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LUIGI RENZOVescovo di Mileto-Nicotera-Tropea

LA %DICERIPRENDERÀ

VIGORE

Un germogliospunterà dal tronco di Iesse,

un virgulto germoglierà dalle sue radici(Is 11,1)

LE&E% PASTO%LE2010 • 2011

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In copertinaScuola inglese, L’albero di Iesse (sec. XII), Londra

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“Un germogliospunterà dal tronco di Iesse,

un virgulto germoglierà dalle sue radici.Su di lui si poserà lo spirito del Signore,spirito di sapienza e di intelligenza,spirito di consiglio e di fortezza,

spirito di conoscenzae di timore del Signore”.

(Is 11,1-2)

d d

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ILASCIARSI COINVOLGERE

Ai carissimi fedeli laici e consacrati,Sacerdoti, Religiosi e Religiosedella Diocesi

1. Sta per aprirsi per la Chiesa Italiana un nuo-vo percorso pastorale che nel prossimo decennio(2011-2020) la vedrà impegnata ad interrogarsi piùprofondamente sulla emergenza educativa al fine didare risposte concrete a questo nostro tempo di pen-siero liquido, di mancanza di riferimenti etici ogget-tivi, di relativismo culturale ed esistenziale.A detta di tutti è tempo di crisi e di recessione

economica, ma è soprattutto tempo di crisi etica edantropologica, che chiama in causa il problema dellaeducazione.Questo nostro mondo, privo di ogni slancio e ten-

sione ideale, più che verso la “civiltà dell’amore”, stascivolando - affermava Giovanni Paolo II - “versol’inciviltà dell’individualismo, dell’utilitarismo, degliinteressi contrapposti, degli egoismi eretti a sistema” 1.

Il nuovodecenniopastorale

1 Cf GIOVANNI PAOLO II, Angelus, 13 febbraio 1994.

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Tutti ci rendiamo conto di trovarci in una con-giuntura di radicali ed incalzanti mutamenti, cheminacciano di travolgere lo stesso senso di umanità,la sopravvivenza dell’uomo sulla terra ed ogni istan-za religiosa. Siamo ad un bivio pericoloso, per cui èpiù che mai urgente mettere insieme risorse ed im-pegno per non finire in un baratro senza uscite.

2. Anche come Chiesa locale di Mileto-Nicotera-Tropea non possiamo non interrogarci per discerne-re la nostra situazione particolare e puntare in altomettendoci alla scuola del Vangelo e ripartire daCristo, maestro e pastore.“Le comunità ecclesiali - scrivono i Vescovi Italia-

ni - devono avvertire l’urgenza di testimoniare …una speranza che guardi con fiducia al futuro” 2. Ilcristiano non può rassegnarsi alle dinamiche dellastoria con la certezza che con Cristo nel cuore ilcambiamento è possibile e che, perciò, anche la sto-ria può e deve convertirsi e progredire.Scatta, allora, per le comunità cristiane - e quindi

anche per noi - la necessità di ricompattarsi al fine diriproporre a se stesse ed alla società civile quelle “ri-sorse spirituali, morali e culturali che germoglianoda un rinnovato annuncio del Vangelo e dall’espe-rienza cristiana, dalla presenza capillare nel territo-rio delle parrocchie, delle comunità religiose, delleaggregazioni laicali e specialmente dell’Azione Cat-tolica, delle istituzioni educative e di carità”, che“fanno vedere e toccare l’amore di Dio e la materni-

ComeChiesalocale

2 Cf CEI, Per un Paese solidale. Chiesa Italiana e Mezzogiorno, 2010, n. 14.

8 LUIGI RENZO

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tà della Chiesa, popolo che cammina nella storia epunto di riferimento per la gente” 3.A ragion veduta, pertanto, e coscienti del loro

compito magisteriale e dell’urgenza di accogliere lasfida dell’odierna società, i Vescovi d’Italia hannovoluto puntare come “Orientamenti Pastorali” per ilprossimo decennio sull’educazione e formazione dipersonalità cristiane capaci di essere fermento nuovoe spinta evangelica di rinnovamento radicale nellanostra cultura post-moderna, materialistica, narcisi-stico-immanentistica e povera di valori oggettivi.

3. Il titolo dato al documento progettuale di baseMaestro dove abiti? Discepoli di Gesù per educare nella veritàdell’amore è sintomatico e caratterizzante e punta al-l’educazione-formazione della coscienza ed alla co-scienza. Non ci può essere una vera ripresa cristianase non si ritorna al “discepolato”, alla scuola di Ge-sù: “Maestro dove abiti?”, gli chiedono i due disce-poli del Battista; e Gesù: “Venite e vedrete”; e “quelgiorno rimasero con Lui” (cf Gv 1,38-39).Il discepolo è prima di tutto interlocutore diretto

di Gesù, pronto a “rimanere” con Lui a fare espe-rienza di vita, a maturare con Lui e a lasciarsi coin-volgere fino in fondo. È da questo “innestarsi” inGesù che nasce e si rinfocola l’amore e l’entusiasmo,che portano all’impegno ed alla presenza del disce-polo nella storia.Imparare “il mestiere” del cristiano vero spec-

chiandosi in Gesù è la prima educazione che aiuta a

Maestrodoveabiti?

3 Cf Ibidem, n. 14.

LA RADICE RIPRENDERÀ VIGORE 9

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recuperare in sé senso e identità; quel senso ed iden-tità messi in crisi dalla cultura e dalla prassi attualeanche in ambienti e situazioni di matrice e di tradi-zione cristiana.

4. Ripartire come e da “discepoli di Gesù” saràfondamentale per essere significativi e di sfida alle fi-losofie ed alle molte verità individuali, che irretisco-no l’uomo di oggi. “La verità vi farà liberi” (Gv8,32); e la Verità, lo sappiamo, è Gesù: “Io sono laVerità” (Gv 14,6).Su queste stesse coordinate, ormai da più tempo

anche il Papa Benedetto XVI sta richiamando laChiesa, a cui si impone il dovere morale di non di-sattendere il suo compito educativo e la sua missionedi salvezza. Il Papa ha nuovamente ribadito nell’ulti-ma Assemblea Generale della CEI: “Mi sembra ne-cessario andare fino alle radici profonde di questaemergenza per trovare anche le risposte adeguate aquesta sfida”. E di queste “radici profonde” da acco-gliere come sfida il Sommo Pontefice ne ha prospet-tate due in particolare:

“Una radice essenziale consiste in un falso concettodi autonomia dell’uomo: l’uomo dovrebbe sviluppar-si solo da se stesso, senza imposizioni da parte dialtri, i quali potrebbero assistere il suo autosvilup-po, ma non entrare. In realtà è essenziale per lapersona umana il fatto che diventa se stessa solodall’altro, l’«io» diventa se stesso solo dal «tu» edal «voi», è creato per il dialogo. …È solo l’incon-tro con il «tu» e con il «noi» che apre l’«io» a sestesso. Perciò la cosiddetta educazione antiautori-

Ripartireda discepoli

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taria non è educazione, ma rinuncia all’educazio-ne”. Occorre quindi - aggiunge il Papa - “superarequesta falsa idea dell’autonomia dell’uomo comeun «io» completo in se stesso” 4.

La seconda radice dell’emergenza educativa,continua Benedetto XVI,

“Io la vedo nello scetticismo e nel relativismo o, conparole più semplici e chiare, nell’esclusione delledue fonti che orientano il cammino umano. Laprima fonte dovrebbe essere la natura secondo laRivelazione. Ma la natura viene considerata oggicome una cosa puramente meccanica, e quindinon contiene in sé alcun imperativo morale, alcunorientamento valoriale. La Rivelazione viene con-siderata come momento dello sviluppo storico,quindi relativo come tutto lo sviluppo storico e cul-turale. … E se tacciono queste due fonti, la naturae la Rivelazione, anche la terza fonte, la storia,non parla più, perché anche la storia diventa soloun agglomerato di decisioni culturali, occasionali,arbitrarie, che non valgono per il presente e per ilfuturo” 5.

5. Abbiamo davanti un orizzonte culturale ed an-tropologico molto serio, che va considerato e studia-to, al fine di intervenire e predisporre quegli itinerariformativi illuminati e credibili in grado di aiutare ilpopolo cristiano a fondare il cammino su certezze,

Il nuovoorizzonteculturale

4 Cf BENEDETTO XVI, Discorso alla 61a Assemblea Generale della CEI,Roma 27 maggio 2010.

5 Cf Ibidem.

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contando sulle nuove generazioni spesso vittime del-le nostre contraddizioni e controtestimonianze. Ildifficile rapporto tra i giovani e la fede è certamenteconseguenza del “generalizzato disinteresse per ilmondo della fede da parte degli uomini e delle don-ne di oggi” 6.Il compito educativo che ci aspetta, pertanto, per

non restare aleatorio e senza stimoli necessita di unaconcreta presa d’atto e di precisi strumenti operativi.Necessita innanzi tutto di luoghi credibili, come cisollecita ancora Benedetto XVI: “Anzitutto la fami-glia, con il suo ruolo peculiare ed irrinunciabile; lascuola, orizzonte comune al di là delle opzioni ideo-logiche; la parrocchia “fontana del villaggio”, luogoed esperienza che inizia alla fede nel tessuto delle re-lazioni quotidiane” 7.Occorre, quindi, una pastorale oculata, con

obiettivi chiari e strategie idonee al tempo e allastagione che stiamo vivendo, senza scoraggiamentio atteggiamenti rinunciatari e senza altresì ignorareche la mentalità e gli stili di vita non sono quelli diuna volta. Oggi sono diversi i criteri valutativi e letensioni ideali nel cuore degli uomini, per cui a si-tuazioni e contesti umani e culturali nuovi è neces-sario corrispondere con stile profetico, con l’entu-siasmo dei neofiti e con la certezza di essere “invia-ti” da Cristo: “Andate e fate miei discepoli tutti ipopoli” (Mt 28,19).

6 Cf A. MATTEO, La prima generazione incredula. Il difficile rapporto tra igiovani e la fede, Soveria Mannelli 2010, p. 15.

7 Cf BENEDETTO XVI, citato Discorso all’Assemblea CEI.

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6. È proprio con Cristo nel cuore che vogliamoripartire in questo nuovo anno pastorale per consoli-dare le ragioni della nostra appartenenza alla Chiesae per rivitalizzare il nostro imprescindibile impegnomissionario. Ripartire da Cristo significa “ritrovare ilprimo amore”, la scintilla ispiratrice e la radice dacui è iniziato il nostro discepolato. Questo ci consen-tirà di capire e di accogliere il pressante invito chegià Giovanni Paolo II rivolgeva alla Chiesa all’iniziodel millennio: “prendere il largo” (“Duc in altum”).La contemplazione del volto crocifisso e glorioso

di Cristo e la testimonianza del suo amore nel mon-do dovranno portare tutti e ciascuno a ravvivare “ildesiderio di una più intensa vita evangelica”. È que-sta la forza dell’invito di Gesù “a prendere il largo”(Lc 5,4); è questa la risposta coinvolgente “al dram-ma dell’umanità, vittima dell’odio e della morte” 8; èquesto l’urgente compito educativo che dovrà carat-terizzare il prossimo decennio anche nella nostradiocesi, a partire da subito.Con coraggio, allora, prendiamo il largo senza

paura, con la convinzione che:

“Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse,un virgulto germoglierà dalle sue radici.Su di lui si poserà lo spirito del Signore,spirito di sapienza e di intelligenza,spirito di consiglio e di fortezza,spirito di conoscenzae di timore del Signore” (Is 11,1-2).

Con Cristonel cuore

8 Cf Ripartire da Cristo, Istruzione Congregazione Istituti Vita Con-sacrata e Società di Vita Apostolica, 2002, n. 1.

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Per riflettere

1. Quali sono i punti deboli ed i punti forza del no-stro “discepolato” con Gesù? Come individuali-smo, scetticismo, indifferenza e diffidenza verso ilfatto religioso condizionano la vita del singolocristiano e delle nostre comunità parrocchiali?

2. Lo stile autonomista e narcisista in che misuraancora caratterizza le nostre parrocchie? Cosa sipropone concretamente per uscire da una pasto-rale autoreferenziale, talora in contraddizionecon le linee operative comuni (vedi, per esempio,l’amministrazione dei Sacramenti, l’organizza-zione delle feste religiose, ecc.)?

3. Quali sono state nel recente passato e al presentele realizzazioni umane e pastorali più significati-ve e degne di memoria delle nostre comunitàparticolari?

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IIRIPARTIRE DALLA RADICE

“Camminate uniti a Lui (Cristo),essendo radicati ed edificati in Luie confermati nella fede, come vi è stato insegnato”.

(Col 2,7)

7. La radice, come si sa, è la parte della piantache alimenta l’albero e ne consente lo sviluppo. Ol-tre alla prosperità, inoltre, la radice indica anche latenacia e la profondità con cui uno aderisce ad unqualcosa, o vi è immerso.Nella vita cristiana la radice è solo ed esclusiva-

mente Cristo, a cui, in forza del Battesimo, siamo“incorporati” (cf LG, n. 31) e su cui siamo “radicatie edificati” (cf Col 2,7; Ef 3,17).La radice, pertanto, è vitale per l’albero e ne re-

gola la fecondità e le stesse funzioni, allo stesso mo-do come l’innesto in Cristo è per il cristiano il cor-done ombelicale per mantenersi in vita e portare ifrutti attesi.

Ripartire dalla radice, pertanto, è un invito a volerriscoprire la forza sorgiva della propria fede ripar-tendo da Cristo e dal suo Vangelo, radice ed unica

La radicee l’albero

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ragion d’essere del cristiano e della Chiesa nel mon-do e nella storia.Per coglierne la valenza è paradigmatica e fon-

dante la parabola della vite e dei tralci. Da qui possiamocapire fino in fondo il progetto di Dio sull’uomo edavere le coordinate precise del discepolato e dellamissione educativa, ricordando il forte monito diGesù “senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5).

Gesù la vera vite - “Io sono la vite vera e il Padre mioè l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non portafrutto, lo taglia e ogni tralcio che porta frutto, lopota perché porti più frutto. Voi siete già puri acausa della parola che vi ho annunciato. Rimanetein me ed io in voi. Come il tralcio non può portarefrutto da se stesso se non rimane nella vite, così ne-anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite,voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, porta mol-to frutto, perché senza di me non potete far nulla.Chi non rimane in me viene gettato via come iltralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nelfuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mieparole rimangono in voi, chiedete quello che vole-te e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padremio: che portiate molto frutto e diventiate miei di-scepoli” (Gv 15,1-8).

8. Appare evidente dalla volontà di Gesù che nes-suno può operare autonomamente ed isolatamente.Come il Figlio è in comunione col Padre, così il di-scepolo deve mantenersi unito cuore a cuore alMaestro: “Rimanete in me ed io in voi” perché “co-me il tralcio non può portare frutto da se stesso se

Come il Figlioin comunione

col Padre

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non rimane nella vite, così neanche voi se non rima-nete in me”.Dal “rimanere” dipende il “portar frutto” ed il

“portar frutto” costituisce veri discepoli: “In questo èglorificato il Padre mio: che portiate molto frutto ecosì diventiate miei discepoli”. È dal portare “moltofrutto” in Gesù che dipende, pertanto, la nostra pro-mozione a discepoli, non prima.Commentando il brano giovanneo il Papa Bene-

detto XVI puntualizza come, malgrado il nostro im-pegno, “Non siamo noi che dobbiamo produrre ilgrande frutto; il Cristianesimo non è un moralismo,non siamo noi che dobbiamo fare quanto Dio siaspetta dal mondo, ma dobbiamo innanzitutto en-trare in questo mistero ontologico: Dio si dà Eglistesso. Il suo essere, il suo amare, precede il nostroagire e, nel contesto del suo Corpo, nel contesto del-lo stare in Lui, identificati con Lui, nobilitati con ilsuo Sangue, possiamo anche noi agire con Cristo” 1.L’etica, il comportamento, sono conseguenza del-

l’essere: “prima il Signore ci dà un nuovo essere … eda questo essere poi segue l’agire con una realtà or-ganica, perché ciò che siamo, possiamo esserlo an-che nella nostra attività” 2.

9. “Rimanere - andare - portare frutto”: è la tri-logia di intenso valore che delinea l’operare del di-scepolo come esplicitazione e sviluppo fecondo della

Rimanereandareportare frutto

1 Cf BENEDETTO XVI, Lectio divina tenuta al Pontificio SeminarioRomano Maggiore, 12 febbraio 2010.

2 Cf Ibidem.

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grande storia dell’amore di Dio per l’uomo. Dio cer-ca l’amore della sua creatura, vuole entrare in unarelazione d’amore, in una “relazione sponsale” con ilmondo tramite il popolo da lui eletto (la vigna/la vi-te coltivata dal vignaiolo, cioè dal Padre).Il rapporto con il mondo il discepolo lo vive in

piena osmosi con Dio-Trino e lo costruisce primaria-mente con un cammino ascetico di svuotamento co-stante di sé prendendo a modello Gesù Cristo, ilquale “pur essendo di natura divina, non consideròun tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, maspogliò se stesso, assumendo la condizione di servo edivenendo simile agli uomini” (Fil 2,6-7).Ne viene come naturale conseguenza e sviluppo

l’immagine di una Chiesa “concentrata nel misterodi Cristo e insieme aperta al mondo”, una Chiesache si radica e si costruisce sulla Parola-Cristo, con-vinti che “non c’è rinnovamento, anche sociale, chenon parta dalla contemplazione” 3; una “Chiesaaperta alla Città”, cioè inserita nella società ed insie-me radicata nel suo Signore.“Il primo impegno a cui siamo chiamati, allora, è

una rinnovata esperienza del mistero di Cristo … ri-velazione dell’amore del Padre, Signore della storia,fondamento e compimento di ogni progetto di vita,personale e sociale”, come si esprime la Nota Pasto-rale della CEI a conclusione del Convegno Ecclesia-le di Palermo 4.

3 Cf GIOVANNI PAOLO II, Discorso al Convegno Ecclesiale di Palermo, 1995.4 Cf Con il dono della carità dentro la storia, Nota Pastorale CEI sul

Convegno Ecclesiale tenuto a Palermo dal 20-24 novembre 1995 su“Il Vangelo della Carità per una nuova società in Italia”, 1996, n. 3.

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10. Lo stesso Convegno poneva e continua a por-re ancora oggi con la stessa intensità l’esigenza di un“doveroso esame di coscienza”:

“Come mai - si chiede - la fede cristiana, con i suoicontenuti specifici e le sue esigenze di coerenza,che rafforzano e trascendono il comune senso reli-gioso, incide debolmente sulla mentalità e sul co-stume della gente, che pur si dichiara cattolica?Come mai incide ancor meno nella cultura cosid-detta «alta», nelle proposte culturali dei media, ne-gli indirizzi economici e politici? Non abbiamo an-che noi cristiani delle responsabilità? Non pesanoforse ancora le contro-testimonianze che abbiamodato in passato riguardo all’unità dei cristiani, alrispetto della libertà di coscienza nel servizio dellaverità, alla tutela dei diritti umani fondamentali?Non ci sono ancora oggi ritardi, omissioni, incoe-renze? Ci teniamo saldamente ancorati a GesùCristo con la preghiera, come i tralci alla vite? Ab-biamo il coraggio di testimoniare il Vangelo nelladifesa di ogni uomo, a partire dai più deboli? Qua-li sono i nostri difetti religiosi, morali e sociali chepiù nascondono il volto di Dio-Amore? Qualecontributo culturale possiamo dare al rinnovamen-to del nostro Paese?” 5.

A distanza di 15 anni dalla celebrazione del Con-vegno sono interrogativi che mantengono la lorodrammatica attualità! Quasi che nulla fosse avvenutonel frattempo. Eppure appare a tutti l’urgenza dinon più disattendere il debito che abbiamo come

Doverosoesamedi coscienza

5 Cf Ibidem, n. 8.

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Chiesa verso la storia ed in piccolo verso il nostroterritorio diocesano, attanagliato da grossi problemi,ma ricco altresì di belle risorse, di testimonianze spe-culari, di forte desiderio di cambiare rotta.

11. Se ci è di conforto la promessa di Gesù “Iosono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”(Mt 28,20), non ci esime dal sentire impellente ed in-calzante l’invito “Svegliati e rinvigorisci ciò che ri-mane” (Ap 3,2), conferendo “maggiore consapevo-lezza ed efficacia educativa a tutta la pastorale” 6.Con questo spirito si chiedeva e si chiede ancora

oggi “alle diocesi e alle parrocchie di privilegiare lescelte più idonee a sollecitare la graduale trasforma-zione della pratica religiosa e devozionale di molti inadesione personale e vissuta al Vangelo” e di finaliz-zare “tutta la pastorale all’obiettivo prospettato delnostro progetto catechistico: «Educare al pensiero diCristo, a vedere la storia come Lui, a giudicare la vi-ta come Lui, a scegliere e ad amare come Lui, a spe-rare come insegna Lui, a vivere in Lui la comunionecon il Padre e lo Spirito Santo. In una parola, nutri-re e guidare la mentalità di fede»” 7.Ripartire dalla radice è, allora, mettere attorno

all’albero il “terreno buono” della nostra generosadisponibilità e risvegliare in ognuno “un vero anelitoalla santità, un desiderio forte di conversione e dirinnovamento personale in un clima di sempre più

Oltrela pratica

devozionale

6 Cf Ibidem, n. 13.7 Cf Ibidem, n. 13; anche Il rinnovamento della Catechesi, CEI 1970 e

1988, n. 38.

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intensa preghiera e di solidale accoglienza del prossi-mo, specialmente quello più bisognoso” 8.I tempi sono maturi ed attendere ulteriormente

rende sempre meno credibile la Chiesa, mettendo arischio la sua stessa sopravvivenza significativa e pro-fetica nella storia.Il rilancio della “sfida educativa” per il prossimo

decennio è necessario come la linfa vitale che rendefecondi ed abbondanti di frutti i tralci attaccati allavite. Nulla può impedire di rinfrancare l’amore asso-pito e ripartire fiduciosi, certi che la radice riprende-rà a germogliare ed a fecondare “il tronco di Iesse”(Is 11,1).A riguardo mi sembra esplicativo e per nulla ba-

nale il seguente racconto.

12. Il tamerisco rifiorito - Uno dei tanti incendi ap-piccati ai campi nei mesi più caldi di una passatastagione investì l’angolo del giardino folto di cespu-gli e piante intorno alla casa. L’incendio bruciò tut-to. Grandi fiamme investirono gli eucaliptus, gli ol-mi, i salici; ed arso totalmente fu l’unico cespuglio ditamerisco esistente nel giardino. Prima, in pienaestate, questo cespuglio faceva bella mostra di sé coni suoi lunghi pennacchi fioriti di un bel colore rosacarico. Dopo l’incendio, passando da quell’angolodesolato del giardino, l’occhio correva nel punto do-ve prima c’era il tamerisco. Ora non c’era più nulla.Per gli eucaliptus e le altre piante di alto fusto, un

Il tameriscorifiorito

8 Cf GIOVANNI PAOLO II, Tertio millennio adveniente, EsortazioneApostolica in preparazione all’anno 2000, 1994, n. 42.

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po’ di speranza c’era ancora. Almeno il tronco, siapure bruciacchiato, era rimasto. Non così per i ce-spugli, di cui non era rimasto nulla. Ma la Provvi-denza riservava una bella lezione. Nella tarda pri-mavera, tra l’erba folta, si scorsero un giorno alcuni“getti” un po’ particolari: sono erbacce o altro? Conl’andare del tempo, la forma, il tipo di foglie parla-vano da sé! Era proprio il tamerisco. Nella tardaestate quel modesto cespuglio fiorì. È vero, era unmisero cespuglio paragonato a quello di prima, mala grande prova era passata: il tamerisco era rinato erifiorito!Quale fu mai il segreto del tamerisco? Non c’era

dubbio: le sue radici. Erano rimaste vive le sue radi-ci! E si sa, le radici sono il cuore della pianta. Anzicontengono la pianta. E se sono sane, anche se lapianta è stata distrutta, c’è sempre speranza.Quella del tamerisco è una lezione per tutti! È

una lezione per l’uomo, per ognuno di noi, quandole prove della vita come un incendio sembrano di-struggere tutto e seminare disperazione.Anche davanti alle prove, al cielo più nero, c’è

l’uomo interiore, c’è la radice della vita. Fuori c’è iltronco, ci sono i rami, le foglie, i fiori, i frutti: e ci vo-gliono. Ma il segreto di tutto sta nel profondo, nellaradice, che della pianta è il cuore. È il cuore dell’uo-mo, è l’uomo interiore che conta, il suo carattere, lasua anima, il suo spirito. E questo “uomo interiore”,ben radicato nel profondo, in Cristo, è la sorgentedella vita che si rinnova e si rilancia.Allora, anche gli uragani più forti, gli incendi più

violenti, nonostante i loro disastri immani, potranno

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essere superati: è una iniezione di vita e di speranzaper i nostri pessimismi e le nostre paure di fallimen-to. “Nulla è impossibile presso Dio” (Lc 1,37).

13. Quanto insegnamento e quanti stimoli pos-sono venire anche per le nostre programmazionipastorali, spesso standardizzate, ripetitive e senzamordente.Il decennio che si apre è un appuntamento stori-

co ineludibile, a cui anche come Chiesa locale dob-biamo rispondere senza tentennamenti, con progettichiari ed obiettivi definiti e soprattutto condivisi. Inogni caso è doveroso rispondere all’appello col cuoree con la mente “radicati” in Gesù Cristo. È con Lui,radice di amore e di novità, che le nostre comunitàpotranno rifiorire e risplendere di vera cristianità.La prima risorsa e la più necessaria per una

“nuova evangelizzazione” che accetta la “sfida edu-cativa” e per il rinnovamento della società e dellamentalità in cui viviamo “sono uomini e donne nuo-vi, immersi nel mistero di Dio e inseriti nella società,santi e santificatori. Non basta aggiornare i pro-grammi pastorali, i linguaggi e gli strumenti dellacomunicazione. Non bastano neppure le attività ca-ritative. Occorre una fioritura di santità. Essere santisignifica vivere in comunione con Dio, che è il soloSanto, e poiché Dio è carità, lasciarsi plasmare ilcuore e la vita dalla forza della carità” 9.È la santità la linfa vitale che dalla radice (Cristo)

passa alla pianta, che ne viene irrorata e fecondata.

Donnee uomininuovi

9 Cf Con il dono della carità dentro la storia, n. 10.

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24 LUIGI RENZO

Per riflettere

1. Si può affermare che la nostra vita personale, leattività delle nostre comunità (catechesi - liturgia- carità, ecc.) sono radicate nell’amore di Cristo ene sono il naturale sviluppo?

2. I Santi Patroni che veneriamo e festeggiamo congrande trasporto popolare e sfarzosità ci sono distimolo per convertire a Dio la nostra vita, percercare e percorrere a nostra volta la via dellasantità? È giusto lasciar sfogare i vari … pruriti adanno della missione evangelizzatrice della Chie-sa? Come stimolare concretamente una ripresapositiva e coerente con i principi del Vangelo?

3. Che tipo di incontri si promuovono in Parrocchiaper educare alla riflessione sulla Parola di Dio, al-la preghiera, alla cura della interiorità? Ci sonoanche momenti di gioviale convivenza per incre-mentare il senso della comunità e della familiari-tà fra le persone?

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IIIL’EDUCAZIONE

COME LA PERLA PREZIOSA DEL VANGELO

“Il regno dei cieli è simile ad un mercanteche va in cerca di perle preziose;trovata una perla di grande valore, va,vende tutti i suoi averi e la compra”.

(Mt 13,45-46)

14. Ho voluto riferirmi alla parabola della “perlapreziosa” per scorgere in maniera dialettica e creativalo stile e l’atteggiamento da assumere nella sfidaeducativa che ci attende come Chiesa.Davanti all’eccezionale ed inattesa scoperta, il

mercante della parabola non ha tentennamenti epur di appropriarsi della perla è disposto a venderetutto. Capisce la preziosità del tesoro trovato e viinveste tutto, senza calcolare il rischio. Ma il corag-gio anche del rischio, dell’andare oltre, del guarda-re avanti è tipico del Vangelo e non è mai a fondoperduto.Gesù è solito mettere i discepoli davanti alle esi-

genze radicali del “suo Regno”, per il quale ogni al-tra cosa passa in secondo ordine, anche se dovessetrattarsi dei beni più preziosi quali gli affetti familia-

Versouna comunitàcristiana vera

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ri, la sicurezza economica, le garanzie per il futuro.Oggi Gesù ci chiede di uscire dai nostri “recinti” fi-sici e mentali, di fare a meno delle nostre sicurezze,di qualche nostra tradizione pseudo-religiosa, vec-chia ed inutile, di metodi catechistici superati, ditutto ciò che tarpa la nostra creatività ed inventivapastorale.La parabola ci sollecita a cercare proprio nel-

l’educazione e nella formazione cristiana la “perlapreziosa” di cui impossessarci mettendo da parte tut-to ciò che può impedire di “prendere il largo” versouna comunità cristiana degna di tale nome, in gradodi fare proprie “le gioie, le speranze, le tristezze e leangosce degli uomini di oggi, dei poveri soprattuttoe di tutti coloro che soffrono” (GS, n. 1).

15. “Educare non è stato mai facile e oggi sem-bra diventare sempre più difficile”, ci ricorda Bene-detto XVI. Ma, a parte questo, “non possiamo nonessere solleciti per la formazione delle nuove genera-zioni, per la loro capacità di orientarsi nella vita e didiscernere il bene dal male, per la loro salute nonsoltanto fisica, ma anche morale” 1.L’educazione può apparire oggi un’utopia di dif-

ficile attuazione, viste le premesse culturali imperan-ti, ma ciò che sembra irrealizzabile resta sempre unaprovocazione ed una sfida che vale la pena accettare.Questo darà la misura di una Chiesa che non sismarrisce e non si ferma davanti agli ostacoli perché

L’artedi educare

1 Cf BENEDETTO XVI, Lettera alla Diocesi e alla città di Roma sul com-pito urgente dell’educazione, 21 gennaio 2008.

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sa di portare “una speranza che non delude” inquanto fondata su Gesù Cristo. Del resto la Chiesaha sempre dovuto sfondare muri con la sua novitàirresistibile.“L’utopia educativa”, come viene chiamata, resi-

ste nel cuore dell’uomo malgrado la diversità dellesituazioni contingenti così come la “radice del tame-risco” riprende a germogliare al primo sole di pri-mavera ritrovando in se stessa la forza della vitalità.Ripartire, allora, in questa emergenza educativa

sarà come un “cominciare di nuovo” partendo dalla“radice”. E dal momento che l’educazione è una di-mensione fondamentale e perenne della personaumana, significherà “riprendere il cammino” (forseun po’ trascurato), oppure “riprendere la marcia”(forse diventata stagnante e poco stimolante). Non sitratta certamente di “cominciare da zero” (si sta giàfacendo tanto), ma di scrollarsi quel senso di stan-chezza e di fatica per ritrovare una nuova progettua-lità e metodiche più incisive.L’urgenza di nuovi strumenti di lavoro e di una

progettualità più corresponsabile ed integrata a retemi sembrano esigenze da tutti avvertite. Anche i Cor-si biennali per Operatori pastorali avviati per zone nelladiocesi nell’anno trascorso e le Scuole bibliche, operati-ve già da due anni, si pongono in questo percorsoformativo come risposta alla sfida educativa. Ed iprimi frutti di entusiasmo e di ripresa cominciano avedersi.Ma guardiamo avanti per osare di più, per cam-

minare più spediti e concordi. Il giardino di Dio ri-tornerà ad essere più rigoglioso che mai.

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1. Quale educazione

16. “L’amore alla vita genera amore alla vita”(Natalia Ginzburg). Ma potremmo aggiungere che“l’amore alla vita” produce “nuovi stimoli educativi”per generare “amore alla vita”.Oggi si parla di emergenza educativa, ma c’è da

considerare che è l’idea stessa di educazione ad es-sere in crisi in quanto si è perso il baricentro del-l’esperienza educativa e l’idea stessa di uomo e delsuo futuro. Non è solo questione di metodi e conte-nuti, ma di una antropologia della educazione cheabbia il suo fondamento ed il suo sviluppo nella per-sona umana e nella sacralità della vita come valoriirrinunciabili.Scrive Benedetto XVI che “alla radice della crisi

dell’educazione c’è … una crisi di fiducia nella vita” 2.È un processo inevitabile in una società come la no-stra, in cui, come è stato più volte sottolineato, pre-vale il relativismo su tutti i fronti. Questo, infatti, nelsottrarre “la luce della verità”, porta prima o poiogni persona “a dubitare della bontà della sua stessavita e dei rapporti che la costituiscono, della validitàdel suo impegno per costruire con gli altri qualcosain comune” 3.Non può sorprendere, allora, in questo contesto

culturale, che l’uomo occidentale in particolare siainsidiato da un certo “mal di vivere” che gli provoca

Usciredal “maldi vivere”

2 Cf Ibidem.3 Cf BENEDETTO XVI, Discorso all’apertura del Convegno ecclesiale della

diocesi di Roma su famiglia e comunità cristiana, 6 giugno 2005.

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un calo di desiderio ed una forma di “impotenza neiconfronti della trasmissione generazionale di se stes-so e della volontà di farsi tradizione, di proporsi co-me mondo di esperienza possibile” 4.La crisi dell’idea educativa è quindi la naturale

conseguenza di una stanchezza della nostra civiltà,che si manifesta anche come “deficit di speranza e divolontà di futuro” 5, a discapito e danno delle nuovegenerazioni e dei giovani in particolare rimasti soli esenza protezione in un “deserto di insensatezza” chegenera vuoto culturale e “non senso” esistenziale.

17. È a questa crisi di senso e di volontà chel’educazione deve trovare rimedio uscendo dall’at-tuale “emergenza” e rimotivando sia gli operatori,sia i fruitori dell’azione educativa.La sostanza dell’educazione, pertanto, non è una

tecnica nuova per produrre qualcosa in qualcuno,ma è un agire per attivare la capacità e la passionedi azione di altri. È ciò che prima abbiamo identifi-cato nella “perla preziosa” da cercare e per cui im-pegnare tutto, come il mercante della parabola.Compito dell’educatore, quindi, è prima di tutto

quello “di suscitare e aiutare un’attività che non è luia svolgere, ma l’educando, che per questo è il sogget-to primo dell’educazione. Nell’educazione è perciòessenziale tanto l’essere educati, quanto l’educarsi;educazione e auto-educazione vanno insieme e mi-

Processoeducazione-autoeducazione

4 Cf La sfida educativa, a cura del Comitato per il Progetto Cultura-le della CEI, Roma-Bari 2009, pp. 4-5.

5 Cf Ibidem, p. 5.

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rano a una sintesi antropologica vivente, che integrie armonizzi le diverse dimensioni dell’umano: intel-ligenza e ragione, desiderio e affettività, libertà e di-pendenza” 6.Come Chiesa non possiamo ignorare questo pro-

cesso di educazione-autoeducazione, che fa dell’edu-catore (genitore, sacerdote, catechista, insegnante,ecc.) un testimone credente e credibile di ciò che an-nuncia. Se oggi si vive in un’epoca in cui “tanti sonocosì ansiosi di educare il prossimo, che non hannotempo per educare se stessi” (Oscar Wilde), la comu-nità ecclesiale, volendo accettare la sfida educativa,deve marciare in senso contrario coniugando insie-me con convinzione il compito di evangelizzare conquello di auto-evangelizzarsi e viceversa.

18. Il modello di educatore è Dio stesso, che nonsi limita a creare l’uomo ponendolo nel Paradiso ter-restre, ma gli fa compagnia, lo educa alla condivisio-ne e alla solidarietà, lo genera alla vita e alla sociali-tà, lo responsabilizza davanti al creato. È questo attogenerativo alla vita e alla responsabilità personale esociale che occorrerà sviluppare in misura esplicitanei nostri percorsi formativi.Tradizionalmente la nostra proposta catechetica

si limita a trasmettere i contenuti della dottrina cri-stiana preoccupati, al massimo, di formare “buonicristiani” e “onesti cittadini”. Oggi questo non è piùsufficiente nel senso che l’istruzione religiosa va col-locata in un processo più dinamico che deve portare

Il modelloDio

6 Cf Ibidem, p. 19.

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il soggetto a sentire la necessità di non fermarsi al“sapere le cose di Dio” e ad una personale bontà,ma di preoccuparsi di “agire” e di un agire cristiano“generativo e responsabile”. Ciò che si è appreso èstrumento e spinta ad agire di conseguenza: se que-sto non avviene vuol dire che il processo educativo èmonco.Generare nel contesto educativo-pastorale non

allude solo alla procreatività fisica, ma anche a pro-durre e creare. Generare vuol dire anche “far nasce-re, animare, dare un’anima alla vita personale, so-ciale e culturale. È il crescere e vivere all’interno diuna comunità che completa il processo della proprianascita” 7.Sul piano teologico-pastorale implica come natu-

rale corollario la partecipazione umana all’atto crea-tivo e salvifico di Dio ponendosi nella linea produtti-va della parabola della vite e dei tralci (Gv 15). Inquesta luce, la qualifica “buono” dell’essere compor-ta un agire fertile, produttivo e quindi generativo. Lafede ricevuta diventa esplosione di bene per tutti.Analogamente la qualifica di “onesto” va com-

presa nei termini di un agire giusto e responsabiledavanti a sé e davanti agli altri. L’agire responsabilerende “partners” di Dio e quindi consacra a sentirsiresponsabili degli altri con comportamenti “coscien-ziosi e altruisti”. Non si può essere, per esempio, cri-stiani e non attenersi alle regole della corretta convi-venza civile. È una contro-testimonianza.

7 Cf F. V. ANTHONY, Progetto educativo-pastorale: strategie d’apprendi-mento, in “Itinerarium”, rivista dell’Istituto Teologico “Tommaso”,Messina, anno XVIII (2010), n. 4, p. 53.

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19. L’educazione cristiana non è solo istruzionereligiosa, ma esperienza di vita in un contesto di co-munità di fratelli da amare, da servire e con cui farsicostruttori della civiltà cristiana. Non si è cristiani senon ci si sente responsabili degli altri, se non si cercail bene comune nel bene degli altri.“La vera libertà - insegna Benedetto XVI - si di-

mostra nella responsabilità, in un modo di agire cheassume su di sé la corresponsabilità per il mondo,per se stessi e per gli altri. Libero è il figlio, cui ap-partiene la casa e che perciò non permette che siadistrutta. …Lo Spirito Santo ci rende figli e figlie diDio. Egli ci coinvolge nella stessa responsabilità diDio per il suo mondo, per l’umanità intera. Ci inse-gna a guardare il mondo, l’altro e noi stessi con gliocchi di Dio” 8.A questo deve ispirarsi l’impegno educativo cri-

stiano, superando la prassi del tradizionale “fare ca-techismo” come indottrinamento, spesso anch’essocarente, per offrire spazi più ampi di pratica ed espe-rienza religiosa. Non una catechesi prevalentementesacramentale, ma una catechesi esperienziale conti-nuata ed articolata per archi di età e per ogni età, mi-rata a provocare interrogativi esistenziali prima che adare risposte. Il desiderio crea passione e innamora-mento nel contesto di un processo di autoformazioneche trova linfa vitale in una comunità di appartenen-za, le cui scelte risultano essere credibili e convincentiper tutti. È quel cambiamento di prospettiva e di rot-

Non soloistruzione,

ma esperienza

8 Cf BENEDETTO XVI, Omelia Incontro con i Movimenti Ecclesiali e leNuove comunità, 3 giugno 2006.

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ta, di cui parlavo prima: non si tratta di formare solocristiani “buoni” e cittadini “onesti”, ma anche cri-stiani e cittadini generativi e responsabili.È l’esigenza di “farsi prossimo” nello spirito della

parabola del Buon Samaritano (Lc 10,25-37).Non sarà un compito facile, ma “il gioco varrà la

candela”, se accettiamo la sfida ed assumiamo comecomunità cristiana il ruolo-guida della sentinella,piuttosto che il ruolo rinsecchito di chi difende il sal-vabile per non morire di inedia.Osare è il verbo che ci appartiene; osare sempre

di più per ridare alla Chiesa la sua identità fonda-mentale di comunità educante appassionata dell’uo-mo e del suo futuro.

2. La Chiesa comunità educante

20. Sembra assodato, a questo punto, che laChiesa più che insegnare, deve educare, cioè deverendersi parte attiva, con tutte le sue componenti,del processo di maturazione della fede dei suoi figli,accompagnandoli con tenerezza materna nella sco-perta del Vangelo non come dottrina, ma come re-gola da seguire: la nostra “perla preziosa”, che solapuò dare vita all’esistenza.A questo mondo sprecato nella coscienza indivi-

duale e nella ricerca di una libertà liquida, la comu-nità cristiana, riscopertasi comunità educante, nonbloccata nelle sue sicurezze e parte viva del contestosociale e culturale ricorda e testimonia che l’impe-gno di umanizzazione dell’uomo e quindi della sua

La comunitàeducante

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stessa libertà più autentica “non può dirsi davverocompiuto se non si coniuga con l’attenzione alla tra-scendenza, che è ciò che fa di ogni persona un’im-magine di Dio. Da questa consapevolezza nasce l’ur-genza di tenere viva la preoccupazione per la distan-za che esiste tra la fede cristiana e la mentalità mo-derna e contemporanea e che stimola i cristiani anon sponsorizzare mai alcuna teoria messianica chevoglia trovare pieno compimento nella storia” 9, inquesta nostra storia fuori da ogni contesto di tra-scendenza e di ulteriorità.

21. È una sfida educativa quella che aspetta laChiesa, che non può non portarla a mettersi in di-scussione, a discernere bene ed a scommettere sulVangelo e sulla speranza. Per tutto questo è necessa-ria la presenza attiva dei laici come valore fonda-mentale.Siete voi laici che potete portare nella comunità

la ricchezza della vostra esperienza umana e nelterritorio la forza della vostra testimonianza e com-petenza!Ed è proprio nell’ottica della testimonianza che si

potrà mettere a fuoco la figura del laico. “La voca-zione laicale raccomanda e presuppone la cura dellaformazione, il riconoscimento dei doni di ciascuno,la creazione di nuovi ministeri, la responsabilità chedeve essere richiesta e riconosciuta, l’autonomia perl’impegno nel mondo, nella professione, nel terzia-

Laresponsabilità

dei laici

9 Cf V. ORLANDO-M. PACUCCI, La Chiesa comunità educante, Bologna2008, p. 65.

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rio, nella «polis», nell’agone politico, negli spazi cul-turali, nella missione «ad gentes». Il laico, come te-stimone, dovrà immaginare un triplice spazio di curadi sé, in particolare la sua vocazione formativa, co-munionale e secolare” 10.

22. La Chiesa (la diocesi, la parrocchia) si trasfor-ma in comunità educante se diventa capace di mobi-litare le sue forze evitando il rischio di clericalizzareil laicato. Questo è capace di aprire strade nuove,ma da semplice collaboratore dell’apostolato gerar-chico deve diventare e sentirsi corresponsabile diuna comune passione evangelica.Qui si colloca l’importanza e l’urgenza dei Consi-

gli Pastorali a vario livello, le Commissioni di lavorodegli Uffici diocesani, le Consulte laicali, ecc.Con questa nuova - veramente non proprio nuo-

va - logica la diocesi, come le parrocchie, dovrannoa breve trasformarsi in veri e concreti laboratorieducativi e formativi senza dare nulla per scontato,senza trincerarsi in posizioni e scelte pastorali desue-te quanto improduttive, nella convinzione che unacomunità educante passa attraverso le strade delmondo e non soltanto fra le mura delle sagrestie.Con un laicato vivo e vitale la parrocchia come or-gano capillare della presenza della Chiesa locale po-trà “proiettare nel territorio una nuova immagine e,soprattutto, un nuovo stile di vita comunitaria sia ec-clesiale che civile, e contribuire efficacemente alla

Dacollaboratoriacorresponsabili

10 Cf F. G. BRAMBILLA, Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo,in Atti del IV Convegno Ecclesiale Nazionale Verona (16-20 ottobre2006) sull’omonimo tema, Bologna 2008, pp. 153-54.

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sua instaurazione, a cominciare dall’assetto urbani-stico in cui opera” 11.Resta sempre valida per tutti l’esortazione-am-

monizione di S. Paolo: “Non conformatevi allamentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinno-vando la vostra mente, per poter discernere la vo-lontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfet-to” (Rom 12,2).

3. La comunità laboratorio educativo

23. La comunità cristiana nell’accogliere la sfidadella cultura odierna dovrà porsi necessariamentenella prospettiva di passare da una impostazione pa-storale statica, in cui conta soprattutto ciò che si rea-lizza (es. l’accompagnamento ai sacramenti in stilescolastico), ad una pastorale più dinamica e aperta,in cui prevale la preoccupazione di formare e di for-marsi la coscienza e alla coscienza retta, dove il sa-pere il “perché” ed il “come” impostare la propriavita è sentito come fondamentale e primario per nonfinire e perdersi in una esistenza scialba e cristiana-mente senza pretese. In altre parole dobbiamo con-vincerci che il percorso educativo attivato è più im-portante del traguardo contingente raggiunto.L’educatore non può limitarsi a dare soluzioni, madeve offrire gli strumenti interiori e personali pertrovare le risposte cercate.

Laboratoriopedagogico

11 Cf G. SAVAGNONE, La parrocchia come spazio pubblico nel territorio, in“Orientamenti Pastorali”, LIII (2005), 3, pp. 16-17.

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In questo senso anche le parrocchie in sintoniacon gli Uffici diocesani di pastorale dovranno trova-re il modo di convergere attorno a “valori comuni”con la metodologia di veri e propri “laboratori pe-dagogici”, intesi “come attività di raccordo delle di-verse presenze di laici singoli e associati: centri pro-pulsori di iniziative educative, veri e propri luoghidi elaborazione e di qualificazione delle proposteformative” 12.Se non è possibile da sole, perché piccole realtà,

le parrocchie possono consorziarsi ed operare in uni-tà pastorale soprattutto quando si opera all’internodello stesso Comune.

24. Non potrà certo mancare a livello diocesanoe periferico il coinvolgimento della Consulta Diocesa-na delle Aggregazioni Laicali, che tra i suoi compiti hadi “promuovere iniziative di studio, di dialogo, diconfronto, di progettazione pastorale per una piùresponsabile partecipazione alla vita della Chiesadiocesana da parte delle singole aggregazioni, nelrispetto della natura propria di ciascuna e nellaprospettiva di un impegno anche comune e qualifi-cante” 13.Il lavoro pastorale ed il compito educativo o sono

sinergici e ben articolati, o sono perdenti in parten-

La ConsultaAggregazioniLaicali

12 Cf Le sfide dell’educazione, a cura dell’Ufficio CEI per l’Educazio-ne, la Scuola e l’Università - Servizio Nazionale per il Progetto Cultu-rale, Bologna 2007, p. 26.

13 Cf Statuto della Consulta Diocesana delle Aggregazioni Laicali, 1° luglio2008, art. 3, c), in “Bollettino Ecclesiastico Ufficiale per la Diocesi diMileto-Nicotera-Tropea”, LXXII (2008), maggio-agosto, p. 56.

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za. Le iniziative isolate e chiuse all’apporto ordinatoe coordinato non conducono lontano: ecco perchéoccorrerà attivare comuni “laboratori pedagogici”nel senso suggerito dalla CEI, puntando particolar-mente su tre forme di attenzione: la formazione del-la ministerialità pedagogica, la cura del carisma del-la profezia, la tensione missionaria.

a. La formazione della ministerialità pedagogica

25. Si parte da una consapevolezza di fondo:ogni persona, indipendentemente dal suo percorsoesistenziale individuale, è soggetto ed oggetto di edu-cazione. Ognuno, cioè, è “un essere che può speri-mentare la gioia e la passione di imparare e di inse-gnare ad altri quel che ha appreso e che ritiene fon-damentale per la sua vita” 14.La scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani in

questo percorso è di grande conforto e stimolo. Ne-gli operatori certamente si attivano legami di soli-darietà che portano ad un impegno costante di au-toconversione e di missionarietà. Tanti sono i ruolieducativi da riscoprire: quello di genitore e quellodi figlio, quello di insegnante e quello di alunno,quello di animatore di gruppo e di catechista, quel-lo di liturgista e di operatore della carità, quello dilavoratore e di politico, quello di operatore socialee culturale, ecc.Tutti i ruoli ecclesiali e sociali, mossi e coinvolti

Riscoprirei ruoli

educativi

14 Cf V. ORLANDO-M. PACUCCI, La Chiesa come comunità educante, p. 78.

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unitariamente nella prospettiva pedagogica, costitui-scono la più importante strategia di intervento per laformazione della ministerialità pedagogica all’inter-no della comunità. Si tratta di un gioco di squadrache, soprattutto nelle comunità più grandi e nelleunità pastorali da incrementare in diocesi come stiledi presenza e di lavoro, può assumere proprio lo stiledi laboratorio con un cammino in cui tutti prelimi-narmente ci si interroga: chi educa chi? In qualecontesto? Con quali presenze? Con quali risorse?Insieme si riflette - parrocchie, gruppi ecclesiali,

soggetti che operano anche nella realtà civile - allaricerca delle “proprie coordinate pedagogiche”, che,pur nella consapevolezza della provvisorietà delle si-tuazioni interne ed esterne alla comunità ecclesiale(è sempre difficile accantonare la propria autonomiaed autoreferenzialità anche nelle scelte pastorali ecatechistiche), non si può rinunciare alla cosiddetta“reciprocità fraterna”, che qualifica non solo l’attivi-tà economica, ma ogni altra umana attività. Quindianche l’impegno educativo “non può prescindere -scrive Benedetto XVI - dalla gratuità, che disseminae alimenta la solidarietà e la responsabilità per lagiustizia e il bene comune nei suoi vari soggetti e at-tori ... La solidarietà è anzitutto sentirsi responsabilidi tutti” 15.È questa la coscienza che sviluppa la ministeriali-

tà ed il desiderio dell’impegno ed insieme rende ifruitori dell’educazione responsabili e generativi nelsenso sopra illustrato.

15 Cf BENEDETTO XVI, Caritas in Veritate, n. 38.

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b. La cura del carisma della profezia

26. Senza mai accontentarsi e nello sforzo co-stante di ricucire e ricostruire le fratture operativetra le comunità soprattutto viciniori (ma non solo) -la cosiddetta “rete bucata” da riparare - i laboratoripedagogici possono orientare gli operatori illumina-ti a curare il “carisma della profezia”, del “non an-cora”, piuttosto che puntare alla gestione dell’esi-stente (il “già”). Affiora sempre l’urgenza del duc inaltum di Giovanni Paolo II come “faro” ermeneuticodella situazione.Se da un lato va portata l’attenzione a tutto ciò

che è parte dello scenario educativo totale che con-nette Chiesa e mondo, dall’altro occorre concentrar-si anche su tutto ciò che sfugge oggi all’azione edu-cativa e sulle motivazioni di questa deflaiance. Da-vanti ad un possibile scoramento di impegno per ledifficoltà e la carenza dei frutti educativi, porsi nel-l’ottica della profezia e valorizzarne i carismi signifi-ca per l’intera comunità cristiana “un atto di fedepreciso”. Tutti “possono essere protagonisti di azionieducative e di integrazione dei contenuti propridell’educazione; ciò vale in particolar modo per igiovani, che costituiscono un pezzo significativodell’esercito dei «poveri in educazione». Soprattuttoalle nuove generazioni l’educatore cristiano deve of-frire gli strumenti utili a dar vita all’utopia della ”re-te riparata” 16.

Protagonistidi azionieducative

16 Cf V. ORLANDO-M. PACUCCI, La Chiesa come comunità educante, p. 81.

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27. Scatta così la logica paolina del “farsi tutto atutti”, anima della missionarietà della Chiesa. Colcarisma della profezia la Chiesa realizza quel dialo-go costruttivo col mondo, che la porta ad essere au-tenticamente incarnata, capace di attuare con essouna relazione significativa per poter essere segno disperanza e sentirsi “realmente ed intimamente soli-dale con il genere umano e la sua storia” (GS, n. 1)Chiaramente il dialogo ed il confronto col mondo

non possono significare adattamento o, peggio, con-senso. Dovranno, invece, essere allo stesso tempopropositivi e contestativi dell’oggi. Da una parte lacapacità di confrontarsi a scena aperta con la realtàpresente e dall’altra una dissonanza critica nella mi-sura giusta rendono il lavoro educativo realmenteprofetico ed aperto al nuovo senza pregiudizi.Su queste emergenze siamo chiamati a misurarci

anche come Chiesa locale, se non vogliamo restareasettici, fuori della storia ed arroccati su una religio-sità coreografica, appiattita ed indifferente.Spunti positivi di confronto e di dialogo con la

società vibonese stanno venendo dagli Incontri con laCittà, che da due anni stiamo curando come diocesiin collaborazione col Sistema Bibliotecario Vibonesesu tematiche di carattere religioso, antropologico edi lettura critica del territorio. Continuare e magarimodulare e mediare l’iniziativa anche a livello localedi parrocchia potrebbe senz’altro fornire elementiutili di discernimento anche per impostare e pro-grammare i nostri itinerari formativi.

Apertial nuovo

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c. Una comunità di stile missionario

28. Che la Chiesa sia per sua natura missionariaè ormai una categoria teologica e pastorale acquisi-ta. Quando poi si passa all’applicazione del princi-pio a livello di progetto educativo della comunitàparrocchiale affiorano e si amplificano quelle diffi-coltà già più volte richiamate che fanno correre il ri-schio di far fallire in partenza un possibile dialogocollaborativo aperto. Eppure non mancano tra noi lerisorse umane positive, la volontà di collaborare daparte dei laici, le competenze. C’è solo da uscire alloscoperto ed elaborare responsabilmente un progettoeducativo condiviso che valorizzi tutte le potenzialitàe le ministerialità presenti. Si tratta di mettere un po’di olio agli ingranaggi, o più precisamente lasciarsiirrorare dalla “rugiada” dello Spirito perché la radi-ce riprenda vigore.Sarà certamente di stimolo esemplarsi su Gesù

Maestro. Nel suo agire Egli ha prioritario e perma-nente il “farsi prossimo”, il venire incontro alle folle, ilvoler instaurare una relazione significativa con l’ani-mo del “buon Samaritano”, condividendo attese esperanze con i suoi interlocutori. Attraverso appro-priate domande e dinamiche di approccio spingechiunque ad aprirsi al suo orizzonte di salvezza, comenel caso, ad esempio, della Samaritana, che da abuli-ca e sprezzante si trasforma in discepola e testimone.Quando non trova chiusure preconcette Gesù

tocca il cuore e cambia la vita delle persone. Gliesempi nel Vangelo sono numerosissimi e paradig-matici.

Con l’animodel buon

Samaritano

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29. La comunità cristiana, ad ogni livello e con acapo i pastori, deve sentirsi privilegiata di essere“inviata” dall’Amore per portare amore e salvezzaai grandi come ai piccoli; ai vicini come ai lontani.La comunità cristiana, cioè, è chiamata ad evange-lizzare accettando la sfida di porsi senza remore co-me “comunità educante”, pronta a tutti i costi adabbracciare in modo cordiale l’intero territorio incui è radicata con la forte convinzione che è proprionegli spazi di competenza che si attua e si sviluppala missionarietà.Formarsi ad una coscienza missionaria è impe-

gno normale per i sacerdoti e per i cristiani, ma lo èin misura più scrupolosa ed urgente in questo nostrofrangente culturale disperso dove tutto ed il contra-rio di tutto è diventato possibile, a discapito di unavera ed autentica identità cristiana, di cui stiamocorrendo il pericolo di essere espropriati in conse-guenza di nostri atteggiamenti rinunciatari e di unerroneo senso di rispetto dell’altro, che sta provocan-do un timido chiudersi nel privato.Acquistare uno stile missionario significherà che

le parrocchie, le associazioni, le famiglie, i singoli siriapproprino della gioia del Vangelo e tutti si senta-no “missionari per l’evangelizzazione”: evangelizzar-si per evangelizzare, educarsi per educare. Da unaparte occorre superare la paura del “pluralismo cul-turale”, riconoscendo che ogni esperienza umana èportatrice di valori; dall’altra sviluppare “competen-ze comunicative” che rendano gli educatori ecclesialicapaci di rapportarsi significativamente con le nuoveurgenze e sensibilità.

Una Chiesainviatadall’Amore

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Il nuovo paradigma pastorale, per così dire, do-vrà quindi insistere sulla cooperazione come stile re-lazionale che “rende possibile processi educativi incui tanto l’insegnamento, quanto l’apprendimentodella vita cristiana possano essere realizzati a partireda motivazioni consapevoli e mirando ad obiettivicondivisi” 17.

Conclusioni

30. Nel concludere questa parte, mi sembra indi-cativo lo strumento dei laboratori pedagogici nonper aumentare le strutture o gli organismi pastorali,ma per imparare con uno stile nuovo a discernerecomunitariamente - parroci e collaboratori - le viestrategiche più opportune per elevare e rendere me-no dispersivo e più incisivo lo sforzo che ordinaria-mente già si fa, o si dovrebbe fare. Del resto, in que-sta linea si pone l’utile e sempre valido metodo dellarevisione di vita del “vedere-giudicare-agire”, appli-cato saggiamente e proficuamente come metodoascetico personale, oltre che come strumento di veri-fica delle dinamiche e degli obiettivi educativi digruppo.I laboratori pedagogici con lo stesso metodo della

lettura dei dati e del discernimento operativo nonvogliono essere altro che lo sforzo di mettere insiemeconoscenze e competenze dei vari operatori al finedi rendere gli interventi educativi e gli obiettivi pa-

Discernerecon spirito

nuovo

17 Ibidem, p. 82.

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storali più esemplari, mirati e rispondenti alle sfidereali del territorio e della parrocchia, tenendo contodelle condizioni e attitudini dei destinatari e di tutti iprotagonisti dell’azione educativa.

31. Indubbiamente il compito educativo non puònon riguardare l’educazione dell’intelligenza e all’in-telligenza come attivazione delle capacità intellettua-li di ascolto, di approfondimento e di comprensione,ma deve puntare anche e soprattutto alla:

• educazione del desiderio e dell’affettività non comeaspetti autonomi rispetto alla ragione, ma comestimolatori costanti a crescere nella dimensionedella fede vissuta intensamente con tutto sestessi;• educazione alla libertà e della libertà come esperien-za di autenticità e responsabilità nelle scelte e dicapacità di adesione al bene proprio ed altrui.Educare alla libertà significa formare l’attitudi-ne alla socialità secondo le virtù della lealtà,della solidarietà, del dono, ecc.;• educazione alla speranza e della speranza senza pian-gersi addosso soprattutto in questo nostro terri-torio dove il negativo sembra prevalere, ma do-ve in verità le potenzialità positive vanno rimes-se a fuoco e valorizzate: la veemenza della radi-ce va solo stimolata per rifiorire come il tameri-sco di primavera;• educazione all’amore e dell’amore per poter gridare atutti non solo “ti voglio bene”, ma soprattutto“voglio il tuo bene”;

Attivazionedelle capacità

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• educazione alla vita dal suo sorgere alla sua finenaturale, come valore sacro e dono supremo ri-cevuto, da valorizzare, da donare.

Tutto questo è certamente un investimento pa-ziente, che richiede in tutti un alto tasso di generosi-tà senza avere la fretta di raggiungere e raccogliere ifrutti in poco tempo. A noi spetta seminare, ad altriraccogliere nello spirito del Vangelo.

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Per riflettere

1. Si può dire che le nostre comunità siano vere co-munità educanti? Educano alla ministerialità? Alcarisma della profezia? Ad uno stile missionariodi impegno?

2. Circa i laboratori pedagogici all’interno dellaParrocchia: sono attivabili, magari in collabora-zione con le parrocchie della zona? Possono ser-vire per puntare su un compito educativo piùcondiviso, ampio e corresponsabile? Ci sono pro-poste alternative per raggiungere lo stesso scopo?

3. Ci si può contentare di una catechesi solo pre-sa-cramentale? Come agganciare tutti gli archi dietà? Come fare per riscoprire tutti la gioia di es-sere soggetti di educazione e di formazione cri-stiana?

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IVUNA CHIESA

CON I GIOVANI E PER I GIOVANI

“Il padre farà conoscere ai figlila fedeltà del tuo amore”.

(Is 38,18)

32. Parlando alla 61a Assemblea generale dellaCEI, Benedetto XVI con forza e determinazioneesortava i Vescovi a farsi carico e a non perdere la fi-ducia nei giovani:

“Cari fratelli, - disse - vi incoraggio a percorreresenza esitazioni la strada dell’impegno educativo.Lo Spirito Santo vi aiuti a non perdere mai la fidu-cia nei giovani, vi spinga ad andare loro incontro, viporti a frequentarne gli ambienti di vita, compresoquello costituito dalle nuove tecnologie di comuni-cazione, che ormai permeano la cultura in ogni suaespressione. Non si tratta di adeguare il Vangelo almondo, ma di attingere dal Vangelo quella peren-ne novità, che consente in ogni tempo di trovare leforme adatte per annunciare la Parola che nonpassa, fecondando e servendo l’umana esistenza.Torniamo, dunque, a proporre ai giovani la misu-ra alta e trascendente della vita, intesa come voca-

Fiducianei giovani

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zione: chiamati alla vita consacrata, al sacerdozio,al matrimonio, sappiano rispondere con generositàall’appello del Signore, perché solo così potremocogliere ciò che è essenziale per ciascuno” 1.

La parola del Papa ci è di conforto e di stimolonel voler iniziare il decennio pastorale con un’atten-zione speciale ai giovani interrogandoci sui motiviche hanno determinato il raffreddamento dei rap-porti Chiesa-giovani portando ad un evidente disa-gio e ad una frattura, che è necessario ed urgentecolmare con l’impegno di tutti.L’anno pastorale che si apre è l’occasione buona

per lanciarsi una reciproca sfida per passare “dal di-sagio alla compagnia” e ricucire quel rapporto di re-ciproca fiducia, che dovrà consentire in diocesi unapastorale giovanile in grado di incidere nell’interacomunità diocesana, chiamata a rinnovarsi spiritual-mente e strutturalmente se non vuole perdere il tre-no della storia.

33. Se come Chiesa locale, pertanto, vogliamoguardare al futuro; se vogliamo che “la radice ri-prenda vigore”; se vogliamo che da un analfabeti-smo religioso che oscilla tra sentimentalismo e mora-lismo, tra sensazionalismo teatrale e ricerca miraco-listica; se vogliamo passare da un Cristianesimo diconservazione ad un Cristianesimo di missione e diprofezia, non possiamo non investire e coinvolgerci“con i giovani e per i giovani”, consapevoli e convin-

Una nuovapastoralegiovanile

1 Cf BENEDETTO XVI, Discorso alla 61a Assemblea generale della CEI,24-28 maggio 2010.

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ti che saranno “i giovani i primi apostoli ed evange-lizzatori del mondo giovanile” 2 e non solo giovanile.Nell’attuale situazione di marginalità sociale e di

disaffezione religiosa in cui i giovani si sentono co-stretti, per uscire dal disagio di un dialogo interge-nerazionale interrotto è urgente ripensare la pasto-rale giovanile conferendole organicità e coerenza inun progetto globale che sappia esaltare la genialitàdei giovani e riconoscere in essa un’opportunità digrazia. Come fece Gesù con il giovane del Vangelo(cf Mt 19,16-22), “le comunità guardino ai giovanicon amore disinteressato e nello stesso tempo esigen-te, senza discriminazioni e strumentalizzazioni. Devo-no essere per loro una casa accogliente, in cui trovareoccasioni di dialogo con gli adulti e nello stesso tempoessere valorizzati come soggetti attivi, protagonistidella propria formazione e dell’evangelizzazione” 3.

34. La domanda che ci si pone è se le nostre Par-rocchie, allo stato attuale, sono in grado di fare daspalla ai giovani in “crisi di astinenza di fede”! DonArmando Matteo, assistente nazionale della FUCI,in una sua recente pubblicazione, si chiede: “Perchéin Chiesa di giovani se ne vedono sempre meno espariscono anno dopo anno i gruppi parrocchialigiovanili?”.Il fenomeno è difficile da spiegare concettual-

mente, anche perché le cause sono diversissime.

Perchéi giovani siallontanano?

2 Cf GIOVANNI PAOLO II, Messaggio per la Giornata Mondiale dellaGioventù di Compostela, 1989.

3 Cf. Con il dono della Carità dentro la storia, n. 39.

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Emergono sulle altre un “analfabetismo biblico” increscita, mentre “i segni del neopaganesimo sonoevidenti a occhio nudo negli stili di vita diffusi”. Inpoche parole “il Cristianesimo non appare più conimmediata evidenza un buon affare, un investimentosicuro su cui puntare; a una differenziazione dell’of-ferta delle sue forme corrisponde una diminuzionedella domanda” 4.La fede cristiana non convince più, per cui “Dio

sparisce dall’orizzonte degli uomini” (BenedettoXVI), determinando un generalizzato disinteresse peril mondo della fede. I giovani, e non solo loro, nonhanno più antenne per Dio, per la fede, per la Chiesa.I segni più evidenti di questa “incredulità e anaf-

fettività nei confronti di Dio e della Chiesa sono al-meno tre: una profonda ignoranza della cultura bi-blica; una scarsa partecipazione alla formazione cri-stiana post-cresimale; una notevole disinvoltura neldisertare l’assemblea eucaristica domenicale” 5.

35. Oggi il problema religioso non è più un pro-blema. Non si è “contro Dio”, o “contro la Chiesa”:semplicemente si vive “senza Dio e senza Chiesa”.È questa “appartenenza senza credenza” che

rende il processo educativo più complicato, indefini-to e quindi di difficile approccio.Il rilancio della pastorale giovanile per essere si-

gnificativo deve riuscire a districarsi in questo labi-rinto esistenziale, tenendo in debito conto questo

Appartenenzasenza

credenza

4 Cf A. MATTEO, La prima generazione incredula, pp. 13-14.5 Cf Ibidem, p. 15.

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“isolamento patologico”, vero “male dell’anima e al-l’anima”, per cui il giovane vive sulla soglia di un“presente sospeso” dove il presente diventa il tutto oil niente: tra l’entusiasmarsi o il defilarsi passa unnulla. Oggi nel giovane c’è un’assenza “patologica”di futuro. Proprio questo blocco verso il futuro creaindolenza ed apatia per le scelte tanto impegnativequanto banali, per cui si finisce nel “non scegliere”,verso un deperimento organico dello spirito. Ma ungiovane che ha perso il mordente, non è un giovane!Ai giovani, quindi, bisogna restituire il futuro e

con esso la speranza. È questa la sfida con cui dovràmisurarsi la pastorale giovanile e la comunità cristia-na a partire da subito.

1. A partire dal Convegno diocesano

36. Il nostro Convegno diocesano su Sfida educati-va e Pastorale giovanile: cosa dare… cosa chiedere ai giovani,celebrato a Vena di Ionadi-Mileto (16-18 settembre2010), ha voluto creare i presupposti di una Pastora-le giovanile non lasciata a se stessa, ma corale edespressione di tutta la comunità, che si lascerà inter-pellare ed interpellerà i giovani in uno sforzo diascolto reciproco e di dialogo costruttivo e non pre-concetto guardando ad una comunità di cristianiadulti nella fede che fa dello stile giovanile fresco evivace il suo stesso stile di vita.Sollecitati come siamo stati anche dall’appassio-

nata relazione La realtà giovanile oggi del Dott. ElioAceti, psicoterapeuta, e dalla testimonianza pastorale

Una Chiesadi stampogiovane

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di Mons. Giuseppe Fiorini Morosini, vescovo di Lo-cri-Gerace delegato della Conferenza EpiscopaleCalabra per la pastorale giovanile, ci tocca comeChiesa fare il primo passo per incontrare i giovaninel loro mondo, nei loro linguaggi sempre nuovi edoriginali al fine di ricomporre l’incrinatura del rap-porto e ristabilire il dialogo fiduciale e collaborativo.La Chiesa deve essere capace di superare i mo-

delli tradizionali di cristianità per operare una sceltamissionaria di pastorale di frontiera che la porti conconvinzione a farsi “compagna di viaggio” dei giova-ni e con essi del mondo.

37. Con l’intervento I giovani parlano di se stessi,curato dal Servizio diocesano per la Pastorale giova-nile, con uno stile schietto e senza fronzoli, come giu-sto che fosse, i giovani hanno portato al Convegno laloro voce ed hanno lanciato la loro sfida, che la no-stra Chiesa locale non può disattendere. Il “ponte dacostruire” per ristabilire il dialogo armonico tra leparti è compito di tutti e soprattutto deve fondarsisulla solida roccia di Cristo e sulla volontà sincera diprendere sul serio il Vangelo, unica “regola di vita”del cristiano di ogni età, senza compromessi o sotter-fugi, che uccidono la coscienza ed il futuro.Alla nostra Chiesa i giovani hanno chiesto di

uscire allo scoperto, di fare la sua parte per superare“il disagio” che avverte nei loro confronti e di porsi“in loro compagnia”, purificandosi da quegli atteg-giamenti standardizzati che la tengono arroccata alleesigenze istituzionali a discapito di un rapportoumano più vero ed autentico. Per creare le condizio-

I giovaniparlano

di se stessi

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ni vere per un dialogo costruttivo e disinvolto con igiovani occorre che la Chiesa in tutte le sue compo-nenti si rimbocchi le maniche, esca per le strade sen-za diffidenze, inventi nuove strategie di evangelizza-zione e soprattutto investa sui giovani, con i giovanie per i giovani con coraggio.Se i giovani - come ormai il Papa ripete in ogni

occasione - sono “la speranza della Chiesa”, devonoesserlo nella realtà e nella verità.Il Convegno ha voluto richiamarci a questo im-

pegno primario, ma ha inteso altresì confermarcinella strada intrapresa in questi anni a partire dalConcilio diocesano dei giovani celebrato alcuni anni fa,all’entusiastica partecipazione alle Giornate mondialidei giovani, all’adesione all’Agorà dei giovani italiani (Lo-reto 2007), allaMissione giovani in corso.

38. Con il Servizio Diocesano per la PastoraleGiovanile è iniziato un nuovo percorso, ma è neces-saria una più generale presa di coscienza dell’urgen-za educativa da parte della comunità cristiana inte-ra. I giovani non sono un settore staccato della vitadella Chiesa, ma cellule vitali dell’unico organismoChiesa, che ha bisogno di scuotersi e di appassionar-si sempre di più all’annuncio e alla testimonianza ra-dicale del Vangelo insieme con i giovani.Alla Chiesa si chiede di raccogliere il grido lancia-

to dai giovani: si tratta di un grido che chiede speran-za per il futuro, per il loro e per quello della comunità.I segnali di speranza che cominciano a delinearsi

saranno più evidenti ed incisivi quando tutta la co-munità se ne farà carico sentendone il peso.

Un nuovopercorso

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La stessa Consulta Giovanile Diocesana sta, sia puretimidamente, prendendo piede come luogo di stimo-lo e di coagulo delle istanze emergenti a disposizionedell’intera Chiesa locale. Una collaborazione più av-vertita soprattutto nelle zone pastorali sarebbe la ci-liegina sulla torta a vantaggio della nostra gioventù.I giovani, accolti non più come problema, sono

una risorsa attiva di stimolo e di stile per il rinnova-mento spirituale di tutti. Solo con loro saremo ingrado di corrispondere adeguatamente alle istanzedel Piano pastorale della Chiesa Italiana del prossi-mo decennio e solo con loro anche la nostra Chiesalocale saprà dare risposte alle emergenze più genera-li del territorio vibonese ponendosi a pieno titolo co-me “comunità educante”, in deciso contrasto se ne-cessario con le forze negative esistenti.

39. Molto stimolante ed incisivo come sempre èstato Benedetto XVI nel Messaggio per la XXVGiornata Mondiale della Gioventù quando, rivol-gendosi ai giovani scrive:

“Abbiamo bisogno di voi! Chi vive oggi la condizionegiovanile si trova ad affrontare molti problemi de-rivanti dalla disoccupazione, dalla mancanza di ri-ferimenti ideali certi e di prospettive concrete peril futuro. Talora si può avere l’impressione di esse-re impotenti di fronte alle crisi e alle derive attuali.Nonostante le difficoltà, non lasciatevi scoraggiaree non rinunciate ai vostri sogni! Coltivate invecenel cuore desideri grandi di fraternità, di giustiziae di pace. Il futuro è nelle mani di chi sa cercare etrovare ragioni forti di vita e di speranza. Se vorre-

Abbiamobisogno

dei giovani

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te, il futuro è nelle vostre mani, perché i doni e lericchezze che il Signore ha rinchiuso nel cuore diciascuno di voi, plasmati dall’incontro con Cristo,possono recare autentica speranza al mondo! È lafede nel suo amore che, rendendovi forti e genero-si, vi darà il coraggio di affrontare con serenità ilcammino della vita ed assumere responsabilità fa-miliari e professionali. Impegnatevi a costruire ilvostro futuro attraverso percorsi seri di formazionepersonale e di studio, per servire in maniera com-petente e generosa il bene comune.Nella mia recente Lettera enciclica sullo sviluppoumano integrale, Caritas in veritate, ho elencato al-cune grandi sfide attuali, che sono urgenti ed es-senziali per la vita di questo mondo: l’uso delle ri-sorse della terra e il rispetto dell’ecologia, la giustadivisione dei beni e il controllo dei meccanismi fi-nanziari, la solidarietà con i Paesi poveri nell’am-bito della famiglia umana, la lotta contro la famenel mondo, la promozione della dignità del lavoroumano, il servizio alla cultura della vita, la costru-zione della pace tra i popoli, il dialogo interreligio-so, il buon uso dei mezzi di comunicazione sociale.Sono sfide alle quali siete chiamati a rispondereper costruire un mondo più giusto e fraterno. So-no sfide che chiedono un progetto di vita esigenteed appassionante, nel quale mettere tutta la vostraricchezza secondo il disegno che Dio ha su ciascu-no di voi. Non si tratta di compiere gesti eroici néstraordinari, ma di agire mettendo a frutto i propritalenti e le proprie possibilità, impegnandosi a pro-gredire costantemente nella fede e nell’amore” 6.

6 Cf BENEDETTO XVI, Messaggio per la XXV Giornata Mondiale dellaGioventù (27 marzo 2010), n. 7.

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40. Col Convegno abbiamo aperto un camminocome diocesi. Non possiamo più ignorare ciò che ilSignore stesso ha posto nel nostro cuore. Tiriamoavanti con coraggio!È vero che nel percorso educativo bisogna partire

dalla famiglia e dai piccoli, ma i giovani sono e resta-no la nostra forza, il nostro stimolo, la nostra co-scienza critica, per cui non si può ripartire lascian-doli dietro o mettendoli da parte. Coraggio sacerdo-ti, laici, religiosi! Ricominciamo e continuiamo fidu-ciosi con i giovani facendo tesoro dei 3 suggerimentidel Dott. Aceti:

• guardare sempre in positivo la vita e i giovanianche quando sono diversi da noi;• avere la convinzione che è sempre possibile ri-cominciare, come avviene al figlio prodigo, cheritorna a casa;• vivere il presente con intensità e bellezza senzatentennamenti e senza guardarsi indietro: oc-corre sprizzare in ogni momento la gioia diCristo.

Puntare su Dio, su una esperienza forte di fede,puntare sui giovani è il segno che la nostra comunitàha scelto il coraggio, la novità del Vangelo, l’amoreuniversale. Con un cuore grande come quello diMadre Teresa di Calcutta il Signore farà cose mera-vigliose anche con noi ponendoci come sentinelle diamore nella comunità e per la comunità intera, an-che quella civile.

Avanticon coraggio

56 LUIGI RENZO

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2. Appuntamenti formativi e celebrativi dell’anno

41. Alla luce delle istanze emerse e nel contestopiù generale del Piano Pastorale diocesano, con lacollaborazione preziosa del Servizio diocesano per laPastorale Giovanile ed in vista della Giornata Mon-diale della Gioventù di Madrid (16-21 agosto 2011),vorremo puntare su questi momenti formativi:

Ottobre 2010 • Maggio 2011Corso di formazione zonale

per Operatori pastorali e Catechisti: 2° anno

Novembre 2010 • Aprile 2011Incontri specifici per i giovani programmatidalla Commissione per la Pastorale Giovanile

in preparazione alla GMG

Novembre 2010 • Aprile 2011Corso di formazione per Animatori

di Pastorale Giovanile

Gennaio • Marzo 2011Scuole Bibliche Zonali per tutti: 3° anno

Maggio 2011Incontri diocesani per Animatori Grest

(Estate Ragazzi)

42. In occasione dell’80° anniversario della Con-sacrazione della Cattedrale (25 ottobre 1930-2010)il Santo Padre ci ha concesso uno speciale Anno

Momentiformativi

Appuntamenticelebratividiocesani

LA RADICE RIPRENDERÀ VIGORE 57

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Giubilare, di cui tutti vorremo avvalerci per lucrarel’Indulgenza Plenaria alle consuete condizioni. Oltreche per la comunità intera, anche per i giovani saràuna circostanza privilegiata per intensificare le attivi-tà, ivi compresi particolari pellegrinaggi parrocchia-li, zonali e diocesani.Accanto a questi di libera iniziativa, sono program-

mati i seguenti appuntamenti celebrativi diocesani:

25 ottobre 2010Apertura solenne Anno Giubilare

80° Riconsacrazione della Cattedrale di MiletoMandato diocesano Operatori Pastorali

Consegna alla diocesi della Lettera Pastorale

22 gennaio 2011Convegni Pastorali Zonali

Prima verifica situazione Pastorale Giovanile

Aprile 2011Giornata Diocesana dei GiovaniPellegrinaggio in Cattedrale

11-12 Giugno 2011Mileto • Cattedrale

Veglia di Pentecoste e Agorà dei Giovani

18 Giugno 2011Assemblea Diocesana fine anno

con particolare attenzione alla Pastorale Giovanile

16-21 agosto 2011Madrid

XXVI Giornata Mondiale della Gioventù

58 LUIGI RENZO

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LA RADICE RIPRENDERÀ VIGORE 59

Per riflettere

1. Che idee abbiamo sui giovani? Cosa sappiamo diloro? Cosa fa la comunità per coinvolgerli nellavita parrocchiale?

2. Su che cosa si vuole puntare per ripristinare unsereno rapporto tra giovani e adulti? Tra giovanie Chiesa?

3. Facendo un po’ di autocritica: cosa i giovani han-no da dire e da chiedere alla Chiesa? Cosa laChiesa ha da dire e da chiedere ai giovani?

4. Suggerimenti per rendere più incisiva e rappre-sentativa la Pastorale Giovanile e la sua ConsultaDiocesana.

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VLA PRIMA VISITA PASTORALE

43. Dopo tre anni dall’inizio del mio ministeroepiscopale in questa Chiesa, è giunto il tempo, fra-telli carissimi, di effettuare la mia prima Visita Pa-storale alla diocesi, che conto di indire canonica-mente il 5 febbraio 2011 per poi inaugurarla dopoPasqua.In questi anni ho avuto modo anche più volte di

incontrare le 132 comunità parrocchiali, unitamentealle tante realtà istituzionali e associative operantinel territorio diocesano. Sono state - almeno per me- non solo occasioni per conoscervi, ma anche diprofondo arricchimento spirituale e di forte stimolonell’esercizio del mio “munus” di Pastore.Il mio motto episcopale In caritate spes è stato il

principio ispiratore del mio stare e camminare convoi, convinto che proprio dalla carità e nella caritàvissuta e sofferta matura la solidarietà, vera e non difacciata, che educa alla fraternità cristiana e spingeall’unità, fonte della speranza. È il Signore stesso,del resto, che ci indica le coordinate giuste da segui-re: “Che tutti siano una sola cosa; come tu, Padre,sei in me ed io in te, siano anch’essi in noi. …Siano

La primaVisitaPastorale

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una cosa sola come noi siamo una cosa sola. Io inloro e Tu in me, perché siano perfetti nell’unità”(Gv 17,21-23).

44. È appunto l’unità con Cristo intorno e con ilproprio Vescovo, successore degli Apostoli, che ren-de credibile e feconda l’opera stessa della Chiesa nelmondo.Il Vescovo, infatti, “agendo in persona e in nome

di Cristo stesso, diventa, nella Chiesa a lui affidata,segno vivente del Signore Gesù Pastore e Sposo,Maestro e Pontefice” 1; egli è “in mezzo alla suaChiesa sentinella vigile, profeta coraggioso, testimo-ne credibile e servo fedele di Cristo” 2.I fedeli “hanno bisogno della parola del proprio

Vescovo, hanno bisogno della conferma e della purifi-cazione della loro fede” 3, il Vescovo ha bisogno deisuoi fedeli per concretizzare la sua Paternità pastorale.La “Visita”, che mi accingo a fare, mi consentirà

di fermarmi più a lungo nelle vostre comunità peravere l’opportunità di conoscervi meglio, ascoltarvi,aiutarvi e incoraggiarvi nel vostro cammino di fedeesprimendo così la gioia di questa paternità spirituale.Con la Visita Pastorale, pertanto, vivremo in ma-

niera più prolungata e visibile questa ricchezza spiri-tuale che scaturisce dal profondo senso di unità ediocesanità ecclesiale, dono dello Spirito che dà lavita e conduce la Chiesa.

Intornoal proprio

pastore

1 Cf GIOVANNI PAOLO II, Pastores gregis, Esortazione Apostolicapost-sinodale, 2003, n. 7.

2 Cf Ibidem, n. 3.3 Cf Ibidem, n. 29

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1. La Visita Pastorale

45. Nella prospettiva indicata, la Visita Pastoraleè “autentico tempo di grazia e momento speciale,anzi unico, in ordine all’incontro e al dialogo del Ve-scovo con i fedeli” 4. È quell’azione apostolica che ilPastore della diocesi compie in spirito di “carità pa-storale”, che lo manifesta concretamente quale prin-cipio visibile e fondamento dell’unità nella Chiesalocale 5.Più che un dovere canonico, previsto dai cann.

396 § 1 e 398 del Codice di Diritto Canonico, inrealtà, nella sua natura, la Visita è “una delle for-me, collaudate dall’esperienza dei secoli, con cui ilVescovo mantiene contatti personali con il clero econ gli altri membri del Popolo di Dio. È l’occasio-ne per ravvivare le energie degli operai evangelici,lodarli, incoraggiarli e consolarli; è anche l’occasio-ne per richiamare tutti i fedeli al rinnovamento del-la propria vita cristiana e ad un’azione apostolicapiù intensa” 6.La Visita mi consentirà inoltre “di valutare l’effi-

cacia delle strutture e degli strumenti destinati al ser-vizio pastorale” e di rendermi conto sul campo delledifficoltà del lavoro pastorale, delle effettive attesedella gente, delle risposte prioritarie da dare 7.

In spiritodi caritàpastorale

4 Cf. Ibidem, n. 46.5 Cf Lumen Gentium, Costituzione dommatica sulla Chiesa, n. 23.6 Cf Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi, 2004, n. 220.7 Cf Ibidem, n. 220.

LA RADICE RIPRENDERÀ VIGORE 63

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46. La Visita Pastorale, come si vede, è importan-te per il Vescovo, ma lo è anche per i Sacerdoti e perle comunità parrocchiali. Essa richiama in qualchemisura “quella specialissima visita con la quale il«supremo pastore» (I Pt 5,4) e guardiano delle nostreanime (cf I Pt 2,25), Gesù Cristo, ha visitato e re-dento il suo popolo (cf Lc 1,68)” 8.È questo che, pur non tralasciando quegli aspetti

per così dire burocratici, privileggerò l’incontro conle persone, a cominciare dal parroco e dagli altri sa-cerdoti, dagli ammalati, dagli organi collegiali dellaparrocchia, dalle realtà associative operanti, dachiunque vorrà colloquiare con me.

47. Dalla Visita Pastorale dovremo uscire tutti più“convertiti” e consolidati nella fede, speranza ed amo-re vicendevole, pronti a “camminare insieme”, a con-dividere le responsabilità e le fatiche dell’azione edu-cativa della comunità parrocchiale, della sua gestioneamministrativa, dei suoi progetti caritativi. Oggi comeoggi nessuno può restare passivo o lavarsi le mani da-vanti alle urgenze pastorali ed alle sfide del millennio.La parrocchia dovrà trovarsi unita e compatta,

senza cedimenti di sorta, fondata su un vero ed irri-nunciabile cammino di fede che prende anima dallaParola e dalla Eucaristia. Con l’aiuto del Signore econ la nostra collaborazione faremo in modo chequel nuovo “germoglio” possa “spuntare” sul troncodi Iesse, “… dalle sue radici” (Is 11,1).A questo rilancio generoso e partecipato vorrà

Importanteper tutti

Tuttipiù convertiti

8 Cf GIOVANNI PAOLO II, Pastores gregis, n. 46.

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puntare la Visita Pastorale, che vorremo vivere insie-me come un segno tangibile e risolutivo “della presen-za del Signore che visita il suo popolo nella pace” 9.

2. Scopi e obiettivi della Visita Pastorale

48. Se l’autorità “non si esprime nelle esteriorità,ma nell’approfondimento del significato teologico,spirituale e morale del suo ministero”, secondo l’im-magine evangelica del “servo” e del “pastore”, il Ve-scovo nel suo servizio ministeriale ordinario e quindianche nella Visita Pastorale non può non applicare ase stesso la parola di Gesù: “Voi sapete che coloroche sono ritenuti capi delle nazioni le dominano e iloro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi pe-rò non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si fa-rà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voisarà il servo di tutti. Il Figlio dell’uomo, infatti, non èvenuto per essere servito, ma per servire e dare lapropria vita in riscatto per molti” (Mc 10,42-45).Consapevole di ciò, il Vescovo che governa col

cuore del servo umile e del pastore affettuoso e cheguida il suo gregge cercando la gloria di Dio e la sal-vezza delle anime (cf Lc 22,26-27), saprà “manifesta-re con la sua vita e con il suo ministero episcopale lapaternità di Dio, la bontà, la sollecitudine, la miseri-cordia, la dolcezza, l’autorevolezza di Cristo, che èvenuto per dare la vita e fare di tutti gli uomini unasola famiglia, riconciliata nell’amore del Padre” 10.

Esperimentarela paternitàdi Dio

9 Cf Ibidem, n. 46.10 Cf Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi, n. 1.

LA RADICE RIPRENDERÀ VIGORE 65

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Scopo primario della Visita, quindi, è vivere e farpercepire con immediatezza la paternità pastoralecome effusione della paternità divina in modo chetutte le componenti del Popolo di Dio - vescovo, sa-cerdoti e fedeli - possano esperimentare con pienez-za e visibilità quella “comunione organica che si rea-lizza nel coordinamento dei diversi carismi, ministerie servizi, in ordine al conseguimento del fine comu-ne della salvezza. Il Vescovo, che è responsabile dellarealizzazione di questa unità nella diversità, favoriscee modula la sinergia dei diversi operatori, così chesia possibile percorrere insieme il comune camminodi fede e di missione” 11.

49. Quali obiettivi concreti e immediati vorremoconseguire insieme nei giorni della Visita? Ne sotto-lineo solo alcuni.

• Anzitutto una conoscenza reciproca serena. Ci parle-remo e ci diremo le cose direttamente e non persentito dire. Sgombreremo così il campo daequivoci e falsi messaggi che talora sono circo-lati e circolano, come per esempio a propositodel Direttorio Diocesano per le feste religiose. Sarannoimportanti, per questo, gli incontri specifici colConsiglio Pastorale, o, se ancora stranamentenon esiste, con i fedeli che collaborano più davicino in Parrocchia; con il Consiglio AffariEconomici; con i Ministri della Comunione;con i bambini, i ragazzi, i giovani; con le fami-

Obiettiviconcreti

11 Cf GIOVANNI PAOLO II, Pastores gregis, n. 44.

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glie, le associazioni laicali, le confraternite e lealtre istituzioni cattoliche dipendenti dalla par-rocchia. Un tempo congruo vorrò dedicare allavisita agli ammalati.• Pregheremo e ci confronteremo insieme col Signore: è Luiil nostro punto di forza e la sorgente a cui attin-gere per soddisfare la nostra sete di verità: saràLui ad indicare la strada e le scelte da persegui-re già da subito.• Vivremo incontri di verifica, di confronto e di program-mazione avendo come riferimento non la nostraimmagine di Chiesa, che può essere anche di-storta, ma quella voluta e indicata da Gesù stes-so: un piccolo gregge (“pusillus grex”) unito ecompatto, che vive la comunione e la fraternità,che accetta il compito di essere “lievito” e fer-mento nella pasta del mondo senza la paura diapparire minoritario ed incompreso.• Impareremo un metodo di lavoro pastorale condiviso,basato soprattutto sulla capacità di ascolto reci-proco, sulla disponibilità all’obbedienza alla Pa-rola e al magistero della Chiesa; sulla volontàferma di tutti di collaborare per costruire nelterritorio un’immagine di Chiesa-comunità, chevive al suo interno ed all’esterno nella e di co-munione, che lavora unita nelle sue componentiper il bene comune sia sociale che religioso.

50. La Visita in senso globale dovrà smuoveredentro di noi tutte quelle resistenze psicologiche epregiudiziali, che impediscono di comunicare con le-altà tra di noi e di gustare la gioia e la forza della

Superarele resistenze

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piena comunione tra vescovo-sacerdoti e laici e vice-versa. Dovrà farci riscoprire la voglia di essere nellanostra società forza trainante e profetica senza esseresuccubi di autoreferenze narcisistiche e di maniera.Certo non saranno sufficienti i pochi giorni della

Visita per cambiare di colpo mentalità, ma voglioesortare me e voi a lasciare operare il Signore, a “far-ci fare” da Lui, ad imparare a ripetere ogni giornocon la SS.ma Vergine: “Eccomi, Signore! Avvenga dime secondo la tua Parola” (Lc 1,38). Al resto provve-derà il Signore stesso e lo Spirito Santo amore.

3. Preparazione e svolgimento della Visita

51. La buona riuscita della Visita Pastorale è indiretto rapporto con una congrua e dettagliata pre-parazione tale da mettere i presupposti e predisporreil terreno per quel cambiamento di mentalità a cuiprima accennavo. Non dovrà essere “la passerella”del Vescovo ed intorno al Vescovo, ma accoglienzaintima ed attesa del Signore che viene a visitare ilsuo Popolo per spalancargli il suo cuore ricco di per-dono e di misericordia e per invogliarlo e convogliar-lo lungo i sentieri dell’amore, della fraternità, del de-siderio di giustizia, della pace.Sarà opportuno, quindi, che lo svolgimento della

Visita - programmata con largo anticipo - sia precedu-to nell’immediatezza “da un corso di missioni popola-ri che raggiunga tutte le categorie sociali e tutte le per-sone, anche quelle lontane dalla pratica religiosa” 12.

Per unabuona riuscita

12 Cf Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi, n. 222.

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In alternativa, soprattutto nelle parrocchie dovele missioni popolari si sono tenute da breve tempo,la settimana precedente l’arrivo del Vescovo la pre-parazione può avvenire con una tre-giorni di pre-ghiera e di riflessione “su temi relativi alla naturadella Chiesa, alla comunione gerarchica” 13 ed even-tualmente per rifinire la Relazione sulla Parrocchiada presentare al Vescovo in apertura della Visita.Da parte sua anche il Vescovo si preparerà al-

l’evento “in modo adeguato … informandosi in pre-cedenza sulla situazione socio-religiosa della Parroc-chia: tali dati potranno rivelarsi utili a lui e agli Uffi-ci diocesani interessati, per avere un quadro realedello stato delle comunità e adottare gli opportuniprovvedimenti” 14.

52. Allo scopo sarà predisposto a stampa unQuestionario per la Visita Pastorale analitico e benarticolato sulla situazione e organizzazione pastoraledella Parrocchia. Esso sarà consegnato ai Parrociperché sia discusso e compilato in ogni sua parte conla preziosa collaborazione del Consiglio Pastorale edi laici qualificati e quindi restituito alla Segreteriadel Vescovo almeno un mese prima dello svolgimen-to in Parrocchia della Visita.Che durata si prevede per il completamento in

diocesi della Visita Pastorale? Certamente non saràla fretta di finire a guidarci, soprattutto se vogliamoche sia non un fatto formale, ma significativo per

IlQuestionario

13 Cf Ibidem, n. 222.14 Cf Ibidem, n. 222.

LA RADICE RIPRENDERÀ VIGORE 69

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tutti. Se si tiene conto, del resto, che la diocesi è divi-sa in 5 Zone pastorali (che potrebbero diventare al-meno 6) e che conta al momento 132 parrocchie,dobbiamo preventivare una durata di non meno 4-5anni, se Dio vorrà e se tutto andrà per il verso giusto.Ma, ripeto, non sarà il tempo da impiegare a con-

dizionare lo svolgimento della Visita. La preoccupa-zione, se mai, dovrà essere di collaborare tutti perchéi frutti e i segni siano forti e tangibili e che la Chiesalocale intraprenda decisa il cammino giusto per assol-vere al mandato di Gesù: “Andate in tutto il mondo epredicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15).

53. Nell’espletamento della Visita Pastorale, co-me è prassi, mi avvarrò di un Segretario accompa-gnatore e di Convisitatori, che si assoceranno a me ecureranno soprattutto gli aspetti pratici ed ammini-strativi della Visita (stato degli edifici sacri, libri par-rocchiali di Archivio e contabili, stato patrimonialeed Inventario dei beni, ecc.).

Conclusioni

54. Nello sforzo comune di dare un volto piùevangelico ed una spinta più evangelizzatrice allanostra Chiesa di Mileto-Nicotera-Tropea, la VisitaPastorale sarà senz’altro di grande stimolo per un ri-lancio fermo ed autentico di tutte le opere di aposto-lato “opportunamente coordinate ed intimamenteunite tra loro, sotto la guida del Vescovo” 15.

I Convisitatori

Prendereil largodavvero

70 LUIGI RENZO

15 Cf Christus Dominus, Costituzione conciliare, n. 17.

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Contestualmente la Parrocchia non può disatten-dere - ravvivata dalla Visita - al suo compito di esse-re “casa e scuola di comunione” e di presentarsi conpiù evidenza come “dimora che sa raccogliere eascoltare paure e speranze della gente, domande edattese, anche inespresse, e che sa offrire una corag-giosa testimonianza e un annuncio credibile della ve-rità che è Cristo” 16.Ovviamente la Parrocchia, che continua ad esse-

re cellula fondamentale ed irrinunciabile della co-munità per il suo forte legame col territorio e la suadimensione popolare, “non può agire da sola”, madeve integrarsi “nell’unità della diocesi, abbando-nando ogni pretesa di autosufficienza” 17.È così che la Parrocchia e la Chiesa ricupereran-

no il loro ruolo per la formazione della coscienzacredente e della comunicazione del Vangelo facen-do tesoro in particolare della centralità e del “pri-mato educativo” della famiglia, della vivacità e mi-nisterialità delle aggregazioni laicali, dell’entusia-smo anticonformista dei giovani, a cui in particolarequest’anno la diocesi vuole guardare nel suo PianoPastorale.Poniamo sotto lo sguardo materno di Maria la

prossima Visita Pastorale, il nostro cammino di fedeed il compito dell’educazione affidato alla Chiesa.

LA RADICE RIPRENDERÀ VIGORE 71

16 Cf Il volto missionario delle Parrocchie in un mondo che cambia, NotaPastorale CEI 2004, Introduzione, n. 1.

17 Cf Ibidem, nn. 5-6.

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CELEBRAZIONEDELLA VISITA PASTORALE

5 febbraio 2011Mileto • Cattedrale • ore 17.00

Solenne Indizione Visita Pastorale

Date da stabilireDinami • Santuario Madonna della Catena

Inaugurazione zonaleVisita Pastorale Vicaria Soriano

Nicotera • ConcattedraleInaugurazione Visita Pastorale Zona pastorale

(Nicotera, Limbadi, Ioppolo)

Tropea • ConcattedraleInaugurazione zonale

Visita Pastorale Vicaria Tropea

Vallelonga • Santuario Basilica S. M. di MonserratoInaugurazione zonale

Visita Pastorale Vicaria Pizzo

Vibo Valentia • Duomo S. M. Maggiore e S. LeolucaInaugurazione zonale

Visita Pastorale Vicaria Vibo Valentia

Mileto • CattedraleInaugurazione zonale

Visita Pastorale Vicaria Mileto

Mileto • CattedraleConclusione Visita Pastorale.

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PREGHIERAPER LA VISITA PASTORALE

Signore Gesù, amico e Salvatore nostro,Pastore delle nostre anime,ascolta la preghiera

che ti innalziamo nell’attesa del nostro Vescovo Luigi,che viene a visitarci a nome tuo

per confermarci nella fede e per guidarcisulla strada dell’amore e della comunione.

Tu, Signore onnipotente,che hai creato ogni cosa a gloria tua,

ricordati dei nostri bambini, dei ragazzi, dei giovani,degli adulti, degli anziani, dei malati;

preservaci da ogni male, custodiscici nella veritàe rendici perfetti nel tuo amore;

santifica la tua Chiesa e raccoglila dai quattro ventinell’unico popolo dell’alleanza.

La società in cui viviamo sia per noiil luogo dove testimoniare il tuo amore,dove tutti possano esperimentareil dono dell’unità e della pace.

Nel tempo della Visita Pastoralerafforza la nostra volontà a vivere come fratelli,pronti al perdono e alla misericordia vicendevole.

Rendici profeti coraggiosi e fortinell’annuncio del Vangelo,

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nella testimonianza della fede e della caritàperché le nostre comunità, libere da ogni torpore,ricuperino la gioia di essere la tua Chiesa,rinverdiscano di entusiasmo e di vocazioni,sappiano porsi come spinta di rinnovamento

in attesa del tuo regno glorioso.

Siano con noi, oggi e sempre,la SS.ma Madre di Dio

e i nostri Patroni S. Fortunato, S. Nicola e S. Domenicaperché in loro compagnia e col loro aiutopossiamo raccogliere frutti abbondanti

in questa Santa Visita.Amen!

† Luigi Renzo

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INDICE

I. Lasciarsi coinvolgere 7

II Ripartire dalla radice 15

III L’educazione come la perla preziosa del vangelo 251. Quale educazione 282. La Chiesa comunità educante 333. La comunità laboratorio educativo 36a. La formazione della ministerialità pedagogica 38b. La cura del carisma della profezia 40c. Una comunità di stile missionario 42

Conclusioni 44

IV Una Chiesa con i giovani e per i giovani 471. A partire dal Convegno diocesano 512. Appuntamenti formativi e celebrativi dell’anno 57

V La prima Visita Pastorale 611. La Visita Pastorale 632. Scopi e obiettivi della Visita Pastorale 653. Preparazione e svolgimento della Visita 68Conclusioni 70

Celebrazione della Visita Pastorale 73

Preghiera per la Visita Pastorale 74

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adhoc • vibo valentiaottobre 2010

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