2 Febbraio 2017 Experientia Workshop su neuroscienze · l’elettroencefalogramma, i potenziali...

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PUTTING PEOPLE FIRST A cura di Michele Visciòla e Alberto Zani 2 Febbraio 2017 Experientia Workshop su neuroscienze Preparazione del report a cura di Ilaria Scarpellini

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PUTTING PEOPLE FIRST

A cura di Michele Visciòla e Alberto Zani

2 Febbraio 2017 Experientia

Workshop su neuroscienze

Preparazione del report a cura di Ilaria Scarpellini

Experientia 2

Descrizione del workshopNeuroscienze

La prima parte del report spiega il collocamento delle neuroscienze rispetto alle altre scienze cognitive, ovvero alle discipline che negli ultimi 50 anni hanno collaborato e contribuito alla comprensione, sebbene ancora incompleta, del funzionamento della mente umana.

La seconda parte si addentra nel tema spiegando alcuni fondamenti per poter comprendere il funzionamento delle tecnologie EEG e capire le opportunità effettive legate all’uso di questo strumento.

Il riepilogo del dibattito mira a definire i punti di tangenza tra design e neuroscienze e a chiarire il ruolo che queste potrebbero ricoprire rispetto al processo progettuale.

Experientia 3

Indice

1. Introduzione alle scienze cognitive

2. Le neuroscienze cognitive

3. Dibattito: neuroscienze e progettazione

Neuroscienze

Introduzione alle scienze cognitiveNeuroscienze

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Le scienze cognitiveLe scienze cognitive

Sono le discipline nate dalla confluenza tra studi filosofici e metodologie delle scienze formali. L’approccio sperimentale ha costituito le premesse per lo studio sistematico delle funzionalità del cervello sia in condizioni di laboratorio (psicologia sperimentale), sia in condizioni di osservazione mirata nella vita di tutti i giorni (psicologia applicata).

Gran parte delle metodologia di ricerca qualitativa e quantitativa oggi in uso poggia sul corpo di conoscenze e metodologie proprie delle seguenti discipline:

Psicologia sperimentale, Psicologia cognitiva e comportamentale, Antropologia, Sociologia, Economia comportamentale

“Un obiettivo comune di ricerca: scoprire le capacità di rappresentazione e di calcolo della mente e la loro rappresentazione strutturale e funzionale nel cervello.”H. Gardner, La nuova scienza della mente, 2016

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Le neuroscienze cognitiveLe scienze cognitive

Si fondano sullo studio delle relazioni tra mente e cervello con l’obiettivo di comprendere in che modo le funzioni cognitive, intese nell’accezione più generale del termine che teorizza la stretta unitarietà tra i processi razionali di pensiero e quelli irrazionali delle emozioni, scaturiscano dal funzionamento del cervello stesso, in relazione con i sensi, nell’essere umano.

Oggi tali studi si sviluppano grazie al contributo di diverse discipline e tecnologie:

Neuroimaging elettromagnetico (EEG, ERP, MEG), Neuroimaging emodinamico (PET, fMRI, NIRS), Neurologia, Neurobiologia, Psichiatria

“Metodo e teoria vanno di pari passo;oggi gli strumenti neurofisiologici di indagine a disposizione permettono di affacciarci direttamente su quello che succede all’interno del cervello, affiancando, così, tali strumenti alle potenzialità conoscitive ed applicative dei sistemi digitali.”Alberto Zani, IBFM CNR, 2017

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Simulazione e scienze artificialiLe scienze cognitive

È la riproduzione, in laboratorio, delle attività cognitive, percettive e motorie tipiche dell’uomo. Già a partire da Leibniz (che inventò una calcolatrice analogica in grado di fare somme e sottrazioni), fino a Babbage (che scrisse a Torino il primo concept di computer) , von Newman (che descrisse le funzionalità di un computer mutuando il linguaggio della psicologia sperimentale), per terminare con Licklider (psicologo cognitivista fondatore del progetto Arpanet poi Darpanet che ha dato luogo ad Internet), i ricercatori hanno sempre tentato di ricostruire le modalità di funzionamento del cervello umano per superarne i limiti e per sostenerlo nei compiti più difficili.

Tali percorsi di ricerca applicata si esplicano in discipline quali:

Intelligenza artificiale, Robotica,Ingegneria cognitiva, Neuro-computing, Machine learning

“Il test di Turing ha dimostrato che una macchina è in grado di pensare se interagendo con essa si hanno le stesse risposte che darebbe un umano. Ciò ha posto le premesse della scienza cognitiva: lo studio dei sistemi cognitivi biologici può essere condotto negli stessi laboratori dove si progettano sistemi cognitivi meccanici e digitali.”Michele Visciòla, 2004

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Le relazioni tra scienze cognitive, neuroscienze e scienze artificialiLe scienze

cognitive

Le scienze cognitive hanno sempre fatto da apripista negli studi del cervello e nelle possibili applicazioni.

Dalla convergenza tra neuroscienze, scienze dell’artificiale e scienze cognitive è possibile trarre un complesso ed articolato quadro di conoscenze sul funzionamento del cervello umano.

Tra gli aspetti fondamentali che hanno permesso una trama comune tra neuroscienze, scienze dell’artificiale e scienze cognitive e quindi dato una direzione condivisa da seguire sono da sottolineare in particolare due tematiche di ricerca:

Come avviene la conoscenza della realtà esterna e dell’esperienza e, quindi, come il cervello umano forma anticipazioni e rappresentazioni della realtà (v. slide 10)

Come si sedimenta l’esperienza e come si riduce l’incertezza decisionale per aumentare la capacità adattiva in un’ottica evolutiva (v. slide 11).

“ […] Questo modo cooperativo, di vivere insieme, in intima associazione, e anche in unione, di due organismi dissimili, è chiamato simbiosi. […] La speranza è che in non molti anni, i cervelli umani e le macchine per il calcolo possano essere uniti e che la partnership risultante sia in grado di pensare come nessun essere umano ha mai potuto pensare ed elaborare i dati…” J.Licklider, Man-Computer Symbiosis, 1960

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Anticipazione e rappresentazioniLe scienze cognitive

L’agire umano è guidato da meccanismi di anticipazione adattativi che evolvono dinamicamente con il contesto. (schemi percettivo-motori)

Tali anticipazioni contribuiscono in modo specifico a dare significato all’esperienza ed aiutano alla formazione di rappresentazioni della conoscenza.

Tali rappresentazioni non costituiscono una copia esatta della realtà (tantomeno dell’esperienza) e sono imprecise (biased, a razionalità limitata).

Per approfondire:

Concetto di schema (Scienze cognitive) Barlett, Neisser, Ruhmelart

Frame (Intelligenza artificiale) Minsky

Glial cells dell’ippocampo nella memoria a breve termine (Neuroscienze) Erik Kandel

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Cervello veloce e cervello lentoLe scienze cognitive

Le decisioni umane, ma anche le azioni ed il pensiero, sono caratterizzate da tendenze sistematiche che sono il frutto dell’evoluzione umana (bias o tendenze sistematiche).

Viene comunemente accettata una dicotomia tra 2 tipologie di sistemi (lento e veloce) per descrivere come vengono prese le decisioni.

Questi due sistemi mettono in atto modalità differenti per ridurre l’incertezza e la probabilità di fare errori; ma tendenzialmente il sistema lento porta a conclusioni più felici.

Per approfondire

Processi automatici e processi controllati dell’attenzione Shiffrin, Schneider

Cognitive biases and Prospect Theory Kahneman

Behavioral economics e nudging Thaler, Akerlof

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“[…] Se si vuole conoscere il genere umano, l’oggetto di studio deve essere l’uomo. Ma […] l’uomo – o almeno la omponente intellettiva dell’uomo – può essere relativamente semplice; la complessità del suo comportamento può derivare in gran parte dal suo ambiente, dalla ricerca da parte dell’uomo di buoni progetti. Una volta dimostrata questa affermazione, si può concludere che, in gran parte, lo studio proprio del genere umano è la scienza della progettazione, non solo come componente professionale di una preparazione tecnica, ma anche come disciplina di base di ogni uomo che abbia avuto un’educazione di larghe vedute.”

Herbert Simon, Le scienze dell’artificiale, Bologna, Il Mulino, 1988

Ed il design?… una sintesi ancora validaLe scienze

cognitive

Le neuroscienze cognitiveNeuroscienze

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Lo studio elettrofisiologicoLe neuroscienze cognitive

Per raccogliere informazioni circa le attivazioni che si verificano nel cervello ci sono molteplici metodi, questi possono essere valutati considerando due fattori principali: la risoluzione spaziale, ovvero la capacità di localizzare attivazioni di aree cerebrali più o meno estese e la risoluzione temporale, cioè il lasso di tempo che deve intercorrere tra una rilevazione e l’altra per cogliere queste attivazioni.

Diversamente dalla MEG (magnetoencephalography), e dai metodi di imaging emodinamici (e.g., fMRI), se non coadiuvato da algoritmi matematici di localizzazione, il metodo ERP (event-related potentials), in se, consente, lo studio della funzionalità di mente e cervello in toto; i segnali bioelettrici (EEG/ERP), infatti, hanno una scarsa capacità spaziale e non informano sulla loro origine, ma hanno, allo stesso tempo, un’altissima risoluzione temporale, fornendo, così, conoscenze sugli stadi di elaborazione che occorrono tra ricezione delle informazioni dall’ambiente e attribuzione del significato sensoriale e semantico.

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L’aspetto contestualeLe neuroscienze cognitive

Al di là alla differenza che si può riscontrare tra risoluzione spaziale e temporale, è importante valutare quale metodo utilizzare in base alla sua invasività.

Innanzitutto è estremamente importante limitare i bias dati dal contesto che possono influenzare l’individuo; per questo motivo è importante organizzare il laboratorio in modo il più possibile simile alla realtà ambientale esterna.

Allo stesso tempo bisogna considerare anche i bias dovuti alle caratteristiche fisiche dell’ambiente, ad esempio evitando l’uso di materiali che conducano elettricità e schermare il laboratorio da fonti elettromagnetiche di disturbo indesiderate.

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Diverse tipologie di segnaliLe neuroscienze cognitive

Rispetto all’attività elettrica del cervello vengono registrati 3 tipi di segnali: i potenziali oscillatori che costituiscono l’elettroencefalogramma, i potenziali evocati, ovvero le variazioni di potenziale che derivano da impulsi nervosi provocati da stimoli, e i potenziali bioelettrici, ovvero segnali nervosi dovuti allo scambio di sostanze chimiche tra cellule.

Sebbene chiamati “evocati” questi potenziali non rappresentano semplicemente una risposta di natura sensoriale allo stimolo in sé, ma tutto l’insieme di processi di elaborazione attraverso il quale il nostro cervello attribuisce un significato allo stimolo stesso. Infatti la risposta del cervello a questi stimoli viene modulata dalla presenza della rappresentazione mentale con cui lo stimolo viene confrontato mentre l’individuo esplora l’ambiente esterno.

Proverbio AM & Zani A (2013). Metodi strumentali nelle Neuroscienze Cognitive. EEG e ERP. Aracne Editrice: Roma.

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Reazione agli eventi: l’onda P300Le neuroscienze cognitive

L’onda P300 è una risposta del cervello agli eventi ambientali strettamente associata alla continua e reiterata attività progettuale fondata sull’utilizzo di schemi di conoscenza (frame) di cui si serve l’individuo per esplorare lo spazio e confrontarlo con l’anticipazione precedentemente formulata, e aggiornarne la rappresentazione (riflettendo, quindi, la memoria a breve termine ed il consolidamento delle informazioni nella memoria a lungo termine).

Gli stimoli di tipo fisico che vengono rilevati attraverso i sensi, arrivano come input sensoriale al cervello (ad esempio, un suono trasmesso in appena 10 millisecondi alla corteccia uditiva) e vengono, poi, rielaborati a livello semantico dall’ippocampo e dall’amigdala.

L’espressione sulla superficie del capo di questi processi cerebrali, consiste in quest’onda P300 che, come indicato dal suo nome, impiega 300 millisecondi circa per manifestarsi in forma di impulso elettrico di polarità positiva.

Zani A. & Proverbio AM (2003) (a c. di). Elettrofisiologia della Mente. Il Cervello e le Funzioni Cognitive. Carocci: Roma

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La percezione degli stimoliLe neuroscienze cognitive

La risposta elettrofisiologica del cervello non è direttamente proporzionale allo stimolo, ma può essere maggiore o minore a seconda di come il cervello giudica le informazioni ricevute.

Il cervello è capace di filtrare quelle informazioni che vengono considerate irrilevanti o nocive; a questo tipo di stimoli corrisponderà, quindi, una risposta elettrofisiologica minore rispetto invece a quella provocata dagli stimoli ritenuti rilevanti e interessanti.

Questo indica che ci sono fattori sia motivazionali che emozionali che guidano ed influenzano l‘elaborazione eseguita, e che, quindi, i processi cerebrali integrino gli aspetti razionali ed irrazionali che costituiscono la mente.

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La dimensione emotivaLe neuroscienze cognitive

Il modello, sviluppato da uno dei fondatori della neuroscienza cognitiva, Stephen M. Kosslyn, sostiene che ci sia un “cervello alto” cognitivo, e un “cervello basso” emotivo e che la dimensione emotiva influenzi l’interpretazione cognitiva degli stimoli esterni.

Ad esempio, quando la situazione è percepita come emotivamente negativa e/o stressante, i segnali non vengono più interpretati in modo neutro dalla corteccia, ma vengono processati da una struttura sottocorticale, che comprende l’amigdala, che è la sede della risposta agli stimoli negativi ed è fonte di stress e paura.

Più lo stimolo è sollecitante, più questa struttura si attiva influenzando l’interpretazione degli stimoli che vengono raccolti durante l’esplorazione dell’ambiente.

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Studiare l’ERP attraverso l’EEGLe neuroscienze cognitive

Per registrare gli impulsi elettrici generati dal cervello in risposta ad uno stimolo (Event Related Potential - ERP) vengono usate delle speciali cuffie in plastica elastica, su cui sono montati un certo numero di sensori. Un alto numero di sensori aumenta l’accuratezza della rilevazione ma aumenta anche il costo dell’apparecchiatura e il tempo necessario per preparare il partecipante.

Quello che viene registrato sulla superficie del cuoio capelluto è l’attività di un grande numero di cellule cerebrali che, una volta ricevuto un input sensoriale, oppure puramente cognitivo, si attivano. Questa attività, espressa in impulsi elettrici, si origina dallo scambio di componenti chimici che permette ai neuroni di comunicare tra loro.

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I limiti della ricerca tramite ERPLe neuroscienze cognitive

Non tutte le attività elettriche che avvengono nel cervello arrivano in superficie, ad esempio alcuni neuroni sono intrecciati tra loro, creando, quindi, dei campi chiusi che non possono essere rilevati.

In più, alcuni neuroni non sono perpendicolari alla superficie perché sono posizionati nei solchi formati dalle pieghe strutturali della materia cerebrale, perciò il campo elettrico che producono (frecce grandi gialle) non è direzionato verso la superficie, e, quindi, non è rilevabile.

Con gli ERP si rileva il campo elettrico dei neuroni posizionati vicino alla superficie, ma nel formulare delle conclusioni si deve considerare che un conto è il prodotto comportamentale dei processi mentali indagati e un conto è quello che gli impulsi elettrici riflettono rispetto a tale processi. Un limite che, però è comune a tutti i metodi di ricerca.

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L’uso dell’EEG fuori dal laboratorioLe neuroscienze cognitive

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Negli ultimi anni le tecnologie EEG hanno iniziato ad essere usate non solo per la ricerca accademica, ma per altre applicazioni al di fuori del settore neuroscientifico, quindi sono state, per così dire, “portate fuori” dal laboratorio.

Al di là delle applicazioni come interfaccia di controllo nel mondo dei videogames, si è visto crescere l’utilizzo di EEG device (anche chiamati caschetti) nel mondo del marketing e del testing di interfacce.

Tale tendenza costituisce il tentativo di indagare oggettivamente la customer satisfaction.

Il suo utilizzo al di fuori del laboratorio, con lo scopo di avere risultati affidabili, presenta, però, alcune problematiche dovute alle criticità nell’applicazione delle tecnologie elettrofisiologiche.

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Criticità nell’uso di tecnologie EEGLe neuroscienze cognitive

1. I costi, non solo monetari, ma anche di «know how» necessario per l’analisi dei segnali ottenuti con queste tecniche sono "proibitivi" per immaginarne un utilizzo autonomo, al di fuori del laboratorio di ricerca, da parte di operatori non del settore, considerando anche che, relativamente agli elmetti presenti sul mercato, se si danneggia un sensore, spesso l’elmetto non è riparabile.

2. Il posizionamento degli elettrodi è fondamentale per avere dei dati coerenti tra i diversi esperimenti.

3. Bisogna tenere in considerazione le interferenze dovute all’attivazione dei muscoli oculari e corporei, nonché alle caratteristiche strutturali dell’ambiente di sperimentazione.

4. Per utilizzare questi strumenti e ottenere dati affidabili, c’è bisogno di soluzioni sia hardware che software, ovvero delle interfacce “grafiche” che permettano di amplificare, filtrare e rielaborare i dati raccolti, e, magari, individuarne i generatori intracerebrali.

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Dibattito: neuroscience e progettazioneNeuroscienze

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Durante il dibattito sono stati affrontati diversi argomenti, tutti incentrati sul definire i punti di tangenza tra design e neuroscienze e a investigare il ruolo che queste potrebbero ricoprire rispetto al processo progettuale.

È stato approfondito in particolare il tema delle tecnologie EEG per chiarirne i limiti e definirne un ipotetico utilizzo, funzionale al processo di ricerca sugli utenti.

Infine è stato discusso quale sarà il contributo che le neuroscienze riusciranno a dare in un futuro prossimo e quali sono le opportunità che offrono rispetto alla progettazione di servizi.

Le prossime slide riassumono quanto emerso.

Progetto 1. Il contributo indiretto delle neuroscienze

2. La ricerca etnografica si basa sul contesto

3. Limitazioni nel capire i fattori interni

4. Capire l’evoluzione del contesto

5. Creare behaviour-driven UX

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1. Il contributo indiretto delle neuroscienzeLe scienze cognitive

La domanda mira a capire se è possibile integrare lo studio elettrofisiologico della mente, con gli strumenti tradizionali della ricerca sull’utente, in modo da studiare in maniera più accurata il comportamento degli utenti.

Non c’è un applicazione diretta delle neuroscienze all’ambito della ricerca sull’utente, ma l’approccio neuroscientifico, insieme a quello delle scienze comportamentali e dell’artificiale, ha contribuito negli anni a creare le basi teoriche e strumentali su cui oggi si basa lo studio comportamentale degli utenti. Il sapere neuroscientifico è già stato integrato nel processo di ricerca sull’utente, non a livello strumentale, ma a livello teorico.

“In che modo le neuroscienze possono dare un contributo rispetto al processo di human-centered design?”

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2. La ricerca etnografica si basa sul contestoLe scienze cognitive

La domanda si concentra su come gli strumenti usati dalle neuroscienze come EEG, fMRI e hyperscanning, possano aggiungere una dimensione quantitativa alla ricerca sull’utente.

Nella ricerca qualitativa sull’utente, di un prodotto o servizio, il contesto assume una notevole importanza per capire le motivazioni alla base delle scelte e dei comportamenti. Per questo motivo molte tecniche di ricerca vengono adottate “sul campo”. La ricerca quantitativa, al contrario, andrebbe fatta coinvolgendo una serie di variabili dipendenti dal contesto che, diversamente da quanto fatto in precedenza, si è iniziato oggi ad affrontare anche tramite l’approccio neuroscientifico di laboratorio.

“Gli strumenti delle neuroscienze, potrebbero essere utilizzati a supporto della ricerca etnografica?”

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3. Limitazioni nel capire i fattori interniLe scienze cognitive

La domanda si riferisce alla possibilità di identificare, tramite EEG e sensori biometrici, le attività cerebrali che si innescano nel momento in cui l’utente interagisce con un determinato prodotto o servizio.

L’esperienza dell’utente si basa sia su stimoli esterni, derivanti dal contesto, che su stimoli interni, derivanti dal vissuto personale di ciascun individuo. Questo vuol dire, che sebbene sia possibile rilevare reazioni simili rispetto ad uno stesso stimolo, le ragioni che portano a queste reazioni possono avere origine differente. Per questo motivo, una ricerca user-centered effettuata con sistemi EEG e sensori biometrici, ha comunque bisogno di essere affiancata da un approccio etnografico e cognitivo, che richieda al partecipante stesso di spiegare i processi mentali di ragionamento seguiti durante l’utilizzo del prodotto (think aloud).

“Qual è lo stato dell’arte delle tecnologie utilizzate dalle neuroscienze per studiare il funzionamento della mente? ”

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4. Capire l’evoluzione del contestoLe scienze cognitive

Tenendo ben chiare a mente l’attuale scarsa attenzione prestata dalle neuroscienze rispetto allo studio dei comportamenti di utenza, ci si interroga sulle opportunità offerte dalle tecnologie sviluppate grazie allo studio neuroscientifico.

Il contesto sociale verrà profondamente modificato dall’implementazione di queste tecnologie come ad esempio l’intelligenza artificiale, o i robot umanoidi (che a loro volta sono caratterizzati da pattern comportamentali). Considerando che all’aumentare della complessità del contesto, corrisponde la complessità del pensiero umano, in futuro la ricerca sull’utente si troverà ad affrontare sfide sempre più difficili. È solo grazie ad un approccio integrato delle diverse scienze cognitive che saremo in grado di capire a pieno il contesto in cui gli individui si troveranno ad interagire con prodotti e servizi sempre più complessi e pervasivi.

“Quali sono le sfide attuali che le neuroscienze cognitive dovranno affrontare per aiutarci a capire l’utente?”

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5. Creare behavior-driven UXLe scienze cognitive

Infine, si cerca di chiarire quali saranno gli sviluppi a medio termine nell’ambito neuroscientifico, per capire se questi possano offrire l’opportunità di progettare servizi “responsive” rispetto al comportamento dell’utente.

Le neuroscienze cognitive, intese come la comprensione delle dinamiche elettrofisiologie che avvengono nel cervello in relazione agli eventi e agli stimoli ambientali hanno solo recentemente iniziato a studiare con crescente successo gli aspetti individuali e socio-relazionali delle attività bioelettriche corrispondenti a questi complessi processi mentali.

Le neuroscienze cognitive applicate dovranno avere come obiettivo, tra altro, lo sviluppo di intelligenze artificiali fondate su conoscenze, biologicamente ispirate, della mente umana; queste forme di IA dovranno costituire una componente pervasiva in grado di apprendere dai comportamenti dell’utente e andare a creare user experience su misura.

“In futuro, le neuroscienze, potranno aiutarci a creare servizi in grado di adattarsi in modo dinamico rispetto all’uso che ne fa l’utente?”

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