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18 dicembre 2003 LA STELLA DI NATALE TRA MITO E LEGGENDA di Massimo Capaccioli 5

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18 dicembre 2003

LA STELLA DI NATALE TRA MITO E LEGGENDA

di Massimo Capaccioli

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a tradizione vuole che la nascita diGesù, come raccontano Matteo e

Luca nei loro Vangeli, sia stata precedutadall'apparizione di una stella particolarmen-te brillante che servì a guidare i Re Magiverso la grotta di Betlemme. Tuttavia lascarsità di documenti e la delicatezza del-l'argomento fanno sì che ancor oggi non sisia raggiunta una conclusione definitivasulla realtà del fenomeno e quindi sullanatura di questo straordinario messaggeroceleste, uno dei più potenti ed enigmaticisimboli della cristianità. Nei primi anni delTrecento, forse sotto l'impressione di un'ap-parizione particolarmente spettacolaredella cometa di Halley, nella Natività degliScrovegni Giotto scelse di rappresentarel'astro evangelico come una cometa, dandol'avvio ad un'interpretazione che s'è benradicata nella cultura popolare, sino a

diventare un ingrediente irrinunciabile delpresepe, del più pagano albero, e oggi delleagnostiche decorazioni natalizie di unaciviltà dei consumi qualunquista e immemo-re delle proprie radici. Altri grandi artisti,come ad esempio Duccio di Buoninsegnanella coeva Natività coi profeti Isaia eEzechiele, ora nella A.W. Mellon Collection,Gentile da Fabriano, Jan Brueghel eGiambattista Tiepolo nelle Adorazioni deiMagi rispettivamente agli Uffizi, allaNational Gallery di Londra e all'AltePinakothek di Monaco di Baviera, preferiro-no la tradizionale iconografia della stelladalle molte punte, simile a quella che spic-ca nell'altorilievo dell'altare realizzato daVuolvinio nel IX secolo a Sant'Ambrogio, inMilano. Altri invece ignorarono del tutto lastella nelle loro opere religiose. Ma, perdirla alla Don Abbondio, chi era davvero

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La stella di Natale: un millenario mistero neimisteri

Massimo CapaccioliProfessore di Astronomia, Università degli Studi di Napoli Federico IIDirettore dell'INAF-Osservatorio Astronomico di Capodimonte, Napoli

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costei? Prima di rincorrere la risposta,ammesso che vi sia, giova sgombrare ilcampo dagli equivoci. Cercar di ricostruireciò che realmente accadde nei cieli diGiudea circa 2000 anni fa, quando ilNazareno vide la luce, può apparire oziosoesercizio se non addirittura un'accademicaquanto inopportuna esibizione di abilità edottrina a spese del mistero del Natale; manon è così. Infatti, ove si riuscisse ad iden-tificare il fenomeno astronomico, se difenomeno si trattò, potremmo forse, usan-do il cielo come calendario, rendere piùprecisa la datazione della nascita del Cristoche, come vedremo, è molto incerta sia perquanto riguarda l'anno che il giorno dell'an-no. E questa sarebbe una cosa "buona e giu-sta". Iniziamo allora il nostro percorso inve-stigativo - che cercheremo di affrontarerestando nell'alveo del metodo scientifico,proprio come avrebbe voluto Re Federicoalla sua corte - rileggendo le due unichefonti "ufficiali" in cui si narra degli eventiportentosi che precedettero e accompagna-rono la nascita di Cristo: i Vangeli di Luca edi Matteo. Di altre fonti meno accreditate epiù scomode, i cosiddetti Vangeli apocrifi,diremo poi, anche perché essi non offrono

credibili appigli a sostegno della nostraricerca.

Nel libro secondo del Vangelo secondoMatteo si dice che "Gesù nacque aBetlemme di Giudea, al tempo del re Erode.Alcuni Magi giunsero da oriente aGerusalemme e domandavano: "Dov'è il redei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorge-re la sua stella, e siamo venuti per adorar-lo". Allora Erode, chiamati in segreto i Magi,si fece dire con esattezza da loro il tempoin cui era apparsa la stella e li inviò aBetlemme esortandoli: "Andate e informa-tevi accuratamente del bambino e, quandol'avrete trovato, fatemelo sapere, perchéanch'io venga ad adorarlo". Udite le parole del re, essi partirono. Ed

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ecco la stella, che avevano visto nel suo sor-gere, li precedeva, finché giunse e si fermòsopra il luogo dove si trovava il bambino. Alvedere la stella, essi provarono una grandis-sima gioia. Entrati nella casa, videro il bam-bino con Maria sua madre, e prostratisi loadorarono. Poi aprirono i loro scrigni e glioffrirono in dono oro, incenso e mirra.Avvertiti poi in sogno di non tornare daErode, per un'altra strada fecero ritorno alloro paese. Essi erano appena partiti, quan-do un angelo del Signore apparve in sogno aGiuseppe e gli disse: "Alzati, prendi con te ilbambino e sua madre e fuggi in Egitto, eresta là finché non ti avvertirò, perchéErode sta cercando il bambino per uccider-lo".

Luca, anch'egli nel secondo libro delsuo Vangelo, ci informa invece che "in queigiorni un decreto di Cesare Augusto ordinòche si facesse il censimento di tutta laterra. […] anche Giuseppe, che era dellacasa e della famiglia di Davide, dalla cittàdi Nàzaret e dalla Galilea salì in Giudea allacittà di Davide, chiamata Betlemme, perfarsi registrare insieme con Maria sua sposa,che era incinta. Ora, mentre si trovavano inquel luogo, si compirono per lei i giorni del

parto. Diede alla luce il suo figlio primoge-nito, lo avvolse in fasce e lo depose in unamangiatoia, perché non c'era posto per loronell'albergo. C'erano in quella regione alcu-ni pastori che vegliavano di notte facendo laguardia al loro gregge. Un angelo delSignore si presentò davanti a loro e la gloriadel Signore li avvolse di luce.

Essi furono presi da grande spavento, mal'angelo disse loro: "Non temete, ecco vi

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Giotto di Bondone - L’adorazione dei Magi

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annunzio una grande gioia, che sarà di tuttoil popolo: oggi vi è nato nella città di Davideun salvatore, che è il Cristo Signore. Questoper voi il segno: troverete un bambinoavvolto in fasce, che giace in una mangiato-ia". E subito apparve con l'angelo una molti-tudine dell'esercito celeste che lodava Dio ediceva: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e

pace in terra agli uomini che egli ama".Appena gli angeli si furono allontanati pertornare al cielo, i pastori dicevano fra loro:"Andiamo fino a Betlemme, vediamo questoavvenimento che il Signore ci ha fatto cono-scere". Andarono dunque senz'indugio e tro-varono Maria e Giuseppe e il bambino, chegiaceva nella mangiatoia. E dopo averlo

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J. Bruegel il Vecchio - Adorazione dei Magi

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visto, riferirono ciò che del bambino erastato detto loro. Tutti quelli che udirono, sistupirono delle cose che i pastori dicevano.Maria, da parte sua, serbava tutte questecose meditandole nel suo cuore. I pastoripoi se ne tornarono, glorificando e lodandoDio per tutto quello che avevano udito evisto, com'era stato detto loro."

Queste scarne descrizioni, di cuiabbiamo sottolineato i passi cruciali, sonotutto ciò che si ha per cercare di far luce sulreale significato della tradizione evangeli-ca. Pur concordando nell'affermare cheGesù nacque a Betlemme durante gli ultimianni del regno di Erode il Grande, e chel'evento venne annunciato da un messagge-ro celeste, differiscono e si integrano inaspetti molto importanti. Ad esempio, soloMatteo parla di Magi, di una stella "guida" edella strage degli innocenti, mentre soloLuca parla del viaggio da Nazareth aBetlemme, luogo d'origine di Giuseppe, del-l'editto di Cesare Augusto, di un albergoaffollato e del conseguente riparo nellastalla, con la natalizia immagine della man-giatoia, e degli angeli che annunciano nellanotte la novella ai pastori nei campi, avvol-gendoli con una luce abbagliante.

D'amblée e con così pochi indizi, tral'altro riferiti da fonti "di parte" della cuipiena aderenza ai "fatti" ancora si discutetra gli specialisti, il cercar di ricostruire conun qualche rigore storiografico tutta lavicenda potrebbe sembrare impresa dispe-rata. E' anche vero, però, che spesso ilprimo passo verso la risoluzione di un pro-blema risiede proprio nel capire se questiammetta soluzione e, in caso positivo, nelriuscire a porsi le domande giuste.Cominciamo allora col chiederci se la nostradomanda: che cosa è la "stella"?, abbia omeno senso.

Le spiegazioni avanzate nel corsodei secoli possono essere raccolte in tregruppi o categorie. La "stella" fu uno specia-le miracolo di natura divina che non puòessere spiegato razionalmente. Oppure,essa non fu che un'invenzione dell'estensoredel Vangelo di Matteo, il quale la introdusseper dar lustro alla nascita di Gesù, com'eranell'uso dei tempi. O ancora, fu un eventoastronomico, magari attivato dalla volontàdivina e pur tuttavia reale e indagabile coimetodi della scienza. E' inutile dire che, sesi dovesse far propria una delle prime duespiegazioni, qualunque tentativo di ulterio-

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re indagine razionale diverrebbe o impossi-bile nel primo caso o inutile nel secondo, eci potremmo fermare qui. Ma se si opta perl'evento astronomico, come arbitrariamentefaremo, allora le possibilità di soluzione simaterializzano in un ventaglio di ipotesisulla natura della "stella". Per procedereoltre, occorre adesso definire in modo il piùpossibile preciso gli altri termini del proble-ma. Innanzitutto, è necessario chiarire chifossero i Magi. Matteo non lo dice.Ma dalla sua pur scarna descrizione, e

soprattutto dai segni di rispetto di Erode ilGrande nei loro confronti, dobbiamo dedur-re che fossero uomini importanti, la cuireputazione aveva preceduto il loro arrivoin Giudea. Forse erano greci, egizi o piùprobabilmente persiani. Lo storico grecoErodoto del V secolo a.C. chiama per l'ap-punto Magi i membri di una casta di autore-voli sacerdoti, molto probabilmente seguacidel culto di Zoroastro, che operavano nelNord della Persia (Medes). Dunque, i Magicitati nel brano evangelico potrebbero esse-re potenti e sapienti sacerdoti, iniziatiall'uso delle pratiche magiche e all'astrolo-gia, e dunque anche raffinati astronomi:un'interpretazione suffragata da Filone diAlessandria (30 a.C. - 41 d.C.) il quale rac-conta che "[…] nella terra dei barbari […] cisono numerosissime e celebri associazioni diuomini virtuosi e onorabili. Tra i Persianiesiste un gruppo, i Magi, i quali, investigan-do la natura per familiarizzarsi con la veri-tà […] iniziano altri alle divine virtù permezzo di spiegazioni chiarissime". Il Vangelonon ci dice nemmeno quanti fossero questiMagi, né come essi viaggiarono sino inGalilea, né tantomeno quanto a lungo duròil loro viaggio; ma anche qui è possibile fare

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Gentile da Fabriano - I Magi

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delle ipotesi ragionevoli. Innanzitutto, ilnumero dei doni (oro, incenso e mirra) haindotto arbitrariamente ad accettare l'ideache i Magi fossero tre; i nomi Gaspare,Melchiorre e Baldassare, poi, sono frutto dipura invenzione così come è di fantasia illoro sepolcro esibito come reliquia inSant'Eustorgio, a Milano. L'appartenenza adun'élite rende plausibile che il viaggio si siasvolto a cavallo, e non a dorso del più "asia-tico" ed esotico cammello, come invece vor-rebbe la tradizione popolare. La durata delviaggio, elemento non trascurabile per lanostra indagine perché fissa anche la dura-ta del fenomeno astronomico, è ancor piùdifficile da valutare. Anche in questo caso èlecito ipotizzare che, per essere degno dimenzione, si sia trattato di un tragittoabbastanza lungo, alcune centinaia di chilo-metri almeno, coperto nell'arco di parecchimesi: un viaggio che i Magi dovrebbero averaffrontato con molto seguito di servi, baga-gli e guardie, come si addiceva al loro rangoe alla pericolosità dei luoghi da traversare.Una tal ricca e regale carovana non avrebbepotuto passare inosservata, e ciò bastereb-be a spiegare perché Erode li stesse aspet-tando al varco.

Ma cosa indusse i Magi a mettersi incammino? Forse erano al corrente dellarivelazione messianica del popolo ebraico:un fatto in verità probabile se, come sipensa, essi venivano dalle terre diBabilonia, dove la lunga cattività del popo-lo ebraico non poteva non aver lasciatotraccia. Nella Bibbia, al Libro dei Numeri(24-17), l'oracolo Balaam parla di un grandeRe, associandolo all'apparizione di una stel-la: "Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo,ma non da vicino: una stella spunta daGiacobbe e uno scettro sorge da Israele".Probabilmente i Magi erano anche a cono-scenza della profezia di Daniele (9, 25-26):"Sappi ancora e intendi bene: che a partiredal momento in cui fu dato l'ordine di rico-minciare a ricostruire Gerusalemme, fino ache sorga un Principe Unto, vi sono settesettimane; e durante sessantadue settima-ne Gerusalemme risorgerà e sarà riedifica-ta, con piazze e mura di cinta, ma nell'an-goscia dei popoli. E dopo queste sessanta-due settimane, un Unto sarà soppresso,senza avere un successore legittimo, lacittà e il santuario saranno distrutti da unpopolo di un sovrano che verrà; finalmentequesto sarà violentemente vinto, ma fino

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alla fine saranno guerra e devastazioni". Pergli antichi, il primo evento menzionato daDaniele si riferiva alla ricostruzione diGerusalemme seguita alla distruzione dicittà ed alla conseguente deportazionedegli Ebrei a Babilonia, nel 586 a.C., adopera di Nabuccodonosor. Tale ricostruzioneebbe inizio "nel mese di Nisan, il ventesimoanno del re Artaxerxès", figlio di Xerxès, redi Persia (464-425 a.C.), cioè il 14 marzo del444 a.C, nel nostro calendario e secondo icalcoli effettuati nel XIX secolodall'Astronomo Reale George B. Airy. A que-sto punto occorre solo ricordare che, nellalingua profetica, una settimana equivale a 7anni, e che l'anno profetico era di 360 gior-ni, ed il conto è presto fatto:7 settimane di anni + 62 settimane di anni =69 settimaneovvero: 69 settimane 7 anni 360 giorni= 173.880 giorni = 476 anni.E' impossibile non accorgersidell'impressionante precisione.La Crocifissione di Cristo ebbeluogo il 6 aprile dell'anno 33 delnostro attuale calendario, cioè476 anni esatti (attenzione che

l'anno 0 non esiste) dopo la rifondazione diGerusalemme. E' dunque probabile che, alvolgere della nuova Era, tutti i saggi del-l'epoca, messi in allarme dalla Profezia diDaniele, fossero in attesa di segni celestipremonitori della nascita di un Re, destina-to a diventare l'unto [che] sarà soppresso dicui parla il profeta.

Arrivati a questo punto, occorre darrisposta ad un'altra domanda, forse la piùimportante di tutte: quando nacque GesùCristo? Verrebbe spontaneo rispondere: il 25dicembre dell'anno zero dell'Era Cristiana oVolgare, ma sarebbe un errore perché, aparte il fatto che l'anno zero non esiste,questa data ha un valore meramente con-venzionale. Essa venne introdotta nel VIsecolo dal monaco dacio Dionigi il Piccolo

(470 - 540 d.C. ca.). A questoreligioso sapiente e modesto -l'attributo "piccolo" (exiguus)non si riferisce alla statura maè una valutazione che egli dàdi sé - papa Giovanni I avevachiesto di calcolare le datedella Pasqua per i 100 anni suc-cessivi al 525 d.C.: un interval-lo di tempo adeguato alla limi-

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Fra Angelico - Natività

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tata precisione dei dati all'epoca disponibiliagli astronomi. Per fissare le cadenze diquesta festa mobile, argomento di ferocicontroversie a partire dal Concilio di Nicea,l'umile ma determinato Dionigi pretese dinon utilizzare il calendario vigente. Nell'Eradei Martiri gli anni si contavano ancora apartire dall'ascensione al trono dell'impera-tore Diocleziano, feroce persecutore deicristiani, avvenuta a Calcedonia il 17 set-tembre del 284 dopo Cristo. Dionigi ritenneinvece più appropriato riferire l'origine deitempi alla "incarnazione di Nostro SignoreGesù Cristo". Per calcolarne l'anno fecericorso alla cronologia degli imperatoriromani, di gran lunga la più precisa basetemporale disponibile, ma pare che abbiacommesso un errore nel rico-struire gli eventi dell'epoca diAugusto, scordandosi che que-sti aveva governato per 4 annicome triumviro col nome diOttaviano. Così egli stabilì chel'anno della Natività dovesseessere il 753-esimo ab Urbecondita. L'anno successivo fudetto primo dell'Era delSignore. Usando la nascita di

Cristo come spartiacque, veniva automati-camente a mancare l'anno zero, con conse-guenti complicazioni di calcolo che ancoraoggi si fanno sentire. Determinato l'anno,per fissare i giorni della nascita e dellamorte di Gesù, si appoggiò ad argomentiche, per quanto stravaganti possano sem-brarci oggi, erano all'epoca talmente condi-visi da assicurargli anche l'approvazione delVenerabile Beda. Proviamo a riassumerli.1. Dio doveva aver avviato la creazionedel mondo il 25 marzo, che era allora ladata dell'equinozio vernale: una data in cuiogni anno, con il passaggio del Sole al nodoascendente che determina la vittoria dellaluce sulle tenebre, si rinnova l'atto creativocon l'avvio di un nuovo ciclo delle stagioni.

2. Non è ammissibile cheDio sia imperfetto. Dunque, ilFiglio doveva essere statoegualmente concepito il 25marzo che, sempre per evi-denti ragioni di divina perfe-zione, doveva cadere didomenica. Nove mesi digestazione impongono che lanascita sia avvenuta domeni-ca 25 dicembre, ossia 6 giorni

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Hans Holbein il Giovane - Adorazione deipastori (sx) - Adorazione dei Magi (dx)

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prima dell'avvio, con l'anno uno, dell'EraCristiana: una "fortunata" coincidenza per laconcomitanza con importanti feste dellaRoma pagana, che così venivano semplice-mente "sostituite" da una nuova celebrazio-ne.3. Sempre per ragioni di simmetria e diperfezione, la morte di Gesù doveva essereavvenuta il 25 marzo di 33 anni dopo (èinteressante, ma forse solo una coinciden-za, l'uso del doppio numero magico 3).In realtà, i due brani evangelici sopra ripor-tati, se confrontati con la cronologia stori-ca, offrono informazioni bastanti a ritenerecon ragionevole certezza che Cristo sia natoprima della data imposta da Dionigi, in unafinestra temporale che va dal 7 all'1 a.C., epiù probabilmente in primavera che ininverno, anche se nulla sappiamo davverodel giorno. Vediamo perché.L'incarnazione del Cristo ebbe luogo duran-te uno dei rari periodi di pace e prosperitàper quelle genti le cui terre si affaccianosulle sponde del Mediterraneo e le cui esi-stenze erano ormai più o meno sotto ildominio di Roma. Nel 7 a.C., Augusto avevainiziato a richiamare le legioni dalle provin-ce e a scioglierle. Subito dopo, in ogni ango-

lo dell'impero vennero avviati i preparativiper i festeggiamenti che, nel 2 a.C., avreb-bero dovuto celebrare il 750-esimo anniver-sario della fondazione di Roma ed il 25-esimo giubileo dell'Impero di Augusto.Sempre nel 2 a.C., a Roma fu inaugurato ilForo Augusteo. Il 5 febbraio di quell'annol'imperatore aveva ricevuto il titolo di"Pater Patrie", per il quale era previstal'espressione della volontà popolare: forse il"censimento" di cui parla Luca riguardo alviaggio a Gerusalemme di Giuseppe e dellasua sposa incinta. Lo storico Orosio, nel Vsecolo, annotava: "[nell'anno 2 a.C.Augusto] ordinò che un censimento venissefatto in tutte le province e che tutti gliuomini venissero registrati [...] Questo è ilprimo e più famoso pubblico riconoscimen-to di Cesare come primo di tutti gli uominie dei Romani come signori del mondo".

Sappiamo inoltre che Erode dovevaessere ancora vivo all'epoca in cui avvenne-ro i fatti: non solo aveva ricevuto i Magi alloro arrivo a Gerusalemme, ma, nella suaansia omicida di eliminare il potenziale"rivale", aveva ordinato di uccidere tutti ibambini di età inferiore a due anni, lascian-doci così pensare che la strage degli inno-

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centi sia avvenuta un bel po' di tempo dopola nascita di Cristo, ossia che questi sia natofino a due anni prima della scomparsa diErode. Ora, esistono buone ragioni per rite-nere che la morte del Grande Re sia avvenu-ta a Gerico nel 2 a.C.. Lo storico dei Giudei,Flavio Giuseppe, narra infatti che Erode sispense tra atroci sofferenze (e ben gli sta!verrebbe da dire) subito dopo una grandeeclisse di Luna avvenuta a distanza di qual-che giorno dalla Pasqua ebraica. Ebbene, il2 a.C. è proprio l'unico anno in cui si verifi-cò una siffatta coincidenza di eventi. Il cen-simento fiscale, invece, aveva luogo nelleprovince ogni 5 anni e, nel caso specifico, sitenne nell'8 e nel 3 avanti Cristo.Riassumendo, pare ragionevole concludereche Cristo nacque in Betlemme, all'ombra diGerusalemme, in un periodo che va dal 7 al1 avanti Cristo (!), forse nella primavera, sevogliamo dar credito al racconto di Luca, ilquale parla di pastori che dormivanoall'aperto coi propri armenti.

Con queste premesse, la domandada cui siamo partiti può essere posta final-mente nei suoi giusti termini: quale ful'evento astronomico che ebbe luogo neglianni che vanno dal 7 al 1 a.C. e la cui valen-

za astrologica fu tale da indurre un gruppodi potenti sacerdoti ad intraprendere unlungo e dispendioso viaggio dalla Persia allalontana Palestina?

Come corollario, dovremo cercar di conci-liare la risposta con la descrizione dell'even-to che ne fa Matteo, il quale parla di unaprima apparizione ("abbiamo visto sorgerela sua stella"), di una migrazione in cielo edi una sosta ("la stella, che avevano vistonel suo sorgere, li precedeva, finché giunsee si fermò sopra il luogo dove si trovava ilbambino"): comportamenti che si attagliano

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Altobello Melone - Strage degli Innocenti

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a ben poche categorie di fenomeni celesti.Bisognerà anche scartare tutto ciò che èparticolarmente eclatante, perché le fontistoriche, che sulla stella concordementetacciono, ne avrebbero invece ampiamenteparlato. Insomma, non possiamo prender sulserio Ignazio di Antiochia quando, nella suaLettera XIX agli Efesini sull'Abolizione dellaMorte, racconta che "[...] un astro brillò nelcielo sopra tutti gli astri, la sua luce eraindicibile, e la sua novità stupì. La altrestelle con il sole e a luna fecero un coroall'astro ed esso più di tutti illuminò. Ci fustupore": se stupore ci fosse stato, neavremmo traccia nelle cronache di ogniangolo del mondo, visto che il cielo lo vedo-no tutti. Similmente ignoreremo ilProtovangelo di Giacomo quando, nel libroXXI, riporta la risposta che i Magi avrebberodato ad Erode: "Abbiamo visto una stellagrandissima che splendeva tra queste stellee le oscurava, tanto che le stelle non appa-rivano più. E' così che noi abbiamo cono-sciuto che era nato un re a Israele, e siamovenuti per adorarlo", anche se poi, in accor-do con Matteo, ribadisce il singolare com-portamento dell'astro: "Ed ecco che la stel-la che [i Magi] avevano visto nell'oriente li

precedeva fino a che giunsero alla grotta, esi arrestò in cima alla grotta".

Con questi vincoli, basta un rapidoesame degli oggetti astronomici visibili adocchio nudo per restringere il campo dellanostra indagine a quattro possibilità soltan-to: il pianeta Venere, l'apparizione di unastella nova o di una stella cometa e, infine,il prodursi di una congiunzione planetaria.

Seppur per ragioni diverse, i primidue casi possono essere esclusi da qualsiasiulteriore considerazione: Venere perché,pur essendo l'oggetto più brillante dellasfera celeste e astro sacro a molti popoli tracui i Babilonesi che la adoravano col nomedi Ishtar, era ben nota nei suoi prevedibilicomportamenti a chiunque si occupasse diastrologia. Non presentando alcun caratteredi particolare novità, non pare ragionevoleche la pur enigmatica stella che è alternati-

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Cometa Ikeya - Zhang e M31

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vamente della sera e del mattino possa averindotto i Magi a mettersi in viaggio. Vien dadire che, se Venere fosse la stella di Natale,allora i saggi Magi sarebbero ben poco saggi.

Più difficile da escludere è l'appari-zione di una stella nova o supernova, cioè diuno di quegli oggetti stellari che, come noioggi sappiamo, per un evento cataclismicoaumentano repentinamente di luminositàtanto da affiorare alla vista, per poi lenta-mente affievolirsi e sparire nuovamente nelbuio cosmico. In particolare, le novae sonostelle degeneri (nane bianche) su cui unacompagna in fase espansiva (gigante rossa)deposita tanto materiale da indurre unaliberatoria esplosione nucleare superficiale

non distruttiva. Le supernovae sono invecestelle alla fine di un ciclo evolutivo che sichiude con un'apocalittica esplosione, il cuiunico resto è, se c'è e a seconda dei casi,una stella di neutroni o un buco nero.

Trattandosi di fenomeni del tuttoimprevedibili, non è possibile escludere concertezza che, all'epoca in cui nacque Cristo,una stella nova o una supernova siano stateeffettivamente visibili per un osservatoreposto nella fascia tropicale. Ma le cronachenon ne parlano, mentre è da credere che,nell'universo stazionario degli aristotelici,l'apparizione di una nuova stella sarebbestato un fenomeno talmente eclatante dadover essere registrato anche da altri osser-vatori in Europa, così come nell'EstremoOriente, con buona pace di Ignazio eGiacomo. Conviene ricordare che gli astro-nomi cinesi hanno conservato una registra-zione fedele degli eventi celesti che si spin-ge molto indietro nel tempo, sino ad epocheben al di là della nascita del Cristo.

Scartata anche la pioggia meteorica,una spiegazione che cade pei medesimimotivi detti sopra, rimangono l'ipotesicometaria e quella di una congiunzione pla-netaria. Conviene sottolineare nuovamente

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Luna e Venere al tramonto da Huntland, Tennesse

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che l'interpretazione corrente per la stelladi Natale come apparizione di una cometaparticolarmente brillante non trae alcunfondamento dai testi evangelici. Essa nascemolto più tardi e s'incontra in alcuni salmidel Basso Medioevo e negli scritti di alcunipadri della Chiesa.

Il primo a rappresentare una cometain una Natività sembra essere stato l'intar-siatore belga Nicholas di Verdun che nel1205, nel coro della cattedrale di NotreDame di Tornai in Belgio, la ritrasse comeuna stella ad otto punte.

Molto più famosa e molto probabil-mente anche all'origine della tradizionepopolare, è la raffigurazione che ne feceGiotto nel 1303, nella scena della Nativitàrealizzata per il ciclo di affreschi dellaCappella degli Scrovegni a Padova. Quasicertamente il pittore si ispirò, con un reali-smo che ancor oggi sbalordisce, alla come-ta di Halley che nel 1301 s'era resa visibilenei cieli boreali circa due mesi prima delpassaggio al perielio e che doveva essereapparsa estremamente brillante.

Altre rappresentazioni della stessacometa, che si riferiscono però al successi-vo passaggio del 1376, si possono trovare

nelle due natività dipinte da Giusto de'Menabuoi nel 1370 e nel 1390, che possiamoammirare rispettivamente nel Battistero delDuomo di Padova e nella Cappella di S.Michele del Duomo di Padova.

Le comete, che oggi sappiamo esse-re agglomerati di rocce primordiali e ghiac-ci in rivoluzione attorno al Sole su orbitefortemente eccentriche, all'epoca dovevanoapparire come fenomeni molto spettacolarima del tutto incomprensibili. Enormi, bril-lantissime e di aspetto mutevole, sembra-vano sbucare inopinatamente dal nulla e,dopo avere solcato i cieli a grande velocità,scomparivano senza che se ne avesse più

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Giusto de Menabuoi - Natività

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traccia. Si dovette arrivare alla fine delSeicento perché venisse formulata su basiscientificamente fondate, dall'ingleseEdmund Halley, la teoria che successiveapparizioni cometarie potessero corrispon-dere in qualche caso a passaggi diversi di unmedesimo oggetto in vicinanza del Sole. Non occorre particolare fantasia per intuireche, in una società superstiziosa che crede-va nell'astrologia, le comete finirono pertrasformarsi in una sorta di messaggeri cele-sti, forieri di eventi eclatanti e talvolta,anche se non necessariamente, nefasti.

Un esempio particolarmente affasci-nante di tali irrazionali credenze si trovanell'arazzo di Bayeux, un ricamo di lana sutela di lino realizzato nel secolo XI, altomezzo metro e lungo ben 70, che narra lasconfitta di Aroldo II ad Hastings e la con-quista dell'Inghilterra da parte di Guglielmoil Bastardo, detto poi il Conquistatore, nel1066.

Il fato dei vincitori e dei vinti èsegnato dall'apparizione di una cometa,ancora una volta quella "stella caudata" chepoi sarà detta di Halley, in occasione dellaPasqua successiva all'incoronazione diAroldo: un pessimo segno per il re sassone,

come dimostreranno i fatti. Non sempre,dunque, le comete erano intese come por-tatrici di buona sorte.

Al riguardo, conviene rileggere un passodell'Exposition du Systeme du Monde diPierre Simon de Laplace, la prima operacosmologica moderna scritta proprio allafine del Settecento: "[…] sottolineiamo, avantaggio dei progressi dello spirito umanoche questa cometa [di Halley], che nel cor-rente secolo ha eccitato il più vivo interes-se tra i geometri e gli astronomi, era giàstata vista in modo ben diverso, quattrorivoluzioni prima, nel 1456. La lunga codache si trascinava appresso, sparse il terrorenell'Europa già costernata dai rapidi succes-

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Arazzo di Bayeux

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si dei Turchi che avevano appena distruttol'impero greco: il papa Callisto ordinò a que-sto proposito una preghiera con la quale sigettava lo scongiuro sulla cometa e suiTurchi: in quei tempi di ignoranza, si eralontani dal pensare che il solo mezzo perconoscere la natura è di interrogarla attra-verso l'osservazione e il calcolo.

A seconda che i fenomeni capitavanoe si succedevano con regolarità o senzaordine apparente, si facevano dipendere dacause finali o dal caso; e quando mostrava-no qualcosa di straordinario e sembravanoandare contro l'ordine naturale, venivanoguardati come altrettanti segni della colle-ra celeste".

Si dice anche che nel 79 d.C., quan-do nel cielo apparve una cometa, gli auguriromani temettero che potesse essere unpresagio di morte per Vespasiano.L'imperatore guerriero ci scherzò sopra,sostenendo che una stella "coi capelli lun-ghi" non poteva riguardare lui, ch'era calvo,ma il re dei Parti, che invece aveva unafluente chioma. E tuttavia poco dopo morì,tanto per rinvigorire il superstizioso sospet-to.

Basta poco per convincerci che la

cometa di Halley non può essere stata la"stella di Betlemme". Oggi gli astronomisono in grado di calcolarne con grande pre-cisione le date delle precedenti apparizioniper un arco di tempo lunghissimo: un contoper niente semplice in quanto le cometesono soggette a forti perturbazioni che nealterano anche significativamente quellarotta che invece per i pianeti è molto stabi-le. Scopriamo così che la nostra cometa sirese visibile nel 12 a.C. e poi di nuovo nel66 d.C.; due date che restano ben al di fuoridell'intervallo temporale definito in prece-denza per la nascita del Salvatore.

Ma scartare la Halley non significa affattofalsificare l'ipotesi cometaria; nulla a priorivieta che la stella di Natale sia stata un'al-tra cometa. Ed in effetti, la consultazionedegli archivi degli astronomi cinesi rivela

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Cometa di Halley

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l'esistenza di altri due candidati: una come-ta apparsa nel 5 a.C., con coda, ed unaseconda, senza coda, apparsa l'anno succes-sivo. A titolo di pura curiosità, va detto chei cinesi consideravano benaugurali le come-te con code ben visibili, che essi chiamava-no "stelle scopa", capaci di portare il nuovoe allontanare il vecchio, mentre ritenevanofossero di cattivo auspicio le comete senzacoda o "stelle cespuglio". Ad esempio, eccocome un astronomo della tarda Dinastia Handescrive l'apparizione di una cometa: "Nelsecondo anno del regno dell'ImperatoreZhong-ping, 10-mo mese, giorno kuei hai,una stella ospite apparve alla PortaMeridionale [costellazione]. Era larga comemezza tazza. Mostrava i cinque colori edera lieta-arrabbiata [ossia, scintillava].Gradatamente diventò più debole e sparìnel sesto mese del secondo anno successivo.Secondo la regola ciò significa insurrezione.Quando venimmo al sesto anno, il governa-tore della regione di Yuan-shou punì ed eli-minò gli ufficiali di rango intermedio.WuGuang attaccò e uccise HeMiao, il gene-rale dei carri e della cavalleria, e moltemigliaia di persone furono uccise".

Ritornando al nostro problema, ci

rendiamo conto di non poter escludere conassoluta certezza l'ipotesi cometaria. Tral'altro, col suo rapido moto una cometabene si presterebbe a spiegare la sibillinaaffermazione di Matteo: "la stella, che iMagi[] avevano visto nel suo sorgere, li pre-cedeva", e fors'anche quell'altra riguardo lasosta sopra la capanna della Natività. Non lascarteremo dunque se non dopo aver verifi-cato che esistono altre interpretazioni delfenomeno che ci soddisfano di più, non fos-s'altro perché le comete, anche quelle bril-lanti, sono piuttosto comuni, né serve lascienza dei Magi per osservarle e questa nonbasta per predirle.

Ci resta ora da considerare l'ipotesiche la stella di cui parla il Vangelo di Matteonon sia stata un ben preciso oggetto celestema piuttosto un fenomeno astronomico piùcomplesso quale, ad esempio, una congiun-zione planetaria. Così si chiamano gli avvi-cinamenti delle posizioni in cielo di due opiù pianeti, ossia di quei corpi dall'apparen-za stellare che, per il loro vagolare a primavista senza regole tra gli astri della rigidasfera celeste, talvolta invertendo anche ladirezione del moto, meritarono il nome di"stelle erranti". Come si vedrà, una congiun-

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zione particolarmente importante, sia pelsuo ruolo storico che per le sue valenzeastrologiche, è quella tra Giove e Saturno.Per effetto combinato dei loro moti orbita-li, ogni 20 anni circa questi pianeti appaio-no avvicinarsi molto l'uno all'altro sullasfera celeste.

Le loro congiunzioni, che possonoessere semplici o triple, ossia prodursi unasola volta oppure ben tre volte nell'arco dialcuni mesi, si succedono sulla fascia eclit-ticale, quella del moto apparente del Sole,a distanze angolari di circa un terzo di girol'una dall'altra. Occupano cioè, in successio-ne, i vertici di uno dei quattro trigoni in cuivengono raggruppate le costellazioni zodia-cali. Lentamente le congiunzioni di Giovecon Saturno scivolano da un trigono al suc-cessivo: ogni 200 anni circa, e dunque siripetono identicamente più o meno ogni 800anni.

Nel dicembre del 1603 l'astronomoJohannes Kepler (Keplero), scienziato stra-ordinario con un forte propensione perl'esoterismo e grande cultore di astrologiache egli praticava per vivere, osservò unacongiunzione Giove-Saturno nel Sagittarioe, l'anno successivo, una congiunzione dei

due giganti con Marte. Si trattava di unevento astrologicamente rilevante: untriangolo di Fuoco fatto da Marte, Giove eSaturno collocato nel Trigono di Fuoco, chegli esperti ritenevano potesse essere supe-rato in qualità soltanto dall'apparizione diuna cometa. "[...]

Alcuni guardarono per correggere leloro effemeridi, altri per puro piacere, altria causa della rarità dell'evento, alcuni perverificare le loro predizioni, e altri, davve-ro, per vedere se ci sarebbe stata unacometa come era stato espressamente pre-detto dagli astrologi arabi […]", annotava iltedesco. E il 10 ottobre 1604, per uno diquei singolari casi che di tanto in tanto siverificano per confondere le idee anche alpiù realista degli uomini, proprio tra Giovee Saturno comparve una nuova stella, bril-lante quasi come Giove stesso. Keplero laosservò a lungo, finché sparì, e poi la rac-contò in un libro intitolato "Stella Nova inCauda Serpentarii".

Proprio mentre stava stendendo lasua opera, il nostro astronomo s'imbatte nellavoro di un polacco in cui si sosteneva cheCristo fosse nato nel 4 a.C., e fu così chearrivò a formulare la sua straordinaria ipo-

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tesi. Egli aveva stimato che circa 2 volte800=1600 anni prima, e più precisamentenel 7 a.C., si doveva essere verificata unacongiunzione tripla di Giove con Saturno neiPesci.

Keplero si accorse anche che l'anno dopo,ossia nel 6 a.C., ai due s'era aggiunto Marte,ricreando la medesima configurazione che,nel 1604 aveva poi dato vita alla stella novanel Sagittario. E così immaginò che ancheallora, per analogia, dovesse essere apparsauna nuova stella, per l'appunto la "stella diMatteo": "[...] non ho alcun dubbio che Dioavrebbe accondisceso ad alimentare la cre-dulità dei Caldei […]". Nell'Ottocento questa ipotetica spiegazionedel fenomeno evangelico in termini di unastella nova venne abbandonata a favore diquella che la "stella" fosse la congiunzione

stessa: evento raro, adattabile alla descri-zione di Matteo per via del suo complessosvolgimento nel tempo, astrologicamentesignificativo e tanto sofisticato da poterattirare esclusivamente uomini colti come iMagi.

Gli attuali programmi di calcolo con-sentono di ricostruire in grande dettaglio lasequenza dei fatti: 1) alla fine dell'8 a.C. Giove e Saturnopresero ad avvicinarsi sulla volta celeste: unfenomeno sicuramente prevedibile con leconoscenze astronomiche dell'epoca; 2) all'inizio del 7 a.C. i due pianetierano visibili nel cielo ad oriente subitodopo il tramonto del Sole: apparivano bril-lanti e vicini tra loro;3) durante l'estate del 7 a.C. Giove eSaturno erano ancora più vicini rimanendovisibili tutta la notte; 4) alla fine del 7 a.C. ai due pianeti sene avvicinò un terzo, Marte. Tutti e trerimasero vicini fino alla primavera del 6a.C., quando si allontanarono ponendo finealla congiunzione.

Questo insieme di accadimenti, checapita ogni 805 anni, quella volta si proiet-tò sulla costellazione dei Pesci. E' ben vero

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Congiunzione di Giove con Saturno

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che la tripla congiunzione (maggio-settem-bre-dicembre) non portò mai i pianeti piùvicini di due diametri lunari, una distanzaeccessiva per farceli vedere come un soloastro; ma la tradizione evangelica, cheparla di una stella, ha forse risentito dellatrasmissione per via orale e delle troppetrascrizioni di epoca più tarda. Esistonoinfatti buoni argomenti per pensare che latripla congiunzione Marte-Giove-Saturnonella costellazione dei Pesci sia propriol'evento astronomico menzionato daMatteo. Secondo le convenzioni astrologi-che dell'epoca, infatti, Giove, era l'astro deiRe, mentre Saturno era il protettore degliEbrei, ed i Pesci, segno d'acqua, erano lacasa della nazione ebraica, per via di Mosèch'era stato salvato dalle acque.Aggiungiamo, ad abundantiam, che nelmarzo-aprile del 5 a.C. gli astronomi cinesiregistrarono l'apparizione di una stella novanella costellazione del Capricorno, cherestò visibile per 70 giorni: un'incredibilecoincidenza verificata ex-post.

Parrebbe che avessimo miracolosa-mente trovato il bandolo di un'intricatissimamatassa, ma non è così. Purtroppo, se lasoluzione del nostro problema dovesse esse-

re una congiunzione, quella scovata daKeplero non è l'unica! Negli ultimi decennisono state proposte altre interessanti possi-bilità che contemplano congiunzioni tra pia-neti e stelle brillanti, oppure tra pianetie/o stelle da un lato e la Luna dall'altro,che poi si trasformano in occultazioni quan-do il nostro satellite eclissa la luce di questiastri: accadimenti che è attualmente bana-le ricostruire a casa propria con un buon PCe uno dei tanti software astronomici in com-mercio, che consentono di ricreare l'appa-renza del cielo notturno in epoche remote,visto da ogni luogo della terra.Naturalmente i fatti astronomici vanno con-diti con le interpretazioni astrologiche. Equi si può obiettare che, a differenza deglialtri antichi popoli, gli Ebrei consideravanoblasfema l'astrologia predittiva. E' vero: tut-tavia anch'essi credevano che le stelle por-tassero i segni della volontà divina. E poi iMagi, che sono proprio quelli mossi dalla"stella", non erano di certo ebrei.

Tra le varie congiunzioni, una davve-ro intrigante riguarda i ripetuti incontri,nell'anno 3 a.C., tra Giove e Regolo, la stel-la più brillante della costellazione delLeone minore: costellazione "reale", che

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astrologicamente si trova all'origine dellasequenza delle costellazioni dello Zodiaco,là dove viaggia il Sole. Ecco la successionedei fatti, prevedibili da parte degli astrolo-gi e dunque noti ai Magi. Il 12 agosto del 3a.C., 33 giorni dopo la congiunzione mattu-tina di Giove con Venere (si badi al signifi-cato dei nomi e dei numeri), il Re dei piane-ti si avvicinò al Re delle stelle, Regolo, a

una distanza di circa 20 primi d'arco, pari a2/3 di un diametro lunare. Era il primo ditre contatti. Il primo di dicembre del medesimo anno Giove si fermò per avviare il suomoto retrogrado, ossia un percorso a ritrosotra le stelle che, in una visione copernica-na, ha solo un valore apparente in quantoriflette il moto dell'osservatore terrestre. Il17 febbraio del 2 a.C. Giove si riunì una

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anno 3 a.C.: congiunzioni di Giove con la stella Regolo

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seconda volta a Regolo (51'), continuando dimoto retrogrado per altri 40 giorni.Finalmente, l'8 maggio successivo ebbeluogo la terza riunione con la stella (43') nelcorso del moto tornato diretto. Il caricosimbolico è evidente, così come l'interpre-tazione: un grande re, Giove, faceva casaattorno alla stella reale in prossimità del-l'inizio dello Zodiaco (costellazione delLeone) ad indicare la nascita di una nuovaera per la nazione ebraica grazie all'appari-re di un grande personaggio. Tra l'altro, ilmodello proposto dà conto bene della crip-tica descrizione della stella da parte diMatteo, fatta di moti nel cielo e di soste.

Oltre a questa vi sono anche altreproposte, che ci limiteremo a citare senzamolti commenti. Il 19 maggio 3 a.C. Saturnosi congiunge a Mercurio (entro 40'), e il 12giugno 3 a.C. muove verso Est per incontra-re Venere (separazione 7'). Il 12 agosto 3a.C. Giove e Venere entrano in congiunzio-ne (4') in levata eliaca come un'unica stel-la brillante del mattino. La congiunzioneavviene tra Cancro e Leone, fine ed iniziodello Zodiaco. Il 17 giugno 2 a.C. Giove,protettore dei Romani, e Venere, madredegli Augustei, dopo il tramonto si trovano

nuovamente quasi sovrapposti (a un decimodi primo) nella costellazione del Leone,testa dello Zodiaco e costellazione reale. Lacongiunzione avviene in luna piena,momento del mese sacro a Giove (fedeltà aGiove). Finalmente, 72 giorni dopo, il 27agosto del 2 a.C., si realizza nel Leone unassembramento di pianeti: Giove, Marte,Venere e Mercurio.

Nell'ambito delle occultazione luna-ri, poi, ricorderemo solo quella di Giovenell'Ariete, eclissato tre volte nell'anno 6a.C.: il 17 aprile, il 23 agosto, quando ini-ziava il moto retrogrado, e il 19 dicembre,alla ripresa del moto diretto. Una sequenza

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Stonehenge, 4 maggio 2002

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di accadimenti cui forse si allude in un'anti-ca moneta. Insomma, la lettura astrologicadelle congiunzioni e delle occultazioni offrealcune possibilità per interpretare la stelladi Natale, ma nessuna prevale sulle altre oci convince al di là di ragionevoli dubbi: o lasoluzione non c'è o essa non è unica!Dobbiamo dunque concludere di averci pro-vato e di avere fallito? Temo di sì. Ma per laprima volta un insuccesso in un progetto di ricerca - se tale è stata questa frettolosaesposizione di un secolare problema - nonmi dispiace del tutto. Se non abbiamoaumentato la conoscenza, per lo menoabbiamo salvaguardato il mistero: e in que-sti tempi aridi e violenti non è cosa da poco.

mente

Caspar David Friedrich, Due uomini davanti alla luna

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Stelle e letture

Mauro GiancasproDirettore della Biblioteca Nazionale di Napoli

Questa sera l'insolito e divertente ruolo direlatori - gregari di Massimo Capaccioli -può creare qualche imbarazzo scientifico inchi non è astronomo, in chi non è storico esoprattutto in chi, fa il bibliotecario. Unbibliotecario, come me, che viene da unpassato di letture, sorbite appassionata-mente e disordinatamente, e vive in un pre-sente di letture da promuovere, cercando diconvincere la gente che la lettura è oltreche strumento di informazione ed eserciziodi libertà, anche fonte di piacere e di emo-zione.Vale la pena di confessare aperta-mente che, in molti di noi, il rapporto conle stelle è stato tutto emotivamente media-to da romanzi, da racconti, da poesie, dallamusica e, perché no, dalla canzone napole-tana, che nella sezione Lucchesi Palli dellaNazionale ha una sua preziosa miniera. D'altro canto l'approccio di lavoro con lavolta e i corpi celesti e con le costellazioni Caspar David Friedrich, Due uomini davanti alla luna

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è stato tutto segnato, se volete, condizio-nato, dalla consuetudine con carte e mappeche, tanto più affascinanti e coinvolgentiquanto più antiche e tolemaiche, mi hannoreso vulnerabile al fascino della bellezzamitologica e poetica delle stelle. Per nonparlare dei cimeli librari e della stupefacen-te avvenenza dei globi astrali del Coronelli,della fine del Seicento, che fanno bellamostra di sè, orgogliosi del loro recenterestauro, alla Biblioteca Nazionale di Napolie che proprio Massimo Capaccioli mi invidiasenza pudore, inutilmente argomentandoche starebbero molto meglioall'Osservatorio Astronomico. Tanto perdire, insomma, che quando ho avuto a chefare con l'astrologia e l'astronomia, sulleragioni della biblioteconomia e della bibli-logia ha preso il sopravvento la passione diun bibliofilo, disposto a sentirsi ancheastrofilo.

Istintivamente e inesorabilmenteincalzano le nostre letture "stellari" : le let-ture obbligatorie della prima scolarizzazio-ne e quelle libere dell'adolescenza, che cihanno reso sensibili e vulnerabili al lorofascino, ma refrattari alla consapevoleaccettazione della loro reale natura fisica,

per fare solo un esempio, di stelle nuove,nane e cadenti.

Tutto è cominciato, quando erava-mo giovanissimi, con le prime esperienzealle scuole elementari, con le raganelle checantano la serenata alle piccole stelle diUgo Betti, per consolidarsi col tempo, finoalla irresistibile emozione di vedersi tra lemani l'esordio autografo di Vaghe stelle del-l'orsa. È stato un percorso avvincente, dalpascoliano pianto di stelle, che inonda ilnostro "atomo opaco del male", alla stellache scende su una culla a guardare la bam-bina addormentata di Sebastiano Satta. Poi,più grandicelli, in contemporanea con leprime brucianti "cotte", ci hanno incantatole stelle intorno alla luna e la prima luce delvespero di Saffo e gli astri di Lucrezio chescorrono nella volta del cielo.Poi, ancora, ci siamo arrovellati con le com-plicazioni delle cosmologie medievali e conle geometrie teologiche e filosofiche delParadiso dantesco che chiudevano la nostrastagione liceale. Non possiamo dimenticareche tutto l'itinerario della Divina Commediaè cadenzato proprio dalle stelle, che con-cludono ciascuna delle tre cantiche: "equindi uscimmo a riveder le stelle", al ter-

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mine del viaggio nel baratro infernale; "pure disposto a salire alle stelle" collocatoall'apice dell'ascesa del Purgatorio; nelParadiso il finale "amor che muove il sole el'altre stelle". Si risparmia, per motivi dibrevità e per benevolenza verso il pubblico

qualsiasi accenno all'uso simbolico dellastella, tanto più che la stella come simbolol'hanno usata proprio tutti e sempre: dallemitologie orientali alle cosmogonie greche;dall' allegoria cristiana all'abbigliamentomilitare.

D'altro canto qui, a Napoli, non pos-siamo non chiederci cosa sarebbe statodella poesia napoletana senza le stelle.Come potrebbe il cuore di un famoso poetarestare, da solo alla finestra, incantandosi apensare, al suono di un pianoforte di notte,se non ci fossero l'aria dolce e tante stellein cielo?

Per non dire della canzone - semprequella napoletana - che davvero non sareb-be sopravvissuta o sarebbe stata ben pocacosa senza le stelle, pur affidandosi ad un'astronomia appassionata, ma talvolta pocoattendibile, che, in un famoso caso, asse-gna ad una luna nuova, quindi invisibile daterra, il compito di stendere una fasciad'argento sul mare. Le stelle sono ovunquequi a Napoli, dal Vomero a Mergellina, pas-sando per Posillipo, da Capri a Marechiaro,riflettendosi sulle onde; se non ci sono, onon si vedono più per l'inquinamento lumi-noso, si intuiscono e comunque si avvertono

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Incisione di Gustave Doré dalla Divina Commedia di Dante Alighieri

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su di noi, anche quando non sono espressa-mente chiamate in causa. Spiano e assisto-no con complicità gli amanti; seguono, nondi rado interessatissime, gli innamorati cheintonano le loro serenate; si affollano acentinaia per il piacere di ascoltare le can-zoni notturne; se è necessario, parlano tradi loro e commentano la passione di chicanta. Non se ne stanno, insomma, solo aguardare come suggeriva il titolo di un cele-bre romanzo di Cronin, che pure ha avuto isuoi spazi nelle nostre letture adolescenzia-li.

Tutti i fruitori, attivi e passivi, can-tanti o ascoltatori, della canzone napoleta-na, posti visibilmente in strada, spessosotto una finestra, o nascosti dietro pudi-che tende, abbracciati in riva al mare oaffidati alla corrispondenza epistolare,hanno avuto un intenso rapporto con le stel-le; e ci fanno venire il sospetto che, untempo, almeno la metà tutti i napoletani,innamorati, intonati e musicofili vivesserodi notte, come i gufi, con le loro gioie e leloro pene d'amore, mentre la restante metàpreferiva la luce abbacinante della giorna-ta di sole e una voce stentorea per cantar-ne la bellezza. Ma anche chi non ama la

canzone napoletana o non la conosce - cisarà pure qualcuno che la ignora - ha cer-tamente un legame sentimentale e canorocon i nostri astri; un esempio per tutti,legato alla generazione dei nostri genitori,ma non privo di fascino pure per noi,Polvere di stelle. Senza andare a prelevaredalla soffitta "scarponi e stelle alpine" oscomodare il pucciniano e intoccabile " Elucean le stelle". E a proposito di canzoni,chi di noi non ha, da bambino o con i bam-bini, intonato almeno una volta, propriodavanti al presepe e alla cometa di latta odi strass luccicanti, "Tu scendi dalle stelle"illuminando con le stelline pirotecniche lasuggestiva penombra di una stanza, addob-bata un tempo col pungitopo e, più recen-temente, con fiori rossi natalizi, ancora unavolta, "stelle"?

Perciò, proprio questa sera, bisogna-va pur prendere il coraggio - o cedere all'ir-responsabile tentazione - di rivendicare lalegittimità, addirittura la necessità, delnostro antico e insopprimibile rapporto let-terario, visionario, poetico, canoro, irrazio-nale e, perché no, innocentemente senti-mentale o festoso con le stelle.

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