Tuttolibri n. 1719 (19-06-2010)

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Abbiamo chiesto allo scrittore toscano Vincenzo Pardini, testimone del mondo animale, tra vita a letteratura (a lungo, nella sua Lucchesìa, ha ospitato un mulo, Moro, di cui narra la morte in Tra uomini e lupi, Pequod; di recente, da Fandango, ha pubblicato Banda randagia) una riflessione sull’asino: è il prezioso amico dell’uomo a cui rende omaggio a Verbania, sul lago Maggiore, dal 23 al 27 giugno LetterAltura(proseguirà in luglio fra Stresa, Cannobbio e Varzo). Sabato 26, sono in programma letture e passeggiate a dorso d’asino e verrà presentato il libro di Francesca Rigotti e Giuseppe Pulina (con tavole di Goya): Asini e filosofi (Interlinea, pp. 119, e 14). «Una storia asinina della coscienza europea», avverte nel prologo Paolo Cristofolini , dai greci al Rinascimento, da Montaigne e Spinoza a Nietzsche e Derrida. Un filo di pensiero in cui spicca anche Giordano Bruno di cui Excelsior 1881 ripropone ora La cabala e l’asino (pp. 116-XCI, e 14,50, a cura di Gianmario Ricchezza), un «trattato sull’ignoranza» in forma di satira. Ospite del festival, giovedì 24, Cesare Maestri, in dialogo con Alberto Papuzzi. Domenica 27, un «omaggio a Massimo Mila» nel centenario della nascita. Altri invitati Boris Pahor, Frank Westermann, autore di Ararat, la montagna dell’Arca di Noè (Iperborea), Mauro Corona, Erri De Luca, Angela Terzani, Duccio Demetrio, Goffredo Fofi, Stefano Benni, Altan, Gad Lerner, Enrico Franceschini e Mario Calabresi. Non possiamo non dirci Asini «LetterAltura» Protagonista del «festival di montagna e viaggi» l’animale che ha affascinato filosofi e scrittori, dalla Bibbia a Apuleio, ai racconti di Stevenson e Jiménez: un’antica alleanza con l’uomo, oltre ogni stereotipo VINCENZO PARDINI Noi e l'asino. Un'allean- zaantica.AportarloinItalia,pa- re siano stati i fenici. Asini addo- mesticati, adatti al lavoro, che i nostri progenitori dovettero ac- cogliere con esultanza. Gli alle- viava la fatica, specie quella di trasportare pesi sulle spalle. L'asino entrò, dunque, nella no- stra vita, nel nostro quotidiano, fino a conquistare un posto nella letteratura.Elaletteratura,quel- la vera, non nasce mai a caso; racconta la vita in tutte le sue manifestazioni. Unesempioèl'Asino d'oro di Apuleio. Una lunga storia, dove avviene di tutto. Lucio, il prota- gonista, neofita di magia, non riesce a portare a fondo un in- cantesimo. Si ritrova trasfor- mato in asino, ma con mente e intelligenza di uomo. Le avven- ture si susseguono incalzanti, tra imbroglioni, banditi, lascivi sacerdoti della dea siriana Atar- gatis, mugnai, legionari, belle e voluttuose matrone. Un vero «Asino d'oro», dunque. Grazie a Lucio-somaro abbiano, infat- ti, il ritratto di quell'epoca, con abitudini e costumi analoghi ai nostri. Nella Bibbia incontriamo l'asinadiBalaam.Ilquale,almat- tino presto la sella e parte. Ma l'asina non risponde ai suoi ordi- ni, devia dalla strada, entra nei campi. Lui la percuote. L'asina continua a disobbedire: è che ve- de l'angelo del Signore, con la spada sguainata. Balaam, però, non riesce a capire, né ha fiducia nella sua asina. La percuote per la terza volta. Allora lei parla, chiedendogli perché continui a colpirla.Balaam,senzascompor- si, risponde che si è beffata di lui, la ucciderebbe avesse la spada. Finché il Signore non gli fa vede- re l'angelo, che lo rimprovera d'aver maltrattato la somara, per ben tre volte. E per tre volte Pietro, la notte del Getsemani, negherà di conoscere Cristo, condannato alla crocifissione. Il quale, il giorno stesso, era entra- to in Gerusalemme, a cavalcioni diun'asina. L'asino è l'animale della pace, ilcavallodellaguerra.Mite,colla- bora con l'uomo che, non sem- pre, proprio perché uomo, ne ha apprezzato le doti. Robert Louis Stevenson nel 1878, per il suo viaggio nelle Cevenne, si avvalse di un asino, o meglio di un'asina di nome Modestine. Siamo in un villaggio di alta quota con boschi, torrenti, rupi e calanchi. Nebbia, calura e piogge avvolgono le ci- me. Stevenson vi arriva per farvi un viaggio alla scoperta di nuovi mondidaraccontare.«Eprovare più da vicino - dice - i bisogni e le difficoltà della vita». Ma muover- si in quei sentieri tracciati dagli animali selvatici non è facile. De- ve portare la tenda e gli attrezzi per accamparsi. Dopo qualche trattativa, acquista Modestine, un'asina poco più grande di una capra,«losguardobonario,mala mascella volitiva». Poi acquista la sella. I montanari sono scaltri e, forse, gli fa notare qualcuno, lo imbroglianosuiprezzi.Louisnon è tipo da formalizzarsi. Conosce gli uomini e tira a concludere: vuole cominciare il viaggio. Infi- ne parte. Modestine, stracarica, cammina piano, talvolta si ferma come baloccasse. Piove, cala la nebbia. Arriva la sera. Si accam- pano. Da quella notte, però, lui e l'asina cominciano a intendersi, diventano amici. Un pastore gli hadettochedevespronarla,pun- golandola con un vincastro. Ste- venson lo fa, ma con rimorso. Ha scoperto che si può comunicare con Modestine parlandole, acca- rezzandola.Conleicheoralopre- cede, ora lo segue sosta in mona- steri e boschi, scopre paesaggi chelasuapennafotografa.Allafi- ne del viaggio, con rammarico, dovrà venderla. L'immagine di Modestine,credononloabbiaab- bandonatomai. Altro asino indimenticabile, è il protagonista di Platero e io di A cura di: LUCIANO GENTA con BRUNO QUARANTA [email protected] www.lastampa.it/tuttolibri/ Genovaricorderàconun convegnoallavigiliadel 30giugnoilsuoluglio'60. Mezzosecolodopo,nei ricordi,lafontanadi PiazzaDeFerrari, glischeletridelle camionettedellaCelere incendiate,partigianie «camalli»,siintrecciano conlecarichedei carabinieriacavallo aPortaSanPaolo aRoma,conilpoliziotto cheinginocchiatoprende lamiraespara aReggioEmilia,con idimostrantiuccisi aLicata.Tuttoquestofu l'Italiacheinquell'estate di50annifasiribellò algovernoTambronie alritornodiun neofascismoincercadi rivinciteedivendette.Fu il«luglio'60»,unluogo dimemoriadell'Italia repubblicana, unacanzone(diFausto Amodei),etante,tante maglietteastrisce. Costavanopoco,comei jeans;aindossarleerano giovaniegiovanissimi. Negliannidelboom economico erano diventatiproduttori, entrandonelmondodel lavoro,eranodiventati consumatori, scoprendo ilmercato.AGenova diventaronocittadini scoprendola partecipazione politica, nelsegno dell'antifascismoe dell'insofferenzaverso l'Italiabigotta econtadinachesi lasciavanoallespalle. Oggiqueigiovanistanno peruscirediscena.E'il momentodeibilanci generazionali epersonali.Suiloro ricordièscesalacappadi unospiritodeltempoper cuiilluglio'60diventa quasi l'anticamera delterrorismo dellebrigaterosse tutto LIBRI DIARIO DI LETTURA Sorrentino ha paura Il regista del «Divo» da Nietzsche a Roth SERRI P. XI Unanostraelaborazionegraficadiun Capriccio diGoya, Finoasuononno. Il commento manoscritto dell’autore, conservatoalPradodiMadrid,recita:«Questopoveroanimaleèimpazzitoperl’alberogenealogicoel’araldica.Nonèilsolo». Continuaapag.IX TUTTOLIBRI LA STAMPA NUMERO 1719 ANNO XXXIV SABATO 19 GIUGNO 2010 GIOVANNI DE LUNA UN’ ITALIA SENZA PIÙ MAGLIETTE A STRISCE POST-SAVIANO Napoli come Las Vegas Due storie tra Ballard e i bassi PENT P. IV p Additatoa esempio dicaparbietà e ignoranza in realtà hauncarattere libero, è intelligente, altruista INCONTRI SUL LAGO MAGGIORE MARÍAS Il tuo volto ultimo atto Delitti, colpi bassi e la guerra civile BIANCHINI P. II SCALFARI Nel mondo con Montaigne Per l’alto mare del Moderno SPINELLI P. VI I

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Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - I - 19/06/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/01 - Autore: FRABEL - Ora di stampa: 18/06/10 20.14

Abbiamo chiesto allo scrittore toscano Vincenzo Pardini, testimone del mondo

animale, tra vita a letteratura (a lungo, nella sua Lucchesìa, ha ospitato un mulo,

Moro, di cui narra la morte in Tra uomini e lupi, Pequod; di recente, da Fandango,

ha pubblicato Banda randagia) una riflessione sull’asino: è il prezioso amico

dell’uomo a cui rende omaggio a Verbania, sul lago Maggiore, dal 23 al 27 giugno

LetterAltura(proseguirà in luglio fra Stresa, Cannobbio e Varzo).

Sabato 26, sono in programma letture e passeggiate a dorso d’asino e verrà

presentato il libro di Francesca Rigotti e Giuseppe Pulina (con tavole di Goya): Asini e

filosofi (Interlinea, pp. 119, € 14). «Una storia asinina della coscienza europea»,

avverte nel prologo Paolo Cristofolini , dai greci al Rinascimento, da Montaigne e

Spinoza a Nietzsche e Derrida. Un filo di pensiero in cui spicca anche Giordano Bruno

di cui Excelsior 1881 ripropone ora La cabala e l’asino (pp. 116-XCI, € 14,50, a cura

di Gianmario Ricchezza), un «trattato sull’ignoranza» in forma di satira.

Ospite del festival, giovedì 24, Cesare Maestri, in dialogo con Alberto Papuzzi.

Domenica 27, un «omaggio a Massimo Mila» nel centenario della nascita.

Altri invitati Boris Pahor, Frank Westermann, autore di Ararat, la montagna dell’Arca

di Noè (Iperborea), Mauro Corona, Erri De Luca, Angela Terzani, Duccio Demetrio,

Goffredo Fofi, Stefano Benni, Altan, Gad Lerner, Enrico Franceschini e Mario Calabresi.

Non possiamonon dirci Asini

«LetterAltura» Protagonista del «festival di montagna e viaggi» l’animaleche ha affascinato filosofi e scrittori, dalla Bibbia a Apuleio, ai raccontidi Stevenson e Jiménez: un’antica alleanza con l’uomo, oltre ogni stereotipo

VINCENZOPARDINI

Noi e l'asino. Un'allean-za antica. A portarlo in Italia, pa-re siano stati i fenici. Asini addo-mesticati, adatti al lavoro, che inostri progenitori dovettero ac-cogliere con esultanza. Gli alle-viava la fatica, specie quella ditrasportare pesi sulle spalle.L'asino entrò, dunque, nella no-stra vita, nel nostro quotidiano,fino a conquistare un posto nellaletteratura. E la letteratura, quel-la vera, non nasce mai a caso;racconta la vita in tutte le suemanifestazioni.

Un esempio è l'Asino d'oro diApuleio. Una lunga storia, doveavviene di tutto. Lucio, il prota-gonista, neofita di magia, nonriesce a portare a fondo un in-cantesimo. Si ritrova trasfor-mato in asino, ma con mente eintelligenza di uomo. Le avven-ture si susseguono incalzanti,tra imbroglioni, banditi, lascivisacerdoti della dea siriana Atar-gatis, mugnai, legionari, belle evoluttuose matrone. Un vero«Asino d'oro», dunque. Graziea Lucio-somaro abbiano, infat-

ti, il ritratto di quell'epoca, conabitudini e costumi analoghi ainostri.

Nella Bibbia incontriamol'asina di Balaam. Il quale, al mat-tino presto la sella e parte. Mal'asina non risponde ai suoi ordi-ni, devia dalla strada, entra neicampi. Lui la percuote. L'asinacontinua a disobbedire: è che ve-de l'angelo del Signore, con laspada sguainata. Balaam, però,non riesce a capire, né ha fiducianella sua asina. La percuote perla terza volta. Allora lei parla,chiedendogli perché continui acolpirla. Balaam, senza scompor-si, risponde che si è beffata di lui,la ucciderebbe avesse la spada.Finché il Signore non gli fa vede-re l'angelo, che lo rimproverad'aver maltrattato la somara,per ben tre volte. E per tre voltePietro, la notte del Getsemani,negherà di conoscere Cristo,condannato alla crocifissione. Ilquale, il giorno stesso, era entra-to in Gerusalemme, a cavalcionidi un'asina.

L'asino è l'animale della pace,il cavallo della guerra. Mite, colla-bora con l'uomo che, non sem-pre, proprio perché uomo, ne haapprezzato le doti. Robert LouisStevenson nel 1878, per il suoviaggio nelle Cevenne, si avvalsedi un asino, o meglio di un'asinadi nome Modestine. Siamo in unvillaggio di alta quota con boschi,torrenti, rupi e calanchi. Nebbia,calura e piogge avvolgono le ci-me. Stevenson vi arriva per farviun viaggio alla scoperta di nuovi

mondida raccontare. «E provarepiù da vicino - dice - i bisogni e ledifficoltà della vita». Ma muover-si in quei sentieri tracciati daglianimali selvatici non è facile. De-ve portare la tenda e gli attrezziper accamparsi. Dopo qualchetrattativa, acquista Modestine,un'asina poco più grande di unacapra,«lo sguardo bonario, ma lamascella volitiva». Poi acquistala sella. I montanari sono scaltrie, forse, gli fa notare qualcuno, loimbroglianosui prezzi. Louis nonè tipo da formalizzarsi. Conoscegli uomini e tira a concludere:vuole cominciare il viaggio. Infi-ne parte. Modestine, stracarica,cammina piano, talvolta si fermacome baloccasse. Piove, cala lanebbia. Arriva la sera. Si accam-

pano. Da quella notte, però, lui el'asina cominciano a intendersi,diventano amici. Un pastore gliha detto che deve spronarla, pun-golandola con un vincastro. Ste-venson lo fa, ma con rimorso. Hascoperto che si può comunicarecon Modestine parlandole, acca-rezzandola. Con lei che ora lo pre-cede, ora lo segue sosta in mona-steri e boschi, scopre paesaggiche la sua penna fotografa. Alla fi-ne del viaggio, con rammarico,dovrà venderla. L'immagine diModestine, credo non lo abbia ab-bandonato mai.

Altro asino indimenticabile, èil protagonista di Platero e io di

A cura di:LUCIANO GENTAcon BRUNO QUARANTA

[email protected]/tuttolibri/

Genova ricorderà con unconvegno alla vigilia del

30 giugno il suo luglio '60.Mezzo secolo dopo, nei

ricordi, la fontana diPiazza De Ferrari,

gli scheletri dellecamionette della Celereincendiate, partigiani e

«camalli», si intreccianocon le cariche dei

carabinieri a cavalloa Porta San Paolo

a Roma, con il poliziottoche inginocchiato prende

la mira e sparaa Reggio Emilia, coni dimostranti uccisi

a Licata. Tutto questo ful'Italia che in quell'estate

di 50 anni fa si ribellòal governo Tambroni e

al ritorno di unneofascismo in cerca di

rivincite e di vendette. Fuil «luglio '60», un luogo

di memoria dell'Italiarepubblicana,

una canzone (di FaustoAmodei), e tante, tante

magliette a strisce.Costavano poco, come i

jeans; a indossarle eranogiovani e giovanissimi.

Negli anni del boomeconomico erano

diventati produttori,entrando nel mondo dellavoro, erano diventati

consumatori, scoprendoil mercato. A Genovadiventarono cittadini

scoprendo lapartecipazione politica,

nel segnodell'antifascismo e

dell'insofferenza versol'Italia bigotta

e contadina che silasciavano alle spalle.

Oggi quei giovani stannoper uscire di scena. E' il

momento dei bilancigenerazionali

e personali. Sui lororicordi è scesa la cappa diuno spirito del tempo per

cui il luglio '60 diventaquasi l'anticamera

del terrorismodelle brigate rosse

tuttoLIBRI

DIARIO DI LETTURA

Sorrentinoha pauraIl regista del «Divo»da Nietzsche a RothSERRI P. XI

Una nostra elaborazione grafica di un Capriccio di Goya, Fino a suo nonno. Il commento manoscritto dell’autore,conservato al Prado di Madrid, recita: «Questo povero animale è impazzito per l’albero genealogico e l’araldica. Non è il solo».

Continua a pag. IX

TUTTOLIBRI

LASTAMPA

NUMERO 1719ANNO XXXIVSABATO 19 GIUGNO 2010

GIOVANNI DE LUNA

UN’ITALIASENZA PIÙ

MAGLIETTEA STRISCE

POST-SAVIANO

Napoli comeLas VegasDue storie traBallard e i bassiPENT P. IV

p

Additato a esempiodi caparbietàe ignoranza in realtàha un carattere libero,è intelligente, altruista

INCONTRI SUL LAGO MAGGIORE

MARÍAS

Il tuo voltoultimo attoDelitti, colpi bassie la guerra civileBIANCHINI P. II

SCALFARI

Nel mondocon MontaignePer l’alto maredel ModernoSPINELLI P. VI

I

Page 2: Tuttolibri n. 1719 (19-06-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - II - 19/06/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: FRABEL - Ora di stampa: 18/06/10 20.14

GLAUCOFELICI

Dove sono le gioie e leillusioni che il Brasile - lo stere-otipo Brasile tutto palme espiagge, e saudade e ragazzed'Ipanema - regalava anni e an-ni fa? Il «più amato popolarepoeta-cantautore-scrittorebrasiliano» Chico Buarque, quial quarto romanzo tradotto danoi (dopo Disturbo e Benjamin,da Mondadori, e Budapest daFeltrinelli), propone la storiadi un centenario giunto alla fi-ne, Eulálio d'Assumpção, cheripercorre con memoria impla-cabile sebbene spezzettata e in-congrua il proprio vissuto, ilmonte di delusioni e decaden-ze che hanno segnato la sua vi-ta, per giungere al non più pro-rogato finale, l'ultimo respirotra «certi individui dall'appa-renza ottusa che se la ridevanodel vecchio», e al gesto di com-

miato dell'infermiera che «co-prì con il lenzuolo il suo bel vi-so di un tempo». Quanta ama-rezza per i tanti latti versati,quanta disillusione in questastoria, che poi è quella del Bra-sile (no, non un romanzo stori-co, ma di sentimenti e psicolo-gia semmai), dall'Impero alla

nascita della Repubblica, vistacon gli occhi di Eulálio che pro-viene da une delle famiglie più in-fluenti, e decadute, del Paese.

In Passaporto per il mio corpo,il protagonista Carmélio è un exmassacratore professionista (iltitolo originale è appunto O tor-turador em romeria, Il torturato-re in pellegrinaggio) al serviziodel regime brasiliano dopo il gol-pe del 1964. L'autrice HeloneidaStudart - che è mancata nel2007, a 75 anni, e di cui Marcos yMarcos ha già pubblicato La li-bertà è un passero blu e Francobol-lo d'addio - lo raffigura in fugadai propri fantasmi - «Non pro-nunciai la parola rimorso. L'ave-vamo abolita. Esorcizzata» - epoi alla ricerca di un'espiazione,dopo aver assunto sulla propriapersona l'orrore del passato, suoe collettivo. Carmélio è una pro-iezione delle sofferenze reali su-bite dall'autrice nelle carceri del-la dittatura, e riporta alla memo-ria di tutti - il libro fu scritto unquarto di secolo fa - come il male

sia sempre in agguato, anche sela storia scorre e gli scenari mu-tano, e alla guida del Brasile nonci sono più generali sanguinarima un ex sindacalista, quel Lulache il Time ha indicato come «illeader più influente del mondo».

Altra signora delle letterebrasiliane (con Clarice Lis-pector, Lygia Fagundes Telles,Raquel de Queiroz), NélidaPiñon è nata nel 1937 e in italianodi suo sono già stati pubblicati Ilnuovo regno (Giunti) e Le voci deldeserto (Voland). E altra atmo-

sfera nel suo La dolce canzone diCaetana, che pure fu scritto ne-gli stessi anni del precedente,nella stessa temperie repressi-va: più irridente il tono della nar-razione, e più visionario, lieve,svagato il punto di vista. Basti di-re che il sottofondo è dato dallapartita Italia-Brasile del 1970,quando il Brasile vinse appuntola Coppa del mondo, e che la sto-ria è quella di un'intraprendenteattrice, Caetana Toledo, che vuo-le mettere in scena la Traviata inun piccolo centro, Trindade, a

spese di un suo spasimante divent'anni prima, Polidoro Alves.Ma anche qui tanti delusi, e poirassegnazione, e amarezza.

E in Portogallo? Il quaranten-ne Valter Hugo Mãe (portoghe-se nato in Angola) pone al centrodel suo romanzo la condizioneassai diffusa in Occidente di per-sone che cercano qui la soluzio-ne ai problemi del sopravvivere,siano esse immigrate o no. At-tualità allo stato puro, dunque.

E dietro lo spunto per così di-re sociologico, Mãe scava moltopiù a fondo, tanto che la prota-gonista - Maria da Graça, dome-stica asservita alle voglie del pa-drone, vecchio cólto ormai pros-

simo alla morte, «una donnache non fugge davanti a nulla,ma ha dovuto imparare che, avolte, il predatore è dentro dinoi» - ci mostra come la preca-rietà delle cose sia ormai anchequella dei sentimenti. Ma soltan-to contrastando tutto questo,dopo l'apocalisse potrà esservi -forse - la felicità.

Mãe ha eliminato le maiusco-le, e ridotto all'inverosimile l'in-terpunzione, per rendere quan-to mai incalzanti ritmo e lettura.Forse non tutti i lettori gradiran-no tale tecnica, ma secondo Sa-ramago «questo libro è uno tsu-nami, non nel senso distruttivo,quanto invece per la sua forza. Èuna rivoluzione». Una di quelledi cui abbiamo bisogno.

Marías Si conclude la trilogia «Il tuo voltodomani»: sullo sfondo la guerra civile spagnola

ELENALOEWENTHAL

Nel gennaio del 1945la guerra non è ancora finita,ma forse proprio per questo isuoi miasmi sono più tossiciche mai, carichi di quel sento-re che l'ultima agonia portacon sé per gli sconfitti - ansio-si di trascinare nella disfatta ilmaggior numero di vittime.Ma carichi soprattutto di unfolle accanimento che accomu-na tutta quell'umanità, fra vin-citori e vinti. Nel gennaio del1945 il regime sovietico decidela deportazione della minoran-za romeno-tedesca nei campidi lavoro forzato dell'Ucraina.I condannati partono ignari oquasi di quel che li attende.Andranno incontro a un lagerterribile, che per il diciasset-tenne Leopold Auberg dureràcinque anni, e un'intera vita.

Herta Müller, premio No-bel per la letteratura nel 2009,è nata nel Banato romeno, re-gione al confine fra Serbia, Ro-mania e Ungheria, nel conte-sto della minoranza tedescache viveva da quelle parti. Nel1987 è dovuta fuggire per averpubblicamente criticato la dit-tatura romena. Pur essendovenuta al mondo dopo la guer-ra, precisamente nel 1953, havissuto anche lei l'esperienzadrammatica dell'esilio e dell'estraniamento da sé, che hainevitabilmente creato una do-lorosa affinità con i «disereda-ti» della generazione prece-dente. L'altalena del respiroera dunque destinato a essereun libro a quattro mani, fruttodi un'esperienza congiunta:da una parte lei, Herta Müller,dall'altra il poeta Oskar Pa-stior, alter ego di colui che di-venterà il protagonista. Dopola morte di Pastior, nel 2006,la scrittrice ha proseguito dasola in questo cammino.

L'altalena del respiro è unromanzo duro, terribile. C'è

qui una tensione costante, cheil lettore sente fisicamente sot-to la pelle come un doloroso ti-ranervo, a tratti uno spasmo.Leopold viene prelevato da ca-sa, si porta con sé una valigia ri-cavata dalla scatola di un gram-mofono, è armato quasi di spe-ranze: se non altro di cambiarevita. Ha voglia di voltare pagi-na, come capita non di rado in-sieme alla sconsideratezza deidiciassette anni. Ma appenagiunto a destinazione, anzi an-cora durante il crudele viaggio,viene la fame. Quella, e quasisoltanto quella. E' la fame la ve-

ra protagonista del libro, doveil Lager è esposto con un'incisi-vità sconcertante, quasi senzanarrazione. Perché lì non c'èstoria se non quella della fame.E della sopravvivenza: «La ver-gogna e l'orrore non sono senti-menti che ci si possa permette-re. Si agisce con costante indif-ferenza, forse con sfiduciatasoddisfazione. Non c'è in que-sto nessuna gioia maligna. Cre-do che quanto minore sia il ti-more dei morti, tanto più si sialegati alla vita».

E' davvero un romanzo forte-mente ancorato a una realtàche detta le parole come un im-perativo categorico cui non èpossibile sottrarsi. Herta Mül-ler asseconda con grande preci-sione ed efficacia questa narra-tiva del Lager, che in fondo èl'unica possibile, di quel luogo.E lo fa con il virtuosismo appa-rentemente impossibile di un ionarrante in prima persona, an-che se non è lei: «Io invece balloe sono un forzato e porto pidoc-chi nella pufoaika e pezze per ipiedi puzzolenti nelle calosce digomma, e la sala da ballo là a ca-sa e il vuoto nello stomaco mifanno venire le vertigini».

Finito di leggere, arriva una

sofferta intuizione. Una speciedi certezza. Qui non c'era ilcampo di sterminio, c'era un'al-tra cosa, diversa: il Lager sovie-tico. C'era, sì, il caso limite dell'ebreo che qui viene deportatoin quanto tedesco… una sortadi estremo emblema della vitti-ma. Questo Lager non è Au-schwitz, certo. Eppure, leggen-do L'altalena del respiro si ha lanetta percezione che il male èdotato di una strabiliante, tre-menda proprietà commutativa:cambiano i fattori, ma la sottra-zione di umanità è purtropposempre eguale.

GIOVANNIBOGLIOLO

Il patrimonio distorie accumulato dall'uma-nità da quando essa, qualchedecina di migliaia di anni fa,ha presumibilmente comin-ciato a raccontarsele, è ster-minato e sfugge ai normaliprocessi di conoscenza: im-possibile censirlo, scoprirnela genesi, spiegarsene tuttele costanti e le varianti. Maquesto, per chi ama leggerlee, ancor più, sentirsele rac-contare, non fa che aumen-tarne la suggestione; soprat-tutto non impedisce di colle-zionarle, come ha fatto pertutta la vita in giro per ilmondo il celebre sceneggia-tore, drammaturgo e parolie-re Jean-Claude Carrière.

Da questo suo tesoro, chesi è concretato anche in unabiblioteca di tremila volumidi racconti popolari, anni faaveva tratto Le cercle desmenteurs, un'antologia cheGarzanti, attenuando il sen-so del titolo fin quasi a bana-lizzarlo, aveva tradotto Il cir-colo dei contastorie. Inveceproprio di veri bugiardi sitrattava, nascosti dal loroanonimato per così dire col-lettivo e legittimati da quellaverità più profonda che solola menzogna narrativa sem-bra in grado di rivelare.

Ora è la volta di un secon-do volume, ricco e vario quan-to il primo e costruito secon-do gli stessi criteri selettivi:esclusi, perché già inventaria-ti e noti o semplicemente per-ché più prevedibili, i miti, lefiabe, i racconti fantastici e lefavole con una esplicita e uni-voca morale per lasciare tut-to lo spazio a una vasta e in-determinata categoria di sto-rie che hanno in comune il po-tere di seminare «l'imprevi-sto, la curiosità, l'inquietudi-ne» e che l'autore - ma sareb-be più esatto dire il trascritto-re - definisce «filosofiche».

Appartengono alle cultu-re più disparate, indiana,ebraica, cinese, africana, conuna prevalenza della tradizio-ne sufi e del buddismo zen;molte sono imperniate attor-no alla figura di NasreddinHodja, l'impertinente prota-gonista dell'aneddotica isla-mica che in Sicilia ha preso ilnome di Giufà, ma non man-

cano quelle più moderne o lega-te alla recente attualità. Conqualche rara eccezione (tra cuiUmberto Eco ed Erri de Luca),non se ne conosce l'autore néun'approssimativa data di na-scita; spesso si ritrovano conminime varianti in civiltà e ter-re tra loro remotissime e sem-brano, anche quelle più etero-genee, fare riferimento a un co-mune sostrato di saggezza.

Alcune dicono solo se stes-se e si fanno ammirare perl'originalità, la stringatezza oper l'imprevedibilità dellachiusa; altre si aprono di col-po su un abisso di ambiguità,in fondo al quale le verità ulti-me sembrano raggiungibili,sempre sfuggenti ma, per unattimo, a portata di mano. Co-

me quella, che ha dato il titoloa un memorabile saggio diClaudio Magris, dell'ebreoche all'amico che si dispiaceperché andrà troppo lontanorisponde: Lontano da dove?; oquella, che raccontava ancheGaber, del padre ricco cheporta il figlio in cima a una col-lina e gli dice: «Guarda. Ungiorno tutto questo sarà tuo»e del padre povero che, sullastessa collina, al figlio si limitaa dire: «Guarda».

Troppo poco, certo, per fa-re le veci dei manuali di filoso-fia che Carrière aborrisce; ab-bastanza però per riproporre,sulla nobile scia di Erasmo,Poggio e Martin Buber e decli-nate nelle più imprevedibiliforme, «le domande che qual-che volta ci facciamo, insom-ma il nostro fragile eppur ne-cessario rapporto con il mon-do durante quel fulmineoaprirsi di una finestra fra duenulla che chiamiamo vita».

Carrière «Il segreto del mondo»:antologia di saggezza da ogni luogo

Giufà guidala carovanadelle storie

ANGELABIANCHINI

Con Veleno e ombra eaddio, terzo e ultimo volumede Il tuo volto domani, si con-clude l'affresco del grandescrittore spagnolo JavierMarías, che iniziò con Balloe sogno. Si tratta dunquedell'atto terzo di una grandeopera avviata molti anni fa eportata a termine oggi condeliberata lentezza.

Ad illuminare quest'ulti-ma caratteristica, compaio-no contemporaneamente al-tri due testi, sempre diMarías, apparentemente mi-nori, in realtà importantissi-mi: Voglio essere lento, unaconversazione con Elide Pit-tarello, e Sguardi, sempreautobiografico.

Leggere i due libri insie-me al romanzo, e in partico-lare, Voglio essere lento, è unpo' come avere vicino l'auto-re ed entrare nelle sue moti-vazioni. Chi l'ha conosciutoe lo ha sentito parlare, è benconscio non soltanto dellasua lunga amicizia con la Pit-tarello, docente all'Universi-tà di Venezia, ma del lungo eintenso rapporto con l'Italiache, seppure di sfuggita, oc-cupa, per la situazione politi-ca, molti dei pensieri e dellepreoccupazioni attuali diMarías.

La Storia, per Marías,non si colloca nell'ambito fa-miliare di un Proust né rive-ste la rappresentazione dicrisi sociale di un Musil, masembra esprimersi attraver-so gli oscuri e inevitabili in-

trecci di quel misterioso cen-tro di spionaggio inglese chegià conoscemmo nei prece-denti volumi.

Attraverso il corso deglianni e motivazioni personaliche si fondono con azioni diportata internazionale, tuttosi rivela e tutto si complica, fa-cendo di questo luogo unostrano misto di confessionalereligioso e studio psicanaliti-co. Non privato, tuttavia ben-sì pubblico le cui conseguenzevanno molto al di là di episodie di individui coinvolti nel se-greto, influenzando nella loroapparente cecità assurda la vi-ta di ognuno dei protagonisti.

Il clima narrativo scelto daMarías è, dunque, strettamen-te collegato alle preoccupazio-ni sul mondo di oggi e sullasua evoluzione. Ma si tratta diqualcosa di ancora diverso: in-fatti, questo intreccio di ses-so, affari e politica in cui la po-litica, come dice la Pittarello,«sconfina nell'illegalità fra lecrepe democratiche del mon-do occidentale» è, soprattut-to, una potente ultima rifles-sione sulla violenza «che per-mea le nostre vite in tempo dipace e benessere e futilità,quando gli orrori della guerracivile spagnola e della secon-da guerra mondiale sembra-no guardarci come il passatoda non ripetere».

Veleno, Ombra, Addio sonoi titoli delle tre parti di quest'ultimo volume in cui è ancoraprotagonista Jaime Deza,

chiamato anche Jacobo, Jack,Jacques, e, qualche volta, si-gnificativamente, Yago. Incerto senso rassomiglia aMarías perché spagnolo, ap-punto, ma buon conoscitoredell'Inghilterra. Ci viene det-to che possiede uno straordi-nario talento per interpretarei caratteri, leggere il volto del-le persone e prevederne i com-portamenti. In qualche modo,come lui stesso si definisce,uno scrittore-spia.

La vicenda si lega a un'azione al lettore già nota: laviolenza brutale con la qualeil superiore di Jaime, Ber-tram Tupra, aveva colpitocon una spada un diplomatico

spagnolo, colpevole di averflirtato con la moglie di «uncontatto prezioso del centrodi spionaggio».

Il veleno sarà inoculato inJaime attraverso una serie divideo di violenze e tradimentimostrata da Tupra e conside-rata necessaria non soltantoper il lavoro del centro di spio-naggio ma per la conservazio-ne dello Stato stesso.

«In essi ci sono fatti vergo-gnosi o imbarazzanti, anchedelitti che non sono mai stati

denunciati né perseguiti... èmolto più vantaggioso tener-li, conservarli, prevedendoneun'utilità futura, con alcuni sipotrebbe ottenere parecchioin cambio... Lo Stato ha biso-gno del tradimento, della ve-nalità, dell'inganno, del delit-to, delle illegalità, della cospi-razione, dei colpi bassi (glieroismi, invece, soltanto conil contagocce e di tanto in tan-to)», spiega Tupra.

Il veleno continuerà a tor-mentare il narratore anche

nella rievocazione del passa-to, e, in particolare, di quellaguerra civile spagnola di cuifurono protagonisti i due per-sonaggi principali e positivi diquesto volume: il padre stessodell'autore, Julián Marías, fi-losofo e storico, e Sir PeterRussell che compaiono in Om-bra per sfociare poi in Addio.

E' questa la parte piùdrammatica e, a parere dichi scrive, la più riuscita ditutto il libro: lo scrittore-spiadeve tornare alla dimensione

dell'amore, al ritrovare inSpagna la moglie e i figli as-senti, e tutto avviene in un fi-nale inatteso e aperto che co-agula ed esemplifica i terribi-li ammonimenti forniti dallavicenda intera.

Il volto, dunque, qui, non èpiù quello di domani, ma, tra-gicamente, quello di oggi eMarías, quasi suo malgrado,vorrei dire, emerge come ve-ro romanziere, creatore dipersonaggi e caratteri tragi-camente indimenticabili.

Non flirtare maicon lo spionaggio

Dal Portogallol’«Apocalisse» di Mãe:storia di unadomestica asservitaalle voglie del padrone

Per Leopoldil lager continuanel gulag

Altre vicende dal Paesesudamericano:il torturatore dellaStudart e la Traviatadi Nélida Piñon

«L’altalena del respiro»:il Nobel raccontal’esperienza terribiledella sua gente costrettadai sovietici in Ucraina

Un lenzuolosul vecchiobel Brasile

pp Adam Haslettp UNION ATLANTICp trad. di Carla Palmierip Einaudi, pp. 350, € 19

MASOLINOD’AMICO

Il breve antefatto sisvolge nel Golfo Persico enel luglio del 1988, quandoper un tragico errore l’uni-tà militare sulla quale il gio-vane Doug Fanning è ad-detto ai radar abbatte unairbus di linea iraniano conquasi trecento passeggeria bordo. Dissolvenza. Orasiamo ai nostri giorni, e ne-gli Usa. Doug è diventatouno squalo della finanza,uomo di fiducia di JeffreyHolland, patron della soli-da banca privata Union At-lantic. Troppo occupato afare e a far fare quattriniper potersi occupare di co-me spenderli, Doug incari-ca distrattamente architet-ti e arredatori di costruir-gli una casa lussuosissimatra i boschi, nei pressi diuna cittadina della NuovaInghilterra. Il terreno peròera stato donato alla citta-dina da una antica famigliadel posto col vincolo di de-stinarlo alla preservazionedel paesaggio, e vendendo-lo a un privato il Comuneha violato il patto. L’erededella famiglia donatrice,Charlotte Graves, zitella ec-centrica ed ex insegnantedi storia, intraprende cosìuna solitaria battaglia lega-le per ottenere la demolizio-ne della casa di Doug.

E’ il conflitto simbolicotra due Americhe, quella im-

perialista, cinica prepotenteaggressiva, e quella liberale,idealista democratica onesta,discesa dai padri fondatori;ed è un conflitto impari. Infat-ti benché in un primo momen-to Charlotte trovi imprevedi-bilmente un giudice che le dàragione, non ci sono dubbi sulvincitore, alla lunga, della lot-ta tra lei e chi può spenderecentinaia di migliaia di dollariin avvocati.

Nel frattempo però la vi-cenda si arricchisce di altripersonaggi e situazioni, tutti

appartenenti all’uno o all’al-tro dei due schieramenti.

Le operazioni spregiudica-te di una piccola banca satelli-te portano alla luce un pauro-so disavanzo nella Union At-lantic, che viene così a trovar-si sotto l’esame del presiden-te della Federal Reserve diNew York, un anziano genti-luomo molto intelligente e dialti principi, fratello, guardacaso, proprio della battaglie-ra Charlotte. La quale nelfrattempo si è messa a pro-teggere un ragazzetto sposta-

to figlio di vicini, traumatizza-to dal suicidio del padre, dan-dogli ripetizioni di storia allasua maniera. Questo ragaz-zetto entra per caso in contat-to con Doug, se ne innamora,fa sesso con lui, e per suo in-carico tradisce la propria be-nefattrice...

Con mano sicura e non sen-za ironia Adam Haslett, clas-se 1970, controlla l’evolversidi questo apologo su di una so-cietà che dopo essere diventa-ta troppo ricca e troppo po-tente, sembra aver perso la te-sta. Sia l’arido finanziereDoug sia la sua intransigentenemica Charlotte, infatti, nonhanno più contatti con la real-tà, cosa sottolineata dai ri-spettivi ambienti in cui si muo-vono: le feste assurdamentepacchiane del tycoon per cuiDoug lavora, l’isolamento checirconda i dialoghi di Charlot-te coi suoi cani. Sì, il vecchiosaggio funzionario chiamatoa raccogliere i cocci del mega-crack finanziario cerca di ri-portare un po’ di equilibrionel disordine generale. Ma èl’esponente di una razza desti-nata all’estinzione.

pp Javier Maríasp IL TUO VOLTO DOMANI

3. VELENO E OMBRA E ADDIOp trad. di Glauco Felicip Einaudi pp. 537, € 28p Javier Maríasp VOGLIO ESSERE LENTO

Conversazionecon Elide Pittarellop Passigli, pp. 139, € 14.50p Javier Maríasp SGUARDIp trad. di Valerio Tardonip pref. di Elide Pittarellop Mavida, pp. 129, € 14.50

pp Herta Müllerp L'ALTALENA DEL RESPIROp trad. di Margherita Carbonarop Feltrinelli, pp. 253, € 18

pp Jean-Claude Carrièrep IL SEGRETO DEL MONDOp trad. di Doriana Comerlatip Garzanti, p. 412, € 19,60

pp Chico Buarquep LATTE VERSATOp trad. di Roberto Francavillap Feltrinelli, pp 144, € 13p Heloneida Studartp PASSAPORTO

PER IL MIO CORPOp trad. di Daniele Petrucciolip Marcos y Marcos, pp 304, € 17p Nélida Piñonp LA DOLCE CANZONE

DI CAETANAp trad. di Virginiaclara Caporalip Voland, pp 432, € 16p Valter Hugo Mãep L'APOCALISSE DEI LAVORATORIp trad. di Antonietta Tessarop Cavallo di Ferro, pp 176, € 15

Chico Buarque & C. Memorie senzastereotipi, tra delusioni e decadenze

Haslett «Union Atlantic»: un amaro apologoche oppone l’America onesta e l’America cinica

Herta Müller, Nobel per la letteratura 2009

Müller Nel ’45 la deportazionedella minoranza tedesco-romena

In «Veleno e ombrae addio» ritornaJaime Deza-Yagotra delitti, colpibassi e cospirazioni

Adam Haslett

Scrittori stranieriIITuttolibri

SABATO 19 GIUGNO 2010LA STAMPA III

Due testi autobiograficiper parlare di Storiae violenza in tempodi pace, di politica chesconfina nell’illegalità

La zitella lotta controlo squalo della finanza

Javier Marías si racconta in «Voglio essere lento», dialogo con Elide Pittarello

Il carro di una scuola di samba al carnevale di Rio de Janeiro

Jean-ClaudeCarrière

(1931),drammaturgo

e sceneggiatoreprediletto da

Buñuel («Belladi giorno»,

«La vialattea»,

«Il fascinodiscreto della

borghesia»,ecc.) ha

lavorato anchecon Malle,

Godard,Marco Ferreri.

Ha scrittocon Eco

«Non speratedi liberarvi

dei libri»

Page 3: Tuttolibri n. 1719 (19-06-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - III - 19/06/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: FRABEL - Ora di stampa: 18/06/10 20.14

GLAUCOFELICI

Dove sono le gioie e leillusioni che il Brasile - lo stere-otipo Brasile tutto palme espiagge, e saudade e ragazzed'Ipanema - regalava anni e an-ni fa? Il «più amato popolarepoeta-cantautore-scrittorebrasiliano» Chico Buarque, quial quarto romanzo tradotto danoi (dopo Disturbo e Benjamin,da Mondadori, e Budapest daFeltrinelli), propone la storiadi un centenario giunto alla fi-ne, Eulálio d'Assumpção, cheripercorre con memoria impla-cabile sebbene spezzettata e in-congrua il proprio vissuto, ilmonte di delusioni e decaden-ze che hanno segnato la sua vi-ta, per giungere al non più pro-rogato finale, l'ultimo respirotra «certi individui dall'appa-renza ottusa che se la ridevanodel vecchio», e al gesto di com-

miato dell'infermiera che «co-prì con il lenzuolo il suo bel vi-so di un tempo». Quanta ama-rezza per i tanti latti versati,quanta disillusione in questastoria, che poi è quella del Bra-sile (no, non un romanzo stori-co, ma di sentimenti e psicolo-gia semmai), dall'Impero alla

nascita della Repubblica, vistacon gli occhi di Eulálio che pro-viene da une delle famiglie più in-fluenti, e decadute, del Paese.

In Passaporto per il mio corpo,il protagonista Carmélio è un exmassacratore professionista (iltitolo originale è appunto O tor-turador em romeria, Il torturato-re in pellegrinaggio) al serviziodel regime brasiliano dopo il gol-pe del 1964. L'autrice HeloneidaStudart - che è mancata nel2007, a 75 anni, e di cui Marcos yMarcos ha già pubblicato La li-bertà è un passero blu e Francobol-lo d'addio - lo raffigura in fugadai propri fantasmi - «Non pro-nunciai la parola rimorso. L'ave-vamo abolita. Esorcizzata» - epoi alla ricerca di un'espiazione,dopo aver assunto sulla propriapersona l'orrore del passato, suoe collettivo. Carmélio è una pro-iezione delle sofferenze reali su-bite dall'autrice nelle carceri del-la dittatura, e riporta alla memo-ria di tutti - il libro fu scritto unquarto di secolo fa - come il male

sia sempre in agguato, anche sela storia scorre e gli scenari mu-tano, e alla guida del Brasile nonci sono più generali sanguinarima un ex sindacalista, quel Lulache il Time ha indicato come «illeader più influente del mondo».

Altra signora delle letterebrasiliane (con Clarice Lis-pector, Lygia Fagundes Telles,Raquel de Queiroz), NélidaPiñon è nata nel 1937 e in italianodi suo sono già stati pubblicati Ilnuovo regno (Giunti) e Le voci deldeserto (Voland). E altra atmo-

sfera nel suo La dolce canzone diCaetana, che pure fu scritto ne-gli stessi anni del precedente,nella stessa temperie repressi-va: più irridente il tono della nar-razione, e più visionario, lieve,svagato il punto di vista. Basti di-re che il sottofondo è dato dallapartita Italia-Brasile del 1970,quando il Brasile vinse appuntola Coppa del mondo, e che la sto-ria è quella di un'intraprendenteattrice, Caetana Toledo, che vuo-le mettere in scena la Traviata inun piccolo centro, Trindade, a

spese di un suo spasimante divent'anni prima, Polidoro Alves.Ma anche qui tanti delusi, e poirassegnazione, e amarezza.

E in Portogallo? Il quaranten-ne Valter Hugo Mãe (portoghe-se nato in Angola) pone al centrodel suo romanzo la condizioneassai diffusa in Occidente di per-sone che cercano qui la soluzio-ne ai problemi del sopravvivere,siano esse immigrate o no. At-tualità allo stato puro, dunque.

E dietro lo spunto per così di-re sociologico, Mãe scava moltopiù a fondo, tanto che la prota-gonista - Maria da Graça, dome-stica asservita alle voglie del pa-drone, vecchio cólto ormai pros-

simo alla morte, «una donnache non fugge davanti a nulla,ma ha dovuto imparare che, avolte, il predatore è dentro dinoi» - ci mostra come la preca-rietà delle cose sia ormai anchequella dei sentimenti. Ma soltan-to contrastando tutto questo,dopo l'apocalisse potrà esservi -forse - la felicità.

Mãe ha eliminato le maiusco-le, e ridotto all'inverosimile l'in-terpunzione, per rendere quan-to mai incalzanti ritmo e lettura.Forse non tutti i lettori gradiran-no tale tecnica, ma secondo Sa-ramago «questo libro è uno tsu-nami, non nel senso distruttivo,quanto invece per la sua forza. Èuna rivoluzione». Una di quelledi cui abbiamo bisogno.

Marías Si conclude la trilogia «Il tuo voltodomani»: sullo sfondo la guerra civile spagnola

ELENALOEWENTHAL

Nel gennaio del 1945la guerra non è ancora finita,ma forse proprio per questo isuoi miasmi sono più tossiciche mai, carichi di quel sento-re che l'ultima agonia portacon sé per gli sconfitti - ansio-si di trascinare nella disfatta ilmaggior numero di vittime.Ma carichi soprattutto di unfolle accanimento che accomu-na tutta quell'umanità, fra vin-citori e vinti. Nel gennaio del1945 il regime sovietico decidela deportazione della minoran-za romeno-tedesca nei campidi lavoro forzato dell'Ucraina.I condannati partono ignari oquasi di quel che li attende.Andranno incontro a un lagerterribile, che per il diciasset-tenne Leopold Auberg dureràcinque anni, e un'intera vita.

Herta Müller, premio No-bel per la letteratura nel 2009,è nata nel Banato romeno, re-gione al confine fra Serbia, Ro-mania e Ungheria, nel conte-sto della minoranza tedescache viveva da quelle parti. Nel1987 è dovuta fuggire per averpubblicamente criticato la dit-tatura romena. Pur essendovenuta al mondo dopo la guer-ra, precisamente nel 1953, havissuto anche lei l'esperienzadrammatica dell'esilio e dell'estraniamento da sé, che hainevitabilmente creato una do-lorosa affinità con i «disereda-ti» della generazione prece-dente. L'altalena del respiroera dunque destinato a essereun libro a quattro mani, fruttodi un'esperienza congiunta:da una parte lei, Herta Müller,dall'altra il poeta Oskar Pa-stior, alter ego di colui che di-venterà il protagonista. Dopola morte di Pastior, nel 2006,la scrittrice ha proseguito dasola in questo cammino.

L'altalena del respiro è unromanzo duro, terribile. C'è

qui una tensione costante, cheil lettore sente fisicamente sot-to la pelle come un doloroso ti-ranervo, a tratti uno spasmo.Leopold viene prelevato da ca-sa, si porta con sé una valigia ri-cavata dalla scatola di un gram-mofono, è armato quasi di spe-ranze: se non altro di cambiarevita. Ha voglia di voltare pagi-na, come capita non di rado in-sieme alla sconsideratezza deidiciassette anni. Ma appenagiunto a destinazione, anzi an-cora durante il crudele viaggio,viene la fame. Quella, e quasisoltanto quella. E' la fame la ve-

ra protagonista del libro, doveil Lager è esposto con un'incisi-vità sconcertante, quasi senzanarrazione. Perché lì non c'èstoria se non quella della fame.E della sopravvivenza: «La ver-gogna e l'orrore non sono senti-menti che ci si possa permette-re. Si agisce con costante indif-ferenza, forse con sfiduciatasoddisfazione. Non c'è in que-sto nessuna gioia maligna. Cre-do che quanto minore sia il ti-more dei morti, tanto più si sialegati alla vita».

E' davvero un romanzo forte-mente ancorato a una realtàche detta le parole come un im-perativo categorico cui non èpossibile sottrarsi. Herta Mül-ler asseconda con grande preci-sione ed efficacia questa narra-tiva del Lager, che in fondo èl'unica possibile, di quel luogo.E lo fa con il virtuosismo appa-rentemente impossibile di un ionarrante in prima persona, an-che se non è lei: «Io invece balloe sono un forzato e porto pidoc-chi nella pufoaika e pezze per ipiedi puzzolenti nelle calosce digomma, e la sala da ballo là a ca-sa e il vuoto nello stomaco mifanno venire le vertigini».

Finito di leggere, arriva una

sofferta intuizione. Una speciedi certezza. Qui non c'era ilcampo di sterminio, c'era un'al-tra cosa, diversa: il Lager sovie-tico. C'era, sì, il caso limite dell'ebreo che qui viene deportatoin quanto tedesco… una sortadi estremo emblema della vitti-ma. Questo Lager non è Au-schwitz, certo. Eppure, leggen-do L'altalena del respiro si ha lanetta percezione che il male èdotato di una strabiliante, tre-menda proprietà commutativa:cambiano i fattori, ma la sottra-zione di umanità è purtropposempre eguale.

GIOVANNIBOGLIOLO

Il patrimonio distorie accumulato dall'uma-nità da quando essa, qualchedecina di migliaia di anni fa,ha presumibilmente comin-ciato a raccontarsele, è ster-minato e sfugge ai normaliprocessi di conoscenza: im-possibile censirlo, scoprirnela genesi, spiegarsene tuttele costanti e le varianti. Maquesto, per chi ama leggerlee, ancor più, sentirsele rac-contare, non fa che aumen-tarne la suggestione; soprat-tutto non impedisce di colle-zionarle, come ha fatto pertutta la vita in giro per ilmondo il celebre sceneggia-tore, drammaturgo e parolie-re Jean-Claude Carrière.

Da questo suo tesoro, chesi è concretato anche in unabiblioteca di tremila volumidi racconti popolari, anni faaveva tratto Le cercle desmenteurs, un'antologia cheGarzanti, attenuando il sen-so del titolo fin quasi a bana-lizzarlo, aveva tradotto Il cir-colo dei contastorie. Inveceproprio di veri bugiardi sitrattava, nascosti dal loroanonimato per così dire col-lettivo e legittimati da quellaverità più profonda che solola menzogna narrativa sem-bra in grado di rivelare.

Ora è la volta di un secon-do volume, ricco e vario quan-to il primo e costruito secon-do gli stessi criteri selettivi:esclusi, perché già inventaria-ti e noti o semplicemente per-ché più prevedibili, i miti, lefiabe, i racconti fantastici e lefavole con una esplicita e uni-voca morale per lasciare tut-to lo spazio a una vasta e in-determinata categoria di sto-rie che hanno in comune il po-tere di seminare «l'imprevi-sto, la curiosità, l'inquietudi-ne» e che l'autore - ma sareb-be più esatto dire il trascritto-re - definisce «filosofiche».

Appartengono alle cultu-re più disparate, indiana,ebraica, cinese, africana, conuna prevalenza della tradizio-ne sufi e del buddismo zen;molte sono imperniate attor-no alla figura di NasreddinHodja, l'impertinente prota-gonista dell'aneddotica isla-mica che in Sicilia ha preso ilnome di Giufà, ma non man-

cano quelle più moderne o lega-te alla recente attualità. Conqualche rara eccezione (tra cuiUmberto Eco ed Erri de Luca),non se ne conosce l'autore néun'approssimativa data di na-scita; spesso si ritrovano conminime varianti in civiltà e ter-re tra loro remotissime e sem-brano, anche quelle più etero-genee, fare riferimento a un co-mune sostrato di saggezza.

Alcune dicono solo se stes-se e si fanno ammirare perl'originalità, la stringatezza oper l'imprevedibilità dellachiusa; altre si aprono di col-po su un abisso di ambiguità,in fondo al quale le verità ulti-me sembrano raggiungibili,sempre sfuggenti ma, per unattimo, a portata di mano. Co-

me quella, che ha dato il titoloa un memorabile saggio diClaudio Magris, dell'ebreoche all'amico che si dispiaceperché andrà troppo lontanorisponde: Lontano da dove?; oquella, che raccontava ancheGaber, del padre ricco cheporta il figlio in cima a una col-lina e gli dice: «Guarda. Ungiorno tutto questo sarà tuo»e del padre povero che, sullastessa collina, al figlio si limitaa dire: «Guarda».

Troppo poco, certo, per fa-re le veci dei manuali di filoso-fia che Carrière aborrisce; ab-bastanza però per riproporre,sulla nobile scia di Erasmo,Poggio e Martin Buber e decli-nate nelle più imprevedibiliforme, «le domande che qual-che volta ci facciamo, insom-ma il nostro fragile eppur ne-cessario rapporto con il mon-do durante quel fulmineoaprirsi di una finestra fra duenulla che chiamiamo vita».

Carrière «Il segreto del mondo»:antologia di saggezza da ogni luogo

Giufà guidala carovanadelle storie

ANGELABIANCHINI

Con Veleno e ombra eaddio, terzo e ultimo volumede Il tuo volto domani, si con-clude l'affresco del grandescrittore spagnolo JavierMarías, che iniziò con Balloe sogno. Si tratta dunquedell'atto terzo di una grandeopera avviata molti anni fa eportata a termine oggi condeliberata lentezza.

Ad illuminare quest'ulti-ma caratteristica, compaio-no contemporaneamente al-tri due testi, sempre diMarías, apparentemente mi-nori, in realtà importantissi-mi: Voglio essere lento, unaconversazione con Elide Pit-tarello, e Sguardi, sempreautobiografico.

Leggere i due libri insie-me al romanzo, e in partico-lare, Voglio essere lento, è unpo' come avere vicino l'auto-re ed entrare nelle sue moti-vazioni. Chi l'ha conosciutoe lo ha sentito parlare, è benconscio non soltanto dellasua lunga amicizia con la Pit-tarello, docente all'Universi-tà di Venezia, ma del lungo eintenso rapporto con l'Italiache, seppure di sfuggita, oc-cupa, per la situazione politi-ca, molti dei pensieri e dellepreoccupazioni attuali diMarías.

La Storia, per Marías,non si colloca nell'ambito fa-miliare di un Proust né rive-ste la rappresentazione dicrisi sociale di un Musil, masembra esprimersi attraver-so gli oscuri e inevitabili in-

trecci di quel misterioso cen-tro di spionaggio inglese chegià conoscemmo nei prece-denti volumi.

Attraverso il corso deglianni e motivazioni personaliche si fondono con azioni diportata internazionale, tuttosi rivela e tutto si complica, fa-cendo di questo luogo unostrano misto di confessionalereligioso e studio psicanaliti-co. Non privato, tuttavia ben-sì pubblico le cui conseguenzevanno molto al di là di episodie di individui coinvolti nel se-greto, influenzando nella loroapparente cecità assurda la vi-ta di ognuno dei protagonisti.

Il clima narrativo scelto daMarías è, dunque, strettamen-te collegato alle preoccupazio-ni sul mondo di oggi e sullasua evoluzione. Ma si tratta diqualcosa di ancora diverso: in-fatti, questo intreccio di ses-so, affari e politica in cui la po-litica, come dice la Pittarello,«sconfina nell'illegalità fra lecrepe democratiche del mon-do occidentale» è, soprattut-to, una potente ultima rifles-sione sulla violenza «che per-mea le nostre vite in tempo dipace e benessere e futilità,quando gli orrori della guerracivile spagnola e della secon-da guerra mondiale sembra-no guardarci come il passatoda non ripetere».

Veleno, Ombra, Addio sonoi titoli delle tre parti di quest'ultimo volume in cui è ancoraprotagonista Jaime Deza,

chiamato anche Jacobo, Jack,Jacques, e, qualche volta, si-gnificativamente, Yago. Incerto senso rassomiglia aMarías perché spagnolo, ap-punto, ma buon conoscitoredell'Inghilterra. Ci viene det-to che possiede uno straordi-nario talento per interpretarei caratteri, leggere il volto del-le persone e prevederne i com-portamenti. In qualche modo,come lui stesso si definisce,uno scrittore-spia.

La vicenda si lega a un'azione al lettore già nota: laviolenza brutale con la qualeil superiore di Jaime, Ber-tram Tupra, aveva colpitocon una spada un diplomatico

spagnolo, colpevole di averflirtato con la moglie di «uncontatto prezioso del centrodi spionaggio».

Il veleno sarà inoculato inJaime attraverso una serie divideo di violenze e tradimentimostrata da Tupra e conside-rata necessaria non soltantoper il lavoro del centro di spio-naggio ma per la conservazio-ne dello Stato stesso.

«In essi ci sono fatti vergo-gnosi o imbarazzanti, anchedelitti che non sono mai stati

denunciati né perseguiti... èmolto più vantaggioso tener-li, conservarli, prevedendoneun'utilità futura, con alcuni sipotrebbe ottenere parecchioin cambio... Lo Stato ha biso-gno del tradimento, della ve-nalità, dell'inganno, del delit-to, delle illegalità, della cospi-razione, dei colpi bassi (glieroismi, invece, soltanto conil contagocce e di tanto in tan-to)», spiega Tupra.

Il veleno continuerà a tor-mentare il narratore anche

nella rievocazione del passa-to, e, in particolare, di quellaguerra civile spagnola di cuifurono protagonisti i due per-sonaggi principali e positivi diquesto volume: il padre stessodell'autore, Julián Marías, fi-losofo e storico, e Sir PeterRussell che compaiono in Om-bra per sfociare poi in Addio.

E' questa la parte piùdrammatica e, a parere dichi scrive, la più riuscita ditutto il libro: lo scrittore-spiadeve tornare alla dimensione

dell'amore, al ritrovare inSpagna la moglie e i figli as-senti, e tutto avviene in un fi-nale inatteso e aperto che co-agula ed esemplifica i terribi-li ammonimenti forniti dallavicenda intera.

Il volto, dunque, qui, non èpiù quello di domani, ma, tra-gicamente, quello di oggi eMarías, quasi suo malgrado,vorrei dire, emerge come ve-ro romanziere, creatore dipersonaggi e caratteri tragi-camente indimenticabili.

Non flirtare maicon lo spionaggio

Dal Portogallol’«Apocalisse» di Mãe:storia di unadomestica asservitaalle voglie del padrone

Per Leopoldil lager continuanel gulag

Altre vicende dal Paesesudamericano:il torturatore dellaStudart e la Traviatadi Nélida Piñon

«L’altalena del respiro»:il Nobel raccontal’esperienza terribiledella sua gente costrettadai sovietici in Ucraina

Un lenzuolosul vecchiobel Brasile

pp Adam Haslettp UNION ATLANTICp trad. di Carla Palmierip Einaudi, pp. 350, € 19

MASOLINOD’AMICO

Il breve antefatto sisvolge nel Golfo Persico enel luglio del 1988, quandoper un tragico errore l’uni-tà militare sulla quale il gio-vane Doug Fanning è ad-detto ai radar abbatte unairbus di linea iraniano conquasi trecento passeggeria bordo. Dissolvenza. Orasiamo ai nostri giorni, e ne-gli Usa. Doug è diventatouno squalo della finanza,uomo di fiducia di JeffreyHolland, patron della soli-da banca privata Union At-lantic. Troppo occupato afare e a far fare quattriniper potersi occupare di co-me spenderli, Doug incari-ca distrattamente architet-ti e arredatori di costruir-gli una casa lussuosissimatra i boschi, nei pressi diuna cittadina della NuovaInghilterra. Il terreno peròera stato donato alla citta-dina da una antica famigliadel posto col vincolo di de-stinarlo alla preservazionedel paesaggio, e vendendo-lo a un privato il Comuneha violato il patto. L’erededella famiglia donatrice,Charlotte Graves, zitella ec-centrica ed ex insegnantedi storia, intraprende cosìuna solitaria battaglia lega-le per ottenere la demolizio-ne della casa di Doug.

E’ il conflitto simbolicotra due Americhe, quella im-

perialista, cinica prepotenteaggressiva, e quella liberale,idealista democratica onesta,discesa dai padri fondatori;ed è un conflitto impari. Infat-ti benché in un primo momen-to Charlotte trovi imprevedi-bilmente un giudice che le dàragione, non ci sono dubbi sulvincitore, alla lunga, della lot-ta tra lei e chi può spenderecentinaia di migliaia di dollariin avvocati.

Nel frattempo però la vi-cenda si arricchisce di altripersonaggi e situazioni, tutti

appartenenti all’uno o all’al-tro dei due schieramenti.

Le operazioni spregiudica-te di una piccola banca satelli-te portano alla luce un pauro-so disavanzo nella Union At-lantic, che viene così a trovar-si sotto l’esame del presiden-te della Federal Reserve diNew York, un anziano genti-luomo molto intelligente e dialti principi, fratello, guardacaso, proprio della battaglie-ra Charlotte. La quale nelfrattempo si è messa a pro-teggere un ragazzetto sposta-

to figlio di vicini, traumatizza-to dal suicidio del padre, dan-dogli ripetizioni di storia allasua maniera. Questo ragaz-zetto entra per caso in contat-to con Doug, se ne innamora,fa sesso con lui, e per suo in-carico tradisce la propria be-nefattrice...

Con mano sicura e non sen-za ironia Adam Haslett, clas-se 1970, controlla l’evolversidi questo apologo su di una so-cietà che dopo essere diventa-ta troppo ricca e troppo po-tente, sembra aver perso la te-sta. Sia l’arido finanziereDoug sia la sua intransigentenemica Charlotte, infatti, nonhanno più contatti con la real-tà, cosa sottolineata dai ri-spettivi ambienti in cui si muo-vono: le feste assurdamentepacchiane del tycoon per cuiDoug lavora, l’isolamento checirconda i dialoghi di Charlot-te coi suoi cani. Sì, il vecchiosaggio funzionario chiamatoa raccogliere i cocci del mega-crack finanziario cerca di ri-portare un po’ di equilibrionel disordine generale. Ma èl’esponente di una razza desti-nata all’estinzione.

pp Javier Maríasp IL TUO VOLTO DOMANI

3. VELENO E OMBRA E ADDIOp trad. di Glauco Felicip Einaudi pp. 537, € 28p Javier Maríasp VOGLIO ESSERE LENTO

Conversazionecon Elide Pittarellop Passigli, pp. 139, € 14.50p Javier Maríasp SGUARDIp trad. di Valerio Tardonip pref. di Elide Pittarellop Mavida, pp. 129, € 14.50

pp Herta Müllerp L'ALTALENA DEL RESPIROp trad. di Margherita Carbonarop Feltrinelli, pp. 253, € 18

pp Jean-Claude Carrièrep IL SEGRETO DEL MONDOp trad. di Doriana Comerlatip Garzanti, p. 412, € 19,60

pp Chico Buarquep LATTE VERSATOp trad. di Roberto Francavillap Feltrinelli, pp 144, € 13p Heloneida Studartp PASSAPORTO

PER IL MIO CORPOp trad. di Daniele Petrucciolip Marcos y Marcos, pp 304, € 17p Nélida Piñonp LA DOLCE CANZONE

DI CAETANAp trad. di Virginiaclara Caporalip Voland, pp 432, € 16p Valter Hugo Mãep L'APOCALISSE DEI LAVORATORIp trad. di Antonietta Tessarop Cavallo di Ferro, pp 176, € 15

Chico Buarque & C. Memorie senzastereotipi, tra delusioni e decadenze

Haslett «Union Atlantic»: un amaro apologoche oppone l’America onesta e l’America cinica

Herta Müller, Nobel per la letteratura 2009

Müller Nel ’45 la deportazionedella minoranza tedesco-romena

In «Veleno e ombrae addio» ritornaJaime Deza-Yagotra delitti, colpibassi e cospirazioni

Adam Haslett

Scrittori stranieriIITuttolibri

SABATO 19 GIUGNO 2010LA STAMPA III

Due testi autobiograficiper parlare di Storiae violenza in tempodi pace, di politica chesconfina nell’illegalità

La zitella lotta controlo squalo della finanza

Javier Marías si racconta in «Voglio essere lento», dialogo con Elide Pittarello

Il carro di una scuola di samba al carnevale di Rio de Janeiro

Jean-ClaudeCarrière

(1931),drammaturgo

e sceneggiatoreprediletto da

Buñuel («Belladi giorno»,

«La vialattea»,

«Il fascinodiscreto della

borghesia»,ecc.) ha

lavorato anchecon Malle,

Godard,Marco Ferreri.

Ha scrittocon Eco

«Non speratedi liberarvi

dei libri»

Page 4: Tuttolibri n. 1719 (19-06-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IV - 19/06/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: FRABEL - Ora di stampa: 18/06/10 20.14

RENATOBARILLI

I lettori che di Vale-ria Parrella hanno amato Lospazio bianco, il romanzo del2008 in cui la scrittrice pone-va in primo piano il fatto alta-mente drammatico e ingom-brante di una creaturina na-ta prematura e ora affidata auna incubatrice, in bilico trala vita e la morte, potrebbe-ro rimanere delusi, davantialla prova appena uscita, Maquale amore, che invece sicompiace vistosamente diun suo «essere fatta di nien-te». Ma bisognerà riconosce-re che questa pare essere lavena prevalente della Parrel-la, a giudicare dalla sua ope-ra prima, Mosca più balena,riproposta appena l'annoscorso da Minimum fax.

Col che la Nostra è inbuona compagnia, c'è un fol-to drappello di suoi colleghie colleghe che oggi vanno azonzo per i meandri della re-altà scattando foto a più o

meno alta fedeltà, del resto inciò imitando tanti loro «ipo-criti lettori» che fanno lo stes-so, si aggirano agli incrocidell'attualità armati di telefo-nini o di altri strumenti dipronta presa, da mettere inmemoria, o da diffonderepresso amici e parenti.

E' come dire che oggi si stasvolgendo, per usare l'espres-sione di un padre nobile comeItalo Svevo, una sorta di meto-dica letteraturizzazione dellavita, il che giustifica una ma-

nia da cui mi sento afferratosempre più, di andare a evoca-re in proposito i pur apparen-temente lontanissimi «Getto-ni» di Vittorini.

Perfino il motivo d'ingres-so nella storia si ispira a un si-mile criterio di high fidelity,una volta il narratore dava acredere di aver trovato inqualche archivio una storiapolverosa e di aver deciso di ri-scriverla, oggi si procede acarte scoperte, è l'editore a vo-lere sui due piedi una narra-

zione, quasi nel segno di unfast writing.

E dunque la protagonista simette all'opera, mescolandoun motivo turistico, una bellascorribanda per le vie di Bue-nos Aires, con visite ravvicina-te ai celebri quartieri della ca-pitale argentina, Palermo, Re-coleta, Boca, ma nello stessotempo non trascurando di por-tarsi dietro qualche traccia di

una storia elementare, il «qua-le amore» del titolo, incentra-to su un tale Michele, e anchein questo c'è una strenua ade-renza al criterio del casual og-gi imperversante, è una rela-zione che va e che viene, fattadi progressi e regressi, contat-ti brucianti e sparizioni, pron-ta a fare corpo con i colori e sa-pori forniti dalla capitale ar-gentina. Cibo e sesso si mesco-

lano, si integrano. Ne viene unquadro di sicura autenticità edi voluta provvisorietà.

In mezzo alle inevitabili me-te turistico-culturali che si col-gono per le vie di Buenos Ai-res non può mancare di levar-si anche l'ombra di Borges,cui la protagonista, e forse die-tro di lei l'autrice, dichiaranoun amore quasi più forte diquello carnale provato per Mi-chele. Ma questa, al momento,è una pista falsa, non si vedeproprio che ruolo possa avereun maestro di citazionismo, diriscrittura, di pastiche, se agi-tato in una prova che, al mo-mento, si qualifica al contra-rio per un proposito di estre-ma aderenza alla realtà più ac-cidentale e cangiante.

Se si fa uno spareggio trale ombre del Calvino postmo-derno, erede di Borges, e il ple-beo Rea, fondatore di una li-nea neorealista, allo stato at-tuale è quest'ultimo ad appari-re il più gettonato, a comincia-re dalla stessa Parrella.

GIANNIBONINA

Passato attraversouna decina di stesure e un lavo-ro di lima cominciato negli An-ni Cinquanta, poi abbandonatoe finalmente portato a compi-mento, La doppia seduzione diFrancesco Orlando è un roman-zo proustiano nella ricerca for-male, nel flusso coscienzialeche priva il testo di ogni dialogo(i pochi personaggi non parla-no mai, l'autore avendo avoca-to a sé il controllo totale del rac-conto) e nei temi: l'amicizia, lanobiltà, la bellezza, l'omoses-sualità, la letteratura. Ma è an-che un romanzo che porta il se-gno di un retaggio decadenti-sta, incrociando soprattuttoThomas Mann. Ciò spiega per-ché fosse piaciuto a Tomasi diLampedusa che ne lesse la pri-ma stesura, allo stesso modo incui Orlando fu il primo a legge-re Il Gattopardo manoscritto ea ricopiarlo: già degnato di esse-re il suo unico allievo privato edestinato a diventare ordinario

di letteratura francese e raffina-to teorico della letteratura.

È il motivo della malattia aispirare il romanzo, dentro un'aria di svenevole derelizione che,depurata da derive dannunziane,manda un retrogusto démodé, ri-schiera telefoni bianchi, esumaestenuati giovani glabri su opale-scenti fondali veneziani: una ma-lattia che è però interiore anzi-ché fisica, non più individuale, ditipo pirandelliano, ma collettiva,brancatiana, sintomo di un'epo-ca che, nel momento in cui esce

dal fascismo, si trova in stato con-fusionale.

In una Palermo postbellica ri-chiamata per scorci riconoscibi-lissimi, Ferdinando e Mario si co-noscono da scolari e cresconoaspirando a legami affettivi diver-si: il primo con un coetaneo dalcorpo scultoreo, Giuliano, il se-condo con una inquieta ragazzadell'aristocrazia, Dolly; ma non siperdono mai di vista per poi ritro-varsi e scontrarsi in un duello psi-cologico esiziale. Sono figure sra-dicate, sull'orlo del cedimento, al-

la ricerca del pieno della vita, madisorientate: nati e cresciuti nelfascismo, sono ora privi di identi-tà e soprattutto di personalità.Sono senz'altro i nipotini di DesEsseintes. Soprattutto Ferdinan-do, che è chiaramente trasposi-zione a distanza dell'autore: sof-fre dello stesso mal di vivere dell'antieroe di Huysmans; ma la suaè una nevrosi che lo porta allatomba anziché restituirlo alla so-

cietà alla quale si è sottratto. Ilsuo suicidio interpreta uno spiri-to inetto che si rivela soprattuttoincapace di dare veste narrativaal proprio insuccesso e trovareun modello, letterario o operisti-co che sia, cui conformare la pro-pria storia, ciò che forse gli salve-rebbe la vita.

Gli altri comprimari sono or-dinati secondo ruoli sociali: Ma-rio è il piccolo borghese che vuole

superare le strettoie della suaclasse e che, preda dei fantasmiche lo demonizzano, è deciso a li-berarsi del passato a costo di ren-dersi strumento della morte al-trui; la sua ragazza, Dolly, è figliadi una casta nobiliare che avvici-na la borghesia così come mediatra condizioni antitetiche qualiomosessualità e eterosessualità;Giuliano, il ragazzo di cui inizial-mente Ferdinando si innamora,è allegoria dell'attivismo epicu-reo, tutto corpo e niente cervello;Sandra è la ragazza comune chepiù di ogni altro comprende Fer-dinando, anche sulla base dellacondivisione di elitari interessiletterari.

Più che una doppia seduzio-ne, quella che Orlando sottendeun gioco di seduzioni sostenutoda una trama evanescente e cir-colare entro un libro arrivatoforse fuori tempo massimo, maancora oggi capace, rinverden-do una classicità fine e ricerca-ta, di instillare suggestioni or-mai rare quanto soprattutto aldettato formale.

Vedrai, Napolisarà Las Vegas

Post-Saviano Il fantascientifico Cappuccioe la sfida con le muffe del cuore di De Santis

SERGIOPENT

Napoli «è». Non oc-corrono espansioni e agget-tivi per dare consistenza aciò che appartiene ormaid'ufficio all'immaginario col-lettivo. Patrimonio di un'umanità variegata, croceviadi luoghi comuni, metaforadi un'italianità non sempreda applauso, vittima e carne-fice di se stessa, Napoli vive,muore e si ricrea sulle pro-prie ceneri, all'infinito.

Almeno fino a quando nonarriva un Ruggero Cappuccio- nel suo romanzo Fuoco su Na-poli - a far esplodere i CampiFlegrei e allagare di conse-guenza la maggior parte delcentro abitato. Questa versio-ne para-fantascientifica man-cava , in effetti, a definire le co-ordinate di un'entità cosmicache in letteratura ha giocatotutti i ruoli possibili, anche seormai è quasi doveroso parla-re, in termini anche epocali, dipost-Saviano.

«Gesù, fate luce», direbbe-ro i guappi con le toppe al culodi Domenico Rea. Ma la lucerimasta è in mano al potere oc-culto dell'avvocato Diego Ven-tre, in questa Napoli mai cosìcruda e viscerale in cui la ca-morra si spartisce i quartierisenza sapere che alla città toc-ca un futuro ballardiano. Ven-tre sa che Napoli verrà som-mersa e si premunisce, orga-nizza la vendita e l'acquisto diimmobili strategici, muove lesue pedine politiche e i suoi af-faristi affinché Napoli diventi- dopo la catastrofe - la Las Ve-gas del Mediterraneo.

L'assunto riflette ambizio-ni fantastiche che l'autore,con estrema sapienza, lasciadecantare in un sottofondo diipotesi senza effetti speciali,giocando invece sulla tragici-

tà secolare di una città vittimadei suoi abitanti e di chi ne ma-novra il destino. Cappuccio ar-chitetta un romanzo diverso, al-ternativo, sulla Napoli che benconosciamo, panoramizzando-ne i pregi artistici e la bellezzacorrotta alla luce di una infeli-ce, ma assai intrigante storiad'amore tra il potente avvocatoVentre e la giovanissima Luce,figlia di un nobile in disarmo,per la quale costruirà - almenofino al granguignolesco finalein stile Tarantino - un castellodi illusioni e magie, una reted'inganni amorosi che potreb-be ricondurci a qualche com-mossa, lussureggiante passio-ne alla García Márquez.

Inafferrabile nella sua es-

senza di apologo postmoderno,ma calato con dovizia di detta-gli in una napoletanità ben rico-noscibile, il romanzo di Cap-puccio ci regala un punto di vi-sta singolare sulla città lettera-ria omaggiata dai più grandinarratori, con un intreccio daitoni di nobile melodramma ar-ricchito da un linguaggio baroc-co, visionario, incalzante, chesa estremizzare senza cadutedi tono un assunto di per sé in-sidioso, se non incauto.

Il pregio di Cappuccio è diaver scritto un grande romanzosu una Napoli possibile ripas-sando la lezione dei Maestri condiscrezione, giocando al narra-tore colto e tuttofare che co-munque, con eleganza, ci ha re-

galato uno dei più bei lavori del-la stagione.

La stessa Napoli, quella dei«bassi» da cui si intuisce che ilmare è vicino pur senza vederlo,è percorsa con passo faticoso esincera partecipazione memo-riale da Sergio De Santis in No-stalgia della ruggine , che costrin-ge il suo protagonista, lo spre-giudicato uomo d'affari Davide,a un impietoso confronto con lemuffe del cuore e della sua città.

Il romanzo segna il distaccodalla realtà frenetica e immer-ge Davide nella rabbia perennedei «barbari», quelli che sononati, cresciuti e sopravvissutinei tuguri color torrone marcioin cui egli torna per vendere ilvecchio, minuscolo apparta-mento della sua infanzia. Il vio-linista, il fotografo, il paraplegi-co Carmine, Nino - il compagnodi scuola ora boss del quartiere- la selvaggia e seducente An-na, sembrano coalizzarsi tra lo-ro per sedurre Davide, per in-canalarlo in un ambiguo giocodi specchi in cui egli ritrova nel

passato anche le sue paure.Sono i colpi di un cuore mala-

to e precario a farlo restare, afargli capire che la ruggine delvecchio quartiere è la storia de-stinata a portarsi appresso persempre. In questa dimensionespesso metaforica, emerge unaNapoli oscura e ovattata, margi-nale, cancerosa ma vitale, in cuiil protagonista riesce a pronun-ciare le parole esatte di un'au-toassoluzione necessaria, atte-sa da tutta una vita.

Napoli è un cuore palpitante,come sempre, il centro esatto diun paese che cerca di combatte-re il disastroso presente con learmi di una retorica affannosama genuina, carnale, quella dichi vorrebbe solo coltivare so-gni e magari poterne spenderequalcuno prima di incancrenirenella ruggine.

Quel Micheleche va e viene

IL MANUALETTOCARLA MARELLO

Intingi la pennanell’epizeusi

Bice Mortara Garavelli spiegail buon uso delle figure retoriche

Sono malatiquesti fantasmi

MASSIMORAFFAELI

Detesta la parola «ra-dici», Luigi Di Ruscio, e nellerare interviste in cui è uscitodal suo esilio di Oslo ha infat-ti dichiarato di non apparte-nere al mondo vegetale bensìdi assecondare l'innato noma-dismo degli esseri umani. An-che se a lui è toccato un no-madismo pressoché coatto.

Nato a Fermo (1930) inuna famiglia di proletari anti-fascisti, giovane indocile espiantato, aderente al Pci diPalmiro Togliatti con una ve-na di anarchismo che lo ren-de subito sospetto ai suoistessi compagni, a ventisetteanni Di Ruscio ha alle spallesoltanto lavori saltuari dibracciante e muratore ma hagià firmato una plaquette inpieno neorealismo, Non pos-

siamo abituarci a morire(Schwarz 1953), dove FrancoFortini riconosce un'inventi-va sorprendente.

Non può affatto immagi-nare, in quel 1957, che a Oslolo aspettano decenni di lavo-ro da operaio in una fabbricametallurgica, il matrimoniocon Mary, sua musa norvege-se e luterana, infine quattrofigli che, pari alla madre, si ri-fiutano di apprendere la mini-ma parola di italiano.

In totale solitudine, il poe-ta vivrà dunque il paradossodi parlare una lingua stranie-ra che in realtà non sa scrive-re e di scrivere invece nellalingua materna che non sapiù parlare. L'italiano che neordisce i libri di poesia, unadecina, e le prose narrative(da Palmiro, 1986, a Cristi pol-verizzati, Le Lettere 2009),non è più riferibile a un luogoma ad una condizione storicae di classe: qui l'operaio mi-grante rappresenta l'essere

umano tout court, testimonia lanuda verità degli individui su-balterni e messi al margine.

Ora, nel memoriale in cui DiRuscio torna alla vicenda dellapropria emigrazione, La nevenera di Oslo , gli capita persino,duplicando il paradosso, di ri-conoscersi in un doppio prole-tario e periferico di ThomasMann: «Tutto l'universo lingui-

stico fermano l'ho trapiantatoad Oslo mentre a Fermo a cau-sa delle infinite comunicazionidi massa spariva. Il trasporto èstato facilitato dal fatto che tut-to questo universo linguisticooccupa pochissimo spazio […]l'universo linguistico è l'animamia, le anime trapassano lefrontiere come niente fosse.Thomas Mann quando i nazistigli tolsero la cittadinanza tede-sca dichiarò in una intervistache dove era lui era anche laGermania. Dove è il sottoscrit-to è anche tutta la nostra italia-nitudine».

Veloce, percussivo, miraco-losamente prossimo al parla-to, l'italiano di questo memo-riale autobiografico che Ange-lo Ferracuti definisce nellaprefazione «il più bello e il piùlirico», pulsa al centro di un co-smo esistenziale che può esse-re ovunque senza che, tutta-via, se ne vedano i confini pre-cisi; perciò si tratta di una scel-ta contromano, seccamente

anti-identitaria, la stessa incui l'ultima generazione di cri-tici oggi riconosce un grandepoeta, come nel recente fasci-colo di Nuova Prosa (n. 52, Gre-co&Greco Editori) denota lacorposa sezione di «Omaggioa Luigi Di Ruscio» con i contri-buti, oltre a quello di WalterPedullà, di Andrea Cortelles-sa, Giorgio Falco, Gilda Polica-stro, Linnio Accorroni e An-drea Cavalletti.

Quanto a Di Ruscio medesi-mo, non ha mai smesso di invia-re i suoi dispacci incandescen-ti, in prosa come in poesia, daun quarto piano della periferiadi Oslo; fa sempre finta di esse-re un autodidatta illetteratoma cita volentieri Hegel quan-do scorge nello scintillare dellapropria lingua l'«inversione ne-cessaria di un coscienza disgre-gata». Ha ottant'anni oramai eha da tempo il passaporto in re-gola, ma continua a sentirsi unemigrante a vita, anzi un per-fetto clandestino.

Parrella «Ma quale amore»: piccolascorribanda «casual» a Buenos Aires

Orlando «La doppia seduzione»nel dopoguerra decadente di Palermo

PIETRO GROSSI, UN ‘AMICIZIA A HOLLYWOOD

Martini, l’arte di sparire= Un frammento d’autore, un filo aureo, dopo ilfolgorante esordio (i racconti di Pugni) e L’acchito, ilromanzo che, un po’ anfanando, gli starà a ruota. PietroGrossi, Premio Campiello Europa 2010, estrae dal cilindro odal baule o da una rêverie Martini (Sellerio, pp. 64, € 9), uncocktail che si sorseggia ammirandone l’eleganza, l’armonia(la scrittura a fisarmonica, che sapientemente si dispiega e sirinserra), la concreta impalpabilità.Dalla Toscana che vibra nelle passate pagine, Pietro Grossi sicala in un eventuale nuovo mondo. Una varietà di orme cosìfamiliari, così, chissà, involontarie. Rintocchi di Hammett e

di Chandler? Perché no? Ma, soprattutto, un’atmosferasospesa (Martini è un aliante che mai plana), quale si respiranella Fine è nota di Geoffrey Holiday Hall, tra l’altro unagemma del catalogo Sellerio.Martini, Thomas J. Martini, è uno scrittore-meteora come ilfu americano, l’interprete di una vita come sottrazione:«Non era lei che spariva, ero io». Lei, Miriam, l’astro nascentedi Hollywood che incontra lui, «lo scrittore più in voga delmomento», alla festa di una grande rivista. Lei che incedevatra flash e paillettes. Lui che fra le luci della ribalta «vede»spengersi (o mai divampare) la miccia della attesissima terzaprova, dopo i successi di Tu e Piramidi.Frank, l’alter ego di Pietro Grossi, è il giornalista che seduceMartini, da Martini a sua volta sedotto. L’intervistatore che

ignora le domande ovvie, prediligendo le vie laterali: «Checos’ha in tasca?». L’intervistato che rifulge prima (o di là) deisuoi besteseller: pantaloni colorati, ghette, «occhi dateppista».Martini è il ricamo di un’amicizia, l’amicizia che è profezia(«Mi aveva confessato - Martini a Frank - che sarei potutoessere un grande scrittore perché vedevo le cose che gli altrinon vedevano»). Infine si ritroveranno, il giornalista inascesa e « l ’ex formidabile promessa» che, esaurita la vena,saprà spezzare la penna, sbarcando il lunario - un alienonelle patrie lettere - come lavapiatti . La radio di radicatrasmette Count Basie, fuori piove, nel diner lo scotch conghiaccio è servito. Raccontami una storia, Frank... Bruno Quaranta

Si fanno più figure retori-che in un giorno di mer-cato che in molti giorni

di assemblee accademiche, so-steneva Du Marsais. Al merca-to forse si fanno senza saperlo,quest’attacco è invece consape-volmente costituito da una figu-ra detta sentenza o massima.Bice Mortara Garavelli ha vo-luto iniziare la premessa al suo«manualetto di figure retori-che» Il parlar figurato (Later-za, pp. 179, € 12) con una dissi-mulazione. Dichiara infatti:«Per un testo che contiene no-zioni antiche la disposizionedella materia è l’unica opera-zione che possa aspirare a unbriciolo di novità». Dire che ilmodo in cui le figure retorichesono spiegate è appena innova-tivo è certamente «sminuirnel’importanza con ostentazionedi umiltà», definizione data daMortara Garavelli per una del-le forme di dissimulazione o at-tenuazione.

Il libro infatti non aiuta soloa capire che cosa significano itermini con cui si indicano le fi-gure retoriche a partire da ac-cumulazione per arrivare allozeugma - «aveva sedici anni euna moto» - passando per l’epi-zeusi o ripetizione multipla -«cammina, cammina, cammi-na» -, figura sommamente caraal parlato televisivo di Sgarbi,o per il polittoto, figura sempredi ripetizione ma più raffinata,come in «Il potere di opporti alpotere» o come in Tasso «anzi

la pugna de la pugna i patti».Questo manualetto, diminuti-

vo anch’esso attenuante, è stru-mento adatto ad essere interro-gato da chi, trovando in un di-scorso o in una poesia un’espres-sione che gli pare bella o comun-que degna di nota, voglia saperedi che si tratta, con quali altri ar-tifici si apparenta per raggiunge-re lo scopo. L’autrice, che ha alsuo attivo un ben più corposo ma-nuale di retorica ormai giunto al-la undicesima edizione, ha orga-nizzato i contenuti sotto intitola-zioni come drammatizzare il di-scorso, cambiare l’ordine delle pa-role e delle idee, parlare in breve,parlare per sentenze, giocare conle parole. La figura che ho appe-na fatto, l’enumerazione, adesempio, sta nel capitolo «formedell’accumulazione».

Raggruppandole secondo leloro caratteristiche più evidenti esecondo la loro funzione, definen-dole chiaramente e con begliesempi, Bice Mortara Garavellirende le figure retoriche più facilida riconoscere e, volendo, da usa-re. E’ un libro che induce a intin-gere la penna nei tropi, che ci facapire come sia vuota retorica so-lo la cattiva retorica. Chi provala fatica del parlare e scriverecon figure non troppo trite, ap-prezza poi maggiormente il lavo-ro di lima che sta alla base diogni comunicazione ben fatta,dall’apparente naturalezza deigrandi autori, alla studiata effi-cacia degli slogan pubblicitari odei titoli di giornale.

A RIMINI E IN LIGURIA

Mare di libri= Terza edizione, a Rimini,fino a domani, di «Mare dilibri», festival dei ragazzi cheleggono. Tra gli ospitistranieri, John Boyne (Ilbambino con il pigiama righe,Rizzoli), Anne-Laure Bondouz(Figlio della fortuna, il nuovotitolo, San Paolo ), ToddStrasser (L’onda, Rizzoli, dacui il film). tra gli italiani:Margherita Hack, BeatriceMasini, Silvia Avallone,Alessandro d’Avenia.Per info:www.maredilibri.itIn Liguria, fino al 14luglio,«Mondomare festival»,da Genova a Lerici, da Noli aCervo, da Lavagna a Levanto.Leggeranno racconti inediti:Silvia Ballestra, MichelaMurgia, Paola Mastrocola,Massimo Carlotto, ErnestoFranco. Altri ospiti: NeriMarcorè, Lella Costa,Massimo Gramellini,Gianmaria Testa.www.mondomarefestival.it

A OSTANA

Lingua Madre= Ostana è un Comunepiemontese di 80 abitanti - nelCuneese, di fronte al Monviso- che si è impegnato nelladifesadelle culture locali.Vara, ora, il premio letterario«Scritture in lingua madre»,nell’ambito dell’omonimoconvegno, oggi e domani. Trai premiati Boris Pahor, autoredi Necropoli, e Gavino Leddawww.comune.ostana.it

I TRADUTTORI

Per Mahler= Il testo di Zweig suMahler, sabato scorso da noianticipato, era tradotto daCleia Parvopassu. GiangiorgioSatragni e Daniele Torelli glialtri due traduttori del volumeMahler. Il mio tempo verrà,edito dal Saggiatore.

HANS TUZZI, IL BIBLIOFILO IN GIALLO

Una marchesa nel fosso= Inizia con una celebre citazione letteraria l'ultimogiallo di Hans Tuzzi, L'ora incerta fra il cane e il lupo(Bollati Boringhieri, pp. 165, € 15), «La marchesa uscì allecinque», con cui Valéry stigmatizzava la convenzionalitàdelle trame da romanzo ottocentesco. Del resto, lo stessopseudonimo usato dall'autore, il bibliofilo Adriano Bon, ètratto da un personaggio de L'uomo senza qualità di Musil.Il cadavere di una marchesa viene rinvenuto in un fossovicino all'abbazia di Chiaravalle, nei dintorni di Milano,con il volto maciullato da una chiave inglese. Si chiamaElisabetta Crimoli ed è una giornalista free lance giovane

e bella. Come nei precedenti romanzi di Tuzzi, aindagare sul mistero di questo delitto è il vicequestoreMelis, un tranquillo ma cocciuto quarantenne checonvive con Fiorenza, redattrice editoriale. In questocaso però, contrariamente al solito, la fidanzata non loaiuta nelle indagini perché parte per un lungo week-endin Val Gardena.Melis interroga le persone più vicine all'uccisa: l'ingegnereRoberto Ballo, ex fidanzato di Elisabetta, un arrogantefaccendiere trentenne, Maurizio Biolchini, l'attualefidanzato, un dirigente d'azienda «brutto come WoodyAllen e certo non altrettanto divertente», una vecchia zianostalgica del passato e dei balli mondani, unica erede, ilcartomante Enrico Caviglia, un professore di greco e latino

in pensione che si dedica al commento critico dell'Odissea.L'inchiesta segna il passo, s'intrappola in vicoli ciechifinché Melis, durante un sopralluogo nella casa dellamorta, non trova dei dischetti che contengonoun'inchiesta sui traffici mafiosi a Milano.Non sveliamo altro e lasciamo al lettore il piacere discoprire il mistero del giallo, ben condotto e infarcito dicitazioni, per fortuna in misura più limitata del solito, daMusil, Dante, Tomasi di Lampedusa, Simenon eChesterton. Non ci sono colpi di scena sensazionali e ilmeglio del romanzo nasce dalla malinconia di Melis che,mentre si gingilla con le sue pipe, prende atto della«disgustosa banalità del male». Massimo Romano

L’autore caro a Fortinie ai giovani criticicontinua a sentirsiun nomade a vita,un perfetto clandestino

Di Ruscio Un memoriale sull’emigrazionedel poeta-ex operaio da decenni in Norvegia

pp Francesco Orlandop LA DOPPIA SEDUZIONEp Einaudip pp. 153, € 13

pp Valeria Parrellap MA QUALE AMOREp Rizzolip pp. 122, € 15

pp Luigi Di Rusciop LA NEVE NERA DI OSLOp prefazione di Angelo Ferracutip EDIESSE, pp. 164, € 10

pp Ruggero Cappucciop FUOCO SU NAPOLIp Feltrinelli, pp. 247, € 16

Cappuccio, anche regista di ci-nema e teatro, è nato nel 1964p Sergio De Santisp NOSTALGIA DELLA RUGGINEp Mondadori, pp. 204, € 18,50

De Santis (1953) insegna nei licei

Dispacci di fuocodall’esilio di Oslo

Bloc notes

Unaillustrazione

di KarelThole

dal catalogodella mostra

«Le cittàdelle mente»,

curata daSergio

Pignatone:antologia

delle suecopertine

per«Urania»,

edita daLittle Nemo

LuigiDi Ruscio

è nato a Fermo(1930) in una

famiglia diproletari

antifascistiEsordì

in pienoneorealismo

con laplaquette

«Non possiamoabituarci a

morire» Nel «Fuoco», una cittàcruda e visceraleche dietro l’angoloè attesa da unoscenario ballardiano

Valeria ParrellaFrancesco Orlando

Scrittori italianiIVTuttolibri

SABATO 19 GIUGNO 2010LA STAMPA V

«Nostalgia della ruggine»mette in scenala rabbia dei «barbari»cresciuti nei tuguricolor torrone marcio

Page 5: Tuttolibri n. 1719 (19-06-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - V - 19/06/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: FRABEL - Ora di stampa: 18/06/10 20.15

RENATOBARILLI

I lettori che di Vale-ria Parrella hanno amato Lospazio bianco, il romanzo del2008 in cui la scrittrice pone-va in primo piano il fatto alta-mente drammatico e ingom-brante di una creaturina na-ta prematura e ora affidata auna incubatrice, in bilico trala vita e la morte, potrebbe-ro rimanere delusi, davantialla prova appena uscita, Maquale amore, che invece sicompiace vistosamente diun suo «essere fatta di nien-te». Ma bisognerà riconosce-re che questa pare essere lavena prevalente della Parrel-la, a giudicare dalla sua ope-ra prima, Mosca più balena,riproposta appena l'annoscorso da Minimum fax.

Col che la Nostra è inbuona compagnia, c'è un fol-to drappello di suoi colleghie colleghe che oggi vanno azonzo per i meandri della re-altà scattando foto a più o

meno alta fedeltà, del resto inciò imitando tanti loro «ipo-criti lettori» che fanno lo stes-so, si aggirano agli incrocidell'attualità armati di telefo-nini o di altri strumenti dipronta presa, da mettere inmemoria, o da diffonderepresso amici e parenti.

E' come dire che oggi si stasvolgendo, per usare l'espres-sione di un padre nobile comeItalo Svevo, una sorta di meto-dica letteraturizzazione dellavita, il che giustifica una ma-

nia da cui mi sento afferratosempre più, di andare a evoca-re in proposito i pur apparen-temente lontanissimi «Getto-ni» di Vittorini.

Perfino il motivo d'ingres-so nella storia si ispira a un si-mile criterio di high fidelity,una volta il narratore dava acredere di aver trovato inqualche archivio una storiapolverosa e di aver deciso di ri-scriverla, oggi si procede acarte scoperte, è l'editore a vo-lere sui due piedi una narra-

zione, quasi nel segno di unfast writing.

E dunque la protagonista simette all'opera, mescolandoun motivo turistico, una bellascorribanda per le vie di Bue-nos Aires, con visite ravvicina-te ai celebri quartieri della ca-pitale argentina, Palermo, Re-coleta, Boca, ma nello stessotempo non trascurando di por-tarsi dietro qualche traccia di

una storia elementare, il «qua-le amore» del titolo, incentra-to su un tale Michele, e anchein questo c'è una strenua ade-renza al criterio del casual og-gi imperversante, è una rela-zione che va e che viene, fattadi progressi e regressi, contat-ti brucianti e sparizioni, pron-ta a fare corpo con i colori e sa-pori forniti dalla capitale ar-gentina. Cibo e sesso si mesco-

lano, si integrano. Ne viene unquadro di sicura autenticità edi voluta provvisorietà.

In mezzo alle inevitabili me-te turistico-culturali che si col-gono per le vie di Buenos Ai-res non può mancare di levar-si anche l'ombra di Borges,cui la protagonista, e forse die-tro di lei l'autrice, dichiaranoun amore quasi più forte diquello carnale provato per Mi-chele. Ma questa, al momento,è una pista falsa, non si vedeproprio che ruolo possa avereun maestro di citazionismo, diriscrittura, di pastiche, se agi-tato in una prova che, al mo-mento, si qualifica al contra-rio per un proposito di estre-ma aderenza alla realtà più ac-cidentale e cangiante.

Se si fa uno spareggio trale ombre del Calvino postmo-derno, erede di Borges, e il ple-beo Rea, fondatore di una li-nea neorealista, allo stato at-tuale è quest'ultimo ad appari-re il più gettonato, a comincia-re dalla stessa Parrella.

GIANNIBONINA

Passato attraversouna decina di stesure e un lavo-ro di lima cominciato negli An-ni Cinquanta, poi abbandonatoe finalmente portato a compi-mento, La doppia seduzione diFrancesco Orlando è un roman-zo proustiano nella ricerca for-male, nel flusso coscienzialeche priva il testo di ogni dialogo(i pochi personaggi non parla-no mai, l'autore avendo avoca-to a sé il controllo totale del rac-conto) e nei temi: l'amicizia, lanobiltà, la bellezza, l'omoses-sualità, la letteratura. Ma è an-che un romanzo che porta il se-gno di un retaggio decadenti-sta, incrociando soprattuttoThomas Mann. Ciò spiega per-ché fosse piaciuto a Tomasi diLampedusa che ne lesse la pri-ma stesura, allo stesso modo incui Orlando fu il primo a legge-re Il Gattopardo manoscritto ea ricopiarlo: già degnato di esse-re il suo unico allievo privato edestinato a diventare ordinario

di letteratura francese e raffina-to teorico della letteratura.

È il motivo della malattia aispirare il romanzo, dentro un'aria di svenevole derelizione che,depurata da derive dannunziane,manda un retrogusto démodé, ri-schiera telefoni bianchi, esumaestenuati giovani glabri su opale-scenti fondali veneziani: una ma-lattia che è però interiore anzi-ché fisica, non più individuale, ditipo pirandelliano, ma collettiva,brancatiana, sintomo di un'epo-ca che, nel momento in cui esce

dal fascismo, si trova in stato con-fusionale.

In una Palermo postbellica ri-chiamata per scorci riconoscibi-lissimi, Ferdinando e Mario si co-noscono da scolari e cresconoaspirando a legami affettivi diver-si: il primo con un coetaneo dalcorpo scultoreo, Giuliano, il se-condo con una inquieta ragazzadell'aristocrazia, Dolly; ma non siperdono mai di vista per poi ritro-varsi e scontrarsi in un duello psi-cologico esiziale. Sono figure sra-dicate, sull'orlo del cedimento, al-

la ricerca del pieno della vita, madisorientate: nati e cresciuti nelfascismo, sono ora privi di identi-tà e soprattutto di personalità.Sono senz'altro i nipotini di DesEsseintes. Soprattutto Ferdinan-do, che è chiaramente trasposi-zione a distanza dell'autore: sof-fre dello stesso mal di vivere dell'antieroe di Huysmans; ma la suaè una nevrosi che lo porta allatomba anziché restituirlo alla so-

cietà alla quale si è sottratto. Ilsuo suicidio interpreta uno spiri-to inetto che si rivela soprattuttoincapace di dare veste narrativaal proprio insuccesso e trovareun modello, letterario o operisti-co che sia, cui conformare la pro-pria storia, ciò che forse gli salve-rebbe la vita.

Gli altri comprimari sono or-dinati secondo ruoli sociali: Ma-rio è il piccolo borghese che vuole

superare le strettoie della suaclasse e che, preda dei fantasmiche lo demonizzano, è deciso a li-berarsi del passato a costo di ren-dersi strumento della morte al-trui; la sua ragazza, Dolly, è figliadi una casta nobiliare che avvici-na la borghesia così come mediatra condizioni antitetiche qualiomosessualità e eterosessualità;Giuliano, il ragazzo di cui inizial-mente Ferdinando si innamora,è allegoria dell'attivismo epicu-reo, tutto corpo e niente cervello;Sandra è la ragazza comune chepiù di ogni altro comprende Fer-dinando, anche sulla base dellacondivisione di elitari interessiletterari.

Più che una doppia seduzio-ne, quella che Orlando sottendeun gioco di seduzioni sostenutoda una trama evanescente e cir-colare entro un libro arrivatoforse fuori tempo massimo, maancora oggi capace, rinverden-do una classicità fine e ricerca-ta, di instillare suggestioni or-mai rare quanto soprattutto aldettato formale.

Vedrai, Napolisarà Las Vegas

Post-Saviano Il fantascientifico Cappuccioe la sfida con le muffe del cuore di De Santis

SERGIOPENT

Napoli «è». Non oc-corrono espansioni e agget-tivi per dare consistenza aciò che appartiene ormaid'ufficio all'immaginario col-lettivo. Patrimonio di un'umanità variegata, croceviadi luoghi comuni, metaforadi un'italianità non sempreda applauso, vittima e carne-fice di se stessa, Napoli vive,muore e si ricrea sulle pro-prie ceneri, all'infinito.

Almeno fino a quando nonarriva un Ruggero Cappuccio- nel suo romanzo Fuoco su Na-poli - a far esplodere i CampiFlegrei e allagare di conse-guenza la maggior parte delcentro abitato. Questa versio-ne para-fantascientifica man-cava , in effetti, a definire le co-ordinate di un'entità cosmicache in letteratura ha giocatotutti i ruoli possibili, anche seormai è quasi doveroso parla-re, in termini anche epocali, dipost-Saviano.

«Gesù, fate luce», direbbe-ro i guappi con le toppe al culodi Domenico Rea. Ma la lucerimasta è in mano al potere oc-culto dell'avvocato Diego Ven-tre, in questa Napoli mai cosìcruda e viscerale in cui la ca-morra si spartisce i quartierisenza sapere che alla città toc-ca un futuro ballardiano. Ven-tre sa che Napoli verrà som-mersa e si premunisce, orga-nizza la vendita e l'acquisto diimmobili strategici, muove lesue pedine politiche e i suoi af-faristi affinché Napoli diventi- dopo la catastrofe - la Las Ve-gas del Mediterraneo.

L'assunto riflette ambizio-ni fantastiche che l'autore,con estrema sapienza, lasciadecantare in un sottofondo diipotesi senza effetti speciali,giocando invece sulla tragici-

tà secolare di una città vittimadei suoi abitanti e di chi ne ma-novra il destino. Cappuccio ar-chitetta un romanzo diverso, al-ternativo, sulla Napoli che benconosciamo, panoramizzando-ne i pregi artistici e la bellezzacorrotta alla luce di una infeli-ce, ma assai intrigante storiad'amore tra il potente avvocatoVentre e la giovanissima Luce,figlia di un nobile in disarmo,per la quale costruirà - almenofino al granguignolesco finalein stile Tarantino - un castellodi illusioni e magie, una reted'inganni amorosi che potreb-be ricondurci a qualche com-mossa, lussureggiante passio-ne alla García Márquez.

Inafferrabile nella sua es-

senza di apologo postmoderno,ma calato con dovizia di detta-gli in una napoletanità ben rico-noscibile, il romanzo di Cap-puccio ci regala un punto di vi-sta singolare sulla città lettera-ria omaggiata dai più grandinarratori, con un intreccio daitoni di nobile melodramma ar-ricchito da un linguaggio baroc-co, visionario, incalzante, chesa estremizzare senza cadutedi tono un assunto di per sé in-sidioso, se non incauto.

Il pregio di Cappuccio è diaver scritto un grande romanzosu una Napoli possibile ripas-sando la lezione dei Maestri condiscrezione, giocando al narra-tore colto e tuttofare che co-munque, con eleganza, ci ha re-

galato uno dei più bei lavori del-la stagione.

La stessa Napoli, quella dei«bassi» da cui si intuisce che ilmare è vicino pur senza vederlo,è percorsa con passo faticoso esincera partecipazione memo-riale da Sergio De Santis in No-stalgia della ruggine , che costrin-ge il suo protagonista, lo spre-giudicato uomo d'affari Davide,a un impietoso confronto con lemuffe del cuore e della sua città.

Il romanzo segna il distaccodalla realtà frenetica e immer-ge Davide nella rabbia perennedei «barbari», quelli che sononati, cresciuti e sopravvissutinei tuguri color torrone marcioin cui egli torna per vendere ilvecchio, minuscolo apparta-mento della sua infanzia. Il vio-linista, il fotografo, il paraplegi-co Carmine, Nino - il compagnodi scuola ora boss del quartiere- la selvaggia e seducente An-na, sembrano coalizzarsi tra lo-ro per sedurre Davide, per in-canalarlo in un ambiguo giocodi specchi in cui egli ritrova nel

passato anche le sue paure.Sono i colpi di un cuore mala-

to e precario a farlo restare, afargli capire che la ruggine delvecchio quartiere è la storia de-stinata a portarsi appresso persempre. In questa dimensionespesso metaforica, emerge unaNapoli oscura e ovattata, margi-nale, cancerosa ma vitale, in cuiil protagonista riesce a pronun-ciare le parole esatte di un'au-toassoluzione necessaria, atte-sa da tutta una vita.

Napoli è un cuore palpitante,come sempre, il centro esatto diun paese che cerca di combatte-re il disastroso presente con learmi di una retorica affannosama genuina, carnale, quella dichi vorrebbe solo coltivare so-gni e magari poterne spenderequalcuno prima di incancrenirenella ruggine.

Quel Micheleche va e viene

IL MANUALETTOCARLA MARELLO

Intingi la pennanell’epizeusi

Bice Mortara Garavelli spiegail buon uso delle figure retoriche

Sono malatiquesti fantasmi

MASSIMORAFFAELI

Detesta la parola «ra-dici», Luigi Di Ruscio, e nellerare interviste in cui è uscitodal suo esilio di Oslo ha infat-ti dichiarato di non apparte-nere al mondo vegetale bensìdi assecondare l'innato noma-dismo degli esseri umani. An-che se a lui è toccato un no-madismo pressoché coatto.

Nato a Fermo (1930) inuna famiglia di proletari anti-fascisti, giovane indocile espiantato, aderente al Pci diPalmiro Togliatti con una ve-na di anarchismo che lo ren-de subito sospetto ai suoistessi compagni, a ventisetteanni Di Ruscio ha alle spallesoltanto lavori saltuari dibracciante e muratore ma hagià firmato una plaquette inpieno neorealismo, Non pos-

siamo abituarci a morire(Schwarz 1953), dove FrancoFortini riconosce un'inventi-va sorprendente.

Non può affatto immagi-nare, in quel 1957, che a Oslolo aspettano decenni di lavo-ro da operaio in una fabbricametallurgica, il matrimoniocon Mary, sua musa norvege-se e luterana, infine quattrofigli che, pari alla madre, si ri-fiutano di apprendere la mini-ma parola di italiano.

In totale solitudine, il poe-ta vivrà dunque il paradossodi parlare una lingua stranie-ra che in realtà non sa scrive-re e di scrivere invece nellalingua materna che non sapiù parlare. L'italiano che neordisce i libri di poesia, unadecina, e le prose narrative(da Palmiro, 1986, a Cristi pol-verizzati, Le Lettere 2009),non è più riferibile a un luogoma ad una condizione storicae di classe: qui l'operaio mi-grante rappresenta l'essere

umano tout court, testimonia lanuda verità degli individui su-balterni e messi al margine.

Ora, nel memoriale in cui DiRuscio torna alla vicenda dellapropria emigrazione, La nevenera di Oslo , gli capita persino,duplicando il paradosso, di ri-conoscersi in un doppio prole-tario e periferico di ThomasMann: «Tutto l'universo lingui-

stico fermano l'ho trapiantatoad Oslo mentre a Fermo a cau-sa delle infinite comunicazionidi massa spariva. Il trasporto èstato facilitato dal fatto che tut-to questo universo linguisticooccupa pochissimo spazio […]l'universo linguistico è l'animamia, le anime trapassano lefrontiere come niente fosse.Thomas Mann quando i nazistigli tolsero la cittadinanza tede-sca dichiarò in una intervistache dove era lui era anche laGermania. Dove è il sottoscrit-to è anche tutta la nostra italia-nitudine».

Veloce, percussivo, miraco-losamente prossimo al parla-to, l'italiano di questo memo-riale autobiografico che Ange-lo Ferracuti definisce nellaprefazione «il più bello e il piùlirico», pulsa al centro di un co-smo esistenziale che può esse-re ovunque senza che, tutta-via, se ne vedano i confini pre-cisi; perciò si tratta di una scel-ta contromano, seccamente

anti-identitaria, la stessa incui l'ultima generazione di cri-tici oggi riconosce un grandepoeta, come nel recente fasci-colo di Nuova Prosa (n. 52, Gre-co&Greco Editori) denota lacorposa sezione di «Omaggioa Luigi Di Ruscio» con i contri-buti, oltre a quello di WalterPedullà, di Andrea Cortelles-sa, Giorgio Falco, Gilda Polica-stro, Linnio Accorroni e An-drea Cavalletti.

Quanto a Di Ruscio medesi-mo, non ha mai smesso di invia-re i suoi dispacci incandescen-ti, in prosa come in poesia, daun quarto piano della periferiadi Oslo; fa sempre finta di esse-re un autodidatta illetteratoma cita volentieri Hegel quan-do scorge nello scintillare dellapropria lingua l'«inversione ne-cessaria di un coscienza disgre-gata». Ha ottant'anni oramai eha da tempo il passaporto in re-gola, ma continua a sentirsi unemigrante a vita, anzi un per-fetto clandestino.

Parrella «Ma quale amore»: piccolascorribanda «casual» a Buenos Aires

Orlando «La doppia seduzione»nel dopoguerra decadente di Palermo

PIETRO GROSSI, UN ‘AMICIZIA A HOLLYWOOD

Martini, l’arte di sparire= Un frammento d’autore, un filo aureo, dopo ilfolgorante esordio (i racconti di Pugni) e L’acchito, ilromanzo che, un po’ anfanando, gli starà a ruota. PietroGrossi, Premio Campiello Europa 2010, estrae dal cilindro odal baule o da una rêverie Martini (Sellerio, pp. 64, € 9), uncocktail che si sorseggia ammirandone l’eleganza, l’armonia(la scrittura a fisarmonica, che sapientemente si dispiega e sirinserra), la concreta impalpabilità.Dalla Toscana che vibra nelle passate pagine, Pietro Grossi sicala in un eventuale nuovo mondo. Una varietà di orme cosìfamiliari, così, chissà, involontarie. Rintocchi di Hammett e

di Chandler? Perché no? Ma, soprattutto, un’atmosferasospesa (Martini è un aliante che mai plana), quale si respiranella Fine è nota di Geoffrey Holiday Hall, tra l’altro unagemma del catalogo Sellerio.Martini, Thomas J. Martini, è uno scrittore-meteora come ilfu americano, l’interprete di una vita come sottrazione:«Non era lei che spariva, ero io». Lei, Miriam, l’astro nascentedi Hollywood che incontra lui, «lo scrittore più in voga delmomento», alla festa di una grande rivista. Lei che incedevatra flash e paillettes. Lui che fra le luci della ribalta «vede»spengersi (o mai divampare) la miccia della attesissima terzaprova, dopo i successi di Tu e Piramidi.Frank, l’alter ego di Pietro Grossi, è il giornalista che seduceMartini, da Martini a sua volta sedotto. L’intervistatore che

ignora le domande ovvie, prediligendo le vie laterali: «Checos’ha in tasca?». L’intervistato che rifulge prima (o di là) deisuoi besteseller: pantaloni colorati, ghette, «occhi dateppista».Martini è il ricamo di un’amicizia, l’amicizia che è profezia(«Mi aveva confessato - Martini a Frank - che sarei potutoessere un grande scrittore perché vedevo le cose che gli altrinon vedevano»). Infine si ritroveranno, il giornalista inascesa e « l ’ex formidabile promessa» che, esaurita la vena,saprà spezzare la penna, sbarcando il lunario - un alienonelle patrie lettere - come lavapiatti . La radio di radicatrasmette Count Basie, fuori piove, nel diner lo scotch conghiaccio è servito. Raccontami una storia, Frank... Bruno Quaranta

Si fanno più figure retori-che in un giorno di mer-cato che in molti giorni

di assemblee accademiche, so-steneva Du Marsais. Al merca-to forse si fanno senza saperlo,quest’attacco è invece consape-volmente costituito da una figu-ra detta sentenza o massima.Bice Mortara Garavelli ha vo-luto iniziare la premessa al suo«manualetto di figure retori-che» Il parlar figurato (Later-za, pp. 179, € 12) con una dissi-mulazione. Dichiara infatti:«Per un testo che contiene no-zioni antiche la disposizionedella materia è l’unica opera-zione che possa aspirare a unbriciolo di novità». Dire che ilmodo in cui le figure retorichesono spiegate è appena innova-tivo è certamente «sminuirnel’importanza con ostentazionedi umiltà», definizione data daMortara Garavelli per una del-le forme di dissimulazione o at-tenuazione.

Il libro infatti non aiuta soloa capire che cosa significano itermini con cui si indicano le fi-gure retoriche a partire da ac-cumulazione per arrivare allozeugma - «aveva sedici anni euna moto» - passando per l’epi-zeusi o ripetizione multipla -«cammina, cammina, cammi-na» -, figura sommamente caraal parlato televisivo di Sgarbi,o per il polittoto, figura sempredi ripetizione ma più raffinata,come in «Il potere di opporti alpotere» o come in Tasso «anzi

la pugna de la pugna i patti».Questo manualetto, diminuti-

vo anch’esso attenuante, è stru-mento adatto ad essere interro-gato da chi, trovando in un di-scorso o in una poesia un’espres-sione che gli pare bella o comun-que degna di nota, voglia saperedi che si tratta, con quali altri ar-tifici si apparenta per raggiunge-re lo scopo. L’autrice, che ha alsuo attivo un ben più corposo ma-nuale di retorica ormai giunto al-la undicesima edizione, ha orga-nizzato i contenuti sotto intitola-zioni come drammatizzare il di-scorso, cambiare l’ordine delle pa-role e delle idee, parlare in breve,parlare per sentenze, giocare conle parole. La figura che ho appe-na fatto, l’enumerazione, adesempio, sta nel capitolo «formedell’accumulazione».

Raggruppandole secondo leloro caratteristiche più evidenti esecondo la loro funzione, definen-dole chiaramente e con begliesempi, Bice Mortara Garavellirende le figure retoriche più facilida riconoscere e, volendo, da usa-re. E’ un libro che induce a intin-gere la penna nei tropi, che ci facapire come sia vuota retorica so-lo la cattiva retorica. Chi provala fatica del parlare e scriverecon figure non troppo trite, ap-prezza poi maggiormente il lavo-ro di lima che sta alla base diogni comunicazione ben fatta,dall’apparente naturalezza deigrandi autori, alla studiata effi-cacia degli slogan pubblicitari odei titoli di giornale.

A RIMINI E IN LIGURIA

Mare di libri= Terza edizione, a Rimini,fino a domani, di «Mare dilibri», festival dei ragazzi cheleggono. Tra gli ospitistranieri, John Boyne (Ilbambino con il pigiama righe,Rizzoli), Anne-Laure Bondouz(Figlio della fortuna, il nuovotitolo, San Paolo ), ToddStrasser (L’onda, Rizzoli, dacui il film). tra gli italiani:Margherita Hack, BeatriceMasini, Silvia Avallone,Alessandro d’Avenia.Per info:www.maredilibri.itIn Liguria, fino al 14luglio,«Mondomare festival»,da Genova a Lerici, da Noli aCervo, da Lavagna a Levanto.Leggeranno racconti inediti:Silvia Ballestra, MichelaMurgia, Paola Mastrocola,Massimo Carlotto, ErnestoFranco. Altri ospiti: NeriMarcorè, Lella Costa,Massimo Gramellini,Gianmaria Testa.www.mondomarefestival.it

A OSTANA

Lingua Madre= Ostana è un Comunepiemontese di 80 abitanti - nelCuneese, di fronte al Monviso- che si è impegnato nelladifesadelle culture locali.Vara, ora, il premio letterario«Scritture in lingua madre»,nell’ambito dell’omonimoconvegno, oggi e domani. Trai premiati Boris Pahor, autoredi Necropoli, e Gavino Leddawww.comune.ostana.it

I TRADUTTORI

Per Mahler= Il testo di Zweig suMahler, sabato scorso da noianticipato, era tradotto daCleia Parvopassu. GiangiorgioSatragni e Daniele Torelli glialtri due traduttori del volumeMahler. Il mio tempo verrà,edito dal Saggiatore.

HANS TUZZI, IL BIBLIOFILO IN GIALLO

Una marchesa nel fosso= Inizia con una celebre citazione letteraria l'ultimogiallo di Hans Tuzzi, L'ora incerta fra il cane e il lupo(Bollati Boringhieri, pp. 165, € 15), «La marchesa uscì allecinque», con cui Valéry stigmatizzava la convenzionalitàdelle trame da romanzo ottocentesco. Del resto, lo stessopseudonimo usato dall'autore, il bibliofilo Adriano Bon, ètratto da un personaggio de L'uomo senza qualità di Musil.Il cadavere di una marchesa viene rinvenuto in un fossovicino all'abbazia di Chiaravalle, nei dintorni di Milano,con il volto maciullato da una chiave inglese. Si chiamaElisabetta Crimoli ed è una giornalista free lance giovane

e bella. Come nei precedenti romanzi di Tuzzi, aindagare sul mistero di questo delitto è il vicequestoreMelis, un tranquillo ma cocciuto quarantenne checonvive con Fiorenza, redattrice editoriale. In questocaso però, contrariamente al solito, la fidanzata non loaiuta nelle indagini perché parte per un lungo week-endin Val Gardena.Melis interroga le persone più vicine all'uccisa: l'ingegnereRoberto Ballo, ex fidanzato di Elisabetta, un arrogantefaccendiere trentenne, Maurizio Biolchini, l'attualefidanzato, un dirigente d'azienda «brutto come WoodyAllen e certo non altrettanto divertente», una vecchia zianostalgica del passato e dei balli mondani, unica erede, ilcartomante Enrico Caviglia, un professore di greco e latino

in pensione che si dedica al commento critico dell'Odissea.L'inchiesta segna il passo, s'intrappola in vicoli ciechifinché Melis, durante un sopralluogo nella casa dellamorta, non trova dei dischetti che contengonoun'inchiesta sui traffici mafiosi a Milano.Non sveliamo altro e lasciamo al lettore il piacere discoprire il mistero del giallo, ben condotto e infarcito dicitazioni, per fortuna in misura più limitata del solito, daMusil, Dante, Tomasi di Lampedusa, Simenon eChesterton. Non ci sono colpi di scena sensazionali e ilmeglio del romanzo nasce dalla malinconia di Melis che,mentre si gingilla con le sue pipe, prende atto della«disgustosa banalità del male». Massimo Romano

L’autore caro a Fortinie ai giovani criticicontinua a sentirsiun nomade a vita,un perfetto clandestino

Di Ruscio Un memoriale sull’emigrazionedel poeta-ex operaio da decenni in Norvegia

pp Francesco Orlandop LA DOPPIA SEDUZIONEp Einaudip pp. 153, € 13

pp Valeria Parrellap MA QUALE AMOREp Rizzolip pp. 122, € 15

pp Luigi Di Rusciop LA NEVE NERA DI OSLOp prefazione di Angelo Ferracutip EDIESSE, pp. 164, € 10

pp Ruggero Cappucciop FUOCO SU NAPOLIp Feltrinelli, pp. 247, € 16

Cappuccio, anche regista di ci-nema e teatro, è nato nel 1964p Sergio De Santisp NOSTALGIA DELLA RUGGINEp Mondadori, pp. 204, € 18,50

De Santis (1953) insegna nei licei

Dispacci di fuocodall’esilio di Oslo

Bloc notes

Unaillustrazione

di KarelThole

dal catalogodella mostra

«Le cittàdelle mente»,

curata daSergio

Pignatone:antologia

delle suecopertine

per«Urania»,

edita daLittle Nemo

LuigiDi Ruscio

è nato a Fermo(1930) in una

famiglia diproletari

antifascistiEsordì

in pienoneorealismo

con laplaquette

«Non possiamoabituarci a

morire» Nel «Fuoco», una cittàcruda e visceraleche dietro l’angoloè attesa da unoscenario ballardiano

Valeria ParrellaFrancesco Orlando

Scrittori italianiIVTuttolibri

SABATO 19 GIUGNO 2010LA STAMPA V

«Nostalgia della ruggine»mette in scenala rabbia dei «barbari»cresciuti nei tuguricolor torrone marcio

Page 6: Tuttolibri n. 1719 (19-06-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VI - 19/06/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: FRABEL - Ora di stampa: 18/06/10 20.15

«Apocalitticie integrati»èdal1964nelcatalogoBompiani(oraneiTascabili,pp.201,€ 9,50).Ecoviraccolse i suoiscritti su«Comunicazionedimassaeteoriedellaculturadimassa».Lìsi confrontavanoidiversi livellidi“cultura”, lamusicadiAdornoei ritornellidiSanremo,CharlieBrownelacritica letteraria,Supermane lafilosofia.Edi lìnascerà ilDams, imassmedia incattedra.

ALBERTOPAPUZZI

Egregio cretino. Gen-tile stronzo. Non si moderanoi termini nell’aspro litigio chenel 1953 vede coinvolta un’ico-na del giornalismo italiano co-me Mario Pannunzio, fondato-re e direttore del Mondo e tra ipadri del partito radicale. Con-tro di lui Maurizio Ferrara, al-l’epoca responsabile dell’Uni-tà di Roma, peraltro figlio diMario, importante collabora-tore di Pannunzio. Era accadu-to che in un suo articolo Ferra-ra accusasse Pannunzio, e an-che Ennio Flaiano, altra cele-bre firma, di aver intascatoemolumenti dal ministero del-la Cultura popolare ai tempidel regime fascista. «Ora lei sabenissimo che quanto insinuaè falso - scrivono Pannunzio eFlaiano -. Noi abbiamo iniziato

la nostra carriera giornalisti-ca nel giugno ’44 con Risorgi-mento liberale, dove lei fu as-sunto per un riguardo a suopadre e dove, nonostante lesue scarse capacità, fu“mantenuto” per parecchi me-si sempre per riguardo a suopadre. Ci sembra dunque im-pudente da parte di un cretinoe di un pennivendolo come lei,che ha preso qualche stipen-dio da noi, parlare di stipen-di». Ferrara risponde con unalettera in cui si dice costrettoa dare ai due «semplicementedegli stronzi».

Lo scambio di epiteti è frale sorprese che riserva al let-tore una biografia di Pannun-zio scritta dall’americanistaMassimo Teodori, parlamen-tare radicale negli Anni No-vanta. Pannunzio non è deltutto sincero: la sua carrieragiornalistica era iniziata negliAnni Trenta, come redattorecapo di Omnibus, lo stracitato

rotocalco inventato da Longa-nesi, e dopo la sua chiusura eraproseguita con la direzione diOggi, settimanale fondato conArrigo Benedetti (in seguito di-rettore dell’Europeo e del-l’Espresso). A onore di Pannun-zio va detto che sia Omnibus siaOggi vennero chiusi perché nonpiacevano ai gerarchi fascisti.Dopodiché nel 1949 arriva IlMondo, tanto prestigioso quan-to elitario, che restò sempresotto le ventimila copie, a di-spetto di una grafica eccellen-te, con le vignette di Maccari eBartoli, e di un parco firme che

collezionava il meglio dell'intel-lighenzia e del giornalismo, daimostri sacri Croce, Salvemini,Einaudi, Valiani, alla nuova ge-nerazione degli Scalfari, Gorre-sio, Forcella, Ajello, Giulia Mas-sari e Alberto Arbasino, Flaia-no, Todisco, e tanti altri, manca-va solo Indro Montanelli, cor-teggiato ma non troppo.

Di episodio in episodio, Teo-dori ricostruisce una figura atutto tondo di Pannunzio, met-tendo in luce gli anni della for-mazione, finora assai pocoesplorati: il conflitto con il pa-dre che gli impone di fare l’avvo-cato, mentre lui vuole laurearsiin architettura, le passioni uma-nistiche, l’interesse per la pittu-ra, con la partecipazione allaprima Quadriennale di Roma,l’amicizia con Moravia, e quella

ferrea con Leo Valiani, azioni-sta piuttosto lontano dalle sueposizioni.

Il cuore della biografia è ilprogetto politico di una TerzaVia: occidentalismo, anticomu-nismo, antifascismo e anticleri-calismo. La decisione di Pan-nunzio di chiudere nel 1966 ha ilsapore di una sconfitta, ma la vi-cenda va letta in uno spettro piùampio: «Senza la presenza delMondo le strettoie della guerrafredda sarebbero state ancorapiù strette, l’ingresso nel PattoAtlantico sarebbe stato più diffi-cile, e la spinta verso l’Europaunita sarebbe stata più debole».

GIANFRANCOMARRONE

La fortuna di un librosi misura anche da quella delsuo titolo, dal modo in cui unasocietà, magari storpiandolo,lo accetta e lo legge. Argo-mento che vale senz'altro perla letteratura (dove nomi deipersonaggi celebri, da donChisciotte al Gattopardo, di-vengono spesso formidabiliantonomasie) e che funzionaanche per quei testi di saggi-stica (Il disagio della civiltà,L'uomo a una dimensione, Ave-re o essere,...) i cui titoli finisco-no per generare espressioniproverbiali di ampia portata.

Molti libri di UmbertoEco hanno avuto questo de-stino. Si pensi a Opera aperta,La struttura assente, Il supe-ruomo di massa, Il nome dellarosa. Ma si pensi soprattuttoad Apocalittici e integrati, fon-damentale saggio del 1964sulle comunicazioni di massache oggi, anche a dispetto dichi non lo ha mai letto o com-preso, è certamente, nella va-stissima produzione di quest'autore, uno dei volumi chepiù meritano l'appellativo di«Libro d'Italia». Un testo cheha contribuito fortemente al

radicarsi di un'identità cultu-rale nostrana avulsa da ogniautarchico provincialismo,un'identità che si costituiscee si consolida grazie a una co-stante e critica attenzionenei confronti di quanto altro-ve nel mondo si pensa e siscrive. Anche quando, comeè il caso in questione, quelche fuori confine si pensa e siscrive non sono Scienza o Fi-losofia o Letteratura Alte eRiconosciute ma fumetti,canzoni di consumo, romanzipopolari, radio e televisione,pittura di second'ordine e va-ria oggettistica kitsch.

Il principale merito di quellibro stava e sta nell'aver atti-rato l'attenzione sul fatto chei mezzi di comunicazione dimassa (nonostante siano«mezzi» e siano «di massa»)producono forme e contenuticulturali a sé stanti, come talidegni d'esser presi in serenaconsiderazione. E ciò a pre-scindere dai pregiudizi criticiche tendono aprioristicamen-te a bollarli ora come pericolo-si e degeneri (è l'ostinazionedi intellettuali «apocalittici»come Marcuse o Zolla) ora co-me esito delle sorti magnifi-che e progressive dell'umani-tà (è la posa di profeti «inte-grati» come McLuhan).

Certo, l'idea che i mass me-dia producano cultura, e chetale cultura debba esser stu-diata e interpretata in modoapprofondito, appare oggi ov-via e banale. La proliferazionedei corsi di laurea in scienzedella comunicazione ne è lapiù evidente dimostrazione. Ilproblema è che, forse, nellamaggior parte dei casi quest'idea è passata senza le dovuteprecauzioni metodologiche,

senza quello spirito critico, sen-za quella sospettosa frivolezzache circolavano nel libro diEco. E che gli permettevano diincunearsi, non senza difficoltàideologiche ma con grande ar-guzia argomentativa, nell'inter-stizio fra gli accigliati strali delmarxismo francofortese (eter-namente forieri di un'apocalis-se prossima futura) e l'euforianaïve di chi salutava la societàdi massa come esempio eccelsodi democrazia realizzata (inte-grandosi acriticamente alle suecontraddizioni interne).

Non a caso, il libro di Ecoprende le mosse dalla celebrecondanna platonica della scrit-tura, accusata dal Filosofo di ri-muovere le capacità mnemoni-che dell'uomo e la sapienza chene deriva. Un modo per ricor-dare che, ogni volta che in Occi-

dente è nato un nuovo mediumdi comunicazione, c'è semprestato qualcuno pronto a inveirecontro di esso, additandolo co-me causa patente della più atro-ce decadenza dell'umanità.

È accaduto per la scritturasu papiro e pergamena ma an-che per i caratteri a stampa,per il telefono, la radio, il cine-ma muto e sonoro, la radio, lamusica riprodotta con macchi-ne, la televisione. E, ricordaEco, sempre con la medesimasicumera, regolarmente smen-tita dagli eventi successivi.Niente di più democratico diGutenberg, più socializzante

della telefonia, più adeguatodel giradischi. Il problema èche, nonostante le evidenzedella storia, e le stringenti ar-gomentazioni di Eco, gli apoca-littici continuano a trovareproseliti: a lungo s'è pensatoche internet fosse roba per pe-dofili e il telefonino per adulte-ri incalliti; e le chat sono statesalutate come la fine d'ognisensuale incontro fra corpi.Tutto, appunto, regolarmentesmentito. Stessa cosa, ribalta-ta ma sostanzialmente identi-ca, per gli integrati.

Ogni nuovo strumento di dif-fusione intellettuale è sempre

stato salutato, come euforico di-spensatore di nuova e migliorecultura, sostituendo di fatto ilmezzo col fine, il canale con ilmessaggio. Il problema, perEco, sta nel fatto che, troppospesso, «si fa teoria dei mezzi dimassa come si facesse la teoriadi giovedì prossimo», presi cioèdal ricatto della profezia a bre-ve termine, tanto scema quan-to fallace, non foss'altro perchéregolarmente smentita dal rit-mo con cui tali mezzi inevitabil-mente si trasformano.

Per studiare la cultura dimassa e i suoi media, allora, bi-sogna arretrare lo sguardo, eandare in cerca non delle veritàdell'ultimo momento, delle va-riazioni di superficie delle cosee delle idee, delle forme e deglistili, ma degli schemi invariantisu cui questa stesse mutazionisi fondano. Così, la Poetica diAristotele può spiegare gli sce-neggiati televisivi e l'oratoriagesuitica la pubblicità delle sa-ponette, al modo in cui Kant po-trà esser utile per interpretarele canzoni di consumo ed Hegelper dare un senso al fenomenodel cattivo gusto.

È appunto questo gesto dell'arretrare lo sguardo, al tempostesso intellettualistico e libera-torio, che viene eternamente ri-fiutato sia dagli apocalittici siadagli integrati: convinti (i pri-mi) che Kant serva soltanto aleggere Kant e speranzosi (i se-condi) che per capire la tv bastiguardare la tv.

Si capisce allora la ragioneper cui l'idea di Eco ha fattocentro, pur nella triste consta-tazione che la diade proverbia-le da egli individuata è ancoradura a morire. La scienza dellacomunicazione, sembrerebbe,è ancora di là da venire.

Pannunzioal calor biancosulla terza via

Eugenio Scalfari Un viaggio nelle idee del Moderno, con Diderot come Virgilio:a venire incontro sono gli eccelsi, i filosofi del frammento, dal ’500 a Nietzsche

Eugenio Scalfari vistoda Koen Ivens.

In alto, da sinistra,i ritratti dei «suoi»filosofi: Montaigne,Diderot, Nietzsche

Aggrappato a Montaignesull’altalena del mondo

Biografia Il fondatore del «Mondo»,un’avventura di idee e aspri litigi

BARBARASPINELLI

Poco prima di berela cicuta, Socrate fantastical'oltremondo dove forse an-drà. Potrebbe cadere nel nul-la d'un sonno profondo, e ilsollievo sarebbe sicuro: ad-dormentarsi è adorabile. Mac'è un'altra possibilità, chePitagora e i Misteri adom-brano: oltrepassata la so-glia, potrebbe darsi che i no-stri contemporanei sbiadi-scano e ci sia dato di fare in-contri fiabeschi. Invece deicensori che ci attorniano, ec-co farsi avanti i «giudici ve-ri» delle cose umane: Minos-se e Radamanto, Eaco e Trit-tolemo. Ecco gli eccelsi delpensiero attivo: Palamede eAiace Telamonio, Sisifo e ilsommo Odisseo. La felicitàdi stare con loro a conversa-re, a domandare, sarebbe«indicibile». Non incombe-rebbe la fretta: se ci appari-ranno, vorrà dire che gli ec-celsi sono immortali. Po-tremmo far domande, cal-me. Sarebbe bello, ad esem-pio, chiedere a Agamennoneperché s'incaponì nell'insa-na distruzione di Troia. O

«indagare chi di loro sia sa-piente e chi, pur presumen-do di esserlo, non lo sia».

Mi è venuto in mente ilviaggio immaginato da Pla-tone nell'Apologia di Socra-te leggendo l'ultimo libro diEugenio Scalfari, perché an-che qui si salpa per una ca-tàbasi: una discesa, lieve,nel mondo delle idee. Anchequi ci vengono incontro glieccelsi, come fossero vivi eaperti al domandare. Tantopiù squisita è la felicità per-ché la conversazione ha luo-go nell'aldiquà: non c'è biso-gno di cicuta per goderne.Che sia una trasmigrazione,il libro, lo si scopre già nel ti-tolo. Per l'alto mare apertoevoca il viaggio iniziatico diUlisse, descritto da Dante:«Misi me per l'alto mareaperto». A tutto questo s'ag-giunge un'altra fonte di go-dimento: l'occhio che spa-zia sui secoli della moderni-tà ha qualcosa di speciale. Èl'occhio di un autore cheracconta, non insegna; cheprocede per associazioni. Ilmetodo è congeniale al suopensare ed è quello, mi pa-re, dei moralisti.

Nel libro compaiono i va-sti sistemi del moderno, malo sguardo è quello dei filo-sofi che a partire dal '500 sidilettarono nella scritturaper frammenti: inauguratada Montaigne, l'arte culmi-na in Nietzsche. Il moralistenon è moralizzatore, non im-partisce lezioni: aspira, scri-ve Montaigne, a esser «spet-tatore delle vite altrui, per

meglio giudicare e regolarela propria». Con l'appariredei moralisti il linguaggio flui-sce in aforisma, musica.L'espediente è raffinato, per-ché il viaggio nel meraviglio-so lo può fare chiunque, sen-za fagotti accademici. Come iviaggi di Borges, come i rac-conti settecenteschi. Come ilViaggio intorno alla mia came-ra di Xavier de Maistre.

Il tragitto di Ulisse e laconversazione socratica so-no la musica del libro, e nonstupisce che Eugenio comin-ci, proprio come nell'Apolo-gia, interrogando un eccelsodei Lumi: Diderot, timonieredel viaggio nel sapere univer-sale che fu, nel '700, l'Enciclo-pedia. Diderot è scelto comeVirgilio nell'impresa e l'auto-re lo incrocia sin dall'incipit,seduto su una panchina delPalais Royal. Ma seguono al-tri incontri: memorabile quel-lo con Figaro, il famoso bar-biere. Dopo averlo adescatocon un borsello di monete (Fi-garo conosce mille trucchiper racimolarne) il nostroescursionista indaga sulla ge-nealogia dello scanzonato in-terlocutore. Questi evoca ilpadre Beaumarchais natural-mente, e Mozart, poi d'untratto rivela che gli è padreanche l'abate Sieyès, autoredel testo fondante della rivo-luzione francese (Che cos'è ilTerzo Stato?). Al narratoretutto stupefatto, Figaro espo-ne allora la storia della bor-ghesia: come prese il via dapersonaggi come lui, il bar-biere che accumula soldi, oLeporello servitore di DonGiovanni, o Sancho accompa-gnatore di Don Chisciotte, oJacques il fatalista vallettodi Diderot. Il dialogo è unadelizia: in poche righe è nar-rata la fiaba lieve, avida, fero-ce, di una classe inizialmentecomposta di lacchè. Mi hafatto pensare a quel che unavolta mi disse Cioran: L'hi-stoire appartient aux domesti-ques, la storia appartiene aidomestici.

La tecnica del racconto filo-sofico settecentesco e dellasocratica conversazione gui-da il lettore senza aver l'ariadi guidarlo, e così l'avvince. Èla tecnica degli scrittori dischegge appunto, di cui Mon-taigne e Nietzsche sono levette. Sono moderni, ma im-mersi nel classico. ThomasBernhard li chiama Lachphilo-sophen, filosofi ridenti: archi-visti di un sapere atempora-le, si esercitano in ammicca-menti. Montaigne aveva la ca-mera tappezzata di biglietti

di citazioni. Il suo predilettoera Socrate: «che portò lasaggezza umana dal cielo, do-ve perdeva il suo tempo, perrestituirla all'uomo: dove è ilsuo impiego più giusto, labo-rioso, e utile». Il conte philo-sophique consente a Scalfari

di offrire una collana di auto-ri: tante perle meravigliose.Si sa che l'amore della sag-gezza - la filosofia - è meravi-glia incessante.

Per questo il moderno vistoda Eugenio si fa classico, eUlisse ne è il mitico precurso-re: l'eroe del viaggio, della tra-

sformazione di sé. Della mètis,l'intelligenza che eleva l'uomoe lo precipita: «Astuzia e sag-gezza, ferocia e clemenza, gu-sto del potere e brama di cono-scere, impulso a partire e ne-cessità di ritornare: la bestia el'eroe procedono insieme in-trecciati e insieme fanno l'uo-mo come ciascuno di noi lo co-nosce». Ulisse tocca il subli-me, dove il bello incontra l'orri-do. A Itaca, bella meta, si con-suma uno dei più sanguinosimassacri omerici: quello deiProci ignari.

La modernità è un viaggioche forse finisce in macello. Èuna condizione di transito.Scalfari esamina i grandi si-stemi che ha prodotto (Hegel,Marx) ma è a Montaigne cheresta aggrappato. È con luiche le verità assolute si fannoumili, relative. Che lo stile siscompone. Simili viaggi nel

moderno sono ritorni circola-ri ai presocratici, al filosofo-poeta. L'Io che con Descartessi scopre esistente perché du-bita perde unità e rinasce, inZarathustra, stella danzante.Negli anni dell'incipiente fol-lia, a Torino, Nietzsche avevasul comodino i Saggi di Mon-taigne. Nuova sapienza nascequando niente è più fermo etutto infermo. In Montaigne,il mondo diventa continua al-talena: «Io non posso fissare ilmio oggetto. Esso procede in-certo e vacillante per una na-turale ebbrezza. Non descri-vo l'essere, descrivo il passag-gio». E ancora: «Se la mia ani-ma potesse stabilizzarsi nonmi saggerei, mi risolverei. Es-sa è sempre in tirocinio e inprova». Ha dentro di sé il caosche partorisce stelle danzanti.Mette se stessa per l'alto ma-re aperto.

Allora radio e tv,fumetti e canzoni,oggi Internet e chat:i mass media plasmanol’identità di un popolo

«MOLTO PIÙ DI UN GIOCO» A ROBBEN ISLAND

Il pallone contro l’apartheid= Quando si fronteggiava (si contrastava) l’apartheidprendendola a pallonate. Il calcio contro l’apartheid è iltema di Molto più di un gioco, una vera storiaraccontata da Chuck Korr e Marvin Close (Iacobelli, pp.235, € 15, traduzione di Valentina Iacoponi, prefazionedi Gianni Rivera). C’era una volta una squadra didetenuti politici, a Robben Island, dove fu recluso ancheMandela, che riuscirono a organizzare un campionatodi calcio. Tra loro, Jacob Zuma: una volta scarcerato,sarà in prima fila nella lotta contro l’apartheid. Ora è ilpresidente del Sudafrica.

STORIA E IMMAGINI DI UN PAESE

Il Sudafrica, fino al Mondiale= La maggiore potenza del continente nero, ilSudafrica. Ne ripercorre la storia, dalle origini («Inprincipio furono i portoghesi. Il 3 febbraio del 1448...»)al Mondiale di calcio ora in corso, Gabriele Catania,direttore del «Comitato per gli Studi Geopolitici»(Sudafrica, Castelvecchi, pp. 371, € 19,50).Marco Buemi racconta il Sudafrica in bianco e nero,un album di immagini narrate (Infinito edizioni, pp.141, € 15, prefazione di Nicola Zingaretti, introduzionedi padre Giulio Albanese). Dallo sport alla sicurezza,dall’espansione urbana alle religioni, al cinema.

Un titolo proverbiale:uscì nel 1964, ci aiutòa superare la sterilecontrapposizionefra “alto” e “basso”

pp Eugenio Scalfarip PER L'ALTO MARE APERTOp Einaudip pp. 290, € 19,50

PICCOLI LETTORI CRESCONO CON «BAFANA BAFANA»

Pelé, magia e Mandela= Probabilmente è il miglior racconto per ragazzi nelclima dei Mondiali, Bafana Bafana di Troy Blacklaws,con illustrazioni più evocative che realistiche di AndrewStooke (Donzelli, pp. 91, € 13). Il sottotitolo dice tutto:«Una storia di calcio, di magia e di Mandela». Potrebbeiniziare con la prima scena di Invictus, il bel film di ClintEastwood, quando si vede una squadra di bianchi dirugby su un campo verde smeraldo, poi la macchinapanoramica dall'altra parte della strada dove su uncampetto polveroso ragazzetti neri corrono dietro unapprossimativo pallone. Il calcio incarna il sogno di

riscatto dei giovani dell'Africa nera, e l'undicenne Pelé,che nel suo villaggio nella giungla corre dietro unapallina da tennis, sogna di andare nella capitale pervedere i Bafana Bafana, «i Ragazzi, i Ragazzi» dellaNazionale, soprattutto il suo idolo Zuma.Il nonno, che si vanta di aver offerto una birra a Mandelain gioventù e ne attende il ritorno, lo incoraggia apartire, e lo sciamano gli indica gli animali che loaiuteranno con i loro doni: la lince con il coraggio,l'iguana con la velocità, il camaleonte con l'invisibilità, losciacallo con l'astuzia, l'ibis con il volo. I topoi e gliarchetipi fiabeschi, come i doni degli aiutanti magici, siintrecciano con i miti contemporanei dell'immaginariopopolare, come la figura di Mandela che ha lottato e

vinto per liberare la sua gente, e con la modernità di riticome il calcio, linguaggio universale che Pasolini avevagià intuito. Il viaggio di Pelè offre un quadro vivido dellarealtà africana: miseria, delinquenza, i bambini distrada, i tsotsi giovani criminali, l'Aids, ma anche lasperanza e la solidarietà di donne e ragazzi. Pelè visitaanche la cella dove Nelson trascorse 18 dei suoi 27 annidi carcere. Poi, con l'ultimo dono, la piuma dell'ibis, volain mezzo al campo proprio quando entrano i BafanaBafana e tutti lo vedono in televisione, anche nelvillaggio davanti al tremolante televisore alimentatodalla batteria di una vecchia auto. E Zuma segna un golbellissimo. Mancano solo le vuvuzelas. Fernando Rotondo

Apocalittici e integrati Il saggio di Eco ha resomeno provinciale e autarchica la nostra cultura

L’ALLENATORE DI BRUSSIG SPIEGA

Il senso del calcio= «Donne e pallone, è proprio un capitolo funesto.Non riuscirete a cavarmi di bocca qualcosa contro ledonne, ma di sicuro il calcio non fa per le donne». Parlòcosì l’allenatore di Thomas Brussig, tedesco dell’Est, lavoce del monologo Fino a diventare uomini(66THA2ND, traduzione di Elvira Grassi e KathrinThienel). Una meditazione sul football, nella sfera che èil pallone «leggendo» le questioni dell’universo mondo,la geopolitica, la disoccupazione, la giustizia, la Borsa,l’eterno femminino... «Insomma, dovevo rispondere seper me il calcio era più importante di mia moglie...».

pp Massimo Teodorip PANNUNZIOp Mondadori, pp. 278, € 19,50p Mario Pannunzio, giornalista e

scrittore, fondatore del «Mon-do» e del Partito radicale, nac-que a Lucca nel 1910 e moriì aRoma nel 1968, due anni dopo lachiusura del suo prestigioso set-timanale. Aveva inziato la suacarriera negli anni Trenta a «Om-nibus», come redattore capo,passando nel 1944 a «Risorgi-mento Liberale».Bussola della sua parabola intel-lettuale sarà sempre Tocquevil-le. Massimo Teodori, il suo bio-grafo, è un americansita, parla-mentare radicale negli anni No-vanta.

«Per l’alto mareaperto»: l'occhiodi un autore moralista,non moralizzatore, chenon impartisce lezioni

Un italiano esemplareraccontato da Teodori:il conflitto con il padre,l’amore per la pittura,l’amicizia con Valiani

Umberto Eco (quando ancora portava la barba) in un ritratto di Ettore ViolaMario Pannunzio nella sua stanza di direttore de «Il Mondo», fondato nel 1949

Stai con Marcuseo con McLuhan?

Una tecnica avvincente:quella della socraticaconversazionee del conte philosophiquesettecentesco

Il suo foglio, che maisuperò le ventimilacopie, adunò le miglioriintelligenze: da Crocea Flaiano, a Gorresio

Una foto di Marco BuemiIllustrazione di Andrew Stooke

150O

Libri d’ItaliaVerso il 2011

Personaggi e ideeVITuttolibri

SABATO 19 GIUGNO 2010LA STAMPA VII

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Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VII - 19/06/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: FRABEL - Ora di stampa: 18/06/10 20.15

«Apocalitticie integrati»èdal1964nelcatalogoBompiani(oraneiTascabili,pp.201,€ 9,50).Ecoviraccolse i suoiscritti su«Comunicazionedimassaeteoriedellaculturadimassa».Lìsi confrontavanoidiversi livellidi“cultura”, lamusicadiAdornoei ritornellidiSanremo,CharlieBrownelacritica letteraria,Supermane lafilosofia.Edi lìnascerà ilDams, imassmedia incattedra.

ALBERTOPAPUZZI

Egregio cretino. Gen-tile stronzo. Non si moderanoi termini nell’aspro litigio chenel 1953 vede coinvolta un’ico-na del giornalismo italiano co-me Mario Pannunzio, fondato-re e direttore del Mondo e tra ipadri del partito radicale. Con-tro di lui Maurizio Ferrara, al-l’epoca responsabile dell’Uni-tà di Roma, peraltro figlio diMario, importante collabora-tore di Pannunzio. Era accadu-to che in un suo articolo Ferra-ra accusasse Pannunzio, e an-che Ennio Flaiano, altra cele-bre firma, di aver intascatoemolumenti dal ministero del-la Cultura popolare ai tempidel regime fascista. «Ora lei sabenissimo che quanto insinuaè falso - scrivono Pannunzio eFlaiano -. Noi abbiamo iniziato

la nostra carriera giornalisti-ca nel giugno ’44 con Risorgi-mento liberale, dove lei fu as-sunto per un riguardo a suopadre e dove, nonostante lesue scarse capacità, fu“mantenuto” per parecchi me-si sempre per riguardo a suopadre. Ci sembra dunque im-pudente da parte di un cretinoe di un pennivendolo come lei,che ha preso qualche stipen-dio da noi, parlare di stipen-di». Ferrara risponde con unalettera in cui si dice costrettoa dare ai due «semplicementedegli stronzi».

Lo scambio di epiteti è frale sorprese che riserva al let-tore una biografia di Pannun-zio scritta dall’americanistaMassimo Teodori, parlamen-tare radicale negli Anni No-vanta. Pannunzio non è deltutto sincero: la sua carrieragiornalistica era iniziata negliAnni Trenta, come redattorecapo di Omnibus, lo stracitato

rotocalco inventato da Longa-nesi, e dopo la sua chiusura eraproseguita con la direzione diOggi, settimanale fondato conArrigo Benedetti (in seguito di-rettore dell’Europeo e del-l’Espresso). A onore di Pannun-zio va detto che sia Omnibus siaOggi vennero chiusi perché nonpiacevano ai gerarchi fascisti.Dopodiché nel 1949 arriva IlMondo, tanto prestigioso quan-to elitario, che restò sempresotto le ventimila copie, a di-spetto di una grafica eccellen-te, con le vignette di Maccari eBartoli, e di un parco firme che

collezionava il meglio dell'intel-lighenzia e del giornalismo, daimostri sacri Croce, Salvemini,Einaudi, Valiani, alla nuova ge-nerazione degli Scalfari, Gorre-sio, Forcella, Ajello, Giulia Mas-sari e Alberto Arbasino, Flaia-no, Todisco, e tanti altri, manca-va solo Indro Montanelli, cor-teggiato ma non troppo.

Di episodio in episodio, Teo-dori ricostruisce una figura atutto tondo di Pannunzio, met-tendo in luce gli anni della for-mazione, finora assai pocoesplorati: il conflitto con il pa-dre che gli impone di fare l’avvo-cato, mentre lui vuole laurearsiin architettura, le passioni uma-nistiche, l’interesse per la pittu-ra, con la partecipazione allaprima Quadriennale di Roma,l’amicizia con Moravia, e quella

ferrea con Leo Valiani, azioni-sta piuttosto lontano dalle sueposizioni.

Il cuore della biografia è ilprogetto politico di una TerzaVia: occidentalismo, anticomu-nismo, antifascismo e anticleri-calismo. La decisione di Pan-nunzio di chiudere nel 1966 ha ilsapore di una sconfitta, ma la vi-cenda va letta in uno spettro piùampio: «Senza la presenza delMondo le strettoie della guerrafredda sarebbero state ancorapiù strette, l’ingresso nel PattoAtlantico sarebbe stato più diffi-cile, e la spinta verso l’Europaunita sarebbe stata più debole».

GIANFRANCOMARRONE

La fortuna di un librosi misura anche da quella delsuo titolo, dal modo in cui unasocietà, magari storpiandolo,lo accetta e lo legge. Argo-mento che vale senz'altro perla letteratura (dove nomi deipersonaggi celebri, da donChisciotte al Gattopardo, di-vengono spesso formidabiliantonomasie) e che funzionaanche per quei testi di saggi-stica (Il disagio della civiltà,L'uomo a una dimensione, Ave-re o essere,...) i cui titoli finisco-no per generare espressioniproverbiali di ampia portata.

Molti libri di UmbertoEco hanno avuto questo de-stino. Si pensi a Opera aperta,La struttura assente, Il supe-ruomo di massa, Il nome dellarosa. Ma si pensi soprattuttoad Apocalittici e integrati, fon-damentale saggio del 1964sulle comunicazioni di massache oggi, anche a dispetto dichi non lo ha mai letto o com-preso, è certamente, nella va-stissima produzione di quest'autore, uno dei volumi chepiù meritano l'appellativo di«Libro d'Italia». Un testo cheha contribuito fortemente al

radicarsi di un'identità cultu-rale nostrana avulsa da ogniautarchico provincialismo,un'identità che si costituiscee si consolida grazie a una co-stante e critica attenzionenei confronti di quanto altro-ve nel mondo si pensa e siscrive. Anche quando, comeè il caso in questione, quelche fuori confine si pensa e siscrive non sono Scienza o Fi-losofia o Letteratura Alte eRiconosciute ma fumetti,canzoni di consumo, romanzipopolari, radio e televisione,pittura di second'ordine e va-ria oggettistica kitsch.

Il principale merito di quellibro stava e sta nell'aver atti-rato l'attenzione sul fatto chei mezzi di comunicazione dimassa (nonostante siano«mezzi» e siano «di massa»)producono forme e contenuticulturali a sé stanti, come talidegni d'esser presi in serenaconsiderazione. E ciò a pre-scindere dai pregiudizi criticiche tendono aprioristicamen-te a bollarli ora come pericolo-si e degeneri (è l'ostinazionedi intellettuali «apocalittici»come Marcuse o Zolla) ora co-me esito delle sorti magnifi-che e progressive dell'umani-tà (è la posa di profeti «inte-grati» come McLuhan).

Certo, l'idea che i mass me-dia producano cultura, e chetale cultura debba esser stu-diata e interpretata in modoapprofondito, appare oggi ov-via e banale. La proliferazionedei corsi di laurea in scienzedella comunicazione ne è lapiù evidente dimostrazione. Ilproblema è che, forse, nellamaggior parte dei casi quest'idea è passata senza le dovuteprecauzioni metodologiche,

senza quello spirito critico, sen-za quella sospettosa frivolezzache circolavano nel libro diEco. E che gli permettevano diincunearsi, non senza difficoltàideologiche ma con grande ar-guzia argomentativa, nell'inter-stizio fra gli accigliati strali delmarxismo francofortese (eter-namente forieri di un'apocalis-se prossima futura) e l'euforianaïve di chi salutava la societàdi massa come esempio eccelsodi democrazia realizzata (inte-grandosi acriticamente alle suecontraddizioni interne).

Non a caso, il libro di Ecoprende le mosse dalla celebrecondanna platonica della scrit-tura, accusata dal Filosofo di ri-muovere le capacità mnemoni-che dell'uomo e la sapienza chene deriva. Un modo per ricor-dare che, ogni volta che in Occi-

dente è nato un nuovo mediumdi comunicazione, c'è semprestato qualcuno pronto a inveirecontro di esso, additandolo co-me causa patente della più atro-ce decadenza dell'umanità.

È accaduto per la scritturasu papiro e pergamena ma an-che per i caratteri a stampa,per il telefono, la radio, il cine-ma muto e sonoro, la radio, lamusica riprodotta con macchi-ne, la televisione. E, ricordaEco, sempre con la medesimasicumera, regolarmente smen-tita dagli eventi successivi.Niente di più democratico diGutenberg, più socializzante

della telefonia, più adeguatodel giradischi. Il problema èche, nonostante le evidenzedella storia, e le stringenti ar-gomentazioni di Eco, gli apoca-littici continuano a trovareproseliti: a lungo s'è pensatoche internet fosse roba per pe-dofili e il telefonino per adulte-ri incalliti; e le chat sono statesalutate come la fine d'ognisensuale incontro fra corpi.Tutto, appunto, regolarmentesmentito. Stessa cosa, ribalta-ta ma sostanzialmente identi-ca, per gli integrati.

Ogni nuovo strumento di dif-fusione intellettuale è sempre

stato salutato, come euforico di-spensatore di nuova e migliorecultura, sostituendo di fatto ilmezzo col fine, il canale con ilmessaggio. Il problema, perEco, sta nel fatto che, troppospesso, «si fa teoria dei mezzi dimassa come si facesse la teoriadi giovedì prossimo», presi cioèdal ricatto della profezia a bre-ve termine, tanto scema quan-to fallace, non foss'altro perchéregolarmente smentita dal rit-mo con cui tali mezzi inevitabil-mente si trasformano.

Per studiare la cultura dimassa e i suoi media, allora, bi-sogna arretrare lo sguardo, eandare in cerca non delle veritàdell'ultimo momento, delle va-riazioni di superficie delle cosee delle idee, delle forme e deglistili, ma degli schemi invariantisu cui questa stesse mutazionisi fondano. Così, la Poetica diAristotele può spiegare gli sce-neggiati televisivi e l'oratoriagesuitica la pubblicità delle sa-ponette, al modo in cui Kant po-trà esser utile per interpretarele canzoni di consumo ed Hegelper dare un senso al fenomenodel cattivo gusto.

È appunto questo gesto dell'arretrare lo sguardo, al tempostesso intellettualistico e libera-torio, che viene eternamente ri-fiutato sia dagli apocalittici siadagli integrati: convinti (i pri-mi) che Kant serva soltanto aleggere Kant e speranzosi (i se-condi) che per capire la tv bastiguardare la tv.

Si capisce allora la ragioneper cui l'idea di Eco ha fattocentro, pur nella triste consta-tazione che la diade proverbia-le da egli individuata è ancoradura a morire. La scienza dellacomunicazione, sembrerebbe,è ancora di là da venire.

Pannunzioal calor biancosulla terza via

Eugenio Scalfari Un viaggio nelle idee del Moderno, con Diderot come Virgilio:a venire incontro sono gli eccelsi, i filosofi del frammento, dal ’500 a Nietzsche

Eugenio Scalfari vistoda Koen Ivens.

In alto, da sinistra,i ritratti dei «suoi»filosofi: Montaigne,Diderot, Nietzsche

Aggrappato a Montaignesull’altalena del mondo

Biografia Il fondatore del «Mondo»,un’avventura di idee e aspri litigi

BARBARASPINELLI

Poco prima di berela cicuta, Socrate fantastical'oltremondo dove forse an-drà. Potrebbe cadere nel nul-la d'un sonno profondo, e ilsollievo sarebbe sicuro: ad-dormentarsi è adorabile. Mac'è un'altra possibilità, chePitagora e i Misteri adom-brano: oltrepassata la so-glia, potrebbe darsi che i no-stri contemporanei sbiadi-scano e ci sia dato di fare in-contri fiabeschi. Invece deicensori che ci attorniano, ec-co farsi avanti i «giudici ve-ri» delle cose umane: Minos-se e Radamanto, Eaco e Trit-tolemo. Ecco gli eccelsi delpensiero attivo: Palamede eAiace Telamonio, Sisifo e ilsommo Odisseo. La felicitàdi stare con loro a conversa-re, a domandare, sarebbe«indicibile». Non incombe-rebbe la fretta: se ci appari-ranno, vorrà dire che gli ec-celsi sono immortali. Po-tremmo far domande, cal-me. Sarebbe bello, ad esem-pio, chiedere a Agamennoneperché s'incaponì nell'insa-na distruzione di Troia. O

«indagare chi di loro sia sa-piente e chi, pur presumen-do di esserlo, non lo sia».

Mi è venuto in mente ilviaggio immaginato da Pla-tone nell'Apologia di Socra-te leggendo l'ultimo libro diEugenio Scalfari, perché an-che qui si salpa per una ca-tàbasi: una discesa, lieve,nel mondo delle idee. Anchequi ci vengono incontro glieccelsi, come fossero vivi eaperti al domandare. Tantopiù squisita è la felicità per-ché la conversazione ha luo-go nell'aldiquà: non c'è biso-gno di cicuta per goderne.Che sia una trasmigrazione,il libro, lo si scopre già nel ti-tolo. Per l'alto mare apertoevoca il viaggio iniziatico diUlisse, descritto da Dante:«Misi me per l'alto mareaperto». A tutto questo s'ag-giunge un'altra fonte di go-dimento: l'occhio che spa-zia sui secoli della moderni-tà ha qualcosa di speciale. Èl'occhio di un autore cheracconta, non insegna; cheprocede per associazioni. Ilmetodo è congeniale al suopensare ed è quello, mi pa-re, dei moralisti.

Nel libro compaiono i va-sti sistemi del moderno, malo sguardo è quello dei filo-sofi che a partire dal '500 sidilettarono nella scritturaper frammenti: inauguratada Montaigne, l'arte culmi-na in Nietzsche. Il moralistenon è moralizzatore, non im-partisce lezioni: aspira, scri-ve Montaigne, a esser «spet-tatore delle vite altrui, per

meglio giudicare e regolarela propria». Con l'appariredei moralisti il linguaggio flui-sce in aforisma, musica.L'espediente è raffinato, per-ché il viaggio nel meraviglio-so lo può fare chiunque, sen-za fagotti accademici. Come iviaggi di Borges, come i rac-conti settecenteschi. Come ilViaggio intorno alla mia came-ra di Xavier de Maistre.

Il tragitto di Ulisse e laconversazione socratica so-no la musica del libro, e nonstupisce che Eugenio comin-ci, proprio come nell'Apolo-gia, interrogando un eccelsodei Lumi: Diderot, timonieredel viaggio nel sapere univer-sale che fu, nel '700, l'Enciclo-pedia. Diderot è scelto comeVirgilio nell'impresa e l'auto-re lo incrocia sin dall'incipit,seduto su una panchina delPalais Royal. Ma seguono al-tri incontri: memorabile quel-lo con Figaro, il famoso bar-biere. Dopo averlo adescatocon un borsello di monete (Fi-garo conosce mille trucchiper racimolarne) il nostroescursionista indaga sulla ge-nealogia dello scanzonato in-terlocutore. Questi evoca ilpadre Beaumarchais natural-mente, e Mozart, poi d'untratto rivela che gli è padreanche l'abate Sieyès, autoredel testo fondante della rivo-luzione francese (Che cos'è ilTerzo Stato?). Al narratoretutto stupefatto, Figaro espo-ne allora la storia della bor-ghesia: come prese il via dapersonaggi come lui, il bar-biere che accumula soldi, oLeporello servitore di DonGiovanni, o Sancho accompa-gnatore di Don Chisciotte, oJacques il fatalista vallettodi Diderot. Il dialogo è unadelizia: in poche righe è nar-rata la fiaba lieve, avida, fero-ce, di una classe inizialmentecomposta di lacchè. Mi hafatto pensare a quel che unavolta mi disse Cioran: L'hi-stoire appartient aux domesti-ques, la storia appartiene aidomestici.

La tecnica del racconto filo-sofico settecentesco e dellasocratica conversazione gui-da il lettore senza aver l'ariadi guidarlo, e così l'avvince. Èla tecnica degli scrittori dischegge appunto, di cui Mon-taigne e Nietzsche sono levette. Sono moderni, ma im-mersi nel classico. ThomasBernhard li chiama Lachphilo-sophen, filosofi ridenti: archi-visti di un sapere atempora-le, si esercitano in ammicca-menti. Montaigne aveva la ca-mera tappezzata di biglietti

di citazioni. Il suo predilettoera Socrate: «che portò lasaggezza umana dal cielo, do-ve perdeva il suo tempo, perrestituirla all'uomo: dove è ilsuo impiego più giusto, labo-rioso, e utile». Il conte philo-sophique consente a Scalfari

di offrire una collana di auto-ri: tante perle meravigliose.Si sa che l'amore della sag-gezza - la filosofia - è meravi-glia incessante.

Per questo il moderno vistoda Eugenio si fa classico, eUlisse ne è il mitico precurso-re: l'eroe del viaggio, della tra-

sformazione di sé. Della mètis,l'intelligenza che eleva l'uomoe lo precipita: «Astuzia e sag-gezza, ferocia e clemenza, gu-sto del potere e brama di cono-scere, impulso a partire e ne-cessità di ritornare: la bestia el'eroe procedono insieme in-trecciati e insieme fanno l'uo-mo come ciascuno di noi lo co-nosce». Ulisse tocca il subli-me, dove il bello incontra l'orri-do. A Itaca, bella meta, si con-suma uno dei più sanguinosimassacri omerici: quello deiProci ignari.

La modernità è un viaggioche forse finisce in macello. Èuna condizione di transito.Scalfari esamina i grandi si-stemi che ha prodotto (Hegel,Marx) ma è a Montaigne cheresta aggrappato. È con luiche le verità assolute si fannoumili, relative. Che lo stile siscompone. Simili viaggi nel

moderno sono ritorni circola-ri ai presocratici, al filosofo-poeta. L'Io che con Descartessi scopre esistente perché du-bita perde unità e rinasce, inZarathustra, stella danzante.Negli anni dell'incipiente fol-lia, a Torino, Nietzsche avevasul comodino i Saggi di Mon-taigne. Nuova sapienza nascequando niente è più fermo etutto infermo. In Montaigne,il mondo diventa continua al-talena: «Io non posso fissare ilmio oggetto. Esso procede in-certo e vacillante per una na-turale ebbrezza. Non descri-vo l'essere, descrivo il passag-gio». E ancora: «Se la mia ani-ma potesse stabilizzarsi nonmi saggerei, mi risolverei. Es-sa è sempre in tirocinio e inprova». Ha dentro di sé il caosche partorisce stelle danzanti.Mette se stessa per l'alto ma-re aperto.

Allora radio e tv,fumetti e canzoni,oggi Internet e chat:i mass media plasmanol’identità di un popolo

«MOLTO PIÙ DI UN GIOCO» A ROBBEN ISLAND

Il pallone contro l’apartheid= Quando si fronteggiava (si contrastava) l’apartheidprendendola a pallonate. Il calcio contro l’apartheid è iltema di Molto più di un gioco, una vera storiaraccontata da Chuck Korr e Marvin Close (Iacobelli, pp.235, € 15, traduzione di Valentina Iacoponi, prefazionedi Gianni Rivera). C’era una volta una squadra didetenuti politici, a Robben Island, dove fu recluso ancheMandela, che riuscirono a organizzare un campionatodi calcio. Tra loro, Jacob Zuma: una volta scarcerato,sarà in prima fila nella lotta contro l’apartheid. Ora è ilpresidente del Sudafrica.

STORIA E IMMAGINI DI UN PAESE

Il Sudafrica, fino al Mondiale= La maggiore potenza del continente nero, ilSudafrica. Ne ripercorre la storia, dalle origini («Inprincipio furono i portoghesi. Il 3 febbraio del 1448...»)al Mondiale di calcio ora in corso, Gabriele Catania,direttore del «Comitato per gli Studi Geopolitici»(Sudafrica, Castelvecchi, pp. 371, € 19,50).Marco Buemi racconta il Sudafrica in bianco e nero,un album di immagini narrate (Infinito edizioni, pp.141, € 15, prefazione di Nicola Zingaretti, introduzionedi padre Giulio Albanese). Dallo sport alla sicurezza,dall’espansione urbana alle religioni, al cinema.

Un titolo proverbiale:uscì nel 1964, ci aiutòa superare la sterilecontrapposizionefra “alto” e “basso”

pp Eugenio Scalfarip PER L'ALTO MARE APERTOp Einaudip pp. 290, € 19,50

PICCOLI LETTORI CRESCONO CON «BAFANA BAFANA»

Pelé, magia e Mandela= Probabilmente è il miglior racconto per ragazzi nelclima dei Mondiali, Bafana Bafana di Troy Blacklaws,con illustrazioni più evocative che realistiche di AndrewStooke (Donzelli, pp. 91, € 13). Il sottotitolo dice tutto:«Una storia di calcio, di magia e di Mandela». Potrebbeiniziare con la prima scena di Invictus, il bel film di ClintEastwood, quando si vede una squadra di bianchi dirugby su un campo verde smeraldo, poi la macchinapanoramica dall'altra parte della strada dove su uncampetto polveroso ragazzetti neri corrono dietro unapprossimativo pallone. Il calcio incarna il sogno di

riscatto dei giovani dell'Africa nera, e l'undicenne Pelé,che nel suo villaggio nella giungla corre dietro unapallina da tennis, sogna di andare nella capitale pervedere i Bafana Bafana, «i Ragazzi, i Ragazzi» dellaNazionale, soprattutto il suo idolo Zuma.Il nonno, che si vanta di aver offerto una birra a Mandelain gioventù e ne attende il ritorno, lo incoraggia apartire, e lo sciamano gli indica gli animali che loaiuteranno con i loro doni: la lince con il coraggio,l'iguana con la velocità, il camaleonte con l'invisibilità, losciacallo con l'astuzia, l'ibis con il volo. I topoi e gliarchetipi fiabeschi, come i doni degli aiutanti magici, siintrecciano con i miti contemporanei dell'immaginariopopolare, come la figura di Mandela che ha lottato e

vinto per liberare la sua gente, e con la modernità di riticome il calcio, linguaggio universale che Pasolini avevagià intuito. Il viaggio di Pelè offre un quadro vivido dellarealtà africana: miseria, delinquenza, i bambini distrada, i tsotsi giovani criminali, l'Aids, ma anche lasperanza e la solidarietà di donne e ragazzi. Pelè visitaanche la cella dove Nelson trascorse 18 dei suoi 27 annidi carcere. Poi, con l'ultimo dono, la piuma dell'ibis, volain mezzo al campo proprio quando entrano i BafanaBafana e tutti lo vedono in televisione, anche nelvillaggio davanti al tremolante televisore alimentatodalla batteria di una vecchia auto. E Zuma segna un golbellissimo. Mancano solo le vuvuzelas. Fernando Rotondo

Apocalittici e integrati Il saggio di Eco ha resomeno provinciale e autarchica la nostra cultura

L’ALLENATORE DI BRUSSIG SPIEGA

Il senso del calcio= «Donne e pallone, è proprio un capitolo funesto.Non riuscirete a cavarmi di bocca qualcosa contro ledonne, ma di sicuro il calcio non fa per le donne». Parlòcosì l’allenatore di Thomas Brussig, tedesco dell’Est, lavoce del monologo Fino a diventare uomini(66THA2ND, traduzione di Elvira Grassi e KathrinThienel). Una meditazione sul football, nella sfera che èil pallone «leggendo» le questioni dell’universo mondo,la geopolitica, la disoccupazione, la giustizia, la Borsa,l’eterno femminino... «Insomma, dovevo rispondere seper me il calcio era più importante di mia moglie...».

pp Massimo Teodorip PANNUNZIOp Mondadori, pp. 278, € 19,50p Mario Pannunzio, giornalista e

scrittore, fondatore del «Mon-do» e del Partito radicale, nac-que a Lucca nel 1910 e moriì aRoma nel 1968, due anni dopo lachiusura del suo prestigioso set-timanale. Aveva inziato la suacarriera negli anni Trenta a «Om-nibus», come redattore capo,passando nel 1944 a «Risorgi-mento Liberale».Bussola della sua parabola intel-lettuale sarà sempre Tocquevil-le. Massimo Teodori, il suo bio-grafo, è un americansita, parla-mentare radicale negli anni No-vanta.

«Per l’alto mareaperto»: l'occhiodi un autore moralista,non moralizzatore, chenon impartisce lezioni

Un italiano esemplareraccontato da Teodori:il conflitto con il padre,l’amore per la pittura,l’amicizia con Valiani

Umberto Eco (quando ancora portava la barba) in un ritratto di Ettore ViolaMario Pannunzio nella sua stanza di direttore de «Il Mondo», fondato nel 1949

Stai con Marcuseo con McLuhan?

Una tecnica avvincente:quella della socraticaconversazionee del conte philosophiquesettecentesco

Il suo foglio, che maisuperò le ventimilacopie, adunò le miglioriintelligenze: da Crocea Flaiano, a Gorresio

Una foto di Marco BuemiIllustrazione di Andrew Stooke

150O

Libri d’ItaliaVerso il 2011

Personaggi e ideeVITuttolibri

SABATO 19 GIUGNO 2010LA STAMPA VII

Page 8: Tuttolibri n. 1719 (19-06-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - TORINO - VIII - 19/06/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/DUMMY [DUMMYTO] - Autore: CRIMUL - Ora di stampa: 18/06/10 21.10

lucazanini.it

SABATO 19 GIUGNO 2010 LA STAMPA VIII W

Page 9: Tuttolibri n. 1719 (19-06-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IX - 19/06/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/09 - Autore: FRABEL - Ora di stampa: 18/06/10 20.15

MARCOAIME

Tenuta lontana perdecenni dai salotti buoni del-la storia, l'Africa sembra orarientrarvi e non solo nel ruo-lo di ancella, ma ritagliando-si un posto da protagonistavera. La posizione di passivi-tà, assegnatale da molti sto-rici del passato, non è più at-tendibile e studi sempre piùapprofonditi rimescolano lepercentuali degli attori e ri-velano nuovi scenari.

Il libro di John ThorntonL’Africa e gli africani nellaformazione del mondo atlanti-co si inserisce in questo filo-ne, allargando l'angolo di os-servazione, per scardinare ilcontinente africano e i suoiabitanti da un presunto isola-mento e inserirli nella storia

del mondo atlantico, connet-tendo le due sponde di que-sto oceano e legandole a undestino comune.

Pur spostando il suo ob-biettivo sul mare e sulle rot-te che lo attraversavano,Thornton non si limita a«frequentare» le coste afri-cane. L'Atlantico, infatti, pe-netra dentro l'Africa grazieai fiumi, che fin dai tempi re-moti hanno costituito dellefondamentali vie di collega-mento utili ai commerci in-terni ed esterni. Grandi cor-si d'acqua come il Niger, ilSenegal, il Congo penetranoprofondamente nell'internoe le testimonianze dei primiesploratori raccontano di im-barcazioni che trasportava-no ininterrottamente mercie uomini lungo questi fiumi.

Il tutto sta a testimoniare

che fin dal XV secolo, negli sta-ti atlantici dell'Africa l'econo-mia godeva di buona salute enon a caso, infatti, i portoghe-si, primi a percorrere le costeoccidentali del continente, av-viarono floridi commerci allapari con regni e stati africani.

Non dunque una condizio-ne succube dell'Africa, ma unruolo attivo e redditizio. Comeafferma Thornton, con dovi-zia di dati e fonti storiche, nonera conveniente combatterein Africa, meglio commercia-re. Così, almeno fino al XVIIsecolo africani mantennero ilcontrollo dei propri trafficicommerciali, che peraltrocomprendevano anche gli

schiavi. Su questo punto l'au-tore è un po' ambiguo, perchéda un lato ribadisce come gliafricani della costa abbianosvolto un ruolo attivo e fonda-mentale nella tratta, andandoa razziare tra le popolazionidell'interno. Un fatto risapu-to, ma qui documentato piut-tosto bene. Dall'altro latoThornton sostiene che la trat-ta atlantica si sarebbe innesta-ta su una pratica della schiavi-tù già esistente. Questo è verosolo in parte, in quanto nessu-no può negare, che esistessela schiavitù anche prima dell'arrivo dei bianchi, ma essa as-sumeva forme diverse e inmolti casi era una pratica do-

mestica e non sempre unatratta vera e propria.

Molto interessante, invece,lo sguardo nuovo che si dàdell'importanza della culturaafricana, approdata sull'altrasponda dell'oceano con glischiavi, nella costruzione del-le diverse culture americane.Adottando un approccio dina-mico e dialettico ai fenomeniculturali, Thornton, smenten-do molte teorie del passato,analizza i diversi modi in cuigli africani, diventati afro-americani, abbiano saputo ri-contestualizzarsi e rimodella-re la loro cultura, trasforman-do di conseguenza anche leculture autoctone.

Dalla parentela all'estetica

gli africani deportati non si so-no né chiusi in gusci impene-trabili, né hanno abdicato to-talmente alle loro tradizioni,ma hanno saputo reagire allanuova condizione, interagen-do con i nuovi paesaggi cultu-rali che li attorniavano. Nonsopravvivenze di cultura «ne-gra», né solo adozione di nuo-vi modelli, ma la formulazionedi una vera e propria culturaafro-americana.

Ecco ribadito il ruolo attivoe condizionante degli africani,anche nella fase più tragicaper loro, che fu quella dellatratta. Thornton parla di inte-re regioni americane africaniz-zate dagli schiavi a scapito deigruppi creoli che le abitavano,come nel caso di Cuba, della Ja-maica, di Santo Domingo e dimolte altre isole caraibiche,che conobbero non pochi con-flitti tra africani e locali.

Schiavi sì, dunque, ma nonper questo deculturati o asso-lutamente passivi. È questo ilmessaggio che, dopo un per-corso ricco, approfondito equanto mai solido Thornton civuole lasciare.

MARIA RITAMASCI

La fabbrica del mon-do, come viene oggi definita laCina, si regge su milioni di ope-rai e una cospicua parte di que-sti è composta dai mingong, la-voratori migranti che lascianola campagna per trasferirsinelle città dove le fabbriche, icantieri edili, i lavori infra-strutturali richiedono mano-dopera. Un fenomeno migrato-rio dalle dimensioni impressio-nanti - si parla di 200 milionidi persone - che oltre a nutrireil Pil del paese ha determinatoanche una profonda mutazio-ne sociale.

Il libro di Leslie T. Chang,Operaie, è una lente di ingran-dimento posata sulla vita, leaspirazioni, la mentalità e iproblemi delle donne migrantiche, nella zona presa in esame,la città di Dongguang, rappre-sentano il 70% della forza lavo-ro. Dal 2004 al 2007 l'autrice,allora giornalista a Pechinoper il Wall Street Journal, le hacercate, conosciute, seguitenelle loro camerate; è stata acena con loro, le loro amiche, ipotenziali fidanzati; è stata neiloro villaggi di origine, con lefamiglie e i parenti; ha letto iloro diari, scambiato impres-sioni e valutazioni. Ne esce fuo-ri un ritratto umano e socialeper molti tratti sorprendente.

Stupisce innanzi tutto lagiovinezza disarmante di que-

sto esercito di operaie. Sono tee-nager, sedicenni che lasciano lacampagna dove non c'è nienteda fare per approdare in luoghisconosciuti e ostili, sprovviste diqualunque preparazione.

Per venir assunte nelle fab-briche, dove per legge non si po-trebbe entrare prima dei 18 an-ni, esibiscono carte di identitàfalse. Mentire è un atteggiamen-to ricorrente: si mente ai genito-ri rimasti al villaggio per evitarele loro ingerenze, si millantanocompetenze per migliorare lapropria posizione, si contraffan-no i diplomi. In un mondo in cuidevono cavarsela da sole, menti-re è una difesa e un espedienteper andare avanti.

Hanno l'ansia del tempo, diguadagnare di più e godere dimigliori condizioni, di farcela ra-pidamente. Così si licenziano,anche se questo significa veder-si trattenere mesi di stipendio,per cercare altrove, dove maga-

ri si ritrovano sempre alla cate-na di montaggio e con condizio-ni simili. Ma non importa, posso-no sempre licenziarsi di nuovo.Per questo il turn over nelle fab-briche di Dongguan è molto alto.

Una delle protagoniste delreportage, Wu Chunming, iniziaalla catena di montaggio in una

fabbrica di giocattoli, diventaimpiegata, si licenzia, passa albusiness delle vendite dirette, opiramidali, che furoreggia nellaseconda metà degli Anni 90; poifa la giornalista, la rappresen-tante di un'azienda svedese divernici, si mette in proprio. Intredici anni vive in sette munici-

palità e cambia casa diciassettevolte in una corsa solitaria ver-so l'automiglioramento.

Mancando di punti di riferi-mento, per migliorare la loro si-tuazione si appoggiano a corsidi formazione improbabili, co-me quello di avviamento al se-gretariato aziendale, che inse-gna più l'etichetta che i contenu-ti; o l'apprendimento automati-co dell'inglese grazie a macchi-ne bizzarre create da un localeDottor Caligaris. Ricorrono amanuali di auto aiuto tradottidall'inglese, vengono influenza-te dall'ethos americano dellaAvon, dai leader motivazionalio dai guru del management diogni sorta. Mentre il governocentrale ripristina i valori con-fuciani, qui domina un vuoto to-tale, sostituito da un guazzabu-glio di formule per il successorapido che nulla ha a che farecon la morale tradizionale nécon il socialismo.

Queste ragazze danno l'im-pressione di vivere un'esistenzapsicologicamente precaria, divi-se fra il richiamo di una terra na-tìa, con regole ancora feudaliche penalizzano la donna, e leopportunità che devono fatico-samente costruirsi nel campo dibattaglia dell'industrializzazio-ne globalizzata.

La grande migrazione è frut-to della politica delle riforme ela cancellazione dei diritti dellaclasse lavoratrice ha creato unadocile manodopera per il merca-to mondiale. Di sindacati non siparla, né di forme organizzate diprotesta. Le operaie si licenzia-no, non lottano, non hanno unacoscienza politica. Rigettandol'esperienza estremista dell'eramaoista, con l'acqua sporca si ègettato anche il bambino - la pro-tezione sociale - al punto che og-gi una delle operaie incontratedalla Chang può chiedere: «Chiè il Presidente Mao oggi?».

Africa Il contributo del Continente neroalla formazione del «mondo atlantico»

Juan Ramon Jiménez. Con luiil poeta strinse un'amicizia in-dissolubile. E' piccolo, quasi ungemello di Modestine, ma colcarattere più dolce. Ama i bam-bini, cui il romanzo è dedicato,e i poveri del villaggio di Mo-guer. Jiménez lo tratta allastregua d'una persona. Un an-tesignano degli animalisti. Ave-va capito che gli animali non so-no granché diversi da noi.

Gli equini, poi, hanno con-tributo a creare la nostra civil-tà. Senza di loro non saremmoandati lontani. Cavalli e mulisvolgevano un ruolo professio-nale: i primi trainavano le dili-genze, i carri, in ambito pubbli-co e privato; i secondi affronta-vano il lavoro più duro: in par-ticolare il trasporto, sul basto,di quanto servisse alla vita diuna comunità. L'asino, invece,era tenuto dalle famiglie persoddisfare le esigenze del quo-tidiano. In montagna portavale some, in pianura trainava ilbarroccio o poteva essere adi-bito a far girare le macine deimulini, legato alla loro stanga,il muso bendato, affinché nonvedesse. Doveva illudersi dipasseggiare. Ma c'era anchechi lo usava come cavalcatura.Giacomo Puccini soleva spo-starsi con un asino di MartinaFranca quando, dalla localitàVallilunghe, doveva raggiunge-re la sua villa di Chiatri, nellecolline di Lucca.

Il passo del ciuco è lento,ma sicuro. All'opposto del ca-vallo, che può adombrare, re-sta impassibile di fronte a ognievenienza. Nulla lo spaventa.Allo stato brado sa provvederea se stesso e sopravvive. L'uo-mo, assai di rado riconoscente,l'ha sovente additato a esem-pio di caparbietà e ignoranza.Non è così. L'asino ha, piutto-sto, un carattere libero, e se av-verte un pericolo che può met-tere a repentaglio la sua vita equella del padrone, agisce diconseguenza, impuntandosi.Gli intenditori di equini sannoche è più intelligente del caval-lo. Ho conosciuto muli e asini.Di ognuno serbo un ricordoanalogo a quello di una perso-na. Ricordo un asino che, suimiei monti, con l'avvento dellastrada carrozzabile, non essen-do più utile nella mulattiera, fuabbandonato a se stesso. Vive-va pascolando nei tratti incolti.Dalle case e dai poderi l'avreb-bero cacciato. Vecchio ormai,dopo aver a lungo servito alcu-ne famiglie, tutti sembravanoessersene dimenticati. Gli por-tavo pane e mele nei pressid'una sorgente. Ci sarebbe an-dato quando mi fossi allontana-to. Non si fidava più dell'uomo.Spesso compariva d'improvvi-so in mezzo alle capanne e, neigiorni di vento, anche vicino al-le case. Muso proteso, fiutaval'aria. Era alto, nero e di passoveloce. Poi non lo vidi più. Dopodi lui ne sparirono altri. Ormaic'erano le macchine e il boomeconomico. Gli animali da so-ma rappresentavano il passatoe venivano trattati alla streguadi oggetti da buttare. Nessunovoleva tenerli nemmeno comeanimali da compagnia. Alcunerazze di asini, tra cui l'Amiati-no, rischieranno l'estinzione.Ma la barbarie verso gli equinicontinua. Nonostante le peti-zioni rivolte alla Ue, non è anco-ra stata emanata una legge cheeviti loro la macellazione.

Le teenagerin carrieranelle fabbriche

VINCENZO PARDINI

Cina Aspirazioni, mentalità, problemidelle donne, da contadine a operaie

pp John Thorntonp L'AFRICA E GLI AFRICANI

NELLA FORMAZIONEDEL MONDOATLANTICO 1400-1800p trad. di Luca Cobbe; revisione

di Uoldelul Chelati Dirarp il Mulino, pp. 497, € 38

pp Leslie T. Changp OPERAIEp trad. di M. G. Ginip Adelphi, pp.398, € 24

L’autrice, dal 2004 al 2007, èstata giornalista a Pechino peril Wall Street Journal

Un saggio di Thorntonspiega come i deportatisiano stati protagonisticreativi della nuovacultura afroamericana

I paesi della costaoccidentale avevanogià nel XV secoloun’economia in salute,con floridi commerci

Perchénon possiamonon dirciAsiniGli schiavi che

han fatto l’AmericaUn’immagine

da«Négri-Pub»,

l’immagine deiNeri nella

pubblicità,catalogo diuna mostra

1987 (Ed.Somogy,Parigi):

il bambinonero diventa

un «fantasmabianco».

Ma i neri,sostieneil saggio

di Thornton,in America non

rinunciaronoaffatto alla

loro identitàe alla loro

cultura

Segue da pag.I

Una ricerca sul campodi Leslie T. Chang,un pianeta che ignorai sindacati, la protesta,perfino il presidente Mao

Leslie T. Chang

Storia e società TuttolibriSABATO 19 GIUGNO 2010

LA STAMPA IX

p

Page 10: Tuttolibri n. 1719 (19-06-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - X - 19/06/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/10 - Autore: FRABEL - Ora di stampa: 18/06/10 20.16

L’ombradel male

SMITHNEWTONCOMPTON

Narrativaitaliana

1987Nel mareci sonoi coccodrilliGEDABALDINI CASTOLDI DALAI

Mutandinedi chiffon

FRUTTEROMONDADORI

Eurointerismi.Lagioiadiessere...SEVERGNINIRIZZOLI

Saggistica

L’ultima rigadelle favole

GRAMELLINILONGANESI

82

Tascabili

Non esistesaggezza

CAROFIGLIORIZZOLI

22

38 4 5

23

Il librodelle anime

COOPERNORD

109

Narrativastraniera Varia Ragazzi

31

17

La cacciaal tesoro

CAMILLERISELLERIO

LabrevesecondavitadiBreeTannerMEYERFAZI

18

1. La papessa 14WOOLFOLK CROSS 4,90 NEWTON COMPTON

2. Il piccolo principe 14SAINT-EXUPÉRY 7,00 BOMPIANI

3. Uomini che odiano le donne 12LARSSON 13,80 MARSILIO

4. Marina 11RUIZ ZAFÓN 13,00 MONDADORI

5. Il giovane Holden 11SALINGER 12,00 EINAUDI

6. Il cacciatore di aquiloni 10HOSSEINI 12,00 PIEMME

7. Io sono Dio 10FALETTI 11,90 BALDINI CASTOLDI DALAI

8. L’ombra del vento 10RUIZ ZAFÓN 13,00 MONDADORI

9. L’amico ritrovato 10UHLMAN 5,50 FELTRINELLI

10. Il gioco dell’angelo 6RUIZ ZAFÓN 6,50 MONDADORI

LA CLASSIFICA DI TUTTOLIBRI È REALIZZATA DALLA SOCIETÀ NIELSEN BOOKSCAN, ANALIZZANDO I DATI DELLE COPIE VENDUTE OGNI SETTIMANA, RACCOLTI IN UN CAMPIONE DI 900 LIBRERIE.SI ASSEGNANO I 100 PUNTI AL TITOLO PIÙ VENDUTO TRA LE NOVITÀ. TUTTI GLI ALTRI SONO CALCOLATI IN PROPORZIONE. LA RILEVAZIONE SI RIFERISCE AI GIORNI DAL 6 AL 12 GIUGNO.

2 30

1. La breve seconda vita di Bree... 82MEYER 16,00 FAZI

2. Il palazzo della mezzanotte 30RUIZ ZAFÓN 19,00 MONDADORI

3. L’ombra del male... 23SMITH 12,90 NEWTON COMPTON

4. Il libro delle anime 22COOPER 19,60 NORD

5. Le ossa del ragno 15REICHS 21,00 RIZZOLI

6. Fallen 13KATE 17,00 RIZZOLI

7. Resta con me 12STROUT 18,50 FAZI

8. Innocente 11TUROW 20,00 MONDADORI

9. La strada 11MCCARTHY 18,00 EINAUDI

10. L’Eleganza Del Riccio 11BARBERY 18,00 E/O

3100

Il palazzodellamezzanotteRUIZ ZÁFONMONDADORI

1. Eurointerismi 18SEVERGNINI 12,00 RIZZOLI

2. Cotto e mangiato 17PARODI 14,90 VALLARDI A.

3. Una voce tante voci 8GALLI 17,00 ALÁCRAN

4. E’ facile smettere di fumare... 8CARR 10,00 EWI

5. The secret 7BYRNE 18,60 MACRO

6. Barenboim, Chopin 6AA. VV. (CON CD) 19,90 CLASSICA ITALIANA

7. Peccati di gola 5MONTERSINO 19,90 SITCOM

8. DizionariobilingueItaliano-cane 4CUVELIER; MARCHESINI 14,90 SONDA

9. Spinoza. Un libro serissimo 4AUTORI VARI 12,00 Aliberti

10. Perché siamo infelici 4AUTORI VARI 15,50 EINAUDI

1. La clessidra di Aldibah 16TROISI 17,00 MONDADORI

2. Viaggio nel tempo 3 10STILTON 23,50 PIEMME

3. Il mondiale delle cipolline 6GARLANDO 16,50 PIEMME

4. Principessa del deserto 5STILTON 17,50 PIEMME

5. Diario di una schiappa III 5KINNEY 12,00 IL CASTORO

6. Il ladro di fulmini 5RIORDAN 17,00 MONDADORI

7. Diario di una schiappa I 4KINNEY 12,00 IL CASTORO

8. Il viaggio di Ulisse 4MONICELLI 9,90 GIUNTI JUNIOR

9. Nel regno della fantasia 4STILTON 23,50 PIEMME

10. Il giornalino di Gian Burrasca 4VAMBA 6,90 GIUNTI JUNIOR

Ancora niente Houellebe-cq, solo qualche briciolasparpagliata ad arte da-

vanti al becco vorace dei giorna-listi. Trapelate soltanto le infor-mazioni fondamentali. È un ro-manzo. 420 pagine, o 460: non èancora finito. 120 mila copie ditiratura. Si intitola La carte etle territoire (ah, anche qui il«territorio»). Ha per protagoni-sti un certo Michel Houellebecq,e un artista contemporaneo cheespone carte Michelin. È impa-rentato, per sbieco moralista,con Le particelle elementari,dunque con gli esordi dell'auto-re. Uscirà l'8 settembre. È (digià!) favorito per il Goncourt.Tanto, e nulla più, ha rivelatoFlammarion presentando le no-vità della rentrée ai librai. Ma ilgioco delle anticipazioni calibra-te, dello stuzzichìo studiato a ta-volino, è talmente prevedibile,che qualcuno vi sfugge prenden-dolo allegramente in giro. Chefare, visto che bisogna parlaredel nuovo Houellebecq ma non se

ne sa niente?, si chiede il magazi-ne Fluctuat.net. Semplice. Bastaricorrere al fai-da-te, scrivendoquello che potrebbe essere l'incipitdel fin troppo atteso romanzo, epubblicandolo nel sito della rivi-sta. Gli apocrifi houellebecquianiandranno a concorso, i migliorivincono libri - chissà se anche quel-lo che hanno rimpiazzato parodi-

sticamente ancora prima dell'usci-ta, alla faccia del marketing pre-suntuoso che getta noccioline ai li-brai e ai giornalisti.

I librai, ahimé. Chissà con qua-le spirito si apprestano, quest'an-no, a ricevere le novità autunnali,fra le quali molti pezzi da novan-ta: Houellebecq, la consuetaNothomb, Echenoz, d'Ormesson,Forest. Devastante inchiesta di leMonde, che fornisce qualche dato,negativo, e soprattutto intervistai librai. Sono voci di desolazione edi resistenza. Michèle Ignazi, Pari-gi: nel primo weekend di giugnoho fatto il peggior risultato in 18anni di carriera. Colette Kerber,Parigi: da gennaio a oggi ho ven-duto tascabili, soprattutto Keatsper via del film, un po' di catalogo,ma zero novità. Christian Thorel,Toulouse: per la prima volta, crol-lano le vendite del catalogo e nonsono compensate da quelle dellenovità. Jean-Marie Ozanne, Mon-treuil: entrano meno clienti, nean-che al sabato riusciamo più a ri-farci.

I PRIMI DIECI INDAGINE NIELSEN BOOKSCAN

Altro che le pornobambole: Montalbano se la do-vrà vedere con i vampiri. Camilleri mantiene ilprimato ma il valore dei suoi 100 punti scende an-

cora, da 20 a circa 15 mila copie. E, unico altro titolo so-pra quota 10 mila, sale al secondo posto un nuovo tassellodella saga di Stephenie Meyer, con protagonista la «no-vellina» Bree Tanner, già personaggio minore di Eclip-se, a fine giugno anche sugli schermi e già in libreria conl’album backstage del film, sempre per Fazi. Romantici-smo al sangue, «irresistibile mix di mistery, suspense eamore», promette il risvolto di copertina. A farle concor-renza, al numero 6, c’è Lisa Smith, l’autrice dell’intermi-

nabile Diario del vampiro. Artigianato seriale, effettisplatter & massaggi sentimentali, lingua basica precottaper adattamenti multimediali: questo passa il mercato aipeterpan di oggi per sublimare la paura delle loro meta-morfosi. Oltre al rientro di Fruttero, probabile effetto del-la performance tv da Fazio - trasmissione che per far ven-dere «vale più dello Strega», Giuliano Vigini dixit inun’intervista al Giornale -, la terza novità tra i primi 10sono gli Eurointerismi di Severgnini, tripudio del tifoso,per fortuna senza rombo di vuvuzelas, inno al comandan-te Mou, letto addirittura in chiave di tattica e strategiarivoluzionaria nel purtroppo meno ironico e molto cere-

brale pamphlet di Luigi Cavallaro Interleninismi (il ma-nifesto). Nel campo di gioco della classifica pochi passag-gi di «zona»: entrano la Reichs e la Strout nella narrati-va straniera e tra gli italiani torna la Avallone, con i suoioperai di Acciaio. Loro sì vampirizzati. Risuona attualeuna frase di Paolo Volponi, in epigrafe alla prefazione la-vorata al bulino con perizia da Massimo Raffaeli per lariproposta Einaudi del romanzo Le mosche del capita-le: «Il capitalismo ha avuto vari collassi, varie crisi, per-ché è così, è ingordo, avido, mangia troppo, molto di piùdi quello che può digerire e poi sta male e naturalmente fapagare agli altri sempre le sue sofferenze».

AI PUNTILUCIANO GENTA

Rieccoli,i romantici

vampiri

In autunno arriva «Il rosa e ilnero», la nuova collana di not-tetempo. Dopo 170 titoli dal

2002: primo Il principe Otto diStevenson a chiarire subito il le-game stretto con la grande lette-ratura; ultimo Troviamo le paro-le, l’affascinante carteggio1948-73 Ingeborg Bachmann-Paul Celan, due grandi poeti, il lo-ro tragico destino. Tra loro, nellanarrativa, nei «ritratti», nelle «fi-gure», da Dickens a Manguel, daMarsè a Vila-Matas, dalla Mur-doch agli arabi, un occhio vigilesulle nuove leve, la Agus capola-voro di scouting che ormai gira ilmondo e in futuro sempre più at-tenzione all’est con i polacchi Ja-gielski e Tokarczuk, il russo Sana-ev, la romena Adamesteanu.

Che succede intanto a Gine-vra Bompiani, scrittrice, tradut-trice, e qui anima, con Roberta Ei-naudi, di una sigla sinora imper-territa nelle proprie scelte?Amante riamata dai suoi lettori,anche nella condivisione recipro-ca di una forte passione civile (i

«sassi» tirati da libriccini con deto-natore, appena uscito La Chiesa eil regno di Agamben, recuperatoMattino bruno l’apologo «sulla na-scita di un regime» di Pavloff) saràche ora apre alla «cassa»?

Questo vorrà dire «Il rosa e ilnero» pur con il suo piccolo richia-mo stendhaliano? Ginevra Bompia-ni non ha bisogno di ammettere o

negare. Visto che al fondo di questa(parziale) svolta dove le due tonali-tà del romance, rosa e nero, «in piùdi un caso si intrecceranno», «doveil nerissimo del titolo d’esordio,Ombre, è firmato dalla svedese Ka-rin Alvtegen, "eccezionale erede del-la Highsmith"» e dove «partendoda un classico del primo novecento,Il vecchio farabutto del dimentica-to ungherese Kalman Mikszath, co-minceremo anche noi a sdoganareil rosa», c’è la sua basilare «filoso-fia»: «Esistono libri che uno leggeper riposarsi e anche che uno scriveper riposarsi... bisogna cercarli ofarli scrivere apposta questi li-bri...». Per divertimento, forse mas-simo traguardo d’un editore. Sen-za caccia al bestseller, ma piuttostocon l’indipendenza, una «meravi-glia» di costo sempre più alto, ina-scoltata, ignorata, ostacolata, per-dente su tutta la linea. Ma ostinatain una lotta cui è d’obbligo unirsi.Fatelo, facciamolo. Anche affon-dando nelle «parole» di Paul per In-ge: «Sono colmo di impazienza, diamore...».

6

1. Per l’alto mare aperto 13SCALFARI 19,50 EINAUDI

2. Nel segno del Cavaliere 12VESPA 20,00 MONDADORI

3. Terroni 7APRILE 17,50 PIEMME

4. Così in terra, come in cielo 7GALLO 17,00 MONDADORI

5. Ulisse era un fico 6DE CRESCENZO 16,00 MONDADORI

6. Ciò che credo 6KÜNG 20,00 RIZZOLI

7. Don Vito. Le relazioni tra Stato... 6CIANCIMINO; LA LICATA 18,00 FELTRINELLI

8. Ne valeva la pena 6SPATARO 20,00 LATERZA

9. Intrigo internazionale 6FASANELLA; PRIORE 14,00 CHIARELETTERE

10. Agenda neradella 2ªRepubblica 5LO BIANCO; RIZZA 15,00 CHIARELETTERE

CHE LIBRO FA...A PARIGI

GIOVANNA ZUCCONI

Houellebecqsalverai

noi librai?

Classifiche TuttolibriSABATO 19 GIUGNO 2010

LA STAMPAX

PROSSIMAMENTE

MIRELLA APPIOTTI

Tra il rosae il nero conNottetempo

1. La caccia al tesoro 100CAMILLERI 14,00 SELLERIO

2. Non esistesaggezza 38CAROFIGLIO 14,00 RIZZOLI

3. L’ultima riga delle favole 31GRAMELLINI 16,60 LONGANESI

4. Mutandine di chiffon 19FRUTTERO 18,50 MONDADORI

5. Nel mare ci sono i coccodrilli 17GEDA 16,00 BALDINI CASTOLDI DALAI

6. Il tempo che vorrei 14VOLO 18,00 MONDADORI

7. Bianca come il latte... 14D’AVENIA 19,00 MONDADORI

8. Hanno tutti ragione 14SORRENTINO 18,00 FELTRINELLI

9. Acciaio 13AVALLONE 18,00 RIZZOLI

10. Le perfezioni provvisorie 13CAROFIGLIO 14,00 SELLERIO

1

Page 11: Tuttolibri n. 1719 (19-06-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - XI - 19/06/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/11 - Autore: FRABEL - Ora di stampa: 18/06/10 20.16

f

GITTA SERENY

In quelle tenebreAdelphi, pp. 500, € 13

Tuttidovrebbero leggerel'intervistaaStangl, il «capo»del lagerdiTreblinka,dovemorirono900milapersone

f

ANTONIO SCURATI

Gli anni chenon stiamo vivendoBompiani, pp. 228, € 19,50

«Finalmente uno scrittoreche ci racconta chi siamo edove andiamo»

f

RAFFAELE LA CAPRIA

Ferito a morteMondadori, pp. 124, € 8,50

«Per descrivere le capacitàdi narratore di La Capria civorrebbe un'intera pagina.Una parola sola: bellissimo»

I PREFERITI L’autore del «Divo», finalista allo Strega con «Hannotutti ragione», in scena un cantante per nulla fifone,mentre il suo autore ha una sola passione, la paura

MIRELLASERRI

Un uomo pauroso?Sembrerebbe. Almeno agiudicare da quello che Pao-lo Sorrentino considera ilsuo leitmotiv suggerito daThomas Hobbes: «L'unicapassione della mia vita èstata la paura». Però, a dirla verità, il timore non sem-bra proprio la linea guida diuno dei nostri registi più no-ti a livello internazionale,che ha avuto l'ardimento diportare sullo schermo congran successo l'arduo profi-lo del Divo (premio dellagiuria a Cannes), ovvero diGiulio Andreotti, o di realiz-zare complicate storie dimafia come ne Le conseguen-ze dell’amore. E non basta.

Il quarantenne cineastanapoletano, che incontria-mo nel suo studio romanoin stile arte povera AnniSettanta, con librerie spar-tane e cd da tutte le parti,ha ora aggiunto al suo nutri-to curriculum anche un ro-manzo, Hanno tutti ragione(Feltrinelli), con cui è entra-to nella cinquina dello Stre-ga. E dove il protagonistadel libro, Tony Pagoda, can-tante dalle mille vite cheemigra in Brasile e poi ri-torna in Italia, non è pernulla fifone bensì avventu-

roso e sfrontato.Con minuscolo orecchi-

no, basettoni e sigaro inbocca per tener lontana lapericolosa tentazione dellebionde (intese come sigaret-te), Sorrentino combinal'ironia alla maniera delconcittadino Eduardo (hagirato per la tivù Sabato do-menica e lunedì di De Filip-po) con il distacco sarcasti-co del filosofo più amato,Friedrich Nietzsche.

Allora, come la mettiamocon questa epigrafe diHobbes?

«Io sono veramente pauroso.Non posso dire “Tony c'estmoi” come Flaubert. Mi pia-cerebbe, eccome! Vorrei ve-ramente possedere quella do-se di menefreghismo e di au-dacia che ha Pagoda. Sono ti-moroso, intanto, dal punto divista fisico, ma non solo. Unesempio? Pur vivendo in unacittà di mare non ho mai sa-puto fare i tuffi, tanto menoquelli come Raffaele La Ca-pria che si buttava diretta-mente da Palazzo Donn’An-na nel mare di Posillipo (eche ha sempre teorizzatoche l'arte del tuffo è comequella del racconto)».

La paura e i film...«Anche la scelta dei miei pri-mi film, da spettatore inten-do, è stata dettata dalla pau-ra. Evitavo Dario Argento,che mi strizzava lo stomaco emi rendeva insonne. Per Shi-ning, film indubbiamente ter-rificante, ho fatto dei sacrifi-ci perché era travolgente dalpunto di vista tecnico. Però ilsenso del mistero, tutto quel-lo che viene nascosto o cela-to, mi attrae pazzescamente.E' come andare in seggiovia,mi procura le vertigini pe-rò… mi piace immensamen-te. Un personaggio che oggicontinua a stimolarmi con lasua “intelligenza del male” èil mafioso Riina: suscita tantiinterrogativi irrisolti. Mi af-fascina».

A scuola dai padri salesia-

ni: la tenevano sotto tor-chio, le proibivano le lettu-re?

«Macché. Anzi, per la maturitàho fatto una tesina su Marx eho il sospetto che mi abbia frut-tato quel 40, voto bassissimo.Ma i religiosi avevano una ca-ratteristica: sollecitavano la cu-riosità per tutto ciò che erainaccessibile, inviolabile. C'era-no luoghi assolutamente proibi-ti, come l'ultimo piano dellascuola con gli alloggi privati deisacerdoti, o certe ali dell’edifi-cio dove andavamo a fare il riti-ro spirituale e dove c'erano lesorelle che vivevano in clausu-ra. Peraltro noi allievi coltivava-mo fantasie, mai verificate, suipreti che frequentavano - e chesecondo le nostre illazioni cor-teggiavano - le suore del SacroCuore che avevano il loro istitu-to lì vicino. Insomma era tuttouno spiare ed essere a nostravolta spiati. Come adolescenteero più attratto dal calcio e daqueste esperienze di vita: a 17anni, però, faccio il gran passoe scopro, in contemporanea, ilcinema e la filosofia».

Pensatori preferiti?«Hobbes e Nietzsche che forseera alla base della diffidenzanei confronti della politica.Della resistenza a concederetotalmente la fiducia, a crede-re intensamente e passional-mente in qualcosa che accomu-na tutta la mia generazione. Epoi c'erano gli scrittori: Kafka,ineguagliabile maestro di at-

mosfere rarefatte, e successi-vamente il grande Perec e Pyn-chon, dalla vita così poco scan-dagliabile. Ottiero Ottieri, Ar-basino autore delle Piccole va-canze, Céline di Viaggio al ter-mine della notte, Sartre, Ca-mus, gli esistenzialisti, Stan-ley Elkin, bravissimo ma sco-nosciuto al grande pubblico.Lui stesso lo sapeva e com-mentava: “credo di conoscere

tutti i miei lettori personal-mente”».

L'interesse per il cinema?«Matura negli anni dell’univer-sità. Il conformista di BernardoBertolucci, C'era una volta inAmerica di Sergio Leone,Martin Scorsese… I primi ap-procci con il grande schermoavvengono alle 5 della sera, intotale solitudine, non tolleravonessuna compagnia, al cinefo-rum del Vomero. Alimentava-no i sensi di colpa per le lezionitrascurate. Oggi, invece, quan-do mi organizzo per andare avedere un film mi capita quel-lo che succedeva a Fellini:“ogni volta che sto per andareal cinema”, diceva, “per stradatrovo sempre qualcosa di me-glio da fare”. Ma per me, stu-dente di economia e commer-cio e aspirante regista, alloraera vero il contrario. All'epocala mia facoltà era a via Carac-ciolo, affacciava direttamentesul mare. Credo che proprioquesta inesistente linea di de-marcazione tra la vacanza e lostudio mi facesse entrare instato confusionale. L'incontro

con Toni Servillo e anche conla new wave dei registi napole-tani, quell’onda che comincia-va a montare con Mario Mar-tone e Antonio Capuano concui collaboro alla scrittura del-la Polvere di Napoli, mi gettadefinitivamente nelle bracciadel cinema».

Piste di cocaina, dipenden-za, vite alternative apparten-gono tanto a Tony Pagodaquanto al protagonista delsuo film in «Un uomo inpiù», anch’esso cantante fal-lito. Le droghe come numeo demone ispiratore: è statouno dei cultori della beat ge-neration?

«Non in particolar modo. Per-sonalmente, poi, ogni voltache mi sono avvicinato a uno

spinello o a qualche altra espe-rienza di questo tipo, a far dacatalizzatore è stata, anche inquesto caso, la paura. Non miconvincevano, credo di essereproprio refrattario. Meglio,poi, di Kerouac o Ginsberg oBurroughs, il Lamento di Port-noy del trasgressivo PhilipRoth che ho divorato da ragaz-zino. Come capita a quell’età,le descrizioni che accendeva-no la fantasia erano quelle ero-tiche: divertenti, paradossaliquelle del piacere solitario diAlex Portnoy che, da adole-scente, in un mondo di fazzo-letti sgualciti, di kleenex appal-lottolati e pigiama macchiati,si divertiva a violentare botti-glie di latte, una fetta di fegatoappena comprata dal macella-io o una mela scavata e privatadel torso».

E quando gira un film?«Divoro saggi sull’argomentodi cui intendo occuparmi: puòessere l'onorata società, la cri-minalità, gli anni di piombo, iltraffico di droga o di armi. Poiquando comincio a girare ab-bandono tutto. E' talmente fa-ticoso stare in scena che la se-ra crollo senza aver toccatopagina, cosa che raramentemi capita. Unica eccezione intanti anni? Ancora e sempreRoth e il suo L’animale moren-te, me lo portavo dietro anchesul set».

Pure a Cannes?«Niente tomi, alla kermessenon è possibile far altro cheavere incontri e lavorare. Iopoi non leggo nemmeno in

treno o in aereo, mi guardointorno, sono attirato dallepersone».

E adesso che è in attesa dipartire per l'America per in-contrare Sean Penn e co-minciare le riprese del nuo-vo film «This Must Be thePlace»?

«Ho visto uno strepitoso Da-niele Luchetti, La nostra vita.E poi leggo i napoletani Giu-seppe Montesano e GiuseppeFerrandino, autore di Pericle ilnero, piccolo malvivente chesodomizza i suoi debitori. Madal momento che nella pellico-la che sto per iniziare a giraresi intrecciano le storie di un exdivo del rock e di un ex crimi-nale nazista, sono in un maredi libri con svastiche e aquileimperiali. In cui non ho timoredi tuffarmi. Per una volta».

«A 17 anni scoproil cinema e la filosofia,in cima Nietzsche:così ho imparato adiffidare della politica»

Diario di lettura TuttolibriSABATO 19 GIUGNO 2010

LA STAMPA XI

“Non posso direcome FlaubertTony c’est moi”

«Ora sono in un maredi libri con svastichee aquile imperiali: portosul set un ex divodel rock e un ex nazista»

«Kafka, ineguagliabilemaestro di atmosfererarefatte, quindi Perece Pynchon, dalla vitacosì poco scandagliabile»

«Droghe e beatgeneration? Non miconvincevano, meglioil trasgressivo Roth conil Lamento di Portnoy»

La vita. Paolo Sorrentino è nato a Napoli il 31 maggio 1970. Regista, sceneggiatore, scrittore.

Le opere. Il suo primo romanzo, «Hanno tutti ragione» (Feltrinelli), è finalista allo Strega. Primo film nel 2001,«L’uomo in più». Nel 2004 «Le conseguenze dell'amore » (con Toni Servillo protagonista), 5 David di Donatello e 3Nastri d’Argento. Nel 2006 «L’amico di famiglia». Nel 2008, a Cannes, vince il premio della Giuria con «Il divo»,ispirato a Giulio Andreotti. Sta per cominciare le riprese del nuovo film «This Must Be the Place».

Paolo Sorrentino

Ilre

gis

tasc

ritt

ore