Tuttolibri n. 1754 (26-02-2011)

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Per la politica una iniezione di sentimento GIANNI VATTIMO E' come se fossimo tornati a una condizione originaria, viene in mente l'afo- rismaconcuiNietzscheapreilprimovolu- medi Umanotroppoumano,evocandoipri- mi passi della filosofia in Grecia, quando si trattavadicapireilmondoriducendolare- altà ai suoi componenti elementari: terra, acqua, aria, fuoco. L'imprevisto successo di un libretto come Indignatevi! di Stépha- neHessel-cheesceorainItalia(addedito- re, pp. 61, e 5, trad. di Maurizia Balmelli) dopo aver venduto oltre 600 mila copie in Francia - sembra da interpretare proprio nel senso dell'aforisma nietzschiano, an- che se l'analogia è molto parziale. La situa- zione politica nella quale ci troviamo - noi paesi del mondo industrializzato europeo - apparepropriocomeunasortadilivelloze- ro,dovesipuòsolocercarediricominciare dal principio. Anzi, dai principi, e nel caso della politica, dalla capacità di indignarsi, di riconoscere l'insopportabilità della si- tuazione ponendosi il problema, nudo e crudo,dicomerovesciarla. InItaliainquestitempisiparlasempre più spesso di Cln (Comitato di Liberazione Nazionale: purtroppo va spiegato ai più giovani), ma il libro di Hessel viene dalla FranciadiSarkozy,dovelasituazionepoli- tica non è del tutto uguale a quella che vi- viamo noi. Anche lì, l'indignazione che sia- moinvitatierecuperareèquelladacuiera natalaguerraantifascistaacuialludelasi- gladelCln.Hessel(ogginovantatreenne)è stato infatti uno degli esponenti del movi- mento che prese le armi sotto il comando di De Gaulle per liberare la Francia dall' occupazionenazista.Negliannisuccessi- vi alla sconfitta di Hitler partecipò al lavo- ro per la redazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, che è come l'atto fondativo delle Nazioni Uni- te (1948). Già nel 2004 Hessel era stato uno degli autori dell'«Appello dei Resi- stenti alle Nuove Generazioni», presen- tato solennemente a Parigi l'8 marzo, non a caso, crediamo, alla Maison de l'AmériqueLatine. Molti dei temi di quell'appello si leg- gonooranellibrettochehasuscitatotanta attenzione, un successo per molti aspetti sorprendente. Un po' come se in Italia balzasse in testa a tutte le classifiche un pamphlet di Tina Anselmi edito dall' Anpi. Non immaginate già il coro di ca- chinnidacuisarebbeaccoltoneigiornali e nelle televisioni (solo?) della destra? Ci siripeterebbechebisognaguardareavan- ti, la modernizzazione esige ben altro che queste prediche sui valori della Resisten- za, con le ricette semplicistiche che le ac- compagnano. Sono effettivamente ricette semplici,quellecheavevanoelaboratoire- sistenti negli anni della guerra, e che ora leggiamo nelle prime pagine del libretto di Hessel: «Un progetto completo di Sé- curitésociale,voltoadassicuraremezzi di sostentamento a tutti i cittadini, qua- lora fossero inabili a procurarseli con il lavoro; una pensione che consenta ai lavoratori anziani di avere una vecchia- ia dignitosa... Le fonti di energia, l'elettri- cità, il gas, le miniere di carbone, le grandi banche vengono statalizzate... (Si vuole) il ritornoallanazionedeigrandimezzidipro- duzione... l'insediamento di una vera e pro- priademocraziaeconomicaesociale...L'in- teresse generale deve prevalere sull'inte- resseparticolare,l'equadistribuzionedelle ricchezze prodotte dal mondo del lavoro deveprevaleresulpoteredeldenaro...». Sappiamo tutti, o crediamo di sapere, che molti di questi punti programmatici hanno dato pessima prova di sé; non solo è caduto il comunismo reale sovietico, anche il socialismo se la passa piuttosto male. Al- tro che indignarci, noi ci entusiasmiamo perogninuovaprivatizzazioneenechiedia- mo sempre di nuove. Il ritorno ai principi potrebbe risuscitare qualche dubbio sulla indiscutibilitàdellatesithatcherianasecon- docuiilcapitalismo,contuttiisuoimali,è- come la democrazia nella famosa frase di Churchill-ilmenopeggiopossibile? Ecco, ritrovare l'indignazione dei Resi- stenti di settant'anni fa potrebbe essere il primo passo verso il superamento della pi- griziachecichiudedentroilcerchiodell'ov- vio, impedendoci anche di vedere che la re- centecrisidacuistiamocercandodiusci- re non e' stata propriamente una conse- guenza dell'applicazione del programma della Resistenza...Sono anzitutto la pigri- zia e l'indifferenza gli stati d'animo a cui l'indignazione di Hessel dovrebbe sottrar- ci. Dunque, contro le serie considerazioni di tanti esperti economisti, solo un appello aisentimenti?Sembradavveropoco. Eppure anche un altro «grande vec- chio»resistente,EdgarMorin-benpiùno- to di Hessel e ben presente nel dibattito in- tellettuale e filosofico dei nostri anni - sem- bra arrivare a conclusioni molto simili. Nel libro La mia sinistra (Erickson, pp. 252, e 18,50, a cura di Riccardo Mazzeo) che raccoglie i suoi interventi politici (con molti inediti) degli ultimi due decenni, il filosofo della complessità fa una spe- cie di bilancio degli insuccessi della si- nistra;chesecondolui,hacontatotrop- po sulla realizzazione di meccanismi economici e statali concepiti come più giusti (più conformi agli ideali del 1789), ma ha lasciato molto spesso da parte il sentimento vissuto della solidarietà, che ancora oggi, calco- la Morin, coinvolge al di là di ogni considerazione di interessi parziali, almeno un dieci-quindici per cento dei cittadinidelnostromondo. Siapureconmoltipiùdettagliesuggeri- menti specifici (molti legati alla nuova at- tualità del problema ecologico, a cui Morin ègiustamenteattento)la«sua»sinistra,co- me quella di Hessel, mostra di aver biso- gno non tanto di calcoli su maggioranze elettorali, ma anzitutto di una iniezio- ne di «sentimento»: lo spirito di soli- darietà non è poi molto diverso dalla capacità di indignarsi. Anche per Walter Benjamin, del resto, i rivolu- zionari, quella minoranza attiva an- cora capace di indignarsi, passano all' azionepensando«agliaviasserviti»mol- topiùche«all'idealedeiliberinipoti». Einfine:senonora,quando? Con le recensioni e le classifiche dei bestseller Confronti Dalla Francia, «Indignatevi!» di Hessel (600 mila copie) e «La mia sinistra» di Morin: due «grandi vecchi» rilanciano passioni «semplici», non sufficienti ma necessarie per cambiare il presente Oggi tuttoLIBRI iPad Edition Ilpartigiano diplomatico, a 93 anni, propone il suo appellodi «resistente» allenuovegenerazioniperché superinopigrizia e indifferenza A cura di: LUCIANO GENTA con BRUNO QUARANTA [email protected] www.lastampa.it/tuttolibri/ FUMETTI IN MOSTRA Muñoz il ribelle Un argentino nella Bologna ‘77 BROLLI P.VIII Edgar Morin, 90anniilprossimo 8giugno,filosofo e sociologo raccoglie scritti per «Lamiasinistra», editidaErickson (pp.252, e 18,50) Ilfilosofodella complessità esortaallasolidarietà come«motore»dell’azione, oltre i calcoli e le tattiche dellealleanzeelettorali NARRATIVA Le coppie della Varvello Incroci di vite, amori e tradimenti TESIO P.III TUTTOLIBRI CONVEGNO L’Italia in biblioteca Ieri ai margini, oggi penalizzate SOLIMINE P.VI DIARIO DI LETTURA I matti autori di Andreoli Da Dostoevskij a Aldous Huxley SANTOLINI P. XI LA STAMPA StéphaneHessel, 93anni,caso editoriale in Francia con «Indignatevi!» ora tradotto daaddeditore (pp.61, e 5) NUMERO 1754 ANNO XXXV SABATO 26 FEBBRAIO 2011 VIDEOINTERVISTA Ascanio Celestini cammina in fila indiana LA MEMORIA Graham Greene, un incontro in Costa Azzurra tutto LIBRI Un’operadiKeithHaring LA COPERTINA Il Terzo Reich di Bolaño è un videogioco I

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Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - I - 26/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/01 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 25/02/11 21.00

Per la politicauna iniezionedi sentimento

GIANNIVATTIMO

E' come se fossimo tornati a unacondizione originaria, viene in mente l'afo-risma con cui Nietzsche apre il primo volu-me di Umano troppo umano, evocando i pri-mi passi della filosofia in Grecia, quando sitrattava di capire il mondo riducendo la re-altà ai suoi componenti elementari: terra,acqua, aria, fuoco. L'imprevisto successodi un libretto come Indignatevi! di Stépha-ne Hessel - che esce ora in Italia (add edito-re, pp. 61, € 5, trad. di Maurizia Balmelli)dopo aver venduto oltre 600 mila copie inFrancia - sembra da interpretare proprionel senso dell'aforisma nietzschiano, an-che se l'analogia è molto parziale. La situa-zione politica nella quale ci troviamo - noipaesi del mondo industrializzato europeo -appare proprio come una sorta di livello ze-ro, dove si può solo cercare di ricominciaredal principio. Anzi, dai principi, e nel casodella politica, dalla capacità di indignarsi,di riconoscere l'insopportabilità della si-tuazione ponendosi il problema, nudo ecrudo, di come rovesciarla.

In Italia in questi tempi si parla semprepiù spesso di Cln (Comitato di LiberazioneNazionale: purtroppo va spiegato ai piùgiovani), ma il libro di Hessel viene dallaFrancia di Sarkozy, dove la situazione poli-tica non è del tutto uguale a quella che vi-viamo noi. Anche lì, l'indignazione che sia-mo invitati e recuperare è quella da cui eranata la guerra antifascista a cui allude la si-gla del Cln. Hessel (oggi novantatreenne)èstato infatti uno degli esponenti del movi-mento che prese le armi sotto il comandodi De Gaulle per liberare la Francia dall'occupazione nazista. Negli anni successi-vi alla sconfitta di Hitler partecipò al lavo-ro per la redazione della DichiarazioneUniversale dei Diritti dell'Uomo, che ècome l'atto fondativo delle Nazioni Uni-te (1948). Già nel 2004 Hessel era statouno degli autori dell'«Appello dei Resi-stenti alle Nuove Generazioni», presen-tato solennemente a Parigi l'8 marzo,

non a caso, crediamo, alla Maison del'AmériqueLatine.

Molti dei temi di quell'appello si leg-gono ora nel libretto che ha suscitato tantaattenzione, un successo per molti aspettisorprendente. Un po' come se in Italiabalzasse in testa a tutte le classifiche unpamphlet di Tina Anselmi edito dall'Anpi. Non immaginate già il coro di ca-chinni da cui sarebbe accolto nei giornalie nelle televisioni (solo?) della destra? Cisi ripeterebbe che bisogna guardare avan-ti, la modernizzazione esige ben altro chequeste prediche sui valori della Resisten-za, con le ricette semplicistiche che le ac-compagnano. Sono effettivamente ricettesemplici, quelle che avevano elaborato i re-sistenti negli anni della guerra, e che oraleggiamo nelle prime pagine del librettodi Hessel: «Un progetto completo di Sé-curité sociale, volto ad assicurare mezzidi sostentamento a tutti i cittadini, qua-lora fossero inabili a procurarseli con illavoro; una pensione che consenta ailavoratori anziani di avere una vecchia-ia dignitosa... Le fonti di energia, l'elettri-

cità, il gas, le miniere di carbone, le grandibanche vengono statalizzate... (Si vuole) ilritorno alla nazione dei grandi mezzi di pro-duzione... l'insediamento di una vera e pro-pria democrazia economica e sociale... L'in-teresse generale deve prevalere sull'inte-resse particolare, l'equa distribuzione dellericchezze prodotte dal mondo del lavorodeve prevalere sul potere del denaro...».

Sappiamo tutti, o crediamo di sapere,che molti di questi punti programmaticihanno dato pessima prova di sé; non solo ècaduto il comunismo reale sovietico, ancheil socialismo se la passa piuttosto male. Al-tro che indignarci, noi ci entusiasmiamoper ogni nuova privatizzazione e ne chiedia-mo sempre di nuove. Il ritorno ai principipotrebbe risuscitare qualche dubbio sullaindiscutibilità della tesi thatcheriana secon-do cui il capitalismo, con tutti i suoi mali, è -come la democrazia nella famosa frase diChurchill - il meno peggio possibile?

Ecco, ritrovare l'indignazione dei Resi-stenti di settant'anni fa potrebbe essere ilprimo passo verso il superamento della pi-grizia che ci chiude dentro il cerchio dell'ov-vio, impedendoci anche di vedere che la re-

cente crisi da cui stiamo cercando di usci-re non e' stata propriamente una conse-guenza dell'applicazione del programma

della Resistenza...Sono anzitutto la pigri-zia e l'indifferenza gli stati d'animo a cuil'indignazione di Hessel dovrebbe sottrar-ci. Dunque, contro le serie considerazionidi tanti esperti economisti, solo un appelloai sentimenti? Sembra davvero poco.

Eppure anche un altro «grande vec-chio» resistente, Edgar Morin - ben più no-to di Hessel e ben presente nel dibattito in-tellettuale e filosofico dei nostri anni - sem-bra arrivare a conclusioni molto simili. Nellibro La mia sinistra (Erickson, pp. 252,€ 18,50, a cura di Riccardo Mazzeo) che

raccoglie i suoi interventi politici (conmolti inediti) degli ultimi due decenni,il filosofo della complessità fa una spe-cie di bilancio degli insuccessi della si-

nistra; che secondo lui, ha contato trop-po sulla realizzazione di meccanismi

economici e statali concepiti come piùgiusti (più conformi agli ideali del1789), ma ha lasciato molto spessoda parte il sentimento vissuto dellasolidarietà, che ancora oggi, calco-la Morin, coinvolge al di là di ogni

considerazione di interessi parziali,almeno un dieci-quindici per cento dei

cittadinidel nostro mondo.Sia pure con molti più dettagli e suggeri-

menti specifici (molti legati alla nuova at-tualità del problema ecologico, a cui Morinè giustamente attento) la «sua» sinistra, co-me quella di Hessel, mostra di aver biso-

gno non tanto di calcoli su maggioranzeelettorali, ma anzitutto di una iniezio-

ne di «sentimento»: lo spirito di soli-darietà non è poi molto diverso dallacapacità di indignarsi. Anche perWalter Benjamin, del resto, i rivolu-

zionari, quella minoranza attiva an-cora capace di indignarsi, passano all'

azione pensando «agli avi asserviti» mol-to più che «all'ideale dei liberi nipoti».

E infine: se non ora, quando?

Con le recensioni e le classifiche dei bestseller

Confronti Dalla Francia, «Indignatevi!» di Hessel (600 mila copie)e «La mia sinistra» di Morin: due «grandi vecchi» rilanciano passioni«semplici», non sufficienti ma necessarie per cambiare il presente

Oggi

tuttoLIBRIiPad Edition

Il partigiano diplomatico,a 93 anni, propone il suoappello di «resistente»alle nuove generazioni perchésuperino pigrizia e indifferenza

A cura di:LUCIANO GENTAcon BRUNO QUARANTA

[email protected]/tuttolibri/

FUMETTI IN MOSTRA

Muñozil ribelleUn argentinonella Bologna ‘77BROLLI P.VIII

Edgar Morin,90 anni il prossimo

8 giugno, filosofoe sociologo

raccoglie scritti per«La mia sinistra»,

editi da Erickson(pp. 252, € 18,50) Il filosofo della complessità

esorta alla solidarietàcome «motore» dell’azione,oltre i calcoli e le tattichedelle alleanze elettorali

NARRATIVA

Le coppiedella VarvelloIncroci di vite,amori e tradimentiTESIO P.III

TUTTOLIBRI

CONVEGNO

L’Italiain bibliotecaIeri ai margini,oggi penalizzateSOLIMINE P.VI

DIARIO DI LETTURA

I matti autoridi AndreoliDa Dostoevskija Aldous HuxleySANTOLINI P. XI

LASTAMPA

Stéphane Hessel,93 anni, caso

editorialein Francia

con «Indignatevi!»ora tradotto

da add editore(pp. 61, € 5)

NUMERO 1754ANNO XXXVSABATO 26 FEBBRAIO 2011

VIDEOINTERVISTA

Ascanio Celestinicamminain fila indiana

LA MEMORIA

Graham Greene,un incontroin Costa Azzurra

tuttoLIBRI

Un’opera di Keith Haring

LA COPERTINA

Il Terzo Reichdi Bolañoè un videogioco

I

Page 2: Tuttolibri n. 1754 (26-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - II - 26/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 25/02/11 21.00

Varvello Una vicenda lunga quarant’anni,un domestico e sottile gioco di rapporti

Croci di coppienel bosco della vita

DIALOGHI IN VERSIMAURIZIO CUCCHI

È sempre l’oradell’avanguardiaLa necessità della ricerca, guardando

ai maestri: da Penna a Magrelli, a Risi

GIOVANNITESIO

Ci sono più modi perresistere allo strapotere dei li-bri di consumo facile o ruffia-no, ma due restano fonda-mentali: da un lato affondareil linguaggio nei meandri diun dolore robusto, dall'altrocoglierne gli echi, le incrinatu-re, i risvolti, i riverberi, glistrascichi, gli stridori. A que-sta seconda modalità appar-tiene la torinese Elena Varvel-lo, che - dopo due libri di poe-sia e un libro di racconti - pub-blica ora da Fandango il suoprimo romanzo, La luce perfet-ta del giorno.

Un romanzo di trasparen-za «perfetta» - giusto per ri-prendere una sollecitazionedel titolo - che fa pensare amaestri della chiarezza e delnitore come Calvino e Pari-se. Senza cercare a tutti i co-sti parentele che comporte-rebbero necessari distinguo,

qui ci troviamo di fronte auna narrazione che va in cer-ca della vita per catturarneil più che sommesso fluire,indagando nelle pieghe mu-te, nei fatti minimi, nei gestiche sembrano sempre sulpunto di schiudere il loro se-greto consumandosi allafrontiera nodosa (come il ro-vescio di un tappeto) che statra noi e quello che chiamia-mo destino.

Già tutto questo c'era neiracconti intitolati L'econo-mia delle cose, ma nel roman-zo c'è di più - o di diverso -che tutto questo opera su unpiano più articolato, e largo,e lento, come si conviene a

un ritmo che accompagna lamisura di un tempo fatto d'an-se e meandri: proprio come lecontorsioni e i ristagni di unfiume in viaggio verso la foce.

C'è, sì, lo sviluppo di unastoria che va dal 1969 al 2006(i quasi quarant'anni che at-traversano decenni cruciali,di cui tuttavia rimane qua e là

solo una debole traccia). Mac'è soprattutto l'esistenza dialcune coppie che intreccianoi loro modi d'essere in un sotti-le e domestico gioco di rappor-ti (questo è un romanzo in cuispiccano le complesse e spes-so dissimulate dinamiche delmatrimonio e dell'amore co-niugale, lasciando l'acuta sen-

sazione che in certi momentigli uomini siano i primi esclusidalla vita delle donne di cui so-no i compagni).

In un luogo di collina, in unafrazione che si chiama sintoma-ticamente Croci, la famiglia diMatilde e Paolo, quella di Clarae Mario, quella di Anita e Giulioincrociano vite e vita: un trasfe-rimento indesiderato, unosguardo presago, un figlio suici-da, il tradimento di una notte,una figlia fuggita di casa, altrifigli che crescono (le adolescen-ze ingrate), figli che si sposano,altre famiglie che si compongo-no, altri incontri che si danno,le malattie che invalidano, i ce-dimenti e i guasti degli anni, un

tumore che viene a scomporrela percezione delle cose.

Fatti gravi e fatti quotidia-ni, fatti che però sono costan-temente colti di sguincio o di«sotto», oltre la pellicola che liricopre e li opacizza: oggetti,fotografie, gesti, sogni, incubi,torsioni, ritorsioni, emozioni,sentimenti, desideri, rappor-ti, reticenze, rabbie, cedimen-ti, sottrazioni, complicità, di-vergenze (ad esempio la federeligiosa di Clara, che parenon derogare nemmeno difronte alle prove più ardue, el'aspra titubanza di Matildeche è anche la figura più pro-blematica, quella a cui tocca ilruolo più forte, e alla fine il ci-mento più doloroso).

Elena Varvello è davverobrava (virtù non semplicemen-te «tecnica» a cui sarebbe abili-tata dall'attività di insegnantedi scrittura), perché sa narrareper superfici misteriose. Lasua semplicità è apparente epuò risultare ingannevole. Inrealtà chiede un'attenzione euna dedizione assolute al detta-to, perché il tempo va avanti eindietro accumulando ogni vol-

ta un dettaglio importante e ba-sta niente per trovarsi al buio,perdersi nel vuoto, smarrire lacoerenza e la coesione deglispostamenti simbolici.

Nella forza di parole comesilenzio e come fantasmi, co-me incendio e come gelo, comecrepa e come voragine finisceper rinserrarsi l'indecidibile eimperdonabile significato delvivere, che a volte si logora inristagni di solitudine, a voltes'inarca nell'urgenza degli in-contri. Un romanzo - bellissi-mo - che guarda agli intrichi diquel bosco che è la vita. Un bo-sco pieno di rami, di voci, didissonanze, di imperscrutabilidisarmonie.

UN’INTERVISTAPOLITICA CON CAMILLERI

Il mondo è un po’ sgualcito= «La verità è che c’è la volontà di tenere basso illivello della cultura degli italiani, perché la cultura èpericolosa». Andrea Camilleri a ruota libera in Questomondo è un po’ sgualcito, libro-intervista realizzatocon Francesco De Filippo per Infinito edizioni (pp. 123,€ 12). Conversando di tutto un po’: di pianeti e diuomini, di Europa, di Fratelli d’Italia, di fisica, diepistemologia e di altre discipline. Giungendo «ad amareconclusioni: solo le dittature eliminano gli egoismipersonali. Ma il prezzo è alto e non ce lo auguriamo.Personalmente, non vedo crescita nell’uomo».

RENATOBARILLI

Il nome di GiuseppeCulicchia mi è caro perché,con la sua opera prima del1993, Tutti giù per terra, haaperto una stagione narrati-va tra le migliori nell’interastoria del Novecento, avendoal fianco due intrepidi scrit-trici come la Ballestra e laCampo, e poi i cosiddetti can-nibali della tempra di Amma-niti, Mozzi, Nove, Scarpa etanti altri ancora.

Indicativo anche il titolodel romanzo iniziale, in cuiCulicchia dichiarava già unasorta di destino, un moto pre-cipitoso di caduta a corpo li-bero, con protagonisti solita-ri mossi da un tetro cupio dis-solvi, pronti a schierarsi con-tro tutti i valori stabiliti, dellafamiglia, della società, dellamorale corrente. Un ritmo didiscesa perfino troppo incal-zante, tanto che in romanzisuccessivi l'autore ha dovutomettergli un freno e inserireun asse orizzontale di scorri-mento, per far entrare in sce-na altri materiali, altri casi epresenze. Il viaggiatore infer-nale, prima di essere attrattonell’imbuto, doveva pur per-correre qualche girone o cor-nice visitando altri dannati.

E proprio nell’opera im-mediatamente precedente,La città brucia, Culicchia siera disperso in una selva diincontri e scontri, in una To-

rino babelica e proteiforme,certo con maggiore ampiezzadi prospettive, ma anche conpericoli di ingolfamento.

E allora, in quest'ultimaprova, egli è risalito alle origi-ni, quasi stendendo un re-make di se stesso, lucido, filan-te, inesorabile, con tutti i ca-ratteri di un destino ferma-mente ribaditi. A cominciare

dal titolo, Ameni inganni, cheovviamente va inteso comeamara espressione di sarca-smo, alla maniera del grandeBeckett di Ah les beaux jours,in cui invece si dà conto di unostato di degrado estremo.

Anche l'inizio di questo ulti-mo nato si pone nel solco digrandi precedenti, viene da ri-cordare lo Straniero di Camusin quanto il protagonista par-tecipa freddo e disilluso ai fu-nerali della madre. A dire il ve-ro, il genitore da lui aborrito èpiuttosto il padre, contro cuiha preso tutti i possibili atteg-giamenti di rifiuto, decidendodi marinare gli studi universi-tari, e di riempire la propriastanza di giornali pornografi-ci e di inutili modellini di astro-navi. Il tutto salvando ipocrita-mente le apparenze, tragico-miche sono le peripezie di ac-costamento alle varie edicoleper acquistarvi i giornaliniproibiti senza farsi scoprire.

Persi i genitori, il protago-nista è solo col suo autismosempre più stringente, cui ten-ta di porre rimedio appuntocon gli «ameni inganni» an-nunciati nel titolo, come sareb-be fingersi in relazione conqualche diva hollywoodiana,

inventando di averla a portatadi mano, docile ai suoi deside-ri sessuali.

Altra mossa illusoria, quel-la di simulare di cercar casaper un nido familiare, così pra-ticando una forma particolaredi voyeurismo che gli consentedi entrare in contatto con avve-nenti venditrici e di apparireproprio quello che non è, un

«normale» alla testa di una fa-migliola perbene.

Nella pratica di queste tatti-che dilatorie e ingannevoli, glicapita di incontrare un lonta-no amore, tale Letizia, con cui,una ventina di anni prima, ave-va stabilito un rapporto quasimatrimoniale, contro cui peròaveva subito reagito frappo-nendo tutti i possibili ostacoli,per non interrompere la suaquiete mortuaria.

Ora anche lei, sconfitta dal-la vita, sarebbe tentata di ricu-cire, ma nulla è cambiato, daparte di lui, anzi, egli mette inatto un inganno che è il piùatroce tra tutti, finge cioè diaverla messa incinta, pur nonessendoci stato alcun rapportofisico tra loro. Al che, la donnafugge via terrorizzata, e dun-que il nostro soggetto è sem-pre più solo con se stesso, se-condo la lucida, scarna, essen-ziale parabola di suicidio in cuisi è immesso volontariamente.

LORENZOMONDO

Aurelio Picca ha scrit-to un romanzo, Se la fortuna ènostra, ispirato alla storia dellasua famiglia. Come appare sco-pertamente dal contesto chenon esita ad avvalersi - per unnon richiesto sigillo di autenti-cità - delle fotografie tirate fuo-ri dai cassetti di casa.

Il racconto è incentrato sulrapporto tra il ragazzo che par-la in prima persona e il nonnopaterno che si chiama come luiAurelio. Il nonno è un uomo im-perioso, la sua asprezza è appe-na addolcita da un certo estrofantastico. Ha adottato comeerede quel nipote, lo accarezzae istruisce perchè scriva il ro-manzo della sua famiglia, il ro-manzo che stiamo leggendo, incui la metafora doviziosa e gio-iosa della vendemmia viene so-stituita da un grande banchet-to che unisce i vivi e i morti.

Si deve partire dal caposti-pite, il nonno Arcangelo di cuiil vecchio si sente orgoglioso,ammirandone la risolutezza.Quell’avo è stato repubblicanoe mazziniano, ha visto con isuoi occhi Garibaldi di cui con-serva il ritratto, e detesta laChiesa. Ma professa una paga-neggiante devozione per l’ar-cangelo San Michele, di cui sisente bizzarramente l’incarna-zione, e coltiva una strana ami-cizia con un cardinale. La suanativa ferinità lo porta a vendi-carsi con tre omicidi, dai qualisi farà assolvere cedendo alcardinale un cofano di maren-ghi d’oro. E’ il nucleo fantasti-co del romanzo di cui, insiemeal ragazzo, attenderemo finoall’ultimo lo scioglimento.

Certo comincia di là il progres-sivo impoverimento della fami-glia, la dissipazione di campi e divigne. Il nonno Aurelio vede nellaterra una garanzia di continuità:«Significava futuro, famiglia, ric-chezza, memoria. Valeva anchedannarsi la vita, e morire male, sefosse stato necessario. Per miononno la terra era l’unico ban-chetto sacrosanto. Soltanto la ter-ra univa i vivi ai morti».

La sua idea fissa è il recuperodei terreni perduti a Colle di Pie-tra e per questo fa affidamentosul nipote, sprezzando gli imme-moricongiunti che si affidano alleattività commerciali. Quando, ri-petendo un gioco di ragazzo, inse-gna al nipote a scalare i muri del-la casa di campagna, intende san-cire un patto e ribadire il senso di

un possesso. Che si appagherà in-fine, spenta la sua ossessione, del-le zolle d’un cimitero.

La vicenda si svolge nell’AgroPontino, in vista dei monti Lepini,un paesaggio che si disvela appe-na in tratti fulminanti. Ma colpi-sce soprattutto il dialogo asciuttoe ritroso tra il vecchio e il giovaneche fa venire in mente, alla lonta-na, il Moscardino di Pea: non per illinguaggio, meno inventivo, maper il procedimento a tasselli, perla scansione antologica. Ed è quituttavia che il romanzo di Piccasembra talora incepparsi. C’è daperdersi infatti nella rappresenta-zione delle persone, e dei casi nonmemorabili, che definiscono la ra-mificata famiglia. C’è una volontàdi dire tutto che ubbidisce nell’au-tore a urgenze di natura privata eaffettiva ma che risultano diva-ganti e distolgono dal tracciatopiù sicuro del racconto.

Fermerò ancora l’attenzionesulla singolare affinità tra i dueprotagonisti, una malattia checonsiste in una perdita di san-gue e che si annuncia ogni qualvolta patiscono un lutto o unaperdita. Rappresenta, nel picco-lo Aurelio, la testimonianza diun lascito che egli accetta remis-sivamente. La comunione delsangue è inseparabile dalle appa-rizioni fantasmatiche che egli in-contra, dall’aura surreale chealeggia sul romanzo.

La rivelazione finale sembraaccogliere anche il mitico tri-snonno Arcangelo, assolto conqualche indulgenza, nel cordialeconcerto di una famiglia che nonaccetta di essere spezzata neppu-re dalla morte.

«DISUMANELETTERE»

Critici maschilisti= Su «Tuttolibri» di sabatoscorso il mio saggio Disumanelettere (Laterza) è statorecensitoda Angelo Guglielmicon modi gentili, come si addicea un'autrice del gentil sesso.Mi hadefinito «missionaria»(con l'intentodi offendere),«violenta»,una che nonargomentama «conciona».Giorni fa sul Giornale un altromaschiomi ha chiamatafamiliarmente«suor Carla» e unaltro, su l'Avvenire, semprerecensendo il mio libro, parladi'«impresa troppo vasta perunadonna sola che sente tutto ilMondosulle sue gracili spalle».Per taceredi tutti i complimentibeceri di cui ho fatto splendidacollezionenella mia carrieradisaggista (uno per tutti: «laComarecon il mattarello», sulDomenicaledel Sole 24ore).Capita di leggere cosealtrettantoaffettuoseper unautoremaschio?Guglielmi si è concesso anche dipiù. Disumane lettere ha unatesi chiara, inequivocabile.Malui l'ha cambiata in quellaopposta. Io sostengo chenell'azzardo in cui ci troviamo avivere, come italiani e comegenere umano, è la cultura, piùche la politica, a irradiare unanuova sensibilità e una chancedi rigenerazione. E nel libro (cheper sottotitolo ha Indagini sullacultura della nostra epoca) levado a cercare in casi concreti,presi dall'arte, dalla letteratura,dal pensiero filosofico e dafenomeni del mondocontemporaneo.Per Guglielmiinvece il mio libro «accusa lacultura (e tutte le componenti)di aiutare il discendimentoverso la fine».Aigiudizi del recensore l'autorenon risponde. Anche senegativi,fannoparte della vita delle idee.Ma alla disinformazionesi deverispondere.Guglielmi è libero didissentireda ciò che scrivo (e mimeravigliereidel contrario, vistoche in una pagina del libro vienecriticata la sua idea che la culturaodiernasia affetta da impotenzagenerandi). E anche di«stroncarlo», se crede.Ma nondi stravolgerne i contenuti apiacimento. Il mio libro cerca diportarealla luce ciò che di nuovosta emergendo nel nostrotempo:un modo di percepirel'uomodentroa un orizzonte piùvasto,non culturalistico, checomprendeanche il cosmoe lavita cellulare; un sensoleopardianodi alleanza tra iviventi davanti al rischio di uncollassodel pianeta, assaidiversodalla visione apocalitticatardo-novecentesca.MaGuglielmidice che sonouna che«si dispera». E mi dà anche della«millenarista».Come se quelrischio di collasso fossi io adannunciarlo,non JaredDiamond,Stephen Hawking,MartinRees e molti altriscienziati e antropologi (darà dei«millenaristi»anche a loro?).E infine dice di condividere il miolamento sulla «mancanzadigeni». Peccatoche di quellamento, che è solo suo, nel miolibronon vi sia traccia.Fateci caso: in Italia gli studiosidiletteraturache hanno spazio suigiornali sono tutti maschi. E traquesti ci sono voci che, si puòstar certi, non sarannomai«stroncate»a quel modo,neanchese scrivessero il libropiù stupido che ci sia. Il mio vaforsea toccarequalche loropunto nevralgico?Tuttiguardanoal degrado dellapolitica.Guardiamoanchedaquestaparte. Inconsistenza,disinformatia,maschilismo,regolamentodi conti, giri.I metodi sono gli stessi. CarlaBenedetti

L’ARTISTA IN MOSTRA A MILANO VISTO DA RIPELLINO

Arcimboldo a Praga= Una pepita di Praga magica, il capolavoro delloslavista Angelo Maria Ripellino per i tipi di Einaudi.L’editore Skira ripropone le pagine dedicate a Arcimboldoe il re malinconico (pp. 66, € 9), in occasione della mostrain corso a Milano sull’artista cinquecentesco. Nellaprefazione, Serena Vitale osserva che «dietro la perfetta eopulenta maschera analogica, dietro il rigoglioso verziere(spighe e uva, fichi e prugne, more e molagrani...),Ripellino indovina il vuoto di una natura irrimediabilmentemorta, l’estrema degradazione di volti umani cui non è piùdato essere simulacro del divino».

Con l’astronavesi ritornagiù per terra

Il giovane Giuseppe Manittascrive un «poemetto crepu-scolare» e lo intitola L'ulti-

mo canto dell'upupa. Va conpasso sicuro e consapevole, conversi brevi utilmente scanditi,con movimenti narrativi essen-ziali: «Non cercare il tuo corpo,/astuto inganno d'amante,/maile sue scintille senz'ali /perchétriste è il fanciullo, /tra le rupi dimuschio. /Tardi s'accorge dell'il-lusione. /L'upupa, intanto, cer-ca alla finestra / l'ondulare del-la tenda». Predilige una dizioneclassica, e talvolta tende a im-preziosire con qualche effetto diricercatezza eccessiva: «Lungo èil viaggio / della nave argheifon-te /mentre tacciono gli alcioni /el'aria blezza i cocci /delle campa-ne». Senz'altro un buon lavoro,di spessore e pensiero. Una mi-nor dose di «letterarietà» po-trebbe giovargli.

Andrea Cambi, di Lari(PI), si muove su territori diver-si. Dedica versi a Sandro Pen-na o a Valerio Magrelli, mo-strandosi utilmente aggiorna-to; pratica il genere epigram-ma o satira, rivolgendosi peresempio non senza efficacia al«famoso cantautore» di turno,e lo fa con opportuna ironiagarbata. Ma il meglio lo dàquando rientra in più normaliranghi: lirici, o meditativi conimmagini: «Le umili costella-zioni /terrestri non transitano/ma resistono ancorate all'asfalto: /parallele o forse con-temporanee /o forse già succes-sive a quelle nobili, astrali».

Tono meditativo è anche quellodi Federico Bancheri (Udine), chededica un testo al Natale e osservala realtà del nostro tempo, con qual-che passaggio forse un po' scontatoo troppo prosastico («i soldi vapo-rizzati in innocenti speculazioni /oun pozzo petrolifero che erutta ma-leodorante /peste nera s'una no-stra costa balneare») e qualcheuscita netta più efficace: «i popoliper definizione non sono /consape-voli del loro tempo» mentre «gioco-si sofisti» trasformano sacre imma-gini in gadgets, in «vecchie cianfru-saglie /suppellettili /per arredarestanze vuote e desolate».

Lorenzo Pezzato si chiede a ra-gione: «esistono ancora, oggi, lospazio e la ragion d'essere per un'avanguardia? intesa in senso sim-bolico e lato, se vogliamo, come an-tidoto all'immobilità intellettualedi una società tanto dinamica?».La mia risposta è ovviamente posi-tiva, nel senso che la ricerca, pro-prio in piatto questo stato di cose,è più che mai necessaria. Pezzatosi muove su varie piste, pratican-do una poesia prosastica o cercan-do la pronuncia epigrammatica,sempre con buona sicurezza nell'uso dei materiali. La sua raccoltainizia con questi versi, che possonoun poco richiamare i toni di NeloRisi: «Guardami bene / espostonella teca dell'anonimo / volto chenon conosci...».

Un avviso ai lettori, che spessosono troppo discreti e a volte inve-ce mi mandano libri interi: resta-te, per favore, tra i 100 e i 200 ver-si (e non oltre…)

[email protected]

LARIPROPOSTADI GERMANOLOMBARDI

Un giallo alla Gruppo ’63= Con Balestrini, Eco, Sanguineti e Feltrinelli, fu tra ifondatori del Gruppo ‘63. Germano Lombardi (Oneglia1925-Parigi 1992) è autore di vari romanzi, come Villacon prato all’inglese, ora riproposto da Il canneto editore(pp. 156, € 12). La ricerca di un tesoro e una serie dicadaveri, in una dimora abbandonata nella riviera diPonente: un giallo sperimentale, senza soluzioni, unasorta di requiem per il genere. Introduce l’opera unricordo di Bernardo Valli, che isola le due passioni assolutedi Germano Lombardi: la scrittura e l’avventura, coltivate«con il bicchiere a portata di mano, come un salvagente».

pp Giuseppe Culicchiap AMENI INGANNIp Mondadori, pp. 211, € 18

«Se la fortuna ènostra»: un avo ateoche in marenghi d’oropagò a un cardinalela sua assoluzione

pp Aurelio Piccap SE LA FORTUNA È NOSTRAp Rizzoli, pp. 240 , € 20p Aurelio Picca è nato a Velletri

nel 195/. Ha esordito nel ‘92 coni racconti «La schiuma»; primoromanzo nel ‘95, «L’esame dimaturità», poi riproposto da Riz-zoli che ha edito anche «Bellissi-ma» e «Volta della morte».

Picca Una storia di famiglia, una missioneper il nipote: recuperare le terre perdute

pp Elena Varvellop LA LUCE PERFETTA

DEL GIORNOp Fandango, pp. 348, € 17,50p Elena Varvello è nata a Torino

nel 1971. Ha pubblicato due rac-colte di poesie («Perseveranzaè salutare» e « Atlanti») e una diracconti («L’economia delle co-se», Fandango, 2007). Insegnastorytelling alla Scuola Holdendi Torino.

Culicchia Un giovane solo e in fuga,collezionista di modellini e foto porno

Aurelio Picca.Il suo nuovo

romanzoè ispirato

alla storiadella suafamiglia

e si avvaledelle fotografie

tirate fuoridai cassetti

di casa:un nipoteraccontain primapersona

i rapporticon il nonno

Tra le zolledi nonno Aurelio

Lettera

«Ameni inganni»:quasi un remakedell’autore all’esordio,lucido, filanteed inesorabile

Giuseppe Culicchia (Torino 1965) si affermò nel ’94 con «Tutti giù per terra»

Narratori italianiIITuttolibri

SABATO 26 FEBBRAIO 2011LA STAMPA III

Un dipinto di Arcimboldo

Amori coniugali,tradimenti, figli ingrati:un romanzo bellissimo,un nitore che fa pensarea Calvino e a Parise

Elena Varvello: dopo poesie e racconti, ora alla prova del primo romanzo

«La luce perfettadel giorno»: dovesi alternano fattigravi e fatti quotidiani,i guasti e i rammendi

Page 3: Tuttolibri n. 1754 (26-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - III - 26/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 25/02/11 21.00

Varvello Una vicenda lunga quarant’anni,un domestico e sottile gioco di rapporti

Croci di coppienel bosco della vita

DIALOGHI IN VERSIMAURIZIO CUCCHI

È sempre l’oradell’avanguardiaLa necessità della ricerca, guardando

ai maestri: da Penna a Magrelli, a Risi

GIOVANNITESIO

Ci sono più modi perresistere allo strapotere dei li-bri di consumo facile o ruffia-no, ma due restano fonda-mentali: da un lato affondareil linguaggio nei meandri diun dolore robusto, dall'altrocoglierne gli echi, le incrinatu-re, i risvolti, i riverberi, glistrascichi, gli stridori. A que-sta seconda modalità appar-tiene la torinese Elena Varvel-lo, che - dopo due libri di poe-sia e un libro di racconti - pub-blica ora da Fandango il suoprimo romanzo, La luce perfet-ta del giorno.

Un romanzo di trasparen-za «perfetta» - giusto per ri-prendere una sollecitazionedel titolo - che fa pensare amaestri della chiarezza e delnitore come Calvino e Pari-se. Senza cercare a tutti i co-sti parentele che comporte-rebbero necessari distinguo,

qui ci troviamo di fronte auna narrazione che va in cer-ca della vita per catturarneil più che sommesso fluire,indagando nelle pieghe mu-te, nei fatti minimi, nei gestiche sembrano sempre sulpunto di schiudere il loro se-greto consumandosi allafrontiera nodosa (come il ro-vescio di un tappeto) che statra noi e quello che chiamia-mo destino.

Già tutto questo c'era neiracconti intitolati L'econo-mia delle cose, ma nel roman-zo c'è di più - o di diverso -che tutto questo opera su unpiano più articolato, e largo,e lento, come si conviene a

un ritmo che accompagna lamisura di un tempo fatto d'an-se e meandri: proprio come lecontorsioni e i ristagni di unfiume in viaggio verso la foce.

C'è, sì, lo sviluppo di unastoria che va dal 1969 al 2006(i quasi quarant'anni che at-traversano decenni cruciali,di cui tuttavia rimane qua e là

solo una debole traccia). Mac'è soprattutto l'esistenza dialcune coppie che intreccianoi loro modi d'essere in un sotti-le e domestico gioco di rappor-ti (questo è un romanzo in cuispiccano le complesse e spes-so dissimulate dinamiche delmatrimonio e dell'amore co-niugale, lasciando l'acuta sen-

sazione che in certi momentigli uomini siano i primi esclusidalla vita delle donne di cui so-no i compagni).

In un luogo di collina, in unafrazione che si chiama sintoma-ticamente Croci, la famiglia diMatilde e Paolo, quella di Clarae Mario, quella di Anita e Giulioincrociano vite e vita: un trasfe-rimento indesiderato, unosguardo presago, un figlio suici-da, il tradimento di una notte,una figlia fuggita di casa, altrifigli che crescono (le adolescen-ze ingrate), figli che si sposano,altre famiglie che si compongo-no, altri incontri che si danno,le malattie che invalidano, i ce-dimenti e i guasti degli anni, un

tumore che viene a scomporrela percezione delle cose.

Fatti gravi e fatti quotidia-ni, fatti che però sono costan-temente colti di sguincio o di«sotto», oltre la pellicola che liricopre e li opacizza: oggetti,fotografie, gesti, sogni, incubi,torsioni, ritorsioni, emozioni,sentimenti, desideri, rappor-ti, reticenze, rabbie, cedimen-ti, sottrazioni, complicità, di-vergenze (ad esempio la federeligiosa di Clara, che parenon derogare nemmeno difronte alle prove più ardue, el'aspra titubanza di Matildeche è anche la figura più pro-blematica, quella a cui tocca ilruolo più forte, e alla fine il ci-mento più doloroso).

Elena Varvello è davverobrava (virtù non semplicemen-te «tecnica» a cui sarebbe abili-tata dall'attività di insegnantedi scrittura), perché sa narrareper superfici misteriose. Lasua semplicità è apparente epuò risultare ingannevole. Inrealtà chiede un'attenzione euna dedizione assolute al detta-to, perché il tempo va avanti eindietro accumulando ogni vol-

ta un dettaglio importante e ba-sta niente per trovarsi al buio,perdersi nel vuoto, smarrire lacoerenza e la coesione deglispostamenti simbolici.

Nella forza di parole comesilenzio e come fantasmi, co-me incendio e come gelo, comecrepa e come voragine finisceper rinserrarsi l'indecidibile eimperdonabile significato delvivere, che a volte si logora inristagni di solitudine, a voltes'inarca nell'urgenza degli in-contri. Un romanzo - bellissi-mo - che guarda agli intrichi diquel bosco che è la vita. Un bo-sco pieno di rami, di voci, didissonanze, di imperscrutabilidisarmonie.

UN’INTERVISTAPOLITICA CON CAMILLERI

Il mondo è un po’ sgualcito= «La verità è che c’è la volontà di tenere basso illivello della cultura degli italiani, perché la cultura èpericolosa». Andrea Camilleri a ruota libera in Questomondo è un po’ sgualcito, libro-intervista realizzatocon Francesco De Filippo per Infinito edizioni (pp. 123,€ 12). Conversando di tutto un po’: di pianeti e diuomini, di Europa, di Fratelli d’Italia, di fisica, diepistemologia e di altre discipline. Giungendo «ad amareconclusioni: solo le dittature eliminano gli egoismipersonali. Ma il prezzo è alto e non ce lo auguriamo.Personalmente, non vedo crescita nell’uomo».

RENATOBARILLI

Il nome di GiuseppeCulicchia mi è caro perché,con la sua opera prima del1993, Tutti giù per terra, haaperto una stagione narrati-va tra le migliori nell’interastoria del Novecento, avendoal fianco due intrepidi scrit-trici come la Ballestra e laCampo, e poi i cosiddetti can-nibali della tempra di Amma-niti, Mozzi, Nove, Scarpa etanti altri ancora.

Indicativo anche il titolodel romanzo iniziale, in cuiCulicchia dichiarava già unasorta di destino, un moto pre-cipitoso di caduta a corpo li-bero, con protagonisti solita-ri mossi da un tetro cupio dis-solvi, pronti a schierarsi con-tro tutti i valori stabiliti, dellafamiglia, della società, dellamorale corrente. Un ritmo didiscesa perfino troppo incal-zante, tanto che in romanzisuccessivi l'autore ha dovutomettergli un freno e inserireun asse orizzontale di scorri-mento, per far entrare in sce-na altri materiali, altri casi epresenze. Il viaggiatore infer-nale, prima di essere attrattonell’imbuto, doveva pur per-correre qualche girone o cor-nice visitando altri dannati.

E proprio nell’opera im-mediatamente precedente,La città brucia, Culicchia siera disperso in una selva diincontri e scontri, in una To-

rino babelica e proteiforme,certo con maggiore ampiezzadi prospettive, ma anche conpericoli di ingolfamento.

E allora, in quest'ultimaprova, egli è risalito alle origi-ni, quasi stendendo un re-make di se stesso, lucido, filan-te, inesorabile, con tutti i ca-ratteri di un destino ferma-mente ribaditi. A cominciare

dal titolo, Ameni inganni, cheovviamente va inteso comeamara espressione di sarca-smo, alla maniera del grandeBeckett di Ah les beaux jours,in cui invece si dà conto di unostato di degrado estremo.

Anche l'inizio di questo ulti-mo nato si pone nel solco digrandi precedenti, viene da ri-cordare lo Straniero di Camusin quanto il protagonista par-tecipa freddo e disilluso ai fu-nerali della madre. A dire il ve-ro, il genitore da lui aborrito èpiuttosto il padre, contro cuiha preso tutti i possibili atteg-giamenti di rifiuto, decidendodi marinare gli studi universi-tari, e di riempire la propriastanza di giornali pornografi-ci e di inutili modellini di astro-navi. Il tutto salvando ipocrita-mente le apparenze, tragico-miche sono le peripezie di ac-costamento alle varie edicoleper acquistarvi i giornaliniproibiti senza farsi scoprire.

Persi i genitori, il protago-nista è solo col suo autismosempre più stringente, cui ten-ta di porre rimedio appuntocon gli «ameni inganni» an-nunciati nel titolo, come sareb-be fingersi in relazione conqualche diva hollywoodiana,

inventando di averla a portatadi mano, docile ai suoi deside-ri sessuali.

Altra mossa illusoria, quel-la di simulare di cercar casaper un nido familiare, così pra-ticando una forma particolaredi voyeurismo che gli consentedi entrare in contatto con avve-nenti venditrici e di apparireproprio quello che non è, un

«normale» alla testa di una fa-migliola perbene.

Nella pratica di queste tatti-che dilatorie e ingannevoli, glicapita di incontrare un lonta-no amore, tale Letizia, con cui,una ventina di anni prima, ave-va stabilito un rapporto quasimatrimoniale, contro cui peròaveva subito reagito frappo-nendo tutti i possibili ostacoli,per non interrompere la suaquiete mortuaria.

Ora anche lei, sconfitta dal-la vita, sarebbe tentata di ricu-cire, ma nulla è cambiato, daparte di lui, anzi, egli mette inatto un inganno che è il piùatroce tra tutti, finge cioè diaverla messa incinta, pur nonessendoci stato alcun rapportofisico tra loro. Al che, la donnafugge via terrorizzata, e dun-que il nostro soggetto è sem-pre più solo con se stesso, se-condo la lucida, scarna, essen-ziale parabola di suicidio in cuisi è immesso volontariamente.

LORENZOMONDO

Aurelio Picca ha scrit-to un romanzo, Se la fortuna ènostra, ispirato alla storia dellasua famiglia. Come appare sco-pertamente dal contesto chenon esita ad avvalersi - per unnon richiesto sigillo di autenti-cità - delle fotografie tirate fuo-ri dai cassetti di casa.

Il racconto è incentrato sulrapporto tra il ragazzo che par-la in prima persona e il nonnopaterno che si chiama come luiAurelio. Il nonno è un uomo im-perioso, la sua asprezza è appe-na addolcita da un certo estrofantastico. Ha adottato comeerede quel nipote, lo accarezzae istruisce perchè scriva il ro-manzo della sua famiglia, il ro-manzo che stiamo leggendo, incui la metafora doviziosa e gio-iosa della vendemmia viene so-stituita da un grande banchet-to che unisce i vivi e i morti.

Si deve partire dal caposti-pite, il nonno Arcangelo di cuiil vecchio si sente orgoglioso,ammirandone la risolutezza.Quell’avo è stato repubblicanoe mazziniano, ha visto con isuoi occhi Garibaldi di cui con-serva il ritratto, e detesta laChiesa. Ma professa una paga-neggiante devozione per l’ar-cangelo San Michele, di cui sisente bizzarramente l’incarna-zione, e coltiva una strana ami-cizia con un cardinale. La suanativa ferinità lo porta a vendi-carsi con tre omicidi, dai qualisi farà assolvere cedendo alcardinale un cofano di maren-ghi d’oro. E’ il nucleo fantasti-co del romanzo di cui, insiemeal ragazzo, attenderemo finoall’ultimo lo scioglimento.

Certo comincia di là il progres-sivo impoverimento della fami-glia, la dissipazione di campi e divigne. Il nonno Aurelio vede nellaterra una garanzia di continuità:«Significava futuro, famiglia, ric-chezza, memoria. Valeva anchedannarsi la vita, e morire male, sefosse stato necessario. Per miononno la terra era l’unico ban-chetto sacrosanto. Soltanto la ter-ra univa i vivi ai morti».

La sua idea fissa è il recuperodei terreni perduti a Colle di Pie-tra e per questo fa affidamentosul nipote, sprezzando gli imme-moricongiunti che si affidano alleattività commerciali. Quando, ri-petendo un gioco di ragazzo, inse-gna al nipote a scalare i muri del-la casa di campagna, intende san-cire un patto e ribadire il senso di

un possesso. Che si appagherà in-fine, spenta la sua ossessione, del-le zolle d’un cimitero.

La vicenda si svolge nell’AgroPontino, in vista dei monti Lepini,un paesaggio che si disvela appe-na in tratti fulminanti. Ma colpi-sce soprattutto il dialogo asciuttoe ritroso tra il vecchio e il giovaneche fa venire in mente, alla lonta-na, il Moscardino di Pea: non per illinguaggio, meno inventivo, maper il procedimento a tasselli, perla scansione antologica. Ed è quituttavia che il romanzo di Piccasembra talora incepparsi. C’è daperdersi infatti nella rappresenta-zione delle persone, e dei casi nonmemorabili, che definiscono la ra-mificata famiglia. C’è una volontàdi dire tutto che ubbidisce nell’au-tore a urgenze di natura privata eaffettiva ma che risultano diva-ganti e distolgono dal tracciatopiù sicuro del racconto.

Fermerò ancora l’attenzionesulla singolare affinità tra i dueprotagonisti, una malattia checonsiste in una perdita di san-gue e che si annuncia ogni qualvolta patiscono un lutto o unaperdita. Rappresenta, nel picco-lo Aurelio, la testimonianza diun lascito che egli accetta remis-sivamente. La comunione delsangue è inseparabile dalle appa-rizioni fantasmatiche che egli in-contra, dall’aura surreale chealeggia sul romanzo.

La rivelazione finale sembraaccogliere anche il mitico tri-snonno Arcangelo, assolto conqualche indulgenza, nel cordialeconcerto di una famiglia che nonaccetta di essere spezzata neppu-re dalla morte.

«DISUMANELETTERE»

Critici maschilisti= Su «Tuttolibri» di sabatoscorso il mio saggio Disumanelettere (Laterza) è statorecensitoda Angelo Guglielmicon modi gentili, come si addicea un'autrice del gentil sesso.Mi hadefinito «missionaria»(con l'intentodi offendere),«violenta»,una che nonargomentama «conciona».Giorni fa sul Giornale un altromaschiomi ha chiamatafamiliarmente«suor Carla» e unaltro, su l'Avvenire, semprerecensendo il mio libro, parladi'«impresa troppo vasta perunadonna sola che sente tutto ilMondosulle sue gracili spalle».Per taceredi tutti i complimentibeceri di cui ho fatto splendidacollezionenella mia carrieradisaggista (uno per tutti: «laComarecon il mattarello», sulDomenicaledel Sole 24ore).Capita di leggere cosealtrettantoaffettuoseper unautoremaschio?Guglielmi si è concesso anche dipiù. Disumane lettere ha unatesi chiara, inequivocabile.Malui l'ha cambiata in quellaopposta. Io sostengo chenell'azzardo in cui ci troviamo avivere, come italiani e comegenere umano, è la cultura, piùche la politica, a irradiare unanuova sensibilità e una chancedi rigenerazione. E nel libro (cheper sottotitolo ha Indagini sullacultura della nostra epoca) levado a cercare in casi concreti,presi dall'arte, dalla letteratura,dal pensiero filosofico e dafenomeni del mondocontemporaneo.Per Guglielmiinvece il mio libro «accusa lacultura (e tutte le componenti)di aiutare il discendimentoverso la fine».Aigiudizi del recensore l'autorenon risponde. Anche senegativi,fannoparte della vita delle idee.Ma alla disinformazionesi deverispondere.Guglielmi è libero didissentireda ciò che scrivo (e mimeravigliereidel contrario, vistoche in una pagina del libro vienecriticata la sua idea che la culturaodiernasia affetta da impotenzagenerandi). E anche di«stroncarlo», se crede.Ma nondi stravolgerne i contenuti apiacimento. Il mio libro cerca diportarealla luce ciò che di nuovosta emergendo nel nostrotempo:un modo di percepirel'uomodentroa un orizzonte piùvasto,non culturalistico, checomprendeanche il cosmoe lavita cellulare; un sensoleopardianodi alleanza tra iviventi davanti al rischio di uncollassodel pianeta, assaidiversodalla visione apocalitticatardo-novecentesca.MaGuglielmidice che sonouna che«si dispera». E mi dà anche della«millenarista».Come se quelrischio di collasso fossi io adannunciarlo,non JaredDiamond,Stephen Hawking,MartinRees e molti altriscienziati e antropologi (darà dei«millenaristi»anche a loro?).E infine dice di condividere il miolamento sulla «mancanzadigeni». Peccatoche di quellamento, che è solo suo, nel miolibronon vi sia traccia.Fateci caso: in Italia gli studiosidiletteraturache hanno spazio suigiornali sono tutti maschi. E traquesti ci sono voci che, si puòstar certi, non sarannomai«stroncate»a quel modo,neanchese scrivessero il libropiù stupido che ci sia. Il mio vaforsea toccarequalche loropunto nevralgico?Tuttiguardanoal degrado dellapolitica.Guardiamoanchedaquestaparte. Inconsistenza,disinformatia,maschilismo,regolamentodi conti, giri.I metodi sono gli stessi. CarlaBenedetti

L’ARTISTA IN MOSTRA A MILANO VISTO DA RIPELLINO

Arcimboldo a Praga= Una pepita di Praga magica, il capolavoro delloslavista Angelo Maria Ripellino per i tipi di Einaudi.L’editore Skira ripropone le pagine dedicate a Arcimboldoe il re malinconico (pp. 66, € 9), in occasione della mostrain corso a Milano sull’artista cinquecentesco. Nellaprefazione, Serena Vitale osserva che «dietro la perfetta eopulenta maschera analogica, dietro il rigoglioso verziere(spighe e uva, fichi e prugne, more e molagrani...),Ripellino indovina il vuoto di una natura irrimediabilmentemorta, l’estrema degradazione di volti umani cui non è piùdato essere simulacro del divino».

Con l’astronavesi ritornagiù per terra

Il giovane Giuseppe Manittascrive un «poemetto crepu-scolare» e lo intitola L'ulti-

mo canto dell'upupa. Va conpasso sicuro e consapevole, conversi brevi utilmente scanditi,con movimenti narrativi essen-ziali: «Non cercare il tuo corpo,/astuto inganno d'amante,/maile sue scintille senz'ali /perchétriste è il fanciullo, /tra le rupi dimuschio. /Tardi s'accorge dell'il-lusione. /L'upupa, intanto, cer-ca alla finestra / l'ondulare del-la tenda». Predilige una dizioneclassica, e talvolta tende a im-preziosire con qualche effetto diricercatezza eccessiva: «Lungo èil viaggio / della nave argheifon-te /mentre tacciono gli alcioni /el'aria blezza i cocci /delle campa-ne». Senz'altro un buon lavoro,di spessore e pensiero. Una mi-nor dose di «letterarietà» po-trebbe giovargli.

Andrea Cambi, di Lari(PI), si muove su territori diver-si. Dedica versi a Sandro Pen-na o a Valerio Magrelli, mo-strandosi utilmente aggiorna-to; pratica il genere epigram-ma o satira, rivolgendosi peresempio non senza efficacia al«famoso cantautore» di turno,e lo fa con opportuna ironiagarbata. Ma il meglio lo dàquando rientra in più normaliranghi: lirici, o meditativi conimmagini: «Le umili costella-zioni /terrestri non transitano/ma resistono ancorate all'asfalto: /parallele o forse con-temporanee /o forse già succes-sive a quelle nobili, astrali».

Tono meditativo è anche quellodi Federico Bancheri (Udine), chededica un testo al Natale e osservala realtà del nostro tempo, con qual-che passaggio forse un po' scontatoo troppo prosastico («i soldi vapo-rizzati in innocenti speculazioni /oun pozzo petrolifero che erutta ma-leodorante /peste nera s'una no-stra costa balneare») e qualcheuscita netta più efficace: «i popoliper definizione non sono /consape-voli del loro tempo» mentre «gioco-si sofisti» trasformano sacre imma-gini in gadgets, in «vecchie cianfru-saglie /suppellettili /per arredarestanze vuote e desolate».

Lorenzo Pezzato si chiede a ra-gione: «esistono ancora, oggi, lospazio e la ragion d'essere per un'avanguardia? intesa in senso sim-bolico e lato, se vogliamo, come an-tidoto all'immobilità intellettualedi una società tanto dinamica?».La mia risposta è ovviamente posi-tiva, nel senso che la ricerca, pro-prio in piatto questo stato di cose,è più che mai necessaria. Pezzatosi muove su varie piste, pratican-do una poesia prosastica o cercan-do la pronuncia epigrammatica,sempre con buona sicurezza nell'uso dei materiali. La sua raccoltainizia con questi versi, che possonoun poco richiamare i toni di NeloRisi: «Guardami bene / espostonella teca dell'anonimo / volto chenon conosci...».

Un avviso ai lettori, che spessosono troppo discreti e a volte inve-ce mi mandano libri interi: resta-te, per favore, tra i 100 e i 200 ver-si (e non oltre…)

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LARIPROPOSTADI GERMANOLOMBARDI

Un giallo alla Gruppo ’63= Con Balestrini, Eco, Sanguineti e Feltrinelli, fu tra ifondatori del Gruppo ‘63. Germano Lombardi (Oneglia1925-Parigi 1992) è autore di vari romanzi, come Villacon prato all’inglese, ora riproposto da Il canneto editore(pp. 156, € 12). La ricerca di un tesoro e una serie dicadaveri, in una dimora abbandonata nella riviera diPonente: un giallo sperimentale, senza soluzioni, unasorta di requiem per il genere. Introduce l’opera unricordo di Bernardo Valli, che isola le due passioni assolutedi Germano Lombardi: la scrittura e l’avventura, coltivate«con il bicchiere a portata di mano, come un salvagente».

pp Giuseppe Culicchiap AMENI INGANNIp Mondadori, pp. 211, € 18

«Se la fortuna ènostra»: un avo ateoche in marenghi d’oropagò a un cardinalela sua assoluzione

pp Aurelio Piccap SE LA FORTUNA È NOSTRAp Rizzoli, pp. 240 , € 20p Aurelio Picca è nato a Velletri

nel 195/. Ha esordito nel ‘92 coni racconti «La schiuma»; primoromanzo nel ‘95, «L’esame dimaturità», poi riproposto da Riz-zoli che ha edito anche «Bellissi-ma» e «Volta della morte».

Picca Una storia di famiglia, una missioneper il nipote: recuperare le terre perdute

pp Elena Varvellop LA LUCE PERFETTA

DEL GIORNOp Fandango, pp. 348, € 17,50p Elena Varvello è nata a Torino

nel 1971. Ha pubblicato due rac-colte di poesie («Perseveranzaè salutare» e « Atlanti») e una diracconti («L’economia delle co-se», Fandango, 2007). Insegnastorytelling alla Scuola Holdendi Torino.

Culicchia Un giovane solo e in fuga,collezionista di modellini e foto porno

Aurelio Picca.Il suo nuovo

romanzoè ispirato

alla storiadella suafamiglia

e si avvaledelle fotografie

tirate fuoridai cassetti

di casa:un nipoteraccontain primapersona

i rapporticon il nonno

Tra le zolledi nonno Aurelio

Lettera

«Ameni inganni»:quasi un remakedell’autore all’esordio,lucido, filanteed inesorabile

Giuseppe Culicchia (Torino 1965) si affermò nel ’94 con «Tutti giù per terra»

Narratori italianiIITuttolibri

SABATO 26 FEBBRAIO 2011LA STAMPA III

Un dipinto di Arcimboldo

Amori coniugali,tradimenti, figli ingrati:un romanzo bellissimo,un nitore che fa pensarea Calvino e a Parise

Elena Varvello: dopo poesie e racconti, ora alla prova del primo romanzo

«La luce perfettadel giorno»: dovesi alternano fattigravi e fatti quotidiani,i guasti e i rammendi

Page 4: Tuttolibri n. 1754 (26-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IV - 26/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 25/02/11 21.00

Narratori stranieriIVTuttolibri

SABATO 26 FEBBRAIO 2011LA STAMPA V

Brodkey La scommessa di rilanciarelo scrittore accostato a Roth e Updike

ALESSANDRAIADICICCO

Cisono cascati in mol-ti. Molti dei lettori dell'esila-rante Ilustrado, esordio del fi-lippino 35enne Miguel Syjuco,hanno creduto nella reale esi-stenza del suo protagonista,Crispin Salvador: «la panteradelle lettere di Manila», il piùgeniale e sfrontato degli auto-ri, il più versatile e iconoclastadegli scrittori, il più assurdo -e credibile - degli eroi. Tantoche la «blogosfera» (comescriverebbe Syjuco) si è dilet-tata a fare congetture sullasua vita e morte, sulle sue ope-re e i giorni, sulla reperibilitàdei suoi scritti e la misteriosascomparsa del suo capolavo-ro annunciato. E, per smenti-re o disciplinare tali iperreali-ste fantasie, wikipediani aut si-

milia si sono visti in dovere dispiegare, di segnare un confi-ne netto tra l'invenzione lette-raria e il suo sfondo reale, dicompilare voci chiarificatriciper restituire a Syjuco quelche è di Syjuco e consolare isognatori lasciati orfani dall'accertata paternità autoriale.

In effetti, non ci fosse statoun Crispin Salvador, si sareb-be dovuto inventarlo. Uno ca-pace di nutrire fino alla morte«la fede incrollabile in una vitain cui vale la pena di scrivere».Uno che perfino dall'esilio,bandito e disconosciuto dalproprio paese corrotto, seppefar luce sulla cultura di unaprovincia minore: «accese laletteratura delle Filippine e re-galò al mondo il suo fulgore».Uno che, dotato di vena ine-sauribile, baciato da fervidaispirazione, attinse alla varie-

tà dei suoi interessi per profon-dere il suo talento in opere ete-rogenee e sorprendenti. Alcunedelle quali - non tutte - ci sareb-be davvero piaciuto leggere.

Come il saggio giovanile Èdura amare una femminista. O

l’allegoria sulla dominazioneamericana Matador, in cui agliUsa toccava la parte del toreroe alle Filippine quella di PitoyGigante, il toro votato a morire.La famosa quadrilogia Europa,articolata in Jour Night Vida eAmore: lunga love story vissutatra Parigi Londra Barcellona eFirenze che conquistò le casa-linghe di quattro nazioni. Unaguida turistica delle sue isoleche mappava le tracce svagatedi un flâneur. Una storia «ambi-ziosa e idiosincratica» della let-teratura filippina in inglese, cri-ticata perché troppo di parte (l'autore vi citava quasi solo i pro-pri testi). Un poema epico - sultraduttore e cartografo di Ma-gellano, Antonio Pigafetta - eun'opera disco. Una saga nava-le - sul fascinoso capitano spa-gnolo che sgominò la pirateriacinese - e un fantasy per teena-

gers. E poi raccolte di aneddoti,barzellette, satire, editoriali po-litici, autocitazioni.

Fino all’inedito libro-veritàche intendeva denunciare i go-vernanti cleptocrati sui gradinidel tempio, e invece fece sì chel'autore vedesse spezzata la pro-pria vita anzitempo. Fu la finedi un martire. (Anche se nem-meno i fan più affezionati gliavrebbero mai perdonato lacomparsa in uno spot tv in cui sifaceva servire il pranzo nel suostudio tappezzato di libri. Scuo-tendo un'ampollina sulle pietan-ze, si volgeva alla telecamera epronunciava la frase divenutaimmortale: «Salsa di soia SilverSwan, la scelta raffinata»).

Prende appunto le mossedalla morte prematura del suovenerato maestro la voce nar-rante di Syjuco. Per ricostruir-ne in Ilustrado - concepito comeun romanzo, redatto come non-fiction - la biografia. Per raccon-tare le sue «Otto vite vissute»attraverso documenti, rimandia fatti e scritti, riferimenti a datie date storiche, note bibliografi-che, ricordi di famiglia. Nell'in-sieme il mémoir di quattro gene-razioni e centocinquant'anni distoria delle filippine: una ricer-ca ragguardevole, encomiabileper (mentita) attendibilità.

Ai lettori dei 14 paesi in cui ègià stato tradotto Ilustrado, plu-ripremiato in patria, eletto dalNew York Times tra i 100 miglio-ri titoli dell’anno appena passa-to, Syjuco lascia più che il rim-pianto di aver letto la storia ve-ra di un eroe tutto inventato.

Da buon allievo del suo im-maginario maestro, scrivendoin inglese ha diffuso nel mondodettagli sulla vita culturale filip-pina più importanti e intriganti,tiene a dire, «della collezione discarpe di Imelda Marcos o deideliri del folle che sparò a Gian-ni Versace».

ELENALOEWENTHAL

L'ebraico non cono-sce i tempi dei verbi. Perfetto eimperfetto delineano, per con-venienza, il passato e il futuro.Il presente si esprime con unevasivo participio: «io andan-te» e non «io vado». Quando sitraduce da questa lingua, laconsecution temporum è un in-domito busillis - alla fin fine, iltempo dell'azione resta irrime-diabilmente vago e sfuggente,anche per chi l'ha scritto. Quan-to ai nostri trapassati, prossi-mi, anteriori - bisogna conget-turarli. Assumersi la responsa-bilità di dare al tempo una se-quenza vagamente logica, difronte alla beata indifferenzadell'ebraico. Deve essere statoarduo più che mai, dunque, di-stricarsi fra le pagine de La te-nuta Rajani di Alon Hilu in lin-gua originale, con quel suo ap-parentemente statico e invecevorticoso avvicendarsi del tem-po. Ma la scelta metodologicadi alternare il passato remoto equello prossimo a volte lasciaun po' spiazzato il lettore, met-

te a repentaglio la sequenziali-tà della storia.

È questo certamente un ro-manzo complesso, dove i tempie i luoghi si stratificano nellepagine dei due diari protagoni-sti, l'uno di un pioniere ebreo ai-tante e vitale, l'altro di un bam-bino arabo assai problematico- ma forse soprattutto bisogno-so d'affetto. Isaac Luminski ap-proda in Terra Promessa nel1895, insieme a una moglie tan-to bella quanto indisponente.Lui ha tanta voglia di far fiorireil deserto quanto di amoreggia-re. Farà l'una e l'altra cosa, in

un intreccio di vite che si svolgequasi tutto sullo sfondo di quellache molto presto diventerà TelAviv ma che ancora non lo è.

La tenuta Rajani, una dimoraaraba signorile contornata dafertili terreni, diventerà ben pre-

sto l'oggetto di un duplice deside-rio. Le pagine del diario di Isaac(come gli altri protagonisti dellastoria, ispirato a un personaggiovero) si alternano con quelle, vi-sionarie, di Salah, il figlio dellabella Afifa, la padrona del pode-re: lei vede in questo ebreo ungiovane appetibile, il bambino nefa una specie di angelo, ma an-che un impagabile compagno digiochi. Ne viene fuori una vicen-da serrata, che ha per teatroquello spazio aperto e cangiante- i nuovi e minuscoli quartieriebraici, la colonia dei templari te-deschi, Jaffa, la campagna - cheun giorno non lontano diventeràTel Aviv. Un'epopea delle origi-ni, insomma, che prefigura il con-flitto ma al tempo stesso pare an-ni luce distante, soprattutto en-tro il confine della tenuta Rajani,una specie di piccolo paradiso,della natura e dei sensi. I rappor-

ti fra ebrei e arabi vengono de-scritti qui in modo niente affattoconvenzionale, ricco invece disfumature interessanti, piccoli egrandi scenari imprevedibili.

Questo secondo romanzo diAlon Hilu, nato a Jaffa nel 1972,ha destato tanto entusiasmoquanto scalpore. Ha vinto premied è stato tacciato di «decostru-zionismo» spinto, perché sgreto-lerebbe con il suo approccio i fon-damenti del sionismo, ponendoin luce, per così dire, i suoi chia-roscuri. Il male del colonialismocome tentazione. La sua presun-ta natura di appropriazione inde-bita, sul piano morale ed econo-mico. Va detto al proposito chese la parole pesano, forse il termi-ne «colono» per definire qui initaliano Luminski, il protagoni-sta ebreo, non è del tutto adegua-to. Ci riporta infatti a un presen-te di taglio ben diverso, quellodei Territori Occupati. Ma so-prattutto non calza con le avven-ture del nostro qui. Che tratteg-giano con sapienza una figuraambigua, discutibile, a voltesprovveduta a volte fin tropposmaliziata. Più che colono, Lu-minsky ci sa di avventuriero.

Del resto, questo romanzonon «decostruisce» il sionismopiù dell'ironia sofferta e sapientedel grande Agnon in Appena Ieri,

cui Hilu si riconnette sicuramen-te con consapevolezza. L'anda-mento brillante della narrazio-ne, la capacità di muovere e farparlare i suoi personaggi secon-do tonalità diverse e cangianti,non può non far pensare anche aA. B. Yehoshua. Perché questastoria avvincente - sono solo unpo' tirati, a volte, i soliloqui scon-clusionati del piccolo Salah, for-midabile quando interpreta la re-altà, un po' meno quando imma-gina il futuro - ha dalla sua unaattendibilità storica condita del-la giusta dose di surrealismo, diironia e manipolazione.

PAOLOBERTINETTI

Il viaggio in India, perl'anziana signora e la giovanedonna di Passaggio in India diForster, è l'esperienza che con-sente loro di conoscere, o al-meno di intuire, quella parte disé che altrimenti sarebbe ri-masta sommersa per semprenel profondo.

Il viaggio in India di John Ja-mes, nel romanzo di Tim ParksSogni di fiumi e di mari è l'espe-rienza ancor più traumatica checonsente al giovane protagonistadi realizzare la sua più o manoconsapevolericercadel padre.

Nelle prime righe del ro-manzo leggiamo che John, ap-pena ricevuta la telefonata del-la madre che gli annuncia lamorte di suo padre, prenota unposto sul primo volo disponibileper Delhi per poter partecipareal funerale. Quella del padre, Al-bert James, è una figura libera-mente ispirata a quella dell'an-tropologo Gregory Bateson:non alle vicende della sua vita,

ma all'originalità delle sue idee.Albert James, spiega la moglieHelen, voleva stabilire «un mo-dello cibernetico che consentissedi predire come i diversi sistemiculturali avrebbero assorbito l'in-flusso delle idee occidentali tra-sformandole». E il suo studio sul-le culture «altre» era guidato dal-la convinzione che ogni culturaradicata fosse molto più saggia diquella dei suoi visitatori stranieri

e dei suoi aspiranti benefattori.Il romanzo non indugia più

del necessario sulle teorie di Al-bert James. Ci fa invece saperequali erano le pratiche e le appli-cazioni concrete in cui ultima-mente esse si erano tradotte; so-no proprio quei suoi «laboratorisulla comunicazione» che offro-no al figlio John l'occasione di in-dagine sulla figura paterna. Inda-gine è la parola giusta.

Sogni di fiumi e di mari si svi-luppa, se non come un thriller,come un romanzo di suspense,muovendosi avanti e indietrolungo le tre vicende che intrec-ciandosi tra loro ne costruisco-no il tessuto: quella di John (edella sua fidanzata Elaine), quel-la di Helen, la madre, totalmen-te assorbita dal lavoro umanita-rio che svolge nella clinica in cuiopera, e quella di Paul, uno scrit-

tore americano autore di unabiografia di Gandhi, che si preci-pita a Delhi per chiedere l'auto-rizzazione a scriverne una su Al-bert James.

L'inchiesta di John, comequella di Paul, porta alla scoper-ta di una serie di tasselli che nonconsentono tuttavia di comporreun mosaico compiuto. Mentre in-vece la figura di Albert si trasfor-ma in una «presenza» che a più

riprese si affianca a madre e fi-glio, fino allo sconvolgente pre-fi-nale del romanzo, di cui le ridico-le indagini della polizia servonoad attenuare la tragicità.

Nel romanzo di Tim Parksnon è «l'India immemore» del ro-manzo di Forster che spiazzal'animo occidentale. E' la sua ca-pitale, Delhi, la città in cui (comea Mumbai) le contraddizioni dell'India tra modernità e conserva-zione si manifestano nel modopiù acuto. Probabilmente al letto-re indiano il ritratto di Delhi cheemerge dal romanzo non puònon suscitare qualche fastidioper l'insistenza con cui vengonocollocati in primo piano gli aspet-ti più sgradevoli della realtà quo-tidiana dell'India.

Ma non sarebbe giusto porrela questione in termini di «politi-camente corretto». E' così che es-sa appare, nelle vicende che licoinvolgono, allo sguardo deidue stranieri. E' così che la vedo-no John e Paul: è l'India vista congli occhi dell'Occidente. Non co-me la vedeva Albert James.

MASOLINOD’AMICO

Incontrai fuggevol-mente Harold Brodkey una do-menica pomeriggio degli ultimianni cinquanta a casa di miononno, dove l’aveva portato unmio zio al quale il giovane scrit-tore (n. 1930) in visita a Romaera stato indirizzato da un co-mune amico americano; di luisapevamo solo che aveva giàpubblicato racconti sul presti-gioso New Yorker. In seguito cer-cai di ricordare il suo nome, spe-rando di poter dire un giorno diavere conosciuto una celebrità.Col tempo appresi che la mia at-tesa era condivisa da molti. In-fatti quando lo sentii nominareancora diverso tempo dopo Ha-rold Brodkey - a differenza deisuoi prolificissimi coetanei Phi-lip Roth, ebreo come lui, e JohnUpdike, come lui uscito da unaillustre Università - era famososoprattutto per quello che nonaveva ancora scritto e di cui ave-va soltanto dato sporadiche an-ticipazioni, ossia un Grande edefinitivo Romanzo la cui uscitaveniva continuamenterinviata.

Altri autori, basta pensare aMalcolm Lowry e a Sotto il vul-cano», passarono in silenzio de-cenni di accanito lavoro riscri-vendo l’opera che poi li avrebbelanciati. Ma Lowry e altri lo fe-cero nell’oscurità; Brodkey in-vece debuttò presto, fu subitoconsiderato promettentissimo,e per trent’anni visse di questapromessa. Il magnum opus sem-

brò finalmente pronto alla finedegli anni ottanta. Nel 1988 aspet-tandosi il botto i nostri editoripensarono di anticiparlo facendotradurre la raccolta-rivelazionedi Primo amore e altri affanni, del1958. Ma poi il grande romanzo,The Runaway Soul, si fece aspet-tare ancora, e quando uscì tre an-ni dopo il suo esito non li incorag-giò a importarlo. Brodkey morìpoco dopo, nel ’93. Oggi Fandan-go si impegna a rilanciarlo, a par-tire dalla ripresa della storica tra-duzione italiana di Primo amore.Seguirà la riproposta di altre rac-colte già tradotte anch’esse, e si

concluderà la primizia, per noi, diThe Runaway Soul.

Quanto a Primo amore, i novepezzi originali sono coronati orada un decimo degli anni novanta,descrizione lirica di una mattina-ta di primavera a New York incui il narratore si esalta senten-dosi innamorato della moglie econtemporaneamente si tagliaun polpastrello in modo abba-stanza preoccupante (tre punti).Anche i racconti precedenti so-no, come praticamente tutta lanarrativa di Brodkey, più o menoautobiografici, qui momenti del-l’esistenza di un ragazzo e poi di

un giovanotto. Nel primo costuiè tredicenne e molto solo. Impie-gato come baby-sitter di un bam-bino più piccolo e trascurato daigenitori, gioca volentieri con luima non riesce a lasciarsi andaredel tutto, ossia ad abbandonarsia un affetto che sarebbe provvi-denziale per entrambi.

Nel racconto che dà il titoloalla raccolta, il nostro ha sedicianni e si fa la barba ogni tre gior-ni. Mentre imposta goffamentedei rapporti con coetanei di am-bo i sessi, assiste alla resa dellasua bella sorella maggiore, in-trappolata dalla madre e dalleconvenienze nel matrimonio conun ragazzo ricco che non ama.Arriva poi il 1948, e il protagoni-sta, diciottenne e borsista a Har-vard, gira l’Europa in biciclettain compagnia di un amico colquale finisce però per litigare in-cessantemente. In Educazione

sentimentale il soggetto (che nonha sempre lo stesso nome) è or-mai alto un metro e novanta e vi-ve intensamente la sua primastoria d’amore. Il quinto raccon-to, molto breve, fa da spartiac-que: non è che il ritrattino di unaragazza carina quanto capriccio-sa. Seguono, e concludono, quat-tro flashes di vita matrimonialedi coniugi inesperti alle prese coiprimi problemi pratici.

Tutto qua. Venato da una leg-gera malinconia, lo smilzo libro èscritto assai gradevolmente econ bella precisione, risultandofine, urbano, persino sommessa-

mente ottimista, e privo di astioma anche di reticenze nei con-fronti della volgarità di quellaAmerica provinciale, borghese,bianca e mediocre, oggi larga-mente scomparsa, dalla quale ilnarratore si è saputo emancipa-re. Forse un po’ poco, se si pensaagli elogi che a Brodkey l’intelle-ghentsia newyorchese, da SusanSontag a Don De Lillo, tributò vo-lentieri, ma sufficiente ad alimen-tare l’attesa di cui sopra: attesache almeno per quanto mi ri-guarda grazie alla promessa del-la Fandango sembra proprio sistia per concludere.

UN BRADBURY PER RAGAZZI TRADOTTO DA FRUTTERO

Accendi la notte= Una favola di Ray Bradbury - l’autore dell’antologiaCronache marziane e di Fahrenheit 451, un classicodella letteratura (portato sullo schermo da FrançoisTruffaut)- , tradotta da un cultore della fantascienzaquale Carlo Fruttero (nella stessa collana, di CarloFruttero, La creazione; di Franco Lucentini, Il calabroneche ci vedeva poco, con una postilla di Fruttero).C’era una volta questo bambino non ancora grandenon più piccino e non gli piaceva la notte...». E’ l’incipitdi Accendi la notte, per i tipi di Gallucci (€ 14,50),illustrato dai disegni di AntonGionata Ferrari, nato a

Brescia nel 1950 (ha operato a lungo nel cinema dianimazione, dal 1993 si dedica in particolareall’editoria per ragazzi).Bradbury prende per mano un bambino che, avendopaura del buio, tiene sempre accese le luci in casa. Sinquando una bambina («Il mio nome è Buia») gli spiegòil segreto degli interruttori, convincendolo a spegnerele lampade per scoprire la notte. E così il piccolo eroescoprì i grilli, i ranocchi, la luna, le stelle. Di meravigliain meraviglia fin quando correrà «nel buio su prati congli altri bambini felice e ridendo con loro». Perché «èpiù bello comandare la Notte che comandare la luce».Accendi la notte è l’unico libro per ragazzi scritto daRay Bradbury e risale al 1955.

Che suspensequel funeralea Nuova Delhi

Parks «Sogni di fiumi e di mari»:un viaggio alla ricerca del padre

JEAN TEULE’ SULLE ORME DEL POETA MALEDETTO

Un arcobaleno per Rimbaud= Rainbow per Rimbaud recita il titolo e dodici deidiciannove brevi capitoli sono scanditi da strofedell'enfant terrible che tra i sedici e i diciannove annicompose un'opera poetica consideratasconvolgente. Rivisitando in chiave attuale il mitodell'adolescenza in rivolta contro Dio e il mondo, ildisegnatore di fumetti e giornalista televisivo JeanTeulé con questo libro d'esordio pubblicato nel 1991,ora tradotto da Alice Volpi per Nutrimenti (pp. 159,€ 15), ha inaugurato una carriera letterariaapprezzata soprattutto dal pubblico giovanile.

Ma l'Arcobaleno che dedica al poeta di Illuminazionie di Una stagione all'Inferno va al di là dell'omaggio aun poeta d'affezione, come più tardi l'autore avrebbefatto con Io, François Villon (Neri Pozza, 2007) e OVerlaine! (Nutrimenti, 2008).«Diventai un'opera favolosa…Nessun sofisma dellafollia è stato da me dimenticato…», scrisseRimbaud nei Deliri di Una stagione all'inferno,qualche anno prima di fuggire da Charleville per unaltro viaggio alla scoperta dell'ignoto dopo averchiuso definitivamente con l'esperienza del verbopoetico:. «La mia salute fu minacciata...L'arcobaleno mi aveva dannato».Teulé sembra aver preso alla lettera queste

affermazioni applicandole a Robert, untrentaseienne con spiccati comportamentiadolescenziali e autistici, claustrato nel suo mitoRimbaud fino a un drammatico cupio dissolvi dacui né il viaggio né la devozione di una compagnalo salvano.Zoomando su altre situazioni e personaggi al limite,Teulé isola dei frammenti di altre diversità - miseria,solitudine, o comunque eccentricità.Ma l'Arcobaleno, simbolo del patto tra Dio e Noèdopo il Diluvio, oltreché della bandiera della pace,quanto riconcilia Rimbaud? E quanto coglie inprofondità la sua esperienza di «poeta maledetto»? Paola Décina Lombardi

Il primo amoreaspettandola Grande Storia

Nelle Filippineil Maestroha otto vite

«La tenuta Rajani»:un romanzo finitosotto accusa perchésgretolerebbele basi del sionismo

L'andamento brillantedella narrazionee la capacità di farmuovere i personaggiricorda A. B. Yehoshua

Un mémoir di quattrogenerazioni e 150 annidi Storia: una ricercaencomiabile per(mentita) attendibilità

Faremo fiorireil desertoe il cuore

pp Miguel Syjucop ILUSTRADOp trad. di Enrico Terrinonip Fazi, pp. 470, € 19,50

Dieci racconti piùo meno autobiograficiannuncianola primizia, per noi,di «The Runaway Soul»

pp Harold Brodkeyp PRIMO AMORE E ALTRI AFFANNIp trad. di Grazia Rattazzi Gambellip Fandango, pp.192, € 16,50

Storie di adolescentie flashes di vitamatrimoniale,una vena di malinconia,un sommesso ottimismo

pp Tim Parksp SOGNI DI FIUMI E DI MARIp trad. di Giovanna Granatop Mondadori,pp. 429, € 22

pp Alon Hilup LA TENUTA RAJANIp trad. di Alessandra Shomronip Einaudi, pp.306, € 21

«Ilustrado», un esordioesilarante: il ritrattodi Crispin Salvador,geniale e versatile«pantera delle lettere»

Hilu La Terra Promessa di un bimboarabo e di un aitante pioniere ebreo

Syjuco Dallo scrittore di Manilala storia vera di un eroe inventato

Ritratto di Rimbaud

Harold Brodkey visto da Levine.Copy New York Review of books - Ilpa

Tim Parks

Alon Hilu è nato a Jaffa nel 1972

Illustrazione di A.G. Ferrari

Lo scrittore filippino Miguel Syjuco

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Narratori stranieriIVTuttolibri

SABATO 26 FEBBRAIO 2011LA STAMPA V

Brodkey La scommessa di rilanciarelo scrittore accostato a Roth e Updike

ALESSANDRAIADICICCO

Cisono cascati in mol-ti. Molti dei lettori dell'esila-rante Ilustrado, esordio del fi-lippino 35enne Miguel Syjuco,hanno creduto nella reale esi-stenza del suo protagonista,Crispin Salvador: «la panteradelle lettere di Manila», il piùgeniale e sfrontato degli auto-ri, il più versatile e iconoclastadegli scrittori, il più assurdo -e credibile - degli eroi. Tantoche la «blogosfera» (comescriverebbe Syjuco) si è dilet-tata a fare congetture sullasua vita e morte, sulle sue ope-re e i giorni, sulla reperibilitàdei suoi scritti e la misteriosascomparsa del suo capolavo-ro annunciato. E, per smenti-re o disciplinare tali iperreali-ste fantasie, wikipediani aut si-

milia si sono visti in dovere dispiegare, di segnare un confi-ne netto tra l'invenzione lette-raria e il suo sfondo reale, dicompilare voci chiarificatriciper restituire a Syjuco quelche è di Syjuco e consolare isognatori lasciati orfani dall'accertata paternità autoriale.

In effetti, non ci fosse statoun Crispin Salvador, si sareb-be dovuto inventarlo. Uno ca-pace di nutrire fino alla morte«la fede incrollabile in una vitain cui vale la pena di scrivere».Uno che perfino dall'esilio,bandito e disconosciuto dalproprio paese corrotto, seppefar luce sulla cultura di unaprovincia minore: «accese laletteratura delle Filippine e re-galò al mondo il suo fulgore».Uno che, dotato di vena ine-sauribile, baciato da fervidaispirazione, attinse alla varie-

tà dei suoi interessi per profon-dere il suo talento in opere ete-rogenee e sorprendenti. Alcunedelle quali - non tutte - ci sareb-be davvero piaciuto leggere.

Come il saggio giovanile Èdura amare una femminista. O

l’allegoria sulla dominazioneamericana Matador, in cui agliUsa toccava la parte del toreroe alle Filippine quella di PitoyGigante, il toro votato a morire.La famosa quadrilogia Europa,articolata in Jour Night Vida eAmore: lunga love story vissutatra Parigi Londra Barcellona eFirenze che conquistò le casa-linghe di quattro nazioni. Unaguida turistica delle sue isoleche mappava le tracce svagatedi un flâneur. Una storia «ambi-ziosa e idiosincratica» della let-teratura filippina in inglese, cri-ticata perché troppo di parte (l'autore vi citava quasi solo i pro-pri testi). Un poema epico - sultraduttore e cartografo di Ma-gellano, Antonio Pigafetta - eun'opera disco. Una saga nava-le - sul fascinoso capitano spa-gnolo che sgominò la pirateriacinese - e un fantasy per teena-

gers. E poi raccolte di aneddoti,barzellette, satire, editoriali po-litici, autocitazioni.

Fino all’inedito libro-veritàche intendeva denunciare i go-vernanti cleptocrati sui gradinidel tempio, e invece fece sì chel'autore vedesse spezzata la pro-pria vita anzitempo. Fu la finedi un martire. (Anche se nem-meno i fan più affezionati gliavrebbero mai perdonato lacomparsa in uno spot tv in cui sifaceva servire il pranzo nel suostudio tappezzato di libri. Scuo-tendo un'ampollina sulle pietan-ze, si volgeva alla telecamera epronunciava la frase divenutaimmortale: «Salsa di soia SilverSwan, la scelta raffinata»).

Prende appunto le mossedalla morte prematura del suovenerato maestro la voce nar-rante di Syjuco. Per ricostruir-ne in Ilustrado - concepito comeun romanzo, redatto come non-fiction - la biografia. Per raccon-tare le sue «Otto vite vissute»attraverso documenti, rimandia fatti e scritti, riferimenti a datie date storiche, note bibliografi-che, ricordi di famiglia. Nell'in-sieme il mémoir di quattro gene-razioni e centocinquant'anni distoria delle filippine: una ricer-ca ragguardevole, encomiabileper (mentita) attendibilità.

Ai lettori dei 14 paesi in cui ègià stato tradotto Ilustrado, plu-ripremiato in patria, eletto dalNew York Times tra i 100 miglio-ri titoli dell’anno appena passa-to, Syjuco lascia più che il rim-pianto di aver letto la storia ve-ra di un eroe tutto inventato.

Da buon allievo del suo im-maginario maestro, scrivendoin inglese ha diffuso nel mondodettagli sulla vita culturale filip-pina più importanti e intriganti,tiene a dire, «della collezione discarpe di Imelda Marcos o deideliri del folle che sparò a Gian-ni Versace».

ELENALOEWENTHAL

L'ebraico non cono-sce i tempi dei verbi. Perfetto eimperfetto delineano, per con-venienza, il passato e il futuro.Il presente si esprime con unevasivo participio: «io andan-te» e non «io vado». Quando sitraduce da questa lingua, laconsecution temporum è un in-domito busillis - alla fin fine, iltempo dell'azione resta irrime-diabilmente vago e sfuggente,anche per chi l'ha scritto. Quan-to ai nostri trapassati, prossi-mi, anteriori - bisogna conget-turarli. Assumersi la responsa-bilità di dare al tempo una se-quenza vagamente logica, difronte alla beata indifferenzadell'ebraico. Deve essere statoarduo più che mai, dunque, di-stricarsi fra le pagine de La te-nuta Rajani di Alon Hilu in lin-gua originale, con quel suo ap-parentemente statico e invecevorticoso avvicendarsi del tem-po. Ma la scelta metodologicadi alternare il passato remoto equello prossimo a volte lasciaun po' spiazzato il lettore, met-

te a repentaglio la sequenziali-tà della storia.

È questo certamente un ro-manzo complesso, dove i tempie i luoghi si stratificano nellepagine dei due diari protagoni-sti, l'uno di un pioniere ebreo ai-tante e vitale, l'altro di un bam-bino arabo assai problematico- ma forse soprattutto bisogno-so d'affetto. Isaac Luminski ap-proda in Terra Promessa nel1895, insieme a una moglie tan-to bella quanto indisponente.Lui ha tanta voglia di far fiorireil deserto quanto di amoreggia-re. Farà l'una e l'altra cosa, in

un intreccio di vite che si svolgequasi tutto sullo sfondo di quellache molto presto diventerà TelAviv ma che ancora non lo è.

La tenuta Rajani, una dimoraaraba signorile contornata dafertili terreni, diventerà ben pre-

sto l'oggetto di un duplice deside-rio. Le pagine del diario di Isaac(come gli altri protagonisti dellastoria, ispirato a un personaggiovero) si alternano con quelle, vi-sionarie, di Salah, il figlio dellabella Afifa, la padrona del pode-re: lei vede in questo ebreo ungiovane appetibile, il bambino nefa una specie di angelo, ma an-che un impagabile compagno digiochi. Ne viene fuori una vicen-da serrata, che ha per teatroquello spazio aperto e cangiante- i nuovi e minuscoli quartieriebraici, la colonia dei templari te-deschi, Jaffa, la campagna - cheun giorno non lontano diventeràTel Aviv. Un'epopea delle origi-ni, insomma, che prefigura il con-flitto ma al tempo stesso pare an-ni luce distante, soprattutto en-tro il confine della tenuta Rajani,una specie di piccolo paradiso,della natura e dei sensi. I rappor-

ti fra ebrei e arabi vengono de-scritti qui in modo niente affattoconvenzionale, ricco invece disfumature interessanti, piccoli egrandi scenari imprevedibili.

Questo secondo romanzo diAlon Hilu, nato a Jaffa nel 1972,ha destato tanto entusiasmoquanto scalpore. Ha vinto premied è stato tacciato di «decostru-zionismo» spinto, perché sgreto-lerebbe con il suo approccio i fon-damenti del sionismo, ponendoin luce, per così dire, i suoi chia-roscuri. Il male del colonialismocome tentazione. La sua presun-ta natura di appropriazione inde-bita, sul piano morale ed econo-mico. Va detto al proposito chese la parole pesano, forse il termi-ne «colono» per definire qui initaliano Luminski, il protagoni-sta ebreo, non è del tutto adegua-to. Ci riporta infatti a un presen-te di taglio ben diverso, quellodei Territori Occupati. Ma so-prattutto non calza con le avven-ture del nostro qui. Che tratteg-giano con sapienza una figuraambigua, discutibile, a voltesprovveduta a volte fin tropposmaliziata. Più che colono, Lu-minsky ci sa di avventuriero.

Del resto, questo romanzonon «decostruisce» il sionismopiù dell'ironia sofferta e sapientedel grande Agnon in Appena Ieri,

cui Hilu si riconnette sicuramen-te con consapevolezza. L'anda-mento brillante della narrazio-ne, la capacità di muovere e farparlare i suoi personaggi secon-do tonalità diverse e cangianti,non può non far pensare anche aA. B. Yehoshua. Perché questastoria avvincente - sono solo unpo' tirati, a volte, i soliloqui scon-clusionati del piccolo Salah, for-midabile quando interpreta la re-altà, un po' meno quando imma-gina il futuro - ha dalla sua unaattendibilità storica condita del-la giusta dose di surrealismo, diironia e manipolazione.

PAOLOBERTINETTI

Il viaggio in India, perl'anziana signora e la giovanedonna di Passaggio in India diForster, è l'esperienza che con-sente loro di conoscere, o al-meno di intuire, quella parte disé che altrimenti sarebbe ri-masta sommersa per semprenel profondo.

Il viaggio in India di John Ja-mes, nel romanzo di Tim ParksSogni di fiumi e di mari è l'espe-rienza ancor più traumatica checonsente al giovane protagonistadi realizzare la sua più o manoconsapevolericercadel padre.

Nelle prime righe del ro-manzo leggiamo che John, ap-pena ricevuta la telefonata del-la madre che gli annuncia lamorte di suo padre, prenota unposto sul primo volo disponibileper Delhi per poter partecipareal funerale. Quella del padre, Al-bert James, è una figura libera-mente ispirata a quella dell'an-tropologo Gregory Bateson:non alle vicende della sua vita,

ma all'originalità delle sue idee.Albert James, spiega la moglieHelen, voleva stabilire «un mo-dello cibernetico che consentissedi predire come i diversi sistemiculturali avrebbero assorbito l'in-flusso delle idee occidentali tra-sformandole». E il suo studio sul-le culture «altre» era guidato dal-la convinzione che ogni culturaradicata fosse molto più saggia diquella dei suoi visitatori stranieri

e dei suoi aspiranti benefattori.Il romanzo non indugia più

del necessario sulle teorie di Al-bert James. Ci fa invece saperequali erano le pratiche e le appli-cazioni concrete in cui ultima-mente esse si erano tradotte; so-no proprio quei suoi «laboratorisulla comunicazione» che offro-no al figlio John l'occasione di in-dagine sulla figura paterna. Inda-gine è la parola giusta.

Sogni di fiumi e di mari si svi-luppa, se non come un thriller,come un romanzo di suspense,muovendosi avanti e indietrolungo le tre vicende che intrec-ciandosi tra loro ne costruisco-no il tessuto: quella di John (edella sua fidanzata Elaine), quel-la di Helen, la madre, totalmen-te assorbita dal lavoro umanita-rio che svolge nella clinica in cuiopera, e quella di Paul, uno scrit-

tore americano autore di unabiografia di Gandhi, che si preci-pita a Delhi per chiedere l'auto-rizzazione a scriverne una su Al-bert James.

L'inchiesta di John, comequella di Paul, porta alla scoper-ta di una serie di tasselli che nonconsentono tuttavia di comporreun mosaico compiuto. Mentre in-vece la figura di Albert si trasfor-ma in una «presenza» che a più

riprese si affianca a madre e fi-glio, fino allo sconvolgente pre-fi-nale del romanzo, di cui le ridico-le indagini della polizia servonoad attenuare la tragicità.

Nel romanzo di Tim Parksnon è «l'India immemore» del ro-manzo di Forster che spiazzal'animo occidentale. E' la sua ca-pitale, Delhi, la città in cui (comea Mumbai) le contraddizioni dell'India tra modernità e conserva-zione si manifestano nel modopiù acuto. Probabilmente al letto-re indiano il ritratto di Delhi cheemerge dal romanzo non puònon suscitare qualche fastidioper l'insistenza con cui vengonocollocati in primo piano gli aspet-ti più sgradevoli della realtà quo-tidiana dell'India.

Ma non sarebbe giusto porrela questione in termini di «politi-camente corretto». E' così che es-sa appare, nelle vicende che licoinvolgono, allo sguardo deidue stranieri. E' così che la vedo-no John e Paul: è l'India vista congli occhi dell'Occidente. Non co-me la vedeva Albert James.

MASOLINOD’AMICO

Incontrai fuggevol-mente Harold Brodkey una do-menica pomeriggio degli ultimianni cinquanta a casa di miononno, dove l’aveva portato unmio zio al quale il giovane scrit-tore (n. 1930) in visita a Romaera stato indirizzato da un co-mune amico americano; di luisapevamo solo che aveva giàpubblicato racconti sul presti-gioso New Yorker. In seguito cer-cai di ricordare il suo nome, spe-rando di poter dire un giorno diavere conosciuto una celebrità.Col tempo appresi che la mia at-tesa era condivisa da molti. In-fatti quando lo sentii nominareancora diverso tempo dopo Ha-rold Brodkey - a differenza deisuoi prolificissimi coetanei Phi-lip Roth, ebreo come lui, e JohnUpdike, come lui uscito da unaillustre Università - era famososoprattutto per quello che nonaveva ancora scritto e di cui ave-va soltanto dato sporadiche an-ticipazioni, ossia un Grande edefinitivo Romanzo la cui uscitaveniva continuamenterinviata.

Altri autori, basta pensare aMalcolm Lowry e a Sotto il vul-cano», passarono in silenzio de-cenni di accanito lavoro riscri-vendo l’opera che poi li avrebbelanciati. Ma Lowry e altri lo fe-cero nell’oscurità; Brodkey in-vece debuttò presto, fu subitoconsiderato promettentissimo,e per trent’anni visse di questapromessa. Il magnum opus sem-

brò finalmente pronto alla finedegli anni ottanta. Nel 1988 aspet-tandosi il botto i nostri editoripensarono di anticiparlo facendotradurre la raccolta-rivelazionedi Primo amore e altri affanni, del1958. Ma poi il grande romanzo,The Runaway Soul, si fece aspet-tare ancora, e quando uscì tre an-ni dopo il suo esito non li incorag-giò a importarlo. Brodkey morìpoco dopo, nel ’93. Oggi Fandan-go si impegna a rilanciarlo, a par-tire dalla ripresa della storica tra-duzione italiana di Primo amore.Seguirà la riproposta di altre rac-colte già tradotte anch’esse, e si

concluderà la primizia, per noi, diThe Runaway Soul.

Quanto a Primo amore, i novepezzi originali sono coronati orada un decimo degli anni novanta,descrizione lirica di una mattina-ta di primavera a New York incui il narratore si esalta senten-dosi innamorato della moglie econtemporaneamente si tagliaun polpastrello in modo abba-stanza preoccupante (tre punti).Anche i racconti precedenti so-no, come praticamente tutta lanarrativa di Brodkey, più o menoautobiografici, qui momenti del-l’esistenza di un ragazzo e poi di

un giovanotto. Nel primo costuiè tredicenne e molto solo. Impie-gato come baby-sitter di un bam-bino più piccolo e trascurato daigenitori, gioca volentieri con luima non riesce a lasciarsi andaredel tutto, ossia ad abbandonarsia un affetto che sarebbe provvi-denziale per entrambi.

Nel racconto che dà il titoloalla raccolta, il nostro ha sedicianni e si fa la barba ogni tre gior-ni. Mentre imposta goffamentedei rapporti con coetanei di am-bo i sessi, assiste alla resa dellasua bella sorella maggiore, in-trappolata dalla madre e dalleconvenienze nel matrimonio conun ragazzo ricco che non ama.Arriva poi il 1948, e il protagoni-sta, diciottenne e borsista a Har-vard, gira l’Europa in biciclettain compagnia di un amico colquale finisce però per litigare in-cessantemente. In Educazione

sentimentale il soggetto (che nonha sempre lo stesso nome) è or-mai alto un metro e novanta e vi-ve intensamente la sua primastoria d’amore. Il quinto raccon-to, molto breve, fa da spartiac-que: non è che il ritrattino di unaragazza carina quanto capriccio-sa. Seguono, e concludono, quat-tro flashes di vita matrimonialedi coniugi inesperti alle prese coiprimi problemi pratici.

Tutto qua. Venato da una leg-gera malinconia, lo smilzo libro èscritto assai gradevolmente econ bella precisione, risultandofine, urbano, persino sommessa-

mente ottimista, e privo di astioma anche di reticenze nei con-fronti della volgarità di quellaAmerica provinciale, borghese,bianca e mediocre, oggi larga-mente scomparsa, dalla quale ilnarratore si è saputo emancipa-re. Forse un po’ poco, se si pensaagli elogi che a Brodkey l’intelle-ghentsia newyorchese, da SusanSontag a Don De Lillo, tributò vo-lentieri, ma sufficiente ad alimen-tare l’attesa di cui sopra: attesache almeno per quanto mi ri-guarda grazie alla promessa del-la Fandango sembra proprio sistia per concludere.

UN BRADBURY PER RAGAZZI TRADOTTO DA FRUTTERO

Accendi la notte= Una favola di Ray Bradbury - l’autore dell’antologiaCronache marziane e di Fahrenheit 451, un classicodella letteratura (portato sullo schermo da FrançoisTruffaut)- , tradotta da un cultore della fantascienzaquale Carlo Fruttero (nella stessa collana, di CarloFruttero, La creazione; di Franco Lucentini, Il calabroneche ci vedeva poco, con una postilla di Fruttero).C’era una volta questo bambino non ancora grandenon più piccino e non gli piaceva la notte...». E’ l’incipitdi Accendi la notte, per i tipi di Gallucci (€ 14,50),illustrato dai disegni di AntonGionata Ferrari, nato a

Brescia nel 1950 (ha operato a lungo nel cinema dianimazione, dal 1993 si dedica in particolareall’editoria per ragazzi).Bradbury prende per mano un bambino che, avendopaura del buio, tiene sempre accese le luci in casa. Sinquando una bambina («Il mio nome è Buia») gli spiegòil segreto degli interruttori, convincendolo a spegnerele lampade per scoprire la notte. E così il piccolo eroescoprì i grilli, i ranocchi, la luna, le stelle. Di meravigliain meraviglia fin quando correrà «nel buio su prati congli altri bambini felice e ridendo con loro». Perché «èpiù bello comandare la Notte che comandare la luce».Accendi la notte è l’unico libro per ragazzi scritto daRay Bradbury e risale al 1955.

Che suspensequel funeralea Nuova Delhi

Parks «Sogni di fiumi e di mari»:un viaggio alla ricerca del padre

JEAN TEULE’ SULLE ORME DEL POETA MALEDETTO

Un arcobaleno per Rimbaud= Rainbow per Rimbaud recita il titolo e dodici deidiciannove brevi capitoli sono scanditi da strofedell'enfant terrible che tra i sedici e i diciannove annicompose un'opera poetica consideratasconvolgente. Rivisitando in chiave attuale il mitodell'adolescenza in rivolta contro Dio e il mondo, ildisegnatore di fumetti e giornalista televisivo JeanTeulé con questo libro d'esordio pubblicato nel 1991,ora tradotto da Alice Volpi per Nutrimenti (pp. 159,€ 15), ha inaugurato una carriera letterariaapprezzata soprattutto dal pubblico giovanile.

Ma l'Arcobaleno che dedica al poeta di Illuminazionie di Una stagione all'Inferno va al di là dell'omaggio aun poeta d'affezione, come più tardi l'autore avrebbefatto con Io, François Villon (Neri Pozza, 2007) e OVerlaine! (Nutrimenti, 2008).«Diventai un'opera favolosa…Nessun sofisma dellafollia è stato da me dimenticato…», scrisseRimbaud nei Deliri di Una stagione all'inferno,qualche anno prima di fuggire da Charleville per unaltro viaggio alla scoperta dell'ignoto dopo averchiuso definitivamente con l'esperienza del verbopoetico:. «La mia salute fu minacciata...L'arcobaleno mi aveva dannato».Teulé sembra aver preso alla lettera queste

affermazioni applicandole a Robert, untrentaseienne con spiccati comportamentiadolescenziali e autistici, claustrato nel suo mitoRimbaud fino a un drammatico cupio dissolvi dacui né il viaggio né la devozione di una compagnalo salvano.Zoomando su altre situazioni e personaggi al limite,Teulé isola dei frammenti di altre diversità - miseria,solitudine, o comunque eccentricità.Ma l'Arcobaleno, simbolo del patto tra Dio e Noèdopo il Diluvio, oltreché della bandiera della pace,quanto riconcilia Rimbaud? E quanto coglie inprofondità la sua esperienza di «poeta maledetto»? Paola Décina Lombardi

Il primo amoreaspettandola Grande Storia

Nelle Filippineil Maestroha otto vite

«La tenuta Rajani»:un romanzo finitosotto accusa perchésgretolerebbele basi del sionismo

L'andamento brillantedella narrazionee la capacità di farmuovere i personaggiricorda A. B. Yehoshua

Un mémoir di quattrogenerazioni e 150 annidi Storia: una ricercaencomiabile per(mentita) attendibilità

Faremo fiorireil desertoe il cuore

pp Miguel Syjucop ILUSTRADOp trad. di Enrico Terrinonip Fazi, pp. 470, € 19,50

Dieci racconti piùo meno autobiograficiannuncianola primizia, per noi,di «The Runaway Soul»

pp Harold Brodkeyp PRIMO AMORE E ALTRI AFFANNIp trad. di Grazia Rattazzi Gambellip Fandango, pp.192, € 16,50

Storie di adolescentie flashes di vitamatrimoniale,una vena di malinconia,un sommesso ottimismo

pp Tim Parksp SOGNI DI FIUMI E DI MARIp trad. di Giovanna Granatop Mondadori,pp. 429, € 22

pp Alon Hilup LA TENUTA RAJANIp trad. di Alessandra Shomronip Einaudi, pp.306, € 21

«Ilustrado», un esordioesilarante: il ritrattodi Crispin Salvador,geniale e versatile«pantera delle lettere»

Hilu La Terra Promessa di un bimboarabo e di un aitante pioniere ebreo

Syjuco Dallo scrittore di Manilala storia vera di un eroe inventato

Ritratto di Rimbaud

Harold Brodkey visto da Levine.Copy New York Review of books - Ilpa

Tim Parks

Alon Hilu è nato a Jaffa nel 1972

Illustrazione di A.G. Ferrari

Lo scrittore filippino Miguel Syjuco

Page 6: Tuttolibri n. 1754 (26-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VI - 26/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 25/02/11 21.00

UN CONVEGNO A MILANOSi intitola L’Italiadellebiblioteche il convegnopromossoda RegioneLombardia,ProvinciaeComunediMilano conl’AssociazioneBibliotecheOggi.Si svolgeràal PalazzodelleStelline(CsoMagenta61) il 3e4 marzo.Discuterà ruoloecontributodeicentridipubblica letturanellaformazionedell’identitànazionaleeaffronterà i problemipresenti e futuridelle biblioteche,mentre i libri di carta si misuranocone-booke iPad.Tra inumerosi relatori, GiovanniSolimine,autore del saggioL’Italia che legge (Laterza), chequi tracciaper noiunasintesi eunconfrontostorico,nell’arco dei150annidell’Italiaunita. Altriinterventiprevisti:MauroGuerrini,Maurizio Vivarelli,AurelioAghemo,LodovicaBraida, LucaFerrieri, BrunoPischedda,RaffaeleCardone,StefanoParise,AlbertoPetrucciani,GinoRoncaglia,MariaCassella. Il programma nelsito:www.bibliotecheoggi.it

L’ unità di Patria?Solo consumi e tv

Cultura e Nazione Da luoghi di puraconservazione a centri di promozionedella lettura, un cammino difficile

GIOVANNIDE LUNA

A Emilio Gentile va ri-conosciuto il merito di avercontribuito in modo significati-vo al successo di un filone distudi non molto frequentato da-gli storici italiani. Insieme a po-chi altri (penso soprattutto aGian Enrico Rusconi), da anniha infatti approfondito il temadella religione civile, proponen-done una definizione convin-cente, che la identifica sostan-zialmente con la possibilità dicostruire uno spazio pubblicoal cui interno ideologie e appar-tenenze contrastanti trovinouna reciproca accettazione e ilrispetto per le libertà individua-li, nel nome di valori consape-volmentericonosciuti.

Nessuna versione sacraliz-zata, nessun riferimento al tra-scendente, quindi, ma una reli-gione civile che opera nellaconcretezza dei legami socialiche tengono avvinta una co-munità, in un'accezione chescarica sulle istituzioni la re-sponsabilità di garantire, co-me ha scritto proprio Gentile,«la pluralità delle idee, la libe-

ra competizione per l'eserci-zio del potere e la revocabilitàdei governanti attraverso me-todi pacifici e costituzionali».

E' chiaro che oggi, in Italia,ci sarebbe estremamente biso-gno di istituzioni «virtuose» ingrado di gestire discorsi e at-teggiamenti pubblici capaci ditenere insieme un Paese an-che sul piano dei simboli, delleoccasioni celebrative, dei ritidi memoria. La fine del Nove-cento ha lasciato affiorare una

concezione economico-mercan-tile del nostro modo di sentirciitaliani, quasi che oggi l'unica re-ligione civile conosciuta e prati-cata sia quella costruita dal mer-cato e dai consumi.

Gentile ha ben presente que-sta realtà. Lo dimostra il suo ul-timo libro, scritto sotto forma diintervista a Simonetta Fiori, Ita-liani senza padri. Nel dialogo-confronto con la giornalista(che nelle sue domande si ispiraai temi sui quali è più vivace il di-

battito culturale), Gentile sem-bra interrogarsi soprattutto sulRisorgimento e sul modo in cuiquella tradizione sopravvive nelnostro tessuto culturale e civile,in un bilancio («il nostro è un Ri-sorgimento senza eredi»), ama-ramente conclusivo.

In realtà, al centro della suariflessione ci sono tutti questicentocinquanta anni di storiadell'unità nazionale; di ogni «fa-se», l'Italia liberale, il fascismo,l'Italia repubblicana, Gentile ana-

lizza proprio i meccanismi di co-struzione della religione civile,confrontandosi con i vari proget-ti di identità nazionale di volta involta proposti dallo Stato e dallapolitica. In questo senso, perGentile l'unico tentativo di «faregli italiani» che abbia conseguitoqualche risultato si è avuto solonell'età liberale («la popolazioneviene coinvolta in un processo difusione sentimentale ed emotivacon i valori patriottici»); dal fasci-smo in poi, gli italiani sono stati

invece sollecitati più a dividersiche a unirsi («il declino dell'ideadi una patria comune degli italia-ni è iniziato con i processo diideologizzazione della nazione,accaduto in Italia nel decenniotra il 1912 e l'avvento di Mussoli-ni»). Fino all'attualità dell'Italiaberlusconiana a cui Gentile riferi-sce considerazioni che sembra-no particolarmente convincenti.

Oggi gli italiani condividonomode, comportamenti, scelte esi-stenziali in uno spazio pubblicoche è essenzialmente quello deli-mitato dai mezzi di comunicazio-ne di massa e, naturalmente, dalmercato e dai consumi prima ci-tati. In termini quantitativi que-sto spazio si è enormemente dila-tato; a Reggio Calabria e a Vare-se si consumano e si desideranogli stessi oggetti in un processodi omologazione che non ha pre-cedenti nella nostra storia. Ma laqualità di questo spazio resta, so-stiene Gentile, povera, poverissi-ma («c'è differenza fra la“grande fratellanza” vagheggia-ta dal Risorgimento e il “grandefratello” della televisione»). A te-nere insieme gli italiani ci vuolequalcosa di più che guardare gli

stessi programmi televisivi e fre-quentare gli stessi supermerca-ti. Qualcosa che a che fare con lacittadinanza e l'etica pubblica,con quei valori che Gentile indi-ca efficacemente come gli obbiet-tivi del moto risorgimentale: «li-berare l'italiano dalla servitù deldispotismo e del conformismo;conferirgli il senso della dignitàcome cittadino dello Stato nazio-nale; affermare il merito e le ca-pacità dell'individuo contro il pri-vilegio di nascita e di casta».

Italiani senza padri Perché il Risorgimentonon ha eredi: l’assenza di una religione civile

GIOVANNISOLIMINE

Si può parlare di bi-blioteche in occasione del cen-tocinquantesimo compleannodell'Italia, cercando di tenereinsieme una riflessione storicae uno sguardo rivolto al futu-ro? Difficile farlo senza far rife-rimento alle condizioni cultura-li in cui si compì il processo diunificazione nazionale. Nel1866 Pasquale Villari invitò aprendere atto che c'era «nel se-no della Nazione un nemico piùpotente dell'Austria, la nostracolossale ignoranza». Tre ita-liani su quattro erano analfabe-ti e bisognerà aspettare il nuo-vo secolo per avere un'esiguamaggioranza di cittadini capa-ci di leggere e scrivere: solo nel1901 la percentuale degli anal-fabeti scese al 48,5%.

Storia della lettura e storiadella «pubblica lettura», cioèdell'organizzazione biblioteca-ria nazionale, sono profonda-mente connesse ed è evidenteche in quel contesto le bibliote-che erano destinate a un ruolomarginale. Sulla realtà italia-na, specie a confronto dell'Eu-ropa centro-settentrionale, in-cidono anche altri fattori di or-dine storico-culturale di piùlontana origine, come la con-suetudine con la lettura dellaBibbia tra i protestanti (i paesi

scandinavi, la Germania, l'In-ghilterra hanno sconfitto pre-stissimo l'analfabetismo). Nonè questa la sede per ricordarequanto Riforma e Controrifor-ma abbiano inciso sui destinidella cultura europea, ma dob-biamo dire che in Italia non si èfatto molto per modificare lostato delle cose. Alle debolezzee alle difficoltà di partenza sisono aggiunti nel tempo il disin-teresse e l'insipienza dei deci-sori politici, incapaci di realiz-zare una rete di infrastruttureculturali che potesse far cre-scere unitariamente e armoni-camente l'Italia e gli italiani.

L'eredità pre-unitaria eraformata, prima della breccia diPorta Pia, da 210 biblioteche, dicui 164 aperte al pubblico, distri-buite in 45 città (senza conside-rare Roma). Da lì prese le mos-se l'edificazione del sistema bi-bliotecario del nuovo Regno. Efu in quegli anni che si consumòun grossolano equivoco: le bi-blioteche civiche territoriali, so-litamente destinate all'intera co-munità locale, in molti casi nac-quero proprio allora per effettodella confisca dei beni ecclesia-stici. La decisione di affidarequesti "beni nazionali" ai Comu-ni servì più a garantirne la cu-stodia che a realizzare un tessu-to di servizi pubblici per i citta-dini. Si trattava infatti di colle-zioni librarie nate per altri scopie rivolte ad altri destinatari, percui la loro utilizzabilità in funzio-ne dell'alfabetizzazione e dellapromozione della lettura fupressoché nulla. Si definì in que-gli anni l'identità delle bibliote-che italiane, fortemente orienta-te alla conservazione. Total-

mente diversa l'origine della pu-blic library anglosassone, fonda-ta sul sistema del self-govern-ment britannico e concepita peril proletariato urbano nato dallarivoluzione industriale. Questiistituti, fortemente impegnati nelcampo dell'educazione perma-nente, mettevano al primo postonon la tutela del patrimonio ma lacapacità di erogare servizi. A que-sto obiettivo puntarono le biblio-teche popolari, che cominciaronoa diffondersi in Italia nella secon-da metà dell'Ottocento per inizia-tiva di organizzazioni filantropi-che di ispirazione religiosa o poli-tico-sindacale, non raggiungendomai però un forte radicamentonellacollettività.

Senza proseguire oltre in que-sta analisi storica, possiamo pren-dere atto dell'assoluta marginali-tà delle biblioteche, di tutte le ti-

pologie di biblioteche, che oggiammontano sulla carta a oltre16.000 (di cui 46 appartenenti alministero dei Beni Culturali,6700 agli enti locali, 2500 univer-sitarie), frequentate secondo i da-ti Istat solo dall'11% degli italiani.

Permangono fortissimi squili-bri territoriali: il 40% delle libre-rie e il 50% delle biblioteche ope-rano nelle regioni settentrionali emeno del 30% al Sud e nelle isole.

Gli effetti sono sotto gli occhidi tutti: l'Italia della lettura è at-traversata da profonde disugua-glianze territoriali, per genere,età, condizionesocio-economica.

Nel 2010 circa venti punti per-centuali distanziano il Sud (35%di lettori sulla popolazione) dalNord (54%) e viene quasi da pen-sare che non si stia parlando del-la stessa nazione: il dato delle re-gioni settentrionali è simile aquello di Germania, Regno Unitoo Francia, mentre la percentualedel Sud è grosso modo la stessadi Portogallo, Malta e Bulgaria.

Anche le caratteristiche e le di-mensioni del luogo di residenzaincidono molto: chi vive nellegrandi aree urbane legge di più.Questo dato non deve sorprende-re, perché sono tantissimi i co-muni, anche di media grandezza,privi di librerie e di biblioteche,in cui un cittadino non ha l'oppor-tunità di incontrare un libro sulproprio cammino.

Sensibile anche la differenzatra i due sessi. Il dato medio del46,8% di italiani che lo scorso an-no ha letto almeno un libro nasceda una percentuale del 40 tra imaschi e del 53 tra le femmine. Fi-no al 1973 gli uomini leggevanopiù delle donne, ma da quel mo-mento in poi, per effetto dellamaggiore scolarizzazione, la let-tura è diventata un'attività preva-lentemente femminile, e ora intutte le fasce d'età le donne leggo-no più degli uomini.

La situazione andrebbe fron-teggiata con un potenziamentodella rete dei servizi. E invecetutte le biblioteche italiane sonoin una crisi profonda, acuita ne-gli ultimi anni da drastici tagli ai

bilanci. Quelle messe peggio ditutte sono le biblioteche statali.Si pensi che la Nazionale di Ro-ma ha un budget di 1,5 milioni equella di Firenze, il maggiore isti-tuto bibliotecario del Paese, di-spone solo di 2 milioni annui,mentre quella di Parigi ha un bi-lancio di 254 milioni, Londra di160 milioni, Madrid di 52 milioni.E per il 2011 il ministero dei BeniCulturali annuncia tagli del 50%.Di questo passo si va dritti drittiverso la chiusura.

Per guardare con fiducia al fu-turo occorrerebbe finalmenteuna politica bibliotecaria naziona-le, nella consapevolezza che nonsi sta parlando solo di biblioteche,di libri e di lettori, ma di una fun-zione formativa essenziale nellasocietà contemporanea, con rica-dute importanti sulle potenzialitàdi crescita economica e sulla vitasociale della comunità nazionale.A causa di una scarsa consuetudi-ne con la parola scritta, il 70% de-gli italiani non sa comprendere

un semplice testo, compilare unmodulo, seguire le istruzioni perl'uso di un elettrodomestico. All'arretratezza che caratterizza ilnostro Paese sul terreno della let-tura si aggiunge ora quella relati-va alla diffusione della rete a ban-da larga e alla presenza di Inter-net nelle case, col rischio di ritro-varci con una palla al piede similea quella che centocinquanta annifa era rappresentata dall'analfa-betismo. Da tempo il tema della in-formation literacy si è imposto all'

attenzione degli educatori e dei bi-bliotecari di tutto il mondo, chestanno reinterpretando in questomodo la funzione di promozioneculturale esercitata dalle bibliote-che, volta alla crescita individualee collettiva delle persone, garan-tendone i diritti di cittadinanza inuna società realmente inclusiva.

In questa nuova frontiera dell'alfabetizzazione possiamo indivi-duare forse il principale compitodelle biblioteche italiane nella so-cietà dell'informazione.

LUIGILA SPINA

Ci vuole un bel co-raggio, in questi momenti, afare l’elogio del cinismo inpolitica. Già quella professio-ne che Aristotele definiva co-me il fine della vita etica e lacondizione naturale dell’uo-mo è piuttosto screditata,ma intitolare un libro Il poli-tico come cinico e dedicare170 pagine alla rivalutazionedi questa caratteristica rive-la un intento veramente pro-vocatorio. Eppure, l’autore,Antonio Funiciello e l’edito-re, Donzelli, compionoun’opera benemerita, per-ché tentano di diradare lemolte confusioni mentali e letroppe ipocrisie di cui i poli-tici d’oggi si servono perstrumentalizzare la vulgatamachiavellica secondo cui«il fine giustifica i mezzi».

Funiciello comincia, comeè ovvio, dall’antica filosofiagreca per analizzare i fonda-menti del cinismo in politica earriva fino all’emblema di que-sto atteggiamento in età con-temporanea, quel RichardNixon campione mediaticodella nequizia planetaria. Ma,come è meno ovvio, il saggio,per giustificare le tesi propo-

ste all’attenzione del lettore, siavvale delle testimonianze deigrandi tragediografi e dei gran-di romanzieri più che dei filosofio dei sociologi. Con effetti sug-gestivi, anche se il testo risente,in qualche parte, di qualchelambiccamento superfluo.

Stabilito che la concezionemoderna della politica nascedal cinismo, Funiciello distin-gue opportunamento il «cini-smo dei fini», tratto distintivodei regimi totalitari, dal «cini-smo dei mezzi», quello, demo-cratico, che predilige il loro rac-cordo «all’idea liberaldemocra-tica di giustizia». A questo pro-posito, l’autore ricorda che fini

e mezzi possiedono, nell’artedella politica, la stessa dignità,proprio perché entrambi sonomotivati da un’idea di giustiziache dev’essere a loro predeter-minata e strettamente collega-ta. Ecco perchè si può essereben d’accordo con il filosofo ita-liano Giorgio Agamben, quan-do spiega la decadenza della po-litica attuale con «l’affermazio-ne dei mezzi senza fine».

Rappresentante illustre delcosiddetto «cinismo democrati-co» è, secondo Funiciello, ungrande politico americano delsecolo scorso, Franklin DelanoRoosevelt, proprio perché è sta-to anche «un gran Pinocchio».

E’ questa, forse, la parte più in-teressante e attuale del libro.Quella in cui l’autore, con acutafinezza interpretativa, illustra«uno degli esercizi più avvin-centi della pratica della libertàumana che produca azione:l’esercizio della menzogna».

Funiciello, infatti, cogliendoil valore dell’esempio di Roose-velt, giustifica la bugia liberalde-mocratica con cui quel presiden-te occultò ai suoi elettori l’inten-zione di entrare in guerra con-tro le dittature con il fine nobile,quello di salvare il mondo.

Anche in questo caso, comeper il cinismo, c’è un uso corret-to della menzogna politica e c’è

il suo stravolgimento pericolo-so. La distinzione si produce sulcrinale, sottile ma netto, tra in-ganno e autoinganno. La carat-teristica del primo è il dominioche il politico ha sulla sua men-zogna, strumento di cui si servecon la piena consapevolezza diusare la falsità per persuaderegli altri, in vista di un fine nobi-le. Quella del secondo si ricono-sce quando il politico non diven-ta più padrone della sua menzo-gna, ma se ne lascia ingannare,convincendosi della sua verità.

Il risultato di questa identifi-cazione è quello di una confusio-

ne tra fini e mezzi, in cui «il poli-tico comincia a credere che larealtà vera sia quella delle suemenzogne, mentre i fatti realiche gli si rivoltano contro rap-presentano un controcanto pre-giudizialmente ostile».

Nessuna applicazione all’at-tualità è suggerita dall’autore,ma il lettore è autorizzato aprovarci.

IL DIARIO DI BORDO, DALL’AMERICA ALL’ ORIENTE

Sul mare con capitan Garibaldi= In viaggio per mare con Garibaldi, iscritto nel«registro dei mozzi» di Nizza fin dal 1821. Tra il 1850 e il1854, prima come passeggero da New York a Panama,poi dall’America Latina all’Estremo Oriente, a Hong Konge a Manila,come timoniere, fino al ritorno da Boston aLondra, via Capo Horn. Davida Gnola analizza il Diario dibordo del capitano Giuseppe Garibaldi per Mursia (pp.202, € 17, postfazione di Mino Milani), «rimasto sin quiinedito e pochissimo consultato dagli studiosi, nominatoappena una manciata di volte nella copiosissimabibliografia dedicata all’Eroe dei Due Mondi».

Sebbene in modo invisibile,la comunione non ancorapiena delle nostre comuni-

tà è in verità cementata salda-mente nella piena comunione deisanti, cioè di coloro che, alla con-clusione di una esistenza fedelealla grazia, sono nella comunio-ne di Cristo glorioso. Questi san-ti vengono da tutte le Chiese eComunità ecclesiali, che hannoaperto loro l'ingresso nella comu-nione della salvezza».

Così scriveva Giovanni Pao-lo II nella sua enciclica Utunum sint, esprimendo unaconvinzione che riprenderà allavigilia del giubileo: «L'ecumeni-smo dei martiri è forse il più con-vincente, la communio sancto-rum parla con voce più alta deifattori di divisione». Davveroquando dei battezzati testimo-niano la loro adesione al Signo-re con tutte le loro forze e con lapienezza della loro vita, il loromessaggio va al di là delle bar-riere confessionali e diviene an-nuncio anche al di fuori dellostesso ambito ecclesiale.

Ci si può solo rallegrare,quindi, che l'editrice Città Nuo-va abbia dedicato ai Testimonidella fede nelle chiese della Ri-forma (pp. 440, € 115) un’operaenciclopedica - curata da J. Pu-glisi e S. Tobler - che in un certo

senso si riallaccia alla monumen-tale Bibliotheca sanctorum e al-la sua dilatazione verso il mondoortodosso (Enciclopedia dei San-ti delle Chiese orientali). Certo èimproprio parlare di «santi» nelsenso inteso in ambito cattolicoquando ci si riferisce a «testimo-ni» di Cristo appartenenti a con-fessioni scaturite dalla Riformaprotestante, eppure percorrendo iprofili e le vicende storiche e di fe-de dei protagonisti di questo volu-me si resta colpiti dalle istanzeevangeliche che li hanno motivati.

Avvalendosi di qualificati col-laboratori appartenenti a chiese,aree geografiche e culturali diver-se, i curatori ci offrono anche un

quadro teologico e storico nel qua-le inserire le figure di cristiani of-ferte ai lettori. Un’introduzionesu «Santità e santificazione nellechiese nate dalla Riforma prote-stante», un ancor più approfondi-to saggio sul significato universa-le dell’espressione «Testimoni delVangelo» e un indispensabileglossario aprono la parte pro-priamente enciclopedica dell’ope-ra, che presenta in ordine alfabe-tico qualche centinaio di testimo-ni di Cristo, idealmente raggrup-pabili in quattro macroaree tema-tiche: lavoro nella chiesa e vitacristiana, lavoro missionario, im-pegno sociale e professione laica.

Troviamo così riformatori, pre-

dicatori, operatori di carità e dicura del corpo e dello spirito, pa-dri e madri di famiglia, resistentie martiri: autentici «brani del san-to Vangelo», come venivano indi-cati un tempo i testimoni che conla loro vita obbedivano al coman-damento «siate santi perché io, ilSignore, sono Santo».

Leggendo queste pagine con-statiamo sì il permanere di diffe-renze teologiche ed ecclesiologi-che, a volte anche profonde, ma alcontempo la presenza e l'azione ef-ficace di un dinamismo insito nel-la parola evangelica che è capacedi parlare al cuore e alla mente de-

gli uomini e delle donne di ognitempo e ogni credo. Come ricorda-va il Vaticano II: «Riconoscere lericchezze di Cristo e le opere vir-tuose nella vita degli altri, i qualirendono testimonianza a Cristotalora sino all'effusione del san-gue, è cosa giusta e salutare».

Possiamo forse negare che an-cora oggi il mondo ha bisogno diautentici testimoni cristiani?

DAI FRATELLI BANDIERA A VITTORIO VENETO

Centouno battaglie= Rivolte, azioni eroiche, scontri, dai fratelli Bandieraalla breccia di Porta Pia, dalle cinque giornate di Milanoala Repubblica romana, da Curtatone e Montanara allaCernaia, a Solferino e San Martino. Ovvero le 101battaglie che hanno fatto l’Italia unita, raccontate daAndrea Frediani per Newton Compton (pp. 376,€ 12,90, illustrazioni di Fabio Piacentini, mappe diEmilio Tanzillo). Una rassegna che si sospinge fino allaGrande Guerra, al compimento della stagionerisorgimentale, culminante nella vittoria finale diVittorio Veneto.

Un GrandePinocchioper la politica

«EBOOKLAB ITALIA»,A RIMINIDAL 3 AL5 MARZO

L’editoria digitale= Ebook Lab Italia. «Il futuro dei libri. I libri del futuro».A Rimini, dal 3 al 5 marzo, un convegnosull’editoriadigitale. Lo inauguranoGino Roncaglia (autore di La quartarivoluzione, Laterza) e Cristina Mussinelli (Associazioneeditori italiani). Nel programma,una relazionedi MarinoSinibaldi, direttoredi Radio 3, su «Comecambia lanarrazione, come cambia la lettura»; una riflessione diEnricoTallone sulla bellezza estetica,nel rapporto fratradizionedella tipografiae tecnologie digitali; dibattiti sulibrerie,grande distribuzione,nuovicanali di vendita,dirittid’autore,biblioteche digitali.www.ebooklabitalia.com

Elogio del cinismo La democraziagiustifica i mezzi, compresa la bugia

Storie e ideeVITuttolibri

SABATO 26 FEBBRAIO 2011LA STAMPA VII

UN QUESTIONARIODI «NUOVI ARGOMENTI»

Scrittore, ti senti italiano?= Nel segno di padre Dante. 98 scrittori definiscono la loroitalianità rispondendo a un questionario. La dove il sì suonariecheggia nel nuovo numero di Nuovi Argomenti, la rivistadiretta da Dacia Maraini (Mondadori, n. 53, pp. 247, € 14).A cominciare dalla stessa Maraini («La patria mi dice poco.Preferisco la parola patriota»), quindi incontrando EraldoAffinati, Giuseppe Conte, Angelo Guglielmi, Massimo Onofri,Vincenzo Pardini, Tommaso Pincio... Nella prefazione, CarloCarabba osserva, tra l’altro, che ricorre poche volte (solocinque) la parola mafia e che nella ricerca di antenati eprecursori italici nessuno considera gli antichi romani.

LONTANO E VICINOENZO BIANCHI

La Riformadella santità

I testimoni della fede nelle chieseprotestanti, oltre le differenze teologiche

«FINIS ITALIAE» DI SERGIO ROMANO

Il Bel Paese in frantumi= «Il progetto unitario è complessivamente fallito,ma bene o male gli italiani, in centocinquant’anni distoria unitaria, hanno creato un patrimonio comune».Finis Italiae, come l’ambasciatore e storico SergioRomano ha voluto titolare il suo breve, incisivo saggioper Le Lettere (pp. 57, € 8,50). In tre capitoli: «Declino emorte dell’ideologia risorgimentale», «Perché gli italianisi disprezzano», «Lo specchio del reame: libertà distampa e libertà della stampa». Dall’Italia di Cavourall’Italia di Berlusconi, il cui «arrivo ha ingrandito edesasperato tutti i vizi della situazione italiana».

LANUOVA COLLANA«CONOSCERELA BIBLIOTECA»

Visite guidate tra gli scaffali= «Non ti parlerò di una biblioteca,piccolao grande chesia. So che è impossibile,ma, in questa visitaguidata, vorreiche tu fossi dentro unabiblioteca ideale, una bibliotecachenonesiste, (...), fatta di ciò che potresti trovare in tutte lebiblioteche»:è l’incipit da Le bibliotecheraccontatea miafiglia (pp. 129, € 12) di Franco Venturini che insiemea Labibliotecaper ragazzi raccontataagli adultidi CaterinaRamonda(pp. 127, € 12) ha aperto«Conoscere labiblioteca»,nuovacollana dell’Editrice BibliograficadiGiulianoVigini. Prossimauscita: Diecibuoni motiviperandare in biliotecadi Stefano Parise

pp Antonio Funiciellop IL POLITICO COME CINICOp Donzellip pp. 182, € 16

pp Emilio Gentilep ITALIANI SENZA PADRIp Intervista sul Risorgimentop a cura di Simonetta Fiorip Laterza, pp.177, € 12p Gentile insegna Storia contem-

poranea alla Sapienza di Roma.Tra i suoi saggi «Né stato né na-zione» e La grande Italia. Il mitodella nazione nel XX secolo», en-trambi da Laterza

«Nastro tricolore» di Plinio Martelli («L’Italia s’è desta series», 2005)

Dacia Maraini

Invece della «grandefratellanza» si sognail «grande fratello»:per restare unitici vuole qualcosa di più

Volontario garibaldino

Un’ intervista conEmilio Gentile: l’etàliberale fu l’unica in cuiavvenne una fusioneemotiva di valori

Ma l’Italianon va inbiblioteca

150O

Libri d’ItaliaPer il 2011

Un provocatorio excursusda Aristotele a Rooseveltsull’uso della menzogna:ma per fini nobili,non per i propri interessi

Prima del 1870 erano210, oggi se ne contano16 mila: purtroppole frequenta solol’11% dei cittadini

Ancora forti le differenzetra il Nord e il Sud,sempre più scarsi i fondi:Roma riceve 1,5 milionicontro i 254 di Parigi

Operatori di carità,resistenti e martiri,padri e madri:un’opera enciclopedicanel segno del Concilio

Page 7: Tuttolibri n. 1754 (26-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VII - 26/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 25/02/11 21.00

UN CONVEGNO A MILANOSi intitola L’Italiadellebiblioteche il convegnopromossoda RegioneLombardia,ProvinciaeComunediMilano conl’AssociazioneBibliotecheOggi.Si svolgeràal PalazzodelleStelline(CsoMagenta61) il 3e4 marzo.Discuterà ruoloecontributodeicentridipubblica letturanellaformazionedell’identitànazionaleeaffronterà i problemipresenti e futuridelle biblioteche,mentre i libri di carta si misuranocone-booke iPad.Tra inumerosi relatori, GiovanniSolimine,autore del saggioL’Italia che legge (Laterza), chequi tracciaper noiunasintesi eunconfrontostorico,nell’arco dei150annidell’Italiaunita. Altriinterventiprevisti:MauroGuerrini,Maurizio Vivarelli,AurelioAghemo,LodovicaBraida, LucaFerrieri, BrunoPischedda,RaffaeleCardone,StefanoParise,AlbertoPetrucciani,GinoRoncaglia,MariaCassella. Il programma nelsito:www.bibliotecheoggi.it

L’ unità di Patria?Solo consumi e tv

Cultura e Nazione Da luoghi di puraconservazione a centri di promozionedella lettura, un cammino difficile

GIOVANNIDE LUNA

A Emilio Gentile va ri-conosciuto il merito di avercontribuito in modo significati-vo al successo di un filone distudi non molto frequentato da-gli storici italiani. Insieme a po-chi altri (penso soprattutto aGian Enrico Rusconi), da anniha infatti approfondito il temadella religione civile, proponen-done una definizione convin-cente, che la identifica sostan-zialmente con la possibilità dicostruire uno spazio pubblicoal cui interno ideologie e appar-tenenze contrastanti trovinouna reciproca accettazione e ilrispetto per le libertà individua-li, nel nome di valori consape-volmentericonosciuti.

Nessuna versione sacraliz-zata, nessun riferimento al tra-scendente, quindi, ma una reli-gione civile che opera nellaconcretezza dei legami socialiche tengono avvinta una co-munità, in un'accezione chescarica sulle istituzioni la re-sponsabilità di garantire, co-me ha scritto proprio Gentile,«la pluralità delle idee, la libe-

ra competizione per l'eserci-zio del potere e la revocabilitàdei governanti attraverso me-todi pacifici e costituzionali».

E' chiaro che oggi, in Italia,ci sarebbe estremamente biso-gno di istituzioni «virtuose» ingrado di gestire discorsi e at-teggiamenti pubblici capaci ditenere insieme un Paese an-che sul piano dei simboli, delleoccasioni celebrative, dei ritidi memoria. La fine del Nove-cento ha lasciato affiorare una

concezione economico-mercan-tile del nostro modo di sentirciitaliani, quasi che oggi l'unica re-ligione civile conosciuta e prati-cata sia quella costruita dal mer-cato e dai consumi.

Gentile ha ben presente que-sta realtà. Lo dimostra il suo ul-timo libro, scritto sotto forma diintervista a Simonetta Fiori, Ita-liani senza padri. Nel dialogo-confronto con la giornalista(che nelle sue domande si ispiraai temi sui quali è più vivace il di-

battito culturale), Gentile sem-bra interrogarsi soprattutto sulRisorgimento e sul modo in cuiquella tradizione sopravvive nelnostro tessuto culturale e civile,in un bilancio («il nostro è un Ri-sorgimento senza eredi»), ama-ramente conclusivo.

In realtà, al centro della suariflessione ci sono tutti questicentocinquanta anni di storiadell'unità nazionale; di ogni «fa-se», l'Italia liberale, il fascismo,l'Italia repubblicana, Gentile ana-

lizza proprio i meccanismi di co-struzione della religione civile,confrontandosi con i vari proget-ti di identità nazionale di volta involta proposti dallo Stato e dallapolitica. In questo senso, perGentile l'unico tentativo di «faregli italiani» che abbia conseguitoqualche risultato si è avuto solonell'età liberale («la popolazioneviene coinvolta in un processo difusione sentimentale ed emotivacon i valori patriottici»); dal fasci-smo in poi, gli italiani sono stati

invece sollecitati più a dividersiche a unirsi («il declino dell'ideadi una patria comune degli italia-ni è iniziato con i processo diideologizzazione della nazione,accaduto in Italia nel decenniotra il 1912 e l'avvento di Mussoli-ni»). Fino all'attualità dell'Italiaberlusconiana a cui Gentile riferi-sce considerazioni che sembra-no particolarmente convincenti.

Oggi gli italiani condividonomode, comportamenti, scelte esi-stenziali in uno spazio pubblicoche è essenzialmente quello deli-mitato dai mezzi di comunicazio-ne di massa e, naturalmente, dalmercato e dai consumi prima ci-tati. In termini quantitativi que-sto spazio si è enormemente dila-tato; a Reggio Calabria e a Vare-se si consumano e si desideranogli stessi oggetti in un processodi omologazione che non ha pre-cedenti nella nostra storia. Ma laqualità di questo spazio resta, so-stiene Gentile, povera, poverissi-ma («c'è differenza fra la“grande fratellanza” vagheggia-ta dal Risorgimento e il “grandefratello” della televisione»). A te-nere insieme gli italiani ci vuolequalcosa di più che guardare gli

stessi programmi televisivi e fre-quentare gli stessi supermerca-ti. Qualcosa che a che fare con lacittadinanza e l'etica pubblica,con quei valori che Gentile indi-ca efficacemente come gli obbiet-tivi del moto risorgimentale: «li-berare l'italiano dalla servitù deldispotismo e del conformismo;conferirgli il senso della dignitàcome cittadino dello Stato nazio-nale; affermare il merito e le ca-pacità dell'individuo contro il pri-vilegio di nascita e di casta».

Italiani senza padri Perché il Risorgimentonon ha eredi: l’assenza di una religione civile

GIOVANNISOLIMINE

Si può parlare di bi-blioteche in occasione del cen-tocinquantesimo compleannodell'Italia, cercando di tenereinsieme una riflessione storicae uno sguardo rivolto al futu-ro? Difficile farlo senza far rife-rimento alle condizioni cultura-li in cui si compì il processo diunificazione nazionale. Nel1866 Pasquale Villari invitò aprendere atto che c'era «nel se-no della Nazione un nemico piùpotente dell'Austria, la nostracolossale ignoranza». Tre ita-liani su quattro erano analfabe-ti e bisognerà aspettare il nuo-vo secolo per avere un'esiguamaggioranza di cittadini capa-ci di leggere e scrivere: solo nel1901 la percentuale degli anal-fabeti scese al 48,5%.

Storia della lettura e storiadella «pubblica lettura», cioèdell'organizzazione biblioteca-ria nazionale, sono profonda-mente connesse ed è evidenteche in quel contesto le bibliote-che erano destinate a un ruolomarginale. Sulla realtà italia-na, specie a confronto dell'Eu-ropa centro-settentrionale, in-cidono anche altri fattori di or-dine storico-culturale di piùlontana origine, come la con-suetudine con la lettura dellaBibbia tra i protestanti (i paesi

scandinavi, la Germania, l'In-ghilterra hanno sconfitto pre-stissimo l'analfabetismo). Nonè questa la sede per ricordarequanto Riforma e Controrifor-ma abbiano inciso sui destinidella cultura europea, ma dob-biamo dire che in Italia non si èfatto molto per modificare lostato delle cose. Alle debolezzee alle difficoltà di partenza sisono aggiunti nel tempo il disin-teresse e l'insipienza dei deci-sori politici, incapaci di realiz-zare una rete di infrastruttureculturali che potesse far cre-scere unitariamente e armoni-camente l'Italia e gli italiani.

L'eredità pre-unitaria eraformata, prima della breccia diPorta Pia, da 210 biblioteche, dicui 164 aperte al pubblico, distri-buite in 45 città (senza conside-rare Roma). Da lì prese le mos-se l'edificazione del sistema bi-bliotecario del nuovo Regno. Efu in quegli anni che si consumòun grossolano equivoco: le bi-blioteche civiche territoriali, so-litamente destinate all'intera co-munità locale, in molti casi nac-quero proprio allora per effettodella confisca dei beni ecclesia-stici. La decisione di affidarequesti "beni nazionali" ai Comu-ni servì più a garantirne la cu-stodia che a realizzare un tessu-to di servizi pubblici per i citta-dini. Si trattava infatti di colle-zioni librarie nate per altri scopie rivolte ad altri destinatari, percui la loro utilizzabilità in funzio-ne dell'alfabetizzazione e dellapromozione della lettura fupressoché nulla. Si definì in que-gli anni l'identità delle bibliote-che italiane, fortemente orienta-te alla conservazione. Total-

mente diversa l'origine della pu-blic library anglosassone, fonda-ta sul sistema del self-govern-ment britannico e concepita peril proletariato urbano nato dallarivoluzione industriale. Questiistituti, fortemente impegnati nelcampo dell'educazione perma-nente, mettevano al primo postonon la tutela del patrimonio ma lacapacità di erogare servizi. A que-sto obiettivo puntarono le biblio-teche popolari, che cominciaronoa diffondersi in Italia nella secon-da metà dell'Ottocento per inizia-tiva di organizzazioni filantropi-che di ispirazione religiosa o poli-tico-sindacale, non raggiungendomai però un forte radicamentonellacollettività.

Senza proseguire oltre in que-sta analisi storica, possiamo pren-dere atto dell'assoluta marginali-tà delle biblioteche, di tutte le ti-

pologie di biblioteche, che oggiammontano sulla carta a oltre16.000 (di cui 46 appartenenti alministero dei Beni Culturali,6700 agli enti locali, 2500 univer-sitarie), frequentate secondo i da-ti Istat solo dall'11% degli italiani.

Permangono fortissimi squili-bri territoriali: il 40% delle libre-rie e il 50% delle biblioteche ope-rano nelle regioni settentrionali emeno del 30% al Sud e nelle isole.

Gli effetti sono sotto gli occhidi tutti: l'Italia della lettura è at-traversata da profonde disugua-glianze territoriali, per genere,età, condizionesocio-economica.

Nel 2010 circa venti punti per-centuali distanziano il Sud (35%di lettori sulla popolazione) dalNord (54%) e viene quasi da pen-sare che non si stia parlando del-la stessa nazione: il dato delle re-gioni settentrionali è simile aquello di Germania, Regno Unitoo Francia, mentre la percentualedel Sud è grosso modo la stessadi Portogallo, Malta e Bulgaria.

Anche le caratteristiche e le di-mensioni del luogo di residenzaincidono molto: chi vive nellegrandi aree urbane legge di più.Questo dato non deve sorprende-re, perché sono tantissimi i co-muni, anche di media grandezza,privi di librerie e di biblioteche,in cui un cittadino non ha l'oppor-tunità di incontrare un libro sulproprio cammino.

Sensibile anche la differenzatra i due sessi. Il dato medio del46,8% di italiani che lo scorso an-no ha letto almeno un libro nasceda una percentuale del 40 tra imaschi e del 53 tra le femmine. Fi-no al 1973 gli uomini leggevanopiù delle donne, ma da quel mo-mento in poi, per effetto dellamaggiore scolarizzazione, la let-tura è diventata un'attività preva-lentemente femminile, e ora intutte le fasce d'età le donne leggo-no più degli uomini.

La situazione andrebbe fron-teggiata con un potenziamentodella rete dei servizi. E invecetutte le biblioteche italiane sonoin una crisi profonda, acuita ne-gli ultimi anni da drastici tagli ai

bilanci. Quelle messe peggio ditutte sono le biblioteche statali.Si pensi che la Nazionale di Ro-ma ha un budget di 1,5 milioni equella di Firenze, il maggiore isti-tuto bibliotecario del Paese, di-spone solo di 2 milioni annui,mentre quella di Parigi ha un bi-lancio di 254 milioni, Londra di160 milioni, Madrid di 52 milioni.E per il 2011 il ministero dei BeniCulturali annuncia tagli del 50%.Di questo passo si va dritti drittiverso la chiusura.

Per guardare con fiducia al fu-turo occorrerebbe finalmenteuna politica bibliotecaria naziona-le, nella consapevolezza che nonsi sta parlando solo di biblioteche,di libri e di lettori, ma di una fun-zione formativa essenziale nellasocietà contemporanea, con rica-dute importanti sulle potenzialitàdi crescita economica e sulla vitasociale della comunità nazionale.A causa di una scarsa consuetudi-ne con la parola scritta, il 70% de-gli italiani non sa comprendere

un semplice testo, compilare unmodulo, seguire le istruzioni perl'uso di un elettrodomestico. All'arretratezza che caratterizza ilnostro Paese sul terreno della let-tura si aggiunge ora quella relati-va alla diffusione della rete a ban-da larga e alla presenza di Inter-net nelle case, col rischio di ritro-varci con una palla al piede similea quella che centocinquanta annifa era rappresentata dall'analfa-betismo. Da tempo il tema della in-formation literacy si è imposto all'

attenzione degli educatori e dei bi-bliotecari di tutto il mondo, chestanno reinterpretando in questomodo la funzione di promozioneculturale esercitata dalle bibliote-che, volta alla crescita individualee collettiva delle persone, garan-tendone i diritti di cittadinanza inuna società realmente inclusiva.

In questa nuova frontiera dell'alfabetizzazione possiamo indivi-duare forse il principale compitodelle biblioteche italiane nella so-cietà dell'informazione.

LUIGILA SPINA

Ci vuole un bel co-raggio, in questi momenti, afare l’elogio del cinismo inpolitica. Già quella professio-ne che Aristotele definiva co-me il fine della vita etica e lacondizione naturale dell’uo-mo è piuttosto screditata,ma intitolare un libro Il poli-tico come cinico e dedicare170 pagine alla rivalutazionedi questa caratteristica rive-la un intento veramente pro-vocatorio. Eppure, l’autore,Antonio Funiciello e l’edito-re, Donzelli, compionoun’opera benemerita, per-ché tentano di diradare lemolte confusioni mentali e letroppe ipocrisie di cui i poli-tici d’oggi si servono perstrumentalizzare la vulgatamachiavellica secondo cui«il fine giustifica i mezzi».

Funiciello comincia, comeè ovvio, dall’antica filosofiagreca per analizzare i fonda-menti del cinismo in politica earriva fino all’emblema di que-sto atteggiamento in età con-temporanea, quel RichardNixon campione mediaticodella nequizia planetaria. Ma,come è meno ovvio, il saggio,per giustificare le tesi propo-

ste all’attenzione del lettore, siavvale delle testimonianze deigrandi tragediografi e dei gran-di romanzieri più che dei filosofio dei sociologi. Con effetti sug-gestivi, anche se il testo risente,in qualche parte, di qualchelambiccamento superfluo.

Stabilito che la concezionemoderna della politica nascedal cinismo, Funiciello distin-gue opportunamento il «cini-smo dei fini», tratto distintivodei regimi totalitari, dal «cini-smo dei mezzi», quello, demo-cratico, che predilige il loro rac-cordo «all’idea liberaldemocra-tica di giustizia». A questo pro-posito, l’autore ricorda che fini

e mezzi possiedono, nell’artedella politica, la stessa dignità,proprio perché entrambi sonomotivati da un’idea di giustiziache dev’essere a loro predeter-minata e strettamente collega-ta. Ecco perchè si può essereben d’accordo con il filosofo ita-liano Giorgio Agamben, quan-do spiega la decadenza della po-litica attuale con «l’affermazio-ne dei mezzi senza fine».

Rappresentante illustre delcosiddetto «cinismo democrati-co» è, secondo Funiciello, ungrande politico americano delsecolo scorso, Franklin DelanoRoosevelt, proprio perché è sta-to anche «un gran Pinocchio».

E’ questa, forse, la parte più in-teressante e attuale del libro.Quella in cui l’autore, con acutafinezza interpretativa, illustra«uno degli esercizi più avvin-centi della pratica della libertàumana che produca azione:l’esercizio della menzogna».

Funiciello, infatti, cogliendoil valore dell’esempio di Roose-velt, giustifica la bugia liberalde-mocratica con cui quel presiden-te occultò ai suoi elettori l’inten-zione di entrare in guerra con-tro le dittature con il fine nobile,quello di salvare il mondo.

Anche in questo caso, comeper il cinismo, c’è un uso corret-to della menzogna politica e c’è

il suo stravolgimento pericolo-so. La distinzione si produce sulcrinale, sottile ma netto, tra in-ganno e autoinganno. La carat-teristica del primo è il dominioche il politico ha sulla sua men-zogna, strumento di cui si servecon la piena consapevolezza diusare la falsità per persuaderegli altri, in vista di un fine nobi-le. Quella del secondo si ricono-sce quando il politico non diven-ta più padrone della sua menzo-gna, ma se ne lascia ingannare,convincendosi della sua verità.

Il risultato di questa identifi-cazione è quello di una confusio-

ne tra fini e mezzi, in cui «il poli-tico comincia a credere che larealtà vera sia quella delle suemenzogne, mentre i fatti realiche gli si rivoltano contro rap-presentano un controcanto pre-giudizialmente ostile».

Nessuna applicazione all’at-tualità è suggerita dall’autore,ma il lettore è autorizzato aprovarci.

IL DIARIO DI BORDO, DALL’AMERICA ALL’ ORIENTE

Sul mare con capitan Garibaldi= In viaggio per mare con Garibaldi, iscritto nel«registro dei mozzi» di Nizza fin dal 1821. Tra il 1850 e il1854, prima come passeggero da New York a Panama,poi dall’America Latina all’Estremo Oriente, a Hong Konge a Manila,come timoniere, fino al ritorno da Boston aLondra, via Capo Horn. Davida Gnola analizza il Diario dibordo del capitano Giuseppe Garibaldi per Mursia (pp.202, € 17, postfazione di Mino Milani), «rimasto sin quiinedito e pochissimo consultato dagli studiosi, nominatoappena una manciata di volte nella copiosissimabibliografia dedicata all’Eroe dei Due Mondi».

Sebbene in modo invisibile,la comunione non ancorapiena delle nostre comuni-

tà è in verità cementata salda-mente nella piena comunione deisanti, cioè di coloro che, alla con-clusione di una esistenza fedelealla grazia, sono nella comunio-ne di Cristo glorioso. Questi san-ti vengono da tutte le Chiese eComunità ecclesiali, che hannoaperto loro l'ingresso nella comu-nione della salvezza».

Così scriveva Giovanni Pao-lo II nella sua enciclica Utunum sint, esprimendo unaconvinzione che riprenderà allavigilia del giubileo: «L'ecumeni-smo dei martiri è forse il più con-vincente, la communio sancto-rum parla con voce più alta deifattori di divisione». Davveroquando dei battezzati testimo-niano la loro adesione al Signo-re con tutte le loro forze e con lapienezza della loro vita, il loromessaggio va al di là delle bar-riere confessionali e diviene an-nuncio anche al di fuori dellostesso ambito ecclesiale.

Ci si può solo rallegrare,quindi, che l'editrice Città Nuo-va abbia dedicato ai Testimonidella fede nelle chiese della Ri-forma (pp. 440, € 115) un’operaenciclopedica - curata da J. Pu-glisi e S. Tobler - che in un certo

senso si riallaccia alla monumen-tale Bibliotheca sanctorum e al-la sua dilatazione verso il mondoortodosso (Enciclopedia dei San-ti delle Chiese orientali). Certo èimproprio parlare di «santi» nelsenso inteso in ambito cattolicoquando ci si riferisce a «testimo-ni» di Cristo appartenenti a con-fessioni scaturite dalla Riformaprotestante, eppure percorrendo iprofili e le vicende storiche e di fe-de dei protagonisti di questo volu-me si resta colpiti dalle istanzeevangeliche che li hanno motivati.

Avvalendosi di qualificati col-laboratori appartenenti a chiese,aree geografiche e culturali diver-se, i curatori ci offrono anche un

quadro teologico e storico nel qua-le inserire le figure di cristiani of-ferte ai lettori. Un’introduzionesu «Santità e santificazione nellechiese nate dalla Riforma prote-stante», un ancor più approfondi-to saggio sul significato universa-le dell’espressione «Testimoni delVangelo» e un indispensabileglossario aprono la parte pro-priamente enciclopedica dell’ope-ra, che presenta in ordine alfabe-tico qualche centinaio di testimo-ni di Cristo, idealmente raggrup-pabili in quattro macroaree tema-tiche: lavoro nella chiesa e vitacristiana, lavoro missionario, im-pegno sociale e professione laica.

Troviamo così riformatori, pre-

dicatori, operatori di carità e dicura del corpo e dello spirito, pa-dri e madri di famiglia, resistentie martiri: autentici «brani del san-to Vangelo», come venivano indi-cati un tempo i testimoni che conla loro vita obbedivano al coman-damento «siate santi perché io, ilSignore, sono Santo».

Leggendo queste pagine con-statiamo sì il permanere di diffe-renze teologiche ed ecclesiologi-che, a volte anche profonde, ma alcontempo la presenza e l'azione ef-ficace di un dinamismo insito nel-la parola evangelica che è capacedi parlare al cuore e alla mente de-

gli uomini e delle donne di ognitempo e ogni credo. Come ricorda-va il Vaticano II: «Riconoscere lericchezze di Cristo e le opere vir-tuose nella vita degli altri, i qualirendono testimonianza a Cristotalora sino all'effusione del san-gue, è cosa giusta e salutare».

Possiamo forse negare che an-cora oggi il mondo ha bisogno diautentici testimoni cristiani?

DAI FRATELLI BANDIERA A VITTORIO VENETO

Centouno battaglie= Rivolte, azioni eroiche, scontri, dai fratelli Bandieraalla breccia di Porta Pia, dalle cinque giornate di Milanoala Repubblica romana, da Curtatone e Montanara allaCernaia, a Solferino e San Martino. Ovvero le 101battaglie che hanno fatto l’Italia unita, raccontate daAndrea Frediani per Newton Compton (pp. 376,€ 12,90, illustrazioni di Fabio Piacentini, mappe diEmilio Tanzillo). Una rassegna che si sospinge fino allaGrande Guerra, al compimento della stagionerisorgimentale, culminante nella vittoria finale diVittorio Veneto.

Un GrandePinocchioper la politica

«EBOOKLAB ITALIA»,A RIMINIDAL 3 AL5 MARZO

L’editoria digitale= Ebook Lab Italia. «Il futuro dei libri. I libri del futuro».A Rimini, dal 3 al 5 marzo, un convegnosull’editoriadigitale. Lo inauguranoGino Roncaglia (autore di La quartarivoluzione, Laterza) e Cristina Mussinelli (Associazioneeditori italiani). Nel programma,una relazionedi MarinoSinibaldi, direttoredi Radio 3, su «Comecambia lanarrazione, come cambia la lettura»; una riflessione diEnricoTallone sulla bellezza estetica,nel rapporto fratradizionedella tipografiae tecnologie digitali; dibattiti sulibrerie,grande distribuzione,nuovicanali di vendita,dirittid’autore,biblioteche digitali.www.ebooklabitalia.com

Elogio del cinismo La democraziagiustifica i mezzi, compresa la bugia

Storie e ideeVITuttolibri

SABATO 26 FEBBRAIO 2011LA STAMPA VII

UN QUESTIONARIODI «NUOVI ARGOMENTI»

Scrittore, ti senti italiano?= Nel segno di padre Dante. 98 scrittori definiscono la loroitalianità rispondendo a un questionario. La dove il sì suonariecheggia nel nuovo numero di Nuovi Argomenti, la rivistadiretta da Dacia Maraini (Mondadori, n. 53, pp. 247, € 14).A cominciare dalla stessa Maraini («La patria mi dice poco.Preferisco la parola patriota»), quindi incontrando EraldoAffinati, Giuseppe Conte, Angelo Guglielmi, Massimo Onofri,Vincenzo Pardini, Tommaso Pincio... Nella prefazione, CarloCarabba osserva, tra l’altro, che ricorre poche volte (solocinque) la parola mafia e che nella ricerca di antenati eprecursori italici nessuno considera gli antichi romani.

LONTANO E VICINOENZO BIANCHI

La Riformadella santità

I testimoni della fede nelle chieseprotestanti, oltre le differenze teologiche

«FINIS ITALIAE» DI SERGIO ROMANO

Il Bel Paese in frantumi= «Il progetto unitario è complessivamente fallito,ma bene o male gli italiani, in centocinquant’anni distoria unitaria, hanno creato un patrimonio comune».Finis Italiae, come l’ambasciatore e storico SergioRomano ha voluto titolare il suo breve, incisivo saggioper Le Lettere (pp. 57, € 8,50). In tre capitoli: «Declino emorte dell’ideologia risorgimentale», «Perché gli italianisi disprezzano», «Lo specchio del reame: libertà distampa e libertà della stampa». Dall’Italia di Cavourall’Italia di Berlusconi, il cui «arrivo ha ingrandito edesasperato tutti i vizi della situazione italiana».

LANUOVA COLLANA«CONOSCERELA BIBLIOTECA»

Visite guidate tra gli scaffali= «Non ti parlerò di una biblioteca,piccolao grande chesia. So che è impossibile,ma, in questa visitaguidata, vorreiche tu fossi dentro unabiblioteca ideale, una bibliotecachenonesiste, (...), fatta di ciò che potresti trovare in tutte lebiblioteche»:è l’incipit da Le bibliotecheraccontatea miafiglia (pp. 129, € 12) di Franco Venturini che insiemea Labibliotecaper ragazzi raccontataagli adultidi CaterinaRamonda(pp. 127, € 12) ha aperto«Conoscere labiblioteca»,nuovacollana dell’Editrice BibliograficadiGiulianoVigini. Prossimauscita: Diecibuoni motiviperandare in biliotecadi Stefano Parise

pp Antonio Funiciellop IL POLITICO COME CINICOp Donzellip pp. 182, € 16

pp Emilio Gentilep ITALIANI SENZA PADRIp Intervista sul Risorgimentop a cura di Simonetta Fiorip Laterza, pp.177, € 12p Gentile insegna Storia contem-

poranea alla Sapienza di Roma.Tra i suoi saggi «Né stato né na-zione» e La grande Italia. Il mitodella nazione nel XX secolo», en-trambi da Laterza

«Nastro tricolore» di Plinio Martelli («L’Italia s’è desta series», 2005)

Dacia Maraini

Invece della «grandefratellanza» si sognail «grande fratello»:per restare unitici vuole qualcosa di più

Volontario garibaldino

Un’ intervista conEmilio Gentile: l’etàliberale fu l’unica in cuiavvenne una fusioneemotiva di valori

Ma l’Italianon va inbiblioteca

150O

Libri d’ItaliaPer il 2011

Un provocatorio excursusda Aristotele a Rooseveltsull’uso della menzogna:ma per fini nobili,non per i propri interessi

Prima del 1870 erano210, oggi se ne contano16 mila: purtroppole frequenta solol’11% dei cittadini

Ancora forti le differenzetra il Nord e il Sud,sempre più scarsi i fondi:Roma riceve 1,5 milionicontro i 254 di Parigi

Operatori di carità,resistenti e martiri,padri e madri:un’opera enciclopedicanel segno del Concilio

Page 8: Tuttolibri n. 1754 (26-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VIII - 26/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/08 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 25/02/11 21.00

Fumetto Un festival celebra José Muñoz,l’artefice del detective Alack Sinner,fustigatore ribelle dell’umana bruttezza

GUIDOCURTO

Da che arte stai? Dal par-tenone al panettone. Si fa con tut-to: per capire che è in atto un ten-tativo di sovvertire i metodi con-sueti di leggere e concepire lastoria dell’arte basta elencare insequenza futurista i titoli di tresaggi, scritti da altrettanti criticid’arte e curatori italiani sulla cre-sta dell’onda: in ordine di citazio-ne Luca Beatrice, Francesco Bo-nami e Angela Vettese.

Luca Beatrice - curatore delPadiglione Italia nell’edizione2009 della Biennale di Venezia -ripercorre fatti più e meno notidell’arte italiana negli ultimi qua-rant’anni, in un’otticache il sotto-titolo provocatoriamente defini-sce «revisionista», anche perchél’attenzione è rivolta soltanto al-l’Italia (caso insolito in questaera della globalizzazione).

Il libro prende il via rico-struendo il periodo che va dal1979 al 1985: «Dalla Transavan-guardia alla TV commerciale»; ilsecondo capitolo spazia dal 1986

al 1992 («Un’idea di leggerezza.Dalla generazione postideologi-ca all’arte sotto Tangentopoli»);il lasso di tempo 1993-2000 vieneetichettato genericamente comefase di «Crossover e contamina-zioni»; infine dal 2001 al 2010 su-bentra «l’arte italiana nell’eradellaglobalizzazione».

Per descrivere e mettere or-dine in questo vasto e un po’ con-fuso scenario, Beatrice usa para-digmi tipici della storia dell’arte:gli stili, le tendenze, i temi, ana-lizzati in diacronia, con un lin-guaggio accattivante e piacevo-le, ed attua raffronti intelligentie arguti con la musica, il cinemae la letteratura, ricostruendo ilcontesto culturale in cui gli arti-sti vivono e operano. Ma, ciò chepiù conta, Beatrice non parla deisoliti noti (del genere Transa-vanguardia o Arte Povera!), per-ché mette in giusto risalto artistiprima emersi e poi, magari, som-mersi (oppure rimasti defilati).

Giustamente dà spazio, adesempio, ai pittori formatisi al-l’Accademia di Belle Arti di Ro-ma negli Anni 70 frequentandola Scuola di Toti Scialoia: Cec-cobelli, Dessì, Gallo, Pizzi Can-nella, Tirelli, Nunzio. Inoltre, fi-nalmente, evidenzia il ruolo digalleristi abili e sensibili che

tanto hanno fatto per promuove-re e sostenere l’arte italiana: aMilano Giorgio Marconi, prima aCaserta e poi Milano e Roma En-zo Cannaviello, anche a Roma Fa-bio Sargentini, a Napoli il com-pianto Lucio Amelio e la sempreattivissima Lia Rumma; a Torinola Stein, Persano, Tucci Russo,Sperone; Minini a Brescia, Maz-zoli a Modena.

Chi cerca nel libro una cattive-ria «revisionista» resterà deluso,perché il critico torinese parla be-ne di tanti, quasi di tutti, anche delsuo acerrimo antagonista France-sco Bonami. Quest’ultimo sì che ècattivo. Anche nel nuovo Dal parte-none al panettone: più che un sag-gio un bel libro illustrato, incentra-to su raffronti iconografici inaspet-tati e spiazzanti, con l’Annunciatadi Antonello da Messina a confron-to col teschio dell’artista contem-poraneo Orozco; il Giudizio Univer-sale di Michelangelo accostato aun dripping di Pollock; la Cacciatadi Adamo ed Eva dal Paradiso terre-stre di Masaccio con a fronte la fo-to in cui il calciatore Zidane colpi-sce con una testata Materazzi; op-pure l'igloo di Mario Merz parago-natoa un panettone.

Qualcuno a questo punto sbot-ta: «ma questo è troppo! Che c’az-zecca con l’Arte!» Senza dichiarar-lo esplicitamente, Bonami nei testi,che sono «soltanto» lunghe didasca-lie, usa, di fatto, sia il metodo purovisibilista sia quello iconologico, perinnescare corto circuiti spiazzanti eil suo maggior merito è di sollecitar-ci a leggere le opere cogliendo affini-tà formali e simboliche.

Bonami mette in gioco la suagrande abilità di scrivere d’arte inmodo semplice, ma evocativo, sen-za alcuna soggezione nei confrontidei tanti storici dell’arte seri e se-riosi. Già, a proposito, tra quellipiùseri e rigorosi in Italia si collocasenz’altro Angela Vettese che nelsuo Si fa con tutto, forte della sualaurea in filosofia, scandaglia il rap-porto esistente tra le tecniche, so-prattutto le «nuove», e le temati-che, proponendo una lettura erme-neutica di tanti artisti d’oggid’ogni parte del mondo, con riferi-menti puntuali ad opere emblema-tiche (si veda il Ragazzo con la ra-na di Charles Ray, nel saggio dedi-cato al rapporto tra Scultura socia-le e Public Art).

Ciò che unisce tre libri tanto di-versi tra loro è la capacità degli au-tori di aiutarci a analizzare e, for-se, anche, ad apprezzare l'arte con-temporanea, superando idiosin-crasie dovute a carenza di adegua-te chiavi interpretative.

MARCOBELPOLITI

Weegee scrive comefotografa: spontaneo, imme-diato, sentimentale, cinico,brutale. La sua autobiografiaWeegee di Weegee, scritta a ses-sant'anni suonati, è un perfet-to concentrato della sua filoso-fia visiva. Scritta in modo brio-so, scanzonato, senza troppipeli sulla lingua, racconta lacarriera di uno scapestrato ra-gazzino, degno delle bande diNew York, che dal ghetto degliemigranti dei Paesi dell'Est, ilLower Est Side, scala pian pia-no i palazzi del giornalismo earriva alla fama come fotogra-fo, pur sempre free e contro-corrente. L'attacco del libro èaccattivante: «La macchinada scrivere è rotta, non possie-do un dizionario e ho mai so-stenuto di conoscere l'ortogra-fia…». Vi dichiara l'assolutamancanza d'inibizioni, sia ascrivere sia a fotografare, e ciracconta come da venditore dicaramelle sia diventato il foto-grafo per eccellenza degli annidella Grande Depressione,uno dei campioni del fotogior-nalismo, quello assolutamenteprivo di scrupoli che non ha al-tro scopo che scattare foto checolpiscono, e non certo checonvincono o commuovono ointeneriscono, o sono carichedi ideologie umanitarie.

Weegee è fin troppo uma-no, ma la sua umanità la spen-de per guardare senza pietà infaccia quello stesso mondo dacui viene lui, fatto di piccolitruffatori, ragazzini borderli-ne, gangster, prostitute, uomi-ni e donne privi di angustie:l'umanità che vive e muore inun istante, legata all'attimo fug-gente che la sua macchina co-glie al volo, senza pudori o ver-gogne, a colpi di flash.

In questo senso l'austriacodi nascita Arthur H. Felling,detto Weegee, è un caso para-digmatico di come la fotografiaprima che arte sia un modo divedere il mondo, gli uomini esoprattutto le relazioni tra diloro. Weegee si lascia condur-re dal suo istinto, da quello chein letteratura si chiama ispira-zione, cui unisce una certaesperienza della strada e delcrimine, per cogliere al volonon solo i delitti, i suicidi, gli in-cidenti stradali, gli arresti e leretate, i barboni e gli ubriachi,ma in che modo le persone sirelazionano con questa umani-tà liminare sempre in bilico tralegalità e illegalità.

Si può ben dire, leggendoqueste pagine vorticose, piene

di humor e sarcasmo, naturali esincere sino alla nausea, che aWeegee interessi lo spazio che sicrea attorno alle persone, siaquelle morte sul selciato sia quel-le custodite dentro un cellulare.Il delitto è il suo mestiere perchéil delitto gli permette di mantene-re una condizione di partecipa-zione, e insieme di estraneità.Guardando le foto di questo re-porter di strada si ha la sensazio-ne che sia stato lui ad architetta-re l'omicidio, a disporre il cada-vere sulla strada, e che subito sisia allontanato, per fotografareda estraneo la scena; e tuttavianello scatto resta qualcosa della

sua partecipazione al delitto ri-tratto. I morti, ma anche le pove-re prostitute, i ragazzini che sor-ridono o guardano, appartengo-no a lui, sono parte di lui: si rico-nosce in quello che ritrae. Perquesto Weegee, a differenza dialtri fotografi del periodo, specia-lizzati nelle medesime scenestraordinarie, è speciale.

Tutto in lui è movimento, sianella posa sia nella ripresa. Inmovimento, e al tempo stessofermo, perché Weegee è questoparadosso d'instabilità: tende afissare - anche nella sua autobio-grafia ha la tendenza a fissare - enel contempo è già in fuga. Un'ir-

requietezza che egli ben raccon-ta attraverso l'ossessione del de-naro, la paga settimanale, che è aun tempo il motore e l'indicatoredel suo stato d'agitazione. Intolle-rante, irrequieto, instabile, Wee-gee si muove da uno studio foto-grafico all'altro; cambia conti-nuamente lavoro, fino a che nontrova il suo luogo perfetto: in unastazione di polizia e in una mac-china, la sua, che impara a guida-re solo dopo qualche tempo. Unuomo così non ha, né avrà mai,una vera casa, ma solo una tana.

Weegee - il soprannome indi-ca un tavolino di sedute spiriti-che dell'epoca - è un animale. So-miglia a un corvo o una talpa,quella kafkiana, per intenderci,salvo che in lui la cecità non èquella visiva, bensì quella intellet-tiva. Egli sente quello che acca-de, che accadrà, dove accadrà;prima ancora di vedere sa con

l'istinto, per questo la sua foto-grafia non ha niente di mentale.Piuttosto acceca, dato che il prin-cipale strumento con cui scatta èil flash, e mediante cui accentuala brutalità della visione.

L'autobiografia è un capola-voro d'istintività e insieme undocumento d'epoca. A un certopunto, dopo aver fatto il fotogra-fo free lance per giornali e rivi-ste, mette insieme un libro, NatCity, uscito nel 1945. Con questoe quello seguente Weegee's peo-ple, diventa celebre. Così comin-cia la seconda parte della suacarriera, a Hollywood come con-sulente di produttori, autore difilm, poi in Europa, dove si tra-sforma in una leggenda vivente.Invece dei barboni comincia afotografare gente illustre, uomi-ni e donne del jet set, ma la suacapacità sarcastica di abbassa-re e innalzare derelitti e potentinon cambierà per nulla. Da allo-ra la fama comincerà a seguirlo,e lui a fuggire, adelante.

DANIELEBROLLI

Alla fine degli AnniSettanta in Italia non esisteva-no scuole del fumetto a cui ri-volgersi, e gli aspiranti autoriandavano ad assillare con i lo-ro tentativi l'élite di coloro chelo erano già. Chiedere consigli,cercare un confronto con chiaveva un riscontro professio-nale era il principale strumen-to di verifica del proprio lavo-ro. C'era chi arrivava da Bonvie poi rimaneva ad aiutarlo a in-chiostrare, chi inseguiva Mana-ra a Lucca Comics, chi sudavafreddo davanti a Magnus (bur-bero e irrefrenabile) e chiascoltava quel Tartarin di Ta-rascona di Hugo Pratt mentredistillava fanfaronate e perledi saggezza fumettistica. [...]

L'Autonomia bolognese eramolto simile ai giovani virgultidel fumetto che arrivavano incittà sospinti dalla novità delPenthotal di Andrea Pazienza eda tutti gli altri autori di cuiAndrea era la scintillante pun-ta emergente, e non solo per-ché spesso l'autore era militan-te quanto migliaia di giovanidella sua età, ma perché la for-se abusata «fantasia al potere»era un punto di riferimento co-mune. L'Autonomia bologneseera, a differenza di quella di al-tre città, legata all'immagina-rio, derivava direttamente dalSituazionismo di Guy Debord,e vedeva nel raccontare la real-tà sotto l'impulso della creativi-tà una forma di eversione pro-fonda e invincibile.

Il giovane disegnatore arri-vava a Bologna, la città in cuicresceva il fermento del nuovofumetto, sapendo di essere inun centro di ricerca e speri-mentazione, spaventato a mor-te dalla possibilità di non riusci-re a superare la propria inca-pacità. E in quegli anni andavaa trovare non solo gli autori divecchia data ma cercava di me-scolarsi agli innovatori, ai con-troculturali delle riviste auto-gestite, di Cannibale e poi diFrigidaire, convinto di potertrovare un'identità solo tra ipropri simili e che per esseresimile, per paradosso, dovevaessere anche lui diverso, unico.

L'esotismo del fumetto ar-gentino era un misto di segretoe ammirazione. Ovviamenteconsapevoli che quegli autoriusavano i loro strumenti anchecome forma di ribellione al regi-me… Tutti a studiare sulla stam-

pa incerta delle riviste di alloracome Alberto Breccia ottenesseil suo impasto di mistero e avan-guardia: collage, china, matita…tecnichemiste, ma quali?

Di quella scuola faceva parteanche José Muñoz. Muñoz, insie-me a Sampayo, aveva creato il de-tective Alack Sinner, un polizie-sco metropolitano, ambientato inuna New York improbabile chesembrava una versione della

Grande Mela di New Hollywoodelevata all'ennesima potenza disatira e perfido grottesco. La pi-sciata di Alack Sinner che era ilperno narrativo di un'intera pagi-na, era considerata la più grandeprovocazione nel fumetto daitempi di Krazy Kat e Popeye, egli estimatori del fumetto d'auto-re tradizionale gridavano orrore(dimenticando da dove tutto eranato, da quel monello sudicione

di Yellow Kid…). Alack era unpersonaggio scomodo, trasanda-to, emarginato… Altro che I guer-rieri della notte di Walter Hill (checomunque era posteriore di qual-che anno ad Alack), le personepericolose disegnate da Muñozappartenevano alla classe media:facce inguardabili, marchiatedall'acne, segnate da espressioniintollerabili in una sorta di ag-giornamento alla Grosz di unaRepubblica di Weimar dell'ani-ma globale. La New York diMuñoz non era un posto specifi-co, andava considerata come mi-nimo metonimia della macchiaumana. Anche se qualche paren-tela con i film di Scorsese, da Me-an Streets a Taxi Driver, l'aveva,ma non c'era redenzione, solol'estrema malinconia del falli-mento. Era una New York conta-minata da Buenos Aires, con un'aria porteña che corrodeva la pel-le e le facce, lasciando spiriti gret-ti e scarnificati. E i giovani dise-gnatori che si muovevano per Bo-logna, tra un film d'essai e l'altro,tra una birra e quella dopo, si do-

mandavano come usasse i suoistrumenti. Il segno era semprepiù impressionante: un nero graf-fiato che andava in concorrenzacon la descrittività del disegno,lacerando la definizione dei con-torni e dando una forte sensazio-ne di materia anche nel bianco enero netto. Come in un'opera diFontana, il segno di Muñoz sem-brava una ragnatela di tagli infer-ti alla pagina. Doloroso, sofferto,impietoso, slabbrato, casuale,preciso… contraddittorio fino al-la vertigine. [...]

Muñoz e Sampayo non smet-tevano per un attimo i panni di fu-stigatori; la loro satira impietosadelle debolezze umane non si ar-restava davanti a nulla, non esi-stevano età o condizione socialeabilitate a fornire esenzioni accet-tabili ai loro occhi. I fumetti eranola parte visibile, ma quei due nonla smettevano un momento, mac-chine inarrestabili in un processodi vivisezione del peggio che ap-partiene a ognuno di noi. Dalla de-scrizione sembrava anche chesoffrissero, che dietro il sarca-smo si nascondesse un male pro-fondo, quello della consapevolez-za di condividere l'umana brut-

tezza, di non esserne giudici di-staccati. Erano eroici, shakespea-riani…argentini! [...]

Era uno stile che allargava lasua influenza: Mattotti, Igort,Carpinteri, Iosa Ghini e tanti altriche avrebbero pubblicato sulle ri-viste di allora, Linus, Alter, Frigi-daire… ognuno di loro aveva unpo' di Muñoz nel suo disegno. Per-ché con il suo segreto apparente-mente tecnico Muñoz aveva sti-molato in loro il recupero del fre-mito originario del segno, costrin-gendoli a sintonizzarsi con la pro-pria sensibilità, con l'impulso pro-fondo del loro desiderio di espri-mersi attraverso il fumetto.

Nessuno sarebbe diventatoun autore che ricordava Muñoz,ma ognuno di loro gli deve esseregrato per un esempio che gli haconsentito di scoprire il mistero(personale e irripetibile) di unatecnica che non può essere repli-cata e che racconta le proprie sto-rie secondo una sintassi che ap-partienea quell'autore e a nessunaltro. Il segno nel fumetto non èlessico, e il fumetto è un linguag-gio con regole non completamen-te scritte, non completamente vi-sibili. Ci si inoltra così sulle pistedi un autore per poi deviarne eaprirne di proprie quando questescompaiono nel fitto di un territo-rio che è solo suo. Muñoz, comepochi altri, ha aperto una pista.

L’ argentinoche lasciò il segnonella Bologna ’77

Fra corto circuitispiazzanti ed affinitàformali e simboliche:i percorsi di Beatrice,Bonami e Vettese

Il reporter dalle stradeda New York, fra barbonie prostitute, gangstere poliziotti, al jet setcon le dive di Hollywood

L’ultimo flashprima di morire

Se Masacciofa a bottecon Zidane

Visioni e personaggiVIIITuttolibri

SABATO 26 FEBBRAIO 2011LA STAMPA IX

Uno stile e una tecnicache fecero scuola,aprendo nuove piste:da Mattotti a Igort,da Linus a Frigidaire

Il BilBOlbul, dal 2 al 6 marzoIl testodiDanieleBrolli, chequi inparteanticipiamo,ètrattodalcatalogodellamostraComelavita...concui si renderàomaggioaldisegnatoreargentinoJoséMuñozalBilBObul, festivalinternazionaledel fumetto,aBolognadal2al6marzo,acuradell’associazioneculturaleHamelin.Muñoz(BuenosAires,1943)si formòconSolanoLopez,autoredeL’Eternauta, lasciò lasuapatrianel ‘72, inSpagnaconobbeCarlosSampayoecon lui creò laseriediAlackSinner; arrivòaBolognanel ‘77.Altremostresarannodedicateaduematiteitaliane,VannaVinci eGraziaNidasio.Tra inumerosiospiti,oltre

aMuñoz,ci sarannoBenKatchor,EdmondBaudoin,FlorentRuppert&JeromeMulot,BrechtEvens,MarianaChiesaMateos,LucaSchenardi,VittorioGiardino,DavideToffolo.Unospazioancheper ibambini, conrassegne,laboratorie incontri eduemostre:laprimacon le firmedella rivistaCanicola (tracuiFrancescaGhermandi)e lasecondadelfranceseÉmileBravo.Perprogramma,sedi,orari:[email protected]

pp Francesco Bonamip DAL PANETTONE

AL PARTENONEp Electa, pp. 252, € 29

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pp Angela Vettesep SI FA CON TUTTOp Laterza, pp. 180, € 22

pp Luca Beatricep DA CHE ARTE STAI?p Rizzoli, pp. 237, € 16,50

Arte Così i critici ci spieganostili, tendenze, temi di ieri e di oggi

Weegee conMarlen

Dietrich:nel 1947

chiuse la sua«combinazione

di museodel crimine,

studiofotografico

e nido d’amoredietro

la centraledi polizia»,

lasciòNew York

per Hollywood,«ultimo rifugio

di genie mascalzoni»che lo accolse

«a bracciaaperte»

Fotografia La vorticosa autobiografia di Weegee:il delitto era il suo mestiere, uno sguardo senza pietà

Facce inguardabili,segnate da espressioniintollerabili, un trattoche ricorda e aggiornail mondo di Grosz

José Muñoz

Qui sopra e sotto il titolo due tavole di José Muñoz

Arthur Fellig, in arte Weegee

In esclusiva con La Stampa il nuovo libro di

PIERLUIGI BAIMA BOLLONEI

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Non molti sanno che d’Azeglio e, negli ultimi anni di vita, anche Garibaldi furono ferventi spiritisti; pochi sanno che c’è chi suppone che Cavour (come già in precedenza Napoleone) sia stato ucciso e che il frate che gli somministrò i sacramenti fu sospeso dalle autorità ecclesiastiche. E ancora, a proposito di Napoleone, sapete che il nome Italia compare per la prima volta su di una moneta per sua volontà, dopo la battaglia di Marengo? E poi, chi sa che Virginia Oldoini, contessa di Casti-glione, e Vittorio Emanuele II soffrivano dello stesso disturbo narcisistico della personalità? Che Costantino Nigra venne eletto a capo del Grande Oriente d’Italia ma lasciò dopo poche settimane; che in lui coesistevano personalità diverse; che Giuseppe Mazzini credeva nella trasmigrazione delle anime e nella reincarnazione; che la grande teosofa Helena Blavatsky era intima di Garibaldi, il quale ha acquistato una cintura elettrica rivitalizzante?

Pierluigi Baima Bollone, conciliando il rigoroso approccio di scienziato con l’esposizione divulgativa del pubblicista, ci propone pagine originali e stimolanti che ci conducono alla scoperta di alcuni lati sconosciuti non solo dei personaggi più importanti ma anche del fondamentale periodo storico che ha portato all’Unità d’Italia.

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ESOTERISMO E PERSONAGGIDELL’UNITÀ D’ITALIA

Page 9: Tuttolibri n. 1754 (26-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IX - 26/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/08 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 25/02/11 21.00

Fumetto Un festival celebra José Muñoz,l’artefice del detective Alack Sinner,fustigatore ribelle dell’umana bruttezza

GUIDOCURTO

Da che arte stai? Dal par-tenone al panettone. Si fa con tut-to: per capire che è in atto un ten-tativo di sovvertire i metodi con-sueti di leggere e concepire lastoria dell’arte basta elencare insequenza futurista i titoli di tresaggi, scritti da altrettanti criticid’arte e curatori italiani sulla cre-sta dell’onda: in ordine di citazio-ne Luca Beatrice, Francesco Bo-nami e Angela Vettese.

Luca Beatrice - curatore delPadiglione Italia nell’edizione2009 della Biennale di Venezia -ripercorre fatti più e meno notidell’arte italiana negli ultimi qua-rant’anni, in un’otticache il sotto-titolo provocatoriamente defini-sce «revisionista», anche perchél’attenzione è rivolta soltanto al-l’Italia (caso insolito in questaera della globalizzazione).

Il libro prende il via rico-struendo il periodo che va dal1979 al 1985: «Dalla Transavan-guardia alla TV commerciale»; ilsecondo capitolo spazia dal 1986

al 1992 («Un’idea di leggerezza.Dalla generazione postideologi-ca all’arte sotto Tangentopoli»);il lasso di tempo 1993-2000 vieneetichettato genericamente comefase di «Crossover e contamina-zioni»; infine dal 2001 al 2010 su-bentra «l’arte italiana nell’eradellaglobalizzazione».

Per descrivere e mettere or-dine in questo vasto e un po’ con-fuso scenario, Beatrice usa para-digmi tipici della storia dell’arte:gli stili, le tendenze, i temi, ana-lizzati in diacronia, con un lin-guaggio accattivante e piacevo-le, ed attua raffronti intelligentie arguti con la musica, il cinemae la letteratura, ricostruendo ilcontesto culturale in cui gli arti-sti vivono e operano. Ma, ciò chepiù conta, Beatrice non parla deisoliti noti (del genere Transa-vanguardia o Arte Povera!), per-ché mette in giusto risalto artistiprima emersi e poi, magari, som-mersi (oppure rimasti defilati).

Giustamente dà spazio, adesempio, ai pittori formatisi al-l’Accademia di Belle Arti di Ro-ma negli Anni 70 frequentandola Scuola di Toti Scialoia: Cec-cobelli, Dessì, Gallo, Pizzi Can-nella, Tirelli, Nunzio. Inoltre, fi-nalmente, evidenzia il ruolo digalleristi abili e sensibili che

tanto hanno fatto per promuove-re e sostenere l’arte italiana: aMilano Giorgio Marconi, prima aCaserta e poi Milano e Roma En-zo Cannaviello, anche a Roma Fa-bio Sargentini, a Napoli il com-pianto Lucio Amelio e la sempreattivissima Lia Rumma; a Torinola Stein, Persano, Tucci Russo,Sperone; Minini a Brescia, Maz-zoli a Modena.

Chi cerca nel libro una cattive-ria «revisionista» resterà deluso,perché il critico torinese parla be-ne di tanti, quasi di tutti, anche delsuo acerrimo antagonista France-sco Bonami. Quest’ultimo sì che ècattivo. Anche nel nuovo Dal parte-none al panettone: più che un sag-gio un bel libro illustrato, incentra-to su raffronti iconografici inaspet-tati e spiazzanti, con l’Annunciatadi Antonello da Messina a confron-to col teschio dell’artista contem-poraneo Orozco; il Giudizio Univer-sale di Michelangelo accostato aun dripping di Pollock; la Cacciatadi Adamo ed Eva dal Paradiso terre-stre di Masaccio con a fronte la fo-to in cui il calciatore Zidane colpi-sce con una testata Materazzi; op-pure l'igloo di Mario Merz parago-natoa un panettone.

Qualcuno a questo punto sbot-ta: «ma questo è troppo! Che c’az-zecca con l’Arte!» Senza dichiarar-lo esplicitamente, Bonami nei testi,che sono «soltanto» lunghe didasca-lie, usa, di fatto, sia il metodo purovisibilista sia quello iconologico, perinnescare corto circuiti spiazzanti eil suo maggior merito è di sollecitar-ci a leggere le opere cogliendo affini-tà formali e simboliche.

Bonami mette in gioco la suagrande abilità di scrivere d’arte inmodo semplice, ma evocativo, sen-za alcuna soggezione nei confrontidei tanti storici dell’arte seri e se-riosi. Già, a proposito, tra quellipiùseri e rigorosi in Italia si collocasenz’altro Angela Vettese che nelsuo Si fa con tutto, forte della sualaurea in filosofia, scandaglia il rap-porto esistente tra le tecniche, so-prattutto le «nuove», e le temati-che, proponendo una lettura erme-neutica di tanti artisti d’oggid’ogni parte del mondo, con riferi-menti puntuali ad opere emblema-tiche (si veda il Ragazzo con la ra-na di Charles Ray, nel saggio dedi-cato al rapporto tra Scultura socia-le e Public Art).

Ciò che unisce tre libri tanto di-versi tra loro è la capacità degli au-tori di aiutarci a analizzare e, for-se, anche, ad apprezzare l'arte con-temporanea, superando idiosin-crasie dovute a carenza di adegua-te chiavi interpretative.

MARCOBELPOLITI

Weegee scrive comefotografa: spontaneo, imme-diato, sentimentale, cinico,brutale. La sua autobiografiaWeegee di Weegee, scritta a ses-sant'anni suonati, è un perfet-to concentrato della sua filoso-fia visiva. Scritta in modo brio-so, scanzonato, senza troppipeli sulla lingua, racconta lacarriera di uno scapestrato ra-gazzino, degno delle bande diNew York, che dal ghetto degliemigranti dei Paesi dell'Est, ilLower Est Side, scala pian pia-no i palazzi del giornalismo earriva alla fama come fotogra-fo, pur sempre free e contro-corrente. L'attacco del libro èaccattivante: «La macchinada scrivere è rotta, non possie-do un dizionario e ho mai so-stenuto di conoscere l'ortogra-fia…». Vi dichiara l'assolutamancanza d'inibizioni, sia ascrivere sia a fotografare, e ciracconta come da venditore dicaramelle sia diventato il foto-grafo per eccellenza degli annidella Grande Depressione,uno dei campioni del fotogior-nalismo, quello assolutamenteprivo di scrupoli che non ha al-tro scopo che scattare foto checolpiscono, e non certo checonvincono o commuovono ointeneriscono, o sono carichedi ideologie umanitarie.

Weegee è fin troppo uma-no, ma la sua umanità la spen-de per guardare senza pietà infaccia quello stesso mondo dacui viene lui, fatto di piccolitruffatori, ragazzini borderli-ne, gangster, prostitute, uomi-ni e donne privi di angustie:l'umanità che vive e muore inun istante, legata all'attimo fug-gente che la sua macchina co-glie al volo, senza pudori o ver-gogne, a colpi di flash.

In questo senso l'austriacodi nascita Arthur H. Felling,detto Weegee, è un caso para-digmatico di come la fotografiaprima che arte sia un modo divedere il mondo, gli uomini esoprattutto le relazioni tra diloro. Weegee si lascia condur-re dal suo istinto, da quello chein letteratura si chiama ispira-zione, cui unisce una certaesperienza della strada e delcrimine, per cogliere al volonon solo i delitti, i suicidi, gli in-cidenti stradali, gli arresti e leretate, i barboni e gli ubriachi,ma in che modo le persone sirelazionano con questa umani-tà liminare sempre in bilico tralegalità e illegalità.

Si può ben dire, leggendoqueste pagine vorticose, piene

di humor e sarcasmo, naturali esincere sino alla nausea, che aWeegee interessi lo spazio che sicrea attorno alle persone, siaquelle morte sul selciato sia quel-le custodite dentro un cellulare.Il delitto è il suo mestiere perchéil delitto gli permette di mantene-re una condizione di partecipa-zione, e insieme di estraneità.Guardando le foto di questo re-porter di strada si ha la sensazio-ne che sia stato lui ad architetta-re l'omicidio, a disporre il cada-vere sulla strada, e che subito sisia allontanato, per fotografareda estraneo la scena; e tuttavianello scatto resta qualcosa della

sua partecipazione al delitto ri-tratto. I morti, ma anche le pove-re prostitute, i ragazzini che sor-ridono o guardano, appartengo-no a lui, sono parte di lui: si rico-nosce in quello che ritrae. Perquesto Weegee, a differenza dialtri fotografi del periodo, specia-lizzati nelle medesime scenestraordinarie, è speciale.

Tutto in lui è movimento, sianella posa sia nella ripresa. Inmovimento, e al tempo stessofermo, perché Weegee è questoparadosso d'instabilità: tende afissare - anche nella sua autobio-grafia ha la tendenza a fissare - enel contempo è già in fuga. Un'ir-

requietezza che egli ben raccon-ta attraverso l'ossessione del de-naro, la paga settimanale, che è aun tempo il motore e l'indicatoredel suo stato d'agitazione. Intolle-rante, irrequieto, instabile, Wee-gee si muove da uno studio foto-grafico all'altro; cambia conti-nuamente lavoro, fino a che nontrova il suo luogo perfetto: in unastazione di polizia e in una mac-china, la sua, che impara a guida-re solo dopo qualche tempo. Unuomo così non ha, né avrà mai,una vera casa, ma solo una tana.

Weegee - il soprannome indi-ca un tavolino di sedute spiriti-che dell'epoca - è un animale. So-miglia a un corvo o una talpa,quella kafkiana, per intenderci,salvo che in lui la cecità non èquella visiva, bensì quella intellet-tiva. Egli sente quello che acca-de, che accadrà, dove accadrà;prima ancora di vedere sa con

l'istinto, per questo la sua foto-grafia non ha niente di mentale.Piuttosto acceca, dato che il prin-cipale strumento con cui scatta èil flash, e mediante cui accentuala brutalità della visione.

L'autobiografia è un capola-voro d'istintività e insieme undocumento d'epoca. A un certopunto, dopo aver fatto il fotogra-fo free lance per giornali e rivi-ste, mette insieme un libro, NatCity, uscito nel 1945. Con questoe quello seguente Weegee's peo-ple, diventa celebre. Così comin-cia la seconda parte della suacarriera, a Hollywood come con-sulente di produttori, autore difilm, poi in Europa, dove si tra-sforma in una leggenda vivente.Invece dei barboni comincia afotografare gente illustre, uomi-ni e donne del jet set, ma la suacapacità sarcastica di abbassa-re e innalzare derelitti e potentinon cambierà per nulla. Da allo-ra la fama comincerà a seguirlo,e lui a fuggire, adelante.

DANIELEBROLLI

Alla fine degli AnniSettanta in Italia non esisteva-no scuole del fumetto a cui ri-volgersi, e gli aspiranti autoriandavano ad assillare con i lo-ro tentativi l'élite di coloro chelo erano già. Chiedere consigli,cercare un confronto con chiaveva un riscontro professio-nale era il principale strumen-to di verifica del proprio lavo-ro. C'era chi arrivava da Bonvie poi rimaneva ad aiutarlo a in-chiostrare, chi inseguiva Mana-ra a Lucca Comics, chi sudavafreddo davanti a Magnus (bur-bero e irrefrenabile) e chiascoltava quel Tartarin di Ta-rascona di Hugo Pratt mentredistillava fanfaronate e perledi saggezza fumettistica. [...]

L'Autonomia bolognese eramolto simile ai giovani virgultidel fumetto che arrivavano incittà sospinti dalla novità delPenthotal di Andrea Pazienza eda tutti gli altri autori di cuiAndrea era la scintillante pun-ta emergente, e non solo per-ché spesso l'autore era militan-te quanto migliaia di giovanidella sua età, ma perché la for-se abusata «fantasia al potere»era un punto di riferimento co-mune. L'Autonomia bologneseera, a differenza di quella di al-tre città, legata all'immagina-rio, derivava direttamente dalSituazionismo di Guy Debord,e vedeva nel raccontare la real-tà sotto l'impulso della creativi-tà una forma di eversione pro-fonda e invincibile.

Il giovane disegnatore arri-vava a Bologna, la città in cuicresceva il fermento del nuovofumetto, sapendo di essere inun centro di ricerca e speri-mentazione, spaventato a mor-te dalla possibilità di non riusci-re a superare la propria inca-pacità. E in quegli anni andavaa trovare non solo gli autori divecchia data ma cercava di me-scolarsi agli innovatori, ai con-troculturali delle riviste auto-gestite, di Cannibale e poi diFrigidaire, convinto di potertrovare un'identità solo tra ipropri simili e che per esseresimile, per paradosso, dovevaessere anche lui diverso, unico.

L'esotismo del fumetto ar-gentino era un misto di segretoe ammirazione. Ovviamenteconsapevoli che quegli autoriusavano i loro strumenti anchecome forma di ribellione al regi-me… Tutti a studiare sulla stam-

pa incerta delle riviste di alloracome Alberto Breccia ottenesseil suo impasto di mistero e avan-guardia: collage, china, matita…tecnichemiste, ma quali?

Di quella scuola faceva parteanche José Muñoz. Muñoz, insie-me a Sampayo, aveva creato il de-tective Alack Sinner, un polizie-sco metropolitano, ambientato inuna New York improbabile chesembrava una versione della

Grande Mela di New Hollywoodelevata all'ennesima potenza disatira e perfido grottesco. La pi-sciata di Alack Sinner che era ilperno narrativo di un'intera pagi-na, era considerata la più grandeprovocazione nel fumetto daitempi di Krazy Kat e Popeye, egli estimatori del fumetto d'auto-re tradizionale gridavano orrore(dimenticando da dove tutto eranato, da quel monello sudicione

di Yellow Kid…). Alack era unpersonaggio scomodo, trasanda-to, emarginato… Altro che I guer-rieri della notte di Walter Hill (checomunque era posteriore di qual-che anno ad Alack), le personepericolose disegnate da Muñozappartenevano alla classe media:facce inguardabili, marchiatedall'acne, segnate da espressioniintollerabili in una sorta di ag-giornamento alla Grosz di unaRepubblica di Weimar dell'ani-ma globale. La New York diMuñoz non era un posto specifi-co, andava considerata come mi-nimo metonimia della macchiaumana. Anche se qualche paren-tela con i film di Scorsese, da Me-an Streets a Taxi Driver, l'aveva,ma non c'era redenzione, solol'estrema malinconia del falli-mento. Era una New York conta-minata da Buenos Aires, con un'aria porteña che corrodeva la pel-le e le facce, lasciando spiriti gret-ti e scarnificati. E i giovani dise-gnatori che si muovevano per Bo-logna, tra un film d'essai e l'altro,tra una birra e quella dopo, si do-

mandavano come usasse i suoistrumenti. Il segno era semprepiù impressionante: un nero graf-fiato che andava in concorrenzacon la descrittività del disegno,lacerando la definizione dei con-torni e dando una forte sensazio-ne di materia anche nel bianco enero netto. Come in un'opera diFontana, il segno di Muñoz sem-brava una ragnatela di tagli infer-ti alla pagina. Doloroso, sofferto,impietoso, slabbrato, casuale,preciso… contraddittorio fino al-la vertigine. [...]

Muñoz e Sampayo non smet-tevano per un attimo i panni di fu-stigatori; la loro satira impietosadelle debolezze umane non si ar-restava davanti a nulla, non esi-stevano età o condizione socialeabilitate a fornire esenzioni accet-tabili ai loro occhi. I fumetti eranola parte visibile, ma quei due nonla smettevano un momento, mac-chine inarrestabili in un processodi vivisezione del peggio che ap-partiene a ognuno di noi. Dalla de-scrizione sembrava anche chesoffrissero, che dietro il sarca-smo si nascondesse un male pro-fondo, quello della consapevolez-za di condividere l'umana brut-

tezza, di non esserne giudici di-staccati. Erano eroici, shakespea-riani…argentini! [...]

Era uno stile che allargava lasua influenza: Mattotti, Igort,Carpinteri, Iosa Ghini e tanti altriche avrebbero pubblicato sulle ri-viste di allora, Linus, Alter, Frigi-daire… ognuno di loro aveva unpo' di Muñoz nel suo disegno. Per-ché con il suo segreto apparente-mente tecnico Muñoz aveva sti-molato in loro il recupero del fre-mito originario del segno, costrin-gendoli a sintonizzarsi con la pro-pria sensibilità, con l'impulso pro-fondo del loro desiderio di espri-mersi attraverso il fumetto.

Nessuno sarebbe diventatoun autore che ricordava Muñoz,ma ognuno di loro gli deve esseregrato per un esempio che gli haconsentito di scoprire il mistero(personale e irripetibile) di unatecnica che non può essere repli-cata e che racconta le proprie sto-rie secondo una sintassi che ap-partienea quell'autore e a nessunaltro. Il segno nel fumetto non èlessico, e il fumetto è un linguag-gio con regole non completamen-te scritte, non completamente vi-sibili. Ci si inoltra così sulle pistedi un autore per poi deviarne eaprirne di proprie quando questescompaiono nel fitto di un territo-rio che è solo suo. Muñoz, comepochi altri, ha aperto una pista.

L’ argentinoche lasciò il segnonella Bologna ’77

Fra corto circuitispiazzanti ed affinitàformali e simboliche:i percorsi di Beatrice,Bonami e Vettese

Il reporter dalle stradeda New York, fra barbonie prostitute, gangstere poliziotti, al jet setcon le dive di Hollywood

L’ultimo flashprima di morire

Se Masacciofa a bottecon Zidane

Visioni e personaggiVIIITuttolibri

SABATO 26 FEBBRAIO 2011LA STAMPA IX

Uno stile e una tecnicache fecero scuola,aprendo nuove piste:da Mattotti a Igort,da Linus a Frigidaire

Il BilBOlbul, dal 2 al 6 marzoIl testodiDanieleBrolli, chequi inparteanticipiamo,ètrattodalcatalogodellamostraComelavita...concui si renderàomaggioaldisegnatoreargentinoJoséMuñozalBilBObul, festivalinternazionaledel fumetto,aBolognadal2al6marzo,acuradell’associazioneculturaleHamelin.Muñoz(BuenosAires,1943)si formòconSolanoLopez,autoredeL’Eternauta, lasciò lasuapatrianel ‘72, inSpagnaconobbeCarlosSampayoecon lui creò laseriediAlackSinner; arrivòaBolognanel ‘77.Altremostresarannodedicateaduematiteitaliane,VannaVinci eGraziaNidasio.Tra inumerosiospiti,oltre

aMuñoz,ci sarannoBenKatchor,EdmondBaudoin,FlorentRuppert&JeromeMulot,BrechtEvens,MarianaChiesaMateos,LucaSchenardi,VittorioGiardino,DavideToffolo.Unospazioancheper ibambini, conrassegne,laboratorie incontri eduemostre:laprimacon le firmedella rivistaCanicola (tracuiFrancescaGhermandi)e lasecondadelfranceseÉmileBravo.Perprogramma,sedi,orari:[email protected]

pp Francesco Bonamip DAL PANETTONE

AL PARTENONEp Electa, pp. 252, € 29

pp Weegee di Weggeep UN'AUTOBIOGRAFIAp trad. di M. Baiocchi e A. Tagliavinip Contrasto, pp.175, € 19,90

pp Angela Vettesep SI FA CON TUTTOp Laterza, pp. 180, € 22

pp Luca Beatricep DA CHE ARTE STAI?p Rizzoli, pp. 237, € 16,50

Arte Così i critici ci spieganostili, tendenze, temi di ieri e di oggi

Weegee conMarlen

Dietrich:nel 1947

chiuse la sua«combinazione

di museodel crimine,

studiofotografico

e nido d’amoredietro

la centraledi polizia»,

lasciòNew York

per Hollywood,«ultimo rifugio

di genie mascalzoni»che lo accolse

«a bracciaaperte»

Fotografia La vorticosa autobiografia di Weegee:il delitto era il suo mestiere, uno sguardo senza pietà

Facce inguardabili,segnate da espressioniintollerabili, un trattoche ricorda e aggiornail mondo di Grosz

José Muñoz

Qui sopra e sotto il titolo due tavole di José Muñoz

Arthur Fellig, in arte Weegee

In tutte le librerieIn tutte le librerie

Edizione tascabile

NOVITÀ

www.sperling.it - www.facebook.com/sperling.kupfer

Edizione tascabile

Rivivi le epiche gesta di Ezio Auditore al tempo dei Borgianei romanzi ispirati al celebre videogame

Page 10: Tuttolibri n. 1754 (26-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - X - 26/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/10 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 25/02/11 21.00

43

1

42

4

Il terrazzinodei geranitimidiMARCHESINIRIZZOLI

43

5L’uomo chenon volevaamareMOCCIARIZZOLI

45

3La mappadel destino

COOPERNORD

Tascabili

45 10

100

SaggisticaNarrativaitaliana

1. La versione di Barney 43RICHLER 12,00 ADELPHI

2. Il piccolo principe 23SAINT-EXUPÉRY 7,50 BOMPIANI

3. Se questo è un uomo 21LEVI 10,50 EINAUDI

4. Il bambino con il pigiama... 18BOYNE 10,00 BUR

5. La solitudine dei numeri... 15GIORDANO 13,00 MONDADORI

6. L’amico ritrovato 14UHLMAN 5,50 FELTRINELLI

7. La biblioteca dei morti 14COOPER 13,00 TEA

8. Non avevo capito niente 14DE SILVA 11,00 EINAUDI

9. Diario 14FRANK 12,50 EINAUDI

10.Troppu trafficu ppi nenti 13CAMILLERI; DI PASQUALE 11,00 MONDADORI

46

Ogni cosa allasua stagione

BIANCHIEINAUDI

Narrativastraniera Varia Ragazzi

LA CLASSIFICA DI TUTTOLIBRI È REALIZZATA DALLA SOCIETÀ NIELSEN BOOKSCAN, ANALIZZANDO I DATI DELLE COPIE VENDUTE OGNI SETTIMANA, RACCOLTI IN UN CAMPIONE DI 1100 LIBRERIE.SI ASSEGNANO I 100 PUNTI AL TITOLO PIÙ VENDUTO TRA LE NOVITÀ. TUTTI GLI ALTRI SONO CALCOLATI IN PROPORZIONE. LA RILEVAZIONE SI RIFERISCE AI GIORNI DAL 13 AL 19 FEBBRAIO.

Io e te

AMMANITIEINAUDI

7Le Beatrici

BENNIFELTRINELLI

Il profumodelle fogliedi limoneSÁNCHEZGARZANTI

La versionedi Barney

RICHLERADELPHI

8

AI PUNTILUCIANO GENTA

Quandoi vandali

siamo noi

49

6

Odoredi chiuso

MALVALDISELLERIO

9

Vandali.L’assalto allebellezze d’ItaliaSTELLA; RIZZORIZZOLI

53

Stare in classifica aiuta: i limoni della Sánchez fio-riscono ancor di più e il valore dei 100 punti, nelnostro campione di sole librerie, arriva a 8000 co-

pie. Mentre tutti gli altri titoli sono ben sotto quota5000. Scende dal 2˚ al 10˚ posto la Marchesini e balzaal 3˚ L’uomo che non voleva amare di Moccia, conqui-stando così anche il primato della narrativa italiana: èil personaggio che fa il successo, non è il caso di esclama-re Dove andremo a finire, antologia einaudiana di in-terviste a cura di Alessandro Barbano, tra cui una conEco che opportunamente ammonisce di non identificarel’editoria di consumo con la spazzatura e lascia aperto

uno spiraglio per le «opere di maggior approfondimentoe di maggior complessità... Forse il nostro Proust in que-sto momento sta vendendo mille copie e magari ci accor-geremo di lui fra trenta o cinquant’anni». Entra al 4˚posto la nuova inchiesta di Stella e Rizzo sull’«assaltoalle bellezze d’Italia» dalle Alpi alla Sicilia, una denun-cia che fa parlare i documenti, i fatti e le cifre. Un viag-gio amaro per cui, questa volta sì, vien da dire: dove sia-mo andati a finire, noi vandali in casa nostra. Uno sce-nario di fronte al quale dovrebbe risuonare l’Indignate-vi! di Hessel, 12˚ assoluto, e ancor più il conseguente Im-pegnatevi! in uscita in Francia la prossima settimana.

Vecchie parole d’ordine? Meglio sentirsi Mammut -avrebbe detto Di Ruscio -, come la classe operaia nel ro-manzo d’esordio di Pennacchi scoperto da Donzelli nel’94, ora riproposto da Mondadori (11˚, fuori tabella, nel-la narrativa italiana). Altrimenti ci sentiremo unaSchiappa, faremo una «vita da cani», un po’ frustraticome il piccolo antieroe di Jeff Kinney, 3˚ nei «ragazzi».Meglio giocarsi la propria parte, piuttosto che gridaresolo Fuori! gli altri, come tuona il sindaco Renzi, 9˚ insaggistica. O rassegnarsi a un educato Togliamo il di-sturbo, com’è tentata di fare la Mastrocola, 6ª. Meglio,molto meglio il disturbare che il «baciamo le mani».

Tre giorni al 1˚ marzo: po-chi metri, da via Bianca-mano a corso Vittorio

Emanuele a Torino, per il «tra-sloco» di Michele Luzzatto, biolo-go, ricercatore tra i più brillanti,da editor per la saggistica scien-tifica all’Einaudi a editor dellasaggistica in toto alla Bollati Bo-ringhieri. «Coniugare le specifici-tà della editrice con le esigenze diun mercato in continua evoluzio-ne» è il progetto di Renzo Guidie-ri, AD e direttore editoriale delmarchio di Paolo e di Giulio, do-po il passaggio dalla appassiona-ta conduzione di Romilda algruppo Gems, fortemente volutoda Stefano Mauri.

Un trasloco delicato per il pe-so dei due storici poli culturalidella nostra editoria e che «va acompletare il recente inserimen-to», come editor della narrativastraniera, di Marisa Caramella,anche lei ex einaudiana(’91-2006), dopo Tartaruga eBompiani e prima di Mondadori(2006-2010), con eccezionale pe-

digree di traduttrice e/o scopritricedi talenti: produrrà nei prossimimesi l’approdo italiano della cana-dese Lisa Moore, L’inverno cheHelen O’Mara smise di sognare,storia di una «morte» e di una rina-scita; e di Edmund de Waal, La le-pre dagli occhi d’ambra, memoire «libro della vita» del ceramista in-glese famoso negli ambienti artisti-

ci per questo supremo artigianato,affascinante sottotraccia anche nel-la saga degli Ephrussi, la grandefamiglia dell’autore.

Mentre «la narrativa Bollatiesce dalla clandestinità», secondol’efficace sintesi di Guidieri sicurodell’«indispensabilità» della fic-tion oggi per un editore (non solocon le rare quanto ottime firme, daLem alla von Arnim alla Jarre, pre-senti da tempo in catalogo), lo sbar-co sulla stella di massima grandez-za nel cielo boringheriano, sembravissuto da Luzzatto, 45 anni, stu-dioso di Darwin (in gran sintoniacon la nuova «casa»; ardita, nellasua recente Preghiera darwinia-na per Cortina, l’interpretazione diun evoluzionismo aperto alla meta-fisica) quasi come un «sogno» lai-co, un mondo dove umanesimo, tut-tora vivo, e scienza «vorrei s’incon-trassero sempre di più». Quasi undestino. Da far impallidire 11 annicon lo Struzzo? «L’Einaudi mi hadato tutto, lì sono diventato unapersona diversa». Il 1˚ marzo saràun altro giorno.

1. La principessa e il ranocchio 15- 4,90 WALT DISNEY

2. Gli aristogatti 14- 4,90 WALT DISNEY

3. Diario di una schiappa... 14KINNEY 12,00 IL CASTORO

4. Alice nel paese delle... 14- 4,90 WALT DISNEY

5. Alla ricerca di Nemo 14- 4,90 WALT DISNEY

6. Pinocchio 12- 4,90 WALT DISNEY

7. Toy story 3. La grande fuga 12- 4,90 WALT DISNEY

8. L’abbraccio 12GROSSMAN; ROVNER 10,00 MONDADORI

9. Cars 12- 4,90 WALT DISNEY

10.S.O.S. c’è un topo nello... 12STILTON 8,50 PIEMME

La piazza è piena. Le stra-de che vi conducono sonopiene... Non c’è mai stata

una manifestazione come que-sta, prima d’ora... L’Egitto sem-bra un’unica, grande manifesta-zione, unito in un’unica persona,un unico canto».

Era il 1956. Naguib Mahfuzpubblicava il primo volume dellaTrilogia del Cairo. Quest’anno,che è l’anno del suo centenario, ilmondo rilegga il Nobel egizianocome una profezia, come unabandiera. È quanto fa Elif Sha-fak, scrittrice turca, sul NewYork Times: spiegando cheMahfuz è pubblicato davvero inTurchia da pochissimi anni, cheè finora «rimasto alla periferiadel nostro sguardo», che soltantoadesso l'élite turca presta atten-zione all’Egitto e finalmenteguarda ad Est. E viceversa: pro-prio la Turchia, con i suoi decen-ni ormai di esperienza democrati-ca, dimostra che c’è speranza peri Paesi arabi ora rivoluzionari.

Mahfuz, padre della patria, è

stato molto censurato in Egitto. Ilregime confiscava, proibiva, impri-gionava. Palazzo Yacoubian diAla-al-Aswani è stato pubblicato,dieci anni fa, fra mille ostacoli, ma èdiventato un bestseller. La vita èpiù bella del paradiso, primo librodi Khaled al-Berry ora con il suo se-condo finalista al più importantepremio letterario arabo, aveva un

titolo intollerabile: Proibito. Il gio-vane romanziere Ahmed Alaidy, co-me racconta l’Independent, deveinvece cambiare i suoi piani lettera-ri: «Stavo lavorando a un romanzosu una futura rivoluzione... Immagi-navo le folle, come il regime avrebbeprovocato il popolo e come il popolopoco a poco si sarebbe ribellato. Pu-ra fiction. Ora devo riscriverlo».

E lo scrittore libico Hisham Ma-tar, cresciuto in esilio al Cairo, diceche dovrà esserci anche una rivolu-zione dentro le teste. Che la libertàproduca cultura, e viceversa.

Nel frattempo, qualche piccolosegnale c’è. Per fine marzo è stataannunciata una nuova fiera del li-bro, «The Tahrir Book Fair», pro-prio in piazza Tahrir, in parzialesostituzione della Fiera Internazio-nale del Cairo che è stata ovviamen-te cancellata a fine gennaio. Condue milioni di visitatori, e un girocommerciale che ammontava al 7%del fatturato degli editori esposito-ri, era la più grande manifestazio-ne libraria di tutto il mondo arabo.

E tornerà ad esserlo, Inshallah.

1. Il profumo delle foglie di... 100SÁNCHEZ 18,60 GARZANTI

2. La mappa del destino 53COOPER 19,60 NORD

3. La fuga del signor Monde 38SIMENON 17,00 ADELPHI

4. La nave dei morti 30CUSSLER; DU BRUL 19,60 LONGANESI

5. Nemesi 22ROTH 19,00 EINAUDI

6. La ragazza del lago 21FOSSUM 5,00 SPERLING & KUPFER

7. Vizio di forma 18PYNCHON 20,00 EINAUDI

8. India mon amour 18LAPIERRE 16,50 IL SAGGIATORE

9. La caduta dei giganti... 17FOLLETT 25,00 MONDADORI

10.Satori 16WINSLOW 19,00 BOMPIANI

I PRIMI DIECI INDAGINE NIELSEN BOOKSCAN

45

1. Benvenuti nella mia cucina 40PARODI 14,90 VALLARDI

2. Cotto e mangiato 40PARODI 14,90 VALLARDI

3. I dolori del giovane Walter 34LITTIZZETTO 18,00 MONDADORI

4. Le ricette di Casa Clerici 22CLERICI 15,90 RIZZOLI

5. Instant English 19SLOAN 16,90 GRIBAUDO

6. È facilesmetteredi fumare... 14CARR 10,00 EWI

7. Falli soffrire 2.0... 14ARGOV 15,00 PIEMME

8. The secret 13BYRNE 18,60 MACRO

9. Nel mezzo del casin... 10LASTRICO 16,00 MONDADORI

10.Centouno storie di gatti 9CIRINNÀ; GARRONE 12,90 NEWTON COMPTON

CHE LIBRO FA...IN EGITTOGIOVANNA ZUCCONI

In piazzacol profeta

Mafhuz

1. L’uomo che non voleva... 49MOCCIA 18,00 RIZZOLI

2. Odore di chiuso 45MALVALDI 13,00 SELLERIO

3. Io e te 45AMMANITI 10,00 EINAUDI

4. Le Beatrici 43BENNI 9,00 FELTRINELLI

5. Il terrazzino dei gerani... 42MARCHESINI 17,50 RIZZOLI

6. L’allieva 40GAZZOLA 18,60 LONGANESI

7. Appunti di un venditore... 33FALETTI 20,00 B.C. DALAI

8. La moneta di Akragas 33CAMILLERI 15,00 SKIRA

9. Il cimitero di Praga 32ECO 19,50 BOMPIANI

10.Malastagione 30GUCCINI; MACCHIAVELLI 18,00 MONDADORI

1. Vandali. L’assalto alle... 46STELLA; RIZZO 18,00 RIZZOLI

2. Ogni cosa alla sua stagione 45BIANCHI 17,00 EINAUDI

3. Indignatevi! 40HESSEL 5,00 ADD EDITORE

4. La patria bene o male 37FRUTTERO & GRAMELLINI 18,00 MONDADORI

5. Togliamo il disturbo 23MASTROCOLA 17,00 GUANDA

6. La questione morale 23DE MONTICELLI 14,00 CORTINA

7. I segreti del Vaticano 22AUGIAS 19,50 MONDADORI

8. Viva l’Italia! 21CAZZULLO 18,50 MONDADORI

9. Fuori! 19RENZI 17,50 RIZZOLI

10.Il denaro in testa 19ANDREOLI 17,50 RIZZOLI

Classifica TuttolibriSABATO 26 FEBBRAIO 2011

LA STAMPAX

2

PROSSIMAMENTE

MIRELLA APPIOTTI

Un biologonel cielo

Boringhieri

Page 11: Tuttolibri n. 1754 (26-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - XI - 26/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/11 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 25/02/11 21.00

f

EURIPIDE-SENECA

MedeaBur Rizzoli, pp. III-101, € 5

«Prima di tutto c’èla tragedia greca,soprattutto Euripide,soprattutto Medea»

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ALDOUS HUXLEY

Il mondo nuovoMondadori, pp. 223, € 9,50

«Un incontro importantedella giovinezza, erafratello del biologo, e ionasco da studi di quel tipo»

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LUIGI PIRANDELLO

Uno, nessunoe centomilaEinaudi, pp. 230, € 8,50

«Grandissimo psicologo,anche se non ebbe rapportidiretti con l’analisi»

I PREFERITI

Il primo in Italia a spiegare al grande pubblico i misteridella psiche: ogni anno pubblica due libri, unodi saggistica (l’ultimo sul denaro), l’altro di narrativa

EGLESANTOLINI

«Si accomodi inquella poltroncina, vuole? Èlì che si sono seduti tutti. Inquel periodo, dopo il 1992,questo studio tranquillo, inun’appartata città di provin-cia, pareva più protetto. Ar-rivavano da Roma per cu-rarsi: avevano visto disgre-garsi un mondo. Gli incontrifra psichiatra e paziente so-no sempre costellati di silen-zi, ma con i miei malati diTangentopoli questi smarri-menti erano ancora più lun-ghi e angosciosi. Per questoho piazzato un piccolo qua-dro sulla parete, questo conla maschera nera di Carne-vale: era lì che si andava aposare il loro sguardo neimomenti d’imbarazzo».

Lo studio del professorVittorino Andreoli, in unbel palazzo veronese di pie-tra non lontano dall’Adige,ha visto queste e milioni dialtre cose. Psichiatra tra ipiù insigni in Italia, educatonella sua città ma innamo-rato della Scozia («Steven-son, i fari, la nascita dellapsicologia infantile!»), e conuna lunghissima esperien-za accademica tra GranBretagna e Stati Uniti, An-dreoli è anche un divulgato-re appassionato: il primo,da noi, a spiegare al grandepubblico i misteri della psi-che. Autore generosissimo,pubblica al ritmo di due li-bri l’anno: che uno dei duedebba essere un saggio el’altro un’opera di narrati-va è un impegno contrattua-le e anche, come vedremo,un motivo di risentimento.Dopo aver analizzato i disa-gi familiari degli italiani, igrandi delitti, droga e soffe-renze degli adolescenti, haappena pubblicato con Riz-zoli Il denaro in testa - que-sta volta toccava al saggio -,tutto incentrato sui soldi.

Non si può dire che leinon sia sull’attualità, pro-fessore, in quest’Italia diricatti dove pare che tuttiabbiano un prezzo…

«Certo gli sviluppi sono an-dati oltre l’immaginabile, pe-rò il libro era nato da un miofastidio incontrollato controlo strapotere dell’economiae della finanza. Non è possi-bile che una disciplina fini-sca per mangiarsi tutto il re-sto, e che ci si riduca a dipen-dere esclusivamente daquello che si perde o si gua-dagna. Ero stufo di veder va-nificate le arzigogolate raffi-natezze della psicoanalisi daun crollo in Borsa: lo so, nel-le favelas brasiliane Freudnon serve a nulla, ma chenoi psichiatri finissimo peressere ridicolizzati… I mieicolleghi di Parma, all’epocadello scandalo Tanzi, mi rac-contavano che i pazienti ar-rivavano la mattina e invecedi portare il solito sogno del-la notte scoppiavano a pian-gere: “Dottore ho perso tut-to, dottore non posso più pa-garla…”. Ecco: all’inizio dellibro mi chiedo se il denaroha legittimità di entrare inpsichiatria. Dimostro che ècosì e ne analizzo le varie de-clinazioni: il modo in cui si famalattia, come crea infelici-tà, dipendenza. E’ diventatola misura di tutte le cose.Quando, per citare Protago-

ra, la misura di tutte le cosedovrebbe essere l’uomo».

C’è un autore che, qui, lei ci-ta in modo appassionato epertinente, ed è Aldous Hu-xley. Ha fatto parte dellesue letture di formazione?

«Ah sì, nel libro rammento gliAlfa-Plus del Mondo nuovo.Huxley è stato un incontro im-portante della mia giovinez-za: fra l’altro era fratello delbiologo, e io nasco da studi diquel tipo. In quegli anni co-minciava ad affacciarsi l’ideache l’uomo potesse essere re-so felice addirittura attraver-so un condizionamento in pro-vetta. E non era fiction, badi,ma un’ipotesi scientifica…».

Quali altri scrittori hannocontato per lei, soprattuttoall’inizio?

«Il primo che mi viene in men-te è Pirandello. Grandissimopsicologo, anche se non hamai avuto un rapporto diret-to con l’analisi. Ha tentato ilsuicidio, lo sa? La sua vita eratormentata da una mogliepazza, affetta da un grande

delirio di gelosia. Uno, nessu-no e centomila è una letturad’obbligo per chi si voglia oc-cupare di sofferenza psichi-ca. Ma tutta la letteratura èuna mia passione. Purtroppolegata a un dramma».

Nientemeno?«Ma sì, io sono una vittimadella differenziazione forzata

tra fiction e saggistica. Vede,ho sempre scritto le storie deimiei matti, fin da quando ave-vo 22 anni, facevo pratica nelmanicomio di San Giacomodella Tomba qui a Verona emi portavo un grande schizo-frenico, Carlo Zinelli, a casanel fine settimana. Quandomia madre certo avrebbe pre-ferito una ragazza, magaribruttina… La cartella clinica

di questo Zinelli era così geli-da e impersonale da farmispavento: “Assume farmaci,non si nutre, accusa male alventre…”. Ma era un essereumano, quello? Non dimenti-chi che, all’epoca, ci si chiede-va se gli schizofrenici vedes-sero in bianco e nero o a colo-ri, e neanche si metteva inconto che avessero senso mo-rale e senso estetico… Dun-que, io frequentavo quelli cheerano considerati “quasi uo-mini” e i casi li trasferivo sucarta in modo narrativo. Era-no anche i tempi del conflittofra le due culture, ha presen-te il libro di Charles Snow?Mio padre, il mio eroe, misgridava: “Vittorino, ma seimatto? Se sei uno scienziatomica puoi scrivere quella ro-ba!”. Per anni ho tenuto unacassaforte piena di mano-scritti segreti».

E quando ha iniziato a pub-blicare, da dove ha comin-ciato?

«Gli editori volevano saggi,saggi, saggi! Prima Mondado-

ri, per cui lavoravo a una col-lana straordinaria, la Est.Poi Valentino Bompiani, concui intrattenevo rapportimolto amichevoli, e che cre-devo volesse pubblicare imiei romanzi. E invece no:“Andreoli, io le ho steso untappeto rosso, ma sa che co-sa voglio da lei…”. Ora sono,

da tanti anni, con Rizzoli, houn ottimo rapporto con Pao-lo Zaninoni, ma un contrattoche mi obbliga a un saggio al-l’anno. Quando, glielo confes-so, io ai saggi dedico il 20 percento delle mie energie. L’al-tro 80 è per le storie...».

Due libri l’anno, oltre al me-stiere di psichiatra. Comefa a onorare un impegnocosì pressante?

«Scrivere non mi diverte, èuna fatica terribile. Ho lemie liturgie, i miei tempi, lepenne giuste, una lunga me-ditazione sulla costruzione,il titolo di lavoro, l’indice. Eper lavorare mi chiudo in unposto dimenticato da tutti,nel Nord della Scozia, in unmonastero sull’Atlantico.Niente cellulari, niente tivù,niente scocciatori. Il fornaioè a tre miglia di distanza».

Avrà letture che la sosten-gono nei momenti di sol-lievo.

«Non sono il tipo che leggeper distrarsi. I miei libri so-no sempre finalizzati a unprogetto: sottolineati e con ifoglietti fra le pagine. Resto,anche quando leggo, lo psi-chiatra dei casi estremi, cer-co i miei matti anche lì: amoDostoevskij, che era pazzo,epilettico, gran giocatored’azzardo. E Strindberg, ePirandello. Ma prima di tut-to c’è la tragedia greca, so-prattutto Euripide, soprat-tutto Medea».

Quanto alla poesia…«… se mi lascia fare, le decla-mo Ungaretti: “L’uomo at-taccato nel vuoto / al suo filodi ragno”: c’è qualcosa di piùstraziante? Oppure Carda-relli, I gabbiani: “Non so do-ve i gabbiani abbiano il nido,ove trovino pace. Io son co-me loro in perpetuo volo. Lavita la sfioro com’essi l’ac-qua ad acciuffare il cibo. Ecome forse anch’essi amo laquiete, la gran quiete mari-na, ma il mio destino è viverebalenando in burrasca”. Co-sì vivo io: in burrasca. Contutta la sofferenza psichicache c’è al mondo, difficile fa-re altrimenti».

«Il mio nuovo saggionasce da un fastidioincontrollato controla strapoteredi economia e finanza»

Diario di lettura TuttolibriSABATO 26 FEBBRAIO 2011

LA STAMPA XI

“Evviva i matticome Dostoevskij”

«Per lavoraremi chiudo in un postodimenticato da tutti,in Scozia, ospitedi un monastero»

«L’uomo di Ungarettiattaccato nel vuotoal suo filo di ragno:c’è qualcosadi più straziante?»

La vita. Vittorino Andreoli è nato a San Lucido nel 1940. Pischiatra e scrittore. Si è laureato in medicina a Padova.Una lunghissima esperienza accademica tra Gran Bretagna e Stati Uniti. Attualmente è direttore del Dipartimentodi Psichiatria di Verona - Soave.

Le opere. È appena uscito da Rizzoli «Il denaro in testa» (pp. 247, € 14). Altri titoli: «Preti. Viaggio fra gli uominidel sacro» (Piemme), «Mozarterapia. La musica, la mente, la felicità» (Metamorfosi), «Vecchio mondo» (B ur).

Vittorino Andreoli

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