena Foracchia di Reggio nel Mondo e dopo due settimane trascorse in-viando concitatamente e ricevendo mail, telefonate e messaggi, (quanto difficile la comunicazione con la Palestina!) final-mente l’ANPI conclude con questo viag-gio l’importantissimo progetto di solida-rietà internazionale: esso rende esplicito a tutti quanto la nostra associazione, più che essere ogni giorno sui giornali a ri-spondere a velenosi attacchi di chi, con la menzogna storica, vorrebbe ridurre la Re-sistenza ad una guerra civile tra due parti idealmente ed egualmente motivate, sia invece ogni giorno sul campo della difesa attiva dei diritti sanciti dalla Costituzione.Seilat ad Daher è un villaggio palestinese di circa 6500 abitanti situato nei territori occupati tra Nablus e Jenin: qui il Centro donne gestiva un asilo per bambini dai quattro ai sei anni in un contesto di estre-ma povertà. Nel 2005 il nostro Presiden-te decise di sostenerlo, in collaborazio-ne con la municipalità locale, e l’ANPI, iniziò a inviare contributi giuntici dalla CGIL, dal mondo della cooperazione (grazie Boorea!) dalla Fondazione Ma-nodori (per noi preziosa), o raccolti at-traverso numerose iniziative delle sezioni locali e di tante delle associazioni. Gra-zie inoltre a Marisa, infaticabile “formi-

china”, ad Anna Ferrari, l’organizzatrice per eccellenza, ad Ostiliana, ogni giorno al lavoro per noi con la sua esperienza, a Zambonelli, il mitico Zambo, il nostro prezioso archivio storico, a Glauco che cura il nostro importante “Notiziario”, ad Anna Salsi che ha seguito in parte le comunicazioni, e… un grande e sincero ringraziamento a tutti! Questo è stato un progetto di comunità solidale e generosa e questa è la politica nobile in cui crediamo e per cui lavoriamo.Con noi anche Telereggio che ha incarica-to l’operatore Comastri di fare riprese che faranno parte di un documentario. Evviva per una comunicazione che sceglie di sta-re dalla parte dei diritti!La delegazione sarà ricevuta al Consolato italiano a Gerusalemme e, dopo i momen-ti ufficiali e gli incontri con le insegnanti al fine di creare una collaborazione fecon-da con le scuole reggiane, le ”più belle del mondo”, potrà visitare Betlemme e Geru-salemme e rendersi direttamente conto di come sia difficile e dolorosa la conviven-za tra chi vive in uno Stato, con il legitti-mo diritto alla sicurezza, e chi uno Stato non ce l’ha e vive in una precarietà totale, spesso privo dei diritti fondamentali.Ho avuto il piacere di ricevere recente-mente la telefonata dell’ambasciatore palestinese a Roma che, essendo attraver-so una mia e-mail venuto a conoscenza

dell’iniziativa, ha voluto rallegrarsi con noi e intende incontrarci.Mi piace anche ricordare che al momento classico degli scambi di doni, noi conse-gneremo al Sindaco e al Centro donne, oltre alla nostra bandiera tricolore oggi così disprezzata e ai fazzoletti dell’ANPI, alcuni dipinti che generosamente ci sono stati donati dal pittore reggiano Attilio Braglia: un vivo grazie a te che crei bel-lezza e poesia e la comunichi anche con un gesto che è squisitamente “politico”!Mi spiace non essere anch’io parte della delegazione, come mi è stato più volte proposto, ma ho avuto in passato per ben tre volte l’opportunità di andare in Pale-stina-Israele e mi sembrava giusto che altri potessero vivere questa straordinaria esperienza.Buon viaggio dunque, attenderemo il vostro ritorno e quando sarete a Reggio organizzeremo una bella festa con confe-renza stampa e ci racconterete tutto.L’ultimo grazie al nostro Presidente, a tutti i volontari che in questi anni han-no sostenuto quotidianamente l’ANPI: attorno al viso dei bambini di Seilat ac-colti in una bella scuola, troviamo il senso più profondo del nostro fare e della nostra resistenza quotidiana.

Fiorella Ferrarini

21 settembre 2010 21 settembre 2010

Verso la Verso la Palestina: Palestina: si inaugura la Scuola materna “G. Carretti”si inaugura la Scuola materna “G. Carretti”

Una delegazione dell'ANPI a Seilat

Mentre il “Notiziario” va in stampa, la delegazione dell’ANPI com-posta dal presidente Giacomo Notari, Alessandro Frignoli, Marina Notari interprete, Carlo Pellacani di Istoreco, Silvana Cavalchi sindaco di Cadelbosco Sopra, Luisa Costi dell’Istituzione nidi e scuole d’infanzia, dall’operatore televisivo Paolo Comastri e da Alberto Pioppi, nipote di Giuseppe Carretti, è in procinto di partire per la Palestina: finalmente, dopo anni di impegno di tutta l’as-sociazione si inaugurerà martedì 21 settembre la nuova Scuola Materna intitolata a Giuseppe Carretti, che ospiterà 120 bambini.

9settembre-ottobre 2010

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estero

Il risveglio ha dato vita ad una nazione palpitante, con una gioventù capace ed istruita, che cerca di farsi strada nel mon-do, uscendo, peraltro, da stretti margini sociali del Paese, che producono forti sti-moli al movimento di opposizione all’at-tuale regime, movimento che manifesta nelle piazze, evocando le trasformazioni sociali, in effetti, avvenute nel Paese.Il regime manifesta un’evidente incertez-za tra compromesso e repressione, men-tre i pasdaran, senza nessuna esitazione, si sono attribuiti un ruolo centrale nella repressione e nel sostegno a Khamenei.L’organizzazione militare dei pasdaran, ha avuto il suo inizio nel 1979, subito dopo la nascita della Repubblica islami-ca dell’Iran, sotto la spinta dell’ayatollah Khomeiny e quindi legalizzata nell’arti-colo 150 della Costituzione, sotto la de-nominazione “corpo dei guardiani della rivoluzione islamica”.La grave crisi interna al regime, che nel 1980 ha portato alla destituzione di Bani Sadr, primo presidente del Paese e all’av-vio di una rivolta armata da parte dei Mu-jahidin del popolo, ha dato l’opportunità ai pasdaran di utilizzare la repressione, messa da loro in atto, per consolidare il

potere di Khomeiny. Quando nel 1980 l’Iraq di Saddam Hussein dichiara guerra all’Iran, i pasdaran si dimostrano l’unica forza militare organizzata, in grado di difendere il regime sia all’interno che al fronte. Con le prime vittorie dei pasdaran sul fronte iracheno, si assiste al contem-poraneo smantellamento dell’opposizio-ne radicale interna e la fine del periodo “rivoluzionario” iraniano, grazie anche alle riforme introdotte nel 1982 da Kho-meiny.Dopo la morte del fondatore della repub-blica islamica, avvenuta nel 1989, i pa-sdaran si fanno promotori dell’elezione di Ali Khamenei come Guida suprema e di Hachemi Rafsanjani alla presiden-za del Paese, aumentando sempre più la loro importanza economica, con imprese imprenditoriali, incluse nel “complesso Ghorb”, che raggruppa le più importanti società commerciali del Paese.Quando nel marzo del 1996 i “riforma-tori” di Rafsanjani riportano un notevole successo al primo turno delle elezioni per la quinta Assemblea islamica, la Guida chiama i pasdaran ad intervenire. Kha-menei non possiede né il carisma e nep-pure l’autorità religiosa di un Khomeiny, regione per cui ha bisogno del sostegno

dei pasdaran, che dopo gli annunci del loro generale in capo Safavi, secondo il quale nemmeno un solo liberale poteva entrare in Assemblea, intervengono du-ramente, rovesciando i rapporti di forza all’interno del regime, arrestando, in tal modo, la marcia dei “riformatori”. Sor-prendentemente nelle elezioni presiden-ziali del 1997, viene eletto alla presidenza Mohammad Khatami, sconfiggendo il candidato dei conservatori, senza che ciò consenta a modificare il quadro, che si era andato formando, di un equilibrio politico decisamente instabile.Durante i due mandati di Khatami (1997-2005), i pasdaran si oppongono in ogni modo alla sue riforme, mentre già con-trollano oltre un terzo delle importazioni iraniane e attraverso compiacenti ministri e segretari dello Stato, appartenenti al co-mando dei guardiani della rivoluzione, ottengono l’assegnazione di imponenti lavori pubblici. Nel 2005 il peso politico dei pasdaran si rafforza ulteriormente con la sconfitta elettorale di Khatami e l’ele-zione a presidente di Ahmadinejad, pre-sentatosi all’elettorato contro Rafsanjani, considerato dalla popolazione un simbolo dell’affarismo e della corruzione.Nel frattempo il complesso Ghorb si raf-

IRAN _______ dei pasd

l’incontrollabile potere

Nel Paese sono ancora in corso le iniziative politiche per celebrare il

Nel Paese sono ancora in corso le iniziative politiche per celebrare il

trentunesimo anniversario della rivoluzione islamica, evento questo che ha

trentunesimo anniversario della rivoluzione islamica, evento questo che ha

prodotto un enorme cambiamento sociale e politico in Iran, uscendo da una lunga

prodotto un enorme cambiamento sociale e politico in Iran, uscendo da una lunga

assenza su scala mondiale e risvegliandosi per scoprire che si erano arrugginiti e

assenza su scala mondiale e risvegliandosi per scoprire che si erano arrugginiti e

deformati i contorni della propria identità nazionale.

deformati i contorni della propria identità nazionale.

10settembre-ottobre 2010

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estero

daran

forza ulteriormente, raggruppa e controlla oltre 800 società attive in settori chiave come quelli militari, infrastrutturali, pe-troliferi, finanziari e telefonici.”Non sia-mo solo una macchina di guerra inutile in tempo di pace...”, ha dichiarato il gene-rale dei pasdaran Ali Jafari, dopo l’asse-gnazione alla sua società dei lavori per la costruzione della ferrovia Chah-Bahar nel sud-est del Paese per un importo di 2,5 mi-liardi di dollari. Le sanzioni e l’embargo per importanti mezzi tecnologici, appro-vati dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dopo il fallimento delle iniziative per il controllo dell’attività nucleare del Paese, non hanno fermato l’espansione econo-mica del Ghorb in continua crescita.Sulla scena politica i pasdaran sono pre-potentemente riapparsi durante le mani-festazioni popolari, che hanno seguito le elezioni fraudolente del giugno 2009, svolgendo un ruolo centrale nella repres-sione dei manifestanti e nel sostegno a Khamenei.In ottobre il generale Abdollah Araghi, comandante del corpo Rasul-ol-lah dei pasdaran (uno dei tanti corpi di armata, in cui sono suddivisi i 125.000 suoi ef-fettivi) ha comunicato ufficialmente che la sua organizzazione aveva assunto la responsabilità della sicurezza per tutti i mesi che hanno seguito gli esiti elettorali.Qualche settimana dopo Yadollah Javani, direttore dell’ufficio politico dei pasda-ran, chiedeva l’arresto e la condanna dei capi dell’opposizione riformatrice, tra cui Karubi e Mussavi.I pasdaran hanno organizzato poi la ma-nifestazione popolare del 29 dicembre, col fine di sostenere la Guida suprema, accusando, nel contempo, gli oppositori

di essere agenti di potenze straniere, invi-tando il popolo musulmano a denunciare in massa tutti gli oppositori, che appaiono nelle foto del sito internet (Gerdab.ir).Il ruolo politico-militare dei Guardiani della rivoluzione iraniani si è prepoten-temente manifestato sulla scena inter-nazionale in seguito al sanguinoso blitz scatenato dal governo di Israele contro la flottiglia di pacifisti, che portava aiuti umanitari ai “prigionieri” di Gaza. A fron-te di un tale atto di grave illeggimità i pa-sdaran, attraverso le dichiarazione della loro guida Alì Shirazi, si sono dichiarati pronti a scortare le navi, che cercheranno di avvicinarsi a Gaza. con l’intento di or-ganizzare una protezione certamente non disarmata.Tuttavia, permanendo ancora poca chia-rezza, sull’estendersi delle attività di Javani, sia in campo economico, che in quello politico, questa ha prodotto un cer-to irrigidimento nella fiducia da parte di diverse correnti politiche, pur favorevoli alla repubblica islamica, come il bazar di Teheran, alcuni settori del privato e alcu-ne fazioni politiche moderate. Nello stes-so movimento dei pasdaran, si possono riscontrare fratture, visibili nel consenso generalizzato, in quanto buona parte del-la base della struttura rivoluzionaria pro-viene da ambienti poveri e, quindi, non approva atteggiamenti affaristici e coer-citivi.In tale turbato contesto potrebbe trovare un posto significativo l’attentato kami-kaze, che nella regione di Phisin vicino al confine del Pakistan, ha provocato la morte di 42 pasdaran, tra i quali sei alti uf-ficiali, alcuni dei quali molto noti nel Pae-se come il generale Shoushtari, il genera-

le Zadeh assieme a numerosi alti membri e alti comandanti dei Guardiani della Ri-voluzione. L’attentato è stato rivendicato dal gruppo sunnita Jundallah. Il governo, peraltro, ha indicato da subito i mandan-ti dell’attacco suicida negli Stati Uniti e nell’Inghilterra, considerati colpevoli di forte animosità nei riguardi dell’Iran, mentre è risultato evidente come la causa prima dell’azione suicida, sia da ricercar-si nella arroganza dei comandi dei pasda-ran, attuata nei riguardi delle popolazioni dei territori di frontiera, cosa questa che ha generato la nascita in zona di gruppi separatisti iraniani, divenuti nel tempo pericolosi avversari del regime e del po-tente corpo d’élite dei pasdaran stessi. Il complesso intreccio delle succitate di-vergenze interne, spiegano abbastanza chiaramente la difficoltà, entro la quale si dibatte il governo della Repubblica isla-mica, combattuto tra una difficile ricerca di compromesso con gli oppositori e la più facile tentazione della repressione. Trent’anni dopo la rivoluzione islamica, che sotto l’egida di Khomeiny e il deci-sivo supporto dei pasdaran, ha creato il nuovo Iran, il quadro, che il potere attuale propone alla società, è diventato via, via, più stretto, in piena rottura con lo slancio iniziale, con il livello socioculturale del-la popolazione e con le aspirazioni delle giovani generazioni. Le attuali rivendi-cazioni, le proteste di piazza e le conse-guenti repressioni del regime, esprimono indubbiamente un diffuso desiderio di forzare i limiti di una democrazia oggi imposta dall’alto. La domanda che ci si pone, in tale contesto, è: ma fino a dove, pasdaran permettendo?

Bruno Bertolaso

11settembre-ottobre 2010

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cultura

All’iniziativa hanno preso parte Sonia Masini, presidente della Provincia, Mirco Carrattieri e Anna Appari, che ne hanno introdotto il contesto storico e il profilo, rievocato anche attraverso le testimonian-ze del figlio Mirco Pirondini e dei colle-ghi del Consiglio provinciale Emerenzio Barbieri e Ione Bartoli, e di Elena Carletti amministratrice di Novellara, terra di ori-gine della Vallini. La figura di Velia, donna dal carattere dolce ma fermo, emerge dai ricordi dei presenti e dall’analisi accurata dei tempi in cui ha operato.Anni in cui c’è tanto da fare per dare alla città e al Paese intero un volto nuovo e per cercare di comprendere con nuovi stru-menti i problemi che si devono affrontare dopo gli anni terribili della guerra, duran-te i quali Velia darà un grande contribu-to come partigiana col nome di battaglia “Mimma”. Le sue origini familiari pove-rissime e le asperità che la vita le presenta sin da subito la avvicinano alle lotte per

difendere e migliorare le condizioni di chi soffre e di chi versa in condizioni di estre-ma difficoltà. Aderendo ai GDD, Gruppi di Difesa del-la Donna e poi all’UDI, Unione Donne Italiane, lotterà con passione e altissimo senso civile per la questione femminile.La Vallini, infatti, si è molto occupata di donne e dei loro figli, e si è occupata e preoccupata di dare vita alla creazione di scuole materne e asili nido. Il 4 giugno 1965 presenta in Consiglio l’ordine del giorno: “Adesione all’istituendo consor-zio provinciale Nidi d’infanzia” – Appro-vazione dello Statuto”. Un altro tema per il quale si è spesa mol-tissimo emerge con forza durante i lavori della giornata, e riguarda le problemati-che della malattia mentale e dell’emargi-nazione. E della necessità di difendere le fasce più deboli della popolazione contro i mecca-nismi di rifiuto e di “violenza” messi in atto dalle classi privilegiate. Con l’aiuto e

l’appoggio di tecnici e medici psichiatri, Mimma farà in tempo a gestire l’esperien-za dei Centri di igiene mentale fino al loro assorbimento da parte dei consorzi socio sanitari. “Nell’avventura umana e politica di Velia Vallini – ha sottolineato Sonia Masini – possiamo riconoscere non solo un percor-so individuale di grande valore, ma anche un vero e proprio spaccato di storia poli-tica e sociale della nostra comunità. In lei la concretezza del “fare amministrativo” si unisce ad una solida passione civile in grado di animare e sorreggere complesse sfide; l’innovazione, la determinazione e lo spirito di servizio sono solamente alcune di quelle ragioni presenti che ci spingono oggi a guardare con riconoscen-za alla sua figura”. Conclude la giornata l’intenso ricordo dell’amica Ione Bartoli che ripropone con pienezza e affetto la fi-gura e l’opera di Velia come donna, come madre e come amministratrice.

Lella Vinsani

Anna Appari Sonia Masini

“Velia Vallini,“Velia Vallini, una donna dei nostri tempi” una do

il 31 maggio scorso si è aperta a Palazzo Allende una giornata commemorativa

Una giornata in collaborazione con l’Archivio storico e con la consigliera Vera Romiti, presidenteUna giornata in collaborazione con l’Archivio storico e con la consigliera Vera Romiti, presidente del Forum provinciale delle donne, per ricordare Velia Vallini, il primo assessore provinciale donna, del Forum provinciale delle donne, per ricordare Velia Vallini, il primo assessore provinciale donna,

a Reggio, e per riflettere sull’attualità della sua esperienza di donna impegnata in politica. a Reggio, e per riflettere sull’attualità della sua esperienza di donna impegnata in politica.

A vent’anni dalla sua scomparsa, A vent’anni dalla sua scomparsa,

12settembre-ottobre 2010

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culturaultuultuuuuucucc“Velia Vallini, onna dei nostri tempi”

Velia ValliniVelia Vallini“Per dieci anni è stata la sola donna in Consi-glio provinciale ed in Giunta. E’ una dirigente femminile, un’amministratrice ben conosciuta a livello nazionale.Attenta, sensibile alle evoluzioni culturali, scientifi che, alle indicazioni che vengono da chi opera sul campo. Si confronta con ricercatori, medici, operatori sociali, mantenendo sempre contemporaneamente un rapporto diretto con movimenti, associazioni espressione della so-cietà organizzata...”

Il 25 luglio ’43, caduto il fascismo, il popolo fa festa; segue l’8 settembre. Sono date che segnano la vita di Velia, che fa scelte definitive. E’ cosciente dei pericoli a cui andrà incontro. E’ staffetta partigiana, nel ’44 s’iscrive al PCI e ne diventa funzionaria. E’ tra le organizza-trici e dirigenti dei Gruppi Difesa della Donna. Il primo maggio ’45 è oratrice ufficiale alla manifestazione popolare di Novellara. Questa scelta ha significato pericoli prima, sacrifici poi. La sua fi-losofia di vita: l’amore per il prossimo e particolarmente per i più deboli, gli umili, spirito di sacrificio per tradurre in azione questo senso di fratellanza, con-vinzione di operare per essere al servi-zio della comunità. Velia sarà davvero una protagonista del suo tempo.Si sposa subito dopo la Liberazione con Piero Pirondini, anche lui dirigente del PCI. Nel ’46 nasce il suo unico figlio: Paolo. Un figlio voluto ed amato molto, dal quale, con sofferenza, a volte deve stare lontana per i suoi impegni sociali o politici.La madre, con la quale vive, l’aiuta ad allevare il figlio. Velia parlava di questo con ritrosia. Ha sempre tenuto lontano dal palcoscenico la sua vita privata, i suoi legami profondi con i fratelli, la famiglia. Ma è orgogliosa di questo fi-glio che si laureerà in ingegneria. Dopo anni ricordo bene la dolcezza dei suoi occhi quando parlava della nascita del

nipotino.Velia è responsabile della Commissione femminile provinciale del PCI, poi, per sette anni, segretaria provinciale dell’UDI (associazione che ha migliaia d’iscritte).Nel ’51 è la prima donna eletta consi-gliera provinciale ed entra subito in giunta. Sarà assessore ininterrottamen-te sino al ’74: all’inizio all’Assistenza, poi all’Assistenza e Sanità, infine alla Programmazione sanitaria e all’Igiene mentale. Anche in queste diverse de-nominazioni e responsabilità vi è la di-mostrazione di un processo innovativo, riformatore nel settore socio-sanitario, che ha visto Velia Vallini intelligente amministratrice. Sarà anche vicepre-sidente dell’Istituto psichiatrico San Lazzaro e per dieci anni presidente della Scuola infermieri. Innovatrice anche in questi ruoli. Velia ha tratti gentili, pare quasi timida, mai invadente, ma ben determinata, fer-ma nei propositi. Non si lascia intimidi-re dalle forti opposizioni, dagli scontri culturali e politici che come ammini-stratrice incontra per i processi innova-tivi di cui è artefice.Per dieci anni è stata la sola donna in Consiglio provinciale ed in Giunta. E’ una dirigente femminile, un’ammini-stratrice ben conosciuta a livello nazio-nale.

Velia è nata nel ’22, prima di quattro fratelli. Sarà la madre a crescerli, perché il suo compagno, perseguitato politico, è assente per lunghi periodi. Vivono a Novellara.Velia è brava a scuola, vorrebbe continuare, ma i suoi studi ufficiali si fermano alla quinta elementare. Deve aiutare la madre, così, giovanissima, comincia a lavorare. A quindici anni è mondina, poi operaia e bracciante.La formazione culturale di Velia cresce con gli anni del suo impegno politico. La sua solidità, il suo spessore hanno avuto modo di manifestarsi ed essere unanimemente riconosciuti. Sono note le sue competenze specifiche di amministratrice. Ha fatto scuola a molti.Velia appartiene a quella generazione che si è fatta adulta in un periodo di profondi mutamenti: fascismo, antifascismo, guerra, lotta di liberazione, nascita della Repubblica, approvazione della Costituzione, formazione di partiti ed associazioni.Velia conosce le idee socialiste, la ribellione al fascismo e alle sue violenze.Vive le fatiche della vita quotidiana, di un lavoro duro, mal pagato. Il binomio fascismo-guerra (gli uomini sono al fronte) fa sì che le donne, di fatto, diventino capifamiglia, dirigenti delle piccole aziende contadine e sostituiscano gli uomini nelle fabbriche.

Velia seduta al centro

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cultura

“Velia Vallini, una donna dei nostri tempi” una donna dei nostri tempi”Attenta, sensibile alle evoluzioni culturali, scientifiche, alle in-dicazioni che vengono da chi opera sul campo. Si confronta con ricercatori, medici, operatori sociali, mantenendo sempre con-temporaneamente un rapporto diretto con movimenti, associa-zioni espressione della società organizzata. Di Velia si è già scritto, lei stessa ha rilasciato interviste auto-biografiche, ma è auspicabile che su di lei continui l’interesse di ricercatori, che però sottolineino sempre il contesto nel quale lei ha operato, tenendo conto che lei ha vissuto quando ancora si diceva “noi” e non soltanto “io”. Sappiamo bene, però, che in quel “noi” vi erano tanti “io” che non solo erano ascoltati, ma esprimevano proprie soggettività sentendosi parte di un vasto movimento sociale e politico.Una spiccata caratteristica di Velia è che ha saputo davvero di-stinguere il ruolo di dirigente politico da quello di pubblico am-ministratore; a testimonianza vi sono i suoi interventi nei dibat-titi consiliari, nelle delibere che presentava, l’assenza d’inutili e superflue divagazioni politiche di carattere generale. Puntava all’essenziale partendo da una realtà che conosceva bene e avan-zando proposte concrete i cui contenuti erano sempre riforma-tori.Io mi limiterò a scegliere alcuni momenti, alcune scelte che mi paiono emblematiche del suo operare. Quale la situazione nel settore socio-sanitario nel ’51, quando fu nominata assessore?Di fatto sanità ed assistenza erano gestite da opere pie (ospedali e San Lazzaro compresi), enti mutualistici diversi per categorie di lavoratori. Per i più diseredati libretto di povertà per accedere alle prestazioni. Poi esistevano l’OMNI, Enti per sordomuti, cie-chi, invalidi di guerra e del lavoro. Comuni e province perlopiù erano erogatori di rette e contributi a molti di questi enti. C’era di che essere sgomenti, in più si aggiungeva il carattere accen-tratore dei ministeri.Già nel ’54 Velia così si esprimeva: “Si parla della creazione di un altro ministero per l’Infanzia. L’esigenza invece è quella di superare l’Alto commissario per l’igiene e la Sanità, dando vita ad un ministero per la Sanità e l’Assistenza sociale, toglien-do poteri in materia ai diversi ministeri nazionali, sopprimendo tanti enti nazionali, al nuovo ministero assegnare competenze di carattere legislativo, di programmazione nazionale e agli enti locali poteri programmatori territoriali e gestione dei servizi”.Quanti anni sono trascorsi dal ’54? Ci sono voluti decenni per-chèé arrivassero le prime riforme. Quelle della sanità iniziarono nel ’63 per arrivare nel ’79 all’istituzione del Servizio sanitario nazionale. Si è passati attraverso la legge Basaglia, i consultori familiari, i comprensori socio-sanitari poi aziende socio-sanita-rie.In quegli anni come ha agito Velia? Ha saputo giocare un dupli-ce ruolo organicamente intrecciato: intervenire sul piano cultu-rale, politico-istituzionale (convegni, dibattiti, assemblee popo-lari per sollecitare le riforme nazionali, compresa quella sulla psichiatria, la tutela della maternità, l’abolizione del nubilato per le lavoratrici, l’istituzione del Servizio nazionale asili nido) e agire a livello provinciale in stretto rapporto con i comuni, collaborando anche con gli enti esistenti, avanzando proposte innovative e perché si agisse insieme concretamente.

In queste proposte vi sono anticipazioni riformatrici ed è anche riferendosi a queste esperienze territoriali che hanno potuto es-sere varate le nuove leggi.Quali questi momenti anticipatori. Istituzione del centro medi-co-psicopedagogico che tolse agli istituti psichiatrici l’interven-to nei confronti di ragazzi con ritardi scolastici o lievi disturbi caratteriali. Questi bambini frequentarono poi all’inizio, scuole speciali o differenziali all’interno dei normali plessi scolastici per essere poi inseriti nelle classi normali con insegnanti di so-stegno. Si avviò così un processo di de-istituzionalizzazione dei ragazzi, nacquero inoltre i Centri d’igiene mentale (a Reggio fu chiamato Jervis), il Centro di citologia vaginale.Velia ebbe anche l’idea di attrezzare campers con personale specializzato per la schermografia toracica che raggiungevano i luoghi anche più lontani dove la tubercolosi esisteva ancora. E così fece anche per i consultori materno-infantili. Dopo la morte di Velia, avvenuta nel ’90, non a caso è nato il centro “Velia Vallini”, un centro d’iniziativa femminile che negli anni ha continuato ad essere impegnato sui temi sociali-sanitari e i diritti delle donne.Uno dei modi, non il solo, per ricordare Velia, ma per continuare l’attività di cui è stata ispiratrice.Ho una foto, a me molto cara. Per caso, a metà degli anni ottan-ta, con altre amiche mi sono trovata per la festa del Patrono di Reggio, in Piazza San Prospero e abbiamo incontrato Velia. Non ci vedevamo da un poco di tempo. Per noi è stata una vera festa, con scambio di caldarroste e dolci. Ci scappò anche la foto. Ci proponemmo di fare ancora festa insieme. Non è accaduto, ma il ricordo di lei è ancora vivo.

Ione Bartoli

14settembre-ottobre 2010

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cultura

LAVORANDO CON LAVORANDO CON VELIAVELIA

Metà anni Sessanta. Una riunione della Giunta provin-ciale. Velia unica donna fra nove uomini. Da sinistra: Ermes Ognibene, Giacomo Notari, Natale Bassoli, Claudio Davoli, il Segretaio generale dott. Dante Ani-ceti, il Presidente ing. Dante Montanari, il suo vice Gia-netto Patacini, Ugo Benassi, Velia e il dott. Ercole Pisi.

“Valutare oggi, dopo tanti anni, il la-voro di Velia Vallini, pensando alle scarse risorse finanziarie disponi-bili ed alle resistenze che Velia in-contrava nel fare accettare l’apertu-ra di nuovi orizzonti nel complesso mondo della sanità, appare ancor più sorprendente...”

Nel dopoguerra, quando la sede della federazione del PCI era in Corso Cairoli, mi capitò più volte di incontrare Velia Vallini a quei tempi attivista, come me, del Partito.Nei primi anni Sessanta – la federazione era da qualche anno in Via Toschi – entrai nel Consiglio provinciale, poi in Giunta, dove Velia era presente da anni come assessore alla Sanità.A quei tempi le competenze della Provincia in campo sanitario erano abbastanza contenute, perciò Velia operava su di un terreno tutto da dissodare. Ma la volontà, la passione per capire i problemi e proporre soluzioni non le mancavano.Intanto anche le leggi nazionali in materia sanitaria aprivano nuovi spazi e competenze per la Provincia. Così Velia poté finalmente misurarsi con problemi che le stavano a cuore da tanto tempo: curò la nascita dei Consorzi socio-sanitari in tutto il territorio provinciale. Fu un susseguirsi ininterrotto di fecondo lavoro. Basti pensare alla nascita dei Consultori famigliari, la rete di Consultori per l’infanzia, la benefica irruzione nel settore psichiatrico della Legge Basaglia, che portò aria nuova

all’Istituto San Lazzaro.Fu possibile dar vita in tutti i comprensori della provincia ad una fitta rete di consultori d’igiene mentale, diretti dal già noto prof. Giovanni Jervis, allievo di Basaglia, consultori che tuttora esercitano con profitto il loro lavoro sul territorio. Valutare oggi, dopo tanti anni, il lavoro di Velia Vallini, pensando alle scarse risorse finanziarie disponibili ed alle resistenze che Velia incontrava nel fare accettare l’apertura di nuovi orizzonti nel complesso mondo della sanità, appare ancor più sorprendente.Grazie a Velia ho potuto vivere una felice circostanza, che voglio qui ricordare. Un giorno mi pregò di sostituirla per un incontro al Centro provinciale della sordità, ubicato allora in Piazza San Prospero. Quando ci arrivai stavano esaminando una bellissima bambina di Succiso – accompagnata dalla madre – che non parlava perché nata sorda. Quando i tecnici azionarono gli strumenti, la piccola, potendo ascoltare per la prima volta dei suoni, spalancò gioiosamente sorpresa gli occhi azzurri. Fu una grande gioia per la mamma e per tutti noi lì presenti.

Man mano che il tempo scorreva, Velia vedeva con soddisfazione crescere i risultati della sua attività, come fa una madre coi figli.In Giunta argomentava le sue proposte pacatamente, con la sua voce dolce, ma anche con la forza della convinzione.Non ricordo di averla mai vista irritata; in verità le sue proposte erano tanto valide e necessarie da trovare sempre condivisione da parte degli altri assessori.Io sono uscito dalla Giunta nel giugno 1970, quando passai a fare il sindaco del comune di Ligonchio, ma essendo componente del Consorzio socio-sanitario della montagna, ebbi modo di incontrare ancora più volte Velia, soprattutto per le questioni dei Consultori famigliari e della Psichiatria.Velia, come molti di noi di modeste origini sociali, non aveva avuto modo di sedere a lungo sui banchi di scuola, tuttavia nel suo modo di esporre e argomentare con precisione i problemi e le possibili soluzioni, rivelava il possesso di notevoli competenze e notevoli qualità di organizzatrice.

Giacomo Notari

15settembre-ottobre 2010

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La Moldova è un paese, una repubblica ex

Sovietica. E’ un pezzo di terra, a

forma di grappolo d’uva, dimenticato al confine

del mondo latino e della UE.

“Ma perché ci racconta queste cose” vi

chiederete.

Perché mi è capitato tante volte di sentirmi

chiedere da dove vengo.

E rispondendo dalla Moldova,

ho ricevuto varie risposte.

“Mi scusi, Signora, la mia ignoran-za, ma dove è la Moldova?”. Un altro: “Non ne ho idea”. Il pezzo forte “Ma sì, ne ho sentito parlare. Mio zio aveva una badante molda-va”. Alcuni invece, ancora peggio, alzavano le spalle. “Boh!”.La Moldova è una repubblica au-tonoma parlamentare dal 27 agosto 1991, con capitale Chisinau. E’ si-tuata a sud-est dell’Europa, fra la Romania e l’Ucraina. E’ separata dalla Romania dal fiume Prut. Alla estremità sud ha un piccolo sbocco al Danubio, per una fascia di 600 metri circa.La Moldova ha avuto una storia mol-to movimentata, trovandosi tuttavia sempre in posizioni di vassallaggio rispetto alla Russia o alla Romania. Il grande poeta nazionale G.R. Vieru ha definito la realtà del nostro paese con uno splendido verso: “La Moldova è messa all’incrocio dei venti”. Ha una superficie di 33.843 chilometri qua-drati e circa quattro milioni di abitan-ti. In antichità il territorio moldavo era abitato dai Daci. Il sud della Moldova, confinante con il mar Nero, è stato parte dell’Impero romano.Situata su un percorso strategico, fra l’Asia e l’Europa, la Moldova è stata spesso depredata ed invasa da varie nazioni e popoli migratori. Comunque siamo una nazione che appartiene al ceppo latino e parliamo la lingua rome-na, sempre di origine latina.La Moldova è una terra fertile, pittore-sca; ha dei paesaggi ameni e della gente

molto ospitale e accogliente. E’ un pae-se prevalentemente agricolo. Il cronista M. Costin ammetteva: “Nascono anche in Moldovia esseri umani”.Basta sapere che il nostro grande poeta nazionale, il “Lucifero” della nostra let-teratura è Miliai Eminescu. La sua opera è stata tradotta in più di 60 lingue. Il suo capolavoro, il poema Luceafarul (L’Iperione) in nove lingue. Il primo tentativo di presentare al let-tore italiano il patrimonio letterario la-sciato da Eminescu, appartiene all’“ita-lianista” Romeno Geo Vasile nell’an-tologia bilingue intitolata Din Valurile Vremi” (Dall’onda degli Evi).Ecco un piccolo assaggio, le prime tre quartine di Iperione: “Ed era Unica ai parenti / Stupenda fra le belle/ come la Vergine fra i Santi / la Luna fra le stelle. Dall’ombra delle volte altere / lei suo passo volge alla finestra appartata / Sta Espero aspettando / Guardava all’oriz-zonte come/ sui mari sorge e splende/ Sui sentieri ondeggianti/ Lui guida nere navi.L’emblema della letteratura contempo-ranea è il compianto poeta G. Vieru, tra-gicamente scomparso nel gennaio 2009 in un incidente stradale. Vieru è poeta delle tematiche esistenziali dell’umani-tà, il poeta della Madre e dei sentimenti dell’infanzia. In una intervista lo stesso poeta diceva: “ La madre è la nostra in-fanzia invecchiata. Lei è tutto: è l’inizio di una vita, l’incantesimo dell’infanzia, la terra che si ama”.Il grande desiderio di G. Vieru era di la-sciare, dopo la sua morte, sempre aperti

cultura8° Corso dell'Università del Tempo libero organizzato dall'ANPI di Bibbiano4 ottobre 2010 - 4 aprile 2011Proponiamo uno dei temi affrontati nel corso

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cultura

L’unica cosa che non mi convince nel breve romanzo storico di Adrea Moretti è il legame tra lotta partigiana e terrosismo rosso siglato BR. Il fi glio del protagonista-partigiano, Omero Tasselli, Nicola – il cui nome è lo stesso dell’amico e compagno del padre ucciso insieme ad altri sei partigiani e al contadino che li ospitava, nel romanzo alla Cerchiona, nella realtà la strage fascista della Righetta di Rolo del 15 aprile 1945 – utilizzando la pistola del padre, non a caso una P38, compie, nel 1975, un attentato terroristico a Modena. La pistola è la P 38 che il padre ha tenuto nascosta per trent’anni. La pisto-la, che era appartenuta a Nicola, giovane comandante e commissario del distaccamento SAP “Afro”, e che per una serie di circostanze, che qui non riveleremo, passa nelle mani di Omero, diviene il legame “paradigmati-co” tra due storie. Scrive Moretti nella postfazione: “La storia di Omero Tasselli si propone come paradigma di un’intera generazione di giovani che dopo l’armistizio sono stati costretti, talvolta senza una reale coscienza politica a scegliere in che direzione lottare, e a cui la storia, anni dopo, ha imposto il confronto con altri gio-vani con una coscienza politica ben più netta, ma a volte sinistra”. Credo, però, che questa storia di giovani “sinistri” avreb-be meritato uno sviluppo più articolato, perché il tema dell’“albo” di famiglia è un argomento storicamente complesso, che certo non può risolvere un romanzo, tuttavia la storia di Nicola, il fi glio del partigiano, mi sembra, diciamo, un po’ “tirata via”. Impressionistica.Chi ha avuto la pazienza di leggere fi no a qua penserà che il giudizio di chi scrive sia molto critico. In realtà, Moretti, con buona scrittura e stile, riesce a ri-costruire con effi cacia intorno alla fi gura del partigiano Omero Tasselli non solo il contesto in cui giovani cre-sciuti sotto il fascismo vi si ribellano, non solo le diffi -coltà dell’organizzazione clandestina armata e il contro-verso ma forte legame con la popolazione, e la presenza delle truppe occupanti, ma attraverso dialoghi serrati e mai banali anche quello psicologico dei vari personaggi. Moretti adottando alcune soluzioni narrative, quali una venatura “gialla” e di suspence, riesce a tenere viva l’at-tenzione del lettore, facendo di Preòccupati dei vivi un buon romanzo che vale la pena leggere.

Glauco Bertani

i libri di Eminescu, perché i figli riescano a leggere quello che non è riuscito a Lui: “Ma non chiudere il libro / come le mie palpebre ghiacciate”. Per la sua vita identificata con la poesia, è stato appagato con tanti premi di grande valore, fra cui “Anderssen. E’ stato candidato al premio Nobel per la pace”.La scienza Moldava ha man-dato nel mondo un nome diventato “il principe della scienza linguistica”, il “Gigan-te di Tubinga”, il “Linguista n°1”. E’ lui, Eugenio Coseriu. E’ partito dal piccolo villaggio di Mihaileni per studiare e non è mai più tornato. Il grande po-liglotta conosceva 30 lingue, sapeva parlare e scrivere in 11. Ha studiato e sostenuto dotto-rati in Italia: in Lettere a Roma nel 1944 e in Filosofia a Mi-lano nel 1949. Ha pubblicato più di 45 volumi e centinaia di articoli in italiano, giapponese, francese, spagnolo. E’ dottore honoris causa di 38 università nel mondo. Ha vissuto e lavo-rato per tanti anni in Germa-nia, all’università di Tubinga.Dalla scienza passiamo all’ar-te. L’opera moldava è orgo-gliosa del nome della sopra-no Maria Biesu, riconosciuta come la migliore “Cio-Cio-San” del mondo.Eugeniu Doga ed Emil Lotea-nu sono gli ambasciatori della musica e della cinematografia moldava nel mondo. La mu-sica folkloristica ha raggiunto l’apice grazie all’orchestra Lautarii condotta dal virtuo-so violinista Nicolae Botgros. L’arte della danza popolare e di quella classica sono rap-presentati dai gruppi Joc e Codreanca.Tutti questi sono alcuni rife-rimenti per chi vorrebbe farsi un’idea della mia terra. An-che io, a mia volta, ho fatto un modesto percorso nel co-noscere l’Italia. A scuola mi avevano insegnato che l’Italia è un paese a forma di stivale. Così non l’ho mai scambiato per un altro. Poi la maestra ci aveva incantato con la storia di Romolo e Remo. Alle Medie,

leggendo il Diario del nostro scrittore classico V. Alecsan-dri, ho saputo di Napoli e di Venezia, con le sue spettaco-lari gondole.Lo scrittore russo A. Vinogra-dov mi ha fatto commuovere e rattristare per il destino mo-vimentato di Nicolò Pagani-ni. La storia di questo irripe-tibile “Suonatore divino” mi ha incitato a saperne di più di Stradivari e dei segreti delle sue viole.Un’immensa soddisfazione nel leggere me l’ha regala-ta Irving Stone con il suo libro Il tormento e l’estasi; una innegabile occasione di scoprire e capire il “miraco-lo Michelangelo” e la storia del Rinascimento Italiano.Le Stagioni di Vivaldi mi sono servite molto nella mia attività. Un giorno per me il mondo è cambiato e il Destino ha voluto che io venissi a lavorare in Italia, dove tuttora sono.Il mio grande regalo spiri-tuale è stata la possibilità di “incontrarmi” con la Divina commedia di Dan-te Alighieri e l’azzardo di leggerla in lingua madre, oppure con I Promessi sposi di Alessandro Man-zoni, oppure di passare, su una gondola barcol-lante, davanti alla casa in cui è nato Vivaldi.L’attività che svolgo non mi permette di vede-re l’Italia come vorrei. Indiscutibilmente, per me, l’Italia rimarrà per sempre un libro aperto. Però vorrei che anche la mia splendida Mol-dova fosse conosciuta dal pubblico Italiano un po’ di più e non iden-tificata soltanto come il paese delle Badanti e dei Muratori arrivati in questo paese per la-vorare.

Rodica Rusu

Adrea Moretti, Preòccupati dei vivi, Ginko, 2009

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«In particolare, fu la rubrica “PaceNo-tizie” a fare da apripista a questo sguar-do sul mondo che si ritroverà, seppur in modo diverso e maggiormente elaborato, negli articoli che la redazione del “Notizia-rio” dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia di Reggio Emilia mi invitò a scrivere nell’ambito di una collaborazione iniziata nel 1992 in modo saltuario, che via via si è fatta regolare e che ancora dura»

All’inizio era “Invece dei missi-li... Nero su Bianco” a cura del Gruppo di Lavoro per la pace, ovvero un periodico dalla non precisata periodicità realizzato e ciclostilato da un manipolo di coraggiosi [...] Era il 1983 e il Movimento per la pace inizia-va a proporsi clamorosamente sulla scena internazionale a seguito dell’inasprimento della Guerra fredda e, quindi, nel pieno della forsennata corsa al riarmo culminata nella installazione strategica in tutta Euro-pa dei missili a testata nucleare (i Cruise e i Pershing2 da una parte, gli SS20 dall’altra). In quegli anni, era forte non solo la perce-zione della guerra possibile, ma anche la consapevolezza dell’utilizzo immorale di enormi risorse economiche per riempire gli arsenali militari in previsione di uno sforzo

bellico e, in ogni caso, in funzione deter-rente. In un tale contesto di contrapposi-zione, l’intento dei governi e di gran parte dei mass media occidentali di far apparire il riarmo e il diritto all’autodifesa, ancorché nucleare, come legittimi e giustifi cati portò a una sorta di blindatura dell’informazione e alla scontata accusa di fi losovietismo nei confronti di quanti sostenevano un’inver-sione di tendenza a favore del negoziato ad oltranza e dell’accordo, avanzando pro-poste di grande portata politica (il cosid-detto “disarmo unilaterale”) in una ottica di sostanziale equidistanza dai blocchi e spesso praticando l’obiezione di coscienza alle spese militari, ovvero la devoluzione a fi ni di pace della quota di imposte corri-spondente percentualmente a quanto ogni anno riservato al Bilancio della Difesa. Alla ricerca della necessaria visibilità, il mo-vimento per la pace organizzò in quell’anno e nei successivi grandissime manifestazioni e pose in essere clamorose iniziative non-violente davanti alle basi militari simbolo di quella deriva prebellica, come Comiso, San Damiano, Aviano e quant’altro. Contestual-mente, si rese conto della necessità non solo di dare adeguata pubblicizzazione a tali iniziative, ma anche di impegnarsi sulla documentazione, sulla presa di conoscenza

di argomenti e di notizie spesso di non faci-le traduzione e/o interpretazione (una per tutte, il Bilancio della Difesa) al fi ne di con-trastare con effi cacia e capacità di analisi la persistente militarizzazione e per diffonde-re informazioni e strumenti di lettura non solo all’interno del movimento, ma anche in direzione di una opinione pubblica a ri-schio di ingessatura intellettuale.

E così, mentre a livello nazionale iniziavano con buon successo e distribuzione periodici quali Azione Nonviolenta, Nigrizia, Mosai-co di pace, Archivio Disarmo, nonché innu-merevoli notiziari di Organizzazioni Non Governative, a Reggio Emilia prendeva for-ma il modestissimo tentativo di “Invece dei missili...”, che ben presto avrebbe lasciato il posto a un progetto ben più articolato e grafi camente meglio impostato deno-minato “Segnali di Pace”, e che avrebbe trovato il concreto gradimento dei pacifi sti reggiani (indirizzario di oltre mille persone e sottoscrizione di abbonamento da parte di quasi duecento). Aspetto comune di queste produzioni edi-toriali fu quindi la necessità di fare infor-mazione (o “controinformazione”, come si usava dire), ovvero ricerca, approfondi-mento, discussione, soprattutto dando spa-zio a notizie ed eventi meno pubblicizzati o, più spesso, disinvoltamente censurati e che, viceversa, venivano ritenuti a ragione spunti interessanti di rifl essione e specchio di una coscienza pacifi sta nazionale e non solo molto più vasta di quanto allora non si volesse far credere. In particolare, fu la rubrica “PaceNotizie” a fare da apripista a questo sguardo sul mondo che si ritroverà, seppur in modo diverso e maggiormente elaborato, negli articoli che la redazione del “Notiziario” dell’Associazione Nazio-nale Partigiani d’Italia di Reggio Emilia mi invitò a scrivere nell’ambito di una collabo-razione iniziata nel 1992 in modo saltuario, che via via si è fatta regolare e che ancora dura. Articoli dettati non certo da una pre-suntuosa ambizione da editorialista o dalla compiaciuta volontà di apparire come co-lui che pontifi ca sui temi della pace e della guerra, ma esclusivamente dall’esigenza di portare o riportare all’attenzione dei letto-ri le notizie e le contraddizioni del nostro tempo, commentandole al solo fi ne di pro-blematizzare gli argomenti e di non lasciarli sfuggire troppo in fretta nel dimenticatoio.

I Segnali di pace di Saverio

Morselli raccolti in volume.

Pubblichiamo stralci della nota

introduttiva

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avvenimenti

La Resistenza reggiana non va mai in fe-rie e anche quest’anno si è tenuta (era la seconda volta) la Festa della Resistenza al Parco Tegge di Felina. C’è stato il pranzo nel grande salone, c’è stata la musica del maestro Paolo Gandolfi, ormai consueto e generoso frequentatore, con la sua straordi-naria fisarmonica, dei nostri appuntamenti. Ci sono poi stati, all’aperto, i ragionamenti, tra memoria, presente e appuntamenti futu-ri, di Giacomo Notari, Alessandro Frignoli, del Presidente della Camera di Commercio Enrico Bini, impegnato nella “Nuova Resi-stenza” contro le penetrazioni mafiose nel nostro territorio.Ci sono state le riflessioni, come sempre in-tense e lucide, della sen. Albertina Soliani, che ricordando i martiri della Rosa Bian-ca ha citato uno dei volantini che diffusero nella Monaco nazista: “Un popolo si merita il governo che tollera!”“E’ successo anche a noi – ha affermato la Soliani – sia allora che sessant’anni dopo [...].Penso che dobbiamo collocarci alla profondità giusta della fase che stiamo at-

traversando, radicare lì la nostra capacità di alternativa, guardare lontano con una gran-de visione per l’Italia all’altezza della sfida storica che la riguarda, del baratro in cui è caduta”.E in conclusione ha citato parole di Giaco-mo Notari, che fu giovanissimo partigiano: "La Resistenza non prende riposo”, invitan-do tutti ad essere “pieni di fiducia. Qualun-que sia il futuro che ci attende. Determinati ad esserci con responsabilità. A preparalo e a viverlo con tutte le nostre forze”.

- Il grande fi sarmonicista maestro Paolo Gandolfi tra lo scultore Vasco Montecchi e il partigiano Giu-seppe Battistessa, che fu Sindaco di Castelnovo Monti e sostenitore, con Gandolfi , della fondazione di una scuola di musica nel capoluogo montano sul fi nire degli anni Sessanta - Ragionando fra gli alberi del Parco di memoria della Resistenza e di impegni attuali e futuri. Da sinistra: il Presidente della Camera di Commercio Bini, la sen. Soliani, Frignoli e Giacomo Notari (al microfono)- Un aspetto della sala del Paco Tegge durante il pranzo. Anche dei giovani con i vecchi partigiani

Il 15 ottobre 2010, i coniugi Augusto Grasselli ed Enza Istelli, ri-confermando il loro amore, confidano in una vita ancora lunga, se-rena e in salute come oggi. Provengono da due famiglie antifasciste, Augusto militò nella 76a brg. SAP nella 5a zona ed Enza, pur giovi-netta, collaborò con il fratello Orio Istelli Bolero, militante nella 145a brg. “Garibaldi” nel noto distaccamento “Zambonini”, e con la sorella Iside, anche lei giovane staffetta della 76a brg. SAP. Augusto ed Enza hanno due figli, Antonella e Valerio, e un nipotino Francesco. Augusto, dal l° gennaio 1960, diresse come presidente la Cooperativa birocciai di Scandiano e, con l’unificazione provinciale, fu nelle segreteria fino alla pensione. Enza... non parliamone, era conosciuta in tutta la provincia e fuori per essere stata fino a poco tempo fa una famosa sarta che confezio-nava splendidi abiti da sposa, meritando anche diversi premi. Augurando loro ogni bene, con stima ed affetto Enza Basenghi e Paolo Predieri, offrono a sostegno del Notiziario. Nell’occasione anche l’ANPI si associa negli Auguri.

R RESISTENZA

ESISTENZA

FESTA PROVINCIALE DELLA RESISTENZAL'8 AGOSTO AL PARCO TEGGE DI FELIN

NOZZE d’ORONOZZE d’ORO Augusto Grasselli e Enza Istelli

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avvenimenti

il modo migliore per cap

allacciarsi gli scarponSentieri

Partigia

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Sono le undici di mattina, è sabato undi-ci settembre. Sono in un piccolo cimitero di montagna nell’appennino reggiano, a Ligonchio. Siamo venuti qui per mettere una pianta di edera sulla tomba di due mi-litari russi diventati partigiani nella guer-ra di liberazione. Il sindaco del paese dice che si sa poco di loro, si conoscono solo i nomi e il distaccamento di cui facevano parte. Ma questo non importa perché è importante quello che rappresentano cioè il sacrificio di gente che ha dato tutto per liberare l’Italia. Poi il sindaco attacca a cantare con una bella voce bassa, canta Bella ciao. Io guardo le lapidi spezzate e consumate che ci sono qui attorno. Tra le tombe più

vecchie ci cresce un’erba rinfrescata dal-le piogge dei giorni passati. Ci sono fiori di montagna, cicoria, cardi e altri fiorel-lini gialli a forma di stella di cui non so il nome. Li guardo mentre la canzone dice “e questo è il fiore del partigiano” e capisco che sono questi qui i fiori di cui parla, fiori di montagna, semplici, belli e resistenti. Intanto il coro prosegue e sento che però le parole cambiano e diventano sconosciute, sono parole di un altra lin-gua. Si, perché nel cimitero di Ligonchio insieme a me ci sono un centinaio di ra-gazzi dalla Germania, dall’Austria e dalla Svizzera e cantano Bella ciao tradotta in tedesco.I Sentieri Partigiani sono così, ci sono dei

momenti che ti lasciano senza fiato e rac-contarli a parole a chi non ci è venuto è molto difficile. Ci sono gli incontri e le facce, le immagini che ti rimangono nella testa anche se non le fermi in una foto. Ci sono le parole belle che poi non si di-menticano ma che non hanno retorica. La retorica è rimasta giù in pianura, parcheg-giata con le nostre macchine. E allora il modo migliore per capire è allacciarsi gli scarponi e camminare. Il pullman riparte e ci fa scendere all’ini-zio del sentiero, sul Passo Pradarena. Si-stemiamo il sacchetto con il pranzo nello zaino e comincia la salita. Camminiamo su per il crinale che va verso il Passo del Cerreto. La strada è lunga e tira un bel

La nostra “brigata” in marcia dal Passo della Pradarena al Passo del Cerreto

Con il sindaco Pregheffi a piantare delle edere per abbellire la tomba dei partigiani sovietici del “cane azzurro” sul cimitero di Ligonchio

Con il sindaco Caccialupi ad inaugurare il nuovo monumento per il partigiano “Tira” Armando Notari, per sostituire quello vecchio distrutto da vandali

“Dal 1993 giungono presso Istoreco di Reggio Emilia gruppi di turisti della memoria, studiosi ed appassionati, per documentarsi durante dei viaggi di studio sul fascismo, sull’occupazione tedesca e sulla Resistenza italia-na. Istoreco, insieme alle associazioni partigiane provinciali ANPI-ALPI-APC, ha organizzato l’iniziativa “Sentieri Partigiani 2010”, nei giorni di giovedì 09, venerdi 10, sabato 11 e domenica 12 settembre. Il programma pre-vedeva testimonianze partigiane e camminate guidate in centro storico a Reggio Emilia, e poi da Cerredolo a Ca’Marastoni, dal Pradarena al Cerreto e da Collagna a Succiso. Grazie alla collaborazione con il Comune di Toano, con la Comunità Montana e con l’Unione dei Comuni di Busana, Collagna, Ligonchio e Ramiseto, l’ini-ziativa ha potuto coinvolgere 100 partecipanti fra i 12 e 90 anni: svizzeri, austriaci, tedeschi e italiani. Inoltre hanno partecipato nella giornata di domenica 25 abitanti di Succiso e Ramiseto al Pranzo della Brigata come conclusione dell’iniziativa.”

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pire èni e camminare

vento ma c’è anche il sole che scotta e il cielo è limpido. Siamo tutti in fila sul sentiero e se mi volto a guardare indietro mi sembra di vedere una di quelle belle foto dei partigiani sulle montagne. Solo che qui ci sono i colori e anche le voci e le risate e poi non è inverno, ma la fine dell’estate. E c’è ancora quella lingua straniera di cui capisco poco o niente. E che se ci penso, è la lingua che ci hanno insegnato in qual-che modo a temere, è la lingua dei film di guerra, la lingua dei nemici che serve solo a dare degli ordini. In questi giorni invece è diventata la lingua che traduce le parole commosse dei partigiani e anche la lingua di tutti questi ragazzi venuti da lontano con la voglia di sapere tutto, e di guardare da vicino e di conoscere la gente. È una lingua che non fa più paura. Poi quando la salita si fa più ripida torna di colpo il silenzio e si sentono solo i ru-mori dei passi. La guida fa un salto in un cespuglio di mirtilli e punta il dito verso sud e allora tutti vediamo il golfo di La Spezia e l’isola di Palmaria e qualcuno bi-sbiglia contento “das Meer”.Arriviamo al Passo del Cerreto dopo una bella discesa ripida in una gola di sassi e

ad aspettarci ci sono una fetta di torta al cioccolato e una birra e anche la partigia-na Giacomina che non se l’aspettava così tanta gente. Giacomina è stata una staf-fetta, una ragazzina diventata partigiana dopo aver visto tutti i suoi fratelli partire per la guerra, una donna che già a tredici anni aveva deciso da che parte stare.“Io non capivo neanche, forse, il significa-to di tutta ‘sta cosa. Però sapevo che face-vo qualcosa contro il fascismo, che sape-vo che facevo qualcosa contro chi aveva provocato la guerra, che facevo qualcosa contro chi aveva arrestato dei papà e dei fratelli a delle famiglie che non avevano fatto niente di male […] Io penso che fos-se la cosa più naturale, più piccola, che poteva capitare a me dopo avere vissuto quello che ho vissuto”. In albergo, prima e dopo cena, la chiac-chierata continua e non si parla più solo della guerra ma anche dell’Italia di adesso che la fa preoccupare e del mondo che c’è intorno e che nel tempo è così cambiato che si fa fatica a stargli dietro e a capirlo. Allora Giacomina ci chiede curiosa se ab-biamo mai scritto una lettera d’amore, noi che siamo così abituati a scrivere email e messaggini con il telefono.

E’ domenica, l’ultimo giorno, siamo ospiti nel giardino di una casa a Succiso. Oggi la strada è stata più difficile, ma poi alla fine del sentiero c’erano ancora le belle facce dei partigiani ad aspettarci e un piatto di pasta al pesto e una bottiglia di vino. Ec-coli Volpe, Toni, Tempesta, Mirko. Questi signori dai capelli bianchi che tra di loro si chiamano ancora “ragazzi” e che non hanno dimenticato nemmeno una data o il nome di un compagno. Si parlano addosso l’uno con l’altro e c’è un po’ di confusio-ne, ma è una confusione libera e piena di vita. E mi sembra che essere qui a Succiso in una bella domenica di settembre basti a spiegare questi tre giorni di camminate e racconti. Perché è qui il posto dove la vita di montagna si è mescolata all’insen-satezza della guerra e del fascismo e l’aria si ferma quando la signora che ci ha re-galato il vino racconta di come le hanno ucciso il fratello, ammazzato dai soldati tedeschi senza un motivo. Poi tornano a parlare Mirko e Tempesta e tornano anche le risate e gli applausi. Prima che il sole scenda dietro al monte salutiamo la briga-ta dai finestrini e il pullman riparte verso Reggio Emilia.

Matteo Martignoni

Pranzo della brigata a Succiso inferiore

Tre generazioni della famiglia Marmiroli al pranzo della brigata a Succiso

Partigiani al pranzo della brigata a Succiso Con il sindaco Lombardi per inaugurare la ba-checa che segnalare la partenza del Sentiero Partigiano 13 a Cerredolo di Toano

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avvenimenti

“La giornata è cominciata con la pre-sentazione da parte dell’Istituto Cervi e delle ANPI del territorio del libro di Fulvia Alidori, Cento colpi e le sbuccia-ture nella cucina della casa contadina. Un libro sull’esperienza di due ragazzi nella Firenze degli anni ’30 e nella Re-sistenza, che si è avvalso della testimo-nianza di Orio Vergalli”...

La tavola è popolare, è manifestazione di una cultura vivace, pacifica, che cerca l’incontro sdrammatizzando il conflitto attraverso la convivialità. E’ espressione genuina dell’anima di un popolo. Quel-lo spirito, quell’ottimismo, rivive così nell’anniversario della storica pastasciut-tata, nell’aia della casa che fu dei fratelli Cervi, oggi museo, ogni 25 luglio, e do-menica 25 luglio 2010 a casa Cervi, non è stato un semplice ricordo di ieri, ma un modo per parlare di oggi, di nuova resi-stenza, di incontro, di confronto pacifico ritrovandosi in tanti in un luogo pubblico, di tutti come il Museo Cervi, un luogo di memoria.La giornata è cominciata con la presen-tazione da parte dell’Istituto Cervi e del-le ANPI del territorio del libro di Fulvia Alidori Cento colpi e le sbucciature” nel-la cucina della casa contadina. Un libro sull’esperienza di due ragazzi nella Firen-ze degli anni ‘30 e nella Resistenza, che si è avvalso della testimonianza di Orio Vergalli.I volontari dell’ANPI (Anna, Alessandro,

Fiorella, Riccardo) con grande impegno e soddisfazione sono riusciti a reclutare forza giovane in 69 nuovi iscritti, dei qua-li 54 reggiani. E’ stato distribuito gratui-tamente il “Notiziario ANPI”, importante documentazione dell’attività e dell’impe-gno che la redazione, con i vari collabora-tori, ha sul territorio, per mantenere viva la storia di ieri, di oggi e per un impor-tante sviluppo di “nuova resistenza”. E’ stato sponsorizzato il sito web dell’ANPI www.anpireggioemilia.it con l’invito a iscriversi alla newsletter per essere sem-pre aggiornati sull’attività e sulle comme-morazioni provinciali e non.Oggi tutto appare appannato, eroso, mes-so in discussione da governanti privi di senso del bene comune, troppo presi dai propri interessi personali e incapaci di comprendere le esigenze di un paese che ha un grande bisogno di futuro, e non solo in relazione alle contingenze economiche globali. C’è l’idea che l’Italia sia un pa-ese arreso, in cui una patina di apparen-te normalità in realtà nasconde pesanti e profonde pulsioni antidemocratiche, dove si pensa che per governare il disagio, le diversità e i cambiamenti basti promulga-re leggi assurde e liberticide, strozzare le autonomie locali, reprimere la libertà di espressione. L’idea è che questa apparen-te “normalità” sia il sintomo di un’Italia arresa, inebetita, troppo intenta a sbarcare il lunario in periodo di crisi per prendere coraggio e lottare per cambiare le cose. Sono invece proprio i valori di quel 25 lu-

glio che ci devono spingere ad agire e lot-tare per i diritti, la libertà di espressione e perchè lo Stato sia garante ed attuatore di quei princìpi costituzionali di dignità ed uguaglianza sociale fondamentali perchè il nostro paese abbia un futuro.Ancora una volta sta a noi, cittadini democratici, che credono nella libertà e nei valori fondamentali della Costitu-zione, riprendere in mano le sorti del nostro paese. Lo stesso Ascanio Celestini, l’ospite della serata, ha colto e sottolineato l’importan-za di questa volontà del numeroso pubbli-co di stare insieme in una serata diversa, non scontata anche se fondamentale sono stati l’intrattenimento e la famosa… pa-stasciutta.Nel corso della serata inoltre l’Istitu-to Cervi e la Cooperativa Boorea hanno assegnato il premio Museo Cervi per il teatro allo spettacolo vincitore del Festi-val di Resistenza, rassegna che da anni contraddistingue l’estate ai Campirossi di Gattatico e da quest’anno concorso. La giuria, presieduta da Gigi Dall’Aglio, ha premiato la compagnia di Trento Ar-ditodesìo con il suo SLOI Machine, sulle drammatiche vicende dell’omonima fab-brica e dei suoi rapporti con le istituzioni e i lavoratori, portata in scena con sempli-cità e professionalità da Andrea Brunello. (a.f., r.b.)

Foto Museo Cervi

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La tua esperienza è caratterizzata da un precoce impegno nella vita politica e nel movimento delle donne, un impegno che dura tuttora. Quali sono stati i fattori che hanno determinato le tue scelte di vita? Che formazione hai avuto?I miei nonni erano cooperatori socialisti, mio padre perseguitato antifascista. Ho vissuto e subito, poco più che bambina, la guerra e ho capito perchè si organizza-va e si faceva resistenza. Finito l’istituto tecnico nel 1947, ho cominciato ad impe-gnarmi nell’AGE (Associazione giovani esploratori) passando poi all’ARI (asso-ciazione ragazze d’Italia), alle giovani dell’UDI, per approdare alla FGCI.Siamo così al ’52. Il PCI mi propone di frequentare la scuola femminile di Fagge-to Lario, premessa, forse, per una futura

“funzionaria”. Ho fatto questa scelta an-che se mio padre, che ne conosceva più di me le conseguenze, mi disse: “Atten-ta, si può uscire dalla porta di casa senza più entrarvi”. Tentava di dissuadermi, ma capiva che non avrei desistito ed io intuii che non pensava davvero di chiudermi la porta.

Tu sei stata certamente una protagonista del movimento femminile reggiano ed hai vissuto anche momenti di “svolta” fondamentali della vita del PCI (lo VIII Congresso) e dell’UDI, specie tra gli anni 50- 60 e 70 del secolo scorso. Non sempre nella ricostruzione storica di quegli eventi si parla delle donne. A tuo avviso, che ruolo hanno avuto le donne in quei passaggi fondamentali e in generale nel contribuire a determinare il tipo di sviluppo sociale e

civile della nostra provincia e della nostra regione? Il dibattito sviluppatosi a metà degli anni ’50 nel movimento femminile (nell’UDI prima, nel PCI dopo) per l’esperienza che le donne avevano maturato, metteva in discussione non solo le scelte dei gover-ni, ma limiti, resistenze culturali, sociali e politiche dentro lo stesso partito.E’ stata questa autonomia di elaborazione del mo-vimento femminile che ci ha portato ad una visione critica della realtà economi-ca e sociale del paese e delle scelte che compivano i partiti stessi. Quando nel 1956 nel PCI si è aperto il dibattito che ha portato all’VIII Congresso (il congres-so del rinnovamento), il PCI dell’Emilia Romagna non ha recepito questa svol-ta. Noi donne, che avevamo maturato

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un’esperienza ed una visione autonoma, abbiamo potuto essere tra le protagoniste del rinnovamento del partito, portando un contributo specifico a superare anche li-miti di economicismo nell’analisi e nelle proposte per il rinnovamento della socie-tà italiana. Infatti, noi donne mettevamo in discussione cultura e organizzazione della società. Anche quando si parlava di riforme (patti agrari, pensioni, ruolo dello Stato per la programmazione economica) facevamo obiezioni specifiche e precise richieste. Si potevano, sì, riformare i patti agrari per mezzadri e coltivatori diretti, ma quali patti agrari nuovi se non si ri-valutava il lavoro della donna contadina nei campi allora riconosciuto solo al 60 percento di quello dell’uomo? O riforma-re la pensione per tutti senza riconoscere prima, per le donne, uguale salario per uguale lavoro?Oppure: si poteva programmare lo svilup-po della società senza organizzare i servi-zi e tutelare la maternità, riconoscendone il valore sociale e di conseguenza soste-nendone il costo economico?Perciò le riforme di per sé non è detto che risolvessero anche le specifiche proble-matiche e le sperequazioni che le donne subivano. Ed ancora, richiedevamo: quale socialismo?Avevamo l’idea di un processo di trasfor-mazione della società che non attendeva l’ora X o il progetto interamente com-piuto, ma passava attraverso conquiste parziali tuttavia coerenti con un progetto innovativo.Da questa battaglia che abbiamo condot-to sono poi derivate conquiste successi-ve, quali il superamento del coefficiente Serpieri in agricoltura, la parità salariale, l’abolizione dei licenziamenti per matri-monio e maternità, la legge di tutela della maternità, la pensione alle casalinghe col riconoscimento del valore del lavoro do-mestico.All’VIII Congresso, infatti, abbiamo, tra l’altro, affermato che non riconoscere an-che il valore del lavoro quotidiano e ca-salingo delle donne (cioè il ruolo di “sup-

plenza” che esse svolgono in mancanza di servizi) contribuiva a non fare emergere su quanto lavoro non retribuito poggiava (e poggia tuttora) l’attuale organizzazione sociale.Però questo non bastava. Ponevamo il tema del rapporto uomo-donna, del rap-porto tra famiglia e società, della con-cezione e del ruolo della famiglia, tema affrontato con un approfondimento teori-co importante in un Convegno promosso dalla commissione nazionale femminile e da “Critica Marxista” già nel 1963.Dentro il partito comunista quindi il di-battito si era aperto, ma le posizioni inno-vatrici hanno potuto essere vincenti tanto più perchè hanno dovuto confrontarsi con un movimento di donne che aveva una sua forza autonoma.Erano le donne dell’UDI e del PCI a condurre questa battaglia e a promuove-re questo movimento. A questa battaglia hanno dato un grande contributo Nilde Iotti, Marisa Rodano, Giglia Tedesco e qui a Reggio, Adriana Cingi, Loretta Giaroni, Lidia Greci e il gruppo dirigente dell’UDI nel suo insieme.Su questi temi si scontravano posizioni diverse tra le donne stesse. Tra le donne della DC e del CIF (Centro Italiano Fem-minile) c’erano posizioni arretrate, ma il mondo cattolico era una realtà complessa, non era un monolite.

Sei stata la prima donna assessore re-gionale in un momento storico decisivo per lo sviluppo di una democrazia più partecipata: la nascita delle Regioni, in una fase di grande capacità progettuale ed innovativa del riformismo emiliano, in cui si sono poste le basi del welfare state nella nostra regione. Tu, su quali temi hai lavorato e con quali valori, contenuti e stili di governo? Nel 1970 nasceva un tassello importan-te dell’articolazione costituzionale de-mocratica dello Stato: le Regioni. Eletta consigliera regionale, sono stata chiamata a fare parte della Giunta come assessore ai Servizi sociali dell’Emilia Romagna,

l’unica regione a dare da subito questa de-finizione innovativa, tenendo conto che i poteri trasferiti alle Regioni si riferivano solo alla beneficenza e non anche all’as-sistenza.La mia prima preoccupazione è stata que-sta: dovevo giocare contemporaneamen-te un triplice ruolo, confrontarmi con gli assessori delle altre regioni; rapportarmi con gli enti locali dell’Emilia Romagna; incontrarmi con i movimenti femminili, le associazioni espressione delle diverse categorie di handicap e di bisogno e con il complesso ed articolato mondo cattoli-co particolarmente attivo nel settore as-sistenziale e ricordarmi del rapporto tra pubblico e privato. Tenere queste relazioni era per me il modo più efficacie e proficuo di gestire un processo di profondo cambiamento nell’articolazione dello stato, per gestir-ne ed estenderne i poteri, il trasferimento delle competenze e delle risorse agli enti locali e per determinare un profondo rin-novamento a livello nazionale in tutto il settore sociale.Fra le mie prime iniziative queste due: in-dagine conoscitiva sugli istituti in Emilia Romagna in cui erano ospitati centinaia e centinaia di bambini e adolescenti per far emergere una realtà sconosciuta e operare affinché il bambino tornasse in famiglia o fosse dichiarato adottabile e si passasse dai gruppi famiglia in alternativa all’istituto chiuso; apertura del dibattito sull’anziano nella società e quanto esso stesso poteva essere una risorsa e valutare le vecchie e superate strutture, ossia gli ospizi.Questo stretto e complesso rapporto, ge-stito con grande fatica, mi dava anche la forza per fare passare nella mia giunta e nel Consiglio le proposte che facevo.Per dare il senso del rapporto diretto e non solo mediato con i cittadini devo dire che quasi tutte le mie sere (e i sabati o le domeniche!) erano impegnate in assem-blee pubbliche coi cittadini.Con questo “ stile” di governo penso di avere portato un contributo, tra i tanti, a svi-

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l u p -pare una nuo-

va concezione dello stato sociale e della sua organizzazione.Perché questo accadesse occorreva non solo una legislazione regionale, ma an-che una nuova legislazione nazionale. Ciò comportava di conseguenza il rap-porto con i parlamentari (soprattutto le parlamentari) della nostra regione, per-ché il parlamento legiferasse tenendo conto di una cultura e visione istituziona-le innovativa che dalle autonomie locali stava emergendo.Questo processo ha influenzato profon-damente la legislazione nazionale in que-gli anni: sono nate anche da lì la prima legge nazionale sugli asili nido, la nuova legge di tutela della maternità, la legge sui consultori familiari. Dopo le elezioni regionali del 1975 oc-correva rivedere tutta la legislazione rife-rita alle competenze delle Regioni e per quanto riguarda il mio settore, il decreto 616 riferito a tutti gli enti preposti ad as-sistenza e beneficenza.Per beneficiare dell’assistenza, infatti, i cittadini erano divisi in categorie (orfa-ni di guerra, invalidi, mutilati ed invalidi del lavoro, sordomuti, ciechi, ecc…). A ciò si aggiungeva l’esistenza delle Opere Pie che in effetti gestivano buona parte dell’assistenza. Il mio ruolo è stato di difendere le associazioni, distinguendo-le dagli enti specifici che andavano su-perati, per unificare la visione d’insieme dello stato sociale e creare condizioni comuni di accesso all’assistenza ed alle prestazioni, tenendo conto di specifiche condizioni ed esigenze. Questa distinzio-ne ha dato forza alla battaglia per la sop-pressione degli enti, perché riconosceva il ruolo dell’associazionismo.

E’ ovvio che dal ’75 all’80 sono più di una le leggi regionali per il trasferimento

agli enti locali delle compe-tenze degli enti disciolti (OMNI, ex GIL, ECA, Patronati scolastici, Opere Pie, enti per l’assistenza agli orfani di guerra o del lavoro, ecc….), senza contare il rappor-to stretto con la riforma della sanità e la costituzione dei Consorzi socio-sanitari.In quel periodo non soltanto si è conqui-stata la legge nazionale sui consultori (Carmen Zanti ne è stata la principale protagonista), ma si è cominciato a por-re nel dibattito il tema dell’aborto. Sui consultori le Regioni dovevano legifera-re sulle competenze loro attribuite e su quelle degli enti locali.La legge regionale sui consultori è nata dentro un dibattito molto ampio, che ha visto la partecipazione dei territori e dei consiglieri delle diverse parti.Quando la legge sull’IVG è stata ap-provata nel 1979, la legge regionale sui consultori c’era già dal 1976 ed è basta-ta per assolvere ai compiti affidati dalla nuova legge sull’aborto, tra i quali, fon-damentale, la prevenzione. Queste leggi sono maturate nel contesto dello svilup-po del movimento femminista, col quale ci siamo misurati, partendo dalle nostre competenze e coscienti della necessità di avviare un processo innovativo.

Cosa pensi delle donne di oggi e dei rapporti tra le diverse generazioni? Hai un messaggio da dare alle più giovani?Oggi c’è senza dubbio una donna nuova che ha interiorizzato i diritti ed ha mag-giore coscienza di sé, delle sue potenzia-lità, più libera anche dai condizionamen-ti nel rapporto uomo-donna. E’ cosciente anche del proprio corpo, che non è più un tabù.Adesso si parla tanto dei temi etici, come fosse la prima volta, ma questi temi era-no tutti presenti quando si è affrontato il diritto di famiglia, la contraccezione,

l’IVG. Adesso ci sono nuovi problemi etici, riferiti alla vita, alla morte, alla malattia e all’entrata della tecnica in questi passaggi fondamentali della vita.Le conquiste di allora sono frutto di un confronto serrato, serio e rispettoso del pluralismo dei movimenti reali.La conquista fondamentale è che lo Sta-to si deve fermare sulla soglia di scelte individuali che riguardano la persona e la sua responsabilità e possibilità di scegliere. Casomai, può intervenire, se richiesto, per accompagnare e tutelare la scelta compiuta dai singoli.E’ anche questo che intendo per laicità.Alle ragazze dico che la realtà ci dimo-stra ogni giorno che non basta avere co-scienza individuale, ma occorre difende-re le conquiste, battersi per le nuove e per vincere lo si deve fare insieme.Altrimenti può accadere che solo una piccola parte possa essere e sentirsi libe-ra ed arrivata, ma non certo tutte le don-ne. Si è passati da un movimento PER le donne ad un movimento DELLE donne. Io però aggiungo che occorre un movi-mento sì DELLE donne, ma per tutte, PER AFFERMARE LA DIGNITA’ DI TUTTE, anche in contrapposizione ad un uso strumentale e degradante del loro corpo.

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cultura

Per questo motivo il sindaco De-lrio, ha lanciato, nelle settimane scorse il “modello Reggio”, un

metodo di gestione del servizio di raccolta dei rifiuti costruito su misura per la nostra città e finalizzato ad estendere le poten-zialità esistenti, aumentando la quantità di materiale avviato al riciclo e diminuendo il ricorso allo smaltimento. L’obiettivo è quello fare un primo balzo al 60 percen-to di raccolta differenziata puntando non solo sulla quantità del differenziato ma, cosa molto importante, anche sulla sua qualità. In questo modo si crea una base alta per raggiungere l’obiettivo europeo. Si tratta di un sistema flessibile pensato su misura per le diverse realtà territoriali e che responsabilizza le famiglie. Saran-no distribuiti a tutti i cittadini dei kit di raccolta e saranno aumentati i cosiddetti “eco-punti”, cioè i punti di raccolta dei rifiuti differenziati.A settembre partirà il Centro Storico, ma non con il sistema “porta a porta”. La ti-pologia delle abitazioni non si presta e il servizio, al momento, sarebbe troppo co-stoso. Per questo motivo si è scelta un’al-tra strada. La raccolta domiciliare “porta a porta” proseguirà, invece, nel forese, dove ha già consentito di raggiungere l’obiettivo europeo del 65 percento.E’ noto che in centro storico ben poche persone dispongono di spazi esterni adat-ti alla collocazione dei rifiuti, mentre gli

spazi interni sono spesso di piccole di-mensioni, spesso prive di adeguati bal-coni. Differenziare, oltre all’umido ben 4 categorie di rifiuti, carta, plastica, vetro e lattine e secco residuo, richiede spazi che in centro sono problematici. Come tutti servizi diretti al pubblico, anche il ser-vizio di raccolta differenziata dei rifiuti deve , prima di ogni altra cosa, funzionare bene e costare un prezzo compatibile con le risorse disponibili.Su questo punto si sono accese subito le polemiche, soprattutto da parte dei “Gril-lini” che vedono il Porta a Porta come l’unico modo per aumentare la raccolta differenziata e scongiurare la costruzio-ne dell’inceneritore. Tuttavia, nel caso del Porta a Porta, le condizioni del buon funzionamento sono, essenzialmente: la prima è quella di non abbassare il livello d’igiene privato, cioè quello dentro le abi-tazioni, forzando a mantenere per troppo tempo rifiuti umidi-organici,né il livello d’igiene pubblico, cioè quello delle strade e dei punti di raccolta.La seconda condizione è quella di accom-pagnare la raccolta domiciliare con un si-stema incentivante in grado di premiare i comportamenti individuali virtuosi, in base al principio “chi più separa meno paga”. La terza è quella di pervenire ad una efficienza che renda i costi compati-bili con le risorse disponibili.Oggi, queste tre condizioni non ci sono e

quindi il nuovo sistema per il Centro Sto-rico prevede un forte aumento dei punti di raccolta (“ecopunti”) per tutte le cate-gorie di prodotti da differenziare, anche attraverso la realizzazione di ecostazioni interrate. A partire da marzo 2011 e sino ad ottobre 2012 il nuovo “modello Reggio” di rac-colta differenziata interesserà progressi-vamente l’area urbana.Le prime estensioni riguarderanno l’area urbana a nordovest della città (zone di San Prospero Strinati, Pieve, Regina Pa-cis, Baragalla e Rivalta) per un totale di 60.000 abitanti. Nel 2012 verrà invece coinvolta la popolazione che risiede nella zona sud est della città (quartieri di Rosta nuova, Buco del Signore e Ospizio) per un totale di altri 40.000 abitanti. Tra le novità anche l’estensione della rac-colta dell’organico in tutta l’area urbana e l’attivazione del “Giro verde”, cioè la raccolta domiciliare degli sfalci e delle potature a domicilio.Infine, un’altra buona notizia. Per lo smaltimento della parte residua di rifiuti non si costruirà alcun inceneritore, ma un più ecosostenibile impianto di TMB, cioè di Trattamento Meccanico Biologico che, attraverso semplici procedimenti freddi, di natura biologica e meccanica, abbatterà ulteriormente la quota residua di rifiuti da avviare, eventualmente all’inceneritore.

REGGIO PRIMA IN ITALIA, REGGIO PRIMA IN ITALIA, MA CRESCERA’ ANCORAMA CRESCERA’ ANCORADa quest’anno, Reggio può vantare un altro primato. E’ la città italiana, sopra i 150.000 abitanti, con la più alta percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti: attualmente oltre il 53 percento. Ma, con il senso civico dei cittadini reggiani, è possibile migliorare ancora e raggiungere l’obiettivo, che ci chiede l’Europa, fissato al 65 percento entro il 2012.

RACCOLTARACCOLTADIFFERENZIATADIFFERENZIATA

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Nel 1995 in occasione del cinquan-tesimo della Liberazione uscì la compilation su CD Materiale Re-

sistente che voleva documentare l’omoni-mo evento che si tenne in quel di Lemiz-zone di Correggio. Ne abbiamo parlato tante volte su queste pagine e forse dopo questa operazione è iniziato quel proces-so di adesione all’ANPI di tanti giovani che oggi è una realtà. Il CD usci dappri-ma nelle edicole allegato al “Manifesto” e successivamente distribuito nei negozi dalla Polygram. Fu un grande successo, forse l’ultimo esempio di una Italia non ancora travolta dalla decadenza culturale in cui oggi siamo immersi. Nel CD erano inclusi brani di alcune delle migliori band italiane degli anni ’90 e in particolare dei gruppi del Consorzio Produttori Indipen-denti: CSI, Ustmamò, AFA, Disciplina-tha, Marlene Kuntz ecc. Come ogni cosa riuscita, con un suo fascino legato alla magia e all’urgenza del momento, Mate-riale Resistente, era stato coscientemente e premurosamente affidato alle nostre me-morie, con la ferma idea che rimanesse un bell’episodio e che non avesse bisogno di essere rispolverato. Ma un po’ l’allarman-te momento politico, un po’ l’insistenza di persone più giovani del sottoscritto, un po’ il mito che circonda quel concerto e quel disco, un po’ il cuore debole pronto a tornare a battere forte, alla fine “Materia-

le Resistente” nel 2010 è tornato, seppure in forma diversa, in luoghi diversi e con protagonisti diversi. Dopo quindici anni “Materiali Resistenti” al plurale, perché progetto multiforme, perché inteso come serie di interventi sviluppati in rete, ma con un forte legame all’idea originaria, cioè quella della salvaguardia della Re-sistenza, della sua memoria. Dunque nel 25 Aprile di quest’anno c’è stata un’altra grande giornata da ricordare, affollata di giovanissimi, piena di belle musiche e forti parole (oltre a i gruppi musicali da ricordare la presenza sul palco di Paolo Nori, Carlo Lucarelli e di Germano Nico-lini). Due i luoghi: l’ex campo di Fossoli e la Piazza di Carpi. Una riappropiarsi dei luoghi simbolici del nostro territorio. Un altro punto focale che si affianca dunque alla consolidata festa di Casa Cervi. “Ma-teriali Resistenti” come avvenne nel ‘95, è diventata un’altra bella compilation su CD voluta dalla Fondazione Fossoli, con l’apporto della Cyc Promotions e distri-buzione affidata a Venus. Il ricavato de-voluto alla stessa fondazione che si occu-pa del mantenimento e della salvaguardia del campo di Fossoli. Tutto questo grazie alla preziosa partecipazione di tanti grup-pi e artisti che hanno donato un brano a titolo gratuito: Mariposa, Paolo Benveg-nù, Marta Sui Tubi, Tre Allegri Ragazzi Morti, Le Luci della Centrale Elettrica,

Offlaga Disco Pax, Giardini di Mirò, New Cherry e insieme a loro oltre al sottoscrit-to, alcuni dei protagonisti del primo stori-co concerto e CD del ‘95: Massimo Zam-boni (CSI), Mara Redeghieri (Ustmamò) e Cisco (Modena City Ramblers). Rispet-to al primo episodio, incentrato prevalen-temente su riletture di canti partigiani, questo secondo album presenta composi-zioni originali che per le musiche e i testi si potrebbero definire di resistenza con-temporanea. Un’ampio spettro musicale che va dal post-rock all’elettronica, da una nuova forma di cantautorato intriso di folk a momenti più narrativi. Le liri-che prendono ispirazione dalle storie ed esperienze della nostra lotta di liberazio-ne, passano in rassegna momenti cruciali della storia italiana (i morti del 7 luglio di Reggio Emilia, la lotta armata, il ‘77) ma sono rivolte a un presente che pare non ancora risolto. Soprattutto in questo mo-mento in cui certe parole e certe musiche sono condannate ad un oscura guerriglia combattuta nella clandestinità. Mentre fuori pare invincibile, pervasivo e totaliz-zante un fascismo che da tempo ipnotizza gli italiani.Avere questo CD può essere un buon gesto per sostenere la nuova resistenza italiana. Il CD è distribuito nei negozi da Venus e in vendita presso la Fondazione Fossoli di Carpi.

“Un’altra compilation resistente”“Un’altra compilation resistente”

RESISTENTIMATERIALIMATERIALI

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I BUONI PROPOSITI DI I BUONI PROPOSITI DI OBAMAOBAMANell’estenuante altalena di gradimento espresso nei suoi confronti, il Presidente americano Barack Obama si appresta a di-mostrare alla comunità internazionale che la cambiale in bianco datagli lo scorso anno sotto forma di Nobel per la pace può esse-re riscossa. Quella che è stata definita “la politica della mano tesa”, che ha rilancia-to il primato del negoziato e della soluzione diplomatica, deve concretamente fare i conti con il complicato ed e sino ad ora irrisol-to conflitto israelo-palestinese, nonché con la pesante eredità lasciatagli da George W.Bush (Iraq e Afghanistan). E tutto ciò nella consapevolezza che l’Ame-rica non è solo Obama e il suo credo politi-co, ma anche e soprattutto i gruppi di potere e di pressione industrial-militari, la grande finanza, le maggioranze parlamentari mai del tutto certe e, infine, una opinione pub-blica emozionabile ed ondivaga i cui umori - puntualmente rilevati dalle agenzie statisti-che – sono in grado di condizionare le scelte.

IraqDa trent’anni gli Stati Uniti provano a dipa-nare la matassa mediorientale. Naturalmen-te, questo ruolo quasi paternalistico svolto dai vari Presidenti americani (sorrisi, ab-bracci, pacche sulle spalle, foto benauguran-ti) nasconde alcune responsabilità storiche che vengono disinvoltamente fatte ricadere sulle spalle dei contendenti, mentre è chia-ro a chiunque che l’appoggio ad Israele non è mai stato in discussione, al di là delle di-chiarazioni di circostanza: il diritto di veto esercitato in sede ONU ogniqualvolta ve-niva approvata una risoluzione anche di ti-mida condanna nei confronti di Israele né è una lampante dimostrazione. Così come, di conseguenza, è percepibile la sensazione che mai abbiano fatto valere con forza e determi-nazione quella capacità di condizionamento che deriva dal loro essere la prima potenza militare ed economica del pianeta.Ora Obama ci riprova, con l’obiettivo ambi-zioso di chiudere la partita entro un anno. Sul tavolo, come è noto, questioni insidiosissime che vanno dalla fissazione dei confini dei due stati alla fine degli insediamenti dei co-loni israeliani in Cisgiordania, dalla status di Gerusalemme alla suddivisione delle risorse idriche, dal rientro delle centinaia di migliaia di profughi al legittimo diritto alla sicurezza

di Israele. Questioni rese ancora più difficili dal rifiuto di Hamas di riconoscere qualsia-si risultato del negoziato. Ma, per dirla con Abu Mazen, “noi tutti sappiamo che non ci sono alternative alla pace”.Contemporaneamente, è stato dato inizio alla operazione Nuova alba che porterà al ritiro di 90.000 soldati americani dall’Iraq, san-cendo di fatto la fine della guerra iniziata nel marzo del 2003. Un ritiro in sordina e senza celebrazioni da un conflitto sporco, discusso, sanguinoso, pieno di piccoli e grandi orrori (l’uso del fosforo bianco, le stragi di civili, le torture di Abu Graib, ecc.) e di terribili con-tabilità fatte di oltre 4.400 militari america-ni caduti e 30.000 feriti, da sommare ai non meno di 100.000 iracheni rimasti uccisi. Una guerra (preventiva) sbagliata, come d’altra parte oggi lo sono tutte le guerre, che se da un lato ha ottenuto il risultato di rovescia-re il regime dittatoriale di Saddam Hussein dall’altro ha comportato sofferenze e costi economici impressionanti ed incalcolabili e visto fiumi di denaro scorrere in mezzo al sangue; che si conclude lasciando un Iraq non pacificato, dove le condizioni di vita del-la popolazione rimangono precarie e le com-ponenti etnico-religiose non sembrano trova-re un livello di convivenza accettabile; nel quale a distanza di cinque mesi dalle ultime elezioni ancora non stato creato un governo; dove è ancora dubbia la capacità delle forze di sicurezza locali di far fronte a un terrori-smo tutt’altro che sconfitto (a luglio il nu-mero delle vittime – 535 – è tornato ai livelli di due anni fa) e dove cresce l’influenza del vicino Iran, notoriamente ostile alla presenza americana ed occidentale. Barack Obama ha mantenuto la promessa del ritiro, e questo è un fatto. Resta l’incertezza circa la sorte e il futuro di un Paese ancora in ginocchio e a rischio di scontro civile, ed è forse anche per questo che sino alla fine del 2011 resteranno 50.000 militari (50.000!!) con compiti di “logistica ed addestramento di esercito e polizia locali”. Ma resta, so-prattutto, la certezza che la democrazia non si esporta con la guerra. “E’ tempo di voltare pagina”, ha detto il Presidente americano. Speriamo sia davvero così.

AfghanistanPiù complesso, obbiettivamente, appare l’inizio del ritiro del contingente americano

dall’Afghanistan, fissato da Obama per il 1° luglio 2011. A distanza di ben nove anni dall’inizio della guerra, la situazione, infatti, appare assolutamente caotica: sud del Paese controllato dai Talebani, capacità degli stes-si di colpire ovunque, attentati terroristici, scontri armati in diverse zone, stragi di civili “per errore” o di cooperanti, recente aumen-to del contingente USA a 130.000 effettivi. E, ancora, leadership Karzai oscurata da pro-vati brogli elettorali, corruzione dilagante, prossime elezioni parlamentari condizionate dalla violenza e, dulcis in fundo, mano tesa a quei ribelli che “deporranno le armi” at-traverso un processo di reintegrazione e di riconciliazione che ormai anche le gerarchie militari americane vedono come ineluttabile.Qualcuno ha scritto “Che razza di guerra è quella che non può essere vinta?”. Ed effettivamente, i risultati a nove anni dall’inizio dell’invasione sembrano confer-mare che il conflitto potrebbe andare avanti così per sempre, dal momento che i cosid-detti insurgents non si pongono proprio il problema dei tempi con i quali scacciare gli Occidentali. In un luogo in cui la vita e la dignità umana non hanno evidentemente il valore che noi siamo soliti attribuire loro, la violenza assume il ruolo di realtà quotidiana ed immutabile: in fondo, tra successioni di-nastiche, guerre civili ed invasioni, l’Afgha-nistan in guerra lo è da sempre.Obama è sicuramente consapevole del fatto che le autorità nazionali non sono in grado, al momento, di garantire alcuna stabilità. Ritiene, presumibilmente, che l’arco di tem-po nel quale il ritiro verrà ultimato (ovvero, entro il 2014) sarà sufficiente a modificare la situazione politica e militare nel Paese. E, forse, sa che anche in questo caso non sarà possibile uscire dal quel pantano da vincito-ri. Ma per Obama la data del ritiro “non è negoziabile”.Gli va dato atto del coraggio e della coerenza con le quali intende portare avanti il cambio di rotta in politica estera. Ma l’impressione è che quando gli impegni assunti gli sembreranno mantenuti e ne vorrà giudicare i risultati, la comprensibile soddi-sfazione dovrà fare i conti con le macerie ri-maste e le criticità irrisolte.

In Iraq e in Afghanistan

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di Massimo Becchi

In città cresce la voglia di spostarsi in bicicletta, soprattutto nelle metropoli, e crescono anche le piste ciclabili che

hanno raggiunto nel 2009 il record assoluto di 3.227 km (circa 380 km più del 2008 e 730 km più del 2007). Reggio Emilia e Lodi sono le città più ciclabili d’Italia insieme a Modena, Mantova, Vercelli, Cremona, Forlì, Ravenna, Cuneo, Ferrara e Piacenza. A Padova invece c’è la più alta densità di vie ciclabili, ci sono 140.000 spostamenti ciclistici giornalieri, con uno share per i pedali del 17 percento e l’obiettivo dell’amministrazione comunale di arrivare al 25 percento nei prossimi cinque anni. A fare il punto sulle ‘due ruote’ in Italia è la ricerca di Legambiente L’a-bici, che per oltre un anno ha indagato la situazione della mobilità dolce nei capoluoghi italiani, stilando la classifica dei centri più a misura di ciclista. Come termometro l’associazione ambienta-lista ha usato l’indice di ciclopedonalità, un nuovo parametro politico che in pratica mi-sura quanto hanno lavorato gli amministra-tori per integrare i vari mezzi di spostamento all’interno del loro territorio. Reggio Emilia, infatti, non è la città dove ci sono più chilome-tri di piste ciclabili e nemmeno quella dove si va di più in bicicletta ma è la città dove ogni 100 abitanti ci sono oltre 30 “metri equivalen-ti” di percorsi ciclabili, tra piste, zone pedonali e con moderazione di velocità a 30 km/h. Emerge però che, nonostante tra il 2000 e oggi l’estensione delle piste ciclabili urbane ita-liane sia praticamente triplicata, nello stesso periodo la percentuale di spostamenti urbani in bicicletta - calcolata sul totale degli sposta-menti – è rimasta identica: era il 3,8 percen-to nel 2000, è il 3,8 percento adesso. Questo significa che non è sufficiente aumentare i chilometri di piste ciclabili per favorire la ci-clopedonalità ma serve una serie d’interventi mirati ad integrare le diverse modalità di spo-stamento favorendo quelle a basso impatto. Tra questi l’aumento di zone 30 km/h, zone a traffico limitato, isole pedonali, cunette, dossi e altri limitatori di velocità delle automobili accompagnati da una semplice e chiara se-gnaletica orizzontale e verticale, che riducano l’intensità degli ingorghi e accrescano la sicu-rezza di pedoni e ciclisti. Un sondaggio realiz-zato da ISFORT nel 2007 sottolinea infatti che tanti di quelli che oggi non usano la bicicletta lo farebbero se potessero disporre di una rete di percorsi ciclabili che attraversa le città (26,3 percento) e se ci fosse meno traffico e quindi una maggiore sicurezza per la viabilità ciclisti-

ca (15,6 percento).A Reggio Emilia, la bicicletta copre il 15 per-cento della domanda di mobilità (con punte anche del 30 percento) e rispetto al 2005 l’in-cremento degli accessi in bici in centro storico è del 5 percento. In tutta la Regione, inoltre, i percorsi per le due ruote sono aumentati dai 405 chilometri del 2000 ai 1.031 del 2008. Sempre in Emilia Romagna c’è poi quella che da tempo viene indicata come la città delle bi-ciclette – Ferrara – con una percentuale di ci-clisti urbani pari a un terzo della popolazione (il 56 percento degli abitanti si muove in auto, il 27 percento in bici, l’8 percento a piedi, il 5 percento in bus e treno, il 3 percento in moto, l’1 percento in taxi).Sebbene in qualche località chi pedala può sta-re al passo degli automobilisti (a Padova, ad esempio, ci sono 133,2 km di ciclabile ogni 100 km2 e 286 km di viabilità per le auto) nel loro insieme i comuni capoluogo offrono 13,3 km di ciclabili per 100 km2 di superficie comunale, contro i 222 su cui può scorrazzare chi sta al volante. L’automobile insomma la fa sempre da padrona anche se non è il mezzo più vantaggioso per ogni tragitto. Basti pen-sare che gli italiani effettuano 5 milioni di spostamenti in auto solo per accompagnare a scuola i figli, sebbene l’86 percento delle famiglie abiti a non più di un quarto d’ora a piedi da asilo, elementari, medie o superiori. E ancora gli spostamenti motorizzati nel rag-gio di 2 chilometri sono il 30,8 percento del totale, quelli tra 2 e 5 chilometri (sono il 22 percento), quelli tra 5 e 10 chilometri sono il 20,6 percento. Insomma, in oltre il 50 percen-to dei casi, una macchina non percorre tragitti superiori ai 5 chilometri. Su queste distanze le biciclette (come anche i piedi e il trasporto pubblico) sono assolutamente concorrenziali e in Gran Bretagna ad esempio il programma bike it per la promozione della bicicletta come mezzo per raggiungere la scuola ha fatto salire in un solo anno il numero degli studenti che si spostano in bici dal 10 percento al 27 percento. Un uso costante della bicicletta porterebbe poi indubbi vantaggi come l’abbassamento della spesa municipale e familiare per l’automobile, la riduzione del tempo perso negli ingorghi, la diminuzione del rischio sanitario grazie a un’attività fisica regolare, e ancora una mino-re occupazione di suolo, una maggiore attrat-tiva del centro città e delle zone commerciali, meno rumore, meno smog, meno emissioni di CO

2, una minore aggressione delle sostanze

inquinanti al patrimonio monumentale, una ri-

duzione diretta della congestione automobili-stica e un indiretto aumento dell’efficienza dei trasporti pubblici.Anche a Reggio, ferma restando l’esigenza di un’integrata politica dei trasporti urbani, co-erente con la frequente promessa degli ammi-nistratori di rendere più sostenibile la mobilità nella propria città, sono quattro gli ambiti su cui concentrare l’attenzione per favorire l’uso della bicicletta.Infrastrutture e parcheggi: sui principali assi di scorrimento urbano vanno costruiti percorsi ciclabili in sede propria, idonei a garantire il massimo della sicurezza per chi li percorre; le ciclabili devono costituire una rete che assicuri la continuità degli spostamenti in zone diverse della città (collegando adeguatamente tra loro aree centrali e periferiche) moltiplicando a tal fine “zone 30”, zone a traffico limitato, isole ciclopedonali per favorire la nascita di aree a ciclabilità diffusa; le ciclabili devono essere mantenute e protette dal parcheggio abusivo e dall’invadenza di altri mezzi di trasporto; le ciclabili urbane devono essere collegate a per-corsi turistici e lunghi itinerari cicloescursio-nistici, anche nell’ottica della promozione del-la bicicletta come mezzo di trasporto turistico.Sicurezza: proporre campagne educative e d’informazione per bambini e adulti che tra-smettano una conoscenza approfondita del codice della strada e promuovano il reciproco rispetto tra utenti della strada abituando chi si sposta con mezzi a motore ad avere la giusta attenzione verso ciclisti e pedoni.Intermodalità: creare spazi sicuri e accessibili alle biciclette nei parcheggi vicini alle fermate dei mezzi pubblici; permettere il trasporto di bici su treni e trasporto pubblico locale; do-tare i veicoli del trasporto pubblico di pedane o altri strumenti per il trasporto di biciclette; diffondere il bikesharing.Furti: costruire parcheggi coperti e control-lati; diffondere suggerimenti sulle soluzioni antifurto.Più in generale la proposta di Legambiente punta su un obiettivo riassumibile nella for-mula 30-30-30. Il traguardo da proporre, per il 2020, è quello di portare al 30 percento sul totale degli spostamenti la percentuale di spostamenti in bicicletta in ambito urbano; trasformare in corsia preferenziale almeno il 30 percento della rete del servizio di traspor-to pubblico locale di superficie; ampliare le “zone 30”, le ZTL e le isole pedonali.

Reggio Emilia e Lodi Reggio Emilia e Lodi le città più ciclabili. le città più ciclabili. A Padova la più alta densità di vie ciclabili e 140 spostamenti in bici al giorno. In Italia è record assoluto per gli itinerari delle “due ruote”

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di Riccardo Bertani

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Nell’agosto del 1944 nella frazione di Ca-salpò, a Poviglio arrivarono alcuni ex mili-tari provenienti dalla Grecia (in particolare dall’isola di Zante). Essi erano stati presi in ostaggio nel settembre del 1942 da un co-mando dell’esercito italiano, trasferiti a Pa-trasso e da qui, imbarcati su una nave diretti in Italia.Durante la traversata, in piena guerra mon-diale, la nave “Mare nostrum” fu silurata da un sommergibile britannico e affondò. Dei 152 ufficiali greci e degli 800 italiani a bordo si salvarono in pochi: per molte ore si tennero aggrappati alle scialuppe di sal-vataggio prima di essere salvati da un’altra nave di bandiera italiana. Furono quindi trasportati a Bari, in quanto prigionieri di guerra furono rinchiusi nel carcere fino al maggio dell’anno successi-vo, quando vennero trasferiti nel campo di concentramento di Poppi (Arezzo). Dopo l’8 settembre 1943 essi furono considerati internati civili, e successivamente spostati nel campo di smistamento di Fossoli di Car-pi (insieme a molti altri prigionieri).Nell’agosto del 1944 il comando militare tedesco ordinò che greci, francesi e jugo-slavi venissero consegnati alle questure di Modena e Reggio Emilia. I greci, assegnati alla questura di Reggio Emilia, furono par-ticolarmente fortunati, in quanto il questore non li inviò ai lavori forzati (come stabilito dal comando tedesco) ma vennero disloca-ti tra i comuni di Novellara, Campagnola e Poviglio: nella piccola frazione di Casalpò arrivarono quindi Dino Vitulcas, Andrea Cladis, Alessandro Sinvulidis, Panaiotis Aktipis, Nicola Mazuratos e Leonida Dimi-tropulos, accompagnati dal Podestà Corne-lio Fava.Al loro arrivo furono scambiati dagli abitan-ti per “poliziotti in borghese”, qualcuno ad-dirittura pensò che potessero essere “spie,

con i mitra nascosti nei loro ombrelli” come ricorda Sergio Chiussi, allora ragazzino residente nella frazione. L’equivoco venne chiarito dal Podestà: “sono ex ufficiali greci internati civili”. Vennero in un primo tempo sistemati nei locali delle scuole elementari, in seguito, all’arrivo dei bersaglieri, furono ospitati da alcune famiglie locali, fino al maggio del 1945.Conoscevano perfettamente la lingua italia-na, e, dopo il primo momento di diffidenza si integrarono presto nella nuova comunità e cominciarono una nuova vita. “Suonava-no vari strumenti musicali erano tutte per-sone che avevano studiato: davano lezione di greco a qualche studente liceale e tra di loro c’era un maestro elementare che si prestò per aiutare i ragazzini che trovavano qualche difficoltà a scuola” ricorda Giorgio Talignani, allora quindicenne, e molto ami-co dei nuovi ospitati. Furono dotati di tes-sere militari e di permessi speciali emessi dal comune di Poviglio per potersi spostare sul territorio provinciale “li accompagnavo a Campagnola per prendere i pacchi della Croce Rossa Americana, per noi ragazzi, una vera miniera d’oro, in quel periodo di guerra. Quando rientravano a Casalpò, do-navano molte cose contenute nei pacchi ai loro ospiti. Ricordo molte altre persone nel-le loro stesse condizioni, anche delle donne, russe, anch’esse lì per ricevere i pacchi…”. Prosegue il racconto: “Con una vecchia radio trovata in canonica ascoltavano Ra-dio Londra (allora vietata dal regime), poi riuscirono a prendere anche Radio Mosca, ci informavano puntualmente degli eventi bellici nazionali, delle città che venivano liberate; Nicola mi insegnò qualche piccolo trucco servito loro per fermare le colonne greche e a noi poi successivamente per fer-mare qualche camion tedesco”. Giorgio e Sergio ricordano un episodio ac-

caduto nell’inverno del 1944. Giunse voce, a Cornelio Fava, che i tede-schi cercavano i sei ex ufficiali greci per deportarli in Germania. Ed il parroco, don Antonio Ferrari, tornando da Reggio Emi-lia confermò la voce. Il podestà, in accordo con il parroco, informò per tempo il gruppo ellenico, dando loro il tempo di nascondersi in luoghi sicuri. Ricorda Sergio Chiussi “I nostri amici greci, quel giorno di primavera del 1945, salutarono molti amici di Casal-pò come se partissero per un lungo viaggio. In realtà, chi in un grosso tino della cantina della famiglia Talignani, chi nel fienile dei Casoni, chi nella torre campanaria trovaro-no un nascondiglio insospettabile, per uscir-ne solo a pericolo scampato, tra la meravi-glia e la gioia degli abitanti che li credevano partiti”. Arrivò quindi la primavera del 1945 e con essa la Liberazione. Dino, Nicola e gli altri lasciarono Poviglio il 12 maggio dello stesso anno ma solo dopo alcuni mesi riu-scirono ad imbarcarsi da Bari per tornare in Grecia. Nel 2005, Dino Vitulcas, ha scritto un libro “L’ostaggio” pubblicato in Grecia dove racconta con dovizia di particolari gli anni della guerra e del suo “soggiorno for-zato” a Casalpò. Si narrano episodi di vita quotidiana, vissuti nella piccola frazione po-vigliese, allietati dall’ospitalità degli abitan-ti del Parroco e del Podestà. Per molti anni gli ex ufficiali hanno mantenuto contatti con gli abitanti di Casalpò, in particolare con le famiglie Talignani, Chiussi e Casoni e con i famigliari di Cornelio Fava: non solo lette-re, ma anche visite fatte reciprocamente nei rispettivi paesi di residenza. Ancora oggi, nonostante le difficoltà e la crudeltà di quei mesi di guerra, tra gli abitanti di Casalpò si ricordano piacevolmente i momenti vissuti con il gruppo ellenico.

Anna Fava

Greci aGreci a Poviglioo spunto per un

icefutura riceicef tur

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David Kirkpatrick nel 1945 e nel 2010 (con la moglie e un nipotino) Foto recuperate da Matteo Incerti

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La battaglia di Botteghe del 27 marzo 1945, voluta dagli Alleati nell’intento di colpire il comando tedesco avente sede nelle ville Calvi, Rossi e Viani, fu singo-lare per la presenza di un suonatore di cor-namusa scozzese (bagpipe).In previsione dello sfondamento della Li-nea gotica si valutò l’impatto morale che avrebbe avuto sui tedeschi l’avere gli alle-ati già vicini alla via Emilia e per questo si volle che una bagpipe siglasse la paternità dell’attacco.Gli uomini ed il materiale per l’operazio-ne vennero paracadutati alle pendici del Cusna già dal 4 marzo. Per ultimo venne lanciato il piper Kirkpatrick che suonando la pipe stupì gli abitanti di Case Balocchi: “tutti i bambini gli andavano dietro”. Pas-sando per Asta raggiunse Secchio, base della missione inglese, dove oggi gli an-ziani ricordano quando suonò la cornamu-sa davanti la chiesa. Per raggiungere Valestra il distaccamento

attraversò alcuni paesi sgombrati dai te-deschi dove Kirkpatrick suonò la pipe per marcare la presenza alleata. A Villaprara la gente si meravigliò nel vedere quel giova-ne in sottana che suonava la “piva”.La preparazione dell’azione fu meticolo-sa. Il battaglione di un centinaio di uomini guidati dal maggiore Farran era costituito da britannici, russi e partigiani scelti tra coloro che avevano dimostrato maggior ardimento.Il 25 marzo tutti gli uomini erano a Va-lestra, base dell’ operazione. Verso il tra-monto, si cantava La Brigata Garibaldi “e l’eco di questa canzone rispondeva nell’aria come un suono giulivo di campa-ne nel dì di festa…” .Proveniente da Montelago alla testa di un gruppo di paracadutisti arrivò anche Kir-kpatrick suonando la bagpipe e destando la curiosità dei presenti: “un suono stra-no… ci scuote all’improvviso… uno di quegli…scozzesi sta soffiando a pieni

polmoni nella cornamusa…”. Lo stupore non fu solo dei partigiani ma anche degli abitanti. Da Villa, distante mezzo chilome-tro, udirono quel suono e pensarono che i partigiani facessero festa; quando corsero a Valestra si meravigliarono nel vedere il piper col gonnellino.In alcune testimonianze la bagpipe venne chiamata “la piva”, forse per la struttura e per il suono stridulo simile a quello della estinta cornamusa locale: “Quel soldato con la sottana soffiava dentro una piva e mentre suonava gli altri tutti dietro..”. La curiosità non fu tanto per la piva ma per quello scozzese in kilt che la suonava mentre procedeva. Alcuni bambini si erano nascosti dietro le siepi ma in tutta la zona di Valestra ricordavano con stupore quelle scene. Era Farran che voleva le parate.Alle 19 del 25 marzo il battaglione mos-se da Valestra. Dopo una insidiosa marcia notturna raggiunse alle 6 del mattino la Casa del Lupo dove fece una lunga sosta.

27 marzo 194527 marzo 1945

REGGIANIREGGIANIUN PIPER SCOZZESE TRA I PARTIGIANIUN PIPER SCOZZESE TRA

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memoriamemoria

"Salutatemi tutti, è bello sapere dopo tanti anni che il suono della mia cor-namusa è ricordato come simbolo di pace". I ricordi di quella terribile not-te a Botteghe David Kirkpatrick se li è portati per tutto il dopoguerra e non ne ha mai voluto parlare prima di oggi. "Una cosa tremenda morirono tanti giovani, vidi bruciare vivi alcuni solda-ti tedeschi in una delle Ville, la guerra è orrenda" spiega David accanto al fi -glio Lee militare nella Royal air force. “Siamo stati felici nel sapere che non ci fu una rappresaglia tedesca contro i ci-vili anche grazie al contributo indiret-to del suono della cornamusa. Sì penso ad un attacco primariamente alleato e non dei partigiani, ora dopo tanti anni sapendo di questo particolare ho messo via tanti incubi, grazie, grazie di cuore” dice commosso. Minatore prima del secondo confl itto mondiale, l’ex boyscout arruolato nell’High Land Infantry Regiment, al ritorno dal fron-te si è sposato il 21 giugno 1946 con il suo grande amore Anna Brittain. In un primo tempo ha nuovamente lavorato in miniera sempre presso Girvan, sulle coste scozzesi, poi in una fabbrica di lavorazione di alghe. Ha quattro fi gli. Tutti come lui suonano la cornamusa.

Matteo Incerti

"Tutta la vita ho avuto gli incubi di quella notte, ora so che quel suono fu simbolo di pace"

UN PIPER SCOZZESE TRA I PARTIGIANIA I PARTIGIANI

Alle 23 calò a Botteghe ed alle 1.30 attaccò di sorpresa le tre ville. Kirkpa-trick non lanciò l’attacco come avrebbe voluto Farran. Fu una battaglia cruen-ta “si combattè col pugnale e col cal-cio del mitra … e in mezzo a questa sarabanda di scoppi e di urla si levava il suono di una zampogna scozzese…: ma che odo? sto forse delirando… è il suono che ho già udito a Valestra… lo scozzese col sottanino ci ha seguiti an-che nell’attacco… ed ora sta correndo tra le due ville….”.“Già a Valestra si era ironizzato su quel suonatore ma quando cominciò a suo-nare in battaglia sotto il tiro nemico i partigiani rimasero impressionati. Tra i tedeschi si creò il panico… sapevano che con la cornamusa c’erano gli uomi-ni votati alla morte… erano terrificati dalle sue note solenni e terribili lanciate nell’aria…”.“Quel suonatore fu per noi una sorpre-sa... i garibaldini non avevano mai visto una cosa simile… in un primo momen-

to si era sorriso perché si riteneva che in battaglia lo schioppo contasse di più di una piva… poi si resero conto che que-sta aveva un peso non comune nell’at-tacco… il suo contributo era notevole perché aveva intimorito i tedeschi… più tardi si disse che un soldato con la piva valeva di più di uno con lo schiop-po… durante l’attacco appariva tra le fiammate delle armi la sua sagoma che avanzava …si era esposto molto quindi si mise dietro un albero accanto ad una mitragliatrice che sparava su villa Cal-vi…fu molto coraggioso…”. Suonò fino verso la fine dello scon-tro, intonò spesso Highland Laddie (un classico delle bande scozzesi oggi diffuso nel web) finché una pallottola perforò l’otre della pipe; lui si salvò e ripiegò assieme agli altri.L’azione alle 2,30 era già finita con successo. Tra le forze alleate caddero tre inglesi ed 8 restarono feriti mentre i tedeschi riportarono diverse decine di caduti, innumerevoli feriti, l’Archivio e

l’Ufficio cartografico dati alle fiamme e distrutti. Il distaccamento dopo una faticosa mar-cia a tappe forzate raggiunse Valestra. Al ritorno dalla missione vittoriosa, nonostante la stanchezza, gli uomini si disposero per una parata e sfilarono al suono della pipe (riparata o di scorta?): la gente applaudiva ed i bambini corre-vano ai lati. Si vuole che il suono della cornamusa abbia salvato la popolazione di Albinea da una rappresaglia in quanto i tedeschi ritennero di trovarsi di fronte l’esercito alleato e non brigate partigiane.Dopo la parata di Valestra le tracce del piper si perdono; probabilmente venne inviato in altre zone e di lui non si seppe più nulla, gli ambienti storiografici lo-cali se ne disinteressarono e non ne co-noscevano nemmeno il nome, l’età e se fosse ancora vivo. Solo nel 1982 l’opu-scolo "La piva dal carner" pubblicò due pagine sulla sua vicenda reggiana. E’ merito di Matteo Incerti averlo rin-tracciato, dopo un anno di ricerche, nel

giugno del 2010 ed intervistato: Kir-kpatrick è ancora vivo, nato nel 1926 si chiama David e vive in Scozia. Ha un brutto ricordo della guerra. Ha con-tinuato a suonare la pipe come i suoi figli. Sarebbe bello averlo a Botteghe in una delle prossime rievocazioni; se non lui almeno i suoi figli con le loro cornamuse. Un saluto a David.

Bruno Grulli

*Non sono riportate le numerose fonti bibliografiche ed orali su cui si basa l’articolo

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I nove operai delle Reggiane caduti sotto il piombo congiunto di un reparto dell’esercito e di guardie fasciste duran-te il tentativo di uscire dallo stabilimen-to per manifestare in favore della fine della guerra, dopo la caduta di Musso-lini, sono stati ricordati nel pomeriggio del 28 luglio u.s. negli stessi spazi in cui 67 anni or sono si svolse la tragica re-pressione che costò anche il ferimento di decine di altri lavoratori.

Teniamo vivo il ricordo di quei caduti per

la pace ripetendone i nomi: Antonio Artioli,

Vincenzo Bellocchi,

Nello Ferretti,

Eugenio Fava,

Armando Grisendi,

Gino Menozzi,

Osvaldo Notari,

Domenica Secchi

(con lei morì anche il bimbo

che portava in grembo),

Angelo Tanzi.

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67° ANNIVERSARIO DELL’ECCIDIO

ALLE OFFICINE “REGGIANE”

28 LUGLIO 1943-2010 28 LUGLIO 1943-2010

Il Sindaco Delrio apre la solenne commemorazione. Sulla sinistra la rappesenante del-la Provincia Antonietta Acerenza e il nostro Presidente Giacomo Notari

Le autorità e rappresentanti delle associazioni partigiane e sindacali rendono omaggio alla la-pide che ricorda i nove caduti.

Maria Antonietta Centoducati , accompagnata al pianoforte da Ovidio Bigi, recita brani dal libro Disegnava aerei, di Anna M. Giustardi, dedicato al più giovane dei caduti, Osvaldo Notari

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memoria

Lo scontro, avvenuto nei pressi di Lora di Campegine, costò la per-dita di cinque partigiani, tra questi quattro di Poviglio e uno di Campe-gine. Uno dei quattro povigliesi era mio fratello, il partigiano Marino Bocconi Lampo, al quale la com-missione regionale ha riconosciuto il grado di sergente come capo nu-cleo con otto uomini, dal 1° febbra-io 1945 al 23 aprile 1945. Assieme a Lampo vi erano pure Alide Conti Leone, Gianfranco Maiola Raul, Leardo Ferrari Picchiata, Gino Poli Falco. Nel combattimento vi furono anche dei feriti, tra questi il partigia-no Palmino Pellicelli Saetta e Bruno Labini Fermo.Io vorrei che questa data i direttivi ANPI di Poviglio e Campegine la ricordassero ai rispettivi cittadini non solo con un mazzo di fiori il 25

aprile, ma si impegnassero con più iniziative per ricordare quanti han-no combattuto e dato la vita per la Libertà.Nostro padre, Riziero, fece doman-da, il 3 dicembre 1951, per ottenere il conferimento della Croce di me-rito di guerra per Marino. Purtrop-po, quando nel 1955 morì non era ancora arrivata nessuna risposta, così pure al momento della morte di nostra madre, Norina Melegari, avvenuta nel 1979. Soltanto dopo oltre trent’anni, il 24 gennaio 1981, un carabiniere mi consegnava un plico che contene-va la Croce al merito di guerra per la sua attività di partigiano e per la quale aveva dato la vita.Di quanto ho scritto è tutto docu-mentato.

Denis Bocconi

LO SCONTRO DELLA LO SCONTRO DELLA LORA DI CAMPEGINELORA DI CAMPEGINE

23 aprile 1945

IL PARTIGIANO LAMPO NEL RICORDO DEL FRATELLO

OFFICINE REGGIANE

Echi sinistri rispondono ai

miei passi / di vuoti androni e

di solitudine / di ragnatela il ragno

fa regina / che da padrona polvere

ricopre. /Rimbomba d’eco anche il sol

respiro /mentre ricogìi stringono il mio

cuore /sul pavimento restan solo macchie /

di muffa e umidità sparso è l’odore. / Passa-

no i treni, più nessun si ferma / a scaricare

il grave suo fardello / che l’operaio poi col

suo lavoro / trasformava in fulgido metallo.

/ Spente da tempo son le ciminiere / giace

vetusto l’ultimo progetto / che smalto non ha

più d’antica gloria / scordato in fondo all’ultimo

cassetto. / Qui non si senton più le vostre voci

del maglio, delle macchine il rumore / ma vi

rivedo tutti, ad uno ad uno / scuri nel volto

ma pieni d’ardore. / In questo giorno fatto di

memoria / sento i respiri, io vi sento accanto

/siete qui oggi a farmi compagnia / in questo

luogo pieno di rimpianto ... / Era fatica ma

era anche il pane / era il guadagno fatto con

sudore / ci sentivamo tutti più fratelli / le

braccia tante, ma unico cuore. / Perso non si

è il ricordo delle lotte / momenti duri dell’ oc-

cupazione / per mantener con dignità il lavoro

e continuare nella produzione. / Giacciono ora,

in angolo ammassate / macchine attrezzi ed

altri strumenti / reietti che dell’opra loro ormai

/ ha reso il progresso, fatiscenti. / Il grasso e

l’olio non vi sono più / spalmati per la protezione

vostra / di ruggine aggredite in quelle parti /

di cui un giorno facevate mostra. / In ognuna

è rimasto un po’ di noi / del nostro ‘tempo,

di quella passione / per imparare a fame il

giusto uso / e conseguirne specializzazione. /

Un groppo sale in gola, e sa di pianto / ricordi

di stagioni ormai lontane; / esco con stretto

il cuore dentro al petto / io vi saluto ormai,

Addio REGGIANE.

Old lone Wolf “Lupo”.

Il giorno 23 aprile 2010 ricorreva il 65° anniversario del combattimento tra una colonna tedesca in ritirata e il 1° distacca-mento della 77a bgt. SAP “f.lli Manfredi”.

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Nello scorso mese di agosto una comitiva reggiana, tra cui alcuni esponenti dell’ANPI, si sono reca-ti in Francia del nord per visitare i luoghi del mitico D-Day, cioè dello sbarco in Normandia delle forze al-leate durante la seconda guerra mon-diale, nome in codice “Operazione Overlord”. Scopo del viaggio, oltre all’indubbio aspetto turistico, anche il rendere omaggio a questi eroi che hanno combattuto e sono caduti per garantire un futuro di libertà e demo-crazia a tutti noi.Il luoghi visitati sono stati innume-revoli: l’affascinante ma terribile Pointe du Hoc, la selvaggia spiag-gia di Omaha che contrasta con la più turisticizzata Juno Beach, la deliziosa Arromanches-sur-Mer, le temibili batterie di artiglieria tede-sca di Merville, ma soprattutto il commovente cimitero americano di Colleville-sur-Mer dove 9387 cadu-ti riposano in questo lembo di Sta-ti Uniti d’America in Francia, tutti

rivolti verso ovest, verso una patria che non avrebbero più rivisto dopo essere arrivati in Europa pieni di bel-le speranzeL’Operazione Overlord iniziò la not-te tra il 5 e il 6 giugno con il lancio di paracadutisti a Pegasus Bridge e Sainte-Mère-Église Lo sbarco vero e proprio iniziò invece all’alba di martedì 6 giugno 1944 e continuò nelle settimane seguenti con una campagna terrestre che aveva lo sco-po di stabilire ed espandere la testa di ponte in Normandia. La 6a divi-sione aerotrasportata britannica fu la prima ad entrare in azione. I suoi obiettivi erano appunto il Ponte Pe-gasus e altri ponti di fiumi sul fianco est della zona di atterraggio, oltre ad una batteria di cannoni a Merville. I cannoni vennero distrutti, e i ponti vennero “catturati” e tenuti fino a quando i Commandos li rilevarono alla fine del 6 giugno.Sulle spiagge Sword e Juno i bri-tannici e i canadesi sbarcarono con

perdite leggere. Ad ogni modo fal-lirono nel compiere i progressi che ci si attendeva dopo lo sbarco, ed avanzarono di circa otto chilometri per la fine della giornata. In partico-lare, Caen, un obiettivo principale, era ancora in mano tedesca alla fine del D-Day.Sulla spiaggia Gold le perdite furono molto più pesanti, in parte perché i carri armati Sherman anfibi vennero ritardati ed i tedeschi avevano forti-ficato pesantemente un villaggio sul-la costa. Comunque, la 50ª divisione superò le difficoltà e avanzò quasi fino alla periferia di Bayeux per la fine del giorno. Nessuno andò vicino agli obiettivi pianificati.Sulla spiaggia Omaha la 1a Divisione di fanteria statunitense subì la peg-giore esperienza in fatto di sbarchi. I carri Sherman anfibi vennero in gran parte persi prima di raggiungere la spiaggia; furono fatti sbarcare infatti dalle navi appoggio troppo lontani dalla riva e le deboli protezioni ag-

PARTIGIANIPARTIGIANI NEL MONDO NEL MONDO

“L’Operazione Overlord iniziò la notte tra il 5 e il 6 giugno con il lancio di paracadutisti a Pegasus Bridge e Sainte-Mère-Église Lo sbarco vero e proprio iniziò invece all’alba di mar-tedì 6 giugno 1944 e continuò nelle settimane seguenti con una campa-gna terrestre che aveva lo scopo di stabilire ed espandere la testa di pon-te in Normandia. La 6a divisione ae-rotrasportata britannica fu la prima ad entrare in azione”

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giunte per permettere la navi-gazione cedettero sotto gli urti delle onde di un mare agitato. I loro oppositori, la 352ª Di-visione tedesca, erano alcuni dei soldati meglio addestrati presenti nello schieramento tedesco in Normandia, e occu-pavano delle posizioni su sco-gliere ripide che sovrastavano le spiagge. Le registrazioni ufficiali affermano che “nel giro di dieci minuti dall’ab-bassamento delle rampe, la compagnia avanzata era dive-nuta inerte, senza guida e pra-ticamente incapace di agire. Ogni ufficiale e sergente era stato ucciso o ferito...divenne una lotta per la sopravviven-za e il soccorso”. La divisione perse oltre 4.000 uomini. No-nostante ciò i sopravvissuti si raggrupparono e procedettero verso l’interno. Le massic-ce postazioni di artiglieria in

cemento armato, poste sulle cime delle scogliere a Pointe du Hoc erano il bersaglio del secondo battaglione Rangers statunitensi. Il loro compito era scalare i cento metri di scogliera sotto il fuoco nemi-co con corde, scale a pioli, e quindi attaccare e distruggere i cannoni che controllavano le aree di sbarco sulle spiagge Omaha e Utah. Le postazioni vennero raggiunte con suc-cesso e distrutte a fronte di ingenti perdite alleate (quasi il cinquanta per cento).Per contro, le perdite sulla spiaggia Utah furono di 197 uomini su circa 23.000 sbar-cati, le più leggere tra tutte i punti di sbarco. Anche queste truppe si spinsero all’interno e riuscirono a collegarsi con parti delle divisioni aviotra-sportate.

Riccardo Braglia

memoria

… un … un omaggio omaggio alla storiaalla storia

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l'opinione

SI, UN DURO UN DURO CONFLITTO CONFLITTO POLITICO… POLITICO… NO

MA UNA MA UNA GUERRA GUERRA CIVILE… CIVILE…

Nessun dramma, ma una serena e attenta consapevolezza è bene averla. Quando si sente parlare di 4.000 fucili bergamaschi pronti a scendere a difesa del Nord, op-pure, sempre per voce di un potente capo di un partito popolare come la Lega, di una possibile adunata di oltre 10 milioni di persone a Roma nel caso di un “gover-no tecnico”. o quando, su altra sponda, stanno nascendo gruppi di violenti che, sotto lo scudo dei cosidetti Centri sociali, minacciano pacifiche assemblee popolari o, addirittura, come è successo giorni fa a Torino, assaltano un libero dibattito po-litico con metodi che ricordano un triste passato di stampo squadristico, o quando la lotta politica è impegnata ad Arcore come a Roma in grottesche dispute per-sonalistiche, che rendono ancora più gra-ve la crisi economica e sociale del Paese, lasciando alla disperazione milioni di fa-miglia povere e senza lavoro, o quando... dovrebbero bastare questi pochi accenni, la vita e la coscienza dei cittadini italiani

dovrebbero suscitare allarme. Io allarma-to lo sono. E ascoltando Veltroni a Festa Reggio, in un discorso sulla mafia, sui “poteri nascosti” e sulla possibile opera dei servizi deviati, mi sono detto:” se il quadro politico è quello descritto dall’ora-tore, allora è bene fare qualche riflessio-ne”. Certo la Costituzione, nata dalla Re-sistenza, è uno strumento e un argine fon-damentale a difesa della democrazia. Così come le Istituzioni, poste a tutela del no-stro vivere democratico, sono ancora ab-bastanza forti e amate dalla gente, come scudo contro la violenza di un possibile nuovo fascismo. Ma sarà bene non farsi illusioni. Farà anche ridere pensare ad una nuova marcia su Roma, e soprattut-to rallegra che al Quirinale non ci sia un pavido Re ma ci sia invece un Presidente della Repubblica che opera con tenacia a difesa dei principi scritti nella Costituzio-ne della Repubblica. Ma più che ridere sa-rebbe meglio piangere, se guardiamo con serenità e serietà ai risultati devastanti e

avvilenti che la destra ha gettato sulla cul-tura, sull’etica e sui diritti di chi lavora.Prediche ai miei concittadini io non ne faccio. Lavorando con loro per lunghi anni ho riconosciuto che Reggio è una cit-tà di gente culturalmente saggia, di gente a cui piace lavorare e partecipare da pro-tagonista alla soluzione dei problemi quo-tidiani della propria città. Un augurio me lo voglio fare, e cioè che i cittadini reg-giani usino uno stesso metro nel giudicare l’opera del governo di Reggio e di Roma. Mi sembra, nel leggere i quotidiani loca-li, che ci sia molta severità per Reggio e molta, troppa, indulgenza per Roma. Che brutta cosa! Ma restiamo nel tema. Solida-rietà piena va al dirigente della CISL, Bo-nanni, come va a Rinaldini, ex segretario generale della FIOM, fischiato a Mirafio-ri, sempre a Torino qualche tempo fa. La solidarietà però non basta, occorre reagi-re, con metodi democratici, ma all’altez-za della situazione. Non scordiamo la le-zione dell’aggressione a Luciamo Lama,

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l'opinione

avvenuta negli anni 70 durante un suo discorso nell’Università di Roma. (Anche allora si cominciò con i fischi, poi vennero le sprangate e infine le armi e poi ancora le stragi). Non è stato facile per la sinistra capire in tempo che stava cominciando ad affermarsi una grave stagione di violenza, che avrebbe messo per molti anni a dura prova le istituzioni e la vita democratica del Paese. E’ alla sinistra, soprattutto al PD, che chiedo meno sottovalutazione e più attenzione alla possibile nuova onda-ta di violenza: violenza che qualcuno ha addirittura il cattivo gusto di proclamarla, vero Bossi?, con il rischio che qualche sconsiderato la prenda sul serio. Vogliamo tornare agli Orazi e Curiazi?! Mi auguro di no, ma rifletto su una sacrosante ve-rità ribadita da un dirigente molto equilibrato come Veltroni, e cioè che in tutti i momenti di crisi acuta del quadro politico in Italia sono entrate in campo forze potenti, non solo di stam-po mafioso che, con stragi sanguinose o con violenze contro le istituzioni e cittadini innocenti, hanno indirizzato le svolte politiche a favore della destra e del potere dei padroni del va-pore: nel’69 durante l’autunno caldo con le stragi di Milano, di Bologna e dell’Italicus, nel ’78 contro il governo di unità na-zionale e con l’uccisione di Moro; nel ’92-93 dopo le sentenze di mani pulite contro i partiti della cosiddetta Prima repubblica e a favore della nascita di un nuovo quadro politico. E allora mi dico: questo è un momento che mette in discussione il po-tere di una forte e declinante maggioranza politica. Lo scontro civile divide duramente il Paese. La “personalizzazione” del-la lotta politica rende oggettivamente più difficile la stabilità democratica della comunità sociale. C’è il ripetuto scavo del-le tragedie causate dalla dittatura e dalla guerra fascista, che impegna “tanti protagonismi”, e che invece della necessaria pacificazione tiene ancora vivo i drammi e l’odio del secolo scorso. A me fa pensare che la crisi politica e parlamentare che dobbiamo affrontare non sarà indolore. Ecco perché ribadisco ancora una volta il mio convincimento e soprattutto l’invito a tutte le forze politiche di mantenere, pur nella durezza dello scontro, il massimo rispetto delle regole democratiche che dal ’45 in poi hanno assicurato e reso accettabile la vita della gen-te italiana. Al PD dico: piantatela con i dibattiti polemici tra di voi, chiarite e conquistate la gente con un preciso e chiaro progetto di sviluppo e rendiamo vero il nuovo Ulivo che giu-stamente Bersani ha proposto. A me non piace un” Capo solo”, ma confesso che non mi piacciono nemmeno i tanti “aspiranti capi” che nel PD si mettono giornalmente in mostra. Il nuovo segretario sarà scelto, con le primarie, al momento giusto, né prima né dopo. Per tutti, ora, è il momento di guardare e di operare per il presente e per il migliore futuro possibile.

Ugo Benassi

Alcuni dei podisti alle prese con cocomeri e bibite prima di ripar-tire verso Rubiera

Il gruppo dei volontari ANPI che ha curato l'accoglienza (Foto di Marina Menozzi)

Il nostro vice presidente Alessandro Frignoli porta il saluto dell’ANPI ai protagonisti della staffetta

Anche quest’anno la staffetta podistca che unisce idealmente il ricordo delle stragi fasciste del dopo-guerra, da Piazza Fontana (MI) a Piazza della Loggia (BS) fi no a quella del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, ha ripetuto la signifi cativa sosta nella no-stra città, davanti al Monumento della Resistenza, il 1° agosto, prima di raggiungere il capoluogo emilia-no per la solenne commemorazione del giorno suc-cessivo.

STAFFETTA PODISTICA STAFFETTA PODISTICA BRESCIA-BOLOGNABRESCIA-BOLOGNA

PER RICORDARE LE STRAGI FASCISTE DEL DOPOGUERRA

avvenuta negli anni 70 durante un suo discorso ne

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Sulla vicenda della ritirata denuncia ai fascisti che ogni anno presenziano la commemorazione del 27 febbraio a

Fabbrico, sono rimasto esterrefatto, è una cosa vergognosa che avrebbe meritato ben altra cassa di risonanza. Sindaco e giunta ne dovranno prima o poi rispondere a tutta la popolazione di Fabbrico, il cui sentire in merito a quella ricorrenza, è ben altra cosa rispetto a quanto messo in campo dalle Isti-tuzioni cittadine e non solo.Sindaco e giunta prima hanno imboccato la strada giusta della denuncia penale nei confronti di tutto quel patetico “carneva-le” che ogni anno fa da contorno al corteo partigiano, il popolo di Fabbrico stanco di questa ormai decennale provocazione e che tra l’altro non è stato nemmeno ascoltato su questo tipo di scelta, li avrebbero seguiti senza paura, oggi come allora. Ma per mi-sero tornaconto politico, che tuttavia nulla ha da spartire con quella che dovrebbe es-sere la politica con la “P” maiuscola, il par-tito di maggioranza a Fabbrico, ha scelto e ha deciso che quella denuncia non andava fatta, sconfessando così una delibera già

votata, sconfessando il suo stesso Sindaco. Un autentico delirio! Le motivazioni far-locche addotte in seguito, nella delibera che annullava la precedente di denuncia, hanno il sapore della beffa. Sindaco e giunta pri-ma fanno la denuncia penale, poi ritrattano e dicono che l’unica denuncia logica e pra-ticabile è quella istituzionale. Ma come e che motivazione sarebbe mai questa? Allo-ra viene da chiedersi, ma chi sono le istitu-zioni di Fabbrico? Così tanto per sapere, al-meno dal momento in cui qualcuno verrà a spiegarlo, si potrebbe andare a fargli questa domanda. In quella scelta assurda c’è tutto il clima politico che avvolge questo Paese, un clima di rinuncia e di ipocrita riconcilia-zione, ma c’è purtroppo l’odore nauseante di quel revisionismo che pretende di pari-ficare partigiani e fascisti. Perché l’ANPI e tanto meno la cittadinanza non sono stati consultati prima di fare un’operazione mi-sera come questa? I cittadini non contano nulla quando si tocca un tema sentito come questo e che storicamente li riguarda? Tutta questa vicenda è un atto di debolezza e di pochezza politica senza precedenti, qui si

abdica di fronte alla storia che ha reso libe-ro questo Paese, di fatto si dà fiato e legit-timazione a quei gruppi e gruppetti che, in barba alla Costituzione, fanno sfoggio dei simboli vergognosi del fascismo e del nazi-smo, coloro che imbrattano con le svastiche i muri dei cimiteri come accaduto a Rivalta, coloro che insozzano e vandalizzano i cip-pi dei nostri partigiani, coloro che tutti gli anni vengono a Fabbrico per provocare con tanto di bandiera della repubblica sociale, senza che nessuna e ripeto nessuna istitu-zione senta forte il bisogno di dire basta. Eppure lo scorso 27 febbraio a Fabbrico, poco prima delle elezioni, erano in tanti, guarda caso, con le loro belle fasce tricolori e il petto gonfio. Passato quel giorno però, non si fa più vivo nessuno, ma quei cialtro-ni coi labari della RSI li hanno visti bene! Prima o poi in merito a tutto questo, qual-cuno dovrà dare delle risposte ai cittadini, che sono anche elettori, non solo quando fa comodo, perchè questa situazione, ovvero quel che ogni anno avviene a Fabbrico, ab-bia presto una fine.

Alessandro Fontanesi

Riceviamo e pubblichiamo la lettera del nostro associato Alessandro Fontanesi

LA MANCATA DENUNCIA DEI DEI FASCISTI A FABBRICO

LETTERE

La battaglia del 27 febbraio 1945

lettere

scriveteci

AL DIRETTOREmassimo 20 righe

Fabbrico 2010 - Momenti della manifestazione del 27 febbraio

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Prospero Ferretti (Tito)Il “Tito” di Ospizio ci ha lasciato.

Il 20/08/10 si è spento, all’età di 84 anni Prospero Ferretti, il partigiano Tito, fi-gura storica di Ospizio. Operaio, emigrò in Liguria in giovane età. Là aderì e par-tecipò attivamente alla costruzione della locale sede del PCI (a Recco) che diresse per anni.Con lo sviluppo economico di Reggio Emilia, vi ritornò come operaio alla Ber-tolini macchine agricole. In quella fabbrica diventò immediatamente un punto di rife-rimento per i tanti giovani, soprattutto per quelli provenienti dal sud, che vedevano in lui un dirigente politico e sindacale su cui poter riporre sicuro affidamento. Divenuto Segretario della sezione PCI “Pecorari” di

Via Daria Malaguzzi, ne fece un luogo di ritrovo, di divertimento e di elaborazione politica. Emblematici erano i congressi: per la partecipazione numerosa e la vivacità del dibattito. Strenuo organizzatore della diffusione dell’Unità, la “Pecorari” era arrivata a diffonderne (cioè venderne casa per casa) oltre 600 copie ogni domenica. Fu l’ideatore e organizzatore delle memorabili Feste dell’Unità nella piscina comunale di Via Melato che allora era scoperta.Assieme al compianto Armando Carmelini, organizzò e gestì lo Stand dei Fiori alla Festa provinciale. Prospero non ha mai smesso di essere un comunista “emiliano”, era sicuramente un riformista. Proprio per questo ha seguito il travagliato percorso del suo partito verso il cambiamento, a volte con qualche perplessità, ma scommettendo sulla giustezza e necessità di aderire al PD.

Dalla spiccata dialettica, catturava l’at-tenzione dell’interlocutore grazie alla sua carica di simpatia ed alle sue battute puntuali e taglienti.Ormai ottantenne, era solito lamentarsi del mancato accoglimento della sua domanda di iscrizione alla Sinistra Giovanile perché “troppo giovane”. Persone come Prospero, fanno pensare che la politica può ancora essere una cosa pulita, disinteressata, un servizio alla collettività.Coi tempi che corrono, questa non è cosa da poco!! Chi ha avuto la fortuna di cono-scerlo e collaborare con lui, certamente si è arricchito spiritualmente.Oggi, ai tuoi amici e compagni di Festa-Reggio e non solo, mancherai.Ciao partigiano Tito.

Il Circolo PD“Reggio 6”

OVIDIO PELLACANI (TITO)L’8 agosto scorso è venuto a mancare Ovidio Pellacani Tito. Le sorelle Anna e Gabriella, nel ricordarlo con tanto affetto, sottoscrivono a sostegno del Notiziario.

DIMMA ROSSI ved. Veroni24/01/1914 – 23/07/2010Il 23 luglio scorso è venuta a mancare Dimma Rossi vedova di Gismondo Veroni, Partigiano e presidente dell’ANPI reggiana per molti anni. Per onorarne la memoria i figli, la cognata Maria Mattioli e i familiari tutti sottoscrivono pro Notiziario.

PARIDE MONTANARI23/10/1917-15/07/2010La sezione ANPI di Betonica Cavazzoli di Reggio Emilia, informa con tristezza della scomparsa del combattente e amico della Resistenza Paride Montanari, avve-nuta il 15 luglio scorso a 92 anni. Paride viveva in famiglia con il figlio Bruno e la nuora, la moglie è scomparsa alcuni anni fa. Instancabile lavoratore, svolse diverse attività fino al pensionamento. Fu attivo in politica e nel sindacato, manifestando il desiderio che tutti i lavoratori del nostro Paese raggiungessero un maggior benessere economico. Grazie Paride

(Luigi Galaverni)

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LETTERA DI ANNA FERRARI AL PADRE DIDIMO, EROSNEL 51° ANNIVERSARIO DEL-LA SUA MORTE (07.10.1959)

Caro Papà,sono sempre stata contraria a prendere posizione in questi lunghissimi anni quando la stampa locale, (vuoi per smania di visibilità da parte di alcuni, vuoi per avversione ideologica), ha pubblicato articoli con affermazioni indegne, offensive, e titoli di una “studiata ambigui-tà”, che non corrispondono ad una revisione serena dei fatti del primo dopoguerra, inseriti doverosamente nel contesto di quell’ epoca. Come presidente dell’ANPI nel dopoguerra, sei stato in molte occasioni chiamato in causa, diffamandoti, per screditare la Resistenza per quello che hanno fatto a titolo individuale e forse per vendette personali, isolati personaggi, partigiani e non. Mi ha sempre consolato la convinzione che i giudizi negativi su di te sono dettati dal fatto che coloro che li formulano (se sono in buona fede) non ti hanno conosciuto, non hanno vissuto vicino a te durante la guerra partigiana e nel dopoguerra.E’ sempre stata una scelta di mamma e di Maura (che mi hanno lasciata nel 1998 e nel 2005) e mia, di non rispondere sui giornali a certe accuse, per non prestarci al gioco di chi gli articoli li scriveva, riportando invece le nostre versioni dei fatti a te attribuiti, sempre a quattr’occhi, faccia a faccia con chi, desideroso di un po’ di visibil-tà, infangava la tua memoria. Noi speravamo sempre, ma molto spesso invano, nell’onestà morale e intellettuale delle persone incontrate. Ciò premesso ritengo doveroso oggi, dopo settimane di vergognosa propaganda nei tuoi confronti, mezzo secolo dopo la tua morte, esprimere le mie riflessioni sul notiziario dell’ANPI, associazione nella quale orgoglio-samente cerco, nel limite delle mie possibilità, di dare un contributo anche per rispetto delle tue scelte, delle sofferenze che hai ed abbiamo patito: le privazioni, il confino, quei valori per i quali hai combattuto, cercando di mantenere fede all’impegno che hai assunto durante la Resistenza e che mai hai disatteso.

Cose che invece oggi, per alcuni, sono passate, chissà perchè in secondo piano. So che nell’immediato dopoguerra ti sei profuso con grandissimo impegno nel reinserimento di migliaia di giovani partigiani, di reduci di guerra e dalla prigionia, nella società civile. Hai lavorato per la realizzazione del convitto scuola di Rivaltella, da dove uscirono professionalità importanti del mondo del lavoro, per la fonda-zione delle cooperative, sempre rigorosamente sulla linea democratica indicata da Togliatti. Sei stato un anticipatore della proposta di cele-brare a Reggio Emilia la giornata del Tricolore, precedendo quello che molti anni dopo sarà invece il “fiore all’occhiello” del promotore del “chi sa parli”. Che scherzi fa la vita a volte!Hai proposto e preparato tutti i documenti in qualità di commissario delle formazioni parti-giane reggiane per la decorazione della medaglia d’oro alla Città. Sei stato un padre affettuoso, un intelligente educatore, un comunista, un anticlericale anche, nel contesto della feroce contrapposizione ideologica di quegli anni. Un padre che ha spiegato alle sue figlie la storia delle religioni ed il perché, noi figlie, avremmo dovuto scegliere autonomamente se credere o meno, indipendentemente dalle tue scelte di vita. Un padre che non ha mai avuto da ridire quando andavamo a giocare nel chiostro della parrocchia di San Nicolò, (ciò che riuscivamo a fare quando il parroco non ci vedeva perché altrimenti ci mandava via). Purtroppo queste frequentazioni non sempre erano accettate dagli altri padri, in quanto pensavano che i loro figli si potevano sporcare avendo vicino la figlia di “uno sporco comunista”. A pensarci oggi, alla mia età, sorrido, ma non si contano le volte che venivamo emarginate dagli altri bambini, nel periodo dei manifesti affissi per le strade della città, che ti tacciavano di colpe che tu hai sempre rifiutato con forza. Le umiliazioni che nostra madre e noi, allora bambine, abbiamo subito e sopportato nella speranza che il “Partito” facesse finalmente luce sulla tua estraneità nella “faccenda Vischi” ed sul perché ti sei trovato costretto, tuo malgrado, a subire dur i anni in Cecoslovacchia, per obbedire a direttive e di-scipline non certo volute o create da te. Sono stati anni di grande sofferenza che riemergono ogni volta che sui giornali ti troviamo rievocato come capro espiatorio di tutto quando successo nel dopoguerra.Ci hai insegnato l’altruismo e la solidarietà verso i più deboli. Ci hai insegnato di non lasciarci trascinare dall’invidia, dal soldo. Ci hai fatto capire molti valori che fortunatamente sono entrati nel nostro DNA e spero di essere riuscita a trasmetterli ai miei due figli; valori che in quel periodo davano però sofferenza a mamma, che non aveva di che sfamarci. Ti sei sempre rifiutato di aiutare i tuoi fratelli e nipoti nel trovare lavoro nel do-poguerra, rifiuto che li ha portati ad espatriare in Belgio e in Svizzera, perché i compagni che avevano combattuto con te in montagna pensavi ne avessero più bisogno. Non c’era mese che non dovessi aiutare un “bravo compagno” o un “bravo partigiano”, che a tuo dire stava peggio di noi. Il peccato del “familismo amorale” davvero non ti potrà mai essere attribuito!Vedendo quello che negli anni è successo e suc-

cede ancora oggi, sei stato davvero un compagno politicamente molto tormentato, ma certamente molto onesto e sincero, come ebbe a dichiarare Valdo Magnani. Sei stato sempre accostato a quello che allora era il segretario del PCI reggiano. Accostamento che per me e per la nostra famiglia (ma anche per chi con onestà ha studiato quegli anni), è assolutamente inaccettabile. So che hai condotto una lunga battaglia all’interno del “tuo” partito, per riportare la legalità in una federazione in seno alla quale l’allora segretario aveva creato un autentico “partito nel partito”.Nel dopoguerra tu sei stato sempre dedito alla ricostruzione del Paese, al ripristino della legalità, fino a quando te lo hanno permesso. E al tuo rientro dalla latitanza in Cecoslovac-chia, da te accettata “per disciplina di partito”, fosti continuamente assillato dal voler chiarire la tua posizione: volevi che il tuo nome non fosse associato alle infamanti accuse che ti venivano mosse. In una lettera scritta il 22 dicembre 1956 dicevi: “quando il nemico di classe mi ha condannato, non mi sono interessato per ‘spiegare’ a lui la mia innocenza; ma non posso sopportare un’in-giustizia che il partito o i compagni commettano attribuendo a me delle colpe che non ho, oppure sospetti di gravi colpevolezze a mio carico”. Per le illazioni sugli anni di Cecoslovacchia dice-vi: “la vita là era difficile e veramente sono stati commessi atti illegali; ma questi avvenivano per l’atmosfera che vi era e indipendentemente dalla mia volontà e di altri compagni. E’ veramente assurdo che sia accusato di tali illegalità, quando proprio IO mi opposi decisamente perché non venissero commesse. Ho sempre concepito che l’opera più efficace è quella della persuasione e della convinzione”.In una nota di riflessione nel giorno del tuo 39° compleanno scrivevi: ”pensare che ben 13 di questi anni li ho passati al confino, nelle carceri fasciste, nella lotta partigiana… e… che a vent’anni dissi ad un amico ‘So di certo che al mio prossimo ventennio le cose saranno cambiate’”. Quando nel dicembre 1966, ti è stata restituita la medaglia d’argento al valor militare (ma tu eri già morto da 15 anni…) tutte le sofferenze che avevamo passate si erano assopite e il modesto assegno annuo era per noi fonte di piccolo sollievo economico.Non è accettabile che nel 2010, quando si parla di te, si ritorni ad utilizzare le medesime menzogne di 60 anni fa.Sono una figlia che orgogliosamente ha risco-perto in età adulta, rianalizzando gli scritti che ci hai lasciato, le sofferenze e le attese della tua giovinezza, le durezze del carcere fascista, la guerra, i tuoi ideali di giustizia, le persecuzioni rinnovate anche a guerra finita. Penso siano davvero poche le figlie che, in così pochi anni di presenza paterna al loro fianco (io avevo dodici anni, Maura dieci anni quando sei morto), come successo a noi, possano dire di aver ricevuto quanto ci hai trasmesso tu.Così ho voluto ricordarti assieme a mio marito Attilio Braglia e ai miei figli e tuoi nipoti Ric-cardo e Valerio.

Tua figlia Anna

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IN MEMORIA DI ROMOLO FIORONI(Nella foto insieme a Giacomo Notari a destra)

Il 27 giugno u.s. ci ha lasciato il Presidente dell’ALPI-APC Romolo Fioroni, che fu partigiano a 16 anni.Incontrai Romolo a Ligonchio nel 1944. Aveva solo un anno meno di me, ma a mio confronto sembrava un vispo ragazzino. Era con lui don Carlo. Dopo il grande rastrel-lamento di quell’estate l’ho perso di vista.

L’intreccio tra i nostri impegni pubblici, su opposte sponde politiche, avviene nel dopoguerra. Romolo attivo nella DC, io altrettanto nel PCI. Tra di noi non è mai venuto meno un atteggiamento di rispetto e di collaborazione. Lo vidi in lacrime, quando mi raccontò della morte di “Grappino”, suo compaesano di Costabona, avvenuta all’alba della Liberazione alla periferia sud di Reg-gio. Coi ritrovammo consiglieri provinciali, proponendo – da montanari – la ricostruzione del Rifugio “Battisti”, bruciato dai tedeschi nell’estate ’44. Forte e convinto fu il nostro impegno per dare alla montagna scuole digni-tose di vario grado, per avvicinare il sapere e la cultura anche ai meno avvantaggiati. La ferita inferta all’unità della Resistenza ita-liana con la scissione dell’ANPI e la nascita dell’ALPI, fu un evento che ci portammo dentro entrambi con disagio. Ne parlammo a lungo in occasione della tragedia del Vajont, quando la Giunta provinciale incaricò noi due montanari di portare la solidarietà di Reggio in un apposito incontro nella città di Belluno. Al ritorno, passando da Bassano del Grappa, acquistammo una bottiglia di buona grappa, per l’appunto, da portare al nostro Presidente Ing. Dante Montanari.Fui a fianco di Romolo , lui come presidente io membro di Giunta, nella gestione del Consorzio di bonifica Tresinaro-Secchia.

Fu in quel lungo periodo di incontri che maturammo l’idea di una collaborazione tra le due organizzazioni partigiane. Si trattava intanto di partire dalla montagna con un Comitato paritetico, almeno per le varie commemorazioni. Fu un inizio fecondo. Con i montanari Silvio Bonsaver, Giorgini e Giu-seppe Battistessa dell’ANPI di Castelnovo Monti, più Terzo Comi e lo stesso Romolo per l’ALPI-APC, raccogliemmo dati per il volume Le Pietre dolenti, organizzammo con Istoreco i Viaggi della Memoria, le cammi-nate “Sui sentieri della Resistenza reggiana”, organizzammo due pullman di partigiani delle due associazioni per il viaggio al cam-po d’internamento di Terezin. Al ritorno da questo viaggio con Romolo e Mario Crotti incontrammo il Nunzio apostolico a Praga. Altri viaggi sui luoghi della Resistenza li compimmo insieme in Croazia e Slovenia. Ancora insieme sottoscrivemmo appelli agli elettori in occasione delle politiche e in difesa della Costituzione.Romolo non venne mai meno ai suoi impegni. Con la sua morte ho perso un caro amico. Al funerale, nella sua Costabona, mi sono sgorgate copiose lacrime quando ho sentito il coro cantare Mormora il rio lontano, una composizione dello stesso Romolo.

Giacomo Notari

IN MEMORIA DI MADDALENA IOVENE

Maddalena Iovene il 13 giugno 2010 ci ha lasciato a soli 37 anni di vita.Noi dell’ANPI vogliamo ricordare che dieci anni or sono venne questa ragazza assieme ad un’amica nella nostra sede, e ci chiese se potevano iscriversi. Noi rispondemmo

di si. Siamo onorati che i giovani vengano alla nostra Associazione per continuare a diffondere i valori della Resistenza!Appena terminata la compilazione della tessera iniziarono a fare domande: perché combattemmo contro i nazifasciti e, in par-ticolare, vennero a sapere che dove abitava Maddalena ci vissero i Montermini, una famiglia che aveva aderito alla Resistenza. E gli spiegammo che i militi delle brigate nere fasciste, un giorno, irruppero nella casa pretendendo di sapere dove erano i figli par-tigiani. Il papà dice che non lo sa, la figlia dice di non sapere niente ma che dovrebbero essere nell’esercito repubblichino. A questo punto, non credendogli, inziarono ad usare violenza con pugni e bastoni, ma non ottennero le risposte che volevano sapere. Dopo di questo vennero caricati su un autocarro e portati nelle carceri dei Servi a Reggio. Là subirono ancora minacce e torture. Il padre venne rilasciato dopo tre mesi, la figlia Iva rimase a subire le peggiori violenze, ma i quattro figli Partigiani furono salvi e continuarono a lottare e farsi onore.Dopo altri racconti, Maddalena fu dispo-nibile a mettere foto della Resistenza in

un dvd che servirono poi al fondo storico della Resistenza alla biblioteca “Einaudi” di Correggio.La sua attività all’ANPI ebbe una continuità malgrado fosse già impegnata nel lavoro nella cooperativa Coop Service. Poi venne colpita dal male che le ha causato la morte. Ma consapevole del poco tempo che le rimane da vivere, ha voluto lasciare in testamento in cui esprimeva la volontà che le offerte fossero donate all’ANPI, e così i suoi famigliari, rispettando la volontà della loro figlia lo comunicano sull’annuncio mortuario.Noi siamo rimasti sorpresi che Maddalena abbia voluto ricordare così, in punto di morte, la sua associazione, l’ANPI. Ma non solo, la mamma Anna ha chiesto l’iscrizione all’AN-PI perché l’Associazione possa continuare il proprio compito, per difendere ed onorare i valori della Resistenza.Grazie infinite e sentite condoglianze alla Famiglia e Parenti tutti.

Per l’ANPI di Correggio Avio Pinotti

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DINO MACCARI (ALDO)

9° ANNIVERSARIONel 9° anniversario della scomparsa del Partigiano Dino Maccari Aldo, lo ricordano con immutato affetto la moglie Lolde, i figli e i nipoti sottoscrivendo pro Notiziario.

AMOS ROSSI

ANNIVERSARIOIn ricordo di Amos Rossi, scomparso il 3 marzo 2010, i famigliari, nel ricordarlo con immutato affetto, sottoscrivono pro Notiziario.

FRANCO SERRI-FERNANDA BONACINI

8° ANNIVERSARIONell’8°anniversario della scomparsa di Franco Serri e Fernan-da Bonacini, li ricorda con immutato affetto la figlia Ileana, sottoscri-vendo a sostegno del Notiziario.

GIOVANNI MUNARINI

4° ANNIVERSARIOIl 21 settembre ricorre il 4° anniversario della scomparsa di Giovanni Munarini. La moglie Isella e la figlia Elsa lo ricordano sottoscrivendo pro Notiziario.

DAVIDE VALERIANI (FORMICA)

9° ANNIVERSARIOIl 25 settembre ricorre il 9° anniversario della scomparsa del Partigiano Davide Valeriani Formica. La moglie e i figli lo ricordano con immutato affetto e sotto-scrivono pro Notiziario.

GIUSEPPE RINALDINI (PINCA)

4° ANNIVERSARIONel 4° anniversario della morte del marito Partigiano Giuseppe Rinaldini Pinca la moglie Ernesta, assieme ai figli Gianfranco e Aloma, offre pro Notiziario.

PIETRO GOVI (PIRETTO)

5° ANNIVERSARIOIl 24 luglio ricorreva il 5° anniversario della scomparsa di Pietro Govi, Partigiano combattente con il nome di battaglia Piretto, distaccamento “G. Matteotti” della 144a bgt. “Garibaldi”. Per onorarne la memoria e per ricordarlo con profonda nostalgia agli

amici e ai familiari Katia, Adele, Silvano, Nadia e Simona. Che sottoscrivono pro Notiziario.Come RadiciAmo le vecchie case contadine/che vedo per i campi abbando-nate, / perché paiono uscite dalla terra, / come radici d’alberi abbattuti. / Mi sembran facce con gli occhi serrati / da grossi battenti di legno secco, / rabberciato da una pietosa mano / solo per devozione al passato. / Corrono le cavedagne al pozzo / ed i meli son spogli per il freddo,/ le macchine han rimosso le zolle, spuntan le pianticelle del frumento, / non vi è parola umana contro il sole / in queste ore invernali, tranquille. (Angela Gallerani)

AMELIA RANZIERI VED. ZOBOLETTI

10° ANNIVERSARIOIl 26 settembre 2000 veniva a mancare Amelia Ranzieri ved. Zoboletti, figura antifascista. Nel ricordarla a quanto la conobbero, la figlia Adriana, unitamente alla famiglia, offrono pro Notiziario.

LUIGI CANTAGALLI (FUMO)

5° ANNIVERSARIOL’8 agosto scorso ricorreva il 5° anniver-sario della scomparsa del Partigiano Luigi Cantagalli Fumo. Ne rinnovano commossi la memoria i suoi familiari con un offerta al Notiziario.

SEVERINO MORI (CARNERA)

9° ANNIVERSARIONel 9° anniversario della scomparsa di Severino Mori Carnera, lo ricordano con amore i figli Nadia e Claudio, offrendo pro Notiziario.

FLORIO CAMPANI

2° ANNIVERSARIOPer ricordare nel 2° anniversario della scomparsa di Florio Campani, la moglie Anna e i figli Giancarlo e Franca offrono pro Notiziario.

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BRUNO MARZI (MEM)

10° ANNIVERSARIOIl giorno 14 luglio ricorreva il 10° anni-versario della scomparsa di Bruno Marzi, partigiano combattente del distaccamento “G. Matteotti” della 144a bgt. “Garibaldi”. Amministratore e Sindaco del Comune di Rio Saliceto dal 1946 al 1975.

Per onorarne la memoria e il suo insegnamento, lo ricordano con tanto affetto e profonda nostalgia agli amici: la figlia Katia, Adele, Silvano, Nadia, Simona. Che sottoscrivono pro Notiziario. “Laicità significa tolleranza, dubbio rivolto pure alle proprie certezze, autoironia, demistificazione di tutti gli idoli, anche dei propri; capacità di credere fortemente in alcuni valori, sapendo che ne esistono altri, pur essi rispettabili”. (Claudio Magris)“Ciò che veramente mi importa non è di convincere di errore chi la pensa diversamente da me. Ciò cui tengo è unirmi a lui in una verità più alta”. (Jean Baptiste Henri Lacordaire).

NEDO BORCIANI

10° ANNIVERSARIOIl 5 ottobre ricorre il 10° anniversario della scomparsa di Nedo Borciani, deportato in Germania. Dopo la Liberazione, fu segre-tario della Camera del lavoro e sindaco di Fabbrico, dirigente cooperativo e pubblico amministratore. Lo ricordano con immutato affetto la moglie Vanda, i figli Elisabetta,

Everardo e Paolo sottoscrivendo a sostegno del Notiziario.

MARIO BAGNACANI

3° ANNIVERSARIOIl 3 maggio scorso ricorreva il 3° anniver-sario della scomparsa di Mario Bagnacani. Nell’occasione la moglie Dimma, i figli Claudio e Silvia, il nipote Simone lo ricor-dano con immutato affetto e sottoscrivono pro Notiziario.

WERTHER SPAGGIARI (LEMBO)4° ANNIVERSARIOIl 27 ottobre p.v ricorre il 4° anniversario della scomparsa, a 83 anni, del Partigiano Werther Spaggiari Lembo, responsabile della Sezione ANPI di Gavassa.Werther aveva lavorato per lunghi anni presso il mulino “Masone”, poi “Progeo”, e aveva sempre dimostrato attaccamento

alla famiglia e ai suoi ideali ispirati ai valori della Resistenza. L’Amministrazione comunale di Correggio, in occasione del 38° anniversario della battaglia di Fosdondo, gli aveva conferito il diploma e la medaglia quale protagonista generoso ed eroico di una delle pagine più belle della storia della Resistenza a Cor-reggio e provincia. E’ tanto triste averti perduto, ma è tanto bello ricordarti. La moglie Dilva, i figli Ivano e Marisa e Ivano in sua memoria sottoscrivono pro Notiziario.

FRANCO ROSSI - DINO ROSSI

31° ANNIVERSARIOIl giorno 8 agosto 1979, decedeva Franco Rossi di 26 anni. La mamma Maria Mattioli lo ricorda con tanta tristezza. Un pensiero anche al mari-to Dino deceduto il 23 gennaio 2005. Partecipa al ricordo Dimma Rossi

zia di Franco e sorella di Dino.

CESARINO CATELLANI

10° ANNIVERSARIONel 10° anniversario della morte di Cesari-no Catellani, avvenuta il 16 settembre 2000, la moglie Pierina Bisi i figli Lina Giorgio e Stefano offrono pro Notiziario.

IVO ZANI (ALI’)

4° ANNIVERSARIOIl 27 settembre ricorre il 4° anniversario della morte di Ivo Zani Alì di Bibbiano, Partigiano combattente della 78a bgt. d’assalto SAP-Divisione “Ottavio Ricci”.La moglie Marcellina, anche lei Partigiana combattente della stessa brigata, il figlio,

la nuora e le nipoti in suo onore e memoria sottoscrivono pro Notiziario

GIOVANNI TRONCONI (RICO)

3° ANNIVERSARIOA tre anni dalla scomparsa i familiari, i fratelli e la sorella ricordano con grande dolore la scomparsa di Giovanni Tronconi (Rico), ma con altrettanto grande orgoglio la Sua appartenenza alle forze partigiane com-battenti per la Liberazione del nostro Paese. In sua memoria offrono pro Notiziario.

FRANCESCO GARUFI (ROCCA)

1°ANNIVERSARIO Il 20 luglio scorso ricorreva il 1° anniver-sario della morte del Partigiano Francesco Garufi Rocca. Nato a Roccalumera (ME) il 21 gennaio 1923, Rocca è stato partigiano in Emilia dal 6 giugno 1944 al giorno della Liberazione, operando a Fabbrico

e nella Bassa Reggiana come caposquadra nella 77a bgt. SAP. Lo ricorda con tanto affetto la figlia Tina (Engi) Garufi.

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REMO BONAZZI (ANDREA)

4° ANNIVERSARIOIl 22 settembre ricorre il 4° anniversario della morte di Remo Bonazzi Andrea, Par-tigiano della 76a bgt. SAP ed ex presidente della sezione ANPI di Bibbiano.La moglie Enore, le figlie Tita e Catia, i nipoti Davide, Elena ed Elia e il genero

Giovanni lo ricordano con immutato affetto e sperano che la sua immagine rimanga nella mente di quanti lo hanno conosciuto e stimato.

DUILIO CARRETTI (GIUSEPPE)

11° ANNIVERSARIOIl 18 luglio scorso ricorreva l’11° anniver-sario della scomparsa del Partigiano Duilio Carretti Giuseppe. La moglie Clite, i figli Meris e Mauro e i nipoti nel ricordarlo con tanto affetto, offrono un contributo a sostegno del Notiziario, perché lo ritengono

un importante informatore per la salvaguardia della pace, della libertà e della democrazia.

EMILIO GROSSI (OBRAI)

1° ANNIVERSARIONel 1° anniversario della morte di Emilio Grossi Obrai, avvenuta il 28 agosto 2009, lo ricordano la moglie Lucia e la figlia Laila sottoscrivendo a sostegno del Notiziario.

VIVALDO SALSI (TANCREDI)

2° ANNIVERSARIOL’8 agosto scorso ricorreva il 2° anniver-sario della scomparsa di Vivaldo Salsi Tancredi. Lo ricorda la figlia Giuliana che sottoscrive pro Notiziario. Al ricordo dell’indimenticabile Vivaldo e della moglie Giselda si uniscono anche Simona e Marisa

Salsi e sottoscrivono a sostegno della rivista dell’ANPI.

GINO SETTI (SUSMEL)

6° ANNIVERSARIONel 6° anniversario della scomparsa di Gino Setti Susmel, la moglie Anna e i figli Giovanni e Marino offrono pro Notiziario.

CESARE MELIA

12° ANNIVERSARIOIl giorno 9 agosto ricorreva il 12° anniver-sario della scomparsa del Patriota Cesare Melia. La moglie Silvia Spaggiari e i figli Ivano e Cinzia lo ricordano con tanto affetto e sottoscrivono a sostegno del Notiziario.

ARTURO IOTTI

5° ANNIVERSARIOIn occasione del 5° anniversario della scomparsa del marito Partigiano Arturo Iotti, la moglie Amelia Albarelli, il figlio Dante, la nuora e la cognata lo ricordano con immutato affetto e sottoscrivono pro Notiziario.

WALTER ROZZI (FRITZ)

7° ANNIVERSARIONel 7° anniversario della scomparsa di Walter Rozzi (Fritz), Partigiano con il nome di battaglia Nuvola, nel dolore ancora vivo, lo ricordano la moglie Enrichetta Mussini, la figlia Silvia, il genero, i nipoti sottoscri-vendo pro Notiziario.

ANGELO GIARONI (DARTAGNAN) - DOLORES GEMMI

ANNIVESRARIIl 18 novembre p.v. ricor-rerà il 26° anniversario della morte di Angelo Giaroni, Dartagnan, bracciante, ispettore di battaglione nella 76a SAP. Giovane socialista a 15 anni (nel 1916),

nel 1921 fu tra i fondatori della FGCI. Arrestato nel 1932 per appartenenza al PCd’I, seppe resistere a pesanti interrogatori e poté così usufruire della “amnistia del decennale”, continuando la sua attività clandestina. Arrestato ancora nel 1938 nella grande retata contro antifascisti reggiani, venne condannato a 7 anni di reclusione dal Tribunale speciale. Liberato dopo la caduta di Mussolini, all’indomani dell’8 settembre fu tra quella sessantina di reggiani ex carcerati e confinati che costituirono il nerbo del nascente movimento di Resistenza. Nel dopoguerra, sempre impegnato nel PCI oltre che nell’ANPI, raggiunse la pensione come operaio del Comune di Reggio.Lo ricordano, assieme alla moglie Dolores Gemmi, deceduta il 21 settembre 1982, dirigente UDI nel post-liberazione, i figli Gianni e Mafalda, con le rispettive famiglie, offrendo pro Notiziario.

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GIANNINO CAVAZZONI (MARCO)

1° ANNIVERSARIOIl 12 agosto scorso ricorreva il 1° anniversa-rio della scomparsa di Giannino Cavazzoni “Marco” appartenente alla 144a Brigata “A. Gramsci” distaccamento Piccinini operante nell’appennino emiliano.Marco non verrà ricordato con grande

clamore perché ha vissuto la propria vita in maniera semplice ed onesta senza mai vantarsi delle sue gesta durante la lotta di Liberazione. Come molti giovani dell’epoca ha imbracciato il fucile per un mondo più democratico e per sfuggire alle impo-sizioni fasciste in maniera quasi naturale senza considerarsi una “persona speciale” quale invece era.Lo ricordano con immutato affetto la moglie Wilma, i nipoti Claudia, Giulia, Stefano, la nuora Mariella e per onorare la sua memoria sottoscrivono pro Notiziario.Oggi che purtroppo ci ha lasciato, a noi resta l’importante com-pito di ricordare tutti i protagonisti della Resistenza perché i loro ideali non si perdano nel passato dimenticati dai loro stessi nipoti.Lo spirito di libertà che ha animato questi giovani partigiani e per il quale hanno lottato perdendo anche la loro stessa vita deve restare un valore incontrastato e noi dobbiamo impedire che questo venga dimenticato o peggio ancora strumentalizzato a colpi di prepotenza. La Lotta di Liberazione va ricordata onorando i propri caduti e continuando a condividerne gli ideali di democrazia come valori conquistati con enormi fatiche e sacrifici ma non assoluti in quanto oggi, purtroppo, sembrano essere in grave pericolo.Non dobbiamo dimenticare i nostri genitori e i nostri nonni che hanno lottato per la libertà, ma dobbiamo continuare ad onorare la Resistenza con il maggior numero di persone.

la nipote Claudia

DELETTA DAOLIO

2° ANNIVERSARIOIl 20 ottobre prossimo ricorre il 2° anni-versario della scomparsa della Staffetta partigiana della 77a bgt. Deletta Daolio. Il marito Ugo Cantarelli in sua memoria sottoscrive pro Notiziario.Anche l’ANPI di Carpineti si associa al do-

lore ancora presente del marito in quanto donna attiva, dinamica, allegra e solare che sapeva riscuotere simpatia, stima e amicizia.

GIUSEPPE CARRETTI (DARIO)

5° ANNIVERSARIONel 5° anniversario della morte di Giuseppe Carretti Dario, avvenuta il 2 ottobre 2005, lo ricordano la moglie, la figlia, il genero e i nipoti sottoscrivendo per il Notiziario. La Redazione del Notiziario si unisce al ricordo di Dario, “anima” di questo giornale

per un quarto di secolo.

FEDERICO FRANZONI (PRIMAVERA)

4° ANNIVERSARIOIl 22 settembre di 4 anni fa è mancato all’affetto dei suoi Cari il maestro Federico Franzoni Primavera. Aveva 89 anni. Un Uomo schivo, stimato, modesto, di poche parole, dedito con passione al lavoro e alla famiglia. Ma per chi lo ha conosciuto

giovane, nei momenti più difficili della storia del nostro Paese, è stato un personaggio fra i tanti. Sin dal settembre 1943, lo vediamo impegnato con i giovani di San Ruffino di Scandiano a organizzare la Resistenza e ospitare in casa sua i militari sbandati dopo l’8 settembre. Uno di questi, citato in “RS-Ricerche storiche” (la rivista periodica di Istoreco), era Gesualdo Bufalino, ufficiale siciliano di Comiso, capitato malconcio a Scandiano dopo l’armistizio e ricoverato nel locale sanatorio. Bufalino, scampato alla morte e diventato scrittore famoso, nel primo libro, La diceria dell’untore, parlando delle vicende scandianesi cita spesso l’amico maestro Federico.Primavera, poi, deve salire in montagna e lo ritroviamo nella 26 a brg. Garibaldi, come intendente di Divisione con il grado di tenente.La moglie Palma, il figlio Luciano, la moglie Carmen e il nipote Daniel lo ricordano con affetto, insieme all’ANPI di Scandiano, e offrono pro Notiziario.

LIDO BECCARI (GARIBALDI)

2° ANNIVERSARIOIl 22 luglio scorso ricorreva il 2° anniversa-rio della morte del Partigiano Lido Beccari Garibaldi, di Cervarezza. Apparteneva alla bgt Garibaldi e prese parte alla battaglia dello Sparavalle nel giugno 1944.La moglie Giovanna, unitamente ai figli,

lo ricordano e sottoscrivono pro Notiziario.

CARLO ROCCHI

IN MEMORIALa famiglia Rocchi per ricordare il padre Carlo, scomparso il 29 gennaio 2000 offre a sostegno del Notiziario.

ADRIANA ORLANDINI - ADORNO TAGLIAVINI

IN MEMORIAIn memoria dei genitori Adriana Orlandini e Adorno Tagliavini, i figli Emore e Mirca offrono a sostegno del Notiziario.

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- ANNA SALVATERRA in ricordo del marito Gino Setti euro 50,00- GIULIANA SALSI in ricordo di Vivaldo Salsi ...................... “ 100,00- FAM. CARRETTI in ricordo di Duilio Carretti ..................... “ 100,00- FAM. BONAZZI a sostegno .............................................. “ 100,00- MARCELLINA ZANI a sostegno ........................................ “ 100,00- PIERINA BISI e fi gli in memoria del marito Cesarino Castellani ........................................................ “ 50,00- EMORE TAGLIAVINI e MIRCA in memoria del padre Adorno Tagliavini “ ......................................................... “ 50,00- NADIA MORI e CLAUDIO in ricordo del padre Severino .... “ 50,00- RINA VALENTINI e fam. in ricordo di Pietro Aleotti “Paolo” “ 100,00- ERNESTA BONACINI in memoria del marito Giuseppe Rinaldini ........................................................ “ 50,00- SEZ. CAVAZZOLI-BETONICA per onorare Paride Montanari ........................................................... “ 100,00- MARIA MATTIOLI e DIMMA ROSSI in ricordo di Franco e Dino Rossi ................................................... “ 200,00- ANNA CAMPANI e fam. in memoria di Florio Campani ..... “ 50,00- BRUNO MEMOZZI e fi gli in memoria della moglie Mammi Bruna ............................................ “ 200,00- SILVANA e IVANO NICOLINI in ricordo del padre Otello ..... “ 100,00- IVANNA BELLESIA a sostegno ......................................... “ 50,00- CARLA VERONI e fam. in memoria di Dimma Rossi ......... “ 100,00- MARIA MATTIOLI a ricordo della cognata Dimma Rossi ... “ 50,00- ALFREDO CERIOLI in memoria degli amici partigiani morti ............................................ “ 50,00- ADRIANA ROVACCHI a sostegno ...................................... “ 25,00- RENZO, EROS, ARRIGO RIVI a sostegno ........................... “ 75,00- IVO CORRADI a sostegno ................................................ “ 30,00- DORANDO TURCI a sostegno .......................................... “ 20,00- SIG.BERTOLANI a sostegno ............................................. “ 20,00- GRUPPO DIRIGENTE ASPII a sostegno ristrutturazione scuola Seilat .................................................................. “ 200,00- FAM.CANTAGALLI in memoria di Luigi Cantagalli “Fumo” ......................................................... “ 500,00- NEALDA, ALDA e ALICE DONELLI in ricordo della madre Maria Manzotti ................................................................ “ 75,00- ROMEO OLIVA Fabbrico a sostegno ................................. “ 50,00- VANDA ANCESCHI e fi gli in onore del marito Nedo Borciani ................................................................ “ 50,00- KATIA MARZI in memoria di Marzi Bruno e Pietro Govi .... “ 60,00- LICINIO e AFRA MARASTONI in memoria di Emilio Grossi .............................................................. “ 100,00- SERGIO,DAVIDE ZAMBONI in ricordo di Ivanoe Zamboni ......................................................... “ 40,00- ALFREDO GALAVERNI a sostegno .................................... “ 25,00- ADRIANA ZOBOLETTI in memoria della madre Amelia Ranzieri .......................................... “ 20,00 - COLOMBO PICCININI a sostegno ..................................... “ 70,00- ISELLA VALENTINI in ricordo di Giovanni Munarini ........... “ 50,00- CAV.BRUNO MANFREDI Cavriago, a sostegno .................. “ 150,00- CLAUDIO e ANNAMARIA GHIRETTI a sostegno ................. “ 100,00- ORIO VERGALLI a sostegno ............................................. “ 50,00- MARIO MONTI a sostegno ............................................... “ 30,00

- UMBERTA LOSI GOVI a sostegno ..................................... “ 30,00- ERMES BERTANI a sostegno ........................................... “ 20,00- ROBERTO REDEGHIERI a sostegno .................................. “ 10,00- FRANCO VALLI a sostegno .............................................. “ 50,00- GIULIANO ROVACCHI a sostegno ..................................... “ 30,00- ALFREDO SENTIERI a sostegno ...................................... “ 30,00- SECONDO e DELCISA SPAGGIARI a sostegno .................. “ 50,00- GIUSEPPE CODELUPPI a sostegno ................................... “ 25,00- ILEANA SERRI in ricordo dei genitori Franco e Fernanda ......................................................... “ 50,00- ROSA MALAGUTI Novellara a sostegno ........................... “ 50,00- SAVERIO GANASSI S. Polo d’Enza a sostegno .................. “ 30,00- SERGIO BOTTAZZI Varese a sostegno .............................. “ 25,00- ALFIO VENTURI Ligonchio a sostegno .............................. “ 50,00- ATTILIO MAGLIARI Ligonchio a sostegno ......................... “ 50,00- ODDINO BENASSI S. Ilario d’Enza a sostegno .................. “ 30,00- AVE GIAROLI Castelnovo Sotto in ricordo del marito Pierino Ponti .................................................. “ 25,00- ENZO DI MAIO a sostegno................................................ “ 20,00- ANNA SALVATERRA in memoria del marito Gino Setti ...... “ 20,00- ADRIANA ZOBOLETTI Boretto a sostegno ........................ “ 10,00- GIOVANNI NEGRO Neive a sostegno ................................ “ 30,00- ISAIA LAZZARETTI in memoria di Isaia Eddie Lazzaretti ................................................. “ 50,00- ARMANDO COCCONCELLI Novellara a sostegno .............. “ 50,00- RENZA NODOLINI Luzzara per Balilla Nodolini ................. “ 50,00- ANNA LUSUARDI ADANI a sostegno ................................. “ 30,00- ENIO PISTONI Carpineti a sostegno ................................. “ 30,00- GIOVANNI MAESTRI Albinea a sostegno .......................... “ 15,00- IDEMMA BARUFFI Campegine a sostegno ....................... “ 10,00- GIOVANNI FORNACIARI a sostegno .................................. “ 20,00- NERO e MARIA FONTANESI in ricordo di Tilde Soragni sorella del partigiano “Muso” ................... “ 50,00- FAM. ROSSI Correggio in memoria di Amos Rossi ........... “ 50,00- UGO TRONCONI e fam. in ricordo di Giovanni Tronconi ..... “ 20,00- CARLO e STEFANIA GOVI a sostegno ............................... “ 20,00- DIMER LANFREDI in memoria del partigiano Rino Soragni “Muso” ...................................................... “ 50,00- CESARINA COSTANZINI Verona a sostegno ....................... “ 20,00- ETTORE BORGHI a sostegno ........................................... “ 80,00- ERNESTA BONACINI a sostegno ...................................... “ 20,00- CARMELO PROFETA a sostegno ...................................... “ 50,00- VALENTINA VALENTINI a sostegno ................................... “ 50,00- MARIANO SIGNORELLI a sostegno .................................. “ 50,00- IAMES MANICARDI Massenzatico a sostegno .................. “ 30,00- ROMEO MUNARI a sostegno ........................................... “ 25,00- FRANCO CATTI Ramiseto a sostegno .............................. “ 20,00- NEMESIA BRINDANI Cavriago a sostegno ........................ “ 15,00- BRUNA GANAPINI SONCINI a sostegno- .......................... “ 50,00- GIANLUCA BONACINI in ricordo del padre Agostino “Pirol” .............................................................. “ 50,00- VALERIO SACCANI Campagnola a sostegno ..................... “ 30,00- EMIDIO BERNI Sesso a sostegno ..................................... “ 20,00- NEMESIO CROTTI Scandiano a sostegno ......................... “ 100,00

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i sostenitori

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- ERMES LIGABUE Vezzano s/C .a sostegno ....................... “ 15,00- AGIDE BERTOLOTTI a sostegno ....................................... “ 30,00- AMOS CONTI a sostegno ................................................. “ 100,00- GIANCARLO MATTIOLI Scandiano a sostegno .................. “ 20,00- ALBERTINA BAGNACANI a sostegno ................................ “ 10,00- GIOVANNI TORRI Ramiseto a sostegno ............................ “ 20,00- LAILA GROSSI a sostegno ............................................... “ 100,00- CLAUDIO MACCARI in memoria del padre Dino ............... “ 50,00- AUGUSTO CAMPANINI a sostegno ................................... “ 30,00- BRUNO GATTI a sostegno ............................................... “ 30,00- ANNA E GABRIELLA PELLACANI a sostegno .................... “ 50,00- GIANCARLO RUGGIERI a sostegno ................................... “ 50,00- SILVIA SPAGGIARI in memoria del marito Melia Cesare .................................................................. “ 50,00- ERMANNO REDEGHIERI a sostegno ................................. “ 30,00- MARIO CATELLANI a sostegno ........................................ “ 50,00- ERMES BELLONI a sostegno ........................................... “ 50,00- LEA MENOZZI a sostegno ............................................... “ 30,00- GIULIANO ROCCHI a sostegno ......................................... “ 50,00- NIVEO e BRUNA GROSSI a sostegno ............................... “ 50,00- LEO GIARONI a sostegno ................................................ “ 70,00- F.O. a sostegno ............................................................... “ 10,00- NERINA BOTTAZZI a sostegno ......................................... “ 100,00- STEFANO DOTT. VACCARI a sostegno .............................. “ 50,00- ORIANNA SARATI SANTINI a sostegno ............................. “ 20,00- REMO CAV. MUZZI a sostegno ......................................... “ 20,00- MARINA SONCINI in memoria del padre Riccardo e dello zio Carlino ........................................................... “ 50,00- STEFANO CROVI a sostegno ............................................ “ 10,00 - EBE MORANI Puianello a sostegno .................................. “ 50,00- LORENZETTI BASCHIERI a sostegno ................................ “ 30,00- FLORINDO RIATTI a sostegno .......................................... “ 100,00- AUGUSTO CAMPANINI a sostegno ................................... “ 30,00

- BRUNO GATTI a sostegno ............................................... “ 30,00- ANNA e GABRIELLA PELLACANI in ricordo del fratello Ovidio “Tito” .................................................. “ 50,00- GUANCARLO RUGGIERI a sostegno ................................. “ 50,00- UGO CANTARELLI in ricordo della moglie Deletta Daolio ............................................. “ 20,00- IREO prof. LUSUARDI a sostegno .................................... “ 100,00- Fam. ROCCHI in ricordo del padre Carlo, ......................... “ 30,00- Fam. VALERIANI in ricordo di Davide Valeriani “Formica”, ..................................................................... “ 100,00- ANNA FERRARI e Fam. in memoria di Didimo Ferrari “Eros” .................................................. “ 100,00- AMILCARE MORETTI a sostegno ..................................... “ 30,00- ENZA BASENGHI a sostegno ........................................... “ 20,00- GIORGIO CAMPANINI Poviglio a sostegno ........................ “ 25,00- AMELIA ALBARELLI in memoria del marito Arturo Iotti ..... “ 25,00- ENZA BASENGHI e PAOLO PREDIERI in occasione delle nozze d’oro di Augusto Grasselli e Enza Istelli .................................... “ 100,00- PALMA e LUCIANO FRANZONI in ricordo del padre Federico .......................................................... “ 50,00- FAM. BECCARI in memoria di Lido Baccari “Garibaldi” .... “ 50,00- FAM. ROZZI per anniversario morte di Walter Rozzi ......... “ 50,00- FAM.CARRETTI/PIOPPI in memoria di Giuseppe Carretti “Dario” ........................................... “ 100,00- ERIO LANZONI “Volga” a sostegno .................................. “ 20,00- ANDREA BRAGAZZI a sostegno ...................................... “ 20,00- MAFALDA E GIANNI GIAROLI a ricordo dei genitori Dolores Gemmi e Angelo Giaroni .................. “ 200,00- DILVA BURANI, in ricordo del marito Wether Spaggiari ...... “ 200,00- CLAUDIA CAVAZZONI, in memoria del nonno Giannino Cavazzoni “Marco” ........................................... “ 60,00

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USCITA 22 OTTOBRE

Quando nel 2001 lascia il penitenziario federale, dopo avere scontato una pena per frode finanziaria, riciclaggio di dena-ro e traffici illeciti, Gordon Gekko (Dou-glas) è un uomo diverso. Non è più il do-minatore di Wall Street, ha la barba mal rasata e i capelli in disordine. Nessuno lo sta aspettando, né la figlia Winnie (Mul-ligan), che non vuole più saperne di lui, tantomeno i suoi colleghi di Wall Street, occupati in sua assenza ad accumulare fortune sempre più immense. Dopo otto anni di detenzione, Gekko è un uomo solo e fuori dal mondo al quale apparteneva. Nel 2008 Jake Moore (LaBeouf) è un gio-vane e abile intermediario finanziario, la-vora per la Keller Zabel Investments, ed è fidanzato con Winnie. Quando il suo capo Louis Zabel (Langella) capisce che la sua compagnia sta fallendo si rivolge a Bret-ton James (Brolin), socio della potente banca d’investimenti Churchill Schwartz, per chiedergli un aiuto. Zabel non ottie-ne nessun aiuto e la situazione lo porta al

suicidio. Ma la sua morte è molto sospet-ta. Jake a quel punto si mette in contatto con Gekko e gli propone un patto: se lui lo aiuta a fare crollare Bretton James in cambio Jake farà di tutto perché Winnie riprenda i rapporti con suo padre. Gekko, che sta promuovendo il suo nuovo libro, intitolato L’avidità è giusta?, scritto in carcere, accetta.Oliver Stone e il produttore Ed Pressman – già partner nel primo film – giocano in casa: entrambi i loro padri erano infatti pezzi grossi di Wall Street. La prospetti-va da insider sul contesto e sull’attuali-tà è assolutamente garantita. Era il 1987 quando Michael Douglas vestiva per la prima volta i panni di Gordon Gekko e recitava l’inno all’avidità che gli avrebbe fruttato un Golden Globe e un Oscar. Solo dopo scoprì che una generazione di agenti di Borsa era cresciuta con la fotografia di Gekko nel cassetto e i suoi completi Cer-ruti nell’armadio. Afferma Douglas: “Per anni ho incontrato persone che mi dice-

OBRE WALL STREET WALL STREET il denaro non dorme il denaro non dorme mai, parola di Oliver mai, parola di Oliver

Stone!Stone!Il ritorno di Gordon Gekko., Ventitré anni dopo, l’avidità degli anni ’80 a confronto con quella della prima decade del secondo millennio. Un sequel di cui si è parlato per lungo tempo ma il momento storico per realizzarlo non potrebbe essere stato più adatto.

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vano come avessero deciso di entrare in Borsa dopo avermi visto in Wall Street. Eppure ero il cattivo”. “Realizzando Wall Street, volevo concretamente vedere la guerra in atto qui da noi, vale a dire la guerra nella giungla finanziaria di New York, che è la mia città”, afferma Oliver Stone. “Questo film però è assolutamen-te originale, nuovo e avvincente. Ventitré

anni fanno un’enorme differenza e per me questo lavoro è stata una boccata d’aria nuova. Alla gente piacciono le storie sul potere, il potere è seducente. Penso che questa sia una delle ragioni per le quali Gekko e il film Wall Street hanno conser-vato la loro attrattiva negli anni”.

(Wall Street: Money Never Sleeps, Usa, 2010)Regia di Oliver Stone con Michael Douglas, Shia LaBeouf, Carey Mulligan, Charlie Sheen, Josh Brolin, Susan Sarandon, Frank Langella133’, 20th Century Fox, drammaticoUSCITA NEI CINEMA: 22 ottobre

WALL STREETWALL STREET il denaro non il denaro non

dorme maidorme mai

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