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2. memoria Incontro formativo per gruppi AC Adultissimi 1/13 2. Memoria Azione Cattolica diocesi di Torino sussidio per incontri di gruppi AC Adultissimi (cfr. testo Che Tempo!, pagg. 61-79) in preghiera Nel grande mare della storia, Signore, tu hai voluto gettare una rete per ospitare ogni uomo nella stessa barca, per raccogliere tutti nello stesso ovile, giusti e ingiusti, buoni e cattivi, perché tutti possano sentirsi a casa e fare esperienza del tuo amore. Così la tua Chiesa, Signore, risplende di quella diafana bellezza che rifulge non nascondendo le sue fragilità: sono il segno che senza di te è perduta, che non copre le sue rughe. Sono le tracce del suo pellegrinare nel tempo. Abitata dalla forza e dalla luce dello Spirito, tu l'hai fatta tua sposa amata per sempre, Signore, l'hai ricolmata di un dono che non si consuma nel tempo. Tu la vuoi eternamente giovane, popolo di santi e peccatori, popolo in cammino verso la meta ultima ed eterna che nella speranza dischiudi a ogni nostro passo. introduzione Gesù descrive lo scriba che diventa discepolo del Regno e con sapienza valorizza il buono del suo passato, illuminandolo con le novità che il maestro annuncia. È l’esperienza del far memoria, una dimensione preziosa del tempo che ogni adulto si ritrova tra le mani quando ripercorre la propria storia personale, familiare, civile, ecclesiale, associativa. Perché sia un tempo fruttuoso, il Signore chiede di non scadere in nostalgie e lamentazioni, ma propone di far dialogare la memoria con l’annuncio di novità del Vangelo. la vita si racconta nel taccuino: Lo smartphone è uno strumento che oggi utilizziamo quotidianamente per conservare la memoria di diversi dati: contatti, foto, appuntamenti, contapassi, medicine... La nostra memoria può essere paragonata a un dispositivo in cui custodiamo l'esperienza passata, per ricostruirla in maniera selettiva nel presente e affrontare le situazioni attuali e future.

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2. Memoria

Azione Cattolica diocesi di Torino sussidio per incontri di gruppi AC Adultissimi (cfr. testo Che Tempo!, pagg. 61-79)

in preghiera

Nel grande mare della storia, Signore, tu hai voluto gettare una rete per ospitare ogni uomo nella stessa barca, per raccogliere tutti nello stesso ovile, giusti e ingiusti, buoni e cattivi, perché tutti possano sentirsi a casa e fare esperienza del tuo amore. Così la tua Chiesa, Signore, risplende di quella diafana bellezza che rifulge non nascondendo le sue fragilità: sono il segno che senza di te è perduta, che non copre le sue rughe. Sono le tracce del suo pellegrinare nel tempo. Abitata dalla forza e dalla luce dello Spirito, tu l'hai fatta tua sposa amata per sempre, Signore, l'hai ricolmata di un dono che non si consuma nel tempo. Tu la vuoi eternamente giovane, popolo di santi e peccatori, popolo in cammino verso la meta ultima ed eterna che nella speranza dischiudi a ogni nostro passo.

introduzione

Gesù descrive lo scriba che diventa discepolo del Regno e con sapienza valorizza il buono del suo passato, illuminandolo con le novità che il maestro annuncia. È l’esperienza del far memoria, una dimensione preziosa del tempo che ogni adulto si ritrova tra le mani quando ripercorre la propria storia personale, familiare, civile, ecclesiale, associativa. Perché sia un tempo fruttuoso, il Signore chiede di non scadere in nostalgie e lamentazioni, ma propone di far dialogare la memoria con l’annuncio di novità del Vangelo.

la vita si racconta

nel taccuino:

Lo smartphone è uno strumento che oggi utilizziamo quotidianamente per conservare la memoria di diversi dati: contatti, foto, appuntamenti, contapassi, medicine... La nostra memoria può essere paragonata a un dispositivo in cui custodiamo l'esperienza passata, per ricostruirla in maniera selettiva nel presente e affrontare le situazioni attuali e future.

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Facciamo memoria della nostra storia: le persone importanti (famiglia, amici, colleghi, associazione, comunità ecclesiale...), gli incontri più significativi, i modelli educativi, le esperienze forti, gli eventi felici e dolorosi, i momenti di svolta ... Raccontiamo chi o cosa fa parte del nostro "bagaglio" di vita e di fede. _______________________________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________________________

Ognuno di noi è portatore di una memoria collettiva fatta di persone, eventi, luoghi, tradizioni, tipicità, linguaggi che fondano la nostra identità sociale. La sua funzione non è quella di archiviare esperienze passate, ma di evocare valori condivisi con la comunità di appartenenza, per scegliere su cosa costruire la storia presente e futura, e darvi continuità.

Allo specchio: il gomitolo dell'alleluja

Leggiamo il brano tratto dal libro di Paolo e Vittorio Emanuele Giuntella Il gomitolo dell'alleluja. Di padre in figlio il filo della fede: C'è, tra le generazioni, un linguaggio diverso per esprimere la fede, che nasce da formazioni culturali, da esperienze personali, da situazioni e memorie storiche diverse, e che pure approda agli stessi noccioli duri: la croce, l'Eucaristia, la vita eterna, la carità, il travaglio tra la tensione alla sequela e i tradimenti quotidiani, tra la ricerca dei sentieri alla santità e i limiti meschini delle proprie ribellioni. E c'è questo mistero immenso del popolo che, nonostante tutto, cammina, compie un pezzo di sentiero in più nell'esodo cosmico verso il punto omega, la contemplazione della signoria di Cristo. Non per meriti propri ma per la trasmissione di questo filo rosso della fede che parte dal Padre e passa per i "padri", e dunque anche per la lunga storia delle famiglie, dalla famiglia di Abramo alle nostre fino al compimento della storia. [...] Ho vissuto con particolare forza questo senso della "trasmissione delle nozioni" della fede, le radici alle quali ero stato allevato, incontrando uomini e donne delle "opere", cioè della testimonianza, riconoscendovi quel racconto della storia del popolo, quel "raccontare la fede", da Giuditta, Sara, David, Giosuè, Giobbe, Giona, Mosè, Matteo, Giovanni, Paolo, Francesco, Thomas Becket, Tommaso Moro, Filippo Neri, il santo Curato d'Ars, Benedetto Giuseppe Labre, Pier Giorgio Frassati, Massimiliano Kolbe, Edith Stein, Charles de Foucauld, ricevuto in famiglia. Ecco dunque il "legame": quando mi è capitato d'incontrare la "santità" in cammino sulle strade, in donne e uomini, suore e preti, spesso sconosciuti, mi è parso di ri-conoscere persone che in realtà avevo già conosciuto nel racconto della fede ricevuto, anche se avevano altri nomi.

la Parola illumina

dal Vangelo secondo Matteo (13,47-52) 47Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. 48Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. 49Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni 50e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.

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51Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». 52Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

il contesto del Vangelo

2. Discorso parabolico 13,1-3 Introduzione al discorso parabolico 13,4-9 Parabola del seminatore 13,10-17 Perché Gesù parla in parabole 13,18-23 Spiegazione della parabola del seminatore 13,24-30 Parabola della zizzania 13,31-33 Parabola del grano di senapa. Parabola del lievito 13,34-35 Le folle ascoltano solo parabole 13,36-43 Spiegazione della parabola della zizzania 13,44-46 Parabole del tesoro e della perla 13,47-50 Parabola della rete 13,51-52 … lo scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli … 13,53-58 Gesù a Nazaret

cosa dice la Parola alla mia vita

cose nuove e cose antiche Nel tesoro ci sono cose nuove e cose antiche, c’è la novità della vita che si dispiega davanti a noi e c’è il senso di quanto accade che nasce nell’oggi, si radica nel passato e si proietta nel futuro. Non esiste un cammino di fede senza storia, il Signore si serve delle nostre storie per indicarci il cammino, al contadino mostrerà il tesoro nel campo, al mercante la perla, parlerà a ciascuno un linguaggio evocativo, capace di suscitare domande proprio a partire da dove siamo.

(sorella Elisabetta di Bose) Negli anni della sua predicazione il Maestro vive attorno al lago di Galilea, osserva il lavoro dei pescatori, ne sceglie almeno quattro per il gruppo dei Dodici: la rete fa parte della vita del Maestro e per questo la sceglie come un'immagine del Regno. Gesù coglie in questa tecnica di pesca un aspetto del Regno, lo stesso che ha narrato raccontando del seminatore: è il gesto largo di chi getta ovunque e racco glie dappertutto, un gesto carico di speranza e privo di timore. È il gesto di Dio che, nel vasto mare della storia e del mondo, non ha paura di raccogliere ogni uomo, ogni donna, di tirar su tutti quelli che si lasciano prendere. Come in ogni parabola, c'è un uso sapiente del paradosso: i pesci si pescano e muoiono, la pesca di uomini è per la vita. Il Regno di Dio nel tempo della storia è quindi un tempo aperto a tutti, perché ciascuno possa conoscere Gesù e accoglierlo come Signore della vita. In questo tempo la comunità dei discepoli, la Chiesa ha un solo compito: pescare con larghezza. Non è il tempo della cernita, ma quello della raccolta di ogni genere di pesci, di ogni genere di umanità. Quando la rete è piena, i pescatori la tirano a riva e allora lì si mettono comodi e scelgono distinguendo i pesci buoni da tenere nei cesti e quelli cattivi da buttare via. Il racconto sapiente del Maestro, però, distingue le due fasi della pesca di umanità, della pesca per il Regno, affidandole a soggetti diversi: alla fine del mondo sarà Dio stesso a compiere la cernita esercitando il giudizio, come raccontato anche nella parabola del grano buono e della zizzania. Non è dei discepoli, non è della Chiesa il compito di giudicare, ma di Dio, che Gesù ha raccontato essere padre buono, madre piena di misericordia, capace di un giudizio assoluta mente distante dai nostri. Matteo conclude le parabole del Regno con una domanda di Gesù: «Avete compreso tutte queste cose?». Avete compreso com'è il Regno? Il Signore chiede un lavoro

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di comprensione, un impegno di pensiero e così, con una breve finale pennellata narrativa, mostra ai suoi ascoltatori lo scriba, esperto delle Scritture e diventato discepolo del Regno, desideroso di accoglie re la novità annunciata e portata da Gesù. Lo scriba, abituato a insegnare, deve tornare a imparare. E questo scriba sapiente, capace di coniugare passato e presente, memoria e novità, è prima di tutto Gesù stesso che, nella sua persona, rende vive e sempre attuali le promesse fatte da Dio al suo popolo e le apre a tutti i popoli.

cosa dice la Parola della mia vita

La Parola parla di me: io sono tra i pesci raccolti dalla rete, è questa l'esperienza che mi origina. Sono stato raccolto da Dio che mi ama e mi cerca da sempre, sono stato raccolto dalla Chiesa che mi ha generato alla fede, dalla famiglia che mi ha dato la vita, dalle relazioni che continuano a intessere la mia storia. Faccio memoria di volti, luoghi, azioni che mi hanno raccolto nella rete del mondo: cosa e chi mi aiuta in questo esercizio di memoria perché sia lieto e non opprimente? Se sono nella rete, questo è il tempo di guardarsi attorno, di incontrare, di conoscere gli altri che stanno con me, vicini e lontani, di tessere reti di collegamento con tutti, perché nella rete siamo «di ogni genere»: che atteggiamenti coltivo per crescere nel dialogo aperto? La Parola parla di me: io sono parte della rete, io sono uno dei pescatori che raccolgono, io mi sento chiesa, ecclesia, che riunisce e non separa, perché il giudizio appartiene a Dio e non a me. In quali situazioni mi trovo a giudicare piuttosto che accogliere? La Parola parla di me: io sono lo scriba discepolo, chiamato a impastare la novità di Gesù con le cose antiche. Qual è il tesoro personale, ecclesiale e associativo da cui posso estrarre cose antiche e cose nuove? _______________________________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________________________

cosa dice la Parola della nostra vita

Alla luce della Parola, nella misura in cui scopriamo che le nostre esistenze sono abitate da Dio, siamo invitati a prendere la parola sulla nostra vita. È il momento di raccontare nel gruppo la vita illuminata dalla Parola. _______________________________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________________________

dal Catechismo degli Adulti

Purgatorio, intercessione, purificazione: CdA 1204-1208

(1206) Se consideriamo l'infinita santità di Dio, appare del tutto ragionevole che la perfetta comunione con lui in Cristo comporti un rinnovamento assai più esigente di quello che ci è dato osservare ordinariamente nelle stesse persone generose e impegnate. Occorre un risanamento totale. Solo l'amore gratuito del Padre, che ci raggiunge per mezzo di Cristo nello Spirito, può guarire la nostra personalità, come il fuoco affina l'oro e l'argento.

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(1207) Appare ragionevole ammettere anche l'efficacia dei suffragi, se la collochiamo nel contesto dell'essenziale socialità dell'uomo, che si attua pienamente nella comunione dei santi. Solo in relazione agli altri si vive e si cresce. Per questo la solidarietà dei credenti e della comunità cristiana ha un potere di intercessione presso Dio per facilitare la purificazione dei defunti. Ovviamente tale potere è concesso da Dio stesso, il quale ci vuole solidali davanti a sé e ci chiede di cooperare con la sua grazia.

(1208) Al termine della vita terrena, i giusti che ancora hanno bisogno di purificazione per entrare nella beatitudine della perfetta comunione con Dio vengono liberati da ogni ombra di peccato in virtù della grazia di Dio, con la solidarietà di tutta la Chiesa.

la vita cambia

esercizio di laicità

La memoria non è statica ma è come un archivio (un patrimonio) in continuo aggiornamento cui attingiamo “andando indietro” per poi proiettarci in avanti. Meditiamo insieme una brano della Lettera pastorale del Vescovo Cesare Nosiglia “Il tesoro nascosto e la perla preziosa” incentrata sulla formazione e catechesi degli adulti (cfr. pag. 22).

«Una dinamica che ritorna con una certa frequenza nei tavoli di lavoro dell’Assemblea è quella del rapporto vita-fede-vita: intendendo con questa formula la capacità di una parola credente in grado di portare luce sulle situazioni della vita e di permettere di ritornare ad esse in modo nuovo. Ritorna quella frattura tra fede e vita di cui parlavano già il Documento Base e l’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi di Paolo VI. Dobbiamo leggere in questi richiami il fatto che spesso il modo in cui è vissuta la fede, in cui è percepita la vita cristiana, risulta non significativo per la vita di oggi? Crediamo di sì. Perciò, un grande impegno formativo ci pare debba essere posto riguardo alla questione Dall’Assemblea diocesana del come “dire” e “fare” la fede oggi, come rimettere in moto un processo di inculturazione della fede che sembra un po’ bloccato, rendendo particolarmente faticosa la trasmissione della fede di generazione in generazione. Si constata il bisogno di una lettura “incarnata” della Parola, che ne evidenzi l’attualità, rispetto anche ai temi sociali, e la capacità di dare risposta alla ricerca di senso, di relazione e di umanizzazione».

Alla luce della Parola letta e meditata rispondiamo alle domande che seguono, domande facendone oggetto di condivisione e di arricchimento reciproco adesso o nel prossimo incontro: - Quali delle scelte che abbiamo compiuto a livello individuale ci sentiamo di confermare oggi, facendo fruttificare il patrimonio che abbiamo ricevuto nella nostra storia e quali nuove scelte ci sentiamo spinti a compiere? - Come abbiamo concretizzato questo patrimonio nelle nostre scelte di vita? - Quali sono i suoi punti di forza e quelli di debolezza, su cui abbiamo bisogno di "lavorare"? - Quali di queste scelte ci sentiamo di confermare oggi e quale nuova scelta ci sentiamo spinti a compiere? _______________________________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________________________

cerco fatti di Vangelo

Cfr. testo pag. 77

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esercizio di popolarità

Alla luce della Parola e del Magistero della Chiesa il gruppo decide di compiere un esercizio di discernimento comunitario sulle tradizioni religiose della comunità di appartenenza per contribuire, come Associazione parrocchiale di AC, a rendere i diversi momenti comunitari delle autentiche esperienze di evangelizzazione (cfr. sussidio pag. 77-78). L’elaborazione di proposte può essere anche tradotto in un breve documento, formulato con umiltà e spirito di fraternità, indirizzato al Parroco, al CPP ed AD altri gruppi della Parrocchia.

Vittorio Bachelet

“Riscoprire che il servizio è la gioia” Saluto conclusivo di Vittorio Bachelet alla seconda Assemblea nazionale dell'ACI Riportiamo il testo integrale. Rappresenta un pezzo importante della nostra storia, forse un po’ dimenticato da noi più anziani e poco conosciuto dalle nuove generazioni. “Riscoprire che il servizio è la gioia” Saluto conclusivo di Vittorio Bachelet alla seconda Assemblea nazionale dell'ACI in Atti 2.a Assemblea nazionale dell'Azione Cattolica Italiana (Roma, 20-23 settembre 1973), Presidenza nazionale dell'AC, Roma 1974, pp. 125-131 (tratto dal volume degli scritti associativi ed ecclesiali [1959-1973], Vittorio Bachelet, Il servizio è la gioia, AVE 1992)

Avrei il dovere di riprendere un poco le linee del nostro dibattito e di tirarne qualche conclusione, ma non mi pare che l'ora lo consenta, anche se credo di poter dare testimonianza che questa Assemblea, anche se un po' faticosa come tutte le Assemblee, anche se un po' contratta nel tempo di discussione (come è stato giustamente rilevato) ha dato veramente un contributo, un apporto interessante sia nella discussione generale, sia nella discussione e nelle conclusioni dei gruppi di studio, e sia anche nel Documento - forse un tantino ampio - con cui abbiamo concluso i nostri lavori; e io vi auguro di tutto cuore che almeno una parte delle cose che vi sono scritte l'Associazione sappia poi realizzarle davvero. Volevo dire che mi è caro dare testimonianza di una maturità, di una crescita graduale, che mi pare di avere riscontrato sempre in questi anni nel livello, nel cuore, nell'amicizia, nell'incontro di tanti responsabili e amici dell'Azione Cattolica. Mi pare sia giusto (sono ormai quindici anni che come Vice Presidente prima e Presidente poi partecipo a questi incontri) io dia testimonianza di questa continua crescita di uno stile di fraternità, di libertà, di uno sforzo di costruzione che insieme siamo andati assumendo. E questo credo che sia estremamente positivo, perché vedete, è stato chiesto anche in questa Assemblea di avere una chiarezza su quella che è la realtà, l'identità, la collocazione dell'AC, la lucida definizione delle sue scelte, in particolare della scelta religiosa, e tutto questo è necessario che noi facciamo approfondendolo ogni giorno, non solo nella riflessione ma dirci soprattutto nella esperienza di vita. Però, in un mondo nel quale il travaglio è quello che ci è stato detto, in una Chiesa nella quale la verità c'è sempre ed è anzi forse più essenziale, ma le sicurezze tendono ad essere minori, non vorrei che pensassimo poi che l'unica sicurezza cui aspiriamo, o che ci proponiamo come ideale, sia quella della nostra Associazione: anche noi partecipiamo dell'incertezza, della fatica della ricerca della Chiesa di oggi, e guai se non ne partecipassimo (vorrebbe dire che siamo fuori della storia e della realtà della Chiesa). Lo dico non solo per incoraggiare il nostro e il vostro lavoro, ma perché credo veramente che questo sia anche in qualche modo uno stadio - che forse durerà ancora - dinamico, di ricerca, di sforzo di precisazione, e mentre dobbiamo portarlo avanti con umiltà e con coraggio non dobbiamo poi troppo sentirci umiliati o frustrati se i “passetti” che facciamo son piccoli passi ogni giorno, piccoli passi ogni anno.

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Vorrei ringraziare prima di tutto, in questa assemblea tutti i partecipanti, tutti coloro che ci hanno dato una mano, a cominciare dal nostro personale tecnico, che ci ha reso facile il lavoro, al personale delle nostre Case, al P. Mazzarello e alla buone suore che non solo ci hanno prestato la loro armoniosissima voce per i nostri canti, ma che hanno rappresentato qui, in mezzo a noi, accanto ai laici, ai sacerdoti, ai vescovi la realtà del mondo dei religiosi, e particolarmente di quelle e di quelli che in questi giorni -e sono tanti e tante - hanno pregato per noi. Vi chiedo veramente di ricordarli. Ringraziamo il Cardinale Poma per la sua presenza, per averci accompagnato, per le cose che ci ha dette; e insieme a lui Mons. Bartoletti. Un ringraziamento particolare al Papa il quale, stamattina all'Angelus, ha ricordato l'incontro di ieri: “Ieri Noi ci siamo incontrati con l'Assemblea nazionale dei dirigenti dell'Azione Cattolica Italiana, e ne abbiamo riportato ammirazione e consolazione, osservando come laici fedeli, ragazzi, giovani, uomini e donne, in una compagine organizzata, aperta allo studio e all'azione circa i problemi fondamentali della vita religiosa, culturale, morale e sociale del nostro tempo, s'impegnano a realizzare la figura e la funzione del laicato secondo gli insegnamenti del recente Concilio e di una onorata tradizione vigoreggiante da più di cento anni nel nostro popolo”, e ne ha presa occasione per parlare della presenza e della funzione del laico nella Chiesa e nella realtà umana. Io credo che il nostro ringraziamento dev'essere non solo per l'udienza di ieri, ma per l'attenzione affettuosa di sempre: voi avete visto con quanto affetto ha riletto il nostro Statuto (che aveva già a suo tempo approvato). Questa è una cosa bella, che i nostri vescovi e il Papa abbiano non solo emanato uno Statuto nuovo, ma abbiano approvato lo Statuto che noi avevamo preparato e abbiano riconosciuto in questo dei valori; credo che sia una cosa estremamente significativa nella vita della Chiesa, in cui tante cose crescono, tante cose vanno male, ma tante cose veramente pian piano si sviluppano positivamente. E da questo punto di vista vorrei dire: noi ci lamentiamo di non essere sempre aiutati o capiti dai nostri sacerdoti, dai nostri vescovi. Qualche volta forse è anche così, ma che volete: dobbiamo fare uno sforzo per capirci davvero a vicenda. E una fatica da parte di tutti, anche loro fanno fatica a capirci a volte, come qualche volta possono giustamente lamentarsi di non essere capiti, e dopo di che, se ce lo siamo detto e non facciamo niente per crescere in questo incontro, o non sappiamo che è faticoso crescere in questo incontro, concludiamo poco davvero. La mia esperienza è che tutte le volte in cui con serenità, con affetto, anche con tenacia (perché non crediate che non ci siano occasioni di tensione anche fra uomini pacifici, come sembra essere il vostro Presidente, che qualche volta ha preso anche delle posizioni abbastanza precise nei rapporti con i Vescovi), la mia esperienza, dicevo è che quando c'è una fiducia reciproca di base pian piano le cose crescono, maturano; e molto spesso si realizzano positivi incontri che aiutano la crescita di tutta la Chiesa. E questo dovrebbe esser sempre lo spirito nostro. Dicevo il mio ringraziamento al Papa, perché veramente io l'ho sentito in questi anni sempre vicinissimo come un aiuto paterno, vorrei dire perfino fraterno nel mio lavoro personale. Non so se l'AC in questi anni avrebbe potuto riprendere consistenza, vita, amicizia, impegno missionario senza il suo aiuto, la sua attenzione costante. E di questo noi Gli siamo grati: per avere avuto fiducia in noi, proprio in quanto esperienza, espressione di un laicato che vuol essere attivo, responsabile, ma nella realtà e nello spirito della comunione della Chiesa. Vorrei ringraziare anche quelli che hanno dato notizia dei nostri lavori, in particolare l'Avvenire e l'Osservatore Romano, che hanno seguito molto attentamente i nostri lavori. A questo proposito raccomando l'Avvenire anche alla vostra cura, alla vostra attenzione; è uno sforzo per portare una voce di dialogo, d'informazione nella nostra vita della società, nella nostra realtà della Chiesa, in momenti in cui l'informazione è sempre più difficile (un giornale ha scritto che io nella mia relazione ho detto che erano aumentate le adesioni all'AC, lo avrei detto volentieri, ma in realtà mi

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potete dare testimonianza che purtroppo non era il caso). Questa informazione attenta, questa informazione esatta e diligente della vita della Chiesa è un servizio del quale lo ringraziamo e di cui credo abbiamo davvero bisogno. Ringrazio tutti coloro che nella Presidenza di questa Assemblea prima di tutto, ma ancora in modo più duraturo nella Presidenza dell'Associazione, in questi anni hanno portato la responsabilità del Centro nazionale: Sitia Sassudelli, Mario Agnes, Maria Teresa Vaccari, Mimmo Perino, Giovanna Benevento, Gianfranco Maggi, Tommaso Seu. E ringrazio anche quelli che non sono oggi qui, ma che hanno, in questo triennio, prestato il loro servizio: Grazia Fuccaro in particolare, Paolo Chiodini che, sapete, è in Africa, ma è vicino a noi in questi giorni. E poi consentite: il mio vecchio amico e segretario generale Bruno Paparella con cui abbiamo condiviso per tanti anni la fatica anche più quotidiana della Presidenza Generale. Un particolare grazie ai nostri amministratori, Seu e gli altri amici che ci hanno aiutato; sono stati anni abbastanza difficili, qualcuno si è lamentato che non sono stati sufficientemente condivisi con tutte le associazioni (non sempre sarebbe stata facile questa condivisione in questa materia, quando la situazione era scottante), comunque il loro aiuto qui è stato veramente grande. E, naturalmente, grazie a tutti gli Assistenti e particolarmente (Mons. Costa lo abbiamo ringraziato ieri), Monsignor Maverna, che ha accettato di lasciare la sua diocesi (per un vescovo è una cosa grossa) per venire ad esercitare il suo ministero pastorale fra di noi. E un dono grande di cui noi lo ringraziamo, e lo ringraziamo anche dell'amicizia con cui è sempre fra di noi; è uno col quale voi potrete sempre parlare, sicuri che vi ascolta con libertà di spirito. Di questo lo ringraziamo e della sua guida e della sua preghiera costante. Naturalmente ci sarebbero da ringraziare anche tanti altri, ma non posso ricordarli uno per uno. Dopo nove anni di esperienza, anzi dopo quasi quindici anni di responsabilità varie nella presidenza nazionale, mi si potrebbe chiedere: vale la pena di impegnarsi nel servizio dell'AC? E una domanda che mi sono posto soprattutto all'inizio, quando mi è stato chiesto un lavoro così impegnativo nel servizio centrale dell'AC: e già allora avevo risposto positivamente. Ma l'esperienza di questi anni mi ha confermato che questo servizio, questa rete di amicizie, questa realtà di preghiera, di azione, di riflessione, di sacrificio, questa realtà che si sforza di portare avanti con semplicità, senza rumore, nella Chiesa italiana un discorso che ci aiuti a crescere tutti e ci porti, per quanto possiamo, faticosamente, lentamente ma positivamente sulle vie indicate dal Concilio - che poi sono le vie indicate dal Signore -; questo sforzo, questa fatica, questo tempo che noi strappiamo alle nostre occupazioni, alla nostra famiglia, alla nostra vita quotidiana vale la pena davvero di essere speso. Non - credo - perché ci siano grandi probabilità che anche nel prossimo futuro, salvo parole incoraggianti come quelle del Papa, che ci danno una consolazione, un conforto, una guida, noi pensiamo di avere grandi soddisfazioni o grandi successi o che la stampa ci colmi di elogi, ci dica quanto siamo intelligenti, bravi ... Non sarà così se faremo un lavoro serio, perché questo difficilmente ha di questi risultati così esterni, ma un lavoro costruttivo, ma un lavoro utile, si, questo possiamo farlo in Azione Cattolica. Che cosa è l'Azione Cattolica? Ne abbiamo parlato molto, ma mi pare che sia soprattutto una realtà di cristiani che si conoscono, che si vogliono bene, che lavorano assieme nel nome del Signore, che sono amici: e questa rete di uomini e donne che lavorano in tutte le diocesi, e di giovani, e di adulti, e di ragazzi e di fanciulli, che in tutta la Chiesa italiana con concordia, con uno spirito comune, senza troppe ormai sovrastrutture organizzative, ma veramente essendo sempre più un cuor solo e un'anima sola cercano di servire la Chiesa. E questa è la grande cosa. Perché noi serviamo l'AC non poi perché c'interessa di fare grande l'AC, noi serviamo l'AC perché c'interessa di rendere nella Chiesa il servizio che ci è chiesto per tutti i fratelli. E questa credo sia la cosa veramente importante.

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Qualche volta viene voglia di guardare al futuro, al futuro della nostra associazione, ma soprattutto al futuro della Chiesa e dell'umanità. Io credo che dobbiamo guardare a questo futuro con fiducia, ed anche con speranza, anche se siamo abbastanza sicuri che le difficoltà che ci saranno non saranno forse gran ché minori di quelle che abbiamo avuto fino ad ora. Ma dobbiamo guardare con fiducia, senza lasciarci prendere da un atteggiamento che qualche volta rischia di morderci il cuore; in particolare nella vita della Chiesa c'è questa sensazione del pericolo del “riflusso” nella vita della Chiesa (tutti ne parlano). E certo il rischio di guardare indietro anziché andare avanti è un rischio che abbiamo tutti noi; noi pensiamo che lo abbiano gli altri, ma spesso lo abbiamo anche noi, quando pensiamo forse invece di andare avanti. Questo rischio c'è, forse c'è anche il pensiero per qualcuno che l'AC possa rivigoreggiare per essere una specie di forza di polizia della Chiesa... Ma non vi preoccupate molto di questo, perché non è questo che conta. Quello che conta è avere nel nostro cuore e nella nostra azione, nel nostro programma qualcosa di positivo da proporre. Se noi ci lasciamo mordere il cuore da questo atteggiamento di continuo timore, di sfiducia, d'interpretazione sempre un poco parziale, in questa chiave, di ogni cosa che avviene, temo che non sapremo costruire. Per costruire ci vuole la speranza. In fondo io penso che noi dovremmo riflettere molto le grandi parole che diceva Giovanni all'inizio del Concilio: “Ci sono quelli che vedono sempre che tutto va male, e invece noi pensiamo che ci siano tante cose valide, positive”. Noi dobbiamo tenerlo fermo come atteggiamento di speranza, che ci consente di vincere anche queste ombre, di vincere anche questi rischi, di vincere il male con il bene. E questo vale anche nella vita della società. Ne abbiamo parlato tanto. È un impegno che dobbiamo riscoprire nella sua essenzialità cristiana. E anche qui, se ci saranno situazioni difficili (e ci saranno probabilmente anche qui delle situazioni difficili), dobbiamo sempre tenere presente una fiducia fondamentale, che non è quella nelle nostre forze o in formulette, ma è quella dell'aiuto finale di Dio e nella capacità che avremo, se fideremo in Lui, di volgere le cose al bene. Scusate se cito un pezzo di Bonhoeffer - che era un uomo di grande spiritualità -. “Io credo, (diceva) che Dio può e vuole far nascere il bene da ogni cosa. Per questo egli ha bisogno di uomini che si pongano al servizio di ogni cosa per volgerla al bene. Io credo che Dio, in ogni situazione difficile, ci concederà tanta forza di resistenza quanta ne avremo bisogno. Egli però non la concede in anticipo, affinché ci abbandoniamo interamente in lui e non in noi stessi. Ogni paura per il futuro dovrebbe essere superata con questa fede”. Io credo che questo atteggiamento di fede in lui, di serenità noi dovremmo portare nel nostro cuore, noi dovremmo diffondere largamente intorno a noi. E, se mi consentite, vorrei che questo fosse il mio augurio, il mio saluto a tutti gli amici di tutte le nostre diocesi e parrocchie. Ci pensavo stamattina durante la Messa: questa Assemblea che insieme spezzava il Pane, che partecipava dell'unico Corpo di Cristo e tanti nostri amici che nelle diocesi, nelle parrocchie italiane erano con noi, rappresentati da voi, e mi sentivo unito con tutti loro. Vi chiedo di salutarli, ma di dir loro soprattutto che si va avanti con la fiducia e con la speranza, con la fiducia nel Signore, e si va avanti pagando qualcosa. Lo spirito di servizio - è stato ricordato da qualcuno - è una delle scelte non forse dichiarate, ma profonde, dell'AC di sempre. Dice Tagore e tutti dovremmo poter dire alla fine della nostra vita: “Io dormivo e sognavo che la vita non era che gioia; mi svegliai e ho visto che la vita non era che servizio. Io ho servito e ho visto che il servizio era la gioia”. Che tutti noi sappiamo davvero riscoprire che il servizio è la gioia. Questo è l'augurio del vostro fedele servitore, il “campanaro della Domus Pacis”. (fonte: http://www0.azionecattolica.it/aci/testimoni/Figure/bachelet/ACI)

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in preghiera

dal Salmo 71 (70)

1In te, Signore, mi sono rifugiato, mai sarò deluso. 2Per la tua giustizia, liberami e difendimi, tendi a me il tuo orecchio e salvami.

5Sei tu, mio Signore, la mia speranza, la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza. 6Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno, dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno: a te la mia lode senza fine.

7Per molti ero un prodigio, ma eri tu il mio rifugio sicuro. 8Della tua lode è piena la mia bocca: tutto il giorno canto il tuo splendore.

9Non gettarmi via nel tempo della vecchiaia, non abbandonarmi quando declinano le mie forze. 16Verrò a cantare le imprese del Signore Dio: farò memoria della tua giustizia, di te solo.

17Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito e oggi ancora proclamo le tue meraviglie. 18Venuta la vecchiaia e i capelli bianchi, o Dio, non abbandonarmi, fino a che io annunci la tua potenza, a tutte le generazioni le tue imprese.

Gloria.

cosa dice la mia vita alla Parola

Rispondiamo alla Parola che ha illuminato la nostra vita, con una preghiera da condividere in gruppo, ispirata dalle parole dal Salmo 71 (70):

. Fin dalla mia giovinezza sei tu mio Signore ...

. Tutto il giorno canto ...

. Farò memoria ...

Intervenite liberamente (cfr. All. nota sulle orazioni salmiche)

Allegato

per approfondire

note al Vangelo

Come diceva Paolo De Benedetti: “altra interpretazione”

Enzo Bianchi, XVII domenica del tempo Ordinario, 30 luglio 2017

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La terza parabola narra di “una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così”, spiega Gesù, “sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti”. C’è un tempo per pescare e un tempo per valutare le diverse qualità di pesci finiti nella rete. Vi sono pesci buoni e pesci cattivi, come nella comunità cristiana, composta di uomini e donne “pescati” attraverso l’annuncio del Vangelo (cf. Mt 4,19) e riuniti in una comunità che non può essere soltanto di puri e giusti. Ma verrà il giorno del giudizio, e allora vi sarà il discernimento: sarà l’ora della separazione tra quelli che parteciperanno in pienezza al Regno e quelli che, avendo scelto la morte, la gusteranno … Questa immagine ci spaventa e non vorremmo trovarla tra le parole di Gesù: facciamo fatica a pensarla come Vangelo, come buona notizia. Ma mediante quest’ultima parabola Gesù vuole darci un avvertimento: egli non destina nessuno alla morte eterna, ma mette in guardia, perché sa che il giudizio dovrà esserci. Sarà nella misericordia ma ci sarà, come confessiamo nel Credo: “Il Signore Gesù Cristo … verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti, e il suo Regno non avrà fine”. D’altronde, rifiutare il dono del Regno non può equivalere ad accoglierlo: è dono, è grazia, è amore! A conclusione del lungo discorso, Matteo registra un dialogo tra Gesù e i suoi discepoli: Avete compreso tutte queste cose?

Gli risposero: “Sì”. Ed egli disse loro: “Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”.

Chi comprende queste parabole di Gesù è come uno scriba che, diventato discepolo di Gesù, possiede un grande tesoro: il tesoro della sapienza (cf. Sap 8,17-18; Pr 2,1-6), tesoro inestimabile e inesauribile (cf. Sap 7,14). Se un discepolo è consapevole di questo tesoro, per dono di Dio può estrarre da esso cose nuove e cose antiche, perché riconosce in ogni parola dell’Antico e del Nuovo Testamento “Gesù Cristo, Sapienza di Dio” (1Cor 1,24). “In Cristo”, infatti, “sono nascosti tutti i tesori della sapienza di Dio” (Col 2,3). Si tratta semplicemente di ribadire questo, di esserne convinti, di non stancarsi di attingere a questo tesoro giorno dopo giorno. È infatti al tesoro di Gesù Cristo, al tesoro che è Gesù Cristo, che ci riconduce ogni nostra ricerca: più passa il tempo, più ci rendiamo conto che è sempre a lui che ritorniamo per confrontare i nostri piccoli passi nell’acquisizione della sapienza. È lui la sua parola, il suo sentire, il suo vivere in noi che potenzia ogni nostro cammino. È lui che sempre di nuovo dice al nostro cuore: “Va’ al largo (cf. Lc 5,4), non stancarti di cercare (cf. Mt 7,7), apri i tuoi orizzonti, perché io sono sempre con te (cf. Mt 28,20)!”. Alberto Mello, Evangelo secondo Matteo, Qiqajon 1995, pagg. 257-260 La parabola della rete, quale la leggiamo in Matteo, fa piuttosto coppia con la spiegazione della parabola della zizzania, sebbene non siano contigue. Si tratta, infatti, di una parabola di discernimento fra i pesci buoni e quelli cattivi (vv. 47-48), seguita da uno sviluppo apocalittico sul giudizio finale che mutua gli stessi termini della spiegazione della parabola della zizzania (vv. 49-50). La rete è evidentemente quella da pesca, più esattamente la rete a strascico (sagena), "che o vien trainata tra due barche oppure viene calata con l'aiuto di una barca e poi tirata a riva con una lunga corda"1. I "pesci buoni" sono quelli puri e commestibili, quelli "cattivi" (lett.: "selvatici") sono invece quelli impuri, che non hanno né pinne né squame (cf. Lv 11,10-11) oppure sono considerati cattivi da mangiare. Questi ultimi vengono "gettati fuori", non rigettati in mare: il linguaggio figurativo sconfina con quello morale-apocalittico di Matteo. "Così sarà alla fine del mondo" (o, 1 J. Jeremias, Le parabole di Gesù, p. 266.

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come abbiamo detto, della storia): la parabola della rete riceve immediatamente la sua spiegazione (vv. 49-50), i cui toni sono gli stessi incontrati nei vv. 40-43. Così la presenza degli angeli come agenti del giudizio finale, e i termini apocalittici del castigo degli empi: "fornace di fuoco", "pianto e stridore dei denti". Vi è però una lieve differenza di accento tra la parabola della zizzania e quella della rete, se si prescinde per un istante dalla comune spiegazione apocalittica. L'accento della prima parabola è posto sulla presenza inquietante del male nel mondo (la zizzania), mentre nella seconda cade sul momento della separazione dei buoni dai malvagi: "quando la rete fu piena", che Harrington2 mette in relazione col "fino a quando saranno entrate tutte le genti" di Rm 11,25. Entrambe sono parabole di separazione, ma la parabola della zizzania si preoccupa di più della sorte degli empi, mentre quella della rete si interessa soprattutto al destino finale dei giusti, quando "splenderanno come il sole nel regno del Padre loro" (13,43, con allusione alla resurrezione finale, descritta nei termini di Dn 12,3). Per rimanere entro lo schema interpretativo dei quattro terreni, secondo l'esegesi matteana dello Shema`, la parabola della zizzania risponde alla domanda: Come mai Dio sopporta gli empi in questo mondo e non affretta il giudizio? La parabola della rete, invece, risponde alla domanda relativa al buon terreno, quello che dà frutto: Quando i giusti riceveranno la loro ricompensa? Il riferimento a Rm 11,25 e al "pleroma delle genti" nella rete di Israele risulta dunque del tutto giustificato. Il discorso parabolico si conclude con una sottolineatura della comprensione da parte dei discepoli: "Avete capito tutte queste cose? Gli dicono: Sì". "Tutte queste cose" (tauta panta: cf. 13,34) si riferisce ai "misteri del regno" (13,11), alle "cose nascoste" (13,35) ma rivelabili in parabole. Queste cose sono allusive ma non sono incomprensibili, e i discepoli non sono altro che coloro che le capiscono. Da questo Matteo passa a un'ultima parola, dove sono molti gli studiosi a ritenere che egli stesso si sia autoritratto: "Per questo ogni scriba divenuto discepolo". Matheteutheís che presenta una certa assonanza col nome di Maththaios3 - vuol dire "istruito", "divenuto esperto", "messosi alla scuola": uno scriba, con tutte le risorse dello scriba, che si è messo alla scuola del regno dei cieli -. Costui è un "padrone di casa" (termine matteano), un possidente, un uomo ricco, a cui non manca niente, che sa trarre dal suo tesoro (cuore, intelligenza) "cose nuove e antiche" (prima nuove e poi antiche: è un chiasmo). Di quale "novità", di quale "antichità" si tratta? Vorrei citare, a commento, una bella pagina di Jacques Dupont: Matteo sa bene che non si cuce una pezza di panno nuovo su un abito vecchio, che non si mette del vino nuovo in otri vecchi (9,16). Non si tratta di associare cose disparate. Ma Matteo è anche l'uomo che non parlerà mai di una legge "nuova", di un comando "nuovo", perché sa troppo bene che Gesù non è venuto ad abolire l'antico ma a compierlo. In questo senso, è lo stesso antico che diventa nuovo e il nuovo non è valido se non è riespressione dell'antico. La fedeltà all'antico implica superamento e attualizzazione, senza di che ciò che si chiama antico non sarebbe altro che una conchiglia vuota. Il nuovo non abolisce l'antico, non si sostituisce all'antico: lo compie. Ma "antico", "nuovo" che cosa rappresentavano concretamente per Matteo? Sarebbe un po' poco pensare che i due termini ricoprano esattamente l'AT e la rivelazione nuova ricevuta in Gesù Cristo. L'insegnamento dato da Gesù e trasmesso dalla tradizione è già, in un certo senso, "antico" per Matteo, di quella antichità che richiede una riattualizzazione in funzione dei bisogni nuovi della chiesa del suo tempo. Lo sforzo che egli ha fatto in questo senso rimane esemplare per la realizzazione dei compiti pastorali di ogni tempo: nova et vetera4.

2 D. J. Harrington, The Gospel of Matthew, p. 207. 3 19 Ibid., p. 208. 4 J. Dupont, "L'évangile de Saint Matthieu", p. 40.

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nota sulle orazioni salmiche

Cosa sono le orazioni salmiche? Un altro strumento per la comprensione liturgica dei Salmi sono le orazioni o collette salmiche, ovvero preghiere che seguivano la recitazione del Salmo e con cui il presidente dell’assemblea raccoglieva (colligere, da cui collecta) le intenzioni dei presenti, ispirandosi al linguaggio e ai temi del Salmo. Questo uso antichissimo, già attestato da Cassiano nella sua descrizione della preghiera comune dei monaci egiziani, ha dato origine a delle vere e proprie «perle», ispirate ai commenti patristici del Salterio e, di conseguenza, espressione del genuino sensus fidei. Di queste collette, che nel primo millennio erano utilizzate nella celebrazione della liturgia delle ore, all’indomani della riforma liturgica era stata promessa la pubblicazione in un Supplementum ai quattro volumi dell’ufficio divino … (Enzo Bianchi, Il libro dei salmi nella liturgia della chiesa, http://www.notedipastoralegiovanile.it)

Strumenti simili sarebbero certamente utili per un’educazione e un’introduzione alla preghiera dei salmi; al tempo stesso, però, inserire in un Salterio tali indicazioni significherebbe fissare un’unica prospettiva di preghiera, mettendo un freno allo Spirito che certo non mancherà di suscitare nel credente altre vie e direzioni. (Salterio di Bose, 2017, Introduzione, pag. VII-VIII)

dall’AC regionale

Costruire la Città n. 12 novembre 2019 http://www.acpiemonte-aosta.it/wp-content/uploads/2017/03/Costruire-la-Citt%C3%A0-n-12-novembre-2019-.pdf