Tuttolibri n. 1713 (07-05-2010)

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utto LIBRI S TUTTOLIBRI t Direttore Responsabile Mario Calabresi Editrice La Stampa SpA via Marenco 32, Torino Presidente John Elkann Stabilimenti di stampa La Stampa, v. G. Bruno 84, Torino Litosud Roma Srl, v. Carlo Pesenti 130, Roma E.TI.S. 2000, Zona Industriale Palastrada, Catania L’Unione Editoriale spa, via Omodeo, Elmas (CA) Supplemento chiuso in tipografia il 6 maggio 2010 A cura di: LUCIANO GENTA con BRUNO QUARANTA [email protected] www.lastampa.it/tuttolibri/ Come e perché salvare e nutrire la memoria: il tema dei 5 giorni di incontri al Lingotto dal 13 al 17 maggio Sei quello che ricordi alone LE VIE DELLA MEMORIA MARCO BELPOLITI PIERO BIANUCCI ALLE PAGINE II-III GIOVANNI DE LUNA A PAGINA IV PAOLA MASTROCOLA AUGUSTO ROMANO ALLE PAGINE VI-VII intervista a TZVETAN TODOROV di DOMENICO QUIRICO ALLE PAGINE VIII-IX ENZO BIANCHI A PAGINA X L’INDIA, IL PAESE OSPITE ERNESTO FERRERO A PAGINA XI ALESSANDRO MONTI ALLE PAGINE XII-XIII CLAUDIO GORLIER A PAGINA XIV I NOSTRI RICORDI ORESTE DEL BUONO di GUIDO DAVICO BONINO NICO ORENGO di GIORGIO FICARA ALLE PAGINE XX-XXI LA CLASSIFICA DEI TITOLI PIU’ VENDUTI A PAGINA XXII IL DIARIO DI LETTURA: Federico Enriques, il signor Zanichelli di MARIO BAUDINO A PAGINA XXIII NUMERO 1713 ANNO XXXIV SABATO 8 MAGGIO 2010 ALL’INTERNO C arlo Fruttero S ilvia Avallone M aurizio Maggiani P upi Avati A ntonio Pennacchi M arco Travaglio G ad Lerner A lessandro D’Avenia G ianrico Carofiglio M elania Mazzucco G ian Antonio Stella F lavio Soriga L orenzo Pavolini L aura Pariani M arta Morazzoni P aolo Villaggio B enedetta Tobagi D ario Voltolini C hristian Frascella M assimo Gramellini LA STAMPA di Torino Il libro che manderei a memoria al

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Tuttolibri, italian review of books, from www.lastampa.it

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Pagina Fisica: INSERTI - NAZIONALE - 1 - 08/05/10 - Pag. Logica: INSERTI/PAGINE [TTL_1] - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 06/05/10 12.51

uttoLIBRIS

TUTTOLIBRI

t

DirettoreResponsabileMarioCalabresi

EditriceLaStampaSpAviaMarenco32,Torino

PresidenteJohnElkann

Stabilimentidi stampaLaStampa,v.G.Bruno84,TorinoLitosudRomaSrl, v.CarloPesenti130,RomaE.TI.S.2000, ZonaIndustrialePalastrada,CataniaL’UnioneEditorialespa,viaOmodeo,Elmas(CA)

Supplementochiuso in tipografia il6maggio2010

A cura di:LUCIANO GENTAcon BRUNO QUARANTA

[email protected]/tuttolibri/

Come e perché salvare

e nutrire la memoria: il tema

dei 5 giorni di incontri

al Lingotto dal 13 al 17 maggio

Seiquellochericordi

aloneLE VIE

DELLA MEMORIA

MARCO BELPOLITI

PIERO BIANUCCIALLE PAGINE II-III

GIOVANNI DE LUNAA PAGINA IV

PAOLA MASTROCOLAAUGUSTO ROMANO

ALLE PAGINE VI-VII

intervista aTZVETAN TODOROV

di DOMENICO QUIRICOALLE PAGINE VIII-IX

ENZO BIANCHIA PAGINA X

L’INDIA,IL PAESE OSPITE

ERNESTO FERREROA PAGINA XI

ALESSANDRO MONTIALLE PAGINE XII-XIII

CLAUDIO GORLIERA PAGINA XIV

I NOSTRI RICORDI

ORESTE DEL BUONOdi GUIDO DAVICO BONINO

NICO ORENGOdi GIORGIO FICARA

ALLE PAGINE XX-XXI

LA CLASSIFICA

DEI TITOLI

PIU’ VENDUTIA PAGINA XXII

IL DIARIO

DI LETTURA:

Federico Enriques,

il signor Zanichelli

di MARIO BAUDINOA PAGINA XXIII

NUMERO 1713ANNO XXXIVSABATO 8 MAGGIO 2010

ALL’INTERNO

Carlo Fruttero

S ilvia Avallone

Maurizio Maggiani

P upiAvati

Antonio Pennacchi

Marco Travaglio

Gad Lerner

A lessandro D’Avenia

G ianrico Carofiglio

Melania Mazzucco

G ian Antonio Stella

F lavio Soriga

Lorenzo Pavolini

Laura Pariani

Marta Morazzoni

P aolo Villaggio

Benedetta Tobagi

Dario Voltolini

Christian Frascella

Massimo Gramellini

LA STAMPA

di Torino

Il libro che manderei a memoria

al

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Pagina Fisica: INSERTI - NAZIONALE - 2 - 08/05/10 - Pag. Logica: INSERTI/PAGINE [TTL_2] - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 06/05/10 12.51

Stacy Snyder è un'a-spirante insegnante.A venticinque anni,

terminati gli studi, i funzionaridell'università che le devonodare il nullaosta la convocano.Pur avendo ottimi voti, e con-cluso molto bene il tirocinio,Stacy non può fare l'insegnan-te. Hanno trovato una sua fotoonline che la ritrae col cappel-lo da pirata in testa mentre be-ve da un bicchiere di plastica.Sulla pagina di MySpace, dovel'ha postata per far ridere gliamici, la ragazza ha scrittotempo prima: pirata ubriaco.L'amministrazione superze-lante sostiene che c'è il rischioche i bambini della scuola pos-sano vedere la loro insegnanteche beve. Stacy cerca di to-glierla dal web, ma è già stataindicizzata dai motori di ricer-ca e archiviata dai web craw-ler. Fa ricorso contro la deci-sione, e in tribunale perde.

Viktor Mayer-Schönber-ger, direttore dell'Informationand Innovation Policy Resear-ch Center all'Università di Sin-

gapore, apre con la storia dellagiovane, e di un altro più anzia-no psicoterapeuta canadese,colpito dalla memoria lungadel web, il suo libro intitolatoDelete edito da Egea, dedicatoal diritto all'oblio nell'era digi-tale.

Oggi, grazie a Internet, sem-bra essersi rovesciato il rap-porto tra memoria e dimenti-canza: mentre un tempo eracostoso e difficile ricordare,oggi appare, al contrario, mol-to oneroso l'oblio. L'arrivo del-le tecnologie digitali ha infatticambiato tutto. Come ci ricor-da Carlo Formenti nella prefa-zione al libro, possiamo dupli-care all'infinito ogni genered'informazioni (testi, immagi-ni, suoni, ecc.) a costo zero, esenza che le copie perdano diqualità; inoltre, possiamo con-dividere con altri le informa-zioni: c'è una sola grande mac-china planetaria di cui il no-stro computer è un terminale.

Quello che la ragazza ameri-cana non ha considerato è pro-prio quest'aspetto. Sino al2000 Internet era uno stru-mento di accesso all'informa-zione, ora è uno strumento percondividerla. Noi tutti contri-buiamo, senza accorgercene,ad accrescere il sistema d'in-formazioni così che non siamosolo consumatori, ma, attra-verso i blog, Facebook, My-

Space e gli altri social network,dei produttori di informazioniche altri - aziende, singoli, poli-ziotti, sociologi, militari, ecc. -utilizzano per vari fini moltepli-ci: campagne commerciali,marketing, spionaggio, gossip,saggi, libri, relazioni, pura curio-sità. Come scrive Schönberger,«una volta condivisa un'infor-mazione, se ne perde il control-lo».

Ecco perché il problema dell'oblio diventa importante: il pas-sato resta impresso come un ta-tuaggio sulla pelle digitale e can-cellarlo costa denaro, e dolore.In un suo famoso racconto Bor-ges evoca la figura di un uomoche non dimentica nulla, Funes,el memorioso. Ricorda tutto delpassato, per quanto la sua me-moria prodigiosa si perda in un'infinità di dettagli, proprio co-me il caso di una donna, una

quarantenne californiana, che,a causa di un incidente, si è tro-vata nella medesima situazione:una memoria incontrollabile eautomatica, alla stregua di unfilm che non finisce mai. Ricor-dare troppo è pericoloso, per-ché ci espone alla condizione di

vivere in un eterno presente.L'oblio è una strategia neces-

saria, anche per il nostro cervel-lo che del resto è predispostobiologicamente a tenere a men-te solo un numero limitato di co-se. Schönberger fa l'esempio didue amici che devono incontrar-

si, e prima si scambiano diversee-mail. Uno dei due, cercandonelle vecchie missive, si ricordadi colpo che anni prima avevanoavuto una discussione spiacevo-le; rilegge le e-mail con la conse-guenza di suscitare un risenti-mento inatteso verso l'altro.

L'eccesso d'informazioni va ascapito della nostra capacità diagire nel presente in modo libe-ro e non gravato da pesi eccessi-vi. Nel mondo di Funes esistonosolo particolari, mentre, comeci ha insegnato Proust, l'oblio èla virtù che ci permette di innal-zarci al di sopra dei particolariper cogliere il senso generaledelle cose. Come a Stacy, acca-de a molti di compiere gesti o at-ti sconsiderati, o futili, specie inetà giovanile, e di cui poi ci sipente. Il fatto che nei siti web re-sti memoria degli errori o delleesagerazioni compiute è un dan-

no per il futuro dei singoli.Il fiume Lete, fiume che di-

spensa oblio, nel corso della sto-ria è sempre scorso abbondan-te; oggi si è quasi seccato, percui bisogna procedere a una se-rie d'interventi anche legislativiper cancellare le informazionistipate nel web, come del restol'Unione Europea ha comincia-to a fare, anche se non abba-stanza, come ci ricorda nei suoisaggi Stefano Rodotà: abbiamoun diritto attivo all'oblio.

Il vero problema è come farconvivere il diritto alla privacycon l'ossessiva ricerca di visibi-lità che attanaglia gran partedella popolazione mondiale inquesto momento. Il superamen-to del confine che separava vitaprivata da vita pubblica è statoeroso da molteplici fattori, tracui quello che Richard Sennetha definito «tirannia della inti-mità», e porta a rendere pubbli-ci aspetti personali proprio co-me ha fatto la spiritosa inse-gnante americana. L'indeboli-mento delle identità collettiveobbliga gli individui a un fatico-so e continuo processo di co-struzione della propria identità,in cui l'oblio attivo non sembratrovare spazio, mentre l'osten-sione di sé appare l'elementoprevalente.

Forse bisognerà, come acca-de già per le merci deperibili, eanche per noi stessi, stabilireuna data di scadenza delle infor-mazioni memorizzate nel web.Solo i paranoici coltivano il so-gno onnipotente di essere ricor-dati per ogni cosa che hanno fat-to, e per sempre.

Possiamo riassumereil problema così. Permillenni la memoria è

stata solo dentro il cervelloumano. Poi una minima partesi è trasferita in documentiscritti: alla memoria interna siè affiancata una memoriaesterna. Questa, dopo Guten-berg, è cresciuta enormemen-te, ma ancora in modo governa-bile grazie a quella meta-me-moria che sono i cataloghi dellebiblioteche.

Le cose cambiano radical-mente con l’arrivo delle memo-rie elettroniche. All’inizio era-

no deboli e care. Oggi hanno di-mensioni quasi illimitate e co-stano una sciocchezza. Risulta-to: la memoria esterna ha supe-rato quella interna. Per di più,Internet connette le immensememorie esterne in una Super-memoria mondiale.

L’uomo ha una memoria da100 milioni di megabyte, il com-puter mondiale da 85 mila mi-liardi, cioè quasi un milione divolte più grande. Ecco perchéil nostro cervello è entrato incrisi. Il Sapere ci sfugge da tut-te le parti per quantità e, poi-ché sono saltati i criteri per va-

lidarlo, anche per qualità.Se questo è il problema, co-

me se ne esce? Semplificandoin modo estremo, esistono duevie ispirate da filosofie oppo-ste: Wikipedia e Google.

Una differenza è grossola-na: Wikipedia è un deposito diconoscenze, ampio ma, alla fi-ne, ben circoscritto, Google èun motore di ricerca che scan-daglia tutti i depositi di cono-scenze del Web. Chi va su Wiki-pedia approda in un’isola, chiva su Google si tuffa nell’ocea-no, navigandone sia la superfi-cie sia gli abissi. Wikipedia è unsito, Google un meta-sito. Nonè però questa differenza ovviache ci interessa ma piuttosto ladifferenza «politica».

Wikipedia è illuminista e de-mocratica. Illuminista perchésogna di ordinare il Sapere. De-mocratica perché tutti posso-

no liberamente contribuire afarla crescere. Questa è unagrande rivoluzione intellettua-le a base tecnologica. Il softwa-re Wiki è un ambiente aperto:chi ci entra è insieme consuma-tore e produttore dei conoscen-za. Ciò sottintende un’etica di

cooperazione, solidarietà, tolle-ranza, fiducia nella Ragione.Non c’è copyright, i contenutiintellettuali sono gratuiti, ognu-no può farne ciò che vuole pur-ché senza fini commerciali. Ilpunto debole è la validazionedel Sapere. Nell’Enciclopédie

di Diderot e d’Alembert la valu-tazione era accademica, inWikipedia è cooperativa. Laprima era una validazione for-te, la seconda debole. Ma ri-spetto alla prima ha il vantag-gio di non cristallizzarsi in dog-mi, di seguire l’evoluzione delSapere, giorno per giorno, oraper ora. Wikipedia ha in sé il vi-rus dell’errore e insieme i suoianticorpi.

Altra storia per Google: ètecnocratico, autoritario e com-merciale. Tecnocratico e auto-ritario perché i meccanismi diun motore di ricerca sono na-scosti a chi lo usa. Commercia-le non tanto perché veicola pub-blicità ma piuttosto perché ilcriterio di selezione dei siti, fon-dato sul numero dei link, fun-ziona un po’ come l’Auditel,che fa vincere il programmapiù visto, anche se non è detto

che sia il migliore. Così para-dossalmente in Google l’autori-tarismo tecnocratico si affidaal populismo. Sempre con l’oc-chio al mercato: Google tracciail profilo di chi lo consulta, perlui è un cliente. Il che non to-glie, per carità, che Google siautilissimo. Basta saperlo.

Tutte queste cose non stan-no in un libro solo. Bisogna met-terle insieme leggendone moltifreschi di stampa e poi ragio-narci sopra.

Wikipedia nasce nel 2001 adopera di Jimmy Wales e LarrySanger. Oggi conta 3 milioni divoci in inglese, 800 mila in te-desco, 600 mila in francese,giapponese, polacco e italiano,mentre altre 25 edizioni hannoalmeno 100 mila voci. AndrewLih in La rivoluzione di Wikipe-dia (Codice) racconta la storiadi questa avventura.

L’umanista digitale di Tere-sa Numerico, Domenico Fior-monte e Francesca Tomasi (ilMulino) fornisce strumentiper orientarsi nella Superme-moria elettronica, con specialeattenzione ai letterati che ri-schiano di chiudersi in torrid’avorio senza futuro. Tra lepagine più utili, quelle sui mo-tori di ricerca, e in particolaresu Google, fondato da Larry

Page e Sergey Brin nel 1995 aStanford.

Oggi Google esplora in fra-zioni di secondo 10 miliardi dipagine del Web, ha 20 mila di-pendenti, 450 mila computer e6,7 miliardi di dollari di fattura-to; il primo trimestre 2010 si èchiuso con utili in crescita a1,96 miliardi di dollari, il 37% inpiù rispetto al 2009. Per tute-larsi è bene leggere L’algoritmoal potere (Laterza, pp. 118, € 14)di Francesco Antinucci e Comeusare meglio Google di Luca DeFiore (Il Pensiero Scientifico,pp. 138, € 14).

Sulla storia dell’informaticaè interessante Uomini e compu-ter di Daniele Casalegno (Hoe-pli, pp. 312, € 24). Ma per dareun senso alla memoria internaumana rispetto a quella ester-na elettronica servono Docu-mentalità (Laterza), dove il filo-sofo Maurizio Ferraris defini-sce lo statuto ontologico diogni oggetto come memoriascritta. Altre scialuppe perscampare al naufragio: Mi ritor-no in mente del biologo EdoardoBoncinelli (Longanesi, pp. 253,€ 16,60) e Il cervello, istruzioniper l’uso del genetista John Me-dina (Bollati Boringhieri, pp.315, € 19).

BOOKSTOCK VILLAGE

Giovani lettori crescono= Dalla prima infanzia all’Università. Appuntamento alBookstock Village. Con un programma per i più piccoli fino ai14 anni, a cura di Eros Miari («La memoria che guardaavanti»), e un programma per i giovani over 14, a cura diDavide Boosta Dileo, tastierista dei Subsonica («La memoriavista di lato»). Fra gli ospiti, Margherita Hack, Paola Capriolo,Pierluigi Baima Bollone, Carlo Lucarelli, Red Ronnie, PaoloBonolis. Nel cuore del Village, l’Arca della memoria,un’iniziativa didattica del Castello di Rivoli con gli allievi delprimo liceo artistico di Torino. Metafora sottesa al progetto èl’«Onda lunga della memoria», motivo ispiratore di artistiquali Hokusai, Courbet, Gauguin.

GLI OSPITI DI «LINGUA MADRE» ALL’ARENA PIEMONTE

Voci da tutto il mondo= Sesta edizione di Lingua Madre, iniziativa della RegionePiemonte, coordinata dal Circolo dei Lettori. Scrittori, reading,concerti, fuori e dentro il Salone (nell’Arena Piemonte, dal 13al 17 maggio). Tra gli ospiti annunciati, in arrivo da tutto ilmondo (India, Romania, Egitto, Somalia, Italia, Haiti, Malesia,Sud Africa, Iran, Guinea, Pakistan, Cecenia, Marocco): FilipFlorian, Shailja Patel, Kamila Shamsie, Licia Giaquinto, CeciliaSamartin, Preeta Samarasan, Tahar Lamri, Yussef Ziedan,Samina Ali, Siba Shakib, Raj Patel, Breyten Breytenbach, SaidSayrafrezadeh, Susann Scholl. Il 17 maggio, ultimo giorno delSalone, saranno premiate le tre vincitrici del quinto concorsoletterario nazionale Lingua Madre, ideato da Daniela Finocchi.

ISTRUZIONIPER L’USO

Orari, prezzi, sito= Sede del Salone del Libro è Lingotto Fiere, via Nizza 280.Giovedì 13, domenica 16 e lunedì 17 è aperto dalle 10 alle 22,venerdì 14 e sabato 15 dalle 10 alle 23. Biglietto intero: 8 euro.Biglietto ridotto: 6 euro (ragazzi tra gli 11 e i 18 anni, studentiuniversitari, militari, oltre i 65 anni). Biglietto ridotto junior:2,50 euro (bambini fra i 3 e i 10 anni e alunni delle scuolematerne e elementari accompagnati dagli insegnanti). Bigliettogratuito per disabili e accompagnatori. Speciali comitive: oltrele 20 persone, 6 euro, biglietti solo in prevendita presso lasegreteria organizzativa. E’ previsto l’abbonamento per 5giorni a 19 euro (un ingresso giornaliero). Il sito con ilprogramma: www.salonelibro.it, e-mail: [email protected]

5 GIORNI AL LINGOTTO DAL 13 AL 17 MAGGIO

E la Fiera torna Salone= Giunta alla sua ventitreesima edizione la Fiera, guidata daRolando Picchioni e Ernesto Ferrero, madrina Sandra Ozzoladella casa editrice e/o, torna a chiamarsi Salone, ma mantiene lasua identità di festa e mercato popolare, con centinaia di stand eincontri in cui ognuno, proprio come in una sagra, può andare incerca di chi e cosa più gli interessa, passando dalle lectio distorici e filosofi alle chiacchiere del presentatore tv o alle note delcantante scrittore preferito. Cinque giorni dal 13 al 17 maggio alLingotto. Serata inaugurale (a inviti) mercoledì 12 (h 20,30,Arena del Bookstock Village), in omaggio all’India, Paese ospite:prolusione di Sudhir Kakar, scrittore e psicoanalista, autore di Gliindiani. Ritratto di un popolo (Neri Pozza).

Speciale Salone 2010IITuttolibri

SABATO 8 MAGGIO 2010LA STAMPA III

Sull’avvenire della memoria,Umberto Eco in dialogo conMaurizio Ferraris e PatriziaVioli, (il 15 maggio, h. 16,Sala dei 500). Conriferimento ai 150 anni dellastoria d’Italia, discutono su«memoria e oblio» ErnestoGalli della Loggia e FrancescoTraniello (il 15 maggio, h.14,30, Sala Rossa).

Il genetista EdoardoBoncinelli in dialogo conArnaldo Benini il 16 maggio,h. 15, Sala Rossa, su «Icongegni della memoria».Conduce: Piero Bianucci.Il 13 maggio, h. 14, SalaGialla, lectio magistralis diPiero Angela su «Insegnare lescienze». IntervieneFrancesco De Sanctis.Devo scegliere:

cosa conservoe cosa cancello?

Questo Speciale

Che dilemma:uso il cervelloo il computer?

Il logo del Salone del Librodedicato al tema della memoria

La memoria e il web Nell’era digitale c’èanche un diritto all’oblio, impresa che diventapiù faticosa del ricordare ma necessaria: averetroppe informazioni ci impedisce di agireSiamo consumatori

e produttori di unamiriade di dati, anchei più intimi, di cuiperdiamo il controllo

Viktor Mayer-Schönberger

DeleteEgea, pp. 191, € 19

E’ la novità in vetrina chemeglio pone il problema del«cosa conservare» di fronte auna crescita esponenzialedelle nostre informazioni.Il libro fondamentalesull'oblio è Lete di HaraldWeinrich (il Mulino 1999); daricordare: Usi dell'oblio(Pratiche 1990), con saggi tragli altri di Y. H. Yerushalmi eGianni Vattimo; La memoriae l'oblio a cura di FrancoRella (Pendagron 2002) e,per antitesi, Ricordare diAleida Assman (il Mulino2002). Il tema era già al centrodi una lezione di Eco sull’arsoblivionalis, in un convegnoinizio Anni 90 a Milano: inquella occasione l'editoreFranco Angeli pubblicò settevolumi curati dall'UniversitàCattolica, col titolo L’artedella dimenticanza.A Luoghi della memoria edell’oblio è dedicato ilnumero14del1995di Iride, rivistadifilosofia,editada ilMulino.

Le memorie della scienza Oggi hannodimensioni quasi illimitate e costanouna sciocchezza: il Sapere ci sfuggeda tutte le parti per quantità e per qualità

Google è autoritarioe commerciale:il criterio di selezionedei siti èuna sorta di Auditel

Incontri

Andrew Lih

La rivoluzionedi WikipediaCodice, pp. 280, € 25

Il motore nasce nel 2001 adopera di Jimmy Wales e LarrySanger. Oggi conta tremilioni di voci in inglese, 800mila in tedesco, 600 mila initaliano.

Teresa Numerico,Domenico Fiormonte,Francesca Tomasi

L’umanista digitaleIl Mulino, pp. 23, € 19

Tra le pagine più utili, quellesu Google, fondato da LarryPage e Sergey Brin nel 1995 aStanford. Oggi ha 20 miladipendenti.

Bussole per orientarsirivolte ai letteratiche rischianodi chiudersi in torrid’avorio senza futuro

Ricordare troppo èpericoloso, significavivere in un eternopresente, in un filmche non finisce mai

MARCO BELPOLITI

PIERO BIANUCCI

Wikipedia è illuministae democratica,una grande rivoluzioneintellettualea base tecnologica

Incontri

Sfogliando l’album di lettura nella fotografia del ’900: due immagini di Eyedea/Contrasto (a sinistra) e di Ferdinando Scianna/Magnum/Contrasto (a destra)

Come da tradizione Tuttolibri ha

scelto di presentare il Salone del libro,

sviluppandone il tema conduttore, la

memoria: come e perché conservare e

far vivere il nostro passato.

Agli articoli dei nostri collaboratori

si accompagnano, nella seconda parte,

i consigli di lettura di 20 scrittori:

quale libro manderei a memoria?

Al centro quattro pagine dedicate

al Paese ospite d’onore, l’India.

Lo Speciale è stato realizzato in

redazione, con il progetto grafico di

Marina Carpini e le immagini scelte

dal photoeditor Mauro Vallinotto.

«L’onda della memoria» realizzata dal Castello di Rivoli

Torino 13-17 maggio

Page 3: Tuttolibri n. 1713 (07-05-2010)

Pagina Fisica: INSERTI - NAZIONALE - 3 - 08/05/10 - Pag. Logica: INSERTI/PAGINE [TTL_2] - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 06/05/10 12.51

Stacy Snyder è un'a-spirante insegnante.A venticinque anni,

terminati gli studi, i funzionaridell'università che le devonodare il nullaosta la convocano.Pur avendo ottimi voti, e con-cluso molto bene il tirocinio,Stacy non può fare l'insegnan-te. Hanno trovato una sua fotoonline che la ritrae col cappel-lo da pirata in testa mentre be-ve da un bicchiere di plastica.Sulla pagina di MySpace, dovel'ha postata per far ridere gliamici, la ragazza ha scrittotempo prima: pirata ubriaco.L'amministrazione superze-lante sostiene che c'è il rischioche i bambini della scuola pos-sano vedere la loro insegnanteche beve. Stacy cerca di to-glierla dal web, ma è già stataindicizzata dai motori di ricer-ca e archiviata dai web craw-ler. Fa ricorso contro la deci-sione, e in tribunale perde.

Viktor Mayer-Schönber-ger, direttore dell'Informationand Innovation Policy Resear-ch Center all'Università di Sin-

gapore, apre con la storia dellagiovane, e di un altro più anzia-no psicoterapeuta canadese,colpito dalla memoria lungadel web, il suo libro intitolatoDelete edito da Egea, dedicatoal diritto all'oblio nell'era digi-tale.

Oggi, grazie a Internet, sem-bra essersi rovesciato il rap-porto tra memoria e dimenti-canza: mentre un tempo eracostoso e difficile ricordare,oggi appare, al contrario, mol-to oneroso l'oblio. L'arrivo del-le tecnologie digitali ha infatticambiato tutto. Come ci ricor-da Carlo Formenti nella prefa-zione al libro, possiamo dupli-care all'infinito ogni genered'informazioni (testi, immagi-ni, suoni, ecc.) a costo zero, esenza che le copie perdano diqualità; inoltre, possiamo con-dividere con altri le informa-zioni: c'è una sola grande mac-china planetaria di cui il no-stro computer è un terminale.

Quello che la ragazza ameri-cana non ha considerato è pro-prio quest'aspetto. Sino al2000 Internet era uno stru-mento di accesso all'informa-zione, ora è uno strumento percondividerla. Noi tutti contri-buiamo, senza accorgercene,ad accrescere il sistema d'in-formazioni così che non siamosolo consumatori, ma, attra-verso i blog, Facebook, My-

Space e gli altri social network,dei produttori di informazioniche altri - aziende, singoli, poli-ziotti, sociologi, militari, ecc. -utilizzano per vari fini moltepli-ci: campagne commerciali,marketing, spionaggio, gossip,saggi, libri, relazioni, pura curio-sità. Come scrive Schönberger,«una volta condivisa un'infor-mazione, se ne perde il control-lo».

Ecco perché il problema dell'oblio diventa importante: il pas-sato resta impresso come un ta-tuaggio sulla pelle digitale e can-cellarlo costa denaro, e dolore.In un suo famoso racconto Bor-ges evoca la figura di un uomoche non dimentica nulla, Funes,el memorioso. Ricorda tutto delpassato, per quanto la sua me-moria prodigiosa si perda in un'infinità di dettagli, proprio co-me il caso di una donna, una

quarantenne californiana, che,a causa di un incidente, si è tro-vata nella medesima situazione:una memoria incontrollabile eautomatica, alla stregua di unfilm che non finisce mai. Ricor-dare troppo è pericoloso, per-ché ci espone alla condizione di

vivere in un eterno presente.L'oblio è una strategia neces-

saria, anche per il nostro cervel-lo che del resto è predispostobiologicamente a tenere a men-te solo un numero limitato di co-se. Schönberger fa l'esempio didue amici che devono incontrar-

si, e prima si scambiano diversee-mail. Uno dei due, cercandonelle vecchie missive, si ricordadi colpo che anni prima avevanoavuto una discussione spiacevo-le; rilegge le e-mail con la conse-guenza di suscitare un risenti-mento inatteso verso l'altro.

L'eccesso d'informazioni va ascapito della nostra capacità diagire nel presente in modo libe-ro e non gravato da pesi eccessi-vi. Nel mondo di Funes esistonosolo particolari, mentre, comeci ha insegnato Proust, l'oblio èla virtù che ci permette di innal-zarci al di sopra dei particolariper cogliere il senso generaledelle cose. Come a Stacy, acca-de a molti di compiere gesti o at-ti sconsiderati, o futili, specie inetà giovanile, e di cui poi ci sipente. Il fatto che nei siti web re-sti memoria degli errori o delleesagerazioni compiute è un dan-

no per il futuro dei singoli.Il fiume Lete, fiume che di-

spensa oblio, nel corso della sto-ria è sempre scorso abbondan-te; oggi si è quasi seccato, percui bisogna procedere a una se-rie d'interventi anche legislativiper cancellare le informazionistipate nel web, come del restol'Unione Europea ha comincia-to a fare, anche se non abba-stanza, come ci ricorda nei suoisaggi Stefano Rodotà: abbiamoun diritto attivo all'oblio.

Il vero problema è come farconvivere il diritto alla privacycon l'ossessiva ricerca di visibi-lità che attanaglia gran partedella popolazione mondiale inquesto momento. Il superamen-to del confine che separava vitaprivata da vita pubblica è statoeroso da molteplici fattori, tracui quello che Richard Sennetha definito «tirannia della inti-mità», e porta a rendere pubbli-ci aspetti personali proprio co-me ha fatto la spiritosa inse-gnante americana. L'indeboli-mento delle identità collettiveobbliga gli individui a un fatico-so e continuo processo di co-struzione della propria identità,in cui l'oblio attivo non sembratrovare spazio, mentre l'osten-sione di sé appare l'elementoprevalente.

Forse bisognerà, come acca-de già per le merci deperibili, eanche per noi stessi, stabilireuna data di scadenza delle infor-mazioni memorizzate nel web.Solo i paranoici coltivano il so-gno onnipotente di essere ricor-dati per ogni cosa che hanno fat-to, e per sempre.

Possiamo riassumereil problema così. Permillenni la memoria è

stata solo dentro il cervelloumano. Poi una minima partesi è trasferita in documentiscritti: alla memoria interna siè affiancata una memoriaesterna. Questa, dopo Guten-berg, è cresciuta enormemen-te, ma ancora in modo governa-bile grazie a quella meta-me-moria che sono i cataloghi dellebiblioteche.

Le cose cambiano radical-mente con l’arrivo delle memo-rie elettroniche. All’inizio era-

no deboli e care. Oggi hanno di-mensioni quasi illimitate e co-stano una sciocchezza. Risulta-to: la memoria esterna ha supe-rato quella interna. Per di più,Internet connette le immensememorie esterne in una Super-memoria mondiale.

L’uomo ha una memoria da100 milioni di megabyte, il com-puter mondiale da 85 mila mi-liardi, cioè quasi un milione divolte più grande. Ecco perchéil nostro cervello è entrato incrisi. Il Sapere ci sfugge da tut-te le parti per quantità e, poi-ché sono saltati i criteri per va-

lidarlo, anche per qualità.Se questo è il problema, co-

me se ne esce? Semplificandoin modo estremo, esistono duevie ispirate da filosofie oppo-ste: Wikipedia e Google.

Una differenza è grossola-na: Wikipedia è un deposito diconoscenze, ampio ma, alla fi-ne, ben circoscritto, Google èun motore di ricerca che scan-daglia tutti i depositi di cono-scenze del Web. Chi va su Wiki-pedia approda in un’isola, chiva su Google si tuffa nell’ocea-no, navigandone sia la superfi-cie sia gli abissi. Wikipedia è unsito, Google un meta-sito. Nonè però questa differenza ovviache ci interessa ma piuttosto ladifferenza «politica».

Wikipedia è illuminista e de-mocratica. Illuminista perchésogna di ordinare il Sapere. De-mocratica perché tutti posso-

no liberamente contribuire afarla crescere. Questa è unagrande rivoluzione intellettua-le a base tecnologica. Il softwa-re Wiki è un ambiente aperto:chi ci entra è insieme consuma-tore e produttore dei conoscen-za. Ciò sottintende un’etica di

cooperazione, solidarietà, tolle-ranza, fiducia nella Ragione.Non c’è copyright, i contenutiintellettuali sono gratuiti, ognu-no può farne ciò che vuole pur-ché senza fini commerciali. Ilpunto debole è la validazionedel Sapere. Nell’Enciclopédie

di Diderot e d’Alembert la valu-tazione era accademica, inWikipedia è cooperativa. Laprima era una validazione for-te, la seconda debole. Ma ri-spetto alla prima ha il vantag-gio di non cristallizzarsi in dog-mi, di seguire l’evoluzione delSapere, giorno per giorno, oraper ora. Wikipedia ha in sé il vi-rus dell’errore e insieme i suoianticorpi.

Altra storia per Google: ètecnocratico, autoritario e com-merciale. Tecnocratico e auto-ritario perché i meccanismi diun motore di ricerca sono na-scosti a chi lo usa. Commercia-le non tanto perché veicola pub-blicità ma piuttosto perché ilcriterio di selezione dei siti, fon-dato sul numero dei link, fun-ziona un po’ come l’Auditel,che fa vincere il programmapiù visto, anche se non è detto

che sia il migliore. Così para-dossalmente in Google l’autori-tarismo tecnocratico si affidaal populismo. Sempre con l’oc-chio al mercato: Google tracciail profilo di chi lo consulta, perlui è un cliente. Il che non to-glie, per carità, che Google siautilissimo. Basta saperlo.

Tutte queste cose non stan-no in un libro solo. Bisogna met-terle insieme leggendone moltifreschi di stampa e poi ragio-narci sopra.

Wikipedia nasce nel 2001 adopera di Jimmy Wales e LarrySanger. Oggi conta 3 milioni divoci in inglese, 800 mila in te-desco, 600 mila in francese,giapponese, polacco e italiano,mentre altre 25 edizioni hannoalmeno 100 mila voci. AndrewLih in La rivoluzione di Wikipe-dia (Codice) racconta la storiadi questa avventura.

L’umanista digitale di Tere-sa Numerico, Domenico Fior-monte e Francesca Tomasi (ilMulino) fornisce strumentiper orientarsi nella Superme-moria elettronica, con specialeattenzione ai letterati che ri-schiano di chiudersi in torrid’avorio senza futuro. Tra lepagine più utili, quelle sui mo-tori di ricerca, e in particolaresu Google, fondato da Larry

Page e Sergey Brin nel 1995 aStanford.

Oggi Google esplora in fra-zioni di secondo 10 miliardi dipagine del Web, ha 20 mila di-pendenti, 450 mila computer e6,7 miliardi di dollari di fattura-to; il primo trimestre 2010 si èchiuso con utili in crescita a1,96 miliardi di dollari, il 37% inpiù rispetto al 2009. Per tute-larsi è bene leggere L’algoritmoal potere (Laterza, pp. 118, € 14)di Francesco Antinucci e Comeusare meglio Google di Luca DeFiore (Il Pensiero Scientifico,pp. 138, € 14).

Sulla storia dell’informaticaè interessante Uomini e compu-ter di Daniele Casalegno (Hoe-pli, pp. 312, € 24). Ma per dareun senso alla memoria internaumana rispetto a quella ester-na elettronica servono Docu-mentalità (Laterza), dove il filo-sofo Maurizio Ferraris defini-sce lo statuto ontologico diogni oggetto come memoriascritta. Altre scialuppe perscampare al naufragio: Mi ritor-no in mente del biologo EdoardoBoncinelli (Longanesi, pp. 253,€ 16,60) e Il cervello, istruzioniper l’uso del genetista John Me-dina (Bollati Boringhieri, pp.315, € 19).

BOOKSTOCK VILLAGE

Giovani lettori crescono= Dalla prima infanzia all’Università. Appuntamento alBookstock Village. Con un programma per i più piccoli fino ai14 anni, a cura di Eros Miari («La memoria che guardaavanti»), e un programma per i giovani over 14, a cura diDavide Boosta Dileo, tastierista dei Subsonica («La memoriavista di lato»). Fra gli ospiti, Margherita Hack, Paola Capriolo,Pierluigi Baima Bollone, Carlo Lucarelli, Red Ronnie, PaoloBonolis. Nel cuore del Village, l’Arca della memoria,un’iniziativa didattica del Castello di Rivoli con gli allievi delprimo liceo artistico di Torino. Metafora sottesa al progetto èl’«Onda lunga della memoria», motivo ispiratore di artistiquali Hokusai, Courbet, Gauguin.

GLI OSPITI DI «LINGUA MADRE» ALL’ARENA PIEMONTE

Voci da tutto il mondo= Sesta edizione di Lingua Madre, iniziativa della RegionePiemonte, coordinata dal Circolo dei Lettori. Scrittori, reading,concerti, fuori e dentro il Salone (nell’Arena Piemonte, dal 13al 17 maggio). Tra gli ospiti annunciati, in arrivo da tutto ilmondo (India, Romania, Egitto, Somalia, Italia, Haiti, Malesia,Sud Africa, Iran, Guinea, Pakistan, Cecenia, Marocco): FilipFlorian, Shailja Patel, Kamila Shamsie, Licia Giaquinto, CeciliaSamartin, Preeta Samarasan, Tahar Lamri, Yussef Ziedan,Samina Ali, Siba Shakib, Raj Patel, Breyten Breytenbach, SaidSayrafrezadeh, Susann Scholl. Il 17 maggio, ultimo giorno delSalone, saranno premiate le tre vincitrici del quinto concorsoletterario nazionale Lingua Madre, ideato da Daniela Finocchi.

ISTRUZIONIPER L’USO

Orari, prezzi, sito= Sede del Salone del Libro è Lingotto Fiere, via Nizza 280.Giovedì 13, domenica 16 e lunedì 17 è aperto dalle 10 alle 22,venerdì 14 e sabato 15 dalle 10 alle 23. Biglietto intero: 8 euro.Biglietto ridotto: 6 euro (ragazzi tra gli 11 e i 18 anni, studentiuniversitari, militari, oltre i 65 anni). Biglietto ridotto junior:2,50 euro (bambini fra i 3 e i 10 anni e alunni delle scuolematerne e elementari accompagnati dagli insegnanti). Bigliettogratuito per disabili e accompagnatori. Speciali comitive: oltrele 20 persone, 6 euro, biglietti solo in prevendita presso lasegreteria organizzativa. E’ previsto l’abbonamento per 5giorni a 19 euro (un ingresso giornaliero). Il sito con ilprogramma: www.salonelibro.it, e-mail: [email protected]

5 GIORNI AL LINGOTTO DAL 13 AL 17 MAGGIO

E la Fiera torna Salone= Giunta alla sua ventitreesima edizione la Fiera, guidata daRolando Picchioni e Ernesto Ferrero, madrina Sandra Ozzoladella casa editrice e/o, torna a chiamarsi Salone, ma mantiene lasua identità di festa e mercato popolare, con centinaia di stand eincontri in cui ognuno, proprio come in una sagra, può andare incerca di chi e cosa più gli interessa, passando dalle lectio distorici e filosofi alle chiacchiere del presentatore tv o alle note delcantante scrittore preferito. Cinque giorni dal 13 al 17 maggio alLingotto. Serata inaugurale (a inviti) mercoledì 12 (h 20,30,Arena del Bookstock Village), in omaggio all’India, Paese ospite:prolusione di Sudhir Kakar, scrittore e psicoanalista, autore di Gliindiani. Ritratto di un popolo (Neri Pozza).

Speciale Salone 2010IITuttolibri

SABATO 8 MAGGIO 2010LA STAMPA III

Sull’avvenire della memoria,Umberto Eco in dialogo conMaurizio Ferraris e PatriziaVioli, (il 15 maggio, h. 16,Sala dei 500). Conriferimento ai 150 anni dellastoria d’Italia, discutono su«memoria e oblio» ErnestoGalli della Loggia e FrancescoTraniello (il 15 maggio, h.14,30, Sala Rossa).

Il genetista EdoardoBoncinelli in dialogo conArnaldo Benini il 16 maggio,h. 15, Sala Rossa, su «Icongegni della memoria».Conduce: Piero Bianucci.Il 13 maggio, h. 14, SalaGialla, lectio magistralis diPiero Angela su «Insegnare lescienze». IntervieneFrancesco De Sanctis.Devo scegliere:

cosa conservoe cosa cancello?

Questo Speciale

Che dilemma:uso il cervelloo il computer?

Il logo del Salone del Librodedicato al tema della memoria

La memoria e il web Nell’era digitale c’èanche un diritto all’oblio, impresa che diventapiù faticosa del ricordare ma necessaria: averetroppe informazioni ci impedisce di agireSiamo consumatori

e produttori di unamiriade di dati, anchei più intimi, di cuiperdiamo il controllo

Viktor Mayer-Schönberger

DeleteEgea, pp. 191, € 19

E’ la novità in vetrina chemeglio pone il problema del«cosa conservare» di fronte auna crescita esponenzialedelle nostre informazioni.Il libro fondamentalesull'oblio è Lete di HaraldWeinrich (il Mulino 1999); daricordare: Usi dell'oblio(Pratiche 1990), con saggi tragli altri di Y. H. Yerushalmi eGianni Vattimo; La memoriae l'oblio a cura di FrancoRella (Pendagron 2002) e,per antitesi, Ricordare diAleida Assman (il Mulino2002). Il tema era già al centrodi una lezione di Eco sull’arsoblivionalis, in un convegnoinizio Anni 90 a Milano: inquella occasione l'editoreFranco Angeli pubblicò settevolumi curati dall'UniversitàCattolica, col titolo L’artedella dimenticanza.A Luoghi della memoria edell’oblio è dedicato ilnumero14del1995di Iride, rivistadifilosofia,editada ilMulino.

Le memorie della scienza Oggi hannodimensioni quasi illimitate e costanouna sciocchezza: il Sapere ci sfuggeda tutte le parti per quantità e per qualità

Google è autoritarioe commerciale:il criterio di selezionedei siti èuna sorta di Auditel

Incontri

Andrew Lih

La rivoluzionedi WikipediaCodice, pp. 280, € 25

Il motore nasce nel 2001 adopera di Jimmy Wales e LarrySanger. Oggi conta tremilioni di voci in inglese, 800mila in tedesco, 600 mila initaliano.

Teresa Numerico,Domenico Fiormonte,Francesca Tomasi

L’umanista digitaleIl Mulino, pp. 23, € 19

Tra le pagine più utili, quellesu Google, fondato da LarryPage e Sergey Brin nel 1995 aStanford. Oggi ha 20 miladipendenti.

Bussole per orientarsirivolte ai letteratiche rischianodi chiudersi in torrid’avorio senza futuro

Ricordare troppo èpericoloso, significavivere in un eternopresente, in un filmche non finisce mai

MARCO BELPOLITI

PIERO BIANUCCI

Wikipedia è illuministae democratica,una grande rivoluzioneintellettualea base tecnologica

Incontri

Sfogliando l’album di lettura nella fotografia del ’900: due immagini di Eyedea/Contrasto (a sinistra) e di Ferdinando Scianna/Magnum/Contrasto (a destra)

Come da tradizione Tuttolibri ha

scelto di presentare il Salone del libro,

sviluppandone il tema conduttore, la

memoria: come e perché conservare e

far vivere il nostro passato.

Agli articoli dei nostri collaboratori

si accompagnano, nella seconda parte,

i consigli di lettura di 20 scrittori:

quale libro manderei a memoria?

Al centro quattro pagine dedicate

al Paese ospite d’onore, l’India.

Lo Speciale è stato realizzato in

redazione, con il progetto grafico di

Marina Carpini e le immagini scelte

dal photoeditor Mauro Vallinotto.

«L’onda della memoria» realizzata dal Castello di Rivoli

Torino 13-17 maggio

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Pagina Fisica: INSERTI - NAZIONALE - 4 - 08/05/10 - Pag. Logica: INSERTI/PAGINE [TTL_4] - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 06/05/10 12.51

E’ arrivata a fine corsala carovana di carta?

I 75 ANNI DELL’ENAUDIE ALTRI PROTAGONISTI

Dietro le quinte dell’editoria= Settantacinque anni di Einaudi ripercorsi in Libri escrittori di via Biancamano (Educatt editore) a cura diRoberto Cicala e Velania La Mendola: il 14 maggio, h.13,30, in Sala Rossa, con Sebastiano Vassalli, GuidoDavico Bonino e Mauro Bersani. Segreti e protagonistidella vita editoriale svelati anche da Mario Baudino (Ilgran rifiuto, Passigli) e Paolo Di Stefano (Potresti anchedirmi grazie, Rizzoli, antologia di interviste): gli autori acolloquio il 14 maggio, ore 16, Caffè letterario.

FRA STORIA E POLITICA

Da Pericle all’Italia d’oggi= Due lectio magistralis:«Pericle e l’invenzione dellademocrazia» di Luciano Canfora (il 14, h. 16, 30, SalaRossa) e «Agonia di un paese sui generis» di FrancoCordero, autore di Il brodo delle undici, Bollati Boringhieri(il 15, h. 17,30, Sala dei 500, con Gherardo Colombo).Gustavo Zagrebelsky ( Scambiarsi la veste. Stato e Chiesaal governo dell’uomo) dialogherà con Rosy Bindi (Quelche è di Cesare) il 15 maggio, h. 12, Sala Gialla. IntroduceGiuseppe Laterza. Coordina: Ezio Mauro.

LE PAROLE DELLA CRITICA, LA CRITICA DELLE PAROLE

Il romanzo e la lingua= Meditando sulla critica letteraria. AngeloGuglielmi, autore di Il romanzo e la realtà (Bompiani), acolloquio con Andrea Cortellessa, Filippo La Porta,Antonio Scurati, il 16 maggio, ore 14,30. Caffèletterario. Strumento cardinale nell’officina letteraria, lalingua. Su «che lingua che fa» incontro con Gina LuigiBeccaria, autore di Misticanze (Garzanti) e Il mare in unimbuto (Einaudi): il 15 maggio, ore 13, Sala Rossa. ConOscar Farinetti e Luca Serianni.

La memoria senza Gutenberg Si sta per avverare la profeziadi Asimov: testi letti esclusivamente sugli schermi televisivi

Speciale Salone 2010 TuttolibriSABATO 8 MAGGIO 2010

LA STAMPAIV

«Il mondo dei vecchi -scriveva Bobbio -, ditutti i vecchi, è il mon-

do della memoria. ... alla finetu sei quello che ricordi». Pu-re, aggiungeva, «il pozzo dellamemoria a un’età come la miaè ormai tanto profondo chenon riesco più a giungere sinoin fondo, anche perché la luceper illuminarlo è diventatasempre più fioca».

C’è bisogno di fiaccole perrischiarare quel pozzo; i librisono quelle luci («le letture di-ventano sempre più seletti-ve, più che leggere si rileg-ge»). Nei libri si sedimentanole figure, gli eventi, i luoghiche ci aiutano a organizzareil nostro passato in modo coe-rente, ci permettono di muo-verci con una certa sicurezzain un territorio che altrimen-ti ci vedrebbe spaesati, smar-riti. E se è vero quello che di-ce Bobbio che, alla fine, «seiquello che ricordi», allora i li-bri sono alcuni dei cardini piùimportanti a cui legare la no-stra avventura esistenziale.

E se i libri non ci fosseropiù? Cosa ci aiuterebbe a trat-tenere i ricordi? Fino a pocotempo fa si trattava di doman-de retoriche. Ora non è più co-sì. Profonde inquietudini cir-condano, ad esempio, le sortidel romanzo. In un sondaggiodi Repubblica su cosa ne sarànei prossimi anni, Nicola LaGioia ha affermato con sicu-rezza: «Cambierà. La tecnolo-gia lo modificherà, così comel'industrializzazione a suotempo ha cambiato la narrati-va… Il romanzo del futuro

avrà alle spalle la rete».Ma sarà così per la saggisti-

ca, per i manuali scolastici,per qualsiasi forma del sape-re che usi i libri per diffonder-si. Si sta per realizzare unalontana profezia di Asimov, ri-chiamata nel libro di GinoRoncaglia La quarta rivoluzio-ne. Sei lezioni sul futuro del li-bro, che già nel 1951 immagina-va testi separati da ogni sup-porto cartaceo e letti esclusi-vamente sugli schermi televi-sivi.

Per Francesco Cataluccio,autore di Che fine faranno i li-bri?, questo scenario non èpiù una previsione ma la con-statazione di un fenomeno giàavvenuto sotto i nostri occhi.Oggi oltre 250 mila tra roman-zi e altre opere letterarie sonodisponibili su Amazon al prez-zo di 9,99 dollari. Sta accaden-do la stessa cosa che è capita-ta al consumo di musica conl’avvento dell’iPod: «è facileimmaginare che l’ebook rea-der della Apple incrementeràla diffusione degli apparecchiper fruire dei libri elettronicie li renderà rapidamente og-getti di uso quotidiano».

A questa constatazione neseguono altre in cui vengonoridisegnate tutte le coordina-te che hanno finora segnato

l'universo del libro: la nuovaeditoria elettronica sarà basatasu una produzione artigianale egestita da pochi addetti; fare li-bri costerà sempre di meno; cisarà più spazio per i «consuma-tori-lettori» che influenzeran-no direttamente le scelte deglieditori. Questi ultimi poi, per te-ner conto di queste esigenze,prenderanno il sopravvento su-gli autori. Certo, mentre moltimestieri legati alla filiera pro-duttiva e distributiva del librospariranno, la figura dell’auto-re resterà, ma con un ruolo net-tamente ridimensionato.

Nell’editoria scolastica, adesempio, si avverte già una pre-

senza molto scarsa di autori ingrado di dare un’impronta per-sonale alla propria opera; lamaggior parte dei testi vengo-no assemblati in redazione, conun occhio alla concorrenza, co-piando quello che appare più in-teressante, cucendo insieme leindicazioni ministeriali e i sug-gerimenti della rete dei vendito-ri. La creatività degli autori sa-rà obbligata a ritagliarsi nuovipercorsi, costruendo timonicartacei per navigare nel web,certificando i siti che si affolla-

no nell’uniformità piatta e gri-gia della rete.

Editori, autori, e gli altri? Im-pressionante l’elenco dei som-mersi e dei salvati: resteranno itraduttori (il loro ruolo di me-diatori tra lingue e culture di-verse resterà fondamentale), cisarà sempre bisogno dei redat-tori e degli impaginatori, i grafi-

ci perderanno il controllo dellecopertine, spariranno gli stam-patori, i distributori, i magazzi-nieri; i librai potranno riempirei loro negozi di tutto ciò che vo-gliono, vino, gadgets, miscelearomatiche... Cambierà l'arre-damento delle nostre case e«nessuno avrà nostalgia per lacarta perché nessuno l’avrà

mai maneggiata».Sarà una inimmaginabile ca-

tastrofe culturale? Roncagliaha sottolineato come Galileoguardasse alla natura come aun libro scritto in linguaggiomatematico, come le tre grandireligioni monoteistiche siano le«religioni del libro», come, in-somma, il libro - metafora e og-getto - sia inestricabilmente in-trecciato con i pilastri su cui sifonda la nostra civiltà.

E che ne sarà di una memo-ria senza più i libri a sostenerlae ad accompagnarla? GuidoViale, sull’ultimo numero diCarta, si spaventa dinanzi a unacultura audiovisiva che «non si

deposita, o si deposita solo fle-bilmente, nel costrutto mentaledel recipiente; soprattutto sirinnova ogni giorno, cancellan-do o relegando nell’oblio quelloche era stato detto o comunica-to solo ieri». Non so se sarà pro-prio così. Roncaglia preferisceimmaginare altri scenari. Pro-babilmente troveremo altre«tracce» a cui ancorare i nostriricordi e il nostro passato. Nel-l’attesa, non può esserci se nonlo spaesamento che tanto rattri-stava Bobbio.

Gino Roncaglia

La quartarivoluzioneSei lezioni sul futurodel libroLaterza, pp. 287, € 19Il libro sarà presentato in SalaRossa, 13 maggio, h. 17. Conl’autore discuteranno GianArturo Ferrari, GiuseppeLaterza, Giovanni Solimine.Coordina Anna Masera.

Francesco Cataluccio

Che fine farannoi libri?Nottetempo, pp. 60, € 6L’autore sarà al Salone il 14,h. 18, Caffé letterario, perpresentare con Gad Lernerun altro suo libro, Vado avedere se di là è meglio(Sellerio), un viaggio neiPaesi dell’Est dopo l’89.

Lectiodi Giovanni De Luna«Dalla memoria alla Storia»,Sala Rossa, il 15, h. 10.30.Il 14 ( Sala Rossa, h. 15.30)presenterà Benedetta Tobagiautrice di Come mi batteforte il tuo cuore. Storia dimio padre (Einaudi).Sul futuro dei giornali siinterrogano Massimo Gaggie Marco Bardazzi in L’ultimanotizia (Rizzoli): dibattito il13, h. 18, Sala Gialla, conMario Calabresi, JohnElkann, Gabriele Galateri.

E gli altri? Resterannoi traduttori, ci saràsempre bisogno deiredattori, sparirannostampatori e distributori

GIOVANNI DE LUNA

Oggi oltre 250 milatra romanzi e altreopere letterariedisponibili su Amazonal prezzo di 9,99 dollari

Incontri

La memoria dei classici: una foto di Guy Le Querrec/Magnum/Contrasto

La figura dell’autoresopravviverà, ma conun ruolo nettamenteridimensionato: giàcapita nella scolastica

Torino 13-17 maggio

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SABATO 8 MAGGIO 2010 LA STAMPA 5

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I ricordi, quando si è inanalisi, sono uccellimulticolori, e spesso

non hanno nome. Appaiono,scompaiono, cambiano forma,e quando ti sembra di averli af-ferrati e di tenerli stretti nellamano, riescono anche a sgu-sciare via e a dileguarsi. Tutta-via, non se ne può fare a meno,perché l’apparato determini-stico della nostra mente ci im-pone di pensare che, se qualco-sa non va, ci deve essere unmotivo, che ora ti sfugge mache prima o poi dovrai riporta-re alla mente. Anzi, al cuore,come suggerisce il verbo«scordare».

Alle cause riesce difficile ri-nunciare, e così ai ricordi; es-senziale è però considerarlinon come tasselli di una storiaoggettiva ma come lo strumen-to di una riappropriazione emo-tiva di se stessi e del propriopassato. Voglio dire che non siricorda per il piacere di ricor-dare o per amore dell’ordine; siricorda per non affogare, per

trovare un relitto cui aggrap-parsi. Giacché noi siamo la no-stra memoria, così come siamoil nostro corpo; e se il tempo in-cide i suoi segni sulla nostrapelle, così fa anche sull’anima.Il problema è vederli, decifrar-li, e soprattutto accettarli.

Un paziente entra, si sdraia,dice: «Non ricordo niente dellamia infanzia». Un altro, e a vol-te è peggio: «Ho avuto un’infan-zia felice». Dopo, nel prosieguodell’analisi, egli racconterà epi-sodi sconcertanti, mantenendotuttavia fermo il giudizio inizia-le. Cosa significa questo? Che ilricordo c’è ma è scomparsal’emozione corrispondente. Larabbia, l’odio, la disperazionenon sono stati espressi, si sono

rifugiati in cantina, e allora i ri-cordi sono solo parole e i fatticui essi si riferiscono vuote spo-glie.

Ben presto Freud dovettescontrarsi con falsi ricordi, ri-

cordi di copertura, fantasie tra-vestite da ricordi. Nello studioanalitico l’oggettività inevita-bilmente patisce. Come mai?Perché l’uomo vuole soffrire ilmeno possibile. Ha scritto

Nietzsche: «”Io ho fatto que-sto”, dice la mia memoria. “Ionon posso aver fatto questo”,dice il mio orgoglio, e resta irre-movibile. Alla fine, è la memo-ria ad arrendersi».

Freud chiama questo risulta-to «rimozione», e così invental’inconscio, che per lui è appun-to il luogo ideale dove rumoreg-gia tutto ciò che è stato dimen-ticato perché incompatibilecon l’orientamento dell’Io. E al-lora l’analisi diventa una inve-stigazione di stampo polizie-sco, ispirata a quella che Ricoe-ur ha chiamato ermeneuticadel sospetto: volta a sorprende-re, dietro le tante apparenze, laverità. Che, come si diceva,non sta nei fatti ma nella loro

aura, in certi odori di stanzechiuse, di penose penombrerotte da violenti barbagli.

Analista e paziente procedo-no così insieme - ma non neces-sariamente d’accordo - alla ri-cerca del tempo perduto. Se vabene, ogni tanto qualcosa tor-na alla luce. Si tratta di un pro-cesso analogo a quello della«memoria involontaria» - unamemoria che si sottrae al con-trollo dell’intelletto e della vo-lontà - di cui parla Proust.

Il risultato è un impasto direaltà e fantasia, cioè un rac-conto, una costruzione narrati-va, una vita che cerca in unastoria il suo significato.

Non esiste però soltanto unamemoria di eventi «reali» e del

loro alone emotivo. Esiste an-che una memoria mitica. Quan-do ci svegliamo da un sogno,noi ricordiamo qualcosa che èavvenuto (nel sogno) e non av-venuto (in quell’altro sognoche è la realtà diurna). Perchémai dovremmo pensare checiò che è avvenuto nel sognosia meno vero di ciò che avvie-ne nella «realtà»?

In certi sogni si muovono fi-gure mitiche che ci stupisconoe al tempo stesso ci appaionoimmediatamente intime. Figu-re che riconosciamo e in cui ciriconosciamo. Ad esempio, uncivile signore borghese sognadi ripetere il gesto con cui, inEschilo, Oreste uccide la ma-dre Clitemnestra. Così la psi-che costruisce ricordi. Parafra-sando Artaud, si potrebbe direche il ricordo «deve essere con-siderato il Doppio, non di quel-la realtà quotidiana e diretta dicui a poco a poco è divenuto sol-tanto la copia inerte […]ma diun’altra realtà rischiosa e tipi-

ca dove i principi, come i delfi-ni, una volta mostrata la testa,si affannano a reimmergersinell’oscurità delle acque».

Sin qui abbiamo detto del-l’esigenza di trar fuori dal-l’oblio ciò che l’Io vi aveva re-spinto, esponendosi così alle in-sorgenze vendicative dell’in-conscio. Questo è un camminoall’insegna della luce. Ma l’ana-lisi si fa anche portatrice diun’arte della dimenticanza,cioè di un cammino notturno.Se all’origine vi è un oblio cheha effetti patogeni, una voltache il dolore sia stato accettatoe sia ora custodito nella memo-ria, si può intraprendere lastrada che va nella direzione diun nuovo oblio, l’oblio che è ilfrutto della pacificazione.

Ancora Nietzsche: «Perogni agire ci vuole oblio».L’oblio è in questo caso la pre-messa di ogni ricominciamen-to; tra questi due termini trovaspazio il mito di morte e rina-scita. Ma anche per allontanar-si definitivamente dal mondo,conviene dimenticare. «Quan-do Lao Tse dice: “Tutti sonochiari, io solo sono offuscato” -ha scritto Jung - esprime ciòche io provo ora, nella mia vec-chiaia avanzata». E aggiunge:«Morire è un tornare nel pro-prio essere, nell’eterno incono-scibile significato». Un mondoancora pieno di immagini, mache non ha più bisogno di ricor-di personali.

Imparavamo a memo-ria perché ce lo dicevala maestra. A casa,

concentrati, ripetevamo le pa-role fino a che ci rimanevanonella testa e non avevamo piùbisogno di guardare il libro.Era un lavoro lungo, ci volevatempo. Ma poi ci piaceva reci-tare il pezzo, ci dava la soddi-sfazione di sapere qualcosa.Era qualcosa che restava, sucui potevamo contare. Comese avessimo dentro di noi deiluoghi segreti, cassetti o arma-

di, dove mettevamo le cose stu-diate e, quando volevamo, an-davamo a riprenderle.

Erano poesie, perlopiù. «Ocavallina, cavallina storna,/che portavi colui che non ritor-na». Oppure: «L’albero cui ten-devi/ la pargoletta mano,/ ilverde melograno/ dai bei ver-migli fior». Ma anche brani deiPromessi sposi, la madre di Ce-cilia, o quando fra Cristoforoesce dal convento per salire al-la casetta di Lucia: «Un venti-cello d’autunno, staccando da’rami le foglie appassite del gel-so, le portava a cadere qualchepasso lontano dall’albero».

Poi, negli anni, abbiamo im-parato a memoria in un altromodo: senza volerlo, e senzache nessuno ci imponesse piùdi farlo. Per puro amore. Ama-vamo così tanto certe parole,che ci rimanevano attaccate.Tutto qui.

C’è una memoria imposta,e c’è una memoria spontanea,che si autoimpone. Stralci diparole che nessuno ci ha maiobbligato a sapere, nessunamaestra, nessuna scuola. Im-parare per amore, imparare amemoria. Par coeur, non a ca-so dicono i francesi: con il cuo-re. Come con le canzoni che, aforza di ascoltarle, ci restanoattaccate, e un giorno finisceche le sappiamo, e ce le cantia-mo di continuo. Accade ancheper le poesie. Ne leggiamo tan-te, ma una ci attrae più di ognialtra. Allora prendiamo a leg-gere e rileggere solo quella.Magari la leggiamo per mesi,ce la copiamo per portarcelasempre in tasca. E alla fine co-me per magia non abbiamo

più bisogno del libro o del fo-glietto, perché l’abbiamo impa-rata. Senza averlo mai deciso.Di colpo, noi sappiamo quellapoesia, parola dopo parola. È no-stra, per sempre. Questo do-vrebbe essere il sapere: qualco-sa che s’impara solo per amoree che poi diventa un possessoquieto, sicuro.

Alla fine le parole a memoriadiventano così familiari che nonci chiediamo nemmeno più checosa vogliono dire. Meglio se so-no parole antiche, difficili, ancheun po’ ostili, e soprattutto desue-te. Parole che non usiamo mainella vita quotidiana, non sentia-mo in tivù, nessuno ci manda viachat o via mail. Per esempio «Eifu. Siccome immobile dato ilmortal sospiro stette la spogliaimmemore orba di tanto spiro».

Chi usa più parole così? E co-sa significano? Ne perdiamo feli-cemente il senso, ci restano co-me pura musica, e ci regalanouna lontananza temporale.

E oggi? Perché imparare an-cora a memoria, oggi che c’è la

potente ram dei computer e cheviviamo collegati a Internet, luo-go di tutte le memorie possibili esempre accessibili? Non so. For-se per riempire i vuoti... C’è unfelice automatismo nell’impara-re a memoria: non dobbiamo de-cidere niente, le parole affioranoda sé e questo ci rilassa, ci conce-de un po’ di riposo.

Com’era, credo, per gli anti-chi aedi: sapere formule auto-matiche li proteggeva dai vuotidi memoria. Pensiamo ai famo-si epiteti formulari di Omero,parole che si tirano dietro auto-maticamente altre parole: le na-vi, per esempio, sono sempreconcave, la dea Era è bracciobianco, Atena occhi cerulei. Co-me se certe parole avesserouno strascico, che segue il vesti-to indipendentemente dalla vo-lontà (del vestito), gli vien die-

tro, lo accompagna: non lo la-scia mai solo.

E poi, le parole in automati-co, quelle che ci vengono quan-do meno ce l’aspettiamo, senzaaverlo programmato, ci sor-prendono: sono forse l’ultimobarlume di stupore che ci è con-cesso. Qualcosa che sa ancoradi miracolo, perché ci arrivanon si sa da dove e da chi. Nondal telefonino, non dalla chat.Parole dentro, inconsapevoli disé, vengono quando e come e do-ve vogliono. Emergono, scom-paiono sotto, riemergono. Co-me i sub. Noi restiamo passivi,inerti, stupefatti, di fronte a que-

ste parole che non comandiamonoi, ma da cui siamo abitati.

Parole su cui poter far contosempre. Affidabili, soccorrevo-li: ci soccorrono nei momenti disolitudine, o di eccessivo fra-stuono. Così non siamo soli. Pos-siamo contare su una dispensacui attingere, male che vada. Sead esempio ci sperdiamo in undeserto. O in un ipermercato, otra la folla di una manifestazio-ne pacifista. O ci sorprende ilday after di una qualche inim-maginabile catastrofe, abbiamoperso i libri e i computer e un in-finito tempo vuoto si apre da-vanti a noi, e ci spaventa. Nien-te paura, abbiamo le parole im-parate a memoria, le sole chenon hanno bisogno di supporto,né cartaceo né elettronico.

Abbiamo per esempio questiversi di Montale, che per amo-re ci sono rimasti sempre inmente, non sappiamo perché:«La tua irrequietudine mi fapensare/ agli uccelli di passoche urtano ai fari/ nelle seretempestose;/ è una tempestaanche la tua dolcezza,/ turbinae non appare...». Che poesia è?Ricordiamo solo che alla finespunta, come per miracolo, untopo bianco, d'avorio. Ed è quel-lo che ci salva.

PREMI: DEBUTTANOIL SALONE INTERNAZIONALEE NATI PER LEGGERE

Auster, Fuentes, Oz i finalisti= Sarà scelto fra gli scrittori Paul Auster, Carlos Fuentes e Amoz Oz ilvincitore del premio Salone internazionale del libro di Torino, primaedizione. La proclamazione il 17 maggio, h. 17, Arena Bookstock. I loronomi sono stati selezionati dal comitato scientifico della Fondazioneper il libro, integratoda docenti universitari, quali Paolo Bertinetti, LuigiForte, Giorgio Ficara. Sarannochiamati a votare gli editori e i visitatori,sei le cabine elettorali allestite (sei postazioni elettroniche, una perpadiglione). Sempre il 17, h. 15, nell’Arena Bookstock sarannopremiatii vincitori del premio nazionale «Nati per leggere», riservato ai libri perbambini in età prescolare, anch’esso alla prima edizione: la scrittriceaustraliana Mem Fox e l’illustratrice inglese Helen Oxenbury per Diecidita alle mani. Dieci dita ai piedini (Il Castoro); l’italiana BeatriceAlemagna per Un leone a Parigi (Donzelli), il francese Eric Battut perLindo Porcello (che uscirà in autunoda Bohem Press). La premiazionesarà preceduta dal convegno «Come la lettura sviluppa la mente»).

Speciale Salone 2010VITuttolibri

SABATO 8 MAGGIO 2010LA STAMPA VII

Paola Mastrocola, che haraccolto i suoi versi in Lafelicità del galleggiante(Guanda), rifletterà conGiorgio Conte e VivianLamarque su «Scriverepoesie», Bookstock Village, il15 maggio, h. 11,30.Coordina l’incontro il criticoGiovanni Tesio.

Su lamemoriae le scienzedell’animalezionedi LuigiZojail16maggio,h.12.SalaRossa.AcuradiBollati Boringhieri,cheha incatalogonumeroseoperedellopsicoanalistajunghiano,daultimoControIsmene.Considerazioni sullaviolenza.Di recenteZojahapubblicatounaStoriadell’arroganzacon l’editoreMoretti&Vitali.

O cavallina,cavallina storna

Sono i ricordila nostra zattera

FREUD E JUNGDuemaestri dellapsiche perorientarsinellamemoriadell’inconscio: Freud(Psicopatologiadella vitaquotidianae Introduzione allapsicoanalisi,Bollati Boringhieri)e Jung, inparticolare Ricordisogni riflessioni (Rizzoli).JunghianoJamesHillman,dicui sipuò leggere Ilmitodell’analisi (Adelphi)

Poi sono venuti gli anniin cui stralci di parolesi sono fissati nellamente «par coeur»,per puro amore

Qualcosa che sa ancoradi miracolo, non arrivadal telefonino né dallachat: come il bianco topod’avorio di Montale

Il problema è vederli,decifrarli e soprattuttoaccettarli: superarela «rimozione», ritrovare«il tempo perduto»

Imparare a memoria Quando ci piacevarecitare la poesia davanti alla signora maestra

BONNEFOY SU LEOPARDILectio magistralis del criticoYves Bonnefoy su «Leopardie la memoria delle parole»,Sala Azzurra, 15 maggio, h.13.30. Bonnefoy riceverànell’occasione il PremioAlassio internazionale.Intervengono : GiovanniBogliolo, Paolo Mauri, CarloOssola, Fabio Scotto,Monica Zioni.

Vi sono versidi cui perdiamofelicemente il senso,rimangono in noicome pura musica

DA DANTE A CAPRONILectio di Guido DavicoBonino su Le più belle poesied’amore da Dante a DeAndré, titolo dell’antologiaInterlinea: Spazio Autori A , il14 maggio h. 15.Il 13 Giuseppe Zaccariapresenta il suo libro suGozzano, Reduce dall’amoree dalla morte (Interlinea):Spazio Autori A, h. 15;il 15 si discuterà del saggiodi Marcella Bacigalupi e PieroFossati Giorgio Caproni.Maestro (Il Melangolo):Spazio Autori A, h. 17. ConPaolo Mauri e Luigi Surdich.

Memoria e psiche Analizzare l’inconscio perriappropriarsi di se stessi e del proprio passato

Non meno importanteè ricominciare poia dimenticare il dolorecompreso, raggiungerela pacificazione

LA RICERCA DI PROUSTCon Proust Alla ricerca deltempo perduto, capolavorodel Novecento disponibile,tra l’altro, nel catalogoEinaudi, nei MeridianiMondadori e nella Bur. LaRecherche è un’opera nelsegno della «memoriainvolontaria», una memoriache si sottrae al controllodell’intelletto e della volontà.

Lettura in bilico (foto Corbis)

Torino 13-17 maggio

Lettura di classe (foto Corbis)Yves

Bonnefoy

Incontri

DanteAlighieri

PAOLA MASTROCOLA

SigmundFreud

Incontri

MarcelProust

AUGUSTO ROMANO

Page 7: Tuttolibri n. 1713 (07-05-2010)

Pagina Fisica: INSERTI - NAZIONALE - 7 - 08/05/10 - Pag. Logica: INSERTI/PAGINE [TTL_6] - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 06/05/10 12.51

I ricordi, quando si è inanalisi, sono uccellimulticolori, e spesso

non hanno nome. Appaiono,scompaiono, cambiano forma,e quando ti sembra di averli af-ferrati e di tenerli stretti nellamano, riescono anche a sgu-sciare via e a dileguarsi. Tutta-via, non se ne può fare a meno,perché l’apparato determini-stico della nostra mente ci im-pone di pensare che, se qualco-sa non va, ci deve essere unmotivo, che ora ti sfugge mache prima o poi dovrai riporta-re alla mente. Anzi, al cuore,come suggerisce il verbo«scordare».

Alle cause riesce difficile ri-nunciare, e così ai ricordi; es-senziale è però considerarlinon come tasselli di una storiaoggettiva ma come lo strumen-to di una riappropriazione emo-tiva di se stessi e del propriopassato. Voglio dire che non siricorda per il piacere di ricor-dare o per amore dell’ordine; siricorda per non affogare, per

trovare un relitto cui aggrap-parsi. Giacché noi siamo la no-stra memoria, così come siamoil nostro corpo; e se il tempo in-cide i suoi segni sulla nostrapelle, così fa anche sull’anima.Il problema è vederli, decifrar-li, e soprattutto accettarli.

Un paziente entra, si sdraia,dice: «Non ricordo niente dellamia infanzia». Un altro, e a vol-te è peggio: «Ho avuto un’infan-zia felice». Dopo, nel prosieguodell’analisi, egli racconterà epi-sodi sconcertanti, mantenendotuttavia fermo il giudizio inizia-le. Cosa significa questo? Che ilricordo c’è ma è scomparsal’emozione corrispondente. Larabbia, l’odio, la disperazionenon sono stati espressi, si sono

rifugiati in cantina, e allora i ri-cordi sono solo parole e i fatticui essi si riferiscono vuote spo-glie.

Ben presto Freud dovettescontrarsi con falsi ricordi, ri-

cordi di copertura, fantasie tra-vestite da ricordi. Nello studioanalitico l’oggettività inevita-bilmente patisce. Come mai?Perché l’uomo vuole soffrire ilmeno possibile. Ha scritto

Nietzsche: «”Io ho fatto que-sto”, dice la mia memoria. “Ionon posso aver fatto questo”,dice il mio orgoglio, e resta irre-movibile. Alla fine, è la memo-ria ad arrendersi».

Freud chiama questo risulta-to «rimozione», e così invental’inconscio, che per lui è appun-to il luogo ideale dove rumoreg-gia tutto ciò che è stato dimen-ticato perché incompatibilecon l’orientamento dell’Io. E al-lora l’analisi diventa una inve-stigazione di stampo polizie-sco, ispirata a quella che Ricoe-ur ha chiamato ermeneuticadel sospetto: volta a sorprende-re, dietro le tante apparenze, laverità. Che, come si diceva,non sta nei fatti ma nella loro

aura, in certi odori di stanzechiuse, di penose penombrerotte da violenti barbagli.

Analista e paziente procedo-no così insieme - ma non neces-sariamente d’accordo - alla ri-cerca del tempo perduto. Se vabene, ogni tanto qualcosa tor-na alla luce. Si tratta di un pro-cesso analogo a quello della«memoria involontaria» - unamemoria che si sottrae al con-trollo dell’intelletto e della vo-lontà - di cui parla Proust.

Il risultato è un impasto direaltà e fantasia, cioè un rac-conto, una costruzione narrati-va, una vita che cerca in unastoria il suo significato.

Non esiste però soltanto unamemoria di eventi «reali» e del

loro alone emotivo. Esiste an-che una memoria mitica. Quan-do ci svegliamo da un sogno,noi ricordiamo qualcosa che èavvenuto (nel sogno) e non av-venuto (in quell’altro sognoche è la realtà diurna). Perchémai dovremmo pensare checiò che è avvenuto nel sognosia meno vero di ciò che avvie-ne nella «realtà»?

In certi sogni si muovono fi-gure mitiche che ci stupisconoe al tempo stesso ci appaionoimmediatamente intime. Figu-re che riconosciamo e in cui ciriconosciamo. Ad esempio, uncivile signore borghese sognadi ripetere il gesto con cui, inEschilo, Oreste uccide la ma-dre Clitemnestra. Così la psi-che costruisce ricordi. Parafra-sando Artaud, si potrebbe direche il ricordo «deve essere con-siderato il Doppio, non di quel-la realtà quotidiana e diretta dicui a poco a poco è divenuto sol-tanto la copia inerte […]ma diun’altra realtà rischiosa e tipi-

ca dove i principi, come i delfi-ni, una volta mostrata la testa,si affannano a reimmergersinell’oscurità delle acque».

Sin qui abbiamo detto del-l’esigenza di trar fuori dal-l’oblio ciò che l’Io vi aveva re-spinto, esponendosi così alle in-sorgenze vendicative dell’in-conscio. Questo è un camminoall’insegna della luce. Ma l’ana-lisi si fa anche portatrice diun’arte della dimenticanza,cioè di un cammino notturno.Se all’origine vi è un oblio cheha effetti patogeni, una voltache il dolore sia stato accettatoe sia ora custodito nella memo-ria, si può intraprendere lastrada che va nella direzione diun nuovo oblio, l’oblio che è ilfrutto della pacificazione.

Ancora Nietzsche: «Perogni agire ci vuole oblio».L’oblio è in questo caso la pre-messa di ogni ricominciamen-to; tra questi due termini trovaspazio il mito di morte e rina-scita. Ma anche per allontanar-si definitivamente dal mondo,conviene dimenticare. «Quan-do Lao Tse dice: “Tutti sonochiari, io solo sono offuscato” -ha scritto Jung - esprime ciòche io provo ora, nella mia vec-chiaia avanzata». E aggiunge:«Morire è un tornare nel pro-prio essere, nell’eterno incono-scibile significato». Un mondoancora pieno di immagini, mache non ha più bisogno di ricor-di personali.

Imparavamo a memo-ria perché ce lo dicevala maestra. A casa,

concentrati, ripetevamo le pa-role fino a che ci rimanevanonella testa e non avevamo piùbisogno di guardare il libro.Era un lavoro lungo, ci volevatempo. Ma poi ci piaceva reci-tare il pezzo, ci dava la soddi-sfazione di sapere qualcosa.Era qualcosa che restava, sucui potevamo contare. Comese avessimo dentro di noi deiluoghi segreti, cassetti o arma-

di, dove mettevamo le cose stu-diate e, quando volevamo, an-davamo a riprenderle.

Erano poesie, perlopiù. «Ocavallina, cavallina storna,/che portavi colui che non ritor-na». Oppure: «L’albero cui ten-devi/ la pargoletta mano,/ ilverde melograno/ dai bei ver-migli fior». Ma anche brani deiPromessi sposi, la madre di Ce-cilia, o quando fra Cristoforoesce dal convento per salire al-la casetta di Lucia: «Un venti-cello d’autunno, staccando da’rami le foglie appassite del gel-so, le portava a cadere qualchepasso lontano dall’albero».

Poi, negli anni, abbiamo im-parato a memoria in un altromodo: senza volerlo, e senzache nessuno ci imponesse piùdi farlo. Per puro amore. Ama-vamo così tanto certe parole,che ci rimanevano attaccate.Tutto qui.

C’è una memoria imposta,e c’è una memoria spontanea,che si autoimpone. Stralci diparole che nessuno ci ha maiobbligato a sapere, nessunamaestra, nessuna scuola. Im-parare per amore, imparare amemoria. Par coeur, non a ca-so dicono i francesi: con il cuo-re. Come con le canzoni che, aforza di ascoltarle, ci restanoattaccate, e un giorno finisceche le sappiamo, e ce le cantia-mo di continuo. Accade ancheper le poesie. Ne leggiamo tan-te, ma una ci attrae più di ognialtra. Allora prendiamo a leg-gere e rileggere solo quella.Magari la leggiamo per mesi,ce la copiamo per portarcelasempre in tasca. E alla fine co-me per magia non abbiamo

più bisogno del libro o del fo-glietto, perché l’abbiamo impa-rata. Senza averlo mai deciso.Di colpo, noi sappiamo quellapoesia, parola dopo parola. È no-stra, per sempre. Questo do-vrebbe essere il sapere: qualco-sa che s’impara solo per amoree che poi diventa un possessoquieto, sicuro.

Alla fine le parole a memoriadiventano così familiari che nonci chiediamo nemmeno più checosa vogliono dire. Meglio se so-no parole antiche, difficili, ancheun po’ ostili, e soprattutto desue-te. Parole che non usiamo mainella vita quotidiana, non sentia-mo in tivù, nessuno ci manda viachat o via mail. Per esempio «Eifu. Siccome immobile dato ilmortal sospiro stette la spogliaimmemore orba di tanto spiro».

Chi usa più parole così? E co-sa significano? Ne perdiamo feli-cemente il senso, ci restano co-me pura musica, e ci regalanouna lontananza temporale.

E oggi? Perché imparare an-cora a memoria, oggi che c’è la

potente ram dei computer e cheviviamo collegati a Internet, luo-go di tutte le memorie possibili esempre accessibili? Non so. For-se per riempire i vuoti... C’è unfelice automatismo nell’impara-re a memoria: non dobbiamo de-cidere niente, le parole affioranoda sé e questo ci rilassa, ci conce-de un po’ di riposo.

Com’era, credo, per gli anti-chi aedi: sapere formule auto-matiche li proteggeva dai vuotidi memoria. Pensiamo ai famo-si epiteti formulari di Omero,parole che si tirano dietro auto-maticamente altre parole: le na-vi, per esempio, sono sempreconcave, la dea Era è bracciobianco, Atena occhi cerulei. Co-me se certe parole avesserouno strascico, che segue il vesti-to indipendentemente dalla vo-lontà (del vestito), gli vien die-

tro, lo accompagna: non lo la-scia mai solo.

E poi, le parole in automati-co, quelle che ci vengono quan-do meno ce l’aspettiamo, senzaaverlo programmato, ci sor-prendono: sono forse l’ultimobarlume di stupore che ci è con-cesso. Qualcosa che sa ancoradi miracolo, perché ci arrivanon si sa da dove e da chi. Nondal telefonino, non dalla chat.Parole dentro, inconsapevoli disé, vengono quando e come e do-ve vogliono. Emergono, scom-paiono sotto, riemergono. Co-me i sub. Noi restiamo passivi,inerti, stupefatti, di fronte a que-

ste parole che non comandiamonoi, ma da cui siamo abitati.

Parole su cui poter far contosempre. Affidabili, soccorrevo-li: ci soccorrono nei momenti disolitudine, o di eccessivo fra-stuono. Così non siamo soli. Pos-siamo contare su una dispensacui attingere, male che vada. Sead esempio ci sperdiamo in undeserto. O in un ipermercato, otra la folla di una manifestazio-ne pacifista. O ci sorprende ilday after di una qualche inim-maginabile catastrofe, abbiamoperso i libri e i computer e un in-finito tempo vuoto si apre da-vanti a noi, e ci spaventa. Nien-te paura, abbiamo le parole im-parate a memoria, le sole chenon hanno bisogno di supporto,né cartaceo né elettronico.

Abbiamo per esempio questiversi di Montale, che per amo-re ci sono rimasti sempre inmente, non sappiamo perché:«La tua irrequietudine mi fapensare/ agli uccelli di passoche urtano ai fari/ nelle seretempestose;/ è una tempestaanche la tua dolcezza,/ turbinae non appare...». Che poesia è?Ricordiamo solo che alla finespunta, come per miracolo, untopo bianco, d'avorio. Ed è quel-lo che ci salva.

PREMI: DEBUTTANOIL SALONE INTERNAZIONALEE NATI PER LEGGERE

Auster, Fuentes, Oz i finalisti= Sarà scelto fra gli scrittori Paul Auster, Carlos Fuentes e Amoz Oz ilvincitore del premio Salone internazionale del libro di Torino, primaedizione. La proclamazione il 17 maggio, h. 17, Arena Bookstock. I loronomi sono stati selezionati dal comitato scientifico della Fondazioneper il libro, integratoda docenti universitari, quali Paolo Bertinetti, LuigiForte, Giorgio Ficara. Sarannochiamati a votare gli editori e i visitatori,sei le cabine elettorali allestite (sei postazioni elettroniche, una perpadiglione). Sempre il 17, h. 15, nell’Arena Bookstock sarannopremiatii vincitori del premio nazionale «Nati per leggere», riservato ai libri perbambini in età prescolare, anch’esso alla prima edizione: la scrittriceaustraliana Mem Fox e l’illustratrice inglese Helen Oxenbury per Diecidita alle mani. Dieci dita ai piedini (Il Castoro); l’italiana BeatriceAlemagna per Un leone a Parigi (Donzelli), il francese Eric Battut perLindo Porcello (che uscirà in autunoda Bohem Press). La premiazionesarà preceduta dal convegno «Come la lettura sviluppa la mente»).

Speciale Salone 2010VITuttolibri

SABATO 8 MAGGIO 2010LA STAMPA VII

Paola Mastrocola, che haraccolto i suoi versi in Lafelicità del galleggiante(Guanda), rifletterà conGiorgio Conte e VivianLamarque su «Scriverepoesie», Bookstock Village, il15 maggio, h. 11,30.Coordina l’incontro il criticoGiovanni Tesio.

Su lamemoriae le scienzedell’animalezionedi LuigiZojail16maggio,h.12.SalaRossa.AcuradiBollati Boringhieri,cheha incatalogonumeroseoperedellopsicoanalistajunghiano,daultimoControIsmene.Considerazioni sullaviolenza.Di recenteZojahapubblicatounaStoriadell’arroganzacon l’editoreMoretti&Vitali.

O cavallina,cavallina storna

Sono i ricordila nostra zattera

FREUD E JUNGDuemaestri dellapsiche perorientarsinellamemoriadell’inconscio: Freud(Psicopatologiadella vitaquotidianae Introduzione allapsicoanalisi,Bollati Boringhieri)e Jung, inparticolare Ricordisogni riflessioni (Rizzoli).JunghianoJamesHillman,dicui sipuò leggere Ilmitodell’analisi (Adelphi)

Poi sono venuti gli anniin cui stralci di parolesi sono fissati nellamente «par coeur»,per puro amore

Qualcosa che sa ancoradi miracolo, non arrivadal telefonino né dallachat: come il bianco topod’avorio di Montale

Il problema è vederli,decifrarli e soprattuttoaccettarli: superarela «rimozione», ritrovare«il tempo perduto»

Imparare a memoria Quando ci piacevarecitare la poesia davanti alla signora maestra

BONNEFOY SU LEOPARDILectio magistralis del criticoYves Bonnefoy su «Leopardie la memoria delle parole»,Sala Azzurra, 15 maggio, h.13.30. Bonnefoy riceverànell’occasione il PremioAlassio internazionale.Intervengono : GiovanniBogliolo, Paolo Mauri, CarloOssola, Fabio Scotto,Monica Zioni.

Vi sono versidi cui perdiamofelicemente il senso,rimangono in noicome pura musica

DA DANTE A CAPRONILectio di Guido DavicoBonino su Le più belle poesied’amore da Dante a DeAndré, titolo dell’antologiaInterlinea: Spazio Autori A , il14 maggio h. 15.Il 13 Giuseppe Zaccariapresenta il suo libro suGozzano, Reduce dall’amoree dalla morte (Interlinea):Spazio Autori A, h. 15;il 15 si discuterà del saggiodi Marcella Bacigalupi e PieroFossati Giorgio Caproni.Maestro (Il Melangolo):Spazio Autori A, h. 17. ConPaolo Mauri e Luigi Surdich.

Memoria e psiche Analizzare l’inconscio perriappropriarsi di se stessi e del proprio passato

Non meno importanteè ricominciare poia dimenticare il dolorecompreso, raggiungerela pacificazione

LA RICERCA DI PROUSTCon Proust Alla ricerca deltempo perduto, capolavorodel Novecento disponibile,tra l’altro, nel catalogoEinaudi, nei MeridianiMondadori e nella Bur. LaRecherche è un’opera nelsegno della «memoriainvolontaria», una memoriache si sottrae al controllodell’intelletto e della volontà.

Lettura in bilico (foto Corbis)

Torino 13-17 maggio

Lettura di classe (foto Corbis)Yves

Bonnefoy

Incontri

DanteAlighieri

PAOLA MASTROCOLA

SigmundFreud

Incontri

MarcelProust

AUGUSTO ROMANO

P R E M I OG I O V A N IS C R I T T O R I

Diamo creditoal talento ineditoFacciamo uscire il tuo romanzo dal cassetto.E lo portiamo in libreria.E' ora di far uscire il tuo romanzo dal cassetto! Con In Primis, Banca di Cherasco sostieneil talento di chi parte da zero e dà a un giovane scrittore inedito un'occasione mai vista:pubblicare la propria opera prima con un grande editore nazionale. Invia il tuo manoscrittofra il 13 e il 31 maggio 2010 o consegnalo allo stand In Primis al Salone del Libro di Torinoo presso tutte le filiali Banca di Cherasco: Stefania Bertola, Luca Bianchini, Marco Pontie Boosta, insieme a una giuria popolare, eleggeranno l'opera vincitrice fra le prime 500 chearriveranno. L'autore otterrà un contratto editoriale con Newton Compton, partner dell'iniziativa,che pubblicherà e promuoverà il libro in tutta Italia. Partecipare è completamente gratuito.

Scopri tutti i dettagli del regolamentoe come far parte della giuria popolare su www.in-primis.it

p r o p o s t e :

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Speciale Salone 2010VIIITuttolibri

SABATO 8 MAGGIO 2010LA STAMPA IX

Tzvetan Todorov, ve-nuto nel 1963 dalla Bul-garia in Francia, a ca-

vallo dunque tra due culture,che galoppa nelle sue ricerchedalla linguistica alla sociologiaalla storia, ha ben appreso, nelsecolo dei totalitarismi, comepoche cose siano più infidedellamemoria.

Esiste un buon uso della me-moria?

«La memoria in se stessa nonè necessariamente un bene, ri-cordare in se stesso non è unaazione virtuosa. Lo si può con-statare facilmente se si osser-vano i diversi usi che se ne fan-no. Serve per ricordare lesconfitte subite nel passato eincitare il popolo a prendersila rivincita, alla vendetta, al ri-sentimento; una delle peggioriorigini delle perversioni del-l’azione umana. Hitler ha for-giato la volontà del popolo te-desco negli Anni Trenta ricor-dando costantemente il tratta-to di Versailles umiliante perla Germania. Ciò non vuol direche ogni memoria è cattiva,

ma che tutto dipende dal suouso e non dalla memoria in sestessa. Per questo non amol’espressione dovere della me-moria, non c’è dovere perché lamemoria può servire al bene co-me al male. C’è invece una me-moria di giustizia. Quando la me-moria serve a difendere i nostriinteressi, a rivendicare a partire

dal passato delle gratificazioninel presente è un uso comprensi-bile ma che non ha nulla di glo-rioso. L’uso rimarchevole èquando mettiamo la nostra espe-rienza passata al servizio dellagiustizia, degli altri. Per questoho una grande ammirazione pergli ex deportati, per i resistenti,durante la guerra deportati neiCampi, una volta tornati, hannolottato per salvare i prigionierichiusi in altri campi di concen-tramento, in altri paesi e non sisono limitati a ricordare le loro

sofferenze. Per questo non amola formula: chi ignora il passatorischia di ripeterlo. Mi sembrainsufficiente perché implica checoloro che ricordano il passatosappiano necessariamente trar-ne le buone lezioni. Hitler, il no-stro eterno esempio negativo, di-ceva: “Conosco bene la storiadel genocidio armeno, e ho impa-rato come commettere un geno-cidio senza che nessuno si turbiattorno a me”. Dunque non ac-contentiamoci di dire bisognaconservare il passato, bisognavedere che uso se ne farà oggi».

Eppure sono i totalitarismiche hanno paura che si ricor-di…

«Ma il totalitarismo non teme lamemoria come tale, teme la me-moria delle sue azioni perverse.Quando abitavo in un paese tota-litario c’erano costantementedelle lezioni di memoria, soloche era una memoria selettiva,che sceglieva solo i successi deimembri del partito comunista etutto il resto spariva nell’oblio.Non si può rimproverare allamemoria di essere selettiva,ogni memoria per definizione loè, ma alcuni scelgono semplice-mente cercando di servire i pro-

pri interessi ed il caso dei regimitotalitari mentre altri, è ed è lacaratteristica delle democrazie,si dicono che la memoria deveaspirare a una giusta rappresen-tazione del passato e dunque oc-corre riconoscere ad esempio lepagine eroiche del passato diuna nazione ma anche le sue pa-gine nere».

L’oblio è dunque talora prefe-ribile...

«In ogni caso è indispensabile.Non è possibile guardare la tota-lità del passato, il nostro cervel-lo esploderebbe».

Penso al modo in cui il Sudafri-ca è uscito dall’apartheid…

«Sì ma non con l’oblio, ma conuna commissione di verità e ri-conciliazione, un ricordo delpassato seguito dal perdono.Mi pare la linea giusta quandoil crimine è stato richiesto inqualche nodo dalla legge.

L’apartheid era una legge, i boe-ri obbedivano a una legge del lo-ro paese Quando il cambiamen-to si produce non si devono con-dannare gli individui ma ricor-dare la verità e la giustizia. Di-rei altrettanto dei paesi ex co-munisti, ma in Russia o in Bul-garia non c’è stato ricordo dellaverità, solo un desiderio di di-menticare questo passato peno-

so, di voltar pagina prima diaverla letta».

La constatazione orribile cheogni essere umano è capace diinumanità è stato il terribile fi-lo rosso del ventesimo secolo?

«Questa constatazione i secoliprecedenti non l’avevano igno-rata. Ma alla fine dell’800 e al-l’inizio del 900 c’è stato un perio-do di euforia legato alla rivolu-

zione industriale, l’idea del pro-gresso è una idea legata alla for-midabile trasformazione tecno-logica che ha subito il mondo. Fi-no al 1815 si conoscevano solopiccoli cambiamenti da secoli,poi in cento anni irrompono iltreno, l’automobile, il telegrafo,la radio, l’aereo. Si è creduto chequesta fantastica trasformazio-ne portasse con se automatica-

mente un progresso sociale. E inparte è vero. Ma nello stessotempo abbiamo avuto una testi-monianza crudele di ciò che l’uo-mo è capace in termini di inuma-nità, questa violenza che crede-vamo eliminata è lì, vicina, e nonci sono popoli, individui, catego-rie umane che sfuggano a que-sta minaccia».

Questa arroganza del progres-

so non è anche di oggi?«Il computer ci da l’illusione ditutto sapere e di poter accederea una sapienza infinita, ma que-sta stessa possibilità mette inevidenza la differenza tra infor-mazione e conoscenza. Non sia-mo entrati in un universo di co-noscenza, siamo in un universodi informazione. Ci sono dei dati,potete leggere liste all’infinito

ma la conoscenza non è questo:la conoscenza è l’incontro trauna coscienza individuale, uma-na e l’informazione, è la trasfor-mazione di questa informazionein qualche cosa di personale, unmodo di agire, di rapportarsiagli altri intorno a sé. Non dob-biamo ingannarci, prendere que-sta pluralità di informazioni peruna maturità della conoscenza.Di fatto i giovani di oggi che se lacavano così bene con un compu-ter sono spesso dei grandi igno-ranti perché non hanno interio-rizzato questa informazione, re-sta là, in deposito, non hanno sa-puto trasformarla, per ora, inqualcosa di personale, in unaazione umana».

Non si esiste senza lo sguardodegli altri: è il cuore del suopensiero…

«E’ un dato non solo della socie-tà ma dell’umanità. Tutte le spe-cie animali hanno bisogno deglialtri. Ma gli uomini sembranoavere questa caratteristica sup-plementare di dipendere parti-colarmente dallo sguardo deglialtri. Un bambino che fosse ab-bandonato dagli adulti, non po-trebbe accedere al linguaggio enon potrebbe accedere alla co-scienza, si diviene umani solocon l’interazione con coloro checi stanno intorno. C’è un’ideasemplificatrice secondo cui ab-biamo una sorta di personalitàprofonda che è dissimulata dal-le abitudini che abbiamo presodal nostro rapporto con gli al-tri. No. Non c’è nulla che è innoi prima del contatto con gli al-tri. Noi siamo formati da questocontatto. Non esiste un essereumano fuori dalla cultura, dalladipendenza degli altri. Bisognarespingere questa illusione indi-vidualista. La nostra verità ènella relazione con coloro che cicircondano».

La memoria sono uomini e luo-ghi: quali sono quelli che leiama nel XX secolo?

«Non sono gli eroi, ma esseri de-boli, vulnerabili che tuttavia

hanno trovato in loro la forza diresistere a questa potenzaestrema che era il totalitarismonazista o comunista. Per me ilgesto ammirevole cominciamolto vicino a noi, il gesto di unindividuo verso un altro, del pa-dre verso il bambino, del figlioche si occupa della vecchia ma-dre. Direi che c’è una sorta dibanalità del bene davanti a cuinoi spesso chiudiamo gli occhiperché pensiamo che faccia par-te del quotidiano e pensiamo siapiù coraggioso ammettere chel’uomo è crudele volto al male.Non bisogna rinchiudersi inuna visione nichilista e non ve-dere che la vita è punteggiata digesta di amore di ospitalità di

generosità e che senza questol’essere umano non esisterebbeaffatto. Siamo una specie socia-le, a causa della nostra fragilitàci si è accorti presto che senzala astuzia di metterci insieme cisono animali molto più forti dinoi. Ma questo gesto di solleci-tazione degli uni verso gli altriforma il tessuto della vita. Sonoquesti i gesti che mi danno emo-zione. Non Achille o AlessandroMagno ma un personaggio ano-nimo che da un pezzo di pane aun compagno di prigione. Vasi-lij Grossman ha spiegato in Vitae destino che il bene con la maiu-scola ha sempre un lato inquie-tante perché si rischia di sacrifi-care qualcuno per compierlo.Prendete la Chiesa: che splendi-do ideale! e tuttavia: persecuzio-ni guerre inquisizione. Per nonparlare del comunismo. Evoca-va allora un esempio: una vec-china russa che dava un pezzodi pane a un soldato tedesco cat-turato a Stalingrado».

“Non si dimentichila banalità del bene”

«Non approvo la formula“Chi ignora il passatorischia di ripeterlo”,Hitler conosceva, eccome,il genocidio armeno»

«Le dittature - lo so,vengo dalla Bulgaria -non temono la memoriacome tale, ma la memoriadelle loro azioni perverse»

Torino 13-17 maggio

«Internet dà l’illusionedi tutto sapere,in realtà l’informazionenon è formazionedella coscienza»

L’intervistaDOMENICO QUIRICO

Tzvetan Todorov

La memoria della Storia A colloquio con TzvetanTodorov:«Amo ricordare non gli eroi, ma gli esseri deboli, che hannotrovato la forza di resistere al totalitarismo, nazista o comunista»

Il fascino della lettura: «Le gambe di Martine», una foto di Henri Cartier-Bresson/Magnum/Contrasto

Todorov terrà la lectiomagistralis su «Letteratura ed

etica» il 15, h. 12, Sala Rossa.I suoi libri sono editi daGarzanti. Per l’ultimo,

«La letteratura in pericolo»,gli è stato conferito il premio

Bonura da «Avvenire».Gli verrà consegnato il 14,

Sala Azzurra, h. 16,30. Seguiràil convegno «Esiste ancora la

critica militante?»(Berardinelli, Guglielmi,

Paccagnini, Sinibaldi)

Dieci uomini, dieci storie che riemergono dal passato riportandoci nel Piemonte di oltre due secoli fa: un Paese tormentato, sospeso tra il crepuscolo della monarchia e un destino incerto. Vite vissute pericolosamente, ciascuna delle quali rimanda a un personaggio preciso: con il suo passato, i suoi sentimenti, le sue paure e le sue speranze. L’inserimento nella trama di documenti originali ravviva le storie narrate. Basta sfogliarne qualcuno per rendersi conto che la realtà di quegli anni ha superato la fantasia.

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o la borsa o la vita!STORIE DI BANDITI, AVVENTURIERI E IDEALISTI

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Page 9: Tuttolibri n. 1713 (07-05-2010)

Pagina Fisica: INSERTI - NAZIONALE - 9 - 08/05/10 - Pag. Logica: INSERTI/PAGINE [TTL_8] - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 06/05/10 12.51

Speciale Salone 2010VIIITuttolibri

SABATO 8 MAGGIO 2010LA STAMPA IX

Tzvetan Todorov, ve-nuto nel 1963 dalla Bul-garia in Francia, a ca-

vallo dunque tra due culture,che galoppa nelle sue ricerchedalla linguistica alla sociologiaalla storia, ha ben appreso, nelsecolo dei totalitarismi, comepoche cose siano più infidedellamemoria.

Esiste un buon uso della me-moria?

«La memoria in se stessa nonè necessariamente un bene, ri-cordare in se stesso non è unaazione virtuosa. Lo si può con-statare facilmente se si osser-vano i diversi usi che se ne fan-no. Serve per ricordare lesconfitte subite nel passato eincitare il popolo a prendersila rivincita, alla vendetta, al ri-sentimento; una delle peggioriorigini delle perversioni del-l’azione umana. Hitler ha for-giato la volontà del popolo te-desco negli Anni Trenta ricor-dando costantemente il tratta-to di Versailles umiliante perla Germania. Ciò non vuol direche ogni memoria è cattiva,

ma che tutto dipende dal suouso e non dalla memoria in sestessa. Per questo non amol’espressione dovere della me-moria, non c’è dovere perché lamemoria può servire al bene co-me al male. C’è invece una me-moria di giustizia. Quando la me-moria serve a difendere i nostriinteressi, a rivendicare a partire

dal passato delle gratificazioninel presente è un uso comprensi-bile ma che non ha nulla di glo-rioso. L’uso rimarchevole èquando mettiamo la nostra espe-rienza passata al servizio dellagiustizia, degli altri. Per questoho una grande ammirazione pergli ex deportati, per i resistenti,durante la guerra deportati neiCampi, una volta tornati, hannolottato per salvare i prigionierichiusi in altri campi di concen-tramento, in altri paesi e non sisono limitati a ricordare le loro

sofferenze. Per questo non amola formula: chi ignora il passatorischia di ripeterlo. Mi sembrainsufficiente perché implica checoloro che ricordano il passatosappiano necessariamente trar-ne le buone lezioni. Hitler, il no-stro eterno esempio negativo, di-ceva: “Conosco bene la storiadel genocidio armeno, e ho impa-rato come commettere un geno-cidio senza che nessuno si turbiattorno a me”. Dunque non ac-contentiamoci di dire bisognaconservare il passato, bisognavedere che uso se ne farà oggi».

Eppure sono i totalitarismiche hanno paura che si ricor-di…

«Ma il totalitarismo non teme lamemoria come tale, teme la me-moria delle sue azioni perverse.Quando abitavo in un paese tota-litario c’erano costantementedelle lezioni di memoria, soloche era una memoria selettiva,che sceglieva solo i successi deimembri del partito comunista etutto il resto spariva nell’oblio.Non si può rimproverare allamemoria di essere selettiva,ogni memoria per definizione loè, ma alcuni scelgono semplice-mente cercando di servire i pro-

pri interessi ed il caso dei regimitotalitari mentre altri, è ed è lacaratteristica delle democrazie,si dicono che la memoria deveaspirare a una giusta rappresen-tazione del passato e dunque oc-corre riconoscere ad esempio lepagine eroiche del passato diuna nazione ma anche le sue pa-gine nere».

L’oblio è dunque talora prefe-ribile...

«In ogni caso è indispensabile.Non è possibile guardare la tota-lità del passato, il nostro cervel-lo esploderebbe».

Penso al modo in cui il Sudafri-ca è uscito dall’apartheid…

«Sì ma non con l’oblio, ma conuna commissione di verità e ri-conciliazione, un ricordo delpassato seguito dal perdono.Mi pare la linea giusta quandoil crimine è stato richiesto inqualche nodo dalla legge.

L’apartheid era una legge, i boe-ri obbedivano a una legge del lo-ro paese Quando il cambiamen-to si produce non si devono con-dannare gli individui ma ricor-dare la verità e la giustizia. Di-rei altrettanto dei paesi ex co-munisti, ma in Russia o in Bul-garia non c’è stato ricordo dellaverità, solo un desiderio di di-menticare questo passato peno-

so, di voltar pagina prima diaverla letta».

La constatazione orribile cheogni essere umano è capace diinumanità è stato il terribile fi-lo rosso del ventesimo secolo?

«Questa constatazione i secoliprecedenti non l’avevano igno-rata. Ma alla fine dell’800 e al-l’inizio del 900 c’è stato un perio-do di euforia legato alla rivolu-

zione industriale, l’idea del pro-gresso è una idea legata alla for-midabile trasformazione tecno-logica che ha subito il mondo. Fi-no al 1815 si conoscevano solopiccoli cambiamenti da secoli,poi in cento anni irrompono iltreno, l’automobile, il telegrafo,la radio, l’aereo. Si è creduto chequesta fantastica trasformazio-ne portasse con se automatica-

mente un progresso sociale. E inparte è vero. Ma nello stessotempo abbiamo avuto una testi-monianza crudele di ciò che l’uo-mo è capace in termini di inuma-nità, questa violenza che crede-vamo eliminata è lì, vicina, e nonci sono popoli, individui, catego-rie umane che sfuggano a que-sta minaccia».

Questa arroganza del progres-

so non è anche di oggi?«Il computer ci da l’illusione ditutto sapere e di poter accederea una sapienza infinita, ma que-sta stessa possibilità mette inevidenza la differenza tra infor-mazione e conoscenza. Non sia-mo entrati in un universo di co-noscenza, siamo in un universodi informazione. Ci sono dei dati,potete leggere liste all’infinito

ma la conoscenza non è questo:la conoscenza è l’incontro trauna coscienza individuale, uma-na e l’informazione, è la trasfor-mazione di questa informazionein qualche cosa di personale, unmodo di agire, di rapportarsiagli altri intorno a sé. Non dob-biamo ingannarci, prendere que-sta pluralità di informazioni peruna maturità della conoscenza.Di fatto i giovani di oggi che se lacavano così bene con un compu-ter sono spesso dei grandi igno-ranti perché non hanno interio-rizzato questa informazione, re-sta là, in deposito, non hanno sa-puto trasformarla, per ora, inqualcosa di personale, in unaazione umana».

Non si esiste senza lo sguardodegli altri: è il cuore del suopensiero…

«E’ un dato non solo della socie-tà ma dell’umanità. Tutte le spe-cie animali hanno bisogno deglialtri. Ma gli uomini sembranoavere questa caratteristica sup-plementare di dipendere parti-colarmente dallo sguardo deglialtri. Un bambino che fosse ab-bandonato dagli adulti, non po-trebbe accedere al linguaggio enon potrebbe accedere alla co-scienza, si diviene umani solocon l’interazione con coloro checi stanno intorno. C’è un’ideasemplificatrice secondo cui ab-biamo una sorta di personalitàprofonda che è dissimulata dal-le abitudini che abbiamo presodal nostro rapporto con gli al-tri. No. Non c’è nulla che è innoi prima del contatto con gli al-tri. Noi siamo formati da questocontatto. Non esiste un essereumano fuori dalla cultura, dalladipendenza degli altri. Bisognarespingere questa illusione indi-vidualista. La nostra verità ènella relazione con coloro che cicircondano».

La memoria sono uomini e luo-ghi: quali sono quelli che leiama nel XX secolo?

«Non sono gli eroi, ma esseri de-boli, vulnerabili che tuttavia

hanno trovato in loro la forza diresistere a questa potenzaestrema che era il totalitarismonazista o comunista. Per me ilgesto ammirevole cominciamolto vicino a noi, il gesto di unindividuo verso un altro, del pa-dre verso il bambino, del figlioche si occupa della vecchia ma-dre. Direi che c’è una sorta dibanalità del bene davanti a cuinoi spesso chiudiamo gli occhiperché pensiamo che faccia par-te del quotidiano e pensiamo siapiù coraggioso ammettere chel’uomo è crudele volto al male.Non bisogna rinchiudersi inuna visione nichilista e non ve-dere che la vita è punteggiata digesta di amore di ospitalità di

generosità e che senza questol’essere umano non esisterebbeaffatto. Siamo una specie socia-le, a causa della nostra fragilitàci si è accorti presto che senzala astuzia di metterci insieme cisono animali molto più forti dinoi. Ma questo gesto di solleci-tazione degli uni verso gli altriforma il tessuto della vita. Sonoquesti i gesti che mi danno emo-zione. Non Achille o AlessandroMagno ma un personaggio ano-nimo che da un pezzo di pane aun compagno di prigione. Vasi-lij Grossman ha spiegato in Vitae destino che il bene con la maiu-scola ha sempre un lato inquie-tante perché si rischia di sacrifi-care qualcuno per compierlo.Prendete la Chiesa: che splendi-do ideale! e tuttavia: persecuzio-ni guerre inquisizione. Per nonparlare del comunismo. Evoca-va allora un esempio: una vec-china russa che dava un pezzodi pane a un soldato tedesco cat-turato a Stalingrado».

“Non si dimentichila banalità del bene”

«Non approvo la formula“Chi ignora il passatorischia di ripeterlo”,Hitler conosceva, eccome,il genocidio armeno»

«Le dittature - lo so,vengo dalla Bulgaria -non temono la memoriacome tale, ma la memoriadelle loro azioni perverse»

Torino 13-17 maggio

«Internet dà l’illusionedi tutto sapere,in realtà l’informazionenon è formazionedella coscienza»

L’intervistaDOMENICO QUIRICO

Tzvetan Todorov

La memoria della Storia A colloquio con TzvetanTodorov:«Amo ricordare non gli eroi, ma gli esseri deboli, che hannotrovato la forza di resistere al totalitarismo, nazista o comunista»

Il fascino della lettura: «Le gambe di Martine», una foto di Henri Cartier-Bresson/Magnum/Contrasto

Todorov terrà la lectiomagistralis su «Letteratura ed

etica» il 15, h. 12, Sala Rossa.I suoi libri sono editi daGarzanti. Per l’ultimo,

«La letteratura in pericolo»,gli è stato conferito il premio

Bonura da «Avvenire».Gli verrà consegnato il 14,

Sala Azzurra, h. 16,30. Seguiràil convegno «Esiste ancora la

critica militante?»(Berardinelli, Guglielmi,

Paccagnini, Sinibaldi)

Page 10: Tuttolibri n. 1713 (07-05-2010)

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Dai tigrotti a Siddharta

La Bibbia, da proibita a necessariaRipercorrere il cam-mino del testo bibliconelle vicende della

chiesa italiana in questi ultimicentocinquant’anni significacompiere un’operazione di me-moria e di rilettura di come ilcattolicesimo abbia contribui-to a plasmare gli italiani e la lo-ro spiritualità in una nazionedivenuta unitaria al termine diuna lotta condotta anche con-tro lo stato pontificio. Un eser-cizio di memoria sul nostropassato che è tanto più dovero-so oggi, in una stagione in cui sirischia di dare per scontata equasi irrilevante la relativa fa-miliarità del testo biblico per ifedeli praticanti, in un’ora incui non manca chi rimpiangel'epoca della totale estraneitàdei cattolici rispetto alla bib-bia.

Ci dovremmo chiedere qua-le fosse la situazione della bib-bia nel mondo cattolico e inparticolare in quello italiano,nell’epoca tra il primo e il se-condo concilio Vaticano, perio-do più o meno corrispondenteai primi cent'anni dello statoitaliano. L’antefatto a cui vol-gersi è il tornante decisivo rap-presentato dall’invenzione del-la stampa a caratteri mobiliche sfornò come primo prodot-to, alla metà del XV secolo, pro-prio una bibbia. Da una civiltà,e un cristianesimo, sostanzial-mente orale, emerse la possibi-

lità di isolare la bibbia come og-getto a sé stante - un libro, ap-punto - che poteva godere diun'ampia diffusione, finire nel-le mani dei singoli ed essere uti-lizzato nella liturgia e nello stu-dio.

La chiesa cattolica reagì aumanesimo e Riforma - che fa-vorivano la diffusione della Bib-bia in tutto il popolo cristianomediante traduzioni - affer-mando, al concilio di Trento,l'autenticità della Vulgata lati-na e stabilendone il predomi-nio di fatto e di diritto. Pur au-spicando «che non fosse tra-scurato il tesoro celeste dei li-bri sacri, che lo Spirito santoha dato agli uomini con som-ma liberalità», l’estrema riser-va con cui il concilio stesso siespresse sulle traduzioni dellabibbia in lingua volgare finiràper neutralizzare qualsiasi ef-fetto pratico nella vita dei cre-denti. Non si dimentichi che laregola IV dell’Indice di Pio IV,promulgato nel 1564, recitava:«In linea generale è proibita ailaici la lettura della SacraScrittura in traduzioni moder-ne. Risulta chiaramente dal-l’esperienza, infatti, che, se si

consente a chiunque di leggerela Scrittura nelle lingue volgari,ne conseguono più danni chevantaggi, a causa della temera-rietà degli esseri umani. Soltan-to in casi eccezionali precisa-mente regolamentati i vescovi egli inquisitori possono accorda-re delle dispense da questa nor-ma. È prevista una sanzione an-che per i tipografi».

Anche quando il riferimentoa questa regola cessò di essereattivo, il problema si spostò sul

piano pastorale e significò cheogni parroco o confessore si sen-tiva responsabile di vigilare sul-le letture dei suoi parrocchiani odei suoi penitenti. Ancora nelXIX e XX secolo l’atteggiamentodiffuso è dominato dall’idea chela lettura della bibbia non sia ne-cessaria alla salvezza, che spes-so sia nociva e non vantaggiosa eche dunque sia meglio trasmet-tere ai fedeli il messaggio biblicoattraverso le vie indirette dellapredicazione e del catechismo.

Nella liturgia, del resto, la bib-bia sarà letta in latino fino al Va-ticano II, creando così un ostaco-lo all’interiorizzazione e al dispie-garsi dell’efficacia della paroladi Dio nel cuore del credente,che quella lingua non capisce. Apartire dalla seconda metà delXIX secolo la predicazione stes-sa, questa sì in lingua volgare,apparirà poi segnata da una pie-tà sentimentale dominata dallacontemplazione dei «misteri»della vita di Cristo oppure da de-vozioni particolari. In essa i rife-rimenti biblici saranno fram-mentari e spesso aneddotici,spunti per moniti o esempi mo-raleggianti tendenti a edificarepiù che a nutrire la fede.

Occorrerà arrivare al conci-lio Vaticano II e in particolare al-la sua costituzione Dei Verbumper avere un rinnovamento radi-cale della predicazione in sensoevangelico e scritturistico: «Ènecessario che tutta la predica-zione ecclesiastica sia nutrita eregolata dalla sacra Scrittura».Nel frattempo, già papa Giovan-

ni si sarà prodigato con tenaceconvinzione a favore di un’am-pia diffusione della traduzionedella bibbia in italiano a un prez-zo «popolare»: la famosa «Bib-bia a mille lire» delle Paoline,che consentì la prima vera diffu-sione di massa del testo bibliconella sua interezza e in lingua ita-liana.

Permane, certo, l’assenza del-la Bibbia nella scuola italiana epiù in generale nel tessuto cultu-rale del Paese: assenza che inde-bolisce la memoria storica del«grande codice» della cultura oc-cidentale ancora oggi stimolan-te non solo sul piano religiosoma su quello storico, letterario,artistico e filosofico. Ma la ritro-vata centralità della parola diDio al cuore della vita ecclesialenegli ultimi decenni si è già rive-lata una seminagione feconda eportatrice di mutamenti irrever-sibili nel vissuto cristiano quoti-diano. Davvero proprio gli annidi quel Concilio, - anni coinciden-ti con il primo centenario del-l’unità d'Italia - possono esserefelicemente ricordati come l'ini-zio della fine dell’esilio della pa-rola di Dio dalla vita e dalla spiri-tualità dei cattolici italiani.

TRA FO E BEVILACQUA, GUCCINI E LA TAMARO

I big di casa nostra= Affollata, ovviamente, al Salone, la carovana di scrittoriitaliani. A cominciare dal Nobel Dario Fo, autore di La Bibbiaspiegata ai villani (Guanda): il 14 maggio, h. 16,30, SalaGialla, con Bruno Gambarotta. Un’ora... con AlbertoBevilacqua in dialogo con Antonio Franchini, il 14, h. 17,Caffè Letterario (nei Meridiani le sue Opere). Il 17, h 20, inSala Gialla, Francesco Guccini in veste di scrittore. (Non soche occhi avesse,Mondadori. Presenta Gabriele Ferraris). Epoi: Susanna Tamaro, i Wu Ming, Rosetta Loy, Lucarelli,ecc.

ARRIVANOTUROW,NOTHOMB,ENQUIST, LETHEM

Le star fra gli stranieri= Scott Turow, il maestro del legal thriller, autore diInnocente (Mondadori), sarà al Salone il 16 , h. 11,30, Saladei 500. Lo precede il 14 in Sala Azurra, h.19,30, Lars Kepler(pseudonimo della coppia autrice de L’ipnotista). Sabato 15le sorelle Nothomb (Voland) con Giovanna Zucconi, h.17,30 e Jonatham Lethem (il Saggiatore) , h.12 (entrambi inSala Azzurra; Fitzek (Elliot) , h. 13,30, al Caffè Letterario, conWalter Veltroni. Domenica 16, Olov Enquist (Iperborea), h.12, Sala Blu e Jim Nisbet (Fanucci) h. 13,30 Sala Azzurra.

DA RONCHEY A SCALFARI E PANSA

Giornalisti testimoni= Giornalismo totale (Aragno) è un raccolta di scritti diAlberto Ronchey: la presentano Enzo Bettiza, PaoloGarimberti, Paolo Mieli, con il curatore Alberto Sinigaglia il 17, h.17,30, Sala Azzurra. Con Eugenio Scalfari, di cui esce Perl’alto mare aperto (Einaudi), il 16 , h. 17, Sala Gialla, discutonoErnesto Franco e Antonio Gnoli. Giampaolo Pansa, autore diI cari estinti (Rizzoli) sarà il 16 , h. 15, in Sala dei 500 con MarioCalabresi. Altri giornalisti al Salone: Pigi Battista, EnricoDeaglio, Marcello Sorgi, Enrico Mentana, Riccardo Chiaberge.

Speciale Salone 2010XTuttolibri

SABATO 8 MAGGIO 2010LA STAMPA XI

è una singolare cesura di secolitra fortunati libri di viaggi e sco-perte, da Marco Polo a Ramu-sio, che hanno svelato agli italia-ni i portentosi misteri d'Oriente,e la scoperta dell'India che av-viene principalmente per il tra-mite dei popolari romanzi d'av-ventura scritti da un cronista ve-ronese che sapeva ricreare in bi-blioteca i mondi favolosi in cuinon era mai stato. L'India offrea Emilio Salgari gli ingredientidi cui le favole esotiche hanno bi-sogno: strangolatori, bramini,fachiri, rajah, vergini, bajadere,paria, tigri, elefanti, serpenti,diamanti grossi come noci, fore-ste tropicali. La sua è un'Indiaiperbolica, nel segno di una di-smisura che produce incanta-mento e stupore. L'Italia che fa-ticosamente cercava di fare pro-ve di unità nazionale era un Pae-se povero, che poteva viaggiaresoltanto sul Giornale illustrato

dei viaggi e delle avventure. Diqui l'entusiasmo con cui meta-bolizzava le accurate invenzionidi Salgari.

Un anno dopo il suo suicidio,nel 1912, arriva in India un giova-ne avvocato torinese malato ditubercolosi. Guido Gozzano è iltipico viaggiatore che vede eracconta quasi soltanto se stes-so. Negli elzeviri raccolti in Ver-so la cuna del mondo cerca lacomplicità dei lettori recitandola parte di chi sta bene solo a ca-sa. Spaventato, più che ammira-to, da una natura eccessiva, rac-conta piccoli momenti umoristi-ci per far sorridere il lettore coni buffi comportamenti dei turistie dei locali. E tuttavia fa in tem-po a notare la stretta commistio-ne che nell'arte indiana legaamore e morte: «La felicità delnon essere nati o essendo nati ri-tornare al non essere».

Passano molti anni, e nell'In-

dia indipendente di Nehru co-minciano ad arrivare gli inviatispeciali. Ci sono Enrico Ema-nuelli, Alfredo Todisco, e duetra i più famosi scrittori italianidel tempo: Alberto Moravia,che i Penguin Books hanno fattodiventare noto anche in India, e

Pier Paolo Pasolini. Il primo im-patto è devastante per tutti: lamiseria atroce, i mendicanti, ilebbrosi, la sporcizia, le vacche«magre in modo osceno», le cen-tinaia di persone che dormonosui marciapiedi, e «sembranodei morti avvolti in sudari strap-pati e fetidi». Ma vedono anche

la pazienza, la tenerezza, lasconvolgente mitezza Indù. Sco-prono che il sentimento del sa-cro, libero da regole, norme, pre-scrizioni, è ovunque, a partiredalla famigliarità che lega uomi-ni e animali.

Moravia osserva che, a parti-re dal Medioevo, gli europei so-no stati inventivi nel campo del-la scienza, della politica e dellearti, pochissimo in campo reli-gioso. E spiega all'amico comel'originaria forza vitale di cuiparla il Bramanesino, il soffioche si manifesta nell'infinita pla-sticità delle cose, sia una sortadi rappresentazione poetica del-le moderne teorie fisiche e co-smologiche. A Pasolini, da bra-vo marxista, le espressioni dellespiritualità sembrano invece lenevrosi mistiche di un enormesottoproletariato agricolo assaipoco misterioso, asservito da se-coli e adesso governato da una

borghesia incapace perché spa-ventata. Se proprio l'India deveoccidentalizzarsi, non distrug-ga almeno l'antica civiltà conta-dina come ha fatto l'Italia.

Anche per Giorgio Manganel-li, quindici anni più tardi, non cisarà per l'India una salvezzache non sia religiosa. Lo incantala «vocazione polimorfa» di unmondo dove non esiste verità ounità di misura stabile, dove mi-nerali, vegetali, animali e umanisembrano ibridarsi in morbidiabbracci. Il modo asiatico di sco-prire gli dèi è un procedimento«che si alimenta di una vocazio-ne ai sogni e da un lato ne ha l'in-finita inconsistenza e l'erraticainventività; e insieme riesce apietrificare codesta materia so-gnata, lasciandole tutta la suasterminata dilatazione labirinti-ca, la genealogia delle incarna-zioni, tutte successive e tuttecontemporanee». L'India è inprimo luogo la patria della po-tenza fantastica, mitopoietica.

Se tuttavia esiste un libro chegenerazioni di italiani hanno fat-to loro con la trepidazione di chi

ingerisce il farmaco miracolosoche lo guarirà dei suoi mali, ècertamente Siddharta di Her-mann Hesse. L'apologo edifican-te del ritrovamento di se stessiattraverso la full immersion nel-la segreta armonia del tutto,che trova il suo sigillo nel sorri-so del Buddha. India come fugadall'Occidente, dai suoi falsi ido-li, dai guasti del presunto pro-gresso consumista, nel solco diuna tradizione che si può far ri-salire a Schopenhauer e a Nietz-sche.

Un percorso assai simile haportato per cinque anni in IndiaTiziano Terzani, già esperto co-noscitore dell'Oriente come in-viato speciale. Per lui, l'unica ve-ra rivoluzione che l'India abbiaconosciuto è stata quella delbuddhismo e della nonviolenza,quasi tremila anni fa. Così quan-do si scopre malato e decide diimparare a morire, si ritira sull'Himalaya, e parte saggiamentedai testi: studia il sanscrito, con-vinto che l'origine di tutto sia inquell'India che ha inventato lozero e ha inventato l'Uno.

I lettori di Siddharta sono di-ventati i lettori di Terzani. Nonso fino a che punto resterannodelusi quando, viaggiando allaricerca del sorriso del Buddha,scopriranno che l'India, almenoquella metropolitana, si sta occi-dentalizzando con la velocitàdelle valanghe.

Che cosa resta, nella vitad'ogni giorno, del divino che in-cuteva rispetto perfino ai disillu-si viaggiatori razionalisti? Dovecorre l'elefante indiano globaliz-zato? Che si cerchi il vecchio o ilnuovo, ancora una volta la rispo-sta si anniderà nel tempo diver-so dei libri, nella pazienza di chiscrive e chi legge. Per arrivareall'Illuminazione non sono datescorciatoie.

A lungo si impedìai laici di leggereil Libro in «volgare»prevedendo sanzionianche per i tipografi

La svolta con il ConcilioVaticano II che vollefarne lettura popolare:ma oggi è ancoraassente nella scuola

C

IL PAESEOSPITE

ERNESTO FERRERO

Vista dagli italiani Le fantastiche avventure di Salgari, il viaggio di Gozzano,i reportages di Moravia, Pasolini, Manganelli, l’ultima «fuga» di Terzani

Tocca all’India il posto

d’onore di Paese ospite

nel 23˚ Salone del

libro.

All’ «India degli

italiani», da Salgari e

Gozzano a Pasolini e

Terzani, è dedicata

una tavola rotonda con

G. Tesio, G. Ficara, G.

Cederna (sabato 15, h.

18, Sala Rossa).

Sempre sabato (h.

16,30 Sala Azzurra)

lectio magistralis su

«l’India dei miti» di

Roberto Calasso,

autore di «Ka». Sui

rapporti socioeconomici

tra Italia e India,

un convegno il 14 h.

10/13,30 Sala Parigi,

Centro Congressi del

Lingotto

La memoria delle Scritture Come il cattolicesimo ha contribuito a plasmare gli italianie la loro spiritualità in una nazione divenuta unitaria, in lotta anche con lo Stato pontificio

Cercare la carità nel Libro dei libri: una foto di Pietro Zucchetti/ Camerapress/ Contrasto

LasacraBibbia,nellanuovaversioneufficialedellaCei,ènel catalogodelleEdizioniSanPaolo. IndueMeridianiMondadori(1998) la traduzioneitalianadel teologoprotestanteDiodati(1641).Tragli incontri chealSaloneaffronteranno lamemoriareligiosa:UndialogofraMassimoCacciariePieroCodaautoridelvolume«IosonoilSignorediotuo» (ilMulino)conFrancoCardini, FrancoGarelli,ElenaLoewenthal,ArrigoLevi (giovedì13,h.18,30,sala rossa).EnzoBianchipresenta il suonuovolibro«L’altrosiamonoi»(Einaudi) venerdì14,h.15, salagialla.

DIECI CAPOLAVORI, DAGLI ANTICHI POEMI EPICI AI ROMANZI DEL NOVECENTO

L’attrazione per la forzavitale del sacro,l’impatto con la miseria,il timore che l’Occidentedivori l’antica civiltà

3

Lo schiavo delmanoscritto

AmitavGhoshNeriPozza

pp.405, € 12,50

8

Crepuscoloa Deli

AhmedAliNeriPozza

pp.331, € 16,50

4

Un perfettoequilibrio

RohintonMistryMondadori

pp.735,€ 13

9

Fiume di fuocoQurrulatain

HyderNeriPozza

pp.585, € 23

5

AnimalIndraSinhaNeriPozza

pp.429,€ 17,50

10INDIA

Torino 13-17 maggio

ENZO BIANCHI

MahabharataNarayan

RasupuramK.Guanda

pp.216, € 6,71

La spartizionedel cuore

BapsiSidhwaNeriPozza

pp.315, € 8

Prima l’avventura,poi la spiritualità:anche da noi il librodi Hesse è stato la guidaper più generazioni

1

150O

Libri d’ItaliaVerso il 2011

6

Il RamayanaDharmaKrishna

OmEdizionipp.260, € 25

2

I figli dellamezzanotteSalmanRushdie

Mondadoripp.525,€ 9,40

7

KanthapuraRaoRaja

Ibseditorepp.282, € 18

SellerioNovità

www.sellerio.it

Andrea Camilleri Il nipote del Negus Anno 1929, il principe Grhane Sollassié Mbssa,nipote del Negus, è iscritto alla Scuola Mineraria diVigàta. «Come il giovanissimo principe del romanzo, ancheCamilleri è un frodolento secondo verità: burla ebeffa scrivendo, e inventando documenti, per stare al-la fine dalla parte della verità storica» (Salvatore S. Nigro).

Allen S. Weiss Baudelaire cerca gloriaNel 1861, quarantenne, il poeta maledetto feceun gesto decifrabile forse solo come la provo-cazione d’un dandy: candidarsi per l’imbal-samata Académie Française. Questo libro losegue in quei giorni come il journal di un’im-presa buffa e iconoclasta.

Martin Suter L’ultimo dei Weynfeldt Lo scopo dello svizzero Suter sembra quello didivertirsi riducendo a brandelli l’ipocrisia sociale.E l’epopea del timido milionario di meccanicotalento, falsario per amore, abbindolato abbindo-latore, è un apologo insinuante sul falso nell’artequale verità del falso che regge il mondo.

Thornton Wilder Idi di marzoAttraverso «lettere-diario», il racconto dell’ultimoanno di Cesare fino alla congiura che lo uccise.«La manipolazione ‘creativa’ investe gli stessi per-sonaggi storici; è il dato storico che viene trasfor-mato ed i personaggi storici diventano essi loqua-cissimi attori del romanzo» (Luciano Canfora).

Teresa Solana Scorciatoia per il paradisoBorja ed Eduardo, i due detective gemelli scom-binati e opposti in tutto, qui alla loro secondaavventura, svolgono indagini in cui spunta ognivolta l’indizio poliziesco e la situazione comica:gialli con una satira sociale che non risparmianulla.

Francesco M. Cataluccio Vado a vedere se di là è meglioUna moltitudine straordinaria di intelligenze crea-tive, celebri o oscure, vive nell’Europa centroorientale anteguerra, sarebbero oggi dei viandantidel nulla se libri come questo non ne evocassero l’e-sperienza, mescolando con empatica narrativa geo-grafie letterarie, architetture, memorie di luoghi.

Esmahan Aykol Hotel BosforoUn giallo ricco d’ironia che ha per protagonistauna donna tedesca-turca, che si trova spettatrice epartecipe dell’inchiesta su un omicidio ambiguo;ma protagonista vera, in un arioso abbraccio trepi-dante, è la città europea che sembra più promette-re al momento: Istanbul.

Francesco Recami Prenditi cura di meIl nuovo romanzo di Recami è costipato nel traffi-co urbano quanto è compresso lo scontro dei duepiccoli e ingombranti personaggi: l’anziana madree il figlio, divisi da una delega bancaria e schiacciatinella strettoia della loro vita.

Nino Vetri Lume Lume«Un libro che consiglio di leggere due volte. Pergustare la rara felicità di scrittura e la capacità d’in-venzione, e poi per studiarlo come ‘Manuale diconvivenza col mondo’» (Andrea Camilleri). Unsecondo romanzo che conferma il talento di ungiovane scrittore.

Davide Enia Italia-Brasile 3 a 2Un monologo in stile comico e realistico di anti-ca scuola. Una famiglia allargata davanti allapartitissima del 1982, che fu mito di formazioneper una generazione allora bambina. Il caosprodigioso dello spettacolo che diventa vita edella vita che diventa spettacolo.

Page 11: Tuttolibri n. 1713 (07-05-2010)

Pagina Fisica: INSERTI - NAZIONALE - 11 - 08/05/10 - Pag. Logica: INSERTI/PAGINE [TTL_10] - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 06/05/10 12.52

Dai tigrotti a Siddharta

La Bibbia, da proibita a necessariaRipercorrere il cam-mino del testo bibliconelle vicende della

chiesa italiana in questi ultimicentocinquant’anni significacompiere un’operazione di me-moria e di rilettura di come ilcattolicesimo abbia contribui-to a plasmare gli italiani e la lo-ro spiritualità in una nazionedivenuta unitaria al termine diuna lotta condotta anche con-tro lo stato pontificio. Un eser-cizio di memoria sul nostropassato che è tanto più dovero-so oggi, in una stagione in cui sirischia di dare per scontata equasi irrilevante la relativa fa-miliarità del testo biblico per ifedeli praticanti, in un’ora incui non manca chi rimpiangel'epoca della totale estraneitàdei cattolici rispetto alla bib-bia.

Ci dovremmo chiedere qua-le fosse la situazione della bib-bia nel mondo cattolico e inparticolare in quello italiano,nell’epoca tra il primo e il se-condo concilio Vaticano, perio-do più o meno corrispondenteai primi cent'anni dello statoitaliano. L’antefatto a cui vol-gersi è il tornante decisivo rap-presentato dall’invenzione del-la stampa a caratteri mobiliche sfornò come primo prodot-to, alla metà del XV secolo, pro-prio una bibbia. Da una civiltà,e un cristianesimo, sostanzial-mente orale, emerse la possibi-

lità di isolare la bibbia come og-getto a sé stante - un libro, ap-punto - che poteva godere diun'ampia diffusione, finire nel-le mani dei singoli ed essere uti-lizzato nella liturgia e nello stu-dio.

La chiesa cattolica reagì aumanesimo e Riforma - che fa-vorivano la diffusione della Bib-bia in tutto il popolo cristianomediante traduzioni - affer-mando, al concilio di Trento,l'autenticità della Vulgata lati-na e stabilendone il predomi-nio di fatto e di diritto. Pur au-spicando «che non fosse tra-scurato il tesoro celeste dei li-bri sacri, che lo Spirito santoha dato agli uomini con som-ma liberalità», l’estrema riser-va con cui il concilio stesso siespresse sulle traduzioni dellabibbia in lingua volgare finiràper neutralizzare qualsiasi ef-fetto pratico nella vita dei cre-denti. Non si dimentichi che laregola IV dell’Indice di Pio IV,promulgato nel 1564, recitava:«In linea generale è proibita ailaici la lettura della SacraScrittura in traduzioni moder-ne. Risulta chiaramente dal-l’esperienza, infatti, che, se si

consente a chiunque di leggerela Scrittura nelle lingue volgari,ne conseguono più danni chevantaggi, a causa della temera-rietà degli esseri umani. Soltan-to in casi eccezionali precisa-mente regolamentati i vescovi egli inquisitori possono accorda-re delle dispense da questa nor-ma. È prevista una sanzione an-che per i tipografi».

Anche quando il riferimentoa questa regola cessò di essereattivo, il problema si spostò sul

piano pastorale e significò cheogni parroco o confessore si sen-tiva responsabile di vigilare sul-le letture dei suoi parrocchiani odei suoi penitenti. Ancora nelXIX e XX secolo l’atteggiamentodiffuso è dominato dall’idea chela lettura della bibbia non sia ne-cessaria alla salvezza, che spes-so sia nociva e non vantaggiosa eche dunque sia meglio trasmet-tere ai fedeli il messaggio biblicoattraverso le vie indirette dellapredicazione e del catechismo.

Nella liturgia, del resto, la bib-bia sarà letta in latino fino al Va-ticano II, creando così un ostaco-lo all’interiorizzazione e al dispie-garsi dell’efficacia della paroladi Dio nel cuore del credente,che quella lingua non capisce. Apartire dalla seconda metà delXIX secolo la predicazione stes-sa, questa sì in lingua volgare,apparirà poi segnata da una pie-tà sentimentale dominata dallacontemplazione dei «misteri»della vita di Cristo oppure da de-vozioni particolari. In essa i rife-rimenti biblici saranno fram-mentari e spesso aneddotici,spunti per moniti o esempi mo-raleggianti tendenti a edificarepiù che a nutrire la fede.

Occorrerà arrivare al conci-lio Vaticano II e in particolare al-la sua costituzione Dei Verbumper avere un rinnovamento radi-cale della predicazione in sensoevangelico e scritturistico: «Ènecessario che tutta la predica-zione ecclesiastica sia nutrita eregolata dalla sacra Scrittura».Nel frattempo, già papa Giovan-

ni si sarà prodigato con tenaceconvinzione a favore di un’am-pia diffusione della traduzionedella bibbia in italiano a un prez-zo «popolare»: la famosa «Bib-bia a mille lire» delle Paoline,che consentì la prima vera diffu-sione di massa del testo bibliconella sua interezza e in lingua ita-liana.

Permane, certo, l’assenza del-la Bibbia nella scuola italiana epiù in generale nel tessuto cultu-rale del Paese: assenza che inde-bolisce la memoria storica del«grande codice» della cultura oc-cidentale ancora oggi stimolan-te non solo sul piano religiosoma su quello storico, letterario,artistico e filosofico. Ma la ritro-vata centralità della parola diDio al cuore della vita ecclesialenegli ultimi decenni si è già rive-lata una seminagione feconda eportatrice di mutamenti irrever-sibili nel vissuto cristiano quoti-diano. Davvero proprio gli annidi quel Concilio, - anni coinciden-ti con il primo centenario del-l’unità d'Italia - possono esserefelicemente ricordati come l'ini-zio della fine dell’esilio della pa-rola di Dio dalla vita e dalla spiri-tualità dei cattolici italiani.

TRA FO E BEVILACQUA, GUCCINI E LA TAMARO

I big di casa nostra= Affollata, ovviamente, al Salone, la carovana di scrittoriitaliani. A cominciare dal Nobel Dario Fo, autore di La Bibbiaspiegata ai villani (Guanda): il 14 maggio, h. 16,30, SalaGialla, con Bruno Gambarotta. Un’ora... con AlbertoBevilacqua in dialogo con Antonio Franchini, il 14, h. 17,Caffè Letterario (nei Meridiani le sue Opere). Il 17, h 20, inSala Gialla, Francesco Guccini in veste di scrittore. (Non soche occhi avesse,Mondadori. Presenta Gabriele Ferraris). Epoi: Susanna Tamaro, i Wu Ming, Rosetta Loy, Lucarelli,ecc.

ARRIVANOTUROW,NOTHOMB,ENQUIST, LETHEM

Le star fra gli stranieri= Scott Turow, il maestro del legal thriller, autore diInnocente (Mondadori), sarà al Salone il 16 , h. 11,30, Saladei 500. Lo precede il 14 in Sala Azurra, h.19,30, Lars Kepler(pseudonimo della coppia autrice de L’ipnotista). Sabato 15le sorelle Nothomb (Voland) con Giovanna Zucconi, h.17,30 e Jonatham Lethem (il Saggiatore) , h.12 (entrambi inSala Azzurra; Fitzek (Elliot) , h. 13,30, al Caffè Letterario, conWalter Veltroni. Domenica 16, Olov Enquist (Iperborea), h.12, Sala Blu e Jim Nisbet (Fanucci) h. 13,30 Sala Azzurra.

DA RONCHEY A SCALFARI E PANSA

Giornalisti testimoni= Giornalismo totale (Aragno) è un raccolta di scritti diAlberto Ronchey: la presentano Enzo Bettiza, PaoloGarimberti, Paolo Mieli, con il curatore Alberto Sinigaglia il 17, h.17,30, Sala Azzurra. Con Eugenio Scalfari, di cui esce Perl’alto mare aperto (Einaudi), il 16 , h. 17, Sala Gialla, discutonoErnesto Franco e Antonio Gnoli. Giampaolo Pansa, autore diI cari estinti (Rizzoli) sarà il 16 , h. 15, in Sala dei 500 con MarioCalabresi. Altri giornalisti al Salone: Pigi Battista, EnricoDeaglio, Marcello Sorgi, Enrico Mentana, Riccardo Chiaberge.

Speciale Salone 2010XTuttolibri

SABATO 8 MAGGIO 2010LA STAMPA XI

è una singolare cesura di secolitra fortunati libri di viaggi e sco-perte, da Marco Polo a Ramu-sio, che hanno svelato agli italia-ni i portentosi misteri d'Oriente,e la scoperta dell'India che av-viene principalmente per il tra-mite dei popolari romanzi d'av-ventura scritti da un cronista ve-ronese che sapeva ricreare in bi-blioteca i mondi favolosi in cuinon era mai stato. L'India offrea Emilio Salgari gli ingredientidi cui le favole esotiche hanno bi-sogno: strangolatori, bramini,fachiri, rajah, vergini, bajadere,paria, tigri, elefanti, serpenti,diamanti grossi come noci, fore-ste tropicali. La sua è un'Indiaiperbolica, nel segno di una di-smisura che produce incanta-mento e stupore. L'Italia che fa-ticosamente cercava di fare pro-ve di unità nazionale era un Pae-se povero, che poteva viaggiaresoltanto sul Giornale illustrato

dei viaggi e delle avventure. Diqui l'entusiasmo con cui meta-bolizzava le accurate invenzionidi Salgari.

Un anno dopo il suo suicidio,nel 1912, arriva in India un giova-ne avvocato torinese malato ditubercolosi. Guido Gozzano è iltipico viaggiatore che vede eracconta quasi soltanto se stes-so. Negli elzeviri raccolti in Ver-so la cuna del mondo cerca lacomplicità dei lettori recitandola parte di chi sta bene solo a ca-sa. Spaventato, più che ammira-to, da una natura eccessiva, rac-conta piccoli momenti umoristi-ci per far sorridere il lettore coni buffi comportamenti dei turistie dei locali. E tuttavia fa in tem-po a notare la stretta commistio-ne che nell'arte indiana legaamore e morte: «La felicità delnon essere nati o essendo nati ri-tornare al non essere».

Passano molti anni, e nell'In-

dia indipendente di Nehru co-minciano ad arrivare gli inviatispeciali. Ci sono Enrico Ema-nuelli, Alfredo Todisco, e duetra i più famosi scrittori italianidel tempo: Alberto Moravia,che i Penguin Books hanno fattodiventare noto anche in India, e

Pier Paolo Pasolini. Il primo im-patto è devastante per tutti: lamiseria atroce, i mendicanti, ilebbrosi, la sporcizia, le vacche«magre in modo osceno», le cen-tinaia di persone che dormonosui marciapiedi, e «sembranodei morti avvolti in sudari strap-pati e fetidi». Ma vedono anche

la pazienza, la tenerezza, lasconvolgente mitezza Indù. Sco-prono che il sentimento del sa-cro, libero da regole, norme, pre-scrizioni, è ovunque, a partiredalla famigliarità che lega uomi-ni e animali.

Moravia osserva che, a parti-re dal Medioevo, gli europei so-no stati inventivi nel campo del-la scienza, della politica e dellearti, pochissimo in campo reli-gioso. E spiega all'amico comel'originaria forza vitale di cuiparla il Bramanesino, il soffioche si manifesta nell'infinita pla-sticità delle cose, sia una sortadi rappresentazione poetica del-le moderne teorie fisiche e co-smologiche. A Pasolini, da bra-vo marxista, le espressioni dellespiritualità sembrano invece lenevrosi mistiche di un enormesottoproletariato agricolo assaipoco misterioso, asservito da se-coli e adesso governato da una

borghesia incapace perché spa-ventata. Se proprio l'India deveoccidentalizzarsi, non distrug-ga almeno l'antica civiltà conta-dina come ha fatto l'Italia.

Anche per Giorgio Manganel-li, quindici anni più tardi, non cisarà per l'India una salvezzache non sia religiosa. Lo incantala «vocazione polimorfa» di unmondo dove non esiste verità ounità di misura stabile, dove mi-nerali, vegetali, animali e umanisembrano ibridarsi in morbidiabbracci. Il modo asiatico di sco-prire gli dèi è un procedimento«che si alimenta di una vocazio-ne ai sogni e da un lato ne ha l'in-finita inconsistenza e l'erraticainventività; e insieme riesce apietrificare codesta materia so-gnata, lasciandole tutta la suasterminata dilatazione labirinti-ca, la genealogia delle incarna-zioni, tutte successive e tuttecontemporanee». L'India è inprimo luogo la patria della po-tenza fantastica, mitopoietica.

Se tuttavia esiste un libro chegenerazioni di italiani hanno fat-to loro con la trepidazione di chi

ingerisce il farmaco miracolosoche lo guarirà dei suoi mali, ècertamente Siddharta di Her-mann Hesse. L'apologo edifican-te del ritrovamento di se stessiattraverso la full immersion nel-la segreta armonia del tutto,che trova il suo sigillo nel sorri-so del Buddha. India come fugadall'Occidente, dai suoi falsi ido-li, dai guasti del presunto pro-gresso consumista, nel solco diuna tradizione che si può far ri-salire a Schopenhauer e a Nietz-sche.

Un percorso assai simile haportato per cinque anni in IndiaTiziano Terzani, già esperto co-noscitore dell'Oriente come in-viato speciale. Per lui, l'unica ve-ra rivoluzione che l'India abbiaconosciuto è stata quella delbuddhismo e della nonviolenza,quasi tremila anni fa. Così quan-do si scopre malato e decide diimparare a morire, si ritira sull'Himalaya, e parte saggiamentedai testi: studia il sanscrito, con-vinto che l'origine di tutto sia inquell'India che ha inventato lozero e ha inventato l'Uno.

I lettori di Siddharta sono di-ventati i lettori di Terzani. Nonso fino a che punto resterannodelusi quando, viaggiando allaricerca del sorriso del Buddha,scopriranno che l'India, almenoquella metropolitana, si sta occi-dentalizzando con la velocitàdelle valanghe.

Che cosa resta, nella vitad'ogni giorno, del divino che in-cuteva rispetto perfino ai disillu-si viaggiatori razionalisti? Dovecorre l'elefante indiano globaliz-zato? Che si cerchi il vecchio o ilnuovo, ancora una volta la rispo-sta si anniderà nel tempo diver-so dei libri, nella pazienza di chiscrive e chi legge. Per arrivareall'Illuminazione non sono datescorciatoie.

A lungo si impedìai laici di leggereil Libro in «volgare»prevedendo sanzionianche per i tipografi

La svolta con il ConcilioVaticano II che vollefarne lettura popolare:ma oggi è ancoraassente nella scuola

C

IL PAESEOSPITE

ERNESTO FERRERO

Vista dagli italiani Le fantastiche avventure di Salgari, il viaggio di Gozzano,i reportages di Moravia, Pasolini, Manganelli, l’ultima «fuga» di Terzani

Tocca all’India il posto

d’onore di Paese ospite

nel 23˚ Salone del

libro.

All’ «India degli

italiani», da Salgari e

Gozzano a Pasolini e

Terzani, è dedicata

una tavola rotonda con

G. Tesio, G. Ficara, G.

Cederna (sabato 15, h.

18, Sala Rossa).

Sempre sabato (h.

16,30 Sala Azzurra)

lectio magistralis su

«l’India dei miti» di

Roberto Calasso,

autore di «Ka». Sui

rapporti socioeconomici

tra Italia e India,

un convegno il 14 h.

10/13,30 Sala Parigi,

Centro Congressi del

Lingotto

La memoria delle Scritture Come il cattolicesimo ha contribuito a plasmare gli italianie la loro spiritualità in una nazione divenuta unitaria, in lotta anche con lo Stato pontificio

Cercare la carità nel Libro dei libri: una foto di Pietro Zucchetti/ Camerapress/ Contrasto

LasacraBibbia,nellanuovaversioneufficialedellaCei,ènel catalogodelleEdizioniSanPaolo. IndueMeridianiMondadori(1998) la traduzioneitalianadel teologoprotestanteDiodati(1641).Tragli incontri chealSaloneaffronteranno lamemoriareligiosa:UndialogofraMassimoCacciariePieroCodaautoridelvolume«IosonoilSignorediotuo» (ilMulino)conFrancoCardini, FrancoGarelli,ElenaLoewenthal,ArrigoLevi (giovedì13,h.18,30,sala rossa).EnzoBianchipresenta il suonuovolibro«L’altrosiamonoi»(Einaudi) venerdì14,h.15, salagialla.

DIECI CAPOLAVORI, DAGLI ANTICHI POEMI EPICI AI ROMANZI DEL NOVECENTO

L’attrazione per la forzavitale del sacro,l’impatto con la miseria,il timore che l’Occidentedivori l’antica civiltà

3

Lo schiavo delmanoscritto

AmitavGhoshNeriPozza

pp.405, € 12,50

8

Crepuscoloa Deli

AhmedAliNeriPozza

pp.331, € 16,50

4

Un perfettoequilibrio

RohintonMistryMondadori

pp.735,€ 13

9

Fiume di fuocoQurrulatain

HyderNeriPozza

pp.585, € 23

5

AnimalIndraSinhaNeriPozza

pp.429,€ 17,50

10INDIA

Torino 13-17 maggio

ENZO BIANCHI

MahabharataNarayan

RasupuramK.Guanda

pp.216, € 6,71

La spartizionedel cuore

BapsiSidhwaNeriPozza

pp.315, € 8

Prima l’avventura,poi la spiritualità:anche da noi il librodi Hesse è stato la guidaper più generazioni

1

150O

Libri d’ItaliaVerso il 2011

6

Il RamayanaDharmaKrishna

OmEdizionipp.260, € 25

2

I figli dellamezzanotteSalmanRushdie

Mondadoripp.525,€ 9,40

7

KanthapuraRaoRaja

Ibseditorepp.282, € 18

Page 12: Tuttolibri n. 1713 (07-05-2010)

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Indra Sinha

Spiritualee fricchettone,arretratoe postmoderno

Massiccio come un leone (tale è ilsignificato del suo cognome) in vigileriposo, Indra Sinha fa capolino da una

foto enigmatica tra due battenti di una portalignea consunta e come scarnificata dal tempo.Scrittore di ombre e corpi vigorosi e distorti(non le deformità sghembe e contorte di unQuasimodo), Sinha percorre con sguardolucido, eppure non spietato, i gali (vicoli)ottenebrati della caotica Bombay, in uncrogiolo non sommerso ma formicolante, direligioni e caste. Qui la città stessa si fa enigma,labirintica incrostazione di un'India non più, omai, pittorescamente esotica e variegata.

Ma è con l'atroce catastrofe di Bhopal, in cuiuna città e i suoi abitanti sono stati devastati daun incidente chimico, che in Animal Indrarappresenta con sinistra, sia pure dolente,efficacia lo sfacelo di spine dorsali e corpicontorti e come saldati a caldo da una fiammataossidrica gigantesca. Tuttavia la nube famelicache inghiotte l'equivalente narrativo di Bhopalè l'ombra nefasta e divorante della corruzione,delle SEZ (zone a sviluppo industrialeprivilegiato) che inghiottono le campagne edespropriano i contadini.

Come risposta, e partendo da Bhopal, Sinhacrea un nuovo Mowgli nato dallo sfacelo, nonuna balbettante e sciancata mostruosità, mauna creatura normale nella sua causatadifferenza, un traghettatore simbolico diidentità multiple, un corpo piagato ma nonsottomesso che incarna le nuove ed estremerivolte di sopravvivenza della nuova India.

Originaria di un gruppo matrilinearedel Kerala, in cui le donne vivevanoin comunità autonome dagli uomini,

Anita Nair rappresenta un altro aspetto delmondo indiano e induista, non costretto neiceppi della rimozione emotiva, più libero diesprimersi e, in un certo senso ditrasgredire. Manifesto di questo entroterraculturale è il romanzo Cuccette per solesignore, viaggio maieutico di una donna nonpiù giovanissima verso il compimento di sée nello stesso tempo micro-versione indianadi un viaggio affabulatorio femminile in untreno notturno, tra auto-coscienzapost-femminista e cronache famigliari.

Anita Nair, squisita poetessa di versi avolte d’amore, e responsabile di differentirubriche, pubblicate da giornali indiani,anche di argomento gastronomico, affrontala realtà con spirito certamente nonvegetariano e quindi goloso, che ladistingue da molte sue colleghe piùortodosse.

La sua ultima narrativa attinge infine agrovigli sentimentali tra occidente eoriente: un rosa non tenue. Tuttavia, inL’arte di dimenticare, l'ultimo romanzo dellaNair, c’è qualcosa di diverso rispetto alcedimento verso trame rosa e mondane: è losguardo cosmopolita che si accende nellanuova scrittura globalizzante dell’India, è lasofisticazione di uno stile che sogna, e inparte pratica, la fascinazione per nuoveculture. E’ l’Oriente che va a Occidente.

Anita Nair

In origine psicologo freudianoSudhir Kakar ha messo l'India sullettino dell’analista, in una seduta

collettiva dedicata non ai grandi miti oalle forme della spiritualità, ma aicondizionamenti e ai ruoli impostidalla vita sociale. Così ha esaminato,nei termini di sofferte mitografieimmaginate, le pulsioni dei sentimentie degli amori reali o sublimati, in unvasto arco analitico che procede dallevite negli slums agli abbellimenti diBollywood, dagli emblematici raccontidi tradizione mitografica ai percorsiquotidiani e in mutamento dei modi edoveri d'essere femminili (stridharma).Tale intreccio continuo e sempreaggiornato, in un duplice senso dianalisi: sociologico e insieme scavo delprofondo, costituisce un elemento euna pratica inedita di interpretazionein India, ponendosi lungo un delicato eprecario equilibrio tra normadharmica (l’identità statica impostadall’induismo alle persone) el’individuo singolo e sotto molti aspettiegemone della cultura occidentale.

Di questa miscela pronta sempre aesplodere con effetti pressochédevastanti troviamo forse unicatraccia, se escludiamo Kakar, in unrecente film indo-canadese assaibistrattato in India, Videshi (Lastraniera) della controversa regista

Deepa Metha, in cui le violenzeconiugali e famigliari sofferte da unamalmaritata sono filtrate, forseoniricamente, da sequenze salvificheper l'appunto mitografiche che misembrano richiamare certe traiettoriedelineate da Kakar. In fasi successivel’autore ha elaborato una formanarrativa che rielabora materialedocumentaristico e storico, cosìricostruendo in modo non pedantepersonaggi e situazioni. Negli ultimitempi Kakar ha dedicato le proprieanalisi alla descrizione, direiprogrammatica, dei caratteri specificialla società indiana contemporanea,soffermandosi sul ruolo egemone delnucleo famigliare e della appartenenzadi casta nei confronti della vita socialee dei rapporti interpersonali.

E’ curioso osservare come lapratica nepotistica sia centrale nellaquotidianità indiana, per cui si assumeo si promuove qualcuno non tanto sullabase del merito, ma del reticolato alquale appartiene. Benché Kakar siprefigga di esaminare i rapporti tracontinuità e modernizzazione in India,il suo lavoro più recente (Gli indiani), èstato interpretato dall’establishmentcome la conferma scientifica chel’inprint genetico di una cultura nonpuò essere modificato, con buona pacedella globalizzazione.

Sudhir Kakar

iascuno ha la propria percezio-ne e conoscenza dell'India, intri-sa di spiritualità che si vuoleestranea al flusso del tempo, op-pure intrisa di libertà fricchetto-na, o più semplicemente distampo esotico-turistico, sullascia del lascito imperiale britan-nico. Ma esistono ancora glieroici e sacrificati amministra-tori, e l'India è davvero quel ca-leidoscopio proteiforme descrit-to da Kipling in Kim e rappre-sentato dal padre dello scritto-re lungo le pareti della sala con-siliare di Bombay?

Certo esiste ancora l'IndianAdministrative Service, erededi quello coloniale, ma i funzio-nari sono alquanto diversi daiprogenitori britannici, se pre-stiamo fede a un romanzo diUpamanyu Chatterjee, English,August, mai tradotto in Italia,che narra di «un giovane scaz-zato», così suona il titolo france-se, mandato nel Sud a passare iltempo a masturbarsi e ad anno-iarsi nell'esercizio vago dellesue funzioni.

Mi accorgo di aver incomin-ciato con un'omissione, d'altra

parte bisogna aspettare Adiga,soprattutto con i racconti diFra due omicidi (Einaudi), peressere introdotti in modo reali-stico alla vita sonnolenta, o far-sesca, della profonda e remotaprovincia indiana (mofussil),ben distinta in quanto tale dallegrandi città come Bombay eNew Delhi, e dagli immiseritivillaggi, con il loro fiume inqui-nato, cuore presunto della verae immutabile India.

Non considererei pertantorealistica la circoscritta, e chiu-sa al mondo esterno, Malgudi di

Narayan (nel romanzo Un ele-fante per Malgudi, Giunti), unmicrocosmo brahminico e ritua-listico che assorbe, senza assi-milarli, i contraccolpi e le intru-sioni della storia.

La provincia descritta daAdiga è invece un luogo stratifi-cato nel tempo, il riflesso deiconflitti sociali e di casta da cuiè percorsa in modo costantel'India. Il discorso sulle tensio-ni, e sui controversi processi dimodernizzazione del Paese èben rappresentato dai romanzitradotti in Italia; si pensi a Un

perfetto equilibrio di RohintonMistry (Mondadori), che mi pa-re fondamentale per compren-dere la politica di Indira Gandhisul finire degli Anni 70 del Nove-cento, quando si avviò la beauti-fication delle città, espellendo lemoltitudini di poveri (ancora og-gi prive di un tetto), con la steri-lizzazione coatta di uomini edonne, e infine la soppressione,con la cosiddetta «Emergenza»dei diritti e delle libertà civili.

Se la politica di cui sopra, co-nosciuta come haribi ghatao, os-sia «estirpiamo la povertà», ha

conosciuto in Mistry il suo epicocantore, altre voci hanno ag-giornato la cronaca narrativadell'India contemporanea, an-che se mancano sinora narra-zioni che vogliano trattare inmodo specifico delle grandi on-date migratorie interne, dallecampagne alle grandi città, di la-voratori, motivate dalla cre-scente speculazione edilizia.Tuttora, la questione è affronta-ta in maniera efficace da CyrusMistry, fratello di Rohinton,con il mordente romanzo Le ce-neri di Bombay (Metropoli

d’Asia).Il turbolento periodo compre-

so dall'uccisione di Indira Gan-dhi ai giorni nostri, con l'insor-gere del fondamentalismo indui-sta, e la conseguente distruzio-ne di una moschea storica adAyodya (capitale presunta diRama), con la «mandalisation»del Paese, da una commissionepresieduta dal giudice Mandalche assegna quote riservate all'amministrazione e nella scuolaai gruppi socialmente arretrati,è ben rappresentato, in modoaddirittura torrenziale dal Tro-

no del Pavone, ancora inedito inItalia, di Sujit Saraf, romanzonon a caso recensito con aciditàin India. La ricostruzione stori-ca è ambientata tra i seth, i mer-canti della vecchia Delhi, tra vi-coli fetidi, intrighi politici diogni sorta, traffici più o meno le-citi che includono havala, il tra-sferimento clandestino di dena-ro, e dabba, il lavoro di mediazio-ne nelle scommesse sempreclandestino, senza dimenticaresommosse popolari assortite.

Se vogliamo invece narrazio-ni che procedano a ritroso nel

tempo, anche riallacciandosi alpresente, dobbiamo riferirci aDelhi di Khushwant Singh, lastoria dell'India che è anche lastoria di una città, a Crepuscoloda Delhi di Ahmed Ali, epitaffiodolente sul declino della culturae del mondo mogul (entrambida Neri Pozza).

Rammenterei infine lo stupe-facente Fiume di fuoco di Qurra-tulain Hyder, summa roventedella storia del subcontinentedall'età vedica alla divisione traIndia e Pakistan. A tale proposi-to, è da citare La partizione del

cuore della scrittrice parsi Bap-si Sidhwa, testimonianza dellelacerazioni drammatiche provo-cate dalla Partition e del desti-no tragico subito da molte don-ne in quelle circostanze. Per unesempio più distensivo di micro-storia rammenterei, sempredella stessa autrice, Il talento deiparsi, esilarante cronaca fami-gliare che ha come eroina la fa-migerata e notoria sas, la deva-stante suocera indiana, protago-nista, sia detto per inciso, dimolteplici e lacrimogene soapoperas.

Come si vede, i grandi ciclistorici sono ben rappresentatidalle traduzioni italiane: ai no-mi e titoli sopra citati si deve ag-giungere Amitav Ghosh, a parti-re almeno dallo Schiavo del ma-noscritto, densa analisi storico-antropologica sui rapporti traIndia e le altre culture, su identi-tà stereotipate e differenze.Non da perdere il lessicalmente

labirintico Mare dei papaveri,cronaca di una globalizzazioneottocentesca coloniale che è giàpostmoderna nelle sequenzeibride e totalmente libero di vo-cabolario idiolettico, conseguen-za e sintomo comunque di unaBabele costrittiva e violenta(sempre Neri Pozza).

Mi lasciano invece perplessi idevoti della bella scrittura, glistilisti sin troppo ingegnosi e ni-potini furbi di Rushdie. Di costo-ro salverei Hari Kunzru, checon La danza di Leela (Einaudi)ha aggiornato in toni di epica in-

formatica picaresca il tema del-la migrazione, mentre con Lemie rivoluzioni, inedito in Italia,ha affrontato in maniera origi-nale la questione della personamigrante, nella prospettiva del’68 e della clandestinità rivolu-zionaria.

Alle scrittrici spetta il meritodi aver introdotto nella narrati-va indiana il tema dell'introspe-zione e del discorso di gender;non penserei tanto ad Anita De-sai, troppo intenta a scrivere be-ne (anche se è notevole In custo-dia, Einaudi, pungente rappre-sentazione della declinante poe-sia urdu), quanto ad Anita Nair,che con Cuccette per sole signore(Neri Pozza) ha offerto unospaccato realistico di sofferte vi-te domestiche femminili.

Purtroppo, diverse scrittricisi stanno orientando sull'elogiodel matrimonio all'indiana conspinta regressiva: si pensi aUna buona moglie indiana di An-ne Cherian (Newton Compton).Si tratta, credo, di un ritorno an-ti-occidentale all’ideologia hin-dutva, ossia il modo specifico enon compromissorio di essereindiani. Tuttavia, è possibile rin-tracciare una continuità in talesenso, a partire da Gandhi, e daromanzi-manifesto come Kan-thapura di Raja Rao (Ibis), che ametà degli Anni Trenta rappre-senta la lotta contro gli inglesinei termini di una mitografia(sthala purama) rurale, per lagioia di chi crede che la veraidentità indiana sia da cercarenel villaggio atemporale.

D'altra parte, la nuova Indiasocialisteggiante di Nehru, cheperaltro non è stata oggetto dinarrazioni, ha quale icona il filmMother India (1957), con il sacri-ficio femminile e la subordina-zione alla comunità come valorifondanti.

NONSOLO NARRATIVA:DALLA FILOSOFIAALLA GLOBALIZZAZIONE

Tra hinduismo e Bollywood= Non solo incontri con scrittori e letture nel Salone dell’India. Si discuterà dimercato del libro (giovedì 13, ore 14,30, Punto India), del cinema di Bollywood(venerdì, ore 21, Sala azzurra); di Hinduismo antico (in occasione del MeridianoMondadori, sabato 15, ore 13,30, Punto India) e di spiritualità indiana (con ilCesmeo che ha promosso il primo Vocabolario Sanscrito-Italiano, sabato 15,ore 14,30, Punto India); di matematica (con Odifreddi, domenica 16, ore 14,Sala rossa); di economia (con Prem Shankar Jha, autore di Quando la tigreincontra il dragone, Loretta Napoleoni e Roberto Toscano, domenica 16, ore18 Sala azzurra)

Altaf Tyrewala (letteralmente «l’uomodei pneumatici», cognome per cosìdire di origine professionale, non raro

in India) è un giovane scrittore, nato nel 1977,figlio, come lui stesso dichiara della nuova ein parte shining India. La celerità, ilmutamento programmatico e continuocostituiscono, a suo dire, la percezione, anchenarrativa, della realtà che lo circonda.Dunque Tyrewala non è più uno dei figli dellafatidica mezzanotte, ma si presenta come untestimone che, sempre affannato, non riescea stare dietro a un’India troppo veloce peressere rappresentata nella sua eccessivamutevolezza. Tuttavia, i racconti di NessunDio in vista (il suo libro d’esordio, Feltrinelli,2007) colgono una realtà tutto sommatostatica e nei fatti immota: un medico degliaborti clandestini, piaga ancestrale ed eternain India, figure un po' ridicole di malviventi,poveri, e infine un condominio alquantometafisico. E’ il substrato duro e inapparenza immutabile della società indiana,non proprio la velocità di cambiamentivertiginosi. Forse Tyrewala si identifica conla mitizzata gioventù indiana, che è dettaavere in mano le chiavi prestigiose del futuro.Sembra però quasi che lo scrittore si rendanel subconscio conto che si tratta solo di unoslogan: come sapesse di essere rimastoindietro in una corsa che non è neppureincominciata.

schede a cura di Alessandro Monti

Di profilo aguzzo (esiste il naso indiano,oltre a quello greco), con una profusioneesotica di «h» e di «a» nel nome, Shobhaa

(hindi sobha, ovvero splendore, bellezza,luminosità) Dé è l'affascinante e incontrastataregina del gossip, o gup gup culturale, elevato asublime e raffinata letteratura. Shobhaa Dé è lavicina di casa che tutti noi maschi vorremmoavere, è la socialite colta e mondana, anchetagliente, dei nostri sogni irrealizzati.Testimone dell’occidentalizzazione élitariadell’India negli Anni 80 del Novecento, la Déimpasta e innesta l'American Englishsull’inglese post-vittoriano parlato nelsubcontinente, in una festa pirotecnica di giochidi parole (tipo muppies ovvero i MumbaiYupppies), oppure di richiami in chiaveetnografica e folklorica di termini attinti allatradizione indiana locale (marathi) e induista.Nell’universo linguistico e umano dellascrittrice i riferimenti alle tradizioni dell’India(cibo, vestiti, culti) diventano un richiamoesotico, come se tale patrimonio fosse vistodall’esterno, quasi filtrato da una doppiacultura, e tuttavia in modo ancora autoctono.Come narratrice la Dé ha osato parlare di sesso,quasi ai limiti della pornografia: i gemiti rauchidi Strange Obsession sono stato ripresi oggidalla sia pur mite Manju Kapoor nel suo ultimoromanzo The Immigrant. Come altro lascito, lascrittura della Dé, tutta lampi lessicali e arditemetafore, è diventata normativa per le rivistepatinate (India Today, Outlook, non soloCineblitz) della nuova borghesia indiana.

Speciale Salone 2010XIITuttolibri

SABATO 8 MAGGIO 2010LA STAMPA XIII

Anche quest’anno per illustrare le nostre paginesul Paese ospite del Salone abbiamo chiesto aStefano Faravelli, già nostra guida in Egitto, diriaprire i taccuini del suo viaggio in India, poiraccolti nel 2007 in un album per EDT (India,per vedere l’elefante, pp. 110, € 35)

Tra i tanti scrittori

indiani invitati al

Salone, ecco qui a

fianco 5 voci

rappresentative,

a partire da Sudhir

Kakar, cui è affidata la

prolusione della serata

inaugurale mercoledì

12. Altri ospiti:

il diplomatico giallista

Vikas Swarup, Kiran

Nagarkar, Ambarish

Satwik, Tishani Doshi,

Arundhati Roy,

Radhika Jha, Namita

Davidayal

CALESSANDRO MONTI

Le illustrazionidi Stefano Faravelli

Altaf TyrewalaShobhaa Dé

I vicoli di Bombaye la nube di Bhopal

Come gli indiani raccontano il loro PaeseUn labirinto di contraddizioni e conflitti, sognie speranze, tra villaggi e megalopoli, povertàe sviluppo, tradizioni famigliari e nuovi diritti

I voltie le voci

Sul treno notturnoverso l’Occidente

Anita Nair,Sala Blu, h. 13,

15 maggioIl suo nuovo

romanzo è«L’arte di

dimenticare»(Guanda,

pp. 384, € 18)

Indra Sinha,Sala Azzurra,

13 maggio,h. 17,30

Ha esordito con« La morte diMister Love»

(pp. 572, € 17,60)da Neri Pozza

che ora presenta«Animal»

Kakar, lectiomagistralis inSala Azzurra,

13 maggio, h. 12è autore de

«Gli indiani»(Neri Pozza,pp. 256, € 16)

Altaf TyrewalaPunto India,

15 maggio,h. 16,30

I suoi racconti«Nessun dio in

vista» sono editida Feltrinelli

( pp. 174, € 13)

Shobhaa Dé,Punto India

14 maggio, h. 19è autrice di

«Ossessione»(Tea,

pp. 259, € 10)

Lo psicologo che indaga la vitatra gli slums e il benessere

I giovani corrono,ma restano indietro

Torino 13-17 maggio

La regina del gossipsfiora la pornografia

Tra gli autori piùveritieri Adiga e Mistry,Gosh e la Nair, mentreconvincono meno i furbinipotini di Rusdhie

Page 13: Tuttolibri n. 1713 (07-05-2010)

Pagina Fisica: INSERTI - NAZIONALE - 13 - 08/05/10 - Pag. Logica: INSERTI/PAGINE [TTL_12] - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 06/05/10 12.52

Indra Sinha

Spiritualee fricchettone,arretratoe postmoderno

Massiccio come un leone (tale è ilsignificato del suo cognome) in vigileriposo, Indra Sinha fa capolino da una

foto enigmatica tra due battenti di una portalignea consunta e come scarnificata dal tempo.Scrittore di ombre e corpi vigorosi e distorti(non le deformità sghembe e contorte di unQuasimodo), Sinha percorre con sguardolucido, eppure non spietato, i gali (vicoli)ottenebrati della caotica Bombay, in uncrogiolo non sommerso ma formicolante, direligioni e caste. Qui la città stessa si fa enigma,labirintica incrostazione di un'India non più, omai, pittorescamente esotica e variegata.

Ma è con l'atroce catastrofe di Bhopal, in cuiuna città e i suoi abitanti sono stati devastati daun incidente chimico, che in Animal Indrarappresenta con sinistra, sia pure dolente,efficacia lo sfacelo di spine dorsali e corpicontorti e come saldati a caldo da una fiammataossidrica gigantesca. Tuttavia la nube famelicache inghiotte l'equivalente narrativo di Bhopalè l'ombra nefasta e divorante della corruzione,delle SEZ (zone a sviluppo industrialeprivilegiato) che inghiottono le campagne edespropriano i contadini.

Come risposta, e partendo da Bhopal, Sinhacrea un nuovo Mowgli nato dallo sfacelo, nonuna balbettante e sciancata mostruosità, mauna creatura normale nella sua causatadifferenza, un traghettatore simbolico diidentità multiple, un corpo piagato ma nonsottomesso che incarna le nuove ed estremerivolte di sopravvivenza della nuova India.

Originaria di un gruppo matrilinearedel Kerala, in cui le donne vivevanoin comunità autonome dagli uomini,

Anita Nair rappresenta un altro aspetto delmondo indiano e induista, non costretto neiceppi della rimozione emotiva, più libero diesprimersi e, in un certo senso ditrasgredire. Manifesto di questo entroterraculturale è il romanzo Cuccette per solesignore, viaggio maieutico di una donna nonpiù giovanissima verso il compimento di sée nello stesso tempo micro-versione indianadi un viaggio affabulatorio femminile in untreno notturno, tra auto-coscienzapost-femminista e cronache famigliari.

Anita Nair, squisita poetessa di versi avolte d’amore, e responsabile di differentirubriche, pubblicate da giornali indiani,anche di argomento gastronomico, affrontala realtà con spirito certamente nonvegetariano e quindi goloso, che ladistingue da molte sue colleghe piùortodosse.

La sua ultima narrativa attinge infine agrovigli sentimentali tra occidente eoriente: un rosa non tenue. Tuttavia, inL’arte di dimenticare, l'ultimo romanzo dellaNair, c’è qualcosa di diverso rispetto alcedimento verso trame rosa e mondane: è losguardo cosmopolita che si accende nellanuova scrittura globalizzante dell’India, è lasofisticazione di uno stile che sogna, e inparte pratica, la fascinazione per nuoveculture. E’ l’Oriente che va a Occidente.

Anita Nair

In origine psicologo freudianoSudhir Kakar ha messo l'India sullettino dell’analista, in una seduta

collettiva dedicata non ai grandi miti oalle forme della spiritualità, ma aicondizionamenti e ai ruoli impostidalla vita sociale. Così ha esaminato,nei termini di sofferte mitografieimmaginate, le pulsioni dei sentimentie degli amori reali o sublimati, in unvasto arco analitico che procede dallevite negli slums agli abbellimenti diBollywood, dagli emblematici raccontidi tradizione mitografica ai percorsiquotidiani e in mutamento dei modi edoveri d'essere femminili (stridharma).Tale intreccio continuo e sempreaggiornato, in un duplice senso dianalisi: sociologico e insieme scavo delprofondo, costituisce un elemento euna pratica inedita di interpretazionein India, ponendosi lungo un delicato eprecario equilibrio tra normadharmica (l’identità statica impostadall’induismo alle persone) el’individuo singolo e sotto molti aspettiegemone della cultura occidentale.

Di questa miscela pronta sempre aesplodere con effetti pressochédevastanti troviamo forse unicatraccia, se escludiamo Kakar, in unrecente film indo-canadese assaibistrattato in India, Videshi (Lastraniera) della controversa regista

Deepa Metha, in cui le violenzeconiugali e famigliari sofferte da unamalmaritata sono filtrate, forseoniricamente, da sequenze salvificheper l'appunto mitografiche che misembrano richiamare certe traiettoriedelineate da Kakar. In fasi successivel’autore ha elaborato una formanarrativa che rielabora materialedocumentaristico e storico, cosìricostruendo in modo non pedantepersonaggi e situazioni. Negli ultimitempi Kakar ha dedicato le proprieanalisi alla descrizione, direiprogrammatica, dei caratteri specificialla società indiana contemporanea,soffermandosi sul ruolo egemone delnucleo famigliare e della appartenenzadi casta nei confronti della vita socialee dei rapporti interpersonali.

E’ curioso osservare come lapratica nepotistica sia centrale nellaquotidianità indiana, per cui si assumeo si promuove qualcuno non tanto sullabase del merito, ma del reticolato alquale appartiene. Benché Kakar siprefigga di esaminare i rapporti tracontinuità e modernizzazione in India,il suo lavoro più recente (Gli indiani), èstato interpretato dall’establishmentcome la conferma scientifica chel’inprint genetico di una cultura nonpuò essere modificato, con buona pacedella globalizzazione.

Sudhir Kakar

iascuno ha la propria percezio-ne e conoscenza dell'India, intri-sa di spiritualità che si vuoleestranea al flusso del tempo, op-pure intrisa di libertà fricchetto-na, o più semplicemente distampo esotico-turistico, sullascia del lascito imperiale britan-nico. Ma esistono ancora glieroici e sacrificati amministra-tori, e l'India è davvero quel ca-leidoscopio proteiforme descrit-to da Kipling in Kim e rappre-sentato dal padre dello scritto-re lungo le pareti della sala con-siliare di Bombay?

Certo esiste ancora l'IndianAdministrative Service, erededi quello coloniale, ma i funzio-nari sono alquanto diversi daiprogenitori britannici, se pre-stiamo fede a un romanzo diUpamanyu Chatterjee, English,August, mai tradotto in Italia,che narra di «un giovane scaz-zato», così suona il titolo france-se, mandato nel Sud a passare iltempo a masturbarsi e ad anno-iarsi nell'esercizio vago dellesue funzioni.

Mi accorgo di aver incomin-ciato con un'omissione, d'altra

parte bisogna aspettare Adiga,soprattutto con i racconti diFra due omicidi (Einaudi), peressere introdotti in modo reali-stico alla vita sonnolenta, o far-sesca, della profonda e remotaprovincia indiana (mofussil),ben distinta in quanto tale dallegrandi città come Bombay eNew Delhi, e dagli immiseritivillaggi, con il loro fiume inqui-nato, cuore presunto della verae immutabile India.

Non considererei pertantorealistica la circoscritta, e chiu-sa al mondo esterno, Malgudi di

Narayan (nel romanzo Un ele-fante per Malgudi, Giunti), unmicrocosmo brahminico e ritua-listico che assorbe, senza assi-milarli, i contraccolpi e le intru-sioni della storia.

La provincia descritta daAdiga è invece un luogo stratifi-cato nel tempo, il riflesso deiconflitti sociali e di casta da cuiè percorsa in modo costantel'India. Il discorso sulle tensio-ni, e sui controversi processi dimodernizzazione del Paese èben rappresentato dai romanzitradotti in Italia; si pensi a Un

perfetto equilibrio di RohintonMistry (Mondadori), che mi pa-re fondamentale per compren-dere la politica di Indira Gandhisul finire degli Anni 70 del Nove-cento, quando si avviò la beauti-fication delle città, espellendo lemoltitudini di poveri (ancora og-gi prive di un tetto), con la steri-lizzazione coatta di uomini edonne, e infine la soppressione,con la cosiddetta «Emergenza»dei diritti e delle libertà civili.

Se la politica di cui sopra, co-nosciuta come haribi ghatao, os-sia «estirpiamo la povertà», ha

conosciuto in Mistry il suo epicocantore, altre voci hanno ag-giornato la cronaca narrativadell'India contemporanea, an-che se mancano sinora narra-zioni che vogliano trattare inmodo specifico delle grandi on-date migratorie interne, dallecampagne alle grandi città, di la-voratori, motivate dalla cre-scente speculazione edilizia.Tuttora, la questione è affronta-ta in maniera efficace da CyrusMistry, fratello di Rohinton,con il mordente romanzo Le ce-neri di Bombay (Metropoli

d’Asia).Il turbolento periodo compre-

so dall'uccisione di Indira Gan-dhi ai giorni nostri, con l'insor-gere del fondamentalismo indui-sta, e la conseguente distruzio-ne di una moschea storica adAyodya (capitale presunta diRama), con la «mandalisation»del Paese, da una commissionepresieduta dal giudice Mandalche assegna quote riservate all'amministrazione e nella scuolaai gruppi socialmente arretrati,è ben rappresentato, in modoaddirittura torrenziale dal Tro-

no del Pavone, ancora inedito inItalia, di Sujit Saraf, romanzonon a caso recensito con aciditàin India. La ricostruzione stori-ca è ambientata tra i seth, i mer-canti della vecchia Delhi, tra vi-coli fetidi, intrighi politici diogni sorta, traffici più o meno le-citi che includono havala, il tra-sferimento clandestino di dena-ro, e dabba, il lavoro di mediazio-ne nelle scommesse sempreclandestino, senza dimenticaresommosse popolari assortite.

Se vogliamo invece narrazio-ni che procedano a ritroso nel

tempo, anche riallacciandosi alpresente, dobbiamo riferirci aDelhi di Khushwant Singh, lastoria dell'India che è anche lastoria di una città, a Crepuscoloda Delhi di Ahmed Ali, epitaffiodolente sul declino della culturae del mondo mogul (entrambida Neri Pozza).

Rammenterei infine lo stupe-facente Fiume di fuoco di Qurra-tulain Hyder, summa roventedella storia del subcontinentedall'età vedica alla divisione traIndia e Pakistan. A tale proposi-to, è da citare La partizione del

cuore della scrittrice parsi Bap-si Sidhwa, testimonianza dellelacerazioni drammatiche provo-cate dalla Partition e del desti-no tragico subito da molte don-ne in quelle circostanze. Per unesempio più distensivo di micro-storia rammenterei, sempredella stessa autrice, Il talento deiparsi, esilarante cronaca fami-gliare che ha come eroina la fa-migerata e notoria sas, la deva-stante suocera indiana, protago-nista, sia detto per inciso, dimolteplici e lacrimogene soapoperas.

Come si vede, i grandi ciclistorici sono ben rappresentatidalle traduzioni italiane: ai no-mi e titoli sopra citati si deve ag-giungere Amitav Ghosh, a parti-re almeno dallo Schiavo del ma-noscritto, densa analisi storico-antropologica sui rapporti traIndia e le altre culture, su identi-tà stereotipate e differenze.Non da perdere il lessicalmente

labirintico Mare dei papaveri,cronaca di una globalizzazioneottocentesca coloniale che è giàpostmoderna nelle sequenzeibride e totalmente libero di vo-cabolario idiolettico, conseguen-za e sintomo comunque di unaBabele costrittiva e violenta(sempre Neri Pozza).

Mi lasciano invece perplessi idevoti della bella scrittura, glistilisti sin troppo ingegnosi e ni-potini furbi di Rushdie. Di costo-ro salverei Hari Kunzru, checon La danza di Leela (Einaudi)ha aggiornato in toni di epica in-

formatica picaresca il tema del-la migrazione, mentre con Lemie rivoluzioni, inedito in Italia,ha affrontato in maniera origi-nale la questione della personamigrante, nella prospettiva del’68 e della clandestinità rivolu-zionaria.

Alle scrittrici spetta il meritodi aver introdotto nella narrati-va indiana il tema dell'introspe-zione e del discorso di gender;non penserei tanto ad Anita De-sai, troppo intenta a scrivere be-ne (anche se è notevole In custo-dia, Einaudi, pungente rappre-sentazione della declinante poe-sia urdu), quanto ad Anita Nair,che con Cuccette per sole signore(Neri Pozza) ha offerto unospaccato realistico di sofferte vi-te domestiche femminili.

Purtroppo, diverse scrittricisi stanno orientando sull'elogiodel matrimonio all'indiana conspinta regressiva: si pensi aUna buona moglie indiana di An-ne Cherian (Newton Compton).Si tratta, credo, di un ritorno an-ti-occidentale all’ideologia hin-dutva, ossia il modo specifico enon compromissorio di essereindiani. Tuttavia, è possibile rin-tracciare una continuità in talesenso, a partire da Gandhi, e daromanzi-manifesto come Kan-thapura di Raja Rao (Ibis), che ametà degli Anni Trenta rappre-senta la lotta contro gli inglesinei termini di una mitografia(sthala purama) rurale, per lagioia di chi crede che la veraidentità indiana sia da cercarenel villaggio atemporale.

D'altra parte, la nuova Indiasocialisteggiante di Nehru, cheperaltro non è stata oggetto dinarrazioni, ha quale icona il filmMother India (1957), con il sacri-ficio femminile e la subordina-zione alla comunità come valorifondanti.

NONSOLO NARRATIVA:DALLA FILOSOFIAALLA GLOBALIZZAZIONE

Tra hinduismo e Bollywood= Non solo incontri con scrittori e letture nel Salone dell’India. Si discuterà dimercato del libro (giovedì 13, ore 14,30, Punto India), del cinema di Bollywood(venerdì, ore 21, Sala azzurra); di Hinduismo antico (in occasione del MeridianoMondadori, sabato 15, ore 13,30, Punto India) e di spiritualità indiana (con ilCesmeo che ha promosso il primo Vocabolario Sanscrito-Italiano, sabato 15,ore 14,30, Punto India); di matematica (con Odifreddi, domenica 16, ore 14,Sala rossa); di economia (con Prem Shankar Jha, autore di Quando la tigreincontra il dragone, Loretta Napoleoni e Roberto Toscano, domenica 16, ore18 Sala azzurra)

Altaf Tyrewala (letteralmente «l’uomodei pneumatici», cognome per cosìdire di origine professionale, non raro

in India) è un giovane scrittore, nato nel 1977,figlio, come lui stesso dichiara della nuova ein parte shining India. La celerità, ilmutamento programmatico e continuocostituiscono, a suo dire, la percezione, anchenarrativa, della realtà che lo circonda.Dunque Tyrewala non è più uno dei figli dellafatidica mezzanotte, ma si presenta come untestimone che, sempre affannato, non riescea stare dietro a un’India troppo veloce peressere rappresentata nella sua eccessivamutevolezza. Tuttavia, i racconti di NessunDio in vista (il suo libro d’esordio, Feltrinelli,2007) colgono una realtà tutto sommatostatica e nei fatti immota: un medico degliaborti clandestini, piaga ancestrale ed eternain India, figure un po' ridicole di malviventi,poveri, e infine un condominio alquantometafisico. E’ il substrato duro e inapparenza immutabile della società indiana,non proprio la velocità di cambiamentivertiginosi. Forse Tyrewala si identifica conla mitizzata gioventù indiana, che è dettaavere in mano le chiavi prestigiose del futuro.Sembra però quasi che lo scrittore si rendanel subconscio conto che si tratta solo di unoslogan: come sapesse di essere rimastoindietro in una corsa che non è neppureincominciata.

schede a cura di Alessandro Monti

Di profilo aguzzo (esiste il naso indiano,oltre a quello greco), con una profusioneesotica di «h» e di «a» nel nome, Shobhaa

(hindi sobha, ovvero splendore, bellezza,luminosità) Dé è l'affascinante e incontrastataregina del gossip, o gup gup culturale, elevato asublime e raffinata letteratura. Shobhaa Dé è lavicina di casa che tutti noi maschi vorremmoavere, è la socialite colta e mondana, anchetagliente, dei nostri sogni irrealizzati.Testimone dell’occidentalizzazione élitariadell’India negli Anni 80 del Novecento, la Déimpasta e innesta l'American Englishsull’inglese post-vittoriano parlato nelsubcontinente, in una festa pirotecnica di giochidi parole (tipo muppies ovvero i MumbaiYupppies), oppure di richiami in chiaveetnografica e folklorica di termini attinti allatradizione indiana locale (marathi) e induista.Nell’universo linguistico e umano dellascrittrice i riferimenti alle tradizioni dell’India(cibo, vestiti, culti) diventano un richiamoesotico, come se tale patrimonio fosse vistodall’esterno, quasi filtrato da una doppiacultura, e tuttavia in modo ancora autoctono.Come narratrice la Dé ha osato parlare di sesso,quasi ai limiti della pornografia: i gemiti rauchidi Strange Obsession sono stato ripresi oggidalla sia pur mite Manju Kapoor nel suo ultimoromanzo The Immigrant. Come altro lascito, lascrittura della Dé, tutta lampi lessicali e arditemetafore, è diventata normativa per le rivistepatinate (India Today, Outlook, non soloCineblitz) della nuova borghesia indiana.

Speciale Salone 2010XIITuttolibri

SABATO 8 MAGGIO 2010LA STAMPA XIII

Anche quest’anno per illustrare le nostre paginesul Paese ospite del Salone abbiamo chiesto aStefano Faravelli, già nostra guida in Egitto, diriaprire i taccuini del suo viaggio in India, poiraccolti nel 2007 in un album per EDT (India,per vedere l’elefante, pp. 110, € 35)

Tra i tanti scrittori

indiani invitati al

Salone, ecco qui a

fianco 5 voci

rappresentative,

a partire da Sudhir

Kakar, cui è affidata la

prolusione della serata

inaugurale mercoledì

12. Altri ospiti:

il diplomatico giallista

Vikas Swarup, Kiran

Nagarkar, Ambarish

Satwik, Tishani Doshi,

Arundhati Roy,

Radhika Jha, Namita

Davidayal

CALESSANDRO MONTI

Le illustrazionidi Stefano Faravelli

Altaf TyrewalaShobhaa Dé

I vicoli di Bombaye la nube di Bhopal

Come gli indiani raccontano il loro PaeseUn labirinto di contraddizioni e conflitti, sognie speranze, tra villaggi e megalopoli, povertàe sviluppo, tradizioni famigliari e nuovi diritti

I voltie le voci

Sul treno notturnoverso l’Occidente

Anita Nair,Sala Blu, h. 13,

15 maggioIl suo nuovo

romanzo è«L’arte di

dimenticare»(Guanda,

pp. 384, € 18)

Indra Sinha,Sala Azzurra,

13 maggio,h. 17,30

Ha esordito con« La morte diMister Love»

(pp. 572, € 17,60)da Neri Pozza

che ora presenta«Animal»

Kakar, lectiomagistralis inSala Azzurra,

13 maggio, h. 12è autore de

«Gli indiani»(Neri Pozza,pp. 256, € 16)

Altaf TyrewalaPunto India,

15 maggio,h. 16,30

I suoi racconti«Nessun dio in

vista» sono editida Feltrinelli

( pp. 174, € 13)

Shobhaa Dé,Punto India

14 maggio, h. 19è autrice di

«Ossessione»(Tea,

pp. 259, € 10)

Lo psicologo che indaga la vitatra gli slums e il benessere

I giovani corrono,ma restano indietro

Torino 13-17 maggio

La regina del gossipsfiora la pornografia

Tra gli autori piùveritieri Adiga e Mistry,Gosh e la Nair, mentreconvincono meno i furbinipotini di Rusdhie

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Dopo la favola di Kiplingla porta stretta di Forster

E

Vista dagli americani L’ideale traguardodi un viaggio a Oriente, liberatorio e alternativo

Speciale Salone 2010 TuttolibriSABATO 8 MAGGIO 2010

LA STAMPAXIV

P

Vista dagli inglesi L’autore di «Kim» aveva l’India nel sangue,lo scrittore del «Passaggio» la visse come «incolmabile distanza»

L’India, un richiamo

sicuro negli scrittori

occidentali tout court, o

di origini indiane. Come

Gregory David Roberts,

autore di

«Shanataram» (Neri

Pozza), 15 maggio, h.

16,30, Sala Gialla. O il

medico americano

James Levine, che nel

«Quaderno azzurro»

(Piemme) racconta lo

sfruttamento minorile a

Mumbai (il 16 , h. 15,

Sala Azzurra). O Javier

Moro, autore della

biogafia di Sonia

Gandhi, «Il sari rosso»

(Il Saggiatore): il 14 , h.

15, Sala Azzurra. O

Amruta Paril, cresciuta

a Goa e diplomata a

Boston (la graphic novel

«Nel cuore di smog city»

(Metropoli d’Asia): il 16 ,

h. 16, Punto India.

Non verranno al Salone,

ma ci saranno i loro

libri, freschi di stampa

negli stand dei loro

editori: Hardep Singh

Kohli, nato a Glasgow

nel 1969, «Indian

takeway» (Newton

Compton)

e Tishani Doshi, da

Madras («Il piacere non

può aspettare»,

Feltrinelli).

CLAUDIO GORLIER

erdita del centro»: è l’espres-sione corrente per indicare, acavallo tra Ottocento e Nove-cento, l’apertura di nuovi terri-tori nella creazione letteraria,di una geografia che si spingea Oriente, con un approdo pri-vilegiato: l’India. Il fenomenoprivilegia l’Inghilterra, manon dimentichiamo l’invito alviaggio nella «exotique natu-re» di Mallarmé.

Il fenomeno rivela una va-riegata complessità. Pensia-mo al caso, di rimbalzo dagliStati Uniti ma radicato in In-ghilterra, della teosofia di ma-trice indiana, professata dal-

l’emigrata russa «madame»Blavatskij, che riscuote fedelio semplicemente curiosi. Unnome? W. B. Yeats. Oppure al-la fortuna sotto certi aspetti ir-resistibile in Occidente delprolifico scrittore pensatore,saggista bengalese Rabindra-nath Tagore, di cui Guanda haappena pubblicato il volume diracconti Il vagabondo. Tagore,che si traduceva in inglese dal-la sua lingua indiana, diventòin Inghilterra una figura miti-ca, profetica.

S’intende che la personalitàdecisiva sotto questo aspettorimane tuttora Rudyard Ki-

pling, il quale nasce in India evi cresce attingendo dunquealla fonte, appropriandone va-lori, dimensioni speculative eesistenziali, per reinventare la«favola» - parola per lui decisi-va - che si impadronisce dellarealtà e al tempo stesso la tra-scende. Scongiurato ormai ilbanale luogo comune di canto-re dell’impero, ci rendiamopiù che mai conto della inarri-vabile varietà dell’opera di Ki-pling, affidata, assai più e oltread opere quasi proverbiali co-me Kim, al caleidoscopio diracconti, delle storie umane eanimali, davvero senza confi-

ni. Dichiarò Kipling in un’in-tervista che l’Inghilterra era ilpaese straniero a lui più caro.L’India continuò sempre a cir-colare nel suo sangue.

Ben diverso si prospetta ilcaso di Edward Morgan For-ster, con il suo romanzo del1921, Passaggio in India, il cui ti-tolo originale Passage to India,tratto da un poemetto di WaltWhitman, andrebbe megliotradotto Viaggio in India. Laconoscenza dell’India da partedi Forster è, paradossalmen-te, di prima mano e di separa-zione. I due protagonisti, l’in-segnante Fiedling e l’anzianasignora Moore, entrambi in-glesi, posti di fronte a una cul-tura remota, ne sono insiemepartecipi ma incapaci o rilut-tanti a impadronirsene.

Forster appropria una ma-gica visione del reale, una tra-scendenza di matrice indianache sfocia nel mistero inelutta-bile. La scena finale, in cui rea-listicamente e simbolicamen-te l’inglese e l’indiano, un tem-po amici ma ora estranei, nonriusciranno a stringersi la ma-no, rappresenta la distanza in-colmabile tra le due culture, enon stupisce affatto che il ro-

manzo di Forster non abbiamai preso corpo in India.

Ma altre presenze basilarivanno prese in considerazio-ne. Quella più significativa silega al nome di Gandhi e allafascinazione esercitata dallasua personalità nella culturaeuropea. Se il suo tramite, percosì dire, il suo consigliere eu-ropeo, era francese, lo scritto-re, saggista, grande intellet-tuale autore di un libro fonda-mentale su Romain Rolland, ilsoggiorno in Inghilterra nel1931 ravvivò l’interesse perl’India. Si racconta che, tra glialtri, Ganhdi incontrò GeorgeBernard Shaw, il quale gliavrebbe detto: «Io sono ilMahatma minore, lei è ilMahatma maggiore». Non me-no incisivo fu l’incontro conCharlie Chaplin.

In qualche misura una rela-zione che sarei tentato di defi-nire osmotica riguarda il crea-

tore dell’India moderna,Nehru. Nella sua fascinosa au-tobiografia, Nehru, l’incarna-zione dell’India moderna, con-fessa di essere posseduto dauna sorta di doppia personali-tà, quella dell’indiano dalleprofonde, autentiche radici, equella inglese, dovuta alla suapermanenza e ai suoi studi inGran Bretagna.

Sul dorso delle prime edizio-ni delle opere di Kipling figurauna svastica. Non stupiamocidella sua perversa utilizzazio-ne nella Germania nazista,ma teniamo presente un ul-teriore paradosso. Se, infat-ti, il nazismo utilizzò per-versamente e con eviden-ti falsificazioni una sup-posta eredità della civil-tà ariana, non possiamodimenticare che unanon indifferente acqui-sizione della cultura in-diana, in una chiave mi-sticheggiante, era pre-sente in quegli anni inGermania. Un esempioper tutti: il Siddhartha diHermann Hesse, appar-so nel 1922. L’India è dav-vero perenne.

Dal profeta Whitmanalla “mistica” Beat

Lontanie vicini

cco i due versi centrali, decisivi,di una intensa, magica poesia:«Io sono quello che dubita e ildubbio / e io l’inno che il Brami-no canta». Si intitola Brahma,l’autore è Ralph Waldo Emer-son, figura imperiosa della cul-tura americana. Siamo a metàdel secolo quando Emersonscrive questi sedici, emblemati-ci versi, lui, teorico dell’autono-mia originale dell’intellettualeamericano, caposcuola del co-siddetto Trascendentalismo,saggista che spazia dai classicigreci al prediletto Swedenborg.

Brahma, che attinge a fontiineccepibili, rivela in che misu-ra la frequentazione con il pen-siero e la letteratura indiana ac-quisti un’incidenza caratteristi-camente referenziale. Quasi aridosso, Walt Whitman scrive-

rà l’incalzante poemetto A Pas-sage to India, tradotto in Italianel Novecento magistralmenteda Enzo Giachino con il titoloUna via per le Indie. Whitman, ilprimo poeta americano a libe-rarsi di ogni sudditanza inglese,pone l’India con l’ideale tra-guardo di un itinerario protesoa Oriente, in una prospettivaprofeticamente liberatoria.

Dopo Emerson e Whitman,la pietra di paragone dell’Indiaentra a far parte, più o menoesplicitamente, della culturaamericana, ma si riaffaccia intermini espliciti, verrebbe fattodi dire militanti, un secolo piùtardi.

Sono in particolare i protago-nisti della cosiddetta Beat Gene-ration a tuffarsi letteralmentenello sconfinato oceano della let-

teratura ma se-gnatamente della filo-sofia e della religione indiana.Come osservò a suo tempo in unpenetrante saggio HerbertGold, questa scelta faceva partedella cosiddetta «mistica Beat».Mettendo in gioco i canoni, i sup-posti valori della società con-temporanea, i Beat postulavanoun loro rovesciamento, e inarca-vano alla spiritualità dell’Orien-te quale alternativa al soffocan-te materialismo di quella socie-tà. Come si vede, i Beat si collo-cano sulle orme di Emerson e diWhitman: il drastico rinnova-mento del linguaggio si accom-pagna a una riaffermazione di

valori. L’uomo persegue il bello-beauty è parola peculiare dellamistica Beat, liberandosi di ognidogma concettuale o politico.L’individuo trascende la pura esemplice razionalità, e la suapratica non consente il raggiun-gimento della verità. Di qui il si-gnificato quasi taumaturgicodel buddismo Zen o più general-mente della religiosità indiana,

una versione moderna, se si vuo-le, della professione speculativadel Brahma di Emerson. Va dasé che, a somiglianza di Whit-man, tutto questo postuli un rin-novamento del linguaggio. Qual-che Beat, in particolare Gin-sberg, prese alla lettera, quasi sitrattasse di una conversione, lareferenzialità indiana, fino acompiere un autentico pellegri-naggio, nei primi anni sessanta,in India: esperienza nell’insie-me effimera, come tutto l’im-pianto di un misticismo segnata-mente comportamentale.

La ritualità concreta o men-tale della mistica beat si intrec-cia con scelte, infatti, comporta-mentali, quali il ricorso dichia-rato alla droga alla ricerca diuna forma di estasi. Ecco allorail caso tutto particolare dellapredicazione di Timothy Leary,l’accademico «irregolare» capo-scuola della visione cosiddettapsichedelica.

Ma non dimentichiamo il ca-so Salinger. Specie nella narra-tiva breve, si afferma una visio-ne filosofica del mondo che, co-me avverte il personaggio diSeymour, coniuga i «meravi-gliosi Cinesi» e «i nobili Indù»mentre addirittura si investedella parte taumaturgica delloyogi indiano. Alla fine, significa-tivamente, il gesto, il silenzio.

[C. G.]

La cultura europeaaffascinata da Gandhi:Bernard Shaw, quandolo incontrò, si definìil «Mahatma minore»

Torino 13-17 maggio

Per Emersom comeper Ginsberg e Learyfino a Salinger,una pietra di paragoneper fuggire l’Occidente

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SABATO 8 MAGGIO 2010 LA STAMPA 15

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Speciale Salone 2010XVITuttolibri

SABATO 8 MAGGIO 2010LA STAMPA XVII

Siccome mi immagino la ressa per accaparrarsi legrandi opere che tanto conforto e consolazionehanno dato all’umanità, io prenoterei per me un libro

che, ne ho il dolente sospetto, ben pochi ricordano anchesolo che sia stato pubblicato. Imparerò a memoria Letteredei condannati a morte della Resistenza, al momento ancoradisponibile nel catalogo della casa editrice Einaudi. Quellibro non è un capolavoro della letteratura, è solo unapietra di carta.

Ma quella pietra sarà indispensabile nel mondo senzamemoria di Fahrenheit 451, quando qualcuno vorràcostruire per sé e per la specie umana una qualchepossibilità di riscatto dalla servitù del pensiero. Alloraquelle lettere racconteranno di come questo sia giàaccaduto e di quanto sia costato. Diranno di una veritàsenza consolazione, ma pur sempre una verità necessaria.Allora Cervantes e Dickens, Dante e Omero, sarannospiriti di libertà che avranno anche carne di libertà.

All’interno di una cornice del tutto fantastica èopportuno un tocco di plausibilità. Vorrei imparare amemoria I Demoni di Dostoevskij, ma sono mille

pagine ed è evidente che non ci arriverei mai. Scelgo alloral’Improvviso dell’Ohio di Beckett, minuscolo capolavoro chemette in scena due vegliardi dai lunghi capelli bianchi, unodei quali batte con le nocche sul tavolo, l’altro comincia aleggere da un vecchio libro, poche righe. Il primo vecchio lointerrompe con le nocche. Il secondo rilegge daccapo e vaavanti di altre tre righe. E così via. E’ realistico pensare chearriverei a ricordarlo tutto. Con Lucentini ci sarebbepiaciuto recitarlo.

Il libro che più ho letto nella vita - 26 o 27 volte da giovane,più un altro paio da adulto - è L’isola misteriosa di JulesVerne. Ciò che mi affascinava non era capitan Nemo, ma

la tigna indefettibile di questo gruppetto d’uomini dispersisu di un’isola, che ripercorrevano passo passo - senzaarrendersi mai - l’intero cammino del progresso umano:dall’utensile di pietra alla fusione dei metalli.

Poi all’università - a 45 anni, dopo 20 già in fabbrica -Mario Scotti mi fece leggere la Filosofia della pratica diBenedetto Croce. Gliene sarò grato per sempre. E’ questo -dovesse succedere qualcosa - il libro da tramandare amemoria di generazione in generazione perché ogni uomosappia, venendo al mondo, che la felicità sta tutta nel fare ilproprio dovere, spalla a spalla con tutti gli altri. Non è che ungioco di squadra la vita, e Benedetto Croce lo spiega megliodi Mourinho.

Con lui sì, che si metterebbe alla stanga e diverrebbe unasso pure Balotelli.

In altri tempi avrei risposto La Divina Commedia, o Il Principe diMachiavelli, o Il Gattopardo. Ma oggi non ho dubbi: laCostituzione della Repubblica Italiana. Da quando questi politici

mediocri e malintenzionati, a destra come a sinistra, la trattanocome uno straccio vecchio da devastare a immagine e somiglianzadei propri interessi, mi è diventata simpaticissima e vorreiconservarla così com’è. Scritta in un italiano limpido e tacitiano, aparte gli articoli riscritti negli ultimi anni, autentici obbrobriilinguistici. La frontiera più avanzata della nostra malferma civiltàdemocratica. Il frutto dell’amplesso fra le nostre culture migliori,dunque rigorosamente minoritarie nella patria del familismoamorale e degli autoritarismi di andata e di ritorno: il liberalismo,l’azionismo, il cattolicesimo democratico e il liberalsocialismo.Vorrei che tutti conoscessimo a memoria almeno la prima partedell’articolo 3: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sonoeguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, dilingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali esociali». E magari l’applicassero pure.

Se si realizzasse l’incubo di Fahrenheit, imparerei a memoriaI fratelli Karamazov. Qui non ci sono buoni e cattivi:Dostoevskij dice la parte indefinibile, residuale, di un uomo.

Sospende il desiderio narrativo con dialoghi filosofici; al culminedel pathos religioso sferza satire dissacranti. Fa operazionisporche nel linguaggio e sproporzionate nelle misure. Per dire unuomo, ne servono tre.

Il fratello viscerale, quello raziocinante,e quello che intendeperseguire la purezza senza sospettareche la purezzaè armata, siamano e si odiano sullo sfondo corale di un’umanità misera o grande,ma libera di pensare. In questo loro dimenarsi, dicono la paura diesserevivi. Il capitolo dov’è descritto l’imbarazzodi Alëša di fronte alcadaveredel suo maestro – che puzza – è una lettura necessaria.Come necessario è discutere un pomeriggio al bar sulla teodicea:«Cherazza di armoniapuò essere, se c’è l’inferno?». Non ci si concedemai il lusso di distrarsi.Ciascuno azzarda la sua risposta. Ma siccomeDostoevskijè uno scrittore, supera le soluzioni parziali in un finaleaperto: un coro di bambini. L’ultima parola è la specie che continua.

Ho poca memoria: userò la pelle. Mi aggirerò per ilmondo con la Divina Commedia «tatuata» addosso.Senza Dante non avrei le parole per lo spettro

completo e ordinato dei sentimenti, cioè - ed è peggio - nonli avrei. Egli sente con la mente e vede con il cuore, li fondel’uno nell’altro e ci dona l’unità che salva.

Squaderna il cuore dall’abisso all’altezza e -costringendolo ad origliare se stesso - gli rende fiducianell’uomo.

Soltanto conoscendo e accettando la selva oscura che sinasconde nel mio cuore, posso guarire dal male che sonocapace di infliggermi e infliggere, perché so di esserevoluto (bene) così come sono dall’eterno e in eterno.

Purtroppo però sulla mia pelle non basta lo spazio: miaccontento di Paolo e Francesca, Ulisse e l’ultimo delParadiso. Forse così avrei memoria e pietà - se non di tutti- almeno di me stesso: non sono io che leggo Dante, è luiche legge me.

Confiderò solo alla fine il libro che avrei voluto mandaretutto a memoria per appropriarmene in via definitiva.Mi parve subito il più bello, ed è l’unico che mi abbia

chiesto sempre di farsi rileggere. Un primo indizio: tre giovani,invitati a una festa. Secondo indizio: un volatile che porta lanebbia e la foschia, ed è peccato mortale ucciderlo. Il terzoindizio è inutile. Dopo aver tanto curiosato tra gli scaffali,imbattermi, da ragazzo, nel libricino del figlio del vicario diOttery, significò per me trovare «il libro». Non ne avrei maitrovato un altro capace di darmi pari ebbrezza, commozione estupore. La ballata del vecchio marinaio, scritta da Coleridge inun fiato solo, dentro a un solo incubo, fu il libro di più altopotere evocativo che mai avessi aperto. Forse fu proprio quellalettura a dotarmi del grande dono dell’immaginazione. Daallora i tre invitati alle nozze insisto nel vederli con le loro faccebianche, ferme in un morto sorriso, mentre «la luna instabilesaliva al cielo, senza sostare in alcun luogo, leggermenterisaliva, con poche stelle accanto».

Facendo i debiti scongiuri noto prima di tutto che neppure ilrogo dei libri può bastare a cancellarne la memoria.L’occupazione nazista della cittadina galiziana Drohobycz,

ad esempio, costrinse Bruno Schulz a nascondere il manoscrittodel suo romanzo Il Messia, purtroppo mai ritrovato. Eppure daallora i migliori scrittori del mondo si esercitano nell’immaginarea modo loro il capolavoro scomparso. E’ accaduto l’opposto a ZviKolitz: talmente bene gli sgorgò dalla penna il raccontodell’ultimo combattente del ghetto di Varsavia che, in punto dimorte, nasconde in una bottiglia le sue memorie (Yossl Rakover sirivolge a Dio, Adelphi) da non essere creduto il vero autore: ilettori gli diedero dell’impostore, ritenendo inaccettabile che sitrattasse di un apocrifo. Mi rendo conto che divago, fatico arispondere. Quale libro imparerei a memoria pur di salvarlo?Nell’ultimo decennio si è impresso in me come un classico, ormaiimprescindibile, l’autobiografia di Amos Oz, Una storia di amore edi tenebra (Feltrinelli). Ma il guaio è che ammonta a più diseicento pagine, e io sono uno smemorato...

Mandereia

memoria

UN’ORACON… ANTONIO PENNACCHI, AUTORE DI «CANALEMUSSOLINI» (MONDADORI), IN GARA ALLO STREGA, DOMENICA 16

MAGGIO, H. 11,30. CAFFÈ LETTERARIO. CON MARCO REVELLI

ANTONIO PENNACCHI

Rispondono 20 ospiti del Salone Come i personaggidel romanzo di Ray Bradbury (e del film di Truffaut)ognuno ha scelto un titolo da sottrarre al fuoco dell’oblio

GARD LERNER PRESENTA IL SUOLIBRO DI MEMORIE FAMIGLIARI«SCINTILLE» (FELTRINELLI) DOMENICA 16 MAGGIO, H. 18,30, SALA

GIALLA. INTERVIENE IL FILOSOFO E TEOLOGO VITO MANCUSO

GAD LERNER

CARLO FRUTTERO

SILVIA AVALLONE PRESENTA IL SUO ROMANZO «ACCIAIO»(RIZZOLI), FINALISTA AL PREMIO STREGA DOMENICA 16 MAGGIO, H.18,30. CAFFÈ LETTERARIO. CON GIUSEPPE CONTE E GIORGIOFICARA

SILVIA AVALLONE

MARCO TRAVAGLIO PRESENTA IL SUO LIBRO «AD PERSONAM»(CHIARELETTERE) SABATO 15 MAGGIO, H. 19, SALA DEI 500. CONLO STORICO MARCOREVELLI E IL GIUDICE ROBERTO SCARPINATO

MAURIZIO MAGGIANI, AUTORE DI «MECCANICA CELESTE»(FELTRINELLI), TERRÀ’ UNA CONFERENZA SU «RISORGIMENTO

SENZA MEMORIA» DOMENICA 16 MAGGIO, H. 13, SALA ROSSA

MARCO TRAVAGLIO

UN’ORACON… ALESSANDRO D’AVENIA,AUTORE DI «BIANCACOME IL LATTE, ROSSA COME IL SANGUE» (MONDADORI) SABATO

15 MAGGIO, H. 16,30. CAFFÈ LETTERARIO. CONMAURIZIO BONO

ALESSANDRO D’AVENIA

Se si avverasse Fahrenheit 451 Se domani i librifossero proibiti e mandati al rogo, di quale vorresti farti

voce e testimone per tramandarlo all’umanità futura?

MAURIZIO MAGGIANI

PUPI AVATI E ANDREA VITALI (AUTORI GARZANTI) DIALOGANO SU«LAMEMORIA ITALIANA TRA LETTERATURA E CINEMA». DOMENICA

16 MAGGIO, H. 20, SALA ROSSA. CON BRUNO QUARANTA

PUPI AVATI

I nostri eroidimenticati

Due vegliardiper Beckett

Questo Croceè per Balotelli

«Filosofia della pratica»

Eguali davantialla legge

«Lettere dei condannati a morte della Resistenza»

«Una storia di amore e tenebra»

Nella nostra rassegna di «consigli di memoria»,

raccolti da Mirella Appiotti, abbiamo riservato

il primo posto a Carlo Fruttero, anche se non

potrà venire al Salone, per le sue memorabili

Mutandine di chiffon (Mondadori), ricordi e

ritratti nati anche su queste pagine.

Torino 13-17 maggio

Nell’infernodi Dostoevskij

«I fratelli Karamazov»

Dante tatuatosulla mia pelle

«La Costituzione»

Sulla navedi Coleridge

«La Divina Commedia»

Sulle ormedi Amos Oz

Lettura in famiglia(foto Corbis)

«L’improvviso dell’Ohio»

«La ballata del vecchio marinaio»

Gli appuntamentiJavier MoroVenerdì 14 maggioore 15.00 in Sala Azzurra

Jonathan LethemSabato 15 maggioore 12.00 in Sala Azzurra

Enrico Deaglioe Antonio IngroiaDomenica 16 maggioore 10.30 in Sala Azzurra

Piero ColapricoDomenica 16 maggioore 18.30 allo Stand IBS, PAD. 2 STAND J126 - K125

PAD. 2 STAND J42AL SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO DI TORINO

Enrico Deagliopresenta

Il raccolto rosso1982-2010

€ 17,00pp. 384

Jonathan Lethempresenta

Chronic City

Piero Colapricopresenta

Mala storie

€ 17,00pp. 464

€ 18,00pp. 368

Javier Moropresenta

Il sari rosso

€ 18,50pp. 592

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Speciale Salone 2010XVITuttolibri

SABATO 8 MAGGIO 2010LA STAMPA XVII

Siccome mi immagino la ressa per accaparrarsi legrandi opere che tanto conforto e consolazionehanno dato all’umanità, io prenoterei per me un libro

che, ne ho il dolente sospetto, ben pochi ricordano anchesolo che sia stato pubblicato. Imparerò a memoria Letteredei condannati a morte della Resistenza, al momento ancoradisponibile nel catalogo della casa editrice Einaudi. Quellibro non è un capolavoro della letteratura, è solo unapietra di carta.

Ma quella pietra sarà indispensabile nel mondo senzamemoria di Fahrenheit 451, quando qualcuno vorràcostruire per sé e per la specie umana una qualchepossibilità di riscatto dalla servitù del pensiero. Alloraquelle lettere racconteranno di come questo sia giàaccaduto e di quanto sia costato. Diranno di una veritàsenza consolazione, ma pur sempre una verità necessaria.Allora Cervantes e Dickens, Dante e Omero, sarannospiriti di libertà che avranno anche carne di libertà.

All’interno di una cornice del tutto fantastica èopportuno un tocco di plausibilità. Vorrei imparare amemoria I Demoni di Dostoevskij, ma sono mille

pagine ed è evidente che non ci arriverei mai. Scelgo alloral’Improvviso dell’Ohio di Beckett, minuscolo capolavoro chemette in scena due vegliardi dai lunghi capelli bianchi, unodei quali batte con le nocche sul tavolo, l’altro comincia aleggere da un vecchio libro, poche righe. Il primo vecchio lointerrompe con le nocche. Il secondo rilegge daccapo e vaavanti di altre tre righe. E così via. E’ realistico pensare chearriverei a ricordarlo tutto. Con Lucentini ci sarebbepiaciuto recitarlo.

Il libro che più ho letto nella vita - 26 o 27 volte da giovane,più un altro paio da adulto - è L’isola misteriosa di JulesVerne. Ciò che mi affascinava non era capitan Nemo, ma

la tigna indefettibile di questo gruppetto d’uomini dispersisu di un’isola, che ripercorrevano passo passo - senzaarrendersi mai - l’intero cammino del progresso umano:dall’utensile di pietra alla fusione dei metalli.

Poi all’università - a 45 anni, dopo 20 già in fabbrica -Mario Scotti mi fece leggere la Filosofia della pratica diBenedetto Croce. Gliene sarò grato per sempre. E’ questo -dovesse succedere qualcosa - il libro da tramandare amemoria di generazione in generazione perché ogni uomosappia, venendo al mondo, che la felicità sta tutta nel fare ilproprio dovere, spalla a spalla con tutti gli altri. Non è che ungioco di squadra la vita, e Benedetto Croce lo spiega megliodi Mourinho.

Con lui sì, che si metterebbe alla stanga e diverrebbe unasso pure Balotelli.

In altri tempi avrei risposto La Divina Commedia, o Il Principe diMachiavelli, o Il Gattopardo. Ma oggi non ho dubbi: laCostituzione della Repubblica Italiana. Da quando questi politici

mediocri e malintenzionati, a destra come a sinistra, la trattanocome uno straccio vecchio da devastare a immagine e somiglianzadei propri interessi, mi è diventata simpaticissima e vorreiconservarla così com’è. Scritta in un italiano limpido e tacitiano, aparte gli articoli riscritti negli ultimi anni, autentici obbrobriilinguistici. La frontiera più avanzata della nostra malferma civiltàdemocratica. Il frutto dell’amplesso fra le nostre culture migliori,dunque rigorosamente minoritarie nella patria del familismoamorale e degli autoritarismi di andata e di ritorno: il liberalismo,l’azionismo, il cattolicesimo democratico e il liberalsocialismo.Vorrei che tutti conoscessimo a memoria almeno la prima partedell’articolo 3: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sonoeguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, dilingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali esociali». E magari l’applicassero pure.

Se si realizzasse l’incubo di Fahrenheit, imparerei a memoriaI fratelli Karamazov. Qui non ci sono buoni e cattivi:Dostoevskij dice la parte indefinibile, residuale, di un uomo.

Sospende il desiderio narrativo con dialoghi filosofici; al culminedel pathos religioso sferza satire dissacranti. Fa operazionisporche nel linguaggio e sproporzionate nelle misure. Per dire unuomo, ne servono tre.

Il fratello viscerale, quello raziocinante,e quello che intendeperseguire la purezza senza sospettareche la purezzaè armata, siamano e si odiano sullo sfondo corale di un’umanità misera o grande,ma libera di pensare. In questo loro dimenarsi, dicono la paura diesserevivi. Il capitolo dov’è descritto l’imbarazzodi Alëša di fronte alcadaveredel suo maestro – che puzza – è una lettura necessaria.Come necessario è discutere un pomeriggio al bar sulla teodicea:«Cherazza di armoniapuò essere, se c’è l’inferno?». Non ci si concedemai il lusso di distrarsi.Ciascuno azzarda la sua risposta. Ma siccomeDostoevskijè uno scrittore, supera le soluzioni parziali in un finaleaperto: un coro di bambini. L’ultima parola è la specie che continua.

Ho poca memoria: userò la pelle. Mi aggirerò per ilmondo con la Divina Commedia «tatuata» addosso.Senza Dante non avrei le parole per lo spettro

completo e ordinato dei sentimenti, cioè - ed è peggio - nonli avrei. Egli sente con la mente e vede con il cuore, li fondel’uno nell’altro e ci dona l’unità che salva.

Squaderna il cuore dall’abisso all’altezza e -costringendolo ad origliare se stesso - gli rende fiducianell’uomo.

Soltanto conoscendo e accettando la selva oscura che sinasconde nel mio cuore, posso guarire dal male che sonocapace di infliggermi e infliggere, perché so di esserevoluto (bene) così come sono dall’eterno e in eterno.

Purtroppo però sulla mia pelle non basta lo spazio: miaccontento di Paolo e Francesca, Ulisse e l’ultimo delParadiso. Forse così avrei memoria e pietà - se non di tutti- almeno di me stesso: non sono io che leggo Dante, è luiche legge me.

Confiderò solo alla fine il libro che avrei voluto mandaretutto a memoria per appropriarmene in via definitiva.Mi parve subito il più bello, ed è l’unico che mi abbia

chiesto sempre di farsi rileggere. Un primo indizio: tre giovani,invitati a una festa. Secondo indizio: un volatile che porta lanebbia e la foschia, ed è peccato mortale ucciderlo. Il terzoindizio è inutile. Dopo aver tanto curiosato tra gli scaffali,imbattermi, da ragazzo, nel libricino del figlio del vicario diOttery, significò per me trovare «il libro». Non ne avrei maitrovato un altro capace di darmi pari ebbrezza, commozione estupore. La ballata del vecchio marinaio, scritta da Coleridge inun fiato solo, dentro a un solo incubo, fu il libro di più altopotere evocativo che mai avessi aperto. Forse fu proprio quellalettura a dotarmi del grande dono dell’immaginazione. Daallora i tre invitati alle nozze insisto nel vederli con le loro faccebianche, ferme in un morto sorriso, mentre «la luna instabilesaliva al cielo, senza sostare in alcun luogo, leggermenterisaliva, con poche stelle accanto».

Facendo i debiti scongiuri noto prima di tutto che neppure ilrogo dei libri può bastare a cancellarne la memoria.L’occupazione nazista della cittadina galiziana Drohobycz,

ad esempio, costrinse Bruno Schulz a nascondere il manoscrittodel suo romanzo Il Messia, purtroppo mai ritrovato. Eppure daallora i migliori scrittori del mondo si esercitano nell’immaginarea modo loro il capolavoro scomparso. E’ accaduto l’opposto a ZviKolitz: talmente bene gli sgorgò dalla penna il raccontodell’ultimo combattente del ghetto di Varsavia che, in punto dimorte, nasconde in una bottiglia le sue memorie (Yossl Rakover sirivolge a Dio, Adelphi) da non essere creduto il vero autore: ilettori gli diedero dell’impostore, ritenendo inaccettabile che sitrattasse di un apocrifo. Mi rendo conto che divago, fatico arispondere. Quale libro imparerei a memoria pur di salvarlo?Nell’ultimo decennio si è impresso in me come un classico, ormaiimprescindibile, l’autobiografia di Amos Oz, Una storia di amore edi tenebra (Feltrinelli). Ma il guaio è che ammonta a più diseicento pagine, e io sono uno smemorato...

Mandereia

memoria

UN’ORACON… ANTONIO PENNACCHI, AUTORE DI «CANALEMUSSOLINI» (MONDADORI), IN GARA ALLO STREGA, DOMENICA 16

MAGGIO, H. 11,30. CAFFÈ LETTERARIO. CON MARCO REVELLI

ANTONIO PENNACCHI

Rispondono 20 ospiti del Salone Come i personaggidel romanzo di Ray Bradbury (e del film di Truffaut)ognuno ha scelto un titolo da sottrarre al fuoco dell’oblio

GARD LERNER PRESENTA IL SUOLIBRO DI MEMORIE FAMIGLIARI«SCINTILLE» (FELTRINELLI) DOMENICA 16 MAGGIO, H. 18,30, SALA

GIALLA. INTERVIENE IL FILOSOFO E TEOLOGO VITO MANCUSO

GAD LERNER

CARLO FRUTTERO

SILVIA AVALLONE PRESENTA IL SUO ROMANZO «ACCIAIO»(RIZZOLI), FINALISTA AL PREMIO STREGA DOMENICA 16 MAGGIO, H.18,30. CAFFÈ LETTERARIO. CON GIUSEPPE CONTE E GIORGIOFICARA

SILVIA AVALLONE

MARCO TRAVAGLIO PRESENTA IL SUO LIBRO «AD PERSONAM»(CHIARELETTERE) SABATO 15 MAGGIO, H. 19, SALA DEI 500. CONLO STORICO MARCOREVELLI E IL GIUDICE ROBERTOSCARPINATO

MAURIZIO MAGGIANI, AUTORE DI «MECCANICA CELESTE»(FELTRINELLI), TERRÀ’ UNA CONFERENZA SU «RISORGIMENTO

SENZA MEMORIA» DOMENICA 16 MAGGIO, H. 13, SALA ROSSA

MARCO TRAVAGLIO

UN’ORACON… ALESSANDRO D’AVENIA,AUTORE DI «BIANCACOME IL LATTE, ROSSA COME IL SANGUE» (MONDADORI) SABATO

15 MAGGIO, H. 16,30. CAFFÈ LETTERARIO. CONMAURIZIO BONO

ALESSANDRO D’AVENIA

Se si avverasse Fahrenheit 451 Se domani i librifossero proibiti e mandati al rogo, di quale vorresti farti

voce e testimone per tramandarlo all’umanità futura?

MAURIZIO MAGGIANI

PUPI AVATI E ANDREA VITALI (AUTORI GARZANTI) DIALOGANO SU«LAMEMORIA ITALIANA TRA LETTERATURA E CINEMA». DOMENICA

16 MAGGIO, H. 20, SALA ROSSA. CON BRUNO QUARANTA

PUPI AVATI

I nostri eroidimenticati

Due vegliardiper Beckett

Questo Croceè per Balotelli

«Filosofia della pratica»

Eguali davantialla legge

«Lettere dei condannati a morte della Resistenza»

«Una storia di amore e tenebra»

Nella nostra rassegna di «consigli di memoria»,

raccolti da Mirella Appiotti, abbiamo riservato

il primo posto a Carlo Fruttero, anche se non

potrà venire al Salone, per le sue memorabili

Mutandine di chiffon (Mondadori), ricordi e

ritratti nati anche su queste pagine.

Torino 13-17 maggio

Nell’infernodi Dostoevskij

«I fratelli Karamazov»

Dante tatuatosulla mia pelle

«La Costituzione»

Sulla navedi Coleridge

«La Divina Commedia»

Sulle ormedi Amos Oz

Lettura in famiglia(foto Corbis)

«L’improvviso dell’Ohio»

«La ballata del vecchio marinaio»

Page 18: Tuttolibri n. 1713 (07-05-2010)

Pagina Fisica: INSERTI - NAZIONALE - 18 - 08/05/10 - Pag. Logica: INSERTI/PAGINE [TTL_18] - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 06/05/10 12.52

Speciale Salone 2010XVIIITuttolibri

SABATO 8 MAGGIO 2010LA STAMPA XIX

Avolte, quando si legge, capita diimbattersi in frasi in cui possiamoritrovare noi stessi e capire

meglio, quasi in una lucidità passeggera,quello che stiamo vivendo.

Io proporrei a tutti di imparare leparole di Porzia ne Il mercante di Veneziadi Shakespeare (la storia di Shylock, indiverse edizioni, da quella einaudiana acura di C. Vico Lodovici a quellaGarzanti, nella collana Grandi Libri acura di A. Serpieri, a quella di Feltrinellia cura di A. Lombardo n.d. r.): quando,discutendo di giustizia e di contratti, fal’elogio della misericordia, la leggeprofonda del cuore, che mitiga ladurezza della legge economica. O quellasua splendida dichiarazione finale:«L’intera somma di me è somma di nulla;felice però di questo: di non essere cosìvecchia da non poter imparare, di nonessere così sciocca da non poterapprendere».

Io «sarei» Le idi di Marzo, in primo luogoperché non so in quanti avrebbero inmente di preservare dalla distruzione

un’opera che non è nell’ordine dei capolavoriassoluti, ma è un fascinoso modo di inventareun romanzo storico e di farne un quadro dimodernità. In secondo luogo perché è ancoraviva in me la gratitudine per lo scrittore chemi ha proposto un quadro anticonvenzionaledella Roma al tempo della morte di Cesare,dipanata nelle lettere dei personaggi cuiThornton Wilder (ora riproposto da Sellerio,n.d.r.) presta linguaggio e mentalitànovecentesche, nel segno del disincanto edella libertà interpretativa che ho amatospesso in tanta cultura americana. Mi ci sonoappassionata alla prima lettura, quando avevovent’anni e questo stile mi aveva colto disorpresa. Continuo a amarlo nel passare deltempo, in riletture oggi meno stupite eincantate. Gli devo l’aver abitato nella fantasiala città di Cesare e dei cospiratori.

Voi non sapete nulla di me, a meno chenon abbiate letto un libro chiamato/Le avventure di Tom Sawyer/. Quel

libro fu scritto dal signor Mark Twain, cheper lo più disse la verità». È l’incipit de Leavventure di Huckleberry Finn, incipit che conuna sintesi fulminante racchiude il misterodelle storie e dell’elusivo rapporto fra autorie personaggi. Hemingway disse che tutta laletteratura americana deriva da questolibro. È un’affermazione vera maprobabilmente approssimata per difetto. Daquesto romanzo e dal genio di Mark Twainderivano infatti molte più cose, e fra questeun bel pezzo del grande cinema americano egran parte dell’umorismo moderno nella suaaccezione più alta, autoironica e morale.Quella stessa che indusse il signor MarkTwain, interpellato sul segreto della suafortuna, a rispondere che per avere successonella vita, bastano due sole cose: ignoranza efiducia in se stessi.

Indicare un testo irrinunciabile mimetterebbe in crisi, ma se mi chiedetequale opera vorrei incarnare rispondo

d’istinto «miei segni particolari: incanto edisperazione»: presterei voce, corpo esangue ai versi della poetessa polaccaWislawa Szymborska, premio Nobel nel1996. Mi farei memoria vivente della suaopera completa, raccolta sotto il bellissimotitolo La gioia di scrivere. La via maestra perinnescare il mutamento, la ribellione, unapossibile rinascita da un dominio totalitarioche desertifica l’anima non potrebbe chepartire dal cuore dell’uomo. Irrigarlodunque di poesia cristallina, densa di vita ed’amore, che disvela l’anima a se stessa.Per riattivare l’empatia, sentirsi battere ilcuore dell’altro e riscoprire lo stupored’essere al mondo, cogliendo la bellezza, latragedia e il mistero insiti nella grandestoria come nella più umile «vista congranello di sabbia».

L’unico romanzo che conosco quasi amemoria è Le mille luci di New York diJay McInerney. Lo imparai da ragazzo,

quando lo lessi dieci volte di fila sull’onda diquell’incipit memorabile: «Tu non seiesattamente il tipo di persona che ci siaspetterebbe di trovare in un posto come questoa quest’ora del mattino».In caso di bisogno, cercherei però di registrarenella mente e nel cuore la prosa magica delGrande Gatsby di Fitzgerald. Un capolavoro distile che nulla perde nell’incantevole traduzioneitaliana. Non è la storia più bella che ho letto, maquella scritta meglio. E quando penso a unincendio di libri, ho paura di smarrire non solo lestorie, ma la capacità di raccontarle in un certomodo. Anche per questo mi spiacerebbe che lanostra lingua andasse perduta. Così cercherei dimandare a memoria un canto della Commedia. Ilquinto dell’Inferno. Riassumendo: io salvodall’oblio il Grande Gatsby, Paolo e Francesca.Agli altri pensateci voi. Poi vi invito a cena e ce liscambiamo.

Manderei a memoria Giobbe, di JosephRoth. Certo, sarei indeciso con tantialtri, da La marcia di Radetzky a La

cripta dei Cappuccini. Per non dire dei libri dialtri autori straordinari e amatissimi.Sceglierei Giobbe perché è «facile» e insiemeprofondo. Perché c’è tutto: l’avventura,l’amore, lo strazio, l’imbroglio, la guerra,l’odio, la fede, la felicità, la malinconia.Perché nella storia di Mendel Singer, dagli«occhi grandi, neri, torpidi e mezzo nascostida palpebre pesanti», c’è la storia di duemondi destinati a essere spazzati via non dalpatriottismo ma dal suo delirio feticista. Ilmondo yiddish e quello austro-ungarico.Perché, infine, certe parti le so già amemoria. Come l’immagine dell’addio versol’America e l’ignoto: «In quell’istanteulularono le sirene. Le macchinecominciarono a strepitare. E l’aria e la navee gli uomini tremarono tutti. Solo il cielorestò fermo e azzurro, azzurro e fermo».

Se i libri non esistessero più, se tuttele biblioteche fossero bruciate, ititoli dispersi, i nomi orfani, io

diventerei una voce nuda e andreicantando le parole - come facevano gliantichi, e come faranno i discendenti.Canterei in versi, perché il verso vieneprima del racconto e la sua eco dura più alungo. Canterei l’Odissea, perché ogniessere umano, finché ce ne sarà uno vivosulla terra, sarà sempre pronto a partire etradire e amare e tornare, e quella storiale riassume tutte.

Canterei di Ulisse e della vendettadegli dei, dei naufragi e del cane Argo. Lamemoria mi tradirà, non ricorderò ognicanto, e smarrirò i versi, o li interpoleròcon quelli che hanno scritto altri poeti,dopo: ma non per questo mi fermerei -perché così è già accaduto. Quando i librinon esisteranno più, io farò della miamente il libro, e andrò cantando le parole.

Io vorrei mandare a memoria e portarecosì con me in un mondo senza libril’opera di un mio contemporaneo,

italiano come me, scritta nella mia lingua.Non un classico, perché con quel classicoavrei già avuto il tempo di intrattenermi.Invece vorrei qualcosa che solo da pocotempo esiste. E sceglierei un’opera chenon è ancora stata scritta tutta, di cuiconosco le prime due parti ma non la terza,in corso di scrittura. In questo modo,magicamente, procrastinerei il rogo,almeno fino a quando l’opera non fosseconclusa. L’autore è Antonio Moresco,l’opera non so come si intitolerà alla fine,per ora esistono la prima parte (Gli esordi)e la seconda (Canti del caos). Sarannoinfine migliaia di pagine. E io, che nontengo a mente nemmeno un haiku, dareicosì un forte ricostituente alla miamemoria facendola colpire da questagrandinata immensa di parole italiane,traendone giovamento.

Il libro che salverei, imparandolo amemoria, è Bellas Mariposas, di SergioAtzeni. Non è il romanzo più bello che

abbia mai letto, certamente no, ma è unastoria raccontata in una lingua che miappartiene, da sardo-suburbano quale sono,uno slang poetico e danzante, sardometropolitano, post-pastorale epost-industriale, una storia leggera ma nonvacua, mai, un raccontare che ha dentro séla poesia degli ultimi, che canta la folliadella violenza, che fa sorridere ecommuovere allo stesso tempo. E’ unastoria dalla parte dei bambini, e delledonne, sul coraggio di sognare e lottare peri propri sogni, sulla fatica dell’esserenormali quando intorno a te è solo miseria eviolenza. E’ un libro sardissimo, ma chepotrebbe essere stato scritto da unnewyorchese, o da un messicano di Tijuana.Un romanzo con una lingua che salta,danza, commuove e fa divertire, un piccolo,grande libro-poesia.

Visto che Dante a mente ci fa il favoredi conservarlo Benigni, avrei pensatoa qualche canto di Leopardi. La

Ginestra, A se stesso, Il pastore errante.Perché piace a tutti viaggiare leggeri e fargirare nella lingua una canzone. Però allafine sceglierei di mandare a mente l’interoZibaldone, certo per amore dellaprestazione improbabile, ma soprattuttoperché è un’opera fatta di pensiero inmovimento,una secrezione urgente e remota didomande e risposte utili e inutili oggi comeieri, un pubblico segreto: «l’uomo sidisannoia per lo stesso sentimento vivodella noia universale e necessaria». Un librofondato sull’elusione delle sue finalità,multiforme diario del ragionamento,deposito di appunti. E siccome la memoria ele rimembranze sono un esercizio «a cuigiova... una certa rilasciatezza nonordinaria. Altre volte all’opposto» gli fagran bene non restarsene lì ferma.

Il libro da imparare a memoria perportarmelo dentro in un mondo senzapiù libri (sciagurata circostanza che

spero mai si verifichi, altrimenti che sivivrebbe a fare?) è senz’altro Il grandeGatsby di F. Scott Fitzgerald. Spiegare inpoche frasi il motivo di questa scelta nonmi è possibile, dirò solo che portarsi inpetto le parole di quel romanzo immenso ècome avere nelle vene musica per sempre,e carattere, e bellezza, e innocenza. Conun po’ di senso di ingiustizia e imperiturodolore. Gatsby è un ex gangster che tentadi riconquistare il cuore della donnaamata in gioventù, quand’era povero maambizioso nell’America dei primi del ’900.Attraverso il crimine si arricchisce. CercaDaisy. Per perderla ancora, e per sempre.Tutto è malinconia, impotenza, annifuggiti e morte. Parole come musica,dicevo, un libro come una sinfonia: dentroc’è tutto l’Uomo, che si arrende in unassolo.

Non c’è bisogno che io immagini lo scenariodi Fahrenheit 451 perché un libro amemoria l’ho già imparato: sin da

ragazzino ho iniziato a leggerlo e a cercare dimandarlo a mente, e periodicamente lo rileggo pertenerlo nella mia memoria.Si tratta delle Memoriedal sottosuolo di Fëdor Dostoevskji, dove romanzo esaggio filosofico si fondono per rappresentare ilmistero e le contraddizioni degli impulsi umani:l’amor proprio e la vendetta, l’irresolutezza el’ingratitudine, il senso di colpa, il piacere e ildolore, la vergogna. Un’opera che contienecompiutamente il pensiero dello scrittore, e cioèche l’anima è irrazionale e nessun sapere puòsostituirsi ad essa. Affascinante, poi, l’idea chel’umiliazioneprovoca purificazione.La ragione per cui ho fatto questa scelta, quasid’istinto, in un’età in cui si leggono in genere altrecose, forse non meno necessarie ma certo non cosìfondanti per il resto della vita, è questa: Dostoevskjiè stato unico, era un genio e le Memorie sono unpunto fermo, straordinario, nella mia esistenza.

PAOLO VILLAGGIO, DI CUI ESCE DA EINAUDI «KRANZ,FRACCHIA, FANTOZZI...», DOPO «CROCIERA LO

COST» (MONDADORI). GIOVEDÌ13,H.20,SALAROSSA

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CHRISTIAN FRASCELLA, AUTORE DI «SETTE PICCOLISOSPETTI», SARÀ ALLO STAND DI FAZI, CHE LO LANCIÒ

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MASSIMO GRAMELLINI PRESENTA IL SUO ROMANZO«L’ULTIMARIGADELLEFAVOLE» (LONGANESI)CONGABRIELEVACISDOMENICA16,SALAGIALLA,H. 12

BENEDETTA TOBAGI, AUTRICE DI «COME MI BATTEFORTE IL TUO CUORE» (EINAUDI), VENERDÌ14,H.10,30.SALAROSSA.CONGIOVANNIDELUNA

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UN’ORACON… LAURA PARIANI («MILANO ÈUNASELVAOSCURA», EINAUDI), CAFFÈ LETTERARIO,

DOMENICA16,H. 13,30. CONERMANNOPACCAGNINI

LAURA PARIANI

MELANIA MAZZUCCO INDIALOGOCONALESSANDROBARBEROSULTEMA«DALLAMEMORIAALLASTORIAALROMANZO»,VENERDÌ14MAGGIO,SALA GIALLA,H.12

MELANIA MAZZUCCO

MARTA MORAZZONI PRESENTA IL SUO ROMANZO«LA NOTA SEGRETA» (LONGANESI) DOMENICA16,

H.12,30.CAFFÈLETTERARIO.CON MARIO BAUDINO

Morescograndinata

di parole

UN’ORACON… DARIO VOLTOLINI, AUTORE DI«FORAVÌA» (FELTRINELLI), GIOVEDÌ 13 MAGGIO, H.

18, CAFFÈ LETTERARIO. INTERVIENE DAVIDE LONGO

FLAVIOSORIGA («IL CUOREDEIBRIGANTI», BOMPIANI)INCONTRAPAOLOFRESU («MUSICA DENTRO»,FELTRINELLI)GIOVEDÌ13,H.20.SALA AZZURRA

FLAVIO SORIGA

MARTA MORAZZONI

DARIO VOLTOLINI

La Romadisincantata

di Cesare

Mark Twainil segretodella vita

«Memorie del sottosuolo»

«Il grande Gatsby»

Szymborskapoesia che

irriga i cuori

Invito a cenacon Paolo

e Francesca

«La gioia di scrivere»

«Inferno, canto quinto»

«Odissea»

Roth, l’addioyiddish

e asburgico

«Zibaldone»

Shakespeareinsegna

misericordia

«Giobbe»

«Il mercante di Venezia»

Prontia partire

con Omero

Atzenilo slang

danzante

«Bellas Mariposas»

Leopardiil moto

del pensiero

Man

dere

iam

emor

iaLettura in salita:

una foto diFerdinando Scianna/

Magnum/Contrasto

Torino 13-17 maggio

«Canti del caos»

«Le avventure di Huckleberry Finn»

Fitzgeraldche sinfoniaquegli anni

«Idi di marzo»

Per Fëdoril sapere nonvale l’anima

Page 19: Tuttolibri n. 1713 (07-05-2010)

Pagina Fisica: INSERTI - NAZIONALE - 19 - 08/05/10 - Pag. Logica: INSERTI/PAGINE [TTL_18] - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 06/05/10 12.52

Speciale Salone 2010XVIIITuttolibri

SABATO 8 MAGGIO 2010LA STAMPA XIX

Avolte, quando si legge, capita diimbattersi in frasi in cui possiamoritrovare noi stessi e capire

meglio, quasi in una lucidità passeggera,quello che stiamo vivendo.

Io proporrei a tutti di imparare leparole di Porzia ne Il mercante di Veneziadi Shakespeare (la storia di Shylock, indiverse edizioni, da quella einaudiana acura di C. Vico Lodovici a quellaGarzanti, nella collana Grandi Libri acura di A. Serpieri, a quella di Feltrinellia cura di A. Lombardo n.d. r.): quando,discutendo di giustizia e di contratti, fal’elogio della misericordia, la leggeprofonda del cuore, che mitiga ladurezza della legge economica. O quellasua splendida dichiarazione finale:«L’intera somma di me è somma di nulla;felice però di questo: di non essere cosìvecchia da non poter imparare, di nonessere così sciocca da non poterapprendere».

Io «sarei» Le idi di Marzo, in primo luogoperché non so in quanti avrebbero inmente di preservare dalla distruzione

un’opera che non è nell’ordine dei capolavoriassoluti, ma è un fascinoso modo di inventareun romanzo storico e di farne un quadro dimodernità. In secondo luogo perché è ancoraviva in me la gratitudine per lo scrittore chemi ha proposto un quadro anticonvenzionaledella Roma al tempo della morte di Cesare,dipanata nelle lettere dei personaggi cuiThornton Wilder (ora riproposto da Sellerio,n.d.r.) presta linguaggio e mentalitànovecentesche, nel segno del disincanto edella libertà interpretativa che ho amatospesso in tanta cultura americana. Mi ci sonoappassionata alla prima lettura, quando avevovent’anni e questo stile mi aveva colto disorpresa. Continuo a amarlo nel passare deltempo, in riletture oggi meno stupite eincantate. Gli devo l’aver abitato nella fantasiala città di Cesare e dei cospiratori.

Voi non sapete nulla di me, a meno chenon abbiate letto un libro chiamato/Le avventure di Tom Sawyer/. Quel

libro fu scritto dal signor Mark Twain, cheper lo più disse la verità». È l’incipit de Leavventure di Huckleberry Finn, incipit che conuna sintesi fulminante racchiude il misterodelle storie e dell’elusivo rapporto fra autorie personaggi. Hemingway disse che tutta laletteratura americana deriva da questolibro. È un’affermazione vera maprobabilmente approssimata per difetto. Daquesto romanzo e dal genio di Mark Twainderivano infatti molte più cose, e fra questeun bel pezzo del grande cinema americano egran parte dell’umorismo moderno nella suaaccezione più alta, autoironica e morale.Quella stessa che indusse il signor MarkTwain, interpellato sul segreto della suafortuna, a rispondere che per avere successonella vita, bastano due sole cose: ignoranza efiducia in se stessi.

Indicare un testo irrinunciabile mimetterebbe in crisi, ma se mi chiedetequale opera vorrei incarnare rispondo

d’istinto «miei segni particolari: incanto edisperazione»: presterei voce, corpo esangue ai versi della poetessa polaccaWislawa Szymborska, premio Nobel nel1996. Mi farei memoria vivente della suaopera completa, raccolta sotto il bellissimotitolo La gioia di scrivere. La via maestra perinnescare il mutamento, la ribellione, unapossibile rinascita da un dominio totalitarioche desertifica l’anima non potrebbe chepartire dal cuore dell’uomo. Irrigarlodunque di poesia cristallina, densa di vita ed’amore, che disvela l’anima a se stessa.Per riattivare l’empatia, sentirsi battere ilcuore dell’altro e riscoprire lo stupored’essere al mondo, cogliendo la bellezza, latragedia e il mistero insiti nella grandestoria come nella più umile «vista congranello di sabbia».

L’unico romanzo che conosco quasi amemoria è Le mille luci di New York diJay McInerney. Lo imparai da ragazzo,

quando lo lessi dieci volte di fila sull’onda diquell’incipit memorabile: «Tu non seiesattamente il tipo di persona che ci siaspetterebbe di trovare in un posto come questoa quest’ora del mattino».In caso di bisogno, cercherei però di registrarenella mente e nel cuore la prosa magica delGrande Gatsby di Fitzgerald. Un capolavoro distile che nulla perde nell’incantevole traduzioneitaliana. Non è la storia più bella che ho letto, maquella scritta meglio. E quando penso a unincendio di libri, ho paura di smarrire non solo lestorie, ma la capacità di raccontarle in un certomodo. Anche per questo mi spiacerebbe che lanostra lingua andasse perduta. Così cercherei dimandare a memoria un canto della Commedia. Ilquinto dell’Inferno. Riassumendo: io salvodall’oblio il Grande Gatsby, Paolo e Francesca.Agli altri pensateci voi. Poi vi invito a cena e ce liscambiamo.

Manderei a memoria Giobbe, di JosephRoth. Certo, sarei indeciso con tantialtri, da La marcia di Radetzky a La

cripta dei Cappuccini. Per non dire dei libri dialtri autori straordinari e amatissimi.Sceglierei Giobbe perché è «facile» e insiemeprofondo. Perché c’è tutto: l’avventura,l’amore, lo strazio, l’imbroglio, la guerra,l’odio, la fede, la felicità, la malinconia.Perché nella storia di Mendel Singer, dagli«occhi grandi, neri, torpidi e mezzo nascostida palpebre pesanti», c’è la storia di duemondi destinati a essere spazzati via non dalpatriottismo ma dal suo delirio feticista. Ilmondo yiddish e quello austro-ungarico.Perché, infine, certe parti le so già amemoria. Come l’immagine dell’addio versol’America e l’ignoto: «In quell’istanteulularono le sirene. Le macchinecominciarono a strepitare. E l’aria e la navee gli uomini tremarono tutti. Solo il cielorestò fermo e azzurro, azzurro e fermo».

Se i libri non esistessero più, se tuttele biblioteche fossero bruciate, ititoli dispersi, i nomi orfani, io

diventerei una voce nuda e andreicantando le parole - come facevano gliantichi, e come faranno i discendenti.Canterei in versi, perché il verso vieneprima del racconto e la sua eco dura più alungo. Canterei l’Odissea, perché ogniessere umano, finché ce ne sarà uno vivosulla terra, sarà sempre pronto a partire etradire e amare e tornare, e quella storiale riassume tutte.

Canterei di Ulisse e della vendettadegli dei, dei naufragi e del cane Argo. Lamemoria mi tradirà, non ricorderò ognicanto, e smarrirò i versi, o li interpoleròcon quelli che hanno scritto altri poeti,dopo: ma non per questo mi fermerei -perché così è già accaduto. Quando i librinon esisteranno più, io farò della miamente il libro, e andrò cantando le parole.

Io vorrei mandare a memoria e portarecosì con me in un mondo senza libril’opera di un mio contemporaneo,

italiano come me, scritta nella mia lingua.Non un classico, perché con quel classicoavrei già avuto il tempo di intrattenermi.Invece vorrei qualcosa che solo da pocotempo esiste. E sceglierei un’opera chenon è ancora stata scritta tutta, di cuiconosco le prime due parti ma non la terza,in corso di scrittura. In questo modo,magicamente, procrastinerei il rogo,almeno fino a quando l’opera non fosseconclusa. L’autore è Antonio Moresco,l’opera non so come si intitolerà alla fine,per ora esistono la prima parte (Gli esordi)e la seconda (Canti del caos). Sarannoinfine migliaia di pagine. E io, che nontengo a mente nemmeno un haiku, dareicosì un forte ricostituente alla miamemoria facendola colpire da questagrandinata immensa di parole italiane,traendone giovamento.

Il libro che salverei, imparandolo amemoria, è Bellas Mariposas, di SergioAtzeni. Non è il romanzo più bello che

abbia mai letto, certamente no, ma è unastoria raccontata in una lingua che miappartiene, da sardo-suburbano quale sono,uno slang poetico e danzante, sardometropolitano, post-pastorale epost-industriale, una storia leggera ma nonvacua, mai, un raccontare che ha dentro séla poesia degli ultimi, che canta la folliadella violenza, che fa sorridere ecommuovere allo stesso tempo. E’ unastoria dalla parte dei bambini, e delledonne, sul coraggio di sognare e lottare peri propri sogni, sulla fatica dell’esserenormali quando intorno a te è solo miseria eviolenza. E’ un libro sardissimo, ma chepotrebbe essere stato scritto da unnewyorchese, o da un messicano di Tijuana.Un romanzo con una lingua che salta,danza, commuove e fa divertire, un piccolo,grande libro-poesia.

Visto che Dante a mente ci fa il favoredi conservarlo Benigni, avrei pensatoa qualche canto di Leopardi. La

Ginestra, A se stesso, Il pastore errante.Perché piace a tutti viaggiare leggeri e fargirare nella lingua una canzone. Però allafine sceglierei di mandare a mente l’interoZibaldone, certo per amore dellaprestazione improbabile, ma soprattuttoperché è un’opera fatta di pensiero inmovimento,una secrezione urgente e remota didomande e risposte utili e inutili oggi comeieri, un pubblico segreto: «l’uomo sidisannoia per lo stesso sentimento vivodella noia universale e necessaria». Un librofondato sull’elusione delle sue finalità,multiforme diario del ragionamento,deposito di appunti. E siccome la memoria ele rimembranze sono un esercizio «a cuigiova... una certa rilasciatezza nonordinaria. Altre volte all’opposto» gli fagran bene non restarsene lì ferma.

Il libro da imparare a memoria perportarmelo dentro in un mondo senzapiù libri (sciagurata circostanza che

spero mai si verifichi, altrimenti che sivivrebbe a fare?) è senz’altro Il grandeGatsby di F. Scott Fitzgerald. Spiegare inpoche frasi il motivo di questa scelta nonmi è possibile, dirò solo che portarsi inpetto le parole di quel romanzo immenso ècome avere nelle vene musica per sempre,e carattere, e bellezza, e innocenza. Conun po’ di senso di ingiustizia e imperiturodolore. Gatsby è un ex gangster che tentadi riconquistare il cuore della donnaamata in gioventù, quand’era povero maambizioso nell’America dei primi del ’900.Attraverso il crimine si arricchisce. CercaDaisy. Per perderla ancora, e per sempre.Tutto è malinconia, impotenza, annifuggiti e morte. Parole come musica,dicevo, un libro come una sinfonia: dentroc’è tutto l’Uomo, che si arrende in unassolo.

Non c’è bisogno che io immagini lo scenariodi Fahrenheit 451 perché un libro amemoria l’ho già imparato: sin da

ragazzino ho iniziato a leggerlo e a cercare dimandarlo a mente, e periodicamente lo rileggo pertenerlo nella mia memoria.Si tratta delle Memoriedal sottosuolo di Fëdor Dostoevskji, dove romanzo esaggio filosofico si fondono per rappresentare ilmistero e le contraddizioni degli impulsi umani:l’amor proprio e la vendetta, l’irresolutezza el’ingratitudine, il senso di colpa, il piacere e ildolore, la vergogna. Un’opera che contienecompiutamente il pensiero dello scrittore, e cioèche l’anima è irrazionale e nessun sapere puòsostituirsi ad essa. Affascinante, poi, l’idea chel’umiliazioneprovoca purificazione.La ragione per cui ho fatto questa scelta, quasid’istinto, in un’età in cui si leggono in genere altrecose, forse non meno necessarie ma certo non cosìfondanti per il resto della vita, è questa: Dostoevskjiè stato unico, era un genio e le Memorie sono unpunto fermo, straordinario, nella mia esistenza.

PAOLO VILLAGGIO, DI CUI ESCE DA EINAUDI «KRANZ,FRACCHIA, FANTOZZI...», DOPO «CROCIERA LO

COST» (MONDADORI). GIOVEDÌ13,H.20,SALAROSSA

PAOLO VILLAGGIO

CHRISTIAN FRASCELLA, AUTORE DI «SETTE PICCOLISOSPETTI», SARÀ ALLO STAND DI FAZI, CHE LO LANCIÒ

CON«MIA SORELLA È UNA FOCAMONACA»

CHRISTIAN FRASCELLA

MASSIMO GRAMELLINI PRESENTA IL SUO ROMANZO«L’ULTIMARIGADELLEFAVOLE» (LONGANESI)CONGABRIELEVACISDOMENICA16,SALAGIALLA,H. 12

BENEDETTA TOBAGI, AUTRICE DI «COME MI BATTEFORTE IL TUO CUORE» (EINAUDI), VENERDÌ14,H.10,30.SALAROSSA.CONGIOVANNIDELUNA

BENEDETTA TOBAGI

MASSIMO GRAMELLINI

GIANRICO CAROFIGLIO, AUTORE DI «LE PERFEZIONIPROVVISORIE» (SELLERIO) A COLLOQUIO CON PIERO

DORFLES. SABATO15MAGGIO,H.13,30,SALA DEI500

GIANRICO CAROFIGLIO

GIAN ANTONIO STELLA AUTORE DI «IL VIAGGIO PIU’LUNGO» (RIZZOLI) SU «MEMORIA. L’USO, L’ABUSO».

ARENA BOOKSTOCK ,13 MAGGIO H.15,30

GIAN ANTONIO STELLA

LORENZOPAVOLINI,AUTORE DI «ACCANTOALLATIGRE» (FANDANGO), IN SALA BLU, VENERDÌ 14, H.

13,30. CONDIEGODESILVAEVALERIAPARRELLA

LORENZO PAVOLINI

UN’ORACON… LAURA PARIANI («MILANO ÈUNASELVAOSCURA», EINAUDI), CAFFÈ LETTERARIO,

DOMENICA16,H. 13,30. CONERMANNOPACCAGNINI

LAURA PARIANI

MELANIA MAZZUCCO INDIALOGOCONALESSANDROBARBEROSULTEMA«DALLAMEMORIAALLASTORIAALROMANZO»,VENERDÌ14MAGGIO,SALA GIALLA,H.12

MELANIA MAZZUCCO

MARTA MORAZZONI PRESENTA IL SUO ROMANZO«LA NOTA SEGRETA» (LONGANESI) DOMENICA16,

H.12,30.CAFFÈLETTERARIO.CON MARIO BAUDINO

Morescograndinata

di parole

UN’ORACON… DARIO VOLTOLINI, AUTORE DI«FORAVÌA» (FELTRINELLI), GIOVEDÌ 13 MAGGIO, H.

18, CAFFÈ LETTERARIO. INTERVIENE DAVIDE LONGO

FLAVIOSORIGA («IL CUOREDEIBRIGANTI», BOMPIANI)INCONTRAPAOLOFRESU («MUSICA DENTRO»,FELTRINELLI)GIOVEDÌ13,H.20.SALA AZZURRA

FLAVIO SORIGA

MARTA MORAZZONI

DARIO VOLTOLINI

La Romadisincantata

di Cesare

Mark Twainil segretodella vita

«Memorie del sottosuolo»

«Il grande Gatsby»

Szymborskapoesia che

irriga i cuori

Invito a cenacon Paolo

e Francesca

«La gioia di scrivere»

«Inferno, canto quinto»

«Odissea»

Roth, l’addioyiddish

e asburgico

«Zibaldone»

Shakespeareinsegna

misericordia

«Giobbe»

«Il mercante di Venezia»

Prontia partire

con Omero

Atzenilo slang

danzante

«Bellas Mariposas»

Leopardiil moto

del pensiero

Man

dere

iam

emor

ia

Lettura in salita:una foto di

Ferdinando Scianna/Magnum/Contrasto

Torino 13-17 maggio

«Canti del caos»

«Le avventure di Huckleberry Finn»

Fitzgeraldche sinfoniaquegli anni

«Idi di marzo»

Per Fëdoril sapere nonvale l’anima

Page 20: Tuttolibri n. 1713 (07-05-2010)

Pagina Fisica: INSERTI - NAZIONALE - 20 - 08/05/10 - Pag. Logica: INSERTI/PAGINE [TTL_20] - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 06/05/10 12.52

I geografi della regi-na di Shakespeare,Elisabetta I, quando

dovevano segnalare sulle lo-ro mappe un arcipelago sco-perto di recente e dunquesenza nome ancora, lo con-notavano con la formula«unus in varietate»: a volersottolineare ch’era un’unicaentità, tuttavia assai varianel suo insieme.

Mi sono di colpo ricorda-to di quest’indicazione nel la-vorare all’introduzione alprimo volume dei Romanzi eracconti di Oreste Del Buo-no, che Isbn manda in libre-ria in questi giorni.

Si tratta di una silloge disette romanzi (o raccontiinanellati a romanzo), chespaziano dal 1945 al 1965. Laprima cosa che ti colpisce,dinanzi a queste 1400 pagi-ne all’incirca, è la loro terrifi-cante unità tematica. Neparleremo tra poco: ma vo-gliamo dire subito che, in su-perficie almeno si tratta diopere che, quanto alla fabu-la, raccontano storie diver-se. Racconto d’inverno, l’ope-ra prima di Oreste, uscita al-l’imbocco del gran tunneldel neorealismo, da cui subi-to si differenzia, racconta

dell’esperienza di un inter-nato militare, tra settanta epiù italiani, polacchi e ucrai-ni, come lui forzatamente co-stretti alla costruzione diuna linea elettrica, tra la ne-ve e il ghiaccio di un sempi-terno inverno del Tirolo. Laparte difficile (1947) è la sto-ria di un reduce, che - in unaMilano appena riavutasi dal-l’incubo bellico - stenta a tro-vare lavoro, esita dinanzi al-l’impegno politico, e in com-penso s’avvinghia alla don-na sbagliata, addirittura lamoglie di sua fratello.

Acqua alla gola (1952) evo-ca con spietata incisivitàgrottesca un viaggio di noz-ze all’isola (l’Elba delle origi-

ni famigliari), in cui il coniuge-narratore scopre la devastan-te vacuità del nuovo legame,tra una moglie indifferente eil fantasma di un rivale finitosuicida. Per pura ingratitudine(1961), titolo del terzo roman-zo breve d’una trilogia, prece-duto da L’amore senza storie(1958) e da Un intero minuto(1959), s’inoltra nel labirintodi un duplice adulterio (la con-sorte assente e muta vienetradita dal marito con unavecchia compagna e da unagiovane «fiamma»): le due siritroveranno per puro caso inuna sorta di atroce autodafèreciproco. Facile da uscire(1962) rimodula, in una seriedi racconti disposti in appa-rente disordine, la colpevole«assenza» di un padre, indiffe-rente stavolta rispetto alleproprie responsabilità di geni-tore. In Né vivere né morire(1963) è la frustrazione di unoscrittore ad essere messa in

campo, nella sua conclamataincapacità di commisurare lefrastornanti esperienze delreale con le inevitabili costri-zioni della loro traduzione inletteratura. In La terza perso-na (1965) le tre individualità«interiori» di una sola perso-na (ad un tempo, scrittore-consorte-amante) non riesco-

no a coagularsi organicamen-te, ma entrano in una sner-vante competizione, l’una conle altre.

Fabulae diverse, dunque,come s’è detto: sennonché lasolitudine del prigioniero,l’ignavia del reduce, lo scon-forto del coniuge, la viltà del-

l’amante, l’assenza del pa-dre, l’impotenza dello scritto-re, la passività dell’imbellenon sono che un unico tema:ed è un tema-cardine delNuovo Romanzo del Nove-cento, il tema di Joyce, Sve-vo, Musil, Proust: l’inettitudi-ne, l’incapacità a darsi uncompito preciso nella vita, arealizzare in azione tutta unacongerie di desideri insoddi-sfatti, ad incarnarsi in alme-no una delle infinite «possibi-lità» dell’esistenza. Narrato-re per questo davvero di cul-tura e di respiro europeo, DelBuono è l’Amleto del nostrosecolo scorso, giacché - comeil principe danese - è perfetta-mente consapevole che peressere degni del nome di uo-mo occorre esporsi al rischioper un guscio d’uovo, ma siostina a vivere dicendo «que-sta cosa va fatta» e non fa nul-la per realizzare anche il mi-nimo proposito.

Speciale Salone 2010XXTuttolibri

SABATO 8 MAGGIO 2010LA STAMPA XXI

Un acrobatafra ondee noccioleti

E’, quella di NicoOrengo, una poesia,va da sé, piena di poe-

sia -Palazzeschi ma ancheLear e i Provenzali e addirit-tura il Burchiello con le suecastagne che pensano e le la-sagne in pellegrinaggio - mapriva di padri autorizzanti,paradossale o eterodossa, einconfondibile, nella catenadelle influenze. Se i poeti del-la sua generazione - Giusep-pe Conte, Maurizio Cucchi -esibiscono in modi diversi laloro appartenenza - il Monta-le di Mediterraneo per Conte;Gozzano, Erba per Cucchi -Orengo non dissimula la suainappartenenza. La sua vocesi forma grazie a un intuito ea un gusto infallibili, una bus-sola in tutte le tempeste deilinguaggi.

Lo sfondo fisso dei suoiversi, la Liguria, è una telacui egli pazientemente e assi-duamente aggiunge e toglie

qualcosa, un golfo, un ulivo,un’alga, un’ofiura, una roc-cia, una nuvola, ridrappeg-giando il velo sull’enigmache Montale stesso, ma an-che Sbarbaro, volevano deci-frare. La Liguria ricomparein tutti, o quasi, i romanzi diOrengo. In uno di essi, Di vio-le e liquirizia, accanto al con-sueto cesello dei caratteri eall'intreccio lineare e sghem-bo al tempo stesso, irrompe

un nuovo paesaggio.La Liguria di confine con

le sue terre rosseggianti e iboschi di mimose e il mare dilacca è sostituita da collinedi barbaresco, noccioleti, sel-ve della Langa, un altro luo-go elettivo e disordinatamen-te produttivo, la cui bellezza

ha oggi a che fare con l'im-possibilità stessa della bel-lezza di eternarsi nella pro-duzione. In effetti, il paesag-gio di Orengo romanziere,nella sua stessa apparenzasfolgorante, ha sempre a chefare con un problema, qual-cosa che ne scheggia la su-perficie: conflitti psicologici,intimi, sociali, etnici…

Tra lentischi e corbezzoli,l'autore mette in scena lepiù conclamate, canoniche,romanzesche nevrosi e i suoiminuziosi anfratti ligustici,debitamente fioriti e policro-mi, nascondono un'insidia eun'oscura malattia. Più cheun orizzonte aperto, sono lospecchio di una psiche rin-chiusa e balbettante, comese l'io stesso limitasse e inca-tenasse l'azzurra volta delcielo.

Ma il libro più bello diOrengo non è un romanzopropriamente detto, provvi-sto di invenzione e finzione,ma una cronaca-saggio-nar-razione, uno studio di storia

ligure e sabauda dall’inatte-sa forza epica: Il salto dell’ac-ciuga è la storia di un «pescedi terra» che valica le monta-gne a dorso di mulo, immer-so nel sale, e diventa cibo diterra, come il castelmagno ola polenta. Ma è anche la sto-ria del sale stesso, preziosocome l’oro per secoli, al tem-po dei Revisori del Sale, del-le dogane e dei magazzinidel sale.

Né, del tutto, essai di mi-crostoria - alla Duby, allaGinzburg, alla Prosperi - néromanzo, né confessione,questo incantevole e anoma-lo libro di Orengo ha l'ener-gia delle grandi passioni edei grandi paradossi. Con levie del sale oggi coperte dirovi, con i barilotti di acciu-ghe oggi sostituiti dalle latti-ne, con certe uve scomparsecome l'isoarda e la tabacca,con certi pesci spariti dal ma-re di Mortola, come le girel-le, Orengo celebra non la finedi tutto l'universo, ma la suavita perenne. Come MarioNovaro, ligure di Oneglia,traduttore delle Acque d'au-tunno di Chuang-tze, egli èpiù orientale che occidenta-le, più duttile e innamoratoche spirituale e marmoreo.L’acciuga sfatta nel liqua-men per le legioni di Cesareè la stessa della bagnacauda,

e qualcosa della verve del le-gionario che se ne cibava, inun tempo primordiale e miti-co, è in noi, nel nostro temposconsacrato, alla vista diun’acciuga del ConsorcioEspañol Conservero.

Questa contiguità di lonta-nissimo, presumibilmenteperduto, e attualmente di-sponibile, poco o tanto chesia, o meglio questa idea delvalore della mutazione, è lagrande forza dei liguri. Lanostalgia dei tempi andati, ilsentimento elegiaco, la nozio-ne stessa di un fine o una finedel tempo, non fanno partedella loro cultura: l'acciuga,se non salta più da una vettaall'altra inseguita dai gabel-lieri di Genova o dei Savoia,se non è più «lavorata» nellarupestre frazione di Mo-schières tra nugoli di mo-sche, in qualche altro modo«salta» ed esiste. Se anchenon ci fosse più, se fosse persempre scomparsa da tutti imari e da tutte le montagne,in qualche modo ci sarebbeancora: «salterebbe». La na-tura è eterna o perlomenosincronica, «tutta vivente in-sieme». Questo è l'articolo difede di Montale, quando par-la del Mediterraneo; di Ca-millo Sbarbaro, quando par-la dei cieli che si colorisconoall'alba e si scoloriscono a se-ra; di Orengo, quando parladella sua acrobatica acciuga.

GIORGIO BOATTI

L’Amletodel nostroNovecento

Nico Orengo In versi e in prosa, tra Liguriae Langhe, l’energia delle grandi passionie dei grandi paradossi nell’opera dello scrittoreche è stato a lungo responsabile di Tuttolibri

Odb? Sarebbe stato interessante vederlo all'opera suquanto è andato succedendo in questi sette annitrascorsi dal suo commiato. Probabilmente lo

avremmo colto osservarci ironico - sulla soglia di qualche casaeditrice dove, appena approdato, sarebbe già stato sul piede dipartenza - alle prese con «la nostra classe dirigente». Uno deisuoi temi preferiti nonché titolo di un suo riuscitissimo libro.La troverebbe, non c'è dubbio, degna de «i peggiori anni dellanostra vita» (altro suo titolo).

Con la sua capacità rabdomantica di discernere ciò che ègagliardamente autentico e irriverentemente antagonista daquanto è stantio e scontato segnalerebbe i troppi inchini e icamuffati replay ai suoi lettori della Stampa. Come faceva neisuoi commenti quotidiani alle lettere o per Tuttolibri, da«Amici e maestri» a «Luoghi comuni». Infine, per osservarel'inesauribile spettacolo del mondo, si metterebbe, non c'èdubbio, nella posizione a lui più congeniale: «la parte difficile».Titolo di un suo romanzo. E l'insegna di un'intera vita.

[email protected]

UN «ANTIMERIDIANO»Il primo volume delle Opere complete di Oreste Del Buono saràpresentato venerdì 14 maggio, h. 18, spazio autori A.Intervengono Guido Davico Bonino, autoredell’introduzione, Piero Gelli, Lorenzo Mondo e StefanoGallerani. L’«Antimeridiano»,come lo definisce l’editoreIsbn, è a cura di Silvia Sartorio (pp. 1698, € 69). Vi sonoraccolti i romanzi: «Racconto d’inverno», «La partedifficile», «Acqua alla gola», «Per pura ingratitudine»,«Facile da usare», «Né vivere né morire», «La terzapersona». Oreste Del Buono, nato nel 1923 all’isola d’Elba,è scomparso a Roma nel 2003.

Oreste Del Buono Un volumeraccoglie sette romanzi del poliedriconarratore e editor che sulle colonnedi Tuttolibri rievocò Amici e Maestri

UNA ANTOLOGIANico Orengo, scomparso il 30 maggioscorso, sarà ricordato venerdì 14, h. 21,Sala Blu. Gli amici ne leggeranno le paginepiù belle. A fine mese, La Stampapubblicherà un libro antologico della suaopera di poeta, narratore, giornalista:poesie, il racconto per ragazzi «L’allodola eil cinghiale», il romanzo «Il saltodell’acciuga», articoli e «fulmini» perTuttolibri. Anticipiamo qui sotto ampibrani dalla prefazione di Giorgio Ficara.

Dalle storie di Ponente,tra terre rosseggiantie boschi di mimose,alla via del sale,per secoli l’oro dei poveri

Dal 1945 al 1965,svolgendo il temadell’inettitudine:l’incapacità di darsiun compito preciso

Torino 13-17 maggio

La solitudine del recluso,l’ignavia del reduce,lo sconforto del coniuge,la viltà dell’amante,l’assenza del padre

GUIDO DAVICO BONINO

Oreste Del Buono e Nico Orengo in una foto inizio Anni 80: Odb arrivò a La Stampa con la direzione di Giorgio Fattori, a fine Anni 70; Orengo entrò a Tuttolibri nel 1978 e ne divenne responsabile nel 1989

Come Montalee Sbarbaro, consapevoleche la natura è eternao perlomeno sincronica,tutta vivente insieme

GIORGIO FICARA

Dalla parte difficile

ERIC VOEGELIN Ordine e storiaVol. I.

Israele e la rivelazione

A cura di Nicoletta Scotti Muth

pp. 760 - € 35,00

JOHN W. O’MALLEYChe cosa è successo nel Vaticano IIpp. 400 - € 25,00

ANTONIO SPADAROSvolta di respiroSpiritualità della vitacontemporanea

pp. 256 - € 18,00

MIGUEL BENASAYAGLa salute ad ogni costoMedicina e biopotere

pp. 104 - € 12,00

HSI HSUAN-WOUCHARLES REEVE China bluesViaggio nel paese

dell’armonia precaria

pp. 240 - € 18,00

VITA E PENSIERO Pubblicazioni dell’Università Cattolica ☎ 02.7234.2335 www.vitaepensiero.it

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I geografi della regi-na di Shakespeare,Elisabetta I, quando

dovevano segnalare sulle lo-ro mappe un arcipelago sco-perto di recente e dunquesenza nome ancora, lo con-notavano con la formula«unus in varietate»: a volersottolineare ch’era un’unicaentità, tuttavia assai varianel suo insieme.

Mi sono di colpo ricorda-to di quest’indicazione nel la-vorare all’introduzione alprimo volume dei Romanzi eracconti di Oreste Del Buo-no, che Isbn manda in libre-ria in questi giorni.

Si tratta di una silloge disette romanzi (o raccontiinanellati a romanzo), chespaziano dal 1945 al 1965. Laprima cosa che ti colpisce,dinanzi a queste 1400 pagi-ne all’incirca, è la loro terrifi-cante unità tematica. Neparleremo tra poco: ma vo-gliamo dire subito che, in su-perficie almeno si tratta diopere che, quanto alla fabu-la, raccontano storie diver-se. Racconto d’inverno, l’ope-ra prima di Oreste, uscita al-l’imbocco del gran tunneldel neorealismo, da cui subi-to si differenzia, racconta

dell’esperienza di un inter-nato militare, tra settanta epiù italiani, polacchi e ucrai-ni, come lui forzatamente co-stretti alla costruzione diuna linea elettrica, tra la ne-ve e il ghiaccio di un sempi-terno inverno del Tirolo. Laparte difficile (1947) è la sto-ria di un reduce, che - in unaMilano appena riavutasi dal-l’incubo bellico - stenta a tro-vare lavoro, esita dinanzi al-l’impegno politico, e in com-penso s’avvinghia alla don-na sbagliata, addirittura lamoglie di sua fratello.

Acqua alla gola (1952) evo-ca con spietata incisivitàgrottesca un viaggio di noz-ze all’isola (l’Elba delle origi-

ni famigliari), in cui il coniuge-narratore scopre la devastan-te vacuità del nuovo legame,tra una moglie indifferente eil fantasma di un rivale finitosuicida. Per pura ingratitudine(1961), titolo del terzo roman-zo breve d’una trilogia, prece-duto da L’amore senza storie(1958) e da Un intero minuto(1959), s’inoltra nel labirintodi un duplice adulterio (la con-sorte assente e muta vienetradita dal marito con unavecchia compagna e da unagiovane «fiamma»): le due siritroveranno per puro caso inuna sorta di atroce autodafèreciproco. Facile da uscire(1962) rimodula, in una seriedi racconti disposti in appa-rente disordine, la colpevole«assenza» di un padre, indiffe-rente stavolta rispetto alleproprie responsabilità di geni-tore. In Né vivere né morire(1963) è la frustrazione di unoscrittore ad essere messa in

campo, nella sua conclamataincapacità di commisurare lefrastornanti esperienze delreale con le inevitabili costri-zioni della loro traduzione inletteratura. In La terza perso-na (1965) le tre individualità«interiori» di una sola perso-na (ad un tempo, scrittore-consorte-amante) non riesco-

no a coagularsi organicamen-te, ma entrano in una sner-vante competizione, l’una conle altre.

Fabulae diverse, dunque,come s’è detto: sennonché lasolitudine del prigioniero,l’ignavia del reduce, lo scon-forto del coniuge, la viltà del-

l’amante, l’assenza del pa-dre, l’impotenza dello scritto-re, la passività dell’imbellenon sono che un unico tema:ed è un tema-cardine delNuovo Romanzo del Nove-cento, il tema di Joyce, Sve-vo, Musil, Proust: l’inettitudi-ne, l’incapacità a darsi uncompito preciso nella vita, arealizzare in azione tutta unacongerie di desideri insoddi-sfatti, ad incarnarsi in alme-no una delle infinite «possibi-lità» dell’esistenza. Narrato-re per questo davvero di cul-tura e di respiro europeo, DelBuono è l’Amleto del nostrosecolo scorso, giacché - comeil principe danese - è perfetta-mente consapevole che peressere degni del nome di uo-mo occorre esporsi al rischioper un guscio d’uovo, ma siostina a vivere dicendo «que-sta cosa va fatta» e non fa nul-la per realizzare anche il mi-nimo proposito.

Speciale Salone 2010XXTuttolibri

SABATO 8 MAGGIO 2010LA STAMPA XXI

Un acrobatafra ondee noccioleti

E’, quella di NicoOrengo, una poesia,va da sé, piena di poe-

sia -Palazzeschi ma ancheLear e i Provenzali e addirit-tura il Burchiello con le suecastagne che pensano e le la-sagne in pellegrinaggio - mapriva di padri autorizzanti,paradossale o eterodossa, einconfondibile, nella catenadelle influenze. Se i poeti del-la sua generazione - Giusep-pe Conte, Maurizio Cucchi -esibiscono in modi diversi laloro appartenenza - il Monta-le di Mediterraneo per Conte;Gozzano, Erba per Cucchi -Orengo non dissimula la suainappartenenza. La sua vocesi forma grazie a un intuito ea un gusto infallibili, una bus-sola in tutte le tempeste deilinguaggi.

Lo sfondo fisso dei suoiversi, la Liguria, è una telacui egli pazientemente e assi-duamente aggiunge e toglie

qualcosa, un golfo, un ulivo,un’alga, un’ofiura, una roc-cia, una nuvola, ridrappeg-giando il velo sull’enigmache Montale stesso, ma an-che Sbarbaro, volevano deci-frare. La Liguria ricomparein tutti, o quasi, i romanzi diOrengo. In uno di essi, Di vio-le e liquirizia, accanto al con-sueto cesello dei caratteri eall'intreccio lineare e sghem-bo al tempo stesso, irrompe

un nuovo paesaggio.La Liguria di confine con

le sue terre rosseggianti e iboschi di mimose e il mare dilacca è sostituita da collinedi barbaresco, noccioleti, sel-ve della Langa, un altro luo-go elettivo e disordinatamen-te produttivo, la cui bellezza

ha oggi a che fare con l'im-possibilità stessa della bel-lezza di eternarsi nella pro-duzione. In effetti, il paesag-gio di Orengo romanziere,nella sua stessa apparenzasfolgorante, ha sempre a chefare con un problema, qual-cosa che ne scheggia la su-perficie: conflitti psicologici,intimi, sociali, etnici…

Tra lentischi e corbezzoli,l'autore mette in scena lepiù conclamate, canoniche,romanzesche nevrosi e i suoiminuziosi anfratti ligustici,debitamente fioriti e policro-mi, nascondono un'insidia eun'oscura malattia. Più cheun orizzonte aperto, sono lospecchio di una psiche rin-chiusa e balbettante, comese l'io stesso limitasse e inca-tenasse l'azzurra volta delcielo.

Ma il libro più bello diOrengo non è un romanzopropriamente detto, provvi-sto di invenzione e finzione,ma una cronaca-saggio-nar-razione, uno studio di storia

ligure e sabauda dall’inatte-sa forza epica: Il salto dell’ac-ciuga è la storia di un «pescedi terra» che valica le monta-gne a dorso di mulo, immer-so nel sale, e diventa cibo diterra, come il castelmagno ola polenta. Ma è anche la sto-ria del sale stesso, preziosocome l’oro per secoli, al tem-po dei Revisori del Sale, del-le dogane e dei magazzinidel sale.

Né, del tutto, essai di mi-crostoria - alla Duby, allaGinzburg, alla Prosperi - néromanzo, né confessione,questo incantevole e anoma-lo libro di Orengo ha l'ener-gia delle grandi passioni edei grandi paradossi. Con levie del sale oggi coperte dirovi, con i barilotti di acciu-ghe oggi sostituiti dalle latti-ne, con certe uve scomparsecome l'isoarda e la tabacca,con certi pesci spariti dal ma-re di Mortola, come le girel-le, Orengo celebra non la finedi tutto l'universo, ma la suavita perenne. Come MarioNovaro, ligure di Oneglia,traduttore delle Acque d'au-tunno di Chuang-tze, egli èpiù orientale che occidenta-le, più duttile e innamoratoche spirituale e marmoreo.L’acciuga sfatta nel liqua-men per le legioni di Cesareè la stessa della bagnacauda,

e qualcosa della verve del le-gionario che se ne cibava, inun tempo primordiale e miti-co, è in noi, nel nostro temposconsacrato, alla vista diun’acciuga del ConsorcioEspañol Conservero.

Questa contiguità di lonta-nissimo, presumibilmenteperduto, e attualmente di-sponibile, poco o tanto chesia, o meglio questa idea delvalore della mutazione, è lagrande forza dei liguri. Lanostalgia dei tempi andati, ilsentimento elegiaco, la nozio-ne stessa di un fine o una finedel tempo, non fanno partedella loro cultura: l'acciuga,se non salta più da una vettaall'altra inseguita dai gabel-lieri di Genova o dei Savoia,se non è più «lavorata» nellarupestre frazione di Mo-schières tra nugoli di mo-sche, in qualche altro modo«salta» ed esiste. Se anchenon ci fosse più, se fosse persempre scomparsa da tutti imari e da tutte le montagne,in qualche modo ci sarebbeancora: «salterebbe». La na-tura è eterna o perlomenosincronica, «tutta vivente in-sieme». Questo è l'articolo difede di Montale, quando par-la del Mediterraneo; di Ca-millo Sbarbaro, quando par-la dei cieli che si colorisconoall'alba e si scoloriscono a se-ra; di Orengo, quando parladella sua acrobatica acciuga.

GIORGIO BOATTI

L’Amletodel nostroNovecento

Nico Orengo In versi e in prosa, tra Liguriae Langhe, l’energia delle grandi passionie dei grandi paradossi nell’opera dello scrittoreche è stato a lungo responsabile di Tuttolibri

Odb? Sarebbe stato interessante vederlo all'opera suquanto è andato succedendo in questi sette annitrascorsi dal suo commiato. Probabilmente lo

avremmo colto osservarci ironico - sulla soglia di qualche casaeditrice dove, appena approdato, sarebbe già stato sul piede dipartenza - alle prese con «la nostra classe dirigente». Uno deisuoi temi preferiti nonché titolo di un suo riuscitissimo libro.La troverebbe, non c'è dubbio, degna de «i peggiori anni dellanostra vita» (altro suo titolo).

Con la sua capacità rabdomantica di discernere ciò che ègagliardamente autentico e irriverentemente antagonista daquanto è stantio e scontato segnalerebbe i troppi inchini e icamuffati replay ai suoi lettori della Stampa. Come faceva neisuoi commenti quotidiani alle lettere o per Tuttolibri, da«Amici e maestri» a «Luoghi comuni». Infine, per osservarel'inesauribile spettacolo del mondo, si metterebbe, non c'èdubbio, nella posizione a lui più congeniale: «la parte difficile».Titolo di un suo romanzo. E l'insegna di un'intera vita.

[email protected]

UN «ANTIMERIDIANO»Il primo volume delle Opere complete di Oreste Del Buono saràpresentato venerdì 14 maggio, h. 18, spazio autori A.Intervengono Guido Davico Bonino, autoredell’introduzione, Piero Gelli, Lorenzo Mondo e StefanoGallerani. L’«Antimeridiano»,come lo definisce l’editoreIsbn, è a cura di Silvia Sartorio (pp. 1698, € 69). Vi sonoraccolti i romanzi: «Racconto d’inverno», «La partedifficile», «Acqua alla gola», «Per pura ingratitudine»,«Facile da usare», «Né vivere né morire», «La terzapersona». Oreste Del Buono, nato nel 1923 all’isola d’Elba,è scomparso a Roma nel 2003.

Oreste Del Buono Un volumeraccoglie sette romanzi del poliedriconarratore e editor che sulle colonnedi Tuttolibri rievocò Amici e Maestri

UNA ANTOLOGIANico Orengo, scomparso il 30 maggioscorso, sarà ricordato venerdì 14, h. 21,Sala Blu. Gli amici ne leggeranno le paginepiù belle. A fine mese, La Stampapubblicherà un libro antologico della suaopera di poeta, narratore, giornalista:poesie, il racconto per ragazzi «L’allodola eil cinghiale», il romanzo «Il saltodell’acciuga», articoli e «fulmini» perTuttolibri. Anticipiamo qui sotto ampibrani dalla prefazione di Giorgio Ficara.

Dalle storie di Ponente,tra terre rosseggiantie boschi di mimose,alla via del sale,per secoli l’oro dei poveri

Dal 1945 al 1965,svolgendo il temadell’inettitudine:l’incapacità di darsiun compito preciso

Torino 13-17 maggio

La solitudine del recluso,l’ignavia del reduce,lo sconforto del coniuge,la viltà dell’amante,l’assenza del padre

GUIDO DAVICO BONINO

Oreste Del Buono e Nico Orengo in una foto inizio Anni 80: Odb arrivò a La Stampa con la direzione di Giorgio Fattori, a fine Anni 70; Orengo entrò a Tuttolibri nel 1978 e ne divenne responsabile nel 1989

Come Montalee Sbarbaro, consapevoleche la natura è eternao perlomeno sincronica,tutta vivente insieme

GIORGIO FICARA

Dalla parte difficile

Page 22: Tuttolibri n. 1713 (07-05-2010)

Pagina Fisica: INSERTI - NAZIONALE - 22 - 08/05/10 - Pag. Logica: INSERTI/PAGINE [TTL_22] - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 06/05/10 12.52

Cotto emangiato

PARODIA. VALLARDI

Saggistica TascabiliNarrativaitaliana

29

Narrativastraniera Varia Ragazzi

31 24

LA CLASSIFICA DI TUTTOLIBRI È REALIZZATA DALLA SOCIETÀ NIELSEN BOOKSCAN, ANALIZZANDO I DATI DELLE COPIE VENDUTE OGNI SETTIMANA, RACCOLTI IN UN CAMPIONE DI 900 LIBRERIE.SI ASSEGNANO I 100 PUNTI AL TITOLO PIÙ VENDUTO TRA LE NOVITÀ. TUTTI GLI ALTRI SONO CALCOLATI IN PROPORZIONE. LA RILEVAZIONE SI RIFERISCE AI GIORNI DAL 25 APRILE ALL’1 MAGGIO

Il nipotedel Negus

CAMILLERISELLERIO

287

3556

1. È una vita che ti aspetto 15VOLO 9,00 MONDADORI

2. Il giorno in più 13VOLO 12,00 MONDADORI

3. Il piccolo principe 13SAINT-EXUPÉRY 7,50 BOMPIANI

4. L’ombra del vento 12RUIZ ZÁFON 13,00 MONDADORI

5. Un posto nel mondo 10VOLO 12,00 MONDADORI

6. Gomorra 10SAVIANO 10,00 MONDADORI

7. Esco a fare due passi 10VOLO 9,00 MONDADORI

8. Ricordati di guarda la luna 10SPARKS 13,00 SPERLING & KUPFER

9. Mille splendidi soli 9HOSSEINI 7,90 PIEMME

10. La signorina Tecla Manzi 7VITALI 5,90 RL LIBRI

Quando leggiamo nuovi te-sti, Sandro sta con le orec-chie dritte. Se a un certo

punto (non sarà chic) urlo «fico, fi-co» è fatta: la storia mi ha conqui-stata, la passo immediatamente alui, dopodiché in genere finisce inlibreria...». Capita così a SandraOzzòla e Sandro Ferri, la coppia«di ferro» della e/o. Dopo oltre 30anni di lavoro comune i due conti-nuano a divertirsi «anche a fare lecose più difficili». Allegria con laquale, si spera, Sandra Ozzòlacontagerà il Lingotto, madrinadel Salone 2010 per il suo (loro)«coraggio e fedeltà alle ragionidella vera letteratura», portandodefinitivamente alla ribalta l’edi-toria cosiddetta «piccola».

«Questa scelta mi ha moltoemozionata» e «sarà perché sononata a Bra e cresciuta a Torino»sdrammatizza... Laureata a Ro-ma in russo e di lì, per lei e il mari-to, l’inizio, verso un Est ancorachiuso all’occidente, dell’avventu-ra grandiosa con Kundera, subitodirettore della «collana praghe-

se» della ditta, Hrabal, Seifert,Hein, la Wolf e tanti altri; poi allar-gata all’Africa di Achebe, la Cubadi Gutiérrez, l’America di Phyn-chon, sino al varo nel 2005 a N.Y.della Europa Editions.

Imperativo: «Restare piccoli mavendere molto...»: best e long sellerspuntualmente arrivati con L’ele-ganza del riccio (1 milione di co-

pie), Izzo, Schmitt, Carlotto, la Se-bold, Elena Ferrante «alle presecon un nuovo libro "molto lungo" co-me mi ha raccontato nel nostro ulti-mo incontro a colazione...»: dove?quando? come? Niente sulla scrittri-ce più misteriosa del pianeta; fluen-ti invece e spesso ameni, pur in at-mosfere drammatiche, i ricordi del-la «prima ora»: a Parigi le discus-sioni con Kundera; Hrabal che perufficio aveva le birrerie di Praga e«venne a un Salone del Libro en-trando in auto nel padiglione 2...»;il primo cerimonioso incontro nellacapitale ceca con il «muratore sur-realista» Pavel Reznicek (Il soffit-to) finito da ubriachi; il Rondò diBrandys arrivato a noi il giorno delcolpo di stato di Jaruzelski.

E adesso, dopo 800 titoli quasitutti «alti», la più imprevedibileconcessione al mercato: una collanadi thriller, Amsterdam. La rete uc-cide ad aprire le danze. «Preferiva-mo andare dove non andava nessu-no. Con il thriller andiamo dovevanno tutti». Provoca un po’, San-dra Ozzòla?

34

8Hanno tuttiragione

SORRENTINOFELTRINELLI

4

Donnaalla finestra

DUNNEGUANDA

Una vocetante voci

GALLIALACRÁN

2Nel mareci sonoi coccodrilliGEDABALDINI CASTOLDI DALAI

1. Il palazzo della mezzanotte 100RUIZ ZAFÓN 19,00 MONDADORI

2. Caino 35SARAMAGO 15,00 FELTRINELLI

3. Donna alla finestra 31DUNNE 16,50 GUANDA

4. Prima di morire addio 28VARGAS 16,50 EINAUDI

5. Due 24NÉMIROVSKY 18,50 ADELPHI

6. Tre secondi 15ROSLUND; HELLSTRÖM 21,00 EINAUDI

7. La principessa di ghiaccio 14LÄCKBERG 18,50 MARSILIO

8. L’ipnotista 14KEPLER 18,60 LONGANESI

9. L’eleganza del riccio 14BARBERY 18,00 E/O

10. Il paesedelle prugneverdi 11MÜLLER 16,00 KELLER

Il titolo di giornale è strepito-so: «Personaggi di romanzo aprocesso in Turchia». Non c'è,

però, molto da sorridere. Era giàsuccesso a Elif Shafak per la pro-tagonista armena del suo La ba-starda di Istanbul. Articolo 301del Codice Penale, insulto alla na-zione turca. Assolta. Per Siti, Sa-bri e Siyar l'accusa è invece di vio-lazione dell'articolo 7/2 del codiceantiterrorismo, ovvero di propa-ganda per il Pkk, il partito curdofuorilegge. La sentenza è attesaper giugno: lo scorso novembre ilpubblico ministero aveva chiestol'assoluzione, in marzo un altropm ha chiesto la condanna. Ri-schiano fino a sette anni e mezzodi prigione. Non Siti, Sabri e Si-yar, perché sono, appunto, perso-naggi di un romanzo: ma l'autoredel libro e il suo editore.

L'editore è Ragip Zarakolu,vecchio militante per i diritti uma-ni e la libertà d'espressione. A 62anni, ha un quarantennale pal-marès di processi, carcere, censu-ra, divieti di espatrio, confische.

Dagli Anni Settanta ad oggi è statoarrestato più volte, bruciata la sededella casa editrice, proibito il gior-nale Demokrat da lui fondato, proi-biti i suoi libri. Ora è di nuovo sottoprocesso, per il romanzo ÖlümdenZor Kararlar (Decisioni più duredella morte) di Mehmet Güler. Piùprecisamente, per un dialogo del ro-manzo, ambientato negli anni Set-

tanta, fra tre membri del Pkk e ilgiudice che li sta processando.

«Questa corte non ha il dirittodi giudicarmi. Io combatto per la li-bertà. Non riconosco questa corte».E anche «I miei sogni sono sotto pro-cesso, considerano un crimine i pen-sieri». Chi lo dice, nei rimbalzi fraromanzo e vita? L'editore ha dovu-to spiegare che in quanto militantecontro la censura non avrebbe maicensurato il libro: e che un romanzoè un romanzo, racconta di un'epocadella storia recente turca, e «ci sonoesempi simili nella storia della lette-ratura mondiale, ad esempio Perchi suona la campana».

Meno frizzanti di humour le di-chiarazioni dello scrittore, MehmetGüler, al giornale Hürriyet. Güler,curdo, nel 1990 è stato arrestato econdannato a 15 anni di prigioneperché amico di attivisti. Due libriscritti in carcere gli sono stati confi-scati. Quest'ultimo, ritirato dalcommercio, è alla sbarra. Con ver-gogna, dice che, per le persecuzionisubite, talvolta, scrivendo, si sor-prende ad autocensurarsi.

1. Cotto e mangiato 35PARODI 14,90 A. VALLARDI

2. Unavocetantevoci 24GALLI 17,00 ALACRÁN

3. E’ facile smettere di fumare... 11CARR 10,00 EWI

4. Dizionario bilingue italiano-cane 10MARCHESINI; CUVELIER 13,90 SONDA

5. The secret 10BYRNE 18,60 MACRO

6. Dizionariobilingueitaliano-gatto... 7CUVALIER 12,90 SONDA

7. Fate i bravi! (0-3 anni) 7RIZZI 17,00 RIZZOLI

8. Fate la nanna 5ESTIVILL; DE BÉJAR 8,00 MANDRAGORA

9. Testa di capo 5SUTTON 16,00 RIZZOLI

10. Il maestro e le maghe 4JODOROWSKY 18,00 FELTRINELLI

1. Il ladro di fulmini 11RIORDAN 17,00 MONDADORI

2. Diario di una schiappa. III 7KINNEY 12,00 IL CASTORO

3. Diario di una schiappa. I 5KINNEY 12,00 IL CASTORO

4. Il diario segreto di Patty 5— 16,50 SPERLING & KUPFER

5. Una sorpresa meravigliosa 5— 14,50 SPERLING & KUPFER

6. Diario di una schiappa. II 5KINNEY 12,00 IL CASTORO

7. Terzo viaggio nel regno... 5STILTON 23,50 PIEMME

8. Nel regno della fantasia 5STILTON 23,50 PIEMME

9. L’incontro.La primacomunione 4— 18,00 GIUNTI JUNIOR

10. Quinto viaggio nel regno... 4STILTON 23,50 PIEMME

I PRIMI DIECI INDAGINE NIELSEN BOOKSCAN

AI PUNTILUCIANO GENTA

Che scossauno Zafónda ragazzi

5

6Due

NÉMIROVSKYADELPHI

24

Caino

SARAMAGOFELTRINELLI

35

1. Nel mare ci sono i coccodrilli 56GEDA 16,00 BALDINI CASTOLDI DALAI

2. Il nipote del Negus 34CAMILLERI 13,00 SELLERIO

3. Hanno tutti ragione 29SORRENTINO 18,00 FELTRINELLI

4. Le perfezioni provvisorie 23CAROFIGLIO 14,00 SELLERIO

5. Il tempo che vorrei 22VOLO 18,00 MONDADORI

6. Mutandine di chiffon 19FRUTTERO 18,50 MONDADORI

7. Il peso della farfalla 17DE LUCA 7,50 FELTRINELLI

8. Bianca come il latte... 15D’AVENIA 19,00 MONDADORI

9. Meccanica celeste 15MAGGIANI 18,00 FELTRINELLI

10. Acciaio 13AVALLONE 18,00 RIZZOLI

Classifiche TuttolibriSABATO 8 MAGGIO 2010

LA STAMPAXXII

CHE LIBRO FA... IN TURCHIA

GIOVANNA ZUCCONI

In carcerechi romanza

i curdi

1. Laparolacontrolacamorra.Dvd 18SAVIANO 19,50 EINAUDI

2. Terroni 15APRILE 17,50 PIEMME

3. Ulisse era un fico 14DE CRESCENZO 16,00 MONDADORI

4. I cari estinti 12PANSA 22,00 RIZZOLI

5. Così in terra, come in cielo 11GALLO 17,00 MONDADORI

6. Ipazia. Vitaesogni... 11PETTA; COLAVITO 22,00 LA LEPRE

7. Templari. Dov’è il tesoro? 11GIACOBBO 17,50 MONDADORI

8. Don Vito 10CIANCIMINO; LA LICATA 18,00 FELTRINELLI

9. Levie della felicità 9BIANCHI 16,50 RIZZOLI

10. La vita autentica 9MANCUSO 13,50 CORTINA

Se ci può consolare, almeno nella borsa della classifi-ca si gioca al rialzo: il valore in copie vendute dei 100punti quasi raddoppia, risalendo verso quota 10 mi-

la. Tutto merito di Zafón, lo spagnolo bestseller con L’om-bra del vento. Dopo quell’exploit, la Mondadori ha ripresoi suoi precedenti romanzi per ragazzi e ora tocca al Palaz-zo della mezzanotte, scritto nel 1994. Qui, né Barcellona,né libri segreti, siamo a Calcutta, Anni Trenta del ‘900, do-ve 7 adolescenti orfani formano un club segreto e si ritrova-no a decrittare la storia d’amore di una seducente ragazza,la gemella di una loro di loro, una storia gravida di miste-ro: ed ecco che i lettori vengono riemmersi in quell’ombra,

marchio di fabbrica di Zafón, che tanto li ha appassionati.Un altro ragazzo è il protagonista di Nel mare ci sono icoccodrilli, seconda novità della settimana tra i primi 10:Enaiatollah Akbari, un afghano, anche lui orfano del pa-dre, catapultato in un’odissea che dal suo paese in guerral’ha portato in Italia dove ha trovato una nuova famiglia.Una storia vera che Fabio Geda ha trasformato con pietas,in un romanzo di dolore, speranza e riscatto. Terzo ingres-so è Donna alla finestra di Catherine Dunne, altra benia-mina del pubblico femminile. Seguita da Marco Galli, il Djdi Radio 105 che si racconta in forma di intervista, farcitadi sms dei fans e appendice fotografica, da bebé a star. E’

una classifica emblematica dell’editoria che si vedrà al Sa-lone del libro, cui dedichiamo questo nostro speciale: unafiera per tutti, in cui convivono, e a volte si mischiano, alto ebasso, tradizione del romanzo popolare e nuovi media. Inu-tile disquisire o alzare lamenti, meglio fare i conti con i datidi fatto. Magari riaprendo (o scoprendo), nel Salone intito-lato al tema della memoria, quel capolavoro della Yource-nar che è Le Memorie di Adriano. Dove l’imperatore, purconvinto che «l’incivilimento dei costumi, il progresso delleidee è opera d’una minoranza esigua di spiriti illuminati» e«la massa resta ignara», invita a «fondare bibliote-che...ammassare riserve contro un inverno dello spirito».

PROSSIMAMENTE

MIRELLA APPIOTTI

Ozzòlamadrina

di ferro

Prima dimorire addio

VARGASEINAUDI

Il palazzodellamezzanotteRUIZ ZAFÓNMONDADORI

100

10

31

9

Page 23: Tuttolibri n. 1713 (07-05-2010)

Pagina Fisica: INSERTI - NAZIONALE - 23 - 08/05/10 - Pag. Logica: INSERTI/PAGINE [TTL_23] - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 06/05/10 12.52

f

GAD LERNER

ScintilleFeltrinelli, pp. 221, € 15

«Mi ha affascinato, ancheperché il suo è un libro cheparla di tanti libri»

f

THOMAS MANN

I BuddenbrookGarzanti, pp. XXXIV-713, € 10

«E’ un libro che ricordosempre, anche forse per lesue proiezioni aziendali»

f

CESARE PAVESE

I capolavoriEinaudi, pp. XXIV-687, € 19

«Le sue colline misembravano inesistenti.Ora scopro che il suopaesaggio è reale»

I PREFERITI

Il signor Zanichelli e 150 anni di storia per fare al megliol’editoria scolastica: «I manuali sono come una biciclettache ogni tanto va cambiata, poi contano testa e gambe»

MARIOBAUDINO

La sua Zanichelli ha fe-steggiato un secolo e mezzo distoria con un anno d’anticiposul centocinquantenario del-l’Unità d’Italia. E oggi che, conoltre 100 milioni di fatturato su-pera il 15 per cento del mercatoitaliano della scolastica, il grup-po editoriale continua a gioca-re d’anticipo:proprio comequel giorno in cui venne fonda-to, nel 1859, dal libraio modene-se Nicola Zanichelli, è statasempre un passo avanti.

La sua Zanichelli ha pubbli-cato Carducci e Pascoli, ma an-che Darwin (già nel 1864) e Ein-stein (nel 1921). Ora è arrivatafra le prime a mettere testi elet-tronici in vendita su Amazonper il lettore Kindle. E Federi-co Enriques, che l’ha direttadal ’70 al 2006 (ora è presiden-te e amministratore delegato),sta per godersi il nuovo Salonedel Libro dalla tolda di una na-ve che dai bagni di folla ha mol-to da guadagnare, soprattuttose questa folla è in parte signifi-cativa composta da studenti einsegnanti. In piena bagarreper la riforma della scuola se-condaria.

Tante riforme, spesso an-nunciate, e tanti stress pergli editori. Lei una volta dis-se che il vostro segreto è sta-to di non crederci sempre ascatola chiusa.

«Questa volta, però, la riformapare ci sia davvero. E i nostrimanager ci hanno creduto mol-to, dico al fatto che fosse real-mente alle porte. Altra cosa ècredere che sia una grande ri-forma. Per quel che mi riguar-da il giudizio di qualità non èdel tutto negativo, né del tuttopositivo».

Il segreto è preparare intempo i libri che davveroserviranno?

«Certamente, ma non è facile.Anche nel caso della riformaMoratti ci era andata bene; era-vamo riusciti a mettere in can-tiere testi più agili dei prece-denti, e che quindi costavanomeno».

Che problemi vi ha posto ilridisegno della scuola se-condaria deciso dal mini-stro Gelmini?

«Ogni riforma pone problemi.In particolare quando i tempifra l’annuncio e la pubblicazio-ne dei regolamenti sono moltostretti. Si lavora su ipotesi, pen-sando a che cosa stanno facen-do gli insegnanti migliori piùche ai documenti ufficiali, chenon sono ancora scritti. Le spe-rimentazioni degli anni scorsici sono state utili per capire do-ve si andasse a parare. Ma, di-ciamolo pure, c’è una bomba aorologeria che esploderà nel gi-ro di due, tre anni. E’ rappre-sentata dall’obbligo per i docen-ti di mantenere lo stesso testoper sei anni. Peserà molto sulmercato».

Però alle famiglie non è af-fatto sgradito. Pone un ar-gine alle adozioni selvag-ge.

«Guardi che i cambiamenti dipura facciata, strumentali, so-no meno frequenti di quanto sipensi, anche se indubbiamenteci sono. Però attenzione: se pas-sa l’idea che i libri sono tuttiuguali, ciò significa che non sicrede più all’utilità della scuolacome luogo di formazione, co-me ascensore sociale; si finisceper considerarla al più un di-stributore di promozioni».

Meglio un buon insegnantecon un brutto libro o un ma-gnifico libro con un cattivoinsegnante?

«Diciamo che la scuola non ècome la Formula Uno, dove lamacchina conta almeno quan-to il pilota. Semmai è una garaciclistica, una Parigi-Roubaix».

Dove servono gambe, intelli-genza, spirito di sacrificio,cuore...

«E una buona bicicletta. Cheogni tanto va cambiata».

Ormai siamo alla biciclettaelettronica. Quanto credenell’e-book?

«Ci stiamo lavorando, natural-mente. Siamo stati fra i primi adarrivare su Kindle. Però una co-sa va detta: l’interessante non èsapere se ciò che chiamiamo li-bro si leggerà altrove, e non piùsulla carta, entro un certo nume-ro di anni; ma capire se e come ilcambiamento del mezzo impli-cherà un cambiamento di sostan-za. Il rapporto testo-immagineva ridiscusso. In un libro tradizio-nale è fatalmente statico, quan-do si va sui formati elettronici di-venta dinamico. Resta il fatto

che questo è un settore dove ètroppo facile dire sciocchezze; te-mo di non avere le conoscenzené le capacità profetiche per fareprevisioni».

Lei ha raccontato la Zanichel-li in un libro uscito l’annoscorso per il Mulino, «Castellidi carte». Tutto quello che èstato, da Carducci a ieri, èun’epoca finita?

«Ho scritto dal punto di vistadella fine di un’epoca. Ma que-sto dipende anche da fatti per-sonali, biografici. Per me fini-sce un’epoca. Per la Zanichellidirei proprio di no».

Che cosa l’ha colpita di que-sto lungo passato?

«Le piccole cose. Per esempiociò che i lettori, studenti o no,hanno saputo trarre dai nostri li-bri. Dopo la pubblicazione di Ca-

stelli di carte mi ha scritto un im-portante biologo torinese, rac-contandomi che da ragazzo ave-va letto il volume di biologia dellanostra collana “Zeta Panora-ma”, negli Anni 50, e ne era statotalmente colpito da decidere cheavrebbe fatto il biologo».

Quali sono, invece, i suoi li-bri? Lei ha cominciato diri-gendo «La Zanzara», il gior-nale studentesco del liceo Pa-rini, a Milano, quello delgrande scandalo provocatoda un articolo sulla contrac-cezione.

«Temo di essere un cattivo letto-re. Saltuario. Carsico. C’è un li-bro che ricordo sempre, ancheforse per le sue proiezioni azien-dali, e sono i Buddenbrook di Tho-mas Mann. Ultimamente, prepa-randomi a un viaggio in Israele,ho letto Scintille, l’autobiografiadi Gad Lerner, insieme a La forzadei numeri, un saggio di SergioDella Pergola sul Medio Oriente.Lerner soprattutto mi ha affasci-nato, anche perché il suo è un li-bro che parla di tanti libri».

E ha per sottotitolo «animevagabonde». Ogni lettore è

un’anima vagabonda?«Forse lo sono anch’io. Non di-mentichi che ho una formazionepiemontese, avendo trascorsol’adolescenza fra Ivrea e Torino,e frequentato il ginnasio alD’Azeglio. Non credo tuttavia diaver mai superato il Po, se nonper affacciarmi verso la GranMadre, sulla sponda destra. Inquesti ultimi anni ho cercato e

trovato il Sud del Piemonte, dalMonferrato alle Langhe, con lasua geografia strana, i suoi fiumiche non si sa dove vadano».

E i suoi scrittori un po’ miste-riosi.

«Pavese, per esempio. L’avevoletto a suo tempo, senza entusia-smo. Non l’avevo capito gran-ché. Le sue colline mi sembrava-no luoghi magici e inesistenti. So-lo ora ho scoperto che quel pae-

saggio è proprio là, reale».Da un editore scolastico, eper di più un po’ torinese, misarei aspettato, nel bene onel male, almeno De Amicis.

«E’ vero, sono più torinese chebolognese. Se devo pensare aqualche parola in dialetto, mi vie-ne a mente il termine piemonte-se, non certo quello emiliano o ro-magnolo. Ma in generale i libriche raccontano la scuola non mihanno mai particolarmente ap-passionato. Resta importante, ecome potrebbe essere diversa-mente, la Lettera a una professo-ressa di don Milani. Magari an-che le Cronache scolastiche diSciascia, anche se traspare lamancanza di un vero amore perla scuola. Mi divertono i gialli diMargherita Oggero. Però in que-sto campo è un po’ come accadeper i film, dove i francesi sonobravissimi: in genere, non ho tro-vato particolarmente significati-vo il modo in cui la nostra lettera-tura ha raccontato la scuola. For-se è un mio difetto».

Sta pensando a un film strepi-toso come «Les choristes» diChristophe Barratier?

«E non solo a quello. Potrei ac-costargli, di italiano, Caterinava in città di Paolo Virzì, anchese la scuola non è certo l’argo-mento decisivo».

La più bella sorpresa da unfilm o da un libro?

«Una sopra ogni altra, in La bellagioventù di Marco Tullio Giorda-na: nella scena dove Adriana Ca-rati, madre dei protagonisti, la-scia la scuola e dopo averlo an-nunciato ai ragazzi chiude un li-bro. Ho riconosciuto la coperti-na: è una nostra antologia per lascuola media, La Lettura, di ItaloCalvino e Giambattista Salinari.Un libro del 1969. Mi ha fatto unenorme piacere che qualcunodella produzione lo abbia ripe-scato dalla memoria».

Diario di lettura TuttolibriSABATO 8 MAGGIO 2010

LA STAMPA XXIII

“Nel castello di cartecon i Buddenbrook”

«Noi all’avanguardia:ieri Darwin e Einstein,oggi e domani l’e-book,siamo stati tra i primiad arrivare su Kindle»

«I libri ambientatitra i banchinon mi hanno maiattratto: certo,Don Milani è un a sé»

«Che emozione quandoin un film è apparsaLa Lettura, una nostraantologia, a firmadi Calvino e Salinari»

La vita. Dopo essere vissuto in Piemonte fino ai 15 anni si è trasferito a Milano. Ha frequentato l'Università diBologna, divenendo poi assistente volontario di Pietro Rescigno (Diritto Privato). Dal 1970 al 2006 ha diretto lacasa editrice Zanichelli: oggi è presidente e amministratore delegato, con ridotti incarichi operativi; l’incarico didirettore è affidato alla figlia Irene, mentre il fratello Lorenzo, anch’egli A. D., guida il settore lessicografico.

L’ opera. «Castelli di carte» (Il Mulino, 2008), la storia della azienda, uomini e libri, negli ultimi cinquant'anni.

Federico Enriques

L’ed

itore

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