Potenziali evocati visivi

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Introduzione e note metodologiche Nell’uomo, i segnali elettrofisiologici in risposta a stimoli sensoriali possono essere agevolmente re- gistrati in corrispondenza delle sedi in cui sono ge- nerati ed in modo non invasivo, utilizzando tecni- che di avareging, impiegate per la prima volta nel 1947. In base a tali tecniche si ottengono risposte elettrofisiologiche riproducibili in termini di am- piezza e latenza di comparsa rispetto allo stimolo che le ha generate definite appunto Potenziali Evocati (PE). I PE forniscono dati numerici che contribuiscono in modo oggettivo e attendibile alla diagnosi di numerose patologie neurologiche che interessano diversi sistemi sensoriali. In questo ambito, i potenziali evocati visivi (PEV) rappresentano un importante strumento elettrofi- siologico per la diagnosi e lo studio di patologie neurologiche che possono determinare il coinvol- gimento del nervo ottico, delle vie ottiche e della corteccia visiva. I PEV esprimono infatti il correla- to elettrico dell’attività delle vie visive fino alla cor- teccia calcarina e permettono di ottenere in modo non invasivo informazioni sulla funzionalità del si- stema visivo umano. PARTE CLINICA Paolo Stanzione · Mariangela Pierantozzi Potenziali evocati visivi e patologie neurologiche

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Introduzione e note metodologicheNell’uomo, i segnali elettrofisiologici in risposta astimoli sensoriali possono essere agevolmente re-gistrati in corrispondenza delle sedi in cui sono ge-nerati ed in modo non invasivo, utilizzando tecni-che di avareging, impiegate per la prima volta nel1947. In base a tali tecniche si ottengono risposteelettrofisiologiche riproducibili in termini di am-piezza e latenza di comparsa rispetto allo stimoloche le ha generate definite appunto PotenzialiEvocati (PE). I PE forniscono dati numerici checontribuiscono in modo oggettivo e attendibile alladiagnosi di numerose patologie neurologiche cheinteressano diversi sistemi sensoriali.In questo ambito, i potenziali evocati visivi (PEV)rappresentano un importante strumento elettrofi-siologico per la diagnosi e lo studio di patologieneurologiche che possono determinare il coinvol-gimento del nervo ottico, delle vie ottiche e dellacorteccia visiva. I PEV esprimono infatti il correla-to elettrico dell’attività delle vie visive fino alla cor-teccia calcarina e permettono di ottenere in modonon invasivo informazioni sulla funzionalità del si-stema visivo umano.

PARTE CLINICA

Paolo Stanzione · Mariangela Pierantozzi

Potenziali evocati visivi e patologie neurologiche

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I PEV maggiormente utilizzati nello studio di pa-tologie neurologiche che interessano le vie visivesono quelli che impiegano un stimolo strutturatoo modello (pattern-PEV; P-PEV). In genere sitratta di un pattern di tipo “reversal” (reversal-P-PEV), in cui gli elementi chiari e scuri del model-lo sono organizzati a formare una scacchiera(checkboard) o delle barre (grating) e si inverto-no tra di loro permettendo variazioni di contrastopur mantenendo una luminanza media costan-te92. Meno frequentemente viene utilizzato unpattern di tipo “onset-offset” (onset-offset-P-PEV), in cui lo stimolo visivo, semplice o impo-stato in modo analogo a quelli del pattern rever-sal, sempre caratterizzato da una luminanza me-dia costante, appare e scompare in sequenza.Questo secondo tipo di P-PEV è particolarmenteutile nell’identificare il “misrouting” del nervo ot-tico e delle fibre del chiasma ottico in caso di al-binismo oculare o oculo-cutaneo.I PEV che utilizzano uno stimolo da flash diffuso(flash-PEV; F-PEV) caratterizzato, a differenzadel P-PEV, da una variazione di luminosità, han-no invece un campo di applicazione piuttosto li-mitato nell’ambito delle patologie neurologicheche interessano le vie visive in quanto offrono ri-sposte estremamente variabili nella popolazionedi controllo e risultano meno sensibili del P-PEV. Nell’ambito dei P-PEV, è possibile selezionare lecaratteristiche dello stimolo più adatto per l’ana-lisi clinica delle diverse componenti del sistemavisivo, che possono essere attivate in modo diver-so in base alle proprietà spaziali, temporali, cro-matiche e di contrasto dell’ immagine. In base allecaratteristiche dello stimolo, il P-PEV può fornireindicazioni sulla funzionalità dei vari settori delcampo visivo e sull’integrità delle vie ottiche, or-ganizzate in modo da elaborare in parallelo tuttele informazioni relative allo stimolo visivo92,160. Lafrequenza spaziale (FS) di uno stimolo da patternmisura quante volte il contrasto di una immagine(pattern) passa dal minimo al massimo valore inun grado di angolo visivo. La FS si misura in cicliper grado (c/g), dove 1 c/g corrisponde all’alter-nanza completa da un elemento chiaro ad unoscuro in un grado di angolo visivo, cioè al numerodelle barre che sottendono un angolo di grado dicampo visivo. La grandezza della barra (w) può

essere calcolata con la formula: w = 60/2f, dove wè espressa in minuti di arco ed f è la FS espressoin c/g. Se invece delle barre il modello utilizzato èuna scacchiera, le dimensioni degli scacchi si mi-surano in minuti di arco di grado di angolo visivo.Le diverse FS permettono di esplorare i diversisettori del campo visivo stimolando in modo fisio-logico i differenti sistemi neuronali della via visi-va. In particolare, la via visiva foveale e parafo-veale viene studiata utilizzando alte FS di stimo-lazione comprese tra i 4c/g (barre) ed i 6-10’ digrado (scacchi), mentre le parti più periferichedel campo visivo vengono indagate utilizzandobasse FS di stimolazione pari a 1-2c/g (barre) e30/40/60’ di grado (scacchi).La luminanza media (Lm) del pattern corrispon-de alla luminanza media dello schermo, espressain candele/cm2, secondo la formula: Lm (Lmax +Lmin)/2, dove Lmax e Lmin corrispondono allaluminanza degli elementi più chiari (Lmax) e piùscuri (L min) che costituiscono lo stimolo visi-vo20. Se I PEV sono registrati secondo uno stimo-lo di tipo Offset/Onset, la luminanza dello sfondodello stimolo Offset deve essere identica alla Lmdello stimolo strutturato, stimolo Onset, senzapossibili variazioni di luminanza durante il pas-saggio tra le due condizioni presentate. Il contra-sto (C) tra gli elementi del pattern corrispondeinvece alla differenza di luminanza tra gli elemen-ti chiari e scuri secondo la formula: C = [(Lmax -Lmin)/(Lmax + Lmin)] 100%, e viene espresso invalori percentuali. L’ampiezza del P-PEV, comequella del P-ERG, aumenta linearmente con l’in-cremento del C e scompare per contrasti pari oinferiori al 10%, quando la differenza tra elemen-ti chiari e scuri non è più riconoscibile. In basealle diverse FS utilizzate, esistono diverse curvedi sensibilità al C22. La risposta elettrofisiologicache si ottiene con un P-PEV dipende infine dallafrequenza temporale (FT), cioè dalla rapiditàcon cui il pattern appare o scompare (onset-offi-set-P-PEV) o con cui gli elementi del modello in-vertono la loro posizione (reversal-P-PEV), Lavariazione della FT con cui gli elementi si in-vertono tra di loro determina alle basse fre-quenze (<4 Hz) una risposta di tipo “trans-ient” ed alle alte frequenze (>4 Hz) una rispo-sta di tipo “steady state”161, 192.

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Nel reversal-P-PEV, comunemente adottato nellapratica clinica, vengono correntemente utilizzatebasse FT di stimolazione (comprese tra 1 Hz e 4Hz) che permettono appunto di registrare dallacorteccia occipitale, una risposta elettrofisiologi-ca nota come risposta di tipo “transient”34, ?01, 92.Il potenziale “transient” del reversal-P-PEV è co-stituito da una tipica serie di tre deflessioni del se-gnale elettrico a polarità alternante di latenza emorfologia riproducibili, in cui è possibile ricono-scere una componente principale positiva, conuna latenza di circa 100 ms (potenziale P100),preceduta e seguita da due componenti negative,con una latenza rispettivamente di circa 70-75 ms(potenziale N75) e di 130-145 ms (potenziale N140). La componente positiva P100, rappresentala risposta più stabile e ripetibile dei P-PERG72, 39,tale potenziale, registrabile su tutte le regioni del-lo scalpo che corrispondono alla corteccia occipi-tale, presenta la massima ampiezza lungo la lineamediana, in corrispondenza dell’inion. Molti studihanno identificato nella P100 il correlato elettricodell’attività della corteccia visiva prima-ria10,49,134,177,179, in particolare uno studio storicoha riportato come, in un paziente con gravi lesio-ni delle aree visive che però risparmiavano l’area17, fosse ancora possibile registrare una P100pressoché intatta22. Le altre due componenti ne-gative del potenziale (N140 ed N70) avrebbero in-vece dei generatori a livello della corteccia stria-tale (N70) ed extra-striatale (N140)39,134,177, sitratta comunque di risposte variabili e quindiscarsamente utili nella pratica clinica23,66.Nella pratica clinica il pattern di stimolazione deiP-PEV viene presentato monocularmente inmodo da stimolare contemporaneamente i dueemicampi visivi ai lati del centro di fissazione (sti-molazione a campo intero), mentre gli elettrodiregistranti sono posizionati sullo scalpo occipitalein corrispondenza di Oz (Sistema InternazionaleElettroencefalografico 10-20) e su due punti sim-metrici posti lateralmente a 5-7-cm di distanza daquello centrale. I potenziali registrati dagli elet-trodi posti lateralmente sono in genere variabili emeno rappresentati, pertanto i parametri di am-piezza e latenza vengono regolarmente acquisiticonsiderando l’elettrodo centrale. Le valutazioni della morfologia, dell’ampiezza e

soprattutto della latenza (tempo di conduzioneretino-corticale) del potenziale P100 rappresen-tano l’elemento fondamentale per lo studio elet-trofisiologico dell’integrità delle vie ottiche, so-prattutto a livello pre-chiasmatico. La riduzionedella sensibilità campimetrica dovuta ad un dannodelle strutture nervose retro-orbitarie (nervo otti-co) determina infatti alterazioni dei P-PEV che siriflettono in una diminuzione di ampiezza e/o inun allungamento del tempo di latenza delle diver-se componenti che costituiscono il potenziale.Vedremo infatti che modificazioni di ampiezza edi latenza dei PEV rappresentano appunto il cor-relato elettrofisiologico di diversi fenomeni pato-logici che colpiscono le vie ottiche. La posizionetopografica, le dimensioni ed il grado del deficitcampimetrico condizionano strettamente leeventuali anomalie rilevate all’analisi dei P-PEV.Come riportato da studi ormai classici, lesioni delnervo ottico che determinano scotomi relativinella zona maculare possono infatti causare si-gnificative alterazioni del P-PEV registrato dalloscalpo, mentre uno scotoma assoluto, anche seesteso, ma localizzato nella regione periferica delcampo visivo può modificare in modo minimo oaddirittura nullo il P-PEV. Per quanto riguarda lo studio delle vie ottiche po-steriori al nervo ottico, i P-PEV possono fornireraffinati elementi per la localizzazione delle alte-razioni che interessano le vie ottiche a livellochiasmatico e retro-chiasmatico se vengono uti-lizzate delle stimolazioni appropriate come le sti-molazioni ad emicampi34,35. In questo caso è ne-cessario uno specifico montaggio, noto come“Queen Square montage” in cui due ulteriori de-rivazioni vengono poste a circa 10 cm lateralmen-te, rispettivamente sulla destra e sulla sinistra,dell’elettrodo medio-occipitale (Oz), in modo darealizzare una vera e propria mappatura della ri-sposta evocata in corrispondenza delle diversearee visive. La metodica di stimolazione ad emi-campi prevede la presentazione monoculare diun pattern ad alto contrasto, che sottenda oltre10 gradi dell’emicampo in esame. La dimensionedegli elementi deve essere appropriata alla por-zione di campo visivo da valutare, con stimoligrossolani (50’, l c/g) per regioni periferiche, estimoli più fini per l’esame delle zone paracentra-

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li. È preferibile spostare il punto di fissazione dialmeno 1 grado all’esterno del pattern, per evita-re contaminazioni da parte dell’emiretina non sti-molata. I parametri di stimolo sono per il restosovrapponibili a quelli per l’esame a campo inte-ro, ma è consigliabile mediare fino a 200 tracceper ottenere risposte affidabili. Mentre lo stimo-lo a campo intero evoca una risposta simmetricasu tutto lo scalpo occipitale, con gli stimoli ademicampo si assiste al cosiddetto fenomeno di“lateralizzazione paradossa”10. La classica triadeN70-P100-N140 viene registrata sulla linea me-diana e sulle regioni ipsilaterali all’emicampo sti-molato, mentre nelle regioni controlaterali si haun’inversione di fase, con comparsa di un’ondatrifasica P75-N105-P135. Questo dato è stato in-terpretato considerando che i neuroni generato-ri del P-PEV, situati sulla superficie mediale e po-stero-mediale della corteccia calcarina controla-terale all’emicampo stimolato, presentano unorientamento trasversale dei loro dipoli, per cuila risposta è registrata in opposizione di fase aidue lati dello scalpo10,18,87-89,92. Gli elettrodi di re-gistrazione posti sullo scalpo in corrispondenzadell’emisfero omolaterale all’emicampo stimola-to, e quindi controlaterali all’emisfero che generail segnale elettrico visivo, “affacciando” diretta-mente verso la corteccia calcarina registrano in-fatti un potenziale positivo, viceversa, gli elettro-di posti sull’emisfero controlaterale all’emicampostimolato, essendo posizionati in modo oppostoal dipolo registrano un potenziale negativo. Negli ultimi anni la definizione di tecniche di sti-molazione multifocale ha permesso la registra-zione simultanea di PEV derivati dalla stimolazio-ne di singole regioni del nervo ottico, noti comePEV multi focali (mf-PEV). Questi potenziali, adifferenza di quanto tradizionalmente possibilecon i P-PEV, che permettono di acquisire infor-mazioni provenienti dalla stimolazione dell’interonervo ottico permettono di ottenere una mappatopografica del campo visivo utilizzando multiplicanali di registrazione e sono quindi in grado difornire informazione sullo stato funzionale dellediverse aree che compongono il campo visivo.Per la realizzazione dei mf-PEV il paziente osser-va infatti uno schermo diviso tipicamente in 60settori in ciascuno dei quali è presente uno sti-

molo pattern da “checkerboard” (per un ulterio-re approfondimento tecnico si consiglia96,97,?02. Comunemente a quanto caratterizza gli altri tipi dipotenziali evocati abitualmente utilizzati nella dia-gnosi in neurologia, il P-PEV, quando è alterato nonè patognomonico di una specifica patologia dellevie visive. A tale proposito è fondamentale ricorda-re che lo studio isolato del P-PEV non può essereconsiderato sufficiente per individuare un’altera-zione delle vie ottiche post-retiniche, in quanto l’al-lungamento della latenza o la desincronizzazionedel potenziale P100 può presentarsi anche in casodi sofferenza maculare. Sarebbe quindi auspicabilee necessario, per una corretta interpretazione del-le alterazioni nella riposta dei PEV, osservate nellapratica clinica, associare sempre allo studio dei P-PEV dei test elettrofisiologici che esplorano inmodo specifico la funzione retinica e macularecome l’elettroretinogramma (ERG) da Pattern (P-ERG) o l’ERG multifocale (mf-ERG). La descrizio-ne di tali metodiche esula dagli scopi di questo ca-pitolo e si consiglia per un più completo approfon-dimento di tali argomenti la seguente Letteratura:P-ERG: Regan 1999; Holder 2001; Celesia ePeachey 2003; Holder et al 2007; Marmor et al 2004.mf-ERG; Hood 2000a e 2008; Holder et al 2010.

Applicazioni cliniche I P-PEV rappresentano un sensibile indicatore dianomalie nell’integrità dell’intero sistema visivo,che può essere oggetto di patologie di tipo demie-linizzante o di tipo assonale. In base al tipo dimeccanismo patogenetico i P-PEV possono se-gnalare la presenza di fenomeni di demielinizza-zione, espressi da modificazioni della latenza edincremento del tempo di conduzione retino-corti-cale, come pure indicare l’esistenza di un dannoassonale evidenziato da alterazioni di ampiezza emorfologia delle risposte acquisite. In base a talisemplici principi i P-PEV sono ampiamente utiliz-zati nella diagnosi di patologie neurologiche pre-chiasmatiche, chiasmatiche e retrochiasmatiche.

Sclerosi multipla e demielinizzazione del nervo otticoLa sclerosi multipla (SM) fa parte di un gruppo dipatologie del SNC in cui la perdita della guaina

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mielinica rappresenta l’alterazione anatomopato-logica predominante. I criteri anatomo-patologiciclassicamente accettati per la definizione di unamalattia demielinizzante consistono fondamen-talmente nel riscontro di : i) una primitiva di-struzione delle guaine mieliniche con relativo ri-sparmio degli assoni e delle altre componentidel tessuto nervoso associata a scarsi fenomenidi degenerazione walleriana o assonale secon-daria; ii) una infiltrazione di cellule infiammato-rie perivascolari e perivenose; iii) la presenza dilesioni multiple disseminate o confluenti nella so-stanza bianca. La SM è quindi definibile comeuna patologia infiammatoria della sostanza bian-ca caratterizzata da un coinvolgimento multifo-cale del SNC e che si contraddistingue per l’am-pia varietà dei quadri clinici. Le manifestazionicliniche della SM sono infatti molto variabili inrapporto alla localizzazione e all’estensione deifocolai di demielinizzazione; le lesioni sembranotuttavia presentare una distribuzione preferen-ziale in alcune aree del SNC e ciò permette diidentificare un complesso di sintomi e segni chepossono quindi considerarsi come caratteristicidella malattia. La SM colpisce prevalentementegiovani adulti, e le manifestazioni cliniche piùfrequenti comprendono deficit di forza e disturbipiramidali, parestesie ed altri sintomi sensitivi,atassia, nistagmo, segni di coinvolgimento cere-bellare, deficit delle funzioni vescicali e, natural-mente i disturbi visivi126,157. In più del 20% deicasi il sintomo di esordio della malattia è infatti laneurite ottica ed oltre il 50 % dei pazienti presen-ta un episodio clinico di neurite ottica durante ildecorso della malattia127. In base alla evoluzionedelle lesioni, che possono variabilmente regredi-re per poi ripresentarsi in un arco di tempo estre-mamente variabile, la malattia può presentare re-missione, ricadute acute e/o lenta progressionedei deficit neurologici. In base all’andamentotemporale assunto delle presentazioni clinichesono state quindi identificare quattro forme diSM: i) una forma recidivante-remittente, in cui ideficit neurologici si presentano acutamente consuccessive ricadute separate da periodi di com-pleto recupero clinico; ii) una forma recidivante-progressiva, in cui gli episodi acuti migliorano,ma non si hanno più periodi di completo recupe-

ro clinico; iii) una forma secondariamente-pro-gressiva in cui ad un primo andamento di tipo re-cidivante-remittente si sostituisce una fase in cuii sintomi neurologici assumono un andamentoprogressivo; iv) una fase primariamente progres-siva in cui la sintomatologia assume fin dall’inizioun andamento aggressivo e progressivo (10% deicasi), tanto da aver fatto ipotizzare una patoge-nesi diversa rispetto alle altre forme di malat-tia120,178. Benché infatti come già detto la SM rap-presenta la principale patologia infiammatoriadel SNC, negli ultimi anni, studi neuroradiologicie anatomo-patologici hanno ipotizzato la possibi-lità che, accanto ai ben noti fenomeni immuno-mediati, nella patogenesi della SM siano coinvol-ti aspetti neurodegenerativi che interessano di-rettamente l’integrità degli assoni, suggerendoquindi la coesistenza di distinti meccanismi pato-genetici alla base delle manifestazioni clinichedella SM. In base a tali interpretazioni, il dannoassonale sarebbe addirittura il punto nodale perla disabilità cronica e i deficit neurologici perma-nenti che caratterizzano la patologia, soprattuttonelle forme progressive59,60,130,178. In base a taleipotesi, è possibile che un inefficace o inadegua-to trattamento degli iniziali processi infiammato-ri sia il fattore scatenante per innescare una seriedi eventi destinati a cambiare in modo perma-nente l’architettura del tessuto nervoso61,62. La neurite ottica (NO) infiammatoria (NOI), seb-bene può rimanere un fenomeno isolato, rappre-senta come già detto, nel 25-50% dei casi, il pri-mo segno clinico di una SM clinicamente defini-ta37,59,60,127. La NOI è un segno clinico precoce diSM che potrebbe identificare dei fenotipi “beni-gni”, caratterizzati da un pressoché completo re-cupero del visus143,159. La possibilità di poter stu-diare la retina ed il nervo ottico rappresentaquindi un modello unico per poter testare, attra-verso le modificazioni delle alterazioni morfo-funzionali riscontrate, le varie ipotesi patogeneti-che di malattia e soprattutto il potenziale effettodelle diverse strategie terapeutiche e neuropro-tettive di volta in volta proposte. Dopo i primidati pionieristici ottenuti utilizzando F-PEV constimolo diffuso163, gli studi condotti da MartinHalliday, sempre nei primi anni settanta, hannopermesso di identificare nei P-PEV un importan-

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te strumento per la diagnosi della SclerosiMultipla (SM)73. Fin da questi studi, è infattiemerso chiaramente che nelle patologie demieli-nizzanti del nervo ottico, i P-PEV presentavano ilritardo della latenza delle risposte, spesso in as-senza di significative alterazioni dell’ampiezzache, se presenti, venivano strettamente correlateal calo dell’acuità visiva dei pazienti. Sempre ne-gli stessi anni è stato provato che nell’occhio col-pito da NOI le alterazioni della latenza del P-PEVpotevano persistere per molto tempo anche dopoil pieno recupero dell’acuità visiva, e che era pos-sibile osservare il ritardo della latenza del P-PEVanche a carico dell’occhio controlaterale a quellocolpito dalla NOI, rivelando pertanto la presenzadi alterazioni sub-cliniche della conduzione del-l’impulso lungo il nervo ottico, prima ancora chesegni o sintomi clinici di un coinvolgimento delnervo fossero manifesti73,74. Nel corso degli anni numerosissimi studi elettro-fisiologici hanno permesso di confermare che al-terazioni dei P-PEV sono presenti nel 85-95% deisoggetti affetti da NOI con possibile diagnosi diSM clinicamente definita5,77,80,84. In particolare iP-PEV ottenuti stimolando separatamente le re-gioni centrali, nasali e temporali della macula,hanno permesso di dimostrare che le fibre mag-giormente colpite dalla demielinizzazione sareb-bero quelle centrali164. I dati elettrofisiologici relativi allo studio dei P-PEVnelle fasi stabilizzate delle NOI possono comun-que differire da quelli registrati nelle fasi inizialio acute. Nelle NOI in fase acuta, entro i primi set-te giorni dall’esordio clinico, i P-PEV possono in-fatti presentare una importante riduzione del-l’ampiezza della P100 che si evidenzia ancor pri-ma del tipico ritardo della latenza del potenzialee che può associarsi a riduzioni dell’ampiezza delpotenziale P50 del P-ERG84,86. Per quanto riguar-da le alterazioni dei P-PERG, è inoltre possibileche nelle settimane successive all’esordio dellaNOI, le alterazioni della P50 siano seguite da unariduzione dell’ampiezza del potenziale N95. Le al-terazioni dell’N95 sarebbero espressione elettro-fisiologica della sofferenza del nervo ottico cheda origine a fenomeni di degenerazione retrogra-da delle cellule ganglionari retiniche, generatoridel potenziale N95. A questo proposito, uno stu-

dio condotto su 141 pazienti con NOI (monolate-rale o bilaterale) ha riportato che, dopo 4-6 setti-mane dall’episodio acuto, il 40% dei pazienti pre-sentava alterazioni dei P-ERG, e che, nel 85% deicasi, tali alterazioni riguardavano quasi esclusiva-mente la riduzione dell’ampiezza del potenzialeP9586. Le alterazioni elettrofisiologiche osservatein “acuto” a carico dell’ ampiezza dei P-PEV e deiP-ERG sono in genere transitorie e tendonoquindi a risolversi con il ripristino delle normaliampiezze dei potenziali visivi. In particolare, l’ini-ziale riduzione dell’ampiezza dei P-PEV si atte-nua nel giro di alcuni giorni, verosimilmente perriduzione dell’edema infiammatorio, e viene so-stituita dal caratteristico allungamento della la-tenza della P100 o altresì dalla completa norma-lizzazione dei dati elettrofisiologici, in relazioneall’evoluzione delle lesioni demielinizzan-ti12,86,91,189. Il diverso comportamento dei P-PEVin corso di NOI è infatti direttamente collegatoagli effetti fisiopatologici indotti dal processo didemielinizzazione alla base dalla patologia. Comenoto, il principale effetto della demielinizzazioneè quello di impedire o di pregiudicare la regolareconduzione elettrica saltatoria dello stimolo ner-voso da un nodo di Ranvier al successivo, di con-seguenza, la compromissione della trasmissionenervosa che ne deriva sottende i deficit funziona-li propri della SM. Nel caso del coinvolgimentodel nervo ottico, quindi, il ritardo nel tempo di la-tenza dei P-PEV, caratteristico della NOI, rifletteesattamente il ritardo della conduzione elettricalungo le fibre del nervo espressione di demieli-nizzazione. Se nelle fasi iperacute di NOI si assi-ste alla completa risoluzione dei segni clinici nelgiro di pochi giorni, tale dato indica che il proces-so di demielinizzazione è rapidamente reversibi-le, ed è quindi verosimile che la sofferenza delnervo ottico sia principalmente di natura funzio-nale, dovuta cioè all’edema ed ai fenomeni in-fiammatori che si instaurano acutamente intornoe all’interno della lesione demielinizzante. Inquesto caso la reazione edemigena eserciterebbeun effetto “compressivo” su tutta la struttura delnervo ottico dando ragione delle importanti, matransitorie alterazioni dell’ampiezza dei P-PEV edella P50 dei P-ERG osservate nelle fasi iniziali diNOI190. Studi condotti utilizzando la risonanza

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magnetica cerebrale (RM) ed i P-PEV hanno di-mostrato che, nella fase più acuta della NOI daSM, esiste una relazione diretta tra la riduzionedell’ampiezza del P-PEV ed il potenziamento del-le lesioni alla RM dopo somministrazione di gado-linio, espressione dell’interruzione dell’integritàdella barriera ematoencefalica causata dall’in-fiammazione in fase acuta189. Poiché in questafase iniziale non hanno ancora avuto luogo i pos-sibili fenomeni di degenerazione assonale retro-grada retinica, il potenziale N95 del P-PERG ri-sulta nei limiti della norma. Subito dopo la re-gressione dei fenomeni infiammatori acuti si puòosservare un significativo ritardo della latenzadei P-PEV, che, in questo caso, è l’espressioneelettrofisiologica dell’instaurarsi di una lesionedemielinizzante ormai stabile nella stessa sededella lesione infiammatoria. In questa fase le alte-razioni dei P-PEV possono associarsi alle già de-scritte alterazioni dell’N95 dei P-ERG quale effet-to della degenerazione retrograda delle celluleganglionari retiniche. Nella maggior parte dei casi la SM assume un an-damento clinico recidivante-remittente, in quan-to le lesioni sintomatiche possono andare incon-tro a processi di ri-mielinizzazione cui corrispon-de una regressione parziale o totale dei sintomiclinici, che possono tuttavia ricomparire ad inter-valli di tempo variabile per una riacutizzazionedello stesso meccanismo demielinizzante.L’incompleta ri-mielinizzazione delle lesioni delnervo ottico determina invariabilmente una alte-razione nella conduzione del nervo anche dopo ilcompleto recupero del visus, che continua adesprimersi nel tipico rallentamento della latenzadei P-PEV. Tale alterazione, spesso registrata an-che a carico dell’occhio non affetto come espres-sione di un coinvolgimento del nervo ottico sub-clinico, non esclude comunque la possibilità diun parziale e progressivo miglioramento del qua-dro elettrofisiologico nei mesi o anche negli annisuccessivi all’episodio di NOI104. Diversi studielettrofisiologici, hanno infatti riportato, attra-verso registrazioni seriate nel tempo, che in pa-zienti affetti da SM con NOI retrobulbare l’allun-gamento della latenza delle componenti dei P-PEV può regredire anche di più di 20 ms nei 3-6mesi successivi all’episodio clinico e tale recupe-

ro può continuare, anche se in modo meno evi-dente, nei successivi due anni di follow-up, ad in-dicare la re-mielinizzazione delle fibre del nervoottico33,104,139. Nel complesso, i dati di questi stu-di suggeriscono che i processi di re-mielinizzazio-ne o addirittura di riorganizzazione dei canali io-nici possono durare per anni svolgendo un ruoloimportante nel proteggere gli assoni demieliniz-zati dalla successive degenerazione. In linea conquesta ipotesi, la riduzione dell’ampiezza dei P-PEV e dell’acuità visiva riscontrate nelle fasi tar-dive e/o stabilizzate di malattia rappresentanol’epifenomeno di processi di degenerazione eperdita assonale che si sovrappongono al proces-so di demielinizzazione focale non più compensa-to da fenomeni di ri-mielinizzazione. In particola-re, studi di RM ripetuti nel tempo hanno trovatouna correlazione diretta tra riduzione del visus,diminuzione dell’ampiezza dei P-PEV e gravitàdell’atrofia ottica dei pazienti81. Studi effettuatiin pazienti con SM clinicamente definita e norma-le acuità visiva, hanno riscontrato una riduzionedell’ampiezza dei P-PEV a diverse frequenze spa-ziali di stimolazione. Tale dato è stato interpreta-to come espressione sub-clinica di un inizialedanno assonale ancora in fase compensata, piut-tosto che come un vero e proprio blocco di con-duzione dovuto alla severità della demielinizza-zione del nervo ottico48. Per stabilire la relazioneesistente tra episodi di NOI acuta con completaregressione clinica e perdita assonale, da cui de-riva la disabilità cronica dei pazienti con SM155,sono stati recentemente condotti studi diTomografia Ottica (OCT) e tomografia retinica,che permettono di misurare lo spessore delle fi-bre nervose retiniche (FNR)61,62. Le FNR, com-poste esclusivamente da assoni non mielinizzati,possono essere considerate come un indice ana-tomico affidabile di degenerazione assonale re-trograda in corso di SM61,62,175. In particolare unostudio recente ha dimostrato un assottigliamentodelle FNR in pazienti con SM in fase secondaria-mente progressiva anche in assenza di NOI, manon in pazienti con SM di tipo primariamenteprogressiva, suggerendo quindi che le due formecliniche siano espressione di diversi processi pa-tologici79. Lo spessore delle FNR, rilevato dalleimmagini strutturali della retina dopo episodi di

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NOI, è stato correlato con i dati psicofisici edelettrofisiologici ed è stata dimostrata una rela-zione diretta tra assottigliamento delle FNR, acui-tà visiva, deficit di campo visivo e modificazionidella morfologia e della ampiezza della P100 deiP-PEV, mentre una minore correlazione è statatrovata con le variazioni della latenza3,46,56,135,188.Anche la discromatopsia, che generalmente simanifesta come percezione di una desaturazionedell’intensità del colore rosso, e che rappresentaun disturbo frequentemente persistente dopoNOI potrebbe indicare il non completo recuperodella funzione del nervo ottico. Tali dati sembra-no suggerire che, dopo episodi acuti di NOI, lemodificazioni morfo-funzionali rilevate possanoesprimere, al di là del processo infiammatorioacuto, una iniziale perdita assonale a carico delleFNR e delle fibre maculari, che potrebbe col tem-po determinare un danno permanente della fun-zione visiva con atrofia del nervo ottico63. Alla luce degli studi condotti negli ultimi anni, iP-PEV si sono rivelati adeguati non solo per ladefinizione diagnostica di SM, ma anche per il fol-low-up della malattia. I P-PEV sono stati infattilargamente utilizzati, da soli o in associazione adaltre metodiche d’indagine, in trials clinici in qua-lità di affidabili marcatori dell’effetto dei diversitrattamenti farmacologici sull’andamento dellamalattia soprattutto in caso di terapie neuropro-tettive, che dovrebbero modificare il decorso na-turale della malattia63. In particolare, uno studiocondotto nel 2008 su più di 100 pazienti con SMha riportato che l’entità del ritardo della latenzadei P-PEV in occhi non colpiti da NOI rimane sta-bile nel tempo e che pertanto può essere adotta-to come indice per misurare potenziali fenomenidi rimielinizzazione139.Più recentemente, lo sviluppo di tecniche elet-trofisiologiche sempre più accurate per lo studiodelle vie visive ha permesso di indagare ulterior-mente la natura delle alterazioni dei P-PEV os-servate in corso di NOI. In tale ambito è impor-tante il ruolo dei mf-PEV che, utilizzando uno sti-molo complesso che divide il campo visivo in 60settori distinti, permettono la misurazione topo-grafica dell’ampiezza e della latenza delle rispo-ste visive così ottenute. Il mf-PEV costituiscequindi un test sensibile e specifico per individua-

re segni elettrofisiologici di NOI. I mf-PEV per-metterebbero infatti l’identificazione elettrofisio-logica delle specifiche regioni del nervo otticodanneggiate dal processo demielinizzante95. Inbase a tali studi nella fase acuta della NO, quan-do è presente un marcato deficit del campo visi-vo, i pazienti possono presentare una riduzionedei mf-PEV in regioni di bassa sensibilità delcampo visivo, dopo 4-7 settimane i deficit di cam-po e l’ampiezza dei mf-PEV migliorano, ma si as-sociano ad un sostanziale ritardo della latenzache persiste nel tempo in diversi settori dei mf-PEV95,201. Uno studio condotto su 145 pazienticon SM ha dimostrato che i mf-PEV, utilizzando ilcriterio che combina misurazioni di latenza edampiezza nei diversi settori, permettano di rag-giungere una sensibilità del 91% ed una specifici-tà del 95% nell’individuare anomalie della funzio-ne visiva in pazienti affetti da SM70. È stato ripor-tato che, in corso di episodi isolati di NOI, il signi-ficativo ritardo della latenza del mf-PEV, latencyz-score, abbia un elevato valore predittivo per lasuccessiva conversione della NOI isolata in SMclinicamente definita, riconoscendo a tale indiceelettrofisiologico una sensibilità ed una specifici-tà del 100% nell’individuare NO dovute a proces-si demielinizzanti57. La possibilità di poter combi-nare i mf-PEV con studi di OCT rappresentereb-bero al momento una affascinante possibilità perpoter identificare in modo certo le zone di tessu-to danneggiato, che corrispondono a specificisettori di degenerazione assonale, fornendo cosìulteriori informazioni sulla dinamica dei processipatogenetici nella SM. È comunque da ricordareche attualmente i mf-PEV rappresentano soprat-tutto un raffinato strumento di ricerca elettrofi-siologica, in quanto il loro campo di applicazionenella pratica clinica è ancora piuttosto limitato, inquanto si tratta di registrazioni lunghe, comples-se, che richiedono la completa partecipazione delpaziente ed una particolare perizia nell’esecuzio-ne tecnica. La registrazione dei P-PEV rimanepertanto il test preposto per individuare i segniclinici e sub-clinici di NOI, mentre la registrazio-ne dei mf-PEV è consigliata solo dopo aver ese-guito P-PEV, in caso si sospettasse un danno fo-cale del nervo ottico ed i P-PEV fossero risultatinegativi70.

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Come già accennato, numerosi autori hanno de-scritto una variabile incidenza di alterazioni deiP-ERG in corso di SM, soprattutto a carico del-l’ampiezza e della morfologia del potenziale N95e P503,52,84,86,144. La componente N95 è un poten-ziale generato dall’attivazione delle cellule gan-glionari retiniche in risposta a stimoli di contra-sto, mentre la componente P50 deriva solo par-zialmente da queste cellule, in quanto riceve uncontributo anche da strutture retiniche più dista-li88. L’origine ganglionare delle risposte dei P-ERG e la possibilità che in corso di NOI si possaverificare una degenerazione retrograda dellecellule ganglionari secondaria al coinvolgimentodel nervo ottico, rendono ragione delle alterazio-ni dei P-ERG riportate. In particolare, mentre latransitoria riduzione dell’ampiezza del potenzialeP50, osservata nelle fasi più acute di NOI è statacorrelata all’edema del nervo ottico84, le altera-zioni della P95, che possono essere evidenti an-che dopo il recupero della P50, sarebbero quellemaggiormente coinvolte nella degenerazione del-le cellule ganglionari89. A conferma di tali ipotesiè stata osservata una correlazione tra ampiezzadell’N95 e spessore delle FNR mentre nessunacorrelazione è stata segnalata tra variazioni dellaP50 e caratteristiche strutturali del nervo otti-co3,144. Studi P-ERG possono quindi esprimereuna buona correlazione tra attività funzionale edalterazioni strutturali delle vie visive anteriori edessere così un utile test complementare nel fol-low-up di pazienti con SM. In conclusione, la possibilità offerta dal P-PEV eP-ERG e, più recentemente, dal mf-PEV di deter-minare in modo non invasivo e rapido la presen-za di un processo di demielinizzazione a caricodel nervo ottico a livello ancora sub-clinico, haavuto un profondo impatto nella gestione dei pa-zienti affetti da SM, soprattutto nel secolo scorso,quando le tecniche neuroradiologiche non eranoancora così sviluppate. Negli ultimi anni, il conti-nuo sviluppo di nuove tecniche radiologiche ingrado di individuare l’esistenza di lesioni demie-linizzanti a carico di tutto il sistema nervoso cen-trale in modo sofisticato e privo di rischi, ha ov-viamente ridotto l’interesse diagnostico per lemetodiche dei P-PEV. L’uso del pattern-PEVmantiene tuttavia un ruolo importante nel com-

pletamento della diagnosi e nel follow-up dellediverse fasi della malattia soprattutto se inclusoin una valutazione multimodale che coinvolge di-versi tipi di potenziali evocati64,105,117,148.

Neuropatia ischemica del nervo otticoLa neuropatia ottica ischemica anteriore (NOIA)è dovuta dall’infarto della porzione laminare o re-tro laminare della testa del nervo ottico causatadall’occlusione delle arterie ciliari brevi posterio-ri. La NOIA non arteritica rappresenta la causapiù comune di perdita del visus monoculare oltrei 50 anni, anche se, in un terzo dei pazienti colpi-ti, soprattutto se ipertesi o affetti da diabete, èpossibile che il deficit diventi bilaterale dopo unintervallo di tempo variabile dal primo episodio.Si tratta di una patologia con una patogenesicomplessa in cui sono implicati l’ipotensione not-turna, la scarsa autoregolazione del microcircolo,le vasculopatie e l’insufficienza venosa7,78. È sta-to ipotizzato che tali fattori possono causare unasindrome compartimentale con edema a livellodegli assoni del nervo ottico, successiva degene-razione assonale e perdita di cellule ganglionariretiniche attraverso meccanismi di apoptosi.L’esordio clinico della NOIA è generalmente im-provviso, senza dolore, la perdita del visus puòprogredire per molti giorni. Il deficit campimetri-co è tipicamente di tipo altitudinale e coinvolgel’area di fissazione centrale a giustificare la graveperdita dell’acuità visiva. Nonostante queste ca-ratteristiche distintive, la diagnosi di NOIA puòessere a volte difficile, soprattutto quando la ri-duzione del visus evolve nell’arco di giorni. Pertale motivo la possibilità di potersi avvalere didati strumenti è particolarmente utile per ladiagnosi precoce e le possibile strategie tera-peutiche.Nel 1978 Wilson riportò la prima analisi dettaglia-ta dei dati elettrofisiologici relativi alla NOIA. Inquesto studio, ormai storico, i P-PEV ed i F-PEVfurono studiati 15 pazienti affetti da NOIA subase arteritica e non arteritica e l’alterazione pre-dominante risultò essere la marcata riduzionedell’ampiezza della P100 associata ad una scarsamodificazione della latenza, che risultava allun-gata solo in quattro pazienti con valori inferiori ai

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10 ms. Tutte le alterazioni dei P-PEV erano stateregistrate esclusivamente negli occhi affetti.Questi dati, ben diversi da quelli che caratterizza-no le NOI, dove è tipico il ritardo della latenza delpotenziale (>10 ms), frequentemente osservatoanche nell’occhio non affetto ed altresì associatoa limitate variazioni di ampiezza, permettevanouna diagnosi differenziale elettrofisiologica traNOIA e NOI basata appunto sul coinvolgimentodi diversi meccanismi patogenetici. Nei pazientiaffetti da NOIA, l’elevata incidenza di P-PEV ca-ratterizzati da una significativa riduzione dell’am-piezza della P100 e da tempi di latenza in genereconservati è stata ampiamente ribadita dagli stu-di elettrofisiologici successivi, che hanno ancheconfermato l’assenza di alterazioni elettrofisiolo-giche nell’occhio non affetto43,68,89,146.È stato tuttavia proposto che il possibile riscon-tro di alterazioni nella morfologia del P-VEP nel-l’occhio non affetto di pazienti con NOIA mono-culare, possa essere un indice per il un futuro co-involgimento bilaterale della patologia103. In casodi NOIA non arteritica i P-PEV risultano semprepiù sensibili del F-PEV, questi ultimi possono co-munque presentare un ritardo delle risposte nel-le NOIA arteritiche, come in caso di arterite tem-porale. Benché il dato caratteristico delle NOIAsia la riduzione dell’ampiezza della P100 dei P-PEV89, un apparente ritardo della componenteP100 è stato in realtà riportato in alcuni casi edinterpretato come parziale o completa sostituzio-ne della P100 da parte della componente P135para-maculare, sottolineando così la necessità diidentificare con accuratezza le diverse compo-nenti dei P-PEV, soprattutto se registrate da unsolo elettrodo corticale (Oz) utilizzando frequen-ze spaziali di stimolazione troppo ampie185. Neipazienti con NOIA che presentano una emia-nopsia altitudinale inferiore associato al ritardodella latenza della P100 è inoltre possibile chetale ritardo sia solo apparente in quanto il po-tenziale registrato è generato in risposta allastimolazione dei soli emicampi superiori, che ti-picamente producono una P100 fisiologicamen-te più ritardata197.A differenza dei P-PEV, i P-ERG hanno ricevutouna ridotta attenzione nello studio delle NOIA,dove comunque possono verificarsi riduzioni del-

l’ampiezza della N958,83,84, ma soprattutto dellaP503,84. Le alterazioni della N50, in caso di NOIAnon arteritica sono state correlate ad una com-promissione funzionale, su base vascolare, checoinvolgerebbe gli strati retinici posti anterior-mente alle cellule ganglionari, come confermatoda alcuni dati istopatologici che dimostrano feno-meni di apoptosi a livello dello strato nucleare in-terno ed esterno della retina in corso di NOIA168. Considerando le alterazioni dei P-PEV e dei P-ERGriscontrate in pazienti con NOIA e marcata ridu-zione del visus, è stato riportato che in questi pa-zienti coesiste un deficit delle cellule dello stratopiù interno della retina, responsabile delle altera-zioni dei P-PERG, ed un’alterazione della condu-zione nervosa post-retinica, a cui si devono le al-terazioni dei P-PEV. In particolare, è stato propo-sto che la riduzione della acuità visiva sia causa-ta principalmente dal coinvolgimento post-retini-co e sia quindi indipendente dalla presenza di re-tinopatia146. Più recentemente, la distribuzione spaziale dellealterazioni osservate registrando i mf-PEV nelleNOIA non arteritiche è stata correlata con la per-dita altitudinale del campo visivo tipica di tali pa-tologie38.

Patologie compressive delle vie otticheUn esempio caratteristico di compressione delnervo ottico è dato dalla presenza di gliomi dell’e-tà infantile che si caratterizzano clinicamentecon una graduale perdita del visus in assenza didolore orbitario o addirittura essere per lungotempo asintomatici. Una precoce diagnosi clinicaed un accurato follow-up di pazienti con una neu-ropatia compressiva del nervo ottico, soprattuttose dovuta alla presenza di meningiomi o gliomi, èdi fondamentale importanza per migliorarne l’ap-proccio terapeutico basato su procedure chirur-giche e radioterapiche.In caso di patologie compressive del nervo ottico,i PEV presentano costantemente una P100 de-sincronizzata, di bassa ampiezza e con un eviden-te ritardo della latenza118. In particolare, il ritar-do della latenza, anche se di minore entità rispet-to a quello che si osserva in corso di NOI, è da ri-condurre alla demielinizzazione ed alla distorsio-

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ne dei nodi di Ranvier indotte dall’effetto com-pressivo delle lesioni140. Nonostante l’elevatasensibilità dimostrata dai P-PEV in caso di gliomidel nervo ottico, il loro valore di indagine discreening, nell’individuare i tumori della fossacranica anteriore, è stata recentemente messa indiscussione da uno studio basato su un follow-updi 10 anni119. Viceversa, altri studi elettrofisiolo-gici sono giunti a conclusioni opposte, dimo-strando che nel follow-up di pazienti con neuro-fibromatosi di tipo I le alterazioni dei P-PEV pos-sono precedere le lesioni neuroradiologiche do-vute al tumore199 e che, registrazioni di P-PEV, ri-petute nel tempo, permettono di identificare ilpeggioramento della funzione del nervo otticoprima ancora che si apprezzino modificazionidelle lesioni neoplastiche alla RM29,53,82,133.Questi dati sembrano quindi indicare che modifi-cazioni dei P-PEV possono precedere i cambia-menti nei quadri di RM, a sottolineare quindi lamaggiore sensibilità di un monitoraggio funzio-nale, rispetto a quello puramente morfologico,nel follow-up dei glomi e/o neurofibromi del ner-vo ottico. Pazienti con lesioni compressive chiasmatiche oretrochiasmatiche, dovute nella maggior partedei casi a meningiomi dell’ala dello sfenoide, masoprattutto a tumori dell’ipofisi che si estendonoin modo asimmetrico, presentano spesso comesintomi d’esordio difetti del campo visivo a tipoemianopsia o emiquadrantopsia eteronima oomonima, in base alla sede della lesione. In que-sti casi i P-PEV ottenuti monocularmente conuna stimolazione a pieno campo sono scarsamen-te utili in quanto risultano in genere nei limiti del-la norma poiché la decussazione delle compo-nenti nasali delle vie ottiche consente di registra-re lungo la linea mediana (Oz) un potenzialeP100 di morfologia e latenza normale. Nei casi incui si voglia esplorare una lesione delle vie visiveposteriore al nervo ottico, è quindi indicata unastimolazione monoculare per emicampi, che per-mette di rilevare la desincronizzazione ed il ritar-do della P100 quale espressione elettrofisiologicadi una lesione retrochiasmatica (vedi paragrafonell’introduzione). Halliday et al già nel 1976 tro-varono una marcata asimmetria nella distribuzio-ne delle risposte registrate sullo scalpo occipita-

le in 10 pazienti con lesioni del chiasma, descri-vendo per primi una asimmetria ”crociata” dellerisposte, in quanto i potenziali ottenuti dalla sti-molazione di un solo occhio erano significativa-mente più alterati in un solo emisfero che, secon-do il principio della cosiddetta “lateralizzazioneparadossa” era quello ipsilaterale all’emicampovisivo deficitario. La successiva Letteratura haampiamente confermato la “lateralizzazioneparadossa” delle alterazioni dei P-PEV dovutealla presenza di lesioni localizzate posteriormen-te al nervo ottico ed intese come riduzione di am-piezza, desincronizzazione e ritardo della laten-za18,30,55,71,87,122. Similmente, alterazioni selettivedi P-PEV, ottenuti per stimolazioni delle solecomponenti nasali o temporali del campo visivoindicano lesioni, generalmente compressive, checoinvolgono, rispettivamente, porzioni laterali ocentrali del chiasma ottico. Lo studio dei mf-PEV in pazienti con meningiomidel nervo ottico, lesioni del chiasma o altre lesio-ni intracraniche ha evidenziato una relazionespecifica tra riduzione dell’ampiezza e ritardodella latenza delle risposte ottenute nei diversisettori dei mf-PEV e la perdita del visus nelle cor-rispondenti aree del campo visivo174,202. Tuttaviasi tratta di dati isolati, considerando che i mf-PEV prevedono pazienti particolarmente colla-boranti, in grado di fissare a lungo e con attenzio-ne la mira proposta. Lesioni compressive del nervo ottico e del chiasmapossono indurre fenomeni di degenerazione retro-grada delle cellule ganglionari retiniche che siesprimono con la riduzione dell’ampiezza e la de-sincronizzazione della risposta N95 dei P-PERG83.In base a tale dato, alcuni autori hanno addirittu-ra suggerito di utilizzare i P-PERG nella valuta-zione pre-operatoria dei tumori dell’ipofisi, inquanto indici predittivi del possibile recuperodella funzione visiva dopo l’intervento108,147. In conclusione, nel sospetto di un processo occu-pante spazio intra/extrassiale con effetti com-pressivi sulle vie visive, benché l’esame diagno-stico di scelta sia indubbiamente dato dalle neu-roimmagini che permettono di indirizzare rapida-mente e correttamente la diagnosi, i P-PEV, puravendo un valore diagnostico limitato, continua-no a fornire la prova del coinvolgimento funzio-

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nale delle vie visive e conservano un ruolo impor-tante nel monitorare l’andamento delle lesioninel tempo.

Pseudotumor cerebri Il termine di pseudotumor cerebri (PC), indicauna sindrome neurologica relativamente comunedovuta all’incremento della pressione intracrani-ca in assenza di dilatazione ventricolare o di pro-cessi occupanti spazio, evidenziabili radiologica-mente. Trattandosi di una sindrome e non di unamalattia, la condizione di PC riconosce numerosecause ed associazioni patogenetiche, ma la formapiù frequente non ha in realtà un’eziologia benprecisa, colpisce in prevalenza giovani donne so-vrappeso ed è attualmente definita come iper-tensione intracranica idiopatica o benigna(IIB)99,194. La sintomatologia clinica dello PC in-clude cefalea continua, ma di intensità fluttuanteassociata a minimi o assenti segni neurologici fo-cali, pressione liquorale elevata (250-450 valorimassimi 110 mmmH2O) in presenza di una com-posizione del liquor nei limiti della norma e con-dizione di papilledema, uni-bilaterale. I pazientipossono comunque presentare offuscamento delvisus spesso transitorio, vertigini, minima diplo-pia orizzontale per deficit del VI n cranico, tinni-tus sincrono con il polso arterioso. Il trattamentodello PC comprende: l’esecuzione di rachicente-si ripetute con drenaggio di liquor sufficiente amantenere una pressione a livelli normali o infe-riori ai 200 mmmH2O, il calo ponderale, la som-ministrazione di inibitori dell’anidrasi carbonica(acetazolamide) e di diuretici (furosemide) edinfine il posizionamento di uno shunt peritonealeo la fenestrazione della guaina del nervo otti-co195. Se l’ipertensione endocranica ed il papille-dema non rispondono agli interventi terapeuticidescritti, vi è il rischio di una di una perdita per-manente della vista, dovuta appunto alla com-pressione delle fibre del nervo ottico e delle veneretiniche centrali. Numerosi studi elettrofisiologici hanno riportatoche, nelle fasi iniziali o acute di IIB, i P-PEV,come pure i P-ERG si presentano sostanzialmen-te nei limiti della norma19,191, ad eccezione dipossibili, ma limitate alterazioni della latenza 191

e dell’ampiezza del potenziale P10051, indicandopertanto una loro scarsa utilità nelle valutazioniiniziali e nel primo follow-up dei pazienti con IIB.Studi più recenti hanno invece rivalutato il ruolodei P-PEV nel follow-up a lungo termine dei pa-zienti con PC/ IIB ormai in fase cronica. In questipazienti, i P-PEV hanno infatti rivelato un signifi-cativo ritardo della latenza del potenziale P100,nella maggior parte dei casi bilaterale, senza evi-denti riduzioni dell’ampiezza del potenziale110. Èstato quindi proposto che la persistente condi-zione di ipertensione endocranica possa causarel’allungamento della latenza del P-PEV attraver-so un processo di demielinizzazione dovuto ameccanismi di compressione diretta sul nervo ot-tico, in modo analogo a quanto si determina incorso di neuropatie compressive dei nervi perife-rici121,162. È stato quindi proposto che la valuta-zione seriata nel tempo delle latenze dei P-PEV,possa permettere di individuare alterazionisub-cliniche della trasmissione visiva a livello delnervo ottico prima che si manifesti un nuovopeggioramento del visus in pazienti con IIBcronica110.

Malattie degenerative Nell’ambito delle patologie neurodegenerative, lostudio della elettrofisiologia della visione non ri-veste un ruolo diagnostico definito, ma offre tut-tavia la possibilità di investigare, con metodicheraffinate e non invasive, i meccanismi fisiopatolo-gici ed il coinvolgimento dei diversi sistemi neu-rotrasmettitoriali implicati nella patogenesi ditali condizioni morbose. Le malattie degenerativedel SNC costituiscono un gruppo vasto ed etero-geneo e pertanto riportiamo qui sole le formeche, nel corso degli anni, sono state più delle al-tre oggetto di studi elettrofisiologici.

a) Malattia di ParkinsonLa malattia di Parkinson è una patologia del siste-ma extrapiramidale dovuta alla degenerazionedelle cellule dopaminergiche della sostanza neramesencefalica e quindi alla compromissione del-le terminazioni dopaminergiche nigro-striatali.La diagnosi clinica si basa fondamentalmente sul-la presenza di specifici segni motori quali bradi-

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cinesia, rigidità, tremore a riposo ed instabilitàposturale e si riconoscono pertanto forme preva-lentemente acinetiche e forme prevalentementetremorigene a seconda del sintomo clinico pre-dominante50,67. Accanto ai sintomi motori, la MPpresenta anche numerosi sintomi non-motori,che possono interessare aspetti cognitivi, com-portamentali, psichici, tono dell’ umore, funzionivegetative e ciclo sonno-veglia e che sono presu-mibilmente l’espressione clinica della compro-missione di sistemi dopaminergici extra-striatali(meso-limbico e meso-corticale) e di altri sistemineurotrasmettitoriali che coinvolgono circuiti se-rotoninergici, adrenergici e colinergici sottocor-ticali e del troncoencefalo28,40. Nell’ambito deidisturbi non-motori della MP sono relativamentecomuni anche alcuni disturbi oculari, dovuti inparte alla riduzione dell’ammiccamento, come laxeroftalmia e le blefariti, ed in parte ad effetti ia-trogeni, come il blefarospasmo, il disturbo di con-vergenza e le difficoltà nella lettura da incremen-to del tono oculare, e soprattutto le illusioni e leallucinazioni visive6,28. In particolare, è importan-te sottolineare che, nella MP, è possibile rilevare,accanto ai sintomi già ricordati, alterazioni dellafunzione visiva, direttamente causate dal deficitdi trasmissione dopaminergica all’interno di alcu-ne strutture parte integrante delle vie visive. Fin dalle prime osservazioni, effettuate negli anni60, numerosi dati sperimentali hanno permessodi documentare che la dopamina (DA) svolge unimportante ruolo di neuromodulazione all’inter-no del sistema visivo123 e che, nello strato inter-plessiforme interno della retina di diversi mam-miferi e dell’uomo, sono presenti neuroni dopa-minergici58,114. Tali neuroni, noti come celluleamacrine A18 e caratterizzati da un ricco alberodendritico, sarebbero coinvolti nell’organizzazio-ne funzionale dei campi recettivi delle celluleganglionari e delle cellule bipolari retiniche e nel-la modulazione dell’attività fisiologica dei diversitipi di fotorecettori, controllando quindi la sensi-bilità e la specificità del messaggio visivo, nelleprime stazioni di ritrasmissione delle vie retino-corticali in condizioni fotopiche e scotopi-che17,54,113,114,203. Per una descrizione più com-pleta della fisiologia della trasmissione dopami-nergica nella retina si consiglia Archibald et al

2009. In base a tali premesse antomo-funzionali,studi di neurochimica ed anatomo-patologicihanno evidenziato un deficit dopaminergico a li-vello retinico in pazienti affetti da MP non tratta-ti farmacologicamente76,136, mentre già nel 1978Bodis-Wollner e Yahr avevano documentato,sempre in pazienti con MP non in terapia, il signi-ficativo ritardo della latenza della P100 dei P-PEV in risposta alla presentazione di un patternsinusoidale alle medie FS di stimolazione, osser-vando inoltre che tale alterazione migliorava inmodo significativo dopo trattamento con l-dopa21. Questo dato elettrofisiologico veniva am-piamente confermato negli studi successivi, con-dotti utilizzando diversi parametri temporali e/ospaziali di stimolazione69,101,137,149,151,160, mentreveniva anche dimostrato che la somministrazionedi antagonisti dopaminergici, come l’aloperidolo,in soggetti sani riproduceva le stesse alterazionidei P-PEV osservate nei pazienti con MP142,180.Per quanto riguarda lo studio funzionale della re-tina, numerosi studi hanno estesamente dimo-strato che nei pazienti con MP, non ancora tratta-ti farmacologicamente, sono presenti alterazionidella latenza e dell’ampiezza del potenziale P50dei P-ERG116,149,151,180. Tali alterazioni sono so-prattutto evidenti alle medie FS di stimolazione(2-5 c/g) con bassi valori di contrasto, meno del50%149,151,184, e risultano particolarmente sensi-bili alla terapia dopaminergica149,150,151. Studielettroretinografici effettuati in soggetti sani,dopo somministrazione di antagonisti selettivi(l-sulpiride) e non selettivi (aloperidolo) per i re-cettori dopaminergici D2, hanno infine dimostra-to che la l-sulpiride era in grado di riprodurre unquadro elettrofisiologico simile a quello osserva-to nei pazienti con MP, suggerendo quindi che ledue classi di recettori (D1 e D2) possono essereimplicati in modo diverso nella genesi dei distur-bi visivi in corso di MP ed avvalorando l’ipotesiche la dopamina esercita una funzione di neuro-modulazione della trasmissione visiva retinica at-traverso l’attivazione di vie D2 mediate181-183. Piùrecentemente sono state riportate alterazionidelle risposte visive anche per presentazione distimoli colorati, a supporto dell’ipotesi che la DAsia coinvolta anche nella modulazione della tra-smissione retinica relativa alla percezione dei co-

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lori. Nei pazienti con MP è stato infatti osservatoil ritardo della latenza e la riduzione della am-piezza delle risposte del P-ERG a tutti i tipi di sti-molo cromatico170,171.

b) Demenza tipo Alzheimer La malattia o demenza di Alzheimer (AD) costitui-sce la più comune causa di demenza nel mondo.Le caratteristiche anatomo-patologiche fonda-mentali della AD sono date dai depositi di beta-amiloide e da alterazioni della trasmissione coli-nergica con marcata riduzione dei livelli di acetil-colina. Sebbene la maggior parte dei pazienti conAD presenta una acuità visiva ed un esame delfondo oculare nella norma93, sono stati riportati,nel 43% circa dei casi, disturbi del visus che pos-sono comprendere deficit nella lettura, nella per-cezione del movimento e dei colori, visione offu-scata o sdoppiata, fino ad arrivare, nelle fasi piùavanzate di malattia, quando la compromissionedelle funzioni cognitive è diventata più severa, adalterazioni dell’attenzione visiva e della memoriavisiva e ad allucinazioni visive più o meno com-plesse129,167. Per poter interpretare tali disturbi èimportante ricordare il ruolo fondamentale svol-to dall’acetilcolina nella trasmissione visiva a li-vello retinico186, la presenza di depositi di beta-amiloide all’interno delle drusen, elementi carat-teristici della degenerazione maculare età-corre-lata32 e, soprattutto, che studi post-mortem inpazienti con diagnosi clinica di AD, hanno riscon-trato placche senili e neurofibrillari a carico deicollicoli superiori, dei corpi genicolati laterali,delle radiazioni ottiche e delle aree visive prima-ria e secondarie200. Dal punto di vista prettamente elettrofisiologico,nei pazienti con AD, ovviamente ancora in gradoeseguire correttamente gli esami, è stata riscon-trata una significativa riduzione dell’ampiezza deiP-ERG107,115,145,187, anche in presenza e P-VEP eF-ERG nei limiti della norma107. In particolare, inuno di questi studi, è stata riportata una correla-zione diretta tra la riduzione dell’ampiezza ed ilritardo della latenza dei potenziali N35, P50 edN95 del P-ERG ed il ridotto spessore delle FNRvalutato con la OCT145. Più recentemente, altristudi di OCT e di tomografia retinica hanno con-fermato, in pazienti con AD, l’assottigliamento

dello spessore delle FNR, indicando quindi che,in questi pazienti, avverrebbe uno specifico dan-no delle cellule ganglionari retiniche, come giàsuggerito dai precedenti dati elettrofisiologi-ci11,44. Ad ulteriore prova dell’esistenza di unacompromissione della retina in corso di AD, nonsono state trovare correlazioni tra l’assottiglia-mento delle FNR, documentato tramite OCT, e lecaratteristiche della P100 dei P-PEV, risultateappunto nei limiti della norma102. Il primitivo co-involgimento della retina in corso di AD, come di-mostrato dagli studi elettroretinografici e da evi-denze morfologiche11,15,16,44, non è comunque daconsiderarsi un elemento patognomonico di ma-lattia. Infatti, in pazienti con AD, studiati in fasidifferenti di malattia e con diverse metodicheelettrofisiologiche, sono state documentate alte-razioni dei P-PEV111,115,156, anche con risposteretiniche conservate111, ad indicare quindi unaprevalente compromissione delle vie visive retro-orbitarie, con relativo risparmio delle cellule gan-glionari. In particolare, alcuni studi con i P-PEVhanno riportato una ridotta sensibilità al contra-sto, soprattutto evidente utilizzando basse FS distimolazione ed altri ancora il ritardo della com-ponente P2 dei F-PEV con conservazione dellaP100 dei P-PEV41,107, interpretando tale datocome l’espressione della compromissione dellacortecce visive associative, particolarmente ric-che di terminazioni colinergiche41. Altri Autori,infine hanno registrato in pazienti con AD, P-ERG e P-PEV nella norma, suggerendo che le al-terazioni visive, riportate dai pazienti, potesseroderivare soprattutto dal coinvolgimento dellearee associative visive, piuttosto che da un dan-no diretto della via retino-calcarina vera e pro-pria167.L’ insieme di tali dati conferma quindi che nellaAD la trasmissione e l’elaborazione dello stimolovisivo può essere compromessa lungo tutta la viaretino-corticale, dalle cellule ganglionari alle areevisive associative.

EmicraniaL’emicrania è una patologia di interesse neurolo-gico estremamente frequente nella popolazionegenerale caratterizzata da una estrema varietànella presentazione clinica. In base ai numerosi

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151Potenziali evocati visivi e patologie neurologiche

segni e sintomi specifici che contraddistinguonole diverse forme di emicrania, è infatti possibileclassificare l’emicrania in diversi sottotipi specifi-ci. La patogenesi delle comuni forme di emicra-nia, con e senza aura, è piuttosto eterogenea e di-pende della variabile combinazione di differentigeni, con una diversa suscettibilità a svilupparetale disturbo132. Poiché si tratta di un disordinedi tipo funzionale, che non si associa a particola-ri danni strutturali a carico del SNC, le metodicheelettrofisiologiche sembrano rappresentare glistrumenti più adatti per studiarne i meccanismifisiopatologici, che possono coinvolgere il siste-ma trigemino-vascolare, il troncoencefalo e lacorteccia cerebrale. Accanto al ben noto quadroElettroencefalografico (EEG), che comprenderallentamenti ed asimmetrie dell’attività di fon-do47, i dati elettrofisiologici ottenuti negli ultimianni, grazie soprattutto a metodiche diEEGgrafia quantitativa e di Stimolazione Magne-tica Transcranica (TMS), hanno permesso di evi-denziare una diffusa depressione dell’attivitàbioelettrica corticale, durante l’attacco emicrani-co, preceduto o meno dal fenomeno dell’aura,mentre è stata ipotizzata una ipereccitabilità del-la corteccia visiva nel periodo che intercorre traun episodio emicranico ed il successivo9.Nell’ambito dell’applicazione dei PEV allo studiodell’emicrania, gli Steady-state P-PEV(SS-P-PEV) si sono rivelati strumenti utili nel distin-guere elettrofisiologicamente i pazienti affetti daemicrania dai soggetti sani e, in modo più speci-fico, i pazienti con emicrania senza aura da quel-li con aura visiva45,176. È stato infatti trovato chel’ampiezza dei SS-P-PEV, registrati nelle fasi libe-re da crisi in pazienti con aura visiva, era maggio-re rispetto a quella riscontrata in pazienti conemicrania senza aura ed in controlli sani65,173,176.I dati di tali studi suggeriscono quindi che, nellefasi inter-critiche, i pazienti con emicrania pre-sentano un incremento dell’attività della cortec-cia visiva primaria, probabilmente legata all’ipe-rattività dei meccanismi che regolano l’eccitabili-tà neuronale corticale4 e che, in caso di emicra-nia con aura visiva, tale iperattività interessa an-che le aree visive associative176. Risultati similisono stati ottenuti anche con i TR-P-PEV che,utilizzando differenti frequenze spaziali di stimo-

lazione, hanno mostrato l’incremento dell’am-piezza delle riposte visive e quindi la possibilità diuna persistente alterazione intercritica dei pro-cessi visivi pre-corticali in pazienti emicranicicon aura visiva27,141. Sempre studi con TR-P-PEVhanno inoltre evidenziato una ipereccitabilitàdella corteccia visiva nelle fasi che precedonol’attacco emicranico, in linea con l’ipotesi che lapatogenesi dell’emicrania implichi un’alterazioneciclica dei meccanismi di eccitabilità corticale169.Asimmetrie nelle risposte dei P-PEV sono stateampiamente descritte in pazienti emicranici, atestimoniare una diversa attivazione delle cor-tecce visive in caso di emicrania, tuttavia la late-ralizzazione delle alterazioni di ampiezza e sensi-bilità al contrasto, osservata con R-P-PEV constimolo a tutto campo e mappe corticali e con R-P-PEV con stimolazione ad emicampi, non è ri-sultata in correlazione con la sede dell’aura visi-va o del dolore emicranico42,106. Infine, P-PEVsomministrati in sequenze ripetute durante lapresentazione di uno stimolo tipo PatternReversal mostrato al soggetto in modo continuo,hanno evidenziato l’assenza del fisiologico feno-meno dell’ ”abitudine”, cioè della riduzione del-l’ampiezza della risposta evocata, o addirittura ilsuo potenziamento in pazienti affetti da emicra-nia, con e senza aura, registrati durante l’inter-vallo libero tra una crisi e l’altra1,172. Il fenomenodell’“abitudine” è un fenomeno ubiquitario nelSNC che implica l’attivazione di complessi mec-canismi funzionali ed avrebbe il compito di impe-dire una iperattività corticale. Nella corteccia ce-rebrale tale fenomeno sarebbe modulato dai neu-roni eccitatori, che ricevono afferenza talamo-corticali dagli interneuroni inibitori corticali e co-involgerebbe diversi sistemi neurotrasmettitoria-li cortico-sottocorticali eccitatori ed inibitori128.La mancata riduzione dell’ampiezza delle rispo-ste corticali alla presentazione di una stimolazio-ne sensoriale ripetitiva sembra quindi rivestireun ruolo importante nella patogenesi dell’emicra-nia, ed è tuttora dibattuto se tale fenomeno, tipi-co delle fasi intercritiche, sia dovuto ad un incre-mento o piuttosto ad una riduzione dell’eccitabi-lità della corteccia visiva. È stato infatti ipotizza-to che il deficit di abitudine o il potenziamentodella risposta nei pazienti emicranici possa esse-

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re causato dalla riduzione del livello di pre-attiva-zione dell’eccitabilità delle corteccia visiva espiegato considerando il modello del cosi dettofenomeno di “ceiling effect”112. In base a tale mo-dello il fenomeno dell’“abitudine”, in risposta aduna stimolazione sensoriale ripetitiva, si verifi-cherebbe quando viene raggiunto il tetto (“cei-ling”) della massima attivazione corticale, che ri-sulterebbe pertanto tanto più precoce tanto più èalto il livello di pre-attivazione corticale26.Indipendentemente dalle possibili interpretazio-ni patogenetiche, il deficit del fenomeno dell’“abitudine” è stato ampiamente dimostrato, neiperiodi liberi da episodi di emicrania, utilizzandodiverse modalità di stimolazione, non solo visivema anche nocicettive, acustiche, evento-correla-te, ha un carattere familiare ed è soggetto a mo-dulazioni periodiche con un recupero pressochécompleto durante l’attacco emicranico e durantetrattamento con farmaci di profilassi emicrani-ca173.

Alterazioni primitive delle cellule ganglionari retiniche Neuropatia ottica ereditaria di Leber e Neurite ottica dominante tipo Kjer ( DOA)La neuropatia ottica di Leber (NOL) e la Kjer-type neurite ottica dominante (NOD) costitui-scono le forme ereditarie più comuni di malattiaprimitiva delle cellule ganglionari retiniche. LaNOL si presenta clinicamente con una progressi-ve perdita del visus bilaterale non associata a do-lore orbitarlo ed è legata a mutazioni nel menomamitocondriale165. Le donne sono colpite menofrequentemente degli uomini, e poiché esiste unatrasmissione a penetranza incompleta, devonoessere probabilmente presenti altri fattori deter-minanti. Nella maggior parte dei casi la malattiasi manifesta tra gli 11 ed i 30 anni e si associa agravi alterazioni elettrofisiologiche delle vie visi-ve, che in alcuni casi precedere le manifestazionicliniche della malattia. I P-PEV, quando registra-bili, sono marcatamente alterati con ritardo dellalatenza e desincronizzazione del potenziale P100e si associano costantemente ad una severa ridu-zione dell’ampiezza del potenziale N95 del P-ERG, espressione diretta della degenerazione

che colpisce le cellule ganglionari. Viceversa, ilpotenziale P50 si presenta in genere intatto. La NOD è dovuta ad una mutazione sul cromoso-ma 3 in OPA12. Anche in questo caso si verificauna progressiva perdita dell’acuità visiva, asso-ciata a pallore della papilla, scotoma centroceca-le e deficit per la visione dei colori193. Studi isto-patologici ed elettrofisiologici hanno confermatola degenerazione delle cellule ganglionari retini-che che causa la successiva atrofia delle fibre delnervo ottico. Come osservato per la NOL, i P-PEVsono marcatamente ritardati, ma è possibile unrelativo mantenimento della morfologia del po-tenziale P100 almeno nelle fasi iniziale di malat-tia, in quanto le alterazioni dell’ampiezza dellaP100 sono relative allo stadio ed alla forma clini-ca di malattia. Le alterazioni del P-PEV sono ingenere precedute dalla riduzione dell’ampiezza oaddirittura dalla mancata riproducibilità del po-tenziale N95 del P-ERG13 e, talvolta, si possonoosservare profonde alterazioni dei potenziali reti-nici, in assenza di una altrettanto grave compro-missione dei P-PEV. Nelle fasi più avanzate dimalattia si osserva infine la riduzione di ampiez-za e l’accorciamento della latenza del potenzialeP50, quale espressione dell’estesa perdita dellecellule ganglionari che contribuiscono a generareentrambe le componenti del P-ERG85. Va tuttaviariportato che, nella NOD, la P50 può essere sem-pre individuata, anche quando le risposte dei P-PEV risultano ormai indistinguibili. L’accor-ciamento della latenza della P50 riflette la perdi-ta delle cellule ganglionari: in assenza di tali com-ponenti la latenza della P50 deriva esclusivamen-te dalle componenti più anteriori del potenziale.

MiscellaneaI traumi cranici commotivi possono determinarefrequentemente il ritardo del tempo di latenzadei P-PEV, interpretato come il risultato di undiffuso danno/stiramento assonale e l’entità del-l’alterazione elettrofisiologica è stata correlataalla severità del trauma e del possibile coinvolgi-mento cognitivo196. Alterazioni dell’ampiezza, ma soprattutto il ritar-do della latenza dei P-PEV possono essere pre-senti in corso di alcolismo, disordini metabolici,stati tossici come l’uremia e sindromi carenziali

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153Potenziali evocati visivi e patologie neurologiche

tra cui il deficit vit B12 che rappresentano causefrequenti di polineuropatie periferiche di tipo as-sonale e/o demielinizzante con disordini dellaconduzione nervosa. Lo studio dei potenziali evo-cati in corso di disturbi del metabolismo si basasulla considerazione che, queste condizioni, pos-sono interferire con la produzione e/o l’utilizzazio-ne dei processi energetici, necessari per l’attivitàdei neuroni, relativa al mantenimento del poten-ziale di membrana, dell’oligodendroglia deputataalla produzione di mielina e degli astrociti proto-plasmatici coinvolti nella regolazione dell’omeo-stasi ionica e degli scambi metabolici tra i neuro-ni. In particolare, in corso di sindrome da carenzadi vitamina B12 con manifestazioni neurologiche(mielo-neuropatie, neuropatie assonali e/o de-mielinizzanti, deficit cognitivi) sono possibili alte-razioni della latenza e della morfologia della P100,direttamente correlate alla durata della malat-tia131,158, ma che possono normalizzarsi con il ri-pristino di valori regolari di vitamina B12158.

Conclusioni L’elettrofisiologia della visione costituiscetutt’oggi un valido strumento per la valutazio-

ne della funzione del nervo ottico e dell’ inte-grità delle vie visive, e viene comunementeutilizzata, accanto alle metodiche neuroradio-logiche, per completare l’inquadramentodiagnostico/clinico del paziente in esame.Nella corrente pratica clinica neurologica lostudio elettrofisiologico delle vie visive è prin-cipalmente utile per confermare o per esclu-dere la presenza di una neuropatia del nervoottico e per indirizzare l’ulteriore iter diagno-stico-strumentale. In particolare i P-PEV per-mettono di documentare, in modo affidabile,rapido e non invasivo, l’esistenza di un pro-cesso demielinizzante a carico del nervo otti-co, anche in assenza di apprezzabili disturbidel visus. Pur essendo altamente sensibili alcoinvolgimento del nervo ottico, i P-PEV nonsono tuttavia specifici di un deficit delle vieottiche retro orbitarie e devono pertanto es-sere sempre associati a test che indagano lafunzione retinica e maculare, come i P-ERG ogli mf-ERG, in modo da poter escludere che ilritardo della latenza o le altre anomalie del P-PEV possano essere il risultato di una soffe-renza della macula o delle regioni anteriori alnervo ottico.

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